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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

GLI AMMINOACIDI
Le proteine mediano tutti i processi che hanno luogo nelle cellule e svolgono un numero enorme di funzioni. Sono
le macromolecole biologiche più abbondanti e sono presenti in tutti i tipi di cellula. Sono il prodotto finale dell’
informazione genica e assolvono a numeroso funzioni specifiche. Le proteine sono polimeri degli amminoacidi, in
cui ogni residuo amminoacidico (amminoacido che ha perso una molecola d’acqua quando si unisce ad un altro) è
unito a quello vicino attraverso uno specifico legame covalente. Esistono 20 amminoacidi differenti presenti nelle
proteine i quali sono sempre alfa-amminoacidi. Sono formati da un atomo di carbonio centrale (carbonio-alfa) a
cui è legato un gruppo carbossilico, un gruppo amminico, un idrogeno e una catena laterale (catena R) il quale è
diverso per ogni amminoacido e si differenzia per struttura, dimensione e carica e quindi influenza anche la
solubilità dell’amminoacido in acqua. Ad ogni amminoacido è assegnata una abbreviazione a tre lettere e un
simbolo a una lettera. Il carbonio-alfa degli amminoacidi lega 4 gruppi atomici differenti è dunque un centro
chirale fatta eccezione per la glicina. (che ha due idrogeni)
A causa della disposizione tetraedrica degli orbitali di legame, i quattro gruppi funzionali possono disporsi in due
modi differenti nello spazio, quindi per ogni amminoacido sono possibili due stereoisomeri, in particolare due
enantiomeri essendo l’immagine speculare l’una dell’altra non sovrapponibile. Per questo sono anche otticamente
attive ovvero fanno ruotare il piano della luce polarizzata in maniera perfettamente opposta. Questi due
entantiomeri vengono descritti con i sistemi D e L: si assegna la configurazione D all’ amminoacido che presenta
il gruppo a priorità maggiore (NH2) a destra. Nelle proteine troviamo solo amminoacidi a sistema L.

Classificazione degli amminoacidi


Gli amminoacidi possono essere classificati in 5 classi principali in base alle proprietà dei gruppi R utilizzando in
particolare la polarità: cioè la tendenza ad interagire con l’acqua.
Un'altra classificazione distingue gli amminoacidi essenziali e non essenziali. Quelli essenziali non sono
sintetizzabili attraverso il metabolismo e quindi devono essere introdotti con la dieta.
-gruppi R alifatici non polari: in questo gruppo ci sono gli amminoacidi con gruppi R non polari e quindi
idrofobici. Le catene laterali di: ALANINA, VALINA, LEUCINA e ISOLEUCINA tendono a raggrupparsi all’
interno della proteina stabilizzando la struttura con interazioni idrofobiche.
La GLICINA invece ha la struttura più semplice e la sua piccola catena laterale non contribuisce alla formazione
di interazioni idrofobiche. La METIONINA è uno dei due amminoacidi non polari contenente zolfo (l’altra è la
cisteina) e la PROLINA invece ha una caratteristica struttura ciclica.
-gruppi R aromatici: sono tre e sono: FENILANINA, TIROSINA e TRIPTOFANO, con le loro catene aromatiche
sono relativamente non polari e possono intervenire nelle interazioni idrofobiche.
-gruppi R polari non carichi: i gruppi R di questi amminoacidi sono solubili in acqua perché contengono gruppi
funzionali che formano legami a idrogeno con l’acqua. Comprende: SERINA, TREONINA, CISTEINA,
ASPARAGINA E GLUTAMMINA. La polarità della serina e treonina è dovuta al loro gruppo ossidrilico, quella
dell’asparagina e glutammina ai loro gruppi amminici mentre quella della cisteina è molto modesta ed è dovuta al
gruppo solfidrilico.
-gruppi R carichi positivamente (basici): sono la LISINA, l’ARGININA e l’ISTIDINA
-gruppi R carichi negativamente (acidi): sono l’ASPARTATO e il GLUTAMMATO.

GLI AMMINOACIDI POSSONO COMPORTARTI DA ACIDI O DA BASI


Allo stato puro gli amminoacidi sono sostanze ioniche cristalline, ma in soluzione acquosa i gruppi carbossilici
COOH e quelli amminici NH2 degli amminoacidi insieme con i gruppi R ionizzabili si trovano in forma ionizzata.
Quando un amminoacido che non possiede un gruppo R ionizzabile viene sciolto in acqua si comporta sia da base
che da acido debole, diventando così ione dipolare o zwitterone.
I composti che hanno questa doppia natura (acido-base) sono detti anfoliti.
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Ad esempio un semplice amminoacido mono amminico e monocarbossilico come l’alanina quando protonato
diventa un acido in quanto possiede due gruppi funzionali che possono cedere protoni. Il PH caratteristico la quale
la carica elettrica è zero è detta punto isoelettrico

LE PROTEINE
Le proteine sono i polimeri degli amminoacidi i quali posso variare tra 3 fino a migliaia di residui.
Due amminoacidi si legano covalentemente attraverso un legame detto peptidico.
Questo legame avviene tra il gruppo carbossilico di un primo amminoacido con il gruppo amminico di un secondo
e porta all’ eliminazione di una molecola d’acqua attraverso una reazione di condensazione.
Il legame peptidico è molto stabile.
Quando il numero degli amminoacidi è relativamente piccolo viene detto oligopeptide, se invece gli amminoacidi
sono tanti viene detto polipeptide.
L’ amminoacido con cui inizia la catena che ha il gruppo amminico libero è detto ammino terminale mentre
l’estremità finale con il gruppo carbossilico libero è detto carbossiterminale.
Alcune proteine sono costituite da una singola catena polipeptidica, mentre altre chiamate proteine multi subunità
o multimero hanno due o più polipeptidi associati in modo non covalente. Un multimero formato da poche
subunità è anche detto oligomero. Le catene polipeptidiche presenti in una proteina multi subunità possono essere
identiche o diverse tra loro. Se almeno due sono identiche, la proteina viene detta oligomerica e le unità identiche
sono chiamate protomeri. L'emoglobina per esempio ha quattro sub-unità polipeptidiche: due catene alfa identiche
e due catene beta identiche.
Molte proteine invece sono costituite soltanto da amminoacidi e nessun altro gruppo chimico queste sono
considerate proteine semplici. Altre proteine presentano oltre agli amminoacidi altri gruppi chimici addizionali
associati permanentemente e sono chiamate proteine coniugate. La parte non amminoacidica della proteina
coniugata viene detta gruppo prostetico. per esempio, le lipoproteine contengono lipidi o glicoproteine che
contengono zuccheri.
Ogni proteina ha un'unica sequenza amminoacidica che le conferisce una particolare struttura tridimensionale ed in
base alla struttura e quindi al tipo ripiegamento le proteine hanno determinate funzioni:
funzione di trasporto: emoglobina e albumina ecc.
funzione catalitica: enzimi
funzione strutturale: cheratine e collagene ecc.…
funzioni specializzate: immunoglobuline

La disposizione spaziale degli atomi di una proteina è detta CONFORMAZIONE, le conformazioni possibili di
una proteina o di un suo segmento corrispondono a tutte le strutture che la proteina può assumere senza la rottura
dei legami covalenti e quando si trovano nel loro stato conformazione funzionale (ovvero il ripiegamento che gli
permette di svolgere le proprie funzioni specifiche) le proteine sono dette native.
In una proteina la stabilità infatti è definita come la tendenza a mantenere la conformazione nativa.
Le interazioni chimiche che garantiscono questa stabilità sono: i ponti di solfuro (covalenti), e interazioni deboli
come forze di Wan der walls legami a idrogeno, interazioni idrofobiche e ioniche.

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1-Per quanto riguarda i ponti di solfuro non sono molti e si trovano principalmente nelle proteine secrete dall’
ambiente extracellulare (es. insulina)
2-Le interazioni idrofobiche invece sono predominanti. Proprio perché la proteina che si trova in acqua presenta
delle molecole non polari le quali tenderanno a raggrupparsi all’ interno della proteina lontano dall’ acqua e ad
associarsi l’un l’altra.
3-Anche i legami a idrogeno svolgono un ruolo fondamentale nel ripiegamento delle proteine in particolar modo
nelle strutture secondarie.
4-Le interazioni ioniche invece limitano la flessibilità della struttura e le conferiscono una forma caratteristica.
5-Nell’ ambiente altamente compatto della proteina hanno un effetto molto significativo anche le interazioni di van
der walls. Poiché quando gli atomi si avvicinano l’un l’altro, questo tipo di interazione dipolo-dipolo genera una
forza attrattiva che agisce a livelle delle piccole distanze intermolecolari.
Queste interazione prese singolarmente sono deboli, ma in una proteina il numero di queste interazioni può essere
molto consistente.

IL LEGAME PEPIDICO
I legami peptidici hanno un ruolo importante nel determinare la conformazione di un polipeptide.
Alla fine degli anni 30 due scienziati pauling e corey gettarono le basi per la comprensione della struttura delle
proteine partendo proprio dalle proprietà del legame peptidico.
Attraverso esperimenti i due scienziati osservarono l’esistenza di una parziale condivisione di una coppia di
elettroni tra l’ossigeno carbonilico e l’azoto-ammidico. L’ ossigeno infatti ha una parziale carica negativa e l’azoto
una parziale carica positiva, generando così un piccolo dipolo elettrico. Per questo i 6 atomi del gruppo peptidico
giacciono sullo stesso piano. I legami C-N a causa del loro parziale carattere di doppio legame non possono
ruotare liberamente, è invece permessa la rotazione ai legami N-C alfa e C alfa-C.
Per questo lo scheletro di una catena polipeptidica può essere immaginato come una serie di piani rigidi in cui
hanno in comune un punto di rotazione in corrispondenza di C alfa.
La conformazione quindi del peptide ha 3 angoli diedrici chiamati (phi), (psi) e (omega).

RIPIEGAMENTI INVERSI
Spesso nelle proteine alcuni residui amminoacidici si trovano in ripiegamenti o anse dove la catena polipeptidica
inverte bruscamente la sua direzione. Sono di due tipi e sono costituiti da quattro residui amminoacidici, vengono
stabilizzati da un legame a idrogeno tra i gruppi peptidici 1 e 4

LA STRUTTURA DELLE PROTEINE


Nella struttura tridimensionale delle proteine si possono distinguere 4 livelli di complessità strutturale.
La struttura primaria
La sequenza degli amminoacidi in una catena polipeptidica rappresenta la struttura primaria di una proteina.
La struttura secondaria
Si riferisce ad un segmento polipeptidico della proteina e descrive l’organizzazione spaziale della catena principale
senza tener conto della conformazione delle catene laterali. I legami che stabilizzano questo tipo di struttura sono i
legami a idrogeno che si instaurano tra i gruppi NH e OH di gruppi peptidici diversi. Le principali strutture sono
ad alfa elica e configurazione beta.
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1-struttura alfa elica: è una struttura elicoidale, dove lo scheletro carbonioso si avvolge strettamente intorno ad un
asse immaginario dove le catene laterali si trovano all’ esterno della struttura. Ogni giro dell’elica contiene
mediamente 3,6 residui amminoacidici. L’ alfa elica destrorsa è la forma più comunemente presente. La struttura è
stabilizzata da legami a idrogeno che si formano tra l’atomo di idrogeno legato all’azoto e l’ossigeno legato al
carbonio di un altro gruppo peptidico distante 3 residui amminoacidici. La prolina a causa della sua struttura non
può essere contenuta in una struttura ad alfa elica. La glicina a causa dell’assenza di catene laterali raramente si
trova in questo tipo di struttura.
2-struttura beta: è una forma più estesa della catena polipeptidica definita dalla disposizione degli atomi dello
scheletro secondo specifici angoli diedrici. Nella conformazione beta lo scheletro della catena si estende a zig zag,
e la disposizione di diversi segmenti tutti nella conformazione beta l’uno accanto all’altro è detta foglietto beta.
Anche questa struttura è stabilizzata da legami a idrogeno tra il gruppo carbossilico (CO) di un gruppo peptidico e
l’idrogeno di un gruppo amminico (NH2) di un altro gruppo peptidico. I gruppi R di amminoacidi adiacenti
sporgono dalla struttura a zig zag in direzioni opposte creando un’alternanza sopra-sotto. Inoltre le catene
polipeptidiche adiacenti possono essere parallelo o antiparallele. Sono abbastanza simili ma orientate in direzioni
opposte e la disposizione dei legami a idrogeno è diversa.
La struttura terziaria
Descrive la posizione di tutti gli atomi della proteina nello spazio, la struttura terziaria a differenza di quella
secondaria tiene conto delle relazioni a lungo raggio nella sequenza amminoacidica.
Gli amminoacidi che si trovano lontani in una sequenza polipeptidica che fanno parte di differenti strutture
secondarie, possono infatti interagire tra loro nella forma completamente avvolta della proteina tipica della
struttura terziaria. La struttura terziaria è stabilizzata da diversi tipi di interazioni che si instaurano tra le catene
laterali dei residui amminoacidici, anche quelli già organizzati nella loro struttura secondaria.
Queste interazioni sono: interazioni di van der valls, legami a idrogeno, interazioni dipolo-dipolo, interazioni
ioniche, interazioni idrofobiche e ponti di solfuro.
La struttura quaternaria
Si verifica quando diverse catene polipeptidiche con strutture terziarie indipendenti (che possono essere uguali o
diverse) si associano, e le diverse catene vengono definite subunità che solitamente si dispongono in maniera
simmetrica. Viene stabilizzata dagli stessi legami responsabili delle strutture terziarie fatta eccezione per i ponti di
solfuro

Considerando i livelli strutturali si possono definire due gruppi con cui classificare le proteine: proteine fibrose che
hanno catene polipeptidiche disposte in fasci o in foglietti e proteine globulari che hanno catene polipeptidiche
ripiegate che assumono forme sferiche.
PROTEINE FIBROSE:
le proteine fibrose sono costituite in gran parte da un unico tipo di struttura secondaria ripetuta. Sono insolubili in
acqua a causa della elevata concentrazione di amminoacidi idrofobici. Esse hanno come funzione quella di
determinare la resistenza e l’elasticità, la forma e la protezione esterna della cellula. Tra le proteine fibrose
ricordiamo:

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le alfa cheratine: sono i principali componenti degli stati epidermici e delle appendici ad esse derivate come
unghie, capelli ecc. L’ alfa elica dell’alfa cheratina è destrorsa e si avvolgono due catene con stessa direzionalità
l’una sull’ altra per formare un super avvolgimento (coiled coil). Le due eliche sono tenute insieme da interazioni
idrofobiche e i loro gruppi R si inseriscono l’uno vicino all’ altro con un’alternanza perfetta. La struttura fibrosa
viene ottenuta dalla formazione di un protofilamento in cui si instaurano interazioni deboli tra l’estremità carbossi-
terminale e ammino-terminale di ogni dimero avvolto. I protofilamenti dimezzano a loro volta formando
protofibrille e l’ associazione di 4 protofiblille porta alla formazione di microfibrille. Inoltre la presenza di cisteine
favorisce la presenza di ponti di solfuro.
Le beta cheratine: è una proteina molto ricca di residui di piccole dimensioni (Gly, Ala, Ser) ed è priva di cisteina.
Sono più rigide delle alfa cheratine per l'assenza della reversibilità dei Ponti disolfuro. È prevalentemente
costituita da strutture beta. Le catene laterali di glicina e di alanina (o Serina) sono disposti in maniera alternata. I
Gruppi laterali di una catena si adattano perfettamente a quelli della catena adiacente. Inoltre, tra le catene laterali
dei residui più ingombranti, si instaurano interazioni idrofobiche.
Il collageno: è una delle proteine più abbondanti nei mammiferi. E ‘costituita da fibre insolubili che hanno una
elevata resistenza alla tensione. La sua composizione in amminoacidi è particolare:
-un residuo su tre è glicina ,molto ricco in prolina(circa 15%) ,presenza di amminoacidi modificati
La presenza abbondante nel collageno di prolina e glicina impedisce la formazione di strutture ad alfa-elica. Però
questa proteina assume comunque una conformazione elicoidale dovuta alla configurazione dei residui di prolina.
Tre catene polipeptidiche diverse sono super-avvolgono una sull'altra generando cosi una tripla elica. La tripla
elica viene stabilizzata da legami ad idrogeno tra i gruppi peptidici di residui appartenenti ad eliche diverse. Le
diverse triple eliche si uniscono tra loro mediante legami covalenti trasversali ma senza ponti disolfuro in quanto
in questa proteina mancano residui di cisteina. Questi legami coinvolgono i residui di lisina, idrossilisina e
istidina.

PROTEINE GLOBULARI:
le proteine globulari sono formate da strutture terziarie complicate e contengono più tipi di strutture secondarie all’
interno della catena polipeptidica. Fanno parte di questa classificazione gli enzimi e le proteine regolatrici le
immunoglobuline ecc..
la struttura delle proteine globulari è molto complessa e i primi passi verso la comprensione di tale struttura furono
fatti jhon kendrew attraverso esperimenti sulla mioglobina. I suoi esperimenti hanno rivelato la posizione precisa
di ogni gruppo R, ciascuno infatti riempie tutto lo spazio esistente all’ interno della catena che non è stato
occupato. Da ciò si possono trarre conclusioni rilevanti e cioè che la posizione dei gruppi R è dovuta
principalmente da interazioni idrofobiche. Infatti la maggior parte dei gruppi R non polari solo localizzati all’
interno della molecola lontani dal contatto con l’ acqua mentre quelli polari sono localizzati sulla superficie
esterna e sono tutti quindi idratati. In questo ambiente così compatto le interazioni deboli di wan der walls
diventano più salde e si rinforzano a vicenda. E l’ intera struttura terziaria così compatta è anche stabilizzata da
alcune interazioni ioniche e legami a idrogeno. Questo genere di struttura costituito da un’ avvolgimento
polipeptidico caratteristico e ben riconoscibile formato da due o più elementi di struttura secondaria e da elementi
di connessione tra essi è detto MOTIVO STRUTTURALE o RIPIEGAMENTO; un esempio più essere il barile
beta. Inoltre i polipeptidi di grandi dimensioni (più di 200 residui) sono organizzati in unità strutturalmente
indipendenti dal resto della proteina e di per sé stabili, chiamate domini. I domini proteici presentano la
caratteristica struttura di piccole proteine globulari. E possono svolgere ognuno funzioni diverse.

DENATURAZIONE DELLE PROTEINE


Il continuo mantenimento di un insieme di proteine cellulari attive necessarie in determinate condizioni è chiamato
proteostasi. Questo processo cellullare richiede un funzionamento coordinato delle vie di sintesi e di ripiegamento
delle proteine , e in tutte le cellule questi intrecci di vie coinvolgono centinaia di enzimi e proteine specializzate. È
per questo che la vita di una proteine comprende molto di più della fase di sintesi e di degradazione. Non appena le
proteine vengono sintetizzate sui ribosomi devono assumere immediatamente la loro conformazione nativa per
adempiere in modo specifico alle proprie funzioni. Le proteine però si sono evolute per svolgere le proprie
funzioni nelle particolari condizioni ambientali della cellula, per questo in ambienti diversi possono andare

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incontro a variazioni strutturali che determinano la perdita di funzione. Questo fenomeno è detto
DENATURAZIONE.
La maggior parte delle proteine si denatura al calore , che produce conseguenze sulle interazioni deboli
specialmente i legami a idrogeno. Se la temperatura aumenta lentamente in genera la conformazione della proteina
rimane intatta , fino a che la sua struttura non cambia bruscamente.
La rapidità del cambiamento di struttura induce a pensare che la perdita della struttura nativa sia un processo
cooperativo: la perdita della struttura in una regione favorisce la destabilizzazione di altre.
Le proteine si denaturano anche pressione alta , a PH estremi o attraverso detergenti ecc.…
È stato dimostrato però attraverso alcuni esperimenti che la denaturazione di alcune proteine è reversibile. Certe
proteine denaturate riescono a riacquistare la loro struttura nativa e la loro attività biologica se vengono riportate
nelle condizioni in cui la loro conformazione nativa è stabile.
Questo processo è detto RINATURAZIONE. Un esempio classico è l’ esperimento di Anfisen.
L’ esperimento di Anfisen sulla ribonucleasi A ha dimostrato che allontanando l’ agente denaturante si può
riottenere la forma nativa della proteina.

COME AVVIENE IL RIPIEGAMENTO


La proteina raggiunge la sua conformazione nativa seguendo un ordine gerarchico non casuale. Prima di tutto si
formano le strutture secondarie. Le sequenze amminoacidiche si ripiegano spontaneamente nella struttura alfa
elica o a foglietto beta e in questa fase svolgono un ruolo importante le interazioni ioniche.
In seguito le strutture secondarie si avvicinano formando strutture supersecondarie stabili. Fino ad arrivare alla
formazione dei domini e così la proteina arriva ad assumere la sua struttura nativa.
Non tutte le proteine raggiungono la propria struttura nativa spontaneamente molte vengono aiutate da proteine
specializzate come ad esempio la disolfuro isomerasi (PDI) un enzima che dirige la formazione dei ponti di
solfuro. Altre proteine richiedono invece l’ aiuto di chaperoni , proteine che intervengono nel caso di polipeptidi
parzialmente ripiegati o ripiegati nel modo sbagliato, facilitando o fornendo un microambiente in cui il
ripiegamento posso avvenire nel modo corretto.
Molte patologie derivano dal ripiegamento non corretto delle proteine come ad esempio l’Alzheimer ,il diabete, il
morbo di Parkinson ecc.

LE FUNZIONI DELLE PROTEINE


Come abbiamo detto conoscere la struttura tridimensionale delle proteine è molto importante per comprenderne la
funzione. Le proteine però sono molecole dinamiche , le cui funzioni dipendono inevitabilmente da interazioni con
altre molecole.
Le funzioni di molte proteine richiedono il legame reversibile con altre molecole.
-Una molecola unita reversibilmente ad una proteina viene detta ligando; un ligando può anche essere un’ altra
proteina.
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-un ligando si lega ad un sito della proteina detto sito di legame , l’interazione è specifica: la proteina può
discriminare tra migliaia di molecole diverse intorno a se e legarne una sola o poche.
-il legame tra una proteina e un ligando è spesso seguito da una modificazione conformazionale che nella proteina
è chiamato adattamento indotto. Se ciò avviene in un sistema multisubunità una singola modifica ad una subunità
può influenzare anche le altre.

LE PROTEINE CHE LEGANO OSSIGENO


La mioglobina e l’ emoglobina sono tra le proteine più studiate e meglio caratterizzate. Fanno parte della famiglia
delle globine e sono quelle che illustrano meglio ogni aspetto del legame reversibile tra una proteina e il suo
ligando in questo caso l’ossigeno. La mioglobina deposita ossigeno nei tessuti muscolari , mentre emoglobina
trasporta ossigeno dai polmoni ai tessuti.
L’ ossigeno è poco solubile in acqua e non può essere trasportato in quantità sufficiente nei tessuti.
La diffusione quindi dell’ ossigeno nei tessuto è strettamente collegata a quelle proteine che sono in grado di
trasportare e conservare ossigeno. Poiché nessuna delle catene laterali degli amminoacidi è in grado di legare
reversibilmente ossigeno , questo ruolo viene affidato ad alcuni metalli di transizione come ferro e rame che hanno
una forte tendenza a legare ossigeno.
Questi metalli sono spesso incorporati nel gruppo prostetico legato ad una proteina chiamato gruppo EME ,
localizzato in una tasca idrofobica.

STRUTTURA DEL GRUPPO EME


Il gruppo eme è costituito da una struttura ad anello la protoporfina a cui è legato un singolo atomo di ferro nello
stato di ossidazione ferroso ovvero Fe2+.
L’ atomo di ferro ha sei legami di coordinazione , 4 dei quali sono impegnati con 4 atomi di azoto a formare
l’anello porfirinico, altri due invece sono perpendicolari al piano della porfina.
Gli atomi di azoto coordinati impediscono la conversione dell’ ferro dell’ eme nello stato ferrico Fe3+ che non è in
grado di legare ossigeno e reagirebbe con esso portando alla formazione di alcune specie molto tossiche e dannose
per le molecole biologiche perché molto reattive.
Quando l’ eme è inserito in una proteina questa reazione non avviene.
Quando si lega l’ ossigeno , le proprietà elettroniche si modificano è ciò spiega il colore diverso del sangue venoso
povero di ossigeno (rosso scuro) rispetto a quello arterioso ricco di ossigeno (rosso brillante).

LA MIOGLOBINA
La mioglobina abbreviata mb è una proteina monomerica, formata infatti da un singolo polipeptide di 153 residui
amminoacidici che contiene un gruppo eme. La sua catena è costituita da 8 segmenti ad alfa elica ed essi vengono
indicati con le lettere da A ad H.
Nella mioglobina il quinto sito di coordinazione del ferro è occupato dall’ anello imidazolico di un residuo di His
(istidina)(elica F8)denominata His Prossimale.
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Mentre il quinto sito di coordinazione non è occupato ed è disponibile per il legame con l’ ossigeno.
E l’ istidina distale (elica E7) fornisce la geometria giusta per far avvenire il legame con l’ ossigeno impedendolo
con il monossido di carbonio.
La funzione della mioglobina dipende dalla capacità delle proteine non solo di legare ossigeno, ma anche di
rilasciarlo quando è necessario.

Il legame di un ligando ad una proteina è molto complesso.


L’ interazione dipende dalla struttura della proteina che spesso è accompagnata da una modificazione
conformazionale. Il legame dell’ ossigeno al gruppo eme nella mioglobina dipende dai movimenti molecolari o
respirazione della proteina . la molecola dell’ eme è immersa in profondità nella struttura proteica e l’ ossigeno
non ha una via diretta per passare. Se la proteina fosse rigida infatti l’O2 non potrebbe entrare o uscire dalla tasca
dell’ eme in quantità apprezzabili . I movimenti molecolari molto rapidi delle catene laterali degli amminoacidi
producono cavità transitorie che permettono all’ ossigeno di passare. Una volta entrato l’ ossigeno impegna la
sesta valenza di coordinazione del Fe2+.

Effetti allosterici: modificazione strutturale reversibile per interazione con una piccola molecola
Nella forma deossigenata dalla mioglobina , il FE2+ si trova fuori dal piano dell’ eme.
Quando l’ ossigeno si lega all’ eme , il Fe2+ tende ad allontanarsi dall His F8.
Ma siccome essi sono legati , si avrà un avvicinamento di HisF8 all’ eme. Ciò comporta una modifica
conformazionale a carico dell’ elica F e quindi dell’ emoglobina.

L’EMOGLOBINA
quasi tutto l’ ossigeno presente nell’ organismo degli animali è legato e trasportato dall’ emoglobina negli eritrociti
(globuli rossi). La funzione dei globuli rossi è quella infatti di trasportare l’ emoglobina disciolta nel loro citosol
ad una concentrazione molto elevata. L’ emoglobina abbreviata Hb ha una forma quasi sferica con un diametro di
circa 5,5 nm. È una proteina tetramerica contenente 4 gruppi prostetici eme , uno per ciascuna subunità, che si
trovano in cavità vicine alla superficie.
Contiene due tipi di globine: due catene alfa (141 residui ciascuna) e due catene beta (146 residui ciascuna)
La struttura di queste due catene dell’ emoglobina è molto simile. Le singole subunità dell’ emoglobina sono
anche molto simili alla struttura della mioglobina anche la struttura primaria è molto differente in quanto sono
conservate soltanto alcune posizioni amminoacidiche.La struttura quaternaria dell’ emoglobina è caratterizzata da
interazioni molto forti tra le 4 subunità in particolare interazioni idrofobiche e legami a idrogeno.
Effetti allosterici:
il legami dell’ ossigeno alla mioglobine è allosterico poiché induce modificazione conformazionali a carico degli
altri siti di legame dell’ emoglobina
L’ analisi ai raggi x due differenti conformazioni dell’ emoglobina: lo stato R e lo stato T.
L’ ossigeno si lega ad entrambi gli stati dell’ emoglobina ma ha una maggiore affinità per lo stato R.
In assenza di ossigeno invece (in laboratorio) lo stato T è più stabile ed è chiamata deossiemoglobina.

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Le lettere T ed R indicano rispettivamente teso e rilasciato , in quando lo stato teso viene stabilizzato da un gran
numero di interazioni ioniche.
Quando però avviene il legame con l’ ossigeno in una delle subunità dello stato T dell’ emoglobina si innesca una
variazione conformazionale che converte la subunità nello stato R.
La subunità modificata induce una modifica conformazionale sulle altre subunità più vicine.
Queste modifiche conformazionali avvengono lì una dopo l’ altra man mano che vengono legate le molecole di
ossigeno. I due monomeri alfa e beta scivolano l’ uno rispetto all’ altro e ruotano restringendo così la tasca tra le
subunità beta e durante questo processo molti legami ionici si spezzano.

CURVA DI SATURAZIONE DELL’ EMOGLOBINA E DELLA MIOGLOBINA


L’ emoglobina deve legare in modo efficace l’ ossigeno nei polmoni e rilasciarlo nei tessuti.
La mioglobina ad esempio che lega l’ ossigeno con una andamento iperbolico non sarebbe adatta a svolgere questa
funzione. Perché una proteina che lega ossigeno con un elevata affinità si saturerà facilmente nei polmoni ma non
libererà molto ossigeno nei tessuti.Al contrario se invece una proteina ha una bassa affinità per l’ ossigeno potrà
rilasciarlo nei tessuti ma non sarà in grado di saturarsi nei polmoni. L’ emoglobina invece risolve questi problemi
grazie alla sua transizione dallo stato T (di bassa affinità) allo stato R (di elevata affinità) con l ‘ossigeno.
Il risultato di questa transizione è una curva di legame con l’ ossigeno sigmoidale (a forma di S).
La prima molecola di ossigeno che interagisce con la deossiemoglobina (stato T) si lega debolmente , questo
legame però a sua volta determina una modificazione conformazionale dallo stato T a quello R che rende più facile
il legame con le altre 3 molecole di ossigeno. A questo punto la proteina si trova completamente nel suo stato R
che presenta la massima affinità con l’ ossigeno. La quantità di ossigeno legata invece alla mioglobina aumenta in
modo iperbolico all’ aumentare dell’ ossigeno
Ciò vuol dire che la mioglobina si lega reversibilmente a una sola molecola di ossigeno, per cui tra forma
ossigenata e non ossigenata esiste un equilibrio semplice: Mb+O2↔MbO2
La mioglobina ha infatti la funzione di immagazzinare l’ossigeno liberato dall’emoglobina in condizioni di bassa
PO2 presente nei muscoli per poi poterlo utilizzare in risposta al consumo. La Mioglobina è una proteina presente
nei muscoli, la cui funzione è proprio quella di "serbatoio" di ossigeno.

EFFETTO BOHR
Oltre a trasportare quasi tutto l’ ossigeno necessario dai polmoni ai tessuti, l’ emoglobina trasporta anche due
prodotti finali della respirazione e cioè H+ e CO2 dai tessuti ai polmoni e ai reni dove sono escreti.
La Co2 prodotta nei mitocondri dall’ ossidazione dei nutrienti viene idratata: CO2+H2O = H+ +HCO3-.Questa
reazione è catalizzata dall’ enzima anidrasi carbonica. L’ idratazione della CO2 (anidride carbonica) determina un’
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
aumento della concentrazione di ioni H+ e quindi una diminuzione del PH nei tessuti.Gli ioni H+ si legano all’
emoglobina in particolare alle catene laterali degli amminoacidi formando coppie ioniche che stabilizzano fa
conformazione T.
L’ emoglobina trasporta infatti ai polmoni e ai reni circa il 40 % dei ioni H+ totali e il 15-20% della Co2 formata
dai tessuti.
-Nelle condizioni di PH relativamente basso e di elevata concentrazione di O2 presente nei tessuti periferici, l’
affinità dell’ emoglobina per l’ ossigeno diminuisce man mano che H+ e Co2 si legano ad essa e cosi O2 è
rilasciato nei tessuti.
Al contrario nei polmoni la Co2 viene eliminata e si ha un incremento del Ph del sangue , l’ affinità dell’
emoglobina per l’ ossigeno aumenta e la proteina può legare più ossigeno da trasportare ai tessuti. Questo effetto è
detto effetto bohr.
Per effetto Bohr s'intende il rilascio di molecole di ossigeno da parte dell'emoglobina quando questa è influenzata
dalla concentrazione di H+ (pH) e CO2.
-L’ emoglobina è in grado anche di legare Co2 che si lega sotto forma di carbammato al gruppo alfa-ammino dell’
estremità amminoterminale di ciascuna catena globinica generando il carbamminoglobulina. Questa reazione produce
ioni H+ contribuendo a generare l effetto bohr.
Quando la concentrazione di anidride carbonica è alta come nei tessuti alcune molecole di Co2 si legano alla
emoglobina , diminuendo l’ affinità per l’ ossigeno e determinando il suo rilascio.
Viceversa quando l’ emoglobina raggiunge i polmoni l’ elevata concentrazione di O2 determina il legame della
emoglobina con esso e il rilascio della Co2.

L’EFFETTO DELLA BPG SUL LEGAME DELL’ OSSIGENO ALL’ EMOGLOBINA


Il legame dell’ ossigeno all’ emoglobina è regolato anche dal 2,3-bisfosfoglicerato (BPG).
IL BPG è presente in concentrazioni relativamente elevate nei globuli rossi, che è difficile rimuovere
completamente. La BPG riduce fortemente l’ affinità dell’ emoglobina per l’ ossigeno. Esiste quindi una relazione
inversa tra il legame dell’ O2 e quello della BPG. Possiamo dunque scrivere un'altra reazione del legame dell’
ossigeno all’ emoglobina: HbBPG + O2 = HbO2 + BPG.
La BPG si lega in un sito distante da quello dell’ ossigeno e regola l’ affinità del legame dell’ O2 all’ emoglobina.
La BPG si lega all’ emoglobina nella cavità tra le subunità beta dello stato T.
Questa cavità è rivestita da amminoacidi carichi positivamente che interagiscono con i gruppi carichi
negativamente del BPG creando 5 coppie ioniche.
La BPG abbassa l’ affinità dell’ emoglobina per l’ ossigeno e stabilizza lo stato T, la transizione allo stato R
restringe la tasca in cui si va a legare la BPG impedendogli qualsiasi interazione.
In assenza della BPG l’ emoglobina presenta una curva di saturazione iperbolica.
La regolazione del legame dell’ ossigeno dell’ emoglobina operata dalla BPG ha una funzione essenziale nello
sviluppo fetale, per questo l’ emoglobina fetale ha un’ affinità molto bassa per il BPG

PROTEINE CONTRATTILI: ACTINA E MIOSINA


Gli organismi si muovono sia a livello di apparati, sia a livello cellulare che a livello sub-cellulare.
La maggior parte di questi movimenti deriva dall’ attività di alcune proteine motrici che sfruttano l’ energia
chimica fornita dall’ ATP.
Le forza contrattile del muscolo è generata dall’ interazione di due proteine: actina e miosina. Queste proteina
sono organizzate in filamenti che attraverso interazioni scivolano l’ una sull’ altra generando la contrazione.

LA MIOSINA
È costituita da 6 subunità: 2 catene pesanti e 4 catene leggere. Nella regione carbossi-terminale esse sono
organizzate in struttura ad alfa elica che si avvolgono l’ una sull’ altra generando una regione super-avvolta
(coiled coil). Nella regione ammino-terminale ciascuna catena pesante forma un grande dominio globulare , il
quale contiene un sito in cui avviene l’ idrolisi dell’ ATP , mentre le catene leggere sono associate ai domini. Nelle
cellule del muscolo le molecole di miosina si aggregano formando strutture dette FILAMENTI SPESSI, che

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
costituiscono l’ unità contrattile più importante.All’ interno di ogni filamento alcune centinaia di molecole di
miosina interagiscono tramite le loro code fibrose formando lunghe strutture bidirezionali

L’ACTINA
Essa è molto abbondante in tute le cellule eucariotiche. Le molecole di actina monomerica detta G-actina si
associano nel muscolo formando lunghi polimeri chiamati F-actina.
Questi polimeri di F-actina insieme ad altre proteine che sono la tropomiosina e la troponina formano i
FILAMENTI SOTTILI. Ogni monomero di actina in un filamento sottile può legarsi specificamente e saldamente
alla testa di una miosina.

ORGANIZZAZIONE DEL MUSCOLO E LA SUA CONTRAZIONE


Il muscolo scheletrico contiene fasci paralleli di fibre muscolari.
Questa struttura si forma dalla fusione di molte cellule e molto spesso ha una lunghezza pari a quella del muscolo.
Un gran numero di filamenti spessi e sottili disposti in modo ordinato e uniti ad altre proteine forma me
MIOFIBRILLE. Una fibra è costituita da circa 1000 miofibrille. Ogni miofibrilla è circondata da un sistema di
vescicole membranose piatte: il reticolo sarcoplasmatico.
Quando vengono esaminate al microscopio elettronico ,le fibre muscolari mostrano una alternanza di regioni a
bassa-o ad alta densità elettronica, dette bande A e bande I. Queste differenze sono dovute alla disposizione dei
filamenti spessi e sottili, che sono allineati e in parte sovrapposti.
La banda l è la regione del fascio che contiene solo filamenti sottili; la banda più scura A contiene i filamenti
spessi. Nel mezzo della banda I vi è una struttura sottile detta disco Z posta perpendicolarmente ai filamenti, che
serve da punto di ancoraggio dei filamenti sottili. Anche la banda A ha una struttura centrale sottile, la linea M o
disco M, in mezzo ai filamenti spessi. L'intera unità contrattile, costituita da fasci di filamenti spessi le cui
estremità sono intercalate con filamenti sottili, è detta SARCOMERO.
Questa disposizione di fasci intercalati consente ai filamenti spessi e ai filamenti sottili di scorrere uno sull'altro.
L’interazione tra l'actina e la miosina, però come quella tra tutte le proteine e i ligandi, comporta l'intervento di
legami deboli. Quando l'ATP si lega alla miosina e viene idrolizzato ad ADP e fosfato, ha inizio una serie di
variazioni conformazionali coordinate, in cui la miosina rilascia la subunità di F-actina e si lega ad un’ altra
subunita in posizione più avanzata lungo il filamento sottile.

Il ciclo può essere suddiviso in quattro tappe principali:


1 - l'ATP si lega alla miosina, provocando la rottura dell'interazione actina-miosina, le due proteine si separano.
2 - l'ATP viene idrolizzata do una variazione conformazionale nella proteina, che assume ora una conformazione
"ad alta energia" e genera spostamento della testa della miosina, variandone l’ orientamento rispetto al filamento
sottile di actina.
3 - A questo punto la miosina si lega debolmente a una subunità di F-actina più vicina al disco z rispetto a quella
da cui si è appena separata, e contemporaneamente il fosfato prodotto dall'idrolisi dell’ atp da parte della miosina
viene rilasciato.
4 - power stroke (colpo di potenza" o "forza contrattile"), durante la quale la conformazione della testa della
miosina ritorna nel suo stato originale di riposo, spingendo la subunità di actina verso il centro del sarcomero e
avvicinando le code della miosina ai dischi Z.
Il ciclo termina con il rilascio dell’ ADP.

In ogni ciclo i filamenti sottili si spostano rispetto ai filamenti spessi di 5.10 nm.
L’interazione tra l’actina e la miosina deve essere regolata in modo che la contrazione possa avvenire solo in
risposta ai segnali provenienti dal sistema nervoso.
La regolazione è mediata da due proteine: tropomiosina e la troponina.
La tropomiosina si lega ai filamenti sottili bloccando i siti di legame per le teste della miosina.
La troponina invece è una proteina che lega il calcio. Infatti il calcio rilasciato dal reticolo sarcoplasmatico a
seguito dell’ impulso nervoso si lega alla troponina.
Ciò causa una variazione conformazionale del complesso esponendo i sii di legame della miosina presenti nei
filamenti sottili e permettendo la contrazione

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

GLI ENZIMI
La vita si basa su due imprescindibili condizioni: la capacità di riprodursi e quella di catalizzare razioni chimiche.
Gli enzimi, catalizzatori biologici, sono proteine altamente specializzate dotate di straordinarie proprietà.
Essi hanno un ruolo centrale in tutti i processi biologici.
Agiscono catalizzando centinaia di reazioni che degradano e sintetizzano molecole biologiche. Il nome enzima fu
introdotto da Frederick Kune sulla base di alcuni esperimenti.
Ma soltanto alla fine degli anni 30 fu scoperto che tutti gli enzimi erano proteine.
La loro attività catalitica dipende dall’ integrità della loro conformazione nativa, se un enzima infatti viene
denaturato perde la sua attività catalitica.
Alcuni enzimi non hanno bisogno per la loro attività di altri gruppi chimici, altri invece hanno bisogno di
componenti chimici addizionali chiamati cofattori che si legano attraverso interazioni deboli.
Un cofattore piò essere costituito da uno o più gruppi organici come il ferro , il magnesio ecc.., oppure da
complesse molecole chiamate coenzimi che agiscono come trasportatori di specifici gruppi funzionali, anch’ ess
legat attraverso interazioni deboli.
Un coenzima o uno ione metallico legato covalentemente alla proteina enzimatica è definito gruppo prostetico. Un
enzima cataliticamente attivo con tutti i suoi coenzimi o ioni metallici è detto oleozima, mentre la parte proteica di
un enzima viene chiamato apoproteina.

CLASSIFICAZIONE DEGLI ENZIMI


Molti enzimi hanno nomi che derivano dal composto su cui agisce o da una parola o frase che descrive la loro
attività a cui viene aggiunto un suffisso asi: proteasi, lipasi, DNA polimerasi ecc…
Dato il numero sempre maggiore di nuovi enzimi che vengono identificati, è stato anche adottato per convenzione
internazionale un sistema di classificazione degli enzimi.

Questo sistema divide gli enzimi in 6 classi principali , in base al tipo di reazione chimica catalizzata.
Ossidoriduttasi = reazioni redox
Transferasi = trasferimento di gruppi funzionali
Idrolasi = reazioni di idrolisi
Liasi= eliminazione di gruppi (doppi legami)
Isomerasi = isomerizzazioni
Ligasi = formazione di legami con l idrolisi dell’ ATP

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COME LAVORANO GLI ENZIMI


La catalisi enzimatica delle reazioni è un processo essenziale per tutti gli organismi viventi. Poiché le reazioni non
catalizzate tendono ad essere troppo lente. Un enzima invece supera questo problema generando un ambiente
specifico. Una delle caratteristiche delle reazioni catalizzate è proprio quella di avvenire all’ interno dei confini di
una tasca enzimatica chiamata SITO ATTIVO.
La molecola che si lega al sito attivo e su cui l’enzima agisce è detto SUBSTRATO.
Una semplice reazione enzimatica può essere quindi descritta come: E + S = ES = EP = E + P
Dove E-S-P rappresentano rispettivamente l’ enzima , il substrato e il prodotto. ES e EP sono complessi transitori.
La funzione di un catalizzatore è quella infatti di aumentare la velocità di una reazione , ma senza modificare gli
equilibri della reazione stessa.
Qualsiasi reazione può essere descritta dal grafico della coordinata di reazione che analizza le variazioni
energetiche che avvengono nel corso di una reazione.
Nel grafico della coordinata l’ energia libera G viene analizzata in funzione al procedere della reazione. Il punto di
partenza per la reazione in un senso o nell’ altro è definito stato basale.

Tra S e P esiste una barriera energetica che corrisponde all’ energia libera necessaria a posizionare nel modo
giusto i due gruppi reagenti , a riorganizzare i legami e a produrre altre trasformazioni che servono alla reazione
per poter procedere.
Affinché possa avvenire la reazione infatti le molecole devono superare questa barriera e quindi devono
raggiungere un livello energetico più elevato di quello basale.
Il punto energetico più alto (rappresentato dal punto più alto della curva) viene detto stato di transizione ed è un
momento molecolare transitorio in cui il composto può diventare prodotto o ritornare al substrato.
E la differenza di energia tra lo stato basale e quello di transizione è detta energia di attivazione.
La funzione del catalizzatore è proprio quella di aumentare la velocità e di abbassare l’ energia di attivazione in
modo che il composto posso diventare prodotto.
In questo processo gli enzimi non alterano gli equilibri delle reazioni a cui partecipano.
Infatti ogni reazione è costituita da diverse tappe in cui si ha la formazione e la scomparsa di specie chimiche
transitorie chiamate intermedi di reazione.
VELOCITA’ E SPECFICITA’ DI UN ENZIMA
Un’ enzima provoca un aumento di 10 volta la velocità di una reazione, grazie a legami covalenti transitori da i
gruppi funzionali dell’ enzima e il substrato , che lo rendono più reattivo e attivo.
L’ energia necessaria invece che serve ad abbassare l’ energia di attivazione di una specifica reazione viene fornita
da quelle interazioni non covalenti che si instaurano tra l’ enzima e il substrato.
L’ energia che si libera da queste interazioni viene detta energia di legame : essa è la principale fonte di energia
usata ad abbassare l’ energia di attivazione di una reazione.
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
La stessa energia di legame che favorisce la catalisi determina anche la specificità dell’ enzima , cioè la capacità di
discriminare tra il substrato e migliaia di molecole simili.
(ipotesi chiave-serratura / Fischer).Specificità e catalisi derivano dallo stesso fenomeno.
Se il sito attivo di un enzima possiede gruppi funzionali disposti in modo da formare diverse interazioni ottimali
con uno specifico substrato nello stato di transizione, l’ enzima non sarà in grado di reagire altrettanto bene con
un’ altra molecola.
Quindi possiamo dire che anche la specificità deriva dalla formazione di molteplici interazioni deboli tra enzima e
le molecole del suo substrato specifico.
Un’ altro degli aspetti vantaggiosi dal legame tra enzima e substrato è la diminuzione dei moti relativi dei due
substrati che devono reagire tra di loro detta riduzione entropica.
L’energia di legame infatti mantiene i substrati nella posizione e nell’ orientamento corretto per far avvenire la
reazione.
Inoltre un’ enzima quando si lega al suo substrato può andare in contro ad una modificazione conformazionale,
chiamata adattamento indotto , che può interessare una piccola dell’ enzima o anche un’ intero dominio. L’
adattamento indotto ha lo scopo di posizionare i gruppi funzionali dell’ enzima nell’ orientamento corretto in
modo che possa avvenire la reazione (complementarietà elettrostatica).

GRUPPI CATALITICI CHE CONTRIBUSCONO ALLA CATALISI


Una volta che il substrato è legato, un enzima può utilizzare diversi gruppi di catalisi per facilitare la rottura o la
formazione di un legame, sfruttando i suoi gruppi funzionali catalitici opportunamente disposti.
Tra i meccanismi più importanti di catalisi ci sono:
1-la catalisi acido-base: è la catalisi a cui partecipano ioni H+ o OH- presenti nell’ acqua. In molti casi l’ acqua da
sola non è sufficiente per questo spesso si riferisce al trasferimento di protoni mediato da altre classi di molecole
diverse dall’ acqua come basi e acidi deboli.
2-la catalisi covalente: si forma un legame covalente tra enzima e substrato
3-la catalisi da ioni metallici
4-catalisi elettrostatica
5-catalisi di prossimità o di orientamento
6-catalisi favorita da complesso di transizione.

LA CINETICA ENZIMATICA
La cinetica di Michaelis-Menten descrive l'andamento della velocità di una reazione catalizzata da enzimi, al
variare della concentrazione del substrato e dell'enzima. Questo modello, valido per enzimi non allosterici, fu
proposto da Leonor Michaelis e Maud Menten nel 1913. Inibitori e induttori enzimatici sono sostanze in grado di
alterare la cinetica enzimatica.
Il modello cinetico spiega come all'aumentare anche di poco della concentrazione del substrato disponibile
all'enzima (di concentrazione supposta costante), la velocità della reazione aumenti vertiginosamente fino al
raggiungimento di un massimo, chiamato V_{max}. In questo punto la reazione ha raggiunto la velocità massima
possibile semplicemente perché è presente tanto substrato da saturare tutto l'enzima presente in soluzione, perciò
un'ulteriore aggiunta di substrato non servirebbe in quanto non verrebbe più attaccato da enzimi. Ciò avviene
perché non sono più presenti enzimi liberi, ma solo forme enzimatiche legate al substrato. L'enzima libero,
indicato dalla lettera maiuscola E, reagisce dapprima con il substrato S dando il complesso enzima-substrato ES, il
quale si scomporrà originando il prodotto della reazione enzimatica, P, e riformando l'enzima libero.
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Riassumendo schematicamente:

dove i termini indicati con k rappresentano le costanti specifiche di velocità di reazione. ES è un intermedio di
reazione il cui basso valore di energia di attivazione permette di fare avvenire una specifica reazione, catalizzata
da una specifica classe di enzimi, in modo molto favorevole (effetto catalitico). Quando ES, in seguito al
raggiungimento di uno stato di equilibrio dinamico, assume un valore di concentrazione che si mantiene costante
nel tempo, si dice che è stato raggiunto lo stato stazionario (steady state).

LA GLICOLISI
Il glucosio occupa una posizione centrale nel metabolismo poiché è ricco di energia potenziale ed è un ottimo
combustibile. Oltre a ciò il glucosio è capace di fornice una grande varietà di intermedi metabolici per le
biosintesi.
La glicolisi è un processo catabolico, che avviene nel citoplasma a carico del glucosio (6 atomi di carbonio) e che
porta alla produzione di 2 molecole di piruvato (3 atomi di carbonio), 2 molecole di ATP e 2 molecole di NADH.

la glicolisi è un processo che prevede 10 diverse reazioni che si dividono in due fasi:

la fase preparatoria o anche fase ossidativa in cui non sono coinvolti i coenzimi e vi è consumo di 2 molecole di
ATP ed il glucosio viene scisso in due molecole di
gliceraldeide 3-fosfato.

la fase di recupero energetico o non ossidativa in cui le due molecole di gliceraldeide 3-fosfato sono convertite in
due di piruvato con produzione di 4 molecole di ATP e 2 di NADH. L’ ATP è utilizzato per ricavare energia libera
mentre il piruvato e il NADH prendono destini diversi in base alla condizione aerobico o anaerobica.

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DESTINI DEL PIRUVATO
Il piruvato , prodotto finale della glicolisi viene metabolizzato ulteriormente attraverso 3 diverse vie metaboliche:
CONDIZIONE ANAEROBICHE : in queste condizioni il piruvato può seguire 2 direzioni diverse:
fermentazione omolattica: in cui in condizioni di insufficiente apporto di ossigeno come nel muscolo scheletrico il
piruvato si riduce a lattato grazie all’ enzima lattato deidrogenasi e così il NAD+ viene rigenerato dal NADH. In
queste condizioni la richiesta di ATP è elevata. La reazione complessiva della conversione del glucosio in lattato
è:

L’ equilibrio complessivo di questa reazione favorisce la formazione di acido lattico.


Il lattato che si forma nel muscolo che si contrae può essere riciclato. Esso viene trasportato fino al fegato, dove
viene convertito in glucosio durante la fase di recupero dopo un’ attività muscolare intensa
Fermentazione alcolica: si verifica nel lievito e in alcuni organismi vegetali e il piruvato viene convertito in
etanolo e CO2.
È indispensabile per la rigenerazione del NAD+ a partire dal NADH formatosi nella glicolisi.
Si verifica attraverso un processo di due fasi nella prima fase il piruvato viene decarbossilato
In una reazione irreversibile catalizzata dalla piruvato decarbossilasi (non presente negli animali) formando l’
acetaldeide che viene ridotto ad etanolo ad opera dell’ alcol deidrogenasi con conseguente rigenerazione del
NAD+
CONDIZIONI AEROBICHE:(carbossilazione ossidativa) nei tessuti e negli organismi aerobici (con ossigeno), il
piruvato viene ossidato con perdita del suo gruppo carbossilico sotto forma di CO2 e i due atomi di carbonio che
restano formano l’ ACETIL-COENZIMA-A attraverso il complesso della piruvato deidrogenasi: azione
sequenziale di 3 enzimi e 5 gruppi prostetici o cofattori , i cui cofattori sono: tiamina pirofosfato, lipoammide,
coenzima A,NAD+, FAD. I cui enzimi sono E1, E2, E3.
In seguito il gruppo acetilico viene completamente ossidato a 2 molecole di CO2 nel ciclo di KREBS e l’ energia
liberata viene conservata nei coenzimi ridotti 3 molecole di NADH, una di
FADH2, e una di GTP.

REGOLAZIONE DELLA GLICOLISI.


il flusso del glucosio attraverso la via glicolitica deve essere regolato al fine di mantenere costanti i livelli di ATP,
ma anche per fornire alla cellula intermedi della glicolisi da utilizzare per la biosintesi. La regolazione della
velocità della glicolisi si basa su un equilibrato bilanciamento tra il consumo di ATP e la rigenerazione del NADH,
e la regolazione allosterica di molti enzimi come l’esochinasi (inibitore glocosio 6-fosfato), PFK-1(attivatori AMP
efruttosio 2,6-bisfosfato , inibitori ATP e citrato) e la piruvato chinasi (attivatore glucosio1,6-fosfato, inibitore
ATP e acetil-coenzima A)

GLUCONEOGENESI
È il processo anabolico di sintesi del glucosio a partire da intermedi non glucidici come quelli provenienti dalla
glicolisi (lattato , piruvato o glicerolo e gli intermedi del ciclo di krebs o scheletri carboniosi degli amminoacidi).
Avviene in condizioni di digiuno e dopo uno sforzo fisico intenso e il glucosio prodotto passa poi nel sangue per
rifornire gli altri tessuti.
Si verifica essenzialmente nel fegato e in maniera minore nella corteccia surrenale.
Tutte queste sostanze per entrare nella via gluconeogenetica devono essere trasformate in OSSALACETATO uno
degli intermedi del ciclo di krebs. La gluconeogenesi e la glicolisi non sono processi identici ma opposti , anche se
condividono alcune tappe. Sette delle 10 reazioni che avvengono nella glicolisi si verificano anche nella

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
gluconeogenesi ma in direzione opposta. Le altre 3 reazione della glicolisi (reazione 1-3-10) sono essenzialmente
irreversibili (perché deltaG<0) e non sono utilizzabili nella gluconeogenesi perciò vengono dette deviazioni e
sono:
-reazione 1: la conversione del glucosio in glucosio 6-fosfato ad opera dell’ esochinasi
-reazione 3: la fosforilazione del fruttosio 6-fosfato a fruttosio ,6 bisfosfato da parte della fosfofruttochinasi-1
-reazione 10: la conversione del fosfoenolpiruvato in piruvato da parte della piruvato chinasi.
Queste 3 reazioni vengono catalizzate da enzimi diversi e sono esoergoniche e quindi irreversibili nella direzione
di sintesi del glucosio.
La prima deviazione (che corrisponde alla n10 della glicolisi) avviene nella matrice mitocondriale per cui è
necessario il trasporto del piruvato dal citosol al mitocondrio.
Questa deviazione avviene in due tappe:
1° tappa: avviene la corbossilazione del piruvato ad ossalacetato catalizzata dalla piruvato carbossilasi (che ha come
gruppo prostetico la biotina legata covalentemente ad un residuo di lisina) presente nei mitocondri con consumo di
ATP. Il gruppo carbossilico viene fornito da uno ione bicarbonato.

Poiché la membrana mitocondriale non ha il trasporto per l’ ossalacetato esisite un sistema detto navetta che lo
trasporta nel citosol. Per fare ciò l’ ossalacetato viene prima trasformato in malato dalla malato deidrogenasi a
spese del NADH. Il malato esce dal mitocondrio e nel citosol viene riossidato.
2°tappa: l’ ossalacetato viene decarbossilizato e convertito in fosfoelpiruvato (PEP) dall’ enzima fosfoenolpiruvato
carbossichinasi il richiede GTP come donatore del gruppo fosforico.

Le altre reazioni proseguono identiche alla glicolisi ma nel senso opposto finché non incontra
seconda deviazione (che corrisponde alla n3 della glicolisi) è la trasformazione del fruttosio 6-fosfato in fruttosio
1,6-fosfato catalizzata dalla fruttosio 1,6 bisfosfatasi-1 che promuove l’ idrolisi del gruppo fosforico sul C-1.
terza deviazione (che corrisponde alla n1 della glicolisi) è la trasformazione del glucosio 6-fosfato in glucosio
libero. La reazione è catalizzata dall’ enzima glucosio 6-fosfatasi (presente solo nel fegato)

Bilancio energetico
La gluconeogenesi è un processo energeticamente dispendioso si consumano 4 molecole di ATP e due molecole di
GTP per convertire due molecole di piruvato in una di glucosio. Sono inoltre necessarie due molecole di NADH
per la riduzione di due molecole di 1,3 bisfosfoglicerato. Questa via biosintetica può essere percorsa non solo a
partire dal piruvato ma anche da intermedi a 4-5-6 atomi di carbonio provenienti dal ciclo di krebs che vengono
trasformati in ossalcetato. Possono essere utilizzati anche scheletri carboniosi degli amminoacidi per la produzione
di glucosio e sono detti glucogenici.

REGOLAZIONE DELLA GLUCONEOGENESI


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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
La sintesi e la degradazione del glucosio sono regolate reciprocamente.
Gli enzimi regolatori sono:
piruvato carbossilasi: enzima allosterico con modulazione positiva indotta dall’ acetil-CoA.
Fruttosio 1-6-bisfosfatasi :enzima allosterico attivato dalla AMP e ADP ed è inibito dalla ATP.
Il fruttosio-2-6-bisfosfato invece modula la glicolisi e la gluconeogenesi esso è un attivatore allosterico della
foasfofruttochinasi 1 , e contemporaneamente un inibitore della fruttosio1,6, bisfosfatasi. Le concentrazioni d
fruttosio 2,6-bisfosfato sono regolate da due enzimi che catalizzano la sua formazione , la fosfofrutochinasi 2 e il
fruttosio2-6- bisfosfatasi. Questi due enzimi sono sotto controllo ormonale del glucagone e dell’ insulina.

VIA DEL PENTOSIO FOSFATO


Questa via metabolica viene utilizzata per la degradazione del glucosio 6-fosfato (alternativa alla glicolisi) e per la
produzione di un tipo diverso di energia metabolica attraverso il potere riducente del NADPH utilizzato come
donatore di elettroni, avviene nel citosol.
La biosintesi di NADPH è importante nei tessuti in cui sono attive le biosintesi di acidi grassi e degli steroli
(es.colesterolo) come nel fegato , nella ghiandola mammaria o nel tessuto adiposo.

Oltre però a NADPH la via del pentosio fosfato genera zuccheri a 5 atomi di carbonio come il ribosio presente in
molte biomolecole: ATP, coenzima-A, DNA, RNA, FAD, NAD+.
È un processo che si verifica in 3 fasi e l’ equazione finale è:

Prima fase: produzione di NADPH


Consiste in una reazione di ossidazione catalizzata dal glucosio 6-fosfatodridrogenasi (G6PD) che trasforma il
glucosio 6-fosfato in 6-fosfoglucono-lattone (estere ciclico) ossidando l’ ossidrile del glucosio 6-fosfato a gruppo
chetonico. L’accettore di elettroni è il NADP+ che porta alla formazione di NADPH. Questo enzima è specifico
per il NADP+ e viene fortemente inibito dall’ NADPH.
In seguito il fosfoglucone-lattone viene idrolizzato dall’ enzima 6-fosfogluconolattonasi con produzione del 6-
fosfogluconato.

La fosfogluconato deidrogenasi catalizza la decarbosilazione ossidativa del 6-fosfogluato a ribulosio 5-fosfato con
produzione di NADPH e CO2. Termina così la prima fase con produzione di due molecole di NADPH.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
Seconda fase: isomerizzazione epimerizzazione
La ribulosio 5-fosfato isomerasi converte il ribulosio 5 fosfato nel suo isomero il ribosio 5-fosfato, essenziale
precursore nella biosintesi dei nucleotidi. Questa è una reazione predominante nelle cellule in fase di
duplicazione. In assenza di duplicazione è favorita un’ altra reazione catalizzata ribulosio 5-fosfato epimerasi che
trasforma il ribulosio 5-fosfato in xilulosio 5-fosfato.

Terza fase: riarrangiamento dello scheletro carbonioso


Nei tessuti che richiedono NADPH il pentosio fosfato viene trasformato prima in fruttosio sei fosfato e quindi in
glucosio 6 fosfato. Ciò si verifica attraverso una serie di riarrangiamenti degli scheletri carboniosi di sei molecole
di zucchero a 5 atomi di carbonio sono convertiti a 5 molecole di zucchero a 6 atomi di carbonio completando il
ciclo e consentendo di continuare a ossidare il glucosio 6-fosfato e a produrre NADPH. Il ripetersi continuo del
ciclo porta la conversione del glucosio 6-fosfato in sei molecole di CO2. In questa fase di riarrangiamento
intervengono due enzimi la transaldolasi e la transchetolasi.
- la transcheolasi trasferisce due unità di atomi di carbonio (c1 e c2) dallo xilulosio al ribosio formando uno
zucchero a 7 atomi di carbonio , i restanti 3 atomi vengono liberti sotto forma di gliceraldeide 3 fosfato.
-la transaldolasi trasferisce invece unità a 3 atomi di carbonio sedoeptulosio 7-fosfato alla glicerldeide 3 fosfato.
Lo zucchero che dona le unità di 2 o tre carboni è sempre un chetoso, mentre l’ accettore è sempre un aldoso. L’
entrata del glucosio 6-fosfato nella glicoli o nella via del pentosio fosfato dipende dal fabbisogno momentaneo
della cellula e dalla concentrazione di NADP+

IL METABOLISMO DEL GLICOGENO


Il glicogeno è un polisaccaride (omopolissacaride: unico tipo di monomero, con punto di ramificazione ogni 8-10
residui) di riserva delle cellule animali ed è localizzato nel fegato (circa il 10% del peso), nel muscolo scheletrico
(circa l’1-2% del peso) e in minor misura nel rene. Nelle cellule il glicogeno si accumula formando granuli e in
questi granuli troviamo gli enzimi che servono alla sintesi e alla degradazione del glicogeno e molte proteine
regolatrici.Nelle cellule muscolari il glicogeno è una riserva di energia immediatamente disponibile e può essere
totalmente consumato a seguito di attività fisica intensa. Il glicogeno epatico rappresenta una riserva di glucosio
per gli altri tessuti quando questo non è più disponibile, e il bilancio tra la sintesi e la degradazione del glicogeno
assicura la costanza della glicemia (concentrazione ematica del glucosio:5mM). Le ramificazioni del glicogeno
sono molto importanti perché aumentano la solubilità in acqua del glicogeno e costituiscono i siti di attacco degli
enzimi di degradazione e di sintesi.
La sintesi del glicogeno è detta GLICOGENOSINTESI.
La degradazione del glicogeno è detta GLICOGENOLISI

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

IL CATABOLISMO DEL GLICOGENO: GLICOGENOLISI


La glicogenolisi è catalizzata da 3 enzimi che producono glucosio 6-fosfato a partire dal glicogeno. Il primo
enzima che interviene è la glicogeno fosforilasi che catalizza la fosforilasi del legame 1-4 glicosidico tra due
residui di glucosio del glicogeno, con produzione di glucosio 1-fosfato:

La glicogeno fosforilasi catalizza molte volte una reazione senza doversi dissociare dal glicogeno dopo ogni ciclo
di catalisi. L’ enzima agisce ripetutamente sulle estremità non riducenti rilasciando glucosio 1-fosfato finché il
residuo di glucosio si trova ad almeno 5 residui dal punto di ramificazione e quindi si blocca .L’ ulteriore
degradazione della glicogeno fosforilasi può avvenire solo dopo che il secondo enzima: l’enzima deramificante
catalizza due reazione di trasferimento consecutive.

Il terzo enzima che interviene nella glicogenolisi è la fosfoglucomutasi che catalizza l’ isomerizzazione del
glucosio 1-fosafto a glucosio 6-fosfato.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

LA GLICOGENOSINTESI
La sintesi del glicogeno avviene in tutti i tessuti animali ma soprattutto nel fegato e nel tessuto muscolare. Avviene
in modo diverso dalla glicogenolisi in quanto non avviene grazie alla azione della glicogeno fosforilasi e ciò è
stato dimostrato dalla malattia di McArdle che nonostante la mancanza di questo enzima i soggetti affetti erano in
grado di sintetizzare glicogeno. Anche nella sintesi del glicogeno sono coinvolti 3 enzimi.
Il punto di partenza è il glucosio 6-fosfato che può derivare dal glucosio libero mediate fosforilazione dal parte
dell’ esochinasi e porta la consumo di una molecola di ATP.
In seguito il glucosio 6-fosfato viene convertito in glucosio 1-fosfato dall’ enzima fosfoglucomutasi con perdita di
un’ altra molecola di ATP.
La glicogenosintesi è un processo endorgonico delta>0 (c’è bisogno quindi di energia).
Questa energia viene fornita dall’ idrolisi di una molecola ad alto contenuto energetico ovvero l’ uridina trifosfato
che dal glucosio 1-fosfato porta alla formazione dell’ UDP glucosio grazie all’ azione dell’ UPD glucosio
profosforilasi.
L’ unità glicosidica dell’ UDP-glucosio viene traferita sull’ OH in posizione 4 di un residuo di glucosio di una
delle estremità non riducenti del glicogeno attraverso l’ azione dell’ enzima glicogeno sintasi che riesce ad
allungare però una catena polisaccaride che ha già 7 residui.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

A questo punto le catene lineari sintetizzate grazie alla glicogeno sintasi vengono ramificate dall’ enzima
ramificante (amilo 1-4, 1-6 transglicosilasi).
Questo enzima catalizza il trasferimento di un frammento di 7 residui glucidici dall’ estremità non riducente sull’
Oh in posizione 6 della stessa catena o di una catena diversa.
Il punto di ramificazione si troverà ad almeno 4 residui dal precedente e la catena da cui derivano le 7 unità di
glucosio deve contenerne almeno 11.

LA REGOLAZIONE DEL METABOLISMO DEL GLICOGENO


La regolazione della velocità di sintesi e di degradazione del glicogeno viene effettuata attraverso un controllo
allosterico e un controllo ormonale.
Il controllo ormonale si manifesta mediante modifiche covalenti (fosforilazione) degli enzimi interessati: la
glicogeno fosforilasi e la glicogeno sintasi.

MODULAZIONE ALLOSTERICA:
I due enzimi presentano modulatori allosterici in comune che regolano l’ attività in maniera opposta, generalmente
gli attivatori di un enzima inibiscono l’ altro e viceversa.
Un’ aumento dei livelli di glucosio 6-fosfato e ATP attiva la glicogeno sintasi e inibisce la glicogeno fosforilasi,
mentre un aumento di AMP induce l’ inibizione della glicogeno sintasi ed una attivazione della glicogeno
fosforilasi.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

La glicogeno fosforilasi del muscolo scheletrico può avere due forme interconvertibili: la glicogeno fosforilasi a
cataliticamente attiva e la glicogeno fosforilasi b forma meno attiva.
La fosforilasi b predomina nel muscolo a riposo, ma durante un intensa attività fisica l’ ormone adrenalina innesca la
fosforilazione di un residuo di ser della fosforilasi b convertendola in fosforilasi a.
L’ enzima glicogeno fosforilasi b chinasi è attivato dall’ adrenalina e dal glucagone , infatti alte concentrazioni di
c-AMP generate in risposta al glucagone nel fegato o all’ adrenalina nel muscolo provocano una cascata
enzimatica. L’ aumento di c-AMP porta alla fosforilazione della fosforilasi b chinasi che si converte nella sua
forma attiva (fosforilasi a) e catalizza la fosforilazione di residui di ser nelle due subunità della glicogeno
fosforilasi, che ora può catalizzare la demolizione del glicogeno.
Nel muscolo si ha cosi un rifornimento di sostanze nutrienti da utilizzare nella glicolisi per la contrazione
muscolare, mentre nel fegato la degradazione del glicogeno risponde alla ridotta concentrazione di glucosio nel
sangue segnalata dal glucagone rilasciando glucosio.

Analogamente alla fosforilasi anche la glicogeno sintasi può essere fosforilata o defosforilata.
Nella forma ttiva la glicogeno sintasi a non è fosforilata e la fosforilazione delle catene laterali converte la
glicogeno sintasi a in glicogeno sintasi b , che è però inattiva , a meno che non sia presente il suo attivatore il
glucosio 6 fosfato.
La glicogeno sintasi puo essere fosforilata da diversi enzimi ma il più importante tra questi è la glicogeno sintasi
chinasi 3, che aggiunge gruppi fosforici inattivandola.
Soltanto l’enzima PP1 può rimuovere tutti i gruppi fosforici di tutti e 3 gli enzimi fosforilati in risposta al
glucagone (fegato ) e all’ insulina (muscolo) : la fosforilasi chinasi, la glicogeno fosforilasi e glicogeno sintasi.

I LIPIDI
-Sono anche detti grassi
-Sono insolubili in acqua poiché sono prevalentemente apolari
-Il gruppo funzionale è quello carbossilico o-c=o alla fine della molecola

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
-Sono costituiti da acidi grassi formati da lunghe catene di atomi di carbonio (idrocarburi) che può contenere dai 4
ai 36 atomi di carbonio, anche se gli acidi grassi più comuni sono quellia catena non ramificata a numero pari dia
omi di carbonio dai 12 ai 24.
-Rappresentano le riserve energetiche del nostro organismo
-Possono essere di DEPOSITO (che fungono da riserva di energia per la cellula) e STRUTTURALI (che entrano
nella costituzione delle membrane biologiche)
-Possono essere divisi in:
GRASSI SATURI = hanno una catena lineare per questo quando interagiscono si compattano attraverso legami
idrofobi es. burro, e sono solidi a temperatura ambiente (origine animale)
GRASSI INSATURI= è presente un doppio legame che forma una curva nella catena (gomito) per questo non
sono compatte ma liquide a temperatura ambiente es. olio (origine vegetale), sono sempre in forma cis.
Sono una classe di composti molto eterogenea a livello strutturale in quanto possono essere ciclici, lineari e
possono essere costituiti da esteri , ammidi da alcol o semplicemente da catene idrocarburiche. Le classi di lipidi
principali sono : i gliceridi, i fosfolipidi , le cere e gli steroli.

I GLICERIDI

I FOSFOLIPIDI

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
Sono formati da una molecola di glicerolo legata a due acidi grassi e ad un gruppo fosfato.al carbonio 1 e 2 del
glicerolo si legano infatti le due catene di acidi grassi attraverso un legame estere, mentre al carbonio 3 si legherà
attraverso un legame covalente un gruppo fosfato. questa molecola presenta una porzione polare ed una pozione
apolare. La porzione polare rappresenta la TESTA (gruppo fosfodiestere) , mentre quella apolare la CODA (le
code idrocarburiche)

I fosfolipidi si differenziano in due classi : sfingomieline( derivante dalla sfingosina fosfato), fosfogliceridi
(derivante dal glicerofosfato).

GLI STEROLI
sono anfipatici e presentano uno scheletro carbonioso ciclico con più anelli condensati a cui sono legati diversi
gruppi funzionali. gli steroidi legati con un gruppo ossidrilico sono chiamati steroli e tra i più importanti
ricordiamo il colesterolo, importantissimo nella fluidità della membrana, ed è il precursore degli ormoni steroidei.

IL CATABOLISMO DEGLI ACIDI GRASSI


La degradazione degli acidi grassi che li ossida a co2 e H2O avviene essenzialmente in 3 fasi ovvero la beta
ossidazione (ossidazione degli acidi grassi in acetil-coA, l’ ossidazione dell’ acetil-coA a CO2 durane il ciclo di
krebs e infine il trasferimento degli elettroni alla catena respiratoria.
Le cellule possono ottenere il combustibile metabolico sotto forma di acidi grassi da 3 fonti: i grassi della dieta, i
lipidi depositati nelle cellule e i lipidi sintetizzati da un organo.
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
In particolare circa il 40% dell’ energia richiesta dall’ uomo giornalmente deriva dai trigliceridi della dieta, lipidi
di riserva, che si accumulano soprattutto negli adipociti e poi passano nel circolo sanguigno per diffusione passiva.
I trigliceridi, i fosfolipidi e il colesterolo vengono trasportati dal sangue ai tessuti sotto forma di chilomicroni e
lipoproteine.
I lipidi esogeni, quelli provenienti dalla dieta sono trasportati dai chilomicroni , particelle lipoproteiche
I lipidi endogeni, quelli sintetizzati a livello epatico sono trasportati delle lipoproteine.

LA DIGESTIONE DEI LIPIDI


La digestione dei lipidi alimentari e il loro assorbimento avviene a livello intestinale.
Prima di tutto i lipidi vengono solubilizzati dai Sali biliari, derivanti dal colesterolo e sinterizzati nel fegato, sono
rilasciati dopo un pasto ricco di grassi. Rappresentano anche l’ unico modo in cui il fegato elimina l’ eccesso di
colesterolo. I sali biliari convertono i grassi in micelle e ciò attiva l’ azione della lipasi pancreatica che idrolizza i
legami esteri dei trigliceridi e porta alla formazione di glicerolo e grassi liberi. Gli acidi grassi assorbiti dalla
mucosa intestinale adesso vengono riconvertiti in trigliceridi e impacchettati nei chilomicroni, particelle
lipoproteiche contenenti colesterolo, che vengono rilasciate nel circolo venoso. Una volta arrivati nel muscolo e
nel tessuto adiposo i trigliceridi contenuti nei chilomicroni vengono idrolizzati dall’ enzima lipoproteina lipasi
diventando acidi grassi e colesterolo. Nel muscolo gli acidi grassi sono ossidati per ricavare energia , mentre nel
tessuto adiposo sono esterificati a trigliceridi per essere conservati e i chilomicroni residui vengono trasportati al
fegato. Le lipoproteine invece sono costituite da un nucleo di lipidi non polari circondato da un unico strato di
lipidi anfipatici colesterolo e fosfolipidi a contatto con una porzione proteica.
Le lipoproteine si classificano in base alla loro densità, maggiore è il contenuto di grassi minore è la densità e sono
: LDL (poca densità) che derivano dalle VLDL (molta poca densità) in seguito al rilascio degli acidi grassi ai
tessuti e HDL (molta densità) trasportano il colesterolo dai tessuti al fegato.

TRASPORTO DEGLI ACIDI GRASSI NEL MITOCONDRIO


Nelle cellule degli animali gli enzimi coinvolti nell’ ossidazione degli acidi grassi sono localizzati nella matrice
mitocondriale. Gli acidi grassi con catene non più lunghe di 12 atomi di carbonio possono entrare nei mitocondri
senza nessun’ aiuto. Quelli con 14 o più atomi di carbonio richiedono un sistema navetta detto shuttle della
carnitina che coinvolge 3 reazioni.
La prima reazione o tappa consiste nell’ attivazione del’ acido grasso che avviene nel citosol.
L’ enzima acil-CoA sintetasi presente sulla membrana mitocondriale esterna catalizza la formazione di un legame
tioestere tra il gruppo carbossilico dell’ acido grasso e il gruppo tiolico del CoA, formando acil-CoA con consumo
di ATP. La reazione è fortemente esoergonica

A questo punto può avvenire la seconda reazione dove gli acili provenienti dagli acidi grassi attivati si legano alla
carnitina mediante un legame estereo al gruppo –Oh. La reazione è catalizzata dalla carnitina acil transferasi 1
presente sulla membrana mitocondriale esterna formando il complesso
acil-carnitina il quale adesso può oltrepassare la membrana mitocondriale e arrivare nella matrice.
Nella terza tappa l’ acil-carnitina viene ritrasformata in acil-CoA e carnitina dalla carnitina acil traferasi 2 , la
carnitina poi viene trasportata di nuovo nel citoplasma.
LA BETA OSSIDAZIONE
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
Arrivati alla matrice mitocondiale gli acidi grassi vanno incontro alla beta ossidazione che è un processo
catabolico che consiste in 4 reazione cicliche , in cui ad ogni ciclo la molecola di acido grasso viene ridotta di due
atomi di carbonio con formazione di 1 acetil-CoA, 1 FADH2 , 1 NADH+ H+ e un acil-coA ridotto di due atomi di
Carbonio.
1° reazione
È una reazione di deidrogenazione che produce un doppio legame tra di atomi di carbonio alfa e beta (C2 e C3)
formando trans- delta2 enoil-CoA , catalizzata dall’ acil-CoA deidrogenasi. Gli elettroni rimossi dall’ acil-CoA
sono traferiti al FAD formando FADH2.

2° reazione
Viene aggiunta una molecola d’acqua al doppio legame del trans delta 2 –enoil-CoA formando il 3-idrossiacil-
CoA. Questa reazione è catalizzata dalla enil-CoA idratasi.

3° reazione
Il 3-idorssiacil-CoA viene deidrogenato a Beta Chetoacil CoA per mezzo dell’ enzima
beta-droassiacil-CoA- deidrogenasi e il NAD+ è l’accettore d elettroni diventando NADH e H+

4° reazione
L’ ultima reazione è catalizzata dall’ acil-CoA acetiltraferasi (tiolasi) in cui il beta-chetoacil-CoA reagisce con una
molecola di CoA libera, staccando cosi un frammento di due atomi di carbonio sotto forma di acetil-Coenzima A,
mentre l’altro prodotto della reazione è il tioestere dell’ acido grasso con il CoA accorciato di due atomi di
carbonio.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

Le 4 reazioni si ripetono finché l’ acido grasso non è completamente ossidato. Il numero massimo di molecole di
ATP prodotte dipende dall’ numero di atomi di carbonio e dalla presenza di doppi legami.
L’ acetil-CoA e i coenzimi prodotti portano alla formazione di ATP se proseguono il ciclo di krebs e nella
fosforilazione ossidativa. Quando i carboidrati non sono disponibili (digiuno), predomina la degradazione degli
acidi grassi. In queste condizioni la concentrazione di ossalacetato diminuisce e l’ Acetil-CoA non può entrare nel
ciclo di Krebs

Ossidazione acidi grassi insaturi


La beta ossidazione appena descritta è tipica degli acidi grassi saturi , ma quando gli acidi grassi sono insaturi si
trovano nella conformazione cis e per questo sono resistenti all’ azione dell’ enoil-CoA idratasi. Sono necessari
per questo altri due enzimi una isomerasi e una reduttasi.

Ossidazione acidi grassi a catena dispari


Gli acidi grassi a catena dispari vengono ossidati come quelli a catena pari. Il substrato che entra nell’ ultimo ciclo
della beta ossidazione è un acido a 5 atomi di carbonio e viene scisso in due frammenti l’ acetil-CoA e il
proprionil-CoA.
L’ acetil-CoA entra direttamente nel ciclo di Krebs , mentre il proprionil-CoA deve prima affrontare 3 reazioni per
diventare succinil-CoA , un ‘ intermedio del ciclo di Krebs.

La chetogenesi
In condizioni di digiuno prolungato o (condizioni patologiche, ecc.),l’ Acetil-CoA prodotto dalla ossidazione degli
acidi grassi si accumula ed è utilizzato per la produzione dei corpi chetonici: acetoacetato, B-idrossibutirrato e
acetone. Questo processo, definito chetogenesi, avviene nel fegato. I corpi chetonici costituiscono importanti
carburanti metabolici per cervello, cuore e muscoli, quando l'apporto di glucosio si riduce.
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
I corpi chetonici si diffondono dal fegato al sangue dove raggiungono i tessuti periferici.
il cuore il muscolo e la corteccia renale preferiscono l'acetoacetato al glucosio.
Al contrario il cervello ed i globuli rossi preferiscono il glucosio se disponibile, ma in condizione di digiuno o di
diabete, il cervello si adatta ad utilizzare l'acetoacetato. Nel digiuno prolungato, il 75% della richiesta energetica è
soddisfatta dai corpi chetonici.

I corpi chetonici possono essere considerati come una forma idrosolubile e trasportabile di unita acetiliche.
L'acetoacetato svolge anche un ruolo di regolazione, infatti, quando raggiunge una concentrazione ematica elevata,
determina una diminuzione della velocita di lipolisi nel tessuto adiposo Elevate concentrazioni di corpi chetonici
che si riscontrano in alcune patologie possono condurre a morte, es: chetosi diabetica, (i corpi chetonici sono acidi
moderatamente forti, per cui un loro accumulo provoca acidosi).

BIOSINTESI DEI LIPIDI


È una via anabolica molto dispendiosa dal punto d vista energetico (consumo di ATP)

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
Avviene nel citosol delle cellule e prevaletemene nel fegato, nel tessuto adiposo, e nella ghiandola mammaria.
Richiede ATP, NADPH e Acetil-CoA e Malonil-CoA (intermedio).
In tutti gli organismi gli acidi grassi vengono sintetizzati mediante 7 cicli di reazioni catalizzate da un sistema
multienzimatico l’ acido grassi sintasi (FAS).
Il gruppo acilico saturo prodotto da 4 reazioni (cicliche) diventa il substrato per le successive reazioni. In ogni
ciclo la catena carboniosa dell’ acido grasso si allunga di due atomi di carbonio attraverso la condensazione di
unità carboniose provenienti dal malonil-CoA.
Quando la lunghezza della catena carboniosa sintetizzata raggiunge 16 atomi di carbonio, il prodotto: il palmitato,
abbandona il ciclo. Gli atomi c15 e c16 del palmitato corrispondono ai primi due atomi di carbonio utilizzati per
iniziare la biosintesi.
Per ulteriore allungamento della catena idrocarburica e per l’ inserimento di doppi legami intervengono altri
complessi enzimatici (RER).
La biosintesi degli acidi grassi avviene secondo un processo inverso alla beta ossidazione ma con meccanismi
diversi. Le principali differenze sono:
Sintesi acidi grassi Beta ossidazione
localizzazione citosol Matrice mitocondriale
Provenienza acili Malonil-CoA Acetil-CoA
coenzimi NADPH (riducente) NAD+ /FAD (ossidanti)
Intermedi ACP Acil -CoA

FORMAZIONE DEL MALONI-COA


L’ acetil-CoA che dovrà formare il malonil-CoA non deriva dalla beta ossidazionema deriva dalla ossidazione
degli amminoacidi e dalla carbossilazione ossidativa del piruvato entrambi processi che si verificano nel
mitocondrio.
La formazione del malonil-CoA a partire dall’ acetil-CoA è un processo irreversibile, catalizzato dall’
Acetil-CoA carbossilasi, contenente un gruppo prostetico la biotina. Avviene una reazione di decarbossilazione
che avviene in due tappe : un gruppo carbossilico si lega alla biotina con consumo di una molecola di ATP
formando il complesso carbossibiotinil-enzima , in seguito avviene il trasferimento del gruppo CO2 all’ acetil-
CoA che produce malonil-CoA, con rigenerazione del biotinil-enzima. Questa è un importante tappa di controllo.

-La biosintesi degli acidi grassi avviene mediante 4 reazioni che si ripetono catalizzate dall’ acido grasso sintesi
(Fas). Il complesso FAS nei mammiferi è costituito da un'unica catena polipeptidica con 7 differenti domini
catalitici ciascuno con un proprio sito attivo per 7 reazioni separate.
Durante la sintesi gli intermedi sono legati sono legati covalentemente mediante un legame tioestere a due gruppi
tiolici: uno è il gruppo –SH di un residuo di cisteina di uno dei domini della sintasi , e l’ altro è il gruppo –SH della
proteina trasportatrice di acili, un dominio separato dallo stesso polipeptide. La proteina trasportatrice di acili
(ACP) è la navetta del sistema e contiene il gruppo prostetico 4-fosfopantetina, lo stesso del coenzima-A. il
gruppo prostetico 4-fosfopantetina dell’ ACP agisce come braccio flessibile che trattiene le catene di acido grasso
durante la fase di allungamento sulla superficie dell’ acido grasso sintasi e traferisce gli intermedi delle varie
reazioni da un sito attivo all’ altro. Il suo gruppo –Sh è il sito d’ ingresso dei gruppi malonilici durante la
biosintesi.

-Prima dell’ inizio del ciclo di 4 reazioni avviene un trasferimento dei gruppi acilici dl CoA al gruppo SH della
proteina trasportatrice di acili: Acetil-CoA-----acetil-ACP e Malonil-CoA----Molonil-ACP
L’ enzima che catalizza il trasferimento dell’ acetile e del malonile dal CoA all ACP (legato a sua volta all’ acido
grasso sintasi) è il malonil/acetil CoA-ACP Transferasi.
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
In seguito il gruppo acetilico viene poi traferito al gruppo cys-sh della beta chetoacil-ACP-sintasi (dominio della
FAS).

REAZIONI DI ALLUNGAMENTO
Le due subunità identiche dell’ enzima legano il malonil-ACP e la catena di acido grasso in accrescimento: l’Acil-
ACP
1° reazione: condensazione
È una reazione di condensazione che forma l’ acetoacetil-ACP ed è catalizzata dalle beta-chetoacil-ACP. Il gruppo
acetilico viene traferito dall’ enzima al gruppo malonilico dell’-SH dell’ ACP.
In questa reazione vine liberata CO2 che è la stessa che abbiamo aggiunto nella corbossilazione da acetil-CoA a
Malonil-CoA, quindi la CO2 viene fissato solo transitoriamente e allontanata nella fase di allungamento.

2° reazione: riduzione del gruppo carbonilico


L’ Acetoacetil-ACP subisce la riduzione del suo gruppo carbonilico presente sul C3 trasformandosi in
d-beta-idrossibiturril-ACP , questa reazione è catalizzata dalle beta-Chetoacil-ACP reduttasi e il donatore di
elettroni è NADPH.

3° reazione: deidratazione
Dagli atomi di carbonio c-2 e c-3 del D-beta-idrossibutirril-ACP viene rimossa una molecola d’acqua per formare
un doppio legame nel prodotto trans-delta2-butenoil-ACP. Questa reazione è catalizzata dal Beta-idrossiacil ACP
deidratasi.

4° reazione: riduzione del doppio legame


Il doppio legame del trans-delta2- Butenoil-ACP viene saturato producendo butirril-ACP da parte dell’ enzima
enoil-ACP reduttasi (ER) , anche in questa reazione il donatore di elettroni è NADPH.
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

Per allungare ulteriormente la catena interviene un altro dominio dell’ enzima la trans acetilasica che legherà un
altro gruppo malonilico (proveniente da un'altra molecola di malonil-CoA ) al gruppo –SH libero dell’ ACP. Le 4
reazioni poi si ripetono ciclicamente e al raggiungimento della lunghezza desiderata interviene il 5 dominio dell’
acido grasso sintasi: la acil tioestererasi che catalizza il rilascio dell’ acido grasso dall’enzima. La stechiometria
dipende dal numero di atomi di carbonio. La sintesi si ferma dopo 7 cicli di reazioni e il prodotto è il palmitato (C-
16), che si stacca dal complesso per consentire la sintesisi un’ altra molecola.

Il palmitato è il precursore di altri acidi grassi a catena lunga perchè può subire altre reazioni successive da parte di
sistemi enzimatici presenti nel reticolo endoplasmatico liscio e cioè:
l’ allungamento : aggiunta di unità carboniose
l’ insaturazione : formazione di doppi legami.
In particolare però l’ acido linoleico e l’acido alfa-linoleico non possono essere sintetizzati nel nostro organismo ,
ma sono necessari come precursori per la biosintesi di altri prodotti , per questo sono acidi grassi essenziali.
Gli acidi grassi sintetizzati possono essere usati nel fegato per il metabolismo ossidativo dei mitocondri e per la
sintesi di trigliceridi e fosfolipidi.

IL CICLO DI KREBS
Per la maggioranza delle cellule eucariote la glicolisi è solo la prima fase della completa ossidazione del glucosio.
Il piruvato prodotto dalla glicolisi viene ulteriormente ossidato a CO2 e H2O. questa fase aerobica del catabolismo
è chiamata respirazione. Indica quei processi molecolari attraverso cu le cellule consumano O2 per produrre Co2
denominato specificamente respirazione cellulare.
La respirazione cellulare si svolge in 3 fasi che sono la glicolisi con formazione di piruvato ossidato per produrre
acetil-CoA, il ciclo di Krebs dove viene ossidato aceltil-CoA a Co2 e la fosforilazione ossidativa (catena
respiratoria) in cui i coenzimi ridotti vengono riossidati liberando elettroni e protoni.
Il ciclo di krebs ha luogo nella matrice mitocondriale in cui vengono ossidati gruppi acetilici provenienti da
carboidrati, acidi grassi e amminoacidi per formare Co2.È un processo che ci consente di legare vie cataboliche a
vie anaboliche.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
Il ciclo di krebs è un processo ciclico di 8 reazioni che portano all’ ossidazione dell’Acetil-CoA a due molecole di
Co2 , l’ energia liberato viene conservata sotto forma di coenzimi ridotti: 3 molecole di NADH e una di FADH2.
Si produce inoltre una molecola di GTP.

1° reazione
È una reazione di condensazione dell’ acetil-CoA con l’ ossalacetato che forma citrato, la reazione è catalizzata
dalla citrato sintasi. L’ atomo di carbonio del gruppo acetilico si lega al gruppo carbonilico C-2 dell’ ossalacetato.
Il legame dell’ ossalacetato provoca un cambiamento conformazionale dell’ enzima che genera il sito di legame
per l’Acetil-CoA (adattamento indotto). È una reazione fortemente esoergonica.

2° reazione
L’ enzima aconitasi catalizza la reazione di isomerizzazione reversibile del citrato in isocitrato, con formazione
dell’ intermedio cis-aconitato per idratazione.
Quando l’ idratazione del cis-aconitato con è catalizzata posso formarsi 4 possibili stereoisomeri.

3° reazione
Si ha la decarbossilazione ossidativa dell’ isocitrato a alfa chetoglutarato con l’ eliminazione della prima molecola
di CO2 e formazione di NADH, da parte dell’ enzima isocitrato deidrogenasi. Il corbonio della molecola di Co2
non appartiene all’ acetil-CoA entrato nel ciclo , ma all’ ossalacetato.

4° reazione
Si ha una seconda decarbossilazione ossidativa in cui l’ alfa chetoglutarato viene trasformato in succinil-CoA con
perdita della seconda molecola di Co2 e si forma NADH.
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
Questa reazione è catalizzata dall’ alfa chetoglutarato deidrogenasi è un complesso mutienzimatico molto simile
alla piruvato deidrogenasi, costituito da 3 enzimi e 5 cofattori.
Anche in questo caso il carbonio della molecola di Co2 appartiene all’ ossalacetato.

5° reazione
Il succinil- CoA sintetasi (tiochinasi) accoppia la scissione del legame tioestere ad alta energia del succinil-CoA
con la sintesi di un’ altro composto ad alta energia il GTP, formando succinato.
Con questa reazione l’ acetile proveniente dal piruvato è stato ossidato a Co2 con produzione di due molecole di
NADH e una di GTP. è un esempio di fosforilazione a livello del substrato.

6° reazione
Il succinato viene trasformato in fumarato attraverso una reazione di deidrogenazione sterospecifica dalla
succinato deidrogenasi. Gli elettroni sottratti al succinato passano attraverso il FAD sintetizzando FADH2. Il FAD
è legato covalentemente alla succinato deidrogenasi per cui possiamo considerarlo come un gruppo prostetico
piuttosto che come un coenzima.

7° reazione
Il fumarato va incontro a idratazione reversibile diventando L-malato e la reazione è catalizzata dalla fumarato
idratasi. Anche in questo caso l’ enzima è stereospecifico.

8° reazione
La malato deidrogenasi NAD dipendente catalizza l’ ossidazione del l-malato ad ossalacetato più NADH. È una
reazione altamente endoergonica.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

BILANCIO
Nel ciclo è entrato un gruppo acetilico con due atomi di carbonio che si è combinato all’ ossalacetato.
I due atomi di carbonio sono poi usciti dal ciclo sotto forma di due molecole di Co2 dall’ ossidazione prima dell’
isocitrato e poi dell’ alfa chetoglutarato. L’ energia ricavata da queste ossidazioni è stata conservata mediante la
riduzione di 3 molecole NAD+ e una di FAD e una molecola di GTP o ATP.
E alal fine del ciclo è stata rigenerata una molecola di ossalacetato.
Il ciclo produce di per 1 molecola di ATP per giro, ma nelle reazione di ossidazione che avvengono nel ciclo sono
liberati molti elettroni traferiti poi al NADH e FADH2 alla catena respiratoria determinando poi un gran numero
di molecole di ATP durante la fosforilazione ossidativa.

Anche se il guadagno netto è di 8 molecole di ATP, in quanto una viene consumata per il trasporto dell’ Acetil-
CoA dal citoplasma alla membrana mitocondriale.

Il ciclo di krebs è una via anfibolica, serve cioè sia ai processi anabolici sia a quelli catabolici.
Non soltato infatti agisce nel catabolismo di carboidrati amminoacidi e acidi grassi, ma produce anche i precursori
per mole vie biosintetiche. Es: Chetoglutarato e ossalacetato vengono sottatti da ciclo di krebs per la biosintesi di
amminoacidi.
Quando al ciclo di krebs vengono sottratti intermedi da utilizzare come precursori in altre vie , vengono
rimpiazzati attraverso reazioni anaplerotiche. Tra le più importanti:

REGOLAZIONE
Il ciclo di krebs è regolato principalmente dalla concentrazione di ATP e di NADH
E i punti di regolazione essenziali sono: piruvato deidrogenasi, isocitrato deidrogenasi, chetoglutarato.
Il complesso della piruvato deidrogenasi è fortemente inibito dall’ ATP, dall’ acetil-CoAe dal NADH, i prodotti
della reazione da esso catalizzata. Mentre AMP, CoA e NAD+ sono composti la cui concentrazione tende ad
aumentare quando il flusso delle unità acetiliche all interno del ciclo di krebs è troppo basso, attivando così il
complesso della piruvato deidrogenasi.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
Nel ciclo vi sono 3 tappe fortemente esoergoniche quelle catalizzate dalla citrato sintasi, dall’ isocitrato
deidrogenasi a dalla chetiglutarato deidrogenasi. Ognuna di queste reazioni può divenire la
tappa che in particolari circostanze regola la velocità.
INIBITORI ATTIVATORI
citrato sintasi NADH, succinil-CoA, ATP ADP
isocitrato deidrogenasi ATP Calcio e ADP
alfa-chetoglutarato deidrogenasi Succinil-CoA , NADH calcio

LA FOSFORILAZIONE OSSIDAIVA
Essa rappresenta il culmine del metabolismo energetico negli organismi aerobici. Tutte le tappe degradative dei
carboidrati, amminoacidi e degli acidi grassi terminano in quest’ ultima tappa della respirazione cellulare in cui l’
energia prodotta dalle ossidazioni viene utilizzata per sintetizzare ATP. Negli eucarioti la fosforilazione ossidativa
avviene nei mitocondri e avviene il trasferimento degli equivalenti riducenti dal NAD+ e dal FADH2 all’ ossigeno
molecolare mediante una serie di trasportatori di elettroni associati alla membrana mitocondriale interna.
Per quanto riguarda la sintesi dell’ ATP le nostre conoscenze si basano sull’ ipotesi di peter mitchell della teoria
chemiosmotica. Secondo la quale le differenze nella concentrazione dei protoni tra le due facce della membrana
rappresentano un modo per conservare l’ energia estratta dalle ossidazioni metaboliche.
IL MITOCONDRIO
Ha due membrane : la membrana mitocondriale esterna è facilmente permeabile a piccole molecole e ioni che si
muovono liberamente attraverso canali transmembrana , le porine.
La membrana mitocondriale interna invece è impermeabile alle molecole di piccole dimensioni e a quasi tutti gli
ioni compresi gli ioni H+ e (permeabile solo a O2,CO2 e H2O) in essa sono localizzati i componenti della catena
respiratoria e il complesso dell’ ATP sintasi che sintetizza ATP.
I TRASPORTATORI
La fosforilazione ossidativa ha inizio con l’ ingresso degli elettroni nella catena dei trasportatori di elettroni,
chiamata catena respiratoria. La maggior parte di questi elettroni derivano dall’ azione delle deidrogenasi che li
hanno raccolti nei processi metabolici e poi incanalati verso gli accettori universali di elettroni come il NAD+ o
NADP+ o le flavoproteine come FAD o FMN
La catena respiratoria mitocondriale è formata da una serie di trasportatori di elettroni, la maggior parte dei quali
sono proteine integrali di membrana , contenenti gruppi prostetici e in grado di donare o accettare uno o due
elettroni.
Oltre al NAD o al FAD nella catena respiratoria infatti agiscono altri 3 gruppi di trasportatori di elettroni: l’
ubichinone (coenzima Q), i citocromi e le proteine ferro-zolfo.
coenzima Q: o ubichinone di natura lipidica ,rappresenta il punto di raccolta iniziale degli elettroni provenienti dai
coenzimi ridotti FADH” e NADH. Esso può accettare un elettrone trasformandosi in un radicale o può accettare
due elettroni acquistando la sua forma ridotta diventando ubichinolo.
i citocromi: sono delle ferro-proteine con un gruppo prostetico eme contenente ferro derivanti dalla protoporfina 9.
A differenza della mioglobina e dell’ emoglobina i gruppi eme dei citocromi sono legati covalentemente mediante
legami tietere ai loro gruppi vinilici e due residui di cisteina.
Nei mitocondri sono presenti 3 classi di citocromi : a-b-c. il gruppo eme dei citocromi di tipo a-b è saldamente
legato alle proteine loro associate senza legami covalenti, mentre il gruppo eme dei citocrom di tipo c è invece
legato covalentemente attraverso residui di cisteina.
le proteine ferro-zolfo: esse possono essere di due tipi, ma entrambi contengono 4 residui di cisteina i quali
coordinano i complessi ferro-zolfo costituiti da ioni ferro +2 (ferroso) o +3 (ferrico) e ioni solfuro. Queste proteine
partecipano a reazioni redox, in cui viene trasferito un elettrone alla volta, utilizzando modificazioni dello stato di
ossidazione del ferro.
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
Questi trasportatori di elettroni sono organizzati in complessi intermembrana che possono essere separati o isolati
e ne sono 4. Ciascuno di essi è in grado di trasportare elettroni e può essere considerato come una parte della
catena respiratoria.

1° complesso:
è un enzima di grandi dimensioni contenente più di 42 catene polipeptidiche diverse fra cui una flavoproteina
FMN e almeno 6 centri ferro-zolfo come cofattori.Esso catalizza il trasferimento di due elettroni dal NADH al
coenzima Q e il trasferimento di 4 protoni dalla matrice allo spazio intermembrana , il complesso 1 funge quindi
da pompa protonica. Una pompa protonica è una proteina integrale di membrana capace di spostare protoni
attraverso la membrana un mitocondrio
2° complesso.
Il complesso 2 trasferisce gli elettroni da FADH2 al coenzima Q. esso è un complesso multiproteico costituito
dalla succinato deidrogenasi , enzima del ciclo di krebs legato alla membrana mitocondriale interna , da 3 centri
ferro-zolfo (2 da 4fe-s e 1 da 2 fe-2 s) e un citocromo.
3° complesso
Questo complesso multiproteico contiene un centro ferro-zolfo (2fe-2s) e 3 citocromi (2b e 1c).
Trasferisce gli elettroni dall’ ubichinolo (QH2) al citocromo C con il trasporto di protoni dalla matrice allo spezio
intermembrana , mentre gli elettroni passano dal complesso 3 al complesso 4 sulla superficie della membrana
mitocondriale interna.
4° complesso
Nella tappa finale della catena respiratoria il complesso 4 trasporta gli elettroni dal citocromo c all’ ossigeno
molecolare riducendolo a H2O. Esso è un complesso multiproteico contenente quattro centri redox: due citocromi
e due ioni rame, e catalizza il trasferimento di 4 elettroni provenienti da 4 molecole di citocromo c diverse secondo
la reazione:

Ogni volta che 4 elettroni attraversano questo complesso , l’ enzima preleva ioni H+ per convertire l’O2 in due
molecole di H2O.
La riduzione dell’ ossigeno con 4 elettroni avviene mediante i centri redox che trasportano un solo elettrone per
volta e ciò deve avvenire senza la formazione di intermedi ridotti incompleti come il perossido di idrogeno (H2O2)
o radicali liberi ossidrilici (.Oh), specie molto reattive che potrebbero danneggiare la struttura della cellula. Gli
intermedi restano strettamente legati al complesso finché non vengono convertiti in acqua. Si produce quindi un
eccesso di ioni H+ che sono rilasciati attraverso la membrana dalle pompe protoniche si genera cosi un gradiente
di protoni e quindi un energia elettrochimica libera che viene accoppiata alla sintesi dell’ ATP.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
LA SINTESI DELL’ ATP
Per quanto riguarda la sintesi dell’ ATP le nostre conoscenze si basano sull’ ipotesi di peter mitchell della teoria
chemiosmotica. Secondo la quale le differenze nella concentrazione dei protoni (generati nel complesso 1, 3 e 4)
tra le due facce della membrana rappresentano un modo per conservare l’ energia estratta dalle ossidazioni
metaboliche e per sintetizzare ATP quando il flusso protonico inverte la sua direzione e i protoni ritornano nella
matrice attraverso un canale protonico associato all’ ATPsintasi (complesso V)

L’ ATPsintasi catalizza la sintesi dell’ ATP da ADP + P accoppiata al flusso protonico dallo spazio intermembrana
alla matrice. Questo complesso enzimatico situato nella membrana interna mitocondriale è costituito da due
componenti F1 e F0.
F1:è una proteina estrinseca di membrana rivolta verso la matrice mitocondriale dissociabile dalla F0, ed è solubile
in acqua. Quando la F1 è isolata perde la capacità di sintetizzare ATP e acquista la capacità inversa di idrolizzare
ADP e P.
F0:è un canale protonico transmembrana collegato da uno stelo alla componente F1, ed è insolubile.

Il complesso F1 ,la parte catalitica, è costituito da diverse subunità di cui 3 sono alfa, 3 beta, 1y
Il complesso F1 è composto da un’ alternanza di subunita alfa e beta disposte come gli spicchi di un arancia.
Ciascuna subunità beta ha un sito catalitico per la sintesi dell’ ATP. La subunità y, in contatto con una subunità beta
vuota forma un asse centrale che attraversa tutto il complesso F1. Anche se le sequenze amminoacidiche delle 3
unità beta sono identiche, queste differiscono per la loro conformazione. Queste differenze conformazionali si
riflettono anche a livello dei loro siti di legame con l’ ATP e l’ ADP. Le 3 diverse conformazioni sono chiamate
beta-vuoto, beta-ATP e beta-ADP.
Il complesso F0 , che costituisce il canale protonico è composto da 3 subunità a,b,c : 1 subunità a , 2 subunità b e
le subunità c variano da 8-15 a seconda dell’ organismo. Le due subunità di b di F0 si associano alle subunità alfa
e beta di F1 mantenendole fisse rispetto alla membrana.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

LA CATALISI ROTAZIONALE
La sintesi dell’ ATP è accoppiata al flusso di ioni H+ attraverso F0. Il flusso di ioni H+ attraverso F0, provoca la
rotazione di F0, inducendo un cambio conformazionale a livello dei siti catalitici delle subunità beta di F1. Le
subunità alfa e beta di F1 esistono infatti in 3 conformazioni:
-stato O (aperta Vuota), con affinità con affinità molto bassa per i ligandi e cataliticamente inattiva.
-stato L (rilassato, beta-ADP), più chiusa lega debolmente i ligandi ed è cataliticamente inattiva
-stato T (compatta, beta-ATP), chiusa con alta affinità per i ligandi e cataliticamente attiva.
Il meccanismo di catalisi rotazionale prevede che i 3 siti attivi beta di F1 catalizzino a turno la sintesi dell’ ATP
cambiando il loro stato di conformazione.La subunità beta con conformazione L , cataliticamente inattiva
comincia il ciclo di catalisi legando ADP e Pi recuperati dall’ ambiente circostante. A questo punto la subunità
cambia la sua conformazione , assumendo la forma T. La forma T cataliticamente attiva sintetizza ATP e in
seguito cambia ulteriormente la sua conformazione assumendo la forma O priva di affinità per l’ ATP. L’ ATP a
questo punto lascia l’ enzima e si avrà un nuovo ciclo di catalisi quando questa subunità assume di nuovo la
conformazione L.

Il flusso di protoni attraverso la F0 provoca la rotazione dello stelo centrale subunità Y che è in contatto con
ciascuna subunità alfa e beta generando così i cambi conformazionali dei siti catalitici. Ogni rotazione di 120 gradi
pone in contatto y con una subunità diversa beta. Quindi ad ogni rotazione di 120 gradi corrisponde il rilascio di una
molecola di ATP, il legame ADP e Pi, e la sintessi di ATP.

IL DISACCOPPIAMENTO DELLA FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA


L’ accoppiamento tra il trasporto di elettroni e la sintesi dell’ ATP dipende dalla impermeabilità della membrana
mitocondriale interna al libero passaggio di ioni H+.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
Esistono alcuni composti però chiamati disaccoppianti chimici come il 2,4 dinitrofenolo (DNP) che disaccoppia il
passaggio di elettroni e la sintesi di ATP. Il DNP è un acido debole con prorprietà idrofobiche, e grazie alla sua
idrofobicità riesce a attraversare facilmente le membrane mitocondriali trasportando con se un protone. Il suo
rilascio nella matrice dissipa il gradiente protonico.
In condizioni fisiologiche la dissipazione di un gradiente elettrochimico protonico genera calore.

BILANCIO ENERGETICO
-sintesi dell’ ATP mediante fosforilazione a livello del substrato
-sintesi dell’ ATP nella fosforilazione ossidativa accoppiata alla riossidazione del NADH e dell’ FADH”.

-Nella catena respiratoria la riossidazione del NADH produce 2,5 ATP e quella del FADH” 1,5 ATP.

CATABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI


Gli amminoacidi non sono accumulati nelle cellule ma sono incorporati nelle proteine, da cui possono essere
liberati per proteolisi (catabolismo degli amminoacidi).
Possono essere degradati per ottenere energia metabolica o trasformati in prodotti intermedi del metabolismo.

La fonte principale degli amminoacidi è costituita dalle proteine ingerite dalla dieta o da quelle che non servono
più alla loro funzione (enzimi, immonoglobuline ecc..)
La degradazione delle proteine può avvenire mediante 3 processi:
1-digestione gastrointestinale (proteine esogene dalle dieta): nell’ uomo le proteine ingerite con la dieta vengono
degradate ad amminoacidi liberi nel tratto gastrointestinale mediante alcuni enzimi proteolitici quali la pepsina che
idrolizza i legami peptidici della proteina ingerita generando peptidi più piccoli, da alcuni enzimi pancreatici come
la tripsina e la chimotripsina e da carbossipeptidasi e ammopeptidasi che rimuovono i residui amminoacidici dall’
estremità carbossiterminale o amminoterminali dei brevi peptidi. Gli amminoacidi liberi sono poi trasferiti al
circolo sanguigno che li trasporta soprattutto al fegato e al muscolo

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
2-degradazione lisosomiale (proteine cellulari): con questo processo vengono degradate tutte le proteine che le
cellule assumono per endocitosi.
Nei lisosomi le proteasi agiscono a un PH ottimale intorno a 5 e sono praticamente inattive a PH neutro.
3-degradazione ibiquitina dipendente (proteine cellulari)
È un meccanismo di degradazione indipendente dai lisosomi che prevede consumo di ATP. In questo processo è
coninvolta una proteina chiamata ubiquitina ed un complesso enzximatico definito proteosoma che possiede l’
attività proteolitica.
L’ ubiquitina è una proteina di piccole dimensioni 76 amminoacidi che ha la funzione di etichettare le proteine
citoplasmatiche che devono essere idrolizzate.

IL CATABOLISMO
Nel catabolismo degli amminoacidi lo scheletro carbonioso e il gruppo alfa-amminico hanno un destino diverso

DESTINO DELL’ AZOTO ALFA-AMMINICO


Esso non viene utilizzato per scopi energetici.
Viene utilizzato solo in piccola parte nelle via biosintetica delle basi azotate dei nucleotidi , mentre la maggior
parte viene eliminato sotto forma di: ammoniaca, acido urico o urea (mammiferi).
Reazioni di degradazione
La degradazione degli amminoacidi avviene essenzialmente nel fegato e nel muscolo, che utilizza soprattutto
amminoacidi a catena ramificata come leucina isoleucina e valina. E gli enzimi sono localizzati nel citosol. La
prima tappa prevede la rimozione del gruppo alfa amminico, un processo che si verifica in due passaggi mediante
enzimi chiamati transamminasi.
1 tappa: formazione del glutammato mediante transamminazione
2 tappa: deamminazione ossidativa del glutammato con produzione di ammoniaca e alfa-chetoglutarato

1:formazione del glutammato


Le transamminasi o amminotransferasi catalizzano il trasferimento reversibile del gruppo alfa
amminico di un amminoacido all’ alfa chetoglutarato (per la maggior parte delle reazioni) generando
contemporaneamente un alfa chetoacido e un amminoacido (glutammato, aspartato o alanina).
Il risultato delle reazioni di transamminazione è di raccogliere i gruppi amminici che derivano da diversi tipi di
amminoacidi su un unico prodotto il glutammato , che diventa poi il donatore del gruppo amminico per le reazioni
successive o di biosintesi o di eliminazioni dei prodotti azotati di scarto.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

Tutte le aminotransferasi hanno lo stesso gruppo prostetico il piridossal fosfato (PLP) , la forma coenzimatica della
vitamina B6, legato covalentemente ad un gruppo amminico di un residuo di lisina dell’ enzima (base di schiff). Il
peridossal fosfato agisce come un trasportatore di gruppo amminici a livello del sito attivo dell’ enzima. Il
meccanismo prevede 2 fasi con 3 reazioni intermedie. le reazioni della seconda fase sono le stesse della prima ma
in direzione opposta.

2:deamminazione ossidativa
successivamente i gruppi amminici devono essere rimossi dal glutammato, in modo da poter essere escreti. Questa
reazione avviene nel citosol dove il glutammato va incontro ad una deamminazione ossidativa catalizzata dalla
glutammato deidrogenasi, che provoca la rimozione di uno ione ammonio e la contemporanea ossidazione dell’
atomo di carbonio a cui esso è legato e vengono utilizzato il NAD+ e il NADPH come accettori di elettroni. Lo
ione ammonio viene poi convertito in urea per essere escreto.

L’ ammoniaca è una specie molto tossica e per questo non può essere trasportata liberamente nel circolo sanguigno
e per questo viene trasformata in altre molecole meno tossiche e più solubili.
- dal muscolo al fegato è trasportata sotto forma di alanina (ciclo glucosio-alanina)
- dagli altri tessuti al fegato è trasportata sotto forma di glutammina
- nel fegato viene trasformata in urea nel ciclo dell’ urea e poi escreta con le urine.

CICLO GLUCOSIO-ALANINA
L’ ammoniaca prodotta dalla degradazione degli amminoacidi nel muscolo viene trasportata sotto forma di alanina
al fegato attraverso il ciclo glucosio-alanina. L’ alanina si forma quando il glutammato trasferisce il suo gruppo
alfa amminico al piruvato prodotto dalla glicolisi per azione della alanina amminotransferasi. L’ alanina così
formata passa nel sangue e giunge al fegato e un’ altra alanina amminotransferasi trasferisce il gruppo amminico
dall’ alanina all’alfa chetoglutarato formando glutammato e piruvato. Il glutammato formerà ammoniaca grazie
all’ enzima glutammico deidrogenasi e il piruvato verrà convertito di glucosio nella via gluconeogenetica.

LA GLUTAMMINA TRASPORTA L’ AMMINOACIDO


Negli altri tessuti l’ ammoniaca formata dalle transamminasi viene convertita in glutammina per poter passare nel
circolo sanguigno e arrivare al fegato. L’ ammoniaca prodotta nei tessuti si combina con il glutammato formando
glutammina per azione della glutammina sintetasi, la reazione richiede ATP e si svolge in due tappe : il

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
glutammato reagisce con l’ ATP formando ADP e l’ intermedio di reazione il glutammin-fosfato che reagisce poi
con l’ ammoniaca formando la glutammina più fosfato.
Ora la glutammina passa per il circolo sanguigno arrivando al fegato dove viene ritrasformata in glutammato ed
ammoniaca dalla glutamminasi. L’ ammoniaca poi entrerà nel ciclo dell’ urea.

IL CICLO DELL’ UREA


I gruppi amminici (ammoniaca ) che non vengono utilizzati per la sintesi di nuovi amminoacidi vengono convertiti
in urea mediante il ciclo dell’ urea poi eliminata tramite le urine. La reazione complessiva è:

Pertanto i due atomi di azoto provengono dall’ ammoniaca e dall’ aspartato e il carbonio invece proviene dallo
ione bicarbonatoIl ciclo dell’ urea è un processo ciclico che consiste di 5 reazioni e avviene nel fegato. Inizia all’
interno dei mitocondri , ma le tappe successive avvengono nel citosol.

1°reazione
si verifica nella matrice mitocondriale in 3 fasi catalizzate dall’ enzima: carbammil-fosfato-sintasi
-Con il consumo di una molecola di ATP viene attivato lo ione bicarbonato formando il carbonil fosfato
-l’ ammoniaca sostituisce il fosfato con formazione di carbammato più fosfato
-una seconda molecola di ATP fosforila il carbammato con formazione di carbammil-fosfato

2°reazione
Il carbammil fosfato dona il suo gruppo carbammilico all’ ornitina, un’amminoacido non proteico formato stesso nel
ciclo dell’ urea, con formazione della citrullina e rilascio di fosfato.La reazione è catalizzata dall’ ornitina trans-
carbamilasi. L’ ornitina svolge un ruolo simile all’ ossalacetato del ciclo di krebs.

3° reazione
È una reazione di condensazione tra la citrullina e una molecola di aspartato con formazione di argininsuccinato e
consumo di ATP formando AMP + 2Pi.Questa reazione avviene nel citol ed è catalizzata dall’ argininosuccinato
sintetasi. Con questa reazione viene acquisito il secondo atomo di azoto dell’ urea

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

4°reazione
È una reazione di idrolisi catalizzata dall’argininosuccinasi che trasforma l’arginin-succinato in arginina e fumarato.
Il fumarato non può essere trasportato così nei mitocondri per questo viene trasformato prima in malato dalla malato
fumarasi e trasportato nei mitocondri , qui viene trasformato in ossalacetato dalla malato deidrogenasi e poi l’
ossalacetato può generare aspartato un intermedio del ciclo tramite transamminazione. Queste reazioni costituiscono
lo shant dell’ aspartato-argininosuccinato, generando collegamenti metabolici tra il ciclo dell’urea e di krebs .

5° reazione
Nella reazione finale si ha l’ idrolisi dell’ arginina in urea e ornitina catalizzata dall’ enzima ornitasi.
L’ ornitina può rientrare nel ciclo dopo essere trasportato al mitocondrio. L’ urea molto solubile in acqua viene
rilasciata nel circolo sanguigno che la trasporta al rene dove viene escreta tramite urina.

BILANCIO
Anche se nel ciclo dell’ urea vi è un consumo di 3 molecole di ATP in realtà l’ energia raccolta dal NADPH
(glutammico deidrogenasi ) e dal NADH (malato deidrogenasi) può generare durante la fosforilazione ossidativa
fino a 5 molecole di ATP.

Degradazione dello scheletro carbonioso degli amminoacidi


Lo scheletro carbonioso degli amminoacidi viene trasformato in intermedi di altre vie metaboliche. Sulla base del
tipo di intermedio prodotto, si possono distinguere due classi di amminoacidi: Glucogenici: Gli amminoacidi
glucogenici vengono degradati a piruvato, alfa chetoglutarato, succinil-CoA oppure ossalacetato; tutte queste
molecole sono intermedi del metabolismo glucidico.
Chetogenici: Gli amminoacidi chetogenici vengono degradati ad acetil-CoA, oppure acetoacetato: queste
molecole sono invece coinvolti nel metabolismo dei grassi. Pertanto, la parte carboniosa degli amminoacidi può
portare alla produzione di energia sotto forma di ATP o può essere utilizzata per la sintesi di altre biomolecole.
Biosintesi degli amminoacidi
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
Gli amminoacidi vengono classificati in essenziali e non essenziali in dipendenza della capacità degli organismi di
sintetizzarli.

Gli amminoacidi non essenziali vengono sintetizzati attraverso vie semplici che partono da quattro intermedi
metabolici comuni: piruvato, ossalacetato, alfa chetoglutarato e 3-fosfoglicerato. Le vie metaboliche per la sintesi
degli amminoacidi essenziali, presenti solo nelle piante, sono state perse durante l' evoluzione forse a causa della
semplice reperibilità di tali molecole

STRUTTURA MUSCOLARE
Il tessuto muscolare è un tessuto altamente specializzato che ha la funzione di garantire i movimenti volontari e
involontari dell’ organismo. Sulla base delle caratteristiche, della struttura e delle funzioni si può classificare in 3
tipi: muscolo cardiaco (involontario), muscolo scheletrico o striato (volontario) e muscolo liscio (involontario). Il
tessuto muscolare scheletrico è caratterizzato da cellule allungate a forma di fuso e da striature evidenti, ciò
garantisce una propagazione dell’ impulso elettrico alla massima velocità e con elevata precisione.

Il muscolo scheletrico contiene fasci paralleli di fibre muscolari, ogni fibra è formata da fibrocellule muscolari e
ogni fibrocellula è formata da miofibrille.
Le miofibrille sono formate da un gran numero di filamenti spessi (miosina) e sottili (actina) disposti in modo
ordinato e uniti ad altre proteine. Una fibra è costituita da circa 1000 miofibrille. Ogni miofibrilla è circondata da
un sistema di vescicole membranose piatte: il reticolo sarcoplasmatico. L'intera unità contrattile, costituita da fasci
di filamenti spessi le cui estremità sono intercalate con filamenti sottili, è detta SARCOMERO. Quando vengono
esaminate al microscopio elettronico ,le fibre muscolari mostrano una alternanza di regioni a bassa-o ad alta
densità elettronica, dette bande A e bande I. Queste differenze sono dovute alla disposizione dei filamenti spessi e
sottili, che sono allineati e in parte sovrapposti. La banda l è la regione del fascio che contiene solo filamenti
sottili; la banda più scura A contiene i filamenti spessi e si trova al centro del sarcomero. Nel mezzo della banda I
vi è una struttura sottile detta disco Z posta perpendicolarmente ai filamenti, che serve da punto di ancoraggio dei
filamenti sottili. Anche la banda A ha una struttura centrale sottile, la linea M o disco M, in mezzo ai filamenti
spessi.

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
LA MIOSINA
È una proteina oligomerica costituita da 6 subunità: 2 catene pesanti e 2 coppie di 2 catene leggere.
Le catene pesanti sono costituite da una porzione fibrosa contenete lunghe strutture ad alfa elica che si avvolgono
l’ una sull’ altra generando una regione super-avvolta (coiled coil) e da un grande dominio globulare che contiene
un sito in cui avviene l’ idrolisi dell’ ATP (attività ATPasica) e ad esso si legano le due coppie di catene leggere.
Nelle cellule del muscolo le molecole di miosina si aggregano la sciando verso l’ esterno le porzioni globulari e
formando strutture dette FILAMENTI SPESSI, che costituiscono l’ unità contrattile più importante .All’ interno di
ogni filamento alcune centinaia di molecole di miosina (mediamente 400) interagiscono tramite le loro code
fibrose formando lunghe strutture bidirezionali.

L’ACTINA
Essa è un proteina globulare molto abbondante in tutte le cellule eucariotiche. Le molecole di actina monomerica
detta G-actina si associano nel muscolo formando lunghi polimeri fibrosi con struttura elicolidale formando F-
actina.Questi polimeri di F-actina insieme ad altre proteine che sono la tropomiosina e la troponina formano i
FILAMENTI SOTTILI. Ogni monomero di actina in un filamento sottile può legarsi specificamente e saldamente
alla testa di una miosina.

ALTRE PROTEINE CONTRATTILI: TROPONINA E TROPOMIOSINA


La tropomiosina è costituita da due sub-unità identiche alfa e beta che avvolgo l’actina F.
La troponina invece è un eterotrimero (3 subunità) ognuna prende il nome dalla propria funzione:
Troponina I: impedisce il legame tra actina e miosina inibendo l’ attività dell’ ATPasica
Troponina T: lega la tropomiosina
Troponina C: presenta molta affinità per gli ioni Ca++
Ogni molecola di tropomiosina interagisce con 7 monomeri di actina, e l’ interazione actina-tropomiosina in
condizione di riposo nasconde i siti di legame tra actina e miosina.
La contrazione muscolare prevede la dissociazione del complesso (smarcheramento dei siti di legame tra actina e
miosina) che si basa sul legame tra ioni Ca++ e troponina C, che vengono liberati in seguito alla propagazione del’
impulso nervoso.

ULTERIORI PROTEINE CONTRATTILI


La Titina è una proteina molto grande che si dispone parallelamente ai filamenti di actina e miosina. La sua
estremità N-terminale è ancorata alla linea Z mentre l'estremità C-terminale arriva sino alla linea M. è coinvolta
nell'assemblaggio e nel mantenimento della struttura delle fibrocellule.
La Nebulina regola la lunghezza dell'actina F, mentre l’alfa-actinina esiste in 4 isoforme e la isoforma 3 viene
espressa nelle fibre veloci. Evidenze sperimentali riportano la correlazione tra l'iper-espressione di tale isoforma e
le performances" dei velocisti (doping genico)

MECCANISMO DELLA CONTRAZIONE MUSCOLARE


Questa disposizione consente ai filamenti spessi e ai filamenti sottili di scorrere uno sull'altro durante la
contrazione muscolare. In seguito alla contrazione il sarcomero si accorcia, scompaiono le bade I e le linee Z si
avvicinano.
Il ciclo può essere suddiviso in quattro tappe principali:
1 - l'ATP si lega alla miosina, provocando la rottura dell'interazione actina-miosina, le due proteine si separano.

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2 - l'ATP viene idrolizzata do una variazione conformazionale nella proteina, che assume ora una conformazione
"ad alta energia" e genera spostamento della testa della miosina, variandone l’ orientamento rispetto al filamento
sottile di actina.
3 - A questo punto la miosina si lega debolmente a una subunità di F-actina più vicina al disco z rispetto a quella
da cui si è appena separata, e contemporaneamente il fosfato prodotto dall'idrolisi dell’ atp da parte della miosina
viene rilasciato.
4 - power stroke (colpo di potenza" o "forza contrattile"), durante la quale la conformazione della testa della
miosina ritorna nel suo stato originale di riposo, spingendo la subunità di actina verso il centro del sarcomero e
avvicinando le code della miosina ai dischi Z.
Il ciclo termina con il rilascio dell’ ADP.
In ogni ciclo i filamenti sottili si spostano rispetto ai filamenti spessi di 5.10 nm.
L’interazione tra l’actina e la miosina deve essere regolata in modo che la contrazione possa avvenire solo in
risposta ai segnali provenienti dal sistema nervoso.
La regolazione è mediata da due proteine: tropomiosina e la troponina.

Esistono due tipi di muscoli striati:


Muscoli rossi - attività lenta e continua
Muscoli bianchi - attività veloce e di potenza.
Tale classificazione basata sull'esistenza di due tipi diversi di fibre muscolari:
Fibre lente di tipo I a bassa velocita ossidativa: provvedono alla sintesi dell'ATP per via aerobica mediante
fosforilazione ossidativa mitocondriale.
Fibre rapide di tipo II ad alta velocita glicolitica: producono ATP in modo anaerobico attraverso la via glicolitica
che puo essere alattacida e lattacida

Tipi di contrazione muscolare


Durante l'attività muscolare il muscolo tende a ridurre la sua lunghezza in base all'accorciamento del sarcomero.
sulla base della funzione muscolare si verificano tre tipi di contrazione:
Contrazione isomerica: la lunghezza muscolo-tendinea non cambia e quindi il muscolo non compie lavoro.
Contrazione concentrica: La lunghezza muscolo tendinea diminuisce e quindi il muscolo compie lavoro.
Contrazione eccentrica: La lunghezza muscolo-tendinea aumenta e quindi il muscolo non compie lavoro

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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti
L'attività muscolare è il risultato di una combinazione spazio-temporale dei tre tipi di contrazione. Le contrazioni
eccentriche di elevata intensita sono quelle che generano danno muscolare che si puo evidenziare determinando la
concentrazione di alcune proteine di origine muscolare (CPK e mioglobina)
Il muscolo presenta una accentuata plasticità tessutale in base alle condizioni operative.
Tale adattamento può prevedere (anche in combinazione): Variazioni delle dimensioni , Cambiamenti nella
composizione in fibre , Variazioni della capacita metabolica , Cambiamenti nello stato di irrorazione capillare. Tali
cambiamenti possono essere accentuati/inibiti con allenamento o mediante l'uso di sostanze(doping)

SVILUPPO EMBRIONALE DEL MUSCOLO


Nell'embrione si sviluppa dal mesoderma a partire da cellule chiamate mioblasti.
Da alcuni mioblasti (cellule staminali) si ottengono cellule allungate detti. Altri rimangono quiescenti e saranno
utilizzate sia nell'accrescimento muscolare sia nella rigenerazione del tessuto muscolare danneggiato. Il controllo
del differenziamento viene effettuato dalla miostatina, che esercita un effetto bloccante della crescita muscolare.
Mutazioni nel gene per la miostatina provocano una iperplasia muscolare (doping genico).

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Fonti energetiche della contrazione muscolare


La sintesi dell'ATP per la contrazione muscolare avviene essenzialmente mediante tre meccanismi diversi
-Meccanismi aerobici alattacidi
-Meccanismi anaerobici lattacidi
-Meccanismi aerobici
La prevalenza/utilizzo di tali meccanismi dipende dal tipo di muscolo scheletrico e/o dal lavoro da esso svolto.

Meccanismi anaerobici alattacidi


Esistono due meccanismi di sintesi di ATP alattacido
-Sintesi di ATP da fosfocreatina
-Sintesi di ATP da attività miochinasica

Sintesi di ATP da fosfocreatina


I livelli di fosfocereatina nel muscolo sono 3-5 volte superiori a quelli di ATP.
Nel corso di uno sforzo intenso ma protratto nel tempo (anaerobico) per pochi secondi, per mantenere costanti i
livelli di ATP la PCR viene rapidamente convertita in creatina.
Tamponamento energetico temporale :
Nella fase di recupero le scorte di PCr vengono recuperate in tempi significativamente più lunghi(2-3 min)
attraverso i meccanismi ossidativi aerobici.

sintesi di ATP dall'attivita miochinasica


L'enzima miochinasi (adenilato chinasi muscolare) catalizza la sintesi di ATP in base alla reazione:

Questa reazione contribuisce a mantenere relativamente costante la concentrazione di ATP. Inoltre, nella cellula
[ATP] >[ADP] >>[AMP] in quanto l'AMP viene prodotto dalla miochinasi .
Quindi, durante uno sforzo muscolare di breve durata, il consumo di ATP porterà ad una produzione più
significativa di AMP. Pertanto la concentrazione di AMP rappresenta un ottimo segnale energetico per la cellula.
Aumentate concentrazioni di AMP significano che la cellula è in debito" energetico.
Inoltre, l'AMP rappresenta un attivatore di due enzimi coinvolti nel metabolismo dei carboidrati:
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-la Fosfofruttochinasi (glicolisi, PFK-1)
-la Guicogeno fosforitasi(glicogenolisi)
La PFK-1 catalizza la fosforilazione ATP dipendente del fruttosio 6-P in fruttosio-1,6-bis fosfato (tappa limitante)
nella fase di investimento energetico della glicolisi. L'attivazione allosterica dell'enzima provoca un aumento della
velocita di tutta la via glicolitica (utile in condizioni di elevata richiesta energetica).

Si definisce carica energetica il rapporto:

Il numeratore rappresenta la quantità di ATP presente e potenzialmente ottenibile dall'ADP.


La carica energetica, quindi, rappresenta la frazione molare di ATP potenzialmente disponibile sul contenuto
totale di nucleotidi adenilici.
In condizioni fisiologiche, la carica energetica è di circa 0,85 cioè la maggior parte dei nucleotidi adenilici si trova
sotto forma di ATP. Le condizioni di carica energetica più bassa attivano il catabolismo ossidativo per rigenerare
ATP

Meccanismi anaerobici lattacidi


Si attivano dopo pochi secondi dall'inizio di un esercizio intenso dopo che la concentrazione di PCr si è molto
ridotta. In tali condizioni, il muscolo utilizza le riserve di glicogeno per produrre attraverso la glicolisi anaerobica,
l'ATP. Infatti durante un esercizio intenso, la velocita di trasporto dell'ossigeno e la bassa velocita di ossidazione
dei substrati prodotti dal ciclo di Krebs nella fosforilazione ossidativa non sono compatibili con la velocità di
utilizzo dell'ATP a livello muscolare.
Pertanto il piruvato, invece di entrare nel ciclo di Krebs (sotto forma di Acetil-CoA), viene ridotto ad acido lattico
nella fermentazione omolattica che, rigenerando il NAD ossidato impedisce il blocco della glicolisi.La resa
energetica per mole di glucosio è di 2 moli di ATP per il glucosio libero o 3 per il glucosio derivante dal
glicogeno. Tale meccanismo di sintesi di ATP lattacida caratterizza gli sforzi muscolari intensi e di durata oltre i 4
secondi. La formazione di acido lattico produce un aumento di concentrazioni di H+ che inibisce PFK-1 la
bloccando quindi la produzione di ATP anaerobica.
L'abbassamento del pH viene controbilanciato dai sistemi tampone cellulari inorganici (fosfati e bicarbonati) o
organici (proteine e peptidi). In particolare, nelle cellule muscolari, questo effetto viene attribuito al di-peptide
carnosina (Ala-His). Inoltre, il lattato, insieme allo ione H+ viene trasportato all’ esterno della cellula dai
trasportatori dei monocarbossilati (McT) per poter essere utilizzato da altri tessuti per destini diversi quali
glucogenesi (fegato) e ossidazione (soprattutto muscolo cardiaco). Quindi l'attività muscolare può essere
monitorata determinando la quantità di lattato rilasciato.

Potenza e capacita lattacida(1) Potenza lattacida: la quantita di ATP prodotto nell'unita di tempo con il
meccanismo lattacido. La potenza lattacida importante nelle prove Corsa veloce(100-200 m Data la breve durata,
non si raggiungono i valori critici di pH intra cellulari e non si esauriscono le scorte di glicogeno. Capacita
lattacida: quantita di ATP formato se tutti i substrati disponibili fossero consumati Non valida. in quanto si puo
avere una riduzione di potenza prima che il substrato(glicogeno muscolare) sia esaurito completamente.

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Potenza e capacita lattacida(2) La capacita lattacida dipende da componenti muscolari e non muscolari.
Componenti muscolari: elevate concentrazioni di sistemi tampone intracellulari"capacita delle fibre muscolari di
lavorare a pH critici"diffusione rapida di lattato e H' dalla fibra(MCT) "tamponamento di IH 1 nei liquidi
extracellulari metabolismo del lattato nelle fibre di tipo I(muscoloi. Componenti non muscolari: tamponamento a
livello ematico eliminazione del lattato ematico negli organi addetti

trasportatori dei monocarbossilati(MCT) Catalizzano la diffusione facilitata del lattato(secondo gradiente di


concentrazione) ma anche di altri mono carbossilati quali il piruvato, i corpi chetonici ed altri chetoacidi. E una
famiglia di 9 membri e le isoforme MCT1 e McT4 sono quelle espresso nel tessuto muscolare. In particolare
MCT1 piu espresso nelle fibre di tipo I(muscoli rossi bassa velocita ossidativa) e MCT4 in quelle di tipo
II(muscoli bianchi, alta velocita glicolitica) In alcuni casi, la quantita di MCT1 aumenta nei muscoli rossi con
l'allenamento(resistenza).

Utilizzo del lattato In all'immissione nel torrente seguito circolatorio, il lattato viene rimosso mediante Ciclo di
Cori da(glucogenesi lattato) nel fegato. ossidazione nel tessut uscolare scheletrico huttle fibre bianche bre rosse.
ossidazione nel tessuto uscolare cardiaco

Fonti energetiche della contrazione muscolare La sintesi dell' ATP per la contrazione muscolare avviene mediante
tre meccanismi diversi: Alattacidi, basati sull'utilizzo Meccanismi di ATP e fosfocreatina; Lattacidi, basati
sull'idrolisi aerobici: parziale del glucosio(fermentazione omolattica.) Basati sull'utilizzo di substrati(carboidrati,
acidi grassi, Meccanismi amminoacidi) metabolizzati i aerobici: presenza di O La prevalenza/utilizzo di tali
meccanismi dipende dal tipo di muscolo scheletrico e/o dal lavoro da esso svolto. I meccanismi aerobici si
verificano nel tessuto muscolare prevalentemente formato da fibre rosse, ricche di mitocondri e ben
vascolarizzate.

Meccanismi aerobici di sintesi dell Nelle prove di lunga durata ma di intensità non massimale(es. maratona) 1'
energia viene fornita dalla ossidazione aerobica di carboidrati, acidi grassi ed amminoacidi. VIA CATABOLICA
SUBSTRATO Glicolisi aerobica Glicogeno Glucosio De carbossilazione(Muscolo e fegato) ossidativa del
piruvato Trigliceridi Acidi grassi ossidazione(adipociti) Transamiminazione Proteine Amminoacidi(muscolo e
fegato) Dal catabolismo di questi substrati viene prodotto NADH e FADH2(ciclo di Krebs) che attraverso la
catena respiratoria porta alla sintesi di ATP mediante fosforilazione

Trasportatori del glucosio(glicemia 5 mM) Sono proteine trans-membrana di 5 tipi diversi(GLUT1-5) in base alla
loro espressione tissutale. La loro efficacia nel trasportare il glucosio viene valutata in base al valore di Kr. È la
concentrazione di glucosio a cui si misura metà della massima velocità di trasporto; rappresenta quindi una misura
dell' affinità per il glucosio. valori più piccoli caratterizzano un' efficienza di trasporto più alta. GLUT 1 e
GLUT3: ente espressi: sono coinvolti nel trasporto continuo del glucosio(KT- 1 mM). GLUT2: fegato e cellule
del pancreas; coinvolto nella captazione del glucosio per la glicogenosintesi(KT 15-20 mM). GLUT4: muscolo;
coinvolto nell' ingresso del glucosio per la sua ossidazione(KT 5 mM). La loro espressione aumenta in seguito
alla secrezione di insulina. GLUT5: intestino; trasporta glucosio nel circolo sanguigno.
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Riassunto Introduzione alla biochimica di Lehninger diviso per argomenti

Regolazione metabolismo glucidico e lipidico 19 Glucosio ed acidi grassi rappresentano le fonti energetiche
fondamentali durante il lavoro muscolare. La loro ossidazione proporzionale dipende dalla intensità e dalla durata
dell' esercizio. A parità di durata più è ln n bassa l' intensità di lavoro maggiore sarà la proporzione dell'
ossidazione degli acidi grassi. Per es. al 25-30% della vo,max, il 7o.9o% dell' energia deriva dall' ossidazione
degli acidi grassi. Tale quota tende a crossover point": della diminuirere all' aumentare voamax a cui predomina
dell' intensità di esercizio. l' utilizzo(oltre il 50%) dei glucidi come fonte ossidativa.

Potenza, capacità e resa energetica Potenza: quantità di ATP sintetizzata nell' unità di tempo Capacità: quantità
di ATP sintetizzata in condizione o di esaurimento dei substrati(PCr) o di blocco del meccanismo(es.
raggiungimento del pH critico) Resa energetica: moli di ATP sintetizzate per mole di substrato consumato

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