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Modello atomico della materia

Modello elettronico dell’atomo


Modello del legame chimico
TEORIA ATOMICA

La materia è continua solo su scala


macroscopica.
Per mettere in evidenza alcune proprietà
fondamentali della materia si deve
assumere un modello discontinuo, si deve
cioè ammettere che essa sia costituita da
particelle elementari, ma appare continua
alla nostra percezione visiva.

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La materia per quel riguarda l ’ aspetto chimico è
costituita da:
ATOMI E MOLECOLE

Chiaramente non ci possiamo accontentare di una


descrizione qualitativa. Occorre, quindi precisare il
modello di atomo che andiamo a considerare.

Per esempio non possiamo discutere delle proprietà


chimiche e fisiche dell ’ acido cloridrico senza una
ragionevole ipotesi su:

- come sono costituiti gli atomi di idrogeno e cloro


- come sono legati nella molecola tali atomi
- quali particolarità presenta la molecola rispetto agli
atomi costituenti
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Modello di Thomson

Il campo elettrico applicato perpendicolarmente era in grado di deviare


i raggi catodici, portando sostegno all’ipotesi della loro natura
corpuscolare. Con il suo esperimento, Thomson chiarì che i raggi
catodici erano particelle cariche negativamente (elettroni) e riuscì a
misurare il rapporto carica/massa.
I raggi catodici avevano la stessa natura indipendentemente dal gas
utilizzato.
APPARECCHIO DI MILLIKAN
Quando la velocità di caduta diventa costante vuol dire che la forza peso è uguale
alla forza di attrito con l’aria 4/3 πr3g(d-d0) = 6πηrv. Misurando v e conoscendo
d, possiamo determinare r.
A questo punto possiamo applicare un campo elettrico che ferma la goccia:
eE = 4/3 πr3g(d-d0). Conoscendo E ed r è possibile determinare e.
Furono trovati per e multipli interi di uno stesso valore 1.59x10-19 C e si dedusse
che questa doveva essere la carica dell’elettrone (valore attuale 1.6021773x10-19 C)

Il termine elettrone era stato coniato da Stoney nel 1881 per indicare l’unità
Fondamentale della carica elettrica e si riteneva non avesse massa
Esperimento di Rutherford
Schermo fluorescente
di solfuro di zinco
Particelle deviate

Particelle riflesse

Sorgente radioattiva

Lamina d’oro
Raggio di particelle alfa

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ESPERIMENTO DI RUTHERFORD
La maggior parte delle particelle α passava indisturbata mentre alcune venivano deflesse
o, addirittura rimbalzavano indietro. Questo fatto era del tutto inatteso considerate le
dimensioni, la massa e la velocità delle particelle α e la densità della massa calcolata
dal rapporto massa/volume.
L’unica spiegazione plausibile era che la massa dell’oro fosse concentrata in particelle
molto piccole di carica positiva. Rutherford stimò una carica di 100±20 (valore vero 79)
e un diametro di 10-14 m (valore reale 7.7x10-15 m)

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Modello di Rutherford
Rutherford evidenzia l’esistenza del nucleo dell’atomo

Il raggio di un atomo è
dell'ordine di 1 Å

Il nucleo ha un raggio
di 10-5 Å
ESPERIMENTO DI MOSELEY
L’ipotesi di Rutherford fu confermata dal lavoro di Moseley il quale trovò una relazione
lineare tra la radice quadrata della frequenza dei raggi X (ν) emessi dagli elementi sotto
bombardamento elettronico ed il numero atomico Z.

√ν

ν = a x (Z - b)2 dove a e b sono uguali per tutti


gli atomi

Van der Broek osservò che la carica trasportata da uno ione positivo è sempre un
multiplo intero della carica presente nel nucleo dell’idrogeno, pertanto Z è anche il
numero di cariche positive elementari (protoni). Il neutrone fù scoperto da Chadwick
(1932), ha massa simile al protone ma non ha carica. Protoni e neutroni vengono
indicati collettivamente come nucleoni (la loro somma dà il numero di massa A)
Comportamento elettrone secondo la fisica
classica

Per la fisica classica l’elettrone, particella carica, ruotando attorno


al nucleo deve cedere energia e quindi alla fine collassare sul
nucleo
Onde e particelle: la luce e
l’elettrone
Caratteristiche di un’onda elettromagnetica

E’ costituita dall’insieme di un campo elettrico (E) e di un campo


magnetico (H) oscillanti su piani ortogonali, che procedono nel vuoto
alla velocità, c, di 3·108 m/s (300.000 km/s).
Le oscillazioni definiscono un certo numero di cicli al secondo (quanti
treni d’onda passano per una sezione dentro un certo tempo),
ovvero una frequenza, ν.
Essa è caratterizzata da una lunghezza d’onda, λ, definita come la
distanza fra un picco e quello successivo, che è inversamente
proporzionale alla frequenza (λν = c ovvero λ = c/ν ) .
L ’ ampiezza è l ’ altezza (massima) dell ’ onda rispetto all ’ asse
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centrale. Il quadrato dell’ampiezza determina l’intensità.
L ’ insieme delle radiazioni
elettromagnetiche alle diverse
lunghezze d ’ onda costituisce
lo spettro elettromagnetico.

I nostri occhi percepiscono


solo le radiazioni di lunghezza
d’onda tra 700 nm (rosso) e
400 nm (violetto), ovvero lo
spettro visibile.
La luce bianca è una “miscela”
di tutte le lunghezze d ’ onda
dello spettro visibile

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Alla fine dell'ottocento la cosiddetta Fisica Classica aveva
raggiunto una sintesi invidiabile. Le leggi fondamentali del
movimento (il moto ondulatorio ed il moto dei corpi) erano
praticamente note.
Il moto ondulatorio era caratterizzato dalla lunghezza d'onda
(o dalla frequenza) e si distingueva per il fenomeno
dell'interferenza.

Le particelle possedevano, invece, una massa, una


posizione, una velocità, un momento (il prodotto m·v) ed
obbedivano ovviamente alle leggi del moto di Newton.
I due tipi di moto erano chiaramente distinti.
Sulla natura della luce c'erano i sostenitori della teoria di
Huygens, che credeva che la luce fosse meglio
rappresentata da un fenomeno ondulatorio e quelli della
teoria di Newton, che invece affermava che essa fosse un
fenomeno di natura corpuscolare. 15
Con l’esperimento di Young sulla diffrazione della luce, la controversia
sembrava essersi risolta in favore della natura ondulatoria della luce.

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Uno dei primi esperimenti, che ha messo in crisi la conclusione
precedente (e quindi parecchie delle conclusioni della Fisica
Classica), è lo studio delle radiazioni emesse dal corpo nero, così
come in seguito si scoprì l'effetto fotoelettrico le cui proprietà non
potevano assolutamente essere spiegate considerando la natura
ondulatoria della luce.

In che cosa consiste l'esperienza sulle radiazioni emesse dal corpo


nero?
Tutti i corpi all'equilibrio termico perdono calore sotto forma di
energia luminosa (cioè di radiazione elettromagnetica) con uno
varietà di colori caratteristica della temperatura alla quale si trova il
corpo. La distribuzione delle frequenze emesse dipenderà oltre che
dalla temperatura anche dal tipo di materiale e dalla sua
composizione.

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Quando si somministra calore ad un corpo un gruppo di
atomi aumenta proporzionalmente le sue vibrazioni
(significato delle capacità termiche molari), ma tornando
allo stato iniziale (equilibrio termico) riemette tutto il
calore assunto in precedenza sotto forma di energia
luminosa.

Per esempio il corpo umano emette radiazioni


principalmente nell'infrarosso (e quindi, non visibili ad
occhio nudo) e questo permette al buio di individuare
una persona facendo uso di rivelatori di radiazione
infrarossa.
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I fisici hanno immaginato un corpo ideale, chiamato corpo nero, che è
capace di assorbire ed emettere tutte le radiazioni.

Se riscaldiamo un metallo esso diventa prima rosso (incandescenza), ma


aumentando ancora la temperatura diviene giallo e poi bianco (cioè
emette luce bianca). La luce emessa si va spostando verso frequenze
sempre più elevate, man mano che la temperature sale.
Poiché con il corpo nero si vuole eliminare la dipendenza dal tipo di
materiale, lo spettro di emissione dipenderà solo dalla temperatura. Il
massimo nello spettro è legato alla temperatura dalla legge di Wien (T·λmax
= cost.). Per esempio, nel sole la cui λmax è di circa 500 nm (500 x 10-9 m =
5 x10-7 m), la temperatura è circa 5880 K. Per la terra la cui temperatura
media è 288 K, la λmax è circa 10 μm (10-5 m), cade cioè nell’infrarosso e la
maggior parte della radiazione viene assorbita da CO2 e H2Ovap (effetto
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serra).
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Max Planck risolse il disaccordo tra teoria ed esperimento,
assumendo un altro punto di vista. Non tutte le energie potevano
essere emesse dagli atomi alla superficie del solido riscaldato (in
contrasto col fatto che all'equilibrio termico tutti gli atomi
avrebbero dovuto emettere con la stessa frequenza), ma solo
quelle che soddisfacevano alla relazione E = nhν (n numero intero)
e, quindi, hν, 2hν, 3hν, 4hν, e così via.

Se n può assumere solo valori interi, allora l'energia emessa non è


continua (ipotesi quantistica) e l'oscillatore emette energia solo se
si ha variazione nel valore di n: n→n+1 o da n+1→n. Il perché nello
spettro fossero meno presenti le radiazioni ad alta energia fu
spiegato da Planck assumendo una distribuzione delle energie
secondo la legge di Boltzmann P = e-nhν/kT, così la possibilità di
trovare radiazioni di elevata intensità ad alte frequenze è molto
scarsa.
Costante di Planck
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h = 6.626 x 10-34 J s
Effetto fotoelettrico

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Finora abbiamo trattato la luce come composta da onde. In certe
condizioni è possibile descrivere la luce come se fosse composta da
particelle dette fotoni (appunto effetto fotoelettrico). Ogni fotone di luce
possiede una quantità (quanto) di energia.
La quantità di energia posseduta da un fotone dipende dalla frequenza
della radiazione elettromagnetica (ipotesi di Plank):

E = hν

Einstein applicò il principio di conservazione dell'energia all'effetto


fotoelettrico

Per rimuovere un elettrone dalla superficie di un metallo è necessaria


energia, così come è necessaria energia per estrarre un elettrone da un
atomo.
Ma allora la luce è un’onda o un corpuscolo????
Restano valide entrambe le teorie e per la prima volta
siamo costretti ad introdurre un nuovo concetto,
quello di doppia natura della luce. Vedremo che tutto
questo, piuttosto che essere un limite si rivelerà
fecondo dal punto di vista scientifico.
Sotto determinate condizioni la luce può essere quindi

Corpuscolo (quanti di luce o fotoni)


o
Onda

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Lo spettro della luce bianca (visibile) è
uno spettro policromatico (contiene
tutte le radiazioni elettromagnetiche
con lunghezze d’onda comprese nella
regione del visibile), mentre quello
emesso da campioni di diversi
elementi è un tipico spettro a righe.
Una teoria fisica deva essere capace
di elaborare un modello che renda
conto di questa diversità e deve
potere dare risposta alle seguenti
domande:
1. Perché gli spettri di emissione di un
atomo sono a righe?
2. E’ possibile calcolare le frequenze
delle righe emesse?

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Gli spettri a righe: sono generati da gas monoatomici portati
ad temperature elevate, o sottoposti alla scarica di un arco
elettrico (sotto riportati gli spettri dell’idrogeno, del mercurio
e del neon).
La luce emessa non è quella policromatica della luce bianca
del sole, ma la radiazione emessa è caratterizzata solo da
alcune righe presenti a ben precise lunghezze d’onda.

Ci sono ovviamente spettri molto più complessi, in cui il


numero di righe aumenta paurosamente. 30
Spettro di emissione del ferro Che tipo di modello
atomico occorre allora
considerare?

Spettro di emissione dell’azoto

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Modello di Bohr
Nel 1913 Bohr sviluppa un modello partendo
da:
Modello di Rutherford + teoria quantistica
sviluppata da Planck-Einstein

Secondo Bohr occorre imporre una condizione di equilibrio tra


forza centripeta e l’attrazione elettrostatica nucleo-elettrone.
v

me
r
2 2
me v e
Fc = Fel = −k 2
r r mn

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Il moto dell’elettrone è il risultato dell’equilibrio tra
forza centripeta e forza di attrazione elettrostatica

Fc = -Fel

v2 Ze 2
m = (1)
r 4πε o r 2

Energia dell’elettrone (en. cinetica + en. potenziale elettrica):

1 2 Ze 2
E = mv − (2)
2 4πε o r
2
Da (1), semplificando r, si ricava: Ze (3)
mv 2 =
4πε o r

Che sostituita nella (2) porta alla seguente equazione :

2 2 2
1 Ze Ze 1 Ze
E= − =− (4)
2 4πε o r 4πε o r 2 4πε o r
Condizione di quantizzazione del momento angolare:

h
L = mvr = n (5) Con n= 1,2,3,…

h = 6,63 ⋅ 10 −34
J ⋅s Costante di Planck

L’elettrone che ruota attorno al nucleo avrà un certo momento


angolare, quantità che è data dal prodotto della quantità di moto
(mv) per la distanza della particella dal centro di riferimento (r).
L’idea di Bohr è che l’elettrone non assuma qualsiasi valore del
momento angolare, ma solo valori ben definiti, multipli interi della
costante di Planck.
2 2 2
h n h
Elevando al quadrato la (5): m2v2r 2 = n2 2
mv =
4π 2 4π 2 mr 2

che sostituita nella (3):

2 2
n h εo (6) Raggi orbite permesse!
rn = 2
πmZe

Es.: Z=1, n=1 si ottiene r1=5.29·10-11 m raggio di Bohr


Sostituendo la (6) nella (4):

mZ 2 e 4 1 dove: me 4 −18
En = − 2 2 2 2 2
= 2 ,
18 ⋅ 10 J = 13,6 eV
8ε o h n 8ε o h

quindi:

Z2 Energia dell’elettrone
En = −13.6 2 eV (7) vincolato al nucleo
n

Dalla quantizzazione del momento angolare derivano


la quantizzazione di r e di E
Seconda conseguenza del modello di Bohr:
quando un elettrone passa da uno stato eccitato allo stato
fondamentale l’energia viene emessa sotto forma di
pacchetti o quanti:

E2 − E1 = hν (8)

Frequenza e lunghezza d’onda dell’energia emessa


dall’atomo quantizzate

Questo permetteva di spiegare la formazione delle righe spettrali

L’atomo assorbe energia per quantità discrete


Condizioni di Bohr

§ l’elettrone in un atomo può occupare soltanto alcuni


stati (stazionari) ad una energia ben definita;
§ quando l’atomo è in uno di questi stati non emette
energia tranne che l ’ elettrone passi da uno stato
stazionario ad un altro;
§ in ognuno di questi stati l’elettrone si muove in orbite
circolari attorno al nucleo;
§ gli stati di energia permessi sono quelli in cui il
momento angolare dell’elettrone è un multiplo intero
di h/2π (ħ)

39
Ry
42
Ry
32
Ry
22

Ry
12
Bohr fece l’assunzione che i) l’elettrone possa percorrere
soltanto orbite di un determinato raggio e di una data energia,
ii) passando da un’orbita all’altra emette od assorbe energia,
iii) la differenza di energia sia uguale a quella del fotone (hν)
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Alcune critiche al modello atomico di Bohr

• Non dava ragione del gran numero di righe che si ottenevano


nel caso di atomi contenenti più elettroni.

• Il miglioramento della risoluzione negli spettroscopi, mise in


evidenza che in taluni casi le linee non erano singole, ma veri
e propri doppietti: 5892 Å 5890 Å
5896 Å

• Lo spettro di emissione si complicava notevolmente quando si


applicava un campo magnetico.
• La condizione di quantizzazione era imposta e non
derivata dalle proprietà della materia.

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