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Radioterapia Oncologica

Roberto Orecchia

Universit degli Studi Di Milano, Cattedra di Radioterapia


Dipartimento di Radioterapia, Istituto Europeo di Oncologia, Via Ripamonti 435,
20141 Milano
Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica, Via Campeggi s/n, Pavia
e-mail: roberto.orecchia@ieo.it

Introduzione
Le prime applicazioni delle radiazioni per curare il cancro risalgono a pochi
mesi dopo la scoperta dei raggi X da parte di William Roentgen (1895) e del
radium, e quindi della esistenza della radioattivit naturale, da parte di Marie e
Pierre Curie (1896). Furono tuttavia necessari pi di 25 anni affinch la
radioterapia nascesse ufficialmente quale specialit clinica autonoma. Nel 1922, al
Congresso Internazionale di Oncologia di Parigi, vennero infatti presentati i primi
risultati del suo impiego nel trattamento di differenti neoplasie. Da allora sono
trascorsi quasi 90 anni, ed in questo lasso di tempo si verificata una enorme
quantit di progressi nelle conoscenze degli effetti biologici delle radiazioni sui
tumori e sui tessuti sani, delle modalit e dei tempi di somministrazione della
dose, dellintegrazione con i farmaci antineoplastici, delle tecniche di
irradiazione, della disponibilit di nuove ed assai sofisticate tecnologie.
Lintroduzione dellinformatica, con la possibilit di elaborare piani complessi di
trattamento multidimensionali e la realizzazione degli stessi con strumenti ad
elevata componente automatica (robotizzazione) negli ultimi dieci anni stanno
producendo una vera e propria rivoluzione nella pratica della radioterapia,
rendendo questa uno dei presidi essenziali della moderna oncologia.
Oggi la radioterapia ha un ruolo universalmente riconosciuto nella cura del
paziente affetto da cancro (ma in qualche caso anche per alcune malattie benigne),
inteso sia come trattamento curativo, radicale ed esclusivo, sia in combinazione
con le terapie chirurgiche e mediche, sia, ancora, con intento palliativo o
sintomatico. Complessivamente, negli Stati Uniti e negli altri Paesi Occidentali, la
radioterapia viene utilizzata in una percentuale variabile tra il 45 ed 60% dei

pazienti che ogni anno si ammalano di cancro. LItalia ha valori compresi in


questo ambito. Lultima stima sulle attivit di radioterapia nel nostro Paese,
pubblicata dallAIRO (Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica nel
Censimento delle strutture e delle attivit di radioterapia in Italia, i cui periodici
aggiornamenti sono disponibili sul sito www.radioterapiaitalia.it, ha riportato per
lanno 2009 un totale di oltre 120.000 pazienti trattati nei circa 160 centri pubblici
o privati di radioterapia operativi, corrispondenti a quasi la met dei nuovi casi di
cancro verificatisi nel nostro Paese,
Lazione

della

radioterapia

si

esplica

attraverso

la

somministrazione di una dose ben definita di radiazioni, espressa in ununit di


misura convenzionale, il Gray (Gy), ad un determinato volume bersaglio,
riducendo, per quanto possibile, lesposizione dei tessuti e degli organi circostanti.
Il volume bersaglio in genere rappresentato dalla massa tumorale, come appare
identificabile dalle pi moderne tecniche di imaging diagnostico (GTV, Gross
Tumor Volume), e comprende anche le regioni potenzialmente a
rischio per diffusione microscopica della malattia (CTV, Clinical
Target Volume). A questo occorre aggiungere un margine (PTV,
Planning Target Volume), la cui definizione in rapporto alla
caratteristiche tecniche del trattamento e ad altri fattori, tra i
quali assumono particolare importanza i movimenti del paziente
e degli organi al suo interno, come definito dai periodici rapporti
pubblicati dallICRU (International Commission on Radiation Units
and Measurement), un organismo internazionale insediato negli
Stati Uniti, a Bethesda, che ha come scopo quello di definire regole

condivise per la pratica della radioterapia. Anche la dose agli organi sani (OAR,
Organ At Risk) che circondano il volume bersaglio deve essere attentamente
calcolata, al fine di non superare le soglie di tolleranza consentite per ciascun
organo sano.
Tutte queste procedure fanno riferimento a consensi internazionali, ma trovano
pratica applicazione nella stesura di documenti di Assicurazione della Qualit, di
cui ciascun centro di radioterapia deve essere dotato e la cui implementazione
necessaria per garantire la correttezza del trattamento. La definizione e messa in
opera delle procedure, in genere complesse, prevede il coinvolgimento di
differenti figure professionali, ciascuna con un ben definito ruolo. Queste
classicamente comprendono il medico specialista in radioterapia, il fisico
sanitario, il tecnico sanitario di radiologia medica e linfermiere professionale,
tutte tra loro coordinate. I progressi prima accennati rendono poi necessario
lacquisizione di nuove competenze. Tra quelle che si stanno ora affacciando,
particolare rilievo assumono il dosimetrista, il bioingegnere ed il biologo clinico.
Nella moderna oncologia inoltre fondamentale che sia presente unottimale
integrazione, non solo clinica ma anche culturale, tra chi si occupa di radioterapia
e gli altri specialisti della diagnostica, della oncologia medica e della chirurgia, al
fine di garantire al paziente il miglior approccio multidisciplinare. La visita
collegiale ed il piano terapeutico condiviso che ne consegue sono infatti le
condizioni indispensabili per garantire al paziente lappropriatezza delle cure ed il
loro risultato ottimale.

Le radiazioni ionizzanti

Le radiazioni pi utilizzate in terapia sono i raggi X, prodotti dai moderni


acceleratori lineari per radioterapia dallesterno, e , in genere sottoforma di
sorgenti per brachiterapia.
I raggi X e sono radiazioni di tipo elettromagnetico, caratterizzate dal solo
trasporto di energia e quindi simili a quelle della luce o del calore, ma con una
minore lunghezza donda. Hanno un livello energetico elevato, tale da produrre
ionizzazioni quando, penetrate in un corpo biologico, cedono tutta o parte della
loro energia lungo il percorso. Interagendo con gli atomi del materiale che
attraversano sono in grado di liberare gli elettroni degli orbitali pi periferici dal
legame con i rispettivi nuclei. Questi elettroni secondari, espulsi dallorbita,
possiedono unenergia cinetica ancora sufficiente a produrre ulteriori ionizzazioni,
prima di tornare allo stato fondamentale. Questo effetto, denominato Compton,
di gran lunga la modalit prevalente della cosiddetta fase fisica
dellinterazione tra radiazioni e materia quando si usano, come nella moderna
radioterapia, fasci di alta energia. Siamo infatti nellambito del cosiddetto
megavoltaggio, con valori di energia variabili tra i 4 ed i 25 MV, che garantiscono
una elevata capacit di penetrazione in profondit. Le ionizzazioni provocano
alterazioni rilevanti della struttura chimica delle molecole irradiate (fase
chimica). Poich lacqua il costituente principale della materia vivente, questa
anche il bersaglio sul quale le radiazioni esercitano la maggior quantit di
ionizzazioni. La conseguenza la scissione della molecola di acqua, il cosiddetto
fenomeno dellidrolisi, con produzione di radicali liberi. Questi composti sono
dotati di carica elettrica, forte instabilit ed elevata reattivit, tutte caratteristiche
che consentono di interagire con le diverse componenti chimiche presenti

nellambiente cellulare, fino a formare nuove molecole con notevole capacit


ossidante nei confronti delle proteine o del DNA. Leffetto mediato dallidrolisi
delle molecole di acqua noto come indiretto, ed quello prevalente per le
radiazioni elettromagnetiche, in cui il rilascio di energia lungo la traiettoria
avviene in maniera saltuaria e distanziata (cosiddette radiazioni a basso LET,
linear energy transfert). Per quantificare il fenomeno, utile ricordare
che il rilascio di un solo Gy di raggi X provoca la ionizzazione di circa 200 mila
atomi e che 2000 di questi appartengono al DNA. Subito dopo lesposizione a
questa dose di riferimento si possono osservare fino a 1000 rotture di catena
singola e 100 di catena doppia.
Gli elettroni sono particelle dotate di massa. Anchessi sono prodotti dagli
acceleratori lineari, ma contrariamente ai raggi X, hanno un basso coefficiente di
penetrazione nei tessuti, con un percorso di circa 4 mm per ogni MeV di energia
massima posseduta. Considerato che gli elettroni di uso clinico hanno energie
comprese tra i 3 ed i 20 MeV, evidente che il loro impiego pu essere indicato
solo per il trattamento di bersagli relativamente superficiali.
I protoni possiedono, per loro intrinseche caratteristiche, una modalit di
cessione

dellenergia

che

avviene,

contrariamente

alle

radiazioni

elettromagnetiche, non in modo lineare e progressivamente decrescente, ma in un


unico picco, detto di Bragg. Facendo coincidere tale picco con il bersaglio si
ottiene una selettivit balistica tale da garantire un terapia di assoluta precisione.
Dal punto di vista dellefficacia biologica i protoni sono invece assimilabili ai
raggi X. Per la citata maggior precisione la terapia con protoni sta incontrando un

crescente successo, con molti centri gi attivi ed altri in costruzione in varie parti
del mondo
Altre particelle corpuscolari quali i neutroni e gli ioni sono invece densamente
ionizzanti, cedendo la loro energia in modo costante e ravvicinato lungo tutta la
traccia di percorso (radiazioni ad alto LET). Possiedono quindi una pi elevata
efficacia biologica in quanto sono in grado di interagire pi probabilmente con
una molecola bersaglio di elevato significato e causarne il danno con effetto
diretto, non mediato dalla idrolisi delle molecole di acqua. A parit di dose fisica
il danno biologico, in termini di doppie rotture dellelica del DNA, da 2 a 5
volte pi elevato. Limpiego clinico di queste radiazioni, e degli ioni dellatomo
del carbonio ha come razionale il superamento della resistenza di certi tipi di
tumore alle radiazioni convenzionali. Gli ioni hanno inoltre lo stesso vantaggio
balistico dei protoni. Al contrario, i neutroni, particelle prive di carica elettrica,
hanno una distribuzione fisica simile a quella dei raggi X, oltre ad una qualche
difficolt nel calcolo della dose. Il loro impiego clinico, giustificato in passato
soprattutto per la loro elevatissima efficacia biologica, ora in diminuzione. La
caratteristica negativa ma comune di questi fasci corpuscolari purtroppo
lelevato costo dovuto alla necessit di energie di accelerazione dellordine di
centinaia di MeV, ottenibili solo con grandi apparecchi dedicati quali ciclotroni e
sincrotroni.

Gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti


Gli effetti delle radiazioni sulle cellule, siano essi diretti o indiretti, si
manifestano in modo probabilistico (cio senza una dose soglia al di sotto della

quale sicuramente non si verifica leffetto) e senza particolari differenze tra i


tessuti sani e quelli neoplastici. La manifestazione pi importante legata alla
capacit di inibire la duplicazione cellulare attraverso il blocco oppure il
rallentamento del processo di mitosi. Manifestazioni minori consistono
nellinduzione di fenomeni di apoptosi, nella creazione di mutanti cellulari a loro
volta incapaci di riprodursi, nel determinare alterazioni nella differenziazione
cellulare, ed altri ancora. Mentre le fasi iniziali dellinterazione delle radiazioni
con la materia (fase fisica e chimica) si esauriscono in tempi brevissimi,
dellordine di alcuni millesimi di secondo, le modificazioni provocate sulle cellule
dalle alterazioni molecolari richiedono grandezze temporali superiori, dellordine
di minuti ed ore, a volte giorni o settimane. La cellula tumorale pu essere
morfologicamente intatta e mantenere molte o tutte le sue funzioni metaboliche
tanto da continuare la duplicazione per uno o pi cicli; quella che viene persa la
capacit di riprodursi in modo indefinito, verificandosi quindi la sua morte
mitotica.
Lintensit della risposta a determinate dosi di radiazioni avviene secondo
differenti gradi di sensibilit. Le diverse cellule, e le neoplasie da esse derivate,
possono essere schematicamente suddivise in tre gruppi in base al grado di
sensibilit:
a) elevata: linfociti, spermatogoni, oociti e cellule proliferative del midollo
osseo;
b) intermedia: cellule epiteliali, parenchimali ed endoteliali;
c) bassa: osteociti, neuroni e cellule muscolari.

La valutazione avviene in genere mediante lo studio di curve di sopravvivenza


di differenti cellule e tessuti, neoplastici o normali, esposti a dosi crescenti di
radiazioni. Oltre che in vitro, esse possono derivare da irradiazione di animali
(in vivo) con tumori impiantati o irradiandone la cute o gli epiteli. Poich la
mortalit cellulare dipende in modo determinante dal danno ai cromosomi, le
curve di sopravvivenza seguono landamento lineare-quadratico. Alle dosi pi
basse prevalgono gli eventi singoli (componente ), con dosi pi elevate si
verificano danni dovuti a multipli eventi, che pi probabilmente causano
importanti rotture della catena del DNA (componente ). La prima parte la
cosiddetta spalla della curva, la seconda la sua parte lineare. Il valore del
rapporto tra queste due componenti un indicatore predittivo del tipo di risposta
alle radiazioni, ed in particolare di quelle convenzionali, con basso valore di LET,
in quanto lampiezza della spalla indica la capacit delle cellule irradiate di
riparare il danno indotto. Le particelle corpuscolari, dotate di un alto valore di
LET, causando danni diretti e rotture multiple del DNA, producono invece curve
di sopravvivenza rettilinee, senza spalla, in quanto il fenomeno del riparo
trascurabile. Un altro metodo di confronto tra la sensibilit di linee cellulari
differenti quello relativo al valore di un indice di sopravvivenza che valuta la
risposta a una determinata dose di esposizione, ad esempio la SF2 (Surviving
Fraction a 2 Gy), in termini di rapporto tra le cellule morte e quelle
sopravviventi. Conoscere la sensibilit cellulare un elemento di grande
importanza per indicare il livello di dose totale necessario per controllare un
determinato tumore e, non meno importante, per stabilire i livelli di tolleranza
accettabili dai tessuti sani.

In linea generale, la radiosensibilit dipende dalla velocit di replicazione


cellulare; pi questo indice elevato. maggiormente sensibile risulter essere un
determinato tessuto od organo. Le cellule clonogeniche in fase G0, e quindi fuori
dal ciclo replicativo, hanno invece una scarsa sensibilit; in ogni caso il danno
eventualmente subito non potr evidenziarsi prima del loro ritorno allattivit.
Anche allinterno del ciclo la sensibilit non uguale nelle diverse fasi, essendo,
ad esempio, la fase di sintesi e quella G2 le pi sensibili. La sensibilit di un
determinato gruppo cellulare non deve comunque essere considerata come un
valore costante nel tempo. Essa pu infatti essere influenzata da differenti fattori,
sia intrinseci, legati alle caratteristiche della cellula, sia estrinseci, dipendenti dal
microambiente. Ad esempio, la presenza di una minore o maggior quantit di
ossigeno un elemento determinante, essendo le cellule ipossiche molto pi
resistenti di quelle normalmente ossigenate. Lossigeno esercita il suo effetto se
presente durante lesposizione o nei millesimi di secondo successivi, durante i
quali linterazione con i radicali liberi derivati dallidrolisi determina la
formazione di perossidi organici (RO2) in grado di produrre un incremento del
danno. Limportanza delleffetto ossigeno (OER, Oxigen Effect Ratio)
evidente soprattutto nel caso delle radiazioni a basso LET (X e ), dove il suo
valore di 2,5-3 (vale a dire che per ottenere lo stesso effetto biologico
necessario, in assenza di ossigeno, somministrare una dose sino a 3 volte pi
elevata), mentre ininfluente nel caso di particelle densamente ionizzanti (gli
ioni, ad esempio)
Anche i dati relativi alla capacit proliferativa del tumore consentono di
valutarne il grado di sensibilit. Modificazioni dellindice di proliferazione dopo

dosi di riferimento arbitrarie possono fornire indicazioni utili sullefficacia del


trattamento in corso, consentendo, in caso di dimostrata resistenza, di indirizzare
il paziente verso altre terapie. La velocit con cui un tumore cresce pu dipendere
da diversi fattori quali una intensa duplicazione cellulare, una alta frazione di
crescita (molte cellule effettivamente in fase mitotica) o, ancora, una ridotta
percentuale di perdita cellulare (cell loss). Lequilibrio tra queste tre differenti
componenti pu creare variazioni di sensibilit alle radiazioni anche tra tumori di
uguale sede ed istologia. Nelle neoplasie umane stato osservato che il tempo di
ciclo cellulare non presenta sostanziali differenze tra i tipi istologici. Al contrario,
la frazione di crescita pu variare da un valore minimo del 6% nel caso degli
adenocarcinomi ad oltre il 90% in alcuni linfomi e tumori embrionali. Anche per
quanto riguarda la perdita cellulare esiste una notevole disomogeneit tra i diversi
tipi istologici, con valori che oscillano tra lo zero e il 90%, i pi bassi riscontrati
nei sarcomi ed i pi alti nei tumori di origine epiteliale. Queste conoscenze sono
estremamente utili per stabilire un idoneo schema di frazionamento della dose per
tumori con diverse caratteristiche cinetiche.
Una ricerca in rapido sviluppo in questi ultimi anni relativa allo studio della
sensibilit intrinseca dei tessuti valutata attraverso lespressione di specifici
gruppi di geni. Esiste, per esempio, un possibile effetto sensibilizzante legato alla
capacit delle radiazioni di modificare lespressione di geni implicati nella
regolazione del ciclo cellulare (c-fos, c-jun e c-myc). Una dimostrazione
dellimportanza dellattivazione precoce di alcuni geni deriva inoltre dallaver
osservato che la sovraespressione di protoncogeni quali c-ras e c-raf risulta essere
associata ad una maggiore radioresistenza cellulare. Lo stesso concetto vale per le

cicline o il complesso ciclina-p53. Di una certa importanza sono risultati essere


alcuni geni coinvolti nei meccanismi di riparazione del danno subletale indotto
dalle radiazioni (Bcl-2 e il Bcl-x) o nel processo di apoptosi, dimostratosi
importante nella morte cellulare radioindotta. Esiste infatti una correlazione tra la
capacit delle cellule di riparare il danno subletale e lapoptosi stessa, mostrando
quelle con grandi capacit di riparo un ridotto indice di morte apoptotica. Un altro
aspetto

molto

studiato

nellambito

dei

meccanismi

intrinseci

di

sensibilit/resistenza che la risposta genica precoce pu a sua volta influenzare


la stimolazione di geni a pi lenta risposta. Diverse citochine (tra le quali TNF-a,
PDGF, FGF e interleuchina-1) sembrano infatti modificare ladattamento della
cellula al microambiente e indurre una risposta apoptotica cronica. Interessante
poi la ancor pi recente ricerca sul possibile ruolo esercitato dalle cellule
staminali, considerate resistenti alle radiazioni, nel determinare il mancato
controllo del tumore.
I concetti emersi dalle recenti conoscenze acquisite in campo genetico e
biomolecolare

stanno

progressivamente

cambiando

le

prospettive

della

radiobiologia applicata, prospettando nuove vie. In particolare, alcune novit nel


campo dei test predittivi di radiosensibilit dei tumori e dei tessuti sani potrebbero
consentire una maggiore individualizzazione dei trattamenti di radioterapia e
portare a pi elevate percentuali di guarigione con minimizzazione della tossicit
indotta. Nel recente passato diversi studi sperimentali e clinici hanno valutato le
correlazioni fra la radiosensibilit di un tessuto ed i classici potenziali fattori
predittivi utilizzati, come, ad esempio, la frazione di sopravvivenza cellulare in
vitro dopo 2 Gy, gli indici della crescita cellulare, lipossia tumorale, lapoptosi

radioindotta, gli indici del danno cromosomiale e le alterazioni di alcuni geni noti
(p53, BRCA1). Ad oggi nessuno di questi test ha dimostrato unaffidabilit tale da
poter essere utilizzato nella pratica clinica in quanto i fenomeni biologici su base
molecolare appaiono complessi e di difficile interpretazione, come confermato dai
dati relativi alle malattie genetiche rare e sulla grande variabilit inter-individuale
di risposta alle radiazioni, con importanti differenze tra tessuti diversi nello stesso
individuo.
Nuovi studi sulle relazioni tra il genoma e gli effetti cellulari prodotti dalle
radiazioni potrebbero offrirci strumenti utili dal punto di vista predittivo,
differenti da quelli utilizzati finora. Un capitolo importante lo studio dei
polimorfismi di alcuni geni-chiave delle vie (pathway) del riparo del danno al
DNA. Dati preliminari di farmacogenomica mostrano che, ad esempio, lentit
della fibrosi post-attinica in un singolo paziente verosimilmente correlata alla
presenza di alcuni polimorfismi genici, e che la presenza di pi alleli a rischio
nello stesso individuo rappresenta un fattore determinante sulla comparsa e sulla
gravit delleffetto studiato.
Un altro approccio rappresentato dallo studio dei meccanismi di riparo del
danno al DNA da un punto di vista funzionale: possibile, grazie ad un test assai
sensibile quale la valutazione della fosforilazione dellistone H2AX dopo
irradiazione in vitro, determinare la capacit delle cellule di riconoscere e riparare
le rotture della doppia elica. Nelle cellule di mammiferi la cosiddetta nonhomologous end-joining recombination sembra essere il meccanismo
pi importante nel riparo del danno del DNA in caso di rottura della doppia elica
(doublestrand breaks DSB).

Mentre le conoscenze sui meccanismi di riparo delle DSB sono pi cospicue e


consolidate, quelle riguardanti il riconoscimento iniziale della presenza di un
danno al DNA sono ancora preliminari. Uno degli strumenti per il riconoscimento
precoce delle DSB lutilizzo dellATMp (Ataxia Teleangiectasia Mutated
protein). E infatti comunemente accettato che lATMp abbia il ruolo di sensore
nei confronti delle DSB e che, in risposta ad esse, fosforili in modo immediato e
sostanziale listone H2AX (phosphorylated H2AX). Tale reazione presenta una
cinetica ed una capacit di amplificazione molto rapide (10-30 minuti dopo
lirradiazione gi si formano diverse migliaia di foci fosforilati per una singola
DSB). Il significato funzionale di questa modificazione post-traduzionale il
reclutamento, a livello del sito di rottura del DNA, di un complesso proteico atto a
riparare il danno. Vi , infatti, una stretta correlazione tra il pattern di formazione
di H2AX fosforilati e quello, differito nel tempo, di reclutamento del complesso
enzimatico M/R/N o di altri fattori come BRCA1 aventi ruolo di check-point
proteins coinvolti nei meccanismi di riparo del DNA. E stato inoltre
dimostrato che, nellambito dei valori di dose utilizzati nella pratica clinica, la
quantificazione dei foci di H2AX fosforilati rappresenta un metodo sensibile per
misurare il danno al DNA in termini di DSB. Il tasso di scomparsa della forma
fosforilata dellistone H2AX ed il correlato danno residuo relativo, dopo
esposizione a radiazioni ionizzanti, possono essere pertanto considerati utili
indicatori di radiosensibilit o radioresistenza cellulare. Sebbene si tratti di un test
non cos facilmente collocabile allinterno dellattivit clinica, esso potrebbe
rappresentare, forse in combinazione con gli altri test molecolari, un utile
strumento nel chiarire il complesso argomento della radiosensibilit cellulare

intrinseca. Una maggior conoscenza di questi meccanismi su base molecolare


potr probabilmente consentire una individualizzazione degli schemi di
trattamento, con valutazioni non limitate alle sole caratteristiche cliniche e
patologiche del tumore ma anche e soprattutto alle sue caratteristiche biologiche.

La dose totale ed il frazionamento


La scelta della dose totale di radiazioni da somministrare per ottenere il
controllo locale di un determinato tumore deve tenere conto del differente grado
di sensibilit delle cellule dalle quali esso origina, come gi precedentemente
sottolineato. Esistono quindi neoplasie assai sensibili (seminomi, neuroblastomi,
tumore di Wilms, linfomi), per le quali le dosi raccomandate sono di moderata
entit, dai 20 ai 40, altre con sensibilit intermedia, che comprendono la maggior
parte delle neoplasie di origine epiteliale e per il controllo delle quali sono
necessarie dosi pi elevate, dellordine di 50-75 Gy, e infine neoplasie assai
resistenti (melanomi, glioblastomi, sarcomi) in cui anche dosi ancora pi alte (7580 Gy) non garantiscono comunque risultati soddisfacenti. Le differenze nella
radiosensibilit dei diversi tumori dipende inoltre dai fattori gi elencati nel
precedente capitolo, tra i quali significativa importanza hanno lipossia, la
potenzialit clonogenica, la sensibilit intrinseca e la capacit, espressa da tutti le
linee cellulari tumorali ma con gradi assai differenti, di riparare il danno subletale
indotto.
Il concetto di radiosensibilit, che esprime pi che altro lentit e la velocit di
risposta alle radiazioni, deve essere tenuto ben distinto da quello di
radiocurabilit; questultima fa piuttosto riferimento alla possibilit di eliminare il

tumore in modo completo e definitivo a livello sia della localizzazione primitiva


sia delle aree linfatiche di drenaggio, determinando un positivo impatto sullesito
finale del trattamento. Che i due concetti non siano strettamente correlati
confermato dal fatto che tumori molto sensibili alleffetto delle radiazioni, quali
ad esempio i linfomi non-Hodgkin, pur dimostrando una regressione importante
anche dopo poche frazioni, non siano in realt guaribili con la sola radioterapia,
mentre tumori relativamente radioresistenti, quali gli adenocarcinomi della
prostata o della cervice uterina, caratterizzati da una lenta risposta, siano invece
potenzialmente curabili in una elevata percentuale.
La prescrizione della dose non pu inoltre prescindere da altri fattori, il primo
dei quali la quantit di cellule neoplastiche da sterilizzare, e, quindi, in ultima
analisi dal volume tumorale. Poich linterazione tra radiazioni ionizzanti e
cellule avviene con un meccanismo di tipo probabilistico e per ogni frazione di
radiazioni verr abbattuta una percentuale pressoch fissa di cellule tumorali,
evidente che il raggiungimento di una quota di sopravvivenza cellulare prossima
allo zero in qualche modo dipendente dal numero iniziale delle stesse. Nel caso,
ad esempio, dei carcinomi delle vie aereodigestive superiori, se la malattia
presente solo a livello microscopico, subclinico, una dose di circa 50 Gy in 5
settimane sufficiente a ottenerne il controllo definitivo in oltre il 90% dei casi. Il
raggiungimento della stessa probabilit di controllo richiede invece una dose di 60
Gy per una lesione in stadio T1 e di 70 Gy in stadio T2, sempre con
frazionamento convenzionale.
Le curve che correlano la dose alla risposta, disponibili in base a rilievi
sperimentali e clinici per la maggior parte delle neoplasie, non hanno tuttavia un

andamento lineare, ma sigmoidale, per cui oltre un certo livello di dose tendono
ad appiattirsi. Lulteriore incremento in termini di probabilit di controllo appare
modesto in rapporto allentit della maggior dose da somministrare, con un
conseguente e purtroppo elevato incremento delle complicazioni. Una modalit
frequentemente utilizzata per minimizzare gli effetti negativi delle radiazioni sui
tessuti sani quella di somministrare la dose su volumi progressivamente
decrescenti. Sul primo di questi, il pi ampio perch comprende anche le aree in
cui presente solo la malattia subclinica, viene erogata una dose moderata ma
sufficiente. Il campo di irradiazione viene quindi ridotto ed il trattamento
prosegue sulla sola massa tumorale o sulle aree ipossiche eventualmente presenti.
La dose pi alta, chiamata di sovradosaggio (boost), quindi riservata a
volumi corporei ridotti. I nuovi approcci di tipo conformazionale, basati sulla
simulazione virtuale in tre dimensioni (3D), e le altre tecniche di precisione
(IMRT, Stereotassi, IGRT) possono fornire un importante contributo al
superamento dei limiti convenzionali della dose consentendo di focalizzare in
modo pi preciso le radiazioni sul solo bersaglio, minimizzando lesposizione dei
tessuti sani.
La suddivisione della dose totale da somministrare in una serie di frazioni
giornaliere pratica clinica comune. Il razionale del frazionamento fondato sulla
creazione di uno scarto terapeutico tra la sensibilit delle cellule neoplastiche e di
quelle sane, dovuto a quattro diversi meccanismi, indicati convenzionalmente
come le 4R della radiobiologia, e che sono:
1) la riparazione del danno radioindotto;
2) la riossigenazione;

3) il ripopolamento;
4) la ridistribuzione attraverso il ciclo cellulare.
Per quanto attiene il primo meccanismo, noto che molti tumori, con
leccezione di alcune forme intrinsecamente resistenti, e contrariamente a quanto
avviene nella maggior parte dei tessuti sani, possiedono sistemi riparativi del
danno subletale indotto poco efficienti e con tempi lunghi di espressione. La
somministrazione di dosi giornaliere di radiazioni per pi settimane consente
quindi di sommare i vari danni potenzialmente riparabili, provocati nel corso della
singola frazione, sino a raggiungere una condizione in cui lentit degli stessi non
pi reversibile. Al contrario, le cellule sane mantengono la capacit di ripararne
la maggior parte nel tempo che intercorre tra frazioni successive, generalmente 24
ore.
Nel caso della riossigenazione, occorre ricordare che la crescita della maggior
parte dei tumori non accompagnata da unadeguata produzione di nuovi vasi
sanguigni, per cui possono frequentemente crearsi aree in cui la pressione parziale
di ossigeno ridotta. Questo ostacola le reazioni di perossidazione dei prodotti
derivati dalla radiolisi dellacqua, con diminuzione dellefficacia lesiva dellintero
processo. Nel corso di un trattamento frazionato, saranno quindi le cellule meglio
ossigenate, pi sensibili, a morire precocemente; la loro rimozione consentir per
allossigeno di raggiungere le regioni prima carenti, ristabilendo una normale
pressione parziale. La cinetica della riossigenazione varia tra le cellule
neoplastiche e quelle sane; nel corso di un trattamento frazionato si calcola che
circa il 15% delle cellule tumorali ipossiche ritorni in una situazione di valore
normale della pressione parziale di ossigeno entro 24 ore.

Il ripopolamento un fattore positivo in quanto riguarda principalmente le


cellule sane, che in questo modo possono ridurre lentit del danno sostituendo
rapidamente le cellule uccise con altre differenziate. Questo fenomeno
particolarmente evidente per lepitelio della cute e delle mucose, dove una
proliferazione compensatoria gi presente entro 2 o 3 settimane dallinizio della
radioterapia frazionata.
Infine, la ridistribuzione attraverso il ciclo cellulare si verifica in quanto, in una
popolazione asincrona, una dose di radiazioni determina preferibilmente la morte
delle cellule in fase di sintesi (S) o tarda G2, immediatamente premitotica, in cui
la sensibilit massima. La probabilit che una cellula si trovi in una delle
rispettive fasi dipende dalla durata relativa delle stesse, rispetto al tempo di
generazione. Generalmente il tempo della mitosi di circa 3 ore. Sommando a
questa le fasi di massima sensibilit (S e G2), la durata giunge complessivamente
a 10-18 ore. La fase G1, in cui avviene la predisposizione dei substrati energetici
e chimici necessari alla sintesi, ha invece una lunghezza variabile (da alcune ore
ad alcuni mesi) e rappresenta lelemento determinante lintero periodo del ciclo.
La ripetizione di questa selezione, che si determina a ogni frazione, tender da un
lato a riportare in ciclo le cellule temporaneamente in quiescenza (reclutamento) o
in fase G1 e, dallaltro, a sincronizzare lintera popolazione. Questo evento stato
dimostrato sperimentalmente su cellule che, sottoposte a irradiazione frazionata,
per riparare il danno indotto dalla prima frazione rallentano la loro fase ciclica e si
bloccano temporaneamente in una fase immediatamente premitotica, la G2, a
elevatissima sensibilit.

La scelta dello schema ottimale di frazionamento della dose dovrebbe avvenire


sulla base di valutazioni individuali sulla cinetica o su altre caratteristiche del
tumore da trattare. In realt lattuale situazione prescinde da questi parametri ed
stata

levoluzione

clinica

ad

indicare

come

convenzionale

la

somministrazione di una frazione di radioterapia, con dose di 1,8-2 Gy, ripetuta 5


volte la settimana per pi settimane consecutive, sino al raggiungimento della
dose totale prescritta. Tra i vari tipi di frazionamento, quello descritto tuttora il
pi utilizzato nella pratica clinica, anche se con minore frequenza rispetto al
recente passato. I suoi principali vantaggi sono la ridotta incidenza di effetti acuti
e tardivi e la possibilit che si verifichi una adeguata riossigenazione cellulare.
Nel tentativo di migliorare lindice terapeutico, specialmente nei tumori
rapidamente proliferanti, e di personalizzare il trattamento sulle caratteristiche
biologiche del singolo tumore, sono stati sperimentati anche altri tipi di
frazionamento: accelerato (lieve aumento dellentit della frazione giornaliera,
riduzione del tempo totale di terapia a parit di dose complessiva),
iperfrazionato (con dosi multiple giornaliere di minore entit, intervallate di 46 ore, fino al raggiungimento di una dose totale un po pi elevata di quella
normale) o combinazioni tra i differenti schemi (iperfrazionamento
accelerato, boost concomitante).
Il razionale dello schema accelerato consiste nel ridurre le possibilit di
rigenerazione tumorale durante il trattamento, pur permettendo tale recupero ai
tessuti sani. Questo tipo di frazionamento sembrerebbe idoneo nei casi di
neoplasia con elevato indice proliferativo. In qualche caso il trattamento pu
essere moderatamente pi intenso di quello convenzionale, con una dose

giornaliera pi alta del 25-30%, o con lesecuzione di 2 sedute al giorno. In altri


casi le frazioni hanno una dose elevata, oltre i 3 Gy, e condizione importante per
praticare questo schema quella di ridurre al minimo lesposizione degli organi
sani, focalizzando molto la dose. Oltre i 3 Gy giornalieri il rischio di indurre
fibrosi ed altre complicazioni tardive infatti significativamente pi elevato.
Queste modalit di frazionamento stanno oggi conoscendo una crescente
diffusione, soprattutto come conseguenza dei miglioramenti delle tecniche di
irradiazione che consentono di aumentare lo scarto tra dose al bersaglio e dose
agli organi a rischio. Studi recenti ne hanno dimostrato lequivalenza nel
trattamento dei tumori della prostata e della mammella. Le tecniche di
modulazione di intensit consentono poi di inserire il sovradosaggio nello
schema, garantendo livelli differenziati di dose a parti diverse dello stesso
bersaglio. Il vantaggio degli schemi accelerati evidente, soprattutto in termini di
logistica, consentendo di limitare in maniera significativa la durata complessiva
della terapia, dalle classiche 6-8 settimane alle 3-4 settimane. Questo ha un
positivo impatto sulla qualit di vita dei pazienti, pi prontamente reinseriti nella
normale attivit, e per il sistema sanitario che, a parit di risorse, aumenta la sua
capacit di fornire prestazioni. Gli schemi accelerati vengono anche usati per i
trattamenti palliativi, con un numero di frazioni in genere compreso tra una e
dieci, ma in questi casi la dose totale ridotta.
Il razionale del trattamento iperfrazionato si basa invece sullincremento della
ridistribuzione cellulare a livello del tumore e della riossigenazione tra le singole
frazioni, nonch nel risparmio preferenziale dei tessuti sani a rischio per i danni
tardivi. Questo schema sarebbe quindi in grado di ridurre lincidenza degli effetti

collaterali tardivi, specie a carico delle mucose. Limpegno per il paziente


notevole dal punto di vista logistico, in quanto deve essere sottoposto a due sedute
giornaliere, con un intervallo di circa 6 ore tra le stesse, e la durata complessiva
non inferiore a quello del frazionamento convenzionale. Lo schema
ipofrazionato ha conosciuto fino a qualche anno fa un grande interesse, in
particolare per il trattamento nei tumori del distretto cervico-cefalico e del retto,
ma, come sottolineato in precedenza, le attuali tecniche stanno orientando la
comunit dei radioterapisti verso schemi pi brevi.
Un ulteriore tentativo di modificare gli schemi di frazionamento convenzionale
ha contemplato la possibilit di irradiazione continua, senza la classica
interruzione di sabato e domenica, per oltre due settimane con frazioni multiple
giornaliere. Questo schema, ideato in Gran Bretagna e definito CHART
(Continous Hyperfractionated Accelerated Radiation Therapy),
ha ottenuto risultati clinici promettenti, ma che necessitano di verifica su pi
ampia scala.
Ulteriori frazionamenti, inclusa la somministrazione di una singola ed elevata
dose o quelli relativi alla brachiterapia, sono poi utilizzati in alcune tecniche
speciali, per i quali si rimanda al capitolo dedicato.

Il danno radiondotto
Che le radiazioni ionizzanti possano indurre danni, anche gravi, ai tessuti ed agli
organi colpiti noto da tempo. Qualche settimana dopo la scoperta dei raggi da
parte del fisico tedesco William Roentgen nel 1986 un tecnico addetto alla
costruzione dei tubi a raggi X present una lesione alla cute delle mani, oggi

definibile come radiodermite. Gli stessi studiosi del fenomeno della radioattivit,
tra i quali Becquerel e Pierre Curie, furono colpiti da eritemi. Diventarono presto
noti anche fenomeni pi generalizzati, allintero organismo, come i danni al
midollo osseo o le mutazioni genetiche. Le osservazioni sul personale esposto alle
radiazioni e sulle popolazioni irradiate in Giappone in seguito agli eventi bellici
hanno poi contribuito alla definizione di molti degli effetti dovuti alle radiazioni
ionizzanti. Oggi la situazione molto diversa ed esistono per ben precise norme
legislative, alle quali si rimanda chi fosse interessato a questi aspetti, che
regolamentano lesposizione terapeutica (radioprotezione), minimizzando i rischi
relativi, sia per il paziente che per il lavoratore professionalmente esposto.
La conoscenza delle possibili complicazioni indotte dalla radioterapia di
fondamentale importanza sia per la valutazione del corretto rapporto
costo/beneficio sia per limpostazione del trattamento, in termini di volumi, dose
totale e frazionamento. Tali complicazioni rientrano nei cosiddetti effetti
deterministici o graduati. Si tratta di manifestazioni che si verificano soltanto se la
dose assorbita supera un determinato valore di soglia (diversa per lesposizione
globale, vale a dire di tutto lorganismo, o per quella parziale, cio di un organo o
di un tessuto specifico) e la cui gravit tanto maggiore quanto pi elevata la
dose. Per questa ragione un fattore importante relativo al piano di radioterapia
rappresentato dalla pi o meno omogenea distribuzione della stessa. Se allinterno
del volume irradiato si determinano aree di sovradosaggio, le complicazioni
possono verificarsi con maggior frequenza a carico dei tessuti situati in
corrispondenza di questi punti caldi, che, oltre a ricevere una dose totale pi
elevata, sono esposti a una frazione giornaliera pi intensa. Le dosi soglia sono

molto diverse tra i vari organi e tessuti, e rappresentano un indicatore della


radiosensibilit specifica. Per ciascun organo deve essere indicata sia la dose
minima di tolleranza, espressa come TD (Tolerance Dose) 5/5, vale a dire
la probabilit di avere il 5% di complicazionio gravi a 5 anni, sia quella massima
(TD 50/5, con il 50% di complicazioni gravi a 5 anni). Questi valori, che fanno
riferimento al frazionamento convenzionale, variano anche in rapporto alla
quantit di tessuto irradiato e consentono di stabilire una scala che vede al suo
estremo superiore (minor tolleranza) organi quali il rene, il fegato e il polmone e a
quello inferiore lencefalo, lesofago, la vescica e lo scheletro. I trattamento
integrati o particolari condizioni patologiche concomitanti (ad esempio alcune
malattie metaboliche, quali il diabete, o genetiche) o let del paziente possono
modificare considerevolmente lentit del danno: un esempio di ci fornito dal
comportamento dei tessuti in accrescimento del bambino che, sottoposti a
irradiazione, arrestano sensibilmente la loro crescita. Anche lanziano presenta a
volte problematiche particolari che vanno considerate in maniera personalizzata
dallo specialista in radioterapia.
La maggiore o minore radiosensibilit condiziona anche il tempo della risposta.
In generale, i tessuti che si riproducono rapidamente, quali le mucose e lepitelio
cutaneo, reagiscono in modo acuto, mentre quelli che si riproducono lentamente o
non sono proliferanti, quali il tessuto connettivo o il midollo spinale, reagiscono
tardivamente, a volte dopo molti anni. Anche dal punto di vista clinico gli effetti
sui tessuti normali sono divisi in acuti, gi presenti durante o nellimmediato
periodo successivo alla radioterapia (sino a 6 mesi), subacuti (tra 6 e 12 mesi), e
cronici e tardivi, che diventano manifesti dal secondo a pi anni dopo il termine

del trattamento. Il meccanismo che sta alla base dei due diversi tipi di danno
interpretato da alcuni quale conseguenza di uniniziale alterazione del
microcircolo, da altri quale effetto diretto e irreversibile a livello parenchimale o
stromale. Secondo questultima teoria, il danno tardivo non differirebbe da quello
acuto se non nel tempo della risposta, che per le cellule che si replicano
lentamente si presenta dilazionata nel tempo.
La maggior parte degli effetti acuti, che pi frequentemente si verificano a
livello della cute (eritema) e delle mucose (mucosite), temporanea e
completamente reversibile. Leritema cutaneo in assoluto la manifestazione pi
evidente e precoce. Il trattamento frazionato consente tolleranze sino ad alcune
decine di Gy, dopo i quali si possono verificare fenomeni pi gravi, come la
desquamazione secca o lessudazione, che possono richiedere pi tempo per
risolversi. Altri danni, ad esempio la xerostomia e la relativa modificazione della
qualit della saliva conseguente allesposizione delle ghiandole salivari, diventano
permanenti se la dose totale somministrata stata elevata e la reazione
particolarmente

intensa.

consequenziale,

Si

dovuto

tratta

del

cosiddetto

alla

sostituzione

effetto

delle

cellule

tardivo
distrutte

dallirradiazione con unaltra linea cellulare, ad esempio di tipo stremale: la


successiva prevalenza della nuova componente comporta unalterazione della
funzionalit del tessuto ghiandolare, di solito per la comparsa di fenomeni di
sclerosi. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, gli effetti acuti e tardivi sono
spesso dissociati, per cui la gravit dei primi non sicuramente predittiva della
gravit degli altri.

Le sequele tardive possono risolversi spontaneamente, come molti casi di


necrosi dei tessuti molli e dellosso, oppure non guarire (ad esempio, il danno al
midollo spinale). La mielite sicuramente uno degli eventi pi temuti, anche per
la frequenza con cui questa struttura deve essere attraversata. Il rischio di danno a
livello midollare inizia quando la dose frazionata supera i 30-35 Gy e diventa
consistente oltre i 50 Gy. Pi lungo il tratto di midollo irradiato maggiore la
probabilit di indurre una mielite; i tratti pi sensibili sono quelli toracico alto e
lombare basso. I segni clinici dipendono dal livello in cui si verificato il danno.
In ogni caso il danno sempre localizzato a livello della regione irradiata ed
specifico per ciascun organo incluso nel volume di alto dosaggio. Gli effetti
generali della radioterapia sono infatti assai limitati e consistono per lo pi in un
affaticamento, spesso senza riscontro di causa organica, che pu colpire il
paziente specie nelle parti conclusive del trattamento. Effetti collaterali quali
lanemia o la leucopenia si riscontrano solo nel caso di irradiazioni estese. La
nausea ed il vomito sono rari ed in genere dovuti a riflessi neurovegetativi in caso
di trattamento di particolari zone del distretto addominale e/o pelvico.
Il sempre pi frequente ricorso alla combinazione tra radioterapia e chirurgia e/o
chemioterapia pone poi il problema della valutazione del tasso globale di
complicazioni. In generale, limpiego delle terapie integrate comporta un aumento
dellincidenza e della gravit del danno che, in qualche caso, puramente
additivo, manifestandosi a volte anche su bersagli separati, ed in altri, a causa di
una vera e propria azione di sensibilizzazione, superiore alla semplice somma
delle tossicit previste. Esempio tipico laumento dellincidenza della fibrosi in
caso di pazienti operati. Nel caso dei farmaci va distinto leffetto specifico del

composto, e quello indotto dalla combinazione terapeutica, anche se nella pratica


questo non sempre cos evidente. Ovviamente il maggior rischio va bilanciato
dal relativo aumento delle probabilit di controllo della malattia ottenibile con gli
approcci combinati o, come in alcune situazioni, dalla possibilit di praticare
terapie di tipo conservativo, con una significativa riduzione del danno funzionale
al paziente.

Lassociazione tra chirurgia e radioterapia


Le esperienze di integrazione tra chirurgia e radioterapia fanno parte da molti
anni dei protocolli clinici. Le condizioni per realizzare unottima integrazione
sono fondamentalmente relative alle caratteristiche del tumore: nei casi in stadio
iniziale, pu essere utile limitare la demolizione chirurgica e quindi meglio
preservare la funzionalit dorgano o la cosmesi, in quelli pi avanzati, dove il
rischio di persistenza di malattia subclinica elevato, indispensabile
incrementare il controllo loco-regionale nel tentativo di migliorare anche la
probabilit di sopravvivenza. Esistono poi situazioni cliniche in cui la radioterapia
deve essere obbligatoriamente applicata, ad esempio quando lintervento
chirurgico non ha garantito la necessaria radicalit.
Lassociazione riconosce tre possibili modalit sequenziali:
a) Radioterapia preoperatoria. Il razionale basato sulla capacit di
sterilizzare la malattia microscopica presente oltre i margini di resezione
chirurgica, sulla riduzione del rischio di impianto di nuove cellule neoplastiche
dovuto alla mobilizzazione delle stesse al momento dellatto operatorio, sulla
necessit di trattare le aree linfatiche situate al di fuori del campo operatorio, sulla

diminuzione del potenziale metastatico basato sulla migrazione di cellule


clonogeniche, e, infine, sulla riduzione delle dimensioni del tumore, aumentando
cos le possibilit di intervento radicale (o di conservazione dorgano). Esistono
diversi schemi di radioterapia preoperatoria. Alcuni di questi prevedono poche
frazioni di entit superiore al normale (da 3 a 6 Gy), altri un frazionamento
convenzionale o un iperfrazionamento fino a dosi totali non superiori a 45-50 Gy,
e quindi lievemente inferiori a quelle somministrate in fase postoperatoria.
Dosaggi relativamente moderati sono infatti sufficienti per provocare effetti letali
in oltre il 90% della popolazione neoplastica, mantenendo un tasso accettabile di
complicanze. Importante definire preliminarmente il successivi tempo
chirurgico che, in rapporto alle differenti patologie, pu variare da un minimo di
10-15 giorni sino ad alcune settimane. I maggiori svantaggi possono essere la
ritardata chiusura della ferita chirurgica e, pi in generale, una maggiore incidenza
di morbilit postoperatoria. Inoltre, nei casi di insufficiente risposta alla
radioterapia viene di fatto ritardato il trattamento potenzialmente pi utile. Le
esperienze cliniche pi significative si sono avute nei carcinomi del retto,
dellesofago e della vescica. La tendenza attuale quella di integrare la
radioterapia preoperatoria con la chemioterapia. Molti degli attuali protocolli di
conservazione dorgano propongono questo approccio combinato, riservando alla
chirurgia quei casi in cui il controllo locale della malattia non stato
definitivamente ottenuto Uno dei problemi ancora irrisolti relativo alla
accuratezza nella selezione dei pazienti da sottoporre a questo trattamento, in
quanto anche le pi sofisticate metodiche di indagine diagnostica non sono in
grado di garantire in tutti i casi la corretta stadiazione del tumore.

b) Radioterapia intraoperatoria. Costituisce la possibilit di irradiare


direttamente il tumore o il letto tumorale durante lintervento operatorio.
Lanticipazione della radioterapia che cos si ottiene rappresenta un indubbio
vantaggio nei confronti del trattamento posticipato in quanto evita leventuale
ricrescita neoplastica. Inoltre, viene a realizzarsi unottimale collaborazione tra lo
specialista chirurgo e il radioterapista, entrambi coinvolti nella stessa procedura in
sala operatoria. La tecnica intraoperatoria, per condizioni proprie, pu essere
praticata solo con una frazione singola di elevata entit (con dose fino a 20 Gy) e
questo rappresenta un potenziale maggior rischio per la comparsa di effetti tardivi
sui tessuti sani. Tuttavia, la dislocazione di tutti o parte di questi dal campo di
irradiazione mette al riparo da questa possibilit, con qualche eccezione
rappresentata dai vasi principali e dai nervi. La combinazione tra chirurgica ed
irradiazione durante lesecuzione del trattamento sta riscuotendo un grande
interesse, in particolare per alcune nuove indicazioni nellambito dei trattamenti
conservativi della mammella, In molti casi di tumori localmente avanzati, in
particolare a livello addominale e pelvico, essa viene utilizzata come
sovradosaggio anticipato, limitato al letto tumorale, da completare con un
successivo ciclo di irradiazione dallesterno su un volume pi ampio. In questi
casi la dose intorno ai 10-12 Gy. In ogni caso la radioterapia intraoperatoria
determina un significativo accorciamento della durata complessiva delle terapie.
c) Radioterapia postoperatoria. La somministrazione della radioterapia
dopo lintervento chirurgico, generalmente a distanza di 4-8 settimane,
vantaggiosa sotto diversi punti di vista. Consente infatti di selezionare i pazienti
sulla base dellesame istologico definitivo evitando terapie inutili a coloro che

non ne beneficerebbero, e di somministrare dosi pi elevate, se necessarie, nei


confronti del trattamento praticato prima della chirurgia su eventuali focolai di
malattia residua, sia a livello del letto operatorio sia nei linfonodi. I potenziali
svantaggi derivano dal prolungamento del tempo di inizio dovuto a possibili
ritardi nella cicatrizzazione delle ferite e dalle modificazioni prodotte dalla
chirurgia sulla vascolarizzazione, che potrebbero rendere ipossiche alcune aree
del volume da trattare, causa questa di potenziale aumento della radioresistenza.
Le indicazioni riguardano un gran numero di patologie neoplastiche, limitandole
per ai casi localmente avanzati con maggior rischio di recidiva locale e/o
regionale (stadi avanzati, margini positivi o dubbi di radicalit chirurgica,
linfonodi positivi, malattia aggressiva) o a quelli in cui lobiettivo di
conservazione lorgano. Gli esempi paradigmatici di questa ultima condizione
sono il carcinoma della mammella in stadio iniziale, operato in modo
conservativo, ed i sarcomi degli arti che in questo modo possono evitare estese
amputazioni. Le dosi di radioterapia postoperatoria variano da 50 a 65 Gy, in
rapporto allentit dei fattori prognostici relativi al controllo locale. In qualche
caso, come nei tumori del distretto cervico-cefalico ad alto rischio, essa pu
venire offerta in combinazione alla chemioterapia.

Lintegrazione tra farmaci e radioterapia


Le esperienze in letteratura concernenti la associazioni tra chemioterapia e
radioterapia sono innumerevoli e datano da oltre 40 anni. Esistono significative
evidenze sperimentali della capacit di numerosi farmaci di modificare i parametri
della risposta cellulare alle radiazioni nelle diverse fasi in cui queste agiscono. La

combinazione pu essere (1) indipendente, nel senso che ciascun agente agisce
secondo meccanismi propri ed esplica un danno caratteristico, (2) additiva, con
unazione che avviene nello stesso punto e quindi leffetto della combinazione
pu essere pi ampio di quello della somministrazione di un solo agente, (3)
sinergica, quando la magnitudine delleffetto tossico pi che additivo, e, (4)
antagonista, quando lefficacia complessiva ridotta nei confronti di quella
procurata da uno solo dei composti.
Linterazione pu avvenire con modalit diverse, dallaumento delliniziale
danno al DNA indotto dalle radiazioni, alla modificazione dei meccanismi di
riparazione dello stesso, dalle variazioni delle fasi del ciclo cellulare, al
cambiamento della frazione di crescita, alla riduzione del numero di cellule
clonogeniche ed, ancora, alla selezione di ceppi resistenti. In ogni caso, il
razionale della combinazione basato pi sullincremento dellindice terapeutico
che sulla possibilit di ridurre la dose di radiazioni. Questo obiettivo pu essere
ottenuto mediante una cooperazione spaziale, vale a dire che il farmaco e le
radiazioni agiscono su bersagli indipendenti e con modalit diverse di danno,
oppure con un effetto pi diretto, semplicemente additivo o addirittura sinergico.
Pu anche realizzarsi la combinazione dei due effetti. Nel primo caso, la
chemioterapia agisce prevalentemente sulla riduzione delle metastasi a distanza,
mentre la radioterapia ottiene il controllo locale della malattia, come ad esempio
nel carcinoma della mammella o del retto o nei linfomi. Nel secondo, entrambe le
terapie svolgono la loro azione localmente, come nel caso dei tumori del distretto
cervico-cefalico, dellesofago o del canale anale. Il carcinoma polmonare un
esempio dellinterazione tra i due diversi meccanismi. In molti dei tumori sopra

citati lintegrazione chemioradioterapica rappresenta lo standard terapeutico


corrente.
Analogamente a quanto avviene per lintegrazione con la chirurgia, la sequenza
temporale di somministrazione della chemioterapia e della radioterapia pu essere
sequenziale (neoadiuvante od adiuvante) o concomitante. Il razionale del
trattamento farmacologico precoce pu aumentare leffetto locale e consentire un
rapido controllo della possibile disseminazione metastatica a distanza. Occorre
tuttavia considerare limportante aspetto relativo al possibile incremento
dellincidenza di complicazioni. Leffetto additivo o sinergico pu esplicarsi
anche a livello dei tessuti sani, creando livelli di tossicit elevati, non
necessariamente bilanciati dallincremento di efficacia sulla malattia.
Esistono poi altri farmaci, che non rientrano nella categoria di quelli definibili
come chemioterapici, in grado di interagire positivamente con le radiazione e di
incrementarne leffetto. Il loro uso ancora in gran parte sperimentale ed quindi
riservato agli studi clinici controllati. Un esempio rappresentato dai cosiddetti
sensibilizzanti delle cellule ipossiche, composti appartenenti per lo pi alla
famiglia dei nitroimidazoli. Essi si comportano come agenti ossigeno mimetici,
ma poich vengono metabolizzati pi lentamente dellossigeno, possono
diffondere attraverso i tessuti e raggiungere le zone pi ipossiche. Il limite di
questa categoria di composti data dal loro accumulo a livello delle strutture
nervose, con rischio elevato di tossicit organo-specifica. Un ulteriore, anche se al
momento ancora potenziale, contributo al superamento della resistenza indotta
dalla carenza di ossigeno rappresentato da farmaci che agiscono uccidendo in
modo preferenziale le cellule carenti di ossigeno. Un esempio di questi la

tirapazamina, una molecola che, attivata probabilmente dal citocromo p450,


risulta altamente tossica per le cellule ipossiche, ma non esplica i suoi effetti su
quelle normalmente ossigenate, almeno alle concentrazioni sperimentate.
Interessante poi la categoria dei farmaci cosiddetti radioprotettori. Il loro
meccanismo dazione diverso dai precedenti, in quanto si svolge attraverso una
riduzione dei fenomeni di ossidazione (e quindi del danno indotto) che avvengono
nella fase chimica che fa seguito allesposizione alla radiazioni; questa attivit
protettiva avviene soprattutto a carico dei tessuti sani, mentre nei tumori non
risultano evidenti particolari effetti. Si tratta in genere di composti sulfidrilici che
competono con lossigeno bloccando i radicali liberi derivati dalla ionizzazione
delle molecole dellacqua, facilitando quindi le reazioni di ritorno a elementi
stabili chimicamente. Tra i radioprotettori quello pi utilizzato attualmente nella
pratica clinica lamifostina, un profarmaco inattivo che in seguito a
defosforilazione diventa un tiolo attivo. Inizialmente questo composto ha
dimostrato di essere efficace nella prevenzione degli effetti tossici del cisplatino,
ma ora stato registrato anche come agente efficace nella protezione dalle
radiazioni ionizzanti. Il farmaco deve essere presente al momento della
esposizione per cui va somministrato almeno 15 minuti prima della frazione di
radioterapia, endovena o per via sottocutanea.
Altro argomento dattualit rappresentato dalla possibile combinazione
terapeutica delle radiazioni ionizzanti nellambito delle cosiddette target
therapies, cio terapie mirate su bersagli cosiddetti molecolari. Il razionale
di questo approccio, simile a quello dellintegrazione di questi nuovi farmaci con i
chemioterapici convenzionali, il tentativo di aumentare la selettivit del

trattamento ampliando il numero di funzioni inibite andando a colpire specifici


recettori e riducendo, di pari passo, la tossicit. Uno dei fattori pi studiati
lEpidermal Growth Factor Receptor (EGFR), recettore di membrana con
attivit tirosino-chinasica, della famiglia dei recettori Erb. Molti tumori epiteliali,
ad esempio del distretto cervico-facciale e del polmone, presentano una
sovraespressione dellEGFR e sono spesso portatori di una sua forma mutata o
amplificata che si traduce in una maggiore aggressivit clinica ed una maggiore
radioresistenza in vitro. Lattivazione di EGFR, attraverso la sua dimerizzazione
(omodimero o eterodimero), determina linduzione della proliferazione cellulare
attraverso lattivazione della pathway RAS-mediata. Ne consegue che
linibizione

dellattivazione

degli

EGFR

si

traduce

in

un

effetto

radiosensibilizzante a livello delle cellule tumorali. I due approcci terapeutici antiEGFR oggi pi testati sono le piccole molecole inibitrici dellattivit tirosinchinasica (per esempio il gefitinib e lerlotinib) e gli anticorpi monoclonali
specifici (per esempio, il cetuximab). Dati preclinici confermano leffetto
radiosensibilizzante e lazione cooperativa con entrambe le strategie, anche se con
meccanismi ancora non completamente chiariti. Alcuni recenti studi hanno
dimostrato un aumento sia del controllo loco-regionale che della sopravvivenza
globale nei pazienti affetti da carcinoma spinocellulare del distretto cervicofacciale sottoposti al trattamento radioterapico associato al cetuximab rispetto ai
pazienti trattati con sola radioterapia. Questa indicazione entrata a far parte dei
protocolli standard per il trattamento delle forme localmente avanzate. Il
cetuximab inoltre, utilizzato come singolo agente, ha mostrato unattivit

antitumorale nei pazienti affetti da carcinomi spinocellulari del distretto cervicofacciale resistenti al cisplatino.
Le prospettive future potrebbero essere, da una parte, una migliore conoscenza
dellinterazione tra i nuovi farmaci e le radiazioni in modelli sperimentali, in
modo da poter selezionare specifiche molecole da testare in studi clinici e,
dallaltra, soprattutto per le molecole gi note e con maggiori dati sperimentali di
supporto, lidentificazione di un sottogruppo di pazienti che siano realmente in
grado di beneficiare di un approccio combinato sulla base di specifiche
caratteristiche molecolari.

La pianificazione della radioterapia


La pianificazione del trattamento radiante un processo complesso che prevede
la determinazione di tutti i parametri considerati ottimali per garantire la miglior
cura possibile al malato neoplastico. Per la sua miglior definizione devono essere
presi in considerazione, da una parte, i miglioramenti metodologici nellaffrontare
la terapia del cancro, con lintegrazione tra le differenti discipline oncologiche e le
scienze di base, e dallaltra, lo sviluppo tecnologico che ha consentito di ottenere
un elevato livello di qualit delle prestazioni erogate. Gli elementi principali che
concorrono alla realizzazione di questo processo riguardano la esatta definizione
dei volumi da trattare, la distribuzione della dose, le caratteristiche tecniche del
trattamento, il ruolo delle terapie adiuvanti o complementari. Il tutto deve essere
inserito in un ben preciso programma di controllo e di verifica della qualit delle
procedure eseguite. Lacquisizione del consenso informato da parte del paziente
una parte essenziale della pianificazione terapeutica. Esso deve contenere tutti gli

elementi che consentono di scegliere in maniera consapevole il trattamento,


dettagliandone quindi i potenziali vantaggi, esplicitando le possibilit di
guarigione, le possibili complicazioni, definendone la frequenza e la gravit, le
eventuali alternative terapeutiche. Una volta accertato il consenso, la prescrizione
del trattamento avviene secondo un ben precisa sequenza, riassumibile nei punti
seguenti:
1. Valutazione della reale estensione del tumore con i pi opportuni metodi di
indagine diagnostica per immagini
2. Definizione dello scopo della radioterapia (curativo o palliativo).
3. Conoscenza delle caratteristiche e della storia naturale della neoplasia, con
particolare riguardo alle possibilit di diffusione locale e regionale, al fine di
impostare correttamente i volumi da irradiare (ad esempio, linclusione o meno
delle aree linfatiche potenzialmente a rischio).
4. Selezione della modalit di trattamento pi idonea, se esclusiva, o in
combinazione con altre terapie. Questa scelta pu avere un significativo impatto
nella valutazione dei volumi e delle dosi.
5. Determinazione del volume bersaglio, della dose ottimale, del frazionamento e
della tecnica di irradiazione, tutti parametri che devono essere definiti tenendo
conto della sede del tumore, del tipo istologico, delle stadio e di altri fattori
relativi alla malattia ed agli organi sani che la circondano.
6. Responsabilit clinica del paziente in trattamento, con la periodica valutazione
dello stato del paziente e della malattia, che include lanalisi e la prevenzione
degli effetti indesiderati eventualmente indotti, nonch la loro cura.

Il ruolo delle moderne tecniche di immagine in radioterapia. Lo sviluppo


tecnologico nellambito della radioterapia consente oggi di eseguire trattamenti
che garantiscono un grado di precisione nella distribuzione della dose al volume
bersaglio che non ha avuto precedenti nel passato. Questo progresso si svolto in
maniera sincrona con quello delle metodiche di diagnostica per immagini che,
applicate alla radioterapia, assumono un ruolo sempre crescente nella moderna
pratica clinica. Limmagine anatomica e funzionale dei volumi di interesse (il
tumore, ma anche gli organi sani ad esso vicini) quindi la base per la
pianificazione del trattamento radiante.
La tomografia computerizzata (TC) tuttora la modalit di riferimento per
lacquisizione dellimmagine necessaria alla definizione dei piani di trattamento.
Le ragioni sono lampia diffusione nei centri ospedalieri, i costi di esecuzione
accettabili, le immagini di tipo tridimensionale (3D) delle regioni esaminate utili
per realizzare le tecniche pi complesse, lassenza di fenomeni di distorsione
geometrica dellimmagine. Inoltre in grado di fornire dati precisi sulla densit
elettronica in volumi molto piccoli di tessuto (pixel), e sono proprio questi i dati
quantitativi necessari agli attuali sistemi computerizzati per realizzare il calcolo
della distribuzione della dose. I moderni apparecchi TC di ultima generazione (TC
spirale) consentono inoltre acquisizioni dellimmagine molto rapide (40 o pi
strati in pochi secondi) con riduzione degli artefatti dovuti ai movimenti
respiratori o a quelli spontanei di altri organi.
Luso delle immagini di risonanza magnetica (RM) permette, nei confronti della
TC, una migliore definizione del volume bersaglio in alcune specifiche sedi, quali
ad esempio il sistema nervoso centrale o la pelvi, facilitando la valutazione della

reale estensione del tumore. Esiste inoltre una pi ampia possibilit di utilizzare
immagini multiplanari, anche se la ricostruzione in 3D ora facilmente praticabile
anche con la TC. I problemi principali delle immagini di RM sono rappresentati
dalla degradazione dovuta alla distorsione geometrica ai margini del campo di
vista e dalla difficolt di delineare in maniera precisa il contorno del corpo e delle
strutture ossee. Inoltre, essa non fornisce informazioni relative alla densit
tessutale. Molte delle limitazioni possono tuttavia essere superate dalle tecniche di
fusione di immagine tra TC e RM. La presenza crescente di RM ad alto campo
(1.5 Tesla ed oltre) consente oggi di realizzare nuove sequenze che forniscono dati
funzionali di estremo interesse per la valutazione del bersaglio, il che ne fa
supporre un sempre maggior impiego in futuro.
Queste nuove applicazioni rientrano nellevoluzione generale delle tecniche di
immagine di tipo molecolare, prevalentemente basate sulla tomografia ad
emissione di positroni (PET) e di fotone singolo (SPET), e sulla spettroscopia con
RM (RMS), che permettono lintegrazione degli aspetti morfologici con quelli
biologici, biochimici e funzionali. In questo modo si realizza il concetto di
Biological Target Volume, BTV, un ulteriore avanzamento nella capacit di
personalizzare il trattamento secondo parametrici non solo anatomici.
La PET correntemente impiegata in oncologia per la stadiazione, il follow-up
e, in misura pi limitata, nella valutazione della risposta alla terapia. Finora
limaging fornito dalla PET stato soprattutto basato sullimpiego di fluorodesossi-glucosio (FDG) marcato con un radionuclide, il F-18, per la valutazione
della captazione di glucosio da parte del tessuto neoplastico a seguito di un
aumento di metabolismo e trasporto cellulare. Luso della PET con FDG pu

condurre ad una modificazione della stadio di malattia e della strategia terapeutica


in oltre il 20% dei pazienti oncologici (secondo alcuni autori e per alcuni tipi di
tumore fino al 40%). Queste considerazioni sono valide anche per i pazienti che
sono in attesa di essere sottoposti a radioterapia e che possono vedere meglio
definito il loro volume bersaglio. Un esempio rappresentato dai pazienti con
tumore del polmone non a piccole cellule, dove la PET permette di escludere la
presenza di aree di atelettasia o infezione dal volume bersaglio e di includere
invece nello stesso le eventuali lesioni linfonodali individuate e caratterizzate
sulla base della captazione di FDG.
Oltre ad una maggior accuratezza della stadiazione, vi sono anche altre aree di
impiego della PET che possono esitare in un significativo miglioramento del
trattamento di radioterapia. Lesame di caratteristiche biochimiche, molecolari e
funzionali allinterno del tumore pu permettere la definizione di condizioni locali
utili per ottimizzare le strategie terapeutiche. La massa del tessuto neoplastico non
quasi mai omogenea rispetto a numerose caratteristiche. Queste non
necessariamente risultano in una eterogeneit di densit, o, pur manifestandosi
con anomalie di densit, non sono attribuibili ad uno specifico processo.
Numerose variabili possono infatti determinare specifiche alterazioni del tessuto
tumorale non altrimenti distinguibili, inclusi il grado di vascolarizzazione e di
angiogenesi, lo stato di perfusione, lossigenazione, il tasso di crescita e il grado
di apoptosi, lespressione di determinati antigeni e recettori. Tutte queste
caratteristiche sono parametri utili per definire il grado di aggressivit di un
tumore e sono correlati alla sua evoluzione. Per tali ragioni la loro
caratterizzazione pu essere estremamente utile nella pianificazione terapeutica.

Le sole immagini PET spesso non sono sufficientemente informative dal punto di
vista anatomico, per cui la combinazione di PET e TC, basata sullimpiego di
tecniche di co-registrazione e fusione, o limpiego di scanner ibridi PET/TC
possono ulteriormente migliorare laccuratezza del piano di trattamento.
La rilevazione di aree di tessuto tumorale con aumentata captazione metabolica
pu comportare una migliore definizione della estensione locale e regionale del
tumore. In aggiunta a questo, diversi volumi bersaglio possono essere identificati
allinterno della stessa massa tumorale. Aree di pi elevata captazione possono
essere quindi trattate con dosi maggiori di radiazioni rispetto ad aree
ipometaboliche della stessa massa. Questo concetto assume una particolare
importanza nel caso delle tecniche di modulazione di intensit o della radioterapia
con adroni a scanning attivo, che verranno trattate successivamente. Infatti, in tali
casi i sottovolumi di ciascuna lesione possono essere irradiati con dosi diverse,
nel corso di una singola sessione di trattamento. Lesame PET pu inoltre
permettere la definizione di protocolli di trattamento con dosi variabili crescenti
sulla base della caratterizzazione biologica del tumore. Inoltre, le informazioni
biologiche sulla iniziale risposta al trattamento possono essere impiegate per
modificare precocemente la strategia terapeutica qualora questa, dopo una
settimana o due, non dia i risultati sperati. Questa possibilit rientra nel pi ampio
concetto della cosiddetta radioterapia adattativa (adaptive), che prevede una
elevata personalizzazione del trattamento.
Numerosi altri traccianti sono stati recentemente sintetizzati per applicazioni in
oncologia. La colina gi utilizzata nelle indagini relative al tumore della
prostata. La captazione della metionina e della metil-tirosina stata correlata al

trasporto, metilazione e incorporazione degli aminoacidi nelle proteine e si ritiene


inoltre che possa essere considerata indicativa della vitalit cellulare. Luso della
metionina marcata con Carbonio 11 (C-11) e della metil-tirosina, marcata ancora
con C-11 o con Iodio-123 per la rilevazione mediante PET o, rispettivamente,
SPET, pi utile del FDG nei tumori cerebrali, in quanto questo viene
normalmente captato da tutto il tessuto cerebrale, e, a differenza degli aminoacidi,
non solo dal tumore. Limpiego di un altro tracciante, la timidina marcata con F18, stato preso in esame per la valutazione della espressione della timidinachinasi, un enzima chiave per la sintesi dei precursori del DNA e la cui
espressione correlata alla proliferazione cellulare. Ulteriori importanti risultati
sono attesi dallintroduzione della pratica clinica di traccianti radioattivi per la
valutazione dellangiogenesi, dellapoptosi e soprattutto dellipossia, poich tutte
queste variabili giocano un ruolo cruciale per il successo della radioterapia. Ad
esempio, essendo il grado di ossigenazione un fattore critico, la sua
quantificazione pu permettere di identificare i pazienti in cui potrebbe essere
utile una terapia radiosensibilizzante, in aggiunta alla radioterapia. Il tracciante
pi conosciuto per la valutazione dellipossia il fluoro-misonidazolo marcato
con F-18, ma altri traccianti appaiono di analogo interesse. Unaltra strategia per
la caratterizzazione dei tumori si basa sulluso di traccianti per la valutazione
dellangiogenesi. I pi testati sono quelli rivolti a mettere in evidenza
lespressione dellalfa-(v)-beta-(3)-integrina, una glicoproteina di membrana
coinvolta nella migrazione delle cellule endoteliali attivate, la cui espressione
aumenta nel corso della neoangiogenesi. Sono stati sviluppati anche metodi per la
valutazione

dellapoptosi,

prevalentemente

impiegati

nellesame

dellesternalizzazione

della

fosfatidilserina,

un

risultato

della

disattivazione/attivazione di altri enzimi intracellulari (traslocasi, floppasi,


scramblasi). La possibilit di esaminare lapoptosi mediante lannessina V, una
proteina che si lega ai fosfolipidi e in particolare con alta affinit per la
fosfatidilserina espressa nel corso dellapoptosi, un altro filone di ricerca assai
promettente.
Altro argomento di grande attualit la combinazione della spettroscopia basata
sulla RM (RMS) con limmagine fornita dalla stessa RM, che permette di valutare
la concentrazione di alcuni metaboliti contenenti protoni, fosforo, fluoro o altri
nuclei. Con la spettroscopia dellidrogeno e del fosforo sono state dimostrate
alterazioni rilevanti del metabolismo degli aminoacidi, dei lipidi e di altri
composti contenenti fosforo. La fosfocreatina sovente diminuita nei tumori
rispetto alle condizioni normali e relativamente ai tessuti circostanti. Tuttavia tale
diminuzione non sembra correlata al grado di malignit. Inoltre le anomalie
osservate relativamente allo spettro del fosforo non sono una caratteristica
esclusiva delle neoplasie, ma sono presenti anche in altre patologie. Le variazioni
di livello dei composti contenenti fosforo sono la norma in corso di radio e
chemioterapia. Le variazioni spettroscopiche sono spesso rilevabili prima dei
segni morfologici del tumore rappresentati da variazioni di dimensioni e forma
dellorgano in esame. Tuttavia risposte con andamento contrastante possono
aversi anche indipendentemente dallevoluzione del tumore. La spettroscopia dei
protoni stata recentemente impiegata con successo nella valutazione della
perdita neuronale dopo radioterapia. Applicazioni della RMS gi in corso nella
pratica clinica riguardano la diagnosi differenziale tra persistenza di un tumore

cerebrale dopo radioterapia e la necrosi indotta, od ancora, la pianificazione della


terapia per i tumori della prostata, anche in caso di brachiterapia.
Anche gli ultrasuoni sono impiegati in casi selezionati nella definizione del
piano di trattamento, ancora nel caso del tumore della prostata, dove possono
guidare lesecuzione della brachiterapia e consentire il calcolo della dose in tempo
reale, mentre procede limpianto delle sorgenti radioattive.
evidente che molte delle procedure appena descritte sono pi complesse e
costose di quelle convenzionali; occorre quindi unattenta valutazione in termini
di rapporto tra costo e beneficio, che deve tenere conto, da un lato, dei maggiori
investimenti necessari per realizzare pienamente questi approcci e dallaltro del
prevedibile incremento delle probabilit di controllo loco-regionale della malattia
e della minore incidenza, con il derivante risparmio, di effetti collaterali e di
complicazioni.

Lottimizzazione del trattamento radioterapico. La distribuzione ottimale della


dose al bersaglio pu essere ottenuta con diverse modalit tecniche, quali la
combinazione di radiazioni di diversa natura (raggi X o o elettroni), luso di
campi multipli, con complessit crescente (che parte dai due fasci contrapposti per
arrivare alle tecniche isocentriche, sia statiche multiportali, sia dinamiche
mediante opportuni archi di rotazione) od, ancora, alla radioterapia di alta
precisione con conformazione della dose basata sulla simulazione virtuale e la
ricostruzione 3D. La radioterapia dallesterno rappresenta la pi frequente
modalit di irradiazione riguardando oltre il 95% dei pazienti. In rapporto
allaccessibilit di particolari sedi anatomiche pu essere indicata in casi

selezionati la brachiterapia, realizzabile mediante linserimento di sorgenti


radioattive: questa pu essere somministrata in via esclusiva od essere associata a
quella con fasci esterni.
In ogni caso, la pianificazione del trattamento prevede, per la localizzazione dei
volumi da trattare, lesecuzione di una specifica procedura, detta di simulazione,
che precede la fase terapeutica. Essa consente lidentificazione e la verifica di tutti
gli aspetti geometrici del trattamento, quali il numero e lorientamento dei campi,
la dimensione, la forma (che pu essere regolare o irregolare), con la possibilit di
ottimizzarli. La procedura si conclude con il posizionamento di punti di fiduciari
sul paziente (tatuaggi sulla cute o reperi interni), tali da consentire la
riproducibilit della geometria del trattamento dalla prima a tutte le sedute
successive. Convenzionalmente questa procedura viene praticata in una sala del
reparto di radioterapia dotata di un particolare apparecchio, chiamato appunto
simulatore. Sino a qualche anno fa i simulatori convenzionali erano unit a raggi
X con caratteristiche analoghe agli acceleratori lineari usati per la terapia, con la
sola differenza di possedere un tubo radiogeno di tipo diagnostico collegato ad un
intensificatore di brillanza invece della sorgente di megavoltaggio. Attualmente i
simulatori convenzionali sono di fatto stati sostituiti da apparecchi di TC,
opportunamente adattati agli scopi della radioterapia per quanto attiene software
ed hardware (cosiddetti TC-simulatori). In questo modo possibile acquisire
direttamente una serie di scansioni assiali che consentono una pi accurata
definizione delle regioni da trattare e della posizione degli organi sani
eventualmente compresi nel volume irradiato e predisporre la loro protezione,
totale o parziale. La ricostruzione 3D consente poi di incorporare la fase di

simulazione con quella del calcolo della distribuzione e di realizzare quelle


tecniche conformazionali che rappresentano lo standard corrente della moderna
radioterapia di precisione.
Le procedure di simulazione devono evidentemente essere condotte nelle stesse
condizioni geometriche del successivo trattamento. Per questa ragione, anzitutto
necessario garantire limmobilit del paziente mediante luso di diversi sistemi,
rappresentati, in rapporto alle parti corporee da trattare, da maschere
termoplastiche, schiume di poliuretano, cuscini ad espansione, piani inclinati
regolabili, reggi-braccia od altri ancora. Strumenti ottici (laser) od elettronici
consentono poi di identificare e registrare la posizione del paziente, considerato
solidale al lettino, rispetto a un sistema di coordinate spaziali e di poterla quindi
agevolmente riprodurre quotidianamente e per tutta la durata della radioterapia.
Alla simulazione fa seguito il calcolo della dose da somministrare. I moderni
sistemi sono in grado di utilizzare direttamente le immagini fornite dalla TCsimulatore e di considerare i diversi valori di assorbimento delle radiazioni da
parte dei tessuti attraversati. La prima parte di questa fase fa riferimento alla
delineazione dei volumi di interesse, intesi come tumore e tessuti sani, secondo le
definizione gi citate nellintroduzione a proposito dei rapporti ICRU. I volumi da
rappresentare sono in genere pi di uno e per ciascuno di questi occorre una
accurata rappresentazione grafica. Si tratta quindi una procedura piuttosto
complessa, che richiede tempo, ma che fornisce tutti gli elementi per procedere
alla esecuzione del piano di cura. Quando questo viene realizzato, il prodotto
rappresentato dallottenimento di mappe di distribuzione della dose che devono
essere valutate in modo qualitativo e quantitativo, mediante lanalisi di particolari

istogrammi. Particolare attenzione di solito riservata alla omogeneit della dose,


che deve rientrare in criteri di ampiezza prestabiliti, ed al rapporto tra i valori di
dose prescritti ed i volumi sui quali questa distribuita, sia per il tumore che per i
tessuti sani. Per questi ultimi esistono dei limiti che non devono essere superati.
Infine, lulteriore passaggio costituito dal trasferimento del piano di cura
definitivamente elaborato alle unit di terapia, oggi gli acceleratori lineari. Queste
macchine, che, come gi detto, hanno avuto grandi rinnovamenti tecnologici negli
ultimi anni, erogano raggi X di elevata energia (tra i 4 ed i 25 MV) od elettroni.
Sono inoltre dotate di accessori molto utili per aumentare la precisione e
laccuratezza della terapia: lettini robotizzati, collimatori multilamellari, sistemi in
grado di rivelare in tempo reale il campo di irradiazione.
Un aspetto fondamentale della radioterapia rappresentato dalla verifica della
qualit del trattamento eseguito, sia per quanto riguarda laccuratezza del
posizionamento del paziente e della geometria dei fasci di irradiazione sia per
quanto concerne la dosimetria. Sono ormai generalmente adottate norme di
assicurazione della qualit che prevedono venga eseguita con periodicit una serie
di controlli non solo sulle macchine e sugli accessori, ma anche sulle procedure e
sulla dosimetria, possibile anche in vivo, cio sul paziente. Lo scopo di
assicurare ladeguatezza balistica del trattamento e lattendibilit dei valori di
dose calcolati.

Radioterapia 3D-conformazionale (3D-CRT). Si definisce come tale una


tecnica di alta precisione basata sulla definizione volumetrica, e quindi
tridimensionale del tumore e degli organi critici. Essa consente di superare i limiti

concettuali

della

radioterapia

convenzionale,

basata sulla sola visione

bidimensionale, di superficie, e sul relativo calcolo della dose in un numero


limitato di piani e rappresenta quindi, come in precedenza sottolineato, la tecnica
di riferimento corrente, anche in Italia, dove la quasi totalit dei Centri ne dispone
gli strumenti. La ricostruzione digitale dei volumi di interesse per la tecnica 3DCRT resa possibile dallacquisizione mediante TC di una serie di sezioni
trasversali e contigue della regione da trattare. Particolarmente utili a questo
scopo sono le TC spirali, che consentono di ottenere scansioni continue in tempi
assai brevi, limitando gli artefatti dovuti al movimento. Queste vengono poi
elaborate e ricostruite in 3D da appositi strumenti dedicati (consolle per
treatment planning), ottenendo quindi il volume corporeo di interesse. Su
questa nuova immagine quindi possibile simulare, in una realt totalmente
virtuale, qualsiasi orientamento dei fasci di irradiazione, ponendosi in una
situazione che consente alloperatore di vedere il paziente e il bersaglio in modo
coincidente con la sorgente di raggi X della unit di terapia e lungo lasse del
fascio che da essa origina (opzione BEV, beams eye-view). In questo
modo si riesce a ottimizzare la geometria del trattamento, scegliendo il numero e
langolo di incidenza di ogni singolo campo, senza limitazione ai soli piani assiali,
ed a conformarne in modo assai preciso la forma su quella del bersaglio.
Accessori particolari, quali i collimatori multilamellari, consentono poi di
realizzare nella pratica questi aggiustamenti. Si tratta di strumenti molto sofisticati
e costosi, integrati nellacceleratore lineare o inseribili al momento necessario,
che, grazie ad una serie di lamelle di dimensioni comprese tra pochi millimetri ed
il centimetro, ciascuna governabile in modo indipendente, contornano il campo da

irradiare rendendo possibile realizzare forme geometriche irregolari ma comunque


conformi al bersaglio.
La 3D-CRT prevede inoltre che il calcolo della dose sia condotto sullintero
volume trattato e non, come avveniva convenzionalmente, sulla sola superficie
trasversale ricavata dalla definizione del contorno del corpo del paziente.
Particolari

istogrammi,

definiti

dose-volume

(DVH,

Dose

Volume

Histogram), consentono di confrontare da un punto di vista numerico piani di


distribuzione della dose rivali tra loro. Luso sistematico dei DVH rappresenta un
ulteriore progresso nei confronti della sola valutazione spaziale della distribuzione
di dose, consentendo di misurare qualitativamente un piano di cura, ed utile per
individuare la miglior tecnica di trattamento possibile per un determinato
paziente, anche in termini di calcolo delle probabilit di controllo locale e di
complicazioni attese.
Il programma di Assicurazione della Qualit acquista unimportanza
fondamentale nella esecuzione delle tecniche di precisione. La conformazione in
3D comporta infatti la riduzione dei margini intorno al volume bersaglio
tumorale, un vantaggio in termini di minori effetti indesiderati, ma aumenta il
rischio di errore geografico, vale a dire di omettere una parte dello stesso, con
relativo sottodosaggio, esponendo quindi il paziente ad un rischio di minor
efficacia. Occorre quindi che vengano poste in essere tutte le misure per garantire
laccuratezza balistica del trattamento. Esistono vari strumenti che consentono
questi controlli, dai sistemi elettronici di verifica portale (EPID, Electronic
Portal Imaging Device), che consentono di estrarre in tempo reale
limmagine del campo di irradiazione e di confrontarla automaticamente con

quella,

opportunamente

ricostruita

(DRR,

Digitally

Reconstructed

Radiography), ricavata dalla TC di simulazione, agli apparecchi ottici od


optoelettronici o ad altri a raggi X o ad ultrasuoni, che verificano, anchessi in
tempo reale, la effettiva posizione del paziente e/o del bersaglio nei confronti di
quella ideale, consentendo il giusto riallineamento.
Nellambito clinico, il razionale su cui si basa lapplicazione della 3D-CRT
quello del miglioramento del controllo locale di malattia. La tecnica consente di
ridurre lesposizione dei tessuti sani e quindi di poter somministrare dosi pi
elevate, anche del 20-30%, di quelle possibili con la tecnica convenzionale, non
aumentando il rischio di complicazioni. Ovviamente la condizione che possano
beneficiarne maggiormente i pazienti affetti da quei tumori che dimostrano di
essere responsivi alla maggior dose somministrata. Le esperienze cliniche sono
molto positive e riguardano in particolare i tumori della prostata, del polmone, del
pancreas e della rinofaringe, dove sono stati raggiunti interessanti risultati,
specialmente in termini di riduzione degli effetti collaterali.

Le tecniche speciali

Radioterapia a intensit modulata (IMRT), e guidata dalle immagini (IGRT).


Mentre la 3D-CRT somministrata in modo statico, usando campi multipli, fissi e
convergenti sul bersaglio anche da piani non complanari, o dinamico, con
tecniche isocentriche, gi possibile variare la distribuzione della dose anche
agendo su altri parametri, modulando, mediante linserimento temporaneo di
appositi filtri, lintensit o, meglio, la fluenza del fascio di irradiazione durante

la fase stessa dellerogazione. Tutto questo reso possibile dalla integrazione dei
dispositivi di collimazione multilamellare con i software di gestione dei
movimenti della macchina e del calcolo della dose. La IMRT (Intensity
Modulated Radiation Therapy) rappresenta quindi unevoluzione della 3D-CRT
e consente, grazie al completo controllo di tutta la procedura mediante il
computer, un ulteriore progresso nella conformazione della dose, creando forme
sempre pi irregolari, che seguano per la configurazione volumetrica del
bersaglio da trattare. Le indicazioni cliniche sono pertanto le stesse della 3D-CRT,
eventualmente riferite al trattamento di sedi particolarmente critiche per la
presenza di organi a rischio molto prossimi al tumore. Si tratta di una tecnica
molto complessa, che richiede lunghi tempi di pianificazione e di esecuzione,
anche 3 volte superiori a quelli di una normale seduta di radioterapia. Anche il
calcolo della dose diverso: anzich basarsi su unimpostazione preliminare dei
fasci di radiazioni, il sistema attua il procedimento inverso (inverse planning).
Viene infatti preliminarmente stabilito una certo livello di dose da somministrare
in vari punti, opportunamente selezionati, del volume da trattare, ed il software
fornisce la configurazione geometrica ideale per raggiungere tale obiettivo. La
IMRT oggi praticata sia con acceleratori lineari opportunamente implementati
(collimatori

multilamellari

micro,

software

di

gestione

automatica

dellerogazione della dose, sistemi di verifica in tempo reale della posizione del
paziente e del bersaglio) o con apparecchi dedicati. La sofisticazione di queste
apparecchiature ha fatto si che oggi sia possibile, oltrech raccomandabile,
abbinare la tecnica IMRT con la possibilit di monitorare ogni movimento che
avvenga durante la sedute (IGRT; Image Guided Radiation Therapy). Per

ottenere questo obiettivo esistono in commercio acceleratori di ultima


generazione prodotti dalle maggiori case ed implementati con vari dispositivi:
ultrasonografia 3D, imaging stereoscopico a raggi X, kV cone-beam CT. In
questultimo caso si tratta di una vera e propria TC in grado di fornire immagini
del paziente in tempo reale, durante la seduta di terapia. Uno strumento dello
stesso genere la Tomoterapia, costituito da una doppia sorgente: una di bassa
energia a raggi X utilizzabile per produrre immagini TC e laltra di energia
elevata, di 6 MV, usata a scopo terapeutico. Per ci che concerne la problematica
della gestione del movimento dorgano sono state sviluppate differenti tecniche di
IGRT che prevedono il controllo della posizione effettiva del volume bersaglio
prima di ciascuna seduta di trattamento, e la relativa correzione della posizione
dellisocentro del trattamento. Di conseguenza, possibile ridurre i margini
comunemente aggiunti al volume bersaglio, per tenere conto dei movimenti
fisiologici. Riguardo la mobilit del volume bersaglio legata ai movimenti
respiratori, il controllo degli stessi possibile mediante lapplicazione della
tecnica di irradiazione con gating respiratorio. Essa prevede limpiego di
dispositivi che rilevino il ciclo respiratorio del paziente e ne sincronizzino
specifiche fasi con lerogazione del fascio di radiazioni. Il vantaggio della
integrazione di tale metodica al trattamento radiante consiste nella possibilit di
ridurre significativamente i margini di sicurezza comunemente applicati alla
lesione bersaglio per tenere conto delle escursioni respiratorie. La tecnica di
gating respiratorio costituisce una modalit alternativa, verosimilmente
meglio tollerata dal paziente, alla tecnica di irradiazione con trattenimento del
respiro in inspirazione (DIBH, Deep Inspiration Breath Hold).

Ovviamente tali sofisticatissime tecniche hanno indicazioni selezionate e


richiedono una definizione del volume bersaglio biologico sulla base di differenti
modalit di acquisizione dellesame PET/TC, a respiro corrente o sincronizzate
con le fasi respiratorie del paziente (4D PET/TC).

Radiochirurgia (RS) e Radioterapia Stereotassica (SRT). La radiochirurgia


(Radio-Surgery, RS) fa riferimento a una particolare forma di radioterapia (il
termine chirurgia per molti versi improprio) utilizzata per il trattamento di
lesioni individuate attraverso metodi stereotassici in 3D, estremamente accurati.
Per le sue caratteristiche, la RS consente di erogare unelevata dose singola (sino
20 Gy ed oltre) a un bersaglio di limitate dimensioni e contemporaneamente di
ridurre lesposizione dei tessuti sani circostanti. Le prime esperienze risalgono
agli anni Cinquanta, quando stata impiegata nel trattamento delle malformazioni
arterovenose cerebrali. Negli anni, luso stato esteso alle patologie tumorali
cerebrali, benigne e maligne, primitive o secondarie, generalmente di piccole
dimensioni (non oltre i 3-5 cm). Per lesecuzione della RS cerebrale esiste da
tempo un apparecchio dedicato, chiamato Gamma-Knife, caratterizzato dalla
presenza di 201 sorgenti di cobalto-60, tutte focalizzate in un unico isocentro.
Oltre al Gamma-knife, da qualche anno sono presenti acceleratori lineari dotati
di particolari dispositivi in grado di garantire, anche se con tecnica diversa, le
stesse distribuzioni di dose della macchina dedicata e quindi risultati analoghi. Un
ulteriore strumento, di elevato contenuto tecnologico, rappresentato da uno
speciale acceleratore lineare robotizzato gestibile in modo totalmente automatico.
Si tratta del Cyberknife. Esso in grado di produrre un sottile fascio di

radiazioni di energia opportuna (6 MV) che, in sequenza, va a colpire il bersaglio,


inteso non come una massa singola, ma scomposto in una serie di piccoli volumi.
Il sistema anche in grado di compensare alcuni movimenti involontari del
paziente o dellorgano trattato. La predilezione per lapplicazione della RS alle
sedi craniche, o, pi recentemente al massiccio facciale, derivava dalla relativa
assenza di movimenti di queste strutture, nonch dalla possibilit, attraverso
sistemi di immobilizzazione rigidamente applicati allosso cranico, di ottenere un
sistema solidale tra paziente e apparecchiatura (casco stereotassico) tale da
garantire la immobilit assoluta. La recente disponibilit di sistemi meno rigidi
per limmobilizzazione e il posizionamento del paziente (maschere) hanno
consentito, in caso di lesioni di dimensioni maggiori o in sedi prossime a strutture
radiosensibili, di introdurre la possibilit di frazionare la dose totale, consentendo
un maggior riparo biologico agli organi sani. Da questo concetto deriva la
modalit

nota

come

radioterapia

stereotassica

(Stereotactic

Radiation Therapy, SRT), analoga alla RS, con lunica differenza legata alla
somministrazione di pi sedute.
Il medesimo razionale stato pi recentemente applicato alla terapia di lesioni
localizzate al di fuori del cranio, definendo questa tecnica come RS
extracranica (o corporea) se eseguita in una unica frazione, o
SRT extracranica se praticata in pi sedute. In particolare, nel trattamento
delle sedi extracraniche laccuratezza associata alla necessit di valutare e
calcolare i movimenti diretti o indiretti degli organi compresi nel campo di
irradiazione. A questo proposito grande importanza ha il monitoraggio degli atti
respiratori, per la loro influenza sulle variazioni di posizione della lesione

bersaglio e degli organi in genere. Esistono vari sistemi adatti allo scopo. Alcuni
di questi si limitano ad esercitare una pressione esterna su alcune zone del corpo
(ad esempio a livello del torace) per ridurre lescursione respiratoria e quindi i
movimenti indotti ad essa relativa. Altri, pi interessanti, tendono a seguire il
movimento dorgano e identificarne le caratteristiche. Tra questi ultimi occorre
ricordare i dispositivi opto-elettronici a marcatori passivi. Sulla superficie
corporea del paziente vengono posizionati particolari marcatori la cui posizione
registrata in tempo reale da telecamere sensibili ai raggi infrarossi o mediante
laser. Questo consente di valutare in ogni momento la posizione della superficie
toracica e di correlare il dato ottenuto con il movimento degli organi interni.
Lerogazione della dose pu essere coordinata in modo da seguire in tempo reale
gli spostamenti del bersaglio e garantirne quindi la copertura inj ogni fase del suo
movimento (tracking). Tranne che per tale specifico aspetto, il trattamento delle
lesioni corporee non differisce concettualmente e tecnicamente da quello delle
lesioni cerebrali. Sono infatti impiegati gli stessi principi di localizzazione 3D
stereotassica del volume bersaglio, nonch delle strutture critiche da
salvaguardare. Il principale vantaggio della RS e della SRT corporea quindi
quello di irradiare, con intento curativo, sedi e lesioni in organi quali polmone,
fegato, pancreas, prostata, ma anche masse linfonodali in sede toracica,
addominale o pelvica, con maggior risparmio dei tessuti sani nei confronti delle
metodiche convenzionali e con una durata del ciclo terapeutico molto breve. La
dose totale (sino a 45-50 Gy) infatti frazionata in 2, 3 od al massimo 5 sedute,
anche se spesso la terapia viene praticata in una sola volta. Le dimensioni delle
lesioni da trattare devono essere limitate (non oltre 5 cm nel massimo diametro).

La presenza di malattia metastatica diffusa, con pi sedi interessate, rappresenta


un limite allindicazione. In queste situazioni, purtroppo assai frequenti, deve
essere chiaro il ruolo palliativo della metodica, volto alla cura dei sintomi quali il
dolore, il sanguinamento, la compressione, ed altri. Tuttavia lelevato rapporto
costo/beneficio della tecnica stereotassica ne fa presagire un impiego sempre pi
ampio anche in questo ambito.
I trattamenti di RS e SRT corporea sono in genere praticati con gli stessi
acceleratori lineari usati per lirradiazione cranica, opportunamente dotati degli
accessori per il monitoraggio del movimento dorgano. Lo stesso apparecchio
Cyberknife, allinizio concepito come alternativa alla Gamma-Knife,
ora in grado, grazie ad una serie di implementazioni di software, di essere
utilizzato anche in lesioni situate in altre sedi corporee.
.
Brachiterapia (BRT). Questa tecnica indica lutilizzazione delle radiazioni a
breve distanza o addirittura allinterno del volume bersaglio trattato. Si tratta di
una caratteristica peculiare che differenzia la brachiterapia dalle altre metodiche,
nelle quali lo schema rappresentato da un fascio di radiazioni che dallesterno
indirizzato a colpire il bersaglio. I preparati radioattivi possono essere inseriti in
modo invasivo direttamente allinterno del tumore (BRT interstiziale), o
posizionati nelle cavit naturali del corpo (BRT endocavitaria o endoluminale),
oppure posti direttamente sulla superficie cutanea (BRT di contatto).
Naturalmente, la neoplasia deve essere accessibile alloperatore e i suoi contorni
ben definiti e facilmente identificabili, in modo da poter situare correttamente le
sorgenti dal punto di vista geometrico, requisito essenziale per ottenere una

distribuzione omogenea della dose. La possibilit di realizzare limpianto dei


cateteri durante una fase operatoria, a cielo aperto, pu aumentare ulteriormente
laccuratezza del trattamento (BRT intraoperatoria o perioperatoria).
Lo sviluppo delle conoscenze fisiche nel campo della radioattivit ha reso
possibile luso di sorgenti racchiuse in capsule, sempre pi sicure, raffinate e
quindi idonee allimpiego clinico. Al radium, ormai abbandonato per le
problematiche di radioprotezione che determinava anche a causa della
lunghissima emivita, e al cesio, il cui uso oggi limitato ai soli trattamenti
ginecologici, si oggi frequentemente sostituito liridio-192, un emittente di alta
energia (0,38 MeV), di modesta emivita fisica (poco pi di 73 giorni), e con
unattivit specifica elevata che ne consente la miniaturizzazione in tubi, fili, aghi,
spille, sfere e semi dotati di diverse attivit. Tra gli altri isotopi recentemente
introdotti, un cenno particolare meritano lo iodio-125 ed il palladio-103. Essi
possiedono unenergia bassa (con componente X, dellordine dei KeV) tale da
determinare il contenimento quasi totale della dose rilasciata allinterno
dellorgano impiantato, con risparmio delle strutture circostanti. La loro elevata
attivit specifica ne consente la miniaturizzazione sottoforma di piccoli semi, che
una volta impiantati, rimangono definitivamente nel paziente (impianto
permanente), con un rilascio della dose in tempi molto lunghi, anche di alcuni
mesi. La disponibilit di questo tipo di sorgente, accompagnata dalluso
dellecografia transrettale per guidare la fase di impianto, ha determinato il grande
successo della tecnica di impianto permanente nella cura del carcinoma della
prostata in stadio iniziale.

Nel caso degli impianti temporanei, che devono invece essere rimossi dopo il
necessario tempo di esposizione, al diverso livello energetico dei radioisotopi
impiegati corrispondono differenti modalit di somministrazione della dose: da
quella classica, continua, della durata di qualche giorno (a basso rateo di dose,
LDR, Low Dose Rate, con emissione tra 0.4 e 2 Gy per ora), a quella
frazionata, della durata di pochi minuti (ad alto rateo di dose, HDR, High Dose
Rate, con emissione superiore ai 12 Gy per ora), passando per valori di medio
rateo, per la verit poco usati nella clinica. Una recente modalit quella
rappresentata dalla BRT a rateo di dose pulsato (PDR,

Pulsed Dose Rate),

con esposizione caratterizzata da impulsi della durata di circa 10 minuti, ripetuti


in serie, dopo un intervallo di 50 minuti, per 50-60 ore consecutive,.
Linteresse verso la BRT stato anche favorito dai miglioramenti delle
apparecchiature; la protezione degli operatori stata resa possibile dalle
metodiche afterloading, in cui inizialmente si posizionano gli
applicatori e solo dopo aver verificato la loro soddisfacente
collocazione si introducono le sostanze radioattive, e ancor di pi
dai proiettori remote afterloading, che consentono linserimento a
distanza delle sorgenti negli applicatori, eliminando del tutto il rischio di
esposizione. Questi apparecchi sono anche in grado di gestire, utilizzando appositi
software, in modo corretto dal punto di vista spaziale e temporale il
posizionamento automatico delle sorgenti per brachiterapia PDR o HDR. La
disponibilit di questi sistemi, accanto a quella di programmi per il calcolo 3D
della dose applicabili, in modo analogo alla radioterapia dallesterno, sullimaging
TC e/o RM degli impianti, hanno inoltre consentito di introdurre metodiche di

trattamento di elevata conformazione. Le tecniche HDR consentono poi


trattamenti pi brevi, dellordine di qualche minuto, da ripetersi a distanza di
giorni, e fino a un massimo di 6 frazioni, eseguibili anche in regime
ambulatoriale. Pertanto, alle indicazioni classiche della BRT (neoplasie
ginecologiche, del cavo orale, della cute) se ne sono affiancate di nuove, quali i
carcinomi della trachea, dei bronchi e dellesofago, del retto, delle vie biliari, dei
sarcomi, della gi citata prostata e di altre sedi tumorali che prima non era agevole
trattare a causa del tempo troppo lungo di permanenza delle sorgenti radioattive
nella sede della malattia. La BRT sta inoltre occupando un ruolo ben definito per
il trattamento delle recidive neoplastiche, anche in territorio gi precedentemente
irradiato.

Radioterapia intraoperatoria (IORT). Lidea di praticare la radioterapia durante


lesecuzione di un intervento chirurgico non nuova, essendo in modo aneddotico
gi stata descritta per la prima quasi un secolo fa a proposito di una eviscerazione
pelvica. Tuttavia, la moderna IORT Intra Operative Radiation Therapy
coincide con lintroduzione degli acceleratori lineari, intorno agli anni Sessanta, e
in particolare con limpiego degli elettroni. Queste radiazioni, come gi
sottolineato in precedenza, depositano la dose in modo omogeneo, con limitata
penetrazione in profondit. Questa caratteristica, che nella radioterapia esterna
pu essere un limite, per la IORT rappresenta un vantaggio, limitando
lesposizione dei tessuti posti oltre il bersaglio reso accessibile chirurgicamente.
Normalmente, la IORT indirizzata al trattamento di tumori localmente avanzati
del pancreas, del retto, dello stomaco e di altre sedi che siano resecabili. Nella

pratica, seppure in alcuni casi con casistiche numericamente limitate, tale


combinazione stata sperimentata per tutte o quasi le sedi di neoplasia. Il
razionale rappresentato dalla possibilit di sterilizzare un eventuale residuo
microscopico, o comunque minimo, di malattia mediante una dose singola, molto
elevata di radiazioni praticata a cielo aperto, con lopportunit di spostare gli
organi sani o almeno parte di essi fuori dal campo. Nel caso di trattamento
esclusivo la dose di IORT pu raggiungere valori di 20 Gy ed oltre, ma spesso,
questa usata come sovradosaggio con dosi pi basse (10-15 Gy). La IORT pu
essere combinata ad una irradiazione dallesterno, che precede o pi
frequentemente segue la procedura chirurgica. Oltre che ai casi di tumore
localmente avanzato, ad elevato rischio di recidiva, la IORT sta riscuotendo un
grande interesse nel campo del carcinoma mammario in stadio iniziale; esperienze
cliniche in corso ne stanno valutando il ruolo come trattamento esclusivo o
sovradosaggio dopo chirurgia conservativa, in alternativa alle 6 settimane di
radioterapia postoperatoria convenzionale .
Un aspetto tecnico di grande rilevanza per lo sviluppo della IORT legato alla
recente disponibilit di speciali apparecchiature dedicate (acceleratori lineari
mobili) che producono solo fasci di elettroni di opportuna energia (tra i 3 ed 12
MeV) o di tubi radiogeni a bassa energia (dellordine di circa 50 KeV). Queste
macchine possono essere installate direttamente in sala operatoria, senza necessit
di particolari modifiche strutturali ed usate senza rischi di esposizione per gli
operatori. Lidentificazione del bersaglio e il trattamento avvengono in sala
operatoria, con unottimale collaborazione tra chirurgo e oncologo radioterapista.
Dal punto di vista logistico ed organizzativo si tratta di un enorme vantaggio, in

quanto viene evitato lo spostamento del paziente dalla sala operatoria al bunker di
trattamento e viceversa, una complessit procedurale che prolungando il tempo
dellintervento e la durata dellanestesia ha rappresentato in passato il maggior
ostacolo alla diffusione delle tecniche intraoperatorie.

Adroterapia. Nellambito delle tecniche di precisione, la radioterapia con adroni


o adroterapia sta acquisendo un ruolo emergente. Si tratta dellimpiego, in
sostituzione dei classici raggi X o , di radiazioni corpuscolari, subatomiche, quali
protoni e ioni, genericamente definibili come adroni. Per le loro caratteristiche, i
protoni e gli ioni hanno la capacit di depositare la propria energia, e quindi la
dose, in modo assai definito: interagiscono poco lungo il corridoio di entrata,
rilasciano tutta la loro energia in un tratto assai limitato, il cosiddetto picco di
Bragg, e non proseguono oltre il bersaglio. Sono quindi dotati di unelevatissima
selettivit balistica, il che li rende particolarmente adatti a trattare lesioni situate in
stretta prossimit con organi critici, a rischio di essere danneggiati. Nel confronto
tra distribuzioni di dose ottenibili con IMRT, considerata il miglior standard
terapeutico oggi disponibile con i raggi X, e adroterapia con protoni, in varie sedi
tumorali, si pu quasi sempre osservare che, mentre la copertura del bersaglio
ottimale con entrambe le tecniche, i protoni consentono di ridurre in maniera
molto significativa la dose agli organi sani circostanti.
I trattamenti con adroni risalgono a molti anni fa, essendo stati praticati sin dagli
anni 50 in centri di fisica, a livello sperimentale, ma solo dagli inizi degli anni
90 sono diventati una pratica clinica in alcuni centri specialistici. I pazienti sinora
trattati nel mondo sono complessivamente pi di 60 mila, dei quali la maggior

parte con protoni (oltre 50 mila). Lesperienza clinica pi consistente quella


relativa al melanoma delluvea. I risultati ottenuti sono da considerarsi
eccezionali: oltre il 95% dei pazienti con controllo locale della malattia, il 90%
con preservazione dellocchio, e, di questi, la met mantenendo unadeguata
acuit visiva. Anche altri tumori rari, quali i cordomi, i condrosarcomi e i
meningiomi della base cranica, hanno beneficiato di questa terapia. Recentemente
stanno emergendo nuove indicazioni, in particolare per quei tipi di tumore nei
quali i livelli di dose elevati hanno dimostrato di essere efficaci nellincrementare
il controllo locale (prostata e polmone, ad esempio). Per quanto attiene gli ioni,
dei quali lunico impiegato in clinica quello del carbonio, oltre alla gi citata
capacit balistica, di grande interesse lelevata efficacia biologica,
particolarmente idonea a curare i tumori cosiddetti radioresistenti, aprendo quindi
nuove prospettive per il trattamento di lesioni che tradizionalmente erano escluse
dalla radioterapia.
Lo sviluppo delladroterapia ancora limitato, fondamentalmente per gli elevati
costi, dovuti ai grandi sincrotroni o ciclotroni necessari per accelerare le particelle
adroniche sino a valori di energia dellordine dei 60-450 MeV. Tuttavia molte
iniziative sono in fase di realizzazione. I centri pi noti che gi svolgono una
attivit clinica corrente sono negli Stati Uniti (Boston, Houston e Loma Linda, in
California) e in Giappone (Chiba, Tsukuba, Hyogo). In Europa sono attivi centri
in Svizzera, Francia e Germania. In Italia iniziata lattivit clinica nei laboratori
di fisica di Catania limitatamente al melanoma oculare. Un importante progetto
di carattere nazionale (CNAO, Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) in
giunto alla fase conclusiva a Pavia, con la costruzione del centro avvenuta nel

2010 e con la previsione di iniziare una regolare attivit clinica sia con protoni
che con ioni carbonio in tempi brevi.

Irradiazioni totali. Lirradiazione corporea totale (TBI,

Total Body

Irradiation) la pi nota fra le tecniche a grandi campi. Si tratta della


somministrazione di una dose sovramassimale (cio pi elevata di quanto possa
essere normalmente tollerabile con riguardo alla tossicit ematologica) di
radiazioni con lo scopo di distruggere le cellule maligne, ovunque esse si trovino,
e preparare il paziente a ricevere un trapianto di midollo osseo. Si tratta di un
trattamento praticato in centri specialistici, di concerto con lematologia, e
consiste generalmente nella erogazione in 3-5 giorni di una dose totale, suddivisa
in pi frazioni, compresa tra gli 8 ed i 15 Gy, a tutto il corpo.

Principali indicazioni alla radioterapia


Non chiaramente possibile fornire un panorama dettagliato di
tutte le indicazioni della radioterapia in ambito oncologico, per le
quali si rimanda a testi specifici. Tuttavia appare opportuno
presentare alcuni principi di applicazione della stessa, da sola o
integrata alle altre terapie oncologiche, nei principali distretti od
apparati.

Tumori del distretto cervico-cefalico. La terapia dei tumori di questo distretto


rappresentata principalmente dalla chirurgia e dalla radioterapia, usate come
singole modalit o in associazione tra loro, anche se negli ultimi anni il ruolo

della chemioterapia si evoluto in maniera consistente. In particolare nei casi


localmente avanzati lintegrazione terapeutica tra le varie modalit rappresenta lo
standard terapeutico corrente, in una visione di reale multidisciplinariet. La
scelta dellapproccio e della sequenza terapeutica ottimale dipende poi da vari
fattori: sede ed estensione della neoplasia, possibilit di un intervento chirurgico
radicale senza gravi sequele funzionali (conservazione della fonazione e della
deglutizione), presenza di infiltrazione muscolare od ossea, interessamento
metastatico linfonodale regionale, elevati fattori di rischio evidenziati allesame
istologico definitivo dopo la rimozione chirurgica (margini positivi, infiltrazione
perineurale, malattia linfonodale extracapsulare, ed altri) e, non ultimo per
importanza in questo particolare distretto corporeo, le condizioni cliniche e psicosociali del paziente.
La radioterapia, condotta con tecnica adeguata (3D-CRT o IMRT), e la chirurgia
si possono ritenere egualmente efficaci nel curare tumori in stadio iniziale.
Lirradiazione consente per il controllo locale mantenendo lintegrit anatomofunzionale delle strutture interessate e, quindi, di evitare importanti mutilazioni.
Nei tumori del labbro e del cavo orale le lesioni in stadio iniziale (T 1 e T2)
possono essere trattate con brachiterapia interstiziale e metodiche di after-loading
con

192

Ir. La brachiterapia pu essere indicata anche nel caso di neoplasie della

tonsilla e della base linguale, di dimensioni limitate, e prevalentemente vegetanti.


I tumori con insorgenza a livello della rinofaringe sono di pertinenza
radioterapica esclusiva, con eventuale associazione chemioterapica. Nelle lesioni
limitate al cavo, e senza interessamento linfonodale, i risultati del trattamento si
possono considerare eccellenti, con sopravvivenza libera da malattia a 5 anni

superiore all80%. La laringe presenta problematiche diverse in rapporto alle


differenti sottosedi. I tumori della regione glottica in stadio T1 e T2 e quindi con
motilit cordale conservata possono essere regolarmente affidati alla radioterapia
transcutanea esclusiva che, non solo in grado di garantire sopravvivenze libere da
malattia a 5 anni dellordine del 90% ed oltre, ma consente altres la conservazione
di una buona funzione fonatoria nel 95% dei casi. Daltra parte la chirurgia di
salvataggio estremamente efficace nel recupero dei rari insuccessi radioterapici,
con una limitata percentuale di complicanze postoperatorie. Nei tumori della
regione sopraglottica le lesioni in stadio iniziale hanno una probabilit di
guarigione piuttosto elevata (70-80%), anche con la sola radioterapia.
Lindicazione per solitamente limitata alle forme vegetanti a origine dal bordo
libero dellepiglottide. Per le altre localizzazioni lampia possibilit di radicalit
oncologica offerta dalla chirurgia conservativa nei casi con assenza di
interessamento del piano glottico limita limpiego della radioterapia che, in caso di
insuccesso, impone il sacrificio della laringe con chirurgia di recupero. Anche i
tumori della regione sottoglottica, peraltro piuttosti rari possono, in caso di
lesioni iniziali, beneficiare di un trattamento radiante esclusivo. Lo stesso dicasi
per i tumori dellesofago cervicale. Indicazioni alla radioterapia si possono
considerare anche per altre neoplasie rare, quali le forme olfattorie
(estesioneuroblastoma), i tumori del glomo carotideo, qualche raro caso di
melanoma delle mucose. Al contrario i tumori dei seni paranasali e quelli delle
ghiandole salivari, sempre in stadio iniziale, riconoscono nella chirurgia la terapia
di scelta.
I tumori localmente avanzati (stadi T3 e T4, con o senza linfonodi positivi)

sono raramente curabili con la sola radioterapia e vengono necessariamente


trattati con lintegrazione tra le varie metodiche. Nei tumori del cavo orale, del
faringe (oro-, ipo-, e rino-) il trattamento di principio generalmente
considerato quello radiochemioterapico. Questa combinazione ha dimostrato in
numerosi studi clinici e metanalisi di determinare un incremento della
sopravvivenza a lungo termine di almeno il 5%. Come gi sottolineato in un
capitolo precedente le modalit di somministrazione della chemioterapia sono
quella neoadiuvante, con lo scopo di modificare la storia naturale della malattia, o
concomitante.

In

questultimo

caso

il

razionale

quello

della

radiosensibilizzazione dei tessuti neoplastici per incrementare il controllo loco


regionale. Ultimamente si assiste a tentativi di combinare i due approcci, prima e
durante la radioterapia. Un aspetto assai interessante della strategia terapeutica
integrata radio chemioterapica riguarda la preservazione dorgano, in particolare
della laringe. In questi casi, anche in presenza di neoplasie operabili in prima
battuta, ma che richiedono la laringectomia totale, possibile proporre al paziente
un trattamento conservativo, costituito da una chemioterapia di induzione (2-3
cicli) e seguito, in caso di risposta positiva, da una radioterapia radicale,
riservando alla chirurgia demolitiva solo i casi refrattari. Le probabilit di
preservare lorgano sono state quantificate in numerosi studi e si aggirano in
percentuali comprese tra il 70 e l88% Anche nei casi non operabili, o quando il
risultato funzionale atteso tale da rendere sconsigliabile la chirurgia, viene
utilizzata la radioterapia transcutanea in combinazione con la chemioterapia,
neoadiuvante o concomitante. La radioterapia e la chemioterapia possono essere
utilizzate anche a scopo palliativo, o nelle recidive che sono suscettibili di una re

irradiazione. Spesso si assiste ad un notevole miglioramento dei sintomi e, quindi,


della qualit di vita. Ancora, nei tumori localmente avanzati che vengono
sottoposti a chirurgia primaria, la radioterapia segue generalmente lintervento,
sottoforma di radioterapia postoperatoria, e in qualche caso a maggior rischio,
ancora combinata con la chemioterapia. Nonostante questa integrazione
terapeutica la maggior parte delle neoplasie localmente avanzate del distretto
cervicocefalico ha una prognosi a lungo termine non soddisfacente. La
sopravvivenza libera da malattia a 5 anni infatti raramente supera il 50% dei casi.
Probabili miglioramenti sono attesi dalla applicazione sistematica delle tecniche
pi recenti, quali la IMRT, e da ulteriori combinazioni farmacologiche. Di grande
interesse la recente possibilit di combinare ai trattamenti standard alcuni nuovi
farmaci quali gli inibitori delle tirosinchinasi o gli anticorpi monoclonali. Uno di
questi, lerbitux, ha gi dimostrato in studi clinici randomizzati di determinare
una aumento sia del controllo locale di malattia sia si sopravvivenza globale.

Tumori del polmone e della pleura. I tumori non a piccole cellule (NSCLC,
Non Small Cell Lung cancer) del polmone riconoscono nella chirurgia la
miglior opzione terapeutica. Tuttavia, al momento della diagnosi, un grande
percentuale dei pazienti risulta inoperabile per sede e/o estensione della malattia e/o
per controindicazioni allintervento chirurgico. Da ci consegue che notevole il
numero dei casi che vengono affidati alla radioterapia. Recenti pubblicazioni hanno
dimostrato la possibilit di ottenere un incremento reale delle remissioni complete
e della sopravvivenza, applicando dosi elevate di radiazioni con la moderna
tecnologia. Per questa ragione le tecniche conformazionali 3D e la IMRT

rappresentano uno standard terapeutico frequente in queste neoplasie. Oggi


possibile procedere secondo la modalit del doppio volume: si irradia
inizialmente sino a un livello di dose moderato il tumore primitivo e il mediastino;
successivamente si riduce larea irradiata alla sede della neoplasia e delle eventuali
localizzazioni linfonodali metastatiche, cui vengono una ulteriore dose, sino a
totali di 70 Gy ed oltre. Come nel distretto cervicocefalico, le neoplasie polmonari
beneficiano dellintegrazione tra la radioterapia e la chemioterapia, sia con farmaci
tradizionali che con le nuove molecole oggi disponibili. Nei tumori polmonari
sono oggi applicate anche altre tecniche speciali, quali la brachiterapia e la
radiochirurgia. La prima pu essere utilizzata per trattare lesioni situate a livello
dei grossi bronchi o della trachea, eventualmente in associazione allirradiazione
esterna, la seconda una ottima soluzione per irradiare tumori polmonari piccoli,
in soggetti con controindicazioni alla chirurgia per condizioni respiratorie. Con
poche sedute di terapia si ottengono controlli della malattia dellordine dell80%,
tra laltro, con scarsissima morbilit. Le stesse tecniche, ma con dosi pi moderate,
trovano indicazione anche nella terapia di tipo palliativo o sintomatico, soprattutto
in caso di atelettasie, sindrome mediastinica, emoftoe, o trattamento di
localizzazioni metastatiche dolenti, ed altre ancora, con notevole miglioramento
della qualit di vita.
Ovviamente la radioterapia spesso proposta anche in fase postoperatoria,
specie nelle forme localmente avanzate (pT3-4) e/o in presenza di localizzazioni
linfonodali metastatiche a livello del mediastino (pN 2). Minore spazio oggi
riservato alla radioterapia preoperatoria: lindicazione elettiva rappresentata
dai tumori del solco polmonare superiore con sindrome di Pancoast. Si irradia con

adeguata estensione la neoplasia primitiva, con dosi di 30-45. Al termine, si


rivaluta congiuntamente al chirurgo toracico il paziente per stabilire se indicata
una resezione radicale en bloc. Se questa non tecnicamente possibile, si
riprende lirradiazione sino al raggiungimento di una dose potenzialmente
radicale.
Nel microcitoma lassociazione chemioradioterapica di principio ha migliorato
le percentuali di risposta e la durata della sopravvivenza. Il programma
terapeutico prevede generalmente 3-4 cicli di chemioterapia, una rapida
rivalutazione ed in presenza di remissione completa o quasi il consolidamento
mediante radioterapia sul mediastino e sulla sede iniziale della neoplasia.
Contemporaneamente, considerata lelevata tendenza del microcitoma a produrre
metastasi a livello cerebrale, viene irradiato a titolo precauzionale lintero encefalo.
Come detto, questo approccio combinato riservato alla malattia in fase locoregionale, la cosiddetta malattia limitata. Nei casi con presenza di malattia
estesa al di fuori del torace, lindicazione allirradiazione mediastinica va valutata
individualmente, ed ha un significato per lo pi palliativo.
Apparato digerente. La chirurgia rappresenta il trattamento di scelta soprattutto
negli stadi precoci e nelle forme che interessano il tratto medio ed inferiore
dellesofago. Come gi sottolineato in precedenza, la radiochemioterapia
esclusiva, con intento radicale, pu indicata nelle neoplasie dellesofago cervicale,
avendo come obiettivo la conservazione dorgano. Ma il ruolo della radioterapia
assai pi ampio. In particolare, in numerosi centri sono attivi protocolli
integrazione con la chirurgia, sia nella fase preoperatoria, sia in quella postoperatoria.

Lirradiazione

preoperatoria,

generalmente

combinata

con la

chemioterapia, viene utilizzata nel tentativo di aumentare le probabilit di


radicalit chirurgica nelle forme localmente estese, ma ancora teoricamente
operabili. Lirradiazione a titolo postoperatorio chemioterapia trova indicazione
nei pazienti che allatto chirurgico presentano malattia residua, macro- o
microscopica, o con linfonodi mediastinici istologicamente positivi (pN+). Ancora,
i pazienti che non sono operabili per lo stadio di malattia troppo avanzato, possono
beneficiare di un approccio mediante radioterapia transcutanea, associabile ad una
brachiterapia endoluminale per incrementare la dose locale senza aggiungere rischi
a livello toracico e mediastinico, eventualmente anche alla chemioterapia, anche se
con risultati a lungo termine assai limitati in termini di sopravvivenza,. Infine, per i
pazienti che hanno solo uno spazio nellambito della palliazione, e che
rappresentano circa un terzo del totale, lirradiazione, ancora dallesterno o con
brachiterapia, pu costituire un buon mezzo per controllare la disfagia e il dolore,
migliorando la qualit di vita.
Per quanto attiene lo stomaco, le indicazioni sono piuttosto limitate, con
leccezione del linfoma gastrico. Nelle forme tipiche di questorgano esistono
protocolli, anche se non diffusamente praticati che ne suggeriscono luso in
adiuvante, dopo la chirurgia ed in combinazione con la chemioterapia, sulla sede di
exeresi e sui linfonodi loco-regionali, con lobiettivo di eliminare i residui
subclinici o microscopici di malattia. Lirradiazione inoltre indicata a titolo
palliativo e sintomatico per il controllo del dolore, dellemorragia e dei disturbi di
canalizzazione.
Indicazioni alla radioterapia esistono anche nei tumori del pancreas, sia in
adiuvante (in combinazione alla chemioterapia) nei casi resecabili, sia come palli

azione per le forme avanzate o metastatiche. Presso alcune Istituzioni utilizzata


anche la radioterapia intraoperatoria (IORT), da ritenersi tuttavia un trattamento
ancora in corso di definizione.
Nei tumori del fegato, primitivi o secondari, la recente disponibilit di tecniche
speciali quali la radiochirurgia e ladroterapia, ha aperto nuovi scenari prima non
praticabili a causa della tossicit determinata dalle irradiazione di estesi segmenti
epatici. Dosi elevate su bersagli ben definiti si stanno rivelando assai efficaci, con
percentuali di controllo della malattia che non differiscono da quelli ottenibili con
altri approcci, sia chirurgici, sia di radiologia interventistica. Anche per i tumori
delle vie biliari qualche nuova possibilit sta emergendo mediante limpiego di
tecniche di brachiterapia.
Molto pi consolidate sono invece le indicazioni della radioterapia nei tumori
del retto e del canale anale. Attualmente, lindicazione pi frequente della
radioterapia, eventualmente in associazione con la chemioterapia, quella con
intento postoperatorio nelle forme caratterizzate da fattori prognostici sfavorevoli
(stadi da B2 a C3). Essa ha dimostrato di ridurre drasticamente lincidenza delle
recidive locali da percentuali dellordine del 40% al 5-6%, migliorando inoltre la
qualit di vita dei pazienti. Un analogo impatto sulla sopravvivenza non invece
ancora stato evidenziato. La radioterapia preoperatoria (sempre associata alla
chemioterapia) una modalit di integrazione che sta riscuotendo un crescente
interesse, anche in considerazione di alcuni dati preliminari che ne dimostrerebbero
un impatto anche sulla sopravvivenza. Inoltre essa aumenta il tasso di resecabilit,
spesso consentendo al chirurgo di praticare interventi conservati anche in lesioni
molto prossime allorifizio anale, altrimenti trattabili solo con amputazione

addomino-perineale. Non esiste un unico schema ben codificato di trattamento


preoperatorio. La scelta dipende dallesperienza delle varie istituzioni e varia tra
frazionamenti assai brevi, di 5 sedute, seguite da una chirurgia precoce, entro 15-20
giorni o, in alternativa, a frazionamenti convenzionali, di 5 settimane, seguiti da una
chirurgia tardiva, sino a 2 mesi dal termine della terapia preoperatoria. Per i tumori
del retto, inoltre, sono in corso esperienze di radioterapia intraoperatoria (IORT),
che utilizzano acceleratori dedicati e campi di elettroni. La radiochemioterapia
invece praticata in via esclusiva nelle neoplasie localizzate del canale anale, dove
si dimostrata altamente efficace nel consentire il controllo di malattia
conservando lo sfintere. Spesso il trattamento dallesterno accompagnato dalla
brachiterapia interstiziale o endocavitaria, al fine di incrementare la dose a livello
della lesione senza ulteriori esposizione di altri tratti dellintestino. Per le neoplasie
dellano, un approccio combinato chemioradioterapico sembra essere in grado di
migliorare significativamente la prognosi. terapia transcutanea, quale valida
alternativa allintervento chirurgico mutilante.

Apparato genitourinario. Nei carcinomi del rene la radioterapia trova limitate


indicazioni, in genere solo a titolo postoperatorio, nei casi con infiltrazione della
capsula renale e/o con interessamento linfonodale. Pi ampio invece il suo
impiego nel trattamento dei tumori della vescica. In casi selezionati, infiltranti
(T2/3) ed operabili con cistectomia, possibile praticare un approccio combinato
radiochemioterapico con intento di conservazione dellorgano. La radioterapia
postoperatoria invece da valutare nelle forme avanzate, con linfonodi positivi.
Negli ultimi anni invece diventato molto importante il ruolo della radioterapia,

grazie a varie e sempre pi sofisticate tecniche, nel trattamento dei tumori della
prostata. La radioterapia esclusiva, a titolo radicale e tecnica conformazionale
(3D-CRT) o con modulazione di intensit (IMRT), trova indicazione negli stadi
iniziali quale valida alternativa alla chirurgia radicale, con risultati sovrapponibili
in termini di controllo locale e sopravvivenza e con il notevole vantaggio di evitare
il rischio di incontinenza urinaria e di ridurre lincidenza dellimpotenza.
Unalternativa alla radioterapia transcutanea pu essere rappresentata, in casi
selezionati ed a basso rischio, dalla brachiterapia interstiziale con semi di

125

Io

103

Pd (impianti permanenti) o con metodica ad alto rateo di dose (HDR). Un

aspetto nuovo, assai interessante, quello relativo allimpiego di frazionamenti


non convenzionali, con numero ridotto di sedute. Questi schemi hanno come base
alcune conoscenze sulla radiobiologia dei tumori prostatici e sono resi oggi
possibili dallapplicazione di tecniche di radioterapia guidate dalle immagini
(IGRT), prima descritte. In qualche caso, anche se ancora in fase sperimentale,
questi nuovi protocolli si concludono in una settimana o poco pi. La radioterapia
transcutanea trova inoltre indicazione negli stadi localmente avanzati, o con fattori
prognostici negativi (malattia extracapsulare, grado di Gleason elevato, PSA oltre i
20 ng/ml), in questi casi in combinazione con il trattamento ormonale.
Questultimo pu essere usato prima, durante e dopo la radioterapia, secondo
differenti schemi ormai ben consolidati. Un ruolo importante anche quello
relativo al salvataggio delle recidive locali, dopo chirurgia. Il trattamento
postoperatorio pu essere applicato di principio, in base ai fattori di rischio
riscontrati allesame istologico, o al momento della risalita del PSA (recidiva
biochimica). Le attuali tendenze privilegiano lanticipazione della radioterapia, in

genere due o tre mesi dallintervento, anche allo scopo di ridurre il rischio che la
presenza per lungo tempo di malattia possa rappresentare un maggior rischio di
sviluppo di metastasi a distanza. La radioterapia trova applicazione anche in casi
non pi suscettibili di un trattamento radicale, consentendo di migliorare
notevolmente la qualit di vita dei pazienti. Le situazioni pi frequenti riguardano
la risoluzione di fatti ostruttivi in neoplasie con massiva estensione loco-regionale,
o la palliazione del dolore dovuto a localizzazioni metastatiche scheletriche. In
presenza di metastasi scheletriche multiple pu essere efficacemente utilizzata, a
titolo sintomatico, anche la radioisotopoterapia per via metabolica, a volte in
associazione alla stessa radioterapia esterna. Per quanto attiene i tumori del
testicolo, occorre

considerare lelevata radiosensibilit dei seminomi, il che

consente alla radioterapia di rivestire un ruolo fondamentale nella strategia


terapeutica integrata. In particolare essa indicata dopo lintervento chirurgico di
orchifunicolectomia, come trattamento precauzionale delle stazioni linfonodali
lombo-aortiche ed inguino-iliache omolaterali o bilaterali, in relazione allo stadio.
Le dosi necessarie nsono molto ridotte ma comunque consigliabile suggerire al
paziente di procedere alla preliminare crioconservazione del liquido seminal. Nei
non seminomi lindicazione invece limitata a particolari situazioni dopo
lintervento chirurgico, o per trattare sedi non accessibili alla chirurgia. Nelle
neoplasie in stadio iniziale del pene, la radioterapia rappresenta una valida
alternativa allintervento chirurgico, con il notevole vantaggio di preservare
lintegrit della funzione. Lirradiazione in prima istanza non pregiudica inoltre un
eventuale recupero chirurgico delle recidive. Oltre alla radioterapia esterna
possibile limpiego della brachiterapia. Le neoplasie localmente avanzate sono di

pertinenza chirurgica, con possibilit di radioterapia postoperatoria in presenza di


fattori di rischio patologici, valutati dallanalisi del pezzo operatorio.

Tumori ginecologici. Nei tumori epiteliali dellovaio, i pi frequenti, la chirurgia


rappresenta lapproccio fondamentale, sia a scopo diagnostico che terapeutico. La
radioterapia trova indicazione esclusivamente per il trattamento delle metastasi
linfonodali retroperitoneali, in assenza di altre localizzazioni, o in caso di
metastasi sintomatiche in altre sedi. Essa pu avere invece un certo ruolo nel
trattamento dei tumori germinali, rappresentati principalmente dal disgerminoma.
Nei tumori del corpo dellutero la radioterapia trova indicazione a titolo
postoperatorio, nei casi con fattori di rischio patologici (invasione di oltre la met
dello spessore del miometrio, basso grado di differenziazione, interessamento
linfonodale). Lirradiazione esclusiva con dosi radicali indicata solamente nelle
pazienti non operabili per controindicazioni allintervento (et avanzata, diabete
scompensato, cardiopatie), nelle neoplasie in fase localmente avanzata, oppure nei
casi di recidiva loco-regionale. In tutti questi casi la radioterapia transcutanea si
pu associare alla brachiterapia endocavitaria. Nei rari sarcomi la radioterapia
invece sempre indicata dopo chirurgia radicale, perch si dimostrata in grado di
ridurre significativamente il tasso delle recidive pelviche. Nei tumori della cervice
uterina la radioterapia esclusiva, con dosi radicali ed in varia combinazione tra
transcutanea e brachiterapia indicata in tutti gli stadi di malattia, e quindi sia
nelle lesioni in stadio iniziale (Ib-IIa), in alternativa alla chirurgia, in quanto non
esistono differenze statisticamente significative nelle percentuali di controllo
locale e di sopravvivenza a 5 anni con limpiego singolo delle due metodiche, sia

per gli stadi pi avanzati (dal IIb in poi). In questi ultimi stadi la radioterapia
transcutanea associata alla chemioterapia concomitante. Nelle pazienti operate e
che allesame del pezzo operatorio manifestano fattori di rischio patologici, vi
indicazione alla radioterapia a titolo postoperatorio. La radioterapia costituisce la
modalit di trattamento di prima istanza nei carcinomi della vagina, dove si fa
preferire alla chirurgia per evidenti vantaggi di conservazione dorgano. Le lesioni
di dimensioni limitate, superficiali, possono essere trattate con la sola brachiterapia
interstiziale o endocavitaria. Le forme intermedie ed avanzate richiedono invece la
radioterapia esterna, sia sulla lesione primitiva, sia sulle catene linfonodali
inguinoiliache, con la brachiterapia riservata al sovradosaggio sul tumore residuo.
In casi estremamente selezionati di carcinoma della vulva, generalmente in stadio
iniziale, pu essere utilizzata la sola brachiterapia interstiziale. La radioterapia
esterna viene invece frequentemente impiegata in associazione alla chirurgia nei
tumori operabili, a titolo pre- o postoperatorio, ma soprattutto quale trattamento
precauzionale sulle stazioni linfonodali inguinali e pelviche. La radiochemioterapia
trova indicazione nelle forme inoperabili e nelle recidive dopo chirurgia.
Tumori della mammella. La terapia del carcinoma mammario rappresenta un
tipico

esempio

di

trattamento

multidisciplinare:

chirurgia,

radioterapia,

chemioterapia e ormonoterapia sono infatti variamente associate in rapporto allo


stadio di malattia. Schematicamente, le principali indicazioni della radioterapia
possono riguardare diversi casi, sia dopo chirurgia conservativa (quadrantectomia o
tumorectomia), sia dopo mastectomia radicale, ma solo in presenza di fattori di
rischio patologici, sia, infine nelle recidive e/o metastasi. La radioterapia dopo
quadrantectomia o tumorectomia e svuotamento ascellare o, pi recentemente,

biopsia del linfonodo sentinella, la pi importante tra le indicazioni in quanto


fa parte sempre del protocollo terapeutico. Essa consiste nellirradiazione della
mammella residua, avendo come obiettivo la distruzione di eventuali focolai
microscopici tumorali che residuano allintervento o che si trovano negli altri
quadranti. Lo schema classico prevede una dose di 50 Gy, somministrata in 5
settimane, sulla mammella, a cui fa seguito un sovradosaggio sul quadrante sede
della malattia operata, ma recentemente sono stati valicati frazionamenti
alternativi, accelerati, che limitano la durata complessiva della radioterapia a circa
3 settimane. Il cavo ascellare non viene irradiato a scopo precauzionale, anche
dopo la sola biopsia del linfonodo sentinella, ma solo in caso di esteso
interessamento linfonodale. Unaltra recente acquisizione per il trattamento del
carcinoma mammario in stadio iniziale rappresentata dalla IORT, il cui utilizzo si
inserisce nellambito di una strategia terapeutica relativa allirradiazione parziale
della mammella (PBI, Partial Breast Irradiation). Nel corso degli ultimi
anni si infatti verificata lesigenza di sperimentare terapie sempre pi
conservative per neoplasie a basso rischio di recidiva loco-regionale e la PBI,
attraverso lutilizzo di differenti metodiche, trova applicazione elettiva per il
controllo locale nelle sedi a maggior rischio, rappresentate dal letto tumorale e dai
tessuti immediatamente circostanti. La IORT pu essere utilizzata per erogare
anticipatamente

(durante

lintervento

chirurgico)

il

sovradosaggio,

in

combinazione con una successiva radioterapia transcutanea, oppure quale


esclusiva modalit di trattamento. In questultima situazione necessario
somministrare una dose singola assai elevata, di 20 Gy ed oltre, che in termini di
efficacia biologica analoga alle dosi normalmente utilizzate nel frazionamento

convenzionale. Nonostante i vantaggi teorici della IORT, sia per quanto attiene il
risparmio dei tessuti sani sia per laccorciamento della durata del trattamento, essa
deve tuttavia essere considerata ancora sperimentale e pertanto riservata a pazienti
selezionati, preferibilmente inclusi in studi clinici controllati. Come detto, altre
tecniche possono essere usate per realizzare la PBI, dalla brachiterapia interstiziale
alla radioterapia esterna ipofrazionata. In ogni caso le caratteristiche comuni sono
la definizione di un volume bersaglio limitato, la riduzione di dose ai tessuti sani,
la brevit degli schemi terapeutici. La radioterapia postoperatoria dopo
mastectomia radicale consiste invece nellirradiazione della parete toracica ed
eventualmente delle stazioni linfonodali satelliti, solo in presenza di ben definiti
fattori di rischio patologici emersi dallanalisi di tutto il pezzo operatorio (tra gli
altri, tumore oltre i 5 cm di diametro e almeno 4 linfonodi metastatici).
nei casi inoperabili

Radioterapia

Consiste nellirradiazione a dosi elevate dellintera mammella e

delle stazioni linfonodali satelliti, con progressiva riduzione dei campi.


Naturalmente la radioterapia deve essere opportunamente integrata, in varia
sequenza con terapie sistemiche quali la chemioterapia e/o lormonoterapia.
Radioterapia di recidive e/o metastasi

Si prefigge finalit esclusivamente palliativo-

sintomatiche con notevole miglioramento della qualit di vita, se le localizzazioni


sono uniche o in numero limitato (per esempio al rachide dorsolombare con
compressione midollare, cui segue in genere regressione della paraparesi, se
lirradiazione effettuata al manifestarsi dei primi sintomi, eventualmente dopo
laminectomia). La radioterapia deve comunque essere associata a unappropriata
terapia sistemica. Per quanto riguarda il razionale, si rimanda ai relativi paragrafi.

Sistema nervoso centrale e occhio

Encefalo
Il trattamento radioterapico postoperatorio indicato nelle forme indifferenziate
(glioblastomi) e solo in caso di exeresi non radicale in quelle a basso grado di
malignit. Le dosi totali devono essere elevate nei glioblastomi (60 Gy), con
limpiego di fotoni di un acceleratore e tecnica perilesionale estesa. La
sopravvivenza mediana resta comunque limitata (9-12 mesi).
Lirradiazione

postoperatoria

indicata

anche

nel

medulloblastoma,

nellependimoma e nel germinoma della pineale, con estensione a tutto lasse


cerebrospinale sino a 30-36 Gy e sovradose sulla sede desordio sino a 50-55 Gy
(45-50 Gy per i germinomi); la prognosi di questi istotipi decisamente pi
favorevole (sopravvivenza a 5 anni > 60%). La brachiterapia interstiziale con
o con

192

Ir

125

I impiegata con modalit intraoperatoria sia a titolo esclusivo, sia a

integrazione della radioterapia transcutanea. Nelle neoplasie di piccolo volume, vi


indicazione alle metodiche di stereotassi (SRS).

Midollo spinale
La neurochirurgia, quando possibile, di necessit la modalit terapeutica di prima
istanza. La radioterapia trova indicazione a titolo postoperatorio in presenza di
residui di malattia oppure come modalit esclusiva nei casi inoperabili. I risultati
terapeutici dipendono dallistotipo, dalla sede, dallestensione e sono comunque
estremamente deludenti, anche per il pericolo di gravi sequele iatrogene.

Occhio

La radioterapia indicata, in associazione alla chirurgia, nel trattamento del


retinoblastoma (sopravvivenza a 5 anni dell 86% circa) e inoltre pu conseguire
brillanti risultati senza effetti collaterali di rilievo, nelle localizzazioni metastatiche
alla coroide, con regressione della sintomatologia e miglioramento della qualit di
vita in oltre il 90% dei pazienti. Le tecniche radioterapiche hanno ricevuto un
impulso notevole dagli acceleratori di ultima generazione che consentono di
irradiare limitati settori del globo oculare, con esclusione del cristallino.
Del tutto recentemente sono stati utilizzati protoni, con ottimi risultati nei
melanomi delluvea.

Apparato scheletrico

Osteosarcoma
Si tratta di una neoplasia scarsamente radiosensibile e pertanto la radioterapia da
considerare un presidio terapeutico di seconda istanza rispetto allintervento
chirurgico, mentre viceversa rappresenta lunica modalit di trattamento nelle
forme localizzate in sedi non aggredibili chirurgicamente (scheletro assiale). Di
necessit, le dosi devono essere elevate (66-70 Gy).
La radioterapia inoltre indicata in associazione sequenziale con la chemioterapia
e lexeresi chirurgica, nelle localizzazioni metastatiche polmonari uniche.
Sarcoma di Ewing
La radioterapia riveste ancora un ruolo nei protocolli di trattamento, in
considerazione della radiosensibilit dellistotipo e del fatto che anche dosi
relativamente basse (40 Gy) consentono di ottenere una discreta riduzione

volumetrica con regressione del tumore. per necessario raggiungere livelli di


dose elevati (66-70 Gy), con la metodica del doppio volume, per ottenere un
risultato radicale. Con le varie integrazioni terapeutiche, possibile conseguire
valori di sopravvivenza NED a 3 anni che variano dal 40 al 75%.
Localizzazioni metastatiche da neoplasie primitive a sede varia
Mediante la metodica dellipofrazionamento accelerato (per es. 2,5-3 Gy 30
Gy), con fotoni di un acceleratore possibile conseguire anche la completa
scomparsa della sintomatologia dolorosa, con netto miglioramento della qualit di
vita, se le localizzazioni sono uniche o in numero limitato: per esempio al rachide
dorso-lombare con compressione midollare, cui segue in genere regressione della
paraparesi, se lirradiazione effettuata al manifestarsi dei primi sintomi,
eventualmente dopo laminectomia.

Sarcomi dei tessuti molli


La chirurgia radicale rappresenta lunica modalit terapeutica in grado di ottenere la
guarigione, in quanto la maggior parte di queste neoplasie si dimostra scarsamente
radiosensibile. Lirradiazione indicata a titolo postoperatorio: nei casi di chirurgia
non radicale, di reintervento per recidiva locale oppure nel tentativo di radicalizzare
unexeresi incompleta (60-70 Gy, con metodica del doppio volume).
La radioterapia inoltre indicata a titolo preoperatorio e/o in associazione alla
chemioterapia, nel tentativo di evitare lamputazione di un arto, essendo la prognosi
comunque legata alla comparsa di localizzazioni metastatiche a distanza.

Cute
La radioterapia rappresenta una valida modalit di trattamento consentendo elevati
tassi di guarigione, con sequele tardive di modica entit e ottimo risultato estetico.
Vengono utilizzate diverse metodiche: la brachiterapia a contatto, interstiziale after
e remote-loading e gli elettroni accelerati di opportuna energia. La scelta della
modalit tecnica ottimale condizionata dalla sede, dalle dimensioni e dallestensione in profondit della lesione nonch dalla vicinanza di organi critici e dalla
conformazione della superficie da trattare.
Per quanto riguarda gli epiteliomi basocellulari, forme a malignit locale che non
metastatizzano se non rarissimamente per via linfonodale o a distanza, la
radioterapia trova indicazione elettiva, in alternativa alla chirurgia, soprattutto
nelle sedi prossime alle palpebre, allangolo interno dellorbita, alla piramide
nasale e al condotto uditivo esterno. Viceversa indicata lexeresi delle lesioni
infiltranti le strutture cartilaginee.
Nei carcinomi spinocellulari, lirradiazione indicata nel trattamento delle forme
limitate e particolarmente nei soggetti anziani portatori di lesioni multiple.
Nelle forme localmente estese o in presenza di metastasi linfonodali preferibile
lexeresi, eventualmente seguita da radioterapia postoperatoria in base allanalisi
istologica del pezzo chirurgico (fattori di rischio patologici pTNM).
La prognosi globale delle forme epiteliali baso e spinocellulari, considerando
anche uneventuale exeresi chirurgica di salvataggio, raggiunge percentuali di
guarigione di circa il 90-95% a 5 anni.
Nei melanomi, contrariamente a quanto ritenuto in passato, possibile raggiungere
percentuali di remissione locale di un certo interesse con limpiego di elettroni

accelerati su lesioni ben circoscritte, utilizzando frazionamenti e livelli totali di


dose notevolmente elevati, naturalmente nei casi inoperabili e con rapporto
rischio-beneficio favorevole. Nelle localizzazioni cutanee dei linfomi nonHodgkin (micosi fungoide) pu essere indicata lirradiazione cutanea totale total
skin con elettroni accelerati (TSEI: 30-35 Gy).

Linfomi maligni
La radioterapia, con moderne metodiche di campi sagomati e personalizzati con
fotoni di un acceleratore, riveste un ruolo fondamentale nel trattamento dei linfomi
di Hodgkin: lelevata radiosensibilit del tessuto linfomatoso consente infatti di
ottenere, nella maggior parte dei casi, la remissione delle manifestazioni locali e
spesso la guarigione definitiva.

Occorre distinguere due entit fondamentali: la malattia di Hodgkin e il gruppo dei


linfomi non-Hodgkin, costituito da un insieme di forme morbose polimorfe dal
punto di vista clinico-patologico. Alla base di una corretta impostazione
terapeutica vi la necessit di stabilire accuratamente lo stadio di malattia secondo
Ann Arbor (Tab. 19.14): le indicazioni allimpiego singolo o combinato della
radioterapia e della chemioterapia si basano infatti sullesatta definizione delle sedi
interessate.

Nella malattia di Hodgkin, che ha la caratteristica di diffondersi dalla sede di

esordio alle stazioni linfonodali adiacenti, la radioterapia esclusiva indicata


elettivamente per il trattamento degli stadi patologici Ia, IIa, senza masse

voluminose (non bulky) con dosi di circa 36-40 Gy; negli altri stadi lirradiazione
viene impiegata con associazione, in varia sequenza, alla chemioterapia, come
consolidamento su volumi ridotti (involved fields) e con dosi inferiori (20-30 Gy).
Il trattamento radiante esclusivo deve essere eseguito utilizzando radiazioni
fotoniche di un acceleratore ed esteso a pi sedi linfonodali contingue, con campi
sagomati che consentono la schermatura di organi critici e assumono
configurazioni caratteristiche (mantellina, Y invertita, irradiazione linfonodale
totale e subtotale).
I risultati ottenuti con esclusiva radioterapia negli stadi Ia e IIa raggiungono valori
di sopravvivenza NED a 5 anni dell80-90%.
La radioterapia inoltre indicata nel trattamento delle localizzazioni
extralinfonodali (per es. sindromi neurologiche da localizzazioni midollari ed
encefaliche) o nella sindrome da compressione mediastinica, con notevole
miglioramento della qualit di vita.

Per quanto riguarda i linfomi non-Hodgkin, a titolo orientativo, la radioterapia

esclusiva indicata quale trattamento loco-regionale esteso per le forme a basso


grado di malignit e a istologia follicolare, limitatamente agli stadi Ia e IIa con dosi
di circa 40 Gy.
Nei pazienti in stadio III e IV pu essere impiegata anche la panirradiazione
corporea (TBI) a basse dosi (1,5 Gy). Negli stadi pi avanzati, cos come nelle
forme a malignit intermedia-elevata e a istologia diffusa, la radioterapia viene
utilizzata in associazione con la chemioterapia per il trattamento di consolidamento
di localizzazioni voluminose (bulky). Nelle forme cutanee (micosi fungoide), pu

essere indicata lirradiazione cutanea totale total skin con elettroni accelerati
(TSEI: 30-35 Gy).

Leucemie
Considerando la storia naturale e lelevata chemiosensibilit, le leucemie vengono
trattate con chemioterapia esclusiva. La radioterapia viene impiegata solo per
alcune indicazioni specifiche: localizzazioni meningoencefaliche, recidive
extramidollari, specie in sedi (testicolo, retina) scarsamente accessibili ai farmaci
antiblastici, a scopo palliativo nelle localizzazioni con sintomatologia compressiva
(milza, masse linfonodali, infiltrati leucemici) e infine nei regimi di
condizionamento al trapianto di midollo osseo, come panirradiazione corporea
(TBI).

Timo
Circa il 60% dei timomi capsulato, mentre il restante 40% mostra caratteristiche
invasive. La terapia delezione la chirurgia e la radioterapia trova indicazione, a
titolo postoperatorio nelle forme invasive o in quelle con malattia residua e quale
terapia esclusiva delle forme inoperabili. Le dosi sono comprese tra 50 e 60 Gy,
con frazionamento convenzionale (2 Gy, 5 volte la settimana).
I tassi di recidiva sono pari circa al 30% per i pazienti sottoposti a radioterapia
postoperatoria e lanalisi dei risultati riportati in letteratura, peraltro ancora incerti
data la rarit di queste forme morbose, consente di definire il ruolo determinante
della radioterapia nei timomi che presentano al riscontro operatorio elementi di
invasivit.

Malattie non neoplastiche


In genere, la radioterapia non si occupa del trattamento di affezioni non
neoplastiche, in quanto solo in casi del tutto particolari la guarigione o la
remissione di unaffezione benigna pu rappresentare un obiettivo terapeutico che
giustifichi i rischi connessi con limpiego delle radiazioni ionizzanti.
Del tutto recentemente, in Istituti altamente specializzati, sono emerse e si vanno
consolidando nuove indicazioni per indurre una depressione del sistema
immunitario, nellambito dei trapianti dorgano e dei trapianti di midollo osseo
oppure nella cura del lupus eritematoso sistemico e dellartrite reumatoide,
realizzate mediante irradiazione corporea totale (TBI) o irradiazione linfonodale
totale (TLI).
Infine, sono state utilizzate con successo moderne metodiche di stereotassi per
lirradiazione di piccole lesioni cerebrali angiomatose e malformazioni
arterovenose (MAV). Trovano crescente applicazione le metodiche di brachiterapia
endocavitaria mediante lutilizzo di sorgenti sigillate e miniaturizzate (192Ir) per la
prevenzione delle restenosi coronariche e vascolari periferiche dopo il
posizionamento di stent endovascolari (BRT endovascolare).
Per completezza si accenna alla radioisotopoterapia per via metabolica con iodio
radioattivo (131I) nel trattamento dellipertiroidismo.
Nei tumori di Wilms in et infantile, il trattamento di prima istanza sempre
chirurgico,

la

radioterapia

viene

utilizzata

in

protocolli

integrati

chemioradiochirurgici, consentendo tassi di sopravvivenza pari al 95% a 3 anni,


negli stadi iniziali.

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