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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

Prof. Laganà
Lezione – 1/0/202
Sbobinatori: Vincenzo Bernardi

Controllore: Luana Caruso

Argomenti: radiologia interventistica + embolia polmonare

Nella scorsa lezione abbiamo visto come la radiologia interventistica rappresenti uno dei quattro
pilastri dell’oncologia perché riducendo la massa neoplastica aumenta l’efficacia della
chemioterapia. Grazie alle tecniche loco-regionali, sotto guida dell’immagine, si riesce ad inserire
all’interno della lesione primitiva o secondaria (metastasi ) degli agenti chimici in grado di
realizzare una necrosi. Grazie a questa metodica si è in grado di ridurre tutti gli effetti collaterali
della terapia medica sistemica. Inoltre, indurre una necrosi direttamente all’interno della lesione
aiuta molto nel controllo locale della malattia.

Microonde
Le microonde attualmente hanno superato la radiofrequenza. Le microonde è un’antenna che
realizza delle onde elettromagnetiche con oscillazione delle molecole di acqua (la maggior parte del
contenuto del nostro corpo è costituito da acqua) fino a circa 50°C realizzando così la necrosi.
Alcune volte, durante il follow-up, possono evidenziarsi delle metastasi. La slide mostra un tumore
del colon-retto. Andare ad aumentare la terapia chemioterapica influisce negativamente sul
paziente. Una delle sedi non raggiungibili tramite guida ecografica è la cupola diaframmatica e il
paziente, in questo caso, non possiede più gli estremi per l’intervento.
Le microonde hanno superato la
radiofrequenza. In questa immagine TC
possiamo osservare un tumore
posizionato alla confluenza delle vene
sovra-epatiche: il trattamento con
radiofrequenza potrebbe generare dei
danni vascolari, mentre grazie alle
microonde non c’è questa possibilità
perché il sangue viaggia così
velocemente all’interno dei vasi che non
riesce a riscaldarsi. L’area di ablazione
con microonde supera i margini ed i
controlli TC ad un mese ed a tre mesi di
distanza dal trattamento mostrano una
riduzione completa senza segni di recidiva.

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Crioablazione
È una procedura mininvasiva di radiologia interventistica con finalità curativa o palliativa nei
confronti di tumori benigni o maligni a diversa localizzazione d’organo. Tale tecnica, inizialmente
ristretta all’ambito urologico per il trattamento di lesioni prostatiche e renali, è stata recentemente
estesa a neoplasie ossee, polmonari e mammarie.
Ci sono alcuni organi sensibili al freddo, come il rene. Si è partiti prima come alternativa alla CH ma
attualmente oggi tutti i tumori solidi come il k renale fino a 3 cm hanno indicazione alla crioablazione
e non più alla CH (nefrectomia totale -> enucleazione -> ch da banco). Sono sensibili al freddo tutte
le lesioni ossee e questo freddo oltre a controllare la lesione controlla anche il dolore per cui pz con
metastasi ossee da k prostata o k mammella, dolorose, si fa la crio-ablazione che oltre a curare il
tumore dà sollievo immediato sulla parte dolorosa in quanto rompe i circuito di innervazione.

La crioablazione realizza un congelamento della lesione. Per il congelamento vengono utilizzati dei
gas quali argon o elio. L’ago crea una vera e propria bolla di ghiaccio fino a determinare una
necrosi per congelamento. Il vantaggio della crioablazione è la possibilità di veder crescere
lentamente la bolla di ghiaccio e di poter controllare al meglio attraverso l’imaging che non esca
fuori dai margini della lesione. Inoltre, a differenza di altre procedure, è molto meno dolorosa.
Nella slide possiamo osservare delle metastasi ossee di k prostata trattate mediante crioablazione e
successivamente, per solidificare la vertebra, è stata effettuata una cementoplastica.

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Elettroporazione indiretta (IRE)

Il fenomeno di permeabilizzazione della membrana cellulare mediante impulsi elettrici è detto


elettroporazione (EP), a sua volta distinguibile in EP reversibile ed EP irreversibile.
L’elettroporazione è nata come metodica reversibile e costituisce la base su cui poggiano diverse
applicazioni terapeutiche in ambito clinico, come l’introduzione di geni all’interno delle cellule
(elettrogeneterapia) e l’introduzione di farmaci anti-tumorali all’interno di cellule malate
(elettrochemioterapia).
E’ stato poi osservato che eseguendo delle scariche elettriche ad alto voltaggio per brevissimo
tempo questa permeabilità di membrana diviene permanente (IRE) e la cellula non moriva per
necrosi (nelle ablazioni chimiche e termiche la morte tissutale si verifica rapidamente e viene
chiamata necrosi: tutte le strutture, compresi vasi e dotti, vengono distrutti), bensì per apoptosi. La
cellule quindi muore lentamente, mantenendo le proprie strutture integre.
Il vantaggio dell’IRE, quindi, è quello di poter ablare delle lesioni che sono a ridosso di strutture
importanti (ad esempio a livello dell’ilo epatico). Gli aghi vengono utilizzati in coppia (due o
quattro) e vengono inseriti in maniera tangente alla lesione.

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In questa slide è mostrata
una lesione iperecogena
all’interno dell’ilo epatico.
Si mettono due aghi a
coppia uno accanto all’altro
speculari che portano
all’elettrofluorazione
irreversibili e le strutture
vicine rimangono
completamente integre.

La procedura viene eseguita


in sala operatoria con il
paziente in anestesia
generale perché è molto
dolorosa.

Questa è una piccola lesione a ridosso della vena


porta, sotto guida Tc vengono inseriti due aghi
paralleli e viene effettuata l’elettroporazione con
area di ablazione che supera l’area della lesione.

HIFU

Il principio sul quale si basa la


terapia con tecnica HIFU (high
intensity focused ultrasound) è il
trasferimento e la concentrazione
di energia meccanica (vibrazioni)
dall’esterno all’interno del corpo
umano, attraverso la cute ed i
tessuti interposti tra il trasduttore e
il bersaglio da trattare. Funziona un
po’ come se fosse una lente di
ingrandimento.

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Il trasduttore è un dispositivo che
riproduce un suono ad alta
frequenza (ultrasuono) e lo
concentra in un punto preciso dello
spazio.

Tutta l’energia acustica prodotta dal


trasduttore, quindi, viene
concentrata nel punto focale (come
il vertice di un cono) e trasferita sul
bersaglio che viene quindi distrutto
in funzione di tre principali
fenomeni fisici:

1. Aumento della temperatura fino


a valori che danneggiano
irreversibilmente i tessuti a causa
dell’elevata energia meccanica che
lo colpisce;
2. Cavitazione che disgrega violentemente i tessuti a causa dell’elevata energia meccanica che
lo colpisce;
3. Coagulazione e occlusione dei piccoli vasi ematici con conseguente interruzione del flusso
di sangue ai tessuti colpiti.

Chiaramente l’organo che viene colpito deve essere immobile, quindi questo tipo di procedura non
è adatta ad organi come il fegato, che si muove con gli atti del respiro.

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Terapie embolizzanti

Per quanto riguarda la parte vascolare,


negli anni si è intuito che se si realizzava
una terapia locoregionale iniettando il
farmaco all’interno di una lesione si
hanno degli effetti eccellenti e se nello
stesso tempo si chiude l’afflusso
arterioso la lesione viene
completamente de- vascolarizzata: da
qui nasce questa terapia loco-regionale
su vascolarizzazione arteriosa.

L’innovazione tecnologica ha portato a


realizzare dei microcateteri così piccoli
da permettere di catererizzare in maniera
selettiva l’imbocco del ramo arterioso
che vascolarizza la lesione.
All’inizio si è partiti con l’infusione arteriosa locoregionale, successivamente si è passati alla
chiusura della vascolarizzazione arteriosa della lesione,

Storia delle terapie embolizzanti

1. Infusione di chemioterapia intrarteriosa;


2. TAE embolizzazione selettiva o superselettiva: prevedeva la chiusura della
vascolarizzazione arteriosa della lesione;
3. TACE chemioembolizzazione mediante infusione di farmaco e successiva embolizzazione
selettiva o superselettiva;
4. Nanotecnologia: microsfere calibrate che riescono a fare entrare all’interno il farmaco e lo
rilasciano in maniera progressiva e lentamente;
5. SIRT radioembolizzazione: iniezione tramite microsfere di ittrio90 con radiazioni.

Applicazioni
In tutti i pazienti non operabili sia per
metastasi ipervascolarizzate ma anche
ipovascolarizzate.

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Immagine Tc che mostra una
lesione del sacro. La biopsia ha
dato come risultato quello di
emangiosarcoma (lesione
altamente vascolarizzata).
Prima di intervenire
chirurgicamente l’ortopedico ha
richiesto un’embolizzazione
completa del tumore: il catetere va
a sinistra, giunge in arteria
ipogastrica, si iniettano le
microsfere che vanno da 70-80
micron fino a 100 e si effettua una
devascolarizzazione completa. Ciò
offre la possibilità di poter
aggredire il tumore in maniera
esangue perché se durante l’operazione il tumore inizia a sanguinare c’è la necessità di legare
l’arteria ipogastrica.

Questa è una RM della spalla che


mostra una lesione metastatica da k
renale. Si fa intervento chirurgico con
embolizzazione per de-
vascolarizazione completa.

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TAE portale
Negli anni è stato intuito che il
fegato si rigenera e che se si
chiude la vena porta ovvero
l’afflusso venoso il lobo coinvolto
si atrofizza e si ipertrofizza il
controlaterale. Questa tecnica è
stata utilizzata per eseguire degli
interventi chirurgici: lì dove c’era
il tumore o la metastasi veniva
eseguita l’embolizzazione della
vena porta, che porta ad una
riduzione del lobo e
successivamente si effettua
l’epatectomia.

Questo paziente aveva una metastasi


a livello del lobo epatico dx, mentre il
lobo epatico sx era integro. Per
realizzare un’ipertrofia del lobo
epatico sx ed effettuare
un’epatectomia allargata dx ( viene
definita “allargata” quando si porta
via anche il lobo quadrato) sotto
guida ecografica si punge la vena
porta e successivamente i rami
posteriore, superiore ed inferiore
vengono embolizzati con della colla
che chiude l’afflusso venoso e
determina atrofia del lobo dx e che
permetterà poi al chirurgo di poter
effettuare l’epatectomia allargata.

TACE
La TACE utilizza delle microsfere in grado di caricare un farmaco (per l’HCC viene utilizzata
generalmente la doxorubicina).

Razionale:

• - Occlusione dell’afflusso arterioso al neocircolo tumorale associata ad infusione loco-


regionale di farmaco
• - Riduzione volumetrica della massa

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• - Controllo locare della malattia

Le controindicazioni alle terapie embolizzanti sono:

o Occlusione della vena porta e rami di suddivisione

o Ostruzione biliare
o Encefalopatia porto sistemica
o Ascite refrattaria
o Metastasi extraepatiche
o Shunt artero-portale o artero-venoso

La TAE/TACE può essere eseguita solo dopo embolizzazione del tramite fistoloso con microspirali
o occlusione temporanea con blocco di flusso mediante catetere a palloncino della vena
sovraepatica.

La sola embolizzazione senza il farmaco (TAE) alcune volte ha indicazione per metastasi
ipervascolarizzate, ad esempio da k mammella, k pancreas, melanoma o tiroide.

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La slide mostra il caso di un pz con HCC in cui
l’arteria epatica dx emerge dal primo ramo
dell’arteria mesenterica superiore.
L’HCC, come si può notare, ha una
vascolarizzazione solo ed esclusivamente
arteriosa e proprio in virtù di questo possiede
la caratteristica di wash-out (così come si
riempie velocemente, tanto velocemente
quanto si svuota).
L’HCC viene raggiunto da un micro catetere
che inietta la il liquodol + doxorubicina con
completa devascolarizzazione.

Questa è la precision TACE.


Nella slide si osservano delle
microsfere caricate di farmaco.
Le microsfere possono avere un
calibro diverso a seconda delle
necessità. Il circolo intertumorale
ha una dimensione ci circa 20
micron (un capello).

In farmacia vengono assemblate


le microsfere con il farmaco,
vengono poi portate in radiologia
e iniettate al paziente.

Il farmaco viene rilasciato


lentamente con un picco a 72 ore.

La dose massima per ciascuna procedura è 150 mg.

La concentrazione sistemica di doxorubicina è 100 volte inferiore rispetto alla TACE tradizionale e
questo rappresenta sicuramente un vantaggio perché riduce di molto gli effetti collaterali.

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Nella slide possiamo osservare varie fiale
di cui la farmacia dispone. A ciascun
colore corrisponde una dimensione diversa
delle microsfere. Nella slide si vede anche
un HCC sottoposto a trattamento con
completa devascolarizzazione.

Complicanze delle terapie embolizzanti

• Colecistite;
• Insufficienza epatica;
• Ascesso epatico;
• Sindrome post-embolizzazione: dolore in sede epigastrica causato dall’ischemia, nausea e
vomito, febbre, ileo paralitico.

TAE+RF
In alcuni casi le lesioni sono così avanzate che la sola embolizzazione non è sufficiente. Proprio per
questo esistono dei trattamenti combinati che uniscono l’embolizzazione alla radiofrequenza.
Generalmente prima si effettua la radiofrequenza ( viene messo l’ago all’interno della lesione, si
aprono gli uncini (?) e viene fatta l’ablazione) e poi viene effettuata l’embolizzazione per chiudere
tutto quello che c’è intorno.
Indicazioni per TAE + RF
• Pz cirrotici Child A e B
• Nodulo singolo non operabile > 4 cm
• Assenza di trombosi del tronco portale

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Qui si vede una donna in cui la lesione supera i 3 cm: si è fatto sia embolizzazione che
radiofrequenza. Nonostante questo dopo un mese si ha scompenso e ascite (si vede un piccolo
residuo che pian pianino cresce fino a dare ascite). L’unica vera soluzione per questo tipo di lesione
è il trapianto di fegato.

RADIOEMBOLIZZAZIONE

Le microsfere di ittrio90 sono


particelle in grado di emettere
radiazioni beta fino ad 1 cm di
distanza.

Per maneggiare questo farmaco,


quindi, sono necessarie mani esperte.

Queste microsfere sono piccolissime e il loro vantaggio è quello di riuscire ad arrivare sino alle fini
propaggini dei rami arteriosi ed a realizzare la necrosi del tumore.

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Questa tecnica viene utilizzata come ultima
spiaggia e messa in atto solo ed esclusivamente
in pazienti che non hanno altre possibilità di
terapia (ad esempio in pazienti che presentano
metastasi di più dimensioni sia nel lobo epatico
dx sia in quello sx).

Tra le controindicazioni assolute


vi sono: shunt epato-polmonare
elevato e reflussi scintigrafici nel
territorio gastro-duodenale
(bisogna evitare che le
microsfere viaggino lungo
l’intestino e realizzino delle
necrosi).

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Nella prima slide possiamo osservare la cappa all’interno della quale viene inserito il materiale
radioattivo e le mani del medico nucleare, che è l’unico professionista che riesce a manovrare
questo farmaco. Il radiologo una volta posizionato il catetere in arteria epatica fa un passo indietro e
poi viene iniettato lentamente il farmaco.
Tra le complicanze sicuramente annoveriamo la polmonite attinica, la soppressione midollare,
l’ulcera gastrica e poi sicuramente i costi elevatissimi di questa procedura (generalmente arrivano
due dosi per un totale di 50 mila euro).

EMBOLIA POLMONARE
L’embolia polmonare si realizza generalmente con una trombosi venosa profonda. I trombi, quindi,
possono distaccarsi dagli arti inferiori, viaggiare in vena cava, raggiungere poi l’atrio e il ventricolo
dx e arrivare in arteria polmonare. Nel 20-30% dei casi il pz non manifesta sintomi perché si tratta
di una vera e propria micro-embolia. Però, quando questo embolo va a chiudere a mo’ di tappo
l’arteria polmonare o una delle arterie principali incomincia la sintomatologia che porta ad uno
scompenso del ventricolo destro e può condurre a morte. La terapia dell’embolia polmonare è solo
ed esclusivamente medica mediante la terapia eparinica.
Parliamo adesso del ruolo della prevenzione.
A partire dal 1784 alcuni scienziati, tra cui
Bottini, avevano intuito che legando la vena
cava c’era una sorta di prevenzione
dall’embolo, tuttavia ciò causava un edema
declive e uno scompenso del circolo.
Successivamente hanno intuito che bastava
solamente clippare e sono nati questi
dispositivi a morsi raffigurati nella slide.

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E’ solo nel 1967, però, che nasce il primo umbrella-
Mobin che permette di tenere ferma la vena cava e
di avere una filtrazione.
Nel 1969 si è capito che il trombo, appena si stacca,
viaggia nella parte centrale del vaso, quella in cui
c’è un flusso laminare. Quindi, filtrando
esclusivamente la parte centrale, si realizza la
prevenzione dell’embolia polmonare.
E’ stato quindi realizzato questo filtro a forma
conica (immagine centrale della slide) provvisto di
uncini per permettere l’ancoraggio alla vena cava.

Dal 1969 in poi la morfologia dei filtri cavali è


rimasta tale e quale, è stato modificato per lo più il
materiale.
I filtri cavali vengono introdotti chiusi, con l’aiuto
di un catetere, attraverso la vena femorale o la vena
giugulare interna destra, e sono portati sotto lo
sbocco delle vene renali; vengono quindi aperti e
ancorati alle pareti cavali costituendo una maglia
che impedisce il passaggio degli emboli provenienti
dagli arti inferiori.

Queste sono le indicazioni al


posizionamento di un filtro cavale.
La prima cosa è l’embolia polmonare in pz
con trombosi venosa profonda, ma possono
essere anche dei trombi neoplastici. Quindi,
nel paziente con embolia polmonare, per
evitare che altri trombi possano ostruire
ulteriormente il letto vascolare.
Si deve fare prevenzione soprattutto in quei
pazienti che hanno controindicazione
assoluta alla terapia anticoagulante, che
hanno avuto complicanze per via della
terapia anticoagulante (sanguinamenti,
ictus, emorragia cerebrale etc) oppure in
quei pazienti in cui c’è stato un fallimento della terapia.
Quindi, i pz con embolia polmonare in prima linea fanno la terapia anticoagulante, MA se hanno
delle complicanze oppure c’è un fallimento della terapia stessa si procede all’inserimento del filtro
cavale.

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Esistono poi delle indicazioni in pz senza
diagnosi di embolia polmonare.
La prima indicazione è la presenza di un
trombo in vena cava inferiore perché se si
libera causa un’ostruzione abbastanza
importante. Quindi, anche se non c’è
embolia polmonare, ma è presente un
trombo flottante in vena cava, c’è
l’indicazione per il filtro cavale.
L’inserimento del filtro cavale senza
diagnosi di embolia polmonare è indicato
anche per quei pazienti con TVP in presenza
di malattia cardiopolmonare severa o con
BPCO severa.

Nella slide possiamo vedere delle immagini


TC in cui si osserva il trombo flottante (così
chiamato perché non è adeso per niente alla
parete vascolare e può sfuggire da un
momento all’altro). In questo caso c’è
indicazione per l’inserimento di un filtro
cavale anche senza diagnosi di embolia
polmonare.

Sul New England negli anni 2000 è


comparso un articolo da cui è emerso che
il filtro cavale filtra veramente e tutti
quelli che non lo avevano messo
presentavano un tasso di embolia
superiore. Tuttavia, quelli i pazienti che
avevano il filtro erano più recidivi di
TVP. Per quanto riguarda la mortalità,
invece, non c’erano differenze tra i due
gruppi. In tutta Europa questo tipo di
filtro è stato quindi abbandonato.

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Successivamente, quindi, sono
stati ideati dei filtri cavali
definitivi di tipo removibile.
Questi filtri vengono inseriti e a
distanza di diversi mesi o
addirittura anni vengono poi
estratti. Tra i filtri abbiamo
l’ALN.

Attualmente è possibile mettere


i filtri cavali removibili anche
in pazienti traumatizzati,
allettati, con frattura dell’anca,
anche giovanissimi o in
pazienti che devono smettere
con la terapia eparinica.
Siccome si sa che sono
dispositivi rimovibili anche in pazienti in cui non vi è un’indicazione assoluta attualmente posso
essere posizionati.

Questa nuova generazione di


filtri ha portato ad un
ampliamento delle indicazioni:

- Protezione temporanea
in soggetto con
controindicazione agli
anticoagulanti limitata nel
tempo (pz giovane con trauma
maggiore; recente
sanguinamento e presenza di
TVP in cui si presume che la
controindicazione agli
anticoagulanti non persista nel
tempo);
- Paziente in gravidanza con TVP al parto o al taglio cesareo;
- Protezione temporanea in soggetto con TVP ad alto rischio di embolia polmonare o trombo
prossimale in previsione d’intervento chirurgico;
- Trombo cavale neoplastico aggettante da una vena renale in k renale in previsione della
nefrectomia;
- Trombolisi protetta.

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Inoltre la rimozione del filtro
rimovibile è stata dichiarata
illimitata quindi il filtro può essere
rimosso anche ad una distanza di 5
anni. La prima cosa importante nei
pazienti con questo filtro è che non
devono avere più l’embolia
polmonare. La penetrazione delle
pareti non è una controindicazione e
l’asse iliaco-cavale deve essere
pervio.

Queto è un filtro che ha subito il tilting (inclinazione) con l’estremo prossimale che si è incuneato
all’emergenza della vena renale di sinistra. A quattro mani si gonfia un palloncino, poi l’embolo
viene rimosso completamente dal suo estremo e poi catturato e rimosso.

Le caratteristiche morfologiche e strutturali del filtro,


garantendo un alto gradiente di flusso, ne riducono la
trombogenicità e pertanto non c’è necessità di alcuna
terapia. La terapia che viene effettuata è solo ed
esclusivamente per la TVP.

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Chiaramente questi pazienti andranno incontro ad
un follow-up tramite imaging.

La terapia dell’embolia polmonare è


farmacologica, con eparina e/o
trombolitici.
Nei rari casi di embolia polmonare
massiva o sub-massiva complicata
da shock persistente nonostante la
terapia eparinica e un’adeguata
terapia di supporto o in cui sia
assolutamente controindicata la
terapia trombotica (<0,1% dei pz con
EP) o questa non abbia migliorato la
situazione dopo 2-3 ore dal termine
dell’infusione si deve prendere in
considerazione l’intervento chirurgico di embolectomia o l’alternativa endovascolare.

Fino a poco tempo fa l’intervento era


chirurgico, tuttavia questo approccio
si arresta nel 2001 perché la mortalità
ospedaliera dopo embolectomia
chirurgica è del 30%.

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Uno studio effettuato per confrontare gli
outcome clinici dell’embolectomia
chirurgica vs embolectoma meccanica
trasncatetere ha dimostrato che le
metodiche sono sovrapponibili nella
ricanalizzazione dell’embolia polmonare
massiva, quindi oggi si preferisce questo
secondo approccio.

Questi sono i dispositivi che sono


attualmente in commercio per effettuare
il trattamento endovascolare.

L’industria mette a disposizione per la


disostruzione dei trombi vari strumenti
con 4 meccanismi d’azione:

1. Trombectomia rotazionale;
2. Tromboaspirazione;
3. Trombectomia reolitica;
4. Trombolisi loco-regionale
assistita da ultrasuoni.

Il catetere pigtail ( a coda di maiale)


rappresenta il più semplice dispositivo di
trombectomia rotazionale consentendo la
frammentazione del trombo attraverso
movimenti di spinta e rotazione in
corrispondenza del tronco e dei rami
principali dell’arteria polmonare.

Era stato quindi intuito che bastava


semplicemente “aprire il tappo” e realizzar
una micro-embolizzazione distale perché
quest’ultima è sicuramente meno
sintomatica.

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Questo è l’Aspirex, in cui è presente un
motorino collocato all’esterno del corpo
che fa girare la vite. Si arriva al trombo, si
aziona e si effettuano delle aspirazioni
controllate.
L’arteria polmonare è un’arteria solo di
nome perché non possiede una parete
avventizia. Queste procedure quindi
andrebbero eseguite solo nei rami
principali, perché la perforazione di un
ramo segmentario porta a morte del
paziente per affogamento (il sangue invade
anche i polmoni).

Questo è un sistema INARI, l’aspirazione in


questo caso avviene su siringa in maniera
manuale. Il problema è che si tratta di un
catetere di dimensioni maggiori (24 Fr) ed
essendo un’aspirazione manuale si può
tappare. L’intervento è difficile in quanto si
divarica con questo dispositivo, ci sono delle
magliette di nitinol e viene retratto il trombo.

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Questo sopra è un caso di embolia dx-sx. Si esegue prima l’aspirazione del trombo di dx e poi del
sx. A sx, tuttavia, non si è riusciti a catturare il trombo con la sola aspirazione.

Questo è l’INDIGO, un altro sistema di


tromboaspirazione meccanica che comprende
un catetere da 8 o 12 Fr che viene introdotto
nel trombo, una pompa di aspirazione
meccanica e una guida separatrice con
un’ogiva in punta che, opportunamente
introdotta attraverso il catetere, consente la
frammentazione del trombo e ne facilita
l’aspirazione.
Vantaggio di tale metodica è il facile rilascio
anche in rami segmentari o sub-segmentari,
mentre effetto collaterale è rappresentato dal
rischio di anemizzazione (parzialmente
evitata dal sistema a pressione recentemente
introdotto) oltre che dal calibro limitato che talvolta può essere insufficiente in caso di trombosi
massive.

Questo è un altro caso in cui è possibile osservare


un’embolia dx-sx. Si passa in arteria femorale,
avanti ed indietro con il catetere fino a
completamento.

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Questo device consiste di un catetere
dotato di un lume attraverso il quale
si inietta ad alta velocità soluzione
fisiologica allo scopo di creare un
effetto Venturi, frammentare i trombi
circostanti riassorbendo attraverso un
altro lume i detriti frammentati.

Questa è la trombolisi loco-regionale


realizzata mediante ultrasuoni.
Questa tecnologia è basata
sull’utilizzo di un dispositivo
endovascolare costituito da un
catetere per il rilascio del farmaco
trombolitico, all’interno del quale
viene inserito un dispositivo per
l’emissione di onde ultrasonore a
bassa intensità ed elevata frequenza.

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Queste slide mostrano una serie di
casistiche.

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