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La struttura

atomica

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Introduzione

Il comportamento della materia a livello sub-atomico non può essere spiegato con le

leggi della meccanica classica, ma bisogna tener conto della natura particellare della

materia e della natura ondulatoria dell’energia: la maggior parte delle nostre

conoscenze sulla struttura degli atomi e delle molecole proviene da esperimenti in cui ci

sono interazioni tra la materia e la luce!

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Natura ondulatoria della luce
La luce è una forma di radiazione elettromagnetica costituita dall’insieme di un campo
elettrico e di un campo magnetico oscillanti (cioè varianti nel tempo), che procedono nel
vuoto alla velocità di 3∙108 m.s-1 (indicata con c).
L’onda luminosa è caratterizzata da:
-> Frequenza: è il numero di eventi che si ripetono nell’unità di tempo. Si indica con ν e si
misura in Hertz (Hz), cioè [s-1].
-> Ampiezza: è l’altezza dell’onda rispetto all’asse orizzontale centrale, e si indica con a.
-> Lunghezza d’onda: è la distanza tra un picco e quello successivo, e si indica con λ.
-> Intensità: è il quadrato dell’ampiezza.
𝑐
Vale la relazione: λ = ν

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Lo Spettro Elettromagnetico
Le onde dello spettro
elettromagnetico si propagano tutte
alla stessa velocità nel vuoto, ma
differiscono per frequenza e lunghezza
d’onda.
Ad esempio i nostri occhi percepiscono
la radiazione elettromagnetica di
lunghezza d’onda compresa tra 400 e
750 nm, detta luce visibile.
La luce di una singola lunghezza d’onda
è detta monocromatica, invece la luce
bianca è policromatica.

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Luce Monocromatica e
Policromatica
Un laser emette un raggio di luce estremamente
focalizzato in un intervallo di lunghezze d’onda
molto ristretto. La direzione di propagazione del
raggio laser può essere variata inserendo
opportunamente degli specchi lungo la sua
traiettoria.

Quando la luce bianca passa attraverso un prisma, viene


rifratta nei raggi di vari colori che la compongono, perché
ogni lunghezza d’onda è rifratta di un angolo diverso.

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La duplice natura della luce

Tre fenomeni non erano spiegabili ai fisici all’inizio del XX:

1- La radiazione del corpo nero

2- L’effetto fotoelettrico

3- Gli spettri atomici a righe

Questo è dovuto al fatto che certe proprietà della luce sono tipiche di una natura

ondulatoria (rifrazione, diffrazione,…) mentre altre (quelle elencate sopra) sono

unicamente riconducibili a una natura particellare.

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La radiazione del corpo nero
Un indizio importante in merito alla natura della radiazione elettromagnetica discende
dall’osservazione degli oggetti sottoposti a riscaldamento prossimo a 1000 K:
-> riscaldate a temperature elevate, un oggetto brilla sempre di più secondo il fenomeno di
incandescenza.
-> l’oggetto caldo è noto come corpo nero, nome che indica che non privilegia nessuna lunghezza
d’onda nelle sue azioni di assorbimento ed emissione.
-> un corpo nero assorbe ed emette (radiazione di corpo nero) in un’ampia gamma di radiazioni
perché gli atomi e i loro elettroni mostrano un comportamento collettivo, in cui c’è sovrapposizione
tra le energie di numerosi fenomeni.
-> inoltre, sperimentalmente si osserva che, con l’aumentare della temperatura, il massimo
dell’intensità della radiazione emessa si sposta verso lunghezze d’onda minori.

La teoria elettromagnetica non fu in grado di spiegare queste osservazioni


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Planck

Max Planck avanzò la rivoluzionaria ipotesi che l’energia dei singoli oscillatori

elementari (atomi) non fosse una grandezza continua, ma discreta e che fosse il

multiplo di un certo valore elementare non divisibile hν, dove h è la costante di Planck e

vale 6,626∙10-34 J.s e ν è la frequenza (s-1).

𝑬 = 𝒉ν

La quantità elementare di energia è detta quanto e la sua teoria è la teoria dei quanti.

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La quantizzazione dell’energia
Prova sperimentale della distribuzione di Planck della radiazione del corpo
nero. I punti rappresentano i dati sperimentali ottenuti a T =1646 K. La
curva continua rappresenta la distribuzione teorica calcolata con un valore
h = 6,63∙10-34 J.s. L’accordo tra i dati sperimentali e la teoria è perfetta, il
che dimostrò la validità della teoria di Planck e permise di determinare il
valore ignoto del parametro h.

Un oscillatore che segue la meccanica classica presenta valori continui


di energia e può acquistare o perdere energia in quantità arbitraria

Un oscillatore descritto dal postulato di Planck presenta livelli discreti di


energia e può acquistare o perdere energia solo in quantità e = 3hν
e = 2hν
e = hν
corrispondenti alla differenza tra due livelli energetici. e=0

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L’effetto fotoelettrico
Se l’atomo in oscillazione cede all’ambiente un’energia E, si produrrà una radiazione di frequenza
𝐸
ν = . Ciò era in contrasto con la fisica classica, per la quale un oscillatore poteva oscillare con

qualsiasi energia.

Ulteriori informazioni furono raccolte studiando l’effetto fotoelettrico,


cioè l’emissione di elettroni da parte di un metallo la cui superficie sia
esposta a radiazione ultravioletta.
Si osservò che:
-> per una frequenza ν<ν0 anche se molto intensa, non vengono emessi
elettroni. Per una frequenza ν>ν0 vengono emessi elettroni con
un’energia cinetica tanto più grande quanto maggiore è la frequenza ν. ν0
viene detta frequenza critica ed è caratteristica di ogni metallo.
Ciò contrasta con la teoria ondulatoria che associa l’energia della luce alla sua intensità.
-> Assenza di ritardo temporale, gli elettroni vengono emessi immediatamente,
indipendentemente dall’intensità, anche questo si oppone alla teoria ondulatoria.
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Einstein
Albert Einstein provò a spiegare tali osservazioni mutando profondamente il concetto
di campo elettromagnetico. Propose che la radiazione fosse costituita da particelle
(fotoni, di massa nulla), ciascuna delle quali considerabile come un pacchetto di
energia correlabile con frequenza della radiazione.
-> ad esempio un fotone di luce ultravioletta è più energico di un fotone di luce visibile.
-> si ricordi inoltre che ‘’intensità’’ si riferisce al numero di fotoni presenti mentre
‘’energia’’ indica il valore E di ogni fotone.
Ricapitolando:
-> Urtando il metallo, ogni fotone cede la sua energia ad un elettrone del metallo.
-> Se l’energia è maggiore del lavoro necessario ad estrarre
l’elettrone, si ha effetto fotoelettrico e l’elettrone viene emesso con
un’energia cinetica pari a 𝑬 = 𝒎𝝂𝟐 = 𝒉𝝂 − 𝒉𝝂𝟎 .

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Einstein

La teoria quantistica di Planck e la teoria fotonica di Einstein assegnavano all’energia

proprietà fino ad allora riservate alla materia: quantità fissa e particelle discrete. Ciò fu

essenziale per spiegare le interazioni tra materia ed energia a livello atomico. Tuttavia,

il modello particellare non si sostituisce al modello ondulatorio della luce; al contrario

vanno accettati entrambi per comprendere la realtà.

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Gli spettri atomici

Un’altra osservazione essenziale del XIX secolo riguardò la luce emessa da un elemento
quando questo è vaporizzato e poi eccitato termicamente/elettricamente.
-> Ad esempio, quando una corrente elettrica attraversa un campione di H2 a bassa
pressione, questo emette luce. H2 di per se non può condurre l’elettricità, ma un
campo elettrico intenso strappa elettroni dalle sue molecole, che spezzano per
formare un plasma (un insieme di elettroni e ioni globalmente neutro) di ioni H+ ed
elettroni che conducono la corrente. Quasi immediatamente, ioni ed elettroni si legano
di nuovo per formare atomi di idrogeno H energeticamente eccitati che tornano al loro
stato normale (non eccitato), emettendo radiazione elettromagnetica per poi
ricombinarsi formando nuovamente molecole di H2.

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Gli spettri atomici

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Gli spettri atomici

Facendo passare luce bianca attraverso un


prisma si ottiene uno spettro luminoso
continuo perché la luce bianca consiste in
tutte le lunghezze d’onda della radiazione
visibile.

Invece, se per il prisma passa la luce emessa dagli atomi di idrogeno eccitati, si constata
che la radiazione è costituita da un certo numero di componenti o righe spettrali.
La riga più brillante è rossa (656 nm), seguita da altre lunghezze d’onda nel campo
ultravioletto e infrarosso.
-> ciò costituisce lo spettro di emissione di H.

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Gli spettri atomici

Lo spettro di emissione di atomi o molecole viene misurato facendo passare la luce emessa da un
campione eccitato attraverso un prisma per separarne le diverse lunghezze d’onda. L’immagine viene
poi registrata su una lastra fotografica o con un altro rilevatore

Nella spettroscopia di assorbimento, la luce bianca emanata da una sorgente passa attraverso il
campione non eccitato, che assorbe la luce ad alcuno lunghezze d’onda discrete. Lo spettro è costituito
da righe scure su uno spettro altrimenti continuo.
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Gli spettri atomici
Quando un gas rarefatto (esempio gas di atomi di H) viene eccitato (per riscaldamento, con una
scarica elettrica) si ottiene uno spettro a righe, non uno spettro continuo, poiché gli atomi del gas
possono emettere solo radiazioni di frequenza definita che dipendono dal tipo di elemento che le
emette.

Nel 1885, Joseph Balmer riconobbe un andamento regolare delle righe nella regione del visibile. In
seguito, Johannes Rydberg produsse un’espressione in grado di riprodurre la frequenza delle righe
spettrali:

1 1 1
= 𝑅𝐻 −
λ𝑣𝑎𝑐 𝑛12 𝑛22
λ𝑣𝑎𝑐 : lunghezza d’onda di una riga nel vuoto
n1 e n2: numeri interi positivi con n1<n2
RH: costante di Rydberg = 1,096776∙107 m-1
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Gli spettri atomici

1 1 1
= 𝑅𝐻 −
λ𝑣𝑎𝑐 𝑛12 𝑛22
λ𝑣𝑎𝑐 : lunghezza d’onda di una riga nel vuoto
n1 e n2: numeri interi positivi con n1<n2
RH: costante di Rydberg = 1,096776∙107 m-1
A seguito di questa formulazione, si parla di:
-> serie di Balmer: l’insieme delle righe nella regione del visibile, per cui n1 =2.
-> serie di Lyman: l’insieme delle righe nella regione dell’ultravioletto, per cui n1 = 1.
-> serie di Paschen: l’insieme delle righe nella regione dell’infrarosso per cui n1 = 3.

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Gli spettri atomici
La presenza di righe spettrali in uno spettro di emissione,
suggerisce che l’energia di un elettrone all’interno di un
atomo sia limitata a una serie di valori discreti, detti livelli
energetici, e che la riga sia la rappresentazione di una
transizione, cioè un cambiamento di stato tra due livelli
energetici consentiti.
La differenza di energia tra due livelli è pari a quella
(caratteristica) della radiazione elettromagnetica emessa
dall’atomo.
Il fatto che si osservino righe spettrali distinte suggerisce
che, nell’atomo, un elettrone possa avere solo certe energie. Ogni riga = 1 transizione
elettronica

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Modello di Bohr dell’atomo di
idrogeno
Il modello atomico di Bohr tiene conto della quantizzazione dell’energia e la applica al
modello nucleare dell’atomo di Rutherford.
Postulati di Bohr:
1- L’elettrone descrive orbite circolari intorno al nucleo;
2- All’elettrone che si muove intorno al nucleo sono permesse solo alcuni stati stazionari
(immutabili nel tempo) cioè orbite a cui corrisponde un valore definito di Energia:

𝒏𝒉
𝑬= (𝒏 = 𝟏, 𝟐, 𝟑, 𝟒, … )
𝟐𝝅
3- l’elettrone non irradia energia quando si trova in un’orbita permessa, ma solo se passa
da un’orbita più esterna ad una più interna permessa e la frequenza della radiazione
emessa (quanto) sotto forma di fotoni è uguale a:
𝑬𝟐 −𝑬𝟏
𝝂= 𝒄𝒐𝒏 𝑬𝟐 > 𝑬𝟏
𝒉
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Modello di Bohr dell’atomo di
idrogeno
-> L’orbita ad energia più bassa è lo stato fondamentale, corrisponde a n = 1 e ha un raggio pari a 53
pm detto raggio di Bohr. Se l’elettrone è in un’orbita superiore alla prima è in uno stato eccitato.
-> L’atomo compie una transizione in un altro stato stazionario (cioè l’elettrone si trasferisce su
un’altra orbita) soltanto assorbendo o emettendo un fotone la cui energia è uguale alla differenza di
energia fra i due stati.
-> Si genera una riga spettrale quando viene emesso un fotone dall’elettrone che passa da uno stato
ad energia maggiore (E2) ad uno di energia minore (E1).

Nel modello di Bohr, il numero quantico n = 1,2,3,4…


è associato al raggio dell’orbita dell’elettrone e quindi
alla sua energia: minore è il valore di n, minore è il
raggio, minore è l’energia dell’orbita.

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Modello di Bohr dell’atomo di
idrogeno
Il modello di Bohr spiega gli spettri a righe
dell’idrogeno. Quando un campione di
atomi di idrogeno gassoso è eccitato, atomi
differenti assorbono quantità differenti di
energia. Ciascun atomo ha un solo
elettrone, ma sono presenti così tanti atomi
che statisticamente tutti i livelli energetici
(tutte le orbite) sono popolati di elettroni.
Le serie infrarossa, visibile e ultravioletta si
generano quando l’elettrone cade nelle
orbite con n uguale a 3, 2 e 1,
rispettivamente.
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Limiti del modello di Bohr

Questo modello ha però i suoi limiti:

-> è adatto solo all’H e agli atomi idrogenoidi”, con Z > 1 e monoelettronici He+, Li2+…,

non adatto agli atomi plurielettronici perché non prende in considerazione le addizionali

attrazioni tra nucleo ed elettroni e repulsioni interelettroniche.

-> in realtà non esistono “orbite fisse”.

-> Inoltre, il modello non da nessuna informazione sull’intensità delle righe, nessun

criterio razionale per ripartire gli elettroni nelle loro orbite, nessuna giustificazione del

mancato irraggiamento da parte degli elettroni costretti a ruotare attorno al nucleo.

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Dualismo onda-particella

Abbiamo visto che l’energia ha duplice natura: ondulatoria e particellare (fotoni).

-> la materia è costituita da particelle: avrà anche essa natura ondulatoria?

Ipotesi di De Broglie

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L’ipotesi di De Broglie
Nel 1924 Louis de Broglie ipotizzò che se l’energia è di natura particellare allora forse anche la
materia può avere una natura ondulatoria:
Eq. Plank E = hν (1)
Eq. Einstein E = mc2 (2)
Eguagliando la (1) e la (2)
hν = mc2 (3)
Poiché ν= c/λ:
mc2 = hc/λ (4)
λ= h/mc
Ad una particella di massa m che viaggi alla velocità v (quantità di moto mv), può essere associata
una lunghezza d’onda (di de Broglie):
λ = h/mv
Esplicitando il denominatore come momento lineare (quantità di moto) p, si ottiene la relazione di
De Broglie:
λ = h/p
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Dualismo onda-particella
Se le particelle si muovessero di moto ondulatorio gli elettroni dovrebbero presentare
diffrazione e interferenza.

Di fatto un elettrone in moto ha λ ≈ 10-10 m e quindi gli spazi tra un atomo e l’altro in un
cristallo funzionerebbero da perfette fenditure.
Nel 1927, Clinton Davisson e Lester Germer spararono elettroni a velocità ridotta contro
un bersaglio di nichel cristallino.

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Esperimento di Davisson e
Germer

Venne misurata la dipendenza dall'angolo di incidenza dell'elettrone riflesso, e si


determinò che aveva lo stesso pattern di diffrazione dei raggi X, così come previsto da
William Henry Bragg.
Pertanto, se un elettrone (particella avente massa) è in grado di dare diffrazione come se
fosse un’onda, è possibile affermare la natura ondulatorio della materia.
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Dualismo onda-particella

Il cerchio su cui aveva proceduto la comprensione della materia e dell’energia si era

chiuso: ogni caratteristica utilizzata per definire l’una, definiva ora anche l’altra. La verità

è che sia la materia che l’energia presentano entrambi i comportamenti, ma a seconda

degli esperimenti se ne osserva l’uno o l’altro. La distinzione tra una particella e un’onda

è significativa solo nel mondo macroscopico, e non in quello atomico. Questo carattere

duale della materia e dell’energia è noto come dualismo onda-particella.

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Dualismo onda-particella

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Principio di indeterminazione di
Heisenberg
In meccanica classica, ogni particella segue
una traiettoria definita, cioè con posizione
e momento lineare noti istante per istante.
Al contrario, non si può specificare l’esatta
localizzazione di una particella che si
comporta come un’onda (ad es: un’onda si
distribuisce su una corda di chitarra senza
localizzarsi in un punto preciso).

Il dualismo onda-particella implica quindi che l’elettrone dell’atomo di idrogeno non possa essere
descritto come una particella orbitante attorno al nucleo secondo una traiettoria definita
Inoltre, tanto più esattamente si conoscerà la posizione, tanto meno esattamente si conoscerà la
quantità di moto (e viceversa). Questo è un aspetto della complementarietà della posizione e del
momento.
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Principio di indeterminazione di
Heisenberg
Nel 1927 Werner Heisenberg formulò il principio di indeterminazione in termini

quantitativi: ove si conosca la posizione di una particella con incertezza pari a ∆𝑥, il

valore di p (quantità di moto) parallelo all’asse 𝑥 si può conoscere solo con un’incertezza

∆𝑝, dove ∆𝑝 = 𝑚∆v.

E vale la relazione:

𝒉
𝒎∆𝐯 ∙ ∆𝒙 ≥
𝟒𝝅

Se ∆𝑥 è molto grande allora ∆𝑝 è molto piccolo, e viceversa.

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Cambiamo punto di vista…

-> il modello di Bohr, basato sulla meccanica classica, non descrive in modo
soddisfacente atomi multielettronici e non permette di spiegare la formazione dei legami
chimici.
-> Louis de Broglie (1924) propone una nuova teoria: ogni particella in movimento si
comporta come un’onda, come la radiazione luminosa. La lunghezza d’onda dell’onda di
materia (detta ‘’onda di fase’’) è data da:
λ = h/mv (E = mc2, c = v = λν, E = hν)
h costante di Planck
mv quantità di moto della particella
-> la meccanica ondulatoria introduce la nozione di probabilità di presenza invece di
localizzazione

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Meccanica ondulatoria
-> Il concetto di onda associata ad un elettrone non permette di assegnare a questa
particella una posizione esattamente determinata nello spazio.
-> Il principio di indeterminazione di Heisenberg (1927) stabilisce che la contemporanea
conoscenza della quantità di moto e della posizione di una particella comporta una certa
indeterminazione di queste grandezze.
-> Non si può assegnare agli elettroni un orbita definita, ma si può calcolare la probabilità
di trovare un elettrone in un certo punto dell’atomo (metodo di calcolo sul quale si
fonda la meccanica ondulatoria).
-> Si deve passare da orbite a orbitali. Come?
L’orbitale è una regione di spazio intorno al
nucleo, delimitata da una superficie,
all’interno della quale c’è il 90-95% di
probabilità di trovare l’elettrone.
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Meccanica ondulatoria
Esempi di onde stazionarie

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Schrödinger

L’accettazione della natura duale di materia ed energia e del principio di


indeterminazione è culminato nella meccanica quantistica, la quale esamina il moto
ondulatorio dei corpi su scala atomica.
Nel 1927, Erwin Schrödinger sostituì al
concetto di traiettoria quello di funzione
d’onda (Ψ) una funzione matematica del moto
della materia/onda associata all’elettrone in
termini di tempo e posizione.

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L’equazione di Schrödinger
L’equazione di Schrödinger (1927): è un’equazione differenziale la cui soluzione è una
funzione d’onda che permette di descrivere il moto di un determinato elettrone lungo le
tre coordinate, rispetto al nucleo posto all’origine.

Il primo membro dell’equazione di Schrödinger viene scritto comunemente H∙Ψ, dove H è


detto operatore hamiltoniano del sistema e rappresenta un insieme di operazioni
matematiche che, quando applicate su una particolare Ψ, dà uno stato energetico
permesso.
Pertanto, l’equazione assume la forma H∙Ψ = E∙Ψ e si usa per calcolare sia E che Ψ.

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L’equazione di Schrödinger

Ogni soluzione all’equazione (cioè ogni stato energetico dell’atomo) è associata ad una

data funzione d’onda detta anche orbitale atomico.

Nel modello quantomeccanico, il concetto di orbitale non ha nulla a che fare con il

concetto di orbita: l’orbita era una traiettoria che si supponeva fosse seguita

dall’elettrone, mentre l’orbitale è una funzione matematica priva di significato fisico.

Dirac dimostrò che Ψ2, sempre positivo, misura la probabilità di trovare l’elettrone in un

certo punto dello spazio, viene chiamato densità di probabilità elettronica.

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Numeri Quantici
Risolvendo l’equazione di Schrödinger per un atomo tridimensionale, si trova che per specificare
ciascuna funzione d’onda sono necessari tre parametri chiamati numeri quantici.
-> il numero quantico principale: n
• n determina l’energia dell’elettrone
• n è sempre intero e positivo (1, 2, 3, …∞ )
• Più alto è il valore di n, maggiore è l’energia dell’elettrone e maggiore è la sua distanza dal
nucleo.
-> il numero quantico secondario o angolare (azimutale): l
• l determina la forma geometrica della nuvola elettronica
• l è sempre intero, varia da 0 a (n-1).
-> il numero quantico magnetico: m.
• m determina l’orientazione degli orbitali l’uno rispetto all’altro
• m è sempre intero, varia da –l a +l.

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Orbitali
L’orbitale rappresenta uno spazio al di fuori del quale la probabilità di trovare l’elettrone è
trascurabile.
Livello Sottolivello
(guscio) (sottoguscio) Orbitale

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Orbitali
Gli stati energetici e gli orbitali dell’atomo sono descritti con termini specifici e associati a uno o più
numeri quantici:
-> Livello (guscio): è dato dal valore di n. Minore è il valore di n , minore è il livello energetico
dell’elettrone e maggiore è la probabilità che esso si trovi vicino al nucleo. Tutti gli orbitali di un dato
guscio posseggono la stessa energia, indipendentemente dal valore di l: si parla di orbitali degeneri.
-> Sottolivello (sottoguscio): i livelli atomici contengono sottolivelli che disegnano la forma
dell’orbitale, dettata dal valore di l:
• l = 0: sottolivello s
• l = 1: sottolivello p
• l = 2: sottolivello d
• l = 3: sottolivello f.
I nomi dei sottolivelli si ottengono abbinando il valore di n e la designazione letterale (es: per n = 2 e l
= 1 si ha il sotto livello 2p).
-> Orbitale: ciascuna combinazione permessa di n, l, m specifica uno degli orbitali atomici.

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Orbitale s
Ogni sottolivello dell’atomo di H corrisponde a orbitali con forme caratteristiche:
-> Orbitale s: ha forma sferica, con il nucleo nel centro.

-> L’elettrone dell’atomo di H nello stato


fondamentale si trova nell’orbitale 1s. La
densità elettronica è massima in
corrispondenza del nucleo, mentre la
distribuzione di probabilità radiale è
massima lievemente all’esterno del nucleo.
Entrambi i diagrammi scendono in modo
regolare all’aumentare della distanza.

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Orbitale s

L’orbitale 2s ha due regioni di densità


elettronica più alta, e la distribuzione di
probabilità radiale della regione più
lontana è più alta di quella della regione
più vicina perché la somma di tutte le ψ2
è estesa ad un volume maggiore. Tra le
due regioni esiste un nodo sferico e,
siccome l’orbitale 2s è più grande dell’1s,
un elettrone in questo orbitale trascorre
più tempo più lontano dal nucleo rispetto
a quando occupa l’orbitale 1s.

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Orbitale s
L’orbitale 3s ha tre regioni di densità
elettronica più alta e due nodi, e così
via.

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Orbitale p
L’orbitale p ha due regioni (lobi) di alta probabilità, da parti opposte rispetto al nucleo. Il
nucleo giace sul piano nodale di questo orbitale, e l’orbitale p a energia più bassa è il 2p.
L’elettrone trascorre lo stesso tempo in entrambi lobi. A differenza di un orbitale s, l’orbitale
p ha un orientamento specifico nello spazio dato dai tre possibili valori di m: essi si
riferiscono a tre orbitali p mutamente ortogonali, identici per dimensione, forma ed
energia, ma con diverso orientamento (e l’asse ortogonale su cui giacciono è indicata a
pedice del nome dell’orbitale).

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Orbitale p

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Orbitale d
L’orbitale d: essendoci cinque possibili valori di m, un orbitale d può avere cinque orientamenti
possibili. Quattro orbitali d hanno quattro lobi determinati da due piani nodali mutuamente
ortogonali con il nucleo situato nella
giunzione dei lobi. Tre di questi orbitali (dx, dy,
dz) giacciono nei piani mutuamente ortogonali
(xy, xz, yz), con i loro lobi tra gli assi. Un
quarto orbitale (dx2 −y2 ) giace anch’esso nel
piano xy, ma i suoi lobi sono diretti lungo gli
assi. Un quinto orbitale (dz2 ) presenta due
lobi che giacciono lungo l’asse z e una regione
di densità elettronica a forma di ciambella
(detta toroide) circonda il centro.

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Orbitale f

L’orbitale f: ne esistono 7, ciascuno con una forma complessa multilobata.

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Dimensioni relative
Rappresentazione degli orbitali dell’atomo di idrogeno

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Lo spin elettronico
Gli elettroni si comportano come se ruotassero intorno ad un asse passante per il loro
centro. Dato che gli elettroni possono ruotare solo in due direzioni, il numero quantico può
assumere solo due valori, +½ e –½, a volte indicati anche come ‘’spin su’’ e ‘’spin giù’’. Ogni
elettrone che ruota su se stesso produce un campo magnetico. Quando due elettroni
hanno spin opposto, l’attrazione dovuta ai loro opposti campi magnetici contribuisce a
compensare la forza repulsiva dovuta alle loro cariche uguali. Queste permette ai due
elettroni di occupare la stessa regione di spazio (orbitale).
Non è stato necessario introdurre il numero quantico di spin ms
finché abbiamo trattato solo l’atomo di idrogeno (1 elettrone).
Non è una proprietà dell’orbitale ma dell’elettrone. Quindi
ciascun elettrone è descritto completamente ed univocamente
da 4 numeri quantici: i primi 3 descrivono l’orbitale in cui si trova
e il quarto il suo spin.
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Disposizione degli elettroni
-> Il numero massimo di orbitali presenti in uno strato di numero quantico principale n è
n2.
-> Il numero massimo di elettroni permessi in un certo livello di energia è limitato e dato
da 2n2.
n = 1 popolazione massima = 2(1)2 = 2
n = 2 popolazione massima = 2(2)2 = 8
n = 3 popolazione massima = 2(3)2 = 18
n = 4 popolazione massima = 2(4)2 = 32
• Esempi (… come li avrebbe fatti Bohr!)

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Carica nucleare effettiva
ZEFF=(Z-S)
dove Z è il numero atomico e S è una costante di schermo, tanto
minore quanto più gli elettroni sono capaci di penetrare
vicino al nucleo.
Per il calcolo di S valgono le seguenti regole di Slater:

1. Elettroni che appartengono a gruppi superiori rispetto a quello occupato dall'elettrone in esame non
danno alcun contributo allo schermaggio.
2. Se l'elettrone in esame è in un orbitale ns o np, valgono le presenti considerazioni:
a. ogni altro elettrone del gruppo {ns,np} dà un contributo pari a 0,35 allo schermaggio, tranne per
il gruppo {1s} che contribuisce per 0,30;
b. ogni elettrone del guscio (n-1) dà un contributo pari a 0,85;
c. ogni elettrone del guscio (n-2) o inferiori dà un contributo pari a 1,00.
3. Se l'elettrone in esame è in un orbitale nd o nf, valgono le presenti considerazioni:
a. gli altri elettroni del gruppo {nd} o {nf} danno contributo pari a 0,35;
b. gli elettroni di tutti i gruppi sottostanti contribuiscono per 1,00.
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Energie degli orbitali: H

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Atomi polielettronici
Gli orbitali degli atomi con più di un elettrone possono essere ottenuti utilizzando la base di
orbitali calcolati per H e adattati al problema (interazione elettrone-elettrone)
Le caratteristiche degli orbitali si modificano perché:
-> diminuiscono i valori di Energia all’aumentare di Z
-> i sottolivelli di un livello n non hanno la stessa energia. L’energia dipende da l (s < p < d <
f).

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Livelli energetici di atomi
polielettronici

Il numero n non domina da solo il valore


del livello energetico:
E6s < E4f < E5d
E5s < E4d
E4s < E3d

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Regole per la costruzione delle
configurazioni elettroniche
Metodo Aufbau
Si riempiono progressivamente i vari orbitali partendo da
quelli a energie inferiori.
Principio di Pauli
Al massimo un orbitale ospita due elettroni, aventi spin
opposto.
Regola di Hund
Se più configurazioni sono possibili la più stabile sarà
quella a massima molteplicità di spin, ossia quella con il
maggior numero di elettroni spaiati.

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Configurazione elettronica
-> E’ l’indicazione di come gli elettroni di un dato atomo sono distribuiti nei vari orbitali nello stato
fondamentale.
-> L’ordine con cui gli elettroni occupano gli orbitali è tale da minimizzare l’energia dell’atomo (stato
fondamentale) per atomi isolati.
-> costruzione del diagramma degli orbitali: costituito da una casella per ciascun orbitale in un dato
livello energetico, con i livelli raggruppati per sottolivelli, e con una freccia che indica la presenza di un
elettrone e la direzione orientata del suo spin ( ↑ per + ½ e ↓ per – ½)

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Configurazione elettronica

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Configurazione elettronica

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Configurazione elettronica

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Configurazione elettronica

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Notazione di Lewis per gli
elettroni di valenza

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Relazione con la tavola
periodica
La tavola periodica degli elementi può essere divisa in blocchi a seconda del riempimento degli orbitali
di valenza

Si possono distinguere 3 categorie di elettroni:


Elettroni interni: quelli nel gas nobile precedente e in ogni serie di transizione completata. Riempiono i
livelli energetici inferiori di un atomo.
Elettroni esterni: quelli del livello energetico più alto (n più alto).
Elettroni di valenza: quelli che intervengono nella formazione dei composti. Negli elementi di
transizione a volte anche elettroni d interni sono da annoverarsi come di valenza. Gli elettroni di
valenza sono
Chimica pari
01: La al n°.atomica
struttura di colonna (gruppo).julia.amici@polito.it 62
Relazione con la tavola
periodica
Relazione tra ioni formati dagli elementi e il gas nobile più vicino.
-> Anioni monoatomici (es: Cl-, O2-)
Si utilizza il principio dell’Aufbau come per gli atomi neutri
-> Cationi monoatomici (es: K+, Ca2+)
Non sempre l’atomo perde l’elettrone aggiunti per ultimo
secondo l’Aufbau. Infatti, a causa della differente costante di
schermo dello ione rispetto all’atomo, può succedere che l’ordine
energetico degli orbitali del catione non sia più uguale a quello
dell’atomo neutro.

Si può ricavare una regola che, salvo alcune eccezioni, ha validità generale:
Dalla configurazione elettronica fondamentale dell’atomo neutro si tolgono gli elettroni necessari,
incominciando con quelli che hanno n maggiore e, a parità di n, quelli che hanno l maggiore
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