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LA BIOCHIMICA

Descrive in termini molecolari le strutture, i


meccanismi, i processi chimici delle cellule
viventi e una serie di principi organizzativi
validi per tutti gli organismi. Spiega le forme
biologiche e le loro funzioni in termini
chimici.

Gli organismi viventi sono composti da


cellule. L’organizzazione della cellula
eucariotica consente di sopravvivere in
ambienti ostili, estrarre dall’ambiente i principi
di cui la cellula ha bisogno, riprodursi, svolgere
funzioni specifiche, eliminare prodotti di scarto
ed autoeliminarsi quando necessario per dare
l’opportunità a nuove cellule di rimpiazzare
quelle vecchie.
➔ Le scienze che finiscono con la desinenza -omica sono scienze che studiano un
determinato campo nella sua totalità.

LE CARATTERISTICHE UNICHE DEGLI ESSERI VIVENTI


➢ Un alto grado di complessità chimica e di organizzazione a livello microscopico.
Migliaia di molecole diverse non viventi interagiscono formando l’intricata struttura
vivente interna delle cellule.

➢ Sistemi capaci di estrarre, trasformare e utilizzare l’energia dell'ambiente, che


consentono agli organismi viventi di costruire e mantenere le loro strutture
complesse e di svolgere un lavoro meccanico, chimico, osmotico ed elettrico. Si
classificano in base alla fonte di energia e alla fonte di carbonio che usano per la
sintesi del materiale cellulare (vedi dopo).

➢ Componenti cellulari con funzione specifica e in grado di interagire in modo


controllato. Tutto l'insieme delle molecole segue un programma finalizzato ad auto
perpetuare la vita.

➢ Meccanismi per percepire e rispondere ad alterazioni dell’ambiente circostante. Gli


organismi si adattano continuamente alle variazioni ambientali.

➢ Capacità di autoriprodursi di auto-organizzarsi. Una singola cellula batterica posta in


un mezzo ricco di nutrienti può dare origine a un miliardo di cellule figlie identiche nel
giro di 24 ore.

➢ Capacità di cambiare nel tempo attraverso un'evoluzione graduale. Gli organismi


viventi sono in grado sopravvivere al mutare delle condizioni ambientali. La
biochimica descrive in termini molecolari le strutture, i meccanismi e i processi
chimici comuni a tutti gli organismi viventi.
La complessità delle strutture delle
cellule è ottenuta dalla organizzazione
di molecole relativamente semplici:
➢ 20 aminoacidi (mattoni delle
proteine) precursori di ormoni,
pigmenti e substrati energetici.
➢ 5 basi nucleotidiche, mattoni di
DNA, RNA, trasportatori di
energia.
➢ meno di 10 zuccheri (substrati
energetici, elementi di
riconoscimento energetico).
➢ decine di tipi diversi di acidi
grassi, mattoni delle
membrane e substrati energetici.

➔ 25 dei 92 elementi naturali sono costituenti essenziali dei viventi ma solo 4 (C, O, H,
N) costituiscono il 96% della materia vivente.

I gruppi funzionali più importanti ⇒

La biochimica comprende lo studio delle


biomolecole, la loro organizzazione, le
interazioni e le trasformazioni che
subiscono nelle cellule. In generale le
biomolecole sono:
➢ Macromolecole, molecole
complesse che possono contenere migliaia di atomi (principalmente C, H e O),
➢ Composti polifunzionali, cioè contengono due o più gruppi funzionali diversi,
➢ In molti casi polimeri formati dall’unione di composti organici più piccoli chiamati
monomeri.
Le biomolecole sono suddivise in quattro classi:
➢ carboidrati (funzione energetica e strutturale);
➢ lipidi (funzione energetica e strutturale);
➢ proteine (funzione strutturale e regolatrice);
➢ acidi nucleici (contengono le informazioni biologiche trasmissibili alle cellule figlie,
DNA, RNA).
LE MACROMOLECOLE

Le macromolecole sono polimeri di grandi dimensioni (PM>1000 Dalton). I polimeri si


formano a partire da una serie di molecole più piccole (monomeri) legate covalentemente I
monomeri costituenti un polimero possono essere tutti uguali oppure diversi, ma con simile
struttura chimica. Le macromolecole svolgono funzioni strutturali, di deposito d’energia,
catalisi, trasporto, difesa,
regolazione, movimento. Poche
subunità monomeriche disposte in
sequenze lineari possono specificare
per un numero straordinariamente
elevato di messaggi complessi. Per
un polimero di 8 monomeri, le
possibili combinazioni sono n8, dove
n è il numero di diversi monomeri a
disposizione (per il DNA n=4).

Una reazione di
condensazione lega fra
loro monomeri, con un
legame covalente, a
formare un polimero con
l’eliminazione di una
molecola d’acqua.

Una reazione di idrolisi


rompe un legame
covalente e stacca un
monomero da un
polimero utilizzando una molecola d’acqua.

I METABOLITI

La fase acquosa nel citosol di tutte le cellule contiene un migliaio di piccole molecole
organiche diverse presenti in concentrazione da micro a millimolari. Queste molecole
costituiscono i metaboliti che partecipano alla maggior parte dei processi che avvengono in
quasi tutte le cellule; esse sono polari o cariche, e quindi solubili in acqua, e restano
intrappolate all'interno della cellula. I metaboliti secondari sono biomolecole con funzioni
specifiche prodotti da particolare cellule, come quelle vegetali, tra cui i profumi emessi dalle
piante o molecole come la morfina, la caffeina e la nicotina che producono effetti a livello del
SNC sugli esseri umani. L’insieme delle piccole molecole presenti in una data cellula in
condizioni specifiche e’ definito metaboloma , in analogia con il termine genoma. La
metabolomica è la caratterizzazione sistematica del metaboloma in condizioni altamente
specifiche.
LE REAZIONI CHIMICHE

La spontaneità di una reazione chimica o biochimica è in relazione


con la variazione di energia libera di Gibbs.

L'energia libera di Gibbs è una funzione di stato usata in


termodinamica per rappresentare l'energia libera nelle
trasformazioni a temperatura e pressione costante e in chimica per
determinare se, ad una temperatura nota, una reazione chimica avviene spontaneamente o
meno. L'energia libera di Gibbs è
definita come: ⇒

A pressione costante, il calore di reazione si chiama entalpia di


reazione (H) e la variazione di entalpia (ΔH) è la quantità di
calore assorbito o liberato da una reazione senza variazione di
pressione. L'entalpia esprime il contenuto termico totale di cui
dispone un sistema e tiene conto sia della variazione di energia
interna del sistema che reagisce, sia del lavoro che esso compie
sull'ambiente.
➢ Se ΔH < 0 la reazione è esotermica, cioè libera calore,
che viene indicato tra i prodotti.
➢ Se ΔH > 0 la reazione è endotermica, cioè assorbe
calore dall'ambiente, che si raffredda.
➢ Se ΔH = 0 la reazione è atermica, cioè non vi è scambio
di calore tra sistema e ambiente.
Un sistema tende spontaneamente ad assumere lo stato cui
corrisponde il contenuto energetico più basso possibile perciò
sono favorite le reazioni esotermiche (ΔH < 0).

Ci sono delle reazioni che, pur essendo endotermiche,


avvengono spontaneamente e reazioni esotermiche che non
avvengono.

L'entropia (S) è la misura del grado di disordine di un sistema e tiene conto sia del calore
che della temperatura assoluta alla quale il sistema si trova. In base al secondo principio
della termodinamica, ogni sistema isolato tende spontaneamente ad aumentare il suo grado
di disordine per raggiungere lo stato più probabile, e quindi la somma dell'entropia del
sistema e quella dell'ambiente aumenta sempre. L'entropia dipende solo dallo stato iniziale e
finale e non dal percorso compiuto (funzione di stato) e si misura in J/K·mol.
Sono favorite le reazioni dove c'è un aumento di entropia (ΔS > 0).
L'equilibrio chimico è la condizione dipendente dalla temperatura in cui le concentrazioni
delle specie chimiche, presenti in una
reazione chimica, complessivamente non
variano nel tempo. Si può dire anche che
una reazione è all'equilibrio quando la
concentrazione dei prodo] e dei reagenti
rimane sempre costante, nonostante la
reazione non sia ferma; nel senso che
essa continua ad avvenire ma non porta a
nessun aumento o diminuzione di
concentrazione dei prodo] e dei reagenti
essendo uguali i valori delle due velocità
della reazione: quella diretta e quella
inversa. Come si intuisce dalla definizione,
si tratta di un equilibrio dinamico (non statico).

La costante di equilibrio si indica con “K”eq:

I fattori in grado di influenzare la velocità di reazione sono:

➢ Concentrazione dei reagenti: la velocità aumenta all' aumentare della


concentrazione. L'equazione che mette in relazione velocità di reazione con
concentrazione dei reagenti è detta legge cinetica.

➢ Superficie di contatto: all'aumentare della superficie di contatto aumenta la velocità di


reazione.

➢ Temperatura: all'aumentare della temperatura aumenta la velocità di reazione,


mediamente di 2 volte ogni 10°C di temperatura.

➢ Presenza di catalizzatori: molte reazioni avvengono molto lentamente se non


catalizzate da sostanze inorganiche (catalizzatori) o organiche (enzimi).

➢ Il principio di Le Châtelier afferma che ogni sistema tende a reagire ad una modifica
impostagli dall'esterno diminuendone gli effetti, questo significa che se l'equilibrio
viene perturbato questo si sposterà verso prodotti o reagenti in modo tale da opporsi
al cambiamento e ripristinare delle nuove condizioni di equilibrio.

I fattori che possono perturbare l'equilibrio sono:


➢ Variazione della concentrazione (o della pressione parziale) di reagenti o prodotti.
➢ Variazione della pressione totale.
➢ Variazione della temperatura.
Gli enzimi accelerano le reazioni anche di un milione
di volte. Se non ci fossero gli enzimi la maggior parte
delle reazioni dei sistemi biologici procederebbe a
velocità non apprezzabili.
➔ Uncat: in assenza di catalizzatori (es: enzimi).
➔ Cat: in presenza di catalizzatori.

Il metabolismo è l’insieme di tutte le reazioni che


hanno luogo nella cellula. Il catabolismo raccoglie le vie degradative, vie che rilasciano
energia. L’anabolismo raccoglie le vie biosintetiche, vie che richiedono energia e che a
partire da intermedi semplici portano a molecole complesse. Il metabolismo viene regolato
per ottenere la massima economia Le cellule si possono considerare motori chimici
autoregolati che lavorano in base al principio della massima economia. L’esempio nella
figura riguarda la regolazione tipica di una via biosintetica (anabolismo). Si tratta di un
controllo negativo (o feedback negativo) che permette di bilanciare correttamente la
produzione e l’utilizzo di ogni intermedio metabolico.
STEREOISOMERI ED ENANTIOMERI

La stereoisomeria delle molecole


organiche è la presenza di un atomo di
carbonio legato a quattro gruppi diversi.
L'importanza della stereoisomeria risiede
nel fatto che, a parte i composti
inorganici e poche semplici molecole
organiche, la maggioranza delle
biomolecole presenta questo tipo di
isomeria. Inoltre, essa interessa circa la
metà di tutti i farmaci utilizzati dall'uomo.
Gli stereoisomeri possono essere:
enantiomeri (immagini speculari non
sovrapponibili) e diastereoisomeri (non
speculari). Racemo = mix 1:1 di due
enantiomeri.

Nelle proteine si trovano solo L-amminoacidi.

Gli enantiomeri hanno diverse attivita’ biologiche. Due enantiomeri, essendo composti
diversi, devono avere nomi diversi. Il farmaco da
banco ibuprofene (Moment, Brufen, farmaci
antinfiammatori non steroidei (FANS) dotaR di
proprietà analgesica, antinfiammatoria e
antropica), ad esempio, presenta enantiomeri ed
esiste nelle due forme rappresentate.
Enantiomeri sbagliati possono produrre
conseguenze drammatiche.

AMMINOACIDI NELLE PROTEINE


➔ R apolare - alifatico: glicina,alanina,prolina,valina,leucina,isoleucina,metionina.
➔ R aromatico: triptofano,fenilalanina,tirosina.
➔ R polare - non carico,gruppo tiolico : serina, treonina,
asparagina,glutammina,cisteina.
➔ R carico positivamente: lisina,arginina,istidina.
➔ R carico negativamente: aspartato,glutammato.

La metionina appartenente al gruppo R


apolare - alifatico è il 1° amminoacido di tutte
le proteine nascenti e il principale donatore di
gruppi metilici.

La cisteina (Cys, C) è un amminoacido con catena


laterale R polare, non carica, caratterizzata da un gruppo
tiolico (-SH). La Cys può essere facilmente ossidata a
formare una struttura dimerica, detta cistina, in cui due
residui amminoacidici si legano covalentemente grazie
ad un ponte disolfuro. I ponti disolfuro sono spesso
presenti nelle proteine e ne stabilizzano la struttura tridimensionale.

La glicina è amminoacido più piccolo non


chirale. ⇒

La prolina è un ammina secondaria che ricorda la


pirrolidina. ⇓

Gli amminoacidi del gruppo R


apolare - aromatico assorbono luce
UV, gli altri amminoacidi proteici non
assorbono nel visibile, e sono responsabili
delle proprietà spettroscopiche delle
proteine.

Gli amminoacidi del


gruppo R polare - non
carico formano legami a
idrogeno con acqua. ⇒

⇐ Nel gruppo R polare – gruppo alcolico troviamo la tirosina, la


serina e la treonina(alcool secondario).
➔ Glucogenici: tutti gli AA dal cui
catabolismo otteniamo acido piruvico
o un intermedio del ciclo di Krebs e
che quindi possono essere utilizzati
per riformare glucosio (Asp, Glu, Asn,
Gln, His, Pro, Arg, Gly, Ala, Ser, Cys,
Met, Val).

➔ Chetogenici: gli AA dal cui


catabolismo otteniamo acetilCoA o
acetoacetilCoA, che quindi non
possono essere utilizzati per
riformare glucosio (leucina e lisina).

➔ Sia chetogenici che glucogenici: dal


loro catabolismo otteniamo acido piruvico o un intermedio del ciclo di Krebs, oltre che
acetil CoA o acetoacetilCoA (Phe, Tyr, Trp, Ile, Thr).

La desmosina appartiene agli amminoacidi rari, utile per l’Elastina ossia una proteina della
matrice extracellulare.

Gli amminoacidi
non proteici non
presenti nelle
proteine.

Ornitina e
Citrullina sono
importanti
intermedi nel
ciclo dell’urea e
nella biosintesi
dell’arginina.
IL LEGAME PEPTIDICO
LE PROTEINE

Livelli di struttura delle proteine: la struttura primaria consiste in una sequenza di aminoacidi
legati da legami peptidici e include ponti disolfuro. Il peptide può poi essere ripiegato in unità
di struttura secondaria come le alpha eliche, beta-foglietti o loop (legami a idrogeno). Queste
strutture si avvolgono ulteriormente stabilizzata da interazioni deboli a formare la struttura
terziaria che se associata ad altre catene polipeptidiche conferisce la struttura quaternaria al
complesso proteico.
L’alfa elica è solitamente destrorsa essendo composta da Lamminoacidi. I singoli dipoli
dell’elica si sommano a formare un elica polarizzata
positivamente all’estremità N-terminale e
positivamente a quella C-terminale.

Foglietti β paralleli e antiparalleli: nei foglietti β, i


filamenti possono essere orientati reciprocamente
in senso antiparallelo, parallelo o misto. In
quest'ultimo caso, i foglietti sono meno stabili e si
incontrano pertanto più raramente nella struttura
delle proteine.

Una proteina con struttura


terziaria (o quaternaria) può
avere diverse porzioni con
strutture alpha-elica e
foglietto beta (paralleli e
antiparalleli), raccordate da
zone ad andamento
apparentemente casuale
(loop, ricchi in glicina e
prolina). Queste regioni sono
flessibili, coinvolti spesso nei
siti di legame, nei siti attivi
degli enzimi e consentono
cambi di direzione rapidi.
Le proteine ripiegate sono
stabilizzate prevalentemente
da interazioni deboli non
covalenti.
I legami peptidici e i ponti
disolfuro sono gli unici legami
covalenti a tenere legati gli
aa. Una struttura proteica
ripiegata è stabilizzata da
migliaia di interazioni deboli
dovute principalmente a:
- Interazioni di van der
Waals.
- Legami ionici (ponti salini).
- Legami tra gruppi carichi
elettrostaticamente.
- Legami idrogeno.
Cosa guida il folding:
➢ Entropia conformazionale
➢ interazioni con il solvente
➢ Effetto idrofobico
➢ Interazioni deboli
➢ ponti disolfuro

L’auto aggregazione di proteine può causare la formazione


di fibre amiloidi che causano malattie. ⇒

Le modificazioni post-traduzionali possono alterare sia la


struttura terziaria sia la stabilità di una proteina.

Le glicoproteine sono proteine contenenti catene


oligosaccaridiche (glicani) legate covalentemente alla
catena polipeptidica. ⇓
Le funzioni delle catene oligosaccaridiche sono svariate:
➔ modulano le proprietà chimico-fisiche (solubilità, viscosità, carica netta, partecipano
ai siti di legame per batteri e virus).
➔ proteggono dalla proteolisi intra o extracellulare.
➔ sono implicate in attività biologiche, per esempio nella gonadotropina carionarica
umana.
➔ hanno effetto sull’inserimento nelle membrane, sulla migrazione e distribuzione
intracellulare e sulla secrezione.
➔ influenzano lo sviluppo e il differenziamento embrionale.
➔ possono modificare i siti delle metastasi selezionati dalle cellule cancerose.
Le proteine possono coniugarsi con legami covalenti ai lipidi (es.
proteine intrinseche), di membrana oppure formano dei complessi
lipoproteici, in cui le proteine e i lipidi
sono legati in modo instabile.
Questo secondo tipo di lipoproteine
possono avere dimensioni e
composizione variabili, si trovano nel
plasma dove mediano il trasporto di
lipidi non idrosolubili.

Le emoproteine sono proteine


molto importanti, coniugate con
una o più unità di eme
(ferro-porfirina); questo gruppo
prostetico contiene un nucleo
centrale metallico chelato da un
tetrapirrolo ciclico (porfirina).

Le proteine sono
strutture modulari
contenenti diverse
porzioni con una
determinata
funzione (chiamate
domini proteici). La
funzione di una
proteina è data
dalla sommatoria
delle funzioni di tutti
i domini di cui è
composta.
IL METABOLISMO

Il metabolismo è il complesso delle reazioni chimiche e fisiche che


avvengono in un organismo o in una sua parte. Molte di queste
trasformazioni della materia sono reversibili e permettono di ricavare
energia dai legami chimici presenti nelle molecole.
➢ Presenza/quantità enzimi: dipende dall’equilibrio tra velocità
di sintesi/degradazione della proteina, insieme alla
regolazione della trascrizione.
➢ Attività catalitica degli enzimi: può essere modificata da
piccole molecole(cofattori) o da modificazione
dell’enzima(fosforilazione).
➢ Accessibilità dei substrati: legata alla compartimentazione
della cellula che mantiene separate le vie degradative dalle
vie biosintetiche.
➢ Ormoni: regolano le vie metaboliche e coordinano l’attività di
diverse cellule in diversi organi.
Gli enzimi sono proteine globulari che agiscono da catalizzatori (attività catalitica) delle
reazioni chimiche. accelerano la velocità delle reazioni anche di un milione di volte senza
subire modificazioni. Se non ci fossero gli enzimi la maggior parte delle reazioni dei sistemi
biologici procederebbe a velocità non apprezzabili. Abbassano l’energia di attivazione di una
reazione chimica. Sono catalizzatori prodotti da cellule viventi ma capaci di agire
indipendentemente da esse. Determinano tutti i processi di degradazione, sintesi,
trasformazione e conservazione dell’energia nella formazione ed evoluzione della materia
vivente. Sono proteine spesso associate ad un metallo o molecola organica.

Gli enzimi si distinguono dai comuni catalizzatori inorganici per le seguenti significative
caratteristiche:
GLI ENZIMI

Sono delle proteine globulari altamente


specializzate con attività catalitica,
accelerano le reazioni chimiche
rimanendo inalterati al termine della
reazione stessa. La loro struttura come
quella delle proteine, è molto complessa
e caratterizzata da una ben precisa
configurazione tridimensionale con
ripiegamenti, rientranze e sporgenze. Gli
enzimi sono in genere molto più grandi
dei substrati su cui agiscono, e solo una
piccola parte dell’enzima è direttamente
coinvolta nella catalisi. La regione che
contiene questi residui catalitici è
conosciuta come il sito attivo. Il sito
attivo dell’enzima è una regione a forma
di fessura o di tasca che instaura legami
con il substrato. Il sito attivo è costituito
da pochi residui di amminoacidi con una
configurazione spaziale ben definita,
complementare a quella del substrato con cui interagisce.
Gli enzimi accelerano le reazioni chimiche, portandole a termine in tempi brevi. Impediscono
reazioni indesiderate (specificità di substrato) e consentono di riutilizzare la stessa
“macchina” più volte minimizzando il dispendio energetico. La loro funzione è regolata
dall’ambiente (temperatura, PH, cofattori).
Alcuni enzimi hanno siti di legame per piccole molecole, che sono spesso prodotti o substrati
della reazione diretta o indiretta catalizzata. Questo legame può servire per aumentare o
diminuire l’attività dell’enzima, fornendo un mezzo per la regolazione a feedback.
Come tutte le proteine, gli enzimi sono lunghe catene lineari di amminoacidi che si piegano
per produrre una struttura tridimensionale. Ogni sequenza di aminoacidi produce una
struttura specifica, che ha proprietà uniche. La maggior parte degli enzimi possono essere
denaturati attraverso
agenti chimici
denaturati. A seconda
dell’enzima, la
denaturazione può
essere reversibile o
irreversibile.
Un enzima è prodotto
in forma inattiva ed è
attivato solo quando
serve. Gli Zimogeni
sono enzimi prodotti in
forma inattiva che
vengono attivati solo
dopo aver subito un
taglio proteolitico che avviene solo nel momento e nella sede opportuni. L’enzima per poter
catalizzare una reazione deve essere in grado di poter interagire con il proprio substrato.
Sono molto specifici e possono discriminare tra molecole molto simili. I gruppi catalitici di un
enzima interagiscono con il substrato e lo preparano (attivano) alla reazione. L’energia
richiesta per abbassare l’energia di attivazione deriva in genere da interazioni deboli non
covalenti (energia di legame) che si formano tra substrato ed enzima nel sito attivo. Queste
interazioni tra enzimi e substrato sono ottimali nello stato di transizione e rappresentano la
maggiore forza trainante della catalisi.
Nell’adattamento indotto il complesso cataliticamente
attivo enzima-substrato è una struttura interattiva:
➢ la forma del sito attivo dell’enzima si modifica
in seguito al legame di S.
➢ l’enzima induce il substrato ad adottare una
forma che mimi lo stato di transizione della
reazione.

I fattori che influenzano la velocità di reazione sono:


➢ temperatura
➢ pH
➢ concentrazione dell’enzima
➢ concentrazione del substrato e isomeria del substrato
➢ nel caso di enzimi allosterici anche la presenza di modulatori positivi e negativi.

La stereospecificità serve come regolazione dell’attività enzimatica, ad esempio l’enzima


chirale riesce a distinguere tra gruppi della molecola stericamente non equivalenti.
Tutti gli enzimi hanno un pH e una T ottimale (o un range) in cui la loro attività è massima. A
valori di pH più bassi o più alti, l’attività enzimatica tende a diminuire.
Questo comportamento non è sorprendente, in quanto le catene laterali degli amminoacidi
possono agire da acidi e basi deboli solo se mantengono un certo grado di ionizzazione.
Una modifica di temperatura o pH altera la struttura tridimensionale della molecola e quindi
la sua funzionalità.

Gli organismi non producono tutti gli enzimi contemporaneamente, alla massima velocità e
in grande quantità, ma solo in base alle necessità, evitando sprechi e accumuli di sostanze
indesiderate, attraverso una fine regolazione o inibizione. La regolazione avviene con diversi
meccanismi, regolazione dei livelli di espressione di ogni specifico enzima nello spazio,
diversi organi,cellule,tessuti, e nel tempo. La regolazione a livello di substrato prevede che
più alta è la concentrazione del substrato, più veloce è la reazione fino alla saturazione,
ossia quando non ci sono più enzimi disponibili.

L’equazione di Michaelis-Menten enuncia che la


velocità è direttamente proporzionale alla
concentrazione del substrato.
Lo studio della cinetica enzimatica è importante per vari motivi:
● aiutano a comprendere come lavorano gli enzimi;
● aiutano a comprendere come lavorano in vivo, le costanti cinetiche Km e Vmax sono
di estrema importanza per capire come gli enzimi si coordinano tra loro a livello
metabolico;
● permettono confronti tra organi e tra specie;
● possono essere usate a scopo clinico-diagnostico.
La modificazione covalente
consiste nel legare
covalentemente o separare
gruppi atomici alle catene
laterali di alcuni amminoacidi.
La risposta è meno immediata e
meno breve di quella allosterica
e adatta la velocità delle
reazioni alle condizioni generali.
Un esempio è la
fosforilazione/defosforilazione di
un enzima mediante enzimi
specifici, rispettivamente chinasi
e fosfatasi. Altre modificazioni
covalenti sono:
adenilazione/uridinilazione;
ADP ribosilazione;
acetilazione/deacetilazione;
metilazione.

Gli enzimi allosterici hanno due siti distinti: il sito attivo e il sito regolatore di attivazione o
inibizione. Nel sito regolatore si inseriscono molecole che modificano leggermente la
struttura dell’enzima, aumentando (attivatori) o diminuendo (inibitori) l’attività nei confronti
del substrato. La regolazione allosterica adatta la velocità delle reazioni enzimatiche alle
condizioni locali e gli enzimi si attivano solo quando il substrato raggiunge elevate
concentrazioni poiché hanno bassa affinità per esso.

L’inibizione retroattiva (feedback negativo) è quando il prodotto finale di una reazione in una
via metabolica
supera una certa
concentrazione, le
sue molecole
cominciano a
inibire in modo non
competitivo l’attività
del primo enzima,
riducendo o
bloccando la via
metabolica.

Molti enzimi si legano reversibilmente o irreversibilmente a molecole, inibitori, che riducono o


bloccano l’attività enzimatica.
Ci sono diversi meccanismi di inibizione:

● Inibizione competitiva:
una molecola simile al
substrato si inserisce nel
sito attivo impedendo
l’accesso di quest’ultimo
perciò non si verifica
alcuna reazione. Questo
dipende dalla
concentrazione relativa
delle due molecole: la più
abbondante si inserisce
nel sito attivo. Un inibitore
competitivo ridurrà
l’affinità enzima substrato,
cioè aumenterà il valore
di KM. Si può rimuovere
aumentando (S). Ad altre
concentrazioni di
substrato la reazione non
viene rallentata e Vmax è
sempre la stessa.

● Inibizione reversibile
non competitiva: una
molecola di inibitore si
inserisce nel sito
allosterico; diverso dal
sito attivo, modificando
temporaneamente la
forma del sito attivo, che
non è più in grado di
legare efficacemente il
substrato e di far
avvenire la reazione. Gli
inibitori non competitivi
agiscono diminuendo il
numero di turnover ma
non agiscono sulla
proporzione di molecole
che legano il substrato.
L’inibizione
incompetitiva non può essere rimossa da un eccesso di substrato. Il substrato piò
ancora legarsi al complesso El oltre che all’enzima da solo. In ogni caso il complesso
ESI non procede verso la formazione dei prodotti. La KM rimane invariata mentre la
Vmax diminuisce, questo perché l’inibitore abbassa semplicemente la
concentrazione dell’enzima funzionale.
Il cofattore è ogni molecola non proteica che si coniuga ad un enzima al fine di facilitare
l’attività dell’enzima. I cofattori possono essere inorganici (metalli) o organici (chiamati
coenzimi o gruppo prostetici).

Gli enzimi coniugati a


ioni metallici sono
chiamati
metalloenzimi, i
metalli sono legati
saldamente alla
struttura proteica e
sono ⅓ di tutti gli
enzimi conosciuti.

Gli enzimi attivati da


metalli richiedono
solo un legame
debole a quest’ultimi.

I coenzimi si legano
reversibilmente
all’enzima, mentre i
gruppi prostetici sono
legati stabilmente alla struttura proteica (gruppo eme). I coenzimi sono spesso derivati dalle
vitamine.
LE VITAMINE

Le vitamine possono essere di origine esogena (alimentazione) o di origine endogena


(piccolissime quantità di vitamine D,K,H,B3).
Le vitamine sono un gruppo eterogeneo di molecole organiche necessarie in piccolissime
quantità nella dieta per la salute, la crescita e la sopravvivenza. L’assenza di una vitamina o
una inadeguata assunzione con la dieta dà caratteristici segni di carenza e può anche
portare alla morte. La quantità di ogni vitamina richiesta nella dieta è piccola.

Le vitamine si dividono in due classi, idrosolubili e liposolubili.

La maggior parte delle vitamine (tutte le vitamine idrosolubili) è utilizzata per la sintesi di
coenzimi, per cui i sintomi della loro carenza sono la conseguenza del blocco di certe
reazioni. Le vitamine non possono essere sintetizzate nel nostro corpo; in alcuni casi
possono essere sintetizzate partendo da un precursore assunto con la dieta.

Le vitamine liposolubili (eccetto la vitamina K) non sono precursori di coenzimi anche se


sono necessarie nell’alimentazione.

Un consumo eccessivo di vitamine, sia liposolubili e idrosolubili, può provocare effetti


deleteri. Alcune vitamine liposolubili (A e D) possono essere immagazzinate nel fegato,
quelle idrosolubili invece devono essere regolarmente assunte con la dieta, dato che non
esiste un sistema di immagazzinamento.
I SALI MINERALI

Altri elementi che devono essere regolarmente introdotti con la dieta sono i sali minerali.

Si dividono in:
➢ Macroelementi: l’apporto giornaliero è nell’ordine di centinaia di mg
(calcio,magnesio,potassio).
➢ Microelementi o oligoelementi: sono necessari in quantità molto più basse, cioè
nell’ordine di pochi mg e persino microgrammi (ferro, zinco, cromo, rame, selenio).

I minerali sono presenti nella maggior parte degli alimenti e bevande, particolarmente frutta
e verdura, acqua e latte; non sono calorici e quindi non forniscono energia e svolgono un
ruolo fondamentale per l’organismo.

IL METABOLISMO

Le molecole a più atomi di C vengono demolite


in molecole a 2 atomi di C legate al Coenzima
A, per generare l’ Acetil-CoA.

Gli zuccheri vengono demoliti mediante


Glicolisi, un processo di 10 reazioni
enzimatiche che avvengono nel citosol delle
cellule. il glucosio (molecola a 6C) viene
trasformato in due molecole a 3C di piruvato,
con produzione netta di 2 ATP e 2 NADH+2H+.
Successivamente il piruvato viene
decarbossilato e trasformato in acetil-CoA
mediante il complesso enzimatico della
Piruvato deigrogenasi.

Gli acidi grassi vengono demoliti mediante il processo della Beta-ossidazione nei mitocondri,
che porta alla formazione di Acetil-CoA.

Gli amminoacidi, non tutti, vengono deaminati e trasformati in Acetil-CoA.

Le diverse vie cataboliche e anaboliche sono compartimentate. Per questo motivo sono
necessari meccanismi di trasporto per le sostanze da un compartimento all’altro. Di
conseguenza le proteine di trasporto sono componenti essenziali di molti processi
metabolici. Negli organismi pluricellulari la compartimentazione è ulteriormente complicata a
livello di tessuti e organi. Una prova di specializzazione dei tessuti è l’esistenza degli isozimi,
enzimi che catalizzano la stessa reazione ma che sono prodotti a partire da diversi geni in
diversi tessuti/organi con caratteristiche cinetiche e regolatorie differenti.
La regolazione del
metabolismo:
➢ Presenza/quantità
enzimi: dipende
dall’equilibrio tra
velocità di
sintesi/degradazione
della proteina, insieme
alla regolazione della
trascrizione.
➢ Attività catalitica degli
enzimi: può essere
modificata da piccole
molecole (cofattori) o
da modificazioni
dell’enzima
(fosforilazione).
➢ Accessibilità dei
substrati: legata alla
compartimentazione
della cellula che
mantiene separate le
vie degradative dalle
vie biosintetiche.
➢ Ormoni: regolano le
vie metaboliche e
coordinano l’attività di
diverse cellule in
diversi organi.

I nutrienti necessari per la produzione di energia possono derivare dalla: dieta, biosintesi,
riserve. I componenti della dieta nutrienti: glucidi, lipidi, proteine, vitamine, minerali.
L’organismo è incapace di sintetizzare i nutrienti essenziali e devono essere assunti con la
dieta, ad esempio gli acidi grassi omega 6 e omega 3, alcuni amminoacidi, minerali e quasi
tutte le vitamine.

Il nutriente per essere utilizzato deve prima subire i processi di digestione e assorbimento.
➔ digestione: da polimero a monomero per scissione idrolitica.
➔ assorbimento: dal lume intestinale al circolo (plasma,linfa).
➔ malassorbimento: difetti di digestione/assorbimento.
(argomento da inserire dopo pg.17)

Le immunoglobuline sono proteine globulari a struttura quaternaria. Sono


glicoproteine costituite da due catene leggere e due catene pesanti uguali a
due a due. Sono costituite da domini costanti e variabili. La porzione Fc è
spesso glicosilata (modificazione post-traduzionale). Sono stabilizzate da
ponti disolfuro.

Il collagene è una proteina fibrosa a struttura quaternaria che costituisce il


25% del totale delle proteine del corpo umano. Il
contenuto del collagene dei diversi tessuti è
proporzionale al grado di resistenza meccanica e rigidità.
Il collagene è formato da catene polipeptidiche in cui
triplette Gly-X-Y si susseguono a ripetizione. X è un
qualunque amminoacido. Invece Y è molto spesso
prolina o idrossiprolina (HyPro) due aminoacidi con
struttura ciclina che conferisce rigidità alla struttura. Altri
aminoacidi molto frequenti sono Lys e HyLy. L’alto
contenuto di glicina (33%) conferisce alle catene di
collagene la capacità di compattarsi tra loro date le
piccole dimensioni dell’amminoacido. Tra catene
polipeptidiche di collagene si avvolgono a formare una
superelica sinistrorsa (tropocollagene) contenente 3
amminoacidi per giro. Ulteriore rigidità è conferita da
legami crociati (intra- e inter- molecolari) tra residui di
HyPro e HyLys. Hylys e HyPro possono essere glicosilati
(galattosio/glucosio).

Le patologie legate al collagene sono:


➢ Osteogensis imperfecta.
➢ Sindromi di Ehlers- Danlos.
➢ Scorbuto.
➢ Difetti della degradazione del collagene.

La miosina ha due catene pesanti, le cui regioni


carbossiterminali formano un coiled coli (coda); le
regioni amminoterminali delle due catene pesanti
formano invece due domini globulari (teste). A ogni
testa di miosina sono associate due catene leggere.
L’emoglobina (Hb) è una proteina globulare con struttura quaternaria ed è la proteina
deputata al trasporto dell’ossigeno nel sangue dai polmoni ai tessuti ed è anche coinvolta
nel trasporto di anidride
carbonica (CO2) dai tessuti
ai polmoni. L’emoglobina
trasporta O2 legato al
gruppo eme e CO2
combinata con l’estremità
N-terminale delle catene Hb
sotto forma di carbammato
(5-10% del totale di CO2). Il
legame Hb-O2 deve essere
reversibile e deve essere
sensibile a variazioni di pO2
ed è necessario che Hb
abbia alta affinità per O2 nei
polmoni e bassa affinità nei tessuti periferici. Costituita da 4 catene polipeptidiche (2 alpha e
2 beta) con struttura globulare, ciascuna con prevalenza di alpha eliche. Ogni subunità lega
una struttura planare (eme) idrofobica. Al centro di questa struttura si trova lo ione Fe2+
(forma ferrosa) che instaura 5 legami di coordinazione e un sesto legame rimane libero.

La mioglobina (Mb) è una proteina monomerica, relativamente piccola, costituita da 153


amminoacidi. Quasi l’80% della catena polipeptidica ha una struttura ad alpha-elica. Nella
conformazione 3d sono riconoscibili 8
distinte alpha-eliche, ripiegate in modo
apparentemente irregolare, ma
caratteristico e tale da creare una tasca
idrofobica che accoglie il gruppo
prostetico ferro-eme. L’idrofobicità della
tasca che ospita il gruppo eme è di
estrema importanza per il mantenimento
dello stato ridotto dello ione
Fe2+ e quindi della funzionalità della
proteina. Lo ione Fe3+ è infatti incapace
di legare l’ossigeno ed è stato osservato
che il Fe2+-eme libero in soluzione ha
una spiccata tendenza ad ossidarsi
spontaneamente a Fe3+.

Interazioni quaternarie non appropriate possono avere straordinarie conseguenze funzionali.


Un certo numero di malattie genetiche hanno origine da superfici idrofobiche che si creano
in modo non appropriato in seguito a mutazioni.
MEMBRANA, FOSFOLIPIDI E TRASPORTO

Le membrane biologiche hanno aspetto trilamellare con spessore 7-10 micron. Sono
asimmetriche,dinamiche e impermeabili. Sono dotate di sistemi di trasporto selettivi. Sono
formate da tre componenti: lipidi, proteine e zuccheri. Le proteine e lipidi sono più o meno
equivalenti. In alcuni contesti ci sono più lipidi, in altri ci sono più proteine (membrane
deputate al trasporto, membrana interna mitocondriale.

I fosfolipidi hanno libertà di movimento. ⇒

I fattori che aumentano la fluidità:


➢ aumento temperatura;
➢ aumento grado di insaturazione acidi grassi;
➢ gas anestetici.

I fattori che riducono la fluidità:


➢ presenza di colesterolo;
➢ presenza acidi grassi a catena lunga;
➢ Ione Ca2+ che si lega ai gruppi carichi
negativamente dei fosfolipidi.

Anche le proteine hanno la possibilità di muoversi (solo movimenti laterali e non trasversali)
nella membrana. Per interagire con la membrana devono avere parti idrofiliche (che
interagiscono con le teste polari e che rimangono esposte in citoplasma o ambiente
extracellulare) e parti idrofobiche (porzioni transmembrana).

Il trasporto per diffusione semplice riguarda ossigeno, anidride carbonica, azoto molecolare
e benzene. In grado di attraversare la membrana sciogliendosi nell’ambiente idrofobico del
doppio strato e riequilibrarsi nell’ambiente acquoso citoplasmatico. Piccole molecole (urea,
glicerolo) passano in virtù della loro piccola dimensione attraverso i gaps della membrana.
Avviene secondo gradiente di concentrazione.

Il trasporto mediato passivo è specifico per ogni molecola. Richiede presenza di un canale
che può essere inibito da inibitori competitivi e non competitivi. Avviene secondo gradiente. Il
tipico esempio di trasporto per il glucosio.
Il trasporto attivo è specifico per ogni molecola ed è suscettibile di inibizione. Può essere
contro gradiente e richiede energia (ATP). Esempio tipico è la pompa sodio potassio.

Il glicocalice è formato da catene di zuccheri legati a lipidi di membrana o alle proteine di


membrana. I gruppi sanguigni sono determinati dalla presenza di alcuni zuccheri legati agli
sfingoglicolipidi di membra degli eritrociti.

BIOENERGETICA

La spontaneità di una reazione chimica o biochimica è in relazione con la variazione di


energia libera di Gibbs. L’energia libera di Gibbs è una funzione di stato usata in
termodinamica per rappresentare l’energia libera nelle trasformazioni a temperatura e
pressione costante e in chimica per determinare se, ad una temperatura nota, una reazione
chimica avviene spontaneamente o meno. L’energia libera di Gibbs è definita come:

➔ Uncat: in assenza di catalizzatori.


➔ Cat: in presenza di catalizzatori.

Gli enzimi accelerano le reazioni anche di un milione di volte. Se non ci fossero gli enzimi la
maggior parte delle reazioni dei sistemi biologici procederebbe a velocità non apprezzabili.

L'adenosin trifosfato (ATP) funge da deposito e trasportatore di energia ed è utilizzato dalla


cellula per far avvenire reazioni termodinamicamente sfavorevoli → reazioni accoppiate.
Ogni mole di ATP libera 7,3 kcal/mole.
L’ATP viene generato nelle cellule tramite due processi:
➢ Fosforilazione a livello del substrato: reazioni che avvengono principalmente nel
citoplasma. Singole reazioni sufficienti a convertire una molecola di ADP in ATP.
Esistono solo 3 reazioni che hanno questa caratteristica sebbene altre liberino
l’energia sufficiente.

➢ Fosforilazione ossidativa: processo che avviene nei mitocondri ossidando molecole


ridotte generate da altre reazioni di ossidazione delle molecole biologiche.
Occorre la presenza di un composto che possa accumulare l’energia di scambio prodotta
dalle reazioni esoergoniche e che possa cedere l’energia per il compimento delle reazioni
endoergoniche. Questa molecola di scambio è l’ATP, che funge da moneta energetica della
cellula come deposito e scambio di energia chimica. L’ATP viene formato nelle reazioni
termodinamicamente favorevoli e utilizzato per portare a termine quelle sfavorevoli.
Il distacco del fosfato terminale è altamente esoergonico e nelle cellule questa reazione è
accoppiata a molte reazioni endoergoniche.

L’energia che si libera da una reazione esoergonica viene utilizzata per legare un gruppo
fosfato libero a una molecola di ADP formando una molecola di ATP.

Quando la cellula ha bisogno di fornire energia per poter svolgere una reazione
endoergonica, vengono rotti i legami tra il secondo e il terzo gruppo fosfato delle molecole di
ATP, liberando l’energia precedentemente immagazzinata in essi.

Il nicotinammide adenina dinucleotide (NAD) è un


trasportatore di elettroni che consente che avvengano le
ossidoriduzioni: fa da donatore o accettore di elettroni. Viene
definito coenzima ossidoriduttivo. NAD+ è la forma ossidata
mentre NADH è la forma ridotta.

La flavina adenina dinucleotide (FAD) è un trasportatore di


elettroni. Il FAD non è libero nel mezzo ma è generalmente
saldamente legato agli enzimi con cui lavora.

Il nicotinammide adenina dinucleotide fosfato (NADP) è un trasportatore di elettroni che


viene usato nelle vie biosintetiche e viene sintetizzato dalla via dei pentosi fosfato.

Questi coenzimi reagiscono così:

● NAD(+) + 2H → NADH + H(+)

● FAD + 2H → FADH2
Le reazioni di ossidazione producono energia che se avvenissero in modo incontrollato
libererebbero calore. Tuttavia nelle cellule tali reazioni di ossidazione dei nutrienti avvengono
in modo controllato e l’energia liberata viene recuperata sotto forma di ATP. Anche se una
parte di energia viene comunque persa sotto forma di calore. (Efficienza = 32-35%).

I metabolismi cellulari sono:

➢ Digestione: scindere molecole complesse in molecole più semplici. Non cambia il


grado di ossidazione.

➢ Catabolismo: reazioni ossidative di degradazione. Catabolismo di glucosio consente


di produrre ATP a livello del substrato, mentre gli altri nutrienti producono coenzimi
ridotti la cui ri-ossidazione produrrà ATP nella fosforilazione ossidativa).

➢ Anabolismo: reazioni riduttive di sintesi delle molecole complesse. Questi processi


necessitano di ATP e NADPH.
I CARBOIDRATI

I carboidrati sono i nutrienti di base dell’alimentazione. Le funzioni da essi svolte sono


energetica, plastica, regolatrice.

Funzione energetica: i carboidrati rappresentano la fonte principale di energia a rapida


utilizzazione e a basso costo, 1g fornisce circa 4 kcal, essi rappresentano inoltre la quota più
rilevante dei principi nutritivi. Ricordiamo che alcune cellule e tessuti (globuli rossi,SNC)
utilizzano come nutriente, in condizione normale, solo il glucosio.

Funzione plastica: sono tra i costituenti degli acidi nucleici, dei coenzimi nucleotidici, dei
glicolipidi, delle glicoproteine e delle strutture di sostegno e protezione degli organismi
vegetali ed animali.

Funzione regolatrice del metabolismo: determinano un risparmio nell’uso delle proteine ai


fini energetici.

I carboidrati o saccaridi sono la classe di molecole organiche più abbondante in natura. Dal
loro catabolismo si ottiene l’energia che sostiene la vita animale, mentre nelle piante
vengono sintetizzati per mezzo della fotosintesi. Sono i precursori metabolici di quasi tutte le
biomolecole e si legano covalentemente con una grande varietà di molecole (glicoproteine e
glicolipidi). I polisaccaridi sono molto eterogenei e la loro variabilità è alla base di vari
processi biologici tra cui il riconoscimento tra molecole proteiche e cellule. In forma
polimerica servono come elementi strutturali.

Proprietà chimiche che rendono uniche le caratteristiche dei carboidrati:


➢ L’esistenza di uno o più centri di asimmetria. Sono molecole chirali. 2n stereoisomeri
dove N è il numero di centri chirali.
➢ La possibilità di assumere sia strutture lineari che ad anello.
➢ La capacità di formare polimeri mediante legami glicosidici.
➢ La possibilità di formare legami idrogeno con l’acqua e altre molecole.
➢ La capacità di subire numerose reazioni in differenti posizioni della molecola.
GLUCOSIO

Sono poliidrossi aldeidi o poliidrossi chetoni la cui formula bruta è


Cn(H2O)n, dove n è uguale o maggiore di 3. Contengono da 3 a
7 atomi di carbonio. Contengono un gruppo carbonilico che può
essere aldeidico (aldosi) o chetonico (chetosi). Sono denominati
in base al numero di atomi di carbonio
(triosi,tetrosi,pentosi,esosi,eptosi). Lo scheletro carbonioso non è
ramificato e ciascun atomo di C, eccetto uno contiene un gruppo
OH.

ALDOSI

Gli aldosi sono i monosaccaridi


appartenenti alla famiglia delle
poliidrossi-aldeidi. Presentano
varie forme isomeriche.
Nella biochimica, oltre alla
gliceraldeide (unico aldoso a tre
atomi di carbonio) hanno grande
importanza il ribosio (un
aldopentoso, cioè un aldoso a
cinque atomi di carbonio), il
glucosio e il galattosio (due aldoesosi).

Le forme semiacetaliche
degli aldosi. Gli aldosi con
più di tre atomi di carbonio
formare un semiacetale
interno alla molecola e
assumere una struttura
ciclica; questa è preferita in
soluzione acquosa (quindi
nelle condizioni
dell’organismo). Le forme
cicliche degli aldosi possono
essere rappresentate con
formule analoghe a quelle lineari (rapprentazione di Fischer) o con forme geometriche (in
genere esagonali o pentagonali: rappresentazione di Haworth).

La formazione di questi legami è il risultato di reazione tra i gruppi alcolici e il gruppo


aldeidico o chetonico. Le forme cicliche contengono un carbonio asimmetrico in più e quindi
possono esistere in due stereorisomeri.
Si deve ricordare che gli aldosi nella forma semiacetalica presentano carboni con ibridazione
sp3 e geometria tetraedrica; pertanto le formule cicliche non assomigliano a poligoni piani; ad
esempio il glucosio presenta le
configurazioni a sedia e a barca
analoghe a quelle del
cicloesano.

La formazione delle due forme


cicliche del D-Glucosio. La
reazione produce due
stereoisomeri (a e b) che
differiscono solo per la
stereochimica. Intorno al
carbonio emiacetalico.
L’inerconversione tra i due
anomeri è chiamata
mutarotazione.

CHETOSI

Si chiamano chetosi gli zuccheri


che presentano il gruppo
funzionale dei chetoni; ne sono
esempi il diidrossiacetone, il
ribulosio ed il fruttosio. Come gli
aldosi, anche i chetosi possono
dare strutture cicliche in seguito
alla formazione di legami
semichetalici intramolecolari.
Gli epimeri sono 2 zuccheri che
differiscono solo per la
configurazione intorno ad un solo
atomo di C.
I POLIMERI

Le macromolecole biologiche sono composte da molecole più piccole legate tra loro; un
composto così costituito è definito un polimero e le sue unità costituenti sono definite
monomeri. Sono caratteristici del polimero il tipo di monomeri, che possono essere tutti
uguali tra loro (negli omopolimeri)
oppure soltanto simili (negli
eteropolimeri), ed il legame che
unisce i monomeri. Gli zuccheri
possono formare omopolimeri ed
eteropolimeri. Un esempio di
omopolimero di monosaccaridi è
l’amido, costituito da molecole di
glucosio tutte uguali tra loro, legate
mediante legame glicosidico, un
esempio di eteropolimero di
monosaccaridi è dato dagli antigeni
AB0 del sangue.

La polimerizzazione testa-coda. Nei


polimeri biologici (ed in molti
sintetici), i monomeri hanno una
polarità e si legano tra loro con un legame di tipo testa-coda che mantiene al polimero la
stessa polarità dei monomeri. Questo è evidente nel legame glicosidico che lega tra loro i
monosaccaridi per formare i polisaccaridi: ogni monomero ha un carbonio 1 (C1) e un
carbonio 4 (C4) ed il legame è realizzato in modo tale che il C1 del primo monomero si lega
al C4 del successivo ed il polimero risultante mantiene una estremità con il C1 libero ed una
con il C4 libero.

Il legame caratteristico della polimerizzazione dei


glucidi è il legame glicosidico, una forma
particolare di acetale, che si forma tra il carbonio
semiacetalico di una molecola di un
monosaccaride in forma ciclica (C1) ed un
carbonio qualunque ( in gen. C4 o C6 e
raramente C3) di un altro monosaccaride.
DISACCARIDI

Sono la classe più semplice, ma più


importanti degli oligosaccaridi. Un
disaccaride si forma quando due
monosaccaridi reagiscono tra loro, il
primo con l’ossidrile della sua struttura
emiacetalica ed il secondo con uno
qualsiasi dei suoi ossidrili eliminando
una molecola d’acqua. L’organismo
umano produce un solo disaccaride, il
lattosio, lo zucchero del latte
essenziale per l’alimentazione del
neonato, ed è in grado di digerire ed
utilizzare oltre al lattosio altri tre
disaccaridi eventualmente presenti
nella dieta: il saccarosio (zuccgero da
cucina), il maltosio e l’isomaltosio
(derivati dalla digestione dell’amido).

POLISACCARIDI

➢ Amido: tuberi,semi,frutti,piante.→ carboidrato di riserva vegetale.


➢ Glicogeno: fegato, muscoli.→ carboidrato di riserva animale.
➢ Cellulosa: piante.→ funzione strutturale, glucosio-legami beta 1,4.

Amido e glicogeno hanno funzione di riserva del Glucosio, legami alfa 1,4-1,6.

Sono importanti sia per il loro valore nutrizionale nella dieta, sia per il loro ruolo di riserva
energetica dell’organismo (il glicogeno) o per quello strutturale (cartilagine). Il più semplice
polisaccaride è l’amido, contenuto in molti alimenti di origine vegetale (farina e derivati).
GLICOGENO

Il glicogeno è un polisaccaride di
deposito delle cellule animali
particolarmente abbondante nel
fegato e meno nel muscolo
scheletrico. Polimero di monomeri
di glucosio legati con legami alpha
1-4 e alpha 1-6 (ramificazione)
orientati testa-coda in modo da
avere sempre una estremità non
riducente libera. Il glicogeno è
ramificato.

Altri polisaccaridi di deposito:


➔ Destrani nei batteri e lieviti.
➔ Fruttani, inulina, mannani presenti soprattutto nelle piante.

Le glicoproteine sono importanti costituenti della membrana cellulare e di immunoglobuline,


collagene o enzimi come la pepsina e la colinesterasi o ormoni. Determinano la specificità
dei gruppi sanguigni

Glicoproteine: proteine coniugate in cui la quota glucidica varia da 1 a 80%.

DIGESTIONE DEI GLUCIDI

Viene coinvolta la classe di enzimi delle idrolasi. Nella bocca si trova l’amilasi salivare
(optimum a pH 7 perciò nello stomaco viene inattivata). Nel duodeno è presente l’amilasi
pancreatica.
Gli oligosaccaridi prodotti nel lume intestinale vengono digeriti da enzimi ancorati alla
membrana delle cellule mucose: disaccaridasi e oligosaccaridasi; saccarosio e lattosio sono
digeriti da una saccarasi e una lattasi, maltosio da una maltasi, mentre i legami alpha-1,6 da
una isomaltasi.

La digestione dei carboidrati inizia nella bocca ad opera della ptialina che demolisce i legami
alpha-1-4 glicosidici dell’amido (pH circa 7). L’idrolisi si interrompe nello stomaco.

La digestione viene completata da disaccaridasi legate alla superficie esterna delle cellule
epiteliali dell’intestino tenue. Digestione di maltosio, lattosio, trealosio, saccarosio. Si
formano i diversi monosaccaridi che passano nel citoplasma delle cellule della mucosa
intestinale.

Il processo e la velocità di assorbimento dei monosaccaridi non è uguale per tutti. Il glucosio
viene assorbito velocemente con un processo di trasporto attivo dipendente da Na+.

Dalle cellule della mucosa intestinale il glucosio e gli altri monosaccaridi passano
all’interstizio e poi al sangue e dal torrente circolatorio al fegato. Il fegato svolge un ruolo
fondamentale di raccolta e smistamento del glucosio verso i diversi distretti cellulari.
L’assorbimento dei
monosaccaridi:
➔ Trasporto attivo:
contro gradiente,
cotrasportatore
Na+/glucosio SGLT
intestino per il
riassorbimento
renale.
➔ Trasporto mediato:
secondo gradiente,
trasportatori del
glucosio GLUT per
tutti i tessuti.

METABOLISMO DEL GLUCOSIO

Il glucosio è l’unica fonte energetica utilizzabile in assenza di O2; fonte obbligata per
eritrocita che mancanza di mitocondri; principale fonte di energia per il sistema nervoso.

Fonte energetica di riserva scarsa rispetto ai trigliceridi ma prontamente utilizzabile.


➢ Glicogeno epatico (50-100 g sufficienti per 8-12 h, a risposo).
➢ Glicogeno muscolare (400 g totali).

In assenza di glucosio si ha biosintesi di glucosio (gluconeogenesi) a partire da glicerolo ed


amminoacidi.

Il glucosio è un combustibile di fondamentale importanza a causa di alcune sue


caratteristiche che lo distinguono dalle altre fonti energetiche, quali acidi grassi e proteine.

La via metabolica che descrive la degradazione del glucosio si chiama glicolisi ed è utilizzata
da tutti gli organismi.

Le reazioni cataboliche ossidative che producono ATP sono localizzate nel mitocondrio.

Il glucosio è l’unica fonte energetica in grado di produrre ATP a livello extramitocondriale


(fosforilazione a livello del substrato) e questa sintesi può avvenire anche in assenza di O2
(metabolismo anaerobico). Per esempio, il glucosio è l'unica fonte energetica per i globuli
rossi che sono privi di mitocondri.

Il glucosio è la fonte energetica principale del cervello.

Il glucosio è indispensabile per catabolizzare in modo efficiente gli acidi grassi.

La glicemia è la concentrazione di glucosio ematico. Il fegato controlla la glicemia.


● Condizioni normali: 4.5-5.5 mmoli/L.
● Dopo un pasto ricco di carboidrati: 6.6-7.2 mmoli/L.
● Dopo un digiuno prolungato: 3.3-3.9 mmoli/L.
Il glucosio ematico proviene:
➔ Dalla dieta: amido, saccarosio, lattosio.
➔ Dalla degradazione del glicogeno (glicogenesi) epatico e muscolare.
➔ Dalla sintesi di glucosio a partire da precursori non-glucidici (gluconeogenesi) nel
fegato.

La glicolisi (catabolismo del glucosio) avviene nel citoplasma e può avvenire (e produrre
ATP) anche in assenza di ossigeno. Una via rapida per la produzione di energia (ATP).
➢ Essenziale nei globuli rossi che non hanno mitocondri.
➢ Fonte energetica principale nei neuroni (metabolismo strettamente aerobico).

➔ Glucosio (6C) = 2 Piruvato (3C). Il Piruvato è la forma dissociata dell’acido piruvico.


In condizione aerobiche il piruvato viene trasportato nel mitocondrio per essere
completamente ossidato a CO2. In assenza di ossigeno, invece, il piruvato viene convertito
in acido lattico (lattato) che viene rilasciato (trasportatore) all’esterno della cellula.

I globuli rossi producono e rilasciano lattato a partire dal glucosio che viene captato dal
fegato e riconvertito in piruvato.

I neuroni usano la glicolisi aerobica (piruvato → CO2).

Il muscolo scheletrico è in grado di usare entrambe, quando molto sotto sforzo usa la
glicolisi anaerobica e produce acido lattico.

I monosaccaridi diversi dal glucosio (mannosio, fruttosio e galattosio) entrano nella glicolisi
dopo foisforilazione. Gal>G1P; F>F6P; Mannosio>F6P.

Per entrare nelle cellule il glucosio necessita di proteine di trasporto denominate GLUT.
Esistono diversi trasportatori espressi nei diversi organi. Per esempio, nel fegato, il
trasportatore GLUT2 permette il passaggio di glucosio indipendentemente dalla regolazione
ormonale. Il trasportatore del muscolo GLUT4 invece è responsivo all’insulina e/o
all’esercizio fisico. Il fegato importa ed esporta glucosio, mentre il muscolo importa
solamente.

Dopo un pasto la glicemia è normalizzata in 2-4 ore. Il diabete è una patologia multifattoriale
in cui la capacità di metabolizzare il glucosio è ridotta. La curva di smaltimento del glucosio è
spostata verso destra ed è più lenta.
Il glucosio viene trasportato dal sangue nelle varie cellule in base al gradiente di
concentrazione e la diffusione è facilitata da carriers specifici, i trasportatori di glucosio
chiamati GLUT. I GLUT(1-5) sono proteine di membrana che hanno una differente
espressione tissutale.

GLUT-1 (negli eritrociti ed encefalo) e GLUT-3 (neuroni) sono espressi in tutte le cellule e
sono responsabili del trasporto basale del glucosio ad una velocità pressochè costante.

GLUT-5 presente nelle cellule epiteliali dell’intestino tenue. Libera il glucosio captato dal
lume intestinale verso il circolo sanguigno.

GLUT-2 presente nel fegato, nelle cellule b del pancreas, nel rene indipendente da
regolazione ormonale.

GLUT-4 trasportatore di glucosio nel muscolo scheletrico, nel muscolo cardiaco e nel tessuto
adiposo. Responsivo a insulina a esercizio fisico. Quando aumenta l’insulina aumentano i
trasportatori GLUT-4 presenti sulla membrana di queste cellule.

Il glucosio entra ed è immediatamente fosforilato e non può più riuscire dalla cellula.

Glucosio+ATP > glucosio-6-fosfato + ADP. La reazione endoergonica e irreversibile.


L’esochinasi è l’enzima usato. Il glucosio-6-fosfati, solo nel fegato, può defosforilare il
glucosio per consentirne l’uscita (gluconeogenesi).
LA GLICOLISI

La glicolisi è composta di due fasi:

La fase preparatoria in cui una


molecola di glucosio è scissa in due
molecole di
gliceraldeide-3-fosfato(G3P). Fase
endoergonica (2ATP).

La fase di recupero energetico in cui


ciascuna molecola di G3P produce
una molecola di piruvato.
Esoergonica> 2 ATP/G3P. Viene
anche formata da una molecola di
NADH/G3P che verrà ossidata da
lattato deidrogenasi (fermentazione
lattica) o nei mitocondri per produrre
ATP.

Glucosio> 2 Piruvato + 2 ATP + 2 NADH.

Fruttosio e galattosio entrano nella glicolisi. Il fruttosio può essere fosforilato da esochinasi
(a ritmo più lento). Il galattosio viene invece convertito in glucosio mediante tre reazioni con
consumo di 1 ATP.

La glicolisi viene normalmente mantenuta a velocità molto bassa rispetto alla sua potenziale
velocità. Questo ne rende più facile la regolazione senza dover provvedere a sintesi di nuovi
enzimi (lento).

Tre punti di regolazione:


● Fosforilazione glucosio (1): nel fegato è catalizzata da glucochinasi la cui velocità di
reazione dipende dal livello di glucosio ematico. A concentrazioni elevate, la
glucochinasi lavora più velocemente consentendo di assorbire più glucosio dopo i
pasti. Nei tessuti periferici esochinasi è costitutivo mentre glucochinasi è inducibile
da insulina.
● Fosfofruttochinasi (3): AMP e Pi attivatori allosterici. ATP, citrato e H+ inibitori
allosterici, bilancio energetico. Insulina e glucagone aumentano e riducono
rispettivamente l’attività di fosfofruttochinasi.
● Piruvato chinasi (10): ATP inibisce.
DESTINO DEL PIRUVATO

Il Piruvato in presenza di ossigeno (condizione aerobica), viene trasportato nel mitocondrio


dove viene decarbossilato, ossidato e legato al coenzima A (AcetilCoA).

Nella prima tappa viene liberata CO2 (PDH, complesso della piruvato deidrogenasi, è
dipendente da Ca2+). Il coenzima A è un cofattore derivato dall’acido pantotenico e presenta
un gruppo SH che legherà un gruppo carbossilico formando un legame tioestere ad alta
energia.

La reazione è irreversibile; è impossibile produrre carboidrati da acetil-CoA.

Il complesso della piruvato deidrogenasi è:

Inibita da:
➢ Acetil-CoA e NADH (prodotti).
➢ Acidi grassi e corpi chetonici che suppliscono acetil-CoA.
➢ Alto rapporto ATP/ADP.

Attivata da:
➢ Assenza di acidi grassi e corpi chetonici.
➢ Basso rapporto ATP/ADP:
➢ Ca2.
➢ Insulina che favorisce tutte le condizioni che aumentano l’uso del glucosio.

Il piruvato in assenza di ossigeno (condizione


anaerobica) convertito ad acido lattico (lattato)
dalla lattato deidrogenasi (reazione reversibile)
e rilasciato al di fuori della cellula per via di
specifici trasportatori. Questa reazione
ripristina il NAD+ per poter far avvenire
nuovamente la glicolisi.

➔ Resa netta glicolisi anaerobica: 2


ATP/Glucosio.

Il lattato torna al fegato dove viene riconvertito


in piruvato e dal piruvato il fegato può produrre
nuovamente glucosio (gluconeogenesi) che
viene rilasciato in circolo per essere usato dai
muscoli e altri tessuti (ciclo di Cori).
IL DESTINO DEL NADH

In presenza di ossigeno, condizione aerobica, il NADH non può entrare nei mitocondri ma
cede i suoi H al NAD+ mitocondriale attraverso sistemi navetta che diventa NADH e può
entrare nella catena respiratoria.

In assenza di ossigeno, condizione anaerobica, il NADH non può essere riciclato a NAD+
che diventa il fattore limitante per la glicolisi. Perché la via possa continuare a funzionare il
NADH viene impiegato per convertire il piruvato (accettore di H+) in acido lattico, reazione
catalizzata dalla lattato deidrogenasi (reversibile).

IL GLICOGENO

Il glicogeno è un omopolimero
del glucosio ramificato in cui le
unità monosaccaridiche sono
legate con legami orientati
alpha 1-4 o alpha 1-6 nei punti
di ramificazione.
L’orientamento dei
monosaccaridi mantiene la
polarità della molecola di
glucosio facendo in modo che
il glicogeno abbia una
estremità riducente. Nelle
cellule è presente sotto forma
di granuli. Si trova principalmente nel fegato (circa 10% del peso) e nei muscoli e fa da
riserva di glucosio per poter mantenere i livelli di glucosio nel sangue costanti o per
consentire la contrazione muscolare.

Il glicogeno viene sintetizzato a partire dal glucosio 6-fosfato (G6P) attraverso la via della
glicogenosintesi. La via di demolizione è chiamata glicogenolisi e porta alla produzione di
G6P. La sintesi è un processo endoergonico e richiede l’intervento di nucleotidi trifosfati
(UTP). Sia la sintesi che la degradazione sono sotto controllo ormonale da parte del sistema
insulina/glucagone.

La glicogenolisi avviene nel citoplasma dove il glicogeno è immagazzinato ad opera di due


enzimi, la glicogeno fosforilasi e l’enzima deramificante.

La fosforilasi taglia le unità terminali (estremità non riducenti) di glicogeno, rompendo il


legame glicosidico alpha 1-4 introducendo una molecola di fosfato inorganico
(H2PO4-)(fosforolisi) liberando glucosio 1-fosfato. L’enzima mutasi converte poi il G1P in
G6P, trasferendo il gruppo fosfato dal carbonio 1 al 6. La fosforilasi taglia fino a quando
mancano 4 residui al punto di ramificazione. L’enzima deramificante quindi taglia un
trisaccaride e lo trasferisce ad un’altra estremità dove la reazione della fosforilasi potrà
continuare. Lo stesso enzima poi rompe il legame 1-6 del quarto monosaccaride liberando
glucosio non fosforilato. La glicogeno fosforilasi ha bisogno del coenzima derivato dalla
vitamina B6, il piridossalfosfato.
GLICOGENOSINTESI

La glicogenosintesi è un processo endoergonico e richiede l’intervento di nucleotidi trifosfati


(UTP). Avviene nel citoplasma, e richiede l’attivazione del G6P per potersi legare alle catene
crescenti di glicogeno. Questo
avviene attraverso la formazione di
un intermedio ad alta energia in cui
il G6P è legato all’UTP.

➢ Prima tappa: conversione in


G1P da fosfoglucomutasi.
➢ Seconda tappa: G1P + UTP
reagiscono per formare
UDP-glucosio e pirofosfato
che viene poi scisso con
l’aggiunta di una molecola di
acqua in 2 gruppi di fosfato
inorganico (2Pi). La
pirofosfatasi inorganica
spinge l’equilibrio della
reazione di attivazione del
glucosio verso destra.
➢ Terza tappa: La glicogeno sintasi attacca il glucosio alla catena crescente (almeno 4
residui) del glicogeno con un legame alpha 1-4 liberando UDP. L’UTP viene
ripristinato a spese di ATP.
➢ Quarta tappa: L’enzima ramificante stacca almeno 6 unità e le attacca con un legame
alpha 1-6 ad almeno 4 monomeri di distanza da un altro punto di ramificazione.

La sintesi di una particella di glicogeno inizia con un primer proteico chiamato glicogenina.
La proteina glicogenina innesca la sintesi del glicogeno legando al gruppo -OH di un residuo
di tirosina (Tyr) un residuo di glucosio. La reazione utilizza UDP-glucosio e avviene grazie
all’attività autocatalitica proteintirosina glicosiltransferasica. A questo punto, l’estremità non
riducente di questa prima unità glucosidica legata alla glicogenina permette l’azione diretta
della glicogeno sintasi che sintetizza una catena lineare. Non appena il numero di residui
aggiunti lo permette, abbiamo l’azione dell’enzima ramificante che aggiunge una estremità
non riducente sulla quale la glicogeno sintasi può lavorare e così via.

➔ L’insulina (ipoglicemizzante) stimola


glicogeno sintetasi e inibisce glicogeno
fosforilasi; accumulo glicogeno.
➔ Il glucagone attiva glicogeno fosforilasi
e inibisce glicogeno sintetasi;
mobilizzazione glucosio da glicogeno.
➔ L’adrenalina agisce in modo sinergico
con glucagone più potente e più rapido
su adiposo e muscolo ma non sul
fegato.
GLUCONEOGENESI

La gluconeogenesi o sintesi del glucosio si attiva nel fegato e in piccola parte nei reni
quando il glucosio dall’alimentazione o dal glicogeno non è più disponibile. Serve per
produrre, in via anabolica, per i globuli rossi e per il cervello. A partire dal piruvato si ottiene
glucosio con reazioni inverse alla glicolisi, ma anche glicerolo (dalla mobilizzazione dei
trigliceridi nel tessuto adiposo⇒glicerolo + acidi grassi; il glicerolo nel fegato per produrre
glucosio e gli acidi grassi catabolizzati per produrre energia), lattato e alcuni aminoacidi
possono contribuire alla gluconeogenesi. Il glicerolo viene convertito in gliceraldeide 3
fosfato in una serie di reazioni. Il lattato è riconvertito a piruvato nella reazione inversa
catalizzata dalla lattato deidrogenasi. Gli amminoacidi sono convertiti a piruvato e vengono
usati per produrre glucosio.

La gluconeogenesi converte il piruvato in glucosio attraverso le reazioni inverse della


glicolisi. Tuttavia 3 reazioni (le reazioni 1 e 3 che consumano ATP e la 10 che libera energia)
della glicolisi sono irreversibili e quindi esistono tre reazioni che aggirano le tre tappe.
Per ogni molecola di glucosio a partire da 2 molecole di piruvato sono consumati 4ATP e
2GTP. Questo costo è minore se si parte da glicerolo o ossalacetato (da aminoacidi). Sono
inoltre necessarie 2 NADH.

LA VIA DEI PENTOSI FOSFATO E L’OSSIDAZIONE DEL GLUCOSIO

Si tratta di una via catabolica alternativa alla glicolisi che porta alla formazione di particolari
prodotti necessari alla cellula. Questa via, detta anche via del fosfogluconato, porta alla
produzione di NADPH e ribosio 5-fosfato. Il NADPH rappresenta il trasportatore di energia
chimica sotto forma di potere riducente, utilizzato nelle vie anaboliche. Nell’uomo, la via è
particolarmente attiva nei tessuti dove si osserva biosintesi degli acidi grassi e degli steroidi
quali la ghiandola mammaria, la corteccia surrenale, il fegato e il tessuto adiposo. La
seconda funzione della via è la produzione di pentosi e in particolare di ribosio per la
biosintesi degli acidi nucleici (processi di crescita e rigenerazione tessutale). A differenza
della glicolisi non sintetizza ATP e libera CO2. La usano i batteri che non hanno aldolasi.

NADH e NADPH non sono metabolicamente intercambiabili:


➢ Il NADH entra in gioco nei processi ossidativi.
➢ Il NADPH viene utilizzato nelle biosintesi riduttive o per il mantenimento dell’equilibrio
glutatione-ridotto/glutatione-ossidato.
Le cellule mantengono il rapporto NAD+/NADH vicino a 1000 e il rapporto NADP+/NADPH
attorno a 0.01.

Il potere riducente (NADPH/NADH) è una seconda moneta energetica per le cellule (in
aggiunta all’ATP).
Due fasi:
➢ Ossidativa (produzione NADPH e ribosio 5-fosfato).
➢ Non ossidativa (riconversione pentosi in esosi).

Il risultato netto di questa serie di reazioni può essere scritto come:


Glucosio 6-fosfato + 2NADP+ + H2O ⇌ Ribosio 5-fosfato + CO2 + 2NADPH + H+
Complessivamente otteniamo NADPH per le biosintesi riduttive e ribosio 5-fosfato come
precursore per la sintesi dei nucleotidi.

Quando la velocità di formazione del NADPH è superiore a quella del suo utilizzo nelle
biosintesi riduttive e nella riduzione del glutatione, la NADPH aumenta e inibisce il primo
enzima della via dei pentosi. Ne risulta una maggior disponibilità di G6P per la glicolisi.

la carenza di G6P deidrogenasi è uno dei deficit enzimatici più diffusi nell’uomo. Il gene per
la G6PDH è localizzato sul cromosoma x.
La carenza di G6PDH può causare anemia emolitica non immune in seguito all’esposizione
a infezioni o sostanze chimiche/farmaci o può rimanere latente. La carenza di G6PDH è
strettamente legata al favismo, una manifestazione clinica caratterizzata da una crisi
emolitica in risposta al consumo di fave.

Il fegato è l’organo deputato al mantenimento della glicemia che è controllata dai livelli di
ormoni come insulina, glucagone e cortisolo.

REGOLAZIONE METABOLISMO DEGLI ZUCCHERI

Il gruppo aldeidico è un gruppo reattivo che porta a -glicazione non enzimatica di proteine e
conseguente alterata funzionalità il gruppo aldeidico reagisce con il gruppo amminico di
proteine. Il livello di Hb glicosilata è un indice del controllo glicemico - auto ossidazione e
formazione di ROS (specie reattive dell’ossigeno).

Il controllo del metabolismo può essere:

➢ Immediato non richiede energia: flusso del substrato ( controllato da Km) e


regolazione allosterica (prodotto;metaboliti; H+; Ca+2).
➢ A breve termine (minuti) richiede energia: modificazione covalente (fosforilazione -
defosforilazione di proteine).
➢ A lungo termine (ore) richiede energia: modificazione dei livelli proteici tramite
biosintesi proteica o degradazione proteica.
IL CICLO DI KREBS

Ciclo dell’acido citrico o ciclo degli acidi tricarbossilici.


➔ Sede: matrice del Mitocondrio (trasportatori/canali per metaboliti).
➔ Scopo: degradare (ossidare) l’acetil-CoA a 2CO2 e ottenere coenzimi ridotti (NADH e
FADH2) che serviranno per ricavare energia. L’acetil-CoA è un intermedio comune
del catabolismo di tutti i substrati energetici.

L’Acetil-CoA (2C) si condensa con ossalacetato (4C) liberando il CoA e formando il citrato
(6C). Il citrato va incontro a una serie di reazione di CO2 e rigenerazione di ossalacetato. Le
reazioni di deidrogenazione son catalizzate da enzimi i cui cofattori NAD+ e FAD si riducono
a NADH e FADH2+. In una delle reazioni viene anche prodotto GTP a partire dal GDP
(esoergonica).

Per ogni molecola di Acetil-CoA si producono:


➢ 3 NADH.
➢ 1 FADH2.
➢ 1 GTP.

Il ciclo di Krebs costituisce una delle tre fasi della respirazione cellulare. Il ciclo di Krebs è
fondamentalmente un processo catabolico ma i suoi intermedi sono utilizzati come
precursori per le vie anaboliche. Quindi il ciclo di Krebs è una via anfibolica.

➔ Ossalacetato: sintesi aspartato (aa)/gluconeogenesi.


➔ Citrato: va al citosol ed è coinvolto nella sintesi lipidi.
➔ Alpha-chetoglutarato: sintesi glutammato (aa).
➔ Succinil-CoA: sintesi EME collegato al ciclo UREA.

Mantenere costanti le concentrazioni degli intermedi del ciclo di Krebs è essenziale per il
funzionamento di questa via metabolica essenziale a sua volta per l’equilibrio delle vie
cataboliche e biosintetiche. Esistono quindi reazioni enzimatiche chiamate anaplerotiche che
servono a ripristinare gli intermedi del ciclo che sono stati sottratti per motivi biosintetici
FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA

Le vie cataboliche aerobiche sono dette così perché l’accettore finale degli elettroni
trasportati dai cofattori che sono stati ridotti nelle reazioni di deidrogenazione è l’ossigeno.
Questo fenomeno avviene mediante un processo che si definisce fosforilazione ossidativa.
La fosforilazione ossidativa è la fase finale del catabolismo del glucosio e di tutti i nutrienti e
delle vie metaboliche che convengono nel ciclo di Krebs.

➔ Sede: matrice mitocondriale, membrana interna dei mitocondri.


➔ Scopo: trasportatore elettroni per produrre gradiente protonico da sfruttare per
fosforilare ADP e generare ATP. I coenzimi ridotti durante le reazioni ossidative
vengono ossidati nella catena di trasporto degli elettroni lungo la quale gli elettroni
vengono trasportati e convogliati per essere trasferiti all’ossigeno. Viene sfruttato il
potere riducente prodotto dalla glicolisi e dal ciclo di Krebs sotto forma di NADH e
FADH2 (trasportatori di elettroni).
➔ Accettore di elettroni finale: Ossigeno, O2 che diventa H2O.

Gli elettroni strappati al NADH sono ceduti al coenzima Q10 attraverso le reazioni
catalizzate dal complesso I. Il complesso 3 trasferisce gli elettroni al citocromo C e il
complesso IV all’ossigeno che si riduce ad acqua. Queste reazioni sono fortemente
esoergoniche e spontanee.
➢ 1 NADH > 3 ATP.
➢ 1 FADH2 > 2 ATP.

La catena di trasporto degli elettroni è un sistema di complessi proteici (I-V) localizzati a


livello delle membrane mitocondriali interne. Tre di questi complessi sono ossidoreduttasi
che pompano protoni (H+) nello spazio intermembrana generando un gradiente di protoni
che diventa una fonte di energia libera dissipata quando i protoni passano nuovamente
attraverso la membrana tramite il complesso V ATP sintetasi, che catalizza la fosforilazione
dell’ADP ad ATP. Oltre NADH e FADH2, intervengono altri trasportatori di elettroni:
l’ubichinone (Q, idrofobico, diffonde nella membrana; agisce da ponte tra complessi meno
mobili), il citocromo C, una piccola proteina con un gruppo eme che coordina un atomo di
ferro che funziona da accettore e donatore di elettroni e le proteine ferro-zolfo, dove il ferro
accetta e dona elettroni. I complessi lavorano in sequenza secondo la loro affinità crescente
per gli elettroni. Gli elettroni entrano a livello del complesso I e II da NADH e FADH2
rispettivamente.

Per trasferire il potere riducente accumulato sotto forma di NADH dal citosol alla matrice
mitocondriale esiste un sistema complesso di trasporto perché il NADH non può attraversare
la membrana interna mitocondriale.
Due fasi:
● La catena di trasporto degli elettroni: riossida i trasportatori di H (in reazioni
esoergoniche) e li rende di nuovo disponibili. L’accettore degli atomi di H è l’ossigeno
che viene trasformato in acqua. Il 90% dell’ossigeno introdotto con la respirazione è
usato nella catena respiratoria. Catena, perché ci sono vari complessi proteici che
intervengono per trasferire gli elettroni all’ossigeno. Respiratoria, perché si consuma
ossigeno.
● La fosforilazione ossidativa è il processo che sintetizza ATP.

I due processi sono accoppiati. Il trasporto degli elettroni avviene da specie molto prone a
donare elettroni a specie sempre più prone ad accettare elettroni. Questo processo
esoergonico viene sfruttato per spostare ioni H+ nello spazio intermembrana contro gradiente
di concentrazione (endoergonica). Il gradiente viene poi sfruttato come forza motrice per
fosforilare l’ADP. La membrana interna mitocondriale è essenziale sia impermeabile ai
protoni. La membrana mitocondriale contiene migliaia di complessi.
➢ 1 NADH+H+ → 2.5 ATP.
➢ 1 FADH2 → 1.5 ATP.
➢ Il 35% dell’energia è immagazzinata sotto forma di ATP, il resto è dissipata come
calore.

L’ATP sintasi possiede due domini funzionali ed è un


esempio di motore molecolare. Una successione di
cambiamenti conformazionali induce una rotazione del
complesso associato al flusso di protoni e alla
fosforilazione ossidativa. L’ATP sintasi mitocondriale è
un’ATPasi, costituita da numerose subunità che formano
un grande complesso enzimatico della membrana
mitocondriale interna che catalizza la formazione di ATP
a partire da ADP e Pi. Questa reazione endoergonica è
resa possibile dal flusso di protoni dallo spazio
intermembrana alla matrice.

Sistemi di trasporto dei substrati/prodotti della


fosforilazione ossidativa. Poiché la membrana
mitocondriale interna è impermeabile alle specie cariche,
sono presenti due sistemi di trasporto che portano ADP e Pi nella matrice e consentono ad
ATP appena sintetizzato di uscire nel citosol.
TERMOGENESI

Alcuni organismo hanno la capacità di disaccoppiare il trasporto degli elettroni dalla


produzione di ATP per generare calore, mantenimento della temperatura corporea.
Nell’uomo questo avviene nel tessuto adiposo bruno, un organo deputato al mantenimento
della temperatura corporea. Questo può avvenire grazie alla presenza di una proteina
chiamata UCP-1 o termogenina che dissipando il gradiente protonico produce calore.

Alcune sostanze chimiche sono disaccoppianti della fosforilazione ossidativa e questo è il


loro meccanismo di tossicità. L’energia viene dissipata come calore, il metabolismo basale
aumenta, aumentano le richieste al sistema cardiorespiratorio. L’ATP prodotto a livello
extramitocondriale comporta accumulo di acido lattico.

➔ Regolazione coordinata delle vie che producono ATP.


➔ I fattori critici sono i livelli di ATP,ADP,AMP e NADH e dei loro rapporti relativi.

I LIPIDI

I lipidi sono sostanze organiche praticamente insolubili in acqua, presenti nell’organismo


umano per assolvere a varie funzioni fondamentali. Sono componenti fondamentali delle
membrane cellulari in tutti i tessuti. Sono un’importante riserva di energia (1 mole fornisce
circa 9 Kcal). Sono precursori di sostanze regolatrici del sistema cardiovascolare, della
coagulazione del sangue, della funzione renale e del sistema immunitario come
prostaglandine, trombossani, prostaciclina e leucotrieni. Protezione termica (adipos
sottocutaneo), meccanica e elettrica (guaina mielinica). I lipidi alimentari (oli e grassi), oltre a
fornire energia, fungono da trasportatori per le vitamine liposolubili e provvedono al
fabbisogno di acidi grassi essenziali. Molte molecole lipidiche sono molecole anfipatiche:
essi contengono un gruppo di testa polare e una coda apolare.

Sono classificati in:


➢ acidi grassi.
➢ trigliceridi.
➢ fosfolipidi.
➢ steroidi.
➢ vitamine liposolubili.
GLI ACIDI GRASSI

Sono acidi carbossilici costituiti da un numero pari di atomi di carbonio (da 4 a 24) lineari, in
cui la catena idrocarburica è satura (senza doppi legami) o insatura (con doppi legami).
Sono apolari nonostante la presenza di un gruppo carbossilico polare su cui tuttavia prevale
la catena idrocarburica. Molto spesso complessati in fosfolipidi e trigliceridi attraverso la
formazione di un legame estere (esterificati) con il glicerolo. La struttura lineare conferisce la
capacità di essere solidi a temperatura ambiente. I grassi insaturi invece sono liquidi (oli).

I trigliceridi contengono 1 molecola di glicerolo e 3 molecole di acido grasso, generalmente


diversi tra loro. Costituiscono la maggior parte dei lipidi assunti con la dieta e la principale
forma di riserva di grasso.

Gli acidi grassi liberi sono assorbiti e trasportati in circolo liberi associati all’albumina,
sfruttando la permeabilità delle membrane. Nei vertebrati tre fonti di acidi grassi: dieta
(40%), lipidi di deposito, lipidi sintetizzati.

L’ipercolesterolemia familiare o aterosclerosi: deficit di recettori nelle cellule epatiche


(ricaptazione LDL indirizzando LDL verso tessuti extraepatici. Col contenuto in HDL è buono
perché viene sottratto al tessuto e indirizzato al fegato per produrre bile e in parte per essere
eliminato con le feci.

METABOLISMO DEI LIPIDI

Gli acidi grassi sono la principale fonte di energia in caso di bilancio energetico negativo
(digiuno). Gli acidi grassi sono mobilitati dai trigliceridi del tessuto adiposo tramite lipolisi
(enzima: lipasi adipolitica, o lipasi ormone sensibile). La lipasi produce glicerolo e acidi
grassi che vengono rilasciati in circolo dove circolano associati all’albumina, e vengono
captati da cuore e muscoli per produrre energia. Il glicerolo viene captato dal fegato per fare
glucosio (gluconeogenesi).

BETA - OSSIDAZIONE

Il catabolismo degli acidi grassi è un processo aerobico che avviene nella matrice
mitocondriale. Si chiama Beta-Ossidazione degli acidi grassi, poiché si ossida il carbonio
beta ad un gruppo carbossilico. Questo processo porta al distacco di frammenti a 2 atomi di
carbonio (acetil-CoA). Che viene poi indirizzato nel ciclo di Krebs.

➔ Fase 1: attivazione acidi grassi = coniugazione con CoA nel citoplasma (si forma
acil-CoA e la reazione richiede energia: ATP>AMP).
➔ Fase 2: trasporto nei mitocondri attraverso la formazione di un intermedio
acil-carnitina (carnitina, aminoacido prodotto nel fegato e trasportato ai tessuti che
fanno beta-ox). Il CoA viene lasciato nel citosol e riagganciato nella matrice
mitocondriale.
➔ Fase 3: quattro reazioni sequenziali che portano a formazione di 1 acetil-CoA e
all’accorciamento della catena di 2 carboni. Ogni giro si producono 1 FADH2, 1
NADH e 1 Acetil-CoA.
Per gli acidi grassi insaturi servono reazioni aggiuntive che diminuiscono la resa energetica
della beta-ox. La beta-ox avviene in tutte le cellule tranne eritrociti e SNC. Avviene solo in
presenza di ossigeno. Alta resa in termini di ATP.

BIOSINTESI DEGLI ACIDI GRASSI INSATURI

La biosintesi degli acidi grassi più complessi avviene nel reticolo endoplasmatico e comporta
l’allungamento e/o desaturazione (inserimento doppi legami).

Dall’acido palmitico, viene prodotto l’acido stearico a 18 atomi di C.

Le desaturasi introducono doppi legami. La mancanza di desaturasi capaci di inserire doppi


legami in specifiche posizioni comporta che alcuni acidi grassi non possano essere
sintetizzati e debbano essere assunti con la dieta (acidi grassi essenziali).

BIOSINTESI DEI TRIGLICERIDI

La reazione avviene nel reticolo endoplasmatico.

Glicerolo 3-fosfato + acil-CoA → triacilglicerolo sintetasi → trigliceride

I trigliceridi prodotti sono rilasciati nel sangue dove incorporati nelle lipoproteine che
vengono captate (mediante reazione enzimatica catalizzata dalla lipoproteina lipasi) dai
tessuti periferici (tessuto adiposo, ghiandola mammaria, muscolo).

Il colesterolo è un componente essenziale delle membrane plasmatiche e precursore di


alcuni ormoni e dei sali biliari e viene sintetizzato per condensazione di 3 molecole di
acetil-CoA in condizioni simili agli acidi grassi.
I CORPI CHETONICI

Nel fegato, se si accumula acetil-CoA perché la velocità di sintesi supera la velocità della
sua ossidazione, esso viene trasformato nei corpi chetonici acetoacetato, acetone e
beta-idrossibutirrato. Questi metaboliti non possono essere metabolizzati ulteriormente nel
fegato, e quindi vengono esportati. L’acetone è volatile e viene perso con la respirazione. Gli
altri due possono essere usati dal cervello e altri organi che li ri-trasformano in acetil-CoA
per produrre energia quando manca glucosio. Oppure raggiungono reni per essere eliminati
(lenta). Se i corpi chetonici si accumulano nel sangue (chetosi) questo porta ad un
abbassamento del pH del sangue che può portare anche a morte.

METABOLISMO DELLE PROTEINE E AMINOACIDI

Glucogenici: tutti gli AA dal cui catabolismo otteniamo


acido piruvico o un intermedio del ciclo di Krebs e che
quindi possono essere utilizzati per riformare glucosio.

➔ Chetogenici gli AA dal cui catabolismo


otteniamo acetilCoA o acetoacetilCoA, che
quindi non possono essere utilizzati per
riformare glucosio (leucina e lisina).
➔ Sia chetogenici che glucogenici: dal loro
catabolismo otteniamo acido piruvico o un
intermedio del ciclo di Krebs, oltre che acetil
CoA o acetoacetilCoA.

l’assorbimento degli aminoacidi è specifico per soli


isomeri L e richiede ATP e NA+ .

Il primo step ossidativo degli amminoacidi è la


deaminazione: si formano NH4 e alpha chetoacidi.
L’ossidazione degli aminoacidi può essere usata per
produrre energia. Solo quando il bilancio energetico
negativo oppure quando l’apporto proteico prevale sull’
apporto di zuccheri e grassi.

➔ Fase 1: Eliminazione del gruppo amminico (deaminazione), essenziale per usare


aminoacidi a scopo energetico, per produrre glucosio, per rifornire intermedi Krebs e
per biosintesi di amminoacidi non essenziali.
Si ottiene ammoniaca (NH3) che viene convertita in una forma molecolare non tossica per
poter essere trasportata al fegato dove viene convertita in urea (ciclo dell’urea) che viene poi
eliminata con le urine. Viene quindi incorporata nella glutammina (vari tessuti) o nel piruvato
(alanina, muscolo).
Nel muscolo invece il piruvato viene addizionato di NH3 per ottenere alanina , il trasportatore
di ammoniaca. Le transaminasi catalizzano le reazioni di trasferimento del gruppo amminico
da un aminoacido e un chetoacido accettore (alpha chetoglutarato e ossalacetato). Questi
enzimi richiedono il piridossalfosfato (PLP) come cofattore.

L’alanina ha funzione di trasporto di NH4+ dal tessuto muscolare al fegato in condizione di


intensa attività muscolare e in condizione di ipoglicemia (quando sono attivati i meccanismi
di degradazione delle proteine per la produzione energetica).

➢ Prima reazione di transamminazione aa/ Alfa-chetoglutarato.


➢ Seconda reazione di transamminazione
Glutammato/ piruvato.

In queste condizioni il piruvato andrebbe ad


accumularsi nel muscolo in deficit di ossigeno
dove la prosecuzione del metabolismo
energetico attraverso il ciclo di Krebs è
precluso. In questo modo, il piruvato che si
accumulerebbe, andando a bloccare la stessa
glicolisi, viene esportato nel fegato sotto forma
di alanina e qui riconvertito in piruvato che
potrà andare lungo la via della gluconeogenesi
al fine di produrre glucosio che sarà a sua volta
esportato nel muscolo. Questo sistema si
affianca anche a quello della fermentazione
lattica che è un’altra strategia per far
proseguire la glicolisi e quindi far si che ci sia
ATP a disposizione per la contrazione
muscolare.

Il catabolismo dello scheletro carbonioso


comporta la formazione con reazioni
esoergoniche del ciclo di Krebs. Il muscolo sa ossidare solo 6 aminoacidi, tutti gli altri sono
metabolizzati nel fegato. L’energia ricavata è poca rispetto a quella ottenuta da ossidazione
lipidi e glucosio, anche perché la sintesi dell’urea richiede 3 ATP.
I gruppi amminici derivati dal catabolismo degli aminoacidi sono convertiti in un unico
prodotto di escrezione, l’UREA. Tale conversione avviene nel fegato tramite il ciclo dell’urea,
anche questo scoperto da Hans Krebs. L’urea quando viene prodotta viene rilasciata in
circolo da dove raggiunge il rene per essere escreta con le urine.

Urea:
➢ Molto solubile, si può accumulare senza precipitare;
➢ l’azoto è in un gruppo amidico non dissociabile e non può provocare alterazioni eq
acido/base, come per glutammina;
➢ i due gruppi contenenti azoto derivano da ammoniaca nel mitocondrio e
dall’aspartato nel citosol.

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