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CHIMICA: TEORIA ATOMICA MODERNA
Democrito (filosofo) introduce il termine ‘atomo’ nel IV sec. A.C.
Dalton fu il primo a utilizzarlo in ambito scientifico ipotizzando che fosse la particella indivisibile alla base
di tutti le sostanze, 1805.
‘gli atomi di un dato elemento sono tutti uguali e indivisibili’
L’atomo è la minima parte che conserva le caratteristiche del dato elemento, è scindibile ma si vanno a
perdere tali caratteristiche. Tutti gli elementi sono costituiti da atomi, elementi diversi sono costituiti da
atomi diversi da cui derivano le loro caratteristiche e le differenze.
‘ci deve essere una differenza intrinseca tra atomi di elementi diversi, altrimenti non si spiegano le
differenze’ Dalton.
Atomo è costituito da: elettroni, protoni e neutroni

massa u massa gr carica


protone 1.0073 1.673E-24 +1
neutrone 1.0087 1.675E-24 0
elettrone 0.00055 9.11E-28 -1

Nucleo è una regione centrale e occupa una piccolissima parte dell’atomo dove sono confinati protoni e
neuroni (molto pesante ma molto piccolo).
Elettroni occupano lo spazio restante attorno al nucleo, si muovono NON seguendo un’orbita, sono molto
piccoli quindi la maggior parte dell’atomo è vuota.
In un atomo neutro il numero di protoni è uguale a quello di elettroni. Ogni atomo è descritto da Z e A. Z
numero atomico= n protoni; A numero di massa= n protoni+ n neutroni.
Z caratterizza l’elemento, atomi con uno stesso Z fanno appartengono ad uno stesso elemento.
A 1 12 18
Esempio rappresentazione simbolica: Z H ; 1 H . 6 C (6 protoni, 6 neutroni, 6 elettroni). 8 O(8 protoni, 10
neutroni, 8 elettroni).
ISOTOPO: atomi di uno stesso elemento (stesso Z) con stesso A, quindi uguale numero di neutroni. Di uno
stesso elemento esistono diversi isotopi, che differiscono per numero di massa, quindi per numero di
neutroni. Diversi isotopi di uno stesso elemento non sono ugualmente rappresentati in natura; l’abbondanza
naturale o relativa rappresenta la sua diffusione percentuale in natura. In ogni elemento è presente un isotopo
molto più abbondante degli altri (❑1 H ; 18 12
❑ O ; ❑ C ).

UNITA’ DI MASSA ATOMICA (peso atomico): 1 u=1/12 della massa del carbonio 12=1.66054E-24.
La massa atomica è una media pesata delle masse atomiche degli isotopi naturali. Massa atomica

dell’elemento carbonio è infatti 12.011 u ( 12.00∗98.982+13.003∗1.108


100 ).
FORZA NUCLEARE:
Se Z è piccoli il numero di neutroni dell’isotopo più stabile è uguale a quello di protoni o è in eccesso di
un’unità.
Se Z è grande il numero di neutroni dell’isotopo più stabile è maggiore di quello dei protoni.
Ciò che tiene uniti i neutroni e i protoni è la forza nucleare, una delle forze più potenti
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I neutroni sono importanti per la stabilità del nucleo.


DIFETTO DI MASSA: Sommando le masse di tutti i protoni, neutroni e elettroni che compongono un atomo
non si ottiene la massa dell’atomo ma un numero più grande.
L’elio 4 è formato da 2 protoni, 2 neutroni e 2 elettroni; la somma delle loro masse= 4.0319 u.m.a., la massa
effettiva=4.0026 u.m.a.
Difetto di massa è la differenza: 4.0319-4.0026= 0.0293 u.m.a. ed è pari all’energia che serve per tenere
insieme il nucleo (la massa si è convertita in energia E=mc 2).
kg
( 1.661∗10−27 ) fattore di conversione da u a kg.
u . m. a .
MOLE, unità di misura della quantità di sostanza e corrisponde ad un numero di Avogadro (N A=6.022E23)
di particelle. NA è il numero di atomi di carbonio contenuti in 12 g di 12
❑C .

1 atomo di 12¿ C ha una massa di 12 u.m.a.

1 mole di 12¿ C ha una massa di 12 g.

Vale per tutte le particelle:


1 atomo di H2O ha una massa di 18 u.m.a.
1 mole di H2O ha una massa di 18 g
1 atomo di Cl ha una massa di 35.45 u.m.a.
1 mole di Cl ha una massa di 35.45 g
FORMULE:
n atomi= n moli*NA
n moli= n atomi/NA
m(g)= n moli*P.A.(g/mol)
n moli= m(g)/P.A.(g/mol)oli= m(g)/P.A.(g/mol)
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ELETTRONE
1927 Principio di indeterminazione di Eisenberg, impossibilità di misurare in modo preciso due grandezze
legate all’elettrone contemporaneamente, ovvero posizione e velocità, la precisione di una misura comporta
un grande errore nell’altra.
h
∆ x∗∆ m v x ≥

Non è possibile portare il prodotto degli errori a zero, quindi al diminuire di uno aumenta l’altro.
Nel mondo macroscpico non ha alcun peso perché si utilizzano numeri elevati che sono sempre maggiori di
tale costante.
1924 De Broglie, la doppia natura dell’elettrone, che non potevano essere viste solo con corpuscoli dotati di
massa ma anche come onde di lunghezza d’onda λ. Per una completa e corretta descrizione dell’elettrone
bisogna tenere conto di entrambi.
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1926 Schrodinger applica la relazione di De Broglie al moto dell’elettrone attorno al nucleo, che mette in
relazione l’energia cinetica e potenziale del’elettrone con l’energia totale dell’atoo per ogni punto dello
spazio.

8 π2 m
Equazione d’onda/ equazione di S.=∇ 2 Ψ + ∗( E−V ) Ψ =0
h
La soluzione dell’equazione d’onda è la funzione d’onda ψ (psi), che descrive il comportamento
dell’elettrone in funzione della distanza di esso dal nucleo, tenendo conto sia della sua natura corpuscolare
sia di onda. Grazie a Max Born sappiamo che elevando alla seconda la funzione d’onda ψ 2(x,y,z,)
corrisponde alla densità (probabilità) elettronica di uno spazio infinitesimo dv=(x+dx)(y+dy)(z+dz) (un cubo
di lato dx, dy, dz, di volume dv, posto in una certa posizione di coordinate x,y,z). man mano che ci
allontaniamo dal nucleo la densità elettronica ψ 2 va via via diminuendo. Se consideriamo al posto del
cubetto/ punto, la distribuzione radiale, allontanandosi dal nucleo essa cresce fino a un punto e poi comincia
a diminuire.
L’elettrone deve essere visto come una distribuzione di carica negativa diffusa intorno al nucleo, non come
una particella in movimento.
L’ORBITALE è la regione di spazio tridimensionale entro cui si ha una probabilità molto alta (90%, 95%,
…) di trovare l’elettrone. Al di fuori dell’orbitale la densità elettronica non va a zero, infatti vi è un 10% di
probabilità che esso si trovi lì. Non si fissa l’orbitale come regione in cui al 100% si trova un elettrone,
perché sarebbe troppo grande, infatti anche a distanze molto elevate dal nucleo si ha una densità elettronica,
sebbene molto bassa.
Andando a risolvere l’equazione d’onda per l’atomo di H di ottengono numerose (infinite) funzioni d’onda,
perché esse contengono dei numeri quantici che fungono da variabili ψ (n, l, m). I numeri quantici sono n, l,
m. n è il numero quantico principale, può assumere tutti valori interi positivi diversi da 0 (1,2,3,4,5). l è il
numero quantico angolar e assume valori interi positivi che vanno da 0 a n-1 (0,1,2,3,4). m numero quantico
magnetico va da -l a +l compresi (-4,-3,-2,-1,0,1,2,3,4). Nel momento che fisso i valori dei tre numeri
quantici ottengo una sola funzione d’onda e ad ogni funzione d’onda ψ corrisponde un orbitale. Le terne n, l,
m, individuano un orbitale che ha un nome composto da un numero e una lettera, il numero corrisponde al
numero quantico principale, e la lettera al numero quantico angolare (0=s, 1=p, 2=d, 3=f). Esiste un solo
orbitale s, sferico, gli orbitali p sono 3 (a due lobi uguali, con il nucleo al centro, orientati lungo i tre assi
diversi), gli orbitali d sono 5 (a 4 lobi). All’aumentare di n aumenta la grandezza dell’orbitale, 1s è contenuto
in 2s che a sua volta è contenuto in 3 s e così via, stessa cosa per 2p, 3p, ecc. Tra un orbitale e quello
contenuto in esso vi è una zona d’ombra a bassa densità elettronica.
In seguito venne inserito un ulteriore numero quantico, il numero quantico magnetico di spin m s, che può
essere -1/2 o +1/2, quando due elettroni hanno spin opposto (comportamenti simili ma opposti) si dice che
sono a spin appaiato/antiparallelo, se hanno lo stesso numero quantico di spin si dicono a spin
spaiato/parallelo.
Una volta definita la funzione d’onda, o il suo orbitale corrispondente, si può associare a questa un valore
energetico tramite l’equazione d’onda; ne deriva una scala di energie per tutte le funzioni d’onda (1s, 2s, 2p,
3s, 3p, 4s, 3d, 4p, 5s, 4d, 5p, …)
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Tre regole dell’AUFBAU:
Principio della minima energia: un elettrone riempie sempre l’orbitale disponibile con minore energia (bassa
energia implica alta stabilità).
Principio di Pauli: quando due elettroni occupano le stesso orbitali essi hanno sempre spin antiparallelo, sono
appaiati.
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Regola di Hund: quando sono a disposizione orbitali a stessa energia gli elettroni occupano più spazio
possibile, se sono presenti 3 orbitali 2p e ho a 3 elettroni essi si dispongono a spin parallelo.
Lo strato più esterno di un atomo è il più importante, è quello con cui esso interagisce con gli altri atomi a
formare legami. Gli elettroni più interni non hanno modo di interagire con il mondo esterno, a differenza
invece di quelli dello strato più esterno, detti elettroni di valenza (che conferiscono anche determinate
caratteristiche chimiche).
Nella tavola periodica, elementi della stessa colonna hanno atomi con la configurazione elettronica esterna
uguale (stesso numero di elettroni di valenza), e di conseguenza proprietà chimico-fisiche simili. L’elio è
stato inserito all’interno dei gas nobili (ottavo gruppo), anche se poteva essere inserito vicino all’H e sopra il
Be, perché si è notato che avere lo strato esterno completamente riempito era più importante e gli conferiva
le stesse caratteristiche fisico chimiche degli elementi con 8 elettroni di valenza. I gruppo metalli alcalini; II
metalli alcalino terrosi; VII alogeni; VIII gas nobili (stabili).
Si possono poi individuare sette periodi contenenti numeri variabili di elementi, che corrispondono al
numero di elettroni da sistemare, in base al tipo di orbitale. Nel primo periodo vi è da riempire l’orbitale s, co
due elettroni e quindi c’è posto solo per H e HE; nel secondo gruppo vi sono 8 posti corrispondenti agli
orbitali s e p; nel terso periodo vengono riempiti solo s e p, mentre l’orbitale d si riempie dopo il 4s, essendo
a energia superiore, in particolare l’orbitale 3d si riempie con i 10 metalli di transizione che vanno dallo
scandio allo zinco; stessa cosa succede con l’orbitale 4d che viene riempito nel 5 periodo.
L’H pur essendo simili ai metalli alcalini e essendo posto nel primo gruppo della tavola periodica, è un non
metallo.
ENERGIA DI (PRIMA) IONIZZAZIONE: è una proprietà periodica degli elementi e corrisponde all’energia
necessaria per allontanare a distanza infinita un elettrone dall’atomo; l’atomo privato dell’elettrone è detto
catione o ione positivo. L’energia di ionizzazione cresce lungo i periodi e diminuisce scendendo lungo un
gruppo. L’andamento dipende dalla stabilità di un dato atomo; i gas nobili saranno gli elementi a più alta
energia di ionizzazione data la loro altissima stabilità; e dipende inoltre dall’interazione tra il nucleo e gli
elettroni di valenza, dalla vicinanza tra loro.
AFFINITÀ ELETTRONICA: energia rilasciata quando un elettrone si lega ad un atomo; l’atomo che ha
acquistato un elettrone è detto anione o ione negativo. È anch’essa è una proprietà periodica degli elementi, e
ha lo stesso andamento dell’energia di prima ionizzazione, con la differenza che i massimi non
corrispondono più ai gas nobili (i quali ora occupano i minimi) ma agli alogeni (non metalli del VII e VI).
ELETTRONEGATIVITA’: media geometrica tra affinità elettronica e energia di ionizzazione e riflette la
tendenza degli atomi di determinati elementi ad acquisire elettroni. Alta elettronegatività vuol dire scarsa
tendenza a perdere elettroni e di conseguenza alta tendenza ad acquistarli e viceversa. Ha lo stesso
andamento delle due proprietà precedenti, ovvero aumenta lungo un periodo e diminuisce lungo un gruppo.
L’elemento più elettronegativo di tutti è il Fluoro e il meno elettronegativo il Celsio. I valori numerici
dell’elettronegatività dei gas nobili non si riportano perché non riflettono la vera tendenza ad
acquistare/cedere elettroni, avendo loro valori altissimi di energia di ionizzazione e bassissimi di affinità
elettronica.
IL LEGAME CHIMICO
Il legame è un’interazione forte che si stabilisce tra due atomi e si forma perché l’atomo tende a acquistare o
cedere elettroni per raggiungere una configurazione elettronica esterna completamente riempita, la più stabile
(quella del gas nobile più vicino), detta otteziale.
I legami chimici sono principalmente due: covalente o ionico (eteropolare).
Il LEGAME IONICO si forma tra atomi di elementi con differenza di elettronegatività maggiore di 1.7-2.0,
uno cede un elettrone e uno lo acquista; non si forma tra due soli ioni ma va a formare un reticolo cristallino
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tridimensionale dove ogni ione negativo è a contatto con sei ioni positivi e viceversa. L’energia reticolare
2
−N A M q 1
che tiene insieme tale struttura è Eret = ; NA numero di Avogadro; q carica; r distanza tra ioni; M è
4 πεr
la costante di Madelung che ha sempre valori maggiori di 1 e tiene conto del fatto che non si tratti di coppie
discrete ma di un reticolo ordinato.
4
LEGAME COVALENTE non si ah passaggio di elettrone, ma esso viene messo in comunità tra i due atomi
(questo avviene quando la differenza di elettronegatività gli elementi a cui appartengono due atomi è
inferiore a 1.7-2.0). il sistema trova un equilibrio tra forze attrattive e repulsive ad una distanza ottimale; sia
ha una sovrapposizione di orbitali atomici, e si forma n orbitale di legame dove vi sono elettroni provenienti
dal primo e dal secondo (in esso vigono le stesse regole del AUFBAU). Con questa situazione si ha il
raggiungimento dell’ottetto, dato che gli elettroni in compartecipazione appartengono contemporaneamente
ad entrambi gli atomi. (secondo la rappresentazione di Lewis il legame viene raffigurato o con “–” o con “:”,
H-H o H:H). A distanza infinita i due atomi hanno energia potenziale pari a 0, all’avvicinarsi di essi,
l’energia diminuisce, ad una data distanza si ha un’energia minima, massima stabilità, all’ulteriore
avvicinamento l’instabilità aumenta esponenzialmente. Tale distanza è la distanza di legame (per H è 0.74Å),
che varia tra legami covalenti.
Quando la differenza di elettronegatività è inferiore di 0.2-0.4, si ha un legame covalente omopolare, in cui la
nuvola elettronica dell’orbitale è equamente distribuita.
Quando la differenza è tra0.2-0.4 e 1.7-2.0 di ha un legame covalente polare in cui la nuvola elettronica è
spostata verso l’atomo più elettronegativo. Esso porta alla formazione di cariche positive e negative parziali-
incipienti sui singoli atomi indicate con δ + e δ-; talvolta si traduce in nella formazione di una molecola
dipolare (acqua) ma a volte no (anidride carbonica).
Gli atomi tendono a formare legami fino al raggiungimento della configurazione elettronica s 2p6 oppure s2 per
H e He.
Nel momento in cui due atomi di un elemento del settimo gruppo si incontrano, Cl, formano un legame
covalente mettendo in comune un elettrone a testa per raggiungere l’ottetto. Nel caso di elementi del sesto
gruppo, O, gli atomi devono mettere in comune due elettroni a testa per raggiungere l’ottetto, formano quindi
due legami covalenti. Infine nel caso dell’azoto, N, quindi periodo, si formano tre legami covalenti.
Elementi del primo gruppo non hanno orbitali p quindi possono solo riempire l’orbitale s e arrivare alla
configurazione 1s2.
Il legame dativo è un caso di legame covalente in cui un atomo mette in comune due elettroni e l’altro atomo
zero (NH3+H+).
Esistono legami covalenti sigma σ e pi greco π, sigma si forma solo lungo l’asse che unisce i nuclei. Quando
si forma più di un legame covalente tra due atomi, sempre solo uno è σ, tutti gli altri sono π. Nei casi s+s,
s+p, p+p si forma un legame σ. Il primo legame che si forma è il legame σ, quando gli atomi sono liberi di
muoversi si orientano testa a testa, esso è infatti il legame che conferisce più stabilità alla molecola (meno
forze repulsione). Il secondo legame a formarsi non può essere sigma, perché il primo ha costretto la loro
geometria, impedendo agli atomi di muoversi per posizionarsi testa a testa, essi riescono quindi solo a
posizionarsi perpendicolari, grazie ad una rotazione; conferisce stabilità inferiore a quello σ. Stessa cosa vale
per il terzo legame. La nuvola elettronica del legame σ contiene l’asse internucleare. Il legame sigma
consente un movimento, contenuto, i due atomi infatti possono ruotare uno indipendentemente dall’altro
attorno all’asse.
IBRIDAZIONE:
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nell’atomo di carbonio 2s2 2p2, permette di fare solo due legami covalenti in quanto ha solo due elettroni
spaiati nei due orbitali semi riempiti 2p (ha un orbitale 2p vuoto). A meno che non si chiamino in causa i
legami dativi. Un elettrone può passare dall’orbitale s riempito all’orbitale 2p vuoto, in modo che vi siamo 4
orbitali semi riempiti, con 4 elettroni spaiati in grado di formare legami covalenti; questo processo costa
energia e quindi viola i principi della minima energia delle regole del AUFBAU, in particolare spende circa
96 kcal/ mol; ma grazie a questo cambiamento si passa da poter formare due legami a 4, di conseguenza il
dispendio di energia viene ripagato con 200 kcal/mol per legame covalente, con un totale di 400-96=304
kcal/mol.
Nella molecola del metano ed altri alcani il carbonio forma 4 legami covalenti sigma C e H; tutti i quattro
legami sono equivalenti come energia e come disposizione, a 109° l’uno dall’altro. Questa disposizione e
equivalenza di energia non può essere descritta come sovrapposizione di orbitali atomici, infatti otterremmo
3 legami sigma tra un orbitale s (H) e uno p (C) e un legame sigma di tipo s-s, quindi tre angoli di 90° e uno
variabile. Per spiegare ciò viene introdotta l’ibridazione degli orbitali atomici. Essa avviene con una
combinazione matematica delle funzioni d’onda ψ dei 4 orbitali atomici che quindi scompaiono, lasciando il
posto a 4 nuovi orbitali detti ibridi sp3. Questi orbitali sono formati ciascuno da un lobo
minore e uno maggiore. I lobi maggiori si dispongono nelle tre dimensioni a distanza di 109°
l’uno dall’altro; e formano ciascuno un legame covalente con un atomo di idrogeno (sp3-s),
uguali come disposizione e energia.
I legami covalenti tra gli orbitali ibridi sp3 del C (metano) e l’orbitale 1s dell’H sono tutti
uguali come energia e come disposizione (tetraedro regolare); il modello permette di superare i limiti del
modello degli orbitali atomici non ibridati, spiega quindi meglio i dati sperimentai. Gli orbitali ibridi sono
indipendenti come disposizione spaziale, per la repulsione tra cariche negative degli elettroni si dispongono
quindi a 109.5° l’uno dall’altro, ovvero la maggiore distanza possibile tra loro.
DISTORSIONE degli angoli di legame dell’ibridazione sp3 (NH 3, H20). Nell’ammoniaca l’azoto è ibridato
sp3 ha quindi 4 orbitali ibridati, ma si lega solo a tre atomi di H e dato che ha un orbitale ibrido sp3 già
riempito, quindi di non legame. In questo caso gli angoli tra gli atomi di idrogeno sono di 107°, in quanto il
doppietto di elettroni di non legame fa valere la loro repulsione maggiormente e di
conseguenza gli altri tre orbitali ibridati si avvicinano tra loro. Essendo elettroni di non
legame sono più vicini all’atomo di N, mentre quelli legati all’H si trovano più lontani
(ripartiti verso l’H). Nell’acqua sono presenti due coppie di non legame e due legami
covalenti con l’H, di conseguenza l’angolo tra i due idrogeni diventa di 105°.
Nell’ibridazione sp3 1 orbitale s e 3 orbitali p, si combinano a formare quattro orbitali ibridi orientati ai
vertici di un tetraedro (C allo stato fondamentale:2s 2 2p2; diventa sp3). Nell’etano (C2H6) ciascun carbonio
inizialmente al suo stato fondamentale promuove un elettrone dall’orbitale s all’orbitale p (2s 1 2p3)
analogamente a quanto visto col metano; i quattro orbitali ibridi di ciascun C formano 4 legami covalenti, 3
con atomi di H e uno con l’orbitale ibrido sp3 dell’altro atomo di carbonio. Non rimangono orbitali 2p non
ibridati. Forma quindi 4 legami sigma.
Nell’ibridazione sp2, 1 orbitale s e due orbitali p, si combinano a formare tre orbitali ibridi orientati ai vertici
di un triangolo (120°); un orbitale 2p non prende parte all’ibridazione. Questo avviene nell’etene/etilene
(C2H4). Si formano quindi 3 orbitali sp2 (disposti planarmente a 120°) e un orbitale 2p. I 3 orbitali ibridati
formano ciascuno un legame σ con gli orbitali s dei 2 atomi di H e un legame σ con un orbitale sp2 dell’altro
atomo di carbonio; tra i due orbitali 2p degli atomi di carbonio di forma un legame covalente π. In totale
avremo quindi 3 legami singoli sigma e un doppio legame sigma pi greco. Tra i due atomi di C vi sono un
legame sigma (tra due orbitali ibridati) e un legame pi greco (tra i due orbitali non ibridati 2p)
Nell’ibridazione sp, 1 orbitale s e 1 orbitale p, si combinano a formare due orbitali ibridati sp orientati
linearmente (180°), gli altri due orbitali 2p rimangono non ibridati. Questo avviene con l molecole
dell’acetilene (C2H2), in cui ciascun carbonio un elettrone dall’orbitale s a quello p (2s 1 2p3), l’orbitale 2s e
un orbitale 2p si combinano a formare due orbitali ibridi sp. Uno dei due orbitali ibridati di un atomo di C
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forma un legame sigma con l’orbitale s dell’atomo di H e l’altro un legame sigma col l’orbitale ibridato
dell’altro atomo di C (sp di un carbonio+ sp di un altro carbonio). I due orbitali p di ciascun atomo di C
formeranno due legami pi greco tra loro. In totale avremo 2 legami singoli sigma (sp+s) e un triplo legame
sigma + due pi greco (sp+ sp, 2 p+p).
Nell’ibridazione sp3d, 1 orbitale s, 3 orbitali p e un orbitale d si combinano a formare 5 orbitali ibridi
orientati ai vertici di una bipiramide trigonale (90° e 120°). Questo avviene nel penta-cloruro di fosforo
(PCl5). L’atomo di P deve legare 5 atomi di Cl, essendo P del terzo periodo dispone di atomi d; promuove un
elettrone dal 3s al 3d (3s 1 3p3 3d1). L’orbitale 3s, tutti i tre orbitali 3p e l’orbitale d si combinano a formare 5
orbitali sp3d, ognuno dei quali forma un singolo legame covalente sigma con l’orbitale 3p del cloro.
Nell’ibridazione sp3d2 1 orbitale s 3 orbitale p e 2 orbitali d di ibridano a formare sei orbitali ibridi che si
dispongono lungo i vertici di un ottaedro regolare (90°). Questo avviene dell’esafluoruro di zolfo (SF 6). Lo
zolfo promuove 2 elettroni uno dal 3s e uno dal 3p all’orbitale 3d. (3s 1 3p3 3d2) Si formano 6 legami
covalenti sigma (ognuno dei 6 orbitali ibridati sp3d2 di S con un orbitale 3p di F).
PRINCIPIO DI REPULSIONE DELLE COPPIE ELETTRONICHE DI VALENZA (VSEPR)
“I domini elettronici di una molecola si dispongono in modo da risultare il più lontano possibile.” Regola per
stabilire la geometria di una molecola e il tipo di ibridazione dell’atomo centrale. Un dominio elettronico può
essere un insieme di elettroni di legame (un legame semplice, doppio, triplo costituiscono un solo dominio),
può essere coppie di elettroni solitarie o un elettrone spaiato.
2 domini- sp-180°- lineare
3 domini- sp2-120°-triangolare planare
4 domini-sp3-109°-tetraedrica
5 domini-sp3d-120° 90°-trigonale bipiramidale
6 domini -sp3d2-90°- ottaedrica
RISONANZA: molte molecole contenenti legami covalenti
possono essere descritte da una disposizione diversa degli
elettroni e di non legame. In tali formule la disposizione dei
nuclei degli atomi non cambia, cambia quella degli elettroni. Il
legame pi greco è mobile, gli elettroni passano da una parte
all’altra, ciò permette una maggiore stabilità.
La carica formale è il ‘numero degli elettroni nello strato esterno – il numero degli elettroni nella formula’
(non tutte le formule di risonanza danno lo stesso contributo all’ibrido di risonanza) le formule con un
elevata carica di formale degli atomi costituenti sono instabili e contribuiscono in misura molto minore.
L’anidride carbonica è un ibrido di risonanza tra tre formule ma sono una delle tre è la più stabile, in cui le
carie di risonanza si annullano, tutte e tre le formule sono giuste, una è solo più presente delle altre.

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REGOLE PER LA SCRITTURA DI UNA FORMULA DI STRUTTUTA
Sommare gli elettroni degli strati più esterni degli atomi, addizionati delle eventuali cariche negative o
sottratti di cariche positive. Successivamente disporre gli atomi della molecola nel modo più simmetrico
possibile, legando all’atomo centrale tutti gli altri atomi con legami semplici. Disporre tutti i possibili
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elettroni sugli atomi periferici, rispettando la regola dell’ottetto per poi disporre i rimanenti elettroni
sull’atomo centrale, dopo aver contato gli elettroni di legame e non legame. Infine ridistribuire gli elettroni in
modo da scrivere varie formule o formule limite accettabili e determinare la geometria della molecola
contando il numero di coppie elettroniche intorno ad ogni atomo (legami doppi o tripli valgono come
semplici).
Suggerimenti:
H vuole solo due elettroni;
C, N, O e F rispettano sempre la regola dell’ottetto;
P ha 8 o 10 elettroni attorno a sé;
Br, Cl e I hanno 8, 10, 12 e 14 elettroni;
C forma quasi sempre 4 legami;
O forma non più di 1 o 2 legami;
Atomi di O non si legano quasi mai tra loro.
Legame ionico e covalente sono legami FORTI, intramolecolari.
I LEGAMI DEBOLI, sono intermolecolari, forze di van der Waals e legami a ponte di H, interazioni di tipo
elettrostatico.
POLARITA’ DELLE MOLECOLE, possono avere un polo + e un polo- (δ + δ-), nel momento in cui si
formano legami polarizzati, si forma quindi un momento dipolare μ, che misura la separazione tra le cariche
di segno opposto a distanza r. μ=q*r.
Bisogna considerare la polarità di tutti i legami covalenti e la loro orientazione. Può essere apolare se tali
legami covalenti si annullano (anidride carbonica) o polare (acqua).
LEGAME A IDROGENO, tra molecole diverse, tra un idrogeno legato covalentemente ad un atomo molto
elettronegativo (X) (può essere F, O oppure N), e un atono Y molto elettronegativo. X---H---Y
Legame covalente dell’idrogeno è polarizzato, si ha quindi una separazione di carica. Si crea un legame
conseguentemente all’attrazione elettrostatica tra la semi-carica negativa di H e la nuvola di carica positiva di
Y (tra δ+ e δ-)
Se la molecola è molto grande si po' avere un legame a H interno, intramolecolare (idrossiacetaldeide).
Tra molecole di acqua, acido acetico si hanno legami a ponte di idrogeno,
nella molecola di acqua si formano 4 legami a idrogeno, l’ossigeno attrae due H e i due H di attaccano a un
ossigeno a testa.
INTERAZIONI DI VAN DER WAALS:
Dipolo-dipolo, (interazioni di Keesom) si forma tra molecole polari, che mettono in contatto la parte negativa
della molecola con la parte positiva di una molecola vicina. (S 2O)
Dipolo-dipolo indotto, (interazioni di Debye) interazione tra una molecola polare e una apolare. La molecola
polare all’avvicinarsi a quella apolare induce in quest’ultima un’asimmetria di carica nella seconda, che
diventa un dipolo. Si ha quindi un dipolo permanente e uno indotto. (il δ - del dipolo, si avvicina alla molecola
e respinge gli elettroni, quindi “crea” un δ + sulla seconda molecola). Succede tra acqua e ossigeno
molecolare.
Dipolo istantaneo-dipolo indotto, (interazioni di London) tra due molecole apolari. In una si forma un dipolo
temporaneo (la nube elettronica è mobile, ci sono momenti in cui gli elettroni si spostano dalla stessa parte a
creare un δ- temporaneo da una parte e un δ + dall’altra); la molecola apolare accanto ne risente, il dipolo
temporaneo quindi induce un dipolo indotto nella seconda. Possono instaurarsi anche in molecole polari,
dopo aver instaurato legami dipolo-dipolo, le nuvole di cariche elettroniche vengono ulteriormente rimarcate
e rafforzate con questi legami.
6
4 TIPI DI SOSTANZE
COMPOSTI IONICI: NaCl forze di coesione: legame ionico
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COMPOSTTI COVALENTI: diamante, reticolo di legami covalenti, non sono molecolari molto stabile.
Forze di coesione: legami covalenti
COMPOSTI MOLECOLARI: acqua, hanno legami covalenti interni alle molecole, sono formati da molecole
diverse legati da interazioni deboli. Forze di coesione: van der Waals e legami a idrogeno.
COMPOSTI METALLICI: Legami covalenti mobili, gli elettroni non appartengono ad un solo atomo ma si
muovono all’interno di un reticolo formato da atomi dei metalli. Ottimi conduttori. Forze di coesione:
legame metallico (tipo di l covalente).
STATI DI AGGREGAZIONE DELLA MATERIA: tutte le sostanze esistono nei 3 stati di aggregazione.
FORZE DI COESIONE: solido e liquido (a idrogeno, ionico, metallico, van der Wals, covalente).
Nello stato gassoso le particelle si muovono in maniera disordinata (urti elastici formano interazioni che
durano un istante), non ci sono forze di coesione.
Gli stati di aggregazione son in stretta relazione con il moto traslazionale delle molecole, la loro capacità di
vincere e svincolarsi dalle forze di coesione (intermolecolari). Energia
cinetica=1/2mv2=3/2nRT; (m massa, v velocità, n numero di moli, R costante, T temperatura in K). Nello
stato solido ogni molecola ha una posizione precisa, senza possibilità di muoversi, l’energia cinetica è data
dalla temperatura.
Energia cinetica è minore dell’energia legata alle interazioni deboli, nei liquidi e nei solidi. Nei gas l’energia
cinetica è talmente elevata da vincere ogni legame. L’energia potenziale delle interazioni intermolecolari è
indipendente da T.
Solido -liquido: fusione
Liquido- solido: solidificazione
Liquido -gas: evaporazione
Gas -liquido: condensazione
Solido- gas: sublimazione
Gas- solido: brinamento
Aumentando la TEMPERATURA si induce il passaggio da solido- liquido- gas
Aumentando la PRESSIONE si induce il passaggio da gas- liquido- solido
Passaggi di stato implicano variazione di energia a temperatura costante, calore latente di fusione 1,
evaporazione 2, (coincidono con le temperature del punto di fusione e ebollizione) il calore fornito viene
utilizzato per rompere interazioni, una volta rotte poi la temperatura torna a salire.
DIAGRAMMA DI FASE pressione/temperatura rappresenta i tre stati di
aggregazione della materia. In cui le zone colorate indicano uno stato di
aggregazione e le linee i passaggi di stato, dove i due stati coesistono. Vi è
un PUNTO TRIPLO ad una determinata temperatura e pressione i tre stati
coesistono (per acqua 0.0098°C e 4.58 torr). PUNTO CRITICO punto in
cui non è possibile la bifase liquido-gas, oltre quel punto le leggi non
valgono più.
Nello stato SOLIDO: Le forze di coesione tra le particelle nello stato solido (Ep) sono più intense
dell’energia cinetica (Ec) per cui le particelle sono vincolate tra loro ed occupano posizioni ben precise. Essi
hanno Struttura ordinata: posizioni ben precise per le particelle (eccezioni come vetro e plexiglass);
Mancanza di fluidità: impossibilità di movimento per le particelle; Incomprimibilità: impossibilità a ridurre il
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volume (non c’è vuoto da sfruttare); indiffusibilità: due solidi a contatto non diffondono liberamente l’uno
nell’altro.
Nello stato LIQUIDO: Le forze di coesione tra le particelle nello stato solido (Ep) sono di entità
paragonabile all’Energia cinetica (Ec) per cui le particelle sono ancora a contatto tra loro ma in maniera
disordinata. Essi hanno Struttura disordinata: Contatto tra le particelle, ma in maniera disordinata e non
costante; Fluidità: Movimento per le particelle che scorrono le une sulle altre; Incomprimibilità:
Impossibilità a ridurre il volume (non c’è vuoto da sfruttare); Diffusibilità: Due liquidi a contatto diffondono
liberamente l’uno nell’altro purché simili; Viscosità: Resistenza di un fluido allo scorrimento; Tensione
superficiale: È il lavoro da compiere per espandere la superficie di un liquido; Capillarità: Capacità di un
fluido di risalire all’interno di un capillare.
Nello stato GASSOSO: Le forze di coesione tra le particelle nello stato solido (Ep) sono di entità inferiore
all’Energia cinetica (Ec) per cui le particelle non sono a contatto e si muovono in maniera del tutto
disordinata. Essi hanno: Struttura disordinata: Assenza di contatto, moti disordinati (traiettorie e velocità
diverse); Fluidità: Movimento per le particelle che si muovono liberamente; Comprimibilità: Possibilità a
ridurre il volume (c’è vuoto da sfruttare); Miscibilità: Due gas a contatto diffondono sempre liberamente
l’uno nell’altro; Espandibilità: Capacità di un gas di espandersi indefinitamente.
Le particelle in movimento occupano uno spazio molto più piccolo di quello occupato dal vuoto. Si muovono
con traiettorie e velocità diverse, anche se la velocità media dipende dalla temperatura T. Urtano tra loro e
con le pareti del recipiente (urti elastici).
7
LA PRESSIONE è una caratteristica di un gas ed è definita come l’applicazione di una forza costante e
uniforme su una superficie. La forza dei gas è data dagli urti delle particelle gassose. P=F/S
La pressione ha moltissime unità di misura, nel SI è N/m^2, ovvero un Pa pascal. Poi abbiamo l’atmosfera
atm=1.013E5 Pa, mmHg o torr 1 atm=760 mmHg, …
Condizioni standard o normali sono 1 atm e 0°C; ora sono state modificate in 1 bar e 0°C; sono condizioni
molto simili in quanto 1 atm=1.013 bar, la differenza è sottile.
LA TEMPERATURA è l’espressione macroscopica del movimento delle particelle e è direttamente
2
∗E C
proporzionale all’energia cinetica T= 3 . Si può misurare in celsius o Kevin, T(K)=T(°C) +273.15.
nR
LE LEGGI SUI GAS:
BOYLE, a temperatura costante la pressione P e il volume V di un gas sono
inversamente proporzionali: a T costante PV=k
CHARLES, a pressione costante l volume V e la temperatura T di un gas sono
direttamente proporzionali: P costante V=kT
GAY-LUSSAC, a volume costante la pressione P e la temperatura P di un gas sono
direttamente proporzionali: V costante P=kT
PRINCIPIO DI AVOGADRO, volumi uguali di gas nelle stesse condizioni di
temperatura e pressione contengono lo stesso numero di molecole. Di conseguenza
una mole di particelle occupa sempre lo stesso volume (volume molare),
indipendentemente dal gas. Il volume molare in condizioni standard vale 22.414 L o
dm^3.
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LEGGE DI STATO DEI GAS IDEALI, riassume le precedenti 4 leggi, vale solo per gas ideali (volume delle
particelle completamente trascurabili (puntiforme), le particelle hanno urti perfettamente elastici),
approssimato anche per i gas reali. P(atm) V(l o dm^3)=nRT(K) R= costante universale dei gas= 0.0821
l*atm/(mol*K). Secondo SI P è in Pa, V in m^3, T in K e R=8.314 Pa*m^3/mol*K.
LEGGE DI DALTON (legge delle pressioni parziali), riguarda miscele di gas, P esercitata da una miscela di
gas è data da somma delle pressioni parziali (P i) esercitate dai singoli gas componenti la miscela. P(tot)=P(a)
+P(b)+P(c)+… La pressione parziale di un gas è ricavata grazie alla formula della legge di stato dei gas
ideali, con n=numero di molti del dato componente (n i). ovvero la pressione che tale gas eserciterebbe, nelle
stesse condizioni di V e T, se fosse da solo. Pi= niRT/V.
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SOLUZIONE è una miscela omogenea costituita da più componenti. La componente presente in maggiore
quantità è detta solvente, le altre componenti (una o più) sono dette soluti. Sia il solvente che i soluti possono
essere solidi, liquidi o gassosi.
PROCESSO DI SOLVATAZIONE le particelle di soluto si dissociano tra loro e vengono circondate dalle
particelle di solvente, si orientano con la parte + verso quella – (nel caso del NaCl in acqua, gli O si
orientano verso il Na e gli H verso i Cl). Una soluzione è satura quando le particelle di soluto non riescono
più a passare in soluzione. Vi sono solventi altamente solubili e altri invece meno.
Per definire una soluzione non basta dire quali sono solvente e soluto, ma bisogna anche definire la
concentrazione.ci sono 4 modi per definire la CONCENTRAZIONE:
concentrazione molare (CM, M o […]) indica il numero di moli di soluto in un litro di soluzione: M=n/V(l) e
si utilizza l’unità di misura mol/l oppure M.
concentrazione molale (Cm o m) indica il numero di moli di soluto su kg di solvente (NON soluzione):
Cm=n/m(kg) e si utilizza l’unità di misura mol/kg oppure m.
frazione molare (X), indica il numero di moli di soluto su numero di moli totali:
n soluto n soluto
X= = (0 ≤ X ≤ 1). Non ha unità di misura, è un numero puro
n soluto+ nso lvente n totali
concentrazione percentuale, indica la massa in grammi o il volume in ml su 100g oppure 100 ml di
soluzione; ne esistono di tre tipologie: %(p/p), %(p/v) oppure %(v/v), non ha unità di misura.
DENSITA’, si riferisce esclusivamente all’intera soluzione, è il rapporto tra massa e volume della soluzione
m ( Kg ) m ( g )
kg/l oppure g/ml. d= =
V (l) V ( ml )
Densità acqua pura è 1.00 kg/ l, dell’acqua salata varia a seconda della quantità di soluto (1.08 kg/l)
PRESSIONE OSMOTICA una delle proprietà colligative delle soluzioni (non dipende dal tipo, ma solo dalla
concentrazione delle particelle):
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Il liquido in eccesso nel tubo esercita una pressione idrostatica, si raggiunge un equilibrio in cui le molecole
di acqua che entrano sono uguali a quelle che escono dal tubo. Pressione idrostatica equivale alla pressione
osmotica, ovvero la pressione che deve essere applicata al tubo (si somma alla pressione atmosferica),
affinché il flusso bidirezionale attraverso la membrana semipermeabile sia equivalente: P idrostatica = π
La pressione osmotica segue un’equazione matematica che è applicabile a vari sistemi (somiglia
all’equazione dei gas perfetti, infatti si tratta di una pressione). Ovvero:
π   =   iC M RT ; (π = pressione osmotica (atm), i = coefficiente di van’t Hoff (n di particelle erogate da n di
soluto), CM = concentrazione molare (M), R = 0.082 atm l K-1 mol-1, T = temperatura (K).
Nei fluidi biologici è importante che la pressione osmotica interna e esterna a membrane cellulari siano
uguali, è fondamentale per mantenere invariato il volume delle cellule. (una soluzione con π = πest = πint è
detta isotonica; con π > πest (πint) è detta ipertonica; con π < πest (πint) è detta ipotonica). Una soluzione da
iniettare in un paziente deve essere isotonica, detta fisiologica a 0.9% (p/v) NaCl corrispondente a 154 mM.
MISCELE, possono essere omogenee (soluzioni) in cui prendendo un volume infinitamente piccolo troviamo
le stesse proprietà dell’intera soluzione, eterogenee (dispersioni) in cui prendendo volumi piccoli ottengo
proprietà diverse e soluzioni colloidali, una condizione intermedia in cui le particelle di soluto sono più
grande di quelle delle soluzioni omogenee, non visibili ad occhio nudo (come per le proteine in acqua).
SOLUZIONI COLLOIDALI il solvente è detto mezzo disperdente e il soluto fase dispersa. Le particelle
della fase dispersa sono grossolane e hanno un diametro tra 5 e 500 nm (macromolecole in acqua, aggregati
di molecole, polveri metalliche). Hanno proprietà caratteristiche: cambiare la direzione della luce (effetto
Tyndall), la luce in una soluzione non omogenea viene deviata, per questo esse sono torbide; la coagulazione
è la proprietà delle particelle della fase dispersa di aggregarsi a formare particelle sempre più grosse;
precipitazione è una coagulazione più marcata, l’associazione di particelle porta ad aggregati così grossi che
si portano sul fondo.
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REAZIONI processi in cui uno o più sostanze si trasformano in altre: aA+ bB  cC+ dD (a, b, c e d sono
coefficienti stechiometrici, numero di moli di quel dato elemento). Se al posto di una singola freccia si trova
una doppia freccia, essa indica che la reazione è reversibile (prodotti possono essere reagenti e viceversa).
Ne esistono vari tipi:
Sintesi, si sintetizza una sostanza a partire da altre due, si può sostituire la doppia freccia con un =.
Tipicamente hanno due reagenti e un solo prodotto.
Decomposizioni, un reagente si decompone in più prodotti.
Spostamento, due reagenti e due prodotti che si scambiano atomi tra loro. Possono essere ulteriormente
divise in reazioni acido base (oggetto di base sono ioni H, protoni), redox (si scambiano elettroni) e
generiche di scambio (atomi).
Numero di ossidazione è un numero che viene attribuito ad ogni atomo in una formula e indica il suo
impoverimento elettronico. n.d.o. = n. di e– dell’atomo neutro – n. di e– attribuiti. Più alto è il numero di
ossidazione più alto è l’impoverimento elettronico.
- la somma dei n.d.o di tutti gli atomi = 0 (composto neutro)
- la somma dei n.d.o di tutti gli atomi = carica (ione poliatom.)
- il n.d.o. è 0 in tutte le sostanze elementari (Na, C, O 2, Cl2, P4, S8)
- il n.d.o.(O) è –2, tranne che nei perossidi (–1) e se legato al F(+2)
- il n.d.o. di ione monoatomico = carica ione
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- il n.d.o.(H) è +1, tranne che nei negli idruri (–1)


REDOX: l’atomo che acquista elettroni si riduce ed è un agente ossidante, l’atomo che li cede si ossida ed è
un agente riducente. Per ogni specie che si ossida ce ne deve essere una che si riduce (che acquista gli
elettroni ceduti dalla prima).
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TERMODINAMICA
Lo stato del sistema è la situazione energetica in cui il sistema si trva e dipende da variabili come la
pressione, temperatura, volume, numero di moli e composizione chimica. Esso dipende da funzioni di stato
(non dipende dal percorso fatto per passare da uno stato 1 ad uno stato 2) e funzioni non di stato (dipende dal
percorso).
Vi sono 3 tipi di sistemi, aperto (scambia energia e materia), chiuso (scambia energia ma non materia) e
isolato (non scambia né energia ne materia).
LAVORO è una variabile termodinamica e può essere meccanico o elettrico. Nei sistemi chimici il lavoro
elettrico è quasi sempre trascurabile mentre quello meccanico no.
La formula del lavoro meccanico si ottiene fondendo le equazioni di P e V di un cilindro al varare
dell’altezza: P = F/A; V1 =A h1; V2=Ah2; ∆V= V2 – V1= A (h2-h1)
P ∆V = F (h2 - h1) = L (=FΔS)
Per convenzione: Se L viene fatto dal sistema sull’ambiente: L < 0; Se L viene fatto dall’ambiente sul
sistema: L > 0. Dipende dal percorso fatto quindi non è una funzione di stato.
CALORE q, considerato una variabile termodinamica, non è una funzione di stato, è l’energia scambiata tra
il sistema e l’ambiente a due diverse temperature. Se q viene ceduto dal sistema all’ambiente q < 0; se q
viene acquisito dal sistema: q > 0.
L’ENERGIA INTERNA di un sistema E o U, è una funzione di stato, è la somma di tutte le energie delle
particelle (cinetica, energia di legame intra- e inter-molecolare). Passando da uno stato 1 ad uno stato 2, ∆E =
E2 - E1; Se l’energia di un sistema aumenta: ∆E > 0, Se l’energia di un sistema diminuisce: ∆E < 0.
PRIMA LEGGE DELLA TEMODINAMICA
“L’Energia non può essere distrutta, né creata, ma solo convertita da una forma all’altra.” Se il sistema è
isolato non ci può essere variazione di energia interna. In un sistema non isolato ci può essere variazione di
energia, ovvero scambio di energia con l’esterno, essa equivale alla somma di calore q e lavoro L. ΔE=q+L
(il + deriva dalla convenzione del lavoro >< di 0)
In una reazione o trasformazione ISOCORA (ΔV=0) L=PΔV=0 e di conseguenza la variazione di energia
diventa ΔE=q.
ENTALPIA H=E+PV ΔH=ΔE+ΔPV, ΔPV non è uguale a P ΔV quindi non si tratta del lavoro.
Nelle reazioni o trasformazioni ISOBARE (ΔP=0) ΔH=ΔE+PΔV in questo caso è uguale al lavoro e di
conseguenza ΔH=q+ L+ PΔV. Se L è fatto dal sistema contro la P esterna e costante L=-PΔV, quindi
ΔH=q+L-L, ΔH=q
Nelle trasformazioni sia ISOCORE che ISOBARE ∆E = ∆H = q
CLASSIFICAZIONE SECONDO ΔENTALPIA, ∆H<0 esotermica, ∆H>0 endotermica. Ci fornisce solo
informazioni sugli scambi di calore di una reazione e non sulla spontaneità di una reazione (solo se è favorita
<0 o sfavorita >0 da un punto di vista entalpico). ∆H° variazione di entalpia in condizioni standard (25°C e 1
atm).
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TERMOCHIMICA. Braca della termodinamica chimica che misura l’energia scambiata da una reazione con
l’ambiente attraverso un calorimetro. La reazione va fatta avvenire a T e P costante in uno strumento che
misuri il calore assorbito o ceduto dal sistema. 1 Kcal=4.186 J
Per definizione l’entalpia nelle sostanze allo stato elementare e nel loro stato stabile è 0. La variazione di
entalpia di formazione di una mola di sostanza a partire da sostanze elementari e in condizioni standard è
detta entalpia standard di formazione ΔH°f.
LEGGE DI HESS “il calore q di una reazione a P costante è lo stesso sia che avvenga in uno stadio che in
più stadi”. Permette di determinare con il calcolo di reazione non misurabili sperimentalmente, cioè le
variazioni di entalpia di una reazione che non può avvenire direttamente. È possibile conoscendo le
variazioni di entalpia di razioni correlabili con la reazioni in questione.

Sommiamo le prime due reazioni e sottraiamo la terza; facciamo poi lo stesso con le ΔH°f trovate.
C+ O2+2 H 2 +O2−CH 4−2O2 →CO 2+ 2 H 2 O−CO 2−2 H 2 O

C+ 2 H 2−C H 4 →/¿

C+ 2 H 2 →C H 4

ΔH°f= -94.05+(-136.6) - (-212.76) =-94.05-136.6+212.76= -17.86 Kcal/mole


SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA
“in un sistema isolato l’entropia non può diminuire nel tempo” (può rimanere uguale o aumentare).
dS
Entropia S è u indice del disordine nel mondo macroscopico e microscopico. ≥0 ; Lo stato solido, liquido
dt
e gassoso hanno rispettivamente entropia bassa, intermedia e alta. L’entropia aumenta in H 2+Cl2 2HCl.
∆S = Qrev / Tcost (Tcost = temperatura costante e Qrev = calore scambiato reversibilmente, non fa variare la
temperatura del sistema e rimane quindi “nascosto”. Tale calore fa tuttavia variare l’entropia del sistema).
Reazioni esoentropiche ∆S < 0; reazioni endoentropiche ∆S > 0; ∆S°: ∆S in condizioni standard (25 °C, 1
atm). Non fornisce informazioni riguardo il grado di spontaneità della reazione, ci dice solo se è favorita >0
(verso maggiore disordine) o sfavorita <0 dal punto di vista entropico.
ENERGIA LIBERA DI GIBBS G
Parametro più importante e definitivo sulla spontaneità della reazione ed è la variazione di entalpia e
entropia: ∆G = ∆H – T∆S. In questa formula ∆H e T∆S (Qrev) rappresentano rispettivamente q scambiato
irreversibilmente e reversibilmente in una reazione. ∆G combina quindi entrambi i fattori energetici che
governano le reazioni. Tiene conto di fattori energetici entalpici e entropici, sia quando la reazione è
reversibile sia quando è irreversibile.
Quando ∆G>0 la reazione è sfavorita, non spontanea, endoergonica; quando ∆G<0 la reazione è favorita,
spontanea, esoergonica. ∆G°: variazione di energia libera di Gibbs in condizioni standard (25 °C, 1 atm)
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VELOCITA’ DI REAZIONE
Daa una reazione generica: aA + bB cC + dD
v = –(1/a) d[A]/dt = –(1/b) d[B]/dt
v = (1/c) d[C]/dt = (1/d) d[D]/dt
la velocità non viene espressa come lo spazio percorso in un determinato tempo. Nella reazione non avviene
alcuno spostamento, quindi si guarda la variazione della concentrazione molare nel tempo. La derivata della
concentrazione molare nel tempo. La velocità per definizione è positiva e la concentrazione dei reagenti
diminuisce nel tempo, di conseguenza troviamo un – a bilanciare questo aspetto. In tutte le equazioni
troviamo il reciproco dei coefficienti stechiometrico, che permettono di rendere le velocità di essere uguali
(espresse secondo qualsiasi reagente o prodotto), essi sono coefficienti di normalizzazione.

N2O5 ⇄ 2NO2 + ½ O2
v = –d[N2O5]/dt
v = ½ d[NO2]/dt
v = 2 d[O2]/dt
EQUAZIONE di VELOCITA’; la velocità dipende solo dai reagenti e non dai prodotti:
Data una reazione generica:
aA +bB cC + dD
v = k [A]n [B]m
k = costante di velocità (può essere definita la velocità di reazione quando A e B sono hanno la
concentrazione di 1 molare, è diverso da reazione a reazione, è una costante che riguarda solo una reazione
specifica); n = ordine della reazione rispetto al reagente A; m = ordine della reazione rispetto al reagente B;
m + n = ordine della reazione complessiva. N e m non sono coefficienti stechiometrici, possono esse uguali
ad essi solo in alcuni casi, essi possono essere anche uguali a 0. L’ordine di reazione n e m può essere
determinato solo sperimentalmente.

N2O5⇄ 2NO2 + ½ O2
v = –d[N2O5] /dt (definizione)= k [N2O5] (equazione di velocità)

la velocità istantanea è la tangente al grafico della molarità nel tempo in quel punto. La velocità è massima
all’inizio e va ma mano diminuendo (guardando il grafico del reagente N 2O5). Se facciamo il grafico della
velocità nel tempo si ottiene un grafico simile, che diminuisce esponenzialmente nel tempo.
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L’ordine di reazione m, n, m+n fornisce indicazioni sul meccanismo di reazione. Non posso sapere i loro
valori senza andare in laboratorio, una volta scoperti, mi da informazioni sul numero di step, la velocità di
essi, …
LA COSTANTE K, dipende dall’equazione di Arrhenius. k = A e (–Ea/RT) (A = fattore pre-esponenziale
(costante); e= numero di Nepero; Ea = Energia di attivazione (costante); T = temperatura (K); R = costante
universale dei gas). I valori di A e Ea sono costanti in una stessa reazione ma variano da reazione a reazione.
K della stessa reazione varia al variare della temperatura, infatti se T aumenta k aumenta, e viceversa, in tutte
le reazioni (per accelerare una reazione si può aumentare la temperatura). N reazioni diverse hanno n valori
diverse di k, anche alla stessa temperatura; k varia da 10 -10 (lentissime, secolari) a 109 (talmente veloci da
poter essere esplosive), ben 19 ordini di grandezza diversa, Ea varia moltissimo.
TEORIA DELLE COLLISIONI-URTI, è “basilare”, la reazione da cui si parte è di tipo: A2 + B2⇄ 2AB; le
molecole devono urtare con energia cinetica sufficiente e orientamento corretto per poter dar luogo ai
prodotti. La trattazione algebrica parte da una semplificazione dell’equazione di velocità ovvero: si prende
[A2] = [B2] = 1 M di conseguenza v = k. La velocità o k dipende da Z, frequenza di urti totali, efficaci e non
efficaci, e dipende da m, v, e T; e da P, probabilità che si formino rodotti, che dipende dalla distribuzione di
Maxwell-Bolzmann:
P = e–Ea/RT; (Ea è l’energia cinetica minima richiesta)

Se tutti gli urti con Ec ≥ Ea fossero davvero efficaci:


v = Z e-Ea/RT
In realtà v = Z S e-Ea/RT ; (S è il fattore sterico, inserito per l’orientamento)
E di conseguenza k= Z S e-Ea/RT; equazione che ricorda quella di Arrhenius. La teoria degli urti parte da una
teoria non dimostrata e attraverso una trattazione teorica e matematica arriva ad un’equazione che ci
permette di dare una spiegazione alle costanti dell’equazioni di Arrhenius: A=Z*S (frequenza degli
urti*fattore stenico); Ea energia cinetica minima richiesta= Ea energia di attivazione. Tra i limiti della teoria
degli urti abbiamo: S è difficile da calcolare su basi teoriche ed ha un significato fumoso. Valida per reazioni
in fase gassosa, ma non per reazioni in soluzione dove la frequenza degli urti Z è difficile da calcolare.
Per superare questi limiti è stata formulata la TEORIA DEL COMPLESSO ATTIVATO.
Si concentra sul complesso attivato, una specie transiente primo di legami covalenti, in cui quelli vecchi si
stanno rompendo e quelli nuovi si stanno creando, di conseguenza non è stabile, energia molto alta. I
reagenti per diventare prodotti devono quindi aumentare di energia, raggiungere il complesso attivato (contro
energia) per poi finalmente scendere a energia minore di quella iniziale. È il punto più bassa energia da cui la
reazione deve passare (pur essendo molto bassa).

ΔG‡= energia complesso attivato- energia reagenti: energia libera di Gibbs double-dugger.
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A seguito di una trattazione chimica si arriva ad un’equazione: anch’essa da spiegazioni su costanti


dell’equazioni di Arrhenius e soprattutto della teoria degli urti, con parametri fisici precisi.
k = k‡ e ΔS‡/R e —ΔH‡/RT
A à k‡ e ΔS‡/R
Il fattore pre-esponenziale A è correlato alla frequenza vibrazionale del complesso attivato (k‡) e all’entropia
di attivazione (ΔS‡). Ea à ΔH‡
L’energia di attivazione Ea equivale all’entalpia di attivazione (ΔH‡).
12
ACCELERAZIONE DI UNA REAZIONE può avvenire per mezzo della temperatura o di catalisi.
All’aumentare di T aumenta k e di conseguenza la velocità della reazione aumenta e viceversa. Cambia la
distribuzione di Maxwell-Boltzmann delle energie cinetiche, aumenta il valore di G dei reagenti e la
distribuzione delle loro molecole.
Il catalizzatore non è né un reagente né un prodotto, abbassa l’energia di attivazione, senza cambiare la
distribuzione delle molecole, esso fa aumentare il valore di k (legge di Arrhenius). Non cambia energia di
reagenti o prodotti ma solo quella del complesso attivato, diminuisce il ΔG‡.
LEGGE DI AZIONE DI MASSA, costante di equilibrio di una reazione.
All’inizio di una reazione generica abbiamo solo reagenti, alla fine della reazione, se essa è reversibile
(doppia freccia), possiamo avere una coesistenza si reagenti e prodotti (reazione incompleta); se essa è
irreversibile (una sola freccia), troviamo solo i prodotti (reazione completa o quantitativa).

aA + bB ⇄ cC + dD
la costante di equilibrio della reazione K eq (KC) si calcola tenendo conto delle concentrazioni finali
(all’equilibrio) di reagenti e prodotti:
c d
[C ] [ D ]
K eq = a b
[ A] [B]
La LEGGE DI AZIONE DI MASSA si instaura perché la v della reazione diretta (da reagenti a prodotti) è
simile alla v della reazione inversa (da prodotti a reagenti).
La Keq di una reazione non dipende da:
- [A]0 e [B]0
- [A]0 / [B]0
- [C]0 e [D]0 (che possono essere = 0 ma anche diverso da 0)
In fase gassosa la costante viene espressa in termini di pressioni parziali dei componenti.
c d
[ PC ] [ P D ]
K P= a b
[ PA ] [ PB]
Per convertire le due costanti di equilibrio della reazione si possono utilizzare due equazioni:
KP = (RT) Δn KC, oppure KC = (RT) —Δn KP; Dove Δn = (c+d) -(a+b)
L’unità di misura è complicata e variabile a seconda di Δn, infatti è spesso trascurata (per K C è (mol dm—3)Δn
e per KP è (atm)Δn
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LEGGE DI AZIONE DI MASSA IN FASE ETEROGENEA


Nelle reazioni in fase eterogenea i componenti solidi o liquidi indisciolti vengono esclusi dall’espressione
della Keq in quanto la loro concentrazione è indefinibile e non varia nel corso della reazione.
moli direagente che hanno reagito
Gradi di dissociazione: α = ; varia da 0 a 1.
molti di reagente iniziali
0
Relazione tra Δ G ( variazione di energia libera∈condizioni standard )=−RT∗ln ( K eq )
0
− ΔG
K eq =e RT
; reaz .irreversibile ΔG0 ≪ 0 e K eq ≫1 ; reaz . reversibile ΔG0 ≈ 0 e K eq ≈ 1 ; r .imposs .energeticamente Δ
13
PRINCIPIO DI LE CHATELIER
Un sistema in equilibrio sottoposto ad una perturbazione reagirà minimizzando l’effetto di essa e portando il
sistema ad un nuovo equilibrio. Data una reazione generica (aA + bB = cC + dD);
Se la perturbazione interessa la concentrazione di reagenti o prodotti avremo che:
Se aumenta la [A] o [B] à l’equilibrio si sposta producendo altri prodotti;
Se diminuisce la [A] o [B] à l’equilibrio si sposta producendo altri reagenti;
Se la aumenta [C] o [D] à l’equilibrio si sposta producendo altri reagenti;
Se diminuisce la [C] o [D] à l’equilibrio si sposta producendo altri prodotti;
La stessa cosa vale se la perturbazione interessa reazioni in fase gassosa e le pressioni parziali:
Se Ptot aumenta: se (c+d) < (a+b) l’equilibrio si sposta producendo altri prodotti; se (c+d) > (a+b)
l’equilibrio si sposta producendo altri reagenti. Se diminuisco la Ptot si ha una situazione opposta.
Se la perturbazione interessa la temperatura si ha una risposta diversa a seconda che la reazione diretta sia
endotermica o esotermica, (la reazione inversa è sempre opposta a quella diretta).
Se T aumenta e se ΔH > 0 l’equilibrio si sposta producendo altri prodotti; se invece ΔH < 0 l’equilibrio si
sposta producendo altri reagenti. Se diminuisce T si ha una situazione opposta
I casi di variazioni di P e T fanno variare anche Keq
ln Knew = ln Kold - (ΔH°/R) (1/Tnew – 1/Told)
dove Knew e Kold sono le Keq dopo e prima la variazione di T
Tnew e Told sono le T dopo e prima la variazione di T
Composto di coordinazione è formato da un metallo di transizione centrale allo stato ionico che forma un
numero di legami covalenti dativi sigma (polari), maggiore del suo n.d.o. con altrettante molecole chelanti.
Sono molecole molto importanti in biochimica. La geometria è secondo VSEPR (nel caso del Ni(NH3)6 2+,
l’ibridazione è d2sp3, e forma 6 legami covalenti tra Ni e i 6 atomi di N).
Il numero di coordinazione è uguale al numero di legami covalenti (i legami covalenti sono detti anche
legami di coordinazione).
La reazione di formazione dei composti di coordinazione ha una loro propria costante di equilibrio: nel caso
del …
I principali leganti sono H2O, OH—, NH3, CN—, X— (alogenuro), CO, composti di chim. Organica.
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La nomenclatura vede per prima la molecola chelante con lil prefisso che indica la quantità di molecole, poi
l’atomo centrale e infine, tra parentesi in numero romani il numero di cariche positive.
EQUILIBRIO ACIDO BASE
Dissociazione dell’acqua pura (priva di Sali minerali): quando due molecole di acqua reagiscono tra loro si
ha la formazione di un ossidrile, OH -(che ha perso uno ione idrogeno), ha molecola che lo acquista invece
diventa H3O+ (ione idronio). Questa reazione ha una costante di equilibrio, a differenza di altre reazioni però,
infatti la concentrazione dei reagenti, dell’acqua, rimane pressoché invariata, data la minima parte di
molecole che si dissocia, questa concentrazione è pari a 55M. Di può quindi moltiplicare la costante di
equilibrio per la concentrazione di acqua e si ottiene una nuova costante, detta prodotto ionico dell’acqua
2
K w =K eq∗[ H 2 O ] =1∗10
−14
. (la concentrazione di acqua è elevata alla seconda perché ai reagenti troviamo
due molecole di acqua che reagiscono tra loro). Ha un valore molto basso, vuol dire quindi che è molto
spostata verso i reagenti, quindi si dissociano pochissime molecole in ioni. Il prodotto ionico dell’acqua è
pari al prodotto tra la concentrazione di ioni ossidrili e ioni idronio; in soluzioni neutre le concentrazioni di
questi due ioni sono uguali tra loro e per questo si può dire che K w =¿ ¿; di conseguenza ¿. In soluzioni
+ ¿¿
acide la concentrazione di H 3 O è più alta, di conseguenza, dato che il loro prodotto deve dare 10−14 , la
concentrazione di OH −¿¿sarà più bassa (in modo proporzionale); viceversa per le soluzioni basiche in cui è
−¿¿
lo ione OH ad essere più presente. I valori di ¿ oscillano tra 0 e 10−14 , di conseguenza è stato introdotto il
pH, definito come −log ¿; analogamente pOH =−log ¿

pH+pOH=14
il pH del sangue è leggermente basico, 7.4
teoria di Arrhenius, l’acido è una sostanza che manda ioni H+ in soluzione, mentre la base manda ioni Oh- in
soluzioni
Bronsted e Lowry (separatamente ma contemporaneamente), l’acido è una sostanza in grado di cedere ioni
H, è un donatore di protoni, una sostanza a cui può essere strappato uno ione H. la base è una sostanza in
grado di acquistare ioni H, quindi un accettore di protoni, una sostanza che può strappare ioni H ad un acido.
Secondo Lewis, le basi hanno la stessa definizione che hanno in Bronsted e Lowry. Gli acidi invece sono
posso essere di quattro tipologie: cationi, sostanze che non hanno ancora l’ottetto, sostanze che possono
espandere l’ottetto, sostanze polarizzabili in chimica organica. Con Lewis si spiegano tutti quegli acidi che
pur non contenendo atomi di H, fanno aumentare la concentrazione dello ione H se disciolti in soluzione;
(sostanza che per Bronsted e Lowry non sarebbero acidi).
Considereremo solo quella di Bronsted e Lowry, più semplice e rigorosa.
+ ¿¿
−¿+ H3 O ¿
HA + H 2 O⇄ A
−¿¿
+¿+OH ¿
B+ H 2 O ⇄ HB
L’acqua è una sostanza anfotera, può comportarsi sia da acido che da base, può quindi sia accettare che
cedere elettroni a seconda che reagisca con una sostanza più acida o più basica di lei. La sostanza che si
ottiene dopo che l’acido ha ceduto il protone è detta base coniugata, analogamente la sostanza che si ottiene
dopo che una base ha acquistato un protone è detta acido coniugato.
Nella reazione di dissociazione di un acido in acqua si ha una costante di equilibrio, anche in questo caso al
denominatore troviamo la concentrazione di acqua che possiamo moltiplicare per la costante di equilibrio
data la sua invariabilità, otteniamo cosi la costante di dissociazione acida Ka. Esprima la tendenza di un
acido a dissociarsi e esprime la forza di un acido. K a =¿ ¿
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Analogamente per le basi K b =¿ ¿; esprime anch’essa la tendenza della base a dissociarsi, direttamente
proporzionale alla forza di una base.
Prodotto tra costante di un acido e della sua base coniugata: Ka * Kb = KW = 10–14
Di conseguenza tanto più forte è un acido tanto più debole sarà la sua base coniugata e viceversa. Se un acido
è molto forte, la sua Ka sarà molto maggiore di 1, di conseguenza la Kb è molto minore di 10 -14; non è
nemmeno importante quantificarla, dato che si sa che la reazione sarà irreversibile e i reagenti si consumano
completamente. La base coniugata di un acido forte è così debole da non essere una base, ha un
comportamento basico cosi debole da essere considerato neutro.
La costante di equilibrio di una reazione tra un acido e una base (non la sua coniugata) equivale a: Keq = (Ka *
Kb) / KW; la costante di tali reazioni è sempre molto alta.
13
5 PRINCIPALI CATEGORIE DI BASI
IDROSSIDI BASICI, sono composti ionici X(OH)n, X è uno ione metallico positivo, sono sostanze neutre
quindi n=numero di cariche positive del metallo. Danno in acqua reazioni di dissoluzione come fossero sali,
sono a tutti gli effetti basi, liberano ioni OH -. Alcuni esempi sono idrossido di sodio NaOH Na++OH-,
idrossido di potassio KOH, idrossido di magnesio Mg(OH) 2Mg2++2OH-, idrossido di bario Ba(OH)2. Sono
basi forti quindi generalmente si consumano completamente. Nella nomenclatura non si inseriscono prefissi
a indicare il numero di ioni OH presenti, perché si sa già dal gruppo del metallo, quindi dalla sua carica.
OSSIDI BASICI, XnOm composti ionici, formati da uno o più ioni metallici X, recante ciascuno una o più
cariche positive e da uno o più ioni ossido O 2-. Anche in questo caso n e m dipendono dalla carica del
metallo in modo da avere una sostanza neutra. Sono basi perché lo ione ossido è uno ione basico, in grado di
accettare un protone H+ per diventare uno ione idrossido. Ossido di sodio Na 2O+H2O 2 Na+ + 2 OH-
l’ossido acquista uno ione idrogeno a formare OH - (O2-+ H+) e l’acqua perde uno ione idrogeno a formare
OH-; ossido di magnesio MgO; Al2O3+3H2O2Al3++6OH-. Gli ossidi sono basi forti il nome è sempre
ossido di “metallo”, senza specificare il numero di ioni OH presenti.
IDRURI BASICI, XHn composti ionici formati da uno ione metallico con una o più cariche positive e lo ione
idruro H-. n dipende sempre dal numero di cariche dello ione metallo, le proprietà basiche sono date dallo
ione idruro che è in grado di accettare un protone da una molecola di acqua per dare una molecola di
idrogeno biatomica e uno ione idrossido. Il nome è idruro di “metallo”, sempre senza specificare altro.
NaH+H2O Na++H2+OH-; KH; MgH2+2H2OMg2++2H2+2OH-; CaH2; AlH3+3H2OAl3++3H2+3OH-
AMMINE E AMMONIACA, sono basi organiche caratterizzate da un atomo di azoto legato covalentemente
a 3 atomi di carbonio e idrogeno. Se si tratta di 1 C e 2 H è detta primaria (RNH 2), con 2C e 1 H è secondaria
(R2NH) e terziaria quando è legata a 3 C e 0 H (R 3N). l’ammoniaca è un’ammina in chimica organica, hanno
tutti un doppietto di non legame, libero di creare legami con l’idrogeno (lo acquista dall’acqua), di
conseguenza sono basi. Sono basi deboli e hanno la costante basiche molto piccole (10 -5, 10-4, 10-3, …).
NH3+H2ONH4++OH-; RNH2+H20 RNH3++OH-; R2NH+H2O R2NH2++OH-; R3N+H2O R3NH++OH-
BASE CONIUGATE DI ACIDI DEBOLI, la loro forza è inversamente proporzionale alla forza acida degli
acidi di partenza, reagiscono accettando uno ione idrogeno da una molecola di acqua per dare l’acido di
partenza e uno ione idrossido. Sono basi deboli, non hanno mai una costante maggiore di 1. La nomenclatura
è più complessa. Si trovano accompagnati a ioni positivi in forma di Sali, in quanto sono basi con cariche
negative. Bisogna svolgere prima la reazione di dissoluzione del sale in acqua a dare gli ioni costituenti e poi
far reagire lo ione negativo e proseguire con il calcolo. Lo ione metallico non ha proprietà acido base. F -
+H2OHF+OH-; ClO-+H2OHClO+OH-; NO2+H2O HNO2+OH-; S2-+H2OHS-+OH-
CATEGORIE DI ACIDI
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IDRACIDI sono sostanze molecolari formate da un atomo non metallico del VI o VII gruppo, alogeni, legati
covalentemente a atomi di H. hanno formula generica H nX; in acqua cedono gli idrogeni sotto forma di ioni
positivi, per generare la base coniugata corrispondente e lo ione H 3O+. in alcuni casi cedono uno solo ione, in
altri cedono più di uno ione. Il nome di questi acidi è “non metallo” -idrico. Possono essere sia forti si deboli,
varia.
OSSIACIDI, sono sostanze molecolari formate da un atomo non metallico e uno o più atomi di O e H, sono
composti ternari. Il non metallo è legato covalentemente legato a atomi di O che a loro volta lega atomi di H.
eccezioni sono H3PO3 un H legato al fosforo direttamente e gli altri due all’O e H3PO2 due dei tre H legati
direttamente al fosforo (gli atomi di H legati direttamente a P non vengono mai ceduti). H nXOm, m e n sono
complessi da determinare; in acqua esso cede il suo o i suoi atomi di H sotto forma di ioni per generare la
base coniugata e lo ione H3O+. la forza è variabile.
ANIDRIDI sono sostanze molecolari formate da uno o più atomi non metallici e uno o più atomi di O. hanno
formula generica XnOm, quando vengono messe in acqua acquistano molecole di acqua per trasformarsi
nell’ossiacido corrispondente (quello dove il non metallo ha lo stesso numero di ossidazione). Il nome è
molto simile a quello dell’ossiacido e anche la loro forza è legata. Sono acidi anche se non contengono
idrogeni.
IONE AMMONIO, acido coniugato di una base debole, è anch’esso debole è uno ione mono positivo e
spesso quindi si trova accompagnato da uno ione negativo a formare un sale. È in grado di cedere uno ione
idrogeno ad una molecola di acqua.
ACIDI CARBOSSILICI sono composti molecolari organici caratterizzati dal gruppo COOH.
Il nome termina sempre in -ato

 
Esistono infine degli acidi particolari quali:
Acido cianidrico (HCN) che è simile agli idracidi pur avendo due non-metalli anziché uno;
Acido Manganico (H2MnO4) è simile agli ossiacidi pur avendo un metallo anziché un non-metallo;
Acido Permanganico (HMnO4) è simile agli ossiacidi pur avendo un metallo anziché un non-metallo;
Acido fosforico (H3PO4) nessuna particolarità
Acido fosforoso (H3PO3) cede solo due atomi di idrogeno
Acido ipofosforso (H3PO2) cede solo un atomo di idrogeno
ACIDI POLIPROTICI possono cedere più di uno ione idrogeno. Essi vanno incontro a più di una reazione di
dissociazione, ognuna caratterizzata da una diversa costante di equilibrio (costante di prima, seconda, …
dissociazione). Nel caso dell’acido fosforico si va incontro a tre diverse reazioni:
I: H3PO4+H2O H2PO4-+H3O+; Ka1 = 7.2 *10—3
II: H2PO4-+ H2O HPO42-+ H3O+; Ka2 = 6.3 *10—8
III: HPO42-+ H2O PO43-+ H3O+; Ka3 = 4.0 *10—13
La costante acida va man mano diminuendo perché diventa più difficile strappare lo ione idrogeno dalla
molecola. Se la costante di prima e seconda dissociazione differiscono di più di tre ordini di grandezza
(ovvero la prima reazione avviene in quantità molto maggiori rispetto alla seconda) allora la seconda
dissociazione si può non considerare. Per questo motivo la terza dissociazione è sempre trascurabile.
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BASI POLIACIDE possono accettare più di ione idrogeno


CO32—+ H2OHCO3— + OH— ; Kb1 = 2.2 * 10—8
HCO3— + H2O  H2CO3 + OH—; Kb2 = 4.0 *10—11
SOSTANZE ANOFTERE derivano da dissociazioni incomplete di acidi, e possono comportarsi sia da acidic
he da basi, possono tornare indietro riacquistando l’idrogeno o completare la dissociazione perdendo un altro
idrogeno. La sostanza in acqua reagisce sia da base che da acido neutralizzando gli ioni OH- e H3O+ di essa.
HCO3— + H2O  CO32— + H3O+
HCO3— + H2O  H2CO3 + OH—
Reazione di neutralizzazione:H3O+ + OH—  H2O
La risoluzione dell’equilibrio porta alla risoluzione di un’equazione a tre incognite. In casi particolari (se le
varie K sono piccole (<10-2) e la CM iniziale della sostanza anfotera non è bassissima (>0.001 M)) essa può
essere semplificata: ¿ ¿
SOLUZIONI TAMPO, il suo pH non viene modificato dall’aggiunta di piccole quantità di basi o acidi
deboli, è costituita da un acido o base debole e dalla sua base o acido coniugata. CH 3COOH/CH3COO- (acido
acetico e acetato). Piccole quantità di base rigenerano la base coniugata e viceversa per lì’acido. I due
componenti reagendo acidi o base forti, impediscono formazione di ioni idrogeno o di ioni ossidrili. Per
crearla si può inserire un acido debole con la sua base coniugata, e viceversa con la base debole; oppure un
acido debole e una base forte (CH 3COOH e NaOH) e viceversa una base debole e in difetto un acido forte
(NH3 e HCl).
Per determinare il pH di una soluzione tampone possiamo utilizzare due diversi approcci:

¿
pH= p K a + log¿ ¿

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