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Camarda Laura

Lezione n° 5 Buccisano Tommaso


27/10/2020 Di Marziantonio Giulia
Professoressa Elena Forte Pacini Giulia

LE RADIAZIONI E LE LORO APPLICAZIONI BIOMEDICHE

Quali sono i valori del rapporto neutroni/protoni così che ci sia un nucleo stabile o instabile?
Osserviamo questo grafico avente sull’asse delle ordinate i neutroni in funzione del numero
atomico, vale a dire dei protoni che si troveranno sull’asse delle ascisse.

Per i primi elementi il rapporto è molto vicino ad 1/1; man mano che abbiamo elementi con Z>20 il
numero dei neutroni aumenta ed il rapporto 1/1, che è questa linea nera nel grafico di destra, si
allontana molto dal rapporto neutroni protoni degli elementi reali.
Il rapporto corretto aumenta all’aumentare del numero atomico e tra 1,3 e 1,45-1,5 è ancora stabile;
sopra 1,5 o sotto 1,3 è instabile.
Sempre tenendo come punto di riferimento i grafici di sopra, se vi è un rapporto maggiore di 1,3
/1,5 (a seconda del numero atomico) vuol dire che c’è un’instabilità neutronica dovuta ad
un’eccedenza di massa (numero di neutroni troppo elevato).
Ciò porterà alla trasformazione dei neutroni in protoni + elettroni e quindi un’emissione β -.
Se, invece, vi è un’eccedenza di carica, ovvero troppi protoni, si ha l’emissione del protone che si
trasforma in neutrone emettendo un positrone (emissione β+). In questo caso si può incorrere anche
ad una cattura elettronica la quale prevede la cattura di un elettrone dei primi livelli energetici
dell’atomo da parte di un protone; quando ciò avviene c’è una reazione che lo trasforma in un
neutrone. La massa resta invariata, ma c’è un protone in meno, diminuirà perciò l’eccedenza di
carica.
Quando Z>83 è la massa del nucleo ad essere molto grande; essendoci quindi un raggio molto
grande il nucleo diventa instabile in quanto è tenuto insieme dalla forza forte che agisce su raggi più
piccoli e ciò comporta fenomeni di emissione di particelle α.
Quando vi è un’eccedenza di protoni il rapporto va sotto ad 1?
No, guardando il grafico il rapporto 1 ad 1 è rappresentato dalla linea nera che non è raggiunta
nemmeno dagli isotopi instabili, questo rapporto è valido per i primi 15 elementi circa, andando ad
aumentare Z questo rapporto di stabilità cambia. Gli isotopi stabili sono quelli sono confinati sulla
linea blu (guardare sempre i grafici di inizio pagina).

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Il rapporto neutroni su protoni aumenta all’aumentare del numero atomico, ad esempio con Z=80
il rapporto corretto è intorno ad 1,5; se si va molto sopra 1,5 si avrà un’eccedenza di massa e se si
va sotto 1,3 si avrà un’eccedenza di carica.
Il rapporto 1 ad 1 non è corretto per gli elementi a partire da Z>20-25, quindi il rapporto corretto
dipende anche dalla grandezza dell’elemento.
L’altra volta avevamo visto come possono questi isotopi instabili emettere radiazioni, quindi nel
caso di un’eccedenza di massa abbiamo un numero sopraelevato di neutroni e si avrà un protone
più un’emissione beta meno dell’elettrone e, dato che si forma un protone, il numero atomico
avanza di un’unità ed il numero di massa non varia.
Nel caso di un’eccedenza di protoni quest’ultimi si trasformano in neutroni generando positroni
(emissione beta +); Z diminuisce di un’unità e si può incorrere anche in una cattura elettronica.
Per i nuclei molto pesanti sia di massa che di carica si ha una emissione di particelle α, vale a dire un
nucleo di elio costituito da due protoni e due neutroni: il numero atomico diminuirà di 2 unità ed il
numero di massa di 4 unità.
Le emissioni gamma sono invece radiazioni elettromagnetiche e derivano dalle transizioni tra livelli
di energia nucleare, perché anche il nucleo, in seguito a queste emissioni di particelle, può diventare
instabile, andare ad un livello energetico più alto e con minore stabilità tendendo successivamente
ad emettere energia per tornare al livello più stabile.
Questa energia emessa dal nucleo è l’emissione gamma che è quindi dovuta ad un nucleo instabile.
Durante una cattura elettronica Z diminuisce di un’unità (un po’ come nell’emissione di un
positrone) poiché il protone reagisce con l’elettrone che arriva sul nucleo, dopo esser stato
catturato, generando un neutrone.
RICAPITOLANDO:
• Emissioni β- quando vi è l’instabilità neutronica
• Nessuna emissione quando vi è un corretto assetto neutroni protoni
• Emissione β+ o cattura elettronica quando è presente un elevato numero di protoni

Sopra Z=80 iniziano ad esserci tanti i nucleoni quindi possiamo trovare anche l’emissione α.
Avevamo detto anche che queste reazioni seguono una
cinetica esponenziale ed abbiamo stabilito che cos’era il
tempo mezzo: tempo richiesto affinché la
concentrazione del nuclide diventi la metà ed il tempo
necessario per cui l’attività dimezzi.
Quindi data una quantità iniziale di 0,2 dopo uno
specifico tempo mezzo ne avremo 0,1, dopo un secondo
tempo mezzo 0,05 e così via.
Ogni tempo mezzo diminuisce inoltre l’attività del
radioisotopo.
In base al tempo mezzo si può calcolare da quanto tempo sta decadendo un isotopo radioattivo, ad
esempio il carbonio-14 è utilizzato per datare reperti molto antichi.
Il carbonio in generale è un elemento molto importante per le sostanze organiche poiché è
contenuto in esse.
L’atmosfera è ricca di carbonio-14 e quest’ultimo è assimilato dagli esseri viventi.
Una volta che l’essere vivente è morto non lo assorbe più ed in base al numero di disintegrazioni di
questo isotopo possiamo ricavare l’età del referto. Questo isotopo ha un tempo di dimezzamento
di 5730 anni pertanto possiamo valutare solo referti molto antichi.
Abbiamo visto che queste radiazioni hanno anche un diverso potere penetrante.

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Le α sono le più grandi essendo un nucleo di elio e sono
per questo le meno penetranti, sono fermate anche
dalla superficie della nostra mano, penetrano
pochissimo poiché il derma ha uno specifico spessore
che non riescono a superare.
Respirare un isotopo radioattivo che emette radiazioni
α è tossico perché le cellule presenti sulla superficie
dei nostri polmoni non hanno la superficie del derma,
ma sono diversamente spesse e quindi queste
radiazioni possono penetrare all’interno delle cellule
dei nostri alveoli e generare dei danni.
Le radiazioni beta sono più penetranti perché formate soltanto da un elettrone (ricordate che è circa
2000 volte più piccolo di un protone), riescono ad entrare nei nostri tessuti e sono invece bloccati
da una lastra di alluminio.
I raggi X, usati anche per scopi diagnostici, hanno delle frequenze abbastanza elevate per cui
superano anche l’alluminio, ma sono fermate da una lastra di piombo.
I raggi gamma sono tra i più penetranti ed ovviamente per bloccarli devo avere una lastra di piombo
bella spessa.
Mentre i raggi alfa beta e gamma derivano dal nucleo, per cui la loro radioattività è un fenomeno
prettamente nucleare, i raggi X invece derivano dalle transizioni elettroniche tra orbitali diversi
all’interno degli elementi, quindi vengono emessi quando gli elettroni eccitati tornano al livello
stazionario.

Come interagiscono queste radiazioni con la materia


organica?
Le alfa non sono penetranti, ma se ingerite possono
essere dannose; sono formate da un nucleo di elio,
cioè un nucleo di 2 protoni. Considerando che le
radiazioni alfa quando sono emesse hanno una certa
velocità, esse quando interagiscono con la materia
tendono ad estrarre/prendere 2 elettroni, quindi ciò
che rimane della materia è uno ione bi-positivo quindi
queste alterano la materia.

Quando l’atomo invece è colpito da un positrone, quindi sempre una particella carica ( β⁺), questo
tende a reagire con un elettrone e ad annichilire, quindi c’è annichilazione ed emissioni di radiazioni.
L’elettrone è scomparso nell’annichilazione e quindi la materia diventa uno ione mono-positivo.
Quando abbiamo queste reazioni che contengono cariche positive, o perché è un nucleo di elio o
perché avviene un’annichilazione tra un positrone e un elettrone, la materia diventerà uno ione,
quindi queste radiazioni sono definite radiazioni ionizzanti.

L’elettrone che viene invece ceduto, quindi la particella β⁻, una volta che ha urtato può essere
attratto/legato dalla materia trasformando un atomo in uno ione mono-negativo.

Le radiazioni gamma, sono quelle con frequenza maggiore, possono cedere ad un elettrone di un
atomo presente su un orbitale, energia sufficiente da allontanarlo e quindi anche questi atomi
producono ioni mono-positivi, di conseguenza anche le radiazioni gamma sono radiazioni ionizzanti

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e poiché queste radiazioni in genere non vanno ad incidere su elementi singoli, ma su delle molecole
e vanno ad incidere sugli elettroni che fanno parte del legame, possono rompere le molecole e
quindi creare dei danni.

Le radiazioni UV (ultraviolette) non


sono radiazioni ionizzanti, perché
non riescono ad
estrarre/allontanare gli elettroni;
quindi quando colpiscono la
materia ciò che riescono a fare le
radiazioni UV è eccitare l’atomo.
Un atomo è eccitato quando un
elettrone si allontana dallo stato
fondamentale ad uno stato più
esterno quindi un orbitale più alto,
ma poi ritorna indietro e dunque
non crea ionizzazione. Gli UV non
riescono a strappare elettroni.
Come abbiamo ricordato per
l’effetto fotoelettrico, la radiazione elettromagnetica va per pacchetti di energia, in base all’energia
possono più o meno strappare gli elettroni, se le radiazioni gamma possono allontanare dalla
molecola questi elettroni; al contrario gli UV non hanno energia sufficiente per farlo perché hanno
un pacchetto di energia più basso, ma possono solamente creare uno stato eccitato.
Si può essere particolarmente sfortunati se una radiazione UV, colpisce proprio l’elettrone che è
stato allontanato nell’orbitale più avanti e quindi può essere che si abbia un doppio salto con due
radiazioni UV.

Le radiazioni visibili, cioè quelle che riusciamo a cogliere con la nostra vista, non sono radiazioni
ionizzanti. In alcune molecole particolarmente complesse che hanno orbitali molto vicini, è possibile
che vengano eccitati e questa eccitazione, quando la luce visibile incide su una particolare molecola
che è presente sulla nostra retina, fa sì che il retinale cambi conformazione staccandosi dalla
proteina ed inviando l’impulso nervoso.

Quindi le radiazioni visibile non vanno a cambiare lo stato della materia.

I raggi UV sono dannosi perché possono provocare delle rotture delle molecole, quando un singolo
fotone UV va a colpire un elettrone che lo porta ad un livello più elevato, cioè ad uno stato eccitato,

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a tale stato può succedere che un nuovo fotone colpisca sempre l’elettrone e lo allontani
nuovamente e se questo processo avviene nelle molecole vuol dire che avviene una rottura. Quindi
possiamo pensare alle nostre macromolecole come DNA e proteine che possono rompere dei
legami, oltre al fatto che sono in grado di muoversi (gli atomi non vanno immaginati come fissi ma
hanno un movimento rotazionale e vibrazionale e scaldano la materia rendendola più sensibile).
I raggi UV sono meno dannosi dei raggi gamma e dei raggi X, perché mentre raggi gamma e X
espellono l’elettrone e lo allontanano quindi danneggiano la molecola; i raggi UV sono meno forti e
quindi non riescono ad allontanare l’elettrone dalla molecola e quindi non la rompano. Può
succedere che tanta radiazione UV insieme possa in un processo a 2 o 3 step danneggiare la materia
oltre che ad infiammarla. Ad esempio i raggi infrarossi che non riescono a far fare agli elettroni i salti
quantici, fanno muovere più velocemente gli atomi con moti vibrazionali e rotazionali e si scaldano,
processo con cui le microonde scaldano i cibi, cioè facendo muovere più velocemente la materia.
Le radiazioni ionizzanti in conclusione sono le Alfa, Beta +, Beta -, Gamma, che per l’uomo sono le
più pericolose.
Se le radiazioni vengono a carico di elettroni che sono presenti in atomi legati tra loro è possibile la
rottura di molecole contigue e la produzione di radicali. Un radicale è una molecola che presenta un
elettrone spaiato, e siccome gli elettroni spaiati sono più instabili tenderanno a reagire con altre
molecole in modo da appaiarsi e quindi tendono a reagire con altra materia.

Altri tipi di radiazioni ma a frequenze più alte sono gli infrarossi

Poiché tutte queste radiazioni sono dannose per le nostre macromolecole e nostre cellule, ma sono
utili per scopi diagnostici e terapeutici è bene sapere quanta radiazione arriva al nostro corpo.
Uno degli strumenti più semplici per capire quanta radiazione arriva al nostro corpo è il Tubo di
Geiger, in cui è possibile contare il numero di particelle Alfa, Beta o Gamma; perché sono tutte
radiazioni ionizzanti, perché il Tubo di Geiger misura la formazione degli ioni.

Il Tubo di Geiger ha una copertura di metallo, in cui la copertura esterna fa da catodo e all’interno
c’è un filamento che è l’anodo; inoltre all’interno c’è anche un gas che abbassa la pressione. Quando
arriva la radiazione ionizzante questa va a ionizzare le molecole all’interno quindi creando degli ioni
positivi e negativi, la parte negativa andrà verso l’anodo e viceversa la parte positiva verso il catodo
e toccando tra loro si andranno a misurare la differenza di potenziale e quindi la radiazione.

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Nel Tubo di Geiger c’è una finestra di mica perché se fosse tutto metallico, non passerebbero le
radiazioni alfa, ma entrerebbero solo le beta e le gamma. In questa maniera noi possiamo misurare
tutte e tre le radiazioni; esistono degli strumenti che hanno anche dei selettori, quindi se non c’è
questa finestra di mica misurano soltanto le radiazioni beta e gamma e mettendo una finestra di
metallo a seconda dello spessore misureranno le beta o le gamma; quindi noi siamo in grado di
sapere la quantità di radiazioni a cui andiamo incontro.
In un altro strumento simile al Tubo di Geiger è possibile selezionare senza filtro le alfa, le beta e le
gamma; mentre con una lamina di alluminio di 0.1 mm abbiamo solo le beta e le gamma e se la
lamina di alluminio è superiore ai 3 mm avremo generalmente solo le gamma; quindi possiamo
sapere anche a quale tipo di radiazioni andiamo incontro.

Come si misurano le radiazioni ionizzanti?

Il criterio fisico è il Becquerel, inoltre Becquerel è il fisico che alla fine dell’Ottocento ha scoperto la
radioattività. 1 Becquerel è la quantità di campione che ha un’attività, quindi una disintegrazione,
per ogni secondo (un decadimento al secondo). Nel passato si usava il Curie perché Marie Curie
aveva misurato le radiazioni che emetteva 1g di Radio, che equivalevano a 3,7 x 10^7 radiazioni al
secondo.
Un criterio medico è invece quello che misura il danno tissutale, cioè la quantità di energia per kg di
tessuto ed è chiamato Sivert, oppure dato che il Sivert è una quantità molto elevata si può misurare
anche in REM, in quanto 1REM è
uguale a 1/100 di Sivert (1 Sivert =
100 REM). Per dire la quantità di
radiazioni che noi assumiamo
(dipendendo da diverse località) di
radioattività a livello naturale, una
dose annuale di 3 milliSivert, quindi
una quantità che non è superiore a
quella di quando noi facciamo delle
radiografie. Ovviamente bisogna
tenere in conto che poiché queste
radiazioni possono essere
accumulate nel tempo non è bene
fare tante radiografie ravvicinate nel

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tempo ma vanno distribuite in tempi lunghi.
Una TAC sono 8 milliSivert, la PET sono 10-20milliSivert, quindi quantotà abbastanza piccole che non
sono dannose.
Inoltre si è visto che fino a 25 REM non provocano nell’uomo particolari danni, quindi usare questi
metodi per la diagnostica (se non usati spesso) possono essere ottimali perché ci forniscono molte
informazioni.
Quindi tutti questi radioisotopi possono essere utilizzati sia in diagnostica, quindi immagini di
laboratorio che in terapia. Possono essere studiati in laboratorio anche per studiare determinate
cellule tumorali, esempio il trizio (elemento radioattivo) dato che l’idrogeno viene assunto in grande
quantità dalle molecole, le cellule tumorali assorbono tanto trizio e si può controllare il metabolismo
delle cellule tumorali e capire qual è il loro punto debole per poter cercare delle terapie più corrette.
Ovviamente un eccesso di radioattività può provocare dei danni, come nei soggetti affetti da tumori
che vanno incontro a radioterapia possono incorrere in un eccessivo dosaggio e quindi avere effetti
come diminuzione dei globuli bianchi, nausea, vomito. Tutte queste quantità hanno lo scopo di
uccidere particolari cellule e una volta avvenuto si interrompe la terapia. Una dose veramente
eccessiva può portare alla morte, come ad esempio lo scoppio dell’impianto nucleare di Chernobyl.

Nella fissione dell’uranio viene emesso lo iodo 131 che è molto dannoso per la tiroide e produce
particelle Beta.
Vediamo quali sono gli isotopi utilizzati in diagnostica e in terapia. In entrambi i casi il tempo mezzo
deve essere relativamente piccolo, perché più è minore il tempo in cui l’elemento è presente nel
nostro corpo, più lo eliminiamo rapidamente.
Per quanti riguarda la diagnostica, deve essere contenuto in un composto che si concentra in cellule
dei tessuti. Lo iodo viene
incorporato dalla tiroide
quindi potremmo utilizzarlo
sia per la diagnostica che per
la terapia.
Abbiamo visto parlando della
PET che le cellule tumorali
hanno un metabolismo
glicolitico molto elevato
rispetto alle nostre cellule
quindi le cellule tumorali
tenderanno ad assumere più
glucosio. Coniugare un
isotopo radioattivo al
glucosio dunque fa sì che
questa molecola si concentri
principalmente nella cellula
tumorale.
Ovviamente deve essere utilizzata la minima quantità utile che permette nella diagnostica di vedere
dove si concentra l’isotopo e nella terapia quella che permette di danneggiare le cellule che devono
essere eliminate.

Nella diagnostica si preferisce utilizzare degli isotopi che possono essere rilevati dall’esterno.

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Le radiazioni alfa abbiamo detto che hanno un potere penetrante molto piccolo, quindi non
superano la barriera della nostra pelle. Le radiazioni B penetrano intorno al millimetro, quindi si
utilizzano le radiazioni gamma che sono rivelate dall’esterno.
Per la PET è presente l’apparecchiatura esterna che durante l’annichilazione dell’elettrone e del
positrone assorbe i raggi gamma emessi.

Nella diagnostica deve essere utilizzato un tipo di isotopo che ha capacità di legarsi a diversi tipi ti
molecole perché, ad esempio, per problemi al cervello ci saranno particolari tipi di molecole, diverse
da molecole utili per la diagnosi di malattie del sangue.
Nel caso della terapia invece se il radioisotopo è preso per ingestione o per iniezione è preferibile
che siano raggi alfa o beta perché sono poco penetranti e quindi vanno direttamente al bersaglio.
Inoltre, devono svolgere una grande attività in tempi molto brevi, quindi uccidere le cellule
facilmente ed essere eliminati velocemente.

Qui abbiamo alcuni esempi di radionuclidi e tempi mezzi:


il carbonio 14 ha un tempo mezzo molto elevato ed è utilizzato per datare reperti organici.
Il trizio ha un tempo mezzo discretamente elevato. Viene utilizzato in laboratori di ricerca perché è
un isotopo dell’idrogeno, dunque viene assorbito dalle cellule e la sua vita può essere seguita
all’interno del metabolismo cellulare.

Il fluoro 18 è quello che abbiamo visto emettere positroni e quindi radiazioni gamma. Può essere
facilmente legato al glucosio ed utilizzato come molecola target per le cellule che utilizzano
respirazione da glucosio, quindi le cellule cancerose.
Un altro elemento è il tecnezio che viene prodotto in laboratorio. Emette radiazioni gamma ed ha
un tempo mezzo decisamente basso di 6 ore.
In terapia per i tumori maligni viene ancora utilizzato il cobalto 60, un elemento che non esiste in
natura ma viene prodotto e ha dei tempi mezzi di anni. È in grado di produrre radiazioni gamma ma
avendo un tempo mezzo così elevato viene utilizzato solo all’esterno, non possiamo assumere
radioisotopi che hanno tempi mezzi troppi elevati, possono essere al massimo delle ore.

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Facciamo degli esempi veloci. Questa è la
strumentazione che usa il cobalto 60 e
prevede la produzione di raggi gamma
dall’esterno. Vi sono nelle fessure e
attraverso degli strumenti d’immagine il
raggio gamma viene inviato nella zona che
serve per eliminare le cellule.

In terapia viene spesso utilizzato lo iodio


131 che ha un tempo di decadimento di 8
giorni. Emette al 90% radiazioni beta e al
10% genera uno stato instabile che è il

nucleo dello xenon che emette radiazioni gamma.


Poiché le radiazioni beta sono molto dannose, lo iodio
131 viene usato soltanto in terapia poiché uccide le
cellule cancerose. In generale questa terapia è specifica
per la tiroide.
Se invece vogliamo fare diagnosi della tiroide usiamo lo
iodio 123 che ha un tempo mezzo molto più basso
(13h) e ha un carico di radiazioni decisamente inferiore
(1% dello iodio 131). Il nucleo eccitato emette

radiazioni gamma a bassa energia per


tornare allo stato non eccitato durante la
cattura elettronica, trasformandosi in
tellurio 123;
Il tempo mezzo è decisamente piccolo,
decade molto velocemente e quindi le
radiazioni gamma le possiamo vedere
dall’esterno e in tempi brevi.
Possiamo dunque diagnosticare con
strumentazione esterna e quindi
possiamo distinguere la patologia rispetto
alla normalità.

Lo iodio 123, numero atomico 53, per la cattura elettronica diventa tellurio-52, numero di massa
123. Si forma uno stato d’energia, 159 KeV che vengono emessi come radiazioni gamma. Spesso
quando avvengono queste modificazioni del nucleo, esso è in uno stato eccitato d’energia che
emette radiazioni gamma per tornare allo stato non eccitato. Nel caso della PET abbiamo
un’emissione di positroni; viene utilizzato il fluoro-18, che emette un positrone. Il positrone reagisce
con un elettrone, c’è un’annichilazione, quindi la scomparsa dell’elettrone e del positrone e
l’emissione di raggi gamma a 180 gradi.
Nella macchina, dove viene fatto stendere il paziente, c’è un rilevatore che permette di rilevare i
raggi gamma a 180 gradi e quindi verificare dove il particolare isotopo si è concentrato. In questo
caso il fluoro è stato legato al glucosio, appunto il fluorodeossiglucosio, che entra molto più
facilmente nelle cellule che hanno metabolismo glicolitico, nelle cellule cancerose ma anche in altri

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tipi, ad esempio in quelle del cervello. Ha tempi mezzi molto rapide, 109 minuti, un tempo medio
molto basso, possiamo così sapere dove si va a concentrare questa particolare molecola. Il fluoro
18 avendo tempi di decadimento così ridotti viene prodotto direttamente in loco. Nella macchina ci
sono dei ciclotroni che generano il radioisotopo a partire dall’ossigeno pesante, ossigeno 18.
Dall’ossigeno 18 si crea il fluoro 18 il quale riemette poi velocemente il positrone. Le radiazioni
gamma ovviamente devono essere rilevate all’esterno, in questo caso per la diagnostica, nel caso
del cobalto per la terapia, le radiazioni beta dello iodio 131 invece che vanno a danneggiare, perché
hanno un percorso molto piccolo di penetrazione tissutale.
In un’immagine di una scintigrafia, quindi di una PET, la sostanza, in questo caso il
fluorodeossiglucosio, si va a concentrare nelle cellule tumorali ma anche nelle diverse metastasi. Un
altro elemento che si usa è il tecnezio 99, anche questo viene prodotto a partire dal molibdeno. La
PET fa vedere il metabolismo, la tac fa vedere la struttura e la forma sia ossea dell’individuo sia dei
tessuti. Con una PET più una risonanza magnetica nucleare, abbiamo sempre funzione, grazie alla
PET, e forma, struttura in questo caso del cervello, grazie alla risonanza. La risonanza magnetica
nucleare, come dice la parola, è dovuta al campo magnetico generato dai nuclei. I nuclei hanno una
carica positiva, in quanto contengono i protoni, e quindi dotati di carica, che in movimento creano
un campo magnetico. Questo campo può essere modificato, quindi orientato dall’esterno. Alcuni
nuclei che hanno i loro spin tra due cariche vengono orientati dal campo magnetico. Questa
orientazione può essere verso l’alto o verso il basso, lungo il campo magnetico, e se si dà un’energia
tale da orientarli tutti nella stessa direzione, è possibile seguire quest’energia e avere dunque la
mappa.

Domanda: pericoli per i medici o tecnici?

Queste apparecchiature sono sempre più sicure, perché sono ovviamente schermate. Più avanti va
la tecnologia più sono sicure. Il cobalto 60 è praticamente tutto schermato in modo che esca solo in
zone specifiche. Il medico, o tecnico radiologo, dovrebbe avere braccialetti in cui vengono assorbite
e misurate le radiazioni. Qualora ci fosse un incremento troppo grande della conta delle radiazioni
che subisce, il medico si dovrebbe fermare. Ora il rischio è molto più basso, e si usano tecnologie
più sicure. Il cobalto 60 sta per essere sostituito da strumenti con acceleratori ideali di elettroni che
hanno la stessa efficacia, o strumentazione molto precisa, che indirizza il raggio verso la specifica
zona. Queste macchine non sono più manuali ma rispondono ad input informatici. Si possono dare
indicazioni alla macchina da un’altra stanza. È bene che si tenga conta dell’esposizione, grazie ai
braccialetti che misurano radiazioni specifiche.

La radioattività non è una proprietà periodica ma dipende anche dal numero atomico. Gli isotopi dei
primi elementi della tavola periodica sono pochi o raramente radioattivi, con l’eccezione del trizio;
all’aumentare della massa del nucleo aumenta l’instabilità e quindi la probabilità che l’isotopo sia
radioattivo e che emetta quindi radiazioni. Il tipo di radiazioni dipende se ha eccedenza di massa,
eccedenza di carica o ha un numero molto alto nella tavola periodica. Nella tavola periodica più
sono blu più sono stabili ad eccezione del tecnezio prodotto in laboratorio, gli elementi rossi quindi
più radioattivi erano più in basso nella tavola periodica.

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Domanda: come funziona la risonanza magnetica?

Non sarà domanda d’esame. I nuclei hanno una carica positiva perché hanno i protoni. Ci sono alcuni
elementi che in base al numero di protoni risentono dei campi magnetici esterni. Quando non c’è
campo magnetico i nuclei possono essere indirizzati verso ogni direzione. Quando viene introdotto
un campo magnetico tutti gli spin nucleari si orienteranno o paralleli al campo o in maniera
antiparallela. Tra i campi energetici, il più alto è meno stabile, il più basso più stabile. Si creano
entrambi quando applichiamo un campo magnetico. Se formiamo un’energia per cui questi spin si
possono orientare in maniera antiparallela, invertendo la polarità del campo, questi nuclei con più
alta energia tenderanno a ricadere e si può misurare questo decadimento. Si misura sia
l’assorbimento per avere lo spin antiparallelo, sia il decadimento per tornare al parallelo. Questa
variazione d’energia è specifica di ogni elemento. L'idrogeno avrà bisogno di una certa quantità di
energia per passare dallo spin parallelo all’antiparallelo, mentre per altri elementi servirà una
diversa energia. In base all’energia fornita, si possono seguire diversi elementi. Si può seguire
l’idrogeno, più presente nelle nostre cellule, oppure il fosforo, che si usa per avere una risonanza
del cervello. Dobbiamo fornire un’energia diversa per seguire idrogeno, fosforo o carbonio.
Seguendo i tempi di rilassamento, il tempo per tornare da spin antiparallelo al parallelo, possiamo
distinguere.

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Qui abbiamo un’immagine tessuto cerebrale utilizzando l’idrogeno. Spesso la risonanza magnetica
nucleare usa l’idrogeno rivelando la distribuzione di quelle molecole ricche di idrogeno, come i
grassi, e l’acqua. Quindi va a rilevare i tessuti molli, ricchi di idrogeno. Quando andiamo a accoppiare
la risonanza più la PET, vediamo questo tipo di tessuti, con la TAC vediamo i tessuti più rigidi. Quindi
con la PET possiamo vedere la funzione, con la risonanza nucleare la forma di questi tessuti molli,
con la TAC i tessuti più rigidi.

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