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SPETTROSCOPIA

E’ la scienza che studia le interazioni tra la materia e le radiazioni elettromagnetiche. Grazie alla
spettroscopia siamo in grado di ricevere dei dati sulla quantità di radiazione che è stata emessa o assorbita
dalla sostanza che stiamo esaminando.

RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA
La radiazione elettromagnetica è una forma di energia trasmessa nello spazio ad alta velocità. La radiazione
elettromagnetica ha una duplice natura, difatti può essere descritta come onda, caratterizzata quindi da
lunghezza d’onda, frequenza, velocità e ampiezza, ma nel momento in cui consideriamo fenomeni come
l’assorbimento e l’emissione di energia, dobbiamo descrivere le onde elettromagnetiche anche come una
corrente di particelle, chiamati fotoni. La radiazione elettromagnetica non richiede alcun mezzo di
supporto, e per questo è capace di propagarsi anche nel vuoto.

SPETTRO ELETTROMAGNETICO
In base all’energia delle varie radiazioni ad oggi conosciute, è stato costruito un grafico che mette in ordine
di energia le varie radiazioni. Ogni radiazione quando interagisce con la materia causa delle conseguenze:

- Le radiazioni di risonanza magnetica nucleare causano un cambiamento di spin elettronico;


- Le microonde causano un cambio di orientamento;
- Gli infrarossi cambiano la configurazione;
- L’UV, il visibile e i raggi X si occupano degli spostamenti energetici fra gli orbitali degli elettroni;
- I raggi gamma modificano il nucleo.

MISURE SPETTROSCOPICHE
La regione UV si divide in vicino UV e in lontano UV, che si riferiscono alla distanza dalla zona visibile.

Quando queste radiazioni nel visibile incontrano la materia, la luce attraversa quest’ultima e viene assorbita
di una certa quantità. Dopo aver interagito con la materia la luce viene riemessa all’esterno.

La spettroscopia si divide in:

- Spettroscopia di assorbimento, che comprende la spettroscopia di fosforescenza e di fluorescenza;


- Spettroscopia di emissione, che comprende la spettroscopia di chemiluminescenza, dove l’energia che
viene emessa deriva da una reazione chimica e non da processi radiativi.
SPETTROSCOPIA DI ASSORBIMENTO
Quando una radiazione elettromagnetica incontra la materia, la potenza di tale radiazione diminuisce dopo
che l’ha attraversata. Maggiore è l’entità delle interazioni fra radiazione e soluzione, maggiore sarà il calo di
energia. Secondo questo ragionamento, quanta più distanza la luce compie nella soluzione, tante più
molecole incontra e tanto più la potenza verrà attenuata. Allo stesso tempo, a parità di cammino ottico, più
la soluzione sarà concentrata e maggiore saranno le interazioni, e quindi l’attenuamento. Questo comporta
che la potenza incidente (P0), cioè la potenza della radiazione prima di incontrare la soluzione, sarà
differente (e maggiore) rispetto alla potenza trasmessa (P) che fuoriesce attenuata dalla soluzione.

Esiste una relazione fra queste due potenze chiamata trasmittanza (T) che è uguale al rapporto fra potenza
trasmessa e potenza incidente (T = P/P0). Poiché i valori di trasmittanza sono generalmente piccoli, si
preferisce indicarli con un’altra grandezza, l’assorbanza (A) che è uguale al logaritmo negativo della
trasmittanza (A = -LogT = Log(P/P0)). Quindi al diminuire della trasmittanza aumenterà l’assorbanza.
Assorbanza e trasmittanza non sono così semplici da calcolare per una soluzione, poiché possono esserci
vari fattori di errore che possono inficiare il calcolo, per cui è sempre necessario per calcolare l’assorbanza
specifica di una soluzione eseguire anche un’analisi del bianco della stessa soluzione e poi costruire
l’apposita curva di calibrazione.

Una volta che i valori di assorbanza specifica di una sostanza sono chiari essi possono essere correlati alla
concentrazione di una soluzione qualsiasi della stessa sostanza mediante la legge di Lambert-Beer: A = abc.
Che afferma che l’assorbanza di una soluzione è uguale all’assorbanza specifica (a) per il cammino ottico (b)
per la concentrazione della soluzione (c). Visto che a e b possono rimanere costanti, si dice che l’assorbanza
sia effettivamente correlata alla concentrazione di una soluzione, e quindi questa legge viene spesso
utilizzata per misure quantitative.

L’uso della legge di Lambert-Beer si applica quando vogliamo calcolare la concentrazione incognita della
nostra soluzione utilizzando l’assorbanza che deriva da quella soluzione in seguito a contatto con una certa
radiazione elettromagnetica. Il problema della legge di Lambert-Beer è che presenta dei limiti.

La legge di Lambert-Beer descrive bene il comportamento in assorbimento di soluzioni diluite, cioè con
concentrazione generalmente fino a 0,01 M. Al di là di tale limite si osservano delle deviazioni dalla
proporzionalità diretta tra assorbanza e concentrazione. Ci sono dei limiti chimici che riguardano le possibili
interazioni tra atomi e molecole che potrebbero formare complessi, andando a diminuire l’assorbanza in
modo erroneo. La legge di Lambert-Beer si applica solo a misure in luce monocromatica. Nel caso reale
degli strumenti usati nella spettroscopia, gli spettrofotometri, non è possibile utilizzare sorgenti realmente
monocromatiche. Infatti ogni spettrofotometro è generalmente dotato di una sorgente continua
policromatica alla quale viene abbinato un filtro o un reticolo monocromatore che permette di selezionare
una banda di lunghezze d’onda più o meno simmetrica intorno alla lunghezza d’onda che deve essere
usata. Si verificano allora delle deviazioni dalla legge di Lambert-Beer, che vengono definite deviazioni
strumentali, le quali possono essere attenuate con particolari accorgimenti.

Le Spettroscopie Atomiche possono essere di Assorbimento o di Emissione a seconda del processo che
avviene, cioè l'assorbimento di un fotone o l'emissione di un fotone. Nella Spettroscopia Atomica di
Assorbimento un fotone viene assorbito dall'atomo che quindi passa da uno stato a più bassa energia ad
uno a più alta energia. Nella Spettroscopia Atomica di Emissione un atomo emette un fotone dopo essere
stato portato ad uno stato eccitato. Un atomo in uno stato eccitato possiede un’energia E2 più alta della
sua energia allo stato fondamentale E1. Quando l'atomo ritorna allo stato fondamentale rilascia la
differenza di energia: ∆E =E2 – E1 con un processo detto rilassamento. Nel processo di emissione atomica il
rilassamento comporta l'emissione di un fotone. Purtroppo, l’assorbimento atomico non è così leggibile per
cui non è possibile costruire dei veri e propri grafici a riguardo.

Per l’assorbimento molecolare è un po’ diverso, poiché queste, oltre a subire transizioni energetiche, e
quindi gli elettroni passano in orbitali molecolari ad energia differente, possono subire anche cambiamenti
dei loro moti vibrazionali e rotazionali. E’ proprio la variazione di questi moti che permette una migliore
lettura dei dati e la possibilità di ricavare degli spettri di assorbimento. In generale, più le molecole sono
libere di muoversi e di modificare i loro movimenti (ad esempio in fase gassosa) più il grafico sarà chiaro e
leggibile (ad esempio il grafico della tetrazina).
SPETTROSCOPIA DI EMISSIONE
Il fenomeno dell’emissione è dovuto ad un rilassamento energetico delle particelle dopo che esse sono
state eccitate dalle radiazioni elettromagnetiche. Dal valore dell’energia emessa verso l’esterno si possono
costruire gli spettri di emissione. Esistono tre tipi di spettri di emissione e dipendono dal tipo di particella
da cui sono stati ricavati: spettri a righe, derivano da atomi o ioni, assomigliano a righe perché sono picchi
particolarmente alti e isolati, spettri a bande, generalmente caratteristici di molecole o radicali, sono picchi
più bassi e accostati fra di loro e spettri continui, dovuti a sostanze solide a causa dell’energia di
incandescenza dovuta all’interazione con la radiazione (esempio la radiazione del corpo nero).

EMISSIONE MEDIANTE FLUORESCENZA E FOSFORESCENZA


I termini fosforescenza e fluorescenza vengono confusi ed usati in modo intercambiabile, ma dal punto di
vista chimico non sono affatto uguali: differiscono infatti sia per il meccanismo che per la durata del
processo.

La fotoluminescenza
La fotoluminescenza è un insieme di fenomeni di assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche
(soprattutto negli spettri UV e visibile) e ri-emissione di fotoni in un intervallo di pochi nanosecondi.
Fosforescenza e fluorescenza fanno parte di questa categoria: in entrambi i casi, gli elettroni a più basso
livello energetico (detto stato fondamentale) di particolari atomi o molecole vengono eccitati dall’energia
emessa dalle radiazioni ad una particolare lunghezza d’onda (λ). Questa eccitazione porta tali elettroni a
compiere un salto verso uno stato a più alta energia (detto appunto eccitato), ma non perdura a lungo:
infatti, essendo molto instabile, l’elettrone torna spontaneamente nel suo livello energetico originale
liberando l’energia che aveva assorbito sotto forma di calore e fotoni. Affinché l’elettrone possa assorbire la
radiazione, questa deve possedere una precisa energia che corrisponda al ΔE necessario per il salto dallo
stato fondamentale S0 a quello eccitato S1. La luce del sole è composta da radiazioni con λ degli spettri
ultravioletto, visibile e infrarosso, per cui è in grado di eccitare qualsiasi elettrone ed è responsabile sia
della normale colorazione che di fluorescenza e fosforescenza.

La differenza tra i due fenomeni inizia al momento del rilascio dell’energia assorbita. Per la legge di
conservazione dell’energia, tutta quella assorbita deve essere in qualche modo dispersa: la maggior parte
viene convertita in calore, mentre il resto viene emesso sotto forma di fotoni. Nel caso della fosforescenza
l’elettrone eccitato, prima di tornare allo stato fondamentale, passa in un livello intermedio, e quindi
l’effetto permane, ovviamente per un periodo limitato. Questo spiega perché questo tipo di luminescenza
avviene con più ritardo e perdura a lungo, anche per ore, dopo l’assorbimento dell’energia. Nella
fluorescenza invece si ha un passaggio diretto e veloce dallo stato eccitato a quello fondamentale, e quindi
l’effetto si interrompe non appena cessa la fonte di energia. Entrambe le conversioni avvengono per rilascio
di calore, e solo dopo si ha l’emissione di fotoni.

Nel momento in cui atomi o molecole vengono eccitate mediante assorbimento di energia, essi possono
emettere verso l’esterno l’energia mediante due processi: processi non radiativi e processi radiativi.
Generalmente la gran parte delle sostanze cede energia verso l’esterno tramite processi non radiativi
dovuti sia a fenomeni di decadimento termico che di conversione interna. Nel caso dei materiali
fluorescenti però la situazione è particolare perché, mentre per tutti gli altri materiali l’emissione tramite
processi non radiativi è più veloce rispetto a quella dei processi radiativi, in questo caso le bande di energia
sono così lontane fra loro (il materiale è piuttosto solido, gli atomi sono abbastanza duri e non c’è
abbastanza decadimento termico) che i processi radiativi sono più veloci, per cui viene emessa energia
verso l’esterno e possiamo vedere la caratteristica luce.

STRUMENTI PER SPETTROSCOPIA


La spettroscopia indica la misurazione e lo studio di uno
spettro elettromagnetico. Uno strumento che permette
di misurare uno spettro viene chiamato spettrometro,
spettrografo o spettrofotometro; quest'ultimo termine si
riferisce ad uno strumento per la misura dello spettro
elettromagnetico.

La maggior parte degli strumenti per spettroscopia ottica


consta di 5 componenti: (1) una sorgente stabile di
energia radiante; (2) un selettore di lunghezze d’onda; (3) uno o più contenitori per il campione; (4) un
rivelatore di radiazione, o trasduttore, che converte l’energia radiante in un segnale misurabile; (5) un
processore e un registratore del segnale.

Gli strumenti di spettroscopia si dividono


in strumenti di spettroscopia di emissione,
assorbimento e fluorescenza, che sono
tendenzialmente simili tra loro, ma
variano per alcune differenze, come per
esempio nella sorgente o nei contenitori
per il campione.

Infatti, negli strumenti di emissione il


contenitore del campione è un arco, una
scintilla, una superficie riscaldata, o una
fiamma che, oltre a contenere il campione,
provocano l’emissione della sua radiazione
caratteristica. Al contrario le spettroscopie
di assorbimento e fluorescenza richiedono
una sorgente esterna di energia radiante
ed una celletta per contenere il campione.
Sorgenti spettroscopiche
Una sorgente deve generare nella regione di lunghezza d’onda di interesse un fascio di potenza tale da
permettere una pronta rivelazione e misura. Queste sorgenti possono essere sia continue che a righe. Le
prime sono costituite da radiazioni di tutte le lunghezze d’onda nella regione spettrale per la quale esse
devono essere usate. Una sorgente a righe consiste di una o più bande molto strette di radiazione le cui
lunghezze d’onda sono conosciute esattamente.

 Una normale lampada a filamento di tungsteno (sorgente continua) fornisce uno spettro continuo da
320 a 2500 nm.
 Le più comuni sorgenti continue di radiazione ultravioletta sono le lampade a deuterio (ed anche ad
idrogeno), che forniscono una radiazione continua nell’intervallo da 160 a 380 nm.
 La sorgente a righe più comune è la lampada a catodo cavo.

Selettori di lunghezza d’onda


Selettori di lunghezza d’onda
Gli strumenti spettroscopici necessitano ordinariamente di un dispositivi per limitare la radiazione da
misurare a una stretta banda, assorbita o emessa dall’analita. Tali dispositivi aumentano notevolmente sia
la selettività che la sensibilità di uno strumento. I due tipi principali di selettori di lunghezza d'onda sono i
monocromatori ed i filtri.

 I monocromatori hanno il vantaggio che la lunghezza d'onda in uscita può essere variata
continuamente in un intervallo spettrale considerevole.
 I filtri spesso offrono il vantaggio di semplicità, robustezza e basso costo e possono essere di due tipi:
Filtri ad assorbimento e Filtri interferenziali.
I monocromatori dei moderni spettrofotometri sono a prismi e, principalmente, a reticoli.

Monocromatore a prisma di rifrazione


È in grado di scomporre la luce bianca nelle sue componenti colorate (ogni colore corrisponde ad una certa
lunghezza d’onda). Se poniamo una fessura all’uscita del prisma, solo la luce di un colore (=di una lunghezza
d’onda) può attraversarla: si basa sul fatto che il vetro ha un indice di rifrazione diverso per luci di colore
diverso.

L’indice di rifrazione di un materiale è una grandezza adimensionale che quantifica la diminuzione della
velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica quando attraversa un materiale.
Monocromatore a reticolo di riflessione
È formato da una superficie riflettente su cui sono ricavate tante scanalature parallele e molto vicine tra
loro. Un reticolo di questo tipo, o a riflessione, per il fenomeno della diffrazione è in grado di riflettere luci
di lunghezze d’onda diverse con angoli diversi.

La diffrazione, nella fisica, è un fenomeno associato alla deviazione della traiettoria di propagazione delle
onde quando queste incontrano un ostacolo sul loro cammino.

Quando una radiazione colpisce un oggetto, l’oggetto stesso diventa una sorgente di quella radiazione,
diffondendo la luce a seconda dell’angolo di incidenza.

Spettro visibile: 780 nm


L'ampiezza di banda effettiva del monocromatore dipende dalle dimensioni e dalla qualità dell'elemento
dispersivo, dalla larghezza della fenditura e dalla lunghezza focale del monocromatore. Un monocromatore
di alta qualità avrà un'ampiezza di banda effettiva di pochi decimi di nanometro o meno nelle regioni
dell'ultravioletto e del visibile. L'ampiezza di banda effettiva di un monocromatore, sufficiente per la
maggior parte delle applicazioni quantitative può variare da 1 a 20 nm. Molti monocromatori sono
equipaggiati con fenditure variabili per permettere un certo controllo della larghezza di banda. Per l'analisi
qualitativa, sono richieste fenditure tanto più strette ed ampiezze di banda effettive tanto minori, quanto
più rapidamente varia l'assorbività al variare della lunghezza d'onda. Per lavori quantitativi, d'altro lato,
fenditure più ampie permettono di operare con il sistema di rivelazione ad amplificazione più bassa, che a
sua volta fornisce una maggiore riproducibilità della risposta.

Contenitore per il campione.


I contenitori per il campione che sono usualmente chiamati celle, cellette o cuvette, devono avere finestre
costruite con un materiale trasparente nella regione spettrale di interesse. Le migliori cellette hanno
finestre che sono normali alla direzione del raggio per minimizzare le perdite dovute alla riflessione. La
lunghezza di celletta più comune per gli studi nelle regioni ultravioletta e visibile è 1 cm. La qualità dei dati
spettroscopici dipende criticamente dal modo in cui le cellette accoppiate sono usate e conservate.
Impronte digitali, grasso, o altri depositi sulle pareti alterano marcatamente le caratteristiche di
trasmissione di una celletta. Si deve anche porre attenzione ad evitare la presenza di bolle d’aria (centri di
dispersione delle radiazioni). Le cellette calibrate non devono essere mai asciugate per riscaldamento in un
forno o su una fiamma perché questo potrebbe causare un danno fisico o un cambiamento nella lunghezza
del cammino ottico.

Rivelatori e trasduttori.
Un rivelatore è un dispositivo capace di indicare l’esistenza di un qualche fenomeno fisico. Esempi sono le
pellicole fotografiche per indicare la presenza di radiazioni elettromagnetiche o radioattive, il puntatore di
una bilancia per la misura di una differenza di massa e il livello del mercurio di un termometro per misurare
i cambiamenti di temperatura.

Un trasduttore è un tipo speciale di rivelatore che converte segnali, come intensità luminosa, pH, massa e
temperatura in segnali elettrici che possono essere amplificati, manipolati e convertiti in numeri
proporzionali alla grandezza del segnale originale.

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