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Energia e potenza nei circuiti elettrici

Nel circuito in figura la batteria B è connessa con fili di resistenza


trascurabile ad un dispositivo conduttore non specificato. La batteria
mantiene una d.d.p. ai suoi estremi. Ai terminali a b del dispositivo c’è la
d.d.p. pari a V = Va – Vb . Lungo il circuito scorre la corrente i (stazionaria)
nel verso indicato, che trasporta la carica dq = i dt. L’energia associata alla
carica dq, dovuta alla diminuzione del potenziale nel dispositivo, è pari,
per il principio di conservazione dell’energia, al lavoro dU fatto dalla forza
elettrica per portare la carica dq dal punto a al punto b attraverso il circuito:
dU = V dq = i V dt
La potenza è quindi data da: P = V I e si misura in watt = volt x ampère
Nel caso di circuiti composti da conduttori con resistenza costante R, la
potenza (energia per unità di tempo) assorbita (e dissipata) nella resistenza
R è data dalla equazione precedente P = i VR in cui la d.d.p. VR è sostituita
tenendo conto della legge di Ohm VR = R i da cui si ottiene
V2
2
P  RI 
R
La potenza dissipata nei conduttori compare sotto forma di energia termica
(effetto Joule o riscaldamento ohmico: la resistenza si riscalda).

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Generatori di f.e.m.
Per far passare una carica attraverso una resistenza occorre stabilire
una d.d.p. tra le sue estremità. Per mantenere il flusso di cariche Va E Vb
(=corrente) costante occorre mantenere costante la d.d.p.
+ Fe -
Un dispositivo in grado di mantenere costante la d.d.p. si chiama Fn
a b
generatore di forza elettromotrice (f.e.m.). Il termine forza
elettromotrice ha origini storiche. Si noti tuttavia che esso ha le
dimensioni di un potenziale non di una forza. Simbolo:
Un generatore di f.e.m. è un dispositivo come nella figura in alto in grado
di mantenere una d.d.p. Va - Vb > 0 costantemente. Al suo interno un campo
elettrico E sposta le particelle cariche responsabili della formazione della
b b
d.d.p.
F e  dr  q E  dr  q V a  V b 

a a

Un esempio di generatore di f.e.m. è una pila. a

Fn = forza non conservativa b


F n  dr  q E

qE = energia fornita dalla sorgente per portare la carica q dal punto b (polo negativo) al punto a (polo positivo)

E = forza elettromotrice della sorgente (energia per unità di carica)


Unità di misura nel sistema SI: volt (V)

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Legge delle maglie di Kirchhoff
Per una sorgente non collegata al circuito E=  V a cioè
V b la f.e.m.
E è la differenza di potenziale tra i poli della sorgente a circuito
aperto.
Un generatore che eroga corrente (circuito chiuso) è sede di una
corrente di intensità uguale a quella del circuito esterno.
La corrente convenzionalmente fluisce dal polo (+) al polo (-) nel
circuito esterno e dal polo (-) al polo (+) all’interno del generatore.

Per una sorgente di fem collegata ad un circuito resistivo (resistenza R, simbolo ), il lavoro eseguito dalla
sorgente sulla carica dq per spostarla dal polo negativo al polo positivo nel tempo dt (cioè l’energia potenziale fornita
alla carica dq) è dU = E dq = E i dt mentre la potenza assorbita nella resistenza R e trasformata in energia termica
vale R I2 . Per il principio di conservazione dell’energia, si ha: E = R i
La potenza fornita dal generatore E I è assorbita e convertita in calore nella resistenza R come R I2 . Questo
significa anche che la variazione di potenziale lungo il circuito (percorso chiuso) è zero:
E-Ri=0
Questa legge è nota come seconda legge di Kirchhoff (legge delle maglie), e stabilisce che la somma algebrica
delle d.d.p. rilevate su un circuito chiuso in un giro completo (maglia) è nulla.
Si noti che si sarebbe giunti allo stesso risultato partendo da un punto (ad es. a) in cui il potenziale è Va, e
percorrendo il circuito in un certo verso.
Occorre però stabilire delle convenzioni. Convenzionalmente, E è positiva se ha lo stesso verso della corrente (il
generatore fornisce energia elettrica al circuito), mentre E è negativa se ha verso opposto a quello della corrente (il
generatore assorbe energia elettrica dal circuito).
Analogamente, se si passa attraverso una resistenza nel verso della corrente, la variazione di potenziale è – i R,
mentre se si passa nel verso opposto è + i R. E >0 E <0
Percorrendolo il circuito in figura in senso orario, si ha: Va + E – i R = Va - + + -
Lo stesso risultato si sarebbe ottenuto percorrendo il circuito in senso antiorario.
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Generatori di f.e.m. reali ed ideali
In un generatore di f.e.m. ideale non si ha resistenza interna che ostacoli il moto
dei portatori di carica da un polo all’altro, per cui la d.d.p. ai capi del generatore è
esattamente uguale alla f.e.m.
In un generatore di f.e.m. reale vi è sempre una resistenza al moto delle cariche,
per cui, se nel circuito non circola corrente, la d.d.p. ai capi del generatore è
esattamente uguale alla f.e.m., ma se nel circuito circola corrente la d.d.p. ai capi
del generatore è diversa (minore) dalla f.e.m.
Un generatore di f.e.m. reale può essere schematizzato utilizzando una resistenza r
posta in serie al generatore stesso. Un generatore di f.e.m. reale è tanto migliore
quanto più piccola è la resistenza interna r.
Nel circuito in figura, poiché la variazione di potenziale lungo il circuito (chiuso)
è uguale a zero, si ha:
E
E  rI  RI  0 I
R r
La d.d.p. fra i poli del generatore, quando eroga corrente, è minore della sua f.e.m.

E
+ - r

E
r
R

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Resistenze in serie
Attraverso tre o più resistenze in serie circola la stessa corrente i. La
d.d.p. ai capi delle tre resistenze, Vab, è pari alla tensione erogata dal
generatore. Le resistenze possono essere sostituite da una resistenza
equivalente Req attraverso cui scorre la medesima corrente i ed ai capi
della quale c’è la medesima d.d.p. Vab.
Applicando la legge delle maglie ai due
circuiti a sinistra, si ha:
E – i R1 – i R2 – i R3 = 0 E – i Req = 0
Da cui si ottiene:
E E
i i
R1  R2  R3 Req

N
Req   R j
E quindi j 1

Un altro esempio (più complicato, con


due batterie) è quello a destra, dove nella
tabella sottostante c’è la ricostruzione
dell’andamento del potenziale lungo il
circuito.

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Legge dei nodi di Kirchhoff
Nei circuiti con più maglie sono presenti dei punti in cui si
intersecano più rami del circuito, detti nodi. Nel circuito in
figura, i nodi sono b e d, mentre a e c non sono nodi. Nel nodo
b si intersecano il ramo bad, il ramo bd ed il ramo dcb, ed
analogamente succede nel nodo d.
Ogni ramo è attraversato da una corrente che in linea di
principio è diversa da quella circolante negli altri.
Per risolvere il circuito, ossia calcolare le correnti circolanti nei vari rami, occorre innanzitutto dare
un nome ed un verso di percorrenza (arbitrario) alle correnti, ad esempio i1, i2 e i3 come indicato. Se,
poi, il calcolo del valore della corrente ij darà un risultato negativo, vorrà semplicemente dire che il
verso di percorrenza inizialmente scelto per la corrente ij era opposto a quello reale.
Nell’esempio in figura, nel nodo d entrano le correnti i1 e i3 ed esce la corrente i2 . Dal momento che
la corrente è un moto di cariche e che la carica totale si deve conservare, si deve avere

i1 + i3 = i2
Tale legge è nota con il nome di prima legge di Kirchoff (legge dei nodi), e stabilisce che la
somma delle correnti entranti in un nodo deve essere uguale alla somma delle correnti che escono
dal nodo stesso (o, in modo equivalente, che la somma algebrica delle correnti deve essere nulla).

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Resistenze in parallelo
Nel caso di tre o più resistenze collegate in parallelo, le resistenze sono
sottoposte alla stessa d.d.p. o f.e.m., e si vengono ad individuare tre maglie e
quattro nodi. Come nel caso delle resistenze in serie, le resistenze possono
essere sostituite da una resistenza equivalente R eq alla quale il generatore
eroga la stessa corrente che erogava al gruppo di resistenze ed ai capi della
quale c’è la medesima d.d.p. Vab.
Per quanto visto precedentemente, si può scrivere:
V  R1 I1 V  R2 I2 V  R3 I3
Inoltre, nei nodi a e b valgono le leggi dei nodi, per cui
i = i1 + i2 + i3
e risolvendo le espressioni precedenti sostituendo al posto di i1 i2 i3 i loro
valori, si ottiene:  1
V V V 1 1 
I  I1  I2  I3     V    
R1 R2 R3  R1 R2 R3 

1 1 1 1
  
Il che fornisce l’equazione R R1 R2 R3
1 1
Che può essere generalizzata, nel caso di più resistenze, come: R
  i
Ri
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Amperometri e voltmetri
Lo strumento utilizzato per misurare la corrente è detto amperometro. Il
metodo più comune per effettuare una misura di corrente è quello di
interrompere il filo ed inserire l’amperometro A in serie in modo che la
corrente da misurare passi attraverso lo strumento.
Si consideri il circuito a due resistenze R1 e R2 in figura, e si supponga per
semplicità r=0 (resistenza interna del generatore nulla). Senza amperometro
la corrente circolante nel circuito vale i, mentre tenendo conto
dell’amperometro e della sua resistenza interna rA, la corrente diventa i’.
Esse sono date da: E E
i i' 
R1  R2 R1  R2  rA
Siccome lo strumento dovrebbe perturbare il meno possibile il circuito per fornire un valore i’ il più possibile
vicino ad i, si vede che deve essere rA << R1 e R2 (in un buon amperometro la resistenza interna dell’amperometro
deve essere trascurabile rispetto a quelle del circuito).
Lo strumento utilizzato per misurare la tensione è detto voltmetro. Il metodo più comune per effettuare una misura
di tensione è quello di porre il voltmetro in parallelo rispetto all’elemento del circuito di cui si vuole conoscere la
tensione. Considerando lo stesso circuito a due resistenze R1 e R2 in figura, e supponendo sempre r=0, senza
voltmetro la caduta di tensione su R1 vale V1, mentre con il voltmetro la caduta di tensione su R1 (e sul voltmetro
che ha resistenza interna RV) vale V1’. Esse sono date da:
Senza amperometro la corrente circolante nel circuito vale i, mentre tenendo conto dell’amperometro e della sua
resistenza interna rA, la corrente diventa i’. Esse sono date da:
R1 E R1V E dove R1V è il parallelo tra R1 e RV; si ha che V1 e V1’ sono tanto più
V1  R1i  V1 '  R1V i"  simili quanto più RV >> R1: in un buon voltmetro la resistenza
R1  R2 R1V  R2
interna deve essere molto più grande di quella del circuito.
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Circuiti RC – carica di un condensatore
Nel circuito C è inizialmente scarico. L’equazione del circuito (legge
di Kirchhoff generalizzata) è:
q q dq
E   Ri  E  R
C C dt
dq E C  q q dq 1 t

dt

RC
e integrando  0 EC q

RC  dt
0
t
cioè ln E C  q   
RC
Da cui si ha 
q t   Q 1  e  t/  C
 dove QEC e C  RC

è la costante di tempo capacitiva del circuito (s), e dove le condizioni


iniziali sono t  0  inserimento di E  q  0

La corrente i(t) si ottiene mediante derivata:


t
dq E   
t
i  e C
 C
dt R i I e
E
dove I Si noti che per t = 5C si ha q = 0.993 Q e i = 0.006 I
R

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Circuiti RC – scarica di un condensatore
Nel caso della scarica del condensatore, C è inizialmente carico (per t = 0 q=Q) e all’accensione del
tasto T si scarica sulla resistenza R. L’equazione del circuito può essere scritta (legge Kirchhoff) come:
q q dq dq q q dq 1 t q

C
 Ri    R
C dt
 dt

RC
 Q q

RC 
0
dt
Q
t
q t 
Da cui si ottiene ln  cioè C
Q RC q Qe
Per quanto riguarda la corrente, essa vale:
t t
dq Q  
C
V Q
i  e C
cioè i  I e dove I V
dt RC R C t

Anche in questo caso si può notare come, per t = 5tC , si abbia q = 0.006 Q e i = - 0.006 I
i
Nel circuito RC, l’energia dissipata nella resistenza R durante la scarica del condensatore e quella fornita
dal generatore ed accumulata nel campo E del condensatore
2
valgono rispettivamente: t
   t 1
 
2 2
U
2
R i dt cioè U RI e RC
dt  C V
0 0 2
t
Q 
E2  
U  E dq   E i dt
0 0
cioè U
R 
0
e
C
dt  C E 2  C V 2

E tale uguaglianza dimostra che l’energia accumulata nel condensatore sotto forma di campo elettrico si
è dissipata sotto forma di calore nella resistenza per effetto Joule. -I

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