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E’ la scienza che studia le interazioni tra la materia e le radiazioni elettromagnetiche. Grazie alla
spettroscopia siamo in grado di ricevere dei dati sulla quantità di radiazione che è stata emessa o assorbita
dalla sostanza che stiamo esaminando.
RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA
La radiazione elettromagnetica è una forma di energia trasmessa nello spazio ad alta velocità. La radiazione
elettromagnetica ha una duplice natura, difatti può essere descritta come onda, caratterizzata quindi da
lunghezza d’onda, frequenza, velocità e ampiezza, ma nel momento in cui consideriamo fenomeni come
l’assorbimento e l’emissione di energia, dobbiamo descrivere le onde elettromagnetiche anche come una
corrente di particelle, chiamati fotoni. La radiazione elettromagnetica non richiede alcun mezzo di
supporto, e per questo è capace di propagarsi anche nel vuoto.
SPETTRO ELETTROMAGNETICO
In base all’energia delle varie radiazioni ad oggi conosciute, è stato costruito un grafico che mette in ordine
di energia le varie radiazioni. Ogni radiazione quando interagisce con la materia causa delle conseguenze:
MISURE SPETTROSCOPICHE
La regione UV si divide in vicino UV e in lontano UV, che si riferiscono alla distanza dalla zona visibile.
Quando queste radiazioni nel visibile incontrano la materia, la luce attraversa quest’ultima e viene assorbita
di una certa quantità. Dopo aver interagito con la materia la luce viene riemessa all’esterno.
Esiste una relazione fra queste due potenze chiamata trasmittanza (T) che è uguale al rapporto fra potenza
trasmessa e potenza incidente (T = P/P0). Poiché i valori di trasmittanza sono generalmente piccoli, si
preferisce indicarli con un’altra grandezza, l’assorbanza (A) che è uguale al logaritmo negativo della
trasmittanza (A = -LogT = Log(P/P0)). Quindi al diminuire della trasmittanza aumenterà l’assorbanza.
Assorbanza e trasmittanza non sono così semplici da calcolare per una soluzione, poiché possono esserci
vari fattori di errore che possono inficiare il calcolo, per cui è sempre necessario per calcolare l’assorbanza
specifica di una soluzione eseguire anche un’analisi del bianco della stessa soluzione e poi costruire
l’apposita curva di calibrazione.
Una volta che i valori di assorbanza specifica di una sostanza sono chiari essi possono essere correlati alla
concentrazione di una soluzione qualsiasi della stessa sostanza mediante la legge di Lambert-Beer: A = abc.
Che afferma che l’assorbanza di una soluzione è uguale all’assorbanza specifica (a) per il cammino ottico (b)
per la concentrazione della soluzione (c). Visto che a e b possono rimanere costanti, si dice che l’assorbanza
sia effettivamente correlata alla concentrazione di una soluzione, e quindi questa legge viene spesso
utilizzata per misure quantitative.
L’uso della legge di Lambert-Beer si applica quando vogliamo calcolare la concentrazione incognita della
nostra soluzione utilizzando l’assorbanza che deriva da quella soluzione in seguito a contatto con una certa
radiazione elettromagnetica. Il problema della legge di Lambert-Beer è che presenta dei limiti.
La legge di Lambert-Beer descrive bene il comportamento in assorbimento di soluzioni diluite, cioè con
concentrazione generalmente fino a 0,01 M. Al di là di tale limite si osservano delle deviazioni dalla
proporzionalità diretta tra assorbanza e concentrazione. Ci sono dei limiti chimici che riguardano le possibili
interazioni tra atomi e molecole che potrebbero formare complessi, andando a diminuire l’assorbanza in
modo erroneo. La legge di Lambert-Beer si applica solo a misure in luce monocromatica. Nel caso reale
degli strumenti usati nella spettroscopia, gli spettrofotometri, non è possibile utilizzare sorgenti realmente
monocromatiche. Infatti ogni spettrofotometro è generalmente dotato di una sorgente continua
policromatica alla quale viene abbinato un filtro o un reticolo monocromatore che permette di selezionare
una banda di lunghezze d’onda più o meno simmetrica intorno alla lunghezza d’onda che deve essere
usata. Si verificano allora delle deviazioni dalla legge di Lambert-Beer, che vengono definite deviazioni
strumentali, le quali possono essere attenuate con particolari accorgimenti.
Le Spettroscopie Atomiche possono essere di Assorbimento o di Emissione a seconda del processo che
avviene, cioè l'assorbimento di un fotone o l'emissione di un fotone. Nella Spettroscopia Atomica di
Assorbimento un fotone viene assorbito dall'atomo che quindi passa da uno stato a più bassa energia ad
uno a più alta energia. Nella Spettroscopia Atomica di Emissione un atomo emette un fotone dopo essere
stato portato ad uno stato eccitato. Un atomo in uno stato eccitato possiede un’energia E2 più alta della
sua energia allo stato fondamentale E1. Quando l'atomo ritorna allo stato fondamentale rilascia la
differenza di energia: ∆E =E2 – E1 con un processo detto rilassamento. Nel processo di emissione atomica il
rilassamento comporta l'emissione di un fotone. Purtroppo, l’assorbimento atomico non è così leggibile per
cui non è possibile costruire dei veri e propri grafici a riguardo.
Per l’assorbimento molecolare è un po’ diverso, poiché queste, oltre a subire transizioni energetiche, e
quindi gli elettroni passano in orbitali molecolari ad energia differente, possono subire anche cambiamenti
dei loro moti vibrazionali e rotazionali. E’ proprio la variazione di questi moti che permette una migliore
lettura dei dati e la possibilità di ricavare degli spettri di assorbimento. In generale, più le molecole sono
libere di muoversi e di modificare i loro movimenti (ad esempio in fase gassosa) più il grafico sarà chiaro e
leggibile (ad esempio il grafico della tetrazina).
SPETTROSCOPIA DI EMISSIONE
Il fenomeno dell’emissione è dovuto ad un rilassamento energetico delle particelle dopo che esse sono
state eccitate dalle radiazioni elettromagnetiche. Dal valore dell’energia emessa verso l’esterno si possono
costruire gli spettri di emissione. Esistono tre tipi di spettri di emissione e dipendono dal tipo di particella
da cui sono stati ricavati: spettri a righe, derivano da atomi o ioni, assomigliano a righe perché sono picchi
particolarmente alti e isolati, spettri a bande, generalmente caratteristici di molecole o radicali, sono picchi
più bassi e accostati fra di loro e spettri continui, dovuti a sostanze solide a causa dell’energia di
incandescenza dovuta all’interazione con la radiazione (esempio la radiazione del corpo nero).
La fotoluminescenza
La fotoluminescenza è un insieme di fenomeni di assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche
(soprattutto negli spettri UV e visibile) e ri-emissione di fotoni in un intervallo di pochi nanosecondi.
Fosforescenza e fluorescenza fanno parte di questa categoria: in entrambi i casi, gli elettroni a più basso
livello energetico (detto stato fondamentale) di particolari atomi o molecole vengono eccitati dall’energia
emessa dalle radiazioni ad una particolare lunghezza d’onda (λ). Questa eccitazione porta tali elettroni a
compiere un salto verso uno stato a più alta energia (detto appunto eccitato), ma non perdura a lungo:
infatti, essendo molto instabile, l’elettrone torna spontaneamente nel suo livello energetico originale
liberando l’energia che aveva assorbito sotto forma di calore e fotoni. Affinché l’elettrone possa assorbire la
radiazione, questa deve possedere una precisa energia che corrisponda al ΔE necessario per il salto dallo
stato fondamentale S0 a quello eccitato S1. La luce del sole è composta da radiazioni con λ degli spettri
ultravioletto, visibile e infrarosso, per cui è in grado di eccitare qualsiasi elettrone ed è responsabile sia
della normale colorazione che di fluorescenza e fosforescenza.
La differenza tra i due fenomeni inizia al momento del rilascio dell’energia assorbita. Per la legge di
conservazione dell’energia, tutta quella assorbita deve essere in qualche modo dispersa: la maggior parte
viene convertita in calore, mentre il resto viene emesso sotto forma di fotoni. Nel caso della fosforescenza
l’elettrone eccitato, prima di tornare allo stato fondamentale, passa in un livello intermedio, e quindi
l’effetto permane, ovviamente per un periodo limitato. Questo spiega perché questo tipo di luminescenza
avviene con più ritardo e perdura a lungo, anche per ore, dopo l’assorbimento dell’energia. Nella
fluorescenza invece si ha un passaggio diretto e veloce dallo stato eccitato a quello fondamentale, e quindi
l’effetto si interrompe non appena cessa la fonte di energia. Entrambe le conversioni avvengono per rilascio
di calore, e solo dopo si ha l’emissione di fotoni.
Nel momento in cui atomi o molecole vengono eccitate mediante assorbimento di energia, essi possono
emettere verso l’esterno l’energia mediante due processi: processi non radiativi e processi radiativi.
Generalmente la gran parte delle sostanze cede energia verso l’esterno tramite processi non radiativi
dovuti sia a fenomeni di decadimento termico che di conversione interna. Nel caso dei materiali
fluorescenti però la situazione è particolare perché, mentre per tutti gli altri materiali l’emissione tramite
processi non radiativi è più veloce rispetto a quella dei processi radiativi, in questo caso le bande di energia
sono così lontane fra loro (il materiale è piuttosto solido, gli atomi sono abbastanza duri e non c’è
abbastanza decadimento termico) che i processi radiativi sono più veloci, per cui viene emessa energia
verso l’esterno e possiamo vedere la caratteristica luce.
Una normale lampada a filamento di tungsteno (sorgente continua) fornisce uno spettro continuo da
320 a 2500 nm.
Le più comuni sorgenti continue di radiazione ultravioletta sono le lampade a deuterio (ed anche ad
idrogeno), che forniscono una radiazione continua nell’intervallo da 160 a 380 nm.
La sorgente a righe più comune è la lampada a catodo cavo.
I monocromatori hanno il vantaggio che la lunghezza d'onda in uscita può essere variata
continuamente in un intervallo spettrale considerevole.
I filtri spesso offrono il vantaggio di semplicità, robustezza e basso costo e possono essere di due tipi:
Filtri ad assorbimento e Filtri interferenziali.
I monocromatori dei moderni spettrofotometri sono a prismi e, principalmente, a reticoli.
L’indice di rifrazione di un materiale è una grandezza adimensionale che quantifica la diminuzione della
velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica quando attraversa un materiale.
Monocromatore a reticolo di riflessione
È formato da una superficie riflettente su cui sono ricavate tante scanalature parallele e molto vicine tra
loro. Un reticolo di questo tipo, o a riflessione, per il fenomeno della diffrazione è in grado di riflettere luci
di lunghezze d’onda diverse con angoli diversi.
La diffrazione, nella fisica, è un fenomeno associato alla deviazione della traiettoria di propagazione delle
onde quando queste incontrano un ostacolo sul loro cammino.
Quando una radiazione colpisce un oggetto, l’oggetto stesso diventa una sorgente di quella radiazione,
diffondendo la luce a seconda dell’angolo di incidenza.
Rivelatori e trasduttori.
Un rivelatore è un dispositivo capace di indicare l’esistenza di un qualche fenomeno fisico. Esempi sono le
pellicole fotografiche per indicare la presenza di radiazioni elettromagnetiche o radioattive, il puntatore di
una bilancia per la misura di una differenza di massa e il livello del mercurio di un termometro per misurare
i cambiamenti di temperatura.
Un trasduttore è un tipo speciale di rivelatore che converte segnali, come intensità luminosa, pH, massa e
temperatura in segnali elettrici che possono essere amplificati, manipolati e convertiti in numeri
proporzionali alla grandezza del segnale originale.