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Bioenergetica e metabolismo

Il termine metabolismo deriva dal greco e signifi ca cambiamento.

Quando parliamo di metabolismo facciamo riferimento ad un complesso di reazioni chimiche e fisiche, che
avvengono nel nostro organismo, e sono fondamentali affinché l’organismo stesso rimanga in vita. Non a
caso, il metabolismo viene associato alla bioenergetica, che può essere definita come lo studio quantitativo
delle variazioni energetiche che avvengono nelle cellule.

Le cellule e gli organismi devono produrre lavoro per vivere, per crescere e per riprodursi. La capacità di
catturare energia e di incanalarla in processi che producono un lavoro biologico è una delle proprietà
fondamentali di tutti gli organismi viventi: questi sono, infatti, capaci di operare una grande varietà di
trasduzioni energetiche, cioè conversioni di una forma di energia in un’altra più utile in quel momento. Essi
usano l’energia chimica presente nelle sostanze nutrienti per favorire i processi di sintesi delle molecole
complesse partendo da precursori semplici e producendo macromolecole con strutture altamente ordinate.
Possono convertire l’energia chimica di diversi tipi di sostanze nutrienti in gradienti di concentrazione,
gradienti elettrici, movimento e calore.

Ruolo della termodinamica nelle trasformazioni biologiche dell’energia


Negli organismi, tutte le variazioni energetiche dipendono da un flusso di elettroni che vengono trasmessi
da una molecola all’altra mediante delle reazioni chimiche. Tuttavia, questo flusso energetico, oltre che
essere regolato da leggi chimiche è regolato anche da leggi fisiche, in particolare dalle due leggi
fondamentali della termodinamica.

1. La prima è il principio di conservazione dell’energia: in qualsiasi modificazione chimica o fisica, la


quantità totale di energia nell’universo resta costante; l’energia può cambiare forma o essere
trasferita da una zona a un’altra, ma non può essere né creata né distrutta.
2. La seconda legge della termodinamica, che può essere espressa in modi diversi, dice che l’universo
tende ad essere sempre più disordinato: in tutti i processi naturali, l’entropia tende ad aumentare.

Queste due notazioni devono essere riportate ad una reazione chimica: ci sono tre entità termodinamiche
che descrivono pienamente le variazioni di energia che avvengono in una reazione chimica.

 L’energia libera di Gibbs, G, è una misura dell’energia in grado di produrre lavoro resa disponibile
durante una reazione a temperatura e pressione costanti. Quando una reazione procede con il
rilascio di energia libera (cioè quando il sistema si modifica da uno stato più ricco di energia libera
verso uno stato più povero), la variazione di energia libera ha un valore negativo e la reazione viene
detta esoergonica. Nelle reazioni endoergoniche il sistema guadagna energia libera e il 𝜟G è
positivo.
 L’entalpia, H, è il contenuto termico del sistema che sta reagendo; esso riflette il numero e il tipo di
legami chimici dei reagenti e dei prodotti. Quando una reazione chimica rilascia calore, viene detta
esotermica; se il contenuto termico dei prodotti è minore di quello dei reagenti, 𝜟H ha un valore
negativo. Un sistema chimico che assume calore è detto endotermico e ha un 𝜟H di valore positivo.
 L’entropia, S, è un’espressione quantitativa della casualità e del disordine di un sistema. Quando i
prodotti sono meno complessi e più disordinati dei reagenti, la reazione presenta un guadagno
entropico.

Nelle condizioni esistenti nei sistemi biologici (a temperatura e pressione costanti), le variazioni di energia
libera, di entalpia e di entropia sono tra loro correlate dall’equazione:

ΔG=ΔH −TΔS
Dove, l’energia libera è intesa come energia utilizzabile, la variazione di entalpia come energia disponibile e
la variazione di entropia come energia dispersa.

Questa legge ci permette di vedere quali sono le condizioni in cui la reazione può procedere senza
aggiungere ulteriore energia e viene applicata in quelle che sono definite come condizioni standard:

 Pressione esterna = 1 atm;


 Concentrazione di 1 M, intesa ad un valore di pH pari a 7;
 Temperatura di 25°C (298 K).

Le costanti fisiche basate sulla convenzione dello stato standard biochimico sono chiamate costanti
standard e sono indicate da un apice (°).

La variazione di energia libera standard è correlata alla costante di equilibrio


La composizione di un sistema che sta reagendo (una miscela di reagenti e di prodotti chimici) tende a
cambiare continuamente finché non viene raggiunto l’equilibrio (in realtà, in un organismo è difficile
raggiungere l’equilibrio perché in condizioni vitali ci sono tanti fattori che vanno ad incidere su temperatura,
pressione, concentrazione ecc.…). Alle concentrazioni di equilibrio le velocità della reazione in un senso e in
senso contrario sono uguali. Le concentrazioni dei reagenti e dei prodotti all’equilibrio definiscono la
costante di equilibrio, K eq .

Considerando la generica reazione: aA +bB ↔ cC+ dD , la costante di equilibrio della reazione è data da:

dove [A], [B], [C] e [D] sono le concentrazioni molari al punto di equilibrio.

Quando un sistema non è all’equilibrio, la tendenza a spostarsi verso l’equilibrio diventa la forza trainante, la
cui intensità è espressa dalla variazione di energia libera della reazione. In condizioni standard la forza che
spinge il sistema verso l’equilibrio è la variazione di energia libera standard. Esiste una relazione semplice
tra la variazione di energia libera e la costante di equilibrio allo stato standard:

La variazione di energia libera standard di una reazione chimica è semplicemente un modo matematico
alternativo di esprimere la sua costante di equilibrio.

 Se la costante è pari a 1, allora l’energia libera sarà uguale a 0;


 Se la costante è maggiore di 1, allora l’energia libera sarà negativa (la reazione è spontanea): ci sarà
una variazione di energia tale da consentire la trasformazione dei reagenti in prodotti.
 Se la costante è minore di 1, allora l’energia libera sarà positiva (la reazione non è spontanea): non
ci sarà una variazione di energia tale da consentire la trasformazione dei reagenti in prodotti.

Può essere d’aiuto, infatti, considerare la variazione di energia libera standard anche in un altro modo. Il
valore di 𝜟G° corrisponde alla differenza tra l’energia libera dei prodotti e dei reagenti [questo ci consente di
capire perché valori negativi consentono processi spontanei, e valori positivi no].

Facciamo un esempio: quando il glucosio entra nelle cellule viene immediatamente fosforilato (per
impedirne la fuoriuscita). Questa fosforilazione è una reazione non spontanea in quanto la variazione di
energia libera è positiva, dunque avverrà con molta difficoltà. Tuttavia, sebbene questa condizione, noi
sappiamo che la fosforilazione avviene continuamente dal momento in cui il glucosio è una fonte
necessaria; cosa succede? Affinché avvenga la fosforilazione viene sfruttato l’ATP: viene idrolizzato ad ADP,
mediante una reazione esoergonica, tant’è che ha una variazione di energia libera pari a -7. Dunque, se la
prima reazione ha un 𝜟G=3 e la seconda =-7, la reazione complessiva avrà un 𝜟G=-4 e sarà perciò
esoergonica. Questo esempio ci fa capire che le variazioni di energia libera si possono sommare nel
momento in cui andiamo a considerare reazioni sequenziali.

Reazioni biochimiche più comuni


Abbiamo definito il metabolismo come un complesso di reazioni, tuttavia, le reazioni metaboliche più
frequenti sono riconducibili a quattro tipi: (1) reazioni che formano un legame carbonio-carbonio, quindi
reazioni di condensazioni; (2) reazioni che rompono legami tra due atomi, quindi reazioni di idrolisi; (3)
riarrangiamenti molecolari, cioè reazioni che implicano trasferimenti di gruppi chimici all’interno di una
stessa molecola, che permette la formazione di una nuova molecola (modella il prodotto) più utile a quel
particolare scopo (dargli una funzione diversa); (4) reazioni di ossidoriduzione, che prevedono un
trasferimento elettronico.

Da un punto di vista energetico: le reazioni di idrolisi sono reazioni che producono energia, quindi
esoergoniche; le reazioni di condensazione sono reazioni endoergoniche perché la formazione di un legame
implica l’utilizzo di energia; il riarrangiamento e le ossidoriduzioni sono modulabili, cioè possono produrre o
utilizzare energia a seconda delle condizioni a cui sono sottoposte

Rivediamo due principi chimici di base:


1) Un legame covalente consiste di una coppia di elettroni condivisi, e può essere scisso in due modi:
i. Scissione omolitica= ciascun atomo si stacca dal legame sotto forma di radicale e porta con
sé un solo elettrone.
ii. Scissione eterolitica= è la più comune, uno dei due atomi trattiene ambedue gli elettroni di
legame.
2) Molte reazioni biochimiche coinvolgono interazioni tra nucleofili (= gruppi funzionali ricchi di
elettroni e perciò capaci di donarli) ed elettrofili (= gruppi funzionali poveri di elettroni e perciò
capaci di accettarli).
Reazioni che formano o spezzano un legame carbonio-carbonio. La scissione eterolitica del legame
C-C produce un carbanione e un carbocatione. Di converso, la formazione di un legame C-C comporta la
combinazione di un carbanione nucleofilico e un carbocatione elettrofilico. I carbocationi e i carbanioni
sono così instabili che la loro formazione come intermedi di reazione può essere energeticamente troppo
costosa, anche in presenza di un catalizzatore enzimatico. Ai fini della biochimica cellulare sono reazioni
impossibili, a meno che non venga fornito un aiuto chimico sottoforma di gruppi funzionali che contengono
atomi elettronegativi (O e N), in grado di alterare la struttura elettronica di atomi di carbonio adiacenti in
modo da stabilizzare e facilitare la formazione di carbocationi e carbanioni intermedi.
La condensazione aldolica (più comune) è una via comune di formazione del legame C-C in cui un
carbanione agisce da nucleofilo e un carbonio carbonilico funge da elettrofilo; la reazione aldolasica, che
converte un composto a sei atomi di carbonio in due composti a tre atomi di carbonio durante la glicolisi, è
una condensazione aldolica in senso inverso. Nella condensazione di Claisen, il carbanione viene
stabilizzato dal carbonile di un estere adiacente; un esempio è la sintesi del citrato nel ciclo dell’acido citrico.

Reazioni di ossidoriduzione. La transizione da uno stato di ossidazione all’altro è di cruciale importanza


nel metabolismo. Ogni ossidazione è accompagnata da una riduzione!

esempio di ossidoriduzione
Considerazioni generali sul metabolismo
Il metabolismo, la somma di tutte le trasformazioni chimiche che avvengono in una cellula o in un
organismo, opera attraverso una serie di reazioni catalizzate da enzimi che costituiscono le vie metaboliche.
Ognuna delle tappe di una di queste vie produce una piccola ma specifica modificazione chimica, di solito la
rimozione, il trasferimento o l’aggiunta di uno specifico atomo o gruppo funzionale. In queste successioni di
tappe, le vie metaboliche, le molecole di precursore vengono convertite in prodotti attraverso una serie di
intermedi metabolici chiamati metaboliti. Il termine metabolismo intermedio viene spesso usato per
indicare tutte le attività di quelle vie metaboliche che interconvertono precursori, metaboliti e prodotti con
una massa molecolare relativamente bassa.

Il catabolismo è la fase degradativa del metabolismo, in


cui le molecole organiche dei nutrienti (carboidrati, grassi
e proteine) vengono convertiti in prodotti finali più
semplici. Le vie cataboliche rilasciano energia, parte
della quale viene conservata mediante la produzione di
ATP e di trasportatori di elettroni in forma ridotta (NADH,
NADPH, FADH2); la parte rimanente viene rilasciata sotto
forma di calore.

Nell’anabolismo, chiamato anche biosintesi, i


precursori semplici uniti tra di loro per costruire molecole
complesse più grandi come lipidi, i polisaccaridi, le
proteine e gli acidi nucleici. Le reazioni anaboliche hanno
bisogno di un rifornimento di energia, in genere sotto
forma del potenziale di trasferimento del gruppo
fosforico dell’ATP e del potere riducente di NADH,
NADPH, FADH2.

Le vie metaboliche possono essere lineari o ramificate, generando prodotti finali diversi a partire da un
unico precursore, oppure convertendo diversi materiali di partenza in un unico prodotto finale. In gemere,
le vie cataboliche sono convergenti (diversi reagenti->unico prodotto), mentre le vie anaboliche sono
divergenti (unico reagente -> diversi prodotti). Alcune vie sono cicliche: una delle molecole di partenza della
via viene rigenerata in una serie di reazioni.
In generale, tutte le vie metaboliche devono (1) avere reazioni singole specifiche e (2) fare in modo che
l’intero percorso sia termodinamicamente favorito. Le intere vie metaboliche si organizzano tra di loro, ma
non c’è mescolamento, c’è sempre una discreta limitazione a livello dei vari comparti cellulari e ogni via
richiede specifiche reazioni.

ATP: la principale fonte energetica dei sistemi biologici


In che modo viene prodott a energia, e in che modo avviene il suo trasferimento ai processi
che la richiedono?

L’ATP (adenosina trifosfato) è la molecola chiave dei processi metabolici: è una valuta energetica che collega
il catabolismo e l’anabolismo.

Le cellule ottengono energia libera in forma chimica attraverso il catabolismo delle molecole di sostanze
nutrienti e usano questa energia per produrre ATP, a partire da ADP e Pi. L’ATP dona poi una parte della sua
energia libera ai processi endoergonici, come la sintesi di intermedi metabolici e di macromolecole da
precursori semplici, il trasporto di sostanze attraverso le membrane contro un gradiente di concentrazione e
il movimento meccanico.

L’ATP è una molecola costituita da adenosina e da tre gruppi


fosfato. L’adenosina è un nucleoside formato da adenina e da
uno zucchero a cinque atomi di carbonio, il ribosio; i tre
gruppi fosfato sono collegati in serie con il ribosio. I legami
che mantengono uniti gli ultimi due gruppi fosfato
posseggono un elevato livello di energia e, per tali motivi,
vengono comunemente detti legami altamente energetici.
Idrolisi dell’ATP
Perché la cellula acconsente in maniera

molto veloce l’idrolisi dell’ATP?

La scissione idrolitica del legame anidridico (fosfoanidridico), che impegna il gruppo fosforico terminale
dell’ATP, determina l’allontanamento di uno dei tre gruppi fosforici carichi negativamente.

L’idrolisi dell’ATP è una reazione esoergonica. Il nostro nucleotide è in grado di liberare energia grazie
all’idrolisi che porta alla formazione di adenosindifosfato o di adenosinmonofosfato e pirofosfato. Queste
due reazioni liberano una certa quantità di energia, che però è variabile a seconda della reazione in esame:
la seconda, infatti, libera più energia.

Ci sono una serie di ragioni che favoriscono questa reazione di idrolisi:


 L’ATP è una molecola carica negativamente, le cui cariche negative sono quattro (una su ogni
ossigeno); quando avviene una reazione di idrolisi si forma una molecola di ADP, che presenta,
invece, tre cariche negative. Il fatto che queste cariche siano minori in numero tende a stabilizzare
la molecola di ADP rispetto a quella di ATP (si riduce l’attrazione elettrostatica). Quindi, in
conclusione, possiamo dire che l’idrolisi è stimolata, in primis dal fatto che la molecola che si forma
è più stabile.
 Il fosfato che si libera ha un fosforo al centro che lega quattro ossigeni. Questi quattro legami sono
di fatto uguali (l’H può legarsi a qualsiasi dei 4 ossigeni) e pertanto la molecola risulterà essere
stabilizzata per risonanza. Anche in questo caso, il fatto che venga promossa la formazione di una
specie stabilizzata per risonanza tende a promuovere la reazione di idrolisi.
 L’ADP e il fosfato inorganico che risultano dalla reazione di idrolisi sono facilmente idratabili, e
questa idratazione avviene più facilmente rispetto all’idratazione dell’ATP. In questo modo ADP e
pirofosfato sono stabilizzati per idratazione.

L’ATP è un composto molto duttile: si può modulare la quantità di energia che deve rilasciare a seconda di
quanti legami va ad idrolizzare

Tuttavia, l’idrolisi spontanea è scarsa perché si tratta di un composto metastabile, a causa delle cariche
negative dei fosfati.

In che modo l’ATP è in grado di fornire l’energia necessaria a far avvenire processi altrimenti
termodinamicamente impossibili (anabolismo e lavoro)?
Attraverso il fenomeno dell’accoppiamento energetico: l’energia prodotta nel catabolismo viene accoppiata
alla formazione di legami fosfoanidridici dell’ATP. L’energia necessaria per rendere esoergoniche le reazioni
anaboliche (che sono processi endoergonici) viene accoppiata all’idrolisi di legami fosfoanidridici dell’ATP.

Nelle reazioni accoppiate, l'energia liberata da una reazione spontanea viene sfruttata per modificare i
reagenti di una reazione endoergonica, in modo che quest'ultima avvenga spontaneamente.

Affinché lo “stratagemma” delle reazioni accoppiate funzioni, occorre che le reazioni avvengano


simultaneamente. Inoltre, è necessario che:
 La reazione spontanea sia sufficientemente esoergonica affinché il valore negativo del suo ΔG
prevalga sul valore positivo del ΔG della reazione endoergonica.
 Le reazioni abbiano una o più sostanze in comune.
In quali sedi l’energia prodotta durante il catabolismo viene intrappolata nell’ATP?
Nelle navette che lo trasportano da un composto all’altro.

L’ATP fornisce energia mediante trasferimenti di gruppi, non per semplice


idrolisi
L’idrolisi di ATP di per sé libera solo calore, che non può essere utilizzato in un sistema isotermico per
guidare un processo chimico. Si tratta quasi sempre di un processo a due tappe:

1. Una parte della molecola dell’ATP, un gruppo fosforico, pirofosforico o l’adenilato (AMP), viene
prima trasferita a una molecola di substrato o ad un residuo amminoacidico di un enzima. Il
trasferimento di questi gruppi tramite la formazione di un legame covalente porta anche
all’aumento del contenuto in energia libera del substrato o dell’enzima.
2. Nella seconda fase, l’unità contenente il gruppo fosforico, trasferita nella prima fase, viene rilasciata
generando Pi , PP i o AMP come gruppi uscenti.
Quindi, l’ATP partecipa covalentemente alla reazione catalizzata enzimaticamente a cui deve fornire energia
libera.

Il trasferimento di gruppi fosforici dall’ATP diventa possibile solo in presenza di enzimi specifici in grado di
abbassare l’energia di attivazione. La cellula è quindi in grado di controllare la distribuzione dell’energia
trasportata dall’ATP regolando le concentrazioni degli enzimi che lo utilizzano.

Produzione di ATP
Come fa la cellula a produrre ATP?

Le reazioni chimiche che portano alla sintesi di ATP avvengono nel mitocondrio, nella sua membrana
interna. Queste reazioni nel complesso fanno parte di quella che iene definita fosforilazione ossidativa, che
produce circa l’85% di ATP.

C’è tuttavia, una piccola percentuale, il 15%, che viene prodotta da altro tipo di reazioni: fosforilazione a
livello del substrato, che utilizza un solo composto che viene scisso e l’energia prodotta viene utilizzata per
fosforilare ADP.

Esistono altri composti fosforilati che hanno un elevato potere di trasferimento energetico?
Chiaramente sì, si tratta di:

 Fosfoenolpiruvato (PEP);
 1,3-bisfosfoglicerato;
 Fosfocreatina.

Sono composti che producono più energia rispetto all’ATP.

Il fosfoenolpiruvato (PEP) contiene un gruppo fosforico legato con un legame estere che può andare

incontro a idrolisi generando la forma enolica del piruvato. Poiché il prodotto dell’idrolisi (piruvato) può
avere due forme tautomeriche (enolica e chetonica), mentre il reagente (PEP) ha una sola forma (enolica), il
prodotto risulta più stabile del reagente.

Un altro composto a tre atomi di carbonio, l’1,3-bisfosfoglicerato, contiene un legame anidridico tra il
gruppo carbossilico sull’atomoC-1 e un acido fosforico. L’idrolisi di questo acilfosfato è accompagnata da una
grande variazione di energia libera standard di segno negativo.
Nella fosfocreatina il legame P-N può essere idrolizzato per generare creatina libera e fosfato inorganico.
Come nei casi precedenti, la reazione è spinta in avanti in quanto il fosfato inorganico e la creatina libera
rilasciati durante la reazione possono esistere in diverse forme di risonanza. Il valore della variazione di
energia libera standard di questa reazione è piuttosto elevato.

Anche i tioesteri, composti nei quali l’atomo di ossigeno del legame estere è sostituito da un atomo di zolfo,
possiedono un’energia libera di idrolisi negativa ed elevata. L’acetil-coenzima A o acetil-CoA è un tioestere
che incontreremo spesso.
Navette di trasporto
I trasportatori attivati possono aiutare il processo di trasferimento di energia prodotta dalle ossidazioni. Nel
passare tutte le tappe abbiamo bisogno di diverse molecole, riportate nella diapositiva come NAVETTE
OSSIDATE, che si ossidano e quindi trasferiscono elettroni.

I trasportatori di elettroni ossidati per le sostanze nutritive sono molecole che accettano elettroni che si
producono durante l’ossidazione. Le molecole che adempiono meglio a tale compito sono dei particolari
trasportatori che possono essere nucleotidi piridinici o flavine.

Il nicotinammide adenin dinucleotide (NAD; NAD+ nella sua forma ossidata) e il suo analogo nicotinammide
adenin dinucleotide fosfato (NADP; NADP+) sono composti da due nucleotidi uniti mediante un legame
fosfoanidridico tra i loro gruppi fosforici. Poiché l’anello nicotinammidico ricorda la piridina, questi composti
vengono chiamati nucleotidi piridinici.

Quando una molecola di substrato va incontro a ossidazione (deidrogenazione), perdendo due atomi di
idrogeno, la forma ossidata di coenzima (NAD+ o NADP+) accetta uno ione idruro (:H-, l’equivalente di un
protone e di due elettroni) e si trasforma nella forma ridotta (NADH o NADPH).

Il NAD+ in genere opera nelle ossidazioni, di solito come parte delle reazioni cataboliche, mentre il NADPH è
di solito il coenzima nelle riduzioni, quasi sempre in reazioni anaboliche.

Le flavoproteine sono enzimi che catalizzano reazioni di ossidoriduzione usando come coenzimi sia il flavin
mononucleotide (FMN) sia il flavin adenin dinucleotide (FAD). Le forme ridotte di questi coenzimi sono
abbreviate come FADH2 e FMNH2. Possono accettare uno o due elettroni e uno o due protoni. Le
flavoproteine servono anche come recettori della luce nei criptocromi e nelle fotoliasi.

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