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Corrente Resistenza Resistività Conducibilità La legge di Ohm Trasformazioni di energia nei circuiti elettrici

Forza elettromotrice Calcolo della corrente Circuiti e leggi di Kirchoff


178. Gli elettroni in un conduttore, per esempio in un filo di rame, si muovono disordinata-
mente in tutte le direzioni e, statisticamente, attraverso una sezione qualsiasi del conduttore il
numero di elettroni che la passano in un verso è uguale a quello che la attraversano nell’altro:
quindi lungo un filo non vi è moto risultante di elettroni.
Se ai due capi di un filo conduttore si applica una differenza di potenziale in esso compare un
campo elettrico che mette in movimento gli elettroni ed insorge nel filo una corrente elettrica
i. Quando attraverso una qualsiasi sezione del filo conduttore, perpendicolare alla direzione
del filo stesso, passa nel tempo t la quantità di carica q si dice che esso è attraversato da una
corrente elettrica di intensità i = q/t dove i si misura in C ∙ s – 1 o, che è lo stesso ampere, A.
Dato che la corrente non è dovuta in ogni caso ad un movimento di elettroni (nelle soluzioni di
elettroliti e nei gas deriva da un flusso di ioni positivi e/o negativi) per convenzione si postula
che il verso della corrente, che si indica con una freccia, sia quello in cui si sposterebbero por-
tatori di carica positiva (i portatori di carica negativa, anioni ed elettroni si muoveranno allo-
ra nel verso contrario alla freccia).
* Un filo è percorso da una corrente di 25 mA. Qual’è il tempo necessario perchè esso sia at-
traversato da una carica di 125 mC.
𝒒
Dalla 𝒊 = 𝒕 si ha t = 125/25 = 5 s
179. Applicando la stessa differenza di potenziale ai due estremi di una serie di diversi condut-
tori si ottengono diverse intensità di corrente.
𝑽
Si definisce resistenza, R, di un conduttore il rapporto 𝑹 = 𝒊 in cui, se V è misurato in volt ed i
in ampere, R ha come unità di misura V ∙ A – 1 o, che è lo stessso, ohm, 𝛀.
Se applicando allo stesso conduttore diverse differenze di potenziale si ottengono valori di in-
𝑽
tensità di corrente tali che il rapporto 𝒊 = 𝑹 sia costante, si dice che il conduttore obbedisce
alla legge di Ohm (conduttore di prima specie). Graficamente si ha:
V
La pendenza della retta per l’origine è tanto maggiore quanto
maggiore la resistenza del conduttore.
La resistenza di un conduttore è legata alle sue caratteristiche
geometriche, alla temperatura ed alla natura della sostanza
che lo costituisce dalla:
𝒍
𝑹= 𝝆∙ i
𝑺
i S l

nella formula l è la lunghezza del conduttore, S la superficie della sua sezione perpendicolare
al flusso della corrente mentre 𝝆 è la resistività, che dipende dalla temperatura e dalla natura
della sostanza, e si misura in 𝛀 ∙ 𝒎.
* Applicando agli estremi di un conduttore una differenza di potenziale di 75 mV esso viene
percorso da una corrente di 15 mA. Calcolare la resistenza del conduttore.
𝑽
Dalla 𝒊 = 𝑹 si ha R = 75/15 = 5 𝛀.
180. Dato il circuito in figura, in cui circoli una corrente stazionaria i, il polo positivo della
. i

a i
i utilizzatore
+
- b
i i i
batteria si trova ad un potenziale più elevato del polo negativo e, quando una carica positiva
q si sposta dal punto a al punto b, essa acquista una quantità di energia data da q ∙ ∆Vab che
viene trasformata dall’utilizzatore in qualche altra forma di energia (chimica, meccanica, ter-
mica (effetto Joule)... : se la corrente è stazionaria i trasportatori di carica non vengono acce-
lerati). Nel tempo t l’energia trasformata dall’utilizzatore (accumulatore, motore, resistenza) è
pari ad U = i ∙ t ∙ ∆Vab e quindi la potenza P sarà data dalla:
𝑼 𝒒 ∙ ∆𝑽
𝑷= 𝒕
= 𝒕
= 𝒊 ∙ ∆𝑽 e, siccome ∆𝑽 = 𝒊 ∙ 𝑹, sarà anche
(∆𝑽)𝟐
𝑷 = 𝒊𝟐 ∙ 𝑹 = in cui la potenza, come già visto, si misura in J ∙ s – 1 = W.
𝑹
* La resistenza del filamento di una lampadina da 500 W è maggiore o minore di quella di una
lampadina da 100 W? Entrambe le lampadine sono progettate per una tensione di 110 V.
(∆𝑽)𝟐
Dalla 𝑷 = , dato che la tensione, ∆𝑽, è la stessa, ha potenza maggiore la lampadina a re-
𝑹
sistenza minore: R500 W = (110)2/500 = 24,2 𝛀 e R100 W = (110)2/100 = 121 𝛀.
* In una resistenza, quando è attraversata da una corrente di 3,0 ampere, si sviluppano 100
W. Qual è il valore della resistenza?
Dalla 𝑷 = 𝒊𝟐 ∙ 𝑹 si ha 100 = 9 R e R = 11,1 Ω.
181. Batterie e generatori elettrici sono dispositivi in grado di mantenere una differenza di po-
tenziale tra due punti cui siano collegati, sono cioè sorgenti di forza elettromotrice, f.e.m. (ε).

i a

Va

+ B R i
.- ε
i

La batteria sposta carica positiva dal suo terminale negativo a quello positivo compiendo un
lavoro pari a: L = ε ∙q Nella batteria energia chimica viene convertita in energia elettrica. In
generale in una sorgente di forza elettromotrice viene trasformato un tipo di energia in ener-
gia elettrica che viene quindi utilizzata convertendola in calore (effetto Joule) ed eventualmen-
te in altri tipi di energia (meccanica, chimica).
Indicando con Va il potenziale del punto a nella figura deve valere la:
Va – iR + ε = Va cioè ε = iR
il punto a può avere un solo valore di potenziale per definizione,
nella resistenza si ha una caduta di potenziale perché la carica positiva va da potenziale mag-
giore a potenziale minore,
nella sorgente di forza elettromotrice si ha un aumento di potenziale perché essa compie un
lavoro positivo sui trasportatori di carica positiva.
In quanto visto sopra si è utilizzata la proprietà che la somma delle differenze di potenziale in-
contrate in un completo attraversamento di un circuito deve essere nulla: 2a legge di Kirchoff
o teorema della maglia.

182. Due o più resistenze sono collegate in serie se esiste un solo cammino conduttore che le
attraversi: la corrente che le percorre è la stessa mentre ai capi di ciascuna c’è una diversa
differenza di potenziale.
a i
R1

𝜺 R2
R3 i

b i
Applicando il teorema della maglia al circuito, partendo dal punto b, e seguendo il verso della
corrente si ha: Vb + ε - iR1 – iR2 – iR3 = Vb da cui si ha ε = iR1 + iR2 + iR3 = i(R1 + R2 + R3) ma,
siccome ε = iR ne segue che la resistenza equivalente del circuito sarà R = R1 + R2 + R3.
183. Due o più resistenze sono invece collegate in parallelo se ai loro capi c’è la stessa
differenza di potenziale ma ognuna è attraversata da una corrente di intensità diversa.
a i

𝜺 i1 R1 i2 R2 i3 R3

b i
a
Per la 1 legge di Kirchoff (teorema del nodo) la somma algebrica delle correnti entranti ed u-
scenti da un nodo di un circuito deve essere nulla (che equivale ad affermare che la carica e-
lettrica si deve conservare. Quindi i = i1 + i2 + i3 .
Siccome ai capi di ogni resistenza la differenza di potenziale è la stessa, deve anche essere:
𝜺 𝜺 𝜺 𝜺
𝜺 = 𝒊𝟏 𝑹𝟏 = 𝒊𝟐 𝑹𝟐 = 𝒊𝟑 𝑹𝟑 cioè 𝑹 + 𝑹 + 𝑹 = 𝒊 = 𝑹 in cui R è la resistenza equivalente del si-
𝟏 𝟐 𝟑
𝟏 𝟏 𝟏 𝟏
stema di resistenze in parallelo; è immediato che 𝑹 + 𝑹 + 𝑹 = 𝑹.
𝟏 𝟐 𝟑
𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝑹𝟏 +𝑹𝟐 𝑹 𝑹
Nel caso di 2 resistenze in parallelo si ha 𝑹
= 𝑹 + 𝑹 da cui 𝑹 = e 𝑹 = 𝑹 𝟏+𝑹𝟐 .
𝟏 𝟐 𝑹𝟏 𝑹𝟐 𝟏 𝟐
* In un circuito costituito da elementi collegati in serie circola una corrente di 5 A. Se si inseri-
sce una resistenza addizionale di 2 Ω la corrente diminuisce a 4 A. Qual è la resistenza del cir-
cuito originale?
Sarà V = 5R e V = 4(R + 2) da cui 5R = 4R + 8 e R = 8 Ω.
* Si vuole realizzare una configurazione di 2 resistenze in parallelo la cui resistenza equivalen-
te sia di 0,5 Ohm. Se una delle 2 resistenze deve essere di 1 Ohm quale dovrà essere il valore
dell’altra?
𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏
Bisogna che 𝑹 = 𝑹 + 𝑹 = 𝟏 + 𝑹 = 𝟎,𝟓 = 𝟐 Quindi R2 = 1Ω.
𝟏 𝟐 𝟐

184. Due o più batterie disposte in serie corrispondono ad un’unica batteria la cui differenza
di potenziale è uguale alla somma algebrica delle differenze di potenziale delle singole batte-
rie: nel calcolare la somma va considerato se le batterie hanno verso concorde o meno.
Per esempio, per le configurazioni di seguito considerate:
VA 𝜺𝟏 𝜺𝟐 𝜺𝟑 VB VB – VA = 𝜺𝟏 + 𝜺𝟐 + 𝜺𝟑

VA 𝜺𝟏 𝜺𝟐 𝜺𝟑 VB VB – VA = 𝜺𝟏 − 𝜺𝟐 + 𝜺𝟑
Quiz da 179 a 184

1. La corrente elettrica è assunta arbitrariamente come un moto di cariche positive. In realtà


essa corrisponde ad un moto di:
A) elettroni
B) neutroni
C) neutrini
D) fotoni
E) nuclei degli atomi di cui è costituito il filamento
1. A. 178
2. Una batteria da automobile, una volta caricata, è in grado di fornire una carica elettrica
complessiva di 1.08 ⋅ 105 coulomb. Se è forzata ad erogare una corrente uniforme di 10
ampere quanta autonomia avrà?
A) 10 ore
B) 3 ore.
C) 2 ore
D) 108 minuti
E) Un minuto
2. B: i = Q/t sarà t = Q/i = 1,08 ∙ 105 /10 = 1,08 ∙ 10 4s = 1,08 ∙ 10 4/60 = 180 min = 3h. 178
3. L'intensita' di corrente elettrica in un filo conduttore:
A) e' il numero di cariche che attraversano una sezione del conduttore in un determinato tempo
B) dipende dalla differenza di potenziale agli estremi del filo.
C) e' il numero di elettroni che circola nel conduttore in un secondo
D) si misura in volt/secondo
E) si misura in coulomb ∙ secondo
3. B: i = V/R 179
4. Ai capi di una resistenza di 50 ohm si applica una differenza di potenziale di 100 V;
l'intensita' della corrente prodotta e':
A) 500 A
B) 2 A
C) 0,5 A
D) 150 A
E) 50 A
4. B: dato che i = V/R si ha i = 100/50 = 2 A. 179
5. Una resistenza di 2 Ohm è attraversata da una corrente e la potenza sviluppata è di 18 W.
Quanto vale la differenza di potenziale ai capi della resistenza?
A) 9 V
B) 6 V
C) 36 V
D) 4,5 V
E) 24 V
5. B: la potenza è data dalla P = V2/R e quindi 18 = V2/2 e V = 6 Volt. 180
6. La potenza dissipata da un conduttore ohmico di resistenza elettrica R e' data dalle for-
mule W = Vi = i2R = V2/R. Quale delle seguenti affermazioni e' corretta?
A) raddoppiando la tensione applicata al conduttore la potenza dissipata raddoppia
B) raddoppiando la corrente che passa nel conduttore la potenza dissipata raddoppia
C) la resistenza del conduttore aumenta proporzionalmente al quadrato della tensione applicata
D) la resistenza del conduttore non dipende ne' dalla tensione ne' dalla corrente
E) la resistenza del conduttore diminuisce proporzionalmente al quadrato della corrente che lo
attraversa
6. D: la resistenza di un conduttore, ad una data temperatura, dipende dalla sua resisti-
vità e dalle sue caratteristiche geometriche. 180
7. Si abbia un conduttore di estremi A e B percorso da una corrente continua di intensità i e
sia V la differenza di potenziale tra A e B. Detta R la resistenza del conduttore, l’energia
W dissipata in un tempo t nel conduttore é data dalla formula:
A) W = i2Rt
B) W = V2Rt
C) W = iVRt
D) W = iV/t
E) W = iVt/R
7. A. 180
8. Una batteria ideale fornisce una differenza di potenziale di 6 V. Se tra i terminali viene
collegata una resistenza di 24 ohm, quale sara' la potenza dissipata per effetto Joule?
A) 3 W
B) 0,3 W
C) 9 W
D) 1,5 W
E) 84 W
8. D: P = V2/R = 36/24 = 1,5 W. 180
9. Una stufetta elettrica assorbe dalla rete una potenza P = 2 kW se sottoposta alla diffe-
renza di potenziale di 200 V in corrente continua. Se si potesse aumentare la tensione del-
l’alimentatore al valore di 400 V senza mutare la struttura della stufa, la potenza assorbita
risulterebbe:
A) 4 P
B) 2 P
C) P
D) P/2
E) P2
9. A: deve essere P = V2/R e R = 2002/2000 = 20 𝛀; se non si cambia la struttura della stufa
la resistenza non varia e P’ = 4002/20 = 8000 W = 8 kW. 180
10. La differenza di potenziale elettrico ai capi di una lampadina è costante e pari a 100 V. Per
un periodo di tempo pari a 1000 s la lampadina assorbe una potenza elettrica di 160 W.
Sapendo che la carica dell’elettrone è 1,60 ⋅ 10 – 19 C, quanti elettroni si può ritenere abbia-
no attraversato una sezione trasversale del filo che alimenta la lampadina nell’intervallo di
tempo considerato?
A) 10 22
B) 10 23
C) 1,6 ⋅ 10 22
D) 6,02 ⋅ 10 23
E) 10 16
10. E: siccome P = V2/R, 160 = 1002/R e R = 1002/160 Ω; inoltre i = V/R = 160/100 = 1,6 A;
la carica è Q = i ⋅ t = 1,6 ⋅ 1000 = 1600 C; la carica di un elettrone vale circa 1,6 ∙ 10 – 19 C e il
numero di elettroni sarà allora dato da 1600/1,6 ⋅ 10 – 19 = 10 16 e - . 180
11. In un circuito elettrico vi sono una pila da 10 Volt e due resistenze in serie R1 e R2. Se la
potenza totale e' 50 watt e R2 = 3 ∙ R1, quanto vale R1 in ohm?
A) 0,5
B) 1,0
C) 1,5
D) 2,0
E) 12,5
11. A: P = V2/Req = 50 = 100/Req. da cui Req = 2 Ω; per il sistema di resistenze in serie
Req.= R1 + R2 = R1 + 3 R1 = 4 R1 sarà R1 = 2/4 = 0,5 Ω. 182
12. Una resistenza R1 = 5 Ω e una seconda resistenza R2 ignota, collegate in serie, dissipano 10
W se collegate a un generatore di tensione continua da 20 V. Quanto vale R2?
A) 35 Ω.
B) 15 Ω.
C) circa 3,3 Ω.
D) circa 5,7 Ω.
E) 1 Ω.
12. A: la potenza è data da P = V2/R e Req. = V2/P = 400/10 = 40 𝜴; per le resistenze in se-
rie Req. = 40 = 5 + Rx e Rx = 35 𝛀. 182
13. Un addobbo natalizio è costituito da 12 lampadine ad incandescenza uguali, tra di loro in
serie, collegate alla rete di alimentazione domestica.Una delle lampadine si rompe. Per
utilizzare l’addobbo togliamo la lampadina guasta e ricolleghiamo i due spezzoni di filo, in
modo che le 11 lampadine rimaste siano ancora in serie. Il risultato sarà:
A) si produce circa 1/11 di intensità luminosa in meno, visto che manca una lampadina
B) si produce circa 1/10 di intensità luminosa in più, dato che la resistenza elettrica è diminuita
C) si produce la stessa intensità luminosa visto che c’è una lampadina in meno ma che l’intensi-
tà di corrente è aumentata
D) non possiamo di nulla a priori; il risultato dipende dalla resistenza delle lampadine che non è
nota
E) si produce meno intensità luminosa a causa dell’interferenza, dato che dove il filo è stato ta-
gliato la distanza tra le lampadine è minore
13. B: la resistenza del sistema era 11 R e passa a 10 R senza variazioni di tensione; dato
che P = V2/R ed R è diminuita ai 10/11 del valore iniziale, P diventerà gli 11/10 del valore
iniziale. 182
14. In un circuito elettrico alimentato da una batteria sono inserite due resistenze in parallelo.
Perchè la corrente erogata dalla batteria è la somma delle correnti che attraversano le sin-
gole resistenze?
A) Per il principio di conservazione della carica elettrica
B) Perchè gli elettroni hanno carica negativa
C) Perchè si conserva l’energia cinetica degli elettroni
D) Perchè l’effetto Joule nel circuito è nullo
E) Perchè la differenza di potenziale erogata dalla batteria è costante nel tempo
14. A. 183
15. Tra due morsetti A e B di un circuito elettrico sono collegate in parallelo tre resistenze:
due da 200 ohm e una da 100 ohm. La resistenza equivalente tra A e B e':
A) uguale alla media delle resistenze
B) uguale alla resistenza piu' piccola
C) minore di ciascuna delle resistenze
D) uguale alle resistenze piu' numerose
E) ugua le alla somma delle resistenze
15. C: per un sistema di tre resistenze in parallelo deve essere:
𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏
𝑹
= 𝑹 + 𝑹 + 𝑹 = 𝟐𝟎𝟎 + 𝟐𝟎𝟎 + 𝟏𝟎𝟎 = 𝟓𝟎 da cui 𝑹𝒆𝒒. = 𝟓𝟎𝛀 183
𝒆𝒒. 𝟏 𝟐 𝟑
16. Due resistenze elettriche (di valore diverso) si dicono collegate in parallelo se:
A) sono sempre percorse dalla stessa intensità di corrente
B) gli estremi dell'una sono collegati agli estremi dell'altra in modo tale che sono soggette a una
stessa differenza di potenziale elettrico
C) sono sempre caratterizzate da identiche dissipazioni di energia elettrica (a parità di tempo)
D) sono sempre caratterizzate da identiche dissipazioni di corrente elettrica
E) hanno un solo estremo (o morsetto) in comune
16. B: due, o più, resistenze elettriche sono collegate in parallelo qualora siano sistemate in
modo tale che la corrente entrante ed uscente da esse passi solo per due nodi così che la
differenza di potenziale ai capi della prima sia uguale a quella ai capi della seconda. 183
17. Il valore della resistenza da aggiungere in parallelo alla resistenza di carico R di un cir-
cuito elettrico per ridurne il valore a 1/3 e':
A) R
B) 2 ∙ R
C) R/2
D) R/3
E) R/4
𝟏 𝟏 𝟏 𝑹𝑹
17. C: per le due resistenze in parallelo sarà 𝑹 = 𝑹 + 𝑹 da cui 𝑹𝒆𝒒. = 𝑹+𝑹𝒙 ; dato che
𝒆𝒒. 𝒙 𝒙
𝟏 𝟏 𝑹𝑹𝒙 𝟏 𝑹𝒙
𝑹𝒆𝒒. = 𝟑 𝑹 sarà 𝟑 𝑹 = e = 𝑹+𝑹 cioè R + Rx = 3Rx e Rx = ½ R. 183
𝑹+𝑹 𝒙 𝟑 𝒙
18. Siano date 3 resistenze elettriche, ohmiche, poste in parallelo. Due di esse valgano 10 Ω, la
terza valga 1 MΩ. La resistenza equivalente vale:
A) circa 5 Ω
B) circa 10 Ω
C) circa 1 MΩ
D) circa 1/20 MΩ
E) circa 2/10 Ω
𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏𝟎𝟎+𝟏𝟎𝟎+𝟏 𝟐𝟎𝟏 𝟏𝟎𝟎𝟎
18. A: dovrà essere 𝑹 = 𝟏𝟎 + 𝟏𝟎 + 𝟏𝟎𝟑 = 𝟏𝟎𝟑
= 𝟏𝟎𝟎𝟎 da cui 𝑹𝒆𝒒. = 𝟐𝟎𝟏 = 𝟒, 𝟗𝟖𝛀.
𝒆𝒒.
183
19. Ad una batteria da automobile da 12 V vengono collegati in serie due elementi resistivi co-
stituiti rispettivamente da due resistenze in parallelo da 60 e da 120 Ohm e da una resi-
stenza da 40 Ohm. Trascurando altre resistenze qual è il valore più plausibile della corren-
te circolante nel circuito?
A) 54,5 mA
B) 960,0 mA
C) 600,0 mA
D) 66,6 mA
E) 150,0 mA.
𝑹 𝑹 𝟔𝟎∙𝟏𝟐𝟎
19. E: per il sistema di resistenze in questione:𝑹𝒆𝒒. = 𝟏 𝟐 + 𝑹𝟑 = 𝟏𝟖𝟎 + 𝟒𝟎 = 𝟖𝟎𝛀.;
𝑹 +𝑹 𝟏 𝟐
i = V/R = 12/80 = 3/20 = 0,15 A = 150 mA. 183
20. Tre resistenze R1, R2, R3 sono inserite in un circuito, tra i punti P e Q come indicato nel
diagramma. Qual’è la resistenza equivalente del tratto P - Q?
R2

P Q

R1 R3
𝑅 𝑅
A) 𝑅 = 𝑅1 + 𝑅 2+𝑅3
2 3

1 1
B) 𝑅 = 𝑅1 + 𝑅 + 𝑅
2 3

C) 𝑅 = 𝑅1 + 𝑅2 + 𝑅3
1 1 1
D) 𝑅 = 𝑅 + 𝑅 + 𝑅
1 2 3

1 𝑅2 +𝑅3
E) 𝑅 = 𝑅 +
1 𝑅2 𝑅3

20. A: la resistenza equivalente per la maglia in cui si trovano le resistenze R2 ed R3 è data


𝟏 𝟏 𝟏 𝑹 𝑹 𝑹 𝑹
da: 𝑹 = 𝑹 + 𝑹 cioè 𝑹𝒆𝒒. = 𝑹 𝟐+𝑹𝟑 da cui per la resistenza totale 𝑹𝒕𝒐𝒕. = 𝑹𝟏 + 𝑹 𝟐+𝑹𝟑 183
𝒆𝒒. 𝟐 𝟑 𝟐 𝟑 𝟐 𝟑

21. Sei lampade sono collegate in parallelo a una d.d.p. costante. Se il filamento di una di esse
si interrompe:
A) si spengono anche le altre
B) aumenta la luminosita' delle altre
C) diminuisce l'intensita' di corrente nelle altre
D) l'intensita' di corrente nelle altre rimane invariata
E) aumenta il consumo di energia delle altre
21. D: per ciascuna resistenza non cambia la differenza di potenziale, pertanto non varie-
ranno né l’intensità di corrente, né la luminosità e nemmeno il consumo di energia per o-
gni singola resistenza (diminuisce il consumo energetico di tutto il sistema). 183
22. Due lampade da 50W ed una da 100 W sono connesse in parallelo ed alimentate in cor-
rente continua da una batteria che fornisce una tensione costante di 25 V. Quanto vale la
corrente erogata dalla batteria?
A) Dipende dalle dimensioni della batteria
B) 5 C al secondo
C) 6 A
D) 8 C
E) 4 A
𝑽𝟐 𝟐𝟓𝟐
22. C: la resistenza della lampada da 50 W è 𝑹𝟓𝟎𝑾 = 𝑾
= 𝟓𝟎
= 𝟏𝟐, 𝟓𝛀 e, analogamente,
𝟐𝟓𝟐 𝑹𝟓𝟎𝑾 𝑹𝟏𝟎𝟎𝑾 𝟏𝟐,𝟓∙𝟔,𝟐𝟓 𝟏𝟐,𝟓 𝑽 𝟐𝟓
𝑹𝟏𝟎𝟎𝑾 = = 𝟔, 𝟐𝟓𝛀; quindi 𝑹𝒆𝒒. = 𝑹 = = 𝛀; 𝒊 = 𝑹 = 𝟏𝟐,𝟓 = 𝟔𝑨. 183
𝟏𝟎𝟎 𝟓𝟎𝑾 +𝑹𝟏𝟎𝟎𝑾 𝟏𝟖,𝟕𝟓 𝟑
𝟑
23. Un circuito elettrico è costituito da tre resistenze collegate in parallelo. Le prime due han-
no un valore di 20 e 40 Ohm rispettivamente, mentre il valore resistivo della terza è ignoto.
Misurando la resistenza totale del circuito si ricava un valore di 12 Ohm. Qual’è il valore
più probabile dellaa terza resistenza?
A) 120 Ohm
B) 72 Ohm
C) 48 Ohm
D) 32 Ohm
E) 240 Ohm
23. A: dovrà essere per il sistema di resistenze in parallelo:
𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟏 𝟑 𝟏 𝟒𝟎−𝟑𝟔 𝟒 𝟏
𝑹
= 𝑹 + 𝑹 + 𝑹 = 𝟏𝟐 = 𝟐𝟎 + 𝟒𝟎 + 𝑹 da cui 𝟏𝟐 − 𝟒𝟎 = 𝑹 = 𝟏𝟐∙𝟒𝟎 = 𝟒𝟖𝟎 = 𝟏𝟐𝟎 e
𝒆𝒒. 𝟏 𝟐 𝟑 𝟑 𝟑
𝑹𝟑 = 𝟏𝟐𝟎𝛀. 183
24. Due lampade ad incandescenza da 60 W e 220 V vengono collegate in parallelo ed ed ali-
mentate con 220 V. Quale tra le seguenti affermazioni è vera?
A) Entrambe le lampadine restano spente
B) Si accendono entrambe, ciascuna con un’intensità luminosa dimezzata rispetto a quella che si
avrebbe accendendone una per volta
C) Si accende una sola delle due lampadine
D) Si accendono entrambe, ciascuna con un’intensità luminosa doppia rispetto a quella che si a-
vrebbe accendendone una per volta
E) Si accendono entrambe, ciascuna con la stessa intensità luminosa che si sarebbe avuta accen-
dendone una per volta
24. D: per il sistema considerato la potenza è data dalla P = V2/Req.; per una singola lam-
padina P’ = 2202/R mentre per la configurazione in parallelo, dato che Req. = ½ R, P’’ = 2 ⋅
2202/R = 2 P’ e con potenza doppia la luminosità raddoppia. 183
25. Due pile da 4,5 Volt ciascuna vengono collegate in serie per alimentare una resistenza da
90 Ω. :
A) La potenza sarà poco inferiore a 1 Watt
B) La corrente sarà 10 Ampére
C) La corrente sarà 810 Ampére
D) La potenza sarà 810 Watt
E) La temperatura della resistenza crescerà di 9 °C
25. A: la tensione totale delle due pile in serie è la somma delle singole tensioni e cioè 9 V;
la potenza è data da P = V2/R = 81/90 W= 0,9 W. 184
Il campo magnetico Definizione di B Forza magnetica su di una corrente B in punti vicini ad un lungo filo
Due conduttori paralleli Induzione magnetica in un solenoide La legge di Biot – Savart La legge
dell’induzione di Faraday La legge di Lenz Paramagnetismo Diamagnetismo Ferromagnetismo
185. Lo spazio intorno ad un magnete, oppure ad un conduttore percorso da corrente, è sede
di un campo magnetico. Il vettore del campo magnetico è l’induzione magnetica, B, che è rap-
presentabile mediante linee di induzione: come per le linee di forza del campo elettrico, la tan-
gente in un punto ad una linea di induzione dà la direzione di B in quel punto; l’addensamen-
to delle linee di induzione in una zona dello spazio indica la intensità di B in quella stessa zo-
na. Si dice che un punto dello spazio, in cui non sia presente un campo elettrico, è sede di un
campo magnetico se su una carica q0, che passi con velocità v per il punto stesso, agisce una
forza trasversale deflettente F (forza di Lorentz). Al variare della direzione di v, tenendone
costante l’intensità, cambia l’intensità di F, ed esiste una direzione per cui essa si annulla: tale
direzione è la direzione di B. Più esattamente si ha: �𝑭⃗ = 𝒒 ∙ 𝒗
�⃗ × �𝑩
�⃗ e, siccome si tratta di di un
prodotto vettoriale, il modulo è 𝑭 = 𝒒 ∙ 𝒗 ∙ 𝑩 ∙ 𝒔𝒆𝒏𝜽, la direzione è quella perpendicolare al
piano in cui giacciono B e v ed il verso si trova con la regola della vite:

F
90°
v’ q0 B B
v v
θ
x

y
𝑩 = 𝑭/(𝒒 ∙ 𝒗 ∙ 𝒔𝒆𝒏𝜽) (N ⋅ s ⋅ C – 1 ⋅ m – 1 = N ⋅ A – 1 ⋅ m – 1 = Gauss = 10 – 4 ).
Se un campo magnetico è stazionario, il lavoro fatto dalla forza magnetica sulla carica in moto
è sempre nullo in quanto forza e spostamento sono ortogonali. Quindi un campo magnetico
stazionario non può modificare l’energia cinetica di una carica in movimento ma solo variar-
ne la traiettoria.
Se una carica q si muove in una zona dello spazio in cui siano presenti un campo magnetico B
ed un campo elettrico E la forza complessiva su di essa sarà: 𝑭 �⃗ = 𝒒 ∙ �𝒗⃗ × �𝑩
�⃗ + 𝒒 ∙ �𝑬⃗
* Un protone si muove verticalmente in un campo magnetico il cui vettore di induzione B è di-
retto orizzontalmente da sud a nord. Qual’è la direzione della forza che agisce sul protone?
Deve essere: �𝑭⃗ = 𝒑+ ∙ 𝒗
�⃗ × �𝑩
�⃗ e quindi:

N
v
F B
O E
S
* Se una particella di massa m e carica negativa – q entra, con velocità v, in un campo unifor-
me di induzione B, perpendicolare a v, ed uscente dal piano della figura, sulla carica agisce
una forza trasversale F di modulo qvB (sen 𝜽 = 𝟏, la cui direzione giace nel piano della figu-
ra: la carica descriverà un moto circolare in quanto, istante per istante, F e v sono perpen-
dicolari. Il verso della forza è sempre diretto verso il centro della circonferenza descritta
dalla particella.
x x x x x x x x x q, m vx x x x x x

x x x x x x x x x x x x x x x x x
F
x x x x x x x x x x x x x x x x x
B r
x x x x x x x x x x x x x x x x x

x x x x x x x x x x x x x x x x x

x x x x x x x x x x x x x x x x x

x x x x x x x x x x x x x x x x x

186. Siccome una corrente è un insieme di cariche in movimento, un campo magnetico eserci-
ta una forza trasversale anche su di un filo percorso da corrente (forza di Laplace). La forza
�⃗ = 𝒊 ∙ 𝒍⃗ × �𝑩
esercitata su di un tratto rettilineo l di un filo è data dalla: 𝑭 �⃗ e 𝑭 = 𝒊 ∙ 𝒍 ∙ 𝑩 ∙ 𝒔𝒆𝒏𝜽,
in cui l è un vettore la cui direzione coincide con quella del filo, il verso è quello della corrente
i ed il modulo è la lunghezza del tratto rettilineo considerato:

i
B
F
l 𝜽

Nell’esempio in figura la forza è perpendicolare al piano ed emerge da esso (per indicare che
il verso è entrante si usa il simbolo: ).
* Un filo lungo 1,0 m è percorso da una corrente di 10 A e forma un angolo di 30 ° con un
campo magnetico uniforme (B = 1,5 Gauss). Calcolare il modulo e la direzione della forza
agente sul filo.

B
30° F = i l B sen θ = 10 ⋅ 1 ⋅ 1,5 ⋅ ½ = 7,5 N.
i
F

187. Si trova sperimentalmente che lo spazio intorno ad un filo rettilineo percorso da una cor-
rente elettrica è sede di un campo magnetico, che può essere descritto impiegando le linee di
induzione. Nella figura il filo è perpendicolare al piano della stessa, il verso della corrente è u-
scente dal piano, B giace nel piano, ed è tangente alle circonferenze concentriche centrate nel
punto in cui il filo attraversa il piano stesso, la sua intensità è inversamente proporzionale alla
distanza dal filo ed il verso si può ricavare con il metodo della vite:
𝝁∙𝒊
𝑩= (Biot-Savart) in cui 𝝁 è la permeabilità magnetica
𝟐𝝅𝒓
B del mezzo in cui si trova il conduttore.

Due lunghi fili paralleli, a e b, posti a distanza d e percorsi da correnti con lo stesso verso ge-
nerano nello spazio circostante un campo di induzione magnetica tramite il quale ciascuno di
essi esercita una forza di attrazione sull’altro:

ia ib

Bb Fb

Fa Ba

d
Nel caso che i versi della corrente siano opposti la forza è repulsiva e, in ogni caso è diretta-
mente proporzionale all’intensità delle correnti ed inversamente proporzionale alla distanza
tra i due fili.
188. Un solenoide è un lungo filo avvolto ad elica di corto passo percorso da una corrente i.
Supponiamo che la lunghezza del filo sia molto maggiore del diametro. Il campo magnetico
del solenoide è la somma dei campi creati dalle singole spire.

Nei punti tra le spire il campo tende ad annullarsi, nei punti interni, e relativamente vicini al-
l’asse del solenoide, il campo è parallelo ad esso. In punti esterni il campo è molto debole in
quanto il campo creato dalla parte superiore delle spire tende ad annullare quello creato dalla
parte inferiore delle stesse. Nel caso di un solenoide ideale, e cioè di passo estremamente ridot-
to, il campo esterno è nullo, e quello interno ha esattamente la direzione dell’asse del solenoi-
de. Un solenoide consente di creare un campo magnetico di valore noto e dipendente solo dal-
l’intensità della corrente continua che lo percorre e dal numero di spire per unità di lunghez-
za: B = Κ ∙ i ∙ n.
189. Si osserva sperimentalmente che se si avvicina un magnete ad una spira, o ad un solenoi-
de, o viceversa, in essi insorge una corrente, indotta, che dura sin quando magnete e spira so-
no in movimento relativo. Lo stesso fenomeno si osserva se poste vicine due spire, o due sole-
noidi, si fa sì che in uno dei due insorga una corrente di intensità variabile: nel secondo si os-
serva allora una corrente che persiste fino a quando la corrente nel primo non diventi stazio-
naria: in entrambi i casi l’intensità della corrente indotta dipende dalla velocità relativa con
cui spira e magnete si avvicinano o dalla rapidità con cui varia nel tempo l’intensità di corren-
te nella prima spira.

N S S N N S

A livello qualitativo si può osservare che in tutti i processi descritti si ha una variazione nel
tempo del numero di linee di forza del campo magnetico che attraversano una spira, o un so-
lenoide, o più esattamente del flusso del campo B concatenato con la spira. Tale variazione
causa nella spira l’insorgere di una corrente indotta (Faraday) che genera un campo magne-
tico di verso tale da opporsi alla variazione del flusso concatenato con la spira (Lenz).
Gli effetti descritti sono utilizzati per indurre correnti variabili nel tempo sia come intensità
che come verso, correnti alternate per le quali la frequenza, che si misura in Hertz, Hz, indica
quante volte al secondo essa riassume lo stesso valore.
190. Talune sostanze introdotte in un campo magnetico si magnetizzano. Quelle diamagne-
tiche, come l’acqua o la grafite si magnetizzano nella stessa direzione del campo ma in verso
opposto di modo che ne vengono respinte. Quelle paramagnetiche e ferromagnetiche, invece,
si magnetizzano nella stessa direzione e nello stesso verso del campo, risultandone attratte.
Mentre quelle paramagnetiche, come l’ossigeno, sono magnetizzate solo finchè è presente il
campo magnetico esterno quelle ferromagnetiche, ferro cobalto e nichel, non solo si magnetiz-
zano più intensamente ma rimangono magnetizzate anche se il campo esterno viene eliminato.
Ciò si spiega in base al fatto che nelle prime le molecole diventano dipoli magnetici tempora-
nei per effetto del campo esterno mentre nelle seconde esse sono dipoli permanenti disordinati
che, grazie al campo si orientano in modo da originare un proprio campo magnetico che per-
siste anche dopo l’eventuale campo esterno che ha provocato l’orientazione. Il campo magne-
tico terrestre è dovuto alla presenza nel nucleo terrestre di ferro, cobalto e nichel magnetizza-
ti. è imprtante ricordare che mentre le cariche elettriche sono monopoli, positivi o negativi, i
magneti hanno sempre due poli, nord e sud: tra due poli di due dipoli magnetici diversi si ha
attrazione o repulsione a seconda che essi siano discordi, N/S, oppure concordi, N/N o S/S.
Quiz da 185 a 190
1. La corrente alternata a 50 Hz che fluisce dalla rete italiana nelle nostre case ha la pro-
prietà :
A) di riacquistare lo stesso valore 50 volte al minuto
B) di riacquistare lo stesso valore 50 volte al secondo
C) di valere al massimo 50 Ampere
D) di essere continua e valere al massimo 50 coulomb al secondo
E) di alternare valori positivi e negativi arbitrari
1. A. 189
2. Se avviciniamo rapidamente una potente calamita ad una spira formata da un filo di rame
chiuso a cerchio, si può notare che:
A) nella spira viene indotta una circolazione di corrente elettrica
B) la spira si illumina
C) la spira si deforma trasformandosi in un’ellisse molto stretta e lunga
D) il rame dapprima neutro acquista una forte carica elettrica indotta
E) la spira inizia a ruotare con velocità costante intorno ad un suo diametro
2. A: la variazione del flusso del campo magnetico concatenato con la spira genera una
forza elettromotrice indotta. 189
3. Una calamita attira pezzetti di limatura di ferro:
A) perchè induce un momento di dipolo magnetico nei pezzetti di metallo
B) perchè il ferro è un buon conduttore elettrico
C) perchè il campo gravitazionale diminuisce intorno alla calamita
D) perchè induce delle cariche elettriche nei pezzetti di metallo
E) per le particolari proprietà magnetiche dell’aria
3. A: il ferro è ferromagnetico, gli atomi che lo costituiscono, cioè, sono dipoli magnetici
che per effetto di un campo magnetico esterno si orientano magnetizzandolo. 190
4. Il campo magnetico terrestre esercita un momento di forza sull’ago di una bussola. Una
delle seguenti affermazioni è certamente sempre vera.
A) Per il terzo principio della dinamica, l’ago della bussola esercita un analogo momento di for-
za sulla terra
B) Per il secondo principio della dinamica, nell’emisfero australe l’ago della bussola comincia
ad accelerare verso il polo Nord
C) Data la natura dei momenti di forza, è necessario un meccanismo di richiamo altrimenti l’ago
comincerebbe a ruotare senza indicare il Nord
D) A causa della natura vettoriale del momento di forza, la bussola funziona correttamente solo
nell’emisfero boreale
E) Le interazioni magnetiche sono uno degli esempi in cui i principi della meccanica non sono
validi
4. A. 190
La luce e lo spettro elettromagnetico La velocità della luce Riflessione e rifrazione Riflessione totale Ottica
geometrica ed ottica ondulatoria Specchio piano Interferenza Diffrazione
191. Le onde elettromagnetiche sono variazioni periodiche del campo elettrico, E, e del
campo magnetico, M, che si propagano nello spazio senza bisogno di un mezzo di propaga-
zione (quindi anche nel vuoto). I due campi vibrano in piani che contengono la direzione di
propagazione e sono perpendicolari ad essa e tra di loro: siccome la vibrazione è perpendi-
colare alla direzione di propagazione le onde elettromagnetiche sono onde trasversali (le
onde meccaniche, come per esempio le onde acustiche, possono propagarsi tramite vibra-
zioni che avvengono nella direzione della propagazione, nel qual caso si dicono longitudi-
nali: le onde meccaniche richiedono un mezzo di propagazione e non si trasmettono nel
vuoto).
𝝀: lunghezza d’onda ampiezza del campo elettrico

M E

Nella figura è rappresentata un’onda polarizzata, in cui il campo elettrico e quello magne-
tico vibrano in un solo piano, ma in generale la vibrazione si verifica in tutti gli infiniti
piani che contengono la direzione di propagazione.

vista lato vista fronte

Ogni onda elettromagnetica è caratterizzata da una serie di parametri tra i quali i più
importanti sono la lunghezza d’onda, la frequenza e l’ampiezza.
La lunghezza d’onda, λ, che si misura in m , è la distanza minima tra due punti sull’asse
di propagazione in cui l’onda elettromagnetica si ritrova esattamente nella stessa situazio-
ne (massimo , minimo o, comunque, intensità, esattamente corrispondente).
La frequenza, ν si misura in cicli al secondo o hertz, Hz, ed indica quante volte al secondo
l’onda assume, in un punto qualsiasi lungo l’asse di propagazione, lo stesso valore: si può
dimostrare che ν = c / λ, in cui c è la velocità della luce nel vuoto (pari a 300000 km/s o,
nell’S.I., 3 ∙ 108 m s – 1).
L’ampiezza indica la massima escursione positiva (o negativa) del campo elettrico, o ma-
gnetico, in un punto qualsiasi sull’asse di propagazione.
Per una radiazione monocromatica, tutte le onde che la compongono hanno la stessa fre-
quenza, l’energia di ogni onda è legata alla frequenza dalla relazione E = h ∙ ν in cui h è
la costante di Plank (6,63 ∙ 10 – 34 J ∙ s): quindi l’energia totale di una radiazione sarà di-
rettamente proporzionale alla frequenza della radiazione stessa ed inversamente propor-
zionale alla sua lungheza d’onda.
L’energia di una radiazione elettromagnetica monocromatica è quantizzata, il che signifi-
ca che non può assumere qualsiasi valore ma solo valori multipli di una quantità minima,
detta “quanto”, che dipende dalla frequenza, νx, delle onde che la costituiscono:
Et = N ∙ h ∙ νx. La quantità minima h ∙ νx prende il nome di fotone e la sua energia dipende
dalla frequenza..
Nel diagramma a seguire è rappresentato in ordine di frequenza, e quindi di energia,
crescente lo spettro elettromagnetico, e cioè la gamma delle radiazioni elettromagnetiche
monocromatiche:

onde radio infrarossi ultravioletti raggi gamma


microonde visibile raggi X

102 103 104 105 106 107 108 109 1010 1011 1012 1013 1014 1015 1016 1017 1018 1019 1020 1021 1022 Hz

(380 nm) 4 ⋅10 14 Hz 7,5 ⋅ 10 14 Hz (760 nm)


Le onde che costituiscono il cosiddetto spettro nel visibile, cui la retina è sensibile, vanno
da circa 380 a 760 nm.
192. Quando un raggio di luce monocromatico attraversa la superficie di separazione tra
un mezzo ad un altro viene in parte riflesso ed in parte rifratto; raggio incidente, riflesso e
rifratto si trovano nello stesso piano ed indicando con i, rf ed r gli angoli formati dai tre
raggi con la normale nel punto di incidenza si ha che i = rf.
normale alla
superficie di separazione

1° mezzo raggio raggio


incidente riflesso

i rf

2° mezzo
r
raggio
rifratto

𝒔𝒊𝒏 𝒊 𝒗𝟏
Si ha inoltre che = in cui v1 e v2 sono le velocità del raggio nei due mezzi. Indican-
𝒔𝒊𝒏 𝒓 𝒗𝟐
𝒄 𝒄 𝒔𝒊𝒏 𝒊 𝒏𝟐
do con 𝒏𝟏 = 𝒗 ed 𝒏𝟐 = 𝒗 gli indici di rifrazione dei due mezzi si ha = . Se il se-
𝟏 𝟐 𝒔𝒊𝒏 𝒓 𝒏𝟏
condo mezzo è più rifrangente del primo (cioè ha
maggiore densità ottica), n2 > n1 , allora r < i. aria
Qualora il secondo mezzo sia meno rifrangente,
come per esempio nel passaggio dall’acqua all’a-
ria, r > i, e, al di sopra di un certo angolo di inci-
denza si ha il fenomeno della riflessione totale
con r = 90°.
Inoltre, per un ovvio principio di conservazione,
indicando con I, R e T le energie del raggio inci-
dente, del raggio riflesso e del raggio trasmesso, e
ammettendo che non avvengano fenomeni di as- acqua
sorbimento della radiazione da parte dei mezzi, dovrà essere I = R + T. Il caso ideale in
questione nella realtà non si verifica perchè tutte le componenti di una radiazione perdo-
no energia per assorbimento da parte del mezzo in cui si propagano: l’entità dell’assorbi-
mento dipende dalla natura del mezzo, dalla frequenza della radiazione e dalla lunghezza
del percorso, cammino ottico, da essa fatta nel mezzo considerato.
193. L’indice di rifrazione di un mezzo dipende an-
che dalla frequenza della radiazione incidente e ciò
consente di separare una radiazione policromatica
nelle sue componenti: se un fascio di luce bianca si
fa incidere su una delle facce di un prisma di vetro
trasparente, le sue componenti vengono diffratte
due volte, all’entrata ed all’uscita dal prisma, di
modo che sono evidenziabili. In particolare la rifra-
zione, e quindi la deviazione complessiva è maggiore
per le frequenze maggiori, viola, che non per le fre-
quenze minori,rosso.
194. Una superficie metallica piana e lucidata riflette completamente la luce, specchio pia-
no, e produce un immagine virtuale ed inversamente uguale degli oggetti che le si pongo-
no davanti. L’immagine si definisce virtuale in quanto i raggi luminosi non la attraversa-
no e quindi l’immagine stessa non è visualizzabile su uno schermo.

Una lente è un oggetto trasparente di forma tale da deviare, per rifrazione, dei raggi lumi-
nosi paralleli in modo che essi si incrocino, realmente o virtualmente, in due punti detti
fuochi della lente. A seconda delle modalità di costruzione, una lente è in grado di concen-
trare, lente convergente più spessa al centro che ai bordi, o di far divergere, lente diver-
gente più spessa ai bordi che al centro, i raggi luminosi provenienti da una sorgente.

lente convergente lente divergente

C: centro di curvatura
C1 C2 C1 C2

O centro della lente asse

Ogni lente sottile, di spessore cioè molto minore dei raggi, ha due fuochi in cui convergono
i fasci (stretti) di raggi paralleli all’asse. Essi sono equidistanti dal centro della lente.

O F asse
Un raggio che passi per il centro ottico di una lente sottile (O) non viene deviato.
L’inverso della distanza focale OF (f), cioè f – 1 prende il nome di potere diottrico della
lente (unità di misura m – 1 o diottrie).
Graficamente si puo ricavare l’immagine di un oggetto sfruttando il fatto che i raggi pa-
ralleli all’asse convergono nel fuoco e che i raggi passanti per il centro ottico non subi-
scono deviazione.

F1 O F2

Qualora l’oggetto sia posizionato a distanza dalla lente superiore alla distanza focale l’im-
magine è reale, capovolta e tanto più ingrandita quanto più l’oggetto è vicino alla lente.

F1 O F2

Se l’oggetto si trova tra il fuoco ed il centro ottico l’immagine è virtuale, diritta e tanto più
ingrandita quanto più l’oggetto è vicino alla lente.

Quiz da 191 a 194

1. Le onde elettromagnetiche che vengono utilizzate per le trasmissioni radio tra imbarcazio-
ni:
A) trasportano energia indipendentemente dalla frequenza utilizzata
B) non possono trasportare energia che si scaricherebbe in mare
C) trasportano energia ma solo se in un certo intervallo di frequenza
D) contengono campi elettrici, ma non magnetici
E) contengono campi magnetici ma non elettrici
1. A: un’onda elettromagnetica trasporta una quantità di energia proporzionale alla sua
frequenza. 191
2. Cosa sono i raggi infrarossi?
A) Sono raggi di natura elastica, come il suono, ma con una frequenza diversa
B) Sono raggi di natura elettromagnetica, che in assenza di dispositivi speciali, non possono es-
sere visti dall'occhio umano normale
C) Sono i raggi luminosi che danno origine alla nostra (umana) sensazione del colore violetto
D) Non sono onde elettromagnetiche, ma di altra natura
E) Sono ultrasuoni
2. B: sono radiazioni elettromagnetiche a bassa frequenza, inferiore a quella minima
percettibile dall’occhio umano. 191
3. I raggi X sono radiazioni di un certo tipo. Quale delle affermazioni seguenti è corretta?
A) I raggi X sono di tipo elastico
B) I raggi X sono di tipo magnetico (solo magnetico)
C) I raggi X sono di tipo termico (solo termico)
D) I raggi X sono di tipo elettromagnetico
E) I raggi X non possiedono energia
3. D. 191
4. Con riferimento alla radiazione X individuare l’affermazione giusta (N.B. 1 Å = 10 – 10 m).
A) Un fascio di radiazione X quando attraversa la materia senza interagire aumenta la sua velo-
cità di propagazione
B) Un fascio di radiazione X quando attraversa la materia senza interagire diminuisce la sua ve-
locità di propagazione
C) Un’onda elettromagnetica di lunghezza d’onda uguale a 104 Å può essere una radiazione X
D) Un’onda elettromagnetica di lunghezza d’onda uguale a 0,1 Å può essere una radiazione X
E) La velocità di propagazione della radiazione X nel vuoto è tanto maggiore quanto maggiore è
la sua energia
4. D: i raggi X se attraversano la materia senza interagire non modificano la loro veloci-tà,
𝒄
nel vuoto hanno una velocità di 3 ⋅ 108 m/s ed hanno lunghezze d’onda, 𝝀 = 𝝂, che van-no
da 10– 8 m a 10 – 11 m; in Å l’intervallo va da 102 a 0,1. 191
5. La luce visibile ha una delle seguenti caratteristiche. Quale?
A) E' un'onda di vibrazione meccanica del mezzo in cui si propaga
B) E' un'onda che non si può propagare nel vuoto assoluto
C) Si propaga nel vuoto ad una velocità di 300 km/s
D) E' un'onda elettromagnetica la cui lunghezza d’onda è tipicamente compresa (circa) tra 400
nm e 700 nm
E) E' solo un'illusione, senza nessuna relazione con i fenomeni ondulatori
5. D: la luce visibile è una radiazione elettromagnetica la cui lunghezza d’onda, , va da
760 a 380 nm. 191
9
6. La frequenza di un'onda luminosa è dell'ordine di 10 Hz. Il valore della lunghezza d'onda
è:
A) 10 m
B) 1 m
C) 0,3 m
D) 1 mm
E) 0,1 mm
6. C: la lunghezza d’onda, λ, di una radiazione e la sua frequenza, ν, sono legate dalla
λ ∙ ν = c, in cui c è la velocità della luce, 3 ⋅ 10 8 m/s, e λ = 3 ⋅ 108 m/s /(109 s – 1) = 0,3 m. 191
7. Un fotone è caratterizzabile con la frequenza ν o con la lunghezza d’onda λ. Detta h la co-
stante di Planck :
A) h · ν è l’energia del fotone
B) λ è direttamente proporzionale a ν
C) h dipende dalla frequenza
D) la velocità di propagazione nel vuoto è funzione di λ
E) se λ supera il centimetro abbiamo a che fare con raggi gamma
7. A. 191
8. I raggi X, come e' noto, sono radiazioni molto penetranti in quanto costituiti da fotoni di
alta energia. Tale potere penetrante e' tanto maggiore quanto piu' grande e':
A) la frequenza della radiazione
B) la lunghezza d'onda della radiazione
C) il numero dei fotoni
D) la carica dei fotoni
E) la velocita' dei fotoni
8. A: il potere penetrante di una radiazione è tanto maggiore quanto maggiore è l’energia
dei suoi fotoni che è legata alla sua frequenza dalla E = h ⋅ ν in cui h è la costante di Plank.
191
9. Il corpo umano alla temperatura di circa 36°C equivale ad una sorgente di radiazione che
emetta con una potenza di circa 1000W. Ciò nonostante esso non è visibile al buio in quan-
to:
A) ad una temperatura così bassa non vengono emesse onde elettromagnetiche
B) per essere visti occorre essere illuminati da una sorgente esterna
C) nel nostro corpo non circola una corrente elettrica sufficiente
D) la pelle blocca le radiazioni elettromagnetiche emesse dal corpo umano
E) la componente di radiazione emessa nella regione del visibile è trascurabile
9. E: la radiazione emessa è prevalentemente nell’infrarosso e quindi fuori dal visibile. 191
10. In montagna ci si abbronza facilmente e rapidamente perchè:
A) siamo più vicini al sole e quindi l’intensità della luce è maggiore
B) la pressione atmosferica inferiore limita le difese della pelle
C) il ghiaccio e le rocce catalizzano l’azione dei raggi solari
D) la componente ultravioletta è maggiore
E) l’energia perduta camminando si converte in calore
10. D: l’abbronzatura è dovuta alla sintesi di melanina nell’epidermide a causa dell’espo-
sizione ai raggi ultravioletti i quali vengono parzialmente bloccati dall’atmosfera terrestre
e tanto più quanto maggiore lo spessore di atmosfera da attraversare. 192
11. Un mezzo X viene detto otticamente piu' denso di un mezzo Y quando:
A) il volume di X e' maggiore del volume di Y
B) X appare piu' viscoso di Y
C) l'indice di rifrazione di X e' maggiore di quello di Y
D) la densita' a 4°C di X e' maggiore di quella di Y
E) la luce bianca e' assorbita maggiormente da X che da Y
11. C. 192
12. Un fascio di raggi X paralleli che arriva su uno strato di 5 mm di spessore di un certo
materiale viene assorbito per il 50%. Se inviassimo lo stesso fascio su uno strato di 1,5 cm
di spessore dello stesso materiale quale percentuale del fascio incidente riuscirebbe ad e-
mergere?
A) Circa il 33%
B) circa il 17 %
C) circa il 12,5 %
D) circa il 5%
E) inferiore all’1%
12. C: ogni 5 mm si ha un assorbimento del 50% e quindi in 15 mm ne sarà trasmesso il
50% del 50% del 50% pari al 12,5 %. 192
13. Un raggio luminoso che viaggia nel mezzo ottico A, se raggiunge la superficie di separazio-
ne fra A ed un altro mezzo B si spezza, a volte, in due parti che costituiscono il raggio ri-
flesso e quello trasmesso. I, R, T sono rispettivamente le intensità dei raggi incidente, ri-
flesso e trasmesso.
A) Il fenomeno si chiama “diffrazione”
B) Il fenomeno si chiama “dispersione”
C) Il fenomeno si chiama “rifrazione”
D) R = I + T
E) T = I + R
3. C. 192
14. Stiamo nuotando immersi sott’acqua sul fondo di una lunga piscina. Alziamo gli occhi e
vediamo le cose sopra di noi ma se spingiamo lo sguardo lontano dal punto in cui ci tro-
viamo notiamo che la superficie di separazione acqua/ariasi comporta com uno specchio
che rimanda le immagini interne alla piscina. Il fenomeno è dovuto :
A) alle proprietà della superficie dell’acqua
B) alle proprietà della superficie dell’acqua dovute all’aggiunta di cloro
C) alle proprietà di riflessione totale interna
D) alla mancanza di luce diretta
E) all’eccessiva illuminazione esterna
14. C: il fenomeno dipende dal fatto che al di sopra di un certo angolo (angolo limite) tut-
ta la luce viene riflessa e non passa nell’altro mezzo;

aria il raggio in rosso viene riflesso e rifratto;

il raggio in verde viene riflesso e rifratto secondo

angolo limite una direzione che coincide con la superficie di se-

acqua parazione e quindi non passa nell’aria 192

15. Perché un raggio di luce solare passando attraverso un prisma ne emerge mostrando tutti
i colori dell’arcobaleno?
A) Perché il prisma costringe la luce a fare molti giri al suo interno
B) perché l’indice di rifrazione varia a seconda del colore
C) perché deve cedere energia al prisma a causa della sua forma
D) si tratta di un effetto ottico, la luce è ancora bianca
E) perché riceve energia dal prisma a causa della sua forma
15. B: le diverse componenti della luce solare policromatica passando dall’aria al prisma, e
di nuovo all’aria vengono diversamente diffratte a seconda della loro diversa frequenza.
193
16. L'immagine formata da una lente convergente:
A) e' reale o virtuale a seconda della lunghezza d'onda della luce
B) e' sempre reale
C) e' reale o virtuale a seconda della distanza tra l'oggetto e la lente.
D) e' sempre virtuale
E) e' reale o virtuale a seconda del potere diottrico della lente
16. C: l’immagine ottenuta per mezzo di una lente viene definita reale o virtuale a secon-
da che la si possa o meno proiettare su uno schermo. 194
17. Il "potere diottrico"o "convergenza" di una lente e':
A) la sua capacita' di concentrare la luce
B) l'inverso della sua divergenza
C) la curvatura della sua superficie
D) il reciproco della sua distanza focale
E) proporzionale al suo spessore
17. D. 194
Nuclidi radioattivi Radiazioni alfa, beta e gamma. Tempo di dimezzamento fissione e fusione nucleare
195. Nel nucleo dell’atomo sono addensati i nucleoni: neutroni e protoni.
Il numero atomico, Z, di un atomo indica, il numero di protoni, p+, mentre il numero di massa,
A, il numero di nucleoni, protoni e neutroni, n.
Un tipo atomico caratterizzato da un certo numero atomico ed un certo numero di massa si
dice nuclide: due o più nuclidi che abbiano lo stesso numero atomico hanno caratteristiche
praticamente indistinguibili e costituisconi un insieme di isotopi. Tra i protoni del nucleo esi-
ste una repulsione elettrostatica che è contrastata dalla forza di at-trazione nucleare che ha la
peculiarità di essere una forza a brevissimo raggio e quindi è efficace solo per nucleoni che si-
ano a contatto o quasi. Un nuclide, in cui la forza nucleare superi solo di poco la repulsione e-
lettrostatica, è instabile, nuclide radioattivo o radioisotopo, e può andare incontro, qualora
venga eccitato, a fenomeni di disintegrazione accompagnati dall’emissione di radiazioni di
vario tipo (decadimento radioattivo).
Tra le radiazioni più comuni vanno ricordate le radiazioni gamma, 𝜸, le radiazioni beta, 𝜷, e
le radiazioni alfa, 𝜶.
I raggi 𝜸 sono radiazioni elettromagnetiche ad altissima frequenza il cui unico effetto sul nu-
clide emittente è quello di abbassarne il contenuto energetico.
Le radiazioni 𝜷 ed 𝜶 invece hanno l’effetto di trasformare il nuclide emittente in un nuclide di
altra natura (trasmutazione).
I raggi 𝜷 sono elettroni di origine nucleare i quali derivano dalla scissione di un neutrone che
dà un protone, che resta nel nucleo, ed un elettrone ad alta energia che costituisce la radiazio-
ne stessa: 𝒏 → 𝒑+ + 𝒆− . Il nuclide “figlio” che si viene a formare avrà quindi un protone in
più ed un neutrone in meno rispetto a quello di partenza: 𝟏𝟑𝟏 𝟏𝟑𝟏
𝟓𝟐𝑰 → 𝟓𝟑𝑿𝒆 + 𝜷 (l’apice e l’indi-
ce rappresentano rispettivamente il numero di massa ed il numero atomico).
I raggi 𝜶 sono particelle, come i raggi 𝜷, ma ciascuna è costituita da 2 protoni e due neutroni,
e quindi hanno massa molto maggiore e carica positiva anzichè negativa (una particella 𝜶 e-
quivale al nucleo del nuclide 𝟒𝟐𝑯𝒆, elio). L’emissione da parte di un nuclide radioattivo di una
radiazione 𝜶 origina un nuclide figlio che ha due protoni e due neutroni in meno rispetto al
nuclide di partenza.
Le radiazioni prodotte da una sorgente radioattiva si propagano nello spazio per distanze più
o meno grandi sino a che non urtano atomi o molecole del mezzo in cui si propagano. Il potere
penetrante delle radiazioni è crescente nella serie 𝜶, 𝜷, 𝜸. Quando una radiazione incontra un
atomo o una molecola le cede la sua energia, e ciò porta all’eccitazione degli elettroni degli a-
tomi coinvolti, alcuni dei quali riescono avincere l’attrazione elettrostatica nucleare abbando-
nando gli atomi stessi che si trasformano in ioni positivi. Le radiazioni hanno quindi un effetto
ionizzante su cui si basano varie tecniche sia per individuarne la presenza (contatore Geiger,
contatore a scintillazione, impressione di una pellicola fotografica ...) che per misurarne l’atti-
vità e cioè il numero di disintegrazioni, decadimenti, nell’unità di tempo (un’unità di misura
dell’attività è il Curie: 1Ci = 3,7 ∙ 10 10 decadimenti al secondo).
196. L’attività di un nuclide, e cioè la velocità con cui esso decade, è data dalla 𝒗 = 𝒌 ∙ 𝑵 in cui
v è il numero di decadimenti al secondo, N il numero di nuclidi presenti e k una costante che
dipende esclusivamente dalla natura del nuclide. Quindi l’attività radioattiva è indipendente
dalla temperatura, dalla pressione, dallo stato di aggregazione o di combinazione chimica dei
radioisotopi: essa dipende esclusivamente dal loro numero.
Come conseguenza di quanto detto ogni radioisotopo è caratterizzato da un suo proprio tem-
po di dimezzamento (o di semitrasformazione o di semivita) che dipende esclusivamente dalla
sua natura. Il tempo di dimezzamento di un nuclide radioattivo è quello necessario affinchè a
partire da un qualsiasi numero di atomi dello stesso la metà decada e resti, naturalmente l’al-
tra metà. Per esempio dire che il tempo di dimezzamento del nuclide 𝟏𝟑𝟏 𝟓𝟑𝑰 è pari a circa 8 gior-
ni (𝒕𝟏 𝟏𝟑𝟏𝑰 = 𝟖, 𝟎𝟓 𝒅) equivale a dire che a partire, per esempio da 4 𝝁𝒈 di tale nuclide, dopo 8
𝟐 𝟓𝟑
giorni ne resteranno 2 𝝁𝒈 e dopo altri 8 giorni 1 𝝁𝒈 e così via. I tempi di dimezzamento sono
piuttosto variabili e vanno dai 164 𝝁𝒔 del 𝟐𝟏𝟒 𝟏𝟒
𝟖𝟒𝑷𝒐 ai 5715 anni del 𝟔𝑪 o ai 3 milioni di anni del
𝟏𝟑𝟓
𝟓𝟓𝑪𝒔. Dalla frazione di nuclide rimasto e noto il tempo di dimezzamento è possibile risalire al
tempo trascorso.
* Se un nuclide ha 𝒕𝟏 = 6 ore e rispetto alla situazione iniziale ne è rimasta l’ottava parte ciò
𝟐
𝟏 𝟑 𝟏
significa che si è dimezzato 3 volte, �𝟐� = 𝟖, e di conseguenza sono passate 3 ∙ 6 = 18 ore.
* Se a partire da una quantità iniziale qualsiasi, dopo 24 giorni è rimasto il 25% di un certo
radioisotopo, siccome il 25% equivale ad ¼, esso si è dimezzato 2 volte e quindi il suo tempo di
dimezzamento è pari a 24/2 = 12 giorni
197. Bombardando certi nuclidi con neutroni si può provocare la fissione del loro nucleo a da-
re altri nuclidi con numero di massa inferiore, particelle subatomiche come, ad esempio, neu-
troni, e notevolissime quantità di energia: 𝟐𝟑𝟓 𝟏𝟒𝟏 𝟗𝟐
𝟗𝟐𝑼 + 𝒏 → 𝟓𝟔𝑩𝒂 + 𝟑𝟔𝑲𝒓 + 𝟑 𝒏 + 𝒆𝒏𝒆𝒓𝒈𝒊𝒂.
Il processo è alla base del funzionamento delle pile atomiche.
Inversamente nuclidi a numero di massa molto piccolo possono essere fusi tra di loro, a pres-
sioni e temperature elevatissime per dare nuclidi a numero di massa più elevato e, anche in
questo caso enormi quantità di energia. Il processo, fusione, di difficile realizzazione in labo-
ratorio, avviene invece, grazie alle condizioni di elevata temperatura e pressione nel nostro
sole ed in altre stelle, ed è responsabile dell’energia da esse prodotta. Il processo di fusione
responsabile dell’energia prodotta nel nostro sole è il ciclo protone – protone di Bethe:
𝟐 𝟏𝟏𝑷 → 𝟐𝟏𝑫 + 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒊𝒄𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒃𝒂𝒕𝒐𝒎𝒊𝒄𝒉𝒆 + 𝒆𝒏𝒆𝒓𝒈𝒊𝒂
𝟏 𝟐 𝟑
𝟏𝑷 + 𝟏𝑫 → 𝟐𝑯𝒆 + 𝒆𝒏𝒆𝒓𝒈𝒊𝒂 (𝒓𝒂𝒈𝒈𝒊 𝜸)
𝟐 𝟑𝟐𝑯𝒆 → 𝟒𝟐𝑯𝒆 + 𝟐 𝟏𝟏𝑷 ( 𝟏𝟏𝑷 e 𝟐𝟏𝑫 sono rispettivamente il prozio ed il deuterio, due isotopi del-
l’idrogeno).
Quiz da 195 a 197

1. Sapreste mettere in ordine decrescente per la capacità di penetrazione le radiazioni


nucleari Alfa, Beta e Gamma?
A) Alfa, Beta, Gamma
B) Gamma, Alfa, Beta
C) Gamma, Beta, Alfa
D) Beta, Alfa, Gamma
E) Beta, Gamma, Alfa
1. C: la capacità di penetrazione di una radiazione dipende inversamente dalla massa delle
particelle che la costituiscono. 195
2. La radioattivita' puo' essere rivelata per mezzo di:
A) un termostato
B) uno spettrofotometro
C) un colorimetro
D) un apparecchio radioricevente
E) una lastra fotografica
2. E: le emissioni radioattive possono impressionare le pellicole fotografiche 195
3. Se una sorgente radioattiva emette 107 particelle α al secondo ciascuna da 4 MeV:
A) il nuclide figlio è certamente instabile
B) la potenza emessa è 4 GeV /s
C) dopo 107 secondi la sorgente è dimezzata
D) l’energia emessa al secondo è 4 ∙ 1013 eV
E) l’energia emessa al secondo è 1 ∙ 107 / 4 ∙ 106 eV
3. D: 107 ∙ 4 ∙ 106 eV = 4 ∙ 1013 eV. 195
4. Nella radioterapia dei tumori con raggi γ:
A) vengono danneggiate sia le cellule malate che le sane ma queste ultime poi guariscono
B) vengono danneggiate sia le cellule malate che le sane anche se si cerca di colpire soprattutto
le prime.
C) si usano i raggi γ perchè colpiscono solo le cellule malate
D) si usano i raggi γ perchè non avendo massa di riposo non danneggiano i tessuti
E) vengono curati i casi superficiali
4. B: le radiazioni impiegate in radioterapia danneggiano indistintamente ed irreversi-
bilmente sia le cellule tumorali che quelle sane. 195
5. Quale delle seguenti affermazioni relativa all’emissione di particelle β - non è corretta?
A) In seguito all’emissione di una particella β - la massa del nucleo rimane praticamente costan-
te.
B) La particella β - viene emessa dal nucleo.
C) la particella β - ha massa trascurabile e carica negativa.
D) In seguito all’emissione di una particella β - la massa del nucleo diminuisce di un’unità.
E) In seguito all’emissione di una particella β - la carica positiva del nucleo aumenta di un’unità.
5. D: i raggi β - sono elettroni di origine nucleare che derivano dalla scissione di un neutro-
ne eccitato a dare un protone, che rimane nel nucleo, il che fa aumentare il numero atomi-
co del nuclide interessato, ed un elettrone ad alta energia che viene sparato fuori dall’ato-
mo il quale si trasforma in uno ione positivo la cui massa rimane praticamente inalterata.
195
6. L'attivita' di un radionuclide inizialmente è 64 milliCurie, dopo 7 periodi di dimezza-
mento sarà, nella stessa unita' di misura:
A) 128/7
B) 64/7
C) 64/14
D) 1
E) ½
6. E: il tempo di dimezzamento è quello necessario perché il numero di nuclidi radioattivi
diventi la metà di quello iniziale; dopo 7 periodi di dimezzamento l’attività diventerà (½)7
volte più piccola, vale a dire 64/27 = 26/27 mCurie = ½ mCurie. 196
7. Un isotopo radioattivo ha un’emivita di 5 giorni. Dopo 20 giorni ne resta:
A) 1/16;
B) 1/4;
C) nulla;
D) 1/2;
E) 1/8.
7. A: il tempo dato corrisponde a quattro emivite (tempi di dimezzamento) il numero di
atomi del nuclide radioattivo si dimezzerà quattro volte e ½ x ½ x ½ x ½ = 1/16. 196
8. A proposito dei fenomeni di Fissione e Fusione nucleari si può dire che:
A) sono sempre artificiali
B) sono esoenergetici
C) la fusione è stata usata nelle centrali elettriche
D) nella fusione il nucleo si rompe in due o più frammenti
E) la fissione è sempre pulita
8. B. 197

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