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FASI DI UN’ANALISI

Le procedure che caratterizzano un’analisi sono 3. Il campionamento, ovvero andiamo a prelevare un


campione della sostanza incognita per analizzarla; la standardizzazione e la calibrazione.

Calibrazione
Costruzione di una curva di calibrazione.
La maggior parte dei metodi analitici sono basati su una curva (o retta) di calibrazione ricavata
sperimentale, in cui vengono messi in relazione il segnale misurato in un’analisi (assorbanza, asse y) con la
concentrazione dell’analita (asse x). Il segnale misurato in un metodo sperimentale può avere varia natura,
in base alla tipologia di rilevatore impiegato nell’analisi. Tipicamente, il grafico approssima una linea retta
ma a causa degli errori associati al processo di misurazione, non tutti i dati si trovano esattamente sulla
retta (punti rossi). È necessario trovare una retta che interpoli al meglio tutti questi dati. A tal fine si
considera la regressione lineare, R2, la quale rappresenta un metodo di stima del valore atteso
condizionato da una variabile dipendente y, dati i valori di altre variabili indipendenti (𝑁 − 1). È possibile
trovare l’opportuna regressione lineare tramite il metodo dei minimi quadrati: Per calcolare la miglior retta
passante per i punti del grafico di calibrazione si ricerca la retta che minimizzi le deviazioni (sia positive che
negative) tra i punti sperimentali e la retta calcolata, ossia si minimizza la somma dei quadrati degli scarti.
Costruiamo un’equazione del tipo: y = mx + b. L’equazione è caratteristica di una retta in cui y rappresenta
la variabile dipendente, e cioè la risposta analitica; m è la pendenza della retta; x è la variabile
indipendente, cioè la concentrazione e b è l’intercetta, ossia il valore che y assumerebbe se x fosse uguale a
0. Quando si usa questo metodo per costruire una curva di calibrazione lineare bisogna assumere che:

 Ci sia una effettivamente relazione lineare tra la variabile misurata (y, segnale) e la concentrazione
di analita (x). Questa relazione si indica matematicamente con 𝑦 = 𝑚𝑥 + 𝑞;
 La deviazione dei singoli dati dalla linea retta derivi da errori di misura (e non di preparazione), a tal
fine per una curva di calibrazione vengono utilizzati degli standard chimici (campioni a
concentrazione nota di analita), ed ogni punto della curva è trovato considerando il bianco. Cioè
assumeremo di aver preparato gli standard in modo tale che l’errore random nel procedimento di
preparazione sia trascurabile rispetto a quello del procedimento di misura.
La deviazione verticale di ciascun punto dalla linea retta viene chiamata residuo.

La retta costruita col metodo dei minimi quadrati è quella che minimizza la somma dei quadrati dei residui
di tutti i punti. Oltre a fornire la migliore retta interpolante tra i punti sperimentale, il metodo fornisce la
deviazione standard di 𝑚 (coefficiente angolare) e di 𝑞 (intercetta dell’asse y), nonché la deviazione
standard per i risultati ottenuti della curva di calibrazione.
Quando un rilevatore va in saturazione, c’è una zona di plateau detta zona di saturazione.

Si costruisce quindi il grafico dall’equazione della retta più probabile detta curva di calibrazione.

Nel campione da analizzare vi sono in genere, oltre all’analita, anche altre sostanze che sono chiamate
matrice. Esse contengono, ad esempio, il solvente e altre sostanze che possono influenzare la risposta
strumentale. La presenza di eventuali sostanze interferenti che possono portare alla complessazione
dell’analita, alla formazione di composti mascheranti, all’alterazione del pH ecc. costituiscono l’effetto
matrice che è una fonte di errore per la determinazione quantitativa dell’analita.

Per minimizzare l’errore non si utilizza generalmente il segnale misurato. Esso è corretto sottraendogli il
segnale del “bianco”, ovvero il segnale misurato dal nostro rivelatore prima dell’aggiunta dell’analita.

*Con I fogli di calcolo e molto semplice ottenere l’equazione della retta di calibrazione ottenuta mediante e
regressione lineare con il metodo dei minimi quadrati. Basta inserire i valori di x e di y e successivamente
applicare le funzioni «PENDENZA» e «INTERCETTA». Utilizzando la funzione “regressione lineare” e lo
strumento di «analisi dei dati» è possibile ottenere maggiori dettagli riguardanti l’incertezza l’efficienza del
modello di regressione (godness of fit). *

*si è parlato di bianco. Che cos’è? Si prenda per esempio il caso delle titolazioni; dato che l’indicatore
mostra il punto finale ma non il punto equivalente, bisogna sottrare il volume di fine titolazione con il
volume di titolazione con bianco. Il bianco, infatti, è una soluzione di analita… ma senza analita, ossia
solvente e indicatore. Si aggiunge titolante al bianco, e il volume di titolante usato affinché si abbia un
cambiamento fisico da parte dell’indicatore sarà proprio il volume di titolante in eccesso nella titolazione
iniziale. Sottraendo quindi al volume di fine titolazione (punto equivalente più eccesso di titolante) il
volume di titolazione col bianco (l’eccesso di titolante) si avrà il punto equivalente. In generale, in una
misurazione, diciamo che il bianco è il segnale misurato dal nostro rivelatore prima dell’aggiunta
dell’analita. Similmente alle titolazioni, in un’analisi strumentale non si utilizza direttamente il segnale
misurato, ma lo si corregge sottraendogli il segnale del bianco. Il bianco viene misurato prima di tutti gli altri
campioni, poiché una volta misurato terrà anche conto di tutti i fattori interferenziali, sia chimici che
strumentali. Esistono due tipologie di bianco: Bianco del solvente, cioè il segnale rivelato dal solvente senza
l’analita; Bianco dei reagenti, cioè il segnale rivelato dal solvente più tutti i reagenti utilizzati nella
preparazione del campione da analizzare.*

Standardizzazione e calibrazione
Fra le procedure analitiche alcune delle fasi più importanti sono la standardizzazione e la calibrazione. In
particolare, la calibrazione si utilizza per correlare la risposta dell’analita con quella del suo standard. Gli
standard sono sostanze chimiche con caratteristiche simili a quelle dell’analita ma allo stesso tempo ideali
(inerti, economici, non infiammabili, poco volatili, puro, non igroscopico, stabile). Gli standard sono
importanti per il fenomeno della calibrazione perché permettono un’analisi più accurata cercando di
eliminare possibili effetti di sostanze interferenti. Esistono vari metodi per cui è possibile effettuare una
calibrazione a partire da standard:

 Confronto con standard: la risposta dell’analita viene direttamente correlata con la risposta del relativo
standard. Si divide in: confronto diretto e titolazione.
 Metodo dello standard esterno:
STANDARD ESTERNO. Il metodo dello standard
esterno è il più semplice e rapido metodo di
calibrazione; generalmente viene utilizzato per calibrare
uno spettrofotometro. Questo metodo prevede l’utilizzo
di soluzioni standard dell’analita (a concentrazione nota) che hanno valori di concentrazioni man mano
crescenti (per disporsi già in ordine crescente lungo la retta). Queste soluzioni standard vanno preparate
separatamente dal campione. Il metodo dello standard esterno presuppone, quindi, che la risposta tra
titolante e analita nello standard, sia identica a quella tra titolante e analita nel campione. Si registra
l'assorbanza per ciascuna di queste soluzioni, in modo da stabilire per quale intervallo di concentrazioni (e
quindi di valori di assorbanza) varrà la legge di Lambert-Beer. Fatto questo si sottopone ad analisi
spettrofotometrica la soluzione contente l'analita a concentrazione incognita: questo restituirà un certo
valore di assorbanza che, se compreso nell'intervallo di valori ottenuti nella calibrazione, può essere
utilizzato nella legge di Lambert-Beer.

Facendo ciò siamo in grado di andare a costruire una curva di calibrazione, cioè un diagramma che possiede
sull’asse delle ordinate la risposta analitica e su quello delle ascisse la concentrazione dello standard.
Tramite la costruzione della curva di lavoro siamo in grado di creare una relazione fra la concentrazione
dello standard e la risposta dell’analita. Purtroppo, l’utilizzo dello standard esterno può essere rischioso
perché può portare ad una serie di errori dovuti a vari motivi: innanzitutto l’analisi deve essere compiuta
oltre che sulla soluzione incognita anche su di un bianco, per cercare di minimizzare ancora di più gli errori.
Il problema è che nella stessa costruzione del bianco possono avvenire errori, specialmente nel caso di
soluzioni molto complesse per cui è difficile costruire un bianco ideale, in cui è presente tutto ciò in cui è
immerso l’analita senza di esso. Altri errori possono provenire dalla preparazione degli standard, di cui la
forma chimica deve essere identica a quella dell’analita del campione. Purtroppo talvolta anche gli standard
subiscono processi di decomposizione, ossidazione e così via che possono inficiare il risultato dell’analisi.
Altri errori possono essere errori sistematici oltre che casuali. Per questo motivo esistono altri tipi di
standardizzazione. Il metodo dello standard esterno presuppone, quindi, che la risposta tra titolante e
analita nello standard, sia identica a quella tra titolante e analita nel campione.

 Metodo dello standard interno: dal punto di vista chimico, lo standard deve essere sufficientemente
diverso dall’analita, in modo da poter essere determinato, nel medesimo esperimento, senza interferire
nella misura dell’analita; deve avere però un comportamento analogo all’analita, in modo che il suo
recupero rifletta quello dell’analita stesso.
Nel metodo dello standard interno si utilizza una sostanza di riferimento detta standard interno, la quale
viene aggiunta in quantità nota sia alle soluzioni standard di analita, sia alla soluzione incognita di analita,
sia al bianco. Questo metodo generalmente si applica per calibrare i cromatografi o i gascromatografi.
Praticamente si deve costruire la curva di calibrazione, utilizzando anzitutto le soluzioni standard, come nel
metodo precedente (però stavolta in queste soluzioni oltre l'analita a concentrazione nota, è contenuto
anche lo standard interno che deve essere una specie in grado di comportarsi, durante l'analisi, allo stesso
modo dell'analita). Per ciascuna soluzione standard sarà quindi riportato un segnale come nel metodo
precedente, però in questo caso il segnale sarà dato dal rapporto tra il segnale della sola soluzione standard
e il segnale dello standard interno. Costruita la curva, a questo punto, si analizza la soluzione incognita di
analita (contenente anch'essa lo standard interno) per registrare il suo segnale (dato sempre dal rapporto
tra il segnale della soluzione contenente soltanto l'analita e il segnale del solo standard interno) e risalire
quindi alla concentrazione dell'analita: dal rapporto segnale-analita nel campione / segnale-standard
interno, tramite l’equazione della curva di calibrazione, si determina la concentrazione della specie in
esame nel campione stesso.

Questo metodo è strettamente correlato con l’uso di analiti marcati con isotopi stabili, mediante diluizione
isotopica. Un tipico errore corretto con uno standard interno (dev’essere aggiunto prima delle operazioni di
trattamento del campione) è quello del recupero incompleto, che può verificarsi durante le fasi
preanalitiche. Questo consiste essenzialmente nella perdita di analita, ma l’eventuale aggiunta di standard
interno sopperisce a questa perdita (la perdita di analita sarà uguale alla perdita di standard interno, e
viceversa, tale che la concentrazione rimarrà uguale nel caso dell’eventuale perdita di uno dei due). La
risposta dei segnali di 𝑋 (analita) ed 𝑆 (standard interno) permettono l’analisi quantitativa dell’analita:

segnale x segnale s
= F
concentrazione x concentrazione s

F è il fattore di risposta del composto.

AGGIUNTA MULTIPLA E SINGOLA. Il metodo dell’aggiunta, sia singola che multipla, rappresenta il
miglior metodo di calibrazione che può essere adoperato per un’analisi spettrofotometrica (in sostituzione
a quello con standard esterno). Nel metodo dell’aggiunta singola, premesso che ci sia un certo intervallo di
linearità per i valori di assorbanza (quindi deve essere valida la legge di Lambert-Beer), si utilizza dapprima
una soluzione contenente una certa quantità di analita (concentrazione incognita) che restituirà un
determinato valore di assorbanza. Se questo valore rientra all’interno dell’intervallo di linearità definito in
precedenza, è possibile riportare la seguente equazione generale:

S0 =k C x

S0 è il segnale, k è il coefficiente di estinzione molare e C x è la concentrazione incognita di analita. A


questo punto a tale soluzione si addiziona una certa quantità nota di analita (indicata con 𝐶1) e si misura
nuovamente allo spettrofotometro, dove si otterrà la seguente equazione:

𝑆1 = 𝑘(𝐶𝑥 + 𝐶1)

Mettendo a sistema le due equazioni è possibile ricavare 𝐶𝑥. Dalla prima equazione si ricava 𝑘 (𝐶1 è una
quantità nota di analita aggiunto, 𝑆0 ed 𝑆1 sono riportati dallo spettrofotometro); da cui diciamo che:

S0
C x= C
S 1−S0 1

Nel metodo dell’aggiunta multipla, invece, si può procedere in due modi diversi: mediante metodo grafico
oppure attraverso aggiunte sequenziali; entrambi presuppongono sempre che sia verificata per un certo
intervallo di valori di assorbanza (legge di Lambert-Beer). Nel primo caso il metodo si svolge in maniera
molto simile a quello dell’aggiunta singola, però utilizzando più aliquote di analita: una prima aliquota di
analita è a concentrazione incognita e le successive invece presenteranno l’analita a concentrazione
incognita insieme ad una quantità di analita noto; per ciascuna di queste aliquote sarà aggiunta una
quantità crescente di analita noto; in tal modo, riportando sul grafico concentrazione-segnale i valori di
assorbanza registrati per ciascuna aliquota in funzione della concentrazione di analita noto che è stato
aggiunto in ciascuna provetta, si ottiene una retta, attraverso la quale è possibile ricavare la concentrazione
di analita incognita mediante interpolazione della retta con l’asse delle x: si ottiene un valore negativo che,
cambiato di segno, permette di ottenere la concentrazione desiderata (Crescenzi non ti chiede mai di
svolgere le equazioni che permettono, attraverso l’interpolazione della retta con l’asse, di arrivare alla
concentrazione di analita). Infine, nel caso delle aggiunte sequenziali il metodo di svolgimento è lo stesso,
ma in questo caso si utilizza una sola provetta, che inizialmente conterrà solo l’analita incognito. Dopodiché
si aggiunge una certa quantità nota di analita in maniera sequenziale, utilizzando quindi sempre la stessa
aliquota per ciascuna aggiunta effettuata; quest’ultimo caso si può utilizzare soltanto quando la sostanza
che si vuole analizzare non si altera per aggiunte sequenziali effettuate in successione.

Per minimizzare gli errori dovuti alla presenza di possibili interferenti all’interno della soluzione analitica si
può ricorrere a diversi metodi:

 Separazioni: per purificare l’analita allontanandolo dalle specie interferenti (successivamente su


questo file ci saranno tutte le tecniche di separazione, fra cui la più importante cromatografia).
 Metodo della saturazione: consiste in un’aggiunta degli interferenti a tutte le soluzioni: campioni,
standard e bianchi, in modo da avere le stesse interferenze in tutte.
 Modificatore della matrice: vengono aggiunte specie non interferenti alla matrice in modo da rendere
la risposta del campione indipendente dalla concentrazione degli interferenti;
 Agente mascherante: vengono aggiunte delle sostanze interferenti che vadano ad interferire con gli
interferenti.
 Metodo delle diluizioni: la soluzione viene diluita nel caso in cui le specie interferenti lavorino solo ad
elevati livelli di concentrazione.
 Metodo della corrispondenza della matrice: duplica la matrice del campione aggiungendo i principali
componenti della matrice al bianco e agli standard.

FIGURE DI MERITO PER METODI ANALITICI


Intervallo dinamico di linearità: Il range è l’intervallo di concentrazione esplorato nel corso delle
misurazioni. Il range dinamico è l'intervallo di concentrazione nel quale il segnale varia con la
concentrazione: i limiti inferiore e superiore del range dinamico corrispondono, rispettivamente, al limite
di rivelabilità ed alla più alta concentrazione alla quale un incremento di concentrazione produce ancora un
incremento di segnale. Il range lineare esprime l'intervallo di concentrazione nel quale il segnale varia
linearmente con la concentrazione.

Alcune definizioni importanti.

SELETTIVITÀ. È la capacità di un metodo analitico di non risentire della presenza di interferenti o di altri
componenti diversi dall’analita in esame.

SENSIBILITÀ. È la capacità di discriminare


tra piccole differenze di concentrazione di
analita. A livello puramente matematico
rappresenta la pendenza della curva di
calibrazione in corrispondenza della
concentrazione a cui si sta lavorando. La
maggior parte delle curve di calibrazione
in chimica è lineare, in questi casi la
sensibilità risulta uguale al coefficiente
angolare, 𝑚, ed è indipendente dalla
concentrazione dell’analita.

LIMITE DI RIVELABILITÀ E
QUANTIFICAZIONE. identifica il limite inferiore di concentrazione sotto il quale il campione non può essere
rilevato o quantificato con sufficiente probabilità statistica. È uguale al rapporto fra un numero k di
deviazioni standard del bianco e la sensibilità.

Il limite di rivelabilità (o minima quantità rivelabile, o LDR, o LOD), è la più piccola concentrazione di analita
che ha un segnale significativamente distinguibile dal segnale del bianco. È possibile distinguere tra un
segnale analitico e le fluttuazioni statistiche del bianco quando il primo è almeno 𝜎 volte superiore alle
variazioni casuali del secondo. Un segnale di intensità pari a tre volte la deviazione standard del bianco,
cioè pari a 3𝜎, viene riconosciuto come un segnale reale. Quando un segnale è maggiore del limite di
rivelabilità possiamo dire che l’analita è presente nel campione, ma per stabilire il limite oltre il quale è
legittimo seguire misure quantitative è necessario definire il limite di quantificazione, pari a 33𝜎.

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