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Lezione 1 (capitolo 1)

1)Proprietà dei materiali


Una proprietà è una manifestazione, offerta da un materiale di risposta rispetto a una specifica
stimolazione imposta. Possono essere raggruppate in quattro categorie:
1. Proprietà meccaniche che definiscono la deformabilità di un oggetto in risposta allo stimolo di
un carico o di uno sforzo applicato.
Esempi: -modulo elastico (rigidità); -resistenza allo snervamento, alla trazione, a fatica, a fatica
termica, allo scorrimento viscoso; -tenacità alla frattura

2. Proprietà fisiche, come la densità e comprendono anche:


a) Proprietà elettriche , per cui lo stimolo è un campo elettrico
Esempi: -conduttività; -costante dielettrica
b) Proprietà termiche, per cui lo stimolo è la temperatura
Esempi: -capacità termica; -conduttività termica
c) Proprietà magnetiche , per cui lo stimolo è un campo magnetico
d) Proprietà ottiche, per cui lo stimolo è elettromagnetico o dovuto a una radiazione luminosa

3. Proprietà di superficie e deterioramento che indicano la reattività chimica dei materiali


Esempi: - Resistenza alla corrosione, all'ossidazione e all'usura; - Rugosità

4. Proprietà tecnologiche
Esempi: - Deformabilità a caldo e a freddo; - Lavorabilità alle macchine utensili; - Colabilità; -
Saldabilità

2) In relazione alla progettazione, alla produzione e all'utilizzo dei materiali, ci sono quattro
elementi da considerare:
- lavorazione
- struttura
- proprietà
- prestazioni

3) Tre importanti criteri di selezione dei materiali sono :


- le condizioni di servizio alle quali il materiale deve operare
- il deterioramento a cui può andare incontro il materiale d'uso e
- i costi di fabbricazione
4)Classificazione dei materiali

Metalli: composti da uno o più elementi metallici e non metallici in quantità più piccole. Gli atomi sono
ordinati e più densi degli altri. Sono rigidi e resistenti, ma anche duttili e resistenti alla frattura. Gli elettroni
sono delocalizzati per la maggior parte, ovvero non legati ad un atomo specifico, per questo motivo sono
ottimi conduttori di calore e corrente elettrica, non sono trasparenti, sono lucenti se levigati.
Ceramici: composti da elementi metallici e non metallici. Sono relativamente rigidi e resistenti, tipicamente
molto duri, ma estremamente fragili. Sono degli ottimi isolanti termici ed elettrici e i più resistenti ad alte
temperature. Possono essere trasparenti, traslucidi o opachi.

Polimerici: vi appartengono le plastiche e le gomme. Sono spesso composti organici, basati su carbonio,
idrogeno e non metalli. Caratterizzati da catene atomiche molto estese. Spesso presentano una bassa
densità, ne particolarmente rigidi, ne particolarmente resistenti. Sono estremamente duttili e flessibili,
capaci di assumere forme complesse. Inerti chimicamente, ma presentano la tendenza a rammollire a
temperature non molto elevate, sono isolanti elettrici e amagnetici.
Lezione 2 (capitolo 2-3)
1) Struttura atomica
Ogni atomo è composto da un nucleo molto piccoli, contenete protoni di carica positiva e neutroni
di carica neutra; gli elettroni, che vi gravitano intorno, invece sono di carica negativa.
Neutroni e protoni hanno massa pari a 1.67x10-27 , mentre quella degli elettroni è di 9.11x10-31 ,
significativamente più piccola.
- Ogni elemento chimico presenta un numero atomico (Z) , pari al numero di protoni presenti nel
nucleo.
- La massa atomica (A) può essere espressa come la somma delle masse dei protoni e neutroni del
nucleo. Nonostante ci sia lo stesso numero di protoni in tutti gli atomi dello stesso elemento, il
numero di neutroni invece non è sempre uguale, per cui possono esistere elementi isotopi con
masse atomiche differenti.
- Il peso atomico di un elemento corrisponde alla media pesata delle masse atomiche degli isotopi
presenti in natura. Il peso atomico può essere specificato sulla base di un uma (unità di massa atomica)
per atomo o massa per mole di un materiale. In una mole di sostanza ci sono 6.022x1023 (numero di
Avogadro) atomi o molecole.

2) Due modelli atomici


Si possono considerare due modelli atomici, il modello di Bohr e il modello meccanico-ondulatorio.
Nel modello atomico di Bohr semplificato considera gli elettroni come particelle definite che ruotino
intorno al nucleo in orbitali fissi.
Secondo il modello meccanico-ondulatorio la posizione dell'elettrone non è definita in maniera precisa ma
è rappresentata in termini probabilistici da una nuvola elettronica, uno spazio energetico, ovvero l'insieme
delle posizioni intono al nucleo dove vi è un'alta probabilità di trovare l'elettrone stesso.

3) Principio delle energie elettroniche


- Le energie degli elettroni sono quantizzate, cioè gli elettroni possono avere solo determinati valori di
energia corrispondenti al loro guscio(livello) elettronico . Ciascun elettrone per cambiare la sua energia può
raggiungere un livello energetico, tra quelli ammessi o più alto ( con assorbimento di energia) o più basso
(con emissione di energia).
- Ogni elettrone è caratterizzato da quattro parametri, i numeri quantici. Tre di questi descrivono la
dimensione, la forma e l'orientazione spaziale della densità di probabilità di un elettrone.
Il numero quantico principale n identifica i livelli o gusci e può assumere solo valori interi per n=1,2,3,4,5..,
per cui tiene conto della distanza dell'elettrone dal nucleo, ovvero la sua posizione;
il secondo numero quantico l caratterizza i sottolivelli che sono s,p,d,f ;
il terzo numero quantico ml;
il quarto numero quantico ms è il momento di spin associato ad ogni elettrone ed è obbligatoriamente
orientato o verso l'alto o verso il basso e assume quindi solo due valori (+1/2 o -1/2 ).
Secondo il principio di esclusione di Pauli in ogni livello energetico non possono coesistere più di due
elettroni i quali devono avere spin opposti.
- Gli elettroni di valenza sono quelli che occupano i livelli energetici più esterni e partecipano ai legami tra
gli atomi per formare gli aggregati atomici e molecolari.
- In una configurazione elettronica stabile il guscio elettronico di valenza è completamente riempito ed è
tipica dei gas nobili, elementi inerti, non reattivo chimicamente.
La maggior parte degli elementi, che sono i metalli, sono invece elettropositivi , cioè hanno la propensione
a cedere i loro elettroni di valenza e diventano così ioni positivi.
Gli elementi elettronegativi tendono invece ad acquistare elettroni diventando così ioni negativi.

4) Tavola periodica
- Nelle sette righe orizzontali, dette periodi, tutti gli elementi sono disposti al crescere del numero
atomico. - Le colonne invece organizzano gli elementi secondo strutture di elettroni di valenza simili.
Nell'ultima colonna, che rappresenta il Gruppo 0, sono posizionati i gas nobili.
Nei Gruppi VIIA e VIA mancano rispettivamente 1 o 2 elettroni per raggiungere la configurazione stabile.
Nei Gruppi IA e IIA delle prime colonne hanno rispettivamente 1 o 2 elettroni in eccesso.
Tutti gli elementi più chiari, che sono i metalli sono elettropositivi, mentre quelli più scuri all'estrema destra
sono elettronegativi. L'elettronegatività degli elementi nella tavola tende a crescere da sinistra verso destra
e dall'alto verso il basso.

5a)Energia di attrazione-repulsione netta in funzione della distanza


reciproca tra due atomi o ioni
A grandi distanze tra gli atomi le interazioni sono trascurabili, in quanto gli atomi sono troppo
lontani per influenzarsi reciprocamente, ma al diminuire della distanza tra gli atomi ognuno di essi
esercita delle forze sull'altro.

La forza attrattiva FA dipende dal particolare tipo di legame esistente tra due atomi;
La forza repulsiva FR nascono in seguito alle interazioni tra le due nuvole elettroniche dei due
atomi, cariche negativamente, e sono rilevanti solo per piccoli valori di r, quando i gusci elettronici
esterni incominciano a sovrapporsi ( data la forza di attrazione ).
La forza netta o risultante FN è data dalla somma di ambedue le forze attrattiva e repulsiva:

FN= FA+FR

Quando la forza attrattiva e repulsiva si bilanciano o si uguagliano, ad una determinata distanza di


equilibrio allora la forza risultante netta di azzera, e si instaura una condizione di equilibrio,
ovvero:

FA+FR= 0

Una volta raggiunta questa condizione di equilibrio , i due atomi oppongono resistenza con forze attrattive
ai tentativi di separazione o con forze repulsive ai tentativi di avvicinamento.

5b) Energia di legame e distanza di equilibrio


L'energia di legame E0 corrisponde al valore dell'energia netta in corrispondenza della distanza di equilibrio;
essa rappresenta l'energia necessaria per separare i due atomi sino ad una distanza infinita. L'energia di
legame e la forma della curva dipendono dal tipo di legame. Come posso fornire energia ad un materiale?
Riscaldandolo, energia fornita sottoforma di calore, se scaldati hanno una tendenza a separarsi.
- RELAZIONI TRA ALCUNE PROPRIETA' MACROSCOPICHE E LEGAME ATOMICO

A seconda dell'energia del legame, e del tipo di legame i materiali hanno proprietà diverse.
Se a temperatura ambiente le energie di legame sono molto elevate, si formano sostanze solide, mentre
per basse energie risulta favorito lo stato gassoso; prevale, infine, lo stato liquido quando le energie in
gioco sono intermedie.
- Modulo elastico: misura della resistenza opposta ad una deformazione temporanea; misura della
resistenza alla separazione di atomi adiacenti;
→ Forza del legame interatomico Ftot= F(r)

- Coefficiente di espansione termica: misura della variazione di lunghezza al variare della temperatura;
aumento della distanza media tra gli atomi all'aumentare della temperatura (sottoforma di energia)
→ Variazione dell'energia di legame con la distanza interatomica E = E(r)
- Temperatura di fusione: temperatura di passaggio da solido a liquido; energia necessaria per rompere i
legami.
→ Energia di legame

6a) Legami interatomici primari

Legame Ionico: lega un metallo e un non metallo. Gli atomi metallici cedono facilmente gli elettroni di
valenza a quelli non metallici, per cui tutti gli atomi coinvolti assumono una configurazione elettronica
stabile e acquisiscono una carica, ovvero divengono ioni.
Le forze attrattive di legame sono di tipo coulombiano, ovvero dovute all'attrazione reciproca di uno ione
positivo e uno negativo (non ci sono elettroni liberi).
Il legame ionico inoltre è un legame non direzionale, ovvero l'energia di legame è la stessa in tutte le
direzioni; sono più forze attrattive in generale.
E' il legame maggiormente presente nei materiali ceramici;
-le energie di legame sono molto elevate e vanno da 600 a 1500 kJ/mol ;
- la temperatura di fusione va da 801°C a 2800°C;
per cui i materiali ionici sono duri e fragili, c'è tendenza a rottura piuttosto che a deformazione e sono,
inoltre, isolanti termici ed elettrici (perché non hanno elettroni liberi).

Legame Covalente: due atomi adiacenti mettono in condivisione almeno un elettrone e gli elettroni
condivisi possono essere considerati appartenenti a entrambi gli atomi.
Non si realizza un trasferimento di carica (non si formano ioni).
Non ci sono elettroni liberi.
E' un legame direzionale poiché è presente tra determinati atomi e può esistere soltanto nella direzione in
cui si congiunge con gli atomi partecipanti alla condivisione del legame; è più una condivisione.
Il numero massimo di legami covalenti consentiti per ciascun atomo dipende dal numero dei suoi elettroni
di valenza. Un atomo avente N' elettroni di valenza può formare legami covalenti al massimo con altri 8-N'
atomi.
Questo legame si trova nel diamante(713 kJ), silicio(450 kJ) e germanio.
-L'energia di legame può essere molto forte (diamante) o molto debole (bismuto).
- La temperatura di fusione va 240°C a più di 3550°C.
E' tipico dei materiali polimerici, che sono spesso costituiti da strutture molecolari di base fatte di lunghe
catene di atomi di carbonio. Sono buoni isolanti termici ed elettrici perché non hanno elettroni liberi.
Legame Metallico: si trova tra i metalli e le loro leghe. Gli elettroni di valenza non sono legati ad un
particolare atomo, ma sono liberi e vanno a formare una sorta di gas, nuvola elettronica. I rimanenti
elettroni di valenza e i nuclei atomici formano dei centri ionici, che possiedono una carica netta positiva
della stessa entità della carica elettrica totale posseduta dagli elettroni di valenza di ciascun atomo.
Gli atomi sono così vicini che gli elettroni di valenza sono attratti dai nuclei degli atomi vicini.
Gli elettroni di valenza sono debolmente legati agli ioni positivi per questo motivo sono liberi di muoversi
nel cristallo ed è come se agissero da collante per tenere insieme i centri ionici.
E' un legame non direzionale.
I legami possono essere sia deboli che forti.
L'energia di legame va da 68 kJ/mol (mercurio) a 849 kJ/mol (tungsteno) .
Le temperature di fusione vanno dai -39°C a 3410°C.
I metalli sono dei buoni conduttori sia elettrici che termici per la loro struttura con elettroni liberi, sono
molto duttili e quindi deformabili data dalla forma malleabile della struttura: gli ioni possono scorrere l'uno
su l'altro senza distruggere completamente il legame.

6) Legami secondario o di Van Der Waals


Sono decisamente più deboli ed intervengono tra atomi globalmente neutri (stesso numero di protoni e
neutroni), che hanno una distribuzione simmetrica delle cariche elettriche; intervengono anche tra le
molecole le cui strutture presentano legami covalenti. Sono presenti prevalentemente nei polimeri.
Queste forze di legame sono dovute alla presenza di dipoli atomici o molecolari.
In seguito a sollecitazioni, moti vibrazionali costanti, è possibile che la distribuzione spaziale delle cariche
positive e negative degli atomi o anche delle molecole diventi asimmetrica, e creandosi un dipolo.
Legami tra dipoli indotti
Ciascuno di questi dipoli, a sua volta, è in grado di causare un'alterazione della distribuzione elettronica di
un atomo o molecola adiacente, che diventa anch'esso un dipolo debolmente attratto dal primo.
Il legame di Van der Waals intercorre tra atomi e molecole con comportamento dipolare: generando una
forza attrattiva tra la parte negativa di un dipolo e quella positiva di un altro. Perciò i dipoli elettrici
interagiscono tra loro attraverso forze di tipo elettrostatico.
(La liquefazione e la solidificazione di molecole elettricamente neutre come i gas nobili sono possibili grazie
alla presenza di dipoli)
Le temperature di fusione e di ebollizione sono molto basse.
Legami tra molecole polari e dipoli indotti
Le molecole polari presentano un dipolo permanente in virtù di un posizionamento asimmetrico delle
cariche positive e negative e possono indurre dipolo (indotti) in molecole adiacenti non polari e di
conseguenza formare un legame di attrazione coulombiano.
Questa forza di legame è maggiore di quella che si instaura tra dipoli indotti.
Legami tra dipoli permanenti (molecole polari)
Sono i legami più forti tra tutti i legami secondari. Il più saldo di tutti è il legame a idrogeno, che si forma tra
due molecole polari, in cui l'idrogeno forma dei legami covalenti con elementi non metallici: l'ossigeno
(H2O), il fluoro (HF) o l'azoto (NH3) . L'idrogeno condividendo l'unico elettrone genera una distribuzione
asimmetrica di carica che porta lo porta ad interagire con atomi elettronegativi adiacenti.
7) Strutture cristalline e strutture amorfe
I materiali solidi possono essere classificati in base alla regolarità con cui gli atomi o gli ioni si dispongono
tra di loro.
Nei materiali cristallini gli atomi sono disposti in modo ripetitivo o periodico, con un ordine che si mantiene
su grandi distanze atomiche, per cui all'atto della solidificazione gli atomi si dispongono spazialmente
secondo un sistema tridimensionale ripetitivo, nel quale ciascun atomo è legato agli altri atomi adiacenti.
Tutti i metalli, diversi materiali ceramici e alcuni polimeri formano strutture cristalline durante la
solidificazione .
I materiali, che invece non cristallizzano durante la solidificazione, e ,che hanno una distribuzione atomica
casuale e disordinata, vengono denominati amorfi.

Alcune proprietà dei solidi cristallini dipendono dalla loro struttura cristallina, ovvero dal modo in cui gli
atomi, gli ioni e le molecole si dispongono nello spazio.

Le strutture cristalline vengono descritte come ripetizioni della più piccola unità ordinata ripetitiva, detta
cella unitaria, disposte all'interno di una reticolo o griglia tridimensionale e ne definiscono la geometria.

8)Strutture cristalline dei materiali


Il legame tra gli atomi dei metalli è di tipo metallico e quindi adirezionale.
La maggior parte dei metalli è caratterizzata dalla presenza di un gran numero di atomi e dall'elevato grado
di densità di compattazione di atomi adiacenti. Le strutture cristalline dei metalli più comunemente
ricorrenti sono tre: cubica a facce centrate (cfc), cubica a corpo centrato (ccc) ed esagonale compatta (es.c).
Ciascuna struttura è caratterizzata da altre due grandezze importanti:
Il numero di coordinazione, cioè il numero di atomi immediatamente adiacenti o a contatto con esso.
Il fattore di compattazione atomica (FCA) rappresenta la somma dei volumi di tutti gli atomi appartenenti
alla cella unitaria divisa per il volume della cella unitaria.

Struttura cristallina cubica a facce centrate (cfc) - rame, l'alluminio, l'argento, l'oro
E' caratterizzata dalla ripetizione ordinata di una cella unitaria cubica, nella quale gli atomi sono disposti ai
vertici del cubo e al centro di ciascuna faccia.
Il numero di compattazione è 12;
Il fattore di compattazione atomica FCA è 0.74

Struttura cristallina cubica a corpo centrale (ccc) - cromo, ferro, tungsteno


E' tipica dei metalli ed è rappresentata dalla ripetizione ordinata di una cella unitaria che ha un atomo
situato al centro e gli altri situati agli otto vertici del cubo.
Il numero di coordinazione è minore ed è uguale 8;
di conseguenza anche il FCA è minore ed è 0.68

Struttura cristallina esagonale compatta (es.c) - cadmio, magnesio,titanio, zinco


Nei metalli si possono trovare strutture cristalline anche a cella esagonale. Le facce superiore e inferiore
della cella unitaria contengono entrambe sei atomi distribuiti ai vertici di un esagono regolare e un atomo
al centro. Tra le due facce della cella esagonale c'è un piano intermedio in cui sono disposti altre tre atomi a
formare un triangolo. Il numero di coordinazione è 12 e il FCA è 0.74, gli stessi della struttura cfc.
9) Materiale policristallino
I monocristalli sono materiali nei quali gli atomi si posizionano in una ripetizione periodica ordinata che si
estende nell'intero campione senza interruzioni. Tutte le celle unitarie sono disposte allo stesso modo e
hanno lo stesso orientamento.
Se le estremità di un monocristallo viene lasciato crescere senza sottoporle a vincoli esterni,il cristallo
assume una forma geometrica regolare con facce piane.

Gran parte dei solidi cristallini invece è policristallina, essendo composta da numerosi piccoli cristalli o
grani che hanno differente orientamento cristallografico.
Durante il processo di solidificazione si formano questi piccoli cristalli in posizioni diverse, che crescendo,
parallelamente al processo di solidificazione, urtano fra di loro. Nella regione dove i grani entrano in
contatto si forma un difettoso deposito di atomi e quest'area viene chiamata bordo grano.

10) Anisotropia e isotropia


L'anisotropia è la condizione per cui le proprietà fisiche di un materiale dipendono dalla direzione
cristallografica lungo la quale vengono misurate.
I materiali isotropi invece sono quei materiali, le cui proprietà fisiche non dipendono dalla direzione
cristallografica lungo la quale vengono misurate.

11) Poliformismo
E' fenomeno per cui alcuni metalli, ma anche non metalli possono presentare più di una struttura
cristallina. La struttura cristallina prevalente dipende sia dalla temperatura che dalla pressione esterna.
Per esempio il ferro è soggetto a poliformismo, in quanto presenta una struttura cristallina ccc a
temperatura ambiente che si trasforma in una struttura cfc a 912°C.
La transizione polimorfa è spesso accompagnata da variazione della densità o di altre proprietà fisiche del
materiale.
Lezione 3 (capitolo 6)
1) Comportamento meccanico di un materiale

Il comportamento meccanico di un materiale rappresenta la risposta ad una forza o ad un carico applicato.


Le più importanti proprietà sono rigidità, resistenza, durezza, duttilità e tenacità, che variano a seconda del
materiale.
Queste proprietà meccaniche possono essere determinate tramite prove in laboratorio che esercitano sul
materiale un carico di trazione, compressione o di taglio. I fattori da considerare e che condizionano le
prove meccaniche sono:
- la natura del carico applicato;
- la durata del carico nel tempo;
- la costanza del carico o la sua variazione continua nel tempo;
- condizioni ambientali e temperatura;
La presenza di norme e standard permette di realizzare tabelle universalmente accettate, coordinate da
diverse istituzioni.

Nelle prove per valutare caratteristiche dei materiali, questi vengono sottoposti a sollecitazioni diverse:
Sollecitazione statica: Una delle più frequenti è la prova di trazione
Sollecitazione ciclica: che valutano grado di fatica
Sollecitazione di tipo dinamico: che prevedono sollecitazioni brusche
Sollecitazioni che valutano come i materiali reagiscono ad alte temperature
Sollecitazioni plastico localizzate per compressione: valutano la durezza, e possibilità del materiale di essere
abrasati, graffiati
2) Sforzo nominale e sforzo dimensionale
Prova di trazione: consiste nel deformare fino a rottura un provino applicando, lungo l'asse principale, un
carico di trazione gradualmente crescente.
I provini di solito sono cilindrici, o a osso di cane, ovvero più stretti al centro. Il diametro standard è di circa
12.8 mm, mentre la lunghezza del tratto deve essere almeno quattro volte il diametro del provino, circa
60mm; il valore standard del tratto utile su cui si misura l'allungamento è pari a circa 50 mm.
La velocità di applicazione del carico è costante. Nel corso della prova , che dura diversi minuti, vengono
misurati in modo continuo e simultaneo sia il carico istantaneamente applicato che l'allungamento
risultante. Le misure dell'allungamento vengono utilizzate per il calcolo della duttilità.
La prova termina con la distruzione del provino.
Prova di compressione: è molto simile a quella di trazione tranne per il fatto che la forza è di compressione
e il provino anziché di allungarsi, viene schiacciato e si contrae lungo la direzione dello sforzo.

Per carichi di trazione e compressione:


- lo sforzo nominale è definito come il rapporto tra il carico istantaneamente applicato (espresso come
forza F in newton) e la sezione resistente iniziale (cioè prima che venisse applicato il carico).

- la deformazione nominale rappresenta l'allungamento ed è definita come il rapporto tra la variazione


istantanea della lunghezza nella direzione del carico applicato e la lunghezza iniziale.

Per convenzione la forza di compressione è negativa, così come le deformazioni.

Prova di taglio: la prove di taglio puro applica delle forze al provino parallele alla faccia superiore e
inferiore , ma in direzioni opposte.

- Sforzo di taglio τ:

- Deformazione di taglio ϒ: è definita come la tangente all'angolo di deformazione ϴ.


Prova di torsione: è una variante della
prova di taglio puro in cui vengono
applicate delle forze di torsione, che
producono un movimento di rotazione
intorno all'asse longitudinale del provino, secondo direzioni diverse per faccia.

Gli stati di tensione che vengono generati dall'applicazione di forze di trazione, compressione, taglio e
torsione agiscono sia parallelamente che perpendicolarmente alle superfici dei corpi resistenti.
E' importante ricordare che lo stato di tensione è funzione delle orientazioni dei piani sui quali agisce lo
sforzo.
Si prenda ad esempio un provino cilindrico soggetto a sforzo di trazione puro parallelo al proprio asse. Si
consideri inoltre anche un piano p-p', orientato secondo un angolo arbitrario ϴ rispetto ad una delle
superfici di estremità del provino. Lo sforzo agente sul piano p-p' non può essere considerato un puro
sforzo di trazione, ma piuttosto composto da una componente di trazione pure σ' agente al piano p-p' e da
una componente di taglio τ' agente parallelamente al medesimo piano.

3) Legge di Hooke o modulo elastico


Il grado di deformazione di una struttura dipende dall'entità dello sforzo applicato.
La legge di Hooke afferma che, per la maggior parte dei metalli sottoposti a sforzi di trazione o a carichi
relativamente bassi, sforzo e deformazione sono direttamente proporzionali, secondo la relazione :

dove la costante di proporzionalità E è il modulo elastico o modulo di Young.


In queste condizioni di proporzionalità si parla di deformazione elastica, espressa da un
grafico sforzo-deformazione con lo sforzo (ordinate) in funzione della deformazione (ascisse) e risulta
quindi lineare. La pendenza della retta corrisponde al modulo elastico.
Questa deformazione non è permanente, una volta rimosso il carico il materiale riassume la forma iniziale e
la retta del grafico sforzo-deformazione è ripercorsa a ritroso fino all'origine.

-Il modulo elastico, a livello macroscopico, indica la misura della rigidità di un materiale, cioè la resistenza
che il materiale oppone alla deformazione elastica. Maggiore è il modulo, più rigido è il materiale e quindi
minore è la deformazione elastica che risulta dall'applicazione di un determinato carico.
-Il modulo elastico, a livello atomico, indica la misura delle forze di legame interatomiche, cioè la resistenza
che gli atomi adiacenti oppongono alla loro separazione.
Il modulo elastico diminuisce all'aumentare della temperatura, che offre energia necessaria per la
separazione dei legami interatomici.

Per i materiali metallici, il valore di questo modulo varia dai 45 GPa del magnesio ai 407 GPa del tungsteno.
Per i materiali ceramici sono circa gli stessi di quelli metallici;
Peri materiali polimerici sono più bassi.

Alcuni materiali non hanno un comportamento non lineare per cui vengono utilizzati i moduli tangente o
secante.
Il modulo tangente è dato dalla pendenza della tangente alla curva ad un preciso punto di sforzo.
Il modulo secante è dato dalla pendenza della secante passante per l'origine e per un punto preciso della
curva.

La deformazione anelastica è tipica della maggior parte dei materiali e consiste in una deformazione
elastica che dipende dal tempo, vale a dire che dopo l'applicazione del carico la deformazione elastica
cresce nel tempo e che anche dopo la rimozione del carico, il completo recupero della forma iniziale non è
istantaneo, ma richiede del tempo, determinando il cosiddetto comportamento viscoelastico.
Nei metalli questo fenomeno è solitamente trascurato poiché molto piccolo, mentre è più importante nei
polimeri.

4) Modulo di Poisson
Il modulo di Poisson (v) si esprime come il rapporto con segno
negativo tra la deformazione assiale ϵz, in termini di
allungamento lungo l'asse z, e la deformazione laterale di
compressione ϵx , ϵy ( o strinzione) che ne consegue, nelle
direzioni x e y perpendicolari alla direzione dello sforzo di un
provino soggetto a carico di trazione.
Se lo sforzo è uniassiale ( cioè applicato solo nella direzione z ) ed
il materiale è isotropo , allora si ha che ϵx = ϵy , per cui:

Per molti materiali e per molte leghe, il valore del rapporto di Poisson varia tra 0.25 e 0.35.

Per i materiali isotropi, il modulo elastico E ed il modulo di taglio G e il rapporto di Poisson v sono correlati
tra di loro attraverso la relazione:

Quindi per descrivere il comportamento elastico di un materiale isotropo occorrono 2 costanti elastiche
indipendenti: E - v ; G - v ; E - G.
Inoltre per molti metalli G vale circa 0.4E, pertanto una volta noto il valore di un modulo, l'altro può essere
ricavato, sebbene in maniera approssimativa.

Per i materiali anisotropi , il valore del modulo E varia con la direzione cristallografica, per cui per definire il
loro comportamento elastico occorrono diverse costanti elastiche indipendenti a seconda delle
caratteristiche della struttura cristallina, in generale circa 21.

5) Deformazione plastica - sforzo di snervamento - sforzo di rottura


Per la maggior parte dei materiali la deformazione elastica, superata una determinata soglia non rimane
tale, per cui lo sforzo non segue più un andamento proporzionale alla deformazione. Nel grafico sforzo-
deformazione, infatti, superata questa soglia che viene comunemente indicata come limite di
proporzionalità la retta incomincia ad incurvarsi ed entra nel cosiddetto campo di plasticità.
Compare quindi una deformazione permanente e non recuperabile, vale a dire una deformazione plastica,
dando origine al fenomeno dello snervamento.
Il limite di proporzionalità P può essere determinato, per convenzione, tracciando nel grafico sforzo-
deformazione una retta , parallela al tratto elastico della curva, passante per una fissata deformazione, in
genere pari a 0.002.
Lo sforzo corrispondente all'intersezione di questa retta con la curva sforzo-deformazione , quando entra
nella regione plastica, è definito sforzo di snervamento σ ( N/mm2 o MPa ).

La transizione dal comportamento elastico a quello plastico è generalmente piuttosto graduale soprattutto
per i metalli. Tuttavia alcuni acciai ed altri materiali presentano una transizione tra il campo di deformazioni
elastiche e plastiche molto ben definita ed avviene in un tratto chiamato zona di snervamento. La
deformazione plastica inizia in corrispondenza del cosiddetto limite di snervamento superiore, e procede
con un'apparente diminuzione dello sforzo. Successivamente, la deformazione varia fluttuando intorno ad
un valore di sforzo medio, chiamato limite di snervamento inferiore; lo sforzo poi cresce al crescere della
deformazione.

A livello macroscopico lo sforzo di snervamento è la misura della resistenza del materiale opposta ad essere
deformato.
A livello atomico corrisponde alla rottura dei legami tra atomi vicini e quindi alla successiva formazione di
nuovi legami tra nuovi atomi adiacenti.

Gli sforzi di snervamento per i metalli variano da 35 MPa per l'alluminio a bassa resistenza fino a 1400 MPa
per gli acciai ad alta resistenza.

Lo sforzo di rottura a trazione corrisponde al punto massimo della curva sforzo-deformazione e


rappresenta lo sforzo massimo che può essere sostenuto da un materiale soggetto a carico di trazione.
Le deformazioni che avvengono nel provino fino a questo punto sono ripartite uniformemente lungo tutta
la sua lunghezza. Invece in corrispondenza dello sforzo massimo, per la maggior parte dei metalli si
comincia a formare un piccolo restringimento di sezione ( strizione ), dove vengono localizzate tutte le
deformazioni successive, fino ad arrivare alla frattura finale, che avviene proprio nella sezione del
restringimento. La resistenza è continuamente crescente; quello che invece varia è la sezione del provino,
che diminuisce velocemente nella regione di strizione. Di conseguenza si genera una riduzione della
capacità del provino di sopportare lo sforzo.
Lo sforzo di frattura corrisponde invece allo sforzo presente al punto di frattura.
Gli sforzi di rottura possono variare tra i 50 MPa dell'alluminio e i 3000 MPa degli acciai ad alta resistenza.

Generalmente per la progettazione si tiene in conto solo lo sforzo di snervamento, perché in prossimità
dello sforzo di rottura , il materiale ha già subito una deformazione plastica tale da essere inutilizzabile.
Per un campione che è stato deformato plasticamente, qualora il carico venga rimosso, si ha il recupero
della deformazione elastica. Nel grafico sforzo-deformazione la curva è una linea retta, con una pendenza
pari al modulo elastico. Se poi il carico viene nuovamente applicato , la curva di carico coinciderà
perfettamente con la linea di scarico, in direzione opposta. Un recupero elastico si ottiene anche in
corrispondenza della frattura.

6) MATERIALI DUTTILI E MATERIALI FRAGILI


La duttilità rappresenta la misura della deformazione plastica che il metallo può subire prima di arrivare
alla rottura.
I materiali duttili mostrano una notevole capacità di deformarsi plasticamente, assorbendo grandi quantità
di energia prima della rottura.
Un materiale fragile presenta invece scarsa o inesistente deformazione plastica prima della rottura;
presentano approssimativamente deformazioni a rottura inferiori al 5% di deformazione.

Lo sforzo di snervamento, lo sforzo di rottura e la duttilità dipendono da deformazioni plastiche subite in


precedenza dal materiale, dalla presenza di impurezze e/o da trattamenti termici subiti. Il modulo elastico è
inerte a questi fattori.
Con l'aumentare della temperatura, il modulo elastico, lo sforzo di snervamento e lo sforzo di rottura
diminuiscono, mentre aumenta la duttilità ( diminuendo la fragilità ).

7) Modulo di resistenza e tenacità


La resilienza è la capacità di un materiale di assorbire energia se sottoposto a deformazione elastica e poi
di rilasciarla durante la fase di scarico in condizioni di carico dinamico ( massa a caduta pendolare )
Il modulo di resilienza Ur, rappresenta l'energia di deformazione per unità di volume necessaria a portare il
materiale al limite di snervamento.
I materiali resilienti sono quelli che presentano elevato sforzo di snervamento e basso modulo elastico,
quindi sono meno rigidi e più elastici.
La tenacità è la proprietà che indica la resistenza alla frattura di un materiale in presenza di intagli, cricche
o punti di concentrazione dello sforzo. Può essere considerata come la capacità di un materiale di assorbire
energia e di deformarsi plasticamente prima di giungere a rottura.
Le unità di misura sono le stesse impiegate per la resilienza (ovvero energia per unità di misura).
Un metallo tenace mostra sia resilienza che duttilità elevate.

8) Durezza di un materiale
La durezza di un materiale consiste nella misura
della resistenza di un materiale ad una deformazione
plastica localizzata (ovvero a un piccolo penetratore o
a un incisore).

Per la maggior parte dei metalli indicativamente si


potrebbe dire che la durezza e lo sforzo di rottura a
trazione sono direttamente proporzionali: al crescere
di uno, cresce anche l'altro. Per misurare il valore della durezza
sono state messe a punto delle prove di valutazione quantitativa, che prevedono l'impiego di un piccolo
penetratore, il quale viene forzato a penetrare attraverso la superficie del materiale, secondo modalità di
applicazione del carico e velocità di penetrazione controllate. La profondità, o dimensione
dell'impronta, che ne risulta viene poi misurata e da queste misure si risale alla valutazione della durezza:
più larga e profonda è l'impronta lasciata dal penetratore, minore è la durezza del materiale.

La prova Rockwell presenta diverse scale di misura, a seconda del tipo di penetratore scelto e del carico
applicato. Il penetratore consiste in sfere in acciaio indurito o in un diamante Brale di forma conica nel caso
di materiali più duri. La durezza è quantificata tramite la differenza di profondità delle impronte generate
dall'imposizione di carichi sempre maggiori. Il carico più basso è di 10 kg, mentre il carico maggiore può
essere di 60, 100 o 150 kg; la prova Rocwell superficiale invece viene effettuata su provini sottili e i carichi
sono pari a 3 kg per il minore e 15, 30 o 45 kg per il maggiore.

La prova Brinell impiega una sola scala di misura e usa un penetratore sferico in acciaio indurito, ( o di
carburo di tungsteno ) di 10mm, applicando un carico (dai 500 ai 3000 kg), che viene mantenuto costante
per un determinato tempo. La durezza è calcolata in funzione del carico applicato e del diametro
dell'impronta prodotta, misurato con un microscopio a basso ingrandimento.

Nelle prove di microdurezza Knoop e Vickers ( a piramide di diamante ) vengono utilizzati penetratori di
diamante a geometria piramidale di piccole dimensioni e carichi relativamente modesti. Ambedue i metodi
sono adatti per misurare piccole aree o regioni superficiali ; inoltre la Knoop viene impiegata per
determinare la durezza dei materiali fragili, come i ceramici.
Esiste la possibilità di convertire e confrontare le misure di durezza effettuate con metodi diversi, che
tuttavia dipendono dal tipo di materiale valutato e dalle sue caratteristiche. I dati attualmente più affidabili
riguardano quelli della conversione delle durezze degli acciai.

Lezione 4 (capitolo 8)
Fondamenti della frattura
La frattura di tipo semplice consiste nella separazione di un corpo in uno o più elementi per effetto di un
carico statico (che rimane costante o che cambia lentamente nel tempo) ed a temperature che sono basse
rispetto alla temperatura di fusione del materiale.
Il cedimento può essere dovuto alla fatica (quando sono applicati carichi ciclici) ed al creep (deformazione
dipendente dal tempo e generalmente a temperature elevate).

Il processo di rottura, per effetto di una sollecitazione, avviene con la formazione di una cricca e la sua
propagazione; e dal modo con cui si propaga la cricca dipende lo sviluppo della frattura.
Per i metalli sono possibili due tipi di frattura: duttile o fragile.

Nella frattura duttile, la cricca viene definita stabile, perché viene accompagnata da un'intensa
deformazione plastica, che ne contiene l'avanzamento, finché non si aumenta il carico applicato. E questo
fa si che il processo di evoluzione della cricca relativamente lento.
La frattura duttile è normalmente preferibile, poiché è possibile adottare misure preventive, in quanto la
deformazione plastica è indice di cedimento imminente.

Nella frattura fragile, che mostra una deformazione plastica molto limitata, le cricche sono instabili,
ovvero, una volta formatesi si propagano in maniera molto rapida e spontanea, senza che necessariamente
aumenti il livello di sforzo.
1a) Frattura duttile
I metalli duttili mostrano una notevole capacità di deformarsi plasticamente assorbendo grandi quantità di
energia prima della rottura.

La duttilità è funzione :
1. della temperatura del materiale;
2. della velocità di deformazione;
3. della modalità di sollecitazione;

La frattura duttile richiede una energia superiore rispetto alla fragile.

Per i metalli duttili esistono due tipi di frattura:


- se la duttilità è elevata, tipica di materiali molto teneri come l'oro puro e il piombo a temperatura
ambiente, e altri metalli, polimeri e vetri inorganici a temperature elevate, si verifica una strizione in un
punto, fino ad arrivare ad una superficie di frattura sostanzialmente puntiforme;

-se la duttilità è minore, la strizione è più bassa. All'inizio si formano piccole cavità o microvuoti all'interno
della zona di strizione, che si ampliano secondo il fenomeno della coalescenza, formando una cricca ellittica
con l'asse maggiore perpendicolare alla forza di trazione. La cricca continua a crescere velocemente in
direzione parallela all'asse maggiore e a propagarsi lungo al perimetro esterno della sezione, ridotta per
strizione, fino alla frattura che viene detta frattura a coppa e cono perché le estremità delle due sezioni
ricavate sono una a forma di coppa e l'altra a forma di cono con una superficie di forma irregolare e fibrosa.
1b) Frattura fragile
I metalli fragili, caratterizzati da un basso assorbimento di energia, mostrano una scarsa o nulla
deformazione plastica e una rapida propagazione della cricca.

Il moto della cricca procede in una direzione molto vicina a quella perpendicolare alla direzione di carico di
trazione applicato, formando una superficie di frattura relativamente piana ( per cui ogni segno di
deformazione plastica è assente).

La frattura nei materiali cristallini fragili è definita transgraduale quando la propagazione della cricca
avanza attraverso i grani (piani cristallini), provocando rotture successive e ripetute dei legami atomi,
dando vita al fenomeno del clivaggio.
La superficie di rottura, a causa dei cambiamenti di orientazione dei piani cristallini intaccati, risulta essere
granulosa o sfaccettata.

Mentre nella frattura intergranulare, la propagazione della cricca avanza lungo i bordi dei grani indeboliti.
2) Resistenza alla frattura reale e teorica
intensificatori di sforzo
La differenza tra resistenza alla rottura reale e teorica nasce dall'esistenza in condizioni normali di piccoli
difetti o cricche sia in superficie che all'interno di un materiale, in grado di ridurre la resistenza alla rottura
e di intensificare o concentrare nelle loro vicinanze lo sforzo di trazione applicato. Man mano che ci si
allontana dall'apice della cricca, l'intensità dello sforzo puntuale diminuisce.

Questi difetti per la loro capacità di intensificare localmente lo sforzo applicato vengono detti
intensificatori di sforzo e possono essere sia difetti microscopici che macroscopici sotto forma di vuoti,
inclusioni, angoli appunti o intagli.

La frattura avviene quando all'apice di uno di questi difetti viene superata la resistenza teorica di coesione.

L'effetto di un intensificatore di sforzo è più rilevante nei materiali fragili rispetto a quelli duttili, che
presentano una più uniforme distribuzione degli sforzi in prossimità dell'intensificatore.

Lo sforzo massimo all'apice di una cricca dipende da lunghezza della cricca, raggio di curvatura e sforzo di
trazione applicato.
Se si progettano strutture di carico bisogna evitare gli angoli acuti, perché agiscono da concentratori di
sforzo. Una cricca può aprirsi per distacco, lacerazione o scorrimento.

3) Tenacità alla frattura


La tenacità alla frattura è la proprietà che misura la resistenza di un materiale alla frattura fragile in
presenza di intagli, cricche o punti di concentrazione dello sforzo.
I materiali più resistenti ( che riescono a supportare carico e sforzo maggiore) sono tendenzialmente i più
fragili; quelli meno resistenti sono quelli che riescono a supportare uno sforzo minore e si deformano di più
fino a rottura.

Esistono tre diversi modi di apertura della cricca: distacco, scorrimento e lacerazione.
Si parla di deformazione piana quando lo spessore del provino è molto superiore alla lunghezza della
cricca, per cui non si riscontra una deformazione perpendicolare alle facce del provino.
La tenacità a frattura, in condizioni di deformazione piana, dipende da diversi fattori:
1) temperatura ; (diminuisce al diminuire alla temperatura)
2) la velocità di deformazione; (diminuisce all'aumentare della velocità di deformazione )
3)microstruttura; (diminuisce all'aumentare delle dimensioni dei grani;
un aumento dello sforzo di snervamento dovuto ad un aumento dello sforzo di snervamento dovuto a
- formazione di soluzioni solide, microprecipitazione o a incrudimento provoca, generalmente, una
diminuzione della tenacità alla frattura.)

I valori della tenacità alla frattura sono relativamente elevati per i materiali duttili; e bassi invece per i
materiali fragili, per i quali non è possibile alcuna deformazione plastica apprezzabile all'apice di una cricca
che avanza.
Le variabili da prendere in

considerazione per valutare la possibilità di rottura di un componente strutturale (con difetti) sono tre:
1. la tenacità alla frattura
2. la tenacità alla frattura in condizioni di deformazione piana
3. dimensioni del difetto
4. il carico applicato

4) Valutazione della tenacia alla frattura e resilienza

La resilienza è la capacità di un materiale di assorbire energia se sottoposto a deformazione elastica e poi di


rilasciarla durante la fase di scarico, in condizioni di carico dinamico ( massa a caduta pendolare);
è quindi l'energia necessaria per la rottura ( energia assorbita) di un materiale mediante un impatto.

Per misurare la resilienza e la tenacità alla frattura dei materiali strutturali e valutare l'effetto di un difetto,
sono stati messi a punto numerosi test standard:
per ogni tipologia di test, il provino presenta un difetto, generalmente acuto, creato appositamente.
L'apparecchiatura sollecita il provino con una determinata velocità di carico e misura l'avanzamento della
cricca con lo sforzo applicato.

Il comportamento a frattura di un materiale può essere determinato in modo qualitativo dalle


., a volte definita tenacità all'intaglio.
In entrambi i metodi, il provino è formato da una barretta di sezione quadrata , su cui viene ricavato un
intaglio a forma di V.
Il carico viene applicato in forma di impatto , tramite un martello a pendolo che viene lasciato cadere da
un'altezza nota h, colpendo il provino in corrispondenza dell'intaglio, che funge da intensificatore di sforzo.
L'energia spesa nella frattura (l'energia d'impatto) è data dalla differenza tra il valore h e quello h' che si
raggiunge dopo rottura, che avviene per flessione.
5) Transizione duttile-fragile

Le prove di Charpy e Izod hanno anche la funzione di determinare se il materiale mostri una transizione
duttile-fragile al diminuire della temperatura e indicare, se in questo caso, il campo di temperatura nel
quale tale transizione avviene.
Al diminuire della temperatura, e in un ristretto intervallo, l'energia di impatto diminuisce
improvvisamente,(ci vuole poco per romperlo) fino a raggiungere dei livelli relativamente bassi con una
rottura di tipo fragile.

L'aspetto della superficie di frattura è indicativo per la distinzione delle tipologie di frattura e può essere
utilizzato anche per determinare la temperatura di transizione;
per una frattura duttile, la superficie sezionata appare fibrosa e opaca; mentre per quella fragile appare
granulare e brillante. Nella transizione duttile-fragile coesistono questi tipi di superfici.

Il comportamento duttile-fragile è tipico degli acciai a bassa resistenza; per applicazioni strutturali, essi
dovrebbero essere sempre utilizzati a temperature superiori al range di transizione.
La loro temperatura di transizione dipende sia dalla composizione della lega, che dalla microstruttura e può
essere abbassata riducendo la dimensione dei grani e il contenuto di carbonio.
- Diminuire le dimensioni dei grani provoca un aumento della resistenza e della tenacità;
- L'aumento del contenuto di carbonio provoca un aumento della resistenza ma anche l'aumento della
transizione.

I metalli cfc a bassa resistenza (leghe di alluminio e


rame) e la maggior parte dei metalli es.c non
mostrano transizione duttile-fragile e conservano un'elevata energia di impatto ( e quindi rimangono
tenaci) con il decrescere della temperatura.
I metalli ad alta resistenza (acciaio ad alta resistenza e leghe di titanio), che sono molto fragili, l'energia di
impatto rimane relativamente molto bassa anche all'aumentare della temperatura ( e quindi rimangono
fragili).

Energia assorbita = energia di impatto


Le tensioni residue (sforzi interni) possono essere dovute a :
- variazioni di volume specifico dovute a cambiamento di fase (solidificazione nei processi di fonderia,
trasformazione austenite/martensite nella tempra degli acciai)
- effetti di lavorazione meccanica (sforzi/temperatura), saldatura
- trattamenti superficiali (pallinatura, tempra del vetro)
Affinché un vetro temprato possa rompersi, occorre che lo sforzo esterno di trazione superi quello interno
per compressione.

6) Fatica

La fatica è un tipo di cedimento che si verifica a causa dell'applicazioni di sforzi dinamici e fluttuanti;
è la riduzione della resistenza di un materiale a causa della variazione periodica e ripetuta nel tempo di
sforzo e deformazione.

Questo tipo di rottura avviene per innesco e propagazione di cricche , normalmente dopo lunghi periodi di
sforzo ripetuto o di deformazione ciclica;
infatti è possibile che la rottura si manifesti a livelli di sforzo considerevolmente inferiori ai carichi di
rottura o di snervamento.

Le rotture per fatica sono spesso catastrofiche e insidiose, perché si manifestano improvvisamente senza
alcun preavviso; per questo avviene in maniera molto simile a quelle fragile, anche in metalli a
comportamento normalmente duttile, in quanto si ha scarsa o nulla deformazione plastica prima della
rottura.
La superficie di frattura risulta normale alla direzione di uno sforzo di trazione applicato.

- Sforzi ciclici

Esistono tre diversi livelli di carichi ciclici:


- vibrazioni a bassissima ampiezza, ad esempio acustiche;
- fatica ad alto numero di cicli, con sollecitazioni inferiori allo sforzo di snervamento ( es piattaforme ,
serbatoi in pressione, semiassi e bielle di automobili, rotori di elicotteri, ecc), che producono soltanto
deformazione elastiche; per cui è richiesto un alto numero di cicli relativamente alto per produrre rottura
per fatica.
- fatica a basso numero di ciclici (oligociclica), con sollecitazioni superiori allo sforzo di snervamento ( es.
rottura della linguetta di una lattina), che producono, ad ogni ciclo, deformazione non solo deformazione
elastica, ma anche plastica.
Sono possibili tre modi diversi di fluttazione di sforzo-tempo:
1. ciclo a carico invertitito: alternanza regolare di sforzi uguali in trazione e compressione;
2. ciclo a carico ripetuto: alternanza regolare di uno sforzo in trazione maggiore dello sforzo di
compressione;
3. alternanza regolare di un maggior e un minor livello di sforzo totalmente di trazione
Inoltre il livello di sforzo può variare casualmente in ampiezza e in frequenza.

- Prove di fatica

Per determinare le proprietà di fatica di un materiale possono essere eseguite:


1. prove con cicli di carico uniassiale alternato di trazione-compressione;
2. prove di flessione rotante, in base alle quali si traccia la curva di Wohler (S-N);
Nella prova di flessione rotante, un provino, sollecitato da un carico che produce un momento flettente
costante, è tenuto in rotazione intorno al suo asse da un motore. Tutte le sue generatrici sono sottoposte a
uno sforzo massimo , passando durante un'intera rotazione da uno stato di massima compressione a uno di
massima trazione.
La prova inizia sottoponendo ad un primo provino uno sforzo ciclico con un'ampiezza di carico massimo
relativamente grande e viene contato il numero dei cicli a rottura.
La stessa procedura è ripetuta su altri provini ad ampiezze di carico massimo progressivamente decrescenti.

I risultati vengono riportati nel


diagramma di Wohler, in cui
vengono messi in relazione il numero dei cicli a rottura N e il carico S per ogni provino.

6a) (E' il numero dei cicli a provocare la frattura, non lo sforzo in sé.)
Come si può notare dal grafico, maggiore è lo sforzo, più piccolo è il numero di cicli che il materiale è in
grado di sopportare prima della rottura.
Ogni punto della curva presenta:
- la resistenza a fatica, cioè il livello di sforzo che ha provocato la rottura per un numero definito di cicli.
- la vita a fatica, cioè il numero dei cicli che provoca rottura a un determinato carico.

Tuttavia, per alcune leghe ferrose e di titanio, la curva S-N, diviene orizzontale per alti valori di N; e in
corrispondenza di questa sezione di curva vi è un livello di sforzo limite, detto limite di fatica, al di sotto del
quale la rottura per fatica non avviene, per un numero infinito di cicli.
per cui rappresenta il valore più grande di sforzo fluttuante che il provino può sostenere senza rompersi.
6b) Fattori di progetto

Le principali misura che si possono adottare per aumentare la vita a fatica sono le seguenti:
- Riduzione del livello medio di sforzo;
- Eliminazione di discontinuità superficiali ( intagli, quali scanalature, fori, filettature che possono fungere da
intensificatori di sforzo e sito di innesco di cricche)
- Trattamento di lucidatura, che migliora la finitura superficiale (riduce i piccoli graffi e scanalature dovute
alla lavorazione)
- Trattamento di pallinatura, che genera tensioni residue di compressione sulla superficie esterna, le quali
riducono d'intensità un eventuale sforzo di trazione
- Cementazione mediante processi di carburazione o nitrurazione;
7) Scorrimento a caldo - creep

Viene definito come deformazione progressiva ( crescente nel tempo) e permanente di un materiale
sottoposto a temperature alte e a sforzo costante.
Il meccanismo che origina lo scorrimento viscoso è dovuto ad una competizione continua tra processi di
incrudimento e di recristallizazione del materiale, che regolano il moto delle dislocazioni.

I polimeri amorfi, che comprendono le plastiche e le gomme sono estremamente sensibili alla
deformazione da creep.

Si possono distinguere tre fasi principali quando il processo avviene a T > Ts ( temperatura di scorrimento=
0.4 temperatura assoluta di fusione) a sollecitazione costante:

0. Caricamento: al momento dell'applicazione del carico si verifica una deformazione istantanea, che è
completamente elastica.
1. scorrimento transitorio (o primario): in cui diminuisce progressivamente (nel tempo) la velocità di
scorrimento (deformazione),al crescere della deformazione.
Per cui la pendenza della curva diminuisce con il tempo; da ciò si deduce l'aumento della resistenza al creep
o dell'incrudimento da deformazione;

7a) 2. scorrimento stazionario (o secondario): si stabilisce un equilibrio tra l'incrudimento e la


ricristallizzazione : la deformazione prosegue a velocità quasi costante e bassa relativamente a quella
presente nella fase successiva; per cui la curva diviene lineare. Questo è lo stadio che ha una durata
maggiore.

3. scorrimento terziario : in cui si verifica un'accelerazione della velocità fino al cedimento finale a causa
delle microcricche appuntite e dei microvuoti tondeggianti (nei punti di incontro di tre cristalli) e
soprattutto dello scorrimento diffusivo dei giunti dei grani.

- Al diminuire della temperatura: ovvero T < TS, lo sforzo costante induce una deformazione elastica e
plastica iniziale, senza che questa continui fino a rottura: non vi è infatti abbastanza energia per muovere le
dislocazioni meno favorevolmente orientate, quindi ad un certo punto la deformazione si arresta.
- All'aumentare della temperatura o dello sforzo si nota che:
1) la deformazione istantanea al momento dell'applicazione dello sforzo è maggiore;
2) la velocità del creep stazionario aumenta;
3) il tempo di vita a rottura diminuisce

7b) Il paramentro di Larson-Miller è un criterio di equivalenza che consente di condurre prove di


scorrimento accelerate ed economicamente accettabili, a temperature maggiori di quelle previste, per
periodi di tempo inferiori e con un livello di sforzo comparabile, e di estrapolare i dati raccolti alle reali
condizioni dell'esperimento: cioè a temperature minori e con tempi più lunghi.
Ciò consente quindi di valutare tutte le varianti possibili dei tre valori ( temperatura, sforzo e tempo) per un
dato materiale.
Lezione 5 (capitolo 4-7)
In un cristallo reale esistono sempre un gran numero di vari difetti e imperfezioni.
I difetti cristallini sono irregolarità del reticolo che possono influenzare le proprietà fisiche e meccaniche di
un materiale, e quindi le sue proprietà tecnologiche.

I difetti possono essere classificati in base alla geometria o alla estensione dei difetti.
Si distinguono perciò:
- Difetti di punto (impegnano una o due posizioni atomiche)
- Difetti di linea (monodimensionali)
- Difetti di piano (bidimensionali, interfacciali o bordi di grano)

Vacanza: il più semplice dei difetti puntuali è un sito vacante del reticolo, che
normalmente dovrebbe essere occupato da un atomo, che invece manca.
Il numero di vacanze , per una data quantità di materiale dipende e cresce con la
temperatura.
Atomo interstiziale: è un atomo che si trova in un sito interstiziale, che
normalmente non viene occupato, tra atomi situati nelle normali posizioni
atomiche.
Nei metalli un atomo interstiziale produce una distorsione atomica abbastanza
grande nel reticolo circostante, in quanto l'atomo è significativamente più
grande dello spazio in cui si viene a trovare.
La formazione di questo difetto non è molto probabile ed esiste in
concentrazione più basse di quelle delle vacanze.

Nel difetto di Schottky sia il catione (ione positivo) che


l'anione (ione negativo) risultano assenti dal reticolo. L'assenza
dello ione negativo è compensata elettronicamente dall'assenza
del catione o ione positivo.

Nel difetto di Frenkel, in cui uno ione (in genere un catione) si


sposta da una posizione regolare ad una interstiziale ,
creando una vacanza nel sito che gli compete; questi difetti
hanno minore probabilità di formarsi in quanto hanno una
maggiore energia di formazione rispetto agli altri.
Anche questa tipologia di difetti assicura la neutralità di carica
ad un reticolo ionico, ma a differenza del precedente, non
associa due vacanze, bensì una vacanza ad un difetto
interstiziale, quindi vi è semplicemente uno spostamento di
un atomo dalla sua posizione ideale.

1a) La maggior parte dei metalli più comuni non è quasi mai estremamente pura.
Le leghe sono materiali costituiti, oltre che dal metallo base, anche da atomi di impurezze, aggiunti
intenzionalmente per impartire determinate caratteristiche.
L'aggiunta di atomi estranei a un metallo dà origine alla formazione di una soluzione solida e/o di una
seconda fase, in relazione alla tipologia di impurezze, alla loro concentrazione e alla temperatura della lega.

1)Soluzione solida
Si forma una soluzione solida quando ad un solido vengono aggiunti casualmente e uniformemente atomi
di impurezza, mantenendo la struttura cristallina del materiale ospitante ed evitando la formazione di
nuove fasi.
Il componente presente in maggiore quantità si chiama solvente o atomi ospitanti;
il componente presente in concentrazione minore si chiama soluto.
I difetti puntuali di impurezze che si trovano nelle soluzioni solide sono di due tipi: sostituzionali e
interstiziali.

Nelle soluzioni solide sostituzionali gli atomi di impurezza sostituiscono gli atomi ospitanti.
La solubilità dipende da:
1. Differenza tra i raggi atomici di solvente e soluto, che deve
essere inferiore circa del 15%, altrimenti gli atomi di soluto creano
sostanziali distorsioni del reticolo portando alla formazione di una
nuova fase.
2. Stessa struttura cristallina
3. Elettronegatività simile dei due tipi di atomi
4. Valenza: a parità di altri fattori, un metallo ha più tendenza a
scioglierne un altro di valenza più alta ( che ha più elettroni di
valenza),
piuttosto che uno di valenza più bassa.

Nelle soluzioni solide interstiziali, gli atomi di impurezza riempiono in


modo casuale i vuoti o i siti interstiziali presenti tra gli atomi ospitanti.
I siti interstiziali sono relativamente piccoli, di conseguenza il diametro
atomico di una impurezza interstiziale deve essere significativamente
più piccolo di quello dell'atomo ospitante, altrimenti possono introdurre
deformazioni reticolari.
Non tutti i siti interstiziali disponibili vengono occupati: la massima
concentrazione tollerata di atomi di impurezza interstiziale è bassa (minore del 10%).
2)Difetti lineari - dislocazioni

I difetti lineari o monodimensionali, creano dislocazioni nel reticolo, concentrate attorno ad una linea, su
cui gli atomi sono delocalizzati rispetto alle loro posizioni originarie.

Si distinguono:
- Dislocazione a spigolo, può essere identificata come una distorsione del reticolo lungo l'estremità di un
semipiano aggiuntivo di atomi.
Si può immaginare come prodotto di un taglio nel cristallo, in cui vi è inserito un semipiano atomico.
- Per una dislocazione a spigolo, le tensioni sul reticolo sono di compressione, trazione e taglio. -
Gli atomi che si trovano al di sopra dell'asse della dislocazione sono in compressione tra di loro;
quelli al di sotto sono posti in trazione. In vicinanza della dislocazione a spigolo esistono anche sforzi di
taglio.
L'ampiezza di questa distorsione diminuisce con la distanza dall'asse della dislocazione.

Dislocazione a vite: può essere immaginata come il prodotto di uno sforzo di taglio nel cristallo parallelo
all'asse di dislocazione e facendo successivamente scorrere parallelamente le due superfici atomiche. I
piani atomici vicini si dispongono così a forma di spirale o elicoidale , da cui il nome della dislocazione.
L'asse della dislocazione si trova al centro di una spirale.

- Per una dislocazione a vite, le tensioni sul reticolo sono solo di taglio puro. -
Tuttavia la maggior parte delle dislocazioni che si trovano in un materiale cristallino, presenta componenti
di entrambi i tipi; queste vengono dunque chiamate dislocazioni miste.

3) Difetti di piano

I difetti di piano sono aree di confine che separano regioni di materiali che hanno differente struttura
cristallina e/o differente orientazione cristallografica. (policristalli)
A queste imperfezioni appartengono:
a) superfici esterne
b) bordi di grani
c) superfici di separazione delle fasi
d) piani di geminazione
e) difetti di impilaggio
a) Superfici esterne

Gli atomi posti sulla superficie esterna della struttura del cristallo non hanno il massimo numero di legami
possibile con atomi immediatamente vicini e si trovano, quindi in uno stato energetico più alto rispetto agli
atomi più interni.
Per cui i materiali per ridurre questa energia, tendono a ridurre, se possibile, l'area superficiale totale.
(Per esempio, i liquidi assumono una configurazione superficiale minima: le gocce diventano sferiche.
Naturalmente questo non è possibile per i solidi che sono meccanicamente più rigidi.)

b) Bordi di grano

Il bordo di grano è il confine che separa due piccoli grani cristalli che hanno una differente orientazione
cristallografica, ovvero che presentano un certo grado di irregolarità nella loro distanza interatomica di
equilibrio.

- Si parla di bordo di grano a piccolo (o basso) angolo quando questo disallineamento è limitato, dell'ordine
di pochi gradi.

- Il bordo di grano ad alto angolo presenta un maggior disallineamento;


per cui gli atomi posizionati lungo un bordo di grano hanno legami meno regolari e di conseguenza c'è
un'energia interfacciale o di bordo di grano simile all'energia superficiale;
per cui i bordi gradi sono chimicamente più reattivi; perciò gli atomi di impurezze segregano lungo questi
bordi, a causa del loro stato energetico maggiore.
(Per i metalli puri il bordo di grado è dell'ordine di 3-4 raggi atomici, è maggiore nei composti)

L'energia interfacciale cresce in funzione di maggior disallineamento e di grano fine, che assicura una
maggiore estensione della superficie del bordo di grano.
Man mano che cresce la temperatura, accrescono anche i grani e riducono l'energia totale dei bordi dei
grani.
Infatti le forze coesive (energia) presenti sia nei gradi che attraverso i bordi attribuiscono grande resistenza
al materiale cristallino, nonostante la disposizione disordinata degli atomi : la densità di un materiale
policristallino è identica a quella di un singolo cristallo dello stesso materiale.

c) Confini tra fasi

Costituisce la superficie di separazione tra fasi differenti in materiali multifasici.


Si definisce fase una porzione di un sistema termodinamico che presenta stato fisico e
composizione chimica uniformi, mentre altre grandezze (ad esempio temperatura e pressione) possono
essere non uniformi.
I confini tra fasi sono fondamentali per determinare le caratteristiche meccaniche di alcune leghe
metalliche multifasiche.

d) Piani geminati
Il piano ( o bordo) geminato è un tipo speciale di bordo di grano attraverso cui vi è una particolare
simmetria speculare del reticolo cristallino, vale a dire che gli atomi che si trovano da una parte del bordo
sono situati in posizione speculare rispetto agli atomi dell'altra parte del bordo.
I geminati meccanici si formano in seguito a spostamenti di atomi per sforzi meccanici di taglio;
I geminati di ricottura si formano durante trattamenti termici di ricottura a seguito di deformazione plastica

4) Deformazione plastica per scorrimento di dislocazioni


Tutti i materiali cristallini contengono diverse dislocazioni, che si sono formate durante la solidificazione,
una deformazione plastica o in conseguenza di stress termici dovuti a un rapido raffreddamento.
Nel corso della deformazione permanente (plastica) il numero delle dislocazioni cresce continuamente.
Le sorgenti delle nuove dislocazioni sono:
- le stesse dislocazioni esistenti che si moltiplicano tra di loro,
- bordi di grano,
- difetti interni e irregolarità superficiali come graffi e incisioni che agiscono da intensificatori di sforzi.
Il processo che produce deformazione plastica per moto di dislocazioni viene chiamato scorrimento e il
piano cristallografico lungo il quale, si sposta l'asse della dislocazione è il piano di scorrimento, che ha la più
densa compattazione atomica, vale a dire che la maggiore densità lineare.

- Il moto di una dislocazione a spigolo avviene se si applica uno sforzo di taglio nella direzione
perpendicolare al suo asse. Il semipiano aggiuntivo quindi scorre progressivamente nel cristallo nella
direzione parallela alla sollecitazione, rompendo legami atomici e ricostruendone altri, fino a raggiungere la
superficie del cristallo, formandosi così un gradino largo quanto una dimensione atomica.

- il moto di una dislocazione a vite avviene se si applica uno sforzo di taglio nella direzione parallela al suo
asse.
Il processo di deformazione plastica è relativamente uguale a quello della dislocazione a spigolo, eccetto
che per la direzione del moto, che nella dislocazione a vite è perpendicolare alla direzione dello sforzo.

- La direzione del moto dell'asse della dislocazione mista non è né perpendicolare né parallela allo sforzo
applicato, ma si trova nel mezzo.

I metalli con strutture cristalline cfc o ccc hanno un numero relativamente elevato di sistemi di scorrimento.
Questi metalli sono abbastanza duttili a causa dell'ampia deformazione plastica; al contrario i metalli es.c,
che possiedono pochi sistemi di scorrimento attivi, sono in genere piuttosto fragili.

Scorrimento nei monocristalli


Lo scorrimento delle dislocazioni a vite e a spigolo avviene per reazione di sforzi di taglio che agiscono su un
piano di scorrimento e in una determinata direzione.
Anche dall'applicazione di uno sforzo di trazione o compressione, si può ottenere uno sforzo di taglio
indotto, che si orienti in qualsiasi direzione eccetto che per quelle parallele e perpendicolari a quelle degli
sforzi.

Per reazione ad uno sforzo di trazione o compressione, avviene lo scorrimento di un cristallo per il sistema
di scorrimento più favorevole, con lo sforzo di taglio indotto più elevato, ed appena questo raggiunge il
valore critico dello sforzo di taglio indotto, il cristallo si deforma plasticamente.
Lo sforzo di taglio indotto critico rappresenta lo sforzo di taglio minimo richiesto per iniziare il movimento (
o lo scorrimento).

In un monocristallo sottoposto a trazione, lo scorrimento avviene lungo un certo numero di piani e direzioni
equivalenti, orientati nel modo più favorevole. Si formano dei piccoli gradini sulla superficie che sono
paralleli tra loro e si sviluppano lungo la circonferenza del cristallo.
Ciascun gradino è il frutto dello scorrimento di un gran numero di dislocazioni lungo lo stesso piano di
scorrimento. Con il procedere dell'allungamento del cristallo, aumenta sia il numero delle linee di
scorrimento, sia la larghezza dei gradini.

Scorrimento nei policristallini

Per i materiali policristallini, che hanno un'orientazione cristallografica del tutto casuale, lo scorrimento si
verifica, entro ciascun grano, lungo i sistemi di scorrimento più favorevolmente orientati con lo sforzo
applicato.
Durante la deformazione, il livello di coesione lungo i bordi di grano non muta ( non si separano e non si
aprono) , per cui ciascuno grano, viene costretto dai grani adiacenti a deformarsi, affinché assumano un
orientamento favorevole allo scorrimento.
Lo capacità di scorrimento di ogni grano dipende dunque da quelle dei grani adiacenti, motivo per cui i
materiali policristallini sono più forti dei monocristalli perché la loro deformazione richiede uno sforzo
applicato maggiore.

Deformazione per geminazione

In casi particolari, si può verificare, nei metalli ccc ed es.c, una deformazione plastica limitata, detta per
geminazione meccanica. L'applicazione di forze di taglio determina un leggero spostamento degli atomi in
modo tale che su di un lato di un piano (bordo di geminazione) gli atomi si spostano in maniera omogenea
e si posizionano in modo da formare un'immagine speculare degli atomi presenti sull'altro lato.

Nello scorrimento l'asse del cristallo rimane diritto; la


geminazione interessa un ben definito volume di
materiale, entro il quale il cristallo mantiene la stessa struttura ma non l’orientazione originaria; questo è
importante perché permette alle geminazione di fornire nuovi sistemi di scorrimento nelle orientazioni più
favorevoli rispetto alla direzione di sollecitazione in modo da consentire nuovi processi di scorrimento.
lo scorrimento avviene su molteplici distanze atomiche distinte, mentre lo spostamento di atomi per
geminazione è inferiore ad una distanza atomica.
La quantità di deformazione plastica per geminazione è normalmente piccola rispetto a quella dovuta allo
scorrimento.

5) Meccanismi di aumento della resistenza dei materiali

La capacità di un materiale di essere deformato plasticamente dipende dalla mobilità delle dislocazioni;
pertanto limitando o ostacolando il loro movimento si rende un materiale più duro e più resistente.
Al contrario più si agevola il movimento delle dislocazioni, più si facilita la deformazione di un metallo, che
risulta quindi più tenero e meno resistente.

E' possibile rafforzare un materiale metallico se si riesce ad aumentare il valore dello sforzo critico di taglio
necessario per dare luogo allo scorrimento. Per cui è necessario:
- eliminare le dislocazioni ed evitare la loro formazione;
- creare degli ostacoli allo spostamento delle dislocazioni;
attraverso:
1. effetto della dimensione del grano cristallino;
2. soluzione solida;
3. presenza di una seconda fase
4. incrudimento
5. ricristallizzazione
1.Riduzione dimensione del grano

I bordi di grano costituiscono una barriera al movimento delle dislocazioni per due motivi:
1. Quando una dislocazione attraversa un bordo di grano deve cambiare direzione di moto; questo diventa
difficile all'aumentare della diversità di orientazione.
2. In prossimità dei bordi grano vi è una discontinuità tra i piani cristallini, che comporta la discontinuità
dello scorrimento.
Infatti bordi di grano a piccolo angolo non sono efficaci nel contenere il processo di scorrimento a causa del
loro scarso disallineamento cristallografico lungo il bordo; d'altra parte i piani di geminazione bloccano
efficacemente lo scorrimento.

La riduzione della dimensione del grano migliora la resistenza e la durezza di un materiale, ma anche la
tenacità di alcune leghe. Un materiale a grana fine, rispetto ad uno a grana grossa, presenta una maggiore
superficie di bordo grano e quindi più barriere che impediscono il moto delle dislocazioni.

Si può dosare la dimensione del grano agendo sulla velocità di solidificazione dalla fase liquida e anche
attraverso deformazione plastica seguita da un appropriato trattamento termico.

2. Aumento della resistenza per soluzione solida

All'aumentare della concentrazione delle impurezze atomiche presenti nella soluzione solida (sia atomi
interstiziali che sostituzionali), aumenta sia lo sforzo di rottura, che lo sforzo di snervamento e quindi la
resistenza e la durezza del metallo.

I metalli di elevata purezza sono quasi sempre più teneri e meno resistenti delle leghe formate dallo stesso
metallo; questo perché gli atomi di impurezze che entrano in soluzione solida in genere inducono
deformazioni reticolari di trazione o compressione ( in base alla loro grandezza) attorno ad ogni atomo
ospitante, che ostacolano e limitano il movimento delle dislocazioni.
3. Aumento della resistenza per presenza di una seconda fase

Nel reticolo cristallino sono presenti due o più tipi di atomi diversi, disposti in modo periodicamente
ordinato, e la composizione, ovvero il rapporto atomico tra solvente e soluto è definito costante, entro
certi limiti.
Si distinguono:
- composti intermetallici
- composti interstiziali
Rispetto alle soluzioni solide i compisti intermetallici e interstiziali hanno di solito maggiore durezza e
fragilità.

I composti intermetallici sono composti con una


struttura cristallina formata dall’unione di due o più
metalli che occupano, in modo periodicamente
regolare e ordinato, i punti di un reticolo. Sono detti
anche fasi intermetalliche o intermedie. Sono
caratterizzati da un reticolo cristallino diverso da
quello dei metalli costituenti
I composti interstiziali presentano una struttura
cristallina formata dalla sistemazione ordinata di
atomi non metallici nei siti interstiziali di un reticolo
metallico base.

4. Precipitazione

In chimica il termine precipitazione è il fenomeno della separazione sotto forma di solido di


un soluto (detto precipitato) che si trova in una soluzione in concentrazione maggiore del suo limite
di solubilità, per cui la soluzione, prima che sopraggiunga la precipitazione, si trova in condizioni di rispetto
a tale soluto.

Tale separazione può avvenire a seguito di una reazione chimica (che aumenta la concentrazione di soluto
all'interno della soluzione, fino al superamento del limite di solubilità) o per una variazione delle condizioni
fisiche della soluzione - ad esempio, la temperatura (che determina una variazione della concentrazione
massima di soluto che la soluzione è in grado di sciogliere).
L'indurimento per precipitazione consiste in un insieme di trattamenti termici atti al miglioramento delle
caratteristiche meccaniche di materiali metallici.
Esso consiste nel portare la lega metallica a temperature alle quali cambiano le solubilità dei vari elementi
di lega, in maniera da produrre del precipitato fine degli elementi stessi, che, ostacolando il movimento
delle dislocazioni, o deformando il reticolo cristallino, migliora le proprietà meccaniche di durezza e
resistenza statica della lega trattata.

5. Tempra martensitica:
La" Tempra Martensitica” è un trattamento termico volto ad incrementare la durezza di un materiale che
per esempio trasforma la struttura perlitica dell'acciaio in martensitica; e si basa su:
- riscaldamento del materiale a temperatura di completa austenizzazione ,
- permanenza a tale temperatura per ottenere uniformità strutturale
- raffreddamento “rapido” per impedire che l'austenite si trasformi in fasi successive in PERLITE e in
BAINITE

Non avendo così il tempo per diffondere, il carbonio rimane intrappolato all'interno della cella gamma
(CFC), che anziché trasformarsi in cella alfa (CCC) a temperatura ambiente, si ha una differente struttura,
tetragonale corpo centrato, che è appunto la martensite.
Il processo inibisce i processi diffusivi del carbonio necessari alla stabilizzazione termodinamica,
trasferendo a temperatura ambiente uno stato termodinamicamente caratteristico dei materiali a
temperature maggiori.

Un monocristallo così trattato ha resistenza meccanica maggiore rispetto al monocristallo raffreddato


lentamente.

L'influenza della composizione della lega sulla capacità di un acciaio a trasformarsi in martensite con un
determinato trattamento di tempra viene espressa da un parametro chiamato "temprabilità". La
temprabilità viene usata per descrivere la capacità della lega di essere indurita mediante formazione di
martensite ottenuta con un determinato trattamento termico.

L'austenite è una soluzione solida primaria di tipo interstiziale di carbonio nel ferro γ (il quale presenta
un reticolo cubico a facce centrate o "CFC").
L'austenite è generalmente stabile solo ad alta temperatura (sopra i 723 °C)
A seconda della modalità di raffreddamento, l'austenite si trasforma in perlite, bainite o martensite. Questa
trasformazione ha un'importanza chiave nella tempra dell'acciaio.

La bainite è una particolare struttura dell'acciaio, che si forma quando l'austenite è rapidamente raffreddata. Quando
formata tramite raffreddamento continuo, la velocità di raffreddamento per formare la bainite è maggiore di quella
richiesta per la perlite, ma minore di quella per la martensite, in acciai con la stessa composizione.

La perlite è una struttura caratteristica delle leghe ferro-carbonio (leghe con tenore di carbonio inferiore al 2,06% in
peso, note come acciai). È costituita da un aggregato lamellare di ferrite e Carburo di Ferro, ottenuto dalla
trasformazione diretta dell'austenite per raffreddamento al di sotto del punto critico A1 (temperatura di 723 °C, sotto
la quale l'austenite non è più stabile e tende a trasformarsi in una struttura stabile come la ferrite e/o la perlite).

4) Incrudimento
L'incrudimento è il fenomeno che consente di aumentare la resistenza ( e di diminuire la duttilità) di un
metallo deformandolo plasticamente, attraverso una lavorazione a freddo, che ne aumenta lo sforzo di
snervamento, di rottura e la durezza.
La maggior parte dei metalli, a temperatura ambiente, incrudisce.
Durante la deformazione plastica a freddo la densità di dislocazioni aumenta, a causa del formarsi di nuove
dislocazioni, che interferiscono tra di loro, bloccandosi a vicenda. Infatti le interazioni tra le dislocazioni è
mediamente di tipo repulsivo perciò il movimento delle dislocazioni viene ostacolato dalla presenza di altre
dislocazioni.
All'aumentare della densità delle dislocazioni aumenta da resistenza al movimento delle dislocazioni da
parte di altre dislocazioni.

Gli effetti dell'incrudimento possono essere annullati mediante un appropriato trattamento termico
trattamento di ricottura, che consente la rigenerazione della struttura , attraverso due processi che si
verificano ad alte temperature: il recovery e la ricristallizzazione, cui può seguire la crescita del grano.

Recovery e ricristallizzazione

Il recovery è il primo stadio della rimozione degli effetti dell'incrudimento, che si verifica all'aumentare
della temperatura quando un metallo deformato a freddo viene lentamente riscaldato.
Durante il recupero, vengono rilasciati gli sforzi interni, la densità delle dislocazioni diminuisce e le
dislocazioni assumono una configurazione più ordinata e distesa e con un minore contenuto energetico.

Alcune proprietà dei materiali ritornano ad assumere i valori precedenti alla lavorazione a freddo: come la
conduttività elettrica e termica.

La ricristallizzazione è la fase successiva del recovery.


Durante la ricristallizzazione si verifica la formazione di nuovi grani esenti da deformazione ed equiassiali,
che presentano una bassa densità di dislocazioni.
Le proprietà modificate in seguito alla lavorazione a freddo, vengono ripristinate ai valori che avevano in
precedenza: il metallo diviene più tenero e duttile e meno resistente.

L'estensione del processo di ricristallizzazione dipende dal tempo e dalla temperatura:


aumenta nel tempo e la temperatura di ricristallizzazione, cioè la temperatura a cui la ricristallizzazione si
completa in 1 ora, si trova tra un terzo e la metà della temperatura assoluta di fusione di un metallo o una
lega e dipende da:
- l'entità della lavorazione a freddo
- purezza della lega
La velocità di ricristallizzazione aumenta, mentre diminuisce la temperatura di ricristallizzazione,
all'aumentare dell'entità della lavorazione a freddo e della purezza del metallo.
Il valore critico di lavorazione a freddo al di sotto del quale la ricristallizzazione non avviene è compreso fra
il 2% e il 20% di lavorazione a freddo.
La deformazione plastica di un metallo condotta al di sopra della sua temperatura di ricristallizzazione è
detta lavorazione a caldo, al di sotto lavorazione a freddo.

Ingrossamento del grano


Una volta completata la ricristallizzazione, al crescere ancora della temperatura, segue un rapido processo
di crescita del grano a spese della matrice incrudita circostante, e che si conclude quando i grani così
ottenuti sono arrivati a contatto diretto tra loro, sostituendo ovunque il materiale cristallino incrudito con
una nuova struttura a reticolo relativamente perfetto.
Lezione 7 (capitolo 11)
Formatura

Le operazioni di formatura sono quelle che permettono di modellare i metalli nelle forme volute mediante
deformazione plastica.

La deformazione plastica indotta da una forza o sforzo esterno che abbia intensità superiore allo sforzo di
snervamento del materiale, quindi è necessario che il materiale sia duttile, cioè in grado di deformarsi in
maniera permanente senza subito fratturarsi o rompersi.

Le operazioni di formatura possono essere effettuate:


- a caldo ( a temperature superiori a quelle di ricristallizzazione )
- a freddo ( a temperature minori a quelle di ricristallizzazione )

Le principali caratteristiche della deformazione a caldo sono:


- grandi deformazioni, che possono essere ripetute in successione, dato che il metallo rimane, a quelle
temperature, tenero e duttile quindi maggiormente malleabile.
- minore energia richiesta rispetto la deformazione a freddo
- assenza di incrudimento, per effetto della ricristallizzazione
- superficie ossidata, che prevede la perdita di materiale, per cui sono necessari dei trattamenti di finitura

La deformazione a freddo, invece, si distingue per:


- maggiori potenze specifiche degli impianti
- sviluppo dell'incrudimento, che comporta un incremento della resistenza e una diminuzione della duttilità
- finitura superficiale di migliore qualità, per cui non sono necessarie finiture successive
- controllo dimensionale del pezzo finito
- migliori proprietà meccaniche
1) Forgiatura

La forgiatura è un processo di deformazione meccanica, in genere a caldo, che si ottiene mediante l'azione
di un maglio, che determina un urto meccanico, o di una pressa (che determina compressione progressiva).
Con questa tecnica si possono produrre pezzi di forma complessa, molto fedele al manufatto, ma che
presenta rispetto a questo proprietà meccaniche migliori.
Per ottenere pezzi di forma complessa possono essere necessari più di una operazione di forgiatura.
La forgiatura può essere a stampo chiuso, intermedio o aperto.

Nella forgiatura a stampo aperto il pezzo lavorato è


compresso da due stampi di forme geometriche semplici e
l'operazione viene effettuata normalmente su grandi pezzi.

Nella forgiatura a stampo intermedio il pezzo è


compresso da tra due stampi sagomati e costretto ad
assumere la forma della cavità tra essi compresa.
Durante la deformazione parte del materiale è libera di
uscire dallo stampo.
Nella forgiatura a stampo chiuso il procedimento è molto simile a
quello intermedio, ma non prevede la fuoriuscita di materiale dallo
stampo, che lo contiene completamente all'interno della sua cavità.
Con questa tecnica si raggiungono migliori livelli di precisione.

Complessità delle forme: medio - alta; è indicata nella realizzazione di forme piene semplici per cui non si
possono ottenere angoli rientrati
Precisione delle forme: buona finitura superficiale (soprattutto a freddo)
Spessore minimo di parete: 2 - 100 mm
Intervallo di peso: 0.1 - 100 kg
Leghe utilizzabili: acciai, leghe di rame, di alluminio e magnesio da deformazione plastica ; la deformazione
massima dipende dalla lega
Applicazioni: parti meccaniche fortemente sollecitate, bielle, utensili, pentole, finiture per borse o scarpe
Processi alternativi: pressofusione, fusione in terra o a cera persa

2) Laminazione

La laminazione è un processo di deformazione in cui il materiale è costretto a passare attraverso due


cilindri rotanti in senso opposto, che ne riducono lo spessore, mediante sforzi di compressione,
favorendone quindi l'allungamento.
La tecnica è molto usata per la produzione di nastri, fogli, lamiere con elevata qualità della finitura
superficiale; mediante rulli sagomati si possono ottenere forme circolari per tubi, binari ferroviari ecc

Complessità delle forme: bassa; è indicata nella realizzazione solo di forme prismatiche
Precisione delle forme: buona finitura superficiale (soprattutto a freddo)
Spessore minimo di parete: 2 - 100 mm
Intervallo di peso: 0.1 - 100 kg
Leghe utilizzabili: acciai, leghe di rame, di alluminio e magnesio da deformazione plastica ; la deformazione
massima dipende dalla lega
Applicazioni: lastre, barre continue, sezioni quadrate, tubi, barre a doppia T, profilati
Processi alternativi: estrusione

3) Estrusione

Nell'estrusione il materiale compresso ad elevata pressione è costretto a passare attraverso l'orifizio di uno
stampo, mediante una forza di compressione.
Con questa tecnica si possono ottenere barre e tubi con sezioni trasversali anche complesse, ma con metalli
più deformabili come l'alluminio.

Nell'estrusione diretta, un pistone spinge con forte pressione direttamente il metallo nell'orifizio dello
stampo. Può essere realizzata sia a caldo, che a freddo.

Nell'estrusione inversa (o indiretta) è lo stampo che fa pressione contro il materiale. Il vantaggio di questa
tecnica è il minor attrito che si esercita tra il semilavorato e la matrice durante la pressione, richiedendo
forze minori, ma apparecchiature più complesse, che limitano comunque la lunghezza finale del prodotto.
Di solito è realizzata a freddo su materiale ad alta duttilità.

Complessità delle forme: bassa; è indicata nella realizzazione di forme prismatiche piene e cave
Precisione delle forme: discreta finitura superficiale (soprattutto a freddo)
Spessore minimo di parete: 1,1 - 900 mm
Intervallo di peso: 1 - 1000 kg
Leghe utilizzabili: acciai al carbonio (medio-basso), acciai basso legati, acciai inossidabili, leghe di alluminio,
leghe di rame , leghe di magnesio.
Applicazioni: tubi, profilati per finestre, finiture interne per edifici e automobili, parti strutturali di aerei,
rotaie, barre, canalizzazioni
Processi alternativi: laminazione, trafilatura

4) Trafilatura
La trafilatura consiste nel tirare il materiale attraverso un matrice, una filiera di diametro progressivamente
inferiore, attraverso una forza di trazione, che ne provoca l'allungamento e la riduzione della sezione
trasversale
La filiera è costituita da un materiale ceramico molto duro (carburo di tungsteno).
Con questa tecnica vengono prodotti barre, fili, componenti tubolari e profilati semplici.

Formatura delle lamiere


Molti prodotti sono realizzati a partire da una lamiera per realizzare forme complesse.

1) Tranciatura
Consente, tramite l'utilizzo di un punzone e di una matrice di
ottenere sulla lamiera una porzione di superficie di forma
anche complessa, in tempi brevi e costi contenuti.
E' utilizzata per:
- tagliare una porzione di lamiera per lavorazioni successive;
- produrre manufatti di piccolo spessore

2) Piegatura
Consiste nel variare l'inclinazione di una sezione del manufatto rispetto a
quella adiacente.
E' impiegata per la formatura delle lamiere ed anche per altri manufatti

3) Stiramento
Consiste nel applicare ad un materiale una forza di trazione su apposite forme,
ottenendo così il profilo voluto
4) Imbutitura
Consiste nell'effettuare su lamiere molto sottili una profonda
deformazione facendole assumere un profilo concavo. La lamiera viene
appoggiata e fissata su una sagoma e pressata con un punzone tante
volte quanto è più profonda e complessa la forma che si vuol ottenere.
Possibili applicazioni sono: parti di carrozzeria di automobili,
contenitori, scocche, intelaiature, ecc

Imbutitura al tornio
un disco metallico viene applicato ad un modello con forma per
imbutitura e viene fatta ruotare su di esso pressato con un utensile
contro il modello per farlo aderire ad esso e riprodurne la forma.
Con questa tecnica si possono produrre diverse forme: emisferica,
conica, cilindrica, ecc e a parete sottile.
Esistono due varianti:
- imbutitura al tornio con utensile, in cui lo spessore del manufatto
rimane costante
- imbutitura al tornio per laminazione, in cui tramite l'azione di rulli
possono essere prodotte sezioni variabili.
Le più frequenti applicazioni sono: riflettori, antenne paraboliche, bollitori, punte di missili, ecc

Metallurgia delle polveri P/M

La metallurgia delle polveri prevede la compattazione di particelle di un metallo nella forma geometrica
desiderata e la successiva densificazione tramite trattamento termico a temperatura minore a quella di
fusione.
E' principalmente indicata per materiali che hanno :
- scarsa duttilità: perché la deformazione plastica a cui sono sottoposte le particelle di polvere è molto
piccola.
- elevata temperatura di fusione: che hanno difficoltà a fondersi e a essere lavorate per getto.

Le operazioni che costituiscono il processo, si susseguono nell'ordine:

 riduzione del materiale in polvere


 condizionamento delle polveri
 sinterizzazione ad elevata pressione e temperatura oppure pressatura e formatura (a temperatura
ambiente) e successiva sinterizzazione ad elevata temperatura.
Produzione di polveri
Il metallo liquido affronta un processo di atomizzazione, in cui viene scomposto in minutissime particelle,
sottoforma di gocce che vengono rapidamente essiccate da una corrente di aria calda.

Pressatura
Le polveri metalliche vengono miscelate con
lubrificanti e leganti e l'intero composto viene
introdotto nello stampo e pressato.
Dopo la pressatura la porosità media del
composto ruota attorno al 10-15%; diminuisce
all'aumentare della pressione applicata.

a) Nella pressatura uniassiale la povere viene versata in uno stampo, in cui viene compattata con una
pressione uniassiale dalla sommità dello stampo.
Il pezzo compattato viene espulso dallo stampo da un punzone che dal basso si solleva.
E' una tecnica che viene usata per realizzare forme semplici, a basso costo e ad alta velocità di produzione.
b) Nella pressatura isostatica a freddo la polvere viene versata in uno stampo di gomma aderente e
impermeabile, in cui viene compatta con una pressione esercitata da un fluido in tutte le direzioni.
E' un processo più lento e costoso ma realizza forme più complesse con proprietà superiori alla pressatura
uniassiale, eliminando la porosità interna nei pezzi.

Nella pressatura isostatica a caldo l' oggetto viene posto in un ambiente gassoso inerte ad elevata
temperatura e elevata pressione isostatica.

Sinterizzazione
I campioni pressati vengono riscaldati in modo da eliminare i lubrificanti in modo controllato.
Successivamente viene effettuato il processo termico di sinterizzazione, atto a trasformare
il materiale polverulento in un materiale indivisibile, raggiungendo un livello di densità finale pari al
90-95% della lega massiva.

Successivamente il prodotto sinterizzato possono proseguire la lavorazione alle macchine utensili


o sottoporsi ai trattamenti termici.

Vantaggi:
- produzione di pezzi complessi con forma vicina definitiva e microstruttura controllata
- può essere utilizzata per metalli e leghe difficilmente colabili con altre tecniche
- bassi scarti di lavorazione

Svantaggi :
- produzione di piccoli pezzi
- stampi costosi

1) Powder Injection Moulding (PIM)

Lo Stampaggio a iniezione delle polveri è una tecnica che consente la produzione in serie e ad alta finitura
di pezzi molto piccoli e dalla forma complessa ad una bassissima porosità e ad una densità del 95-98%
rispetto alla lega massiva, e con superiori proprietà meccaniche rispetto alla P/M.

Applicazioni:
cerniere per montature di occhiali
componenti orologio
2) Additive manufacturing
La produzione additiva è la modalità di produzione che consente la realizzazione di oggetti da modelli 3D
computerizzati attraverso la deposizione di strati successivi di materiale, in opposizione alle metodologie di
produzione sottrattiva.

1) L'oggetto è modellato tramite CAD, che ne disegna la geometria esterna.

2) Il modello viene suddiviso in strati orizzontali ( spessore 20 - 150 mµ ),


che ricostruiscono la forma definitiva dell'oggetto.

3) Per ciascuna sezione di dati CAD viene depositato sulla


piastra di base di una camera mantenuta inerte o in vuoto
spaziale, un sottile strato uniforme di polvere metallica
finissima, formata per automatizzazione.
Il laser fonde con precisione le aree selezionate dello strato di
polveri, in modo da legarle fra di loro.

4) Una volta realizzato lo strato, un pistone abbassa l'oggetto


e viene aggiunto un nuovo strato di polvere. Il processo viene
ripetuto a salire, strato dopo strato, finché il pezzo non è
completo.
5) Una volta completato l'oggetto, le polveri vengono rimosse
e l'oggetto viene staccato dal supporto e sottoposto a
operazioni di rifinitura.
( Le polveri non utilizzate fino al 95% possono essere riutilizzate)
A seconda del tipo di polvere e del laser impiegato esistono varie tecniche, che producono oggetti con
diverse percentuali di porosità e diverse proprietà meccaniche:
Selective Laser Sintering (SLS):Le polveri metalliche sono mescolate o rivestite con un legante polimerico,
che viene fuso dal fascio laser, così che le polveri si leghino fra di loro.
L'oggetto prodotto ha molta porosità; per cui ad un processo termico che elimina il legante polimerico
segue un processo di sinterizzazione delle polveri meccaniche.
Poiché la porosità è ancora alta si può effettuare un'infiltrazione con metalli a più bassa temperatura di
fusione o una pressatuta isostatica a caldo.
Direct Metal Laser Sintering (DMLS) : le polveri meccaniche vengono parzialmente fuse in superficie del
fascio laser. Il metallo fuso agisce da legante.
L'oggetto prodotto ha una porosità residua , ma comunque ha buone proprietà meccaniche . Per aumentare
la resistenza si può effettuare un'infiltrazione con metalli o una pressatura isostatica a caldo.
Selective Laser Melting (SLM): il fascio laser è in grado di fondere completamente le polveri.
L'oggetto prodotto ha porosità bassa o quasi nulla.

Saldatura

Consiste nell'unione di due o più elementi, per formare un unico pezzo, tramite la parziale fusione dei
componenti e a volte di un materiale di apporto.

Corrosione dei metalli

La corrosione indica un processo naturale e irreversibile di consumazione lenta e continua di un materiale,


che ha come conseguenze il peggioramento delle caratteristiche o proprietà fisiche del materiale. E' un
fenomeno di natura elettrochimica che determina una interazione chimico-fisica del materiale metallico
con l'ambiente che lo circonda e inizia a partire dalla superficie.
La corrosione tende a riportare i metalli allo stato in cui si trovano in natura di combinazione , dal quale
sono estratti con processi metallurgici mediante somministrazione di energia.

1) Corrosione generalizzata: si manifesta su tutte le superfici, o in gran parte di esse


2) Corrosione localizzata: si manifesta localmente solo su alcune parti della superficie metallica e può
essere dovuta a diversi fattori.
3) Corrosione selettiva: che riguarda uno o più componenti di una soluzione solida.
La corrosione può essere classificata a seconda dell'ambiente in cui ha luogo in:
- corrosione a umido: se avviene in presenza di acqua
- corrosione a secco: se avviene in presenza di atmosfere gassose ad elevata temperatura
La corrosione a umido è un meccanismo elettrochimico,perchè la trasformazione avviene solo con
circolazione di cariche elettriche : ioni nella soluzione H2O ed elettroni nel metallo.
E' la risultante di processi elettrodici complementari: un processo anodico, e un processo catodico.

(Possiamo definire sistema elettrodico un sistema costituito da un conduttore elettronico in contatto con un
conduttore elettrolitico. I conduttori elettronici sono quelli in cui la corrente elettrica e' dovuta al movimento di
elettroni: tipici conduttori elettronici sono tutti i metalli. Nei conduttori elettrolitici, invece, la corrente elettrica e'
trasportata da ioni: l'esempio immediato e' quello di una soluzione salina.)

Il processo anodico implica la dissoluzione del materiale metallico in forma di cationi (atomi del materiale
metallico caricati positivamente) , aumentando il numero di ossidazione e rende disponibile elettroni nella
fase metallica;
un processo catodico, viceversa,comporta la diminuzione del numero di ossidazione, riduce cationi, o
specie neutre presenti nell'ambiente con consumo degli elettroni prodotti dalla reazione anodica.

(ossidazione quando subisce una sottrazione di elettroni, che si traduce nell'aumento del suo numero di ossidazione)

Il meccanismo della corrosione galvanica si produce secondo un processo a umido e si innesca quando due
materiali, aventi un diverso valore di nobiltà (oppure due parti dello stesso materiale esposte a condizioni
differenti), vengono posti a diretto contatto (formando un accoppiamento galvanico), in presenza su entrambi di
un terzo elemento (detto "elettrolita").
Si genera un flusso di elettroni dal materiale meno nobile (avente potenziale minore),
denominato anodo (o polo negativo) che si ossida, verso quello più nobile avente potenziale maggiore,
denominato catodo (o polo positivo), dove avviene la riduzione dei cationi.

I metalli meno nobili (per esempio zinco, ferro, nichel) presentano una maggiore tendenza a corrodersi rispetto
ai metalli più nobili (per esempio rame, argento, acciaio inossidabile), per cui mettendo a contatto un metallo
meno nobile e un metallo più nobile sarà il metallo meno nobile a corrodersi (fungendo da anodo)e la corrosione
risulterà accelerata, invece il metallo più nobile rimarrà protetto e intatto .

L'entità della corrosione dipende:

 dalla differenza di potenziale che si crea tra i due


elementi, che è tanto più grande quanto più
distanti sono gli elementi stessi nella scala dei
potenziali standard (o scala galvanica);
 dalla quantità di ossigeno presente nell'ambiente;
 dal rapporto tra la superficie complessiva dei due
metalli e quella del metallo meno nobile.
Lezione 8-9 (capitolo 11)
La maggior parte dei metalli è costituita da leghe che compongono un materiale di carattere metallico
frutto della combinazione di due o più metalli o di uno o più metalli con elementi a carattere non metallico.
Le leghe metalliche più diffuse sono le leghe ferrose (acciai e ghise), in cui il ferro è il costituente principale.

Le leghe ferrose sono ampliamente utilizzate come materiali ingegneristici, poiché:


- i minerali che contengono ferro sono presenti in abbondanza sulla crosta terrestre;
- vantano tecniche di estrazione, di raffinazione e di fabbricazione abbastanza economiche;
- possono essere modulate ed assumere un'ampia varietà di proprietà meccaniche e fisiche.

I limiti delle leghe ferrose invece risiedono nella:


- densità relativamente elevata;
- conducibilità elettrica bassa;
- suscettibilità alla corrosione

Vengono definiti acciai le leghe, ottenute dalla fusione di minerali di ferro, carbonio e altri elementi
importanti per l'elevata resistenza meccanica.

Le proprietà meccaniche degli acciai dipendono dal contenuto di carbonio,che varia tra il 0.0.6% e il 0.4%.
e dall'eventuale presenza di altri elementi di lega che li rendono sensibili ai trattamenti termici (che
migliorano le proprietà meccaniche) e/o più resistenti alla corrosione.

1)Acciai

1. Gli acciai comuni possono essere classificati in base al contenuto di carbonio in:
acciai a basso, medio ed alto contenuto di carbonio.
se il contenuto di carbonio è molto basso, si hanno metalli teneri e plastici;
se il contenuto di carbonio è molto alto si hanno metalli duri e fragili.

2. Possono essere classificati ulteriormente in base alla composizione chimica in :


- acciai comuni al carbonio, che contengono oltre al carbonio e a un po' di manganese tracce di impurezze
- acciai legati in cui sono presenti più elementi di lega che vengono intenzionalmente aggiunti conferendo
particolari caratteristiche meccaniche/chimiche.
Sono detti altolegati o bassolegati a seconda se la percentuale degli altri elementi supera o meno la soglia
del 5%.
3. In base alle applicazioni possono essere inoltre distinti in :
- Acciai di uso generale che rappresentano l’80% della produzione globale di tali materiali. Questi
richiedono buona resistenza meccanica e caratteristiche affini al loro uso: come duttilità, saldabilità,
stampaggio.
Si dividono in:
Acciai di base presentano struttura ferritico-perlitica senza l'aggiunta di microleganti, ed essendo a basso
carbonio sono facilmente saldabili. ( Sono destinati a costruzioni meccaniche, tondino per cemento armato,
lamiere per imbutitura e stampaggio)
Gli acciai di qualità hanno contenuti di carbonio più bassi, con piccole quantità di leganti che migliorano le
caratteristiche meccaniche dei materiali, come lo sforzo a snervamento e a rottura, la saldabilità e la
tenacità e altre proprietà particolari come la stampabilità e la resistenza alla corrosione atmosferica.

- Acciai speciali da costruzione che sono al carbonio o basso legati e si caratterizzano per l'alta resistenza
meccanica e per la scarsa saldabilità. (Si suddividono a loro volta in acciai da bonifica, autotempranti, da
cementazione, da nitrurazione, e per molle.)

- Acciai da utensili , basso o alto legati, che sono cosi definiti in quanto si prestano bene alla realizzazione di
stampi e frese, impiegate nella lavorazione di altri materiali. Questo presume un' alta resistenza meccanica,
resistenza all'usura, alle alte temperature e all'ingrossamento dei grani, durezza, tenacità, attitudine al
taglio e lavorabilità.

- Acciai inossidabili devono tale caratteristica all’aggiunta del cromo, il quale reagendo con l’ossigeno crea
in superficie uno strato protettivo che fornisce un'ottima resistenza alla corrosione, specialmente
atmosferica, mentre sono più suscettibili alla corrosione localizzata.
Sulla base della fase predominante della microstruttura si distinguono in:
ferritici, magnetici con buona resistenza a corrosione e deformabilità
martensitici , magnetici hanno la minore resistenza alla corrosione tra tutti gli acciai inossidabili, ma il più
alto valore di resistenza e durezza
austenitici, non magnetici e hanno sia ottima resistenza alla corrosione che buona deformabilità.

Secondo una designazione alfanumerica definita dalla norma UNI EN 10027-1 la classificazione è organizzata in:
- Gruppo 1, che designa gli acciai in base al loro impiego e alle loro caratteristiche meccaniche o fisiche
- Gruppo 2, che designa gli acciai in base alla composizione chimica e si suddivide in quattro sottogruppi:
1. acciai non legati, con un tenore medio di manganese < 1%
2. acciai non legati, con un tenore medio di manganese ≥ 1%
3. acciai non legati automatici, per lavorazioni meccaniche ad alta velocità
4. acciai legati il cui tenore in massa di ciascun elemento di lega è < 5%
5. acciai legati il cui tenore in massa di ciascun elemento di lega è > 5%
2)Diagramma ferro-carbonio
Il diagramma di stato ferro-carbonio, descrive le strutture di equilibrio delle principali leghe ferro-carbonio
(acciaio e ghisa) e indica lo stato della lega in relazione alla temperatura(asse delle y) e il contenuto di
carbonio (asse delle x).
Il ferro puro al crescere della temperatura presenta due cambiamenti di stato; a temperatura ambiente è
costituito da ferrite o ferro α con struttura cristallina ccc. A 912°C la ferrite si trasforma in austenite, o ferro
γ, con struttura cristallina cfc, mantenendosi fino a 1394°, temperatura in cui si trasforma in ferrite δ, con
un reticolo nuovamente ccc, che fonde a 1538°C.

Al crescere del contenuto di carbonio fino al 6.70% si forma il composto intermedio, il carburo di ferro o
cementite; mentre oltre questa soglia fino al 100% non presente nel grafico si forma la grafite pura.

3)Tempra martensitica
La" Tempra Martensitica” è un trattamento termico volto ad incrementare la durezza di un materiale che
per esempio trasforma la struttura perlitica dell'acciaio in martensitica; e si basa su:
- riscaldamento del materiale a temperatura di completa austenizzazione 50°C,
- permanenza a tale temperatura per ottenere uniformità strutturale
- raffreddamento “rapido” per impedire che l'austenite si trasformi in fasi successive in perlite e in bainite.

Il processo inibisce i processi diffusivi necessari alla stabilizzazione termodinamica, trasferisce e mantiene a
temperatura ambiente uno stato termodinamico che caratterizza i metalli a temperature maggiori. Non
avendo così il tempo per diffondere, gli atomi di carbonio che non possono migrare per formare la struttura
della cementite CCC rimangono intrappolati nel reticolo del ferro CFC allargandolo, il quale viene distorto e
assume la forma tetragonale della martensite, la struttura che si forma appunto con il processo di tempra.
Un monocristallo così trattato ha resistenza meccanica maggiore rispetto al monocristallo raffreddato
lentamente.
L'influenza della composizione della lega sulla capacità di un acciaio a trasformarsi in martensite con un determinato
trattamento di tempra viene espressa da un parametro chiamato "temprabilità". La temprabilità viene usata per
descrivere la capacità della lega di essere indurita mediante formazione di martensite ottenuta con un determinato
trattamento termico.

4)Diagrammi TTT e CTT


Il diagramma TTT è una rappresentazione della cinetica di decomposizione dell’austenite ottenuta
mediante mantenimenti isotermici per differenti durate fino al completamento della reazione con la fase di
raffreddamento della tempra e formazione di martensite. Il grafico mette in relazione il logaritmo del
tempo e la temperatura. Ripentendo questo procedimento a tutte le temperature e variando il tempo di
attesa si ottengono delle curve nelle quali viene indicato lo stato\trasormazioni (cementite, austenite,
martensite, perlite, ecc) del materiale in esame a determinate temperature. Lo scopo è quello di operare su
materiali relativamente duttili, dopodiché, ottenuta la forma desiderata, procedere con i trattamenti
termici per indurire (irrobustire) il pezzo.

Il diagramma CCT si ottiene quando si è in presenza di raffreddamenti continui, l'energia fornita al sistema
diminuisce in modo continuo; per cui è una rappresentazione della cinetica di decomposizione
dell’austenite ottenuta mediante raffreddamenti continui fino al completamento della reazione.
Si arriva ad un punto in cui le trasformazioni non possono più avvenire perché non hanno l'energia
necessaria.
Rispetto alle curve TTT, Quando il calore viene sottratto in modo continuo, le curve CCT tendono ad essere
spostate verso destra per tempi più prolungati.
Gli archi del diagramma rappresentano la velocità di raffreddamento (in gradi al secondo). A ciascuna
velocità di raffreddamento corrisponde una durezza ottenibile (secondo quella velocità). Si possono, per
cui, regolare il trattamento termico in modo da ottenere una durezza ben programmata.

6)Processo di ricottura
Il termine ricottura si riferisce ad un trattamento termico in cui il materiale viene riscaldato ad una
temperatura superiore a quella di austenitizzazione A3 ( termina la trasformazione in Austenite
),mantenuto a tale temperatura per un periodo di tempo abbastanza lungo ed in seguito raffreddato
lentamente a temperatura ambiente solitamente in forno.
Con la ricottura intermedia, vengono annullati gli effetti di una precedente lavorazione a freddo,
attenuando la durezza e rendendo nuovamente il materiale più duttile e tenero per ricristallizzazione.
Con la ricottura di distensione si possono eliminare tensioni residue interne indotte da precedenti
lavorazioni.
Mediante normalizzazione invece è possibile ridurre la dimensione dei grani e migliorare e uniformare la
distribuzione dimensionale.

i parametri più importanti sono il tempo e la temperatura. Il tempo deve essere anche abbastanza lungo
per permettere che avvengano le reazioni di trasformazione necessarie al processo ; se la velocità di
raffreddamento è troppo elevata si possono verificare gradienti di temperatura e tensioni che possono
portare anche alla rottura. Aumentando invece la temperatura si può accelerare il processo di ricottura.
Volendo velocizzare il trattamento, si può optare per la ricottura isotermica, la quale prevede:
- austenitizzazione ad una temperatura maggiore di Ac3 o di Ac1 per ottenere l’equilibrio strutturale;
- sottoraffreddamento non troppo inferiore ad A1;
- permanenza fino alla completa trasformazione dell'austenite
- raffreddamento a temperatura ambiente.

5)Trattamenti termici relativi agli acciai

I trattamenti termici sono utili a modificare le caratteristiche meccaniche di un acciaio, entro i limiti, pur
conservando la sua composizione chimica.
Consistono nel riscaldamento del materiale, mantenerlo ad una data temperatura per poi raffreddarlo in
modo controllato irrobustendo il materiale.

Un importante ruolo è svolto dalla velocità di raffreddamento ovvero della diffusione del carbonio:
- a velocità di raffreddamento ridotte , si svolgono regolarmente i processi di diffusione, (cioè la migrazione
degli atomi di ferro per assumere un nuova disposizione reticolare e degli atomi di carbonio per formare la cementite) , che
producono la formazione di perlite o bainite (a velocità leggermente maggiore)
- a velocità di raffreddamento molto elevate; le diffusioni (del ferro e del carbonio) e quindi le trasformazioni
non sono più possibili; gli atomi di carbonio, che non possono migrare per formare la cementite e restano
imprigionati nel reticolo del ferro allargandone il reticolo il quale viene distorto e assume la forma
tetragonale della martensite, la struttura che si forma appunto con :
1) il processo termico di tempra, il cui scopo è quello di ottenere una struttura martensitica che conferisce
maggior durezza, maggior carico al limite di elasticità e di rottura e carico al limite di elasticità, maggior
resistenza all'usura e elevata resistenza a fatica, ma anche diminuzione della resilienza e aumento delle
tensioni interne e fragilità.

Altri trattamenti termici sono:


2) Ricottura che viene usata per annullare gli effetti di precedenti lavorazioni a freddo, diminuendo la
durezza e aumentando duttilità e tenacità (intermedia), eliminare le tensioni interne residue (distensione),
e ridurre la dimensione dei grani uniformando la distribuzione dimensionale (normalizzazione).
-3) Rinvenimento che permette al pezzo trattato di acquisire un'elevata resistenza a trazione e, al tempo
stesso, buone capacità di allungamento e tenacità e diminuire la fragilità-.
4) Bonifica che può essere definita una tempra seguita da rinvenimento a temperatura relativamente alta.
5) Cementazione che modifica più o meno profondamente la composizione di una lega ferrosa, costituente
un pezzo, per diffusione di carbonio a partire dalla superficie.
7)Ghise.
Le ghise sono leghe ferrose che contengono una percentuale di carbonio più elevata rispetto agli acciai (tra
il 3.0 e il 4.5%) e altri elementi di lega, soprattutto il silicio.
Presentano:
- alte temperature di fusione, ( ma inferiori a quelle degli acciai); grazie a questa caratteristica il materiale
può essere lavorato bene per fusione e agevolmente colato anche in stampi dalle forme complesse;
- buona resistenza alla corrosione atmosferica
- costo limitato.
Le ghise, tuttavia, presentano svantaggi quali :
- bassa resistenza meccanica,
-alta fragilità
- scarsa deformabilità sia a freddo che a caldo.
Vengono classificate in relazione alla forma in cui si presenta il carbonio:
- combinato con il ferro come cementite
- come particelle di grafite
a seconda della composizione chimica del materiale, della velocità di raffreddamento e del trattamento
termico.

1.Nella ghisa grigia: il carbonio si presenta sottoforma di laminette o noduli ramificati di grafite.
Dal punto di vista meccanico risulta debole e fragile se sottoposto a sforzi di trazione e resistente e duttile
per carichi di compressione. Presentano un'elevata resistenza all'usura e alla corrosione in atmosfere poco
aggressive infatti vengono usate per realizzare tombini, griglie, tubazioni per acqua dolce, casse per turbine
e pompe. Sono efficaci nello smorzamento delle vibrazioni, infatti vengono impiegate per realizzare
basamenti di macchinari o di attrezzature pesanti soggette a vibrazioni.

2. Nella ghisa sferoidale il carbonio si presenta sottoforma di noduli o particelle sferoidali di grafite. Sono
più resistenti e più duttili rispetto alle ghise grigie con proprietà meccaniche simili a quelle degli acciai.
Le sue applicazioni tipiche sono la costruzione di valvole, corpi pompa, ingranaggi e altri componenti di
automobili e macchine.

3. Nella ghisa bianca il carbonio è presente sotto forma di cementite. Sono estremamente dure e fragili al punto da
essere difficilmente lavorabili all'utensile. Sono resistenti all'usura e hanno scarsa duttilità; vengono impiegate per
realizzare rulli nei laminatori o per produrre le ghise malleabili.

4. Le ghise malleabili si formano in seguito al riscaldamento delle ghise bianche e alla decomposizione della cementite
in grafite. Hanno un'elevata resistenza, duttilità e malleabilità, per cui vengono impiegate nelle bielle, ingranaggi del
cambio, scatole del differenziale nell'automobile, raccordi per tubazioni e parti di valvole per dispositivi ferroviari e
navali.

5. Nella ghisa vermicolare il carbonio è presenta sotto forma di grafite dall'aspetto vermicolare. Si distinguono dalle
altre ghise per la maggiore conduttività termica, migliore resistenza allo shock termico e minore ossidazione alle
temperature elevate. Sono impiegate per blocchi motori diesel, collettori di scarico, scatole del cambio, freni a disco
per treni ad alta velocità e volani.
8)Leghe di alluminio.
L'alluminio e le sue leghe sono caratterizzati da:
- densità relativamente bassa
- elevata conduttività termica e elettrica
- buona resistenza alla corrosione (in particolare all'atmosfera)
- compatibilità con i prodotti alimentari
- buona riflettività
- elevata duttilità, che li rende adatti alla lavorazione per deformazione plastica
- basse temperature di fusione, che favorisce una facile lavorazione per fonderia, ma limita la massima
temperatura a cui può essere impiegata.
Un'altra importante caratteristica è la resistenza specifica (rapporto tra resistenza alla trazione e peso
specifico) che li permette a parità di peso rispetto a materiali più densi come l'acciaio, di sopportare un
carico maggiore e ciò li rende molto adatti come materiali strutturali nel settore dei trasporti

L'alluminio serie 1000 è maggiormente adatto per pannelli di rivestimento, lattine per bevande e utensileria
da cucina, conduttori elettrici leggeri, applicazioni ottiche e fotografiche
Le leghe alluminio-rame (serie 2000), data l'elevata resistenza a fatica vengono impiegate per costruzioni
aereonautiche e aereospaziali.
Le leghe alluminio-magnesio-silicio (serie 6000) grazie alla buona resistenza a trazione sono
particolarmente adatte nella costruzione di strutture mediamente sollecitate e applicazioni architettoniche.
Le leghe alluminio-zinco (serie 7000) invece vengono utilizzate per componenti con prestazioni
resistenziali, data la maggiore resistenza a trazione.

Alcune leghe possono essere indurite per precipitazione.


L'indurimento per precipitazione consiste in un insieme di trattamenti termici atti al miglioramento delle
caratteristiche meccaniche di materiali metallici.
Esso consiste nel portare la lega metallica a temperature alle quali cambiano le solubilità dei vari elementi di lega, in
maniera da produrre del precipitato fine degli elementi stessi, che, ostacolando il movimento delle dislocazioni, o
deformando il reticolo cristallino, migliora le proprietà meccaniche di durezza e resistenza statica della lega trattata.

9) Leghe di rame
Il rame non legato presenta:
- buona conducibilità termica e elettrica
- elevata duttilità che lo rende adatto alla formatura e alla deformazione a caldo e a freddo
- buona resistenza alla corrosione in molti ambienti
- scarsa resistenza meccanica, migliorabile con incrudimento e alligazione in soluzione solida.
Le infatti si caratterizzano da:
- migliore caratteristiche meccaniche
- migliore lavorabilità alle macchine utensili
- migliore colabilità
- migliore resistenza a corrosione soprattutto in ambienti marini.
L'ottone è la lega formata da rame (Cu) e zinco (Zn).
La struttura α degli ottoni, che si forma con tenore di zinco inferiore al 35% è cubica a facce centrate e
come tale molto plastica, duttile e tenera e con notevole deformabilità a freddo.
Gli ottoni alfa rossi, che sono i più costosi, vengono impiegati per la formazione di medaglie, monete,
gioielli, ferramenta marina, conduttori elettrici e strumenti musicali;
Gli ottoni alfa gialli invece sono più adatti per bigiotteria, lampade, radiatori e accessori di idrosanitaria.
Gli ottoni che hanno un più alto tenore di zinco (35-40%) contengono a temperatura ambiente sia la fase
alfa che la fase β, che ha una struttura cristallina ccc ed è più dura e resistente di quella a, non trovano
impiego nel campo delle leghe da lavorazione plastica, perché non sono praticamente deformabili a freddo
quindi le leghe α+ β sono generalmente lavorate a caldo.
Gli ottoni α+ β sono impiegati nel settore navale, impianti idraulici, rubinetteria, corrimani lucchetti.
I bronzi invece sono leghe rame-stagno, che hanno:
- migliore resistenza meccanica rispetto agli ottoni
- più resistenza alla corrosione, in particolare in acqua di mare
- durezza e resistenza a usura
- basso coefficiente d'attrito
- sonorità
- conducibilità decrescente all'aumentare del tenore di stagno.
Ci vengono costruiti monete, guarnizioni, ingranaggi, cuscinetti, raccorderia marina, statue e campane.

10)Leghe di titanio
Il titanio e le sue leghe si caratterizzano per la straordinaria combinazioni di proprietà, che li rende
particolarmente adatti nei settori:
- aereonautico, aereospaziale e militare
- energetico
- dei trasporti
- della bioingegneria
- elettrochimica
- articoli sportivi
- architettura ed edilizia.
Il metallo puro ha una densità relativamente bassa e temperature alte di fusione e rispetto alle leghe una
resistenza meccanica minore, un minor costo, maggiore lavorabilità e superiore resistenza alla corrosione.
Le leghe di titanio sono particolarmente resistenti e hanno un'elevata resistenza specifica. Sono molto
duttili e per questo possono essere facilmente lavorati per forgiatura e agli utensili.
Le leghe α , che spesso contengono alluminio e stagno sono preferite per applicazioni ad alta temperatura a
causa delle loro superiore resistenza al creep. Hanno inoltre ottima saldabilità alta resistenza e tenacità.
Le leghe β hanno una scarsa saldabilità e una lavorabilità molto difficile, ma vantano del migliore sforzo di
snervamento, che li rende molto tenaci alla frattura.
Le leghe α+ β sono più resistenti delle a, ma meno saldabili
Lezione 12 (capitolo 13)
I materiali ceramici sono composti da elementi metallici e non metallici uniti da legami ionici.

Gli atomi metallici cedono facilmente gli elettroni di valenza a quelli non metallici, per cui tutti gli atomi
coinvolti assumono una configurazione elettronica stabile e acquisiscono una carica, ovvero divengono ioni.
Le forze attrattive di legame sono di tipo coulombiano, ovvero dovute all'attrazione reciproca di uno ione
positivo e uno negativo , per cui non ci sono elettroni liberi, il che rende il materiale un isolante termico ed
elettrico
Le energie di legame è molto elevata, per cui la temperatura di fusione, ovvero l'energia necessaria per
rompere i legami, è altrettanto alta (da 801°C a 2800°C).
I materiali ceramici sono dunque relativamente rigidi e resistenti, con un alto modulo di elasticità, ma
anche estremamente fragili, con bassissima deformabilità e scarsa resistenza ad urto.

1)Diagramma sforzo- deformazione di un materiale ceramico


L’andamento sforzo-deformazione di un materiale ceramico si ottiene con la prova di flessione.
In campo elastico la deformazione ha un andamento proporzionale allo sforzo, secondo il modulo elastico.
Successivamente la maggior parte dei materiali ceramici subisce la rottura prima di avere una deformazione
plastica, perché costituiti in prevalenza da policristalli in cui la deformazione del singolo grano non riesce a
propagarsi nei grani adiacenti, favorendo una rottura fragile.
Si possono riscontrare deformazioni plastica, nei monocristalli e nei ceramici non cristallini amorfi:
nei primi la deformazione avviene per movimento di dislocazione, ed accresce quando lo scorrimento
avviene tra piani che hanno una carica diversa; nei secondi avviene per scorrimento viscoso.

2)Tecnologia di fabbricazione di un manufatto ceramico tradizionale.

1. La prima fase prevede la preparazione di un impasto omogeneo in cui le materie prime scelte vengono
macinate per ottenere la granulometria desiderata, miscelate, omogeneizzate e addizionate ad acqua.
L’impasto contiene materie prime con funzione plastificante, smagranti e strutturali e fondenti
Durante la prima fase le materie prime plastificanti come l'argilla hanno la funzione di rendere il materiale
plasmabile con la giusta concentrazione di acqua.
2. La formatura è la fase in cui si conferisce all’impasto la forma del componente da realizzare;
Per realizzare forme regolari (laterizi e piastrelle)si utilizzano tecniche di pressatura o estrusione, se
irregolare (sanitari e vasellame) con colaggio.
Nella pressatura una massa di polvere, contenente di solito una piccola percentuale d’acqua, o altri leganti,
viene compattata sotto pressione nella forma desiderata.
Nell' estrusione: il materiale ceramico viene incanalato attraverso una matrice d’acciaio per mezzo di una
vite a motore.
Con il colaggio invece vengono realizzate forme irregolari(sanitari e vasellame), attraverso colata ( per
drenaggio o solida) del materiale ceramico in sospensione liquida (barbettina), in un stampo poroso dove
poi viene fatto essiccare.

2. La fase di essiccamento, attraverso riscaldamento ad aria calda, consente di eliminare in modo


controllato l'acqua di impasto e quindi la plasticità del composto, producendo una contrazione di volume
con un riavvicinamento delle particelle. Gli smagranti, come le sabbie quarzose o le sabbie silicee invece
contrastano il ritiro e hanno la funzione di formare lo scheletro portante del prodotto.
3. La cottura permette di conferire ai materiali ceramici le caratteristiche meccaniche, le dimensioni e le
forma
I fondenti durante la cottura formano una fase liquida che va a legare i grani del materiale ed a riempire le
porosità favorendo una graduale compattazione delle particelle e alla solidificazione formano una fase
vetrosa amorfa.
La temperatura di cottura e il contenuto di fondenti dipendono dal tipo di prodotto ceramico da
realizzare:
- se a a struttura compatta (gres e porcellane)avviene a temperature alte con alto contenuto di fondenti;
- se con struttura porosa (faenze, laterizi, terrecotte)avviene a temperature inferiori e con basso contenuto
di fondenti;
Successivamente il materiale viene rivestito e smaltato con processi per immersione, a spruzzo o con
applicazione di un velo di smalto aderente al prodotto mediante macchine.
Con la monocottura lo smalto da rivestimento è applicato direttamente sul prodotto crudo (piastrelle e
sanitari)
La bicottura invece prevede una prima cottura del crudo e successivamente ricotto a temperature inferiori
con il rivestimento.

3)Tecnologia di fabbricazione di un manufatto ceramico avanzato


I materiali ceramici avanzati sono dei prodotti inorganici, non metallici, policristallini, provvisti di rilevanti
prestazioni strutturali e/o funzionali.
Vengono prodotti da polveri di elevata purezza, privi di agglomerati che quindi non presentano plasticità,
motivo per cui vengono aggiunti additivi che ne migliorano la resistenza per poter essere manipolati
Tra le varie tecniche di formatura citiamo:
- La pressatura uniassiale a è la compattazione delle polveri tramite l'uso di una pressa .Può provocare una
distribuzione disomogenea di densità che possono creare fratture interne o localizzate che aumentano la
fragilità. Permette una produzione rapida di una gran varietà di forme.
- La pressatura isostatica, nella quale la polvere viene compressa in maniera uniforme in ogni direzione
all'interno di uno stampo flessibile , chiamato borsa, posto all'interno di una camera e che viene compresso
per pressione di un liquido ( processo a freddo) o di un gas (processo a caldo).
Questa tecnica permette di ottenere prodotti ceramici una microstruttura molto fine, quindi ad alta densità
e migliori proprietà meccaniche.
- Tecniche di estrusione e colaggio che sono del tutto analoghe a quelle dei ceramici avanzati.
- Stampaggio a iniezione di polveri addittivate con legami polimerici e additivi speciali
- Deposizione su nastro continuo, in cui lamine spesse prodotte da una sospensione di polveri in un fluido
vengono fatte scorrere su un nastro continuo che scorre che con una coppia di lame ne determina lo
spessore. Durante lo scorrimento il solvente evapora dall'impasto rendendolo lavorabile.
Dopo la formatura il manufatto viene sottoposto ad un processo di sinterizzazione, in cui viene riscaldato in
forno per addensarne la struttura, rimuovendo la porosità e crea legami forti tra particelle adiacenti.
4)Materiali vetrosi
I vetri sono costituiti da una miscela di silicati con struttura amorfa.
Le principali proprietà dei vetri sono:
- fragilità
- modesta resistenza agli urti
- l'elevata buona inerzia chimica, elettrica e termica
- facilità di fabbricazione
- trasparenza ottica
Tuttavia lo stato vetroso è instabili, per cui potrebbe devetrificare, ovvero ricristallizzare in particolari
condizioni e perdere la sua trasparenza.
I materiali vetrosi hanno proprietà particolari, nono solidificano allo stesso modo di quelli cristallini.
Portati a fusione, durante il raffreddamento l'alta viscosità della struttura cristallina e la bassa velocità di
cristallizzazione impediscono la costruzione dei reticoli cristallini, formandosi una struttura disordinata e
irregolare.
Non c’è una temperatura precisa alla quale si trasforma in solido. Il materiale viene considerato vetro
quando scende al di sotto della temperatura di transizione vetrosa.
I vetri si comportano come liquidi viscosi al di sopra della Tg, cioè applicato uno sforzo si ha uno
scorrimento che comporta una deformazione permanente. Aumentando la temperatura la viscosità
diminuisce ed il flusso viscoso viene facilitato.

5)Classificazione dei vetri

A seconda delle materie prime utilizzate sono distinti:


Vetri sodico-calcici: È il vetro più comune e viene utilizzato per tutte le applicazioni per le quali non sono
richieste alte durabilità e grandi resistenze al calore.
Vetri al borosilicato: L’introduzione di boro alza la temperatura di fusione dei vetri sodico-calcici e fornisce
un’elevata resistenza agli shock termici (vetri Pyrex). Vengono utilizzati per attrezzatura da laboratorio,
forni e fari.
Vetri al piombo (cristallo) caratterizzati da brillantezza, elevato indice di rifrazione della luce, bassa
temperatura di rammollimento.
6) Tecnologia di fabbricazione di un manufatto in vetro.

Nel processo di lavorazione dei vetri, alla macinazione, dosaggio e miscelazione delle materie prime,
seguono la fusione, l'affinazione e l'omogeneizzazione con cui si aggiungono additivi che eliminano le
disomogeneità.
Il procedimento seguente di formatura si divide in quattro metodi diversi:
- galleggiamento in cui un nastro di vetro esce dal forno di fusione e galleggia sulla superficie di un bagno di
stagno fuso in atmosfera controllata;
- soffiatura: a partire da un cilindro di vetro altamente viscoso, si produce il parison (forma temporanea)
che poi viene inserito nello stampo finale e forzato a prendere la forma desiderata attraverso la pressione
del getto d’aria; è molto adatta a realizzare materiali cavi come bottiglie e recipienti vari
- pressatura: il pezzo viene formato attraverso l’applicazione di una pressione ad uno stampo di ghisa della
forma desiderata e indurisce per contatto con lo stampo stesso;
- filatura: è usata per realizzare fibre di vetro per raffreddamento del fuso, avvolto successivamente in
bobine apposite.

7)Trattamenti termici dei vetri

Ricottura: consente di rimuovere le tensioni residue dai bruschi raffreddamenti indotti dai processi di
formatura , che rendono il materiale troppo fragile. Viene effettuato a temperatura appena superiore al
punto di ricottura e poi raffreddato lentamente in forno al di sotto del punto di deformazione.
Tempra: che introduce uno stato di sollecitazione superficiale con sforzi residui di compressione, attraverso
riscaldamento al di sopra della temperatura di transizione vetrosa e successivo raffreddamento rapido
con getti d'aria e conferisce al materiale maggiore resilienza e resistenza meccanica( tempra termica);
o attraverso immersione in un bagno di sali di potassio (tempra chimica).
Inoltre per aumentare la tenacità e resilienza dei vetri si può ricorrere anche ai:
- vetri stratificati, formati da due lastre di vetro temprate e una lastra di materiale plastico nel mezzo, come
nei parabrezzi.
- vetri corazzati, costituiti da molteplici strati di lastre di vetro alternati a film di materiale plastico che
vengono realizzati con funzione di antisfondamento, grazie alla deformazione dei film di materiale plastico
e antiproiettile, per attrito con le lastre di vetro.

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