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Lezione n.

4 Marianna Flammini
Prof.ssa Elena Forte Fabio Cinque
Federica Fort
Walter Cervini
26/10/2020

LE PROPRIETÀ PERIODICHE DEGLI ELEMENTI

Nella scorsa lezione abbiamo visto che la tavola periodica è organizzata in periodi e in gruppi. Gli
elementi di uno stesso gruppo hanno uguale configurazione elettronica esterna e quindi
presentano lo stesso tipo di orbitali che lungo il gruppo assumono dimensioni via via maggiori.
Lungo i periodi, come possiamo notare, gli orbitali, da sinistra verso destra, sono dotati di
continuità, data dall’aggiunta progressiva di un elettrone alla volta. Varieranno quindi con
continuità anche le proprietà degli elementi. Parliamo quindi di proprietà periodiche degli
elementi.

L’EFFETTO SCHERMO

Nell’atomo, tra protoni ed elettroni, si instaurano delle forze di attrazione elettrostatiche.


Tuttavia, più gli orbitali vengono riempiti, più gli elettroni più esterni risentiranno molto meno
della carica presente nel nucleo.
Es1: l’attrazione che c’è nell’atomo di H tra protone ed elettrone è molto forte perché questi sono
molto vicini. L’H ha un solo elettrone, quindi per n=1 c’è una forte attrazione.
Es2: il Li, la cui configurazione elettronica sarà 1s2 e 2s1, con Il secondo orbitale riempito
parzialmente da un solo elettrone, non risentirà di tutta la carica del nucleo poiché è presente il
guscio più interno, 1s2. Questi elettroni, che hanno stessa carica, tenderanno a respingersi.
C’è da tenere conto, però, che gli orbitali più interni esercitano un effetto di SCHERMO.
(Essi ‘’schermano’’ l’attrazione da parte del nucleo poiché gli elettroni che si trovano dentro di essi
si respingono con il nucleo stesso)
L’effetto schermo è quell’effetto che si verifica
tra gli elettroni di sottostrati e gusci diversi o, a
parità di guscio, tra elettroni che si trovano
negli orbitali che hanno minore energia.
Negli atomi di elementi che hanno più
elettroni, possiamo considerare questi effetti
di schermo tra gusci diversi come maggiori.
Infatti, quando un guscio è completo, ci sarà
un’attrazione decisamente minore tra gli
elettroni più esterni ed il nucleo. Gli elettroni
più esterni risentono dunque di una forza
Z*(ZETA STAR: carica efficace) minore di Z
(della forza di cui risentirebbe se gli elettroni
più interni non schermassero). Ovviamente la capacità degli elettroni che sono negli orbitali p, d, f
è molto minore rispetto al nucleo di attrazione (s), questo perché sono molto più lontani dal
nucleo. Conseguentemente la capacità di penetrazione varia nell‘ordine: s>p>d>f.
ES: Facciamo l’esempio del Litio (1s2,2s1)
Nel grafico vediamo la distribuzione degli elettroni nella
probabilità di trovare l’elettrone in funzione della
distanza dal nucleo.
I primi elettroni hanno un‘altissima probabilità di trovarsi
vicino al nucleo con una distanza radiale molto piccola.
L’elettrone sull’orbitale 2s avrà invece un’altra
distribuzione: un picco massimo esterno al di fuori
dell’orbitale 1s e una piccola parte all’interno dello
stesso. Il Litio presenta 3 elettroni e 3 protoni, ma
quando l’elettrone dell’orbitale 2s si trova all'interno
dell’orbitale 1s, risentirà di un’attrazione pari alla carica
nucleare: +3. Quando invece si trova all’esterno
dell’orbitale 1s, sicuramente avrà un’attrazione da parte
dei 3 protoni molto più bassa. Se, infatti, i 2 elettroni del
sottolivello 1s schermano totalmente, sull’elettrone al di
fuori di 1s si ha carica +1, all’interno +3. Possiamo
immaginare che l’azione di schermo faccia sì che
l’elettrone esterno non risenta della carica +3 ma di una
carica inferiore (Z*appunto). Infatti la carica misurata è
di circa 1,33 come se i due elettroni del primo gruppo
schermassero quasi totalmente.

In questo grafico vedete il valore di Z* in funzione della costante di schermo. L'unico che non ha la
costante di schermo è l’idrogeno poiché ha 1 elettrone e 1 protone, quindi la carica efficace è
uguale a 1. L‘elio comincia a diminuire un po’ perché c’è l’altro elettrone che si scherma ma
ovviamente la carica nucleare è molto vicina. Con il Li vediamo invece che la carica nucleare
efficace, che agisce sull’elettrone più esterno, è più bassa. Poi vediamo come la carica efficace
aumenti lungo il periodo (questo perché siamo a parità di n quindi gli elettroni si schermano un
pochino ma non troppo). Soltanto quando arriviamo al termine del periodo, con il sodio, c’è una
forte diminuzione della carica nucleare efficace. Il Na fa parte del Terzo periodo e avrà l‘orbitale 1s
completo e il 2s completo, quindi avrà una
forte schermata e la carica nucleare efficace
sarà più bassa.
RAGGIO ATOMICO
Il raggio atomico è per convenzione la metà della
distanza tra i nuclei di un atomo dello stesso elemento
legati fra loro. Per misurare i raggi atomici di atomi di
molecole più complesse spesso si sfruttano i raggi
atomici determinati dagli atomi legati tra loro stessi es:
nel raggio tra C e Cl si stimerà prima il raggio del
carbonio in C-C e il raggio del cloro in Cl-Cl.

Come possiamo vedere in figura, i raggi atomici degli elementi del primo gruppo sono senza
dubbio i più elevati. Lungo il periodo il raggio atomico tende a diminuire perché lungo il periodo
aumentano il numero di protoni e quindi il numero degli elettroni, di conseguenza, maggiore è la
carica e maggiore è l’attrazione, quindi il nucleo tende a diminuire.
Come notiamo in figura, quando gli orbitali p sono riempiti questo forte attrazione diminuisce
perché comincia ad esserci anche una certa repulsione tra gli elettroni. Per lo stesso motivo,
quando cominciano a riempirsi gli orbitali d in corrispondenza degli elementi di transizione
vediamo come i raggi atomici inizialmente diminuiscono ma man mano che ci spostiamo, la forza
repulsiva degli elettroni diventa maggiore e il raggio atomico aumenta.
Il raggio aumenta lungo un gruppo e diminuisce lungo un periodo con piccole variazioni quando
parliamo di orbitali d.

IONI
Gli elementi che abbiamo visto nella tavola periodica hanno lo stesso numero di cariche positive e
negative. Alcuni elementi tenderanno però a cedere o ad acquistare elettroni in modo da rendere
più stabile l’elemento. Tali specie quindi diventano ioni. In figura vediamo che gli ioni Na+ e K+
sono elementi del primo gruppo che hanno ceduto un elettrone e Mg2+ e Ca2+ del secondo
gruppo che hanno ceduto due elettroni, di conseguenza questi tendono a cedere elettroni per
avere il sottolivello completo ed assumere la configurazione elettronica del gas nobile. Gli ioni con
carica positiva, che hanno quindi ceduto un elettrone, si chiamano CATIONI; quelli con carica
negativa che hanno acquistato un elettrone, si dicono ANIONI. La distinzione tra cationi ed anioni
deriva dall’esperimento di Faraday del 1830 quando, studiando l’elettrolisi, egli vide che i
composti con carica negativa andavano verso l’anodo, quindi anioni, e quelli con carica positiva
verso il catodo, quindi cationi.
RAGGI IONICI
In questo grafico, il sodio Na cede il suo
elettrone più esterno su 3s1 in quanto poi
otterrà il guscio in n=2 completo. Avendo perso
un elettrone avrà una carica +. Il Cloro Cl del VII
gruppo, tenderà invece ad acquistare un
elettrone, di conseguenza passerà da 7 a 8
elettroni e avrà il guscio esterno completo==>
Na ha carica positiva perché possiede 10
elettroni e 11 protoni e Cl ha carina negativa
perché possiede 18 elettroni e 17 protoni.

Nel cloro abbiamo visto che il raggio covalente è la


metà della distanza tra i due nuclei della molecola di
cloro e in questo caso vale 99pm. L’acquisto
dell’elettrone però provoca quasi il raddoppio del
raggio (181 pm) poiché aumenta il numero degli
elettroni e viene meno la capacità dei protoni di
attrarre le cariche negative in numero superiore e
quindi diminuisce il campo elettrico. In generale per
l’acquisto di elettroni, il raggio ionico aumenta
perché diminuisce la carica.

Negli elementi che perdono elettroni, principalmente quelli del primo e del secondo gruppo, la
perdita dell’elettrone comporta la riduzione del volume, e quindi del raggio ionico, poiché gli
elettroni si ritrovano concentrati sull’orbitale più interno. Questo vuol dire che, se andiamo a
vedere i raggi atomici dei rispettivi ioni della tavola periodica, vedremo che c’è una decisa
diminuzione negli elementi de I,II e III gruppo; lungo il gruppo il raggio aumenta perché aumenta il
valore di n, ma tra l’elemento neutro e il suo ione c’è sempre una diminuzione. Tale diminuzione
viene meno lungo il gruppo poiché aumentano i gusci e va a diminuire anche la carica efficace.
Quindi mentre tra l‘atomo di litio e il suo ione c’è una grande differenza, questa differenza non è
così grande tra il cesio e il suo ione, proprio perché gli elettroni degli orbitali pieni fanno da
schermo. Viceversa negli elementi del V, VI e VII gruppo gli elementi allo stato neutro sono molto
piccoli poiché c’è una forte attrazione di carica tra cariche positive e negative. Di conseguenza, gli
ioni rispettivi di ciascun atomo aumentano poiché aumentando la carica negativa diminuisce la
capacità di attrazione dei protoni quindi il guscio più esterno diventa più grande. Inoltre
nell’ossigeno vi è l’acquisto di 2 elettroni, quindi il raggio aumenterà di più, e ancora di più
aumenterà nell’azoto con l’acquisto di 3 cariche negative. Anche in questo caso vediamo che, per
gli elementi del V, VI e VII, scendendo lungo il gruppo, la differenza tra l’elemento e lo ione viene
meno sempre a causa dell’effetto schermo.
ENERGIA DI IONIZZAZIONE (Ei)
L’energia di ionizzazione è l’energia necessaria a formare uno ione: essa allontana un elettrone da
un atomo neutro in fase gassosa (o da uno ione stesso) a distanza potenzialmente infinita. È tanto
maggiore quanto lo è l’attrazione elettrone-protone.
Per allontanare gli elettroni dal guscio più esterno è necessaria meno forza; negli alcalini (Li, Na, K,
Rb, Cs, Fr) si arriverà con l’energia di prima ionizzazione all’ottetto, che conferirà maggiore
stabilità all’atomo. Essa aumenta per ogni elettrone strappato, in quanto lo ione avrà carica
sempre maggiormente positiva ed esattamente come il raggio atomico, dipende da Z.
Lungo un periodo l’Ei aumenta progressivamente, mentre si riduce scendendo all’interno di uno
stesso gruppo. Ciò non accade per l’ossigeno, in quanto due elettroni occupano lo stesso orbitale
2p e di conseguenza aumenta la loro energia.
Per gli elementi di transizione l’energia di
ionizzazione tende ad abbassarsi, in quanto
possiedono minor energia rispetto ai
precedenti.
Il Cesio (Cs) è uno degli elementi con minor
energia di ionizzazione. Veniva impiegato
nelle celle fotoelettriche in quanto era di
estrema facilità strappargli elettroni. Così si
produceva corrente. Quella dell’Idrogeno (H)
è invece molto più alta di quelle degli
elementi del suo stesso gruppo. Dopo aver
allontanato il suo unico elettrone, rimarrà
solo il rispettivo protone, lo ione H+. Può anche acquisire un elettrone, in maniera tale da
completare il proprio orbitale e divenire ione idruro (H-).
L’energia di ionizzazione, per il 1°, 2°, 3°, 4°..elettrone, cambia da gruppo a gruppo; per esempio,
l’energia di seconda ionizzazione per il
Sodio (Na) è circa dieci volte maggiore
rispetto alla prima, in quanto,
contrariamente alla precedente, si andrà a
rompere l’equilibrio generato dall’ottetto.
AFFINITÁ ELETTRONICA (Aₑ)
È la variazione di energia associata al processo di addizione di un elettrone a un atomo (o a uno
ione) allo stato gassoso. Ad esempio, il Cloro (Cl) può acquisire un elettrone e divenire lo Ione
Cloruro. Viene rilasciata energia (E<0) ogni volta in cui si acquista un elettrone. Il processo è di
norma spontaneo. Più E è negativo, più facilmente avviene. Con E>0 è necessario impiegare
energia.
In genere l’affinità elettronica aumenta spostandosi verso l’alto, all’interno di ogni gruppo, e verso
destra nel periodo. Con raggio atomico maggiore, è più facile aggiungere un elettrone.

ELETTRONEGATIVITÁ
È la capacità, posseduta da un atomo che fa parte di una molecola, di attrarre gli elettroni di
legame in cui è coinvolto. L’elemento che tende maggiormente ad attrarre elettroni, avrà una
maggiore carica negativa all’interno del composto.
Gli elementi maggiormente elettronegativi sono Azoto (N), Ossigeno (O) e Fluoro (F). Anche quella
dell’Idrogeno (H) è elevata ed è molto simile a quella del Carbonio (C). Essa diminuisce lungo il
gruppo e aumenta lungo il periodo. Gli atomi con minore elettronegatività sono gli alcalini, gli
alcalino-terrosi e i metalli di transizione. La scala più utilizzata è quella di Pauling.
L’elettronegatività del Fluoro è
4.0 e quella dell’Ossigeno 3.5.
Invece quelle del Francio e del
Cesio sono pari a 0.7.

SUSCETTIBILITÁ MAGNETICA

È una costante che quantifica il grado di magnetizzazione di un elemento, che può essere
diamagnetico o paramagnetico. I primi sono quelle sostanze che hanno gli elettroni di spin
appaiati e dunque non magnetizzabili: è impossibile orientare nello stesso verso lo spin di due
elettroni che si trovano all’interno di uno stesso orbitale, in quanto ciò violerebbe il principio di
Pauli.
Gli elementi paramagnetici sono invece spaiati e possiedono spin orientato casualmente. Se
sottoposti a un campo magnetico possono essere magnetizzati, cioè orientati con gli spin nello
stesso verso.
Sostanze come il Ferro (Fe), Cobalto (Co) e Nichel (Ni), una volta orientate da un campo magnetico
esterno, riescono a rimanere tali permanentemente, divenendo magneti. Questo fenomeno è
chiamato ferromagnetismo.

LA RADIOATTIVITA’

Generalmente con il termine “radioattivo” ci si riferisce ad elementi e sostanze


dannose per le la nostra fisiologia, capaci quindi di originare malattie.

Ma che cos’è la radioattività?

A differenza della chimica, che è associata all’attrazione elettrostatica tra gli


elettroni dei gusci più esterni, la radioattività è un fenomeno naturale di origine
nucleare, ossia dipendente dal nucleo.
Una volta indicati in blu gli elementi più stabili, è possibile notare come man mano
che si scende lungo i periodi; con l’aumentare del numero atomico (Z) e quindi delle
dimensioni del nucleo; gli elementi (indicati con gli altri colori) diventino sempre più
instabili e quindi radioattivi.
Questo anche perché il nucleo è tenuto insieme da una forza forte avente un raggio
di azione molto limitato nello spazio (ordine 10−15 ).
Di conseguenza all’aumentare delle dimensioni, gli effetti di questa forza vengono a
mancare e quindi il nucleo tende a rompersi.

(In natura ci sono 4 forze: gravitazionale, elettromagnetica, forte e debole)

Tra i di versi isotopi radioattivi si possono citare:


-il Piombo 210 ed il Radon 226 che sono nati in contemporanea alla Terra;
- il Sodio 22, Carbonio 14 ed il Fosforo 32 che si sono originati in seguito
all’interazione dei raggi cosmici con la materia presente nell’atmosfera;
- Il Cesio 137 ed il Cesio 134 che si sono sviluppati con l’attività umana.
L’Idrogeno (H) ha 3 isotopi.
Dei tre solamente il Trizio è instabile e quindi radioattivo.

Numero protoni Numero neutroni


Prozio 1 0
Deuterio 1 1
Trizio 1 2

A questo fenomeno della radioattività sono legate una serie di reazioni dipendenti
dal rapporto tra protoni e neutroni nel nucleo.

I neutroni, schermando le cariche positive dei protoni, sono fondamentali per la


formazione del nucleo. Tuttavia, più il loro numero aumenta, più il nucleo diventa
instabile ed emette delle particelle a cui è sempre associata energia.

Gli isotopi instabili emettono delle radiazioni nucleari.

Queste possono essere distinte facendole passare attraverso un campo elettrico.


Mentre i raggi  continuano a seguire la propria traiettoria quelli  e  vengono
rispettivamente deviati verso il polo negativo e quello positivo.

Cosa sono i raggi  + ?


Sono dei positroni, degli elettroni con carica positiva.
Questi furono inizialmente ipotizzati da Paul Dirac, che nel tentativo di
comprendere la disposizione degli elettroni, per conciliare la meccanica quantistica
con la relatività ristretta, formulò un’equazione a cui associò 4 soluzioni : 2 ad
energia positiva e 2 ad energia negativa.

Inizialmente egli stesso non riteneva che questi positroni avessero un significato fisico.
(Nella fisica del 1900 si passò sempre da un’ipotesi matematica a un’approvazione
sperimentale della fisica).

Negli stessi anni Anderson, su suggerimento di Millikan, tentò di individuare e


misurare i raggi cosmici (raggi che arrivano nell’atmosfera). Egli costruì una sorta di
camera a nebbia in cui collocò un magnete in grado di far curvare le particelle
cariche.

Tramite tale apparecchiatura, Anderson individuò e confermò l’esistenza del


positrone, una particella, che essendo positiva, veniva deflessa dal campo magnetico
verso il polo negativo.

Era stata scoperta quella che noi oggi chiamiamo antimateria.

Partendo dall’equazione di Einstein 𝑬 = 𝒎𝒄𝟐 , si può constatare che come durante il


Big Bang da un enorme energia si originarono la materia e l’antimateria, dallo
scontro tra l’elettrone e la sua antiparticella, il positrone, si sviluppa nuovamente
energia. Tale ultimo processo viene chiamato di annichilazione e porta alla
formazione di due raggi a 180 gradi.
Ancora si è provato a ricreare questa antimateria in laboratorio.

Tuttora i positroni vengono utilizzati per scopi diagnostici e di ricerca


Per esempio, vengono adoperati nella tomografia ad emissione di positroni, la PET.
Qui una seria di positroni, emessi da particolari nuclei radioattivi come il Potassio 40,
vengono iniettati nel paziente dove entrando in contatto con gli elettroni, originano
radiazioni  a 180 gradi. Queste, attraverso un sistema di rilevatori, permettono di
localizzare quelle regioni in cui si sono verificati questi processi di annichilazione.

Quest’analisi viene adoperata soprattutto per valutare l’attività metabolica di alcune


cellule. Tra queste è possibile citare quelle cancerose, grandi accumulatrici di
zucchero.
In questo caso viene utilizzato il Fluoro 18 . Quest’ultimo, una volta prodotto tramite
l’utilizzo di una serie di campi elettromagnetici nei ciclotroni, si addiziona al gruppo
OH del glucosio ed emette delle radiazioni nucleari che una volta rilevate
dall’esterno permettono di costruire delle immagini.

Studio dell’attività di
apprendimento

Ancora viene utilizzata per esaminare l’attività celebrale.


Più precisamente, in relazione alle diverse funzioni del cervello, si osservano e si
individuano quelle regioni che si attivano e sviluppano una più o meno intensa
attività metabolica.
Quindi materia corrisponde all’antimateria. Andiamo a vedere oltre ai positroni quali sono questi
eventi radioattivi. Nella tavola periodica ovviamente ci sono degli elementi che sono più o meno
instabili.
-Stabilità degli elementi

In questo grafico viene rappresentata l’energia di legame all’interno del nucleo (tra nucleoni),
rispetto al numero di massa. Il massimo si trova tra gli elementi con numero di massa dal 50 all’80
(regione di massima stabilità). Questi elementi sono molto stabili.
Elementi che hanno numero di massa più grande (>80) diventano instabili e quindi tendono a
rompersi, tramite fissione nucleare, emettendo particelle. Elementi che vanno da 1 a 50 tendono a
fondersi fra di loro tramite il processo di fusione nucleare, emettono così energia, diventando più
stabili.
Gli elementi (>80) con numero atomico maggiore del ferro e quindi numero di massa molto elevato,
sono elementi che si sono formati quando si è formata la terra, grazie a pressioni molto elevate. Al
momento sarebbe impossibile formarli. I processi di fusione nucleare, tra protoni e neutroni a
formare l’idrogeno o tra atomi di elio a formare il carbonio, avvengono nelle stelle, e sono tutte
reazioni che emettono energia. Per questo la stella produce luce.

Difetto di massa
- Quando si vanno a unire protoni e neutroni fra di loro c’è un difetto di massa, ciò si può spiegare
grazie all’equazione di Einstein (e=mc^2), per questo l’unità di massa atomica è sempre un po’ più
piccola rispetto alla massa del protone e del neutrone perché quando si vanno ad unire tra loro si
perde energia.

Recap:
- Quindi guardando il grafico possiamo dire che gli elementi che hanno un numero di massa sopra
80 tenderanno a rilasciare un certo tipo di particelle, le particelle alfa. Gli altri, altre particelle.
Stabilità dei nuclei atomici

In questo grafico vengono riportati il numero di protoni rispetto al numero di neutroni. Gli isotopi
stabili in blu. Una banda di stabilità (verde) in cui il rapporto tra protoni e neutroni, è intorno a 1.5.
Al di sopra di 1.5 o al di sotto di 1.1 il nucleo diventa instabile. Sono stati estrapolati dal grafico gli
elementi tra il numero atomico 66 e 79. Vediamo che ci sono isotopi non radioattivi in blu e isotopi
in rosso che emetteranno elettroni (emissioni beta-), quelli in giallo emetteranno dei positroni
(emissioni beta+).

-Che vuol dire emissioni di positroni?

Prendiamo come esempio diversi isotopi dell’oro, dove il rapporto neutroni/protoni è oltre 1.5,
quello stabile intorno a 1.5. Quando il rapporto scende di nuovo sotto 1.4, è di nuovo instabile.
Perché in questo caso quando il rapporto è più alto si ha emissione beta-? Perché invece si ha
emissione di beta+ quando il rapporto è più basso?

Tipi di emissioni

-Si ha emissione beta- quando un neutrone si trasforma in un protone più un elettrone. Questo
avviene quando il numero di neutroni è troppo elevato, come accade nella banda superiore. Da
notare come, sia quando il neutrone si trasforma in protone o il protone in neutrone, in queste
reazioni, viene sempre conservata la carica. Quindi il neutrone(neutro) si trasforma in un protone
più un elettrone, quindi carica positiva e negativa. Neutro da una parte e dall’altra. Questo ci serve
a ricordare come avviene quest’emissione beta. Quindi nell’emissione beta- un neutrone si
trasforma in un protone e un elettrone. Poiché un neutrone che è considerato solo per numero di
massa e un protone per numero atomico, otteniamo un elemento diverso. Z avanza di un ‘unità,
quindi avremo numero atomico Z più grande.
-L’emissione beta+ avviene invece, quando nel rapporto protoni/neutroni c’è una maggiore
quantità di protoni. In questo caso, si ha la trasformazione di un protone in un neutrone e un
positrone. Il protone quindi scompare, e questo va ad incidere sul numero atomico Z che diminuisce
di un’unità.
Quando il numero atomico Z>83, la massa del nucleo inizia ad essere troppo grande.
Ricordare che la forza forte, che unisce protoni e neutroni ha un raggio di azione molto piccolo (1,4
x 10^-15m) e quindi tenderanno ad emettere più massa, quindi nuclei di elio.
-Le radiazioni alfa, in cui viene prodotta questa particella alfa (nuclei di elio), che contiene 2 protoni
e 2 neutroni. Il numero di massa così diminuisce di 4 unità e il numero atomico Z di 2 unità.
-Le emissioni gamma lasciano il numero atomico invariato perché non riguardano neutroni e
protoni, ma soltanto variazioni di livelli energetici del nucleo. Anche il nucleo ha una sua quantità di
energia e passando da uno stato eccitato, al suo stato stabile, emette radiazioni gamma.
Es. il Tecnezio 99, che è un isotopo usato in medicina. Dallo stato eccitato passando allo stato
normale, il suo numero di massa rimane lo stesso, ma si hanno emissioni gamma (che sono di natura
elettromagnetica).

-La cattura elettronica. In quest’ultimo tipo di trasformazione, un elettrone presente su un orbitale


vicino al nucleo, viene catturato dal nucleo, precipitando su di esso. L’elettrone va così a reagire con
un protone generando radiazione. La radiazione è dovuta al fatto che l’elettrone che si trovava
nell’orbitale vicino al nucleo, crea un buco. Quindi gli elettroni tenderanno ad andare verso il livello
di minima energia, questa transizione genera radiazione.
Es. Il berillio che ha un numero atomico di 4, cattura un elettrone e poiché il protone reagisce con
l’elettrone generando un neutrone, il numero atomico Z diminuisce di un’unità.

-Recap
Quindi possiamo riassumere che quando c’è un rapporto neutroni/protoni troppo alto, superiore a
1.5, con un’eccedenza di massa, il neutrone si trasforma in protone, generando radiazione beta-.
Quando ci sono troppi protoni, con un’eccedenza di carica, rapporto neutroni/protoni troppo basso
si ha invece emissione di positroni.
Quando siamo sopra il numero atomico Z>83 si ha emissioni di particelle alfa. Questa può avvenire
anche a numeri atomici più bassi quando, il rapporto di massa diventa troppo grande.

Esempi di decadimenti
1)Es. Il trizio che abbiamo detto essere isotopo
radioattivo dell’idrogeno, in quanto ha 2 neutroni e 1
protone. Essendoci troppi neutroni, il neutrone si
trasforma in un protone e in un elettrone con
emissione di una particella beta-. Viene prodotto anche
un antineutrino. I neutrini sono particelle che hanno
una massa piccolissima e non hanno carica. Sono stati
ipotizzati perché quando si andavano a studiare queste
reazioni mancava dell’energia, così si ipotizzò che
veniva emessa anche una particella. Nel caso
dell’emissione beta- per il trizio, un protone si
trasforma in un neutrone quindi l’idrogeno aumenta di
un’unità formando un isotopo dell’elio.

2)Es. Iodio 131. Nel caso del decadimento beta- è


possibile che gli elementi più grandi e più pesanti,
come nel caso dello Iodio 131, si abbia non solo
l’emissione di un elettrone, quindi un’emissione beta-
, ma anche che si crei un nucleo ad alta energia (con
uno stato energetico più elevato). In questo caso lo
Iodio131, emette non solo radiazione beta, ma crea
anche lo Xeno 54, che è instabile, eccitato, il quale
emettendo radiazioni gamma passa a una condizione
stabile, lo Xeno 131. Questo elemento viene utilizzato
per la terapia contro il cancro alla tiroide. Lo iodio è un
elemento presente nella tiroxina, un ormone prodotto
dalla tiroide, che viene utilizzato a scopi terapeutici in
quanto ha emissioni di raggi gamma, che sono molto
penetranti, andando così ad uccidere le cellule
cancerose.
3)Es. Sodio22 di un decadimento beta+, l’isotopo del
sodio 22. Questo emette un positrone(e+) generando, un
isotopo con un numero atomico minore, il Neon, che lo
precede. Questo essendo metastabile(instabile), genera
emissioni gamma per decadere formando un isotopo più
stabile. Emettendo positroni, il sodio 22, genera così il
neon.

4)Es. Uranio 238. Elementi Z>83 hanno una grandissima


massa atomica, e quando decadono, tendono ad
emettere radiazioni alfa. Questo è il caso dell’uranio.

L’uranio Z=92 genera il


torio Z=90, liberando una particella alfa (nucleo di elio)
perdendo 2 protoni e 2 neutroni, così il n. atomico diminuisce
di 2 unità e n. di massa di 4.

Il decadimento dell’uranio è un decadimento che genera altri


elementi radioattivi. Si viene a creare così una cascata di
elementi radioattivi, che terminano con la formazione del
piombo.
La mezza vita corrisponde a ogni quanto l’isotopo decade,
ossia ogni quanto la sua attività diventa la metà. Nel caso
dell’uranio abbiamo miliardi di anni, per altri alcuni giorni,
altri minuti. Ogni isotopo avrà il suo tempo di vita.
In questa cascata radioattiva si viene a creare il Radon 222, il
quale è un elemento radioattivo che è presente nelle rocce di
determinati territori ed è tossico per l’uomo in quanto
facilmente inalabile.
Siccome emette radiazioni alfa, queste danneggiano polmoni. Regioni ricche di radon sono il Friuli
e i dintorni di Roma. In tutti gli edifici vecchi costruiti con il tufo è presente radon, in quanto
quest’ultimo ne è ricco. Queste case è bene che siano molto arieggiate.
Nella cascata è presente anche il polonio, sia l’isotopo 218 che 210, che emette sempre radiazioni
alfa. Ma è molto raro venirne a contatto. Veniva utilizzato come veleno, come nel caso della spia
Litvinenko, che venne avvelenato con il polonio molto tossico. Il polonio presenta una dose letale
molto più bassa del cianuro (è 250mila volte più tossico).

-Il decadimento radioattivo


Il decadimento radioattivo è un processo casuale, probabilistico, indipendente dal tempo. Quello
che noi sappiamo, è che il numero di nuclei che hanno attività diminuisce sempre nel tempo,
secondo una legge esponenziale. Per attività di un nuclide intendiamo il numero di disintegrazioni
per secondo. Per numero di disintegrazioni intendiamo sempre i processi visti pocanzi, ossia
emissioni di positroni, elettroni, particelle alfa.

In un certo periodo di tempo ne decade sempre la metà.


Quindi se andiamo a mettere in un grafico la
concentrazione, ossia la quantità di massa di un nuclide
in funzione del tempo, vediamo che c’è un decadimento
di tipo esponenziale della quantità di massa. Prendendo
in considerazione la sostanza del grafico, possiamo
notare che da una concentrazione di 0.2 molare passa
alla metà = 0.1 molare, ciò avviene in 7 minuti. Sappiamo
da questa legge che dopo altri 7 minuti, è dimezzata
ancora.
-Secondo esempio, la massa del bismuto. Vediamo che
dopo 5 giorni dimezza da 100 a 50 g, dopo altri 5 giorni,
25, poi 12.5 e così via.
Questo è il tempo di dimezzamento, che segue la legge
in cui A= alla quantità di sostanza al tempo 0(A0)
moltiplicato per e^-kt. Dove k è una costante specifica
per ogni sostanza.

Le sostanze con una costante k


più elevata avranno un decadimento più veloce, altre
con k più piccolo hanno un decadimento più lento (come
l’uranio, che ha una k piccola e per questo il primo
dimezzamento impiega miliardi di anni).

Poiché il tempo di dimezzamento è il tempo impiegato da nuclei radioattivi per ridursi della metà,
possiamo anche dire che la radioattività dimezza nella stessa maniera. Quindi il tempo di
dimezzamento di un isotopo radioattivo, è il tempo richiesto da un campione per dimezzare la sua
attività.

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