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La fotosintesi è l'unico processo biologico capace di raccogliere l'energia disponibile

nell'ambiente sotto forma di radiazione solare e di trasformarla in energia chimica.


È effettuata dagli organismi autotrofi (procarioti fotosintetici, alghe e piante), che possiedono
strutture cellulari ed enzimi capaci di catturare l'energia luminosa ed utilizzarla per sintetizzare
composti organici altamente energetici (zuccheri) a partire da molecole inorganiche (CO2 e acqua).
L'ossigeno molecolare liberato durante la fotosintesi è un prodotto di scarto.
L’equazione generale della fotosintesi è: 6 CO2 + 12 H2O + Energia → C6H12O6 + 6 O2 + 6 H2O

In particolare viene sfruttata la luce del visibile ovvero quella parte dello spettro elettromagnetico
che va dai 380 ai 760 nm. Bisogna premettere che la luce è data un insieme di pacchetti di energia
detti fotoni che posseggono un’energia inversamente proporzionale alla loro lunghezza d’onda
(ovvero la distanza tra i picchi di due onde consecutive. Quindi maggiore è la distanza tra i picchi,
minore è l’energia posseduta).
Quando una molecola assorbe l’energia di un fotone, i suoi elettroni passano ad un livello
energetico più alto e si allontanano dal nucleo. Questa situazione è però instabile, dunque in
seguito la molecola ritorna al suo stato iniziale cedendo energia sotto forma di calore o luce ad
energia minore, oppure l’elettrone ad alta energia può essere ceduto ad una molecola accettrice di
elettroni (ed è esattamente questo che accade durante la fotosintesi).
Negli eucarioti le reazioni della fotosintesi sono localizzate nei cloroplasti che si trovano
soprattutto a livello delle foglie; in particolare la foglia presenta cloroplasti nel mesofillo ed è
appunto qui che avviene la fotosintesi. Sulla pagina inferiore, invece, presentano gli stomi: pori
che consentono gli scambi gassosi.

La capacità di assorbire l’energia dei fotoni è legata a dei pigmenti che il cloroplasto contiene. Un
pigmento è una molecola che assorbe luce; alcuni assorbono luce di qualsiasi lunghezza d’onda e
appaiono neri, ma la maggior parte assorbe la luce solo di determinate lunghezze d’onda e
trasmette o riflette la luce di altre lunghezze d’onda.

Solo una piccola parte dell’energia totale che incide su una foglia viene assorbita dai pigmenti dei
cloroplasti e sfruttata per la fotosintesi: il 5% viene assorbita dai pigmenti fotosintetici e l’80%
viene convertita in calore. Vi sono poi un 10% di radiazione riflessa e un 5% di radiazione
trasmessa.
Il pigmento principale è la clorofilla, appartenente alla famiglia delle metalloporfirine. La
struttura della clorofilla comprende: una catena idrocarburica che la rende lipofila e dunque in
grado di inserirsi nel doppio strato fosfolipidico della membrana tilacoidale, e un anello
tetrapirrolico ciclico (clorina) con un atomo di Magnesio coordinato al centro e che forma legami
con l’Azoto. In particolare la luce viene assorbita dall’anello della clorina.
Esistono 4 tipi di clorofilla: a, b, c, d. In particolare la clorofilla a e la clorofilla b differiscono per
un gruppo funzionale: la prima presenta un gruppo metilico, la seconda un gruppo aldeidico. La
clorofilla a è quella maggiormente coinvolta nella fotosintesi ed assorbe soprattutto la luce rossa e
blu. La clorofilla b e gli altri pigmenti sono invece accessori.
La clorofilla c sostituisce la b in alcuni gruppi di alghe (ad es. nelle alghe brune e nelle diatomee).
Batteri fotosintetici come i batteri purpurei e i solfobatteri verdi, contengono la batterioclorofilla
o chlorobium-clorofilla.

Altri pigmenti fotosintetici sono i carotenoidi: pigmenti liposolubili presenti in tutti gli organismi
fotosintetici. I carotenoidi presenti nei cloroplasti sono: caroteni (es. beta carotene) e xantofille
(derivati ossigenati dei caroteni). Svolgono anche un’azione antiossidante e proteggono le
clorofille dai danni foto-ossidativi; senza i carotenoidi, la fotosintesi in presenza di ossigeno e
luce sarebbe compromessa. Anche i carotenoidi sono immersi nelle membrane tilacoidali.

Vi sono poi le ficobiline: pigmenti idrosolubili di colore rosso e azzurro, presenti nei cloroplasti di
alcune alghe (rosse) e nei cianobatteri.
L’energia assorbita da questi pigmenti deve essere trasferita alla clorofilla a.

La fotosintesi è generalmente suddivisa in due fasi: la fase luminosa e la fase di carbonicazione.


Le reazioni della fase luminosa avvengono nel lume tilacoidale; le reazioni di fissazione del
carbonio nello stroma.

La fase luminosa inizia quando un pigmento assorbe della luce: esso va da uno stato fondamentale
ad uno eccitato, instabile e come conseguenza si trasferisce energia da un pigmento all’altro (per
questo si dice che la maggior parte dei complessi funziona come un’antenna) finché non si
raggiunge il fotosistema, un complesso multiproteico a cui sono associati i pigmenti.
I fotosistemi sono immersi nei tilacoidi e sono due: fotosistema I (PSI) e fotosistema II (PSII).
Ogni fotosistema, formato da 250-400 molecole di pigmenti, è organizzato in due componenti
strettamente associati: un complesso antenna e un centro di reazione.
I complessi antenna sono costituiti da pigmenti accessori e proteine; captano l’energia luminosa e
la convogliano al centro di reazione. Il trasferimento di energia verso il centro di reazione è
assicurato dal minore stato energetico necessario ad eccitare i pigmenti via via più vicini al centro
di reazione.
Il centro di reazione è formato da un’insieme di proteine e clorofilla a ed è qui che avviene la
conversione dell’energia luminosa in energia chimica.

Nel PSI le molecole di clorofilla a del centro di reazione sono note come P700. “P” sta per
pigmento e 700 è la lunghezza d’onda espressa in nm, relativa al massimo assorbimento. Nel PSII,
noto come P680, il massimo di assorbimento del centro di reazione è pari a 680 nm.
Le proteine associate alle clorofille a e b ed ai carotenoidi del fotosistema I sono definite
complesso LHCI (Light Harvesting Complex I), quelle associate al PSII LHCII.

Per quanto riguarda la dislocazione dei fotosistemi: PSI e ATP-Sintasi sono localizzati quasi
esclusivamente sulle membrane stromatiche e sui bordi delle membrane dei grana; il PSII è
localizzato prevalentemente nelle zone appressate delle membrane dei grana.

Tutti i pigmenti di un fotosistema sono in grado di assorbire fotoni, ma solo una coppia di
molecole di clorofilla a per fotosistema può utilizzare l’energia (la clorofilla a dei centri di
reazione è l’unico pigmento capace di convertire l’energia dei fotoni nell’energia chimica degli
elettroni). Quando una delle due molecole assorbe energia uno dei suoi elettroni viene spinto a un
livello energetico superiore e trasferito ad un accettore di elettroni. La molecola di clorofilla a che
ha perso l’elettrone è ossidata e carica positivamente. Inizia così il flusso elettronico della
fotosintesi e si crea una catena di trasporto degli elettroni che lega insieme il PSI e il PSII. In
generale il PSI e PSII funzionano simultaneamente e in modo coordinato, tuttavia, il PSI può
anche funzionare in modo indipendente.

Essenzialmente la fase luminosa della fotosintesi consiste di una serie di reazioni di


ossidoriduzione attraverso cui gli elettroni presenti nelle molecole di acqua vengono spostati al
+
NADP , riducendolo a NADPH.
+
NADP (nicotinamide adenin dinucleotide fosfato) e NAD+ (nicotinamide adenin dinucleotide)
sono 2 piccole molecole poco stabili e mobili utilizzate frequentemente per trasferire elettroni.
Esse acquistano facilmente elettroni e sono dette agenti ossidanti perché ossidano un’altra
molecola e si riducono. NADH e NADPH sono invece forti agenti riducenti. Queste molecole
trasportatrici di e- vengono utilizzate anche migliaia di volte al secondo dalle cellule.

Quindi nel centro di reazione avviene l'evento fotochimico primario, ovvero l'ossidazione della
clorofilla, con la conseguente perdita di un elettrone. Il centro di reazione ossidato è un fortissimo
ossidante, che deve velocissimamente essere ridotto. Gli elettroni per fare ciò sono forniti al
sistema dalla scissione dell’acqua effettuata dal fotosistema II che possiede il “complesso
evolvente ossigeno", una porzione che sporge nel lume, con conseguente rilascio di ossigeno
molecolare come prodotto di scarto. Quando il fotosistema II è attivato dall’assorbimento di un
fotone, gli elettroni eccitati sono trasferiti alla catena di trasporto e ceduti infine al fotosistema I.
Nel fotosistema I gli elettroni sono “rieccitati” dall’assorbimento di altra energia luminosa, e sono
+
infine ceduti al NADP formando NADPH.

I fotosistemi devono in seguito reintegrare elettroni: il PSI reintegra grazie al PSII mentre
quest’ultimo lo fa grazie alla reazione di fotolisi dell’acqua che, con la luce, subisce scissione
molecolare.

Tra i trasportatori presenti tra i due fotosistemi ricordiamo i plastochinoni, che diffondono nei
tilacoidi, Il complesso del citocromo b6f, anch'esso tilacoidale, e la plastocianina, una piccola
proteina contenente rame localizzata nel lume tilacoidale.

+
Lo spostamento di elettroni dall'acqua al NADP causa il passaggio di H+ dallo stroma al lume del
cloroplasto. Questi protoni assieme a quelli che si liberano dall’acqua, vengono usati per produrre
ATP che viene prodotta dalla ATP-sintasi, un complesso multiproteico inserito nella membrana
tilacoidale. L'ATP sintasi è capace di sintetizzare ATP partendo da ADP e P. La reazione è
endoergonica ma è resa possibile dallo sfruttamento del gradiente di H+ presente tra lume (acido)
e stroma (basico), secondo il meccanismo chemiosmotico, proposto da Mitchell negli anni '60.
I complessi ATP sintetasi (noti anche come complessi CF0-CF1) sono immersi nella membrana
del tilacoide e formano un canale attraverso cui i protoni possono fluire, secondo gradiente.
L’energia potenziale del gradiente permette la sintesi di ATP da ADP e Pi.
CF sta per coupling factor e: CF0 è la porzione idrofobica legata alla membrana; CF1 è la
porzione orientata verso lo stroma.
Il processo di sintesi di ATP associata alla fotosintesi è detto fotofosforilazione, per sottolineare
che l’energia necessaria per mantenere il gradiente protonico è data dalla luce.

Quindi i prodotti della fase luminosa sono: Ossigeno (che esce attraverso gli stomi), ATP e
NADPH che vengono trasferiti allo stroma dove avvengono le reazioni di fissazione del carbonio.

La seconda fase della fotosintesi, storicamente detta "buia" ma ora correttamente chiamata "di
carbonicazione" poiché la luce è ancora necessaria per regolare l'attività di alcuni enzimi, consiste
di una serie (13) di reazioni enzimatiche che portano alla formazione di carboidrati partendo da
CO2, ATP e NADPH. Le reazioni di organicazione sono catalizzate da enzimi liberi nello stroma e
organizzate in un ciclo, detto "di Calvin" (dal nome del suo scopritore) o 'riduttivo dei pentoso
fosfati" (ciclo PCR).

Alghe e cianobatteri prendono CO2 dall’ambiente acquatico dove è disciolta; i vegetali terrestri la
prendono dall’atmosfera.

La reazione più importante, la prima del ciclo, è quella di carbossilazione; è catalizzata


dall'enzima ribulosio bifosfato carbossilasi/ ossigenasi (Rubisco), che aggiunge una molecola di
CO2 ad uno zucchero a 5 atomi di C (un pentoso, il ribulosio-1,5-difosfato, RuBP). Il prodotto della
reazione non è un composto a sei atomi di C bensì due molecole a tre atomi di C, il
3-fosfoglicerato (3-PGA). Alla reazione di carbossilazione seguono due reazioni di riduzione che
portano alla formazione di gliceraldeide-3-fosfato (GAP) che è il trioso che fa da mattone per la
costruzione di tutti gli altri zuccheri e di molte molecole organiche. Attraverso le reazioni di
rigenerazione (10), si ricostruisce il ribulosio-1,5-bifosfato, in modo che sia sempre disponibile il
substrato per la Rubisco. Questo enzima è costituito da 2 tipi di subunità proteiche, 8 grandi
subunità ed 8 piccole subunità che non sono funzionali fin quando non si uniscono.
Per ogni molecola di CO2 organicata sono necessarie 3 molecole di ATP e 2 di NADPH,
provenienti dalle reazioni della fase luminosa. I triosi sintetizzati durante la fotosintesi possono
venir usati per il metabolismo plastidiale, ma sono anche attivamente esportati dal cloroplasto al
citosol. Infatti la gliceraldeide 3-fosfato è interconvertibile con un altro composto, il
diidrossiacetonfosfato. È questo che viene trasportato nel citosol e che da inizio alla sintesi di
zuccheri: il monomero glucosio e il dimero saccarosio.
La maggior parte di gliceraldeide-3-fosfato che rimane nel cloroplasto viene convertita in amido
che successivamente viene convertito in saccarosio e, attraverso la componente floematica dei
fasci vascolari, viene esportato dalle foglie a tutte le altre parti della pianta.

La finalità della fase oscura è produrre zuccheri, in particolare amido primario.


Anche se il glucosio è considerato il principale prodotto della fotosintesi, nelle cellule che
fotosintetizzano si produce pochissimo glucosio: la maggior parte del Carbonio fissato è
convertito in saccarosio, la forma mobile di carboidrato, e in amido la principale forma di riserva
di zuccheri. Il glucosio (monomero) ed il saccarosio (dimero) sono piccole molecole facili da
trasportare ma che a lungo andare, se accumulate nelle cellule, potrebbero alterare l’equilibrio
osmotico della cellula stessa. Al contrario l’amido, una grossa macromolecola, è più stabile del
glucosio, può essere conservato nelle cellule anche per anni senza alterare i processi osmotici.

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