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Il 

tubo radiogeno (o tubo a raggi X) è un tubo a vuoto destinato alla produzione di raggi X.


I raggi X, che furono così chiamati dallo scopritore W. K. Roentgen nel 1895, sono prodotti con tubi speciali, detti
appunto tubi per raggi X, nei quali elettroni emessi da un catodo vengono accelerati fino a velocità molto alta per
mezzo di un campo elettrostatico: tra anodo e catodo si applicano infatti elevate differenze di potenziale, anche
superiori a 25 kV, per ottenere elevate energie degli elettroni. Tali elettroni, fortemente accelerati, vengono poi
improvvisamente arrestati per collisione con un bersaglio solido (detto anche anticatodo) interposto sul loro
cammino. Dalla interazione degli elettroni accelerati con gli elettroni e i nuclei positivi che costituiscono gli atomi del
bersaglio vengono allora generati raggi X, che, dal bersaglio stesso, irradiano in tutte le direzioni. Gli elettroni emessi
dal catodo e accelerati verso l'anodo, vanno infatti a colpire un bersaglio metallico (anticatodo, che può coincidere
con l'anodo); le particelle incidenti strappano dagli atomi costituenti l'anodo gli elettroni dei livelli più interni, il cui
posto viene rimpiazzato da elettroni situati nei livelli energetici più esterni: in questo passaggio si
producono fotoni di elevata frequenza (raggi X).

Principio di funzionamento di un tubo radiogeno: gli elettroni, prodotti in un tubo a vuoto per effetto termoionico,
vengono accelerati fino ad una velocità pari al 63% circa della velocità della luce, in uno spazio di pochi centimetri, e
successivamente proiettati contro un bersaglio in lega di tungsteno, in genere ruotante per diminuirne l'usura,
montato su un supporto di rame, per disperdere meglio il calore.

Applicazioni dei tubi radiogeni

I tubi radiogeni sono usati per applicazioni in medicina, nella diagnostica medica e nei trattamenti terapeutici,
nell'industria e nelle ricerche scientifiche e anche nelle prove non distruttive di materiali in tutta l'industria. Nella
scienza pura e applicata i tubi radiogeni trovano numerose applicazioni nello studio della diffrazione nei cristalli,
nell'analisi chimica mediante spettri di assorbimento di raggi X e nelle ricerche sulla struttura atomica. Per ottenere i
migliori risultati nei diversi campi di applicazione, si costruiscono tubi con speciali caratteristiche atte a soddisfare le
diverse esigenze, come correnti intense o deboli, raggi X con tensioni basse o alte, grande intensità del fascio di raggi
X per brevi o lunghi intervalli, diverso materiale del bersaglio per ottenere tipi particolari di spettri di raggi X. I tubi
moderni per raggi X sono apparecchi di precisione, di grande stabilità e flessibilità, capaci di lavorare con correnti e
tensioni di qualsiasi valore predeterminato, che possono generare raggi X con ampio campo d'energia e d'intensità.

Radiografia digitale
con la radiografia digitale si indica la modalità digitale di acquisizione dall’immagine RX che, a differenza della meno
recente tecnica analogica, permette di sfruttare software e hardware nell’archiviazione di immagini e alla loro
modificazione post-acquisizione. I sistemi di Radiografia Digitale, oggi si trovano allo stesso livello della radiografia
analogica ed anzi, in certi aspetti riescono a migliorare la qualità delle immagini grazie ad algoritmi di elaborazione
di immagine, che esaltano i particolari di interesse diagnostico, trascurando quelli inutili. Inoltre, l’avere
un’immagine digitale permette di archiviarla direttamente su normali sistemi di archiviazione (hard disk, CD, DVD,
nastri). I sistemi di Radiografia Digitale, ancora oggi non raggiungono in linea teorica la risoluzione di un sistema
convenzionale analogico, tuttavia, si trovano allo stesso livello ed anzi, in certi aspetti riescono a migliorare la qualità
delle immagini grazie ad algoritmi di elaborazione di immagine, che esaltano i particolari di interesse diagnostico,
trascurando quelli inutili.
L'apparecchiatura CR consente di ottenere immagini mediche digitali da raggi X, pronte per la diagnosi, utilizzando
appositi fosfori a memoria, che vengono cancellati e riutilizzati per un grande numero di volte. Per un uso normale, si
fornisce di solito una durata attorno ai 10 anni, che prescinde però da problemi di tipo meccanico. Un
fotomoltiplicatore raccoglie tale luce, collegandola alla posizione spaziale da cui è uscita; un normale computer
desktop raccoglie le informazioni di posizione e intensità e mostra sul monitor un'immagine dei raggi x che hanno
generato il segnale. Da questo momento è possibile mandare in stampa l'immagine, effettuare il referto su un
monitor diagnostico, spedire l'immagine all'archivio (PACS), il tutto anche dopo averla elaborata. La CR è considerata
molto utile perché fornisce la possibilità di passare ad un sistema digitale di archiviazione e refertazione senza
richiedere un grosso investimento. Inoltre, il reparto di radiologia può continuare a lavorare allo stesso modo usato
per i sistemi convenzionali analogici, in quanto tali schermi a memoria sono contenuti all'interno di cassette, come
per i normali schermi di rinforzo e la loro lettura e cancellazione viene effettuata su attrezzature centralizzate, come
prima avveniva con le sviluppatrici per le pellicole radiografiche. Non è apportato alcun vantaggio in termini di
tempi; utile invece la possibilità di archiviare le immagini in modo digitale e la possibilità di elaborazione
dell'immagine.

I sistemi DR sono indicati con un sensore che fornisce in uscita direttamente i dati digitali, senza bisogno di
procedimenti intermedi. Questi sensori sono utilizzati nella stessa posizione in cui vengono messi i sistemi analogici
basati sul film radiografico o quelli CR, cioè dietro al paziente, dalla parte opposta del tubo a raggi X, in modo da
raccogliere il fascio X emergente dal paziente. Entro breve tempo dall'esposizione (da 5 a 30 secondi), i dati digitali
dell'immagine sono spediti lungo un cavo, normalmente una fibra ottica, fino al computer di controllo, che mostra
l'immagine appena acquisita. Questa viene poi spedita per l'archiviazione e la refertazione lungo la rete ospedaliera.

Tavolo telecomandato
Consente l’esecuzione dell’esame radiologico mediante telecomando dei movimenti del piano paziente, del
complesso radiogeno e del seriografo, rappresentando una soluzione estremamente flessibile per un servizio di
radiologia. Nelle configurazioni più complete i tavoli telecomandanti permettono l’effettuazione di esami tomografici
ed angiografici senza spostamenti del paziente, con notevole risparmio di tempo e di risorse, e con un’accresciuta
sicurezza per l’operatore ed il paziente stesso. Tavoli portapaziente completamente servoassistiti, spesso comandati
a distanza, consentono all’operatore di seguire lo svolgimento degli esami riparato da una paratia piombata munita
di cristallo anti X. Il movimento di rotazione del tavolo è di tipo continuo, spesso a velocità variabile, per evitare
accelerazioni brusche e consentire una maggiore precisione nel posizionamento. La maggior parte dei tavoli offre
inoltre la possibilità di arresto automatico in posizioni particolari (verticale, orizzontale ecc.). Spesso, oltre alla
possibilità di esecuzione a distanza di tutti i movimenti del tavolo, è prevista la possibilità di controllo a distanza di
eventuali accessori necessari per l’esecuzione dell’esame radiografico. La struttura complessiva di questo tipo di
tavolo, notevolmente più articolata di quella dei tavoli fissi, varia a seconda della complessità delle funzioni richieste.
E’ composta da una parte bloccata a terra, basamento, che ha la funzione di sostenere l’intera struttura e da una
parte mobile che sostiene il piano portapaziente (realizzato con materiali radiotrasparenti in modo da non interferire
con l’assorbimento dei raggi X da parte del paziente), il complesso radiogeno e tutti gli altri accessori. Un’altra
componente importante è rappresentata dal sistema digitale che presenta notevoli vantaggi rispetto alla radiografia
convenzionale. L’impiego di tale sistema, se da un lato implica una riduzione della risoluzione spaziale, dall’altro
consente una sostanziale riduzione della dose al paziente (fino al 50%) ed offre, grazie alla possibilità di elaborazione
dell’immagine successiva all’acquisizione, l’opportunità di ovviare a scelte non ottimali dei parametri radiologici.
Consente anche un significativo risparmio nelle spese per pellicole poiché con questo sistema è possibile selezionare
le immagini utili da un punto di vista diagnostico nel formato e nella dimensione preferita.

Il trocostratigrafo
Il trocostratigrafo o telecomandato è un apparecchio usato in radiologia, con cui si possono eseguire tutti gli esami
radiografici dell'apparato scheletrico ed in più si possono eseguire le tomografie lineari o stratigrafie. Quest'ultime
sono radiografie particolari in cui lo stativo del telecomandato, mediante un movimento pendolatorio, riesce a
radiografare una determinata "slice" (fetta) del corpo del paziente, "eliminando" tutto ciò che è sopra o sotto la slice
in esame. Le slice possono essere più o meno profonde in base alla scelta del fulcro su cui pendola lo stativo. Più è
profonda la slice da radiografare e meno ampia è la pendolazione dello stativo; viceversa più è superficiale la slice da
radiografare e più ampia è la pendolazione dello stativo. Con la pendolazione si eliminano tutte le parti sopra e sotto
esposte per il semplice motivo che al livello del fulcro le strutture in esame vengono radiografate sempre nella stessa
posizione ciò che invece non accade per tutte le altre strutture che vengono sfocate su tutta la radiografia e quindi
eliminate. Infatti una stratigrafia non ha molta definizione e di solito viene eseguita per le urografie o per il clismi
opaco a doppio contrasto. La stratigrafia è stata superata dalla tomografia computerizzata (TC) che permette di
visualizzare meglio le slice con un contrasto molto maggiore e quindi molto più diagnostico.

Thoravision
Obiettivo: Valutare se il rilevatore di selenio (Thoravision) fornisce sufficiente fiducia diagnostica nell'imaging pelvico
digitale rispetto a una combinazione convenzionale schermo-film.

Risultati: La visualizzazione dell'osso corticale e dei tessuti molli nell'area iliaca così come dei tessuti molli e dell'osso
corticale e cancelloso nella regione trochanterica era significativamente superiore con il rivelatore di selenio.
Tuttavia, l'imaging convenzionale era migliore nell'osso trabecolare della regione sacrale, dove i risultati con il
sistema del selenio erano particolarmente scarsi.

Conclusioni: Il rivelatore di selenio (Thoravision) è vantaggioso per l'imaging di tessuti molli adiacenti alle ali iliache e
al trochanter, ma i risultati per l'osso sacrale cancellous sono scarsi. Ulteriori modifiche delle modalità di post-
elaborazione possono portare a una migliore rappresentazione di questa area pelvica critica.

Mammografo

La mammografia è una radiografia eseguita mentre il seno è compresso tra due lastre, al fine di individuare la
presenza di formazioni potenzialmente tumorali. L’indicazione alla mammografia può seguire alla palpazione di
un nodulo in una mammella o a segnali che richiedono un approfondimento diagnostico. La mammografia è inoltre
effettuata come test di screening di popolazione per cercare di scoprire eventuali tumori prima che si manifestino.
Le mammografie di screening vengono usate per controllare le donne che non presentano né segni né sintomi di
tumore al seno. Di solito vengono effettuate due radiografie per ciascun seno (mammografia bilaterale). Lo scopo
dello screening mammografico è quello di diagnosticare precocemente il tumore, quando ancora è troppo piccolo
per essere notato o percepito dalla donna o dal medico. Se il tumore al seno viene diagnosticato precocemente, la
terapia avrà maggior probabilità di successo.
La mammografia diagnostica viene usata quando si hanno dei sintomi a carico del seno, oppure quando nella
mammografia precedente sono state riscontrate anomalie. Durante una mammografia diagnostica vengono riprese
diverse immagini, per studiare il seno in modo più approfondito. Nella maggior parte dei casi speciali procedure
radiografiche ingrandiscono una piccola zona del seno, rendendo più facile la lettura. A volte, subito dopo la
mammografia di screening, sarà necessaria una mammografia diagnostica. Quest’ultima sarà utile per esaminare le
anomalie individuate in precedenza.

Angiografo

L'angiografia è un esame radiologico che permette di esaminare i vasi sanguigni tramite l'iniezione endovena di
un mezzo di contrasto, cioè di una sostanza a base di iodio che appare opaca (come le ossa) alla radiografia. Questa
sostanza raggiunge l’organo da studiare attraverso un catetere che di solito viene inserito a livello dell’inguine.

L'esame ha diversi scopi:

 studiare il decorso dei vasi sanguigni e scoprirne eventuali alterazioni, come una riduzione del calibro o
un’occlusione (ad esempio delle coronarie del cuore con l’angiografia coronarica o degli arti con l’angiografia
periferica);

 studiare l'afflusso di sangue in un organo per valutare la sua funzione, (come ad esempio del rene con
l’angiografia renale);
 nei casi di emorragie, permette di individuare il vaso sanguigno responsabile del sanguinamento e in molti
casi anche di chiuderlo e arrestare l'emorragia.

In oncologia l'angiografia ha due scopi: studiare la vascolarizzazione dei tumori nei vari organi in vista della
preparazione di un intervento chirurgico e guidare i trattamenti eseguiti in alternativa alla chirurgia (radiologia
interventistica). In alcuni casi la parte radiologica dell’esame viene sostituita dalla tomografia computerizzata (TC) o
dalla risonanza magnetica: si parla in questi casi di angioTC e angioRM.

L’Angiografia Cerebrale

L’angiografia cerebrale rappresenta un’indagine diagnostica utilizzata per studiare la morfologia delle arterie e delle
vene cerebrali e delle patologie che le coinvolgono. Rappresenta una procedura invasiva, anche se sicura e praticata
di routine in molti ospedali nel mondo, e consiste nella cateterizzazione dell’arteria femorale a livello dell’inguine per
raggiungere in via retrograda l’arco aortico e incannulare selettivamente le arterie carotidi e vertebrali. Le arterie e le
vene cerebrali potranno essere evidenziate, insieme a tutto l’albero vascolare cerebrale dopo l’iniezione di un mezzo
di contrasto iodato, attraverso un apparecchio a raggi X: “l’angiografo digitale”. L’utilizzo inoltre di sofisticati
software e dei moderni apparecchi angiografici tridimensionali permette di ottenere immagini chiare e dettagliate
grazie all’eliminazione di eventuali artefatti legati alla metodica. Queste tecniche, grazie alla tecnologia più avanzata
e all’utilizzo di speciali microcateteri, permettono di curare gli aneurismi e le MAV riparando eventuali danni delle
pareti vasali evitando così l’intervento chirurgico, quando possibile. Questo si realizza utilizzando particolari materiali
che, depositati nell’aneurisma o nei vasi delle MAV li trombizzano, escludendoli dalla circolazione sanguigna
(microcoils, palloncini, colle o altri materiali inerti). L’angiografia cerebrale può essere utilizzata anche per dilatare
alcuni tratti stenotici (ristretti) delle arterie carotidi al collo danneggiate dall’aterosclerosi. Queste arterie (come le
coronarie 5 a livello cardiaco) possono essere dilatate con l'ausilio di un palloncino e/o con il posizionamento di
speciali tubicini (stent).

L’ecografia 
L’ecografia è una metodica diagnostica non invasiva che utilizzando ultrasuoni (onde sonore) emessi da particolari
sonde appoggiate sulla pelle del paziente, consente di visualizzare organi, ghiandole, casi sanguigni, strutture
sottocutanee ed anche strutture muscolari e tendinee in numerose parti del corpo. Durante l’esecuzione
dell’ecografia, l’area da esaminare viene inumidita con un apposito gel, non tossico, che consente una migliore
trasmissione degli ultrasuoni attraverso il corpo umano. L’ecografia costituisce uno dei primi approcci allo studio del
corpo umano, fatta eccezione della parte scheletrica e delle strutture interne alla scatola cranica. Gli ultrasuoni,
infatti, non sono in grado di studiare le strutture ossee. Le ecografie sono, invece, molto utilizzate per lo studio del
collo (tiroide, linfonodi), dell’addome (fegato, reni, milza, pancreas, eccetera), della pelvi (vescica, utero, ovaie,
prostata), delle vene e delle arterie (carotidi, aorta, eccetera), dell’apparato muscolare (muscoli, tendini, legamenti).

A-Mode (Amplitude Mode= modulazioni di ampiezza): è attualmente superato dal B-Mode. Con la A-Mode, ogni eco
viene presentato come una deflessione della linea di base (che esprime il tempo necessario all'onda riflessa per
ritornare al sistema ricevente, cioè la distanza tra l'interfaccia che ha provocato la riflessione e la sonda), come un
"picco" la cui ampiezza corrisponde all'intensità del segnale che lo ha generato. È il modo più semplice di
rappresentare il segnale ecografico ed è di tipo monodimensionale (cioè offre un'analisi in una sola dimensione).
Essa dà informazioni sulla sola natura della struttura in esame (liquido o solido). La A-Mode è ancora usata, ma solo
in oculistica ed in neurologia.

 TM-Mode (Time Motion Mode): in essa, il dato A-Mode viene arricchito dal dato dinamico. Si ottiene un
immagine bidimensionale in cui ogni eco è rappresentato da un punto luminoso. I punti si spostano orizzontalmente
in relazione ai movimenti delle strutture. Se le interfacce sono ferme, anche i punti luminosi rimarranno fermi. è 
simile all'A-Mode, ma con la differenza che viene registrato anche il movimento dell'eco. Questa metodica è tuttora
usata in cardiologia, soprattutto per le dimostrazioni della cinetica valvolare.

 
B-Mode (Brightness Mode o modulazione di luminosità): si tratta di una classica immagine Ecotomografica (cioè di
una sezione del corpo) della rappresentazione su un monitor televisivo degli echi provenienti dalle strutture in
esame. L'immagine viene  costruita convertendo le onde riflesse in segnali la cui luminosità (tonalità di grigio) è
proporzionale all'intensità dell'eco; i rapporti spaziali fra i vari echi "costruiscono" sullo schermo l'immagine della
sezione dell'organo in esame. Offre anch'essa immagini bidimensionali. In base alla tecnica di scansione, l'ecografia
B-Mode può essere statica (o manuale) o dinamica (real-time). Con gli ecografi real-time l'immagine viene
costantemente ricostruita (almeno 16 scansioni complete al secondo) in fase dinamica, fornendo una
rappresentazione continua in tempo reale.

L’ecografia Doppler

più semplicemente ecodoppler è un esame molto utile per avere informazioni dettagliate sulla morfologia e
la funzionalità dei vasi sanguigni. In poche parole, questo tipo di esame ti permette di studiare la circolazione
venosa e arteriosa attraverso una semplice ecografia per valutare lo stato dei vasi sanguigni e del flusso di sangue al
loro interno. L’ecodoppler è un esame rapido (circa 15-30 minuti) e non invasivo che valuta la velocità e la direzione
del flusso sanguigno. Inoltre, consente di evidenziare numerose malattie cardiache e vascolari, sia negli adulti sia nei
bambini. Il macchinario per eseguire l’ecodoppler è un ecografo, ossia uno strumento in grado di ricavare
un’immagine utilizzando e analizzando gli ultrasuoni, cioè onde meccaniche di frequenza superiore ai 20KHz.
L’immagine è generata dall’ecografo sfruttando le proprietà fisiche e l’interazione biologica degli ultrasuoni. Nella
sonda ecografica, ci sono dei cristalli che, quando sono attraversati da corrente elettrica, generano onde
ultrasonore che attraversano le varie strutture anatomiche. Le immagini si formano dal segnale eco-riflesso dalle
strutture anatomiche: con parole più semplici, gli ultrasuoni emessi dalla sonda sono riflessi dal sangue in
movimento, con una frequenza diversa da quella di emissione e proporzionale alla velocità di scorrimento. Ecco
perché l’ecodoppler fornisce informazioni preziose sulla velocità del flusso sanguigno e sulla sua direzione.

CEUS

L’ecografia con mezzo di contrasto (conosciuta anche come CEUS – acronimo di Contrast-Enhanced Ultrasound) è
un tipo particolare di ecografia che consente di studiare la vascolarizzazione dei tessuti. Richiede l’iniezione
endovenosa di una sostanza (eco-contrasto) che miscelandosi con il sangue ne aumenta l’ecogenicità
permettendone la visualizzazione del flusso anche a livello del microcircolo.
E’ prevalentemente utilizzata per studiare il circolo vascolare dei noduli del fegato, del rene e del pancreas al fine di
verificarne la natura benigna o maligna: ha un’accuratezza del 90% e rappresenta una valida alternativa alla TC o alla
RM. Premessa dell’ecografia con mezzo di contrasto è che i vari tessuti e i diversi tipi di noduli presentano una
specifica dinamica del transito dei globuli rossi, correlata alle caratteristiche del circolo capillare o al consumo di
ossigeno. Ad esempio molti tumori maligni, diversamente dai noduli benigni, sono caratterizzati da neogenesi
vascolare e da microfistole artero-venose che determinano una rapida impregnazione del mezzo di contrasto nella
fase arteriosa e un’altrettanto rapida dismissione nella fase venosa.
La possibilità di seguire in tempo reale con l’ecografia il transito delle microbolle consente una precisa valutazione
qualitativa e quantitativa della dinamica contrastografica, permettendo la caratterizzazione tessutale.

Tomografo TC

La tomografia computerizzata (TC oppure CT dall’inglese Computed Tomography) è una tecnica diagnostica per


immagini che consente di esaminare ogni parte del corpo (encefalo, polmone, fegato, pancreas, reni, utero, vasi
arteriosi e venosi, muscoli, ossa e articolazioni) per la diagnosi e lo studio dei tumori e di numerose altre patologie. È
un esame radiologico, in cui i dati raccolti dal passaggio di vari fasci di raggi X nell'area interessata sono rielaborati da
un computer, in modo da ricostruire un'immagine tridimensionale dei diversi tipi di tessuto. Esiste ancora ma è in
disuso l'acronimo TAC, per tomografia “assiale” computerizzata, in quanto tempo fa l'esame era condotto lungo un
solo asse, con sezioni perpendicolari alla lunghezza del corpo. Oggi esistono macchinari multistrato più moderni e la
tomografia computerizzata non è più solo assiale, ma le immagini sono acquisite con una tecnica spirale che
permette di ottenere immagini tridimensionali. Pertanto il termine TAC deve essere ritenuto ormai improprio e
obsoleto.
Tomografo RM

Si basa sull’interazione fra un’onda elettromagnetica a radiofrequenza e i momenti magnetici di spin associati ai


nuclei, quando questi si trovano in un campo magnetico esterno costante. L’assorbimento dell’onda, corrispondente
a un cambiamento di orientazione dei momenti magnetici, avviene in condizioni di risonanza, cioè per una
determinata frequenza dell’onda che dipende sia dal campo magnetico esterno sia dal momento magnetico.
L’intensità del segnale è proporzionale alla concentrazione dei nuclei di un certo tipo per i quali l’apparato viene
sintonizzato, variando la frequenza dell’onda e/o l’intensità del campo magnetico esterno. Abitualmente si utilizza la
risonanza magnetica dei nuclei di idrogeno (contenuto, in percentuale diversa, in tutti i tessuti), anche se altri nuclei,
come il 31P, possono essere utilizzati per indagini mirate. La TAC a risonanza magnetica nucleare sta trovando un
largo impiego in quanto non invasiva e facilmente ripetibile perché priva di danni collaterali provocati dalle radiazioni
ionizzanti. Inoltre l’uso di magneti superconduttori permette di ottenere campi magnetici omogenei e intensi su
regioni più ampie e quindi una migliore risoluzione spaziale e immagini più estese.

Anche se le radiazioni ionizzanti sono deboli, sono comunque più forti


rispetto a quelle prodotte dall’ambiente o da una radiografia classica.
L’irradiazione può aumentare il rischio di tumore anche se le possibilità
di contrarlo sono minime. Perciò questo tipo di apparecchio viene
controllato regolarmente per misurare la dose di raggi emessi. Inoltre,
una tomografia è raramente richiesta come primo esame: viene
prescritta solo dopo che altri esami hanno evidenziato delle anomalie.
Nel 5% dei casi, i pazienti che hanno subito l’iniezione di un liquido di
contrasto sviluppano una reazione allergica caratterizzata da disturbi
gastrointestinali, difficoltà respiratorie, edemi.

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