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01 Diagnostica per Immagini A 16.10.

18 Farioli, Ferioli
Pelloni

DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

Cenni storici
La radiologia nasce alla fine del 1800 con la scoperta dei raggi X a
cura di Wilhelm Conrad Röntgen. Era un fisico della Prussia (attuale
Germania Est), quasi tutte le scoperte di nuove metodiche
radiologiche sono dovute a fisici. Durante esperimenti con le correnti
elettriche, interpose la propria mano (o quella della moglie) tra queste
correnti e una pellicola fotografica ottenendo questa immagine. Per la
prima volta l'uomo è riuscito a osservare l'interno del corpo umano
senza doverlo aprirlo (come fa il chirurgo) o sezionarlo (come fa il
patologo). Dopo soli 6 anni Röntgen ricevette il premio Nobel per la
Medicina proprio grazie alla scoperta di questa radiazione prima
sconosciuta, che lui chiamò raggi X.
Successivamente la radiologia si è evoluta in modo estremamente
rapido. Partendo da questi primi esperimenti c’è stata una evoluzione
molto marcata e molto impetuosa che ha fatto si che ci fossero sempre nuove modalità e
possibilità per avere immagini del corpo umano, non solo utilizzando i raggi x ma anche:
 Ultrasuoni (da cui è nata l’ecografia negli anni 60)
 Da una diversa metodica di utilizzo dei raggi X la tomografia computerizzata (o
TAC) negli anni 70
 Campi magnetici e radiofrequenze (da cui è nata la risonanza magnetica intorno
agli anni 80)
 Isotopi radioattivi (da cui la medicina nucleare)
La radiologia (scienza dei raggi X) inizialmente era una metodica “artigianale” (un
professionista, il radiologo, con il proprio camice di piombo per proteggersi dalle radiazioni
che ben presto si dimostrarono pericolose osservava le pellicole radiografiche),
successivamente a questa si sono andate ad aggiungere varie metodiche: ecografia, TAC,
risonanza magnetica e medicina nucleare. Questo insieme di metodi viene definito
Diagnostica per immagini. Spesso però la radiologia e la diagnostica per immagini
vengono utilizzate come sinonimi.

Evoluzione della diagnostica per immagini


Molto importante è stata l’evoluzione tecnologica informatica: oggi il radiologo non osserva
più le lastre, ma sta seduto a una console, visualizza delle immagini, le elabora, le
diagnostica e le inserisce in determinati percorsi terapeutici. Importantissima è stata anche
l'evoluzione degli elaboratori elettronici: senza di essi della radiologia resterebbe poco.
Ma il radiologo non fa solo questo. Un'altra importante evoluzione è stata la radiologia
interventistica. Essa è una branca della radiologia che consente a un medico radiologo,
esperto nella valutazione di immagini radiologiche, di mettere in atto dei provvedimenti di
tipo terapeutico. Quindi non solo diagnostica ma anche terapia, guidata dall'imaging,
applicata in ambito vascolare (angioplastiche, fibrinolisi, stenting), extravascolare
(drenaggi embolizzazioni, radiofrequenze), oncologico e chirurgico. Spesso questi

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interventi hanno potuto sostituire la chirurgia tradizionale. E' possibile svolgere operazioni
imaging guidate relativamente banali, come drenaggi di raccolta di liquidi, oppure più
complesse, come embolizzazioni intra arteriose, terapie con radiofrequenza e
alcoolizzazioni.

Principi di formazione delle immagini


Tutte le metodiche viste in precedenza hanno origine grazie all'impiego di una fonte di
energia fisica che, interagendo con un substrato biologico (il nostro corpo), attraverso
meccanismi anche estremamente complessi (come quello della risonanza magnetica),
generano delle immagini utili per fini diagnostici e interventistici.
Dobbiamo porci come primo interrogativo quali sono le fonti di energia che vengono
impiegate per ottenere immagini del corpo umano. 50 anni fa avremmo risposto solamente
i raggi X, oggi abbiamo una risposta molto più ampia.

Sorgente di energia
Esistono tantissimi tipi di energia, alcuni di essi sono utilizzati per creare immagini del
corpo umano.
• Raggi X: sono i progenitori della diagnostica per immagini, ma sono ancoras molto
usati. Sono utilizzati per la radiologia, che si divide in “tradizionale” e “digitale”, e
per la tomografia computerizzata. Quest'ultima è la definizione corretta per
l'acronimo TAC (tomografia assiale computerizzata), anche se il termine giusto
sarebbe TC.

• Ultrasuoni: sono alla base dell'ecografia.

• Campi magnetici e radiofrequenze: usate per la risonanza magnetica (in fase di


grande espansione in termini di risultati e di accuratezza, fin quasi alla
caratterizzazione istologica)

• Energia generata dagli isotopi radioattivi (come i raggi gamma): alla base della
medicina nucleare.

RADIOLOGIA
Tecnica di imaging che si basa sull'impiego dei raggi X. Si divide in radiologia
convenzionale (o tradizionale) e radiologia digitale (che sta prendendo largamente il
sopravvento).
Produzione dei raggi X: i raggi X sono presenti anche in natura, ma per la radiologia
abbiamo bisogno di raggi prodotti artificialmente usando il tubo radiogeno (o tubo di
Coolidge). Esso è un dispositivo contenuto all'interno delle macchine radiologiche. E'
costituito da un'ampolla, ovvero un contenitore di vetro dove viene creato il vuoto.
All'interno di questo dispositivo sono contenuti 2 elettrodi: un catodo (carico
negativamente) costituito da un filamento di tungsteno, e un anodo (carico positivamente)
costituito da un disco di tungsteno o molibdeno che, nelle apparecchiature TAC, ha la
capacità di ruotare su se stesso.

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Per produrre i raggi X si deve creare una corrente elettrica a bassa tensione a livello del
catodo; riscaldando il filamento di tungsteno si forma una nubecola di elettroni (carichi
negativamente) che staziona intorno al filamento, per effetto termoelettrico. Dal momento
che l'anodo è carico positivamente, abbiamo una differenza di potenziale tra anodo e
catodo, e gli elettroni vengono attirati con forza verso l'anodo. La produzione di elettroni è
proporzionale alla corrente elettrica che attraversa il filo. Questi impattano, con alta
energia, contro l'anodo dal quale vengono frenati. Da questo impatto scaturisce per il 99%
calore (non ci interessa, è un problema
per gli ingegneri che costruiscono
queste macchine, devono trovare un
modo per disperdere il calore, come la
rotazione dell'anodo) e per l'1% raggi
X.

Raggi X: radiazioni elettromagnetiche,


quindi non dotate di massa. Queste
hanno due caratteristiche:
 un'altissima frequenza

 una brevissima lunghezza


d'onda (comunque più lunga dei
raggi gamma).

Queste caratteristiche fisiche permettono ai raggi X di essere utilizzati per produrre


immagini. Abbiamo 3 caratteristiche positive (le prime 3) e una negativa:

• Attraversano la materia: non vengono riflessi o arrestati quando attraversano il


corpo umano ma lo attraversano, grazie alla lunghezza d'onda brevissima.

• Permettono di impressionare pellicole fotografiche, così come fa la luce visibile.

• Provocano fluorescenza su materiali sensibili: principio attraverso cui si realizza


la fluoroscopia.

• Sono un tipo di energia che interagisce con la materia biologica: questa


interazione è un fattore limitante, inizia con a livello fisico, da cui scaturiscono una
serie di eventi chimici che provocano effetti biologici. Questi possono rappresentare
un problema relativo all'utilizzo dei raggi X a fini diagnostici (effetti negativi). Ma
questa proprietà è utilizzata per effettuare la radioterapia: impiego di alte dosi di
raggi per danneggiare determinati tessuti, come i tessuti tumorali. (A noi questo
aspetto non interessa.)

Formazione dell'immagine radiologica


Possiamo ottenere delle immagini perché i
raggi X, quando attraversano strutture
biologiche, vengono attenuati. L'energia del

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fascio che entra nel corpo è minore di quella del fascio che esce: i raggi vengono assorbiti
dalla materia biologica o vengono deviati.

Esempio: immaginiamo di avere un parallelepipedo tridimensionale di una materia


omogenea, e una pellicola fotografica vergine, che nessuno ha mai impressionato. Lo
irraggiamo con un fascio di raggi X che nasce da un tubo di Coolidge, che chiamiamo
“fascio incidente” (le singole componenti del fascio sono chiamate fotoni). Attraversando il
parallelepipedo, i fasci di fotoni sono stati tutti attenuati allo stesso modo. I fotoni che
compongono il “fascio emergente” hanno un’energia più bassa rispetto a quelli del fascio
incidente. A questo punto i fotoni impressionano la pellicola fotografica, ottenendo una
rappresentazione bidimensionale del parallelepipedo. Ciò che sta all'esterno del
parallelepipedo diventa completamente nero, perché in quella zona il fascio impressiona in
maniera forte la pellicola, non essendo stato attenuato. Mentre i fotoni che hanno
attraversato il parallelepipedo sono stati attenuati, e impressionano la pellicola più
debolmente, dando un’immagine grigia. Questo avviene in questo modo solo se l’oggetto
è omogeneo.

Attenuazione dei raggi X


Fattori che influenzano l'attenuazione del fascio:

• L'intensità del fascio. Un fascio molto potente verrà attenuato poco. Questo è un
parametro su cui deve agire l'operatore.

• Il fattore più importante è la costituzione della materia, in particolare la densità


molecolare della componente biologica attraversata dal fascio. Quanto più il tessuto
è denso, tanto più attenua il fascio.

Esempio: ora il parallelepipedo non è


più costituito da un’unica sostanza
omogenea, ma da “strati” con densità
diversa. Facendolo attraversare dal
fascio di raggi X con la sua energia,
otteniamo una attenuazione diversa.
Gli strati meno densi (più chiari)
attenueranno meno i raggi, e questi
impressioneranno, anneriranno di più
la pellicola (pellicola scura).
Viceversa, uno strato più denso
(oggetto più scuro) attenuerà di più i
raggi, che impressioneranno debolmente la pellicola (lasciandola bianca).

Immaginiamo di applicare questo modello su un torace umano, cosa succede?

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Alcuni fotoni vengono fortemente
attenuati, quelli che passano attraverso
le ossa, non andranno ad annerire la
lastra per cui rimarrá di colore chiaro,
altri vengono attenuati poco ( quelli che
passano attraverso i polmoni, questi
hanno una densitá molto bassa e
verranno attenuati poco) riuscendo a
impressionare di nero la lastra. Ci
saranno aree poco impressionate
(bianche) molto impressionate (nere) e
impressionate parzialmente (grigie).

Immagine radiografia di un torace. Specifichiamo che noi stiamo osservando in 2


dimensioni una struttura anatomica in 3 dimensioni.
L'aria contenuta nei polmoni sarà nera/grigio scuro,
perché non ha quasi attenuato il fascio di raggi, che
ha impressionato fortemente la pellicola. Al contrario,
l'osso è bianco perché, essendo molto denso, ha
attenuato molto i raggi X, che hanno impressionato
pochissimo la pellicola radiografica. Alcune regioni
hanno prodotto un’attenuazione intermedia.

Definizione immagine radiografica: è il


risultato visibile riprodotto in negativo sulla pellicola
radiografica dell'informazione contenuta in un fascio
emergente da un corpo dopo esserne stata assorbita,
che viene tradotta, evidenziata con un diverso grado
di annerimento dell'emulsione fotografica(emulsione di
nitrato d'argento sensibile ai raggi X)distribuiti sulla lastra. Il grado d'annerimento varia in
base a quanta energia radiante riceve quella determinata zona.

Ancora oggi si una il termine lastra fotografica perché in origine l’emulsione fotografica era
spalmata su una lastra di vetro. Oggi sono fatte su delle pellicole di plastica.

Limiti dell'immagine radiologica tradizionale:


• Bidimensionalità: rappresentando in due dimensioni una
struttura che di dimensioni ne ha 3 c'è una sovrapposizione delle
attenuazioni: sotto allo sterno abbiamo il mediastino, poi la
colonna vertebrale. Le informazioni dell’attenuazione che io
individuo in una lastra rappresentate con una media delle
attenuazioni che il fascio subisce attraversandole. Come si ovvia
a questo problema? Facendo 2 proiezioni, ortogonali fra di loro.
In una radiografia antero-posteriore del ginocchio è molto difficile
identificare la rotula, invece in una radiografia laterale è
chiaramente visibile.

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• Ridotta risoluzione di contrasto: un’immagine radiografica non consente di
rappresentare sulla pellicola, come entità separate, due strutture anatomiche
(normali o patologiche) che attenuano i raggi X nello stesso modo, perché avendo 2
valori di attenuazioni (densitá) simili anneriscono allo stesso modo la pellicola. Per
far fronte a questo problema sono state messe a punto altre metodiche (ecografia,
Tac...), inoltre vengono usati prodotti chiamati mezzi di contrasto allo scopo di
accentuare il contrasto esistente tra diversi organi.

In una radiografia dell'addome, senza mezzo di contrasto,


riconosciamo le strutture ossee e l’aria all’interno del canale
gastroenterico o alla base del polmone ma non riusciamo a
identificare fegato, reni, pancreas e gli altri organi addominali:
distinguiamo solo le strutture che danno una forte attenuazione
del fascio di raggi (ossa, eventuali clip chirurgiche, calcoli
calcifici), e quelle strutture che attenuano pochissimo(aria). Gli
organi addominali attenuano allo stesso modo il fascio di raggi,
apparendo indistinguibili, tutte grigie sulla pellicola.

Mezzi di contrasto: sostanze che, introdotte per varie vie, opacizzano


diverse cavità. Se introdotte per bocca opacizzano il tubo digerente, se
per via endovenosa ed eliminate con le urine evidenziano le vie
urinarie. Nel caso di un RX addome utilizzo il solfato di bario, è una
sostanza che aumenta molto la densità del lume del viscere nel quale
l’ho distribuita. La sostanza viene ingerita e mi rende evidente le
strutture di tutto l’apparato digerente. Inducendo un contrasto artificiale
riusciamo (pur con certi limiti) a distinguere il canale digerente.

Possiamo in alternativa iniettare un mezzo di contrasto per la via


venosa, una sostanza (ad alta densitá contenente lo iodio) che
viene eliminata dai reni e permette di vedere le vie escretrici
urinarie

Oppure possono essere usati anche in tac per aumentare la


visibilitá di certi organi e alcune lesioni che normalmente non
possono essere viste.

TERMINOLOGIA RADIOGRAFICA
Sulla base di ciò che abbiamo detto fino ad
ora, vediamo come vengono descritti i reperti
patologici in ambito di diagnostica radiologica
tradizionale così da essere in grado di
interpretare i referti della radiologia che
incontreremo molto spesso.

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Molto importante è il concetto di OPACITÀ. Su un’immagine radiologica abbiamo opacità
quando il coefficiente di attenuazione dei raggi x di un tessuto è aumentato, provocando la
comparsa di un minore annerimento della pellicola radiografica e l’immagine diventa
bianca.
Nell’immagine vediamo due RX torace a confronto: nel primo ho un torace sano. Nel
secondo vedo che il polmone sinistro si presenta molto più biancastro, è molto opaco, è
presente una massa radiopaca (ad esempio un tumore polmonare) che sostituisce l’aria e
attenua i raggi x più di quanto essa non faccia.
Attenuando di più i raggi x, fa si che il fascio emergente
da quella zona sia più debole e annerisca meno la
pellicola fotografica che conseguentemente risulterà
bianca.
Vediamo poi un ginocchio. confrontandolo con un
ginocchio normale, nell’omero presentato il tessuto
normale è sostituito da un tessuto molto più denso che
attenua molto di più i raggi x e provoca quindi la
comparsa di una radiopacità sulla pellicola radiografica.
L’esempio mostrato è un quadro di osteosarcoma osteoblastico.

La situazione contraria provoca una


RADIOTRASPARENZA che sulla pellicola sarà nera o
molto oscura; essa si verifica nel caso in cui il coefficiente di
attenuazione dei raggi x di un tessuto viene ad essere
marcatamente ridotto. Di conseguenza il tessuto attenua
molto meno i raggi x ed essi impressionano molto di più la
pellicola che diventa nera. Osservando la radiografia di
questo torace si osservi come il polmone di destra sia molto
più nero di come dovrebbe essere, ciò significa che c’è una
grande quantità di aria patologica, molti meno vasi e molti
meno bronchi che hanno fatto si che la attenuazione del tessuto fosse estremamente
ridotta, quindi la pellicola risulta più scura. Siamo di fronte ad una area di trasparenza che,
interpretata con le adeguate competenze, ci porta a dire che qui c’è un area di distrofia
bollosa in un paziente enfisematoso.
Il prof presenta la radiografia di un ginocchio in cui nel perone c’è una zona molto più
scura del normale: in questa zona del perone c’è un tessuto che ha
sostituito l’osso normale e che attenua molto meno i raggi x di quanto li
dovrebbe attenuare, la pellicola è annerita molto di più, per cui è
un’immagine di radio trasparenza, un’osteolisi che indica la presenza di
un tessuto patologico che provoca una radio trasparenza, in questo
esempio è una metastasi di carcinoma tiroideo. Il tessuto metastasi ha
sostituito il tessuto osseo rispetto al quale ha una densitá molto minore.
Queste che abbiamo visto solo le situazioni limite, ci sono tutta una serie
di patologie in cui sono contemporanee zone di opacitá e di trasparenza
caratteristiche.

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L’immagine radiologica si può produrre in due modi:


 Convenzionale o tradizionale
 Digitale
L’immagine radiografica convenzionale è quella che si forma dall’interazione tra il fascio di
raggi x che attraversa il soggetto e che venendo più o meno attenuato impressiona una
pellicola fotografica. L’immagine convenzionale è quindi l’immagine raggi x- paziente-
pellicola. Quella che si ottiene è un’immagine statica, fissa, in cui le diverse tonalità del
grigio, del nero e del bianco sfumano in maniera infinita e indefinita l’una nell’altra e che
non si può più modificare. È quello che si può fare tradizionalmente con una macchina
fotografica analogica impressionando su una pellicola una immagine che non è più
modificabile Riprodotto su un supporto cartaceo o una pellicola o una lastra. È l’unica
tipologia di immagine che si poteva ottenere fino agli anni 70.
La nuova radiologia si basa invece sulle
immagini digitali analogo all’utilizzo di una
macchina fotografica digitale o uno
smartphone. L’immagine che si forma si
ottiene grazie all’interazione tra i raggi x
che, dopo aver attraversato il paziente, non
impressionano più una pellicola fotografica
ma una serie di dispositivi di detenzione
dei sensori che sono in grado di recepire
quanto il fascio è stato attenuati e di
trasformare questo segnale in un valore numerico (digitale significa numerico).
L’attenuazione dei raggi x in questo caso viene rilevata da delle attrezzature chiamate
sensori o detettori. La radiologia digitale fa si che quando noi sottoponiamo un paziente ad
una radiografia la zona che noi andiamo ad esaminare viene suddivisa in una sorta di
graticcio formato da una serie di elementi chiamati pixel (picture element) in ogni
quadratino viene riportato un valore numerico che corrisponde alla attenuazione che il
fascio ha subito, se il fascio ha subito una attenuazione nulla rimarrá di intensitá 10, se è
stato attenuati del tutto avrá valore 0 e tutti i numeri intermedi corrispondono a livelli di
attenuazione diversi. Viene così formata una matrice numerica che attraverso
l’elaborazione di un computer possono essere tradotti in una immagine. I valori che
possono assumere i pixel sono un numero finito, diversamente rispetto al metodo
convenzionale della lastra fotografica. Alla fine però il risultato ottenuto risulta pressocché
perfettamente sovrapponibile all’immagine tradizionale.
I numeri della matrice sono i dati grezzi che poi vengono elaborati e tradotti in
un’immagine radiologica simile a quella convenzionale ma digitale, con tutti i vantaggi che
ne conseguono:
 Le immagini si possono trasmettere a distanza per avere il parere da un altro
medico (teleradiologia significa trasmettere a distanza immagini radiologiche e
teleconsulto significa avere dei consulti su immagini trasmesse);
 Sono elaborabili -> attraverso particolari algoritmi le macchine radiografiche sono in
grado di elaborare la radiografia in modo da far vedere meglio alcuni distretti

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anatomici, evidenziare i piani retrostanti oppure di correggerle in parte migliorando i
contrasti, evitando al paziente ulteriori dosi di raggi (le immagini possono essere
schiarite, rese più scure, si può aumentare il contrasto, si possono ingrandire
facendo degli zoom)
 Si possono archiviare in formato digitale all’interno di sistemi molto complessi.
 Le immagini sono fruibili più facilmente, avendo a disposizione comodamente
anche immagini passate viene agevolata la diagnosi.
A proposito della fruibilità delle immagini digitali nella provincia di Modena dal 2004 esiste
un sistema chiamato PACS che permette di visualizzare tutte le immagini radiografiche
fatte negli ospedali dalla postazione dello studio del medico; è una rete provinciale che
mette a disposizioni dei medici tutte le immagini radiologiche che vengono eseguite negli
ospedali pubblici della provincia di Modena (è presente anche a Reggio Emilia e Bologna).
La tecnica digitale ha soppiantato in maniera ormai completa la tecnica tradizionale anche
per la maggiore fruibilitá, la più facile archiviazione e permette un risparmio dosimetrico
(miglioro digitalmente l’immagine per non dover eseguire una seconda lastra al paziente
se non fosse stata eseguita in modo ottimale)

Mezzi di contrasto
Il contrasto può essere di due tipi, il contrasto naturale o quello artificiale.
Il contrasto naturale è la nostra capacità di vedere su una
radiografia normale solo gli organi che hanno differenze di
assorbimento di raggi x particolarmente rilevanti tra di loro, per
cui si vedono molto bene le ossa che assorbono molti raggi X
quindi appaiono bianche, l’aria perché non li assorbe quasi
per niente e di conseguenza appare bianca mentre il resto
non viene visto bene. I vari distretti sono resi rappresentabili
grazie alla differente densitá rispetto agli organi vicini.
Quindi sulla base del contrasto naturale le indagini radiografiche sono a bassa risoluzione
di contrasto perché vediamo solo gli organi che hanno grandi differenze di contrasto tra
loro. Questo spesso non è sufficiente per certi apparati o organi, l’osso è il polmone lì
riesco a studiare, il resto faccio fatica.
Si può ricorrere quindi al contrasto artificiale, che è un artificio
che ci consente di accentuare il contrasto naturale esistente tra i
vari organi e i vari apparati introducendo attraverso varie vie e
modalità dei prodotti, chiamati mezzi di contrasto, in grado di
aumentare o ridurre l’attenuazione (assorbimento) del fascio di
raggi X.
I mezzi di contrasto sono quindi sostanze introdotte
nell’organismo (attraverso varie vie) in grado di modificare
l’assorbimento dei raggi X degli organi permettendo di
distinguere dei parenchimi e dei tessuti che altrimenti non
sarebbero tra loro differenziabili, in quanto dal punto di vista del
loro contrasto naturale presentano un indice di assorbimento dei
raggi X tra loro molto simile e un insufficiente contrasto radiologico, non verrebbero
rappresentati in modo sufficientemente evidente.
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I mezzi di contrasto vengono divisi in due gruppi:
 Negativi o trasparenti che se introdotti in determinati distretti anatomici riducono
l’attenuazione dei raggi X (fondamentalmente rappresentati da gas come aria,
ossigeno e anidride carbonica), sono gas che hanno una bassissima densità
 Positivi o opachi che aumentano l’attenuazione del fascio di raggi X essendo
formati da sostanze molto dense che assorbono tutti i raggi X, avremo come effetto
una opacitá molto forte.. Sono i più frequenti e utilizzati e vengono a loro volta divisi
in due gruppi:
1. Mezzi contrasto che possono essere iniettati per via endovenosa o arteriosa,
sono chiamati farmaci idrosolubili, solitamente sono formati da molecole che
contengono 3 atomi di Iodio che formano composti ad alto peso molecolare e
conseguentemente risultano molto radiopachi.
2. Mezzi di contrasti somministrati per bocca o per via rettale sono quelli non
idrosolubili (chiaramente non possono essere somministrati per via
endovenosa).

Vediamo qualche esempio:

Questi mezzi di contrasto possono essere utilizzati per lo studio del tubo digerente,
esofago, stomaco… possono essere usati contrasti opachi in combinazione con contrasti
trasparenti, ovvero gli esami a doppio mezzo di contrasto (solfato di bario e anidride
carbonica).
Sempre lo stesso mezzo di contrasto somministrato per bocca può
essere usato per lo studio di intestino tenue, se invece viene iniettato per
via rettale (in combinazione o meno con la somministrazione di aria)
possono essere usati per lo studio radiologico del colon.

Il prof mostra alcuni esempi di indagini contrastografiche realizzate


utilizzando dei contrasti opachi e contemporaneamente anche dei
contrasti trasparenti, l’uso combinato chiamato doppio contrasto usato ad
esempio nel tubo digerente. Il bario è un mezzo di contrasto opaco non idrosolubile e
viene usato nel tubo digerente.
Nel caso dell’intestino tenue si può opacizzare solo con del contrasto opaco e il lume
intestinale diventa bianco, oppure mettendo insieme contrasto opaco e trasparente
realizzando il cosiddetto . Questo esempio è un contrasto positivo utilizzato assieme ad
un contrasto negativo che vengono somministrati per bocca o per via rettale non
idrosolubili.
Con i contrasti idrosolubili (o urografici) si possono vedere le vie
escretrici urinarie realizzando ciò che si chiama urografia endovenosa
in cui il mezzo di contrasto viene iniettato endovena e dal momento che
viene escreto per via renale rende opache e quindi visibili le vie
escretrici urinarie che altrimenti non sarebbero visibili.

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Questi stessi contrasti possono essere somministrati in modo endocavitario (direttamente
dentro cavitá) dove attraverso il catetere si riesce ad opacizzare la vescica (cistografia
retrograda) e l’utero con la isterosalpingografia. Per effettuare invece le arteriografie si
devono iniettare i mezzi di contrasto
per via arteriosa e servono per
evidenziare ad esempio le stenosi
arteriose (dilatabili tramite la
radiologia interventistica direttamente
con un catetere a palloncino:
angioplastica). Se invece il contrasto
viene iniettato nelle vene viene
chiamato flebografia.

Questo è quello che è tuttora possibile realizzare in termini di immagini partendo dai raggi
X e dalla possibilitá di far incidere il fascio. Di raggi X che ha attraversato una area
anatomica di interesse o su una pellicola radiografica o su un device elettronico che è
capace di registrare quanto un fascio di raggi X è stato assorbito.

Domanda: vengono chieste maggiori informazioni riguardo ai mezzi di contrasto


trasparenti.

Se iniettiamo in un organo dell’aria questa non attenua per nulla il fascio di raggi X
incidenti sull’organo e pertanto renderá quell’organo più scuro, piú nero (nella
rappresentazione radiografica) se invece iniettassimo (ad esempio nello studio del canale
digerente) contemporaneamente un mezzo di contrasto opaco (solfato di bario) che un
contrasto trasparente (l’aria) realizziamo un esame che si chiama “a doppio contrasto”, la
finalitá di questa metodica è quella di creare un effetto di trasparenza che è provocato
dall’aria e un effetto di verniciatura, di spennellatura di contrasto opaco sulla superficie
dell’organo che diventa visibile grazie alla presenza di aria che lo ha disteso. Si mettono
assieme le proprietá dei contrasti positivi e di quelli negativi per realizzare una procedura
con cui si riesce a studiare la mucosa di certi organi. Questa tecnica può essere usata
nello stomaco (studio a doppio contrasto dello stomaco) sia del tenue (prisma del tenue a
doppio contrasto) sia per lo studio del colon (colon a doppio contrasto). Ne parleremo in
modo più approfondito quando studieremo la diagnostica per immagini del tubo digerente.

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TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA (TAC)

La tomografia computerizzata (TC) è una metodica ideata


dal fisico scozzese Hounsfield che realizzò un primo
prototipo per gli studi del distretto cranico.

La TAC è una tecnica digitalizzata che consente di ottenere


sezioni assiali o para-assiali di spessori definiti del corpo
umano.

Tomografia deriva dal greco ‘tèmnòmai’ che significa appunto “tagliare”: infatti è come se
“affettassimo” il paziente e ogni fetta la potessimo visualizzare sul piano assiale.
Il paziente entra nella macchina in cui c’è un tubo radiogeno che eroga raggi X ed è in
grado di “affettare” virtualmente l’addome, il torace o altri distretti d’interesse e di mostrare
immagini assiali.

Le sezioni ottenute dalla TAC possono essere:


- Rappresentate cosi come le otteniamo,
quindi come immagini assiali (questo è
quello che facevano prevalentemente le
vecchie TAC)

- Ricostruite elettronicamente su piani


diversi da quello assiale (coronali, sagittali, oblique):
questo è stato reso possibile grazie all’importante
miglioramento che hanno avuto gli elaboratori elettronici
utilizzati.

PRINCIPI DI TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA

Nella realizzazione di un’immagine TAC è determinante l’intervento di elaboratori


elettronici molto sofisticati, cosa che invece non accade in altre tecniche di diagnostica per
immagini.
Ad esempio nella realizzazione di una radiografia tradizionale (raggi – pellicola
radiografica) non interviene nessun elaboratore, i raggi semplicemente impressionano la
pellicola.

Nell’elaborazione di una radiografia ad esempio del torace con tecnica digitale l’intervento
dell’elaboratore è modesto, marginale.

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Nella creazione di un’immagine TAC è invece
determinante l’intervento di un elaboratore
elettronico perché la modalità con cui l’immagine
si forma non può prescindere dalla presenza di
un’elaborazione elettronica.
Componenti di un’apparecchiatura TC

La TAC è costituita da un tubo radiogeno


contenuto all’interno del gantry (che possiamo
paragonare ad uno scheletro di una lavatrice). Il paziente, per eseguire l’esame, viene
introdotto all’interno del tubo, che ha una sua alimentazione elettrica, e che ruota intorno
al paziente con un movimento che può arrivare a 360°.
Durante la rotazione emette raggi X che attraversano il paziente, da una serie di diverse
angolature, e vengono poi recepiti da dispositivi, localizzati sul lato opposto rispetto al
punto in cui il tubo radiogeno emette i raggi, definiti sensori o detettori.
Questi ultimi rilevano l’attenuazione che il fascio di raggi X ha subito nel percorso
compiuto dal punto in cui sono stati emessi al detettore, cioè nel percorso durante il quale
ha attraversato il corpo del paziente.
Le informazioni ricevute dal detettore vengono poi trasformate in numeri attraverso un
convertitore analogico digitale (trasforma energia fisica in numeri).
Questi dati numerici vengono elaborati e trasformati da un elaboratore in immagini che
possono essere poi visualizzate su monitor, stampate, archiviate.

PRINCIPI FISICI
I principi su cui si basano i calcoli effettuati dall’elaboratore sono:

- L’attenuazione lineare che il fascio di raggi X subisce attraversando la struttura in


esame cioè lungo la linea di attraversamento che conduce il fascio di raggi x dal
punto in cui viene emesso al detettore (attenuazione lineare dell’energia radiante)
- La localizzazione delle strutture, che sono state attraversate dal fascio di raggi X,
attraverso procedimenti di tipo fisico-matematico, di cui il più importante è il
Teorema di Radon.
- Procedimenti di calcolo per l’elaborazione dei dati che permettono di creare
un’immagine.

Il principio più importante su cui si basa la TAC è che, conoscendo l’energia del fascio di
raggi X emesso (energia del raggio incidente) e l’energia del fascio di raggi X emergente
(rilevato nel momento in cui arriva al detettore) è possibile calcolare di quanto questo
fascio è stato attenuato e in quali punti è stata subita questa attenuazione.

Nei procedimenti di calcolo per l’elaborazione dei dati si ha la formazione di una matrice
formata non solo da pixel (elementi di superficie), ma anche da voxel1: elementi in cui oltre

1
Un voxel (volumetric picture element) è un'unità di misura del volume. Il voxel è
la controparte tridimensionale del pixel bidimensionale [Wikipedia]

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01 Diagnostica per Immagini A 16.10.18 Farioli, Ferioli
Pelloni
alla superficie si ha anche uno spessore, all’interno del quale vengono immagazzinate,
sotto forma di numeri, le informazioni che sono pervenute dall’elaboratore analogico
digitale.
Per cui, a ciascuna di queste aree corrisponde un valore numerico che poi viene
trasformato in un valore di densità (bianca, nera, grigia) che corrisponde all’attenuazione
che il fascio ha subito.

Dalla slide:
Nella ricostruzione dello strato corporeo, la sua superficie viene suddivisa in una matrice di
elementi di dimensioni uniformi (PIXEL). Per la determinazione dei valori di attenuazione
di ciascun pixel, l’oggetto viene diviso in una matrice costituita da 512 piccoli elementi per
lato di volume uniforme (VOXEL) e viene misurato il rispettivo coefficiente di attenuazione
da differenti punti di vista lungo un arco di circonferenza.

Teorema di Radon: consente di collocare la struttura in esame in una determinata


posizione dello spazio. Questo è reso possibile dal
fatto che, conoscendo le proiezioni che l’oggetto
ha nel momento in cui viene attraversato di raggi
X, è possibile ricostruire la sua posizione finale
all’interno del campo di vista.

Con la TAC quindi l’immagine viene ricostruita dal


computer eseguendo una serie di misure
dell’attenuazione lineare che il fascio di raggi X
subisce attraversando le singole unità di volume
(voxel) in cui viene suddiviso lo spessore corporeo
in esame.
Questi valori di attenuazione, espressi come
numeri, sono rapportati ad un sistema
convenzionale di riferimento, la scala di
Hounsfield dove sono riportati i valori di attenuazione noti di determinati tessuti:
- Acqua: valore di attenuazione pari a 0,
- Aria: valore di attenuazione pari a -1000,
- Osso: valore di attenuazione pari a +1000

I valori di densità dei voxel vengono poi riconvertiti dall’elaboratore


elettronico in corrispondenti valori della scala dei grigi e
rappresentati come immagine sui monitor di visualizzazione.

Ad esempio in questa TAC è possibile osservare una lesione a


livello renale.
Andando a misurare il valore di densità della zona, basandosi sulla
scala di Hounsfield, questa risulta essere pari a -150 HU (unità

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01 Diagnostica per Immagini A 16.10.18 Farioli, Ferioli
Pelloni
Hounsfield) che corrispondono ai valori di densità del
tessuto adiposo.
Essendo quindi una lesione contenente tessuto
adiposo si tratta di un angiomiolipoma renale.
In questa TAC abbiamo invece una lesione localizzata
a livello epatico con valori di densità pari a 0 HU, che
sulla scala di Hounsfield corrisponde all’acqua. Si
tratta quindi di una cisti epatica.

La scala di Hounsfield inizialmente aveva dato grande speranza perché si pensava che ad
ogni valore di densità corrispondesse un tessuto normale e/o un tessuto patologico da
esso distinguibile.
In realtà si è poi scoperto non essere così. Ci sono infatti dei range di sovrapposizione tra i
tessuti, che non consentono, basandosi soltanto sui valori di densità, di distinguere tessuti
normali da tessuti patologici. E’ possibile fare questa distinzione solo per valori limite:
- valori molto bassi che indicano la presenza di aria
- valori molto alti (verso i 1000), che indicano la presenza in quella regione di tessuto
calcificato
- Valori intorno allo 0 che indicano la presenza di liquido sieroso/acqua

L’altro dato in più che possiamo sfruttare sono quei valori che abbiamo visto negli esempi
precedenti: valori intorno -150/-200 HU che corrispondo al tessuto adiposo.
Tutti gli altri valori (dai 20-30 HU fino ai 200-300 HU) sono valori aspecifici: per cui non è
misurando la densità che possiamo fare diagnosi (ad eccezione dei valori limite che
abbiamo visto precedentemente).
Per fare diagnosi è necessario completare lo studio con altre indagini: è fondamentale ad
esempio effettuare uno studio della vascolarizzazione dell’area d’interesse.

Quando si fa una TAC si fanno quindi una serie di scansioni assiali e partendo da queste,
come abbiamo detto, è possibile effettuare delle ricostruzioni multi-planari, cioè delle post-
elaborazioni rese possibili per il fatto che si hanno a disposizione immagini digitali.
E’ possibile effettuare diverse elaborazioni:
- Ricostruzioni multi-planari, come ad esempio sul piano sagittale, o coronale
- Elaborazioni tridimensionali con la possibilità anche di eliminare ad esempio le parti
scheletriche per osservare solo la componente molle, di vedere solo le parti in cui è
presente il mezzo di contrasto, oppure di lasciare in evidenza solo le parti ossee e
togliere le parti molli ecc.
Si tratta quindi chiaramente di una possibilità enorme che l’elaborazione elettronica ha
messo a disposizione per creare delle immagini che possano essere sfruttate a scopo
diagnostico.

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01 Diagnostica per Immagini A 16.10.18 Farioli, Ferioli
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EVOLUZIONE APPARECCHIATURE TC
Le TAC hanno subito un’evoluzione molto importante:
- TC di prima generazione (fine degli anni ’70):
permettevano di creare una singola immagine ogni 45-50
secondi. Per fare una TAC addome potevano quindi
essere necessari 40-45 minuti.
- La TAC volumetrica in cui il tubo poteva continuare a ruotare intorno al paziente
mentre il lettino porta paziente entrava all’interno del gantry.
- TAC spirale multistrato: macchine multidetettore che hanno reso la metodica di
indagine estremamente rapida (la scansione dell’intero addome richiede circa 14-15
secondi contro i 40 minuti richieste dalle prime apparecchiature)

L’evoluzione di queste apparecchiature ha portato a numerosi vantaggi:


- Riduzione dei tempi di esame
- Ha reso possibile l’effettuazione di studi dinamici dopo la somministrazione di un
mezzo di contrasto per mezzo della quale è possibile studiare la sua distribuzione
nelle arterie, nelle vene, nei parenchimi.
- Permette di esaminare ampi volumi (es. l’intero addome) in un’unica apnea
- Vengono ridotti gli artefatti da respiro
- I dati possono essere utilizzati per le ricostruzioni multiplanari e 3D.

TERMINOLOGIA TAC

Dal momento che i valori della tac sono espressione della densità che un determinato
organo ha, e di conseguenza dell’attenuazione che ha indotto sul fascio di raggi X che lo
ha attraversato, la terminologia utilizzata riflette questa caratteristica.
I parenchimi/le strutture/le lesioni vengono quindi descritte in base alla loro densità.
Una lesione piena di acqua, ha una densità molto bassa. All’immagine appare come una
struttura nera rispetto al parenchima che gli sta intorno (cosi come nero appare il polmone
appunto perché pieno di aria). In questo caso la lesione viene definita IPODENSA.
Una lesione che presenta una densità sostanzialmente uguale a quella del parenchima
che gli sta intorno, viene definita ISODENSA.
Se invece la lesione è più bianca, vuol dire che ha una densità maggiore e viene quindi
definita IPERDENSA.

MEZZI DI CONTRASTO (MDC)

I mezzi di contrasto vengono quasi sempre utilizzati in TC.


Vengono somministrati prevalentemente per via endovenosa. Si tratta in questo caso di
prodotti tri-iodati, idrosolubili, non ionici.

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Una volta iniettati e.v. opacizzano i vasi e rendono in questo modo ben visibili le strutture
vascolari, rendono meglio visibili le lesioni che possono essere presenti negli organi
parenchimatosi e consentono soprattutto lo studio della vascolarizzazione delle strutture
normali e delle eventuali lesioni in esse presenti.
Possono essere utilizzati anche mezzi di contrasto somministrati per bocca o per via
rettale (anche se vengono usati sempre più raramente): servono per rendere meglio
visibile il lume degli organi cavi (esofago, stomaco, tenue, retto..) soprattutto in determinati
esami TAC e per la valutazione di determinate patologie (esempio: entero-tac, colon-tac).
Vediamo ora il confronto tra due TAC, quella a sinistra effettuata senza mezzo di
contrasto, quella a destra invece con mezzo di contrasto. In quest’ultima, attraverso l’uso
del mdc, si ottiene una perfetta opacizzazione dell’aorta ed è possibile vedere la presenza

di un flep intimale, espressione di una dissecazione aortica. In questo caso quindi, tramite
la somministrazione di mdc è possibile fare diagnosi con grande confidenza e
accuratezza.
Quindi ad un’eventuale domanda “A cosa servono i mezzi di contrasto in TAC?”
- Servono a vedere meglio i vasi
- A studiare la vascolarizzazione delle lesioni
Facciamo un altro esempio:

Mettiamo a confronto TC del fegato sia senza mezzo di contrasto e.v. sia con mezzo di
contrasto e.v.
Nelle TC senza mdc le lesioni presenti a livello epatico non possono essere caratterizzate
unicamente sulla base della loro densità in quanto risultano essere del tutto aspecifiche; è

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01 Diagnostica per Immagini A 16.10.18 Farioli, Ferioli
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necessario, per fare diagnosi, studiarne la vascolarizzazione e ciò può essere fatto solo
tramite somministrazione del mezzo di contrasto. Analizzando le caratteristiche di
vascolarizzazione possiamo infatti dire che una delle lesioni è espressione di una
patologia benigna quale l’ iperplasia focale nodulare, mentre l’altra lesione della TC
presenta caratteristiche di vascolarizzazione (sia nel tempo arterioso sia nel tempo
venoso) tipiche di un angioma.

INDICAZIONI CLINICHE

La TAC È una metodica estremamente utile per lo studio del torace (in particolare del
parenchima polmonare) e dell’addome superiore.
E’ possibile anche studiare il collo e l’addome inferiore anche se la qualità dell’immagine è
nettamente inferiore rispetto a quella della risonanza magnetica che è diventata forse la
metodica più accurata in assoluto per lo studio del collo e delle patologie degli organi in
esso contenuti, e dell’addome inferiore maschile e femminile.
E’ ottimale per lo studio dell’apparato scheletrico (per la valutazione delle componenti
corticali e spongiose); è meno accurata invece, per motivi che riguardano la risoluzione di
contrasto, per lo studio delle componenti molli (in cui si preferisce l’ecografia o la RM).
La TAC inoltre è la metodica che per prima ha permesso di osservare il sistema nervoso
centrale per la quale viene ancora ampiamente utilizzata, soprattutto nello studio delle
acuzie (traumi, emorragie, ictus ecc.). E’ stata invece soppiantata dalla risonanza
magnetica per lo studio in elezione (nei pazienti cioè che è possibile studiare e preparare
con calma) per patologie tumorali e patologie della sostanza bianca.

Vantaggi:
- Sono indagini rapidissime (in 2-3 minuti è possibile fare uno studio vascolare
completo del corpo)
- Ha una risoluzione spaziale eccellente: permette di vedere dettagli anatomici
raffinati
- Ampia disponibilità delle apparecchiature: ormai è disponibile quasi ovunque.
Nella provincia di Modena ad esempio è presente a Mirandola, a Carpi, a
Baggiovara (3), al Policlinico (3), a Castelfranco, a Vignola, a Sassuolo (2) e a
Pavullo.
La TAC è un’apparecchiatura quindi diffusa sul territorio provinciale e si presta
soprattutto ad un uso nelle emergenze/urgenze o nel primo livello diagnostico.

Limiti:
- Utilizzo di Raggi X: tra le metodiche a disposizione è quella più irradiante. Per
questo motivo una TAC viene effettuata su indicazioni precise, solo quando
strettamente necessaria (quando quello che pensiamo di poter vedere tramite TAC
non può essere visto con altre metodiche).
Ad esempio non viene effettuata una TAC per valutare l’eventuale presenza di
calcoli della colecisti: questi infatti possono essere benissimo osservati tramite

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01 Diagnostica per Immagini A 16.10.18 Farioli, Ferioli
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ecografia, evitando in questo modo di esporre inutilmente il paziente a radiazioni
ionizzanti.
- Utilizzo di mezzi di contrasto iodati: si tratta di farmaci dotati di una certa
nefrotossicità Dovendo essere eliminati per via
renale, richiedono una buona funzionalità del
rene.
Sono farmaci poi che, anche se raramente,
possono dare reazioni allergiche: da quelle più
banali come i pomfi cutanei, a quelle più gravi
quali edema della glottide, spasmi bronchiali o
laringei che possono anche mettere a rischio la
vita del paziente.
- Pur avendo una buona risoluzione spaziale la TAC presenta limiti di risoluzione di
contrasto: alcune patologie (es. patologie degenerative della sostanza bianca,
patologie delle parti molli e del midollo spinale) risultano essere completamente
invisibili alla TAC. Sono invece evidenti con la risonanza magnetica che ha una
risoluzione di contrasto estremamente più elevata.

ULTRASUONI

Furono scoperti alla fine dell’800 quando i fratelli Curie, che studiarono poi estesamente la
radioattività, videro che alcuni cristalli (es. il quarzo) erano in grado di produrre un’energia
acustica particolare se sottoposti ad un campo elettrico. Questa energia venne definita
ultrasuono perché risultava non udibile alle frequenze dell’orecchio umano.

Questa energia ebbe un primo ambito di applicazione bellico in quanto venne utilizzata nei
sistema sonar delle navi durante la seconda guerra mondiale.
Poi continuò ad essere utilizzata come sistema sonar per rilevare la presenza di oggetti
sottomarini e nella navigazione commerciale.
Solo negli anni ’60 si intuì che questo tipo di energia ad ultrasuoni poteva essere applicata
alla medicina e venne utilizzata per creare una metodica chiamata poi ECOGRAFIA
utilizzabile a scopo diagnostico.
Negli anni ’60 l’ecografia venne introdotta nella clinica e poi a partire dal 1972 la
tecnologia cominciò ad evolvere in maniera rapida.

Gli ultrasuoni sono onde meccaniche elastiche con un andamento di tipo sinusoidale
caratterizzate da alcuni parametri fisici, di cui uno dei più importanti è la frequenza. Questa
corrisponde al numero di oscillazioni nell’unità di tempo e la sua unità di misura è l’hertz
(Hz).
Per definire un’onda acustica un ultrasuono è necessario che abbia una frequenza
superiore a 20000 Hz (frequenza superiore a 20000 cicli al secondo).

[Dalla slide] Gli altri parametri che caratterizzano un ultrasuono sono:

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01 Diagnostica per Immagini A 16.10.18 Farioli, Ferioli
Pelloni
- Lunghezza d’onda: distanza tra due picchi di
pressione consecutivi
- Ampiezza (A): altezza del picco di pressione
- Periodo (T): tempo necessario per compiere un
ciclo completo

Gli ultrasuoni non si propagano nel vuoto, hanno quindi


bisogno di un mezzo di trasmissione.
La sonda per gli ultrasuoni deve essere infatti messa a
contatto con la cute del paziente con l’interposizione di
un gel per fare in modo che non ci siano tra la sonda e
la cute delle bollicine di aria che rischierebbero di
disperdere il fascio di ultrasuoni.

La macchina da ecografia è composta da un cuore elettronico per l’elaborazione


dell’immagine e dalla sonda ecografica (il trasduttore), collegata ad una fonte di energia
elettrica, che contiene l’elemento fondamentale per produrre gli ultrasuoni costituito da un
materiale a struttura cristallina (quasi sempre si tratta di cristalli artificiali con il tritanato di
bario o di piombo, non vengono praticamente più utilizzati cristalli naturali come il quarzo).
[Gli ultrasuoni possono essere presenti anche in natura: ad esempio gli ultrasuoni emessi
dai pipistrelli mentre volano per avere un eco di ritorno che gli permette di evitare gli
oggetti che incontrano nel loro percorso].
Quando arriva la corrente elettrica si verifica un fenomeno definito effetto piezoelettrico
inverso: applicando una differenza di potenziale agli estremi del cristallo, questo subisce
una serie di modificazioni della propria forma, entra in un sistema di vibrazione della sua
struttura cristallina, che genera delle onde ultrasonore che sono in grado di propagarsi nel
mezzo.
Si ha in questo modo la trasformazione dell’energia elettrica in energia meccanica.
Questo effetto è paragonabile al fenomeno che si verifica quando giriamo il dito sul bordo
di un bicchiere di cristallo. Applichiamo un effetto fisico (che possiamo equiparare ad una
corrente elettrica) ad un cristallo e questo emette suoni.
Questo è quindi un principio sovrapponibile: al posto dell’energia fisica del dito abbiamo
un’energia elettrica, per mezzo della quale induciamo una perturbazione della struttura
cristallina che si traduce con l’emissione di energia sonora.
Questa energia sonora (fascio di ultrasuoni) viene indirizzata sui tessuti che si vogliono
analizzare.
Attraversando i tessuti l’onda ultrasonora ne viene variamente riflessa ed i fasci ultrasonici
riflessi ritornano al trasduttore (tornano ad impattare sul cristallo che li ha generati) e si
realizza l’effetto piezoelettrico diretto: l’energia acustica dell’ultrasuono riflesso impatta sul
cristallo che subisce modificazioni di forma che generano una corrente elettrica. La
corrente elettrica viene rilevata dall’elaboratore elettronico che la trasforma, attraverso un
meccanismo di digitalizzazione, in un’immagine visualizzabile sul monitor.

IMPEDENZA ACUSTICA

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Pelloni
La riflessione del fascio ultrasonoro si verifica a livello delle cosiddette interfacce tissutali, i
punti in cui vengono a contatto due tessuti che hanno una diversa impedenza acustica.
L’impedenza acustica è la resistenza che ogni mezzo fisico (in questo caso parliamo di
mezzi biologici) oppone al passaggio degli ultrasuoni e dipende fondamentalmente dalla
densità tissutale e dalla velocità di propagazione degli ultrasuoni.
Per cui quando gli ultrasuoni incontrato un’interfaccia vengono in parte riflessi e in parte
trasmessi ai tessuti sottostanti.
Nel momento in cui il cristallo riceve il fascio riflesso e trasmette l’informazione
all’elaboratore elettronico questo forma un’immagine che dipende all’ecogenicità, ovvero
da quanto la struttura che il fascio di ultrasuoni ha incontrato ha riflesso o non ha riflesso il
fascio acustico.

Terminologia ecografica
- Possiamo trovarci di fronte a strutture che non riflettono il
fascio e nell’immagine appaiono nere. Queste strutture
vengono definite TRANSONICHE O ANECOGENE.
- Le strutture che riflettono in maniera importante il fascio
acustico (riflettono il fascio molto di più rispetto agli
organi/tessuti che gli stanno intorno) vengono definite
IPERECOGENE e all’immagine appaiono bianche.
- Le strutture che riflettono il fascio in maniera analoga ai
tessuti che gli stanno intorno vengono definite
ISOECOGENE.
- Le strutture che riflettono meno il fascio rispetto alle
strutture vicine vengono definite IPOECOGENE e
appaiono all’immagine leggermente più scure.

L’immagine a fianco è un’ecografia del fegato: la sonda è stata


appoggiata sulla cute del paziente a livello dell’ipocondrio
destro. Il fascio di ultrasuoni viene trasmesso in profondità e
incontra, oltre al parenchima epatico normale, che riflette il
fascio di ultrasuoni, una struttura che non provoca alcuna riflessione del fascio
(transonica/anecogena). Questo vuol dire che in quella zona il fascio non ha incontrato
alcuna interfaccia acustica. La zona per questo motivo risulta essere nera. Si tratta di una
struttura a contenuto liquido (una cisti epatica in questo caso).

In questo caso vediamo invece una struttura bianca; questo vuol dire che ha riflesso il
fascio di ultrasuoni di più rispetto al parenchima epatico che gli sta intorno (ipoecogena).
Ha una densità tissutale maggiore, molte più interfacce. In questo caso possiamo solo dire
che si tratta di una struttura solida. Poi sono le caratteristiche semeiologiche che ci
possono orientare meglio sul tipo di lesione, ma fondamentalmente non possiamo, avere
solo con l’ecogenicità, la certezza di che tipo di lesione si tratti.

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Di solito le strutture solide ipoecogene sono quelle che destano maggiori sospetti, sono
quelle che più frequentemente sono associate a lesioni non benigne.

In questa ecografia abbiamo invece lesioni isoecogene: si intravedono, per effetto massa,
una grossa lesione del lobo sinistro del fegato che ha la stessa ecogenicità del
parenchima epatico normale. Anche in questo caso possiamo solo dire, basandoci
sull’ecogenità, che si tratta di una lesione solida.

Con le indagini ecografiche per fare previsioni sul tipo di lesione analizzata, cosi come
nella TAC, è importante andarne a valutare la
vascolarizzazione.
Per studiare la vascolarizzazione in ecografia il
sistema più accurato è quello che impiega i mezzi di
contrasto che devono andare ad agire
sull’ecogenicità.
Vengono utilizzate particelle di galattosio che
contengono delle micro bolle di aria che, una volta
iniettate nel circolo ematico, entrano in soluzione (per
cui l’involucro esterno della particella che corrisponde al galattosio si scioglie) e creano
una marea di interfacce che generano degli echi di ritorno nei territori anatomici, sia
normali sia contenenti lesioni, all’interno dei quali riescono ad andare a distribuirsi.
Sono con mezzi di contrasto definiti “blood-pool” in quanto non diffondono al fuori
dell’albero vascolare (non finiscono nell’interstizio cellulare come quelli usati in TAC o
molti di quelli usati nella risonanza magnetica).

L’immagine a fianco è un’ecografia in cui è possibile vedere una lesione ipervascolarizzata


messa in evidenza tramite somministrazione di un mezzo di contrasto. Questa immagine
ecografica abbinata ai criteri morfologici, alla situazione clinica del paziente ecc. permette
di avere una buona accuratezza diagnostica.

INDICAZIONI CLINICHE
L’ecografia è diventata in molte discipline un’estensione del
normale esame obiettivo (quello basato su ispezione,
palpazione, auscultazione ecc.).
Viene quindi utilizzata in molti ambiti disciplinari come
complemento di indagini cliniche:
- In ambito internistico lo studio ecografico è diventato
quasi una regola per la valutazione del fegato, del
pancreas o delle vie biliari, in ambito ginecologico
l’esame obiettivo viene sempre completato con ecografia eseguita per via
sovrapubica o endocavitaria.

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Pelloni
- Utile per lo studio delle parti molli superficiali muscolo-tendinee e non: tiroide
(ecografia come complemento della palpazione cervicale), mammella, testicoli,
occhio
- Ecocardiografia: integrazione della visita cardiologica
- Utile per il monitoraggio della gravidanza: è necessario eseguire almeno 3
valutazioni ecografiche per il monitoraggio di una gravidanza normale o ancora di
più in caso ci siano complicanze.

Ultimamente l’ecografia sta poi ampliando i campi di applicazione:


- Eco-endoscopia: in corso di esami endoscopici (es. gastroscopia) è possibile
utilizzare oltre alla via ottica, che consente di vedere l’interno dello stomaco, una via
accessoria su cui è montata una sonda ecografica che consente dall’interno di
studiare gli organi che stanno intorno.
Esiste ad esempio l’ecografia trans-esofagea utilizzata per vedere l’aorta o
l’ecografia trans-gastrica per vedere il pancreas.
- Elastografia: metodica ecografica che consente di studiare l’elasticità dei tessuti. E’
utile ad esempio per monitorare l’evoluzione di patologie fibrosanti epatiche (es. la
steatosi e la cirrosi).
- Ecografia tridimensionale (3D-US)

Vantaggi:
- Metodica che da un punto di vista biologico risulta essere innocua. Questo non vuol
dire che è privo di effetti negativi perché comunque in piccola misura provoca un
riscaldamento dei tessuti.
Esistono infatti anche terapie ultrasoniche utilizzate per il trattamento ad esempio
degli strappi, delle tendiniti, delle lesioni muscolo-cutanee: viene quindi usata
ultrasonoterapia, con frequenze diverse però da quelle utilizzate in ambito
diagnostico, allo scopo di riscaldare i tessuti.
A scopo diagnostico l’ecografia non riscalda i tessuti in maniera significativa, al
massimo di qualche frazione di grado e rimane comunque dal punto di vista
biologico innocuo. Per questo motivo vengono tranquillamente utilizzate nel
monitoraggio della gravidanza o dell’ovulazione nelle pratiche di fecondazione
assistita.
- Sono apparecchiature altamente disponibili e presentano costi limitati. Se le TAC
costano intorno ai 300000 euro, un ecografo, di qualità accettabile, costa intorno ai
30000. Sono quindi più facilmente reperibili sul territorio. Sono a disposizione di
molti medici di base e di specialisti quali quelli di ginecologia, endocrinologia,
cardiologia, oculistica ecc.
- Esecuzione relativamente rapida. Relativamente perché se consideriamo
un’ecografia di primo livello, ad esempio la “fast” effettuata in pronto soccorso per
vedere se il paziente ha un versamento intra-addominale, allora possiamo parlare
di un’esecuzione relativamente rapida; nel caso invece delle metodiche di secondo
livello, ad esempio quelle effettuate per lo studio del feto in gravidanza o delle

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patologie muscolo-tendinee allora l’ecografia risulta essere meno rapida (possono
essere richiesti anche una decina di minuti).
- Metodica eseguibile al letto o al domicilio del paziente: si hanno infatti a
disposizione anche apparecchi portatili alcuni dei quali collegabili al telefono sulla
quale è possibile vedere le immagini ricreate dall’elaboratore.

Limiti:
- Metodica condizionata da problematiche legate al paziente. Il fascio di ultrasuoni
ogni volta che incontra un’interfaccia viene in parte riflesso e in parte continua in
profondità. Se però prima di raggiungere il pancreas ad esempio ci sono 20 cm di
tessuto adiposo sottocutaneo, il fascio viene quasi completamente riflesso da
quest’ultimo e al pancreas arriva un fascio ormai deprivato della caratteristiche
fisiche accettabili. Per questo motivo l’obesità rappresenta un importante fattore
limitante importante
Per lo stesso motivo un altro fattore limitante è il meteorismo: infatti gli ultrasuoni
non si trasmettono nell’aria. Di conseguenza laddove il fascio di ultrasuoni incontra
anse intestinali piene di aria il fascio viene disperso e non risulta essere più utile a
fini diagnostici.
- Non è panoramica: permette di studiare distretti abbastanza limitati. Mentre ad
esempio la TAC permette uno studio completo dell’addome: mostra la componente
parietale e addominale, la componente ossea e delle parti molli, il fegato, il
retroperitoneo, la colonna vertebrale ecc. l’ecografia vede solo alcune sue parti.
- Non può essere utilizzata per lo studio del parenchima polmonare (per la
presenza di aria) e dell’osso maturo, composto da tessuto osso calcifico rivestito
da una compatta che riflette completamente, fin dalla sua superficie, il fascio di
ultrasuoni e non consente perciò nessun tipo di analisi morfologica o strutturale sul
resto della struttura ossea.
Viceversa può essere utilizzato per lo studio dell’osso immaturo (quello che ancora
contiene la cartilagine). Per questo motivo nei neonati si effettua lo screening della
displasia dell’anca con ultrasuoni. In questo caso si vede infatti anca e bacino
perché costituito prevalentemente da tessuto cartilagineo. Quest’ultimo a differenza
di quello compatto non riflette completamente gli ultrasuoni, ma li riflette in maniera
proporzionale alla componente cartilaginea o ossea in via di formazione.
- Metodica operatore-dipendente. Questo vale anche per le altre metodiche di
diagnostica per immagini dove influisce sempre la bravura dell’operatore che svolge
l’esame.
Per l’ecografia è necessario però sottolineare un altro aspetto: in questo tipo di
indagine infatti la diagnosi viene effettuata durante l’esame stesso dall’operatore
che lo svolge (le immagini vengono riprodotte più a scopo medico-legale che non a
scopo diagnostico) tenendo anche in considerazione alcune modalità di
esecuzione dell’esame quali ad esempio la posizione della sonda ecografica (ad
esempio se viene posizionata a livello intercostale o sottocostale), con quale
pressione viene premuta ecc.

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Questo invece non accade nella TAC o nella risonanza magnetica dove le immagini
vengono analizzate dopo l’esame e poi refertate.
L’ecografia quindi è una metodica su cui è difficile avere una seconda opinione,
cosa invece più fattibile per la TAC o per la risonanza magnetica.

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