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Università degli Studi del Molise

Medicina Nucleare
Richiami generali sulla radioattività, applicazioni in ambito civile e
approfondimenti sulle applicazioni in ambito medico

Davide Giambarbara
MEDICINA NUCLEARE – Introduzione
La medicina nucleare è una branca della medicina che sfrutta la radioattività a scopi diagnostici,
terapeutici e di ricerca biomedica.

Tuttavia, prima di analizzare le tecniche sviluppatesi in quest’ambito negli ultimi decenni, è


necessario richiamare alcuni concetti sulla radioattività.

Radioattività
Ogni atomo possiede un numero di massa A, dato dalla somma dei Neutroni e Protoni al suo
interno. Esso ha una certa stabilità data dalla forza nucleare forte agente sulle particelle. Se però
questa stabilità viene compromessa il nucleo tende spontaneamente a bilanciarsi, emettendo
particelle. Vi sono 5 tipologie di raggi con cui il nucleo può stabilizzarsi quando raggiunge una
condizione critica:

• RAGGI ALFA
Queste particelle sono composte da 2 Neutroni e 2 Protoni, quindi sono atomi di Elio (He)
che vengono espulsi durante il decadimento del nucleo. Sono radiazioni ionizzanti, cioè
generano una grande quantità di Ioni quando attraversano la materia.

• RAGGI BETA
Questo tipo di radiazione si divide a sua volta in due categorie, in quanto può avvenire
un’emissione di raggi beta- , o beta+, rispettivamente correlati quindi all’emissione di
elettroni o positroni. Le particelle beta hanno carica -1 o +1. Di conseguenza, nel caso di
emissione di raggi beta+, si ha che da un neutrone si ottiene un protone con emissione di
un elettrone. Analogamente, nel caso contrario, da un protone si può ottenere un
neutrone con emissione di positrone. Anche queste radiazioni sono ionizzanti.

• CATTURA K
In questo caso, viene catturato dal nucleo un elettrone proveniente da un guscio
elettronico, e si ha che all’interno del nucleo stesso un protone si trasforma in neutrone. La
radiazione viene emessa quando un elettrone di un livello quantico superiore scende di
livello occupando il posto dell’elettrone precedentemente catturato.

• RAGGI GAMMA
Alcuni decadimenti di tipo alfa o beta eccitano i nuclei atomici, caricandoli quindi di
energia. Quest’ultima viene in seguito liberata sotto forma di radiazioni elettromagnetiche,
ovvero attraverso emissione di raggi gamma. A differenza dei raggi precedentemente
affrontati, i raggi gamma sono altamente penetranti nella materia, in quanto non solo sono
i più veloci, avendo velocità uguale a c, ma hanno anche massa nulla.
I raggi gamma sono quindi emessi nella fase di riadattamento nucleare, successivo al
decadimento del nuclide.
Velocità di decadimento
A seguito di risultati sperimentali, si è riusciti a definire una legge del decadimento radioattivo,
che va ad indagare la velocità di decadimento media di un nuclide.
La velocità di decadimento, o attività, è direttamente proporzionale al numero di atomi presenti
ed è quindi espressa dal numero di atomi che decadono in un determinato intervallo di tempo.
Il decadimento radioattivo può essere visto come un processo di primo ordine, quindi con semivita
costante, che in questo caso è chiamata tempo di semi-decadimento. Inoltre questo processo è
indipendente dalla temperatura, a differenza delle reazioni chimiche del primo ordine.
La legge integrale del decadimento radioattivo trova applicazione nella datazione dei reperti,
poiché si vanno ad analizzare proprio i valori di semi-decadimento per riuscire a datare gli oggetti.

Difetto di massa
I processi radioattivi provocano un sostanziale cambiamento dell’energia del sistema, che quindi,
secondo l’equivalenza massa-energia (E= mc2), provoca una variazione della massa del sistema
considerato, chiamato difetto di massa.
La differenza quindi tra massa teorica e sperimentale restituisce proprio il difetto di massa, che
spiega il principio per cui nella formazione delle molecole in natura l’energia del sistema finale è
minore di quella iniziale.
Considerando l’energia di legame per nucleone, ovvero quell’energia che tiene insieme il nuclide,
essa è uguale a ΔE/A e si misura in MeV.
Riportandola sull’asse delle ordinate di un piano cartesiano, e riportando il numero di massa A del
nuclide sull’asse delle ascisse, si ottiene un grafico nel quale è possibile identificare un massimo
della funzione in 60. Ciò indica quindi che la massima energia di legame per nucleone è presente in
un nuclide di peso atomico approssimativamente uguale a 60.
Dal grafico riportato sopra si può giungere a due considerazioni diverse:

• Se nuclei più piccoli vengono combinati per formarne uno più pesante (fino ad A=60), si
ottiene una massiccia produzione di energia, e questo processo è chiamato Fusione
Nucleare. Intuibile dal grafico è che per formare nuclei con A>60 il dispendio di energia è
maggiore. La fusione nucleare ha bisogno di un’elevata energia iniziale per svilupparsi, cosa
che avviene nelle stelle, ad esempio. Tuttavia, proprio per questo motivo, attualmente non
si è ancora giunti ad un traguardo tale da riuscire a produrre più energia di quanta ne si
utilizzi, poiché la fusione è difficile da controllare.

• Al contrario, la disintegrazione di nuclei pesanti in nuclei più leggeri, provoca rilascio di


energia, e prende il nome di Fissione Nucleare. Questo processo genera un numero di
neutroni maggiore di quello iniziale, che a loro volta generano un numero sempre
maggiore di neutroni ottenendo una reazione a catena. Se non controllata, l’energia
sviluppata provoca un’esplosione, cosa che accade, ad esempio, nella bomba atomica. La
fissione trova impiego nella produzione di energia in quanto è estremamente più
vantaggioso da un punto di vista energetico rispetto all’utilizzo di combustibili fossili.

Effetti della radiazione sulla materia


Tutti i raggi citati in precedenza hanno in comune il fatto di essere ionizzanti, quindi allontanano
gli elettroni dagli atomi producendo ioni. I raggi alfa sono quelli maggiormente ionizzanti, seguiti
dai raggi beta e gamma. Gli elettroni eccitati, per tornare alla loro forma stabile, emettono
radiazioni sotto forma di raggi X o luce ultravioletta. Questo avviene anche quando si ha a che fare
con materia biologica, quindi se si parla di organismi viventi. C’è da considerare inoltre che la vita
sulla Terra si è sviluppata in un ambiente con delle radiazioni di fondo, ovvero con dei valori
‘’base’’ di radiazioni ionizzanti date, ad esempio, dalla luce ultravioletta, dai raggi cosmici, o da
elementi radioattivi presenti sul pianeta. Nell’ultimo secolo, tuttavia, l’uomo è riuscito a sviluppare
radiazioni a seguito del progresso tecnologico, andando a creare situazioni pericolose per gli
organismi viventi, riuscendone anche a provocare la morte. In conclusione, si capisce che la
radiazione sulla materia causa ionizzazione, eccitazione e dissociazione delle molecole, ed è chiaro
che forti dosi di radiazioni su organismi viventi portino alla morte degli stessi. Anche a bassi
dosaggi vi sono modifiche dei cromosomi delle cellule, causando sviluppo di tumori e
malformazioni.
Concetto di dose
Per misurare l’esposizione alle radiazioni vengono utilizzate diverse unità di misura, in particolare:
la dose assorbita viene misurata in Gray (Gy), che corrisponde al numero di Joule assorbiti da 1Kg
di materia. Solitamente però si utilizza il Rad, che equivale a 10-2 Gy. L’effetto di 1 Rad sulla
materia vivente è però dato dal Rem, che si misura in Sievert (Sv), ed è dato dal prodotto tra il Rad
e il coefficiente RBE, che è un valore tabulato e corrisponde all’efficienza biologica relativa. Questo
coefficiente tiene conto della differenza degli effetti che può avere la materia vivente in base alla
stessa dose di radiazioni diverse.

Applicazione della radioattività in ambito medico – La Medicina Nucleare

Radiofarmaci
In medicina nucleare si utilizzano farmaci radioattivi per la diagnostica o la terapia di diverse
malattie.

I medicamenti radioattivi sono definiti radiofarmaci.

Le applicazioni più frequenti si riscontrano nell’ambito della diagnostica e della terapia dei tumori.
Le metodologie relative alla medicina nucleare consentono anche di misurare numerosi parametri
fisiologici poiché l’accumulo o l’eliminazione di un radiofarmaco nell’organismo permette di trarre
conclusioni in merito al funzionamento dell’organo in considerazione. Queste metodologie si
applicano, ad esempio, in ambito cardio-vascolare e per l’accertamento della demenza.

I radiofarmaci sono somministrati per via endovenosa o assunti per via orale e hanno effetto
all’interno del corpo. La diffusione del radiofarmaco all’interno del corpo è misurata, dall’esterno,
mediante rivelatori e la velocità di eliminazione è misurata attraverso il prelievo di campioni. Nelle
terapie le radiazioni emesse agiscono sulle cellule tumorali uccidendole.

I radiofarmaci sono spesso preparati direttamente negli istituti di medicina nucleare combinando
un componente radioattivo e uno non radioattivo. La qualità di questa cosiddetta marcatura è
controllata di nuovo prima della somministrazione al paziente.
Radiodagnostica

In medicina nucleare la radiodiagnostica comprende la metodica per immagini o serve alla


valutazione delle funzioni metaboliche.

La diagnostica tradizionale della medicina nucleare impiega radiazioni gamma con tempo di
dimezzamento relativamente breve e di media energia. L’energia della radiazione deve essere
sufficientemente elevata per fuoriuscire dal corpo e sufficientemente bassa da poter essere
registrata dai rivelatori. I radionuclidi più utilizzati sono il Tecnezio-99m, lo Iodio-123 e l’Indio-111,
con tempi di dimezzamento ed energie diversi.

Oltre alle radiazioni gamma, nella tomografia ad emissione di positroni (PET) sono utilizzati flussi
di positroni. Attraverso una reazione materia-antimateria con il tessuto circostante, questi
radionuclidi generano due radiazioni gamma che irradiano simultaneamente in direzioni
esattamente opposte e sono registrate da rivelatori disposti in circolo attorno al paziente. Questi
radionuclidi rendono costoso l’esame PET in quanto hanno una vita molto più breve rispetto alle
tradizionali radiazioni gamma, ma apportano vantaggi nella dose di radiazione. Anche la TAC è un
esame dispendioso ma fornisce immagini con un contenuto di informazioni maggiore. I
radionuclidi più utilizzati nella PET sono ad esmpio il Fluoro-18 che ha un tempo di dimezzamento
di 109 min, o il Carbonio-11 con un tempo di dimezzamento di 20 min.

La differenza tra il tempo di dimezzamento dei radionuclidi applicati alla diagnostica con raggi
gamma (da 6 ore a 3 giorni), e quello della PET(da 2 min a 2 ore), è decisamente marcata.

Radioterapia

La radioterapia è utilizzata soprattutto nel trattamento dei tumori per distruggere le cellule
malate. Le cellule mutate vengono così eliminate e smettono di moltiplicarsi. Di norma gli effetti
collaterali sono nettamente inferiori rispetto alla chemioterapia.

La terapia si basa su nuclidi emittenti radiazioni alfa o beta, in quanto devono avere una portata
strettamente limitata per danneggiare nel modo più intenso possibile le cellule tumorali e nel
contempo risparmiare quanto più possibile il tessuto sano circostante.

I principali nuclidi utilizzati sono lo Iodio-131, il Fosforo-32, e molti altri, con tempi di
dimezzamento diversi ma tutti con emissione di raggi beta.

Fonti
UFSP (Ufficio federale sanità pubblica)

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