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Lezione 10/11/2022 – Diagnostica per Immagine e Radioterapia

1. Introduzione alla diagnostica per immagini


La radioprotezione è una disciplina che studia gli effetti delle radiazioni ionizzanti
sull’uomo e cerca di prevenire gli effetti delle radiazioni stesse su questi. La
radiologia, invece, è una branca della medicina che si
occupa di ottenere immagini degli organi e dei tessuti per
la diagnosi o il trattamento di malattie, si basa sull’entità
fisica della radiazione e sfrutta l’interazione del corpo
umano con i raggi X. Le immagini radiologiche a scopo
diagnostico risalgono a tantissimi anni fa addirittura al
1895 con la scoperta dei raggi X. Nei primi anni ’70 è
stata messa appunto la prima TAC, negli ’80 la risonanza
magnetica. Negli anni successivi sono state scoperte
una serie di tecniche e metodiche di diagnostica per
immagine più innovative, un esempio è la PET, che è la
tecnica più recente e innovativa. La prima ampolla
utilizzata per ottenere delle immagini
radiologiche, veniva poggiato sulla persona e si
effettuava la radiografia. Oltre ad essa esistono
altri esami che spesso uniscono due metodiche
(PET e TAC, PET e RM) in modo da avere delle
informazioni doppie che si fondono e danno vita a
un quadro clinico più completo.
Nel 1955 Donald ha messo appunto le prime
immagini di ecografia con gli ultrasuoni, che attraversano tutte le materie, eccetto
l’osso e l’aria contenuta nel corpo, nel ’72 Godfrey Hounsfield mise a punto la TAC
(Tomografia computerizzata) che permette di visualizzare il corpo umano in tagli
assiali attraverso i raggi X e nel ‘73 Lauterbur e Damian hanno ideato la risonanza
magnetica che sfrutta un campo magnetico e le onde radio. Le sorgenti di energia
utilizzate per ottenere immagini dal corpo umano sono radiazioni ionizzanti quindi
raggi X utilizzati nella radiologia tradizionale e nella TAC, i gamma vengono utilizzati
nella medicina nucleare. L’energia meccanica quindi gli ultrasuoni servono per
l’ecografia.
Sorgenti di energia utilizzate per ottenere delle immagini dal nostro corpo:
- Radiazioni ionizzanti: divise in fotoni X1, utili per la radiologia tradizionale e la TAC
e in raggi γ, utili in medicina nucleare;
- energia meccanica: gli ultrasuoni utili per l’ecografia;
- campi magnetici: non sono radiazioni e sono utili per la risonanza magnetica;
- calore corporeo: utilizzati per la termografia termografia.
Imaging anatomico e molecolare:
Le metodiche di cui abbiamo parlato consentono di ottenere immagini
anatomicamente molto dettagliate del nostro corpo a seconda della tecnica utilizzata.
L’imaging “convenzionale” fornisce accurate informazioni sulla malattia in senso
macroscopico, con una risoluzione spaziale che l’avvento della tecnologica TC

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Con questo termine non bisogna indicare il nome dell’esame eseguito.
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multistrato ha spinto fino a valori sub-millimetrici. L’imaging anatomico appare essere
assolutamente indispensabile in ogni settore clinico, dalla mappa anatomica o pre-
operatoria fino all’oncologia. Ultimamente sono utilizzate moltissimo le tecniche più
avanzate in oncologia infatti le diagnosi dei malati oncologiche prescindono dagli
esami radiologici. C’è una scala qualitativa degli esami di diagnostica per immagini
partendo dalla radiografia, la quale fornisce delle immagini “grossolane”, fino ad
arrivare alle TAC a strati sottilissimi che possono diagnosticare anche noduli di 1 mm.
La PET è una diagnostica per immagini detta molecolare in quanto segue quelli che
sono i processi biologici del nostro corpo. Viene iniettato un mezzo di contrasto che
viene captato da cellule particolarmente attive e proliferanti, come i tumori. È per
questo motivo che viene utilizzata principalmente per diagnosticare malattie
oncologiche che captano il mezzo di contrasto e danno, come immagini, zone nere
o colorate. Il radiofarmaco più utilizzato (per il 70-80% dei casi) è FDG
(Fluorodesossiglucosio). Un radiofarmaco è un medicinale in uso in medicina
nucleare che include uno o più radionuclidi (isotopi radioattivi) incorporati a scopo
sanitario, con la capacità di legarsi a cellule e tessuti di natura patologica. Sono molti
i radiofarmaci che vengono utilizzati per la PET. Alcuni sono specifici per
diagnosticare determinati tipi di patologie. Esistono, però, dei casi in cui FDG non
viene captato, ad esempio nel caso di tumore alla prostata, ed è per questo motivo
che nella diagnosi intervengono altri tipi di radiofarmaci.
Scienze radiologiche
Le scienze radiologiche sono le branche che utilizzano le radiazioni e si dividono in:
- radiologia diagnostica: quindi la diagnostica per immagini;
- radiologia interventistica: si occupa del trattamento di un’ampia varietà di patologie
(oncologiche, urologiche, ginecologiche). Nella maggior parte dei casi le tecniche di
radiologia interventistica sono mininvasive (via percutanea) e vengono eseguite in
anestesia locale (es. l’angioplastica: procedura di radiologia interventistica impiegate
per trattare l'occlusione di un vaso sanguigno arterioso);
- la medicina nucleare;
- la radioterapia oncologica quindi utilizza le radiazioni ionizzanti per curare i tumori;
- la radiobiologia che spiega cosa avviene a livello cellulare a causa delle radiazioni
sia in maniera positiva che in maniera negativa;
- la radioprotezione medica.
Tipi di radiazioni e sorgenti
Si definisce radiazione un’energia che si propaga nello spazio grazie a una sorgente,
ci sono le naturali come ad esempio gli isotopi radioattivi e possono essere utilizzati
sia a scopo diagnostico che terapeutico. Il problema delle sorgenti naturali è che
emettono sempre radioattività, per questo motivo vengono considerate pericolose e
tenute sotto controllo in zone controllate in contenitori specifici. Un tempo questi
contenitori venivano aperti e le radiazioni utilizzate in radioterapia. Oggi, invece,
attraverso un semplice pulsante si è in grado di attivare e disattivare la sorgente di
radiazione quando si vuole. Non vi è quindi il pericolo di esposizione e dispersione
di radiazioni in maniera continua nell’ambiente o delle persone. Distinguiamo tra:
- radiazioni in corpuscolate (particelle alfa, beta protoni e neutroni);
- radiazioni non corpuscolate (radiazioni elettromagnetiche, onde ultrasonore, campi
magnetici);
Possiamo dividere inoltre le radiazioni in:
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- radiazioni direttamente ionizzanti (particelle alfa, particelle beta, protoni, ioni):
questo tipo di radiazioni sono potenzialmente pericolose per il corpo umano, in
quanto possono provocare delle perturbazioni delle nostre cellule e la rottura dei
legami chimici del DNA. È importante ricordare che, attraverso un semplice esame
radiologico, è praticamente impossibile poter sviluppare delle complicazioni dovute
all’esposizione, proprio perché le dosi delle radiazioni sono basse. È comunque vero
che, le radiazioni a bassa dose, possono provocare delle complicanze. Ad esempio,
le gonadi sono molto radiosensibili, quindi basta una piccola dose di radiazioni per
causare dei danni. Per poter provocare un danno, quindi, bisognerebbe sottoporsi
ad un numero elevato di esami con radiazioni ionizzanti
- radiazioni indirettamente ionizzanti (raggi X, raggi γ, elettromagnetiche, neutroni):
hanno un’energia molto bassa, non provocano dei danni a livello del DNA.
Scoperta e produzione dei raggi X
La scoperta dei raggi X è stata casuale da Wilhelm Rönteng nel
1895, egli studiava fenomeni associati al passaggio della
corrente elettrica con gas a pressione molto basso, aveva
avvolto tubo di scarico in un tubo e casualmente un foglio di carta
che stava su un tavolino vicino divenne fosforescente. Egli
comprese che dal tubo di scarico erano uscite radiazioni che
avevano eccitato la fluorescenza del foglio in questione.
Sfruttando ciò, Augusto Righi, professore dell’Università di
Bologna, fu il primo ad effettuare una radiografia completa alla
mano del suo meccanico.
I raggi X sono generati in un tubo radiogeno che consiste in un tubo a vuoto con un
catodo e un anodo, la corrente per eccitazione termica rilascia degli elettroni che
vengono rilasciati verso l’anodo attraverso una differenza di potenziale tra i due nodi,
gli elettroni rilasciano un’energia producendo in parte
calore in parte raggi X che vengono convogliati attraverso
l’apertura all’esterno nella zona di nostro interesse ovvero
il corpo umano, per poter infine ottenere l’immagine
radiologica. Il meccanismo più utilizzato (80%) è
attraverso il fenomeno di frenamento/Bremsstrahlung,
ossia l’accelerazione degli elettroni verso l’anodo con
conseguente frenatura e direzionamento verso l’apertura
che li indirizza successivamente alla zona di nostro
interesse. I raggi X sono in grado di attraversare i tessuti
corporei subendo, punto per punto, un’attenuazione legata a spessore del corpo
umano, densità e dal numero atomico delle strutture incontrate. Le radiazioni
saranno diverse per intensità rispetto al peso corporeo della persona. Il nostro corpo
non è tutto fatto degli stessi tessuti, ad esempio l’aria dei polmoni si fa attraversare
facilmente a differenza delle ossa. Nella radiologia tradizionale l’osso risulterà
bianco, l’aria di colore nero e i tessuti molli grigi, questo infatti dipende da quanto le
radiazioni vengono attenuati dalle diverse parti del nostro corpo. Attualmente è tutto
digitale ma un tempo si utilizzavano le lastre dietro al paziente e poi si faceva la
radiografia, ora è il computer a rilevare il tutto. Se la densità aumentano le radiazioni
attraversano poco quella parte del corpo e sulla lastra apparirà in bianco. Nelle
vecchie radiografie, ad oggi quasi del tutto superate, avremo, per densità, un
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passaggio da nero a bianco. Oggi la radiologia tradizionale non si utilizza quasi più
perché grossolane, si vedono al massimo fratture quindi è utile per questo o anche
in via pre-operativa per accertarsi che non ci siano problemi. Esistono diverse unità
di misura delle radiazioni, in base al tipo di dose che andiamo ad esaminare:
- la dose assorbita indica l’energia assorbita per unità di massa (1 kg) e si misura in
gray, viene utilizzata in radioterapia;
- la dose equivalente è la dose assorbita media in un tessuto o organo e si misura in
Sievert, è utilizzata in radioprotezione;
- la dose efficace rappresenta la somma delle dosi equivalenti e anch’essa si misura
in Sievert.
Effetti delle radiazioni e radiosensibilità
Gli effetti delle radiazioni possono essere:
- fisici come eccitazioni delle cellule e ionizzazioni;
- chimici con effetti diretti o indiretti o alterazioni delle molecole del nostro corpo;
- biologici con alterazione del DNA. Queste ultime possono causare seri danni tra cui
l’inibizione della replicazione e della trascrizione delle cellule, l’apoptosi o causare
malattie genetiche.
È molto importante il concetto di radiosensibilità perché ogni tessuto ha un grado
diverso di rispondere alle radiazioni quindi abbiamo tessuti a elevata, bassa e media
intensità. Ad esempio per curare un tumore è importante che sia radiosensibile
perché reagisce alle radiazioni. Nel caso contrario, ovvero quando il tumore è
radioresistente significa che esso non risponde alle radiazioni e quindi non è
possibile curarlo attraverso la radioterapia. In particolare la radiosensibilità è elevata
nelle cellule con elevata attività proliferativa, cioè che si replicano rapidamente, ed a
minor grado di differenziazione. Riconosciamo delle classi di radiosensibilità dei
tessuti corporei:
- tessuti labili: in cui le cellule si rinnovano completamente, un esempio è l’apparato
gastrointestinale che è molto sensibile. Nel caso dell’encefalo, ad esempio, l’ictus è
pericoloso perché le cellule del tessuto nervoso si riproducono lentamente e così si
ha un danno.
- tessuti stabili: si riproducono poco (fegato e reni);
- tessuti perenni: hanno bassa radiosensibilità.
Una fase molto importante dell'aspetto delle radiazioni è quella dei possibili danni
sull'embrione e sul feto. Nel caso degli adulti le radiazioni non possono causare danni
di crescita in quanto i nostri tessuti ed i nostri organi sono già sviluppati, ma per
quanto riguarda l'embrione o il feto che si trovano ancora in fase di formazione gli
effetti possono essere molto gravi. La gravidanza di questo evento dipende
soprattutto dalla fase della gravidanza, nella fase del preimpianto è molto rischioso
sottoporsi a delle radiazioni, man mano che aumenta la crescita del feto il danno
diventa minore e quindi dovrebbe essere più alta la dose per vedere dei danni
importanti. Abbiamo la fase dell’organogenesi dove la radiosensibilità è alta, c’è
possibilità di ritardo mentale o di arresto della crescita e lo sviluppo fetale in cui la
radiosensibilità è decrescente e aumenta il rischio di danni stocastici (neoplasie) in
età adulta. Le donne in gravidanza devono dunque evitare di fare esami radiologici
se non ecografia o in casi estremamente particolare risonanze magnetiche. Esiste,
inoltre la regola dei 10 giorni: nell’età fertile le indagini radiologiche che comportano

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l’irradiazione della zona pelvica (gonadi e addome inferiore) vanno effettuate nei
primi dieci giorni dall’inizio del ciclo mestruale.
Apparecchiature radiologiche
Le apparecchiature radiologiche che ad oggi hanno trovato innumerevoli applicazioni
in campo diagnostico e terapeutico sono:

Radioprotezione, raggi naturali e artificiali


La radioprotezione o protezione sanitaria contro le radiazioni è una disciplina che
racchiude in sé nozioni biologiche, fisiche e naturalistiche con lo scopo di preservare
lo stato di salute di chiunque lavori o frequenti l’ambiente ospedaliero. In altre parole
l’obiettivo è ridurre i rischi da radiazioni, in particolare da quelle ionizzanti, anche
definite artificiali poiché la radioattività è indotta per scopi diagnostici e terapeutici. Si
cerca di non esporre gli individui a quantità eccessive o inutili, per questo motivo
avviene un costantemente monitoraggio ambientale, delle sale contenenti le
apparecchiature ma anche delle sale d’attesa circostanti. Oltre alle radiazioni già
viste abbiamo i raggi cosmici, costituiti da particelle provenienti dallo spazio, sono
pertanto un fenomeno naturale al quale gli individui sono esposti quotidianamente.
Questi raggi cosmici sono costituiti da neutroni, raggi X e raggi γ, la quantità che
riesce a raggiungere il suolo terrestre è quasi pari a zero, questo grazie all’azione di
scudo dell’atmosfera, perciò il rischio che potrebbero causare è molto ridotto. Dalla
ricerca è emerso che perché le radiazioni diventino proeoccupanti bisogna volare
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molto, solo facendo tantissimi viaggi c’è rischio da radiazioni. Gli organi più sensibili
alle radiazioni sono:
- il midollo osseo che serve a produrre le cellule del sangue;
- le gonadi;
- l’apparato digerente, in cui può causare una sindrome gastrointestinale;
- la tiroide, dove può provocare danni ormonali;
- il cristallino, si trova nella zona anteriore dell’occhio e si opacizza nelle persone
affette da cataratta.
Molte di questi organi dipendono anche dall’età della persona. Gli effetti negativi si
distinguono in:
- danni stocastici divisi a loro volta in somatici che si manifestano nell’individuo
irraggiato, non richiedono il superamento di una dose soglia, sono probabilistici
quindi causali e spesso tardivi, cioè si manifestano dopo un certo periodo
dell’irradiazione; e in danni genetici che si trasmettono alla prole;
- danni somatici deterministici: derivano dalla dose utilizzata nelle radiazioni infatti
c’è una dose soglia e compaiono solo se questa soglia è superata, la gravità delle
manifestazioni cliniche aumentano con l’aumentare della dose. È preferibile fare più
sotto-dosi e quindi alla distribuzione temporale della dose.
I fattori di radioprotezione sono i seguenti:
- tempo: un contatto limitato nel tempo con la sorgente radiottiva costituisce un
semplice sistema di riduzione nel rischio;
- la distanza: l’intensità di un campo di radiazioni diminuisce allontanandosi dalla
sorgente;
- la schermatura: quando non è possibile stare da una certa distanza bisogna
schermare il corpo cioè si interpone tra il paziente e la sorgente e che quindi fermi le
radiazioni.
Le finalità sono prevenire l’insorgenza di effetti deterministici e mantenere ad un
livello accettabile l’insorgenza di effetti stocastici.
I principi generali della radioprotezione D. L. 230/95 (art. 2 – sistema di protezione
radiologica) sono
- il principio di giustificazione: ogni attività che comporta l’esposizione alle radiazioni
ionizzanti deve essere preventivamente giustificata e periodicamente riconsiderata
alla luce dei benefici che ne derivano, quindi quando si prescrive un esame
radiologico ci deve essere un valido motivo;
- principio di ottimizzazione: le esposizioni alle radiazioni devono essere mantenute
a livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenendo conto dei fattori economici e
sociali secondo il principio ALARA (as low as reasonably achievable).
Esistono in base a questi principi esami di più livelli in base a ciò che partono dal
binomio costo/beneficio:
- primo livello: ecografia (ultrasuoni) e radiografia tradizionale (RX standard);
- secondo livello: TAC e risonanza magnetica;
- terzo livello: PET.
Oltre ai due principi sopracitati ne esiste un terzo: il principio di limitazione della dose
secondo cui vi sono dei limiti di dose sa non superare. Nel caso in cui il personale
superi questo limite di dose bisogna restare un determinato periodo lontano da
sorgenti di radiazioni. Proprio per questo principio le radiazioni sono divise in non

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corpuscolate quindi non nocive e in ionizzanti. Per valutare le dosi assorbite, e quindi
l’esposizione dei singoli soggetti esistono dei presidi:
- la dosimetria individuale: attraverso i dosimetri individuali che possono essere a
termoluminescenza, a lettura diretta, rilevatori a tracce oppure a film. Il personale è
tenuto a indossarlo sempre, possibilmente in una zona in vista, durante la
permanenza in reparto e a trattarlo con la massima cura tenendolo lontano da fonti
di calore e umidità. Ogni lavoratore
esposto ha una scheda dosimetrica
personale dove mensilmente vengono
riportati i valori registrati;
- dosimetria ambientale: per quanto
riguarda gli ambienti circostanti, ovvero nelle zone non esposte direttamente viene
posizionato un rilevatore ambientale.
Di seguito vediamo esempi di protezioni:

Lezione 17/11/2022 – Diagnostica per immagine e Radioterapia

2. Raggi X
I raggi X sono esami di primo livello. Le radiazioni ionizzanti vengono usate in
particolare nell’rx. Si definiscono ionizzanti tutte quelle radiazioni corpuscolari ed
elettromagnetiche dotate di energia superiore ai normali potenziali di ionizzazione
atomici e molecolari dei tessuti biologici. Si distinguono in corpuscolari come le
particelle alfa e beta ed elettromagnetiche come i raggi x e gamma. Gli X possono
essere di frenamento e caratteristici; beta, alfa e gamma sono invece emesse dal
nucleo. Le radiazioni vengono classificate in base alla capacità di provocare danni
agli organismi viventi. L’azione lesiva delle radiazioni ionizzanti sull’organismo è
legata ai processi fisici di ionizzazione degli atomi e delle molecole dei tessuti
biologici. Da questo punto di vista, le radiazioni sono classificate in ionizzanti e non
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ionizzanti, quelle pericolose sono quelle ionizzanti che hanno un’energia maggiore
ai 12 eV affinché questi possano ionizzare i tessuti biologici, quelle non ionizzanti
hanno energia minore a 12 eV e sono, ad esempio, quelle emesse dalle onde radio
e da vari dispostivi anche domestici. Si usa fare un’ulteriore suddivisione tra:
- direttamente ionizzanti: sono particelle cariche quindi protoni, particelle alfa la cui
energia cinetica è sufficiente per produrre ionizzazione per collisione. Le particelle
alfa hanno elevata densità di ionizzazione e sono schermabili da un foglio di carta,
sono molto energetiche quindi estremamente pericolose in caso di contaminazione
interna. Le particelle beta hanno maggiore capacità di penetrazione, 4mm di aria e 4
mm di acqua ma minore energia, bisogna fare attenzione ai raggi prodotti per
frenamento;
- indirettamente ionizzanti: raggi x, raggi gamma e neutroni che interagendo con la
materia, possono mettere in moto particelle direttamente ionizzanti o dar luogo a
reazioni nucleari. Questi hanno elevata capacità di penetrazione per schermarle si
devono utilizzare materiali ad elevato numero atomico come piombo o tungsteno. Le
sorgenti delle radiazioni ionizzanti fondamentalmente sono le macchine radiogene,
sono apparecchi a raggi X e acceleratori di particelle, per apparecchi a raggi X
intendiamo il dispositivo per la radiografia, per acceleratori di particelle intendiamo i
cosiddetti acceleratori lineari che vengono utilizzati in radioterapia, anch’essi
utilizzano radiazioni ionizzanti. Sono apparecchi che emettono radiazioni solo
quando sono in funzione. Le macchine radiogene sono sostanzialmente
rappresentate da tubi a raggi X e dagli acceleratori di particelle. Bisogna tenere tre
informazioni essenziali:
- quando sono spente non emettono radiazioni;
- quando sono accese producono flussi di radiazione e molto intensi e in direzioni
ben precise. Bisogna evitare di sostare nella direzione del flusso;
- possono dare solo irradiazione esterna.
L’immagina radiografica è, quindi, la risultante del passaggio di fotoni attraverso il
distretto corporeo da analizzare. In particolare, l’immagine viene generata non tanto
dal passaggio dei fotoni, quanto dalla loro interazione con i tessuti, che possono
essere di diversa natura: si generanno, infatti, contrasti differenti a seconda della
densità del tessuto e del suo spessore, oltre che della densità del raggio stesso.
Più raggi arrivano ad impressionare la
pellicola più questa risulterà nera,
viceversa più il fascio viene attenuato
dall’interazione con la materia, più
l’immagine risulterà chiara. Quindi più il
tessuto è spesso più l’immagine è chiara,
quando si ha invece un tessuto dove la
radiazione passa più semplicemente (tipo
polmoni) più sarà scuro. Maggiore sarà
l’attenuazione del fascio di raggi x più le
aree risulteranno chiare, si parlerà
pertanto di radio-opacità; minore sarà
l’attenuazione del fascio di raggi x più saranno evidenti le aree scure e si parlerà di
radio-trasparenza. Radiopacità e radio-trasparenza sono, comunque, termini relativi,
non assoluti: una struttura anatomica sarà radio-opaca o radio-trasparente rispetto
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ad un’altra struttura, ma il suo livello di grigio dipenderà anche da altri fattori come
energia dei raggi x e tipo di pellicola. Seguono una serie di esami radiologici:

Contrastografia naturale senza Senza alcun mezzo di contrasto


mezzo di contrasto, dove si vedono i vediamo i polmoni neri.
vasi polmonari e l’aorta.

Si tratta del riscontro


o evidenza
occasionale con la
radiologia
tradizionale o con la
TC di un’opacità
polmonare
intraparenchimale di
diametro <3 cm Ogni proiezione è il risultato di rapporti definiti
circondata da tessuto tra il fascio di radiazioni incidenti e piani
polmonare normale e corporei. Per un’analisi tridimensionale è
in assenza di necessario ricorrere almeno a due proiezioni
atelettasie e/o secondo piani ortogonali tra loro. In questo
adenopatie caso, abbiamo una proiezione postero-
associate. anteriore e latero-laterale.
Ricordiamo che, tra le caratteristiche della
radiologia abbiamo:
- praticità, rapidità, economicità;
- disponibilità;
- buona risoluzione spaziale;
- discreta risoluzione di contrasto;
- informazioni sulla base dell’assorbimento tissutale dei raggi X;
- visualizzazione in tempo reale;
- immagini di sommazione e digitalizzazione.
Ricordiamo che la radiologia è una tecnica ad alta risoluzione spaziale, ma a bassa
risoluzione di contrasto (per le barriere del grigio) per cui ha l’incapacità di
discriminare strutture contigue con modeste differenze di densità, quando abbiamo
strutture l’une vicino alle altre che hanno densità simile è difficile da distinguere,
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quindi per ovviare a questo si utilizzano i mezzi di contrasto. I mezzi di contrasto
possono essere diversi a seconda se abbiamo una radiografia tradizionale, una tac,
una risonanza una ecografia. I mezzi di contrasto agiscono modificando il numero
atomico medio di determinate strutture corporee variando quindi in modo selettivo la
loro capacità di assorbimento dei raggi x (modificando il numero atomico, modificano
anche l’assorbimento di questi raggi, assorbendone di più vengono visualizzati in
maniera più definita).
Caratteristiche di base dei mdc per i raggi x:
Il contrasto negli esami radiologici è generato dall’assorbimento dei raggi x operato
dal mezzo presente lungo il decorso del fascio radiante. L’assorbimento dipende dal
numero atomico della concentrazione del mdc (mezzo di contrasto). La differenza
dell’assorbimento (contrasto) è la genesi dell’immagine per determinati organi o
tessuti naturalmente provvisti di contrasto (osso, aria, polmone) o raggiunti da quello
introdotto, che li rende visualizzabili. I mezzi di contrasto radiologici agiscono
variando il numero atomico medio di determinati organi ed apparati rispetto a quelli
circostanti. I mezzi di contrasto possono essere positivi o negativi. I MDC positivi
sono sostanze che contengono elementi ad elevato numero atomico come bario o
iodio che aumentano l’assorbimento delle radiazioni e si dividono in:
- mezzi di contrasto baritati: sospensioni di solfato di bario purissimo, composto
inorganico insolubile che opacizza il lume degli organi cavi gastro-enterici sfruttando
l’elevato numero atomico del bario. Presentano elevata radiopacità, ottima
tollerabilità, assenza di attività farmacodinamica e stabilità;
- mezzi di contrasto uro-angiografici: utilizzano lo iodio come mezzo opacizzante e
sono largamente impiegati in tc, nelle angiografie ed in urografia e.v. sono
idrosolubili. Esistono molecole ad alta concentrazione iodica con bassa osmolalità,
vicina a quella del plasma e dei liquidi organici;
- mezzi di contrasto oleosi: lo iodio è legato ad una molecola oleosa. Vengono
impiegati in radiologia interventistica (chemioembolizzazione).
A proposito del solfato di bario (BaSO4) possiamo dire che è quasi sempre il mezzo
di contrasto ideale. È usato per la diagnostica gastro-enterologica tradiazionale e per
indagini a contrasto semplice e a doppio contrasto.A livello della farmacocinetica,
diciamo che esso non è assorbito nel tratto digerente ed è eliminato immodificato al
termine del percorso. Le particelle devono essere uniformi per evitare aggregati che
provocano la flocculazione. Tra gli effetti collaterali troviamo la stipsi come effetto più
comune, l’inalazione che attualmente ha scarso significato clinico e l’ipersensibilità
che è molto rara. Tra le controindicazioni abbiamo la perforazione
extraperitonale/intraperitonale (il bario determina una reazione infiammatoria con
persistenza nella sede di fuoriuscita per periodi problungati), si parla infatti di
peritonite da bario. Abbiamo poi l’occlusione intestinale, il megacolon tossico e
l’infarto intestinale in fase acuta. Se il bario è controindicato si usano i mezzi di
contrasto iodati per via orale e rettale come il ditriazoato di sodio e lo iopamidolo.
Anche questi presentano delle controindicazioni, infatti nei pazienti in età pediatrica,
la soluzione ipertonica può provocare occasionalmente anche severe manifestazioni
diarroiche. Passando ai MCD negativi parliamo di sostanze allo stato gassoso a
bassa densità e composti da elementi a basso numero atomico (aria, ossigeno,
anidride carbonica) o da meticellulosa (sospensione acquosa allo 0.5 %).
L’introduzione di sostanze a bassa densità come aria o anidride carbonica rende le
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strutture contenenti o circostanti visibili per la riduzione di assorbimento indotta.
Raramente oggi sono usati da soli: la maggiore utilizzazione avviene in corso di
esami a “doppio contrasto”.

3. Ecografia
È la metodica che utilizza, a fini diagnostici, le riflessioni che un fascio di ultrasuoni
subisce nell’attraversare i tessuti. Può essere diagnostica ma spesso rientra
nell’imaging integrato. Gli ultrasuoni sono onde di tipo meccanico ad altissime
frequenze, si parla di più di 20000 Hz, in diagnostica si usano ultrasuoni da 2 MHz a
15 Mhz. L’effetto Piezoelettrico è la capacità di alcuni
materiali, come cristalli di quarzo e tormalina, di
trasformare l’energia elettrica in meccanica e viceversa.
Alcuni materiali come il quarzo, il bario-titanato, e il
piombo-zirconato-titanato (PZT) sono costituiti da
innumerevoli "dipoli" che in presenza di un campo
elettrico cambiano orientamento spaziale modificando le
dimensioni del cristallo. Se questi cristalli sono inseriti tra
due elettrodi, l'applicazione di una differenza di potenziale
ne causa vibrazioni con formazione di onde sonore.
Inversamente, onde sonore che fanno vibrare i cristalli
piezoelettrici determinano l'induzione di un voltaggio nel
relativo circuito elettrico. A proposito di ultrasuoni, è bene
comprendere come si propaghi un’onda:
- lunghezza d’onda (l): è la distanza tra due picchi successivi dell’onda e si misura in
metri;
- frequenza (f): è il numero di cicli al secondo e si misura in Hz;
- velocità di propagazione (c): è la distanza percorsa
dall’onda nell’unità di tempo, dipende dalla densità del
mezzo e si misura in m/sec;
- periodo (T): è il tempo necessario perché passino due
successive compressioni nello stesso punto;
- ampiezza dell’onda (A): è l’altezza dell’onda;
- intensità (I): è un valore proporzionale alla potenza
del fascio e si misura in W/cm^2.
Gli ultrasuoni subiscono un grado diverso di riflessione e attenuazione a seconda
dell’impedenza acustica, che varia da tessuto a tessuto, a seconda della densità e
delle interfacce tissutali, che ne condizionano la formazione dell’immagine.
Nell’ecografia, le frequenze più basse sono le più penetranti e consentono
l’esplorazione delle strutture più profonde. Le alte frequenze, più rapidamente
assorbite, sono riservate alle esplorazioni superficiali. Durante l’attraversamento
delle varie strutture tissutali, l’energia (l’intensità) posseduta dall’ultrasuono viene
progressivamente attenuata. Quando gli ultrasuoni incontrano una superficie di
passaggio, detta interfaccia, tra tessuti di diversa struttura e quindi di diversa
impedenza acustica si verifica l’attenuazione attraverso:

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- riflessione: è il fenomeno per il quale, a livello
dell’interfaccia tra tessuti differenti, l’onda ultrasonora
subisce un rinvio. La riflessione avviene con un angolo
che sarà equivalente a quello incidente dell’ultrasuono;
- rifrazione (trasmissione).
Riflessione e Diffusione degli ultrasuoni avvengono in corrispondenza dei punti di
passaggio tra due tessuti con diversa impedenza (interfacce acustiche; ad esempio
tra cute e sottocute, tra tessuti molli e tessuti duri, ecc.). Maggiore è la differenza di
impedenza, maggiore sarà la riflessione; per questo motivo il tessuto osseo e i
polmoni non si prestano allo studio ecografico (a livello dell’interfaccia tra tessuti molli
e tessuto osseo o parenchima polmonare, gli ultrasuoni vengono quasi
completamente riflessi e, quindi, attenuati). Gli echi prodotti dagli ultrasuoni, una
volta raggiunta la sonda, possono essere visualizzati con diverse modalità:
- A-mode: è stata la prima modalità di visualizzazione di un eco
ed era adottata nei SONAR. La modalità di visualizzazione A-
mode può essere definita come monodimensionale: l’eco viene
rappresentato con dei picchi che modificano una linea su un
oscilloscopio laddove l’ampiezza dei picchi è proporzionale all’intensità dell’eco. L’A-
mode è ormai in disuso;
- B-mode: gli echi vengono rappresentati in sequenza e la loro
intensità, invece che con dei picchi, viene presentata in scala
di grigi: il bianco corrisponde al massimo dell’intensità mentre
il nero all’assenza di echi: le sfumature intermedie
rappresentano i vari livelli di intensità;
- B-mode RT: rappresenta l’evoluzione del B-mode. Nel B-mode RT la singola linea
di scansione è affiancata a molte altre così da formare un “pennello” o un “ventaglio”
che fornirà, quindi, immagini bidimensionali di sezioni di un organo o di un tessuto
(immagine di tipo tomografico);
- doppler.
L’ecogenicità è la capacità di una struttura di generare
echi riflessi. Non esiste un’ecogenicità assoluta
misurabile come in TC con le unità di Hounsfield, ma
solo un’ecogenicità relativa al confronto fra due
strutture.
La strumentazione: abbiamo l’unità centrale e le
periferiche come sonde, monitor e stampante. Gli echi riflessi investono la stessa
sonda che ha emesso l’impulso US, vengono trasformati in impulsi elettrici,
amplificati, elaborati, visualizzati e riprodotti su carta, pellicola o supporto digitale
(CS). L’immagine ecografica non è altro che una mappa di echi ottenuti da una
sezione del corpo. Abbiamo varie tipologie di sonde:
- lineare: ha una migliore risoluzione, una bassa profondità e rileva frequenze
comprese tra 7 e 15 MHz. È indicata per lo studio del collo, delle strutture muscolo-
tendinee e dei vasi superficiali;

12
- sonda convex/sector: ha maggiore profondità e
consente di esplorare porzioni corporee più estese.
Rileva frequenze comprese tra i 2 e i 5 MHz. È indicata
per lo studio delle strutture anatomiche più profonde;
- sonde endocavitarie: studiate per essere introdotte
nelle cavità naturali del corpo umano (es. sonde
endovaginali, endorettali, endoesofagee), la frequenza
rilevata è di 7-12 MHz e presentano un’ottima
risoluzione.
L’effetto Doppler: La frequenza dell’onda ultrasonora che incontra un oggetto in
movimento subisce una variazione in modo direttamente proporzionale alla velocità
del movimento stesso La frequenza dell’onda riflessa è maggiore rispetto a quella
incidente se il movimento è diretto verso la sonda emittente ed è minore se il
movimento è in senso contrario. In ecografia l’effetto doppler viene sfruttato per
rilevare i flussi ematici. Nel sangue i g.r. rappresentano le interfacce sulle quali si
generano gli echi la cui frequenza sembrerà aumentare, nel caso dei flussi in
avvicinamento alla sonda o sembrerà ridursi nel caso opposto. L’effetto Doppler può
essere visualizzato in diverse modalità:
- Eco-Doppler;
- Eco-power-Doppler;
- Eco-color-Doppler: nel CD il flusso sanguigno viene visualizzato come una mappa
di colore sovrapposta all’immagine in B-mode. Il principale vantaggio di questa
modalità di visualizzazione dell’effetto Doppler risiede nella sua semplicità ed
intuitività di interpretazione. Il colore è codificato in maniera tale che il rosso è
assegnato al flusso diretto verso la sonda, mentre l’azzurro è assegnato a quello che
se ne allontana. Le alterazioni morfologiche dei vasi riscontrate sono ispessimenti
parietali, placche, aneurismi e trombosi. Le alterazioni del flusso sono le variazioni di
velocità, i vortici, le inversioni e le stenosi.
Indicazioni all’esame ecografico: nello studio ecografico del collo possiamo
apprezzare ecografie:
- alla tiroide;
- ai vasi del collo;
- alla paratiroide;
- alle ghiandole salivari;
- alle stazioni linfonodali.
Nello studio ecografico del torace effettuiamo un’ecografia solo nei casi in cui la
lesione sia situata perifericamente e per la valutazione dei versamenti pleurici. Per
quanto riguarda lo studio ecografico della mammella possiamo parlare dell’esame
mammografico che costituisce ancora oggi il test di screening totale, insostituibile
per una corretta diagnosi. Essa consente, inoltre, particolarmente nei noduli non
palpatili, l’esecuzione di agoaspirati microbiopsie.
Limiti dell’ecografia: abbiamo le barriere acustiche, la vescica vuota, la non
collaborazione del paziente. È bene sapere, inoltre, che non esiste ancora un
sistema per la corretta dosimetria degli ultrasuoni anche se il rischio, associati all’uso
clinico degli US, è considerato molto basso. Lo sviluppo dei MDC ecografici ha
consentito di superare parte dei limiti dell’ecografia convenzionale e del CD
permettendo la visualizzazione oltre che dei grossi vasi anche dei microvasi
13
(ecografia perfusionale). I MDC modificano il segnale di ritorno ultrasonografico del
sangue e incrementano il rapporto segnale/rumore. Abbiamo MDC di:
- I generazione: microbolle di gas preparate da una sospensione di galattosio in
acqua e stabilizzate dall’aggiunta di un acido grasso fisiologico (l’acido palmitico) che
consente di oltrepassare il filtro capillare polmonare;
- II generazione: microbolle di solfuro esafluoride stabilizzate con vari surfactanti
protette da guscio costituito da fosfolipidi.
Grazie ai MDC ecografici possiamo valutare alterazioni distrettuali della perfusione,
tempi di transito, velocità del sangue, volume ematico percentuale. Tra gli effetti
collaterali troviamo nausea, cefalea, sensazione di calore, alterazione del gusto e
reazioni allergiche; tuttavia, sono molto rare e si risolvono da sole. I MDC non sono
né epatotossici, né nefrotossici e non interagiscono con la tiroide. Passando alle
controindicazioni, potrebbero nuocere a chi ha una severa patologia cardiaca o
ipertensione polmonare. Infine, nonostante non sia stato ancora dimostrato un effetto
tossico, è fortemente sconsigliato in gravidanza e allattamento.

Lezione 24/11/2022 – Diagnostica per immagine e Radioterapia

4. Risonanza magnetica
La risonanza magnetica è una tecnica diagnostica che fornisce immagini dettagliate
di un corpo sfruttando campi magnetici ed impulsi di radiofrequenza. La risonanza
magnetica vede degli aspetti molto positivi riguardanti la metodica: ovvero, non
prevede l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, al contrario della TAC e dell’RX
tradizionale. Non è dunque una pratica invasiva per l’intensità dei campi magnetici
che si utilizzano; infatti solitamente il campo magnetico utilizzato è di 0,5, 1,5 o 3
Tesla. Innanzitutto, per comprendere come funziona la risonanza magnetica bisogna
essere a conoscenza del cosiddetto ‘movimento di Spin’, ovvero, le particelle cariche
di un atomo si muovono liberamente: tale movimento genera un campo magnetico.
La risonanza magnetica sfrutta proprio la caratteristica dei nuclei di comportarsi
come ‘dipoli’, e dunque di avere una carica elettrica quando sottoposti ad un campo
magnetico.
Funzionamento: la risonanza è una grossa elettrocalamita capace di produrre un
campo magnetico statico. Quando sottoponiamo gli atomi di idrogeno a quest'ultima,
e dunque anche il nostro corpo che ne è riccamente composto, gli atomi di idrogeno
andranno ad orientarsi lungo l’asse del campo magnetico; questo movimento dei
protoni attorno all’asse del campo magnetico prende il nome di movimento di
precessoone. Si utilizza l’idrogeno perché il nucleo atomico di riferimento per la
risonanza magnetica è proprio l’idrogeno [H] e questo perché è l’atomo più presente
ed abbondante del nostro organismo. Gli atomi di idrogeno possono orientarsi lungo
l’asse del magnete in 2 modi:
- in senso parallelo al campo magnetico;
- in senso antiparallelo al campo magnetico i protoni sottoposti al campo magnetico
statico generano a loro volta un ulteriore campo magnetico, avviene dunque la
cosiddetta magnetizzazione. La magnetizzazione può essere di due tipi:
- magnetizzazione longitudinale, viene così chiamata perché ha la stessa direzione
del campo magnetico esterno. Tale fenomeno si verifica quando i protoni si orientano
in senso parallelo all’asse del campo magnetico. Ovviamente l’orientamento in senso
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parallelo al campo magnetico è più favorevole per i protoni, è l’orientamento infatti,
secondo il quale si impiega e sfrutta meno energia: dunque la maggior parte dei
protoni si orienterà in senso parallelo al campo magnetico. L’orientamento parallelo
dei protoni secondo l’asse del campo magnetico genera quindi una magnetizzazione
longitudinale;
- magnetizzazione trasversale, alcuni dei protoni orientati in senso parallelo passano
dallo stato a minor energia a quello a maggior energia, ovvero ad un orientamento
antiparallelo; per cui la magnetizzazione passa da longitudinale, a magnetizzazione
trasversale. Avviene inoltre la cosiddetta sincronizzazione in fase, ovvero i protoni
andranno a sincronizzarsi tutti allo stesso modo, secondo quello che è il movimento
di precessione, ruotano non solo alla stessa frequenza, ma anche in maniera
coordinata. Se sospendiamo l’impulso emesso dal campo magnetico statico i protoni
iniziano a ruotare sempre meno, andando così a rilassarsi, parleremo dunque di
rilassamento protonico che può essere:
- longitudinale, quando i protoni passano da un orientamento antiparallelo ad
orientamento parallelo, con tempo di rilassamento T1;
- trasversale, avviene quando i protoni passano da un orientamento parallelo ad un
orientamento antiparallelo, con tempo di rilassamento T2.
È proprio in seguito al rilassamento protonico che si arriva alla formazione
dell’immagine. Ma l'unico vantaggio della risonanza magnetica non è solo il fatto che
non vi è l’esposizione del paziente ai raggi ionizzanti, ma anche che questa è una
metodica multiplanare, cioè che ci consente di acquisire diversi piano dello spazio
quindi immagini su piani assiali, coronali e sagittali e multiparametrica, ovvero una
procedura che ci consente al variare di alcuni parametri di ottenere sempre delle
informazioni aggiuntive sul segmento che andiamo a studiare. I parametri utilizzabili
sono sia l’intensità protonica che i tempi di rilassamento T1 e T2. Mentre per la TAC
si usa il termine densità, per la risonanza magnetica si usa il termine intensità, per
dire se è presente o meno un segnale in un determinato tessuto. Parleremo dunque
di:
- iperintensità, ossia molto intenso;
- isointensità, di solito si dice che un tessuto è ‘isointenso’ quando lo si mette a
confronto con u ’altro tessuto (ad esempio: “è isointenso rispetto a...’’);
- ipointensità, ossia intensità minore.
Sappiamo che dal rilassamento protonico avviene la formazione dell’immagine. Il
tempo di rilassamento longitudinale T1, che è quello secondo cui i protoni ritornano
da un orientamento antiparallelo ad un orientamento parallelo, è specifico per ogni
molecola e dipende dall’interazione tra i protoni e microambiente, ovvero ciò che
hanno intorno. Se la frequenza di oscillazione del microambiente che sta attorno ai
protoni, è vicina alla frequenza di oscillazione dei protoni stessi, gli scambi tra loro
avvengono molto rapidamente, e quindi il protone recupera la magnetizzazione in
maniera molto più breve, se il tempo è breve l’intensità sarà maggiore. Dunque il
tempo di rilassamento e l’intensità viaggiano in maniera opposta. Quindi, per
esempio le molecole di grasso in T1 saranno iperintense, mentre le molecole del
microambiente circostante, dunque degli altri tessuti circostanti, che hanno
frequenza molto diversa da quella dei protoni delle molecole di grasso, risulteranno
ipointense. Il tempo di rilassamento trasversale T2, che è quello secondo cui i protoni
passano da un orientamento parallelo ad un orientamento antiparallelo, dipende
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invece dall’interazione tra protoni vicini. Un tempo lungo di riduzione della
magnetizzazione sarà associato ad un’immagine a maggior intensità (al contrario
della longitudinale). Dunque il tempo di rilassamento e l’intensità viaggiano nella
stessa direzione, se il tempo è breve, l’immagine sarà ipointensa. Se il tempo è lungo,
l’immagine sarà iperintensa.
Ricapitolando:
- nel rilassamento longitudinale dei protoni, se il tempo è breve l’immagine sarà
iperintensa;
- nel rilassamento trasversale dei protoni, se il tempo è breve l’immagine è
ipointensa. Mentre se il tempo è lungo, l’immagine sarà iperintensa.
Ad esempio: Nell’acqua la magnetizzazione trasversale si riduce lentamente, e
dunque il T2 sarà lungo, e l’immagine sarà dunque iperintensa. Una formazione
cistica in T2 si vede iper-intensa e bianca, mentre in T1 si vede ipointensa e nera.
Nei tessuti solidi, come l’osso, i tessuti fibrosi perde velocemente la
smagnetizzazione trasversale e questa, al contrario della longitudinale, sarà
associata ad una intensità bassa del segnale. L’osso e il tessuto fibroso che prima
erano iper-intensi in T1 qua saranno ipointensi in T2. La risonanza magnetica è una
metodica, oltre che multi-planare è multi-parametrica perché ci sono dei parametri
che si possono modificare per ottenere informazioni differenti. In particolare, questi
parametri sono:
- il tempo di ripetizione, ossia l’intervallo di tempo tra due impulsi successivi ed è il
tempo che viene concesso al movimento di rotazione degli atomi affinché si ripristini
la magnetizzazione longitudinale, ossia il rilassamento longitudinale, che dà in T1.
Per ottenere una sequenza pesata in T1 bisogna usare un tempo di ripetizione corto.
Invece, per ottenere una sequenza pesata in T2 si utilizza un tempo di ripetizione
lungo.
- il tempo di eco, ossia l’intervallo tra l’invio dell’impulso ed il campionamento da parte
del computer delle immagini. Le immagini pesate in T1 hanno tempo di ripetizione e
tempo di eco entrambi brevi; le immagini pesate in T2 hanno tempo di ripetizione e
tempo di eco lunghi. La risonanza magnetica, dunque, utilizza campi elettromagnetici
e l’unità di misura è il tesla. Esistono macchine che hanno tesla differenti. La
risonanza magnetica come la TAC può prevedere l’utilizzo di mezzi di contrasto per
aumentare le informazioni. I mezzi di contrasto si dividono in paramagnetici, che
aumentano il segnale in T1, e super paramagnetici, che riducono il segnale in T2 e
vengono definiti negativi. Prima di utilizzare il mezzo di contrasto va valutata la
funzionalità renale, cioè la creatinina. Gli svantaggi sono i tempi lunghi che possono
variare dai 30 minuti fino ad 1 ora e 30 minuti. La risonanza magnetica, a differenza
della TAC non è una metodica per tutti i pazienti, anche perché non tutti riescono a
stare immobili per tutto il tempo; e ha molte di più controindicazioni come ad esempio
gli oggetti metallici tipo una scheggia di ferro, poiché sottoposta ad un campo
magnetico si muove e causerà danni.
Oggetti metallici e complicanze: nelle strutture ospedaliere ci si occupa di pazienti,
spesso anche anziani, che non ricordano o non rispondono con certezza alle
domande del personale ospedaliero, per tale motivo è necessario assicurarsi durante
l’anamnesi l’assenza di oggetti metallici, come ad esempio schegge metalliche o
proiettili nel corpo. Questo perché il magnete dell’apparecchio per la risonanza si
comporta come una calamita e genera un campo magnetico, il quale è capace di
16
mettere in movimento gli oggetti metallici, rischiando di danneggiare parti del corpo.
Prima di procedere con l’esame è necessario assicurarsi non ci siano artefatti:
- orologi, occhiali, carte di credito, gioielli, fermagli e dispositivi elettronici, tali oggetti
vengono lasciati dal paziente in uno stanzino apposito;
- pacemaker, altro oggetto capace di creare controindicazioni, non perché potrebbe
muoversi ma perché potrebbe venire danneggiata la sua funzionalità durante la
risonanza, potrebbe ad esempio diventare asincrono. Nel caso in cui il paziente abbia
un pacemaker, prima che venga fatta la risonanza, il dispositivo viene spento con un
macchinario apposito;
- claustrofobia, sono necessarie accortezze da parte del personale per mettere il
paziente a proprio agio soprattutto perché l’esame ha durata piuttosto lunga, se il
paziente proprio non riesce ad affrontare l’esame il personale sanitario consiglia la
risonanza con il macchinario aperto;
- protesi, anche se quelle impiantate dai primi anni 2000 sono formate da materiali
compatibili con la risonanza, come il titanio.
Queste accortezze vengono attuate poiché il magnete è capace di esercitare sia una
forza attraente che torsionale. Anche per quanto i letti, per trasportare i pazienti da
un reparto ad un altro, presentano parti in metallo e per questo le sale RM hanno una
presala, nella quale viene lasciato il letto del reparto e il paziente viene spostato su
un letto di un materiale apposito per effettuare la risonanza. È dunque necessario,
che il personale sanitario abbia l’accortezza di non introdurre nelle sale della
risonanza magnetica oggetti metallici come forbici e penne che si possono avere
nelle tasche, ma anche barelle, carrelli di rianimazioni o bombole dell’ossigeno,
poiché la sala RM è fornita di prolunghe per l’ossigeno. Se il personale sanitario
dovesse avere dei dubbi, poiché il paziente durante l’anamnesi non dia risposte
certe, si fa l’integrazione con esame RX, così da capire se sia possibile effettuare
l’esame o meno. Le controindicazioni e i rischi causati dalla risonanza magnetica,
dipendono dall’interazione dei tessuti biologici con tre fonti di energie specifiche:
campo magnetico statico, impulsi di radiofrequenza e gradienti di campo. Si sente
una sensazione di calore quando viene iniettato il mezzo di contrasto perché i mezzi
di contrasto contengono composti iodati ad alta densità, infatti, quando reagiscono
con le molecole del sangue ad alta velocità generano calore per queto di solito si ha
questa sensazione, il tutto deve essere comunicato al paziente per non farlo agitare,
inoltre fa venire una forte esigenza di andare al bagno, perché il mezzo di contrasto
viene eliminato per via renale.
I campi magnetici con intensità che utilizziamo
sono: 1.5 tesla, che è il macchinario più diffuso,
ci sono anche macchine da 3 tesla. Per la
soluzione vengono applicati campi magnetici
più forti, quindi i fenomeni precedentemente
descritti a livello anatomico, sono ancora più
accentuati. Anche impulsi e radiofrequenze
generano un po’ di calore, possono esserci
delle controindicazioni che possono essere
trascurabili, la risonanza è innocua.

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Sui tessuti biologici rispetto alla TAC, una TAC corrisponde circa a 250 RX come
radiazioni, infatti chi fa la TAC molto spesso è sottoposta a livelli di radiazioni molto
alti e possono provocare danni ai tessuti biologici. Ad esempio, l'ECG
(elettrocardiogramma) può riscaldarsi per l'esposizione agli impulsi radiofrequenza,
il paziente potrà percepire una minima quantità di calore. Si possono fare molte
modifiche ai parametri della risonanza; le sequenze in T1 e acquisite in possono
esser due modi:
- in face;
- out face che servono per abbattere il segnale dei glocisidi.2
Abbatte il segnale del grasso a livello microscopico (non il grasso viscerale) per lo
studio delle vie biliari si fa bere il succo di mirtillo 20 minuti prima dell'esame. Si fa
bere il succo di mirtillo perché esso ha delle caratteristiche tali per cui quando
sottoponiamo quella parte del corpo al campo elettromagnetico, abbatte il segnale di
tutto ciò in cui si andato a depositare e abbattendo tutto ciò che sta intorno, risalta i
fluidi statici biologici, come la bile. La bile è un fluido statico biologico perché avanza
lentamente, è denso. La vediamo nelle vie biliari e questo ci permette di studiarle.
Un altro aspetto importante della risonanza e che ci permette di studiare l'anatomia
zonale di alcuni organi come ad esempio il ginecologico, ovvero l'utero, a differenza
della TAC ci fa differenziare il miometrio e l'endometrio rispetto alla cavità
endometriale. È possibile fare uno studio dei vasi laddove ad esempio non è possibile
fare una TAC per qualsiasi motivo, ad esempio i pazienti che hanno avuto un
aneurisma dell'aorta addominale, di solito succede nei pazienti giovani. Infine esiste
la risonanza magnetica full body che non è un esame frequente e dura 1h e 30min,
questo tipo di esame viene richiesto per i pazienti affetti da mieloma multiplo o nei
casi di miosite. La risonanza all'applicazione per l'encefalo per studiare le patologie
neurodegenerative. La risonanza ad urgenza esiste solo in un caso, quando sia il
sospetto di un ictus e si fa per capire da quanto tempo è insorto l'ictus.

Lezione 15/12/2022 – Diagnostica per immagini e Radioterapia

5. Radioterapia
La radioterapia è la branca della medicina che si occupa dei tumori maligni. Una
persona affetta da una malattia oncologica si ritrova a fare un percorso oncologico
che è diviso in più fasi. Le cui fasi sono:
- prevenzione e diagnosi precoce (screening);
- sospetto clinico e accertamento istologico (biopsia / esplorazione chirurgica);
- stadiazione clinica e strumentale (diagnostica per immagini e funzionale);
- trattamento (radioterapia/chemioterapia);
- riabilitazione e follow up (seguire la persona guarita negli anni);
- terapia del dolore;
- terapia del malato terminale;
- supporto psicologico.
Importantissimo è il ruolo dell’MMG (medico di medicina generale), egli si occupa di
attuare:

2
Si consideri comunque che nelle pesate in T1 il grasso apparirà bianco (iperintenso) mentre nelle pesate in T2
apparirà scuro (ipointenso).
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- prevenzione e diagnosi precoce, ovvero informazione;
- sospetto clinico, vi è il riconoscimento dei primi sintomi;
- avvio dell'iter per la diagnosi;
- trattamento l’avvio all'iter terapeutico, chemioterapia, radioterapia
- follow up riabilitazione;
- malato terminale.
Dimensioni del problema cancro: stando alle statistiche
- ci sono 5 nuovi casi di cancro ogni 1000 abitanti all'anno;
- in Italia 280.000 nuovi casi di cancro all'anno;
- ogni 6-7 persone 1 è destinata a sviluppare un cancro nella sua vita;
- il cancro è seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari.
Per quanto riguarda le probabilità di guarigione dal cancro, più del 50%-55% dei
pazienti con tumore sono oggi suscettibili di guarigione definitiva la guarigione è
determinata:
- prevalentemente dalla chirurgia nel 60% dei casi;
- prevalentemente dalla radioterapia nel 30% dei casi;
- prevalentemente dalla terapia medica nel 10% dei casi
Incidenza del cancro – andamento: sempre secondo le statistiche l’andamento
dell’incidenza del cancro dipende da:
- un aumento generale delle diagnosi di cancro;
- un invecchiamento della popolazione;
- un miglioramento delle metodiche di diagnosi;
- un aumento di diagnosi di forme subcliniche.
Mortalità per cancro – andamento: l’aumento delle morti per cancro dipende
dall’aumento per incidenza e dalla riduzione di altre cause di morte. Mentre la
diminuzione della % relativa di morti per cancro è influenzata da un aumento dei casi
in guarigione e da notevoli diversità per tipo di patologia.
Il miglioramento delle apparecchiature: tumori come la leucemia, il tumore al
testicolo, i linfomi per i quali, tempo fa si moriva facilmente oggi vengono curati grazie
alla chemioterapia e la persona una volta guarita può ritornare alla sua vita normale.
Un altro motivo per cui sono aumentate moltissime diagnosi di tumore, è il
miglioramento delle tecniche di diagnostica per immagine. Quaranta/cinquanta anni
fa le tecniche di diagnostica di immagine erano molto meno qualitative rispetto ad
oggi, poiché non c’erano apparecchiature di diagnostica per immagini valide, e per
questo motivo i tumori si diagnosticavano più tardi, e di conseguenza molte persone
morivano di tumore senza saperlo. Prima neanche le donne incinta sapevano il sesso
del bambino, come accade oggi durante l’ecografia, ma ne venivano a conoscenza
solo dopo che il bambino era nato. Oggi è cambiato tutto grazie al miglioramento di
queste apparecchiature, abbiamo tecniche di diagnostica per immagine molto valide.
I tumori: i tumori sono malattie genetiche, che noi ereditiamo e che possono più o
meno manifestarsi, invece alcune malattie tumorali sono ereditarie come quello della
mammella, del colon e dell’intestino. L’ereditarietà e la genetica sono due cose
differenti, perché le malattie genetiche sono modificazioni o alterazioni delle cellule
del DNA e quindi non è detto che possono essere pervenute a noi dai nostri genitori,
ma c’è li abbiamo noi e che possono o meno dare luogo ad una malattia. Ad esempio,
se c’è una piccola alterazione delle cellule del DNA, il nostro organismo la metterà a
posto e non si svilupperà nessuna malattia, invece se ce una grande alterazione
19
delle cellule del DNA, si può sviluppare una malattia, ma questa malattia non è detto
che sia per forza oncologica.
Le terapie di cura: i tumori si possono curare con terapie:
- locali, ovvero la radioterapia oncologica e la chirurgia, si chiamano terapie locali,
perché si esegue un trattamento locale dove sono presenti masse tumorali o
metastasi;
- sistemiche, ovvero la chemioterapia, la terapia ormonale e l’immunoterapia, queste
terapie sistemiche interessano l’intero organismo.
La maggior parte dei risultati si hanno con l’unione di queste terapie. La radioterapia
è molto importante poiché il 70% di malati oncologici ne ha bisogno, prima la
radioterapia veniva usata anche per malattie non oncologiche, ma oggi non si usa
più perché sono radiazioni molto pesanti e pericolose. L’obiettivo della radioterapia
è quello di somministrare una certa dose di radiazioni, in quella sede del corpo
umano colpito dal tumore. Ma ciò deve essere fatto con una grandissima decisione,
poiché i tumori crescono anche in organi molto importanti e bisogna solo andare a
distruggere le cellule tumorali, altrimenti i nostri organi potranno subire dei danni
irreversibili. Infatti è proprio per questo che non è possibile distruggere il tumore in
una sola seduta di radioterapia, perché gli organi coinvolti hanno un limite di
tolleranza, proprio per questo la radioterapia è organizzata in cicli da 28/30 giorni e
con una bassa dose per non danneggiare gli organi. La radioterapia può provocare
al paziente nausea e la caduta dei capelli, ma una volta finita la radioterapia questi
sintomi scompariranno e ricresceranno i capelli. Il fascio di radiazioni bisogna
immaginarlo come un fascio di luce. La forma di irradiazione viene conferita da chi
esegue il trattamento in base alla forma del tumore da irradiare. Prima si generavano
solo campi quadrati, rotondi o rettangolari,
ma ovviamente nessun rumore rispecchia
una forma geometrica simile in quanto sono
irregolari. Perciò, per dare una forma a tale
fascio, bisogna avere delle aperture tali da
conferire la forma adatta; col passare degli
anni l'evoluzione della tecnica è riuscita a
dare alle macchine, i collimatori, delle
nuove forme, o meglio, delle nuove aperture, definite lamelle, che conferiscono al
fascio la forma che si desidera, anche piccolissima.
La brachiterapia: un altro tipo di radioterapia è la brachiterapia, dal greco brachys
“corto”. A differenza dell’altra, questo tipo di terapia eroga
il fascio direttamente a contatto con il tumore con l’utilizzo
di materiale radioattivo, composto da radioisotopi; può
essere applicato a dei supporti cilindrici, piccole sferette o
semi simili a chicchi di riso, chiaramente la scelta dipende
dalle esigenze, quindi impiantato nella sede più opportuna
per agire da sorgente interna di radiazioni. Tali radiazioni
servono a distruggere le cellule che compongono la
massa tumorale in accrescimento. In base all’esigenza
richiesta, la brachiterapia si distingue in:
- endocavitaria: viene fatta quando la sorgente viene introdotta in una cavità naturale

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del nostro corpo come nel trattamento del tumore dell'utero, quindi trattamento diretto
in vagina;
- interstiziale: le sorgenti radioattive sono inserite direttamente all'interno del tessuto
affetto da tumore. Esempi di tumori per i quali è prevista la cosiddetta brachiterapia
interstiziale, sono le neoplasie del seno e della prostata;
- intraluminale: sede di interesse sarà perciò un lume;
- di contatto: le sorgenti radioattive sono inserite negli spazi vicini ai tessuti bersaglio,
solitamente cavità del corpo ma non solo, visto che questa metodica è usata anche
per la cura dei tumori della pelle. Alcuni esempi di tumori trattati con brachiterapia di
contatto sono quelli dell'utero, della cervice, della vagina, della pelle o dell'apparato
digerente.
In questa tipologia di radioterapia, gli isotopi quindi sono inseriti all’interno di sferette
o cilindri collegati dei tubicini per eseguire il trattamento. La brachiterapia è molto più
invasiva della tradizionale perché, per trattare alcune zone del corpo, bisogna portare
le sorgenti sul tumore stesso. Con questa terapia, per esempio, si riesce anche ad
evitare di causare, come effetto collaterale, l’impotenza negli uomini quando bisogna
trattare un tumore alla prostata che con le altre radioterapie, quasi sempre, viene a
manifestarsi. È molto importante perché non bisogna valutare solo la guarigione
fisica del paziente ma anche il proprio benessere personale, perché bisogna anche
pensare che, se l’aspettativa di vita si allunga, ovviamente un individuo avrà sempre
maggiore attenzione anche in merito al tema della sfera sessuale e l’impotenza
potrebbe causare un disagio nella vita privata del paziente.
La radioterapia pre e post operatoria e la chemioterapia: la radioterapia può essere
fatta per vari scopi tra cui quello curativo, per eliminare il tumore e, se una malattia
si trova solo in quel punto specifico del corpo, è possibile la guarigione. Può essere
fatta anche a scopo adiuvante, cioè per migliorare i risultati già ottenuti con altri
trattamenti. La radioterapia può ottenere quindi degli ottimi risultati anche quando si
associa alla chirurgia o alla chemioterapia, migliorando l’aspettativa di vita di un
paziente. Se si usufruisce della radioterapia in chirurgia e viene effettuata dopo
l’operazione, è definita postadiuvante/postoperatoria), mentre se effettuata prima è
detta neoadiuvante/preoperatoria); può essere utilizzata anche durante l’intervento e
quindi là si definisce intraoperatoria. L'obiettivo è distruggere eventuali cellule
rimaste ed evitare la recidiva. Vi sono degli svantaggi nella post operatoria, ovvero
non è facile comprendere se è stata realmente efficace, o meglio, non è dimostrabile
la sua efficacia, perché non tutti sono responsivi allo stesso modo, perciò se un
tumore dovesse svanire potrebbe essere sia stato grazie all’operazione che grazie
alla radioterapia. Se viene fatta prima serve per effettuare interventi meno importanti
che comportano meno fastidi e meno effetti avversi. Un esempio di tali effetti avversi
è rappresentato dal caso del tumore al retto: è un tumore molto rischioso, vista la
zona che richiede la rimozione di ulteriori parti oltre il tumore stesso, ovvero dei
margini di sicurezza, per prevenire eventuali residui tumorali. In questo caso,
essendo vicino all’ano, il chirurgo dovrà togliere anche l’ano, ma solo se il tumore
risulterà essere situato molto vicino ad esso, con un'operazione che prevede un
accesso addomino-perineale e la persona andrà di corpo con il sacchetto; non è una
tragedia ma bisogna ricordare anche il benessere psicologico del paziente. Facendo
la radioterapia prima dell’operazione si potrebbe evitare l’intervento stesso perché,
se radiosensibile, il tumore svanirà solo con l’irradiazione e non sarà più necessario
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operare. Se si associa in chemioterapia, viene detta concomitante, oppure, se una
viene prima e l’altra dopo è detta sequenziale. Generalmente si effettua sempre la
sequenziale perché, sebbene sia migliore la sinergia della concomitanza, si
sommano anche gli eventi negativi, quindi gli effetti collaterali, e diventa intollerabile
per il paziente.

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