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BIOCHIMICA PROF.

MORACCI

PROGRAMMA 2019

STRUTTURA E FUNZIONE DELLE MACROMOLECOLE

-La struttura dell'acqua e la sua importanza nei sistemi biologici - Legami covalenti, legami deboli (legami a
idrogeno, legami ionici, le forze di van der Waals, le interazioni idrofobiche, ecc.). La ionizzazione
dell’acqua, degli acidi e delle basi deboli. L’equazione di Henderson-Hasselbalch

Glucidi: Struttura, proprietà chimico-fisiche, funzioni. Isomeria, attività ottica, polarimetria.


Emiacetali/acetali, emichetali/chetali. Oligosaccaridi e polisaccaridi: struttura amido e cellulosa

Lipidi: Struttura dei principali lipidi, lineari e steroidei. Struttura, proprietà chimico-fisiche, funzioni. Le
membrane biologiche: lipidi, proteine e glicidi nelle membrane - organizzazione spontanea - fluidità –
asimmetria - permeabilità selettiva

Acidi nucleici: L'organizzazione strutturale: basi, nucleosidi e nucleotidi - la struttura primaria (legame
fosfodiesterico) e secondaria degli acidi nucleici - la struttura a doppia elica - parametri strutturali e forze
stabilizzanti. Struttura terziaria. Processi di denaturazione degli acidi nucleici: ipercromismo - temperatura
di fusione -denaturazione reversibile - ibridazione.

Proteine: Struttura, proprietà chimico-fisiche, funzioni. Le unità monomeriche, L-amminoacidi, proprietà


chimico fisiche. Attività ottica, titolazione degli aa.

Livelli di organizzazione strutturale delle proteine. La struttura delle proteine: i legami coinvolti, con
particolare riguardo ai fattori energetici. La struttura primaria: il legame peptidico. Le strutture secondarie:
a-elica, le catene ed i foglietti b-, i ripiegamenti b. I motivi ed i domini proteici. Le strutture terziaria e
quaternaria.

Il folding delle proteine. La denaturazione e la rinaturazione delle proteine: elevate temperature, estremi di
pH, guanidina.

Funzione delle proteine: Mioglobina ed emoglobina nel trasporto O2. Le immunoglobuline e le interazioni
complementari tra proteine e ligandi.

Enzimologia. Struttura e proprietà degli enzimi. La cinetica delle reazioni non catalizzate: ordine e
molecolarità di una reazione, teoria degli urti molecolari e del complesso attivato. Cinetica enzimatica:
specificità di reazione e di substrato, il complesso enzima-substrato, lo stato stazionario e l'equazione di
Michaelis e Menten.

Significato e determinazione sperimentale di KM e Vmax, le linearizzazioni. Dipendenza dell’attività


enzimatica dal pH. L'inibizione enzimatica: competitiva, non competitiva ed irreversibile. Gli enzimi
allosterici

BIOENERGETICA E METABOLISMO

Concetti generali di energetica: Le funzioni di stato (entalpia,

entropia ed energia libera), lo stato standard, i composti ad alto contenuto energetico, il loro ruolo nel
metabolismo (basi chimico-fisiche delle variazioni di energia libera di idrolisi).

Il metabolismo dei carboidrati


Catabolismo: Glicolisi: le reazioni, gli enzimi, gli intermedi, l'energetica, fermentazione lattica ed alcolica – il
meccanismo dell’alcol deidrogenasi.

La via del fosfogluconato: suoi significati, bilancio degli atomi di carbonio.

Anabolismo: Biosintesi dei carboidrati: la gluconeogenesi da piruvato. Confronto e regolazione con la


glicolisi. Metabolismo dei polisaccaridi: degradazione e sintesi del glicogeno -controllo e coordinamento.

Metabolismo energetico

La combustione completa degli atomi di carbonio provenienti dai diversi distretti metabolici e la produzione
dell'energia in condizioni di aerobiosi. La decarbossilazione ossidativa del piruvato – il meccanismo del
piruvato deidrogenasi. Il ciclo degli acidi tricarbossilici: le reazioni ed i loro meccanismi - significato
fisiologico del ciclo e correlazioni metaboliche - controlli dell'attività del ciclo. Le reazioni anaplerotiche:
piruvato carbossilasi ed enzima malico.

La catena di trasporto degli elettroni: potenziali di ossido-riduzione ed energetica del trasporto - i


trasportatori.

La fosforilazione ossidativa: la teoria chemiosmotica - l'ATPasi F1 - il meccanismo della sintesi di ATP. Bilanci
energetici dei vari processi metabolici.

Il metabolismo dei lipidi

La b-ossidazione degli acidi grassi saturi a numero pari di atomi di carbonio.

La biosintesi degli acidi grassi saturi: il complesso della sintetasi degli acidi grassi.

Il metabolismo delle proteine

Catabolismo delle proteine: Degradazione delle proteine – il meccanismo delle proteasi a serina. Generalità
sul destino dello scheletro carbonioso degli amminoacidi. Transamminazioni - deamminazione ossidativa -
ciclo dell'urea.

NB. Gli argomenti sottolineati indicano reazioni enzimatiche di cui si deve conoscere il meccanismo!!!

LA CONSERVAZIONE ED IL TRASFERIMENTO DELL’INFORMAZIONE GENICA

Biosintesi di DNA: le DNA polimerasi, concetti di stampo ed innesco, altre attività delle polimerasi. DNA
ligasi.

Biosintesi dell’RNA: RNA polimerasi-DNA dipendenti: la RNA polimerasi di Escherichia coli; enzimi degli
eucarioti, maturazione degli RNA.

Biosintesi delle proteine: Biosintesi di DNA Struttura e funzione degli RNA di trasferimento - il codice
genetico - la reazione di attivazione degli amminoacidi: caratteristiche ed energetica.

MODALITA’ D’ESAME:

PROVA SCRITTA

12 domande a risposte multiple + 3 strutture chimiche, 30 minuti di tempo; soglia per essere ammessi
7/12 e 2/3. L’ammissione all’orale è valida per 2 sessioni.

COLLOQUIO ORALE Lo scritto non ha voto, consente solo l’ammissione all’orale.

Il voto tiene conto solo dell’esame orale.


La biochimica studia i meccanismi in base ai quali tutti gli organismi viventi vivono.

La vita sulla terra è iniziata a partire da un ultimo progenitore comune universale (definito
Luca), non sappiamo se questo progenitore sia l'unico tentativo di dare origine alla vita o se
altri esemplari non siano stati in grado di dare inizio alla vita.

I batteri sono i diretti discendenti di Luca, dopo di loro si sono originati gli Archea e da questi
ultimi gli eucarioti, quindi noi deriviamo da un parente comune agli Archea. (se derivassimo
dagli Archea stessi, questi sarebbero estinti).

Le caratteristiche dei viventi:


• alto grado di complessità fisica
• alto grado di organizzazione microscopica e macroscopica
• in grado di percepire stimoli esterni e rispondere alle variazioni ambientali
• hanno sistemi per estrarre, trasformare e utilizzare l'energia
• possono riprodursi sia per restare uguali sia evolvendosi

Uno dei primi eventi nella storia dei viventi è stata la comparsa della compartimentalizzazione,
con la presenza di un involucro esterno che ha permesso di concentrare in un solo punto tutte
le reazioni chimiche e metaboliche

Gli organismi viventi sono molto diversi:


• procarioti che non hanno nucleo
• Batteri gram postivi e gram negativi
• Archea, non sono batteri

La cellula ha una struttura costituita in base alle macromolecole che la costituiscono


(carboidrati, lipidi, acidi nucleici e proteine) attraverso queste devono assumere energia,
devono ricopiarsi, effettuare copie di sé stessi.
la biochimica studia queste molecole, le interazioni molecolari.

Noi siamo una forma della materia che è in grado di analizzare sé stessa.

La biochimica è unica per tutti gli organismi viventi, il sistema modello dai batteri più semplici è
vero per tutti gli organismi. Questo principio fu studiato da Jaques Monot

Di tutti gli elementi della tavola periodica soltanto una trentina sono essenziali per gli
organismi viventi, gli elementi più importanti sono quelli che formano i legami più resistenti e
sono presenti in tutti gli organismi in particolare gli elementi fondamentali sono il carbonio,
azoto, ossigeno, azoto, idrogeno, fosforo. Gli oligoelementi invece sono presenti in scarsa
quantità e vengono utilizzati dagli enzimi per svolgere le loro funzioni.
Noi siamo forme di vita basate sul carbonio, infatti questo atomo forma delle strutture
tridimensionali con degli angoli di cerca 109 gradi tutti uguali, questo fornisce enorme
versatilità e gli consente di formare legami singoli molto resistenti C-C e permettono di ruotare
consentendo il fenomeno dell'isomeria. L'isomeria è un processo fondamentale della vita, è la
base del riconoscimento molecolare.
E’ in grado di formare anche doppi legami, che limitano la sua capacità di ruotare.
Questa grande versatilità fa ritenere che se fossero presenti altre forme di vita, anche queste
sarebbero basate sul carbonio e sarebbero basate alle stesse regole fisiche e chimiche a cui
siamo sottoposti noi.
LE MACROMOLECOLE

Le cellule hanno un alto grado di complessità chimica, quindi queste piccole unità funzionali si
combinano in costituenti monomerici. I monosaccaridi costituiscono i polisaccaridi; gli
amminoacidi costituiscono le proteine, gli acidi nucleici costituiscono i nucleotidi, gli acidi
grassi e il glicerolo costituiscono i lipidi.
Le macromolecole dunque sono grandi elementi formati da piccole unità e hanno peso
molecolare maggiore di 5000.

Facciamo un confronto su vari livelli:


1° livello: unità monomeriche → Alanina pesa circa 100 e misura mezzo nanometro
2° livello: macromolecole → l’emoglobina pesa 10.000 e misura 5 nm e mezzo
3° livello: complessi sopra molecolari → ribosoma dove avviene la traduzione misura 20 nm
4° livello: strutture cellulari → mitocondrio misura 1000 nm
5° livello: cellula → ordine dei micron

La biochimica è una scienza quantitativa.


(Una delle domande del compito scritto è) Quanto è grande un amminoacido? Peso
molecolare medio di un’aa = 110 Dalton. Il suo peso ci fa capire la differenza tra molecole e
macromolecole.
(domanda frequente all’orale: parla del legame peptidico)

Le macromolecole si organizzano in gerarchia rispettivamente:


nucleotidi = acidi nucleici → DNA → cromosoma → nucleo
proteine = amminoacidi → proteine → proteine di membrana organizzate con i lipidi
zuccheri = monosaccaridi → disaccaridi → oligosaccaridi → polisaccaridi come cellulosa che
costituisce la parete cellulare degli organismi vegetali

Parliamo delle discipline che studiano le macromolecole e che rientrano tutte in una disciplina
più ampia definita Biologia Dei Sistemi (System Biology):
genomica: studio degli aspetti globali dei geni, a livello dell'intera sequenza del genoma
proteomica: studio di quali geni sono stati tradotti in proteine in maniera sistematica
glicomica: studio degli zuccheri dei taxa
I carboidrati (idrati di carbonio) sono comunemente chiamati zuccheri. Contengono solo
carbonio, idrogeno e ossigeno. Inoltre, contengono sempre un gruppo aldeidico o un gruppo
chetonico. Si classificano in base al numero di atomi di carbonio (3, 4, 5, 6) e assumono nello
spazio due forme possibili in base alla posizione dell'ossidrile: ossidrile sulla destra D, ossidrile
sulla sinistra L.
Per ragioni prebiotiche tutti gli amminoacidi all'interno delle proteine sono della forma D,
evidentemente questa forma ha preso il sopravvento sulla forma L. Questo è fondamentale
per il riconoscimento molecolare

Il capostipite è la gliceraldeide.

Sono molecole di sostegno (cellulosa) e sono fondamentali nella mediazione tra


macromolecole. La maggior parte delle proteine umane sono glicosilate.
Sono molto utili per spiegare l'isomeria.
Gli zuccheri a cinque atomi di carbonio sono il ribosio e il desossiribosio; gli esosi invece
glucosio, fruttosio. Tutti gli zuccheri vengono convertiti in glucosio in modo tale da avere un
solo processo per degradare gli zuccheri: la glicolisi

Polisaccaridi:
• Cellulosa → funzione
principale di sostegno
• Amido → polimero di
riserva delle piante
• Glicogeno → polimero di
riserva degli animali che si
accumula nei muscoli e nel
fegato e ci permette di
attingere al glucosio
I LIPIDI

Hanno funzione energetica, circondano le membrane mieliniche, quindi coprono i neuroni,


costituiscono le membrane plasmatiche.

Sono costituiti da acidi grassi cioè trigliceridi e fosfolipidi, contengono glicerolo modificato con
gli acidi grassi. Sono molecole anfipatiche ovvero costituiti da una componente idrofilica (testa
del glicerolo) e code apolari (acidi grassi ovvero idrocarburi). Questa caratteristica li porta ad
assumere conformazione micellare o a doppio strato.
BASI AZOTATE e ACIDI NUCLEICI

Costituiscono i cromosomi, i quali però non sono costituiti da DNA puro ma da DNA legato a
proteine. Gli acidi nucleici sono costituiti da una sequenza di basi, ciascun nucleotide è
formato da una base azotata, da uno zucchero pentoso, divisi tra loro da legami fosfo-
diesterici, e un gruppo fosfato.

Il DNA ha una struttura formata da due eliche complementari ed orientate in modo


antiparallelo e vedremo che tutte le molecole biologiche hanno un orientamento.

Tra adenina e timina si formano due legami idrogeno, tra guanina e citosina se ne formano tre.

GLI AMMINOACIDI e LE PROTEINE


Gli amminoacidi sono di 20 tipi e costituiscono le proteine, le quali sono le macromolecole
informazionali che mettono in pratica le informazioni genetiche contenute nel DNA.
(Il DNA contiene i geni, ciascun gene contiene un’informazione, l'mRNA copia le informazioni,
le proteine mettono in pratica le informazioni del DNA).
I 20 tipi di amminoacidi hanno alla base una struttura generale, sono composti da una parte
amminica e una carbossilica e si legano tra di loro tramite il legame peptidico, cioè un legame
ammidico.
Le proteine dopo essere state scritte vanno incontro a folding (l’unfolding causa malattie come
Alzheimer)
Altre funzioni delle proteine:
Le immunoglobuline permettono di riconoscere le sostanze tossiche, riconoscono gli antigeni
e fungono da anticorpi. Possono riconoscere qualsiasi molecola, anche di nuova sintesi. Sono
una difesa e uno schermo molto efficiente.

Gli enzimi sono principalmente proteine, ma non tutte le proteine sono enzimi.
Sono catalizzatori biologici, molecole che permettono lo svolgimento di reazioni, non
influenzano l'insorgenza ma la accelerano.
Svolgono funzioni metaboliche, ad esempio la degradazione del lattosio. La mancanza
dell'enzima o l'inespressione determina l'intolleranza al lattosio.

Gli enzimi sono obiettivi per produrre dei farmaci.


Ad esempio, il virus dell'HIV produce proteasi le quali maturano altre proteine, in particolare
quelle che portano alla replicazione del virus, e quindi le molecole che bloccano le proteasi
mantengono il virus latente.

La cellula possiede un alto grado di organizzazione microscopica e macroscopica che gli


permette di interagire con l'ambiente, per esempio i batteri sono in grado di muoversi per
chemiotassi, riconoscimento di sostanze chimiche, e seguono la traccia per arrivare a
destinazione tramite i flagelli; anche lee piante reagiscono agli stimoli, ad esempio
protraggono le foglie verso la luce; negli animali invece avviene la trasduzione del segnale ad
esempio dell'adrenalina è un ormone che stimola i muscoli e segue il meccanismo "combatti o
fuggi", l'aspetto descrittivo è il sudore, tremore, ansia mentre l'aspetto biochimico è il picco di
adrenalina.
I viventi sono capaci di estrarre, trasformare e utilizzare l'energia

In biochimica i concetti di caos e entropia sono fondamentali e ogni processo fisico e chimico
segue il primo e il secondo principio della termodinamica

L'equilibro è ciò che ritroviamo nelle sostanze inanimate, i fossili sono in equilibrio con
l'ambiente e sono roccia di un colore diverso che rappresenta la mescolanza di sostanze del
non vivente con l'ambiente.

Gli organismi viventi non si trovano in equilibrio con l'ambiente, ma lavora duramente al fine di
mantenere uno stato stazionario dinamico cioè le nostre molecole si devono rinnovare
completamente e di continuo grazie alle attività metaboliche; perciò non si trova in equilibrio
con l'ambiente. Per fare ciò bisogna consumare energia. Questa energia si esprime con il
metabolismo.

Noi facciamo parte di un sistema aperto: scambiamo energia e materia con l'ambiente, non
violiamo il principio della termodinamica perché, pur essendo organismi estremamente
ordinati, tramite questi scambi alimentiamo l'entropia producendo materia portando in ogni
caso all'aumento del caos dell'ambiente circostante. Noi sottraiamo energia all'ambiente e la
usiamo, poi aumentiamo l'entropia rilasciando materia nell'ambiente. Usiamo energia per
produrre altre forme di energia
Se fossimo un sistema chiuso invece violeremmo il primo principio della termodinamica
(«L'energia interna di un sistema termodinamico non si crea e non si distrugge ma si
trasforma assumendo altre forme»). Ne deduciamo che: In ogni processo chimico o fisico la
quantità totale di energia dell’universo rimane costante anche se le forme in cui l’energia si
presenta possono cambiare.
Gli organismi si dividono in autotrofi ed eterotrofi.
Gli autotrofi utilizzano come fonte energetica la luce, formano dalla luce molecole complesse a
partire da molecole semplici
Gli eterotrofi, come noi, si nutrono di altri organismi e siamo chemiotrofi cioè utilizziamo
molecole complesse per produrre energia.

Il metabolismo è la descrizione di come noi attuiamo un processo di trasferimento di elettroni:


il glucosio è una fonte di elettroni.
L'organismo dei chemiotrofi usiamo molecole complesse che contengono molti elettroni e li
trasferiamo a un accettore finale, l'ossigeno. Respiriamo ossigeno in modo tale che questo
possa ricevere gli elettroni e diventare acqua.
Nell'ossidazione del glucosio questo perde elettroni che vengono trasferiti all'ossigeno che li
acquista; quindi da una molecola di glucosio a 6 atomi di carbonio otteniamo 6 molecole di
anidride carbonica e 6 molecole d'acqua.
Tutto questo processo è molto complicato, perché se il glucosio fosse convertito direttamente
in anidride carbonica dissiperemmo gran parte dell'energia mentre lo scopo è di conservarla.

Il metabolismo è dunque costituito dalla fase del catabolismo cioè della degradazione del
glucosio e dall'anabolismo. Sono due processi opposti

Le reazioni del metabolismo possono essere sia spontanee che non spontanee.
Lo studio della variazione di energia libera ci dà una misura di quanto una reazione è
spontanea o meno. Di nuovo: la biochimica è una scienza quantitativa.
Se la variazione di energia libera è negativa ΔG < 0 allora la reazione è esoergonica e viene
rilasciata energia e il processo è spontaneo. Al contrario se ΔG > 0 la reazione è endoergonica cioè
richiede energia per avvenire e il processo non è spontaneo.
LEZIONE 2 del giorno 8/03

L’acqua e le interazioni deboli

Una macromolecola ha una particolare funzione collegata alla sua


struttura tridimensionale. Questa conformazione non è casuale ma
dipende dal solvente in cui si trovano e dalla natura chimica dei gruppi
che li costituiscono. Per spiegare come si forma la struttura
tridimensionale delle macromolecole in termini quantitativi è necessario
parlare di termodinamica. Bisogna ricordare che le macromolecole sono
tenute insieme da interazioni deboli. È possibile misurare la forza di
queste interazioni deboli utilizzando la termodinamica cioè per misurare
la forza si misura l’energia necessaria che si deve applicare alla struttura
per determinare una transizione di fase (il passaggio di stato es. da liquido
a solido). Questa energia è l’energia libera che dipende dalla temperatura
e da fattori entalpici (legami rappresentati ΔH) e entropici
(ordine/disordine del sistema ΔS).
ΔG= ΔH – TΔS

Quindi se io devo far perdere la conformazione della proteina devo


pagare un certo costo energetico e quindi devo svolgere un certo
tipo di lavoro fornendo un certo apporto energetico quest’ultimo lo
misuro con la variazione di energia libera.
Alcuni dei valori energetici dei principali legami macromolecolari
sono:
-I legami covalenti che sono i legami più stabili non sono interazioni
deboli. Per portare all’interruzione di un legame covalente devo
spendere circa 400 KJ per mole.
-Per quanto riguarda invece le interazioni deboli sono i legami
idrogeno 20 KJ, legami ionici 20 KJ e le interazione Wan der Waals
4 KJ. Devo quindi svolgere un lavoro 10- 100 volte in meno per
interrompere un singolo legame idrogeno rispetto a un legame
covalente.
I legami deboli presi singolarmente sembrano insignificanti ma
siccome sono presenti nelle macromolecole in gran numero sono
molto significativi. Le interazioni che si formano tra la
macromolecola e il solvente ovvero l’acqua sono molto importanti.
STRUTTURA DELL’ACQUA
L’acqua è un solvente universale perché ha delle caratteristiche
chimiche particolari. Essa è formata da tre atomi: 2 atomi di
idrogeno e 1 di ossigeno legate con un angolo di 104,5° che
fornisce all’acqua delle caratteristiche particolari ad esempio un
punto di ebollizione piuttosto alto ovvero di 100°. L’acqua è molto
stabile perché formando questo angolo di 104,5° può esistere in
uno stato dipolare e cioè con una parziale carica negativa
sull’atomo dell’ossigeno e due parziali cariche positive sugli atomi
idrogeno. Quindi la distribuzione delle cariche tra i due lati della
molecola è asimmetrica per cui si crea un doppio dipolo, esso
determina la formazione di un’attrazione elettrostatica che avviene
tra l’atomo di ossigeno e un atomo di idrogeno di un'altra molecola
d’acqua. Questa caratteristica porta alla formazione del legame
idrogeno. Quindi il legame idrogeno viene anche chiamato ponte
idrogeno. Le dimensioni del legame idrogeno sono maggiori del
legame covalente e anche per questo il legame idrogeno è più
debole.
Poiché nell’acqua si formano tantissimi legami a idrogeno questi
creano un reticolo tra le diverse molecole d’acqua. L’acqua è una
soluzione difficile da comprimere e particolarmente resistente e il
motivo per cui l’acqua a temperatura ambiente naturalmente
evapora ma non evapora alla velocità con cui evaporano i solventi
organici. Una molecola d’acqua è in grado di formare legami
idrogeno con altre molecole d’acqua intorno, quando si trova allo
stato liquido una molecola d’acqua è mediamente legata a 3,4
molecole d’acqua (3,4 perché possono formare 3 o 4 legami
idrogeno per cui la media è 3,4). Se invece ci troviamo in una
condizione in cui l’acqua è passata allo stato solido se ne formano
4 poiché la struttura è più compatta.
Quando l’acqua passa dalla fase solida a quella liquida la
variazione di entalpia ed entropia diventano positive. Questo ci da
che la variazione di energia libera è negativa e quindi il processo è
spontaneo.
Più generalmente il legame idrogeno si forma tra un atomo
elettronegativo che funge da accettore di idrogeni e un atomo di
idrogeno legato covalentemente ad un altro atomo elettronegativo
che funge da donatore di idrogeni. In figura i legami idrogeno sono
riportati in azzurro.

I legami H rappresentano una delle interazioni deboli più importanti


in biologia infatti essi sono il motivo per cui è molto facile sciogliere
lo zucchero nell’acqua perché l’acqua ha molti atomi elettronegativi
cioè l’O e gli zuccheri anche perché oltre all’O dei gruppi aldeidici e
chetonici presentano anche molti gruppi alcolici per questo può
interagire con l’acqua.
Inoltre le macromolecole possono formare legami H fra di loro.
Non tutti i legami H sono uguali infatti possono avere forza diversa
a seconda della loro geometria. Quando l’allineamento tra i tre
atomi coinvolti nel legame è lineare cioè O donatore si trova sulla
stessa retta dell’O accettore il legame idrogeno è più forte, quando
invece tra i due atomi elettronegativi si forma un angolo il legame H
è più debole.

ES. carboidrati: nella cellulosa i legami H sono lineari mentre


nell’amido e nel glicogeno sono angolari infatti l’amido si degrada
facilmente rispetto alla cellulosa che è molto più stabile.
La diversa geometria dei legami H intramolecolari nelle proteine e
negli acidi nucleici è responsabile della formazione di strutture
tridimensionali.

Un altro tipo di interazione deboli sono le interazioni elettrostatiche


(legami ionici)
N.B. finora abbiamo parlato di dipoli momentanei cioè parziali
cariche opposte che permettono la formazione dei legami H qui
invece parliamo di cariche nette, in questo caso gli atomi hanno una
carica che può essere positiva o negativa:
CARICA + = CATIONE
CARICA - = ANIONE
Ovviamente cariche dello stesso segno si respingono al contrario
vedremo che le cariche di segno opposto si attraggono.
Esempio tipico è il fenomeno per cui il cloruro di sodio (NaCl) si
scioglie in acqua. NaCl è un sale ed è costituito da due ioni, il sodio
è il potenziale catione e il cloro è il potenziale anione.
Dalla figura si può notare che il sodio ha dimensioni minori rispetto
al cloro.
Il sale in soluzione tende a separarsi nelle sue componenti ioniche
in Na+ e Cl-. Il solvente idrata questi ioni e ne stabilizza la struttura
nel momento in cui gli ioni si staccano, come si può vedere in figura
la componente dell’H2O con parziale carica positiva va ad
interfacciarsi con la carica negativa del cloro mentre la carica
parziale negativa dell’H2O interagisce con la carica positiva del
sodio. Si passa quindi da uno stato di grande ordine ad uno stato di
maggiore disordine.
Ricapitolando sia lo zucchero che il sale si sciolgono in H2O per
motivi diversi, lo zucchero perché si formano legami H mentre il
sale perché si formano delle interazioni ioniche.
La forza delle interazioni è data dalla legge di Coulomb:
La costante dielettrica viene fornita dal mezzo ovvero il solvente.
Le macromolecole al loro interno presentano varie cariche
superficiali e quindi possono creare tra di loro delle interazioni
cariche, molto spesso questi legami ionici si susseguono.

INTERAZIONI IDROFOBICHE
Le interazioni idrofobiche avvengono tra molecole non polari quindi
non parliamo di atomi che hanno una parziale o totale carica ma
parliamo di atomi che hanno una carica netta, queste interazioni
sono molto comuni nelle macromolecole perché un atomo che
chimicamente è coinvolto nelle interazioni idrofobiche è il carbonio.
Quando mettiamo una sostanza non polare (es.metano) all’interno
dell’H2O quest’ultima non è in grado di interagire direttamente con
questa sostanza perché è un parziale dipolo e quindi si organizza in
una struttura regolare intorno alla molecola non polare. Questa
struttura prende il nome di Clatrato ed è un processo che determina
una riduzione di entropia e avendo un entalpia quasi uguale a 0, la
variazione di energia libera è positiva quindi il processo non è
favorevole perché avremo un aumento di ordine e quindi una
riduzione di entropia nel solvente.
In foto è presente un acido grasso che possiede una testa polare
dovuta al gruppo carbossilico e una coda non polare dovuta a una
componente idrocarburica (CH2-CH2……CH3). Osservando la
figura intuitivamente si pensa che l’interazione idrofobica, che è
quella che si crea tra le catene non polari, si deve a queste
molecole stesse ma la forza che porta queste molecole a mettersi a
contatto fra loro è dovuta dalla componente idrofobica. In altre
parole le molecole delle catene non si cercano fra loro ma è l’H2O
che le porta a contatto. Nel disegno in alto a destra ciascuna coda
idrofobica ha 13 molecole d’acqua che si dispongono intorno ma la
disposizione di queste molecole d’acqua diventa una riduzione della
libertà della molecola d’acqua e si riduce l’entropia. Facendo lo
stesso ragionamento per ogni coda avremo 13 per 3 =39 molecola
d’acqua ordinate e quindi questo è un danno per l’entropia, se
invece queste sostanze si mettono insieme (figura sottostante) si
hanno 15 molecole d’acqua per tre molecole quindi da 39 molecole
che erano ordinate ora ne abbiamo 15 ordinate. Questo perché
l’acqua tende al caos e quindi all’entropia maggiore.
Se facciamo un esempio in cui mettiamo molte molecole non polari
nella soluzione acquosa (ULTIMA FIGURA) si creano strutture
particolari che prendono il nome di MICELLE cioè quando queste
sostanze non polari sono tante e sono ANFIPATICHE (testa
idrofilica e coda idrofobica) le teste di queste sostanze tendono a
mettersi vicine e lo stesso succede anche per le code (ovviamente
è l’acqua a disporle in questo modo ). Vedremo che sono poche le
molecole d’acqua ordinate proprio per aumentare il grado di
entropia. Se invece mettiamo una sostanza anfipatica nel solvente
non polare le code si dispongono all’esterno e le teste si
dispongono all’interno portando alla formazione di una struttura
chiamata MICELLE INVERSE.
LE FORZE DI VAN DER WAALS.

Un'altra interazione debole sono le forze di van der Waals, queste forze si
creano quando due atomi che sono privi di cariche si trovano molto vicine
al di sotto di una certa distanza quindi non possono formare un legame
covalente ma quando si trovano al di sotto di questa distanza le nuvole
elettroniche si influenzano vicendevolmente e si viene a creare un dipolo
transitorio. Questo lo si può vedere attraverso il grafico sottostante dove
sull’asse delle Y è riportato l’energia che determina la repulsione o
l’attrazione e quindi il comportamento di una molecola. Sull’asse delle X si
riporta invece la distanza. Quindi al di sotto di una certa distanza c’è il
principio di impenetrabilità quindi le due sostanze si respingono, quando
si arriva ad una certa distanza si vede che la repulsione tende a diminuire
fino a diventare attrazione, si crea così il raggio di van der Waals dove
l’attrazione è massima. Ogni atomo ha il suo raggio di van der Waals.
Le forze di van der Waals e le interazioni idrofobiche sono molto
importanti nella conformazione delle macromolecole.

RICORDA: nel DNA le due eliche sono tenute insieme non solo da legami
idrogeno (da ricordare A-T DUE LEGAMI H, C-G TRE LEGAMI H) ma anche
da interazioni idrofobiche. Le basi si trovano una sotto l’altra dove due
basi successive sono tenute insieme da interazioni idrofobiche (forze di
van der waals ) quest’ultime sono appunto il risultato dell’impilamento
delle basi azotate.
IONIZZAZIONE DELL’ACQUA, ACIDI E BASI DEBOLI

L’acqua va incontro ad un piccolo grado di ionizzazione ovvero si scinde in


protoni (H+) e ioni OH-, i protoni vengono subito idratati diventando ioni
idronio (H3O+). Come tutte le reazioni chimiche avremo una costante di
equilibrio ( rapporto tra il prodotto delle concentrazioni dei prodotti e il
prodotto delle concentrazioni dei reagenti), nel caso dell’acqua avremo
una costante d’equilibrio (rapporto tra la concentrazioni dei protoni e
degli ioni OH- e la concentrazione dell’acqua). L’acqua però ha un grado di
ionizzazione molto piccolo infatti l’acqua pura ha una concentrazione di
55,5M.
A pH neutro la concentrazione dei protoni si calcola dalla costante di
dissociazione dell’acqua per cui abbiamo che queste due sostanze hanno
concentrazioni uguali e quindi è come dire che la Kw è uguale alla
concentrazione dei protoni al quadrato. Il pH è un modo utile per
indicare la concentrazione di protoni. La scala del pH è logaritmica ovvero
quando si passa da pH 6 a pH 7 dico che la concentrazione di protoni
aumenta di 10 volte.

La biochimica si occupa maggiormente di coppie ioniche coniugate le


cosiddette coppie acidi-basi coniugate in figura ne sono indicate alcune.
Più forte è l’acido maggiore sarà la tendenza a cedere H+, la costante di
equilibrio è uguale alla costante acida (Ka) cioè Keq=Ka. Ovviamente
avremo un corrispondente pKa , dove più forte è l’acido minore sarà il
pKa.

DALLE CURVE DI TITOLAZIONE SI PUO’ RISALIRE AL pKa.

Questo ci porta alle curve di titolazione, in figura è mostrato la curva di


titolazione per l’acido acetico che riporta il pH e gli equivalenti di OH- che
vengono aggiunti. Nel grafico osserviamo una regione tamponante dove il
pH aumenta più lentamente, nel nostro caso tra pH 4 e 6, alla fine della
titolazione ovvero quando abbiamo aggiunto molto OH- vedremo che
tutto l’acido acetico è stato convertito nella sua forma ionizzata.

NB in questo caso l’acido acetico ha un pKa= 4,76 ciò significa che a pH


4,76 la coppia coniugata ha pari concentrazione.
Le curve di titolazione sono specifiche per ciascuna sostanza perché ogni
sostanza si comporta in modo diverso. In figura sono riportati alcuni
esempi ognuna delle quali ha una regione tamponante specifica. In figura
l’acido acetico è l’acido più forte poiché ha un pKa più basso perché dona
protoni ad un pH più basso.

RICORDA: le cellule sono sensibili al pH

La relazione tra il pH della soluzione, pKa della coppia acido-base e la


concentrazione della soluzione tampone è data dall’equazione di
Henderson-Hasselbach ed è valida per tutti gli acidi deboli. Questa
equazione ci permette di dedurre perché il pH è uguale al pKa nel punto
di mezzo della titolazione (essendo le concentrazioni uguali nel momento
in cui andremo a dividere queste due concentrazioni il risultato sarà
sempre 1 e siccome il logaritmo di 1 è uguale a 0 se osserviamo la formula
vedremo che il pH è uguale al pKa).
Lezione 3 del giorno 11/03

GLUCIDI

I carboidrati come dice il termine sono degli idrati del carbonio ma con
una definizione più approfondita si possono definire poliidrossialdeidi o
poliidrossichetoni. In questo caso è chiaro che vedendo le strutture in
figura i due più semplici sono la gliceraldeide e diidrossiacetone. in
particolare si capisce che che sono degli idrati del carbonio poiché gli
atomi che li costituiscono sono di tre tipi C, O, H. sia la gliceraldeide che il
diidrossiacetone sono costituiti da 3 atomi di carbonio, la differenza tra
questi due è che la gliceraldeide contiene la funzione aldeidica al carbonio
uno (C1) mentre il diidrossiacetone contiene una funzione chetonica al
carbonio due (C2). Tra i carboidrati troviamo:

-monosaccaridi

-oligosaccaridi (fino a 20 monosaccaridi)

-polisaccaridi (più di 20)


I monosaccaridi sono i costituenti fondamentali più semplici inoltre nella
cellula hanno diverse funzioni una delle più importanti è quella da
fungere da intermedi metabolici, ovvero delle strutture dalle quali si
possono ottenere delle strutture diverse ( che possono essere più grandi
o più piccole), in altre parole i monosaccaridi possono essere dei
precursori di altre molecole. Un esempio significativo è il glucosio che è il
monosaccaride a 6 atomi di carbonio più comune all’interno della cellula
dal quale è possibile sintetizzare tutte le componenti cellulari (acidi
nucleici, amminoacidi, lipidi ecc). D’altra parte possono essere anche
fonte di energia, il glucosio è lo zucchero che viene utilizzato nel
metabolismo primario e tutti gli zuccheri diversi dal glucosio che
possiamo ingerire con la dieta vengono trasformati in glucosio, cioè la
cellula invece di evolversi in tante catene metaboliche uno per ciascuno
zucchero contiene gli zuccheri in una sola forma. Inoltre gli zuccheri
possono anche far parte dei glicoconiugatici dove si possono appunto
coniugare a proteine e lipidi per cui possono costituire delle molecole
miste costituite sia da amminoacidi legati fra loro nelle proteine e da
zuccheri o da lipidi legati agli zuccheri. Infine gli zuccheri sono delle
componenti fondamentali dei polimeri informazionali quindi DNA e RNA,
perchè il deossiribosio e il ribosio costituiscono gli zuccheri di queste
molecole.

Quando si combinano strutture più grandi in particolare negli


oligosaccaridi sono particolarmente importanti nei glicoconiugati perché
sono generalmente meno di 20 monosaccaridi oppure quando sono
ancora più grandi possono fungere da fonte di energia o riserva di energia
(es. l’amido che per noi è la principale fonte di energia è il carboidrato di
cui noi ci nutriamo maggiormente oppure come riserva nel caso del
glicogeno) e infine possono avere funzioni strutturali (è il caso della
cellulosa).
I polisaccaridi possono essere:

-omopolisaccaridi, nel caso in cui sono formati tutti da un unico


monosaccaride e possono essere: semplici (detti anche non ramificati) e
ramificati

-eteropolisaccaridi quando sono costituiti da monosaccaridi differenti


anch’essi possono essere semplici e ramificati

I monosaccaridi contengono gruppi carbonilici dove quest’ultimi possono


avere una funzione aldeidica o chetonica, per questo motivo i
monosaccaridi vengono divisi in aldosi o chetosi. Possono avere dai 3 a 7
atomi di carbonio, per cui parleremo di triosi, tetrosi, pentosi, esosi e
eptosi in base al numero di atomi di C che li costituiscono. I carboidrati
sebbene siano dei monomeri piuttosto semplici, poiché formati da tre
atomi diversi, in realtà svolgono funzioni diverse perché la disposizione
degli atomi nello spazio cambia, in base a questo prende il nome di
stereoisomeria. Gli stereoisomeri sono molecole che hanno la stessa
formula molecolare (stessi legami chimici ) ma hanno una configurazione
diversa, cioè la disposizione degli atomi nello spazio è differente.

Es. il glucosio la sua formula molecolare è C6H12O6 ma questo non ci dice


nulla sul fatto che sia glucosio perché ci sono altri zuccheri a 6 atomi di C
che hanno esattamente la stessa formula molecolare. Il glucosio si
distingue dagli altri monosaccaridi perché sebbene i legami siano gli
stessi, la sequenza degli atomi sia la stessa nella struttura la loro
disposizione nello spazio è differente.

ISOMERI GEOMETRICI: si distinguono in base alla posizione dei gruppi


nello spazio

Es. l’acido maleico e l’acido fumarico che hanno gli stessi atomi e che
sono legati allo stesso modo ma nello spazio questi gruppi si dispongono
diversamente. Infatti i gruppi carbossilici possono disporsi entrambi dallo
stesso lato rispetto al doppio legame (configurazione cis) oppure sui lati
opposti (configurazione trans). Non è possibile passare da una
conformazione all’altra senza un consumo di energia, è necessario che il
legame venga interrotto.

Parliamo di STEREOISOMERI CHIRALI quando 4 gruppi diversi sono legati


ad un atomo di C asimmetrico, dove quest’ultimo viene chiamato centro
chirale ( o carbonio chirale). Gli stereoisomeri chirali possono avere 2
molecole che non sono sovrapponibili ma sono una l’immagine speculare
dell’altra e prendono il nome di enantiomeri. Anche in questo caso non si
può passare da una forma all’altra semplicemente muovendo la molecola
ma è necessario che vengono interrotti dei legami chimici.

il capostipite dei monosaccaridi è la gliceraldeide, ha due isomeri perché


la formula molecolare è la stessa, sono stereoisomeri. il gruppo ossidrile
(OH) delle due forme della gliceraldeide si dispone in maniera diversa,
quando OH si trova a destra parleremo di D-gliceraldeide quando si trova
a sinistra parleremo di L-gliceraldeide.
Tutti i monosaccaridi che presentano un gruppo carbossilico aldeidico a 4,
5,6 atomi di C derivano dalla gliceraldeide. Come si passa da 3 a 6 atomi
di C ? le regole sono 2:

-si deve mantenere il gruppo aldeidico al C1

-il carbonio chirale deve essere posto nella posizione più bassa della
molecola

Gli zuccheri in particolare quelli all’interno della cellula sono sempre in


forma D la cellula non è in grado di sintetizzare la forma L alla stessa
maniera gli amminoacidi che vanno a formare le proteine sono tutti in
forma L

Nel momento in cui si passa dalla struttura a 3 atomi di carbonio con un


solo centro chirale e allungo questa struttura con un altro atomo di C il
primo effetto è che il numero dei centri chirali aumenta (in questo caso
avremo due atomi di C legati a 4 gruppi differenti) quindi queste molecole
assumono degli altri gradi di simmetria. Per calcolare quanti
stereoisomeri si formano basta calcolare il numero dei centri chirale e
fare 2 elevato a quel numero

Es se una molecola ha un solo centro chirale come la gliceraldeide ci sono


due stereoisomeri ( 2 elevato alla 1) se invece ci sono due centri chirali
avremo 2 elevato alla 2 e quindi 4 stereoisomeri, quindi gli zuccheri a 6
atomi di C hanno 2 elevato alla 6 stereoisomeri differenti.

DIASTEROISOMERI: sono isomeri ma non sono immagini speculari

Per quanto riguarda invece i chetosi la situazione è differente. Mentre il


capostipite degli aldosi ha un centro chirale il capostipite dei chetosi non
lo presenta ed è il diidrossiacetone che presenta una struttura simmetrica
rispetto al C=O soltanto con l’allungamento a un gruppo cioè con
l’eritrulosio si ha la formazione di un centro chirale, a questo punto la
regola per i chetosi è la stessa degli aldosi ovvero si mette più in alto
possibile il gruppo carbonilico, in questo caso il gruppo chetonico, e più in
basso possibile il centro chirale. Nel caso eritrulosio che presenta un solo
centro chirale si avrà soltanto un enantiomero ma non avrà
diasteroisomeri.

In figura sono mostrate tre molecole con la stessa formula molecolare


C6H12O6 D-mannosio, D-glucosio e D-galattosio. Nel caso del mannosio
vedremo che differisce dal glucosio solo per un ossidrile che si trova a
sinistra invece che a destra ed è l’ossidrile legato al C2, nel caso del
galattosio l’ossidrile legato al C4 si trova a sinistra piuttosto che a destra.
Quindi dal punto di vista della classificazione si dice che queste sostanze
sono degli epimeri del glucosio perché differisco in un carbonio solo che è
un altro centro chirale ma non è il centro che appartiene alla serie D. il
mannosio sarà l’epimero al C2 e il galattosio sarà l’epimero al C4. Queste
differenze cambiano totalmente le caratteristiche di questi zuccheri dal
punto di vista delle loro proprietà chimico-fisiche e biologiche
In chimica organica sappiamo che quando un aldeide reagisce con un
alcol porta la formazione di un emiacetale e sappiamo che quando un
chetone reagisce con un alcol si forma un emichetale.
Gli zuccheri possiedono gruppi aldeidici e chetonici. La reazione in figura è
essenziale nello studio degli zuccheri infatti se noi prendiamo una
molecola di glucosio abbiamo che la funzione aldeidica reagisce con una
funzione alcolica della stessa molecola, quando questo avviene si crea
una ciclizzazione dello zucchero cioè il glucosio assume una forma ciclica
e non più lineare. Questo è importante perché nel 95% del tempo il
glucosio in soluzione ha forma ciclica. Questa reazione porta alla
formazione di un anello a 6 atomi ma non sono tutti e 6 di C ma c’è un
atomo di ossigeno, in chimica organica gli anelli formati da 6 atomi
prendo il nome di pirani, che sono anelli in cui c’è un ossigeno a far parte
dell’anello. Per questo quando il glucosio assume questa struttura prende
il nome di glucopiranosio. Quando si crea questa interazione si viene a
formare un emiacetale

NB OH non è un alcol ma è l’ossidrile emiacetale


La reattività degli emiacetali è molto diversa dalla reattività degli alcoli e
se questo OH fosse un alcol e non un emiacetale non avverrebbero le
reazioni che portano alla formazione dei polisaccaridi.

Quando si crea una reazione di ciclizzazione l’aldeide può attaccare


l’ossigeno da un lato o dall’altro.

Questo comporta che la posizione dell’ossidrile emiacetalico può essere


diversa può essere posta al di sotto di questo piano ideale dell’anello o al
di sopra di questo piano ideale dell’anello. Quando l’ossidrile si trova al di
sotto si dice che questa è una configurazione di tipo alfa quando invece
l’ossidrile si trova al di sopra si dice che questa è una configurazione di
tipo beta.

Quando si forma questo legame può essere convertito nell’altro? Si si


verifica il processo che è raffigurato in basso che prende il nome di
mutarotazione ma è un processo chimico cioè è stato visto che quando il
glucosio si trova in soluzione tende a interconvertire una forma nell’altra,
la forma alfa e la forma beta le si possono osservare per risonanza
magnetica nucleare, con l’mnr si vede che si hanno segnali diversi a
secondo che il carbonio chirale abbia un ossidrile in forma alfa o un
ossidrile emiacetale in forma beta e quindi io li voglio pure separare ma
quando separo una forma dall’altra e li lascio in soluzione quella forma
andrà all’equilibrio di nuovo con l’altra quindi si verifica mutarotazione.
Questo carbonio che si viene a formare ora prende il nome di carbonio
anomerico che è un componente molto importante degli zuccheri. il
carbonio che è legato all’ossidrile emiacetalico del carbonio 1. Quando ci
troviamo ad avere l’anello abbiamo bisogno di numerare gli atomi di
carbonio sull’anello, il carbonio che aveva la funzione aldeidica e che ora
è diventato il carbonio anomerico è il carbonio 1 gli altri atomi di carbonio
si numerano in senso orario.

La stessa cosa del glucosio, che è un aldoso succede con i chetosi per
esempio con il fruttosio in questo caso sarà il carbonio 2 che ha funzione
carbonilica chetonica a reagire con l’ossidrile del carbonio 5 non più il
carbonio 1 perché non ha una funzione carbonilica, in questo caso si crea
la ciclizzazione ma la ciclizzazione porta a uno zucchero che ha un anello a
5 atomi in questo caso come prima per analogia si parla di furanoside cioè
una struttura furanosica perché il furanosio è un anello a 5 atomi con l’O.
In questo caso la numerazione del fruttosio è riportata nella figura
sottostante il carbonio 2 è quello legato all’O quindi quello che aveva la
funzione carbonilica.
Ci sono due zuccheri con anelli a 5 atomi molti importanti che sono il
deossiribosio e il ribosio che sono due zuccheri che costituiscono il DNA. Il
fruttosio e questi zuccheri sono dei falsi amici (sono simili ma che hanno
un significato diverso) perché il fruttosio è a 6 atomi di carbonio mentre
questi zuccheri sono a 5 atomi di carbonio perché il fruttosio presenta un
gruppo CH2OH che il ribosio e il deossiribosio non hanno.

Gli zuccheri più importanti da ricordare a 6 atomi di carbonio sono:

-il glucosio, il galattosio, il mannosio, il fruttosio

Mentre quelli a 5 atomi di carbonio sono:

-il ribosio e il deossiribosio


RIPASSO DI DEFINIZIONI

o Gli isomeri configurazionali che sono delle molecole che hanno la


stessa formula molecolare ma una diversa struttura per esempio
anche la gliceraldeide e il diidrossiacetone sono isomeri infatti
possiamo vedere che nella glicolisi si producono entrambi e uno
viene convertito nell’altro per isomerizzazione.
o Gli stereoisomeri sono degli isomeri che hanno gli atomi legati nello
stesso ordine ma hanno una diversa disposizione spaziale
o gli enantiomeri che sono isomeri speculari non sovrapponibili
(ricordatevi le mani che sono enantiomeri)
o gli astereoisomeri sono degli isomeri che non sono speculari.
o degli zuccheri che sono epimeri, ovvero isomeri che differiscono in
uno degli atomi di C asimmetrico es. il glucosio e il mannosio
o Mentre gli anomeri differiscono nella configurazione del carbonio
anomerico, quindi si avrà l’anomero alfa e l’anomero beta.

Perché una molecola possa passare all’altra in tutti questi casi perché
stiamo parlando di configurazioni deve avvenire l’interruzione di un
legame covalente almeno un legame covalente se no non si passa
dall’una all’altra. Questo ci porta ad un altro gruppo i cosiddetti
isomeri conformazionali.

RICORDA che la parola configurazione significa che per passare dall’una


all’altra bisogna interrompere un legame, invece conformazione quando
invece non è necessario interrompere un legame.

Questa rappresentazione degli anelli piranosici degli zuccheri non rende


l’idea di qual è la situazione reale perché vi da l’impressione che gli
zuccheri identifichino il piano un piano perfetto in realtà questo non è
possibile perché ciascun carbonio presente in questa struttura forma un
tetraedro quindi questi legami non sono planari ma hanno degli angoli di
109° no di 180°. Una rappresentazione più efficace ed è quella riportata in
figura che mostra come in realtà normalmente il glucopiranosio assume
quella che viene detta la forma a sedia, questa è la rappresentazione più
fedele di quella che è la posizione nello spazio del glucosio, questa
conformazione può passare ad altre conformazioni che prende il nome di
forma a barca. Gli zuccheri quando si legano per esempio alle proteine
assumono conformazioni differenti qui sono rappresentate le varie
maniere per avere degli zuccheri, parliamo di glucosio in figura sono
presenti due tipi di rappresentazioni una che prende il nome di
rappresentazione di Fisher o proiezione di Fisher in cui questi atomi
vengono disposti semplicemente nel piano e l’altra prende il nome di
forma prospettica di Haworth, se noi vogliamo tradurre la proiezione di
Fisher nella forma prospettica Haworth dobbiamo usare questa regola se
l’ossidrile è a destra si deve disegnare in basso se l’ossidrile è a sinistra
bisogna disegnarlo in alto.

Questo non avviene per caso ma che è una regola per cui questa
rappresentazione è quella alla base della successiva disposizione di questi
gruppi segue questa regola, quando invece si passa dalla forma D alla
forma L il gruppo CH2 va al di sotto del piano dell’anello. Quando si passa
alla rappresentazione più propria del glucosio in questa forma a sedia
vedete che non si può più parlare di alto e basso perché in questo caso
questi ossidrili si dispongono in maniera cosiddetta equatoriale oppure
assiale in particolare vedrete che l’alfa-glucopiranosio mostra un unico
gruppo OH assiale tutti gli altri sono equatoriali. Anche in questo caso si
dice in basso è assiale in alto equatoriale.

Gli zuccheri sono sostanze reattive che vengono utilizzate dalla cellula per
vari scopi intanto la loro ossidazione e riduzione entra a far parte del
metabolismo. In esso i processi di ossido-riduzione degli zuccheri sono tra
i processi fondamentali per capire come noi produciamo ATP questo
avviene come già detto precedentemente perché gli zuccheri sono
reattivi. Quindi nello zucchero è possibile identificare un orientamento. I
monosaccaridi hanno un’estremità con una funzione emiacetalica e
un'altra estremità con una funzione alcolica, la funziona emiacetalica è
una funzione reattiva perché è un estremità di tipo riducente infatti
quando reagisce con dei composti come l’idrossiammoniato di argento si
osserva la formazione della colorazione a specchio perché l’argento
precipita ciò avviene proprio perché lo zucchero viene convertito da
funzione emiacetalica a funzione carbonilica. Questo ci fa capire che tutti
i carboidrati hanno un orientamento e lo stesso per le macromolecole. Gli
zuccheri hanno un orientamento perché avviene un processo di
ciclizzazione con formazione di un emiacetale. Gli emiacetali possono
reagire con un altro alcool e si ha la formazione di acetale e H2O. quindi si
avranno due reazioni di condensazioni. La stessa cosa succede per gli
emichetali.
Quando abbiamo già un emiacetale formato quest’ultimo può reagire con
un altro alcool portando alla formazione di un legame covalente tra i due
zuccheri che prende il nome di legame glicosidico in questo modo
otterremo da due monosaccaridi un disaccaride. Quando processo
avviene numerose volte si producono oligosaccaridi e polisaccaridi. Una
cosa importante da ricordare che il legame glicosidico che si forma tra gli
zuccheri è un legame molto resistente e che essendo coinvolto un atomo
di O prende il nome di O-glicosidico. Nel momento in cui abbiamo un
gruppo acetale è coinvolto in un legame covalente non si può più avere
mutarotazione. Prendendo in esame il maltosio ha un legame alfa 1- 4 tra
due molecole di glucosio come possiamo vedere in figura la prima
partecipa al legame con il carbonio 1 la seconda con il carbonio 4,
siccome non si può verificare una mutarotazione il legame sarà sempre
alfa 1-4, lo zucchero che può andare in mutarotazione è il secondo poiché
presenta ancora la struttura di emiacetale.
Anche i disaccaridi come i monosaccaridi presentano un orientamento
avendo un’ estremità riducente e una non riducente ovviamente
l’estremità riducente è quella del secondo zucchero poiché ha la funzione
emiacetale.

Finora abbiamo parlato di legami 1-4 ma la funzione emiacetalica può


legarsi anche ad altri gruppi ossidrili non per forza al 4, infatti molto
spesso si ha la formazione di un legame di tipo alfa 1-6 cioè un altro
glucosio si lega all’ossidrile legato al carbonio in posizione 6. Questo
introduce di regioselettività ovvero le molecole biologiche hanno la
capacità di individuare determinati gruppi funzionali in certi punti e sono
selettivi nella formazione di legami in quei punti.
Un altro importante disaccaride è il saccarosio (zucchero che utilizziamo
come alimento) che è formato da glucosio e fruttosio con formazione di
un legame alfa 1-2, un altro disaccaride è il lattosio formato da galattosio
e glucosio (NB possiamo distinguere il galattosio dal glucosio poiché il
gruppo ossidrilico del carbonio 4 è posizionato verso l’alto) formando un
legame di tipo beta 1-4.
Gli oligosaccaridi e polisaccaridi possiamo considerali come disaccaridi
ulteriormente allungati con altri monosaccaridi.

Negli omopolisaccaridi possiamo fare un'ulteriore distinzione:

- gli omopolisaccaridi che sono tenuti insieme da legami alfa

- e quelli tenuti insieme da legami beta.

Per quanto riguarda la prima categoria (alfa) i più importanti sono l’amido
e il glicogeno, l’unità strutturale dell’amido è il maltosio
(glucosio+glucosio) anche l’amido ha un estremità riducente e una non.
L’amido è costituito da due componenti l’amilosio e l’amilopectina, il
primo è una catena lineari quindi legami alfa 1-4, mentre il secondo è
costituito sia da catene lineari e ogni 24-30 residui si osserva una
ramificazione con legame alfa 1-6.

Il glicogeno è un altro zucchero che appartiene alla famiglia dei


polisaccaridi con legame alfa che ha un maggiore grado di ramificazione,
infatti è ramificato ogni 10 residui circa.

Utilizziamo l’amido come riserva di glucosio poiché non provoca danni di


tipo osmotico.

Per quanto riguarda invece la seconda categoria (beta) il più importante è


la cellulosa anch’essa contiene solo glucosio ma in questo caso i
monosaccaridi sono legati fra di loro con legami di tipo beta 1-4.

Come possiamo vedere in figura la cellulosa ha un andamento lineare


quindi mi serve ruotare uno di questi zuccheri intorno ad un asse per
permettere questa rappresentazione invece l’amido ha un andamento
arcuato questo è dovuto al legame tra i due zuccheri nel primo caso come
abbiamo visto ha un legame beta mentre nel secondo caso alfa. Il legame
beta determina una linearità mentre il legame alfa determina una
curvatura.

Questa differenza di legami influenza come si vengono a formare dei


legami H all’interno di queste molecole. Nel caso della cellulosa che ha un
legame beta si può formare un ponte idrogeno tra l’ossigeno legato al
carbonio 3 con un legame covalente e l’ossigeno dell’anello dello
zucchero precedente. Questo legame H come si può notare dalla figura è
lineare, nell’amido invece un legame H ha una forma angolare
(RICORDARE che il legame H lineare è più forte di quello angolare). Da ciò
si può dedurre che in base a come avviene la reazione che porta
all’emiacetale si può avere un gruppo alfa o beta e che la cellulosa è
molto più stabile dell’amido ma non significa che l’amido sia una
molecola instabile.
I GLICOCONIUGATI

Fino a pochi anni fa si credeva che gli zuccheri avessero solo una funzione
alimentare e strutturale è stato osservato che gli zuccheri negli organismi
hanno delle funzioni molto più importanti. Infatti questi zuccheri hanno
una funzione importantissima nel riconoscimento delle molecole fra di
loro in particolare trovandosi sulla superficie gli zuccheri sono il primo
elemento di contatto quando due macromolecole vengono a contatto.
Inoltre questi zuccheri sono coinvolti nei processi di trasduzione del
segnale e mediano le interazioni tra ospite e parassita.

I glicoconiugati possono essere di tipo proteico o lipidico. I glicoconiugati


di tipo proteico sono ovviamente zuccheri legati a molecole proteiche. Gli
zuccheri formano legami glicosidici con le catene laterali di alcuni
amminoacidi in particolare la serina e l’asparagina. Se lo zucchero si lega
alla serina si forma un legame O-glicosidico esattamente come quello che
si creava tra due zuccheri invece con l’asparagina si forma un legame N-
glicosidico perché la catena laterale dell’asparagina ha un gruppo NH2
che può formare un legame con lo zucchero.

I glicoconiugati lipidici sono molto comuni nei batteri in particolare i


lipopolisaccaridi sono delle componenti della membrana dei batteri. Tra i
glicoconiugati lipidici sono i gruppi sanguigni, essi sono dovuti a degli
zuccheri che decorano i ganglosidi che sono dei lipidi di membrana e si
trovano sulla superficie dei globuli rossi e sugli organi quindi possiamo
avere il GRUPPO A, B,0. Come si può vedere nella figura i diversi gruppi
presentano tutti uno zucchero piuttosto raro che è il fucosio ma si
differenziano per la presenza dell’ultimo zucchero.
lezione 4 del giorno 14 03 19

I LIPIDI

I lipidi non sono molto solubili in acqua mentre sono molto solubili in
solventi organici come ad esempio il cloroformio, l’acetone. I lipidi che
studieremo sono caratterizzati ad avere delle strutture lineari idrofobiche
e delle teste polari quindi delle strutture a catena idrocarburica che
generalmente possono avere diverse lunghezze e diverse caratteristiche.
In particolare parleremo di tre categorie principali di lipidi i trigliceridi, i
fosfolipidi e gli steroidi, nello specifico di due principali gruppi: nel primo
gruppo ci sono i trigliceridi e i fosfolipidi mentre nel secondo gruppo ci
sono gli steroidi che sono caratterizzati ad avere delle catene aromatiche
fuse tra di loro.
NB che le catene costituite soltanto da atomi di carbonio non ossidati
quindi dotati di carbonio legato ad idrogeno e gli anelli aromatici che
possono essere o senza doppi legami o con doppi legami sono un marchio
di idrofobicità e quindi non polarità.

La funzione dei lipidi sono essenzialmente tre:

-rappresentano una riserva di energia quindi servono alla cellula per


attingere a dei composti che possono essere poi utilizzati per crescere,
estrarre energia quindi creare molecole di ATP

-sono elementi strutturali nelle membrane biologiche


-hanno anche un ruolo attivo perché possono anche funzionare da
cofattori enzimatici, da trasportatori di elettroni ma hanno anche dei ruoli
importanti nello svolgere processi di differenziamento e di trasduzione
del segnale.

I triacilgliceroli sono caratterizzati dall’avere una molecola di glicerolo che


viene esterificata da tre catene idrocarburiche il glicerolo è una piccola
molecola a tre atomi di carbonio costituita da tra funzioni ossidriliche
quindi è un polialcol e quindi non ha un centro chirale perché non ci sono
atomi di carbonio che sono legati a gruppi diversi, quando questo
glicerolo viene esterificato a acido grasso in tutte e tre le posizioni
alcoliche si formano i triacilgliceroli.

Gli acidi grassi sono degli acidi carbossilici quindi hanno un gruppo
carbossilico (contengono il gruppo funzionale COOH) al quale è legata una
catena che può avere una diversa lunghezza ovvero una catena
idrocarburica e quindi va da 4 atomi di carbonio nel caso degli acidi grassi
più corti a 36 atomi di carbonio.

NB più è lunga la catena idrocarburica maggiore sarà l’idrofobicità.

Quando si parla di una catena idrocarburica insatura i gruppi CH2 sono


tutti legati attraverso singoli legami.

La nomenclatura più semplice degli acidi grassi si basa sul fatto che il
carbonio del gruppo carbossilico viene numerato come carbonio 1 e poi
leggendo la sequenza di CH si numerano gli altri atomi di carbonio. Inoltre
c’è un'altra classificazione che invece chiama gli atomi di carbonio con
lettere greche però il primo atomo di carbonio che viene numerato
ovviamente con la lettera alfa non è il carbonio del gruppo carbossilico
ma è il primo carbonio della catena idrocarburica.
Negli acidi grassi nella foto precedente sono mostrati anche con la
formula che mostra anche i raggi Van der Waals è possibile incontrare dei
doppi legami questi doppi legami sono molto importanti dal punto di vista
della comprensione della funzione di queste sostanze, i doppi legami
quindi rappresentano una insaturazione cioè la catena idrocarburica è
insaturata perché il carbonio non forma tutti i legami con l’idrogeno ma
ne forma due quindi uno in più in questo caso con il carbonio vicino.
Generalmente i doppi legami degli acidi grassi hanno un isomeria di tipo
cis cioè si porta quindi l’acido grasso ad avere le due catene dallo stesso
lato degli atomi di carbonio coinvolti nel doppio legame. L’acido grasso in
figura presenta 18 atomi di carbonio e un insaturazione al carbonio 9
quindi è un acido cis-9-ottadecanoico. Nello specifico la lettera delta
maiuscola sta ad indicare l’insaturazione e 18 sta per gli atomi di carbonio
1 per il numero delle insaturazioni e il delta elevato alla 9 ci indica che
l’insaturazione si trova al carbonio 9.
18:1(Δ9 ) Acido cis-9-ottadecanoico

NB Gli acidi grassi non sono i lipidi ma i lipidi sono gli esteri degli acidi
grassi finora abbiamo parlato dei componenti dei lipidi in particolare i
trigliceridi sono formati da una molecola di glicerolo
(CH2OHCHOHCH2OH), evidenziata in rosa in figura, che mostra tre legami
esteri con tre acidi grassi. In questo caso il lipide mostra una testa
leggermente polare dovuta alle tre molecole di ossigeno (in rosso in
figura) per questo i trigliceridi sono più solubili in sostanze apolari.

Nel momento in cui si ha un legame di questi tre acidi grassi come mostra
in figura il carbonio può diventare chirale in particolare il carbonio 2
perché è legato a 4 gruppi differenti mentre questi due carboni il
carbonio 1 e il 3 non possono diventare chirali perché non sono legati a 4
gruppi diversi ma sono legati a due idrogeni. In generale i grassi
soprattutto negli animali vengono utilizzati come deposito energetico
cioè i grassi si accumulano per consentire l’utilizzo in una fase in cui non
ci sono elementi quindi è necessario attingere a delle riserve di energia.

RICORDA: che ci sono anche altre molecole che fungono da riserva di


energia e sono l’amido e il glicogeno in questo caso sono dei carboidrati.

Come riserva energetica i grassi sono più efficaci in quanto i carboidrati


che sono chiamati idrati del carbonio quindi sono idratati mentre i grassi
quindi i lipidi non sono idratati per cui a parità di peso i lipidi danno un
maggiore apporto calorico rispetto a quello che possono dare i
carboidrati. Inoltre gli atomi di carbonio dei carboidrati sono già
parzialmente ossidati perché presentano dei legami con l’ossigeno quindi
come vedremo nel metabolismo il grado di ossidazione di un composto ci
dice quanta energia possiamo estrarre da quello stesso composto quindi
quanto più è ossidato meno energia possiamo estrarre infatti non
possiamo estrarre l’energia dalla CO2 perché il carbonio si trova nello
stato più ossidato possibile perché è legato a due atomi di ossigeno.

Come possiamo vedere nella foto queste strutture non presentano


l’ossigeno le uniche sfere rosse sono quelle legate al glicerolo e avete che
i lipidi i trigliceridi sono estremamente ridotti quindi sono energia allo
stato più concentrato possibile quindi è quello che ci permette di
ottenere maggiore energia dai grassi. Un osservazione chiara è che negli
animali i grassi sono la maggior fonte di energia lo svantaggio dei grassi
rispetto ai carboidrati è che per movimentare l’energia dei lipidi è
necessario più tempo rispetto all’energia che si movimenta con i
carboidrati cioè i carboidrati essendo già in uno stato parzialmente
ossidato possono essere ulteriormente ossidati più rapidamente rispetto
ai grassi.

Un'altra categoria importante di acidi grassi sono gli acidi grassi


polinsaturi cioè degli acidi grassi che contengono non un singolo doppio
legame ma molti doppi legami. Queste sostanze prendono il nome di
PUFA e presentano un gran numero di insaturazione. In questo caso la
classificazione sarà diversa cioè si vanno a numerare dal capo opposto
ovvero dall’ultimo atomo di carbonio che costituisce la catena e prende il
nome di carbonio 1. Per quanto riguarda invece la nomenclatura con le
lettere greche a prescindere da quanti atomi di carbonio ci siano l’ultimo
prende il nome di carbonio omega (ultima lettera dell’alfabeto greco).
Questi grassi in particolare sono gli acidi grassi omega-3 e omega-6 i quali
vengono assunti nella dieta per prevenire malattie cardiovascolari. In
figura si può facilmente capire la nomenclatura di questi grassi inoltre è
riportato il valore corretto del rapporto tra omega-3 e 6.

Generalmente all’interno delle cellule umane i grassi sono custoditi in


cellule specifiche gli adipociti, quest’ultimi possono avere fino 80% di
grassi come peso secco. I grassi alimentari (olio d’oliva, burro e grasso di
manzo) differiscono in base alla loro composizione in acidi grassi e lipidi
che li contengono, in questo caso in figura si vede che indicando con
colori diversi gli acidi grassi a lunga catena satura e acidi grassi a corta
catena satura e gli acidi grassi insaturi si vede che queste sostanze hanno
una composizione diversa motivo per cui è salutare mangiare più olio
d’oliva piuttosto che burro o grasso animale deriva proprio
dall’istogramma riportato in basso. Infatti come possiamo notare il grado
di insaturazione presente nell’olio d’oliva è maggiore rispetto agli altri
due tipi di grassi, questo porta anche a differenti caratteristiche fisiche
infatti l’olio d’oliva a temperatura ambiente è sempre liquido nel
momento in cui l’olio d’oliva viene lasciato a basse temperature solidifica
questo significa che ha un punto di fusione più basso rispetto al punto di
fusione del burro e del grasso animale. Per esempio il grasso animale lo
osserviamo quasi sempre in forma solida per farlo diventare liquido lo
dobbiamo mettere in padella, invece il burro è intermedio a queste due
sostanze poiché ad alcune temperature estive tende ad ammorbidirsi.
Tutto ciò dipende dalle insaturazioni.
Se abbiamo strutture estremamente regolari queste possono aggregarsi
tra di loro formando delle interazione deboli come le forze di Van der
Waals, queste strutture quando si trovano a contatto tendono ad
aggregarsi molto strettamente quindi arrivano a formare delle strutture
quasi cristalline e questo spiega perché il grasso animale che ha un alta
componente di acidi grassi saturi tendendo ad essere solido invece se
all’interno della catena è presente un doppio legame questo determina
una piegatura della struttura quindi quando queste sostanze si
combinano tra di loro assumo una struttura molto più disordinata che
non può essere compatta (caso del burro ma soprattutto nel caso degli
oli). Ciò determina che se assumiamo una maggiore quantità di acidi
grassi insaturi vedremo che quest’ultimi quando sono presenti nel sangue
hanno una minore tendenza a formare delle placche sulla superficie delle
arterie invece se assumiamo molti acidi grassi saturi si ha la formazione di
placche nelle arterie che può portare fino alla loro occlusione.

Una delle caratteristiche negative degli acidi grassi è che quando vengono
esposti all’aria si ossidano e producono cattivo odore (es il burro diventa
rancido) questo succede perché ossidazioni a carico delle catene
idrocarburiche sature del burro che produce dei fenoli e degli acidi
carbossilici che hanno cattivo odore ovvero queste catene si
interrompono e producono nuove sostanze che hanno cattivo odore. Per
evitare tutto questo e per aumentare il punto di fusione si produce il
fenomeno dell’idrogenazione e cioè le sostanze che hanno dei gradi di
insaturazione vengono trattate con metodi chimici aggiungendo idrogeno
e portando ad una riduzione dei doppi legami. Questo porta al processo
di idrogenazione cis-trans cioè queste sostanze assumono una
configurazione di tipo cis o trans, quando assumono una configurazione di
tipo trans diventa un problema perché queste sostanze anche se non
sono piegate sono un problema per la salute quindi in conclusione è
meglio nutrirsi di oli vegetali anziché delle loro forme trattate ad es gli oli
da frittura.
Inoltre abbiamo altri grassi che sono le cere in questo caso l’acido grasso
della catena forma un legame estere con un alcool che però non è il
glicerolo (che è un alcool piccolo ed è molto ossidato mostrando tre
atomi di ossigeno) ma è un alcool a lunga catena che può avere dai 14 ai
36 atomi di carbonio. In natura le cere sono utilizzate dagli animali per
impermeabilizzare il proprio mantello per cui gli uccelli marini hanno una
ghiandola che si trova alla base del becco che secerne le cere.

Ora parliamo del secondo gruppo di lipidi che sono i glicerofosfolipidi. I


triacilgliceroli e i glicerofosfolipidi contengono entrambi glicerolo, la
differenza tra questi due è che il primo contiene tre catene di acidi grassi
mentre il secondo presenta solo due acidi grassi e alla terza posizione del
glicerolo presenta un gruppo fosfato e non da un gruppo carbossilico, in
questo caso il legame prende i nome di fosfoestere. I glicerofosfolipidi
svolgono una funzione diversa nella cellula e sono infatti lipidi di
membrana. In figura si può notare il glicerolofosfato e il legame
fosfoestere tra la funzione alcolica del glicerolo e il gruppo fosfato.

Inoltre in figura si posso osservare anche due acidi grassi il palmitato e


l’oleato.

I glicerofosfolipidi sono più polari perché abbiamo la presenza di più


ossigeni e inoltre il fosfato presenta una carica negativa quindi può
formare sia legami idrogeno che legami ionici. Anche in questo caso il
carbonio 2 diventa chirale perché è legato a quattro atomi diversi. In
generale i glicerofosfolipidi contengono un acido grasso saturo e uno
insaturo che sono legati rispettivamente al carbonio 1 e al carbonio 2,
quando alla X che è un sostituente molto importante del fosfato si lega un
idrogeno questa molecola prende il nome di acido fosfatidico che è il
precursore di tutti glicerofosfolipidi. Nella seconda figura possiamo
vedere i diversi glicerofosfolipidi in cui il X è stato sostituito da diverse
sostanze. A seconda del sostituente cambia la natura della molecola.
L’ultima categoria di lipidi di tipo 1 che presentano degli acidi grassi
lineari sono gli sfingolipidi in questo caso il glicerolo non c’è più ma è
presente una sostanza che prende il nome di sfingosina che ha gli stessi
sostituenti presenti nei glicerofosfolipidi, un acido grasso e un fosfato.

La sfingosina è una ammina perché presenta il gruppo NH2 e ha una lunga


catena idrocarburica a 15 atomi di carbonio. L’unico acido grasso si lega
alla funzione alcolica formando un estere. In figura in rosa è riportato la
sfingosina e si può notare il confronto con il glicerofosfolipide.
Anche per gli sfingolipidi possiamo avere diversi sostituenti (in figura)
NB il legame chimico tra un acido carbossilico dell’acido grasso e il gruppo
amminico della sfingosina prende il nome di legame amminico,
quest’ultimi sono legami più importanti nelle proteine. Questo legame
forma quella che prende il nome di ceramide ed è comune di tutti gli
sfingolipidi.

In particolare i glicosfingolipidi sono i glicoconiugati lipidici che ritroviamo


nei gruppi sanguigni.
Per quanto riguarda i lipidi di gruppo due sono costituiti da anelli a 4 a 6
atomi di carbonio, generalmente gli anelli sono quattro. Il colesterolo è il
principale sterolo di membrana che cambia la permeabilità di essa. Gli
steroli sono precursori di lipidi attivi.

NB i lipidi di cui abbiamo parlato finora sono lipidi passivi perché la loro
funzione è solo quella alimentare quindi come fonte energetico esempio
trigliceridi o una funzione strutturale per esempio il glicerofosfolipide. I
lipidi attivi sono gli ormoni oppure i lipidi coinvolti nel trasferimento dei
carboidrati durante la glicosilazione, oppure quelli che funzionano da
pigmenti andando a colorare gli alimenti come nel caso della carota
perché assorbono la luce a una determinata lunghezza d’onda.
Gli ormoni steroidei sono generalmente più polari del colesterolo e quindi
vengono trasportati dal flusso sanguigno agli organi bersaglio, riescono ad
entrare all’interno della cellula senza l’aiuto dei trasportatori polari
perché riescono ad attraversare la membrana. Inseguito si legano a
proteine recettoriali all’interno della cellula e quindi nel nucleo e attivano
un espressione genica.
Un altro lipide che ha la funzione di segnale è la vitamina D più
propriamente detta vitamina D3, quest’ultima si chiama colecalcifenolo e
vedremo che non viene prodotta dal corpo spontaneamente ma viene
prodotta a partire da un precursore che è il deidrocolesterolo essa è
presente sulla nostra pelle, quando noi abbiamo l’irradiamento della luce
solare si ha l’energia sufficiente per spezzare questa molecola e si ha la
formazione della vitamina D3. Questa vitamina non è molto efficace, lo
diventa nel momento in cui due enzimi nel rene e nel fegato la
trasformano in calcitriolo che ha la funzione di trasportare il calcio verso
le ossa.
Un altro lipide di segnale molto importante è la vitamina A (A1) che è
chiamato anche retinolo, questa è importante perché è il pigmento
essenziale per la visione. Il precursore della vitamina A è il beta-carotene
che va incontro ad una rottura e produce il retinolo (per conto suo
funzione nel meccanismo della pressione),ma quando viene svolta un
ossidazione porta alla formazione del retinale che a sua volta viene
modificato in acido retinoico (stimola il tessuto epiteliale per questo è
presente in molte creme per il trattamento di rughe e acne).
I lipidi hanno la capacità di formare le membrane e presentano un
orientamento ovvero una testa polare e una coda idrofobica per cui la
molecola si dice che è anfipatica, questa caratteristica fornisce ai lipidi la
tendenza di potersi aggregare quando si trovano all’interno di una
soluzione acquosa.

RICORDA che cos’è che determina l’aggregazione dei lipidi? -> è l’H2O che
cerca di ridurre il suo grado di ordine.

Quando si formano delle strutture come quelle degli acidi grassi abbiamo
la testa polare perché c’è un acido carbossilico (è polare e anche carico) e
una singola catena idrocarburica, quando rappresentiamo questa
molecola nello spazio somiglia a un cono rovesciato. Quando il precursore
ha questa forma possiamo solo ottenere delle micelle, per ottenere delle
strutture più complesse come le vescicole o il doppio strato lipidico è
necessario un lipide che ha una testa idrofilica e ha più catene di acidi
grassi nei glicerofosfolipidi abbiamo due catene. In questo caso la forma
tridimensionale somiglia ad un cilindro questo significa che nello spazio le
molecole assumono un tipo di impacchettamento diverso. Come si può
notare nel secondo disegno ci sono delle parti idrofobiche (ai due lati) che
sono comunque a contatto con l’acqua per questo quando il doppio
strato si allunga si richiude su stesso e porta alla formazione di una
vescicola. Quest’ultima rispetto alle micelle presentano un ulteriore
strato lipidico dove una testa è rivolta verso l’esterno mentre un’altra è
rivolta verso l’interno.
MEMBRANA PLASMATICA

Come già sappiamo le membrane plasmatiche sono costituite da un


doppio strato fosfolipidico e svolgono diverse funzioni:

Le membrane plasmatiche però non sono tutte uguali all’interno di una


cellula in figura sono indicate le varie concentrazioni lipidiche di varie
membrane di compartimenti diversi dell’epatocita di ratto.
Inoltre molte membrane sono asimmetriche perché non hanno il doppio
strato lipidico identico, le membrane hanno anche delle caratteristiche
che le fa cambiare funzionalmente. Durante la vita della cellula e durante
i processi cellulari le membrane plasmatiche possono cambiare.
ACIDI NUCLEICI

Le funzioni dei nucleoditi sono:


- quella di fornire energia per le attività metaboliche;
- sono segnali chimici per alcuni sistemi cellulari;
- sono componenti di cofattori;
- sono i costituenti degli acidi nucleici;
Il DNA cellulare specifica le sequenze amminoacidiche delle proteine e
nucleotidiche del RNA. E’ il DNA contenuto in una cellula è più lungo di 10^5 volte.
I nucleotidi sono caratterizzati da 3 componenti (A) ed senza il fosfato prendono
nome di nucleoside.
Sono costituite da basi azotate che derivano da due percursori eterciclici (b) e si
dividono in puriniche vengo abbreviata in R e quelle pirimidiniche a Y.
ALERT!
L’ATP è una vera e propria valuta della cellula usata in processi metabolici.

Gli organismi eterotrofi catabolizzano i nutrienti in energia che usano per produrre ATP 

L’ATP dona una parte di questa energia ai processi che richiedono lavoro energetico

• Sintesi di intermedi metabolici



• Sintesi di macromolecole da precursori semplici

• Trasporto attraverso le membrane contro un gradiente di concentrazione

• Movimento meccanico

4- 3- 2- +
ATP + H O à ADP + HPO + H ΔG = -30.5 kJ/mole
2 4

Nella funzione della cellula si è verificato una cosa del genere, e cioè un’unica
molecola che servisse alla cellula per tutti i processi in piena richiesta di energia. Se
più di una fossero state tante il metabolismo sarebbe stato completamente indafinato.
Perche? Perché se per fare la glicolisi oppure per fare la gluconeogenesi ovvero la
sintesi del glucosio serviva l’ATP, ma invece per fare la sintesi e se in un acido
grasso serviva un altro nucleotide e non c’era nucleotide di quel tipo disponibile io
dovevo bloccare il metabolismo perché non c’era quella molecola di scambio.
Sviluppandosi, invece, un’unica molecola che andasse bene per tutti i processi
metabolici ho ottimizzato l’ammicolismo (?) il processo che porta alla sintesi delle
macromolecole.
Quindi sia se voi dovete sintetizzare le proteine, acidi nucleidi, zuccheri, lipidi e
qualsiasi altro componente cellulare avete bisogno di una banca di ATP.
Passiamo adesso ad una notazione di tipo biochimico: perché l’ATP ha questa natura
e perché è una molecola che può essere utilizzata per dei processi energetici.
Perché i legami che sono disegnati qui:

 sono dei legami la cui idrolisi produce


un’elevata differenza di energia libera cioè l’idrolisi di uno solo di questi fosfati
produce circa 30 kilojoule mole. Questa è l’energia che viene utilizzata dal sistema
per fare altro. Quindi è come se l’ATP avesse un serbatoio di energia che viene
rilasciato al momento opportuno.
Vedremo poi quando parleremo del metabolismo quali sono i motivi termodinamici
per cui questi legami sono legami ad alti livelli di energia. Pertanto l’ATP si usa per la
sintesi di intermedi metabolici, per la sintesi macromolecole, ma anche per il
trasporto attraverso la membrana.
Se io ho una sostanza che voglio importare e all’interno della cellula già c’è ne ho
molta la termodinamico non lo permette, cioè quella sostanza non tende ad entrare
naturalmente perché viola quella che è il principio della termodinamica che dice che
tende molto ad assumere la massima entropia. Quindi la cellula deve attivamente
trasportare questa sostanza all’interno e lo fa bruciando molecole di ATP.
L’ATP poi è importantissimo per l’equilibrio meccanico quando un uomo deve
correre noi dobbiamo avere il nostro cuore che pompa sangue abbiamo bisogno che ci
sia una contrazione muscolare continua sia che siamo svegli sia quando dormiamo.
Questa contrazione muscolare ci viene data per un cumulo di ATP, alla stessa
maniera gli organismi più semplici possiedono dei flagelli o degli organelli che gli
permettono di muoversi e anche questi funzionano idrolizzando ATP.
Quindi molto spesso quando io chiedo agli esami parli di nucleoditi la risposta più
comune è che i nucleotidi sono i precursori degli acidi nucleici questi poi sono
formati da adenina, citosina, guanina, timina e da DNA, e invece la funzione
metabolica dei nucleotidi è molto importante e quindi bisogna ricordare tutte le loro
funzioni.
Allora è chiaro che i nucleotidi non
sono soltanto parte degli acidi nucleici
ma sicuramente sono molto importanti
come i componenti del DNA.
Il DNA che è questo:
Questi sono dei filamenti di DNA in
cui dei nucleotidi mono-fosfati si
legano in sequenza. Che tipo di
legame si formano?
I legami che si formano sono quelli
tra, voi lo sapete già perché sapete dal
liceo che le catene di DNA sono
catene collegate tra la posizione 3’ e la
posizione 5’. Quindi questo è il
legame che lega un nucleotide ad una
purina. In pratica questo fosfato
costituisce un ponte un legame sferico
tra questo gruppo e quest’altro. Quindi
sono due legami sferici tra questo
ossigeno legato al carbonio 3 e
quest’altro al carbonio 5.
Quindi se io vi chiedo di disegnare una coppia di basi vi dovete ricordare qual è la
numerazione di uno zucchero. Quindi la numerazione 1-2-3-4-5 i gruppi coinvolti
devono essere questi. Se io vi ho chiesto che sia di RNA qui ci va H se io vi ho
chiesto che si di DNA qua ci va OH.
Quindi anche in questo caso è piuttosto semplice ricordarsi i costituenti sullo
zucchero perché il carbonio 1 è legato ad una base, il carbonio 2 è quello che vi
permette di distinguere il DNA con l’RNA quindi non può operare come prodotto
perché può essere ridotto o ossidato, il carbonio 3 è quello che coinvolge un’altra
base nel caso sia di DNA che di RNA e il carbonio 5 è legato al fosfato.
Il risultato di questo legame e che gli acidi nucleici hanno una forma di polarità
perché avete un fosfato all’estremità 5’ e un OH libero all’estremità 3’.
Quindi si dice che gli acidi nucleici hanno una catena 5’-3’.
Il sequenziamento del DNA che è valso il premio nobel a Frederick Sanger che vinse
due premi nobel. Uno negli anni 60 per il sequenziamento delle proteine e un altro
negli anni 80 per il sequenziamento del DNA. In pratica è il padre del metodo per
sequenziare gli acidi nucleici che adesso si usa molto poco o quasi più in quanto ci
sono metodi di sequenziamente estremamente efficaci che hanno portato
all’esplosione della disciplina cosiddetta genomica. Cioè c’è adesso la possibilità di
sequenziare il DNA di un microrganismo con soltanto 500 euro nel giro di 2 ore è
possibile avere il genoma di un intero microrganismo sequenziato.
Infatti ora si ricorre al sistema della genomica si è sviluppata la cosiddetta meta
genomica cioè il sequenziamento del DNA non da un microrganismo ma da un
nutrienti o da un intero sistema.
Per esempio c’è lo studio del metagenoma dei microrganismi che vivono nel nostro
intestino oppure ci sono spunti di metagenoma di microrganismi che vivono nei
supporti degli albitrus per capire come questi ambienti sono popolati da diversi
organismi.
Vi faccio notare alcune caratteristiche del DNA e del RNA. Mi capita spesso agli
esami che gli studenti si dimenticano cioè del termine acidi nucleici che sono delle
sostanze acide. Perché sono acide?
Perché come avete visto nel disegno che abbiamo fatto alla lavagna i gruppi fosfati
hanno una carica negativa infatti su queste cariche sono stabilizzate da degli ioni
magnesio.
Gli acidi nucleici hanno quindi questa componente che è particolarmente idrofilica e
si trova esposta alla superficie proteica, mentre la componente che sfrutta le basi ha
una notevole componente idrofobica sebbene sono delle molecole che sono in grado
di formare dei legami idrogeno.
In questa dipositiva troverete anche delle terminologie per esempio le basi azotate
vengono denominate gruppi laterali perché in un’altra notazione degli acidi nucleici
la catena viene rappresentata come un singolo filamento, quindi le basi azotate
vengono mostrate come se fossero laterali rispetto al filamento principale.
Come tutti noi sappiamo la struttura del DNA è stata risolta da James Watson e
Francis Crik. In particolare James Watson quando applicò la struttura del DNA
aveva 25 anni ed loro hanno avuto la grande abilità di riassumere molti dati
sperimentali che erano presenti in letteratura ad opera di altri scienziati.
Nel 1950 come naturalmente avrete studiato o studierete in genetica sono state
raccontate da Erwin Chargaff alcune osservazioni che adesso sono ovvie, ma
all’epoca furono delle scoperte sensazionali. Per esempio lui scoprì che ogni specie
vivente aveva una composizione di base di DNA differente. Inoltre notò che all’epoca
il DNA poteva essere anche un alimento, non si aveva idea di cosa fosse e a cosa
servisse. Però lui notò che qualsiasi cellula di un determinato organismo, la foglia o la
radice di una pianta, i capelli e le unghie avevano tutti la stessa composizione di basi.
Inoltre rilevò che a seconda dell’età dello stato di nutrizione o di altre caratteristiche
la composizione delle cellule vicine non cambiava.
Infine notò che se lui modificava il DNA e mescolava le basi azotate che lo
componevano la concentrazione di adenina era uguale a quella della timina, e la
concentrazione di guanina era uguale a quella di citosina e la somma delle basi
puriniche era uguale alla
somma delle concentrazioni
delle basi piridimiche. Pochi
anni dopo Rosalind Frankilin
e Maurice Wilkins svolsero
delle analisi sulle diffrazione
raggi x del DNA e si misero a
lavorare sulla loro
interpretazione. Sui dati di
questi studiosi lavorarono
appunto Watson e Crick, ma
non erano gli unici laboratori
che si occupano di questo.
Oltre al loro laboratorio c’era
un laboratorio di un
biochimico molto notevole che
si chiamava Linus Pauling
che aveva vinto il premio
Nobel per la struttura secondaria delle proteine e lavorava anche sulla struttura del
DNA. I due laboratori si trovavano nella stessa città ed erano in competizione e pare
che il figlio di Pauling stesse facendo laboratorio in quello di Crick e Watson e si era
fatto scappare, da quello che il padre gli aveva confidato che secondo lui il DNA
aveva una struttura tetraelica.
Quindi quando Watson e Crick seppero questa cosa si tranquillizzarono sapendo
perché i loro dati dicevano che la struttura a doppia elica sembrava più convincente e
successivamente vinsero il premio Nobel per la struttura del DNA.
Questa è la molecola più famosa del mondo ed era una doppia elica in cui sono
evidenziati con colori diversi le catene dei due filamenti che si intrecciano che
decorrono in una direzione e in una direzione opposta.
Quindi sono filamenti che si avvolgono intorno ad un asse, questa è la struttura del
DNA cosiddetta di tipo B che è la struttura che solitamente il DNA assume in
soluzione. In questa struttura che sulla superficie si trovano le cariche dei fosfati e
quindi sulla superficie di questa elica ci sono delle cariche con un lungo filamento. Le
basi invece sono perpendicolari all’asse dell’elica e si intravedono in questa rotazione
più sbiadita e formano dei legami idrogeno fra di loro. Queste sono le
rappresentazioni dell’elica vista dall’alto quindi al di sopra del proprio asse e vede
che queste sono le basi che formeranno i legami idrogeno fra di loro.
Secondo il modello di Watson e Crick la distanza tra le basi 3,4 A e essendo una
periodicità di 34 A ci sono dieci basi per giro di elica, quindi per ritornare nello stesso
punto bisogna percorrere 34 A. Quindi sono contenute 10 basi.
Si vede che all’interno di questa elica è possibile distingue un solco maggiore e un
solco minore tra le due eliche.
Il modello di Watson e Crick permise di spiegare il motivo per cui le adenine erano
della stessa quantità delle timine perché sono complementari e quindi formano due
legami idrogeno lo stesso vale la guanina con la citosina.
Pertanto quando noi parliamo della struttura del DNA quest’ultimo è costituto da
legami covalenti di tipo fosfodiesterico perché il fosfato forma due legami esterici,
ma i due filamenti sono tenuti insieme da delle interazioni deboli di una già ne
abbiamo parlato e sono i legami idrogeno ma ci sono e non bisogno dimenticarli che
ci sono delle interazioni di tipi microscopico.
Questi sono i legami idrogeno vede quanto vi ho mostrato la rappresentazione delle
basi e come riportare i legami l’adenina e timina, questa è l’Adenina con un solo
sostituente all’RNAH2 che formano un legame idrogeno con uno dei due sostituenti
della timina, quello con l’ossigeno.
Vi faccio notare che questi due legami idrogeno abbiamo che nel primo l’atomo
donatore si trova sull’adenina, nel secondo l’altro donatore si trova sulla timina e
quindi non è lo stesso donatore sulla stessa base, ma un gruppo funzione da donatore
di idrogeno l’altro come accettare sia nell’adenina che nella timina. In questo caso i
legami sono pari nel caso in cui ci siano tre legami idrogeno è normale che siano
disparsi quindi l’adenina funziona da donatore per l’azoto, per l’idrogeno legato
all’azoto con un anello ed un altro idrogeno legato ad un gruppo ammico. La citosina
funziona da accettare per l’atomo di ossigeno legato al carbonio e l’atomo di azoto è
legato all’anello e fa come donatore per il gruppo amminico.
In realtà le basi azotate non sono soltanto legami idrogeno perché se noi
consideriamo la doppia elica i legami idrogeno sono perpendicolari a quest’ultima
perché le basi sono perpendicolari quindi si affacciano sull’una sull’altra, ma quando
due basi dotate di anelli aromatici si trovano a questa distanza 0,34 nanometri si
formano delle interazioni idrofobiche cioè si trovano ad una distanza favorevole per
la formazione di interazioni van der Waals quindi bisogna ricordare che la doppia
elica tenuta insieme non soltanto da legami idrogeno ma anche le interazioni
idrofobiche.
Qual è la differenza fondamentale per acquisire i diversi metodi?
Le interazioni idrofobiche non hanno una valenza informazionale cioè non è che se
qui c’è un adenina non è che necessariamente o sopra o sotto ci sarà una cellula base.
I legami idrogeno ci dicono invece che sono la base della complementarietà cioè se io
leggo una sequenza di DNA posso automaticamente leggere l’elemento
complementare ovvero l’altro legamento.
Per questo motivo è questa è stata un altra notazione importante nel modello di
Watson e Crick loro pubblicarono il lavoro in una delle riviste più prestigiose
mettendo una piccola frase molto importante che diceva: “Non ci strugge il fatto che
il nostro terro spieghi come il DNA si duplica” e infatti poiché loro sapevano che con
un filamento è possibile fare tanto ed è esattamente quello che fa la cellula cioè
quando avviene la duplicazione del DNA come tutti sappiamo la doppia elica si apre
ed è possibile copiarne i doppi filamenti e ottenere due molecole figlie
completamente identiche a quelle madre.
In realtà il DNA proposto da Watson e Crick è sicuramente il modello più accettato ed
è quello che rappresenta la struttura del DNA e di come quest’ultimo trascorre il suo
tempo.
Poi il DNA potrà assumere anche delle forme diverse a seconda delle situazioni
fisiologiche e della composizione chimica dell’ambiente questo perché quando noi
parliamo del nucleoside cioè dello zucchero senza il fosfato si vede che la basa in
realtà può ruotare intorno al legame N-glicosilico. Quindi nella rappresentazione
tridimensionale a bastoncini si vede che ci sono vari legami intorno ai quali questi
atomi possono codificare senza interrompere i legami quindi si tratta di codifiche
conformazionali. Proprio per questo motivo il DNA presente delle strutture diverse
per mostrare la forma b che è quella che vi ho mostrato prima, ma il DNA può anche
avere una forma più compatta infatti vedremo che la figura A si apre la distanza tra le
basi che di 28 A, mentre nel caso B erano di 34 A, oppure si può avere un altra forma
di DNA completamente differente che prende nome di forma a Z.
Il DNA ha la possibilità di assumere diverse gerarchie strutturali questa idea delle
gerarchie strutturali è una caratteristica di tutte le macromolecole.
Studieremo le gerarchie strutturali degli acidi nucleici e delle proteine sopratutto
quest’ultime perché sono molto importanti.
Gli zuccheri, per esempio la cellulosa, si organizza in strutture secondarie cioè i
singoli filamenti di glucosio si dispongono nello spazio in maniera uniforme. Se avete
presente il sedano i suoi filamenti che si tirano fuori sono cellulosa allo stato gas
puro.
Il DNA è difficile da vedere generalmente bisogna estrarlo dagli organismi.
Ritornando alle strutture si tenderà ad assumere uno spazio delle strutture secondarie
diverse da quelle della doppia elica.

Queste sono rappresentate in questa diapositiva:


e vedete che il DNA può
formare queste struttura
dette a forcina in base alla
presenza di determinate
sequenze di basi. Cioè
quando ci sono delle
sequenze cosiddette
palindromiche dove il
palindromo è una frase
riletta nelle due direzioni
dice la stessa cosa, quindi
vedete che questa sequenza
se viene letta da sinistra a
destra o viceversa è la
stessa.
Nel caso di un palindromo
speculare quando si creano
delle situazioni di questo
genere vedrete che il DNA
può formare delle forcine.
Cioè un filamenti si piega e
queste basi si associano tra
di loro. Quindi qual è la
differenza che si forma qua?
Qui abbiamo due filamenti
che erano complementari e
l’associazione secondo le
regole di Watson e Crick avviene all’interno dello stesso filamento. Questi tratti
solitamente assumono una forma a doppia elica e quindi sono particolarmente stabili.
Quindi nella gerarchia del DNA parliamo di strutture secondarie e strutture
primarie. La struttura primarie serve per la sequenza delle basi quella secondaria,
invece, è quella che può formare una doppia elica sia con due filamenti diversi sia
all’interno dello stesso filamento.
Vedremo che nelle proteine le strutture gerarchiche sono maggiori sia nella struttura
primaria, secondaria, terziaria e quaternaria.
Ora possiamo parlare adesso un pochino della chimica del DNA. La struttura a
doppia elica ha in se la possibilità di separarsi non in maniera definitiva in momenti
fisiologici cioè quando il DNA si deve replicare ovvero quando si deve copiare uno
dei due filamenti perché il contenuto dell’informazione è quello delle basi e
quest’ultime deve o interrompere i legami e permette l’accesso all’enzima DNA
elicalasi. In realtà in DNA può andare incontro a questo processo di separazione in
soltanto in momenti fisiologici ma anche quando si creano delle condizioni per cui le
interazioni che tenevano insieme i due filamenti si interrompono. Queste condizioni
sono variazioni del Ph cioè in pratica quando parte del Ph lo stato di ionizzazione dei
gruppi che formano i legami idrogeno, di azoto, di ossigeno cambia e la forza di
queste interazioni si riduce.
La stessa cosa può farlo la temperatura perché quest’ultima aumenta i moti delle
molecole e queste interazioni sono dipendenti dalla distanza quando si supera una
certa distanza si interrompono. Quando si hanno queste variazioni di Ph e di
temperatura si ha la separazione parziale dei due filamenti o addirittura la separazione
totale dei due filmanti.
In questi casi si dice che il DNA si denatura cioè cambia la sua forma nativa. Per
avere un processo reversibile cioè per farsi si che questi filamenti possano tornare
insieme è necessario che non avvenga le interruzioni del legami covalenti. I legami
covalenti interrotti possono essere legati tra la base e lo zucchero e naturalmente se
questo succede la base di perde e vi è chiaro che i filamenti hanno difficoltà ad
riassociarsi perché alcune basi non coincidono più oppure pur accade si si interrompe
il legami fosfodiestero. E in questo caso il filamento verrebbe spezzato perché
interrotto.
Quindi questo è un altro concetto è la differenza tra la denatura reversibile e
irreversibile. Nel caso in cui il Ph in natura è molto grande e si ha l’interruzione dei
legami covalenti le molecole non si riescono più a riassociare. Quindi
dall’interruzioni soltanto dei legami deboli si può avere la denaturazione anche
parziale e si può avere una riassociazione dei due filamenti.
Tutto questo ci porta ad un esperimento che possiamo descrivere in quanto lo
possiamo osservare cioè io come faccio ad accorgermi che i due filamenti si sono
separati?
Ritorno a quello che ho detto prima della capacità degli acidi nucleici di assorbire la
luce a 260 nm. Se io faccio questo esperimento: se io prima denaturo il DNA e
quindi porto questa molecola a separarsi dei due filamenti e ripeto l’esperimento della
lunghezza d’onda vedo che l’intensità della luce assorbita da parte del DNA cavità
singola è più alta rispetto alla capacità di poter assorbire la luce a 260 nm per la
doppia elica. Questa è l’osservazione sperimentale che prendo il nome di effetto
ipercronico in pratica i nucleotidi se si trovano liberi a formare un singolo filamento
oppure a formare una doppia elica assorbono l’intensità della luce in quantità sempre
minore. Quindi i nucleotidi liberi assorbono più luce rispetto a quelli legati che quindi
possono formare un singolo o doppio filamento.
Ora questo esperimento vi permette di misurare
qual è il punto di denaturazione di una certa
molecola di DNA e quindi se in un grafico io
riporto la percentuale di denaturazione ma la
possono riportare anche come intensità di
assorbimento della luce in funzione delle
temperature osservo un andamento simboidale.
Cioè in pratica sotto una certa temperatura non
succede niente, ma da una certa temperatura in
poi il DNA si denatura.
Quindi in una cellula in questa transizione si ha
un iniziale apertura della doppia elica e man
mano che questi si apre i filamenti singoli si
muovono e producono l’acutamento (?) dei due
filmanti. Questo andamento prende il nome di
temperatura di fusione o TM. La temperatura
di fusione è un parametro quantitativo ed è
correlato a ciascuna molecola di DNA cioè a
seconda se la molecola di DNA ha una maggiore quantità di poche guanina - citosina
o di poche adenina-timina la temperatura di Mendilk (TM) sarà differente.
Secondo voi a una temperature di Mendilk più alta, cioè questi due filamenti uno è
blu e altro è rosso, qual è quello che contiene la quantità maggiore di coppie gunina-
cistosina? Quello rosso perché richiede più energia per poterli separare perché ci sono
tre legami idrogeno per ciascuna coppia di base cioè tra guanina-citosina c’è ne sono
tre tra adenina-timina c’è ne sono due.
I due filamenti hanno una diversa percentuale di GC ci sono organismi che hanno una
percentuale di GC più elevata e altre più bassa. In particolare i microrganismi che
vivono ad alte temperature hanno una quantità di copie GC maggiore per tenere
insieme le due eliche di DNA. Questo però non è una regola generale in particolare è
stato visto che questo è un veicolo per microrganismi cosiddetti moderati e cioè per
crescere hanno bisogno di temperature fino a circa 70-75° centigradi. In maniera
sorprendente è stato visto che in alcuni microrganismi che crescono a temperature
superiori hanno un elevato contenuto in AT quindi hanno un tipo AT e GC.
Ad oggi un microrganismi che può vivere a una temperatura più elevata è un
microrganismo che vive nelle profondità marine e che per crescere ha bisogno di
120° centigradi. A quella temperatura in modo sorprendente il suo DNA è più ricco in
AT piuttosto che in GC presumibilmente le proteine tengono insieme la doppia elica
ma tengono anche a dessiderarla.
La denutrizione è un processo di DNA fisiologico dove questo filamento di DNA si
vedono che si hanno delle zone di apertura. Secondo voi quando è che si deve aprire
il DNA?
Quando c’è sia la replicazione ma anche quando c’è la trascrizione perché si deve
rendere accessibile l’informazione per poter andare alle basi.

Se io prendo due campioni uno di DNA


di cellule umane e un altro DNA di
cellule di topo a questo punto ho già la
struttura a doppia elica del DNA già da
una di questi due contenuti e ora
riscaldo i due contenitori e porto il DNA
a separarsi in due singoli filamenti. A
questi punti li uniscono e lascio
raffreddare il contenitore. Quello che
osservo è che gran parte del DNA si
avvolge trovando il proprio filamento
complementare quindi uomo-uomo e
topo-topo però alcune componenti
(l’uomo è blu e il topo è rosso) hanno
due colori cioè che hanno degli ibridi. Questi ibridi si vedono semplicemente dal
fatto che abbiamo una somiglianza nella nostra sequenza di DNA con quella degli
altri mammiferi. Però l’entità del topo è inferiore perché l’antenato comune tra uomo
e topo è stato molti milioni di anni fa. Questo segmento ci dice che la formazione di
duplex ibridi è più probabile in base alle caratteristiche di tipo evolutivo.
AMMINOACIDI

Gli amminoacidi hanno tutti nomi comuni cioè non hanno una definizione di chimica
organica e hanno nomi che derivano essenzialmente dall’elemento comune per esempio la
sparangina deriva il suo nome perché è molto abbondante negli asparagi, oppure il
blutalmato perché è presente nel glutine, la tirosina perché deriva dal greco tiros che
significa formaggio ed è presente in questo alimento la glicina perché è dolce. Quindi
dovete imparare i nomi e in più vi farò vedere che gli amminoacidi finiscano con due tipi di
cocci ed un codice a 3 lettere e un codice ad una lettera. Non è indispensabile che conosciate
questi codici però sicuramente ritengo sia molto utile nelle vostre conoscenze di biologia.
Il carbonio a cui sono legati il gruppo carbossilico e il gruppo amminico è generalmente
legato a quattro gruppi diversi e quindi come abbiamo già visto è un carbonio chirale dove
esiste una sola eccezione che come vedremo è quello della glicina perché a quest’ultima
sono legati due atomi di idrogeno e quindi il carbonio non sarà chirale.
Vi ricorderete di quello che abbiamo detto
della gliceraldeide che è questa molecola
molto semplice che non solo è il capostipite
degli zuccheri, perché vi ricordate che è un
atomo trioso cioè fatto da tre atomi di
carbonio e in base alla disposizione del
gruppo OH legato al carbonio chirale si può
distinguere nella serie D e nelle serie N.
Anche gli amminoacidi si possono dedurre
dalla gliceraldeide vi ricordate che queste
due forme essendo il carbonio chirale
hanno una struttura speculare e possono
essere rappresentate con la formula
proiettiva che è quella più semplice,
oppure la forma prospettica in cui questi
due due gruppi dove il carbonio è al centro
ma non è una struttura banale come questa
formula può far sembrare , ma è una
struttura tridimensionale.
Ora perché questi amminoacidi sono
derivati dalla gliceraldeide?
Perché anche gli amminoacidi hanno due
enantiomeri perché quelli che hanno il
carbonio chirale hanno della forme
speculari. Questo è uno degli amminoacidi più semplici possibili perché come vi ho detto
c’è il carbonio chirale, il gruppo carbossilico, il gruppo amminico, l’idrogeno poi c’è un
quarto gruppo legato al carbonio chirale che prende il nome di catena laterale. Quindi degli
amminoacidi differiscono tra di loro soltanto per la catena laterale e pertanto la prima cosa
da dover memorizzare è la struttura generale degli amminoacidi.
Quindi se io vi chiedo: disegnami un amminoacido che voi dovete indicarlo in maniere
generale dovete porre come catene laterale il gruppo R che il gruppo generico che
1
rappresenta tutti gli amminoacidi. Quindi abbiamo questi quattro gruppi e l’alanina può
essere presente in due forme enantiomeriche troviamo infatti la N-alanina e D-alanina.
Perché possiamo stabilire N e D? Perché ci
rifacciamo ancora una volta alla
gliceraldeide in pratica con la formula di
Fisher si segna il gruppo carbossilico in
alto, il gruppo amminico a sinistra,
l’idrogeno a destra e la catena laterale in
basso. Da cosa derivano?
Io potrei mettere questi gruppi
nell’amminoacido e far ruotare questo
carbonio chirale come voglia sia in serio
orario che antiorario per cui io devo
stabilire delle convenzioni. Quando posso
dire che un amminoacido è N o D? Quello
che è stato fatto ed è stato deciso di
sovrapporre la struttura dell’amminoacido
a quello della gliceraldeide in base alla
più semplice interconvenzione chimica.
Quindi se noi vediamo i gruppi chimici
della gliceraldeide e i gruppi degli
amminoacidi dobbiamo escludere la
catena laterale perché in questo caso sono abbastanza simili, ma vedrete che ci sono delle
catene laterali essenzialmente diverse. OH e NH3 sono differenti ed i gruppi che sono
sempre conservati negli amminoacidi sono COO- e NH3 per cui la scelta è caduta in un
gruppo carbossilico.
In pratica il gruppo carbossilico si scrive in alto come nella gliceraldeide e questo punto se
noi fissiamo questi due punti cioè il gruppo amminico e il gruppo carbossilico vanno
insieme ed i due carboni chirali vanno insieme l’unica differenze e che il gruppo NH3 può
trovarsi a sinistra o a destra esattamente proprio come nella gliceraldeide l’OH può trovarsi
a destra o a sinistra. Quindi il primo gruppo per memorizzare gli amminoacidi scrivete
rimettendo COH in alto e il gruppo amminico a sinistra. Come credo di avervi già accennato
quando abbiamo parlato degli zuccheri nella stessa cosa per gli amminoacidi per qualche
motivo si è affermato lo stereoisomero, però questo non è chiaro come avviene. Però la cosa
più importante è che questa simmetria viene conservata nei polimeri degli amminoacidi che
sono le proteine. Quindi le proteine contenendo tutte la forma L contengono delle zone di
riconoscimento delle altre molecole che sono asimmetriche ed quindi e per questo il motivo
che cui gli enzimi catalizzano reazioni sterospecifiche cioè quando accelero una reazione ad
un substrato ad un prodotto producono un solo di stereoisomeri che devono formare.
Tutto nasce dal fatto che le proteine stesse e gli enzimi stessi sono asimmetrici. Questi sono
gli amminoacidi che dovete ricordare.
ALERT!

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Allora qual è la prima cosa che vi ho detto? Che gli amminoacidi hanno tutti una struttura
conservata ed quindi la prima cosa da scrivere è la struttura conservata degli amminoacidi.
Perché puoi a questo punto c’è la catene laterale ed noi li dobbiamo distinguere in base alla
catena laterale. Pertanto prima cosa imparate la formula generale degli amminoacidi. A
questo punto gli possiamo classificare in base alla natura chimica della catena laterale e
quindi memorizzati a gruppi in base alla natura della catena. E a seconda della caratteristica
chimica di quest’ultima noi parliamo di:
• AMMINOACIDI ALIFATICI NON POLARI cioè amminoacidi che hanno in una
catena laterale essenzialmente due alifatiche quindi costituite principalmente da atomi di
carbonio;
• AMMINOACIDI AROMATICI e che quindi contengono degli anelli aromatici ed è la
seconda categoria.

Ed queste due categorie appartengono essenzialmente ad gli amminoacidi non polari cioè
che formano delle interazioni di tipo non polare con la loro catena laterale ed quindi io ora
mi sto riferendo soltanto alla catena laterale perché se io devo parlare dell’amminoacidi
normalmente sicuramente è una molecola polare perché è dotato di cariche ed quindi ha un
gruppo amminco e carbossilico carico ed infatti vedrete che le loro forme di titolazione sono
3
particolarmente influenzate dalla presenza di questi amminoacidi carichi. Dopo di che ci
sono catene laterale polari e cioè quelli che hanno degli atomi elettronegativi che possono
essere più solubili in acqua.
La catene laterali polari si dividono in:
• CATENE LATERALI NON CARICHE
• CATENE LATERALI CARICHE POSITIVAMENTE
• CATENE LATERALI CARICHE NEGATIVAMENTE

Quindi ci sono degli amminoacidi polari e non polari. Il secondo livello di suddivisione
avviene tra gli amminoacidi non polari dove troviamo quelli:
- ALIFATICI
- AROMATICI
Tra quelli polari abbiamo una suddivisione tra:
- NON CARICHE
- CARICHI POSITIVAMENTE
- CARICHI NEGATIVAMENTE
Quindi se già mettete ordine con questa conoscenza vi risulta più facile ragionare in termini
più compatti ed pertanto ad imparare questo tipo di strutture. Cominciamo ora a capire come
imparare le catene laterali ed cominciamo con gli amminoacidi non polari alifatici.
La maniera migliore per imparare la struttura di questi amminoacidi è cominciare dal più
semplice al più complesso. L’amminoacidi più semplice è la glicina che è l’unico
amminoacidi ad non essere chirale. Perché vedete che il carbonio non è legato a quattro
gruppi differenti, ma è legato ad due idrogeni. La catena laterale della glicina e quindi la
catena laterale più piccola tra tutti gli amminoaicidi, e conferisce a questo amminoacido
delle caratteristiche particolari. Come vedremo quando parleremo della struttura delle
proteine questo atomi di carbonio ha notevole libertà e quindi può assumere delle
conformazioni piuttosto libere perché è circondato da atomi molto piccoli. Il codice è gly o
con la lettera singola G.
Il secondo amminoacido per complessità è l’alanina che ha come catena laterale un gruppo
metilico. Questo amminoacidi ha anche una catena laterale molto piccola ed ha minori gradi
di libertà rispetto alla glicina però è in grado di assumere diverse conformazioni. Il codice si
indica con ala o con la lettera singola A. Ora troviamo un amminoacido un po’ particolare
che è la prolina che è l’unico amminoacidi ad avere una catena cicica laterale. Cioè la
prolina ha che il carbonio asimmetrico chirale è legato al gruppo amminico, ma questi è a
sua volta complessato con una catena alifatiche che si riattacca al carbonio chirale. Quindi
vedete in questo caso che ci sono due gruppi CH2 e vedrete che la prolina è un
amminoacido che essenzialmente non è un vero amminocacido, ma un imminoacido perché
avete che in questo si è creato questo tipo di anello. La prolina, al contrario dei due
precedenti, è un amminoacido estremamente rigido a causa di questo anelli non è in grado di
assumere molte conformazioni nello spazio, infatti vedrete che avrà della caratteristiche
particolari nel determinare le strutture secondarie delle proteine. Il codice si indica con la
lettera pro e quella singola P. Gli altri 4 amminoacidi con una catena alifatica sono questi:
valina, leucina, isoleucina e metionina. La catena laterale della valina è fatta da tre atomi
di carbonio legati in questa maniera. Il codice è val e la lettera singola V. La leucina, invece,
ha una catena laterale molto simile a quella della prolina ma c’è un CH2 che la separa dal
4
gruppo invariate dagli amminoacidi. Il codice è leu e la lettera singola L. La isoleucina
evidentemente è un derivato della leucina e in pratica uno dei gruppi metilici invece di
essere legato a questo carbonio è legato al carbonio precedente. Quindi la formula bruta è la
stessa perché hanno lo stesso numero di atomi, ma abbiamo questo spostamento nella catena
laterale. Il codice è le e la lettera singola I. L’ultimo amminoacidi alifatico è l’unico ad
avere la catena laterale lineare. La metionina sappiamo che è il primo amminoacido della
sintesi proteica ed è codificato dalla tripletta APG ed è quello che stabilisce l’inizio della
sintesi proteica. Le metionina ha un gruppo di zolfo in questa posizione e lo zolfo è un
atomo elettronegativo è meno elettronegativo dell’ossigeno e dell’azoto ma è ancora in
grado di formare legami idrogeno. Il codice è Met e la lettera singola M.
Quindi per tutti gli amminoacidi appartenenti al gruppo che hanno una catena laterale non
polare e alifatica i codici sono molto semplici ed hanno praticamente il prefisso
dell’amminoacido ed il codici ad una lettera è praticamente l’iniziale dell’amminoacido.
A questo punto passiamo gli amminoacidi aromatici il primo che vediamo disegnato è la
fenilalanina in questo caso anche il nome ci dice come è fatta la catena laterale che è dotato
di un gruppo aromatico. Vi ricordate che caratteristiche hanno gli aromatici? Assorbono la
luce ultravioletta come questi amminoacidi. La fenilalanina si indica con PHE e il simbolo
ad una lettera F. L’amminoacidi successivo è una semplice elaborazione della catena
laterale della fenilalanina ed è la tirosina. In pratica è la stessa cosa della fenilalanina ma
con l’aggiunta di un gruppo OH alla catena del fenil. Il codice a tre lettere è TYR e a
singola lettera Y. In alcuni libri di testo la tirosina è considerata un amminoacido polare
perché la presenza dell’OH la rende polare. In realtà le classificazioni sono un artificio
nostro nel senso che noi cerchiamo di classificare gli amminoacidi per comprenderne meglio
le loro funzioni. Gli amminoacidi sono un esempio di come l’evoluzione abbiamo portato
alla nascita delle strutture che si sono mantenuti in tutti gli organismi viventi. Quindi
quando ci si ritrova in un ambiente particolarmente non polare la fenilalanina ha più
probabilità ad formare interazioni, ma se ci troviamo in un ambiente che è parzialmente non
polare la presenza del gruppo OH può essere molto utile per formare il legame idrogeno.
Il terzo amminoacido di quei gruppi non polari aromatici è il triptofano. Esso caratterizzato
dall’avere due anelli uno a 6 atomi e un altro a 5 atomi legati al CH2. Notate che nell’anello
a 6 atomi è presente un azoto. Il codice a tre lettere è il trp e a singola lettera W.
Ora possiamo passare alla categoria degli amminoacidi polari cominciamo con quelli carichi
positivamente: pertanto la catena laterali di questi amminoacidi sarà polare e avrà anche un
gruppo carico positivamente. Quale gruppo può essere carico positivamente e quale atomo
può essere carico positivamente? L’azoto.
Il primo amminoacido che consideriamo si chiama lisina anche questo è un amminoacido
con una catena lineare costituito da 4 gruppi CH2 che termina con un gruppo amminico. Il
codice a tre lettere è lys e a singola lettera è K.
Molti per somiglianza del nome si confondo con lisina e leucina quindi attenzione. La lisina
è una catena laterale quindi ha la possibilità di portare una carica positiva ad una notevole
distanza perché è separata da quattro gruppi CH2.
Il secondo amminoacido carico positivamente è l’arginina. In questo caso ci sono tre CH2
poi vedete che c’è un azoto, di nuovo il carbonio che in questo caso è legato in un doppio
legame al carbonio e c’è un NH2 in questa posizione. Il codice a tre lettere è arg e a singola

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lettera R. La carica dell’arginina può in realtà delocalizzarsi tra questi due azoti e vedremo
che l’arginina comparirà in un processo metabolico.
L’ultimo amminoacido carico positivamente è l’istidina. Anche quest’ultima ha un anello
nella catena laterale ed in questo caso vedete che c’è in uno di questi azoti ha un idrogeno e
l’altro invece ha un doppio legame. In questo caso non è indicata nettamente la carica
perché la catena laterale dell’istidina ha come caratteristica quella di avere e di essere quasi
neutra e debolmente basica. Il codice è his e a singola lettera è H.
A questo punto possiamo parlare degli amminoacidi polari che hanno una struttura non
carica. Il più semplice si chiama serina che è molto simile all’alanina perché in pratica
rispetto a quest’ultima un atomo di idrogeno è stato sostituito con un issoidrile. Il codice è
sr ed a singola lettera è S. Anche della serina sentiremo molto parlare perché è coinvolta nel
meccanismo di reazione delle proteasi che prendono il nome di proteasi a serina perché
funzionano grazie alla presenza di un serina di un sito attivo.
Un’altro amminoacido polare è la treonina, che ha due atomi di carbonio nella catena
laterale e l’OH è legato al più vicino che è legato direttamente al carbonio anomerico. Il
codice è the a singola lettera con T.
Un altro amminoacido molto particolare è la cisteina e la potere ricordare perché differisce
dalla serina soltanto per un atomo e cioè ha un atomo di zolfo invece di ossigeno. Il codice è
cys e a singola lettera con C. La cisteina è un amminoacido molto particolare la catena
laterale dell’SH oltre a formare legami idrogeno può formare anche legami covalenti cioè
due cisteine si possono legare tra di loro.
Gli ultimi due amminoacidi polari non carichi invece li collego agli amminoacidi caricati
negativamente perché come vedrete sono gli amminoacidi più facili da ricordare.
Uno si chiama asparagina che ha questo nome perché si trova negli asparagi. La
asparagina è molto simile ad un amminoacidi carico negativamente che si chiama acido
aspartico. La catena laterale di questi due amminoacidi differisce col fatto che mentre
l’acido aspartico ha una catena carica negativamente l’asparangina no. Il codice è asn a
singola lettera è N. Mentre l’acido aspartico è asp a singola lettera è la G. Quindi la
asparangina ha una catena laterale con un gruppo amminico, mentre l’acido aspaortico con
un gruppo carbossilico.
L’altra coppia che è più facile da ricordare è la gluttammina e l’acido glutammico. La
prima si indica con il simbolo gln e a singola lettere con Q. Il secondo con il simbolo glu e
a singola lettera con E (?).
Vi devo dire una serie di cose su questi amminoacidi essenzialmente per aiutarvi a
memorizzare la struttura della catena laterale. Questi due sono carichi negativamente mentre
gli altri due non lo sono. Se li volete memorizzare come amminoacidi carichi negativamente
semplicemente uno ha un catena leggermente più lunga dell’altra per un gruppo CH2 quindi
per passare ad un aspartato ad un un glutalmato basta aggiungere un CH2. Alla stessa
maniere i due parenti polari per passare da asparagina a glutalmina basta aggiungere un
CH2.
C’è un errore che fanno gli studenti quando si parla di asparagina e glutammina ed è dovuto
alla presenza di questo gruppo qualcuno erroneamente ci mette una carica negativa perché
lo confonde con i gruppi carichi negativamente. Questo è un errore perché mentre il gruppo
della lisina è un gruppo amminico ed è l’unico gruppo amminico della catene laterali degli
amminocidi l’asparagina e la glutalmina hanno un legame ammidico cioè tra il carbonio e
6
l’azoto si forma questo legame. Qual è la differenza? Questo carbonio a cui è legato questo
gruppo NH2 è un carbonile cioè è legato ad un ossigeno invece questo atomo di carbonio
legato al gruppo NH2 è semplicemente legato a due idrogeni. Questo cambia la natura
elettronica del gruppo perché mettere una carica positiva sul gruppo amminico della
asparagina o della glutalmina è un errore grave.
In questa
diapositiva
vi voglio
evidenziare
come queste
cose sono
importanti
perché
queste
catene
laterali sono
in grado di
formare vari
tipo di
interazioni e
il più delle
volte sono
delle
interazioni
deboli come
vedremo
adesso piano
piano. Gli amminoacidi carichi positivamente e quelli carichi negativamente possono
formare legami ionici. Sono semplicemente due cariche opposte che si attraggono. Inoltre
gli amminoacidi polari ma non carichi possono formare tra di loro dei legami idrogeno. Ci
sono poi delle interazioni di tipo idrofobico questi riguardano le componenti idrofobiche
degli amminoacidi aromatici o con quelli alifatici. Come vi ho detto prima la metionina
presentando lo zolfo può formare legami idrogeno e la cisterna potrà formare altri legami.
La prionina, come vi ho già detto, ed può assumere una diversa conformazione spaziale però
è una struttura piuttosto rigida perché non è un vero e proprio amminoacido, ma un
imminoacido. Come ricorderete nella descrizione delle basi azotate quest’ultime
assorbivano la luce ultravioletta a 260 nm. Ci sono tre amminoacidi che assorbono la luce
ultravioletta (Triptofano, tirosina, fenilalanina), ma lo assorbono in quantità diverse con una
lunghezza d’onda diversa. In particolare se io faccio scanning all’assorbanza cioè quando le
molecole assorbono la luce ho tre spettri diversi per la tirosina, la fenilalanina e per il
triptofano.
Quest’ultimo insieme alla tirosina assorbe in circa 280 nm vedere in particolare che il
triptofano assorbe molto, perché?
Lo vedete dalla struttura perché quest’ultimo ha due anelli aromatici, mentre la tirosina ne
ha uno solo. Vi ricordate che due basi puriniche che hanno due anelli aromatici assorbono la
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luce ultravioletta a 260 nm maggiormente delle basi pirimidiniche. Vi faccio notare che la
tirosina e la finilalanina contribuisce molto poco all’assorbimento a 280 nm. Vi ricordate
che gli acidi nucleici assorbivano circa 260 nm per questo motivo io posso distinguere se
una soluzione ho acidi nucleici o proteine. Perché se l’assorbanza è a 260 è maggiore di 280
ho principalmente acidi nucleici, se viceversa ho principalmente proteine.
In realtà vedere che c’è un aumento di assorbanza che ha lunghezza d’onda minori e infatti
tutti gli amminoacidi distintamente assorbono a 220 nm. Però molte sostante assorbono a
220 nm per questo non è una lunghezza d’onda che io considero diagnostica per la presenza
di proteine.
Tra le caratteristiche degli amminoacidi uno di questi, la cisteina, è molto particolare perché
come vi ricordate ha una catena laterale SH, ma questi è una struttura non molto polare. SH
è interessante perché quando passa da uno stato ridotto ad uno stato ossidato cioè perde
idrogeni può formare un legame covalente. Questo legame porta alla formazione di questa
molecola che prende il nome di cistina. Il legame S-S che si forma tra le catene laterali delle
cisteine si chiama ponte di solfuro. Nelle proteine questo è l’unico legame covalente
presente oltre il legame peptidico.
Quali sono le proprietà degli amminoacidi?
Gli amminoacidi nella loro forma generale si possono trovare avendo sia il gruppo
carbossilico che quello amminico in una forma non ionico o in una forma carica. In
particolare possono avere entrambi questi gruppi una carica però uno ha una carica netta
negativa l’altro una positiva. Prendono nome in questo caso di zwitterione. Quindi noi
possiamo passare, nel momento in cui consideriamo un amminoaicido semplice in questo
caso la glicina, perché ha nella catena laterale è costituita dall’idrogeno, pertanto questi può
passare dalla forma di acido nitrotico quindi con solo una carica netta positiva con due
cariche che in questo caso non hanno una carica netta perché sono entrambi carichi oppure
può avere una carica netta negativa.

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Quindi questi amminoacidi prendo il nome di sostanze anfoteriche o anfoliti. Queste
caratteristiche sono molto importanti quando noi facciamo al curva di titolazione degli
amminoacidi. Cominciamo con l’amminoacidi glicina e appunto l’amminoacido con una
catena laterale che non è carica. Vi ricordate che i modi semplici per indicare la
concentrazione di protoni e pH ed è quello che ci permette di definire la costante di
ionizzazione di un certo gruppo.
Vedete quando abbiamo fatto l’esempio
dell’acido acetico abbiamo avuto una curva
ad un solo andamento ed aveva un punto
idroelettrico dove la molecola non aveva una
carica netta. Nel caso della glicina è possibile
distinguere due fasi ben distinte e per vostra
comodità sopra sono riportate le strutture
chimiche caratteristiche per queste fasi cioè
nella prima fase quando abbiamo pochi
equivalenti di OH il pH è ancora acido e si ha
un punto di flesso. A questo punto di flesso
corrisponde il pK1 in questo condizioni avete
che il gruppo carbossilico è protonato quindi
non è carico. Questo valore pK1 si riferisce
proprio al gruppo carbossilico cioè significa
che a pKa 2.34 il gruppo carbossilico è
protonato e quindi non è carico.
Se continuiamo ad aggiungere gli equivalenti
dopo una prima transizione ne troviamo
un’altra. In questa transizione è possibile
identificare un punto di flesso in pK2 e questi
si riferisce al gruppo amminico che ora perde il protone e diventa NH2.
Questi due valori pK1 e pK2 si riferiscono ai gruppi carbossilici ed amminici. In questo
caso mentre il punto di flesso ci mostra che entrambi sono carichi cioè il gruppo carbossilico
sarà reprotonato e il gruppo amminico lo è ancora e quindi questa molecola non ha una
carica netta.

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Questo è come avviene questo processo in pratica in questa prima fase si ha la perdita del
protone del gruppo carbossilico e quindi si vede che si ha questo pKa, in generale il pKa del
gruppo carbossilico all’interno di un amminoacidi è più basso rispetto ad un gruppo
carbossilico di un acido più semplice come l’acido acetico. Il motivo per cui il pKa è di 2,34
e non più alto e perché la presenza di glicina del gruppo amminico crea una repulsione cioè
significa che questo gruppo carbossilico ha una maggiore tendenza a liberarsi del protone
rispetto al gruppo carbossilico dell’acido acetico.
La successiva transizione è quella che porta alla perdita di un secondo protone questa volta
da parte di un gruppo amminico, ma quest’ultimo è una base e quindi non ha una tendenza a
perdere protoni e quindi è necessario arrivare ad un pK molto alto affinché il suo gruppo
amminico faccio da acido così da perdere protoni.
Quindi il COOH della glicina è 100 volte più acido dell’acido acetico e allo stesso tempo il
gruppo amminco è 10 volte meno basico della metianina. Il pKa delle sostanza è influenzata
dal suo intorno chimico cioè questa parte è la dimostrazione che la presenza di altri gruppi
influenza il pKa altrimenti sarebbe semplice questo è molto importante quando parleremo
della struttura delle proteine perché vedremo che gli amminoacidi si trovano all’interno di
una struttura che si trova in una certa
conformazione e quindi si trovano in
un intorno chimico diverso.
Il significato di punto isoelettrico lo
conoscete è il pratica il pH dove la
molecola ha una carica netta nulla.
Se lo rappresentiamo in un grafico il
pH in funzione della carica netta ha
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questo tipo di andamento. Quindi c’è un intercetta sull’asse che passa per lo zero e tutti i
punti di pH prima del punto isoelettrico saranno carichi positivamente dopo saranno carichi
negativamente.
La situazione cambia quando ci troviamo ad avere un amminoacido che ha una catena
laterale ionizzabile. che sono questi gruppi cioè questo è l’acido glutammico e questa è la
istidina. Come vedete questo andamento di titolazione è molto più complesso.

Perchè? Perché prima con la glicina avevamo che gli unici due gruppi ionizzabili erano il
gruppo amminico e il gruppo carbossilico adesso interviene un terzo gruppo ionizzabile che
è quello della catena laterale. Quindi in questo caso sono presenti diversi pK della struttura.
Il pK1 è sempre il gruppo carbossilico, il pK2 sempre amminico, il pKr è il gruppo della
catena laterale.
Quindi abbiamo che nell’acido glutammico pK1 e 2 sono piuttosto simili a quelli della
glicina però interviene un terzo gruppo ionizzabile che è il gruppo carbossilico. Non è
sorprendete che il pKa del gruppo carbossilico sia acido però questo gruppo ha una minore
tendenza a donare il protone rispetto a questo gruppo carbossilico. Cioè quando si fa la
transizione di tutti gli equivalenti il primo gruppo a perdere i protoni è questo dopo è questo
e soltanto alla fine è gruppo carbossilico. Perché c’è questa diversa tendenza di questi due
gruppi carbossilici a perdere protoni?
Perché questo gruppo carbossilico è molto più vicino al gruppo amminico e quindi è
influenzato nelle sue caratteristiche chimiche dalla presenza del gruppo amminico. Lo stesso
identico ragionamento lo possiamo fare per l’isitidina però qui abbiamo un pK1 che è molto
più acido e il pK della catena laterale è 6. Vedete che per essere definito un amminoacido
basico non è molto basico quindi questo significa che con una piccola variazione del pH
l’istidina può avere facilmente una carica positiva o non avere cariche e quindi può formare
diversi tipi di interazioni. Il pK2 è simile a quello che abbiamo visto fin ora. Quindi perché
il gruppo carbossilico ha un pKa così basso?
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E’ sempre lo stesso discorso ovvero fa parte di una molecola dove ci sono due gruppi che si
possono caricare positivamente e quindi tende molto facilmente a perdere il protone.
Cominciamo a introdurre un concetto fondamentale per la biochimica delle proteine e cioè
fino ad ora abbiamo parlato degli amminoacidi come delle strutture isolate quindi come dei
mattoncini che formano le proteine, ma come si formano le proteine?
Gli amminoacidi sono i mattoncini delle proteine hanno un orientamento perché hanno una
componente amminico e carbossilico e questi due gruppi possono combinarsi fra di loro per
condensazione ovvero con perdita di una molecola d’acqua e portare alla formazione di
questo legame. Questo legame è un legame amminico, ma in biochimica si chiama legame
peptidico.
Questo porta a una catena che ha un’estremità ammino-terminale ed una carbossi-terminale.
Nelle proteine è presente quindi un orientamento. Pochi amminoacidi prendono il nome di
oligopeptide, molti amminoacidi polipeptide oltre i 10.000 DA si parla di proteine.

12
Lezione 7
25/03/19
La struttura delle proteine
INTRODUZIONE
Le proteine riescono a mettere in pratica le informazioni contenute negli acidi nucleici proprio grazie alla
loro struttura. Riguardo alla struttura, vi sono alcune affermazioni fondamentali:
1)Le proteine assumono una struttura tridimensionale nello spazio e tale struttura è determinata dalla
sequenza degli amminoacidi.
Gli amminoacidi in base alle loro caratteristiche e quindi in base a delle regole della fisica e della chimica,
impongono una struttura tridimensionale alle proteine. Il loro operato, che a noi sembra casuale, è in realtà
il risultato di informazioni e delle regole della termodinamica e della chimica che permettono alla proteina
di assumere la sua struttura.
2)La funzione della proteina dipende dalla sua struttura.
La struttura è responsabile della funzione della proteina, cioè la proteina senza struttura non può avere
funzione. Le strutture non sono infinite, c’è un numero determinato di strutture delle proteine MA UNA
STESSA STRUTTURA PUO’ SVOLGERE FUNZIONI DIVERSE.
Se noi guardiamo le proteine semplicemente come dei polimeri avremo dei polimeri estremamente
complicati. Se ad esempio prendiamo la plastica, formata da polietilene, avremo una struttura
semplicissima perché è costituita da un solo monomero che viene ripetuto in maniera infinita. In questo
modo però la sostanza non può avere tante informazioni proprio perché è fatta da un solo tipo di
monomero. Ancora, gli zuccheri sono fatti da uno o pochi monomeri e quindi non contengono tante
informazioni, mentre gli acidi nucleici che sono fatti da 4 nucleotidi diversi contengono già informazione
maggiore. Invece le proteine che sono fatte da 20 monomeri diversi che si possono combinare un numero
infinito di volte possono svolgere più funzioni.
3)La maggior parte delle proteine ha una o poche conformazioni stabili.
Se io isolo una proteina in un organismo in tempi diversi tale proteina avrà sempre questa forma, questo
vuol dire che la sequenza degli amminoacidi che la costituisce gli impone quella forma. Se io cambio la
sequenza degli amminoacidi quella forma cambia.
4)Le conformazioni delle proteine sono stabilizzate da interazioni deboli.
La proteina si trova in questa forma perché gli amminoacidi sono legati tra di loro dai legami peptidici, ma
questa forma è dettata soprattutto da interazioni deboli, cioè le interazioni che abbiamo studiato nelle
prime lezioni che regolano la disposizione nello spazio degli atomi della proteina.
5)Le strutture delle proteine si possono ricondurre a pochi modelli comuni in quanto la loro struttura è
altamente conservata.
Parliamo di strutture simili che svolgono però funzioni diverse.
6)Le strutture delle proteine NON sono statiche ed assumono conformazioni diverse.
Ad esempio la chimotripsina noi la ritroviamo in questa forma ma può cambiare la sua
forma in base a diversi motivi: motivi funzionali (molto spesso le proteine sono regolate
proprio grazie a questa loro capacità di cambiare le proprie conformazioni) oppure possono
essere motivi fisici, cioè una proteina può perdere la sua forma normale perché è
sottoposta a un danno (temperatura e pH).
La biochimica descrive fenomeni che non sono statici ma descrive fenomeni dinamici.
7)Le proteine in stati conformazionali funzionali si definiscono native.
In particolare quando una proteina si trova in uno stato conformazionale funzionale,
ovvero ha una struttura che gli permette di svolgere quella determinata funzione,
si dice che la proteina è nativa.
Ad esempio in questo caso la figura della chimotripsina rappresenta una proteina nativa.
Quando invece io sottopongo la proteina a un stress fisico (temperatura e pH) la proteina perde la sua
conformazione naturale e quindi si denatura, esattamente come accadeva al DNA quando abbiamo
descritto la separazione delle due eliche del DNA ad opera del calore.
Ad esempio quando noi friggiamo l’uovo, l’albume presenta l’albumina e mi accorgo che la proteina cambia
conformazione e si denatura quando l’albume diventa solido.
8)La stabilità è la tendenza, da parte della proteina, a mantenere una conformazione stabile (nativa).
9)Le proteine assumono la conformazione termodinamicamente più stabile, ovvero quella che permette
alla proteina di trovarsi in un minimo energetico.

Prima di procedere oltre con le proteine, è importante riprendere dei concetti di base fondamentali per
capire il funzionamento della proteina.
Ricordiamo dunque la differenza tra la CONFIGURAZIONE e la CONFORMAZIONE.

CONFIGURAZIONE: Abbiamo in precedenza parlato degli stereoisomeri geometrici e chirali.


Ad esempio l’acido maleico e l’acido fumarico hanno le configurazioni geometriche di tipo cis il primo e di
tipo trans il secondo. Nel primo caso i due gruppi carbossilici si trovano dallo stesso lato rispetto al doppio
legame, nel secondo caso i gruppi carbossilici si trovano dal lato opposto.
Alla stessa maniera gli stereoisomeri chirali sono quelli in cui due molecole che hanno un atomo chirale,
come la gliceraldeide, possono avere una configurazione di tipo L o D a seconda che il gruppo ossidrile del
carbonio chirale è legato a destra o a sinistra della molecola.
Per passare da una forma all’altra, cioè da uno stereoisomero geometrico a un altro e da uno
stereoisomero chirale a un altro, è necessario interrompere dei legami covalenti quindi è necessario
apportare al sistema una quantità di energia tale da interrompere un legame covalente.

CONFORMAZIONE: rappresenta la disposizione spaziale degli


atomi e questa può cambiare con un apporto energetico inferiore.
Questo è l’esempio (riportato in figura) di due atomi di carbonio
legati tra di loro e ciascuno di essi ha tre atomi di H. In questo
grafico che riporta gli angoli di torsione in funzione dell’energia
che si deve apportare per passare dall’uno all’altro, si vede che se
due atomi di carbonio sono allineati in modo tale che gli atomi di H
sono sulla stessa linea oppure sono ruotati intorno al legame che
lega i due atomi di carbonio in modo tale che gli atomi di H siano
sfalsati, si può apportare una quantità di energia molto più bassa perché ricorderemo che 12 kj/mole è
circa 10 volte meno di un legame covalente.
Ovviamente bisogna ricordare che per cambiare la conformazione è necessario superare COMUNQUE delle
barriere energetiche, ma queste barriere energetiche sono nettamente inferiori a quelle che riguardano
invece i legami covalenti.
Inoltre nel caso della conformazione non si interrompono legami mentre nella configurazione sì.

LA STRUTTURA DELLE PROTEINE


Le proteine si dice che assumono delle strutture che hanno livelli gerarchici crescenti.
Ogni livello gerarchico è caratterizzato da un tipo di legame.
Conosciamo 4 strutture che possiamo vedere nella sottostante figura.

Piccola parentesi: negli anni ‘50 Frederick Sanger fu in grado di sequenziare la proteina insulina, la prima
proteina ad essere sequenziata e per questo vinse il premio Nobel nel 1958. Successivamente vinse anche
un secondo premio Nobel sempre in campo scientifico poiché riuscì a sequenziare il DNA.

1.Struttura primaria
La struttura primaria è il risultato del legame covalente
tra gli amminoacidi quindi è la prima struttura che
osserviamo nel livello gerarchico.
La struttura primaria è caratterizzata quindi dal legame
covalente, l’unico che tiene insieme la struttura, che in
chimica biologica prende il nome di legame peptidico
(altro non è che il legame amminico tra i due
amminoacidi).
Ricordiamo sempre che distinguiamo gli amminoacidi in
base alla loro catena laterale.
Il primo amminoacido ha un gruppo carbossilico che si
lega al gruppo amminico del secondo amminoacido
attraverso una reazione di condensazione, quindi si ha
la perdita di una molecola d’acqua e si ha la formazione del legame
covalente. Questo legame covalente può essere ripetuto varie volte per
quanti amminoacidi costituiscono la proteina.
Se gli amminoacidi sono pochi si parla di oligopeptide, se arrivano a 10 000 Dalton allora parleremo di
polipeptide, dopo i 10 000 Dalton si può parlare di proteina.
In un polipeptide di 10 000 Dalton quanti amminoacidi ci sono? Circa 100 amminoacidi.
Consideriamo che gli amminoacidi hanno peso medio di circa 100 Dalton. (Quanto pesa un amminoacido?
E’ una domanda che spesso capita nel compito).
N.B. Dalton è l’unità di massa atomica
In questa figura abbiamo un oligopeptide, quanti
amminoacidi ci sono? Basta contare le catene laterali
(quelle colorate in rosa) e quindi sono 5 amminoacidi:
serina, glicina, tirosina, alanina e leucina.

Oltre al legame peptidico nelle proteine si può formare un secondo legame covalente.
Quando abbiamo parlato dell’amminoacido cisteina abbiamo visto come, quando due cisteine perdono 2
elettroni ciascuna e quindi si ossidano, portano alla formazione di una cistina ma questo fenomeno può
accadere anche nella struttura di una proteina.

Quando la cisteina fa parte della catena polipeptidica come in questo caso, le catene laterali possono
trovarsi in prossimità, si ossidano e formano un ponte disolfuro.
Attenzione: il legame peptidico è presente in tutte le proteine, perché sono fatte di legami peptidici.
Non tutte le proteine però hanno ponti disolfuro, ma solo le proteine che hanno le cisteine e se queste
cisteine sono disposte in modo tale da poter formare questo ponte. Quindi alla domanda: ci possono essere
proteine con cisteine che non formano ponti disolfuro? La risposta è sì perché se le cisteine sono lontane il
ponte disolfuro non può formarsi.
Il legame peptidico è un elemento molto importante per capire come le proteine assumono una forma
tridimensionale.
Qui c’è una forma ridotta, semplificata, in cui si vede l’atomo di carbonio carbonilico legato all’atomo di
azoto amminico e ciascuno di questi è legato a un carbonio chirale di due amminoacidi diversi.
Il legame peptidico ha delle caratteristiche molto particolari.
I legami ammidici li conosciamo, sono legami che sono presenti in molte molecole.
Ma il legame peptidico ha una caratteristica elettrostatica e cioè le cariche elettroniche tra questi 3 atomi si
possono disporre non in maniera stabile, si tratta quindi di una carica delocalizzata. In particolare come
vediamo in nella figura a (guarda sopra) gli elettroni possono concentrarsi intorno all’ossigeno e fargli
assumere una parziale carica negativa e delocalizzarsi dall’azoto facendogli assumere una parziale carica
positiva. Questo processo ci dice che il legame peptidico per una parte del tempo è un doppio legame, cioè
chimicamente è un legame singolo però per la delocalizzazione di carica ha una parziale caratteristica di
doppio legame. Questa caratteristica lo rende un legame estremamente rigido, molto resistente.
Nell’immagine che abbiamo analizzato (a) il legame peptidico viene indicato anche come legame ω
(omega).

Se ora rappresentiamo il legame peptidico con il modello di palle e bastoncini notiamo i legami peptidici
dove sono impegnati i diversi amminoacidi. La catena laterale è indicata con una sfera viola perché in
questo momento non ci interessa specificare di che tipo di amminoacidi stiamo parlando) e vedo che il
legame peptidico mi determina la formazione di questa catena. Questa è una figura che ci dà tante
informazioni.
Quanti amminoacidi ci sono in questa catena? Diciamo 4 considerando che c’è metà di uno e metà di un
altro: 3 interi e 2 metà. Con questa notazione evidenziamo gli amminoacidi: R1, R2, R3…
Dobbiamo immaginare che il carbonio α chirale è l’atomo centrale dell’amminoacido e lo identifichiamo
molto facilmente perché è quello a cui è legata la catena laterale.
Al carbonio α è legato da un lato l’azoto (forma il legame peptidico) e dall’altro il carbonio impegnato nel
gruppo carbonilico.
Se noi immaginiamo un piano che passa per il legame peptidico (qui evidenziato con questi quadrati
azzurrini) e ai cui vertici ci sono i 2 carboni α dei due amminoacidi vicini, l’ossigeno e l’idrogeno dell’azoto
avremo un piano che è molto importante perché è reale. Noi sappiamo che il carbonio forma dei gruppi
tetraedrici, quando il carbonio forma un legame peptidico non c’è più l’andamento tetraedrico ma il legame
si appiattisce (noi sappiamo che il carbonio quando forma doppi legami forma una struttura piana).
Gli atomi vanno quindi ad identificare un piano. Se io ora guardo questa figura come sequenza di questi
piani posso immaginare come dei fogli rigidi che si trovano con una cerniera che li separa che è il carbonio
α. Questi piani quindi si possono disporre nello spazio e si possono muovere intorno a questo carbonio α.
Questi piani hanno un nome: prendono il nome di gruppo peptidico cioè è la zona che comprende il legame
peptidico e i 2 carboni chirali degli amminoacidi che lo formano.
Quando io ho quindi una sequenza di amminoacidi è come se potessi distinguere due sequenze diverse. La
sequenza degli amminoacidi è evidente, ma ho anche una sequenza di piani, ovvero di 3 gruppi peptidici
sfalsati rispetto ai 3 amminoacidi.
Perché è importante sapere questo? Perché oltre al legame omega (peptidico), ci sono anche 2 legami che
dalle lettere greche si individuano con psi (Ψ) e phi (ϕ) che sono i legami che il carbonio α forma
rispettivamente con il proprio carbonio carbonilico e con il proprio azoto. Quindi questi sono legami
presenti in tutti gli amminoacidi nella catena polipeptidica.
Molto spesso possiamo confonderci nel distinguere quale tra questi 2 viene prima e allora ricordiamolo con
un trucchetto: phi (che si legge fi) sta per fine, quindi verrà prima il legame Ψ (psi) e poi ϕ (phi).
Il legame Ψ è il legame tra il carbonio α e il carbonio carbonilico.
Il legame ϕ è invece il legame tra l’azoto e il carbonio α.
Perché questi legami sono importanti? Perché a differenza del legame omega questi sono legami flessibili,
cioè la catena può muoversi intorno a questi legami. Per questo i piani (i gruppi peptidici) li abbiamo
descritti come dei piani che si trovano intorno a una cerniera e che quindi si possono flettere in diverse
posizioni.
Tutto questo è fondamentale per capire come la catena polipeptidica assume la sua conformazione
spaziale, perché è l’insieme di legami molto rigidi e di legami più morbidi.
Quindi le proteine si
dispongono nello spazio
con quelle forme che
abbiamo visto grazie alle
caratteristiche di questi
2 tipi di legame. Finora
abbiamo tralasciato la
natura delle catene
laterali, perché le catene
laterali non sono
coinvolte direttamente
nella formazione del
legame peptidico e
neanche nella natura dei
legami Ψ e ϕ.
Tuttavia la catena
laterale è molto
importante perché
determina la forma
della proteina.

Questi sono i legami di cui abbiamo parlato.


Ora però prendiamo un caso specifico, in questa immagine sono 4 amminoacidi: un glutammico, una
glicina, un’alanina e una lisina. Come possiamo vedere le catene degli amminoacidi possono essere molto
diverse, quindi cos’è che stabilisce come Ψ e ϕ possono ruotare? La natura di queste catene laterali.
Se la catena laterale consente dei movimenti il legame sarà più mobile.
Se la catena laterale è piccola (come per esempio l’alanina o la glicina) allora i legami Ψ e ϕ saranno più
liberi di ruotare. Al contrario se abbiamo catene laterali grandi, queste sono più ingombranti e non
facilitano il movimento dei legami Ψ e ϕ.
Questa osservazione fu fatta da un fisico indiano che si
chiamava Ramachandran il quale costruì questo grafico in
cui si riportano i gradi di rotazione dei legami Ψ e ϕ tra di
loro.
Vediamo come si costruisce questo grafico.
Guardiamo quest’immagine per capire meglio la rotazione.
Nella figura (c) avremo la visione laterale del legame Ψ.
Nella figura (d) invece avremo una visione come se lo guardassimo
proiettato nel piano dello schermo.
Individuiamo nella figura (d) il carbonio alpha, il carbonio
carbonilico che va nel piano dello schermo, in celeste l’azoto che va
ancora più infondo del schermo, in primo piano invece l’azoto che
invece viene al di fuori del piano dello schermo verso di noi.
Questo legame può ruotare, se nella figura (d) immaginiamo un
orologio l’azoto si può mettere a ore 10, a ore 20, a ore 30 e a ore
40 o 50. E naturalmente può andare in una direzione o nell’altra.
Il legame che stiamo guardando è il legame Ψ e questo legame può
andare da +180 a -180.
La stessa cosa è per il legame psi.

Cosa fece Ramachandran? Prendendo i diversi amminoacidi e misurando i possibili legami Ψ e ϕ di ciascuno
di essi disse che ciascun amminoacido poteva occupare delle zone in questo grafico con maggiore o minore
probabilità. Le zone a maggiore probabilità occupate dagli amminoacidi sono quelle indicate con questo
azzurro. Altre conformazioni permesse dall’incontro sterico di questi amminoacidi sono di azzurro chiaro,
mentre quelle meno probabili sono in azzurro chiarissimo. In bianco e in nero è quando invece non può
assumere la conformazione (conformazioni poco probabili).
Questo è uno studio totalmente teorico, cioè Ramachandran in base al sostituente di questo atomo di
carbonio misurava dov’è che questo gruppo si potesse disporre.
Però questa analisi andava verificata sperimentalmente.
Se noi prendiamo un enzima specifico come la piruvato chinasi e ciascuna palla nera è un amminoacido che
ha due coordinate spaziali (quindi i gradi ti tipo Ψ e ϕ) si vede che l’ipotesi di Ramachandran è efficace
perché gli amminoacidi sono in gran parte collocati nelle due zone ad alta probabilità e poi sono disposti
principalmente in tutte le zone favorite. Quello che va fuori da questa previsione è principalmente
l’amminoacido glicina, che ha una catena corta ed è quindi in grado di muoversi con maggiore libertà
rispetto agli altri amminoacidi, di fatto ha una catena laterale inesistente (ha un atomo di H).
Rappresenta quindi
l’unica eccezione
all’interno di questo
grafico.
Una notazione della
scienza in generale:
il modello va sempre
validato in base ai
dati sperimentali.
2.Struttura secondaria

Il secondo livello gerarchico è la struttura secondaria che come vedremo è caratterizzata da interazioni
deboli, in particolare dal legame idrogeno.
Il legame idrogeno lo abbiamo incontrato in quasi tutte le strutture di cui abbiamo parlato (zuccheri, acidi
nucleici…).
I legami idrogeno si formano tra l’idrogeno legato covalentemente ad un atomo elettronegativo ed un altro
atomo elettronegativo.
Sono degli elementi che permettono di stabilizzare determinate strutture.
In particolare la struttura secondaria più famosa e diffusa prende il nome di α-elica.
Le strutture secondarie furono determinate negli anni ’60 da Pauling (scienziato di grande valore) il quale
identificò nelle proteine le α-eliche e i foglietti β.
Cos’è l’α-elica?
E’ una struttura che ha la forma di un nastro e si attorciglia intorno ad un asse con direzione destrorsa.
Vediamo che in questo caso l’elemento determinante che stabilizza questa α-elica sono i legami idrogeno
che nella figura sono evidenziati con dei trattini azzurri.
Un gruppo ammidico a cui è legato covalentemente un idrogeno forma un legame idrogeno con un
ossigeno del gruppo carbonilico.
Ciascun amminoacido forma questo legame H con il 4 amminoacido successivo. Quindi non con
l’amminoacido vicino. L’α-elica è una struttura periodica, una struttura ripetitiva.
La cosa fondamentale da ricordare è che i legami idrogeno non si formano tra le catene laterali, le catene
laterali nell’immagine sono rappresentate in viola e non formano legami idrogeno nell’α-elica. I legami
idrogeno sono formati dai gruppi che formano il legame peptidico (azoto ammidico e l’ossigeno del gruppo
carbonilico).
Per questo motivo l’elica è così stabile perché non dipende dalla natura dell’amminoacido, ad esempio se
l’amminoacido fosse un amminoacido non polare non potrebbe formare legami idrogeno con la catena
laterale. I legami idrogeno sono dunque formati dalla componente polare comune a tutti gli amminoacidi
(gruppo ammidico e gruppo carbonilico). I legami idrogeno li troveremo anche negli altri livelli gerarchici
ma non saranno questi i gruppi che li formano, saranno le catene laterali. L’α-elica ha questi legami
idrogeno che corrono parallelamente all’asse dell’elica.
Al contrario nel DNA la doppia elica (sono due i filamenti che si attorcigliano) le basi sono trasversali ai
filamenti fosfodiesterici che formano legami idrogeno come pioli di una scala.
Questa struttura secondaria ha
un‘altra caratteristica che è molto
chiara in queste rappresentazioni che
mostrano i raggi di Van der Waals
dell’α-elica vista lateralmente e vista
da sopra o da sotto.
Come possiamo vedere le catene
laterali sono tutte disposte sulla
superficie dell’elica.
Quindi se abbiamo che questo è l’asse
dell’elica le catene laterali sporgono
sulla superficie.
Nella figura (d) ciascun amminoacido
è indicato da una sfera in blu
l’amminoacido basico, in rosso
l’amminoacido acido e in giallo quello
idrofobico. Vedremo che grazie alla
periodicità dell’elica gli amminoacidi
con caratteristiche simili si possono
trovare sullo stesso lato. Avremo che gli amminoacidi idrofobici si trovano tutti su una parte, mentre quelli
carichi si trovano dall’altra. Non facciamoci ingannare: l’α-elica NON ha un vuoto al suo interno, sono le
rappresentazioni che per semplicità la mostrano in questo modo.
Cosa succede quando gli
amminoacidi si dispongono come
abbiamo detto?
In verde indichiamo gli idrofobici, in
rosso i carichi e in blu i polari.
Vedremo che in questo modo l’α-elica
mostra gli amminoacidi idrofobici su
un lato, quelli carichi e polari sull’altro
e quindi questa si definisce un’elica
anfipatica.
Quali sono le molecole anfipatiche?
Ad esempio i lipidi che hanno una
testa polare e le code non polari.
Notiamo un aspetto importante: se
dispiego questa catena su 2
dimensioni (immagine sotto a sx)
vedo che questo raggruppamento
non è facilmente intuibile, cioè vedo
che gli amminoacidi si alternano in
polari e non polari e carichi con una
sequenza che sembra in realtà
casuale.
In realtà non lo è perché l’evoluzione ha portato a ruotare gli amminoacidi in modo tale che l’elica fosse
favorita. Quindi ogni 4 amminoacidi si formano dei legami idrogeno e infatti vediamo che tra 1 e 4 sono
entrambi carichi, 2 e 6 sono entrambi polari e così via.
Quindi questa è la struttura primaria (immagine in basso a sx) e dalla struttura primaria capisco come si
possa venire a formare l’α-elica anfipatica.
L’anfipaticità dell’elica è uno degli elementi che la favorisce e quindi la rende più stabile.
Ci sono dei programmi che in base a determinati algoritmi permettono di prevedere con una certa
probabilità la presenza di α-eliche conoscendo soltanto la sequenza degli amminoacidi.
Perché noi possiamo facilmente conoscere la sequenza degli amminoacidi in una proteina?
Sequenziando i geni so con sicurezza la sequenza degli amminoacidi e poiché sequenziare i geni è diventato
estremamente semplice ed economico io ho una marea di sequenze primarie. Ma come faccio a capire la
struttura tridimensionale delle proteine? Posso farlo con una risonanza magnetica nucleare che mi rivela la
posizione degli atomi nello spazio, ma questo è molto difficile e quindi il numero di proteine di cui si
conosce la struttura tridimensionale è molto inferiore rispetto alle sequenze che ho disponibili.
Per questo ci sono dei programmi che mi permettono di
fare delle previsioni delle strutture tridimensionali e di
prevedere la presenza di una possibile α-elica.
Se al posto dell’amminoacido 6 ci fosse un amminoacido
carico che cosa succederebbe? L’elica sarebbe
destabilizzata perché avremo che tra 2amminoacidi non
polari c’è un amminoacido polare e questi non stanno
bene insieme. Cosa vogliamo dire con questo? L’α elica
è parzialmente determinata dalla sequenza degli
amminoacidi perché in base alla catena laterale degli
amminoacidi abbiamo che l’α-elica può essere favorita
oppure no.
Infatti il grafico di Ramachandran ci dice che l’α-elica
destrorsa è rappresentata in questa zona. Gli
amminoacidi che hanno gli angoli Ψ e ϕ corrispondenti a
questa zona azzurra più intensa sono quelli che
favoriscono l’α-elica.
Altri amminoacidi invece la destabilizzano. Quali sono questi amminoacidi che la destabilizzano?
Ci sono diversi criteri:
1) l’α-elica essendo componente di una proteina ha un’estremità ammino-terminale e un’estremità
carbossi-terminale. L’estremità ammino-terminale tende ad avere una parziale carica positiva e quella
carbossi-terminale ha una parziale carica negativa. Quindi le α-eliche sono dei dipoli. Questa struttura
bipolare è favorita quando degli amminoacidi carichi negativamente si trovano dalle parti dell’estremità
ammino-terminale e altri amminoacidi carichi positivamente si trovano in prossimità dell’estremità
carbossi-terminale.
Si possono avere anche α- eliche che non sono stabilizzate in questo modo ma quando le α-eliche sono
stabilizzate in questo modo sono favorite.
2)Un’altra caratteristica è che ci sono amminoacidi che destabilizzano le α-eliche: ci sono amminoacidi
come ad esempio la glicina e la prolina.
Questi amminoacidi destabilizzano l’elica per motivi opposti.
La glicina è estremamente flessibile quindi se una mutazione porta a una sostituzione di
un amminoacido in una determinata posizione con una glicina (soprattutto se si trova a
metà dell’elica) l’elica può essere completamente destabilizzata e questa mutazione può
provocare danni anche molto gravi.
Per quanto riguarda la prolina che ha una struttura ciclica intorno al
carbonio chirale, se sostituisce un altro amminoacido all’interno di una
catena polipeptidica forma un legame tra questi due lati perché il suo
gruppo amminico si lega con un gruppo carbossilico di un altro
amminoacido ed il suo gruppo carbossilico con il gruppo amminico di un
altro amminoacido.
Cosa succede quindi? Che la catena polipeptidica si storce perché la
prolina è una struttura estremamente rigida.
Se una mutazione puntiforme si verifica a metà dell’elica in prolina è molto probabile che l’α-elica si
destabilizza e destabilizzandosi avremo un effetto domino che porta la proteina a sfasciarsi.

Altra possibile struttura secondaria: I foglietti β


La seconda struttura secondaria di cui ci
occupiamo prende il nome di catena β che si
organizza a formare i cosiddetti foglietti β.
Le catene βfanno parte della zona permessa
nel grafico di Ramachandran.
Nell’immagine sottostante è rappresentata
questa catena, ma quest’immagine non ci
dà informazioni particolarmente utili sulla
sua natura.
E’necessario evidenziarla con un disegno a
nastro che ci mostra come le catene β sono
costituite da un andamento a zig zag della
catena polipeptidica (guarda immagine pag.
successiva).
Le catene laterali si trovano al di sopra e al di sotto il piano del foglietto mentre i carboni chirali si trovano
sui vertici degli elementi a zig zag.
Questi foglietti si creano quando delle catene β si dispongono una vicina all’altra come fossero striscioline
di carta che evidenziano un piano di un foglio di carta, per questo si parla di foglietti.
Notiamo che l’andamento a zig zag è in fase tra una catena e l’altra, cioè alcuni carboni si trovano sulla
parte alta del foglietto e altri sulla parte bassa. Questi foglietti possono essere costituiti da catene
antiparallele o parallele.
Perché posso parlare di questi due tipi di catene?
Le proteine come abbiamo già detto, hanno
un verso che va dall’ammino-terminale al
carbossi-terminale.
Nella prima immagine vedremo un
andamento antiparallelo mentre nella
seconda rappresentazione abbiamo un
andamento parallelo.
Questo significa che delle zone vicine o anche
distanti possono associarsi tra di loro a
formare dei foglietti β.
A seconda che si dispongano in modo
parallelo o antiparallelo cambia la forma dei
legami H.
Queste catene vengono mantenute insieme
infatti dai legami H esattamente come nelle
α-eliche che si formano tra i gruppi amminici
e l’ossigeno del carbonio carbonilico.
Nel caso di strutture antiparallele i legami idrogeno sono lineari, in strutture parallele i legami H sono
obliqui. Questo determina una diversa forma dei foglietti, se noi infatti misuriamo la distanza tra le catene
laterali nel caso in cui i filamenti hanno andamento antiparallelo queste distano tra di loro 0,7 nm, quando
sono nell’andamento parallelo le catene laterali hanno distanza di 0,65 nm.
Questo può sembrare un dettaglio pressochè inutile e invece questo determina una diversa stabilità del
foglietto stesso.
Le interazioni deboli singolarmente non hanno molta efficacia ma presenti in numero elevato hanno un
apporto energetico notevole ed è quindi necessario apportare un notevole apporto energetico affinchè si
rompano, questo significa che stabilizzano molto la proteina.
Le catene laterali sporgono sulla superficie superiore e sulla
superficie inferiore del foglietto.
E’ possibile anche qui che si creino delle condizioni di
anfipaticità.
Quando queste molecole si dispongono in questo modo,
nell’immagine vediamo gli amminoacidi che hanno una
catena laterale carica negativamente o positivamente o che
hanno una catena laterale polare si trovano dal lato opposto
rispetto a quello dei foglietti.
Queste strutture secondarie possono essere collegate tra di loro da altre strutture regolari, queste strutture
regolari prendono il nome di ripiegamenti β.
Nell’immagine sono rappresentati 2 tipi di ripiegamenti β:
-Il tipo 1 coinvolge l’amminoacido prolina
-Il tipo 2 coinvolge l’amminoacido glicina
La prolina e la glicina hanno un effetto destabilizzante sull’a- elica, invece per le loro caratteristiche
rendono possibile la formazione dei ripiegamenti β.
Nel caso del ripiegamento di tipo 1 la prolina crea infatti una piega nell’andamento della catena
polipeptidica quindi crea questa specie di ansa, di curva e si stabilizza con un legame H tra il gruppo
carbonilico e l’azoto amminico.
La prolina impone questo tipo di curva e rende il ripiegamento β molto probabile.
Le proline nella proteina possono assumere delle strutture isomeriche diverse di tipo trans o cis a seconda
della disposizione dei gruppi carbossilici tra il carbonio carbonilico e l’azoto. Vedremo che esiste anche un
tipo di enzima, prolina cis-trans isomerasi, che ha la funzione di indurre nella prolina un cambiamento
configurazionale e quindi determinare una diversa forma del polipeptide.
La glicina non lo impone ma lo rende possibile. Non lo impone perché è molto flessibile ma lo rende
possibile per cui in un certo punto può creare un ripiegamento β che viene stabilizzato per esempio dalla
formazione di un’α-elica.
3.Struttura terziaria

La struttura terziaria è stabilizzata da tutte le interazioni deboli che abbiamo descritto (LEGAMI IONICI,
LEGAMI IDROGENO, INTERAZIONI IDROFOBICHE,PONTI DI SOLFURO). Come aumenta il livello gerarchico
strutturale, aumenta il numero e il tipo di legami che la determina. Il legame idrogeno comunque permane.
Associazioni di strutture secondarie portano alla STRUTTURA TERZIARIA.
RICORDA LE FORZE DEI LEGAMI!!

La struttura tridimensionale deve le


sue caratteristiche proprio alla
somma di queste interazioni deboli
che può essere molto varia.
In questa rappresentazione a nastro della
proteina, sono riassunte le varie interazioni
deboli. Abbiamo la
catena polipeptidica, con un’estremità
ammino-terminale e un’estremità carbossi-
terminale. Queste due strutture vanno
incontro ad un ripiegamento, quindi zone
anche distanti della proteina possono venire a
contatto. Da questa rappresentazione a
nastro si vede chiaramente che questa
proteina è dotata di α-eliche di dimensioni
maggiori o di dimensioni minori.
Abbiamo un PONTE A IDROGENO.
FRA QUALI AMMINOACIDI POTREBBE
FORMARSI QUESTO LEGAME? Fra
l’Asparangina che è dotata di una catena
laterale amminica e può formare un legame
idrogeno con il gruppo carbonilico di un’altra catena polare, ad esempio la Glutammina.
Un legame IONICO può formarsi tra l’aspartato e glutammato, entrambi acidi.
Il ponte di solfuro si può creare, per esempio, tra due cisteine che si trovano alla distanza giusta.
Le interazioni idrofobiche, invece, si possono formare, per esempio, tra l’Alanina e la Valina.
In questo caso delle zone della struttura secondaria possono entrare in contatto e creare delle interazioni
come si vede dall’immagine.
Sono due eliche, anfipatiche
(l’anfipaticità permette alle
strutture secondarie di interagire)
e quindi le due componenti
idrofobiche vengono a contatto e
formano le interazioni idrofobiche
oppure due foglietti β messi uno
sopra l’altro. N.B. nell’immagine a
dx sono 3 catene disposte su 2
foglietti che interagiscono tra di
loro.
Le interazioni posso crearsi anche
tra strutture secondarie diverse: si
può formare un’interazione tra un’α-elica e un foglietto β, l’importante è che le interazioni deboli siano
mediate dalle catene laterali degli amminoacidi.
QUINDI LA STRUTTURA TERZIARIA E’ DETERMINATA DA INTERAZIONI DEBOLI CHE PROVENGONO DALLE
CATENE LATERALI NON DAI GRUPPI CHE FANNO PARTE DEL LEGAME PEPTIDICO.
Ora capiremo meglio questa figura a sinistra, in cui si vede come si può rappresentare la
proteina in maniera diversa. E’ rappresentata la stessa proteina mioglobina che lega
l’ossigeno.
Come possiamo vedere nella rappresentazione palla e bastoncino non si può
assolutamente riuscire a prevedere la formazione di strutture secondarie.
E’ necessario semplificare questa struttura e rappresentarla con altri modi, per esempio la
struttura a nastro ci fa vedere la periodicità delle α-eliche e infatti è una proteina tutta α-
elica.
Nella rappresentazione a cilindro è ancora più evidente e semplice e si vede che sono
presenti queste eliche della mioglobina.
Ma ci sono proteine più complicate, vediamo che questa (immagine 3) per esempio presenta delle α-eliche
e dei foglietti β che poi si ripiegano a chiudersi in una specie di cilindro. Vediamo anche in questo caso che
si creano dei ripiegamenti β tra i vari foglietti e anche tra le 2 α-eliche.
Nell’ultima immagine notiamo l’emoglobina.

4.Struttura quaternaria

La struttura quaternaria è quando più proteine si


associano tra di loro. Questo è il caso
dell’emoglobina. Nella mioglobina abbiamo un’unica
catena di aminoacidi; nell’emoglobina ne abbiamo 4.
In realtà nell’emoglobina matura non sono 4 catene
uguali bensì abbiamo 2 catene α e due catene β che si
associano a formare quella che è una struttura
quaternaria.
CHE DIFFERENZA C’E’ CON LA STRUTTURA TERZIARIA
DAL PUNTO DI VISTA DEI LEGAMI DEBOLI?
NESSUNA.

Nella struttura quaternaria le interazioni deboli


sono le stesse della terziaria, però in questo caso
le interazioni si possono formare non soltanto
all’interno della stessa catena ma tra catene
diverse (cioè amminoacidi appartenenti a due
proteine diverse vengono a contatto e possono
formare interazioni deboli).
Le diverse componenti di una struttura quaternaria prendono anche il nome di SUBUNITA’, ogni molecola è
una subunità e se la proteina è costituita da un’unica subunità (come nel caso della struttura terziaria) si
dice che la proteina è MONOMERICA; se è costituita da più subunità si dice che è POLIMERICA e si potrà
distinguere tra MONOMERO, DIMERO, TRIMERO, TETRAMERO,PENTAMERO e così via..

Vediamo ora le proteine


che si trovano nella
struttura quaternaria che
caratteristiche hanno.
Mentre nelle altre
strutture abbiamo un solo
tipo di proteine, quelle
globulari, nella struttura
quaternaria è possibile
distinguere 2 categorie:
PROTEINE GLOBULARI E
PROTEINE FIBROSE.

Le PROTEINE FIBROSE sono proteine strutturali che sono usate dalla cellula per dare struttura alla cellula
stessa ma hanno anche altre funzioni, che non tratteremo nello specifico, come permettere la contrazione
o la trasmissione del trasporto di molecole all’interno della cellula o tra cellule diverse. Sono proteine
generalmente insolubili in acqua.
1)La proteina fibrosa più importante nei mammiferi è l’α-cheratina. Il pelo degli animali, le corna o le
unghie sono costituiti da cheratina. La cheratina è costituita da catene destrorse, come quelle dell’α-elica,
associate fra di loro in maniera sinistrorsa. Di fatto, è lo stesso concetto su cui funzionano le corde.
E’ una struttura estremamente resistente, ricca di residui idrofobici come Alanina, Valina, Leucina i quali
sporgono sulle singole eliche e permettono a queste strutture di essere estremamente resistenti.
ESEMPIO è la base del processo della permanente dei capelli che si basa proprio sulla chimica della
cheratina.
La cheratina oltre ad essere stabilizzata da residui idrofobici, lo è anche da una serie di ponti di solfuro tra le
due catene che la compongono. Questi ponti disolfuro normalmente permettono l’appaiamento di questi
filamenti ma se noi trattiamo i capelli con una soluzione riducente, favoriamo l’interruzione di questi ponti
,che si riducono e diventano SH. A questo punto se diamo la piega ai capelli, se li attorcigliamo intorno a
qualcosa, i due filamenti si sfalsano.
Quindi mentre i ponti di solfuro erano costituiti da 2
residui vicini, ora alcuni vengono mantenuti ma altri si
spostano. Nel momento in cui i capelli vengono lavati e
trattati con una soluzione ossidante si favorisce la
formazione di nuovi ponti di solfuro. Il capello rimane
piegato a formare una struttura a riccio, una struttura
permanente per quel momento ma poi mano mano che il
capello si allunga, il nuovo capello che nasce avrà la
struttura iniziale e si perde la struttura permanente.
2)Una seconda proteina fibrosa è il collageno, che fa invece parte del tessuto connettivo, costituisce i
legamenti, i tendini…
E’ costituito da singole catene sinistrorse
che si superavvolgono con altre catene in
maniera destrorsa.
E’ l’opposto dell’α-cheratina. E’ una
struttura estremamente resistente.
Ha una composizione di pochi amminoacidi,
ha uno scarso potere nutritivo, infatti
quando mangiamo la carne, mangiamo i
muscoli e non il tessuto connettivo.
Il collageno è caratterizzato dalla presenza
di ripetizioni di prolina e glicina e
soprattutto di modifiche post-traduzionali
di questi amminoacidi. La prolina va
incontro ad una idrossilazione e si ottiene
l’idrossiprolina, così come l’idrossilisina.
Questo determina la formazione di questi
legami covalenti crociati (Lys-Hylys) tra le
diverse catene di collageno che rendono la
struttura estremamente resistente.

Per ricordarci di questa caratteristica è molto


utile come esempio la malattia che alla fine
dell’800 colpiva i marinai, la malattia dello
scorbuto che ha come sintomo ferite che non
si rimarginavano, si perdevano i denti ed era
essenzialmente una carenza a livello del
collageno perché perdeva interazioni tra i
filamenti laterali perché il grado di idrossilazione della prolina e della lisina diminuiva a causa degli enzimi
che catalizzavano questa reazione i quali avevano bisogno di acido
ascorbico ovvero vitamina C che usavamo per creare questi legami. I
marinai riscontravano questa malattia poiché non si cibavano di
alimenti freschi come frutta, verdura.
L’ultima proteina fibrosa è la fibroina, la proteina della seta, è
costituita da una ripetizione molto lunga di strutture secondarie
foglietti β (a differenza delle altre che sono α-elica). E’ flessibile
poiché è costituita da legami deboli e i foglietti β sono
completamente estesi e ciò spiega perché la fibroina della seta è così
flessibile.

RICORDA: SE UNA PROTEINA E’ COSTITUITA DA POCHI AMMINOACIDI SVOLGE FUNZIONI SEMPLICI,


PERCHE’ NON E’ NECESSARIO SFRUTTARE LA GRANDE VARIABILITA’ DELLE CATENE LATERALI DEGLI
AMMINOACIDI. SE INVECE UNA PROTEINA E’ FATTA DA TUTTI E 20 GLI AMMINOACIDI, E’ PROBABILE CHE
SIA UNA PROTEINA CHE ABBIA UNA FUNZIONE COMPLESSA.
Le PROTEINE GLOBULARI sono la stragrande maggioranza delle proteine degli organismi viventi e svolgono
un’infinità di funzioni. Sono tutte le proteine che determinano il metabolismo, sono gli enzimi che
catalizzano le reazioni enzimatiche, i trasportatori di molecole e così via… Esempio è la mioglobina che
conserva l’O₂, si trova nei muscoli dei mammiferi.
All’interno delle strutture è possibile distinguere altri due elementi strutturali: i MOTIVI e i DOMINI.

I motivi sono degli avvolgimenti di corte catene polipeptidiche, molto caratteristici e facili da riconoscere.
Uno dei motivi più comuni delle proteine si chiama ANSA β-α- β. Si chiama così perché se guardo quali
strutture ci sono dalla parte ammino-terminale alla parte carbossi-terminale, trovo prima una catena β, poi
un’α-elica e infine un’altra catena β. Queste strutture sono tenute insieme da interazioni deboli, interazioni
idrofobiche o legami ionici, tutte le interazioni della struttura tridimensionale.
Il BARILE β è un altro motivo.
Dei motivi possono organizzarsi in strutture più complesse (come ad esempio ANSA β-α- β). Questa è la
componente fondamentale di una struttura molto comune, il barile α- β, una struttura con una forma a
barilotto le cui assi del barile fossero costituite da ANSE β-α- β .
I 2/3 delle proteine conosciute hanno questa struttura e svolgono le funzioni più disparate. Molto comuni
sono le IDROLASI, che idrolizzano gli zuccheri, o la TRIOSOFOSFATOISOMERASI(TIM) che è uno degli enzimi
della glicolisi. La struttura TIM BURRELL è considerata una delle strutture più comuni. Le strutture di
successo si sono adattate a svolgere diverse funzioni.
COME PUO’ UNA STESSA STRUTTURA SVOLGERE DIVERSE FUNZIONI? Una stessa struttura può essere
costituita da diversi amminoacidi che però determinano la struttura tridimensionale. Per esempio nelle β-
glicosidasi, nel TIM BURRELL, ci sono due gruppi carbossilici affacciati all’interno che funzionano da sito
attivo ; nella TRIOSOFOSFATOISOMERASI, invece, ci sono altri amminoacidi che fanno altre funzioni.

I MOTIVI sono ripetuti


all’interno della struttura. Il
motivo, però, quando viene
tirato fuori dal contesto, cioè se
provo ad isolare uno solo di
questi componenti, questo non
assume questa struttura
quando è libero. La sequenza
ha bisogno del contesto per
assumere quel tipo di struttura
a motivo.
Il DOMINIO, invece, è
diverso. E’ strutturalmente
indipendente.
Questa proteina è
costituita da due domini,
se li separo, ciascuno di
questi è stabile e si ripiega
indipendentemente
dall’altro.

Nel primo caso raffigurata


nell’immagine, ho una
chinasi con due domini
diversi, con due diverse α-
eliche. Se li separo
assumerà forme
indipendenti. La stessa cosa
vale per il recettore CD4 e la
proteina cro del
batteriofago λ.
Lezione 8 (28 marzo 2019)

FOLDING DELLE PROTEINE

Facciamo una ricapitolazione sulle proteine:


• La sequenza amminoacidica determina la struttura tridimensionale e la funzione della
proteina.
• Le strutture tridimensionali non sono infinite: diverse sequenze amminoacidiche
possono portare alla stessa struttura tridimensionale.
• La maggior parte delle proteine hanno poche informazioni stabili quindi da una
sequenza si ottiene una sola struttura.
• Le conformazioni della proteina sono stabilizzate da interazioni deboli infatti abbiamo
detto che ogni livello gerarchico è caratterizzato da un tipo di legame:
• la struttura primaria dal legame covalente
• la struttura secondaria dal legame idrogeno
• la struttura terziaria da tutte le interazioni deboli
• la struttura quaternaria da tutte le interazioni deboli (come la terziaria)

• Le strutture delle proteine non sono statiche, sebbene possiamo conoscere la struttura
delle proteine in base all'analisi dei cristalli, in realtà quando la proteina è in soluzione
la sua conformazione è molto elastica e quindi può cambiare forma.

Quindi una catena polipeptidica primaria assume nello spazio una forma che passa attraverso
diversi passaggi fino ad arrivare alla conformazione nativa ovvero la forma della proteina che
è in grado di svolgere la propria funzione.
Questo avviene anche all'interno della cellula, le proteine infatti vengono sintetizzate durante
la traduzione sul ribosoma, quindi gli amminoacidi vengono legati per condensazione l'uno
all'altro formando dei filamenti che sono la catena polipeptidica nascente, attraverso il
processo complesso che è la traduzione. I filamenti diverranno la proteina nativa.

E' dimostrato che la proteina assume la sua conformazione non una volta rilasciata dal
ribosoma ma comincia a ripiegarsi nella maniera corretta già quando è ancora in atto la
traduzione; il polipeptide comincia ad assumere la conformazione prima che la proteina sia del
tutto sintetizzata. Nel momento in cui si stacca dal ribosoma, il più delle volte, la proteina è
correttamente ripiegata. Ciò non avviene sempre, la proteina per assumere il corretto
ripiegamento può aver bisogno di altre proteine che prendono il nome di CHAPERON, cioè
accompagnatori.
Gli chaperoni sono proteine che hanno diversi compiti all'interno della cellula:
• catalizzano l'avvolgimento corretto delle proteine
• assistono la proteina ad assumere la conformazione nativa
• conducono una proteina mal ripiegata verso:

se la proteina è mutata e ha dunque portarla a formare degli oligomeri:


difetti intrinseci la conduce a questi aggregati possono
diventare un aggregato amorfo e poi organizzarsi ordinatamente a
disaggregarla in frammenti peptidico formare fibrille amiloidi dannose
poiché alla base di patologie neuro-
degenerative

Gli chaperoni consentono la proteostasi cioè il processo che permette alla cellula di avere un
insieme di proteine attive, quindi il processo che porta le proteine ad assumere la
conformazione giusta per svolgere le proprie funzioni oppure se assumono conformazioni
sbagliate diventano aggregati o frammenti peptidici.
Questo perché l'informazione è contenuta nel DNA, trasferita all'RNA e alle proteine i quali
possono copiare male l'informazione e dunque subire una mutazione perciò interviene lo
chaperon.
In alcuni casi la mutazione è favorevole ed entrano in gioco i processi evolutivi e di
speciazione.
E' importante studiare il folding delle proteine per due tipi di ragioni:
ragioni di ricerca (motivi biofisici) e ragioni applicative (motivi biologici)

studiando il folding e come vengono


dispiegate (cioè il contrario) ci permette di
conoscere quali forze determinano la
struttura tridimensionale Il folding scorretto causa
delle proteine e quindi che all'interno delle cellule
capire come funziona la nervose alcune proteine
materia. precipitano determinando
gravi danni come malattie
neuro-degenerative quali il
Parkinson, l'Alzheimer,
l'encefalopatia
spongiforme bovina
(volgarmente, morbo della
mucca pazza).
Gli strumenti per capire le basi molecolari del folding sono lo studio della denaturazione e
della rinaturazione delle proteine.

Quando abbiamo parlato della denaturazione del DNA abbiamo detto che quando una
molecola di DNA viene sottoposta ad un aumento di calore i due filamenti di separano e
osserveremo la fusione del DNA; nel caso delle proteine non abbiamo due filamenti bensì una
struttura più complessa che se sottoposta a degli insulti di tipo chimico o fisico la proteina
perde la struttura nativa e si denàtura, cioè si svolge passando dalla forma funzionale
biologicamente attiva alla forma non funzionale biologicamente inattiva.
Questo processo in alcuni casi è reversibile e quindi una proteina denaturata se non è più
sottoposta all'insulto può riavvolgersi, la reversibilità della denaturazione è la dimostrazione
che la struttura tridimensionale della proteina è dettata dalla sequenza dei suoi amminoacidi.
Infatti se si perde la struttura tridimensionale non si perde quella primaria, non si ha
l'interruzione dei legami covalenti tra gli amminoacidi. Se la proteina ha tutte le condizioni per
riacquistare la struttura tridimensionale questa si riforma.

Quando la proteina si denatura vuol dire che è in corso un lavoro affinché si interrompano le
interazioni che mantengono la struttura; il lavoro si misura con grandezze termodinamiche
ovvero variazione di energia libera: l'energia che devo apportare alla denaturazione della
proteina è pari alle interazioni che la tenevano insieme. La quantità di energia che serve per
portare la proteina dalla forma nativa alla forma denaturata è la stessa della quantità di
energia per la reazione reversibile. E' molto più semplice misurare il lavoro necessario per
denaturare la proteina piuttosto che l'energia necessaria per rinaturarla.
La proteina assume questa forma spontaneamente: vale lo stesso concetto per il quale si
formano le interazioni idrofobiche cioè che a dettare l'interazione idrofobica è la tendenza
dell'acqua ad assumere la massima entropia; le molecole d'acqua per circondare una struttura
non polare devono disporsi in modo ordinato, invece se due sostanze non polari si aggregano
le molecole d'acqua che devono disporsi in maniera ordinata sono di meno e saranno sempre
meno quando avremo strutture non polari. Le strutture non polari sono chimicamente semplici,
costituite solo da catene non polari; gli amminoacidi, invece, sono di 20 tipi aromatici, alifatici,
polari non carichi e non polari carichi (idrofobici). Quello che succede è che quando un
polipeptide (proteina non strutturata) va in acqua, le molecole d'acqua si ordinano intorno alle
strutture non polari diminuendo l'entropia, le strutture non polari allora disporranno le parti non
polari all'interno e le polari all'esterno quindi in superficie. Questo è il principio che porta al
folding della proteina e tutti i processi che impediscono questo fenomeno sono processi che
determinano l'unfolding della proteina.

IL FOLDING DELLE PROTEINE DIPENDE DALLE INTERAZIONI DEBOLI


Il folding delle proteine si studia con la transizione denaturazione - rinaturazione
• LEGAMI COVALENTI ≈ 400 kJ/mole
• LEGAMI IONICI ≈ 20 KJ/mole
• LEGAMI A IDROGENO ≈ 20 KJ/mole
• INTERAZIONI IDROFOBICHE ≈ 4 KJ/mole
(forze di van der Waals, interazioni dipolari, ecc.)
Vediamo adesso gli insulti chimici e fisici che possono portare all'interruzione dei legami
deboli.

Alcune sostanze hanno effetto più forte di altre su alcuni legami deboli.
Ad esempio:
➔ il pH influenza i legami carica-carica poiché la variazione di pH fa variare la
carica degli amminoacidi quindi se i gruppi formavano un dipolo carica positiva -
negativa al variare del pH il gruppo carico negativamente potrebbe protonarsi
rendendo impossibile la formazione del dipolo. Il pH altera lo stato di
protonazione ottimale per la formazione di un legame H.
➔ La temperatura ha un effetto generalmente nocivo su tutte le interazioni deboli
perché all'aumentare della temperatura aumentano i moti browniani e gli atomi
si muovono freneticamente fino a raggiungere una distanza critica che comporta
la loro separazione; la temperatura interrompe tutte le interazioni deboli e oltre
un certo livello anche i legami covalenti. (ancora di più se combinata con il pH).
Il calore fornisce l’energia necessaria per la rottura del legame. La forza tra due
cariche dipende dall'inverso del quadrato del raggio e la temperatura tende a
separare quindi fa aumentare il quadrato del raggio l'interazione si interrompe.
➔ La concentrazione salina influenza le forze di Coulomb: la forza di un’
interazione fra due cariche è data dalla forza di queste cariche, il sale può
cambiare l'entità della carica modificando l'interazione e quindi la forza tra le
interazioni.
➔ I solventi organici influenzano le forze di Coulomb perché influiscono sulla
costante dielettrica che più è bassa più la forza tra le cariche è alta; infatti il
benzene che ha una costante dielettrica molto bassa ha la tendenza ad
aumentare la forza tra le interazioni ioniche, l'acqua invece ha la tendenza
opposta perché ha una costante dielettrica alta (80 circa).
Influenzano anche le interazioni idrofobiche diminuendo la forza di interazione
tra le molecole delle sostanze non polari in un solvente organico, infatti vengono
facilmente disciolte e separate. (ad esempio lo smalto non viene sciolto
dall'acqua ma dall'acetone che è meno polare e può sciogliere lo smalto non
polare)
➔ Agenti chimici (urea,cloruro di guanidinio) hanno effetti denaturanti cioè sono
sostanze che influenzano le interazioni deboli e quelle idrofobiche. La presenza
di un solvente organico, di un detergente o dell’urea altera il “mezzo” acquoso
necessario per l’interazione. L’urea sottrae acqua dalla superficie della proteina
denaturandola, poiché la forza che la teneva insieme era l’acqua.
Nel caso della denaturazione degli acidi nucleici osservavamo l'effetto ipercromico cioè
l'assorbanza a 260 nanometri.
Nel caso delle proteine al variare della temperatura varia la percentuale di proteina non
ripiegata, all'inizio la proteina è tutta ripiegata e alla fine è totalmente denaturata.
Facciamo l'esempio della ribonuleasi A e dell'Apomioglobina che sono due proteine semplici,
monomeriche cioè costituite da un unico polipeptide e vanno incontro a una transizione
ripiegato-non ripiegato a una singola fase quindi è una perfetta sigmoide, avviene secondo un
processo cooperativo, le curve sigmoidali indicano cooperatività, e in questo caso il punto in
cui si ha il 50% di proteina denaturata coincide con il punto di fusione della proteina cioè Tm
(m = melting). La ribonucleasi A ha una Tm inferiore cioè la metà della sua denaturazione
avviene a una temperatura minore rispetto a quella necessaria per la Apomioglobina.
Questo processo è molto più facile da trattare dal punto di vista matematico piuttosto che che
andare a vedere il punto di fusione generale, e permette di fare confronti tra proteine che si
denaturano a temperature diverse.

Oltre alla temperatura si possono usare agenti chimici per denaturare le proteine.
Questo perché la temperatura dipende dall'ambiente ed ha dei gradi di controllo inferiori: non è
costante. Questo rischio non sussiste con una sostanza chimica: una volta pesata conosco la
concentrazione di guadinina, ad esempio, e la quantità di denaturante non cambia. L'elemento
fondamentale alla base di un esperimento è la sua riproducibilità.
Al contrario se dopo questo processo devo rinaturare la proteina è molto più semplice
allontanarla dalla fonte di calore abbassando la temperatura piuttosto che allontanare la
guanidina, violando la termodinamica, il che è un processo molto complesso.

N = nativo

I = intermedio
U = unfolded (denaturato)

Le coordinate di reazione non rappresentano il tempo né la concentrazione del denaturante


ma è la descrizione della sostanza che stiamo spiegando significa cioè che è presente la
proteina nativa, intermedio, proteina denaturata.
L'indicazione del tempo serve a definire la velocità con cui si ha il passaggio da un lato
all'altro.
Nel processo precedente non ci sono quasi intermedi, è un processo semplice.
Se invece abbiamo una proteina complessa, si creano intermedi.

Se riporto l'energia libera sul grafico vedo che ciascuno di questi stati ha una condizione di
energia basale: la struttura nativa è nella condizione più bassa di tutte perché è in un livello
energetico basso, l'intermedio ha una condizione energetica più alta, la proteina denaturata ha
un livello più alto ancora.

Per passare da uno stadio all'altro devo compiere un lavoro cioè apportare una quantità di
energia, misurabile con una variazione di energia libera, che mi permetta di oltrepassare la
barriera.
Per questo processo è indicato il passaggio dalla fase di intermedio alla fase denaturata è
veloce e impiega 2 microsecondi; per passare dalla fase di intermedio alla fase di nativo ci
vogliono 20 microsecondi.
Nei processi di folding e unfolding è necessario distinguere tra l'energia che si deve apportare
e il tempo necessario per passare da uno stato ad un altro.

Sul grafico vediamo il processo in due dimensioni, ma il processo è molto complicato e


bisognerebbe rappresentarlo con grafici tridimensionali che riportano le variazioni di energia in
funzione delle coordinate di reazione.
Se nel grafico ho solo due intermedi (denaturato → intermedio → nativo → interedio
denaturato) il grafico è a due dimensioni, in ogni curva passa un solo piano; se invece ci sono
tanti intermedi diversi che cambiano a seconda della traiettoria energetica avrò infinti piani tutti
diversi l'uno dall'altro.

Le proteine, anche le più resistenti, sono tenute insieme dall'equivalente di pochi legami ionici
oppure legami idrogeno. Questo poiché quando abbiamo la proteina denaturata l'entropia è
elevata e ci sono molte interazioni deboli tra gli amminoacidi; mentre nella forma nativa
abbiamo bassa entropia con molte interazioni deboli tra amminoacidi, tra amminoacidi e
solvente, e all'interno della proteina.
La catena della Ribonucleasi A contiene
quattro ponti disolfuro che sono legami
covalenti e si possono interrompere con
una sostanza chimica: il
mercaptoetanolo (etanolo con S invece
di OH). Questa sostanza interrompe e
quindi riduce i ponti disolfuro cedendo gli
elettroni e diventano mercaptoetanolo
ossidato.

L'esperimento consiste nel prendere la


ribonucleasi nativa con attività biologica
100% e metterla in una soluzione molto
concentrata di urea e mercaptoetanolo. La
ribonucleasi perde totalmente attività = 0%.
Dopodiché la soluzione con i tre
componenti viene posta in un sacchetto
per dialisi cioè una membrana permeabile
all'acqua e impermeabile a sali e proteine,
dunque la ribonucleasi non può penetrare
la membrana e allontaniamo totalmente i
denaturanti, l'attività biologica della
proteina torna al 100% (processo reversibile). Riottenere la proteina integra significa che
l'informazione è contenuta negli amminoacidi, intrinseca alla proteina.

Questo esperimento dimostra che dalla sequenza degli amminoacidi posso già sapere quale
sarà la struttura della proteina, tuttavia è un processo complicatissimo e necessita di algoritmi
molto complessi.
Per prevedere come la catena amminoacidica si ripiegherà nella struttura tridimensionale,
bisogna prevedere la possibilità che hanno i legami φ e ψ di ruotare nella sequenza primaria
degli amminoacidi.
Ma in realtà le proteine non si foldano dopo essere state espulse dal ribosoma, ma durante la
traduzione quindi si creano dei centri di nucleazione.
Ancora una volta abbiamo la riconferma della presenza di informazioni intrinseche alla
proteina.

Ad esempio la proteina in figura presenta 56 amminoacidi, mentre si traduce e comincia a


legare tra loro metionina, tirosina, leucina, lisina, asparagina ecc, qualcuno di questi
amminoacidi assume già una conformazione e questa parte tende ad organizzarsi in una
struttura con due catene β , man mano che la traduzione va avanti la parte centrale tende ad
assumere una struttura ad elica α elica quindi la sequenza degli amminoacidi favorisce alcune
strutture secondarie.
Questo significa che già all'amminoacido 39, quando la traduzione è ancora in atto, si è già
formate due strutture che si incontrano e si associano formando gran parte della struttura
finale, infine si aggrega l'ultima formando la proteina.

Le interazioni idrofobiche portano i centri di nucleazione che permettono l'aggregazione di


altre strutture e mettono in contatto l' α elica con il foglietto β e altre interazioni idrofobiche
portano poi all'associazione iniziale della proteina.

Tutto ciò di cui abbiamo parlato si riferisce al caso in cui la proteina si ripiega
spontaneamente.

Quando la proteina è troppo grande e complessa il processo non può essere spontaneo e
necessita dell'aiuto degli chaperon.

Le membrane plasmatiche sono costituite principalmente da fosfolipidi e sfingolipidi (mentre i


trigliceridi sono essenzialmente grassi di riserva). I grassi hanno strutture asimmetriche e di
conseguenza anche le membrane plasmatiche. Questa grande diversità è accentuata da tutte
le molecole che contribuiscono alla formazione delle membrane plasmatiche ovvero proteine,
glicolipidi.

Le proteine integrali delle membrane possono attraversare totalmente il doppio strato lipidico,
le proteine periferiche sono legate con interazioni deboli sulla superficie esterna (che possono
essere glicosilate da zuccheri presenti solo sullo strato esterno) e altre ancora adese alla
superficie citosolica, le proteine anfitropiche che interagiscono direttamente con le teste polari
dei lipidi di membrana.
Le proteine periferiche si staccano facilmente dalla membrana poiché legate da interazioni
polari o non polari tra proteine, mentre quelle integrali sono molto difficili da estrarre e
necessitano di detergenti.
Le proteine completamente immerse nella membrana, le proteine trans-membrana, hanno la
conformazione dovuta ai propri amminoacidi la cui componente idrofobica immersa all'interno
doppio strato fosfolipidico, mentre la componente idrofilica si trova sulla superficie interna e
esterna.
Le proteine di membrana si muovono all'interno del doppio strato con movimenti trasversali e
sempre con lo stesso orientamento, non può capovolgersi avrebbe bisogno di una quantità di
energia troppo elevata per spostare la parte esterna verso quella interna.

Quindi non solo la membrana è asimmetrica per via dei lipidi, ma molto di più per via delle
proteine.

Le membrane sono strutture a mosaico fluido: i grassi possono muoversi e invertirsi all'interno
del doppio strato, le proteine galleggiano nella struttura lipidica e si muovono trasversalmente.
Molto spesso le proteine integrali si associano per motivi funzionali in determinati momenti
fisiologici della cellula.

Tutto ciò è fondamentale per il processo di permeabilità delle membrane.

Nella diffusione semplice una sostanza si sposta, attraverso una membrana semi-permeabile,
da una concentrazione maggiore a una minore secondo gradiente e si può misurare e quindi
prevedere la forza di gradiente ovvero quanta sostanza si sposterà grazie ad un'equazione
che lega la variazione di energia libera con le concentrazioni del soluto da un lato e quelle
sull'altro.
Anche gli ioni possono spostarsi da un lato e dall'altro ma non è più la concentrazione ad
essere presa in considerazione bensì il potenziale di membrana il quale influenza il
trasferimento degli ioni; in particolare le membrane sono cariche positivamente all'esterno e
negativamente all'interno quindi gli ioni negativi non entrano facilmente.

Un esempio di diffusione facilitata è il trasporto di glucosio negli eritrociti, i quali sono privi di
nucleo e di organelli quindi in pratica contenitori di emoglobina. Il glucosio entra negli eritrociti
perché la sua concentrazione nel sangue è 5 < mM (5 minore di millimolare).
La membrana è impermeabile al glucosio per via della struttura ma riesce ad entrare grazie a
dei trasportatori cioè il glucosio permeasi.

Il trasporto attivo primario avviene nel momento in cui una molecola deve essere trasportata
contro gradiente. L'esempio più importante di trasporto attivo primario è la pompa sodio-
potassio costituita da una proteina anche in grado di idrolizzare l'ATP. Il potassio K non riesce
a entrare (e il sodio Na non riesce ad uscire) perché la concentrazione di potassio all'interno
della cellula è 140mM mentre all'esterno 4mM, allo stesso modo il sodio Na non può uscire
perché ha una concentrazione interna di 12mM ed esterna di 145mM.
Il potassio K è fondamentale all'interno della cellula, ma non può entrare perché la
concentrazione interna è alta dunque entra in gioco la pompa K-Na che porta all'idrolisi
dell'ATP e ciò fornisce l'energia sufficiente all'ingresso di 2 ioni potassio (2K+) ed escano 3
ioni sodio (3Na+).
La pompa sodio- potassio consuma un quarto di tutta l'energia che il nostro corpo consuma a
riposo (tutto ciò riguarda l'equilibrio elettrolitico).

Il trasporto attivo secondario non utilizza l'ATP, ma sfrutta il trasporto interno di ioni che
avviene grazie alla differenza di potenziale che si trova sulla membrana.
La membrana plasmatica presenta infatti una proteina chiamata pompa protonica che pompa
attivamente protoni dall'interno della cellula all'esterno.
La pompa-protonica permette la creazione di una differenza di potenziale sulla membrana
plasmatica, una carica positiva all'esterno e una negativa all'interno. La differenza di
potenziale è fondamentale per lo stimolo nervoso, se la membrana non fosse carica non si
avrebbe stimolo nervoso. Ad esempio il cianuro inibisce la pompa-protonica che smette di
creare differenza di potenziale il che è fatale.
I protoni hanno tendenza naturale ad entrare nella cellula, proprio grazie alla differenza di
potenziale, la loro carica positiva entra facilmente.
L'accumulo endoergonico del lattosio avviene grazie allo spostamento esoergonico dei protoni
che si muovono spontaneamente permettendo al lattosio di entrare nella cellula.

La proteina che trasporta il lattosio all'interno nel tempo la concentrazione di lattosio aumenta
per trasporto attivo, ma se si aggiunge cianuro non c'è più trasporto di lattosio e questo perché
si interrompe la pompa-protonica, cambia il gradiente di protoni e quindi i protoni non riescono
più a entrare. I protoni dovrebbero entrare ionizzando alcuni amminoacidi della pompa del
lattosio, se gli insulti non permettono più la presenza di questi due amminoacidi (acido
glutammico e arginina) in quella posizione la pompa non funziona, anche se i protoni
potrebbero entrare per gradiente chimico, perché non possono più legarsi agli amminoacidi e
trasportati all'interno insieme al lattosio.
LEZIONE 9 del giorno 29/03
FUNZIONE DELLE PROTEINE: GLOBINE E ANTICORPI
Le proteine sono in grado di interagire con altre molecole. Infatti sappiamo
già che le proteine di membrana sono in grado di trasportare delle sostanze,
con il trasporto attivo (primario o secondario, a seconda se si usa ATP o si
usava il cotrasporto secondo gradiente di ioni) o facilitato. Dobbiamo però
soffermarci sul fatto che ci sono delle proteine sulle membrane che sono in
grado di legare determinate molecole. Possono fare ciò perché le proteine
sono macromolecole dinamiche ovvero sono in grado di cambiare le proprie
conformazioni e quindi subire dei cambiamenti quando si legano a
determinate sostanze. Le proteine prendono contatto con altre molecole in
maniera generalmente fugace, non sono dei legami stabili o duraturi nel
tempo e molto spesso sono reversibili. Generalmente i legami irreversibili
esistono o perché la molecola che si lega alla proteina ha una funzione
fondamentale per quello che la proteina deve svolgere oppure nel caso in
cui il legame è irreversibile la proteina è morta e non riesce più a svolgere la
funzione per cui era programmata (fenomeno patologico) e può essere
osservato nella inibizione, nello specifico quando gli enzimi vengono inibiti.
Definizioni generali:
-Una piccola molecola che si lega ad una proteina prende il nome di
LIGANDO, nel caso specifico degli enzimi il ligando prende il nome di
SUBSTRATO.
-Il punto della proteina in cui si lega il ligando prende il nome di SITO DI
LEGAME, nel caso degli enzimi prende il nome di SITO ATTIVO.
-Oltre ad essere interazioni fugaci e reversibili, l'interazione è SPECIFICA,
questa specificità in alcuni casi è più marcata e in altri casi meno però è
molto raro che le proteine riescano a legarsi con il sito di legame o il sito
attivo in maniera totalmente aspecifica a qualcosa.
-Le proteine sono flessibili, nel senso che sono molecole che posso cambiare
la propria conformazione sempre con un certo costo energetico. Perché se il
cambiamento conformazionale è piccolo il costo energetico è limitato ma
nel caso del trasporto attivo primario una proteina che deve pompare una
sostanza contro gradiente es. pompa sodio-potassio è necessario un
apporto dell'idrolisi di ATP.
-Il ligando può generare delle modifiche conformazionali nelle proteine
ovvero una proteina ha una determinata struttura quando si trova libera
(senza interazione con la piccola molecola) e questa struttura cambia ma
non perché è la proteina che cambia la struttura prima di incontrare il
ligando, ma è proprio il ligando a indurre una modifica nella proteina,
questo processo prende il nome di ADATTAMENTO INDOTTO.
-Quando una modifica conformazionale nel caso di una proteina
multimerica, cioè costituita da diverse sub-unità (livello gerarchico: struttura
quaternaria) colpisce una sola sub-unità, questa stessa modifica può essere
trasmessa alle altre sub-unità.
- Una proteina può legarsi a più ligandi, quindi ha diversi siti di legame.
-Una proteina lega una sostanza per svolgere una determinata funzione ma
lega anche un'altra sostanza che invece induce un cambiamento
conformazionale che ne permette la REGOLAZIONE.

GLOBINE
le globine sono delle proteine presenti negli organismi pluricellulari. In
particolare parleremo di due proteine: mioglobina e emoglobina umana.
Come si può notare dalla figura le strutture sono molto simili infatti
contengono soltanto alfa-eliche, e rappresentano una categorie di proteine
(globine) che sono coinvolte nel legare l'ossigeno e trasportarlo, nello
specifico la mioglobina lega l'ossigeno e l'emoglobina trasporta l'ossigeno.
queste due proteine si sono evolute in maniera diversa proprio per svolgere
questi due compiti.
ci sono altre tipi di globine come:
-le NEUROGLOBINE, sono delle proteine che si trovano all'interno delle
cellule nervose e servono a legare i gas (ossigeno) e servono per evitare i
danni cerebrali.
-le CITOGLOBINE che sono proteine spesso molto abbondanti nei citoplasmi
di cui non è ancora nota la funzione
Le globine sono un vero e proprio involucro per permettere il trasporto di
gas, più precisamente di un gas che si è rivelato essenziale per la vita ovvero
l'ossigeno. Però l'ossigeno è un gas poco solubile in acqua ed è un gas che
non si può legare agli amminoacidi. Si lega abbastanza facilmente ai metalli,
in particolare al ferro e al rame. Il ferro 2+ è quello che più facilmente lega
l'ossigeno, in particolare quindi il ferro nella sua ferma ferrosa, il ferro però
può convertirsi facilmente in ferro 3+ e diventa ferro ferrico, che non è in
grado di legare l'ossigeno. l'evoluzione ha sviluppato il sistema delle globine
per permettere che il ferro ferroso fosse in grado di legare l'ossigeno e non
trasformarsi in ferro ferrico. Quando il ferro è libero si lega l'ossigeno
diventa ferro ferrico e non lo lega più, l'evoluzione dopo vari tentativi ha
identificato una molecola EME (una protoporfirina) che ha un anello
aromatico al cui centro sono presenti 4 azoti, il ferro è in grado di legarsi a
quest'ultimi (ricorda il ferro in questa condizione ha 6 legami).
4 legami si formano con i 4 azoti e due legami rimangono liberi. quando il
ferro si trova all'interno dell'eme e forma questi sei legami che si chiamano
legami di coordinazione non può più diventare ferro ferrico e quindi viene
bloccato nella sua forma ferrosa, in questo modo quando l'eme si trova
libero può legare due molecole di ossigeno.
Cosa lo protegge da questa conversione irreversibile?
il fatto che l'eme con all'interno il ferro (si può vedere in foto come viene
legato l'ossigeno ovvero c'è un istidina della proteina) entra nella proteina
globina, cioè la globina ha legato in maniera molto tenace l'eme e la tasca
all'interno della quale si trova è molto nascosta all'interno della proteina,
quindi l'ossigeno che è una molecola piccola riesce a diffondere e si va a
legare al ferro ma quest'ultimo è protetto per non passare da una forma
all'altra. La globina non è altro che un involucro che ha permesso l'utilizzo
dell'ossigeno legandolo al ferro che è protetto dall'eme.
il legame del ferro all'eme assorbe la luce nella lunghezza d'onda del rosso e
questo è il motivo per cui vediamo il sangue rosso.
In figura si vedono le strutture della mioglobina e dell'emoglobina. nella
prima figura è indicata la struttura della proteina secondo il fatto che questi
barilotti sono delle strutture alfa-eliche stilizzate e quest'ultime hanno delle
lettere, in pratica quando si determina la struttura di una proteine per
migliorare l'informazione sulla scoperta si indicano le lettere per dire
alfa-elica A, alfa-elica B e cosi via.. Se io dico che c'è un istidina sull'elica E
sto dando delle informazioni su quella che è la collocazione di questo
residuo.
La struttura del gruppo eme all'interno della mioglobina ed emoglobina è
piuttosto simile, l'eme è infilato in una tasca che appunto serve per
mantenere la corretta posizione del gruppo per conservare lo stato di
ossidazione del ferro e per variare la specificità dell'eme, infatti il ferro
all'interno dell'eme può legare ossigeno ma anche anidride carbonica.
Le interazioni tra le globine e i gas si possono misurare quantitativamente,
ma si possono misurare quantitativamente tutte le interazioni tra le
proteine e il ligando. Innanzitutto si devono tener conto di due costanti:
costanti di velocità e le costanti di equilibrio. con la lettera minuscola si
indicano le costanti di velocità (ka e kd) e con la lettera maiuscola si indicano
le costanti di equilibrio (Ka).
Parlando in termini generali possiamo definire un'interazione tra la proteina
e il ligando con questa equazione, in pratica nella prima formula possiamo
notale la formazione del complesso proteina-ligando. questa reazione è
caratterizzata da una costante di equilibrio che qui chiamiamo costante di
associazione quest'ultima è uguale al rapporto tra le concentrazioni del
prodotto diviso la moltiplicazione delle concentrazione dei reagenti. il
prodotto è il complesso proteina-ligando i reagenti sono la proteina e il
ligando, quindi questa costante sarà anche uguale anche al rapporto tra la
velocità della reazione di associazione diviso la velocità della reazione di
dissociazione, ovvero la reazione inversa. questa relazione ci dice che ci
sono due molecole coinvolte quindi significa che la velocità della reazione
dipende dalle concentrazioni di due molecole: la proteina e il ligando, in
questo caso si dice che è una reazione di secondo ordine. gli ordini si
stabiliscono in base al numero di molecole che determinano la velocità della
reazione (1 molecola = reazione di primo ordine; 2 molecole = di secondo
ordine; 3 molecole = terzo ordine e cosi via...). quando si hanno delle
reazioni di secondo ordine la costante di velocità che in questo caso è la
costante di associazione ha le dimensione del reciproco della
concentrazione e del reciproco del tempo (M-1 sec-1 ). invece se abbiamo una
reazione dove la velocità dipende da una sola molecola (primo ordine) in
questo caso abbiamo la dissociazione del complesso proteina-ligando e la
costante di velocità, ovvero la costante di dissociazione ha le dimensioni del
reciproco del tempo (sec-1 ).

nella slide sottostante viene mostrata la reazione di associazione dove due


molecole si associano per dar vita al complesso proteina-ligando. In realtà
dal punto di vista pratico si usa maneggiare la reazione inversa, cioè la
reazione di dissociazione. Possiamo notare che questo è il processo che ci
porta a una trattazione quantitativa perchè ci porta ad un'equazione che
risulta essere l'equazione di un'iperbole.
NB sugli assi si riporta la concentrazione del ligando che essendo un gas
viene espressa con la pressione dell'ossigeno in funzione di una grandezza
che si indica con la lettera greca θ (teta) che rappresenta la frazione di siti di
legame occupati dal ligando.

Prendendo in considerazione la reazione inversa ovvero quella di


dissociazione. In figura si possono vedere tutti i passaggi per cui la
concentrazione del complesso proteina-ligando sarà uguale al prodotto della
concentrazione della proteina per la concentrazione del ligando diviso la Kd,
e andando a sostituire ciò nella formula del θ (teta) e con diverse operazioni
matematiche avremo che il risultato del θ rappresenterà un'equazione di
un'iperbole.
In figura possiamo notare una curva teorica in cui se riportiamo le x e le y
vediamo che la Kd equivale alla concentrazione del ligando nella quale metà
dei siti è occupata dal ligando quindi se lo trasferiamo al dato sperimentale
si nota che si ha un valore di pressione (P50) che è la quantità di ossigeno a
cui metà dei siti sono occupati.
NB la Kd è il primo termine quantitativo che ci permette di definire quanta
sostanza è necessaria per avere metà dei siti legati, in altre parole la Kd è
indice dell'affinità di una proteina per quel ligando, ovvero ci dice quanto
quella proteina lega quel ligando ovviamente significa che più la proteina è
affine minore è il valore di Kd perché significa che già ad una quantità bassa
di ligando metà dei siti sono occupanti quindi tanto più piccolo è il valore di
Kd tanto maggiore sarà l'affinità. In figura sono riportati alcuni esempi.

COME AVVIENE IL LEGAME ?


La mioglobina è la proteina che lega l'ossigeno. In figura viene rappresentato
l'eme con il ferro (in rosso) e ci sono due istidine queste istidine si possono
chiamare in diverso modo: Istidina E7 e istidina F8 ( E7 e F8 ovviamente si
riferisce all'elica dove si trova questa istidina) ma si possono chiamare anche
come strutture primarie e quindi rispettivamente l'istidina 64 e l'istidina 93.
Prendono anche il nome di istidina prossimale (più vicina al ferro F8) e
istidina distale (più lontana E7). l'istidina prossimale è quella che forma il
legame con il ferro mentre quella distale è più distante e non forma un
legame con il ferro ma con l'ossigeno quando quest'ultimo si lega.
In realtà per nostra sfortuna la mioglobina non lega soltanto l'ossigeno ma
lega anche il monossido di carbonio. Quest'ultimo viene addirittura legato
molte volte meglio dell'ossigeno, infatti l'affinità della mioglobina per il
monossido di carbonio è 20000 volte più alta e quindi la Kd della mioglobina
per il monossido di carbonio è 20000 volte più bassa della Kd per l'ossigeno.
Il monossido di carbonio è un gas pericoloso, è inodore e porta
soffocamento.

A prima vista è difficile distinguere la struttura della mioglobina da un


monomero dell'emoglobina (è un tetramero costituito da 4 sub-unità) ma se
si vede la sequenza si nota che vi è soltanto un'identità del 26% tra 148
residui. Poiché la mioglobina è costituita da un monomero porterà un solo
eme nella sua struttura invece l'emoglobina è costituita da un tetramero e
ogni monomero porta un eme quindi una molecola di emoglobina trasporta
4 molecole di eme e quest'ultime porteranno una molecola di gas ciascuna.
L'emoglobina cambia nel nostro corpo a seconda dell'età: l'emoglobina
fetale è fatta da due catene alfa e due gamme mentre nell'età adulta si
perde la capacità di esprimere l'emoglobina gamma e si produce quella
beta. Quindi negli adulti avremo due catene alfa e due beta.
Abbiamo che queste due proteine hanno un comportamento differente in
particolare se sto a basse concentrazioni di ossigeno vedo che la mioglobina
ha un'alta affinità verso l'ossigeno quindi i siti di legame schizzano verso
l'alto mentre l'emoglobina ha un'affinità più bassa e quindi è necessario
raggiungere concentrazioni più elevate, cioè pressioni più elevate di
ossigeno per avere la saturazione. Quando incontriamo curve come quella
sottostante avremo che i siti sono saturi ovvero tutti i siti disponibili della
proteina si sono legati al ligando.
In figura è presente l'emoglobina in due stati: uno stato deossi non legato
all'ossigeno e nello stato ossi. In particolare in nero è raffigurato l'anello
dell'eme visto di profilo ed ha uno spessore piccolissimo (0,4 A), in verde il
ferro e poi vi è l'istidina prossimale quella che le lega il ferro. il ferro è
tenuto lì dall'azoto dell'istidina e da 4 azoto dell'anello dell'eme. Quando si
lega l'ossigeno (nell'ossiemoglobina) si può notare lo spostamento verso
l'alto del ferro. Quindi l'ossigeno tira il ferro sull'anello dell'eme, perché si
mette sull'asse dell'anello. Questo spostamento non solo sposta il ferro ma
tutta l'alfa-elica F in particolare l'elica F8 di cui fa parte l'istidina prossimale.
infatti se si sovrappone questa parte della struttura dei due stati
dell'emoglobina si vede che l'istidina assume due posizioni diverse. Questo
ci fa capire che quando un ligando si lega a una proteina ne cambia la
conformazione. Quando l'emoglobina si trova in uno stato deossi ovvero
non ha legato l'ossigeno si ha lo STATO T quando invece si lega l'ossigeno
l'emoglobina di trova in uno STATO R. L'emoglobina quindi può passare tra
due conformazioni quella T e R.
Le differenze tra i due stati T e R non sono solo strutturali e inoltre si deve
considerare che questo cambiamento è dovuto solo ad una perdita di un
legame ionico che viene perso nella forma R. Ma l'aspetto più importante è
che anche le condizioni funzionali di questi due stati sono diversi cioè lo
stato T ha bassa affinità per l'ossigeno non lo lega facilmente mentre lo
stato R ha un'alta affinità e si può notare nel grafico sottostante. Il grafico
riporta la pressione dell'ossigeno in funzione dei siti di legame e si avranno
tre curve: la centrale è sigmoidale e le altre due sono delle iperboli. la curva
sigmoidale è il comportamento dell'emoglobina ma è stato visto che questa
transizione sigmoidale è una transizione che deriva dalla fusione di due
condizioni quella in cui la proteina è nella forma T e quella in cui la proteina
nella forma R quindi tra una proteina che ha bassa affinità per l'ossigeno ed
una che ha alta affinità per l'ossigeno. Questo ci fa capire che la curva
sigmoidale è una curva ibrida e che il processo di legare dei gas alla proteina
è un processo cooperativo (quando vi è la curva sigmoidale è sempre un
processo cooperativo). La prima curva del grafico assomiglia molto alla curva
della mioglobina, quest'ultima ha un'altissima affinità anche a bassa
concentrazioni.
la mioglobina è un monomero quindi è una sola unità che cambia la sua
conformazione mentre nell'emoglobina (tetramero) quando cambia la
conformazione di una sub-unità questo cambiamento conformazionale
viene trasferito alle altre sub-unità.

E questo spiega la cooperatività cioè il fatto che ci sia un andamento


sigmoidale quindi la cooperatività è stata osservata da questa curva ed è
stata spiegata attraverso un modello, il modello è che ciascuna sub-unità
quando lega l’ossigeno influenza l’altra e ne cambia l’affinità.
NB in figura le zone evidenziate in azzurro e in rosa rappresentano le
concentrazioni di ossigeno rispettivamente nei tessuti e nei polmoni come
possiamo vedere l’emoglobina ha una massima affinità per l’ossigeno nei
polmoni perché osservando la curva sigmoidale (sarebbe quella centrale
nella figura) quando a più di 12 kPa che è la pressione dell’ossigeno nei
polmoni l’emoglobina si satura quando invece ci troviamo nei tessuti a circa
4 kPa l’emoglobina è più o meno a metà saturata e questo ci spiega perché
l’emoglobina deve portare l’ossigeno ai tessuti il suo comportamento è tale
che quindi quando arriva ai tessuti rilascia ossigeno e quindi l’emoglobina è
meno affine mentre quando è nei polmoni si deve caricare e quindi la
proteina ha un’alta affinità per l’ossigeno.
RICORDA la mioglobina lega l’ossigeno strettamente e deve rilasciarlo in
certe condizioni mentre l’emoglobina lo trasporta quindi fa da carrier perché
deve muoversi tra polmoni e tessuti e trovarsi nella condizioni per
funzionare al meglio in una condizione e nell’altra.
L’emoglobina appartiene ad una categoria di proteine molto importante che
sono chiamate proteine allosteriche (il nome significa altro sito) e quindi
l’emoglobina può essere modulata, cioè il suo comportamento è regolato,
non è una proteina che ha un comportamento semplice come nel caso della
mioglobina. Il cambiamento dell’affinità deriva dall’ossigeno cioè l’ossigeno
oltre ad essere la molecola che viene trasportata dall’emoglobina è anche la
molecola che ne influenza il comportamento perché se si lega all’ossigeno
tende a diventare R mentre quando non è legata all’ossigeno diventa T, in
altre parola la transizione da T ad R e viceversa non c’entra niente con il
trasporto poiché è un cambiamento regolativo perché anche T trasporta
ossigeno però a meno affinità mentre R trasporta ossigeno con maggiore
affinità. In conclusione l’ossigeno oltre ad essere il ligando dell’emoglobina è
anche un regolatore del comportamento dell’emoglobina, quando succede
questo cioè quando la stessa molecola è il ligando della proteina ma è anche
il regolatore si dice che l’interazione è omotropica cioè il ligando favorisce il
suo stesso legame. Se invece il modulatore è una sostanza che non è
trasportata e quindi non è il ligando specifico della proteina si dice che
l’interazione è eterotropica (nel caso dell’emoglobina un modulatore
eterotropico è il 2,3- bifosfoglicerato, quest’ultimo cambia l’affinità
dell’emoglobina per l’ossigeno). In conclusione l’emoglobina è sia
omotropica che eterotropica.
POSSIBILE DOMANDA D’ESAME:
-che cos’è l’ossigeno per l’emoglobina? -> è il ligando ma è anche un
regolatore omotropico.
-che cos’è il 2,3- bifosfoglicerato per l’emoglobina? -> è un regolatore
eterotropico e cioè una molecola che cambia l’affinità dell’emoglobina per il
ligando.

Tutto ciò è alla base di due modelli importanti nello studio dell’emoglobina.
Il primo modello chiamato concentrato è stato proposto da Monod, Wyman
e Changeaux, in figura i cerchi stanno ad indicare meno affine
conformazione T mentre i quadrati vuol dire più affine e quindi
conformazione R. Secondo questo modello la sub-unità della proteina può
esistere in conformazioni T o R ma assume che non possono coesistere le
due conformazioni nel tetramero cioè il tetramero o è tutto R o è tutto T.
quindi affermano che il ligando si lega in maniera più affine ad R e meno
affine a T e quando si lega sposta l’equilibrio. Prende il nome di “tutto o
niente” perché o è tutto T o è tutto R e quindi le due conformazioni vengono
spostaste da un lato all’altro dal ligando. Quando si lega nella forma T è più
probabile che poi si crea la forma R. E’ chiaro che può passare anche dalla
forma R alla forma T. Il punto fondamentale di questo modello è che il
ligando è l’elemento scatenante ovvero il ligando esplora due diversi
foldings cioè trova un folding e si lega con una maggiore o minore
probabilità a seconda che sia T o R.

Anche nel secondo modello chiamato sequenziale e proposto da Koshland


rimane che la sub-unità può esistere nelle conformazione T o R però
secondo Koshland queste sub-unità possono coesistere nello stesso
tetramero infatti in figura non troveremo tutti cerchi o tutti quadrati ma
esisteranno delle condizioni intermedie cioè all’interno del tetramero
all’interno delle 4 sub-unità possono essere presenti alcune T e altre R. La
chiave di questo modello è che il ligando cambia la conformazione ( induced
fit) ma non cambia l’equilibrio come avviene nel primo modello. Questo
cambiamento di conformazione influenza la conformazione dell’altra
sub-unità quindi si dice che questo è un modello sequenziale perché non c’è
tutto o niente ma una sub-unità si può legare nella forma T e questa cambia
la forma R e questo può indurre il cambiamento di un'altra sub-unità nella
forma R, di un'altra ancora, e di un'altra ancora. Il tetramero che ha tutte le
sub-unità in forma R ha una maggiore probabilità che lega ligandi ma allo
stesso tempo si possono seguire tutte le vie intermedie.

La differenza fondamentale tra i due modelli è che il primo ci sono le


conformazioni che possono essere tutte in un modo o tutte in un altro e il
ligando sposta l’equilibrio da un lato all’altro mentre nel secondo già le
conformazioni possono avere diverse affinità e il ligando favorisce la
formazione di quella con più alta affinità. Nel primo modello quindi si ha
l’esplorazione di diversi foldings mentre nel secondo il ligando induce un
diverso folding. Non esiste un modello giusto o sbagliato poiché il primo
modello è un caso del secondo cioè il primo modello è come se fosse un
elemento semplificato del secondo. È stato dimostrato che ci sono enzimi
che seguono solo il primo modello e enzimi che seguono anche il secondo.
Esistono moltissime malattie legate a difetti dell’emoglobina come la
talassemia che è una condizione di anemia e l’anemia falciforme.
Quest’ultima è causata da una mutazione acido glutammico 6 in valina,
questa singola mutazione determina la cancellazione di due cariche
negative, questa cancellazione porta le molecole di emoglobina ad associarsi
tra di loro. Quindi porta le molecole di emoglobina a precipitare all’interno
dei globuli rossi che assumono una forma a falce. In figura si può osservare
la struttura sia del glutammato che della valina da ricordare che il primo
presenta una catena laterale con carica negativa mentre la seconda è un
amminoacido idrofobico.
Questa malattia porta alla formazione di una cristallizzazione della fibra
dell’emoglobina e inoltre è una malattia molto dolorosa quando si
effettuano degli sforzi fisici. Inoltre si manifesta quando è nella forma di
omozigote.
È stato visto che se si osserva la distribuzione dell’allele falciforme che viene
chiamato anche emoglobina S in africa c’è una discreta sovrapposizione con
la diffusione endemica della malaria cioè in eterozigosi quando si è solo
portatori del gene dell’emoglobina falciforme si vede che questi portatori si
sovrappongono bene con le zone sia in Africa che in Asia in cui è endemica la
malaria. Questo non è un caso ma è stato visto che chi ha la forma in
eterozigosi dell’anemia falciforme che gli permette comunque una vita
accettabile è più resistente all’infezione della malaria. I globuli a forme di
falce infatti sono meno disponibili all’infezione del plasmodio.
LE IMMUNOGLOBULINE
Le immunoglobuline sono delle proteine che hanno una funzione negli
organismi superiore di proteggerci dalle infezioni, in pratica le
immunoglobuline interagiscono in maniera altamente specifica con delle
sostanze. Il nostro sistema immunitario è quello che ci permette di distingue
il proprio dal non proprio (self da non-self), se il sistema immunitario non ci
fosse sicuramente non avremmo delle forme di vita evolute perché sono
talmente tante le possibilità di subire dei danni dall’esterno e quindi non ci
saremmo evoluti. Al sistema immunitario contribuiscono diversi elementi
infatti possiamo distinguere il sistema immunitario umorale e quello
cellulare. Il primo è mediato dagli anticorpi cioè delle proteine che hanno la
funzione di riconoscere dei patogeni extracellulari per esempio i batteri, i
virus o altre proteine che ci sono estranei.
Mentre il secondo è costituito da cellule che sulla cui superficie sono
presenti gli anticorpi e che servono a distruggere cellule dell’organismo che
sono già infettate quindi che contengono il virus o il patogeno. Quindi la
differenza tra questi due è che quello umorale è il primo impatto quando c’è
l’ingresso di un patogeno il sistema umorale reagisce e lo va a combattere
ma se il patogeno penetra e va ad infettare delle cellule a questo punto
entra in gioco il sistema cellulare che va a distruggere quelle cellule. La
risposta immunitaria umorale è mediato dagli anticorpi più precisamente da
proteine che si chiamano immunoglobuline che sono prodotte dai linfociti B.
Invece la risposta immunitaria cellulare è mediata da cellule che sono i
linfociti T o cellule T citotossiche perché vanno a distruggere delle cellule.
L’elemento che media l’azione è sempre una proteina nel primo caso è una
proteina libera l’immunoglobulina, nel secondo è una proteina legata ad una
membrana che è la membrana dei linfociti T.
Le immunoglobuline in particolare quelle di classe G che vengono chiamate
IgG sono la principale classe anticorpale e sono costituite da due catene che
in figura sono riportata con i colori rosso e blu, nello specifico in blu le
catene pesanti in rosse le catene leggere che formano una struttura a
trifoglio. Le catene sono legate assieme da ponte di solfuro quindi le due
strutture pesanti sono legate tra di loro da due ponti di solfuro e una
struttura leggera è legata a quella pesante da un ponte di solfuro. Nelle
immunoglobuline è possibile distinguere delle componenti variabili e delle
componenti costanti, la prima si produce durante l’espressione delle
immunoglobuline ed è quella che permette il riconoscimento di un infinità di
sostanze cioè è quella che da la variabilità all’immunoglobulina, mentre la
seconda è denominata anche frammento basale. Quando queste proteine si
trovano nella membrana delle cellule T citotossiche possiamo vedere che
che la parte inferiore sarà legata alla membrana mentre la parte superiore è
esposta verso l’esterno perché deve andare a riconoscere la sostanza
dannosa, quest’ultima prende il nome antigene.
La specificità degli anticorpi si deve ai residui amminoacidici dei domini
variabili in pratica questi amminoacidi hanno una complementarietà chimica
tra l’antigene e il sito di legame in termini di forma, disposizione delle
cariche, parti idrofobiche e legami H quindi quando poi l’antigene si lega alle
immunoglobulina determina un cambiamento conformazionale questo
cambiamento è un altro caso di adattamento indotto.
DOMANDA D’ESAME: fammi degli esempi di adattamento indotto -> sono
l’ossigeno nel caso dell’emoglobina e gli anticorpi nel caso del legame del
ligando.
Le IgG hanno delle costanti di affinità molto basse quindi sono molte affine
al ligando perché basta avere una concentrazione molto bassa per cui
l’immunoglobulina possa legare il suo ligando.
Ci sono cinque classi di immunoglobuline e sono:
-IgG, IgE, IgD che hanno una struttura simile
-IgM si associano a formare dei pentameri
-IgA possono essere monomeriche, dimeriche o trimeriche.
La loro distribuzione è diversa.

Come funziona?
Quando immunoglobuline si trovano a contatto con l’antigene reticolano
dopo che si è creato il primo contatto antigene- anticorpo, quindi il
complesso antigene-anticorpo, a questo punto le molecole si aggregano fra
di loro e c’è un sistema costituito dai macrofagi che degradano questa
struttura o le cellule che sono infettate e quindi ci proteggono dalle
infezioni. All’interno dell’antigene vi è una particolare struttura chiamata
epitopo che può generare una risposta anticorpale, se è una proteina che è
l’antigene diverse parti della proteina possono dare una risposta anticorpale
e ci sono anticorpi per diversi epitopi dell’antigene.
ENZIMOLOGIA I
CATALISI ENZIMATICA
Lezione 10

• Gli enzimi sono proteine che sono in grado di modificare dei legami covalenti e che
quindi il ligando non si chiamerà più così ma si chiamerà substrato e il punto in cui il
substrato si lega all’enzima si chiamerà sito attivo, in altre parole: Tutti gli enzimi
sono proteine che catalizzano la conversione di un substrato in prodotto

La zona evidenziata è il punto in cui si lega il substrato.

Come sono fatti i siti attivi e la loro funzione


La funzione degli enzimi è quella di accelerare le reazioni chimiche, l’accelerazione
avviene di molti milioni di volte. Un catalizzatore non enzimatico accelera in una
misura minore, intorno alle 100 volte. Inoltre, e questa è la definizione fondamentale
di enzima: una volta che l’enzima svolge la sua funzione, quindi accelera una reazione,
è subito disponibile per svolgere di nuovo quest’operazione. Quindi l’enzima non viene
modificato dall’azione che svolge ed è quindi un’azione reversibile. Questo distingue
gli enzimi da altre molecole biologiche accelerano le reazioni biologiche che sono per
esempio alcune forme di RNA, i così detti ribozimi, sono in grado di catalizzare le
reazioni ma siccome queste prevedono la loro stessa maturazione il ribozima una volta
che ha svolto l’evento non ne può più ripetere altri, perché si è maturato (non sono
degli enzimi veri e propri). Gli enzimi perdono anche la loro funzione quando vengono
denaturati o idrolizzati - quando abbiamo parlato del folding delle proteine abbiamo
detto che le proteine in presenza di certe sostanze come la guanina , l’urea o il calore,
perdono la struttura tridimensionale e quando ciò succede l’enzima non funziona più.
Da questo deduciamo che l’attività degli enzimi dipende dai livelli gerarchici delle
strutture, quindi la funzione dipende dal più alto livello gerarchico che la proteina può
avere. Se l’enzima avrà una struttura quaternaria dipenderà da questa, se non ce l’ha,
dalla struttura terziaria… Però noi sappiamo che queste caratteristiche sono dovute a
loro volta dalla struttura terziaria, quindi quando ci sono delle mutazioni che
sostituiscono un amminoacido nella struttura primaria e questa struttura primaria
impedisce la reazione di una struttura terziaria efficiente, allora l’enzima non è più
attivo: questo è alla base delle malattie genetiche-. La maggior parte degli enzimi
riesce a funzionare avendo in sé tutte le caratteristiche chimiche che gli permettono di
catalizzare le reazioni, ma questo non vale per tutti gli enzimi, alcuni hanno bisogno di
cofattori per svolgere delle reazioni. Generalmente i cofattori sono metalli ma posso
essere anche molecole organiche, in questo caso si parla di coenzimi.

CONENZIMI DI CUI SI DEVE CONOSCERE E SAPER DISEGNARE LA STRUTTURA

NAD, acronimo per nicotinammide-adenin-dinucleotide. Abbiamo due nucleotidi: ogni


nucleotide è formato da una base azotata, uno zucchero e un fosfato. Qui abbiamo:
un’adenina, un’adenosina. Lo zucchero presente in questo caso è il glucosio: a 5 atomi
di Carbonio, ha un ossidrile in posizione 2 e quindi è il ribosio (se non ce lo abbiamo
sarebbe il desossiribososio) . Poi abbiamo in fosfato. L’altra base è la nicotinnamide.
Attenzione: due zuccheri sono legati tra di loro sempre con un legame fosfoanidridico
tra due atomi di C diversi da quelli che legano i nucleotidi degli acidi nucleici, qui il
legame impegna gli ossidrili del carbonio 5, in tutti e due i casi (invece negli acidi
nucleici il legame è 5 primo 3 primo ed è un legame fosfodiestere tra il fosfato e
l’ossidrile).

Il NAD è un coenzima che ha la funzione di trasportare elettroni, è importantissimo nel


metabolismo, trasporta gli elettroni dagli zuccheri, quindi dalla glicolisi fino alla catena
di trasporto, dopo di che gli elettroni vengono trasferiti all’ossigeno che si trasforma in
acqua. I cofattori e i coenzimi generalmente sono legati agli enzimi in maniera fugace
e reversibile, esattamente come i substrati, quindi funzionano da cosubstrati veri e
propri; questo però non è sempre vero, ci sono alcuni cofattori e coenzimi che sono
legati covalentemente agli enzimi, in maniera molto tenace, in questo caso si
chiamano gruppi prostetici (il gruppo prostetico dell’emoglobina è l’eme per esempio).
Quando l’enzima è intero e legato anche a cofattori o al coenzima si chiama
oloenzima, quindi è privato di questo sostanza si chiama apoenzima.
BISOGNA CONOSCERE QUESTO SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE:

• Ogni enzima viene classificato a secondo della reazione che catalizza.

• Ogni enzima viene classificato con un numero: EC X.Y.Z.T

• X = classe

• Y = sottoclasse

• Z = sotto-sottoclasse

• T = numero dell’enzima nella sotto-sottoclasse

Si chiama enzyme classification: ciascun numero indica una proprietà di


appartentenza dell’enzima, quindi la classe, la sottoclasse, la sottosottoclasse e il
numero dell’enzima nella sottoclasse. Ci sono 6 classi di enzima, a seconda della
reazioni che vengono catalizzate da questi ultimi. La desinenza ‘’asi’’ alla fine significa
che abbiamo un enzima, es: proteasi enzima che idrolizza le proteine. Altri esempi:

Classi:

– 1. Ossidoreduttasi

• Catalizzano una reazione redox.

– 2. Transferasi

• Catalizzano il trasferimento di un gruppo da una molecola ad un’altra: X-Y + Z X-Z


+Y

(le chinasi trasferiscono un gruppo fosfato).

– 3. Idrolasi

• Catalizzano la scissione idrolitica di legami C=O, C-N, C-C, P-O-P,…

- 4. Liasi

• Catalizzano scissioni di legami con meccanismi diversi dalle ossidoreduttasi e dalle


idrolasi.

– 5. Isomerasi

• Catalizzano modificazioni geometriche.

– 6. Ligasi (Sintetasi)

• Catalizzano l’unione di due molecole accoppiata al consumo di ATP o di un altro


nucleotide trifosfato.

Eccezioni: Chimotripsina e pepsina sono proteasi che non presentano la desinenza in


‘’asi’’.
In base al substrato: Lattasi enzima chiamato così perché idrolizza il lattosio, cellulasi
enzimi che idrolizzano la cellulosa.

Prendiamo un caso molto importante: ATP-glucosio-fosfotransferasi enzima che


trasferisce un fosfato al glucosio, è il primo enzima che incontriamo nella glicolisi.

Per esempio di classificazione gerarchica degli enzimi:

Glucosio + ATP  Glucosio 6-fosfato + ADP

Nome comune: ATP glucosio fosfotrasferasi

• Nome raccomandato: esochinasi

• EC 2. 7. 1. 1.

Legenda del codice

2) La classe – Trasferasi

7) La sottoclasse – Fosfotrasferasi (perché trasferisce gruppi fosfato)

1) La sotto-sottoclasse – accettore –OH (l’accettore è quindi un gruppo OH)

1) glucosio accettore (l’accettore dell’enzima, quindi il substrato, è il glucosio).

Vengono utilizzati perché quando sto studiando un enzima bisogna sapere a quale
attività precisamente mi riferisco.

Passiamo a COME GLI ENZIMI CATALIZZANO LE REAZIONI

Le reazioni biologiche spesso sono troppo lente anche se spontanee ma gli enzimi
servono ad accelerarle. Osserviamo quest’equazione:

E+S ⇄ ES ⇄ ⇄ EP ⇄ E+P

Significa semplicemente che l’enzima si lega al substrato in un punto specifico e


forma un complesso con il substrato. Bisogna distinguere il concetto di equilibrio
chimico e velocità di reazione.
∆G’° è la variazione di energia libera standard biochimica della reazione,
ΔG’° dell’esempio è negativa e quindi la reazione è spontanea ma può non
essere veloce.

Sull’asse delle ordinate abbiamo l’energia libera e sull’asse delle ascisse le coordinate
di reazione, ovvero si descrivono le specie chimiche che compaiono. Noi diciamo, in
questo grafico, che le due specie chimiche presenti sono il substrato che ha un
determinato livello energetico, ha un’energia libera che chiamimao Gs e il prodotto
che un’energia libera che chiamiamo Gp: quando abbiamo una reazione di questo
geenre si vede che per passare da substrato a prodotto c’è una variazione di energia
libera che prende il nome di energia libera standard biochimica, che è il lavoro che io
devo svolgere affinchè una reazione avvenga. Che differenza c’è con l’energia libera
standard che usano i fisici/ingegneri/chimici? Questa si chiama biochimica perché è il
lavoro che devo svolgere alla pressione di 1 atm a 25 gradi centigradi e alla
concentrazione dei substrati, dei reagenti, di 1 mol. La variazione di energia libera
standard non biochimica utilizza parametri differenti. In tutto il corso ci riferiremo
all’energia libera standard biochimica. Questa variazione di energia libera standard è
la differenza che c’è tra il valore di energia finale e il valore di energia inziale, la
differenza fra Gp e Gs, mi da la variazione di energia libera biochimica. Abbiamo che
GS ha un livello energetico più alto, il prodotto ha un livello energetico più basso
Perché l’energia del substrato è più alta. Se è negativa vuol dire che questo processo.
avviene spontaneamente, la reazione è esoergonica. Se è positiva significa che c’è un
reazione endoergonica, ha bisogno di energia e non avviene spontaneamente.
Attenzione, questo fatto non mi dice nulla su quanto ci mette ad avvenire! Mi dice che
è spontanea, però ci può mettere anche un’eternità; gli enzimi non hanno niente a che
fare con questo, non cambiano gli equilibri delle reazioni ma solo le velocità delle
reazioni. La velocità della reazione è determinata anche dall’energia di attivazone, se
vogliamo capire come si va da substrato a prodotto seguiamo la teoria dello stato
di transizione, in pratica i reagenti per passare da una condizione chimica a un’altra
devono superare una barriera energetica, che spesso è molto alta… Vedremo che
quanto più è alta la barriera energetica, tanto più è lenta la reazione. Notate che qui
compare un massimo di energia, che prende il nome di stato di transizione, cioè la
molecola cambia il suo livello energetico, che era quello del substrato, quindi cambia il
suo livello energetico e arriva a un livello energetico molto alto. A quel punto può
tornare indietro e la reazione non avviene, o andare avanti e si ottiene il prodotto. E’
importante ricordare che lo stato di transizione non è una specie chimica stabile, non è
una molecola che si può isolare ma è un momento molecolare transitorio in cui alcuni
legami non sono completamente formati e alcuni legami non sono completamente
interrotti. Le cariche sono parziali, e quindi è uno stato ad elevata energia. NB Non
posso identificare questo stato di transizione isolandolo, posso soltanto definirne
alcune caratteristiche.

L’energia che devo superare per arrivare dall’energia iniziale allo stato di transizione
prende il nome di energia di attivazione e si indica con lo stesso simbolo dello stato di
transizione. Quindi, affinchè una reazione avvenga rapidamente devo fornire
un’energia sufficiente a superare lo stato di transizione. Quindi la spontaneità di una
reazione è un fatto totalmente diverso. Sono due grandezze differenti. Naturalmente
quanto più è alta questa barriera è tanto più bassa sarà la velocità della reazione: Gli
enzimi infatti abbassano l’energia di attivazione, e quindi avviene più velocemente.
Teoria dello stato di transizione

Diagramma dell’energia libera esteso a comprendere lo stato di transizione (‡)


attraverso cui le molecole devono passare per andare da S a P e viceversa. Lo stato di
transizione è il punto più alto della curva, quando la molecola può decadere ad S o
diventare P.

Equazione enzimatica fondamentale: E + S ⇄ ES ⇄ EP ⇄ E+ P

ES e EP sono intermedi di reazione

l’enzima e il substrato all’inizio sono messi a reagire, l’enzima riconosce il substrato e


vi si lega e forma un complesso enzima-substrato, questo complesso a sua volta si
modifica e diventa un enzima prodotto, a questo punto la reazione di completa, le due
sostanze si separano, oloenzima e prodotto. A questo punto l’enzima può svolgere la
reazione di nuovo, perché è un catalizzatore reversibile. Tornando al diagramma
energetico, vediamo che la presenza dell’enzima abbassa l’energia di attivazione, cioè
si vede che si vengono a formare determinati massimi energetici (curva blu) il più alto
di questi massimi sarà l’energia di attivazione dell’energia catalizzata dall’enzima. Si
sono formati degli intermedi, e cioè complessi tra enzima e substrato sono
profondamente diversi dallo stato di transizione, perché sono delle molecole che
invece hanno una struttura chimica definita e che io posso identificarle, sono quella
dei reagenti che si trovano legati al sito attivo dell’enzima, uno sarà simile al substrato
e l’altro al prodotto. Al contrario, lo stato di transizione sarà un momento molecolare
momentaneo e sarà diverso diverso dallo stato di transizione della reazione non
catalizzata, cioè può essere uguale o diverso.
La conversione da substrato a prodotto avviene in 3 tappe e la tappa 2, quella che ha
l’energia di attivazione più alta, sarà quella che determina la velocità della reazione,
perché sarà quella più alta e quindi più lenta.

SPONTANETA’ DELLE REAZIONI E VELOCITA’

Le costanti di equilibrio si indicano con lettere maiuscole, mentre quelle di velocità con
lettere minuscole, nelle reazioni da substrato a prodotto abbiamo che la costante di
equilibrio è uguale al rapporto tra le concentrazioni del prodotto e del substrato,
possiamo collegare quest’espressione in particolare quello della costante di equilibrio
al valore di energia libera standard; perché quest’ultima è legata alla costante di
equilibrio da questa reazione:

ΔG’° = - RT ln K’eq

In cui con R= costante dei gas e T la temperatura assoluta. Quindi la costante di


equilibrio è direttamente proporzionale alla variazione di energia libera standard con il
segno opposto. L’energia libera di una reazione, cioè la grandezza dinamica che mi
dice che una reazione è spontanea o no, è legata anche alla concentrazione dei
reagenti, perché io al posto di costanti di equilibrio potrei mettere la concentrazione
dei reagenti. Se ∆G’° molto negativo indica un equilibrio favorevole (reazione
spontanea) ma non dà informazione sulla velocità.

Come posso avere informazioni sulla velocità?

La velocità di una reazione e cioè la quantità di substrato che si trasforma in prodotto


nell’unità di tempo, è data dalla concentrazione del reagente, quanto più reagente più
utilizzo tanto maggiore sarà la velocità della reazione. Questo lo rappresento in un
grafico:
Ao indica la concentrazione.

La velocità della reazione (V), cioè la quantità di S che reagisce nell’unità di tempo
è espressa dall’equazione della velocità

V = k [S]

K è la costante di k è una costante di velocità/proporzionalità che indica la probabilità


che ha la reazione di avvenire (ad un certo pH, T, etc.), però poiché vi ho detto la
reazione avviene in maniera dipendente dalla concentrazione di un singolo composto,
si dice che questa è una reazione unimolecolare o anche monomolecolare e si dice
che l’ordine della reazione è 1. E’ una reazione di primo ordine perché dipende dalla
concentrazione di un solo reagente.

S ⇄P

Le dimensioni delle costanti di velocità delle reazioni di primo ordine sono l’inverso del
tempo, in questo caso possono essere secondi, minuti… Però in questo caso è
1/secondi quindi sec-1.

Con le reazioni di secondo ordine abbiamo due reagenti la velocità dipende dalla
concentrazione di 2 reagenti, due substrati si devono combinare tra loro per portare
ad un prodotto. Queste sono delle reazione di secondo ordine:

S1 + S2 ⇄ P oppure S1+S1 ⇄ P

In un caso abbiamo due substrati diversi, nell’altro il substrato è lo stesso ma mentre il


substrato precedente che era pure unico portava a un prodotto perché quel substrato
si modificava, in questo caso due substrati si devono combinare tra loro per portare ad
un prodotto. Quindi anche se c’era una sola specie chimica sia nella reazione di primo
ordine che in questa, la reazione è diversa. Quella specie si trasformava in prodotto,
mentre qui due specie di devono combinare per portare a P. Quella reazione di
V
comporta da reazione di primo ordine e questa da 0secondo ordine. L’equazione della

[A]
velocità con substrati diversi dipende dal prodotto delle concentrazioni dei 2 substrati
mentre quando nell’altro dipende dal quadrato delle concentrazioni del substrato.

S1 + S2 ⇄ P oppure S1+S1 ⇄ P

V = k [S1] [S2] oppure V = k [S1] [S1] = k [S1]2

Come faccio a capire la differenza? Basta che guardo come cambia la velocità della
reazione in funzione della concentrazione del substrato. Nelle reazioni di secondo
ordine la variazione di velocità è di tipo esponenziale, perché aumenta col quadrato
della concentrazione del reagente. In questo caso la costante di velocità ha delle
dimensioni diverse. L’ultimo caso di ordine di reazione è quando la velocità di reazione
non cambia con la concentrazione del substrato. Questa si chiama reazione di ordine
zero. Quindi la velocità della reazione è uguale alla costante di proporzionalità, perché
qualcosa che è elevato a zero fa 1. La reazione è di ordine zero cioè è indipendente
dalla concentrazione di S.

andamento piatto
Dalla teoria dello stato di transizione si può ricavare l’espressione che mette in
relazione la costante di velocità k e ∆G‡ (energia di attivazione):
-∆G‡/RT
k = k T/h e

Dove k è la costante di Boltzmann e h è la costante di Plank. La relazione tra la


costante di velocità k e ∆G‡ è inversa ed esponenziale

La costante della velocità è legata all’energia di attivazione: Più bassa è l’energia di


attivazione, più alta sarà la velocità della reazione e viceversa. Anche piccole
variazioni dell’energia di attivazione possono cambiare di molto la velocità della
reazione, abbassando l’energia di attivazione, la velocità aumenta.

Come fanno gli enzimi ad abbassarla? Per capire come gli enzimi abbassano
l’energia di attivazione di una reazione bisogna capire cosa accade durante
l’interazione enzima-substrato.

Inizialmente enzima e substrato sono separati, poi si riconoscono abbastanza


velocemente e si forma il complesso enzima substrato. Si crea enzima e prodotto e a
questo punto il prodotto si allontana dall’enzima. La formazione del complesso ES
distingue gli enzimi da tutti gli altri catalizzatori:

⇄ ⇄ ⇄
E+S ES EP
E+P

GLI ENZIMI ABBASSANO L’ENERGIA DI ATTIVAZIONE GRAZIE ALLE


INTERAZIONI CON I REAGENTI: l’enzima quando si lega al substrato forma dei
legami, questi legami possono essere sia covalenti che non covalenti. Si possono
anche non formare legami covalenti. Invece Si formano sempre interazioni non
covalenti, perché altrimenti non si può neanche pensare che si sia creato un
complesso se non si sono formate delle interazioni. Questi legami covalenti fra i gruppi
funzionali dell’enzima, ovvero tra le catene laterali degli amminoacidi che possono
formare dei legami transitori con altri gruppi del substrato, oppure nelle fasi
intermedie di questo processo (ES o EP) alcune parti del substrato possono trasferire
dei gruppi all’enzima. Si creeranno poi delle interazioni non covalenti, importantissime
perché sono alla base della comprensione di come fa l’enzima ad abbassare l’energia
di attivazione. L’identificazione dei complessi enzima-substrato è molto antica, ed è
stata dimostrata da Brown. Questo complesso enzima substrato che fu proposto a
seguito di osservazioni sperimentali da Brown nel 1902, spiega come le interazioni
dell’enzima con il substrato determinino un’energia di legame, che si indica con ∆GB è
la differenza di energia che c’è tra la variazione di energia libera della reazione non
catalizzata meno la variazione di energia libera della reazione catalizzata.

L’energia che si libera dalle interazioni ES viene detta energia di legame

∆GB = ΔG‡noncat- ΔG‡cat

∆GB è la fonte principale di energia libera usata dall’enzima per abbassare ΔG ‡ secondo
due principi fondamentali:

1. Il potere catalitico degli enzimi deriva dall’energia rilasciata durante la formazione di molti
legami ed interazioni deboli tra E ed S. La ∆GB contribuisce sia alla specificità che alla
catalisi enzimatica. Gli enzimi in base al loro potere catalitico possono abbassare l’energia
di attivazione formando molti legami e interazioni deboli con il substrato. Quando noi
parliamo del complesso enzima substrato intendiamo due processi insieme, il primo è che
l’enzima deve riconoscere il substrato e l’enzima è molto specifico per il substrato quindi è
un discorso di specificità, l’altro è un discorso di cinetica, velocità di reazione e quindi
catalisi enzimatica, cioè il complesso ES è stata che questa relazione spiega
contemporaneamente sia perché gli enzimi sono molto specifici sia perché accelerano le
reazioni. *

2. Le interazioni deboli diventano ottimali nello stato di transizione della reazione. Il sito attivo
di E non è complementare a S come tale, ma a TS‡ che S deve raggiungere per convertirsi
a prodotto.

*L’enzima deve essere specifico per il substrato però se la specificità dell’enzima per il
substrato non fosse perfetta, la catalisi non potrebbe avvenire. Immaginiamo che la
reazione sia una barretta di metallo che si deve spezzare, quest’energia contenuta

E + S ES EP E + P
nella barretta di metallo e questa è l’energia contenuta nei 2 prodotti. Stabiliamo che
è una reazione spontanea, magari ci mette 3000 anni ma alla fine la barretta di
metallo si spezza. Perché si spezzi più rapidamente la reazione bisognorebbe
raggiungere uno stato di transizione che è quello della barretta piegata, quindi se io
riesco a piegare la barretta mi trovo a un livello energetico superiore e le forze che la
tengono insieme si indeboliscono e basta un altro tratto e la barretta si spezza.
Immaginiamo che ci sia un enzima che spezza le barrette di metallo e la chiamiamo
metallasi, che avrà un sito attivo che deve legare la barretta e quindi contiene degli
magneti, ma se la metallasi aveva un sito attivo che riconosceva perfettamente la
barretta, per quale motivo la barretta si dovrebbe rompere? Perché sarebbe
semplicemente custodita all’interno della metallasi e Non porterebbe a dei prodotti;
questo discorso se lo riporto con il grafico energetico significa che ho un intermedio di
reazione a un livello energetico ancora più basso di quello del substrato e ancora più
basso di quello del prodotto, quindi la barriera di energia di attivazione è addirittura
più alta; quindi la reazione non ha grandi probabilità di avvenire. Se però con
l’evoluzione compare una metallasi il cui sito attivo riconosce la barriera ma non
perfettamente e invece un sito attivo perfettamente identico allo stato di transizione
avete che la barretta si incomincia a piegare perché attratta dai magneti che si
trovano in questa posizione. Raggiunge una condizione critica e poi si spezza.

Quindi l’enzima deve avere una sufficiente specificità per distinguere le barrette di
metallo dalle barrette di legno o di vetro, però deve avere una perfetta specificità per
lo stato di transizione, perché in questo modo distorce il substrato, lo porta a un livello
energetico superiore e rende probabile l’interruzione dei legami covalenti.

Basta abbassare l’energia di attivazione della reazione di pochi kj per mole perché una
reazione di primo ordine caratterizzata da costante k aumenti di circa 10 volte, proprio
perché il rapporto tra le due grandezze è di tipo esponenziale, quindi poiché una
singola interazione debole varia tra 4 e 30 kj per mole si vede che molte interazioni
deboli possono abbassare l’energia di attivazione significativamente e questo spiega
perché le reazioni enzimatiche possano essere accelerate di varie miliardi di volte,
perché bastano pochi legami idrogeno affinchè la velocità della reazione aumenti.
Come spiegare questo meccanismo? Storicamente la prima intuizione fu di Fisher, un
grande chimico svizzero, e senza sapere niente degli aspetti molecolari, propose il
sistema chiave serratura cioè propose che la specificità tra enzima e substrato è
paragonabile a quella che c’è tra una serratura (enzima) e una chiave (substrato). La
metallasi ci ha fatto capire che in realtà non è così perché se no ogni volta che noi
apriamo la porta la chiave cambierebbe, perché l’enzima determinerebbe un
cambiamento nella molecola. Più recentemente la spiegazione più convincente è
quella dell’adattamento indotto, in questo caso abbiamo l’enzima che ha un certo
sito attivo, il substrato ha una determinata forma, vi si lega e vediamo che a cambiare
non è solo il substrato (la famosa barretta di metallo), ma anche l’enzima cambia
forma e subisce un adattamento indotto e si arriva ad uno stato di transizione che
permette la scissione di questo substrato in 2 prodotti.

QUINDI: le reazioni chimiche si possono guardare dal punto di vista degli equilibri e
delle cinetiche, dal punto di vista degli equilibri si può capire se una reazione è
spontanea o no e questo viene determinato dalla costante di equilibrio e dalla
variazione di energia libera standard. Invece la cinetica, ovvero la velocità della
reazione è determinata dall’energia di attivazione e dalla costante di *non capisco*.
Abbiamo visto poi che gli enzimi devono essere specifici per lo stato di transizione e
che legandosi ad un substrato lo portano fino allo stato di transizione e abbassano
l’energia di attivazione a un nuovo livello che rende la reazione più veloce, lo fanno
fornendo energia al sistema e questa energia si chiama energia di legame.

Quali fattori fisici e termodinamici contribuiscono ad abbassare l’energia di


attivazione?

1. Riduzione entropica di S: prossimità ed orientamento indotto dal legame a S

2. Desolvatazione di S: le interazioni ES sostituiscono i legami-H con l’acqua.

3. Distorsione di S nello stato di transizione

4. Adattamento indotto dal S all’enzima che assume nel sito attivo la struttura corretta
per creare interazioni deboli aggiuntive (punto 3 sopra) e svolgere la catalisi

1) In pratica l’enzima fa in modo che alcuni gruppi del substrato, una volta che esso si lega al
sito attivo, siano più vicini e abbiamo l’orientamento giusto perché la reazione avvenga. Dal
punto di vista grafico:
l’enzima ha nel sito attivo, come se fosse un piccolo reattore, in cui mette a contatto
due gruppi nell’orientamento giusto, in questo caso il quadrato rientra in questa forma
e questo permette la formazione del legame. In realtà questo è un processo che si usa
anche in chimica: immaginiamo di volere creare un legame anidritico tra un estere e
un acido carbossilico, quando prendiamo queste due sostanza e le mettiamo insieme
queste due sostanze reagiscono e portano alla formazione di questo legame (questa è
una reazione di secondo ordine perché la velocità della reazione è caratterizzata da
due sostanze, o meglio da due concentrazioni di sostanze diverse e infatti la costanza
di velocità è l’inverso di una concentrazione per l’inverso del tempo. Se noi
immaginiamo che l’aumento di velocità delle sostanze messe vicine è pari a 1 a quella
di partenza, ora vediamo che i chimici hanno come trucco quello di sostituire un
gruppo metilico con una catena idrocarburica che mette in contatto le due funzioni, la
funzione estere e la funzione acida cioè si crea un legame covalente fra questi due
gruppi, questo aumenta la prossimità dei due gruppi quindi la nuova molecola avrà i
due gruppi funzionali vicini e vediamo che la velocità della reazione, sempre per
formare un legame legame anidridico, aumenta di 10^5 in questo caso è diventata
una reazione di primo ordine perché è una sola molecola a partecipare alla reazione. I
legami che sono stati legati con queste catene idrocarburiche sono dei legami
flessibili, cioè questi 3 legami (frecce azzurre) possono cambiare. Se invece io ho
un’altra molecola in cui i legami sono estremamente rigidi, quindi oltre alla prossimità
influenzo anche l’orientamento in maniera migliore, ho che la velocità rispetto all’inizio
aumenta di 10^8, quindi gli enzimi fanno qualcosa di molto simile, prendono due
sostanze separate e senza bisogno che si creino dei legami covalenti fra loro li
mettono alla giusta prossimità e al giusto orientamento e questo accelera la reazione,
questo riducendo la libertà entropica del substrato.
Un altro modo per abbassare l’energia di attivazione è la desolvatazione del
substrato: l’enzima si sostituisce all’acqua perché il substrato libero in soluzione ha
tutta acqua intorno, l’enzima si lega e quindi sostituisce i legami a H con l’acqua a
legami a H che può formare il sito attivo, oppure c’è la distorsione del substrato
(come nel caso della metallasi) in modo che si abbia una somiglianza con lo stato di
transizione. Il substrato può indurre un cambiamento di conformazione all’enzima e
quindi le zone del sito attivo che nell’enzima libero sono lontane non appena il
substrato si lega si avvicinano al substrato e possono creare delle interazioni deboli
aggiuntive.

ALTRE FUNZIONI DI ENZIMI: Gli enzimi contribuiscono alla catalasi svolgendo la


catalisi, all’interno dei siti attivi ci sono delle catene laterali di molti amminoacidi che
svolgono delle funzioni importanti, in particolare svolgono vari tipi di catalisi tipo:

1. Catalisi acido-base generale

2. Catalisi covalente

3. Catalisi con ioni metallici e cofattori


Amminoacidi in

grado di svolgere tali funzioni.

SPECIFICITA’ DEGLI ENZIMI

Gli enzimi sono altamenti specifici, esiste quasi un enzima diversi per ogni reazione
del nostro corpo. Riconosce gruppi specifici. Gli enzimi esplicano questa specificità in 3
modi perché sono: chemioselettivi, cioè sono in grado di catalizzare delle reazioni
specifiche a partire da un certo substrato (per esempio due enzimi diversi possono
riconoscere lo stesso substrato ma catalizzare reazioni diverse) oppure sono
regioselettivi, quindi riconosce una regione specifica del substrato e trasferisce una
parte dell’ altro substrato soltanto in quel punto. Un altro aspetto è la stereoselettività
cioè gli enizimi distinguono la disposizione degli atomi nello spazio (es esochinasi è
stereoselettiva perché glucosio e galattosio sono fatti degli stessi atomi che hanno
una disposizione nello spazio differente… Riconosce il glucosio ma non il galattosio!
Tra i due cambia un ossidrile in posizione assiale).

Questo è il substrato della chimotripsina, una proteasi ovvero un enzima che ha come
substrato altre proteine che interrompe legami covalenti peptidici all’interno di queste
catene ma è un enzima specifico, in particolare interrompe il legame covalente
utilizzando una molecola d’acqua quindi è una idrolasi quando questo legame
peptidico si forma tra une metionina e qualsiasi altro amminoacido (o fenilalanina e
qualsiasi altro amminaocido).

La chimotripsina catalizza la scissione dei legami peptidici


solo accanto agli amminoacidi evidenziati.

La chimotripsina ha nel sito di legame delle strutture che sono in grado di occupare
l’anello aromatico della fenilalanina con la catena idrofobica della metionina, quindi i
prodotti della chimotripsina avranno tutti una fenilalanina o metionina all’estremità,
perché il substrato è una catena polimerica di una proteina.
Altro esempio: enzimi che catalizzano le reazioni sul glucosio-6-fosfato, il prodotto
dell’azione dell’esochinasi (il primo enzima della glicolisi). La glucosio-6-fosfato
isomerasi è il secondo enzima della glicolisi che riconosce glucosio6fosfato e catalizza
la sua isomerizzazione in fruttosio6fosfato, il fruttosio e il glucosio infatti sono
isomeri perché hanno lo stesso numero di atomi di carbonio, ovvero 6.

CH2OPO32-
-2
O3POCH2 O CH2OH
O
HO
OH
OH OH
OH
OH
GLUCOSIO 6-pOH  FRUTTOSIO 6-P
GLUCOSIO 6 FOSFATO ISOMERASI
Il glucosio6fosfato è anche il substrato della glucosio6fosfato deidrogenasi, l’enzima
del ciclo dei pentoso fosfati. Utilizza come cofattore il NADPH.
LEZIONE 05/03
LEZIONE 11

<<CINETICA ENZIMATICA>>
Consiste nello studio delle velocita di reazione catalizzate da enzimi.

Riassunto precedente:

Le reazioni sono gestite da alcuni parametri termodinamici .


“L'energia libera standard” in biochimica è una grandezza che ci dice se una reazione è spontanea o
non è spontanea, poiché se è negativa significa che l'energia che occorre per passare dallo stato
energetico del substrato a quello dei prodotti è negativo.
“L'energia di attivazione” è la barriera energetica che una molecola deve superare per passare dallo
stato energetico di reagente a quello di prodotto. Questa energia quindi consiste in un energia
sufficiente posseduta dalle molecole per poter superare gli ostacoli che si oppongono durante la
trasformazione in prodotto (come urti molecolari,orientamento e forze repulsive). Quindi l'energia
necessaria anche per poter superare il cosiddetto stato i transizione.
La teoria dello stato di transizione ha introdotto il concetto di “stato di transizione” cioè uno stato
energetico metastabile, non definibile con una struttura chimica, che la molecola incontra durante il
processo di coordinata di reazione. Solo le molecole con energia sufficiente sono in grado di
superare questo stato ed andare avanti nella trasformazione.
Gli enzimi abbassano questa energia di attivazione determinando quindi una variazione della stessa
energia ma non modificando la variazione dell'energia libera standard. Questo fa in modo che si crei
un ambiente in cui i reagenti non incontrino ostacoli alla reazione.
Gli enzimi operano queste variazioni di energia permettendo l'adattamento dell'energia di
attivazione grazie ad una specifica grandezza detta “energia di legame” che non è altro che la
differenza tra energia di attivazione positiva e dell'energia di legame, negativa e favorevole,
portando ad un abbassamento dell'energia di attivazione netta. Determina il lavoro che l'enzima
svolge per accelerare il processo della reazione.
Questo lavoro viene spiegato con l'interazione tra l'enzima e il substrato secondo due procedimenti:
-Modello Chiave-serratura: in cui il sito attivo possiede dei punti di ancoraggio specifici per i
gruppi funzionali del substrato (il più adatto non tanto agli enzimi quanto più alle proteine, non
cambia le caratteristiche chimiche del substrato ma lo lega per poterlo trasportare);
-Modello dell'adattamento indotto: un collegamento specifico che avviene solamente in
conseguenza di un cambiamento conformazionale dell'enzima stesso (in cui l'enzima quando si lega
al substrato cambia la propria conformazione chimica determinando un conseguente cambiamento
anche nel substrato in modo tale di portarlo nella condizione di essere simile allo stato di
transizione, in questo modo il legame si interrompe e si ottiene il prodotto).
Se riportiamo un grafico in cui poniamo la velocita di reazione in funzione alla concentrazione del
substrato otteniamo un' iperbole.
Il Brown agli inizi del '900, facendo questo esperimento osservando il comportamento delle
invertasi nel processo di idrolisi del saccarosio, ebbe un'intuizione e propose che la reazione enzima
piu substrato attraversava una fase in cui l'enzima si legava al substrato, cioè determinava la
formazione del complesso enzima-substrato. Questa proposta si lega ad un osservazione matematica
di un equazione di un'iperbole per definire il comportamento degli enzimi.
Questo grafico ci permette di misurare eventualmente due grandezze ovvero la velocita massima e
la Km. Questa curva si costruisce per punti. Questo si fa “saggiando” l'attivita degli enzimi e
possono esistere diversi metodi di saggio enzimatico.
(Per l'identificazione di proteine ed enzimi ecc)
Gran parte delle soluzioni che utilizziamo in biochimica sono completamente trasparenti cioè non è
possibile vedere e distinguere soprattutto ad occhio nudo o al microscopio gli elementi che la
compongono, il comportamento di un enzima si può dedurre solamente mediante il suo
funzionamento ovvero nel osservare la sua attivita. In una soluzione completamente trasparente per
capire se si tratta o meno di un enzima, cioè per capire come si comporta, si può effettuare facendo
dei saggi cioè osserviamo il suo funzionamento misurando la reazione dal substrato al prodotto
sfruttando le prorieta fisiche delle sostanze che sono convertite dagli enzimi, quindi se queste
sostanze sono colorate quindi assorbono la luce delle lunghezze d'onda nello spettro di luce visibile
oppure non colorate nello spettro ultravioletto.
Questi metodi ci permettono di calcolare la capacita degli enzimi seguendo la cosiddetta legge di
Lambert-Beer.
Per poter studiare e comprendere il comportamento degli enzimi ed osservare le molecole prodotte
dall'enzima oltre alla metodologia della Spettrometria si possono utilizzare tanti altri metodi come
la Spettrofluorimetria, la Bioiluminescenza (fenomeno che porta a reazioni di luce visibile ad
esempio in insetti, pesci ecc), la Radiochimica (permette di misurare la quantita di sostanze).
Nella foto osserviamo uno “spettrometro”, ovvero la macchina che permette l'osservazione di
queste sostanze. Permette di disporsi su una lunghezza d'onda specifica di circa 1 nm che si trova
nello spettro visibile tra i 400-700 nm oppure nell'ultravioletto tra i 200-400 nm. Permette inoltre di
cambiare le lunghezze d'onda.
Queste misure si effettuano utilizzando un contenitore di piccole dimensioni che si chiama
“cuvetta” che puo essere di vetro o di plastica nel caso utilizzata per lo spettro visibile e di quarzio
nel caso dello spettro ultravioletto.
La legge di “Lambert-Beer” è una legge che ci dice che l' assorbanza è uguale ad un coefficiente di
estinzione molare della sostanza per la concentrazione molare della sostanza che assorbe una
determinata e specifica lunghezza d'onda per la lunghezza d'onda del camino ottico della cuvetta
(generalmente di 1 cm).
“L' assorbanza” è il valore che indica per quanto assorbe una sostanza, “il coefficiente di estinzione
molare” è una caratteristica tipica della sostanza che ci dice 1mole/litro di quella sostanza quanto
assorbe e può varire da sostanza a sostanza, poi c'è “c” che è la nostra incognita che dobbiamo
calcolare per sapere la concentrazione della sostanza che assorbe a quella specifica lunghezza
d'onda, infine c'è “l” che consiste appunto nella lunghezza d'onda del camino ottico della cuvetta
(generalmente 1 cm nel caso in cui queste sostanze assorbano molto si utilizzano cuvette da 1 ml) .

Fino ad ora abbiamo parlato del assorbanza nel caso di DNA e proteine, nel caso dell' assorbanza
degli enzimi dobbiamo guardare la reazione del substrato che diventa prodotto per opera
dell'enzima, quindi per capire quanto è veloce questa reazione devo osservare o la scomparsa del
substrato o la comparsa del prodotto perchè il substrato diminuisce e il prodotto aumenta.
Una reazione chimica è quella del “Alcol Deidrogenasi” (ADH) è un enzima coinvolto nel processo
di fermentazione alcolica che dall'acetaldeide produce etanolo, in questo caso invece l'alcol
deidrogenasi porta all'ossidazione del etanolo in acetaldeide con passaggio da NAD a NADH. In
particolare il NAD e NADH hanno diversi spettri di assorbimento:

Entrambi sia NAD che NADH assorbono a 260 nm, quando ci si mette a lunghezze d'onda maggiori
che si trovano nello spettro visibile ma che siamo ancora nell'ultravioletto vedremo che il NAD
oltre i 300 nm non assorbe più mentre assorbe il NADH fino ad un massimo di assorbimento a 340
nm. Quindi poter dosare la deidrogenasi non posso dosare ne l'etanolo ne l'acetaldeide quindi devo
seguire il NAD o il NADH.

Parliamo adesso di come misurare la velocita di un enzima, introduciamo il concetto di “velocita


iniziale”.

Devo misurare la velocita iniziale cioè devo raccogliere i valori raggiunti di velocita dell'enzima nei
primi istanti della reazione. La velocita iniziale di una reazione enzimantica quindi è la velocita
misurata all'inizio della reazione.
La velocita iniziale aumenta linearmente con l'aumento ella concentrazione di substrato, ad alte
concentrazioni di substrato la velocita aumenta sempre di piu fino a raggiungere una velocita
massima.
Analizziamo i diversi punti: il primo punto abbiamo un alta concentrazione di substrato e nei primi
istanti della reazione la concentrazione del substrato non varia in maniera significativa quindi è
possibile fare delle assunzioni riguardo la concentrazione del substrato perchè la concentrazione
non varia quindi si conosce la quantita di substrato presente, se faccio passare piu tempo non posso
piu sapere nell' istante in cui la velocita con la quale faccio passare l'ora quanto substrato c'è. Inoltre
all'inizio della reazione la concentrazione del substrato ha un valore definito e preciso (stabilito
dallo sperimentatore) e la concentrazione di prodotto risulta molto bassa quindi la reazione come
tutte le altre reazioni è reversibile perchè a concentrazione del substrato molto maggiore rispetto
alla concentrazione di prodotto fa in modo che ci sia un alta probabilita che una molecola di
prodotto interagisca con l'enzima del substrato. Quindi sono sicuro che con questa misura ci
permette di effettuare assunzioni ragionevoli.
Nel corso corso del procedere della reazione vedremo quindi che il substrato è consumato perchè
trasformato in prodotto e la reazione tendera all'equilibrio.
(Quindi la concentrazione di P aumenta nel tempo e quella di S diminuisce nel tempo).

>Come si misura la velocita inziale?


Sulla base dello studio di una reazione enzimatica semplice in cui appunto riscontriamo 1 solo
substrato e 1 solo stadio intermedio, vedremo che la velocita di reazione varia al variare della
concentrazione del substrato e dipende da una costante di velocita “k” specifica per per ogni
reazione. Determinare la velocita della reazione nello stato iniziale significa quindi considerare la
velocita della reazione nei primi istanti e in relazione alle concentrazioni iniziali.
La velocita iniziale è la pendenza della tangente alla parte iniziale della curva cinetica ottenuta
riportando il tempo in funzione del assorbanza.

>Vediamo come si modifica la velocita di reazione in base alle diverse concentrazioni del substrato
otteniamo una curva iperbolica:

>Le basi della cinetica enzimatica furono poste dalla teoria di Michaelis-Menden che elaborarono
un modello che appare idoneo per l’interpretazione delle caratteristiche delle reazioni enzimatiche.
Tale teoria si basa sui seguenti punti:
1) La velocità della reazione dipende sia dalla concentrazione del substrato che da quella
dell’enzima; quando il substrato ha saturato completamente l’enzima presente, formando il
complesso enzima substrato, la velocità raggiunge un valore massimo, e un ulteriore
aumento della concentrazione del substrato non porta ad un aumento della velocità di
reazione.
2) L’enzima E reagisce dapprima con il substrato S, per dare il complesso ES secondo una
reazione reversibile:

in cui:
K1 = costante specifica di velocità della reazione diretta
K2 = costante specifica di velocità della reazione inversa

3) A sua volta il complesso ES si decompone, trasformandosi nei prodotti finali P e liberando


l’enzima nella sua forma primitiva E: si trascura in questo caso la reazione inversa, che
avviene con velocità minima, essendo minima la quantità di prodotto nello stadio iniziale.
4) Durante la reazione, la concentrazione del prodotto intermedio ES raggiunge un valore
costante ( ipotesi dello stato stazionario): è quindi tale valore che determina la velocità di
formazione dei prodotti finali. In condizioni stazionarie (allo stato stazionario) la velocità di
formazione del complesso enzima-substrato eguaglia la velocità di scomposizione.

La concentrazione totale dell'enzima, [ E ]0 è eguale alla somma della concentrazione dell'enzima


legato con la concentrazione dell'enzima libero:

[ E ] + [ E S ] = [ E ]0

Ricavando la concentrazione dell'enzima libero,[ E ], da questa relazione e sostituendola nella


espressione cinetica dello stato stazionario si ricava:

dalla quale, eseguendo i prodotti, è possibile ottenere la concentrazione del complesso enzima-
substrato [ E S ], in funzione delle concentrazioni di substrato ed enzima totale:

Abbiamo quindi ottenuto la concentrazione di ES in funzione alla concentrazione dl substrato e


dell'enzima totale e delle costanti di velocita. La velocità di formazione del prodotto è data dalla
quantità di complesso enzima-substrato che si scompone in enzima libero e prodotto nell'unità di
tempo:

Dividendo il numeratore per il denominatore del rapporto per il termine k1 avremo :

V = K2[E]o[S]/ K-1 + K2
K1 + [S]
Il rapporto K-1+ K2 / K1 viene indicato con KM ( costante di Michaelis-Menden) da cui:

Detta anche EQUAZIONE DI MICHAELIS-MENDEN. Questa equazione mette quindi in


relazione la velocita di formazione del prodotto V con la concentrazione del substrato S per una
data concentrazione di enzima. In grafico tale funzione ha l'andamento di un'iperbole.
Da tale grafico è possibile fare due differenti considerazioni:

-LA PRIMA A BASSE CONCENTRAZIONI DI S:


(In questo caso specifico quando la reazione si trova a basse concentrazioni di substrato vediamo
che l'enzima è lontano dalla saturazione ovvero è presente una gran quantita di enzima libero non
legato al substrato, in questo caso la velocita di reazione è proporzionale alla conenctrazione di
substrato in cui la velocita di reazione aumenta linearmente. In questo caso avremo quindi una
reazione di primo ordine poichè risulta dipendente dalla concentrazione di substrato ovvero la
velocita cresce in modo proporzionale rispetto al substrato.)

-LA SECONDA AD ELEVATE CONCENTRAZIONI DI S:

(In questo caso vediamo che a concentrazioni di substrato elevate la velocita della reazione non
varia ma si raggiunge una velocita massima possibile che appunto non viene modificata durante la
reazione. In questa reazione viene a formarsi il complesso enzima-substrato ES in cui tutto l'enzima
libero si è legato al substrato. La velocita di reazione quindi vedremo che appunto risulta limitata
alla velocita di scissione del complesso che viene a formarsi tra enzima libero e substrato e sara
indipendente dalla concentrazione del substrato per questo prende il nome di “cinetica di
saturazione”. In queste condizioni la reazione è detta “di ordine 0” perchè la velocita della reazione
k non cambia in base alla concentrazione del substrato quindi avremo un andamento parallelo
all'asse delle x. In queste condizioni si raggiunge la massima velocita possibile dell'enzima
determinata da un certo valore.)

Riassumendo:
(raffigurazioni incomprensibili alla lavagna)
La KM è caratteristica di ogni enzima e indica l’affinità dell’enzima per il suo substrato: più bassa
è KM e più bassa è la concentrazione di S che permette di ottenere la metà della Vmax, il che indica
che enzima e substrato hanno grande tendenza a reagire; viceversa, un alto valore di KM significa
che occorre alta concentrazione di substrato per raggiungere la metà della Vmax( E ed S hanno poca
tendenza a reagire).

bassa KM = alta affinità enzima substrato


alta KM = bassa affinità enzima substrato
La costante KM può essere definita nel modo seguente: se si considera la velocità della reazione
corrispondente alla metà di quella massima, cioè:

V = Vmax/2

E se si sostituisce nella equazione di Michaelis-Menden cosi scritta


V = Vmax [S]/ KM+ [S] si ha:
Vmax/2 = Vmax [S]/ KM+ [S]

Semplificando Vmax ad ambo i membri e moltiplicando per 2 si ha:


1 = 2 [S]/ KM+ [S]

Moltiplicando ambo i membri per KM+ [S] si ottiene:

KM+ [S] = 2 [S] da cui

KM =[S]

Cioè la costante di Michaelis-Menden coincide numericamente con la concentrazione di substrato


[S] necessaria a raggiungere una velocità di reazione uguale alla metà di quella massima.

Quindi come abbiamo gia detto la KM è caratteristica di ogni enzima e indica l’affinità dell’enzima
per il suo substrato: più bassa è KM e più bassa è la concentrazione di S che permette di ottenere la
metà della Vmax, il che indica che enzima e substrato hanno grande tendenza a reagire; viceversa,
un alto valore di KM significa che occorre alta concentrazione di substrato per raggiungere la metà
della Vmax( E ed S hanno poca tendenza a reagire).
Quindi più alta sara KM e più bassa sara l'affinita con enzima substrato, minore sara la KM di
conseguenza maggiore sara l'affinita con l'enzima.
LEZIONE 12

ENZIMOLOGIA: COSTANTI CINETICHE, INIBIZIONE, ALLOSTERIA.

(Rispetto alla lezione precedente ripetiamo che: Equazione di Michaelis-Menten si determina


secondo una formula per cui la velocita iniziale è uguale al prodotto della velocita max per la
concentrazione del substrato fratto Km piu la concentrazione del substrato ovvero =

Questa equazione deriva dal concetto dello stato stazionario e si basa su alcune importanti
assunzioni:

1- La prima tra le assunzioni rilevanti è che la velocita con cui si forma il complesso ES, è uguale
alla velocita con cui si dissolve. Il complesso ES si può formare solamente a partire dall'enzima e
dal substrato separati, mentre si può scindere in due direzioni: o nel caso in cui il complesso non è
produttivo e quindi le due sostanze si dissociano; oppure nel caso in cui l'enzima sia produttivo e
riesce a superare la barriera di attivazione e quindi porta alla formazione del prodotto. Quando la
reazione si verifica nei primi momenti viene a determinarsi la formazione del complesso enzima-
substrato e si trova quindi in uno stato stazionario, cioè stato dinamico in cui pero la concentrazione
del complesso enzima-substrato è costante ma dinamica (questo perchè si trova in uno stato di
processo dinamico: ovvero stato di processo che porta ad associarsi e dissociarsi in entrambe le
direzioni quindi non è un processo statico).

2- Altre assunzioni sono state che nell'equazione classica dell'enzimologia la costante K2


rappresenta la tappa limitante della reazione, cioè la parte lenta della reazione è quella che porta alla
separazione del complesso enzima-substrato in enzima e substrato. (il riconoscimento tra substrato e
enzima non riguarda il nostro corso ma ad un corso specialistico di enzimologia nel quale si può
dimostrare sperimentalmente che l'enzima incontra il substrato con estrema rapidita). La lentezza di
questa reazione è quella che ci porta all'equazione che contiene la grandezza di “velocita massima”,
ovvero la massima velocita che una certa quantita di enzima può raggiungere nel catalizzare una
reazione.

In riferimento alle diverse COSTANTI CINETICHE abbiamo parlato di:

“Km” : una grandezza che si può misurare sia da un punto di vista grafico che da un punto di vista
matematico, in pratica posta una velocita massima raggiunta dall'enzima per svolgere una reazione
che porta alla definizione dell'iperbole se io dimezzo la velocita massima, incontro un punto che
equivale al valore di concentrazione del substrato che difatto ci permette di raggiungere una velocita
che corrisponde alla meta della velocita massima. Quindi questo valore di concentrazione del
substrato viene chiamato “Km”. Questa Km è una costante che si misura con il valore dalla
concentrazione ed è intrinseca ad ogni enzima, ovvero ogni enzima è caratterizzato da una specifica
Km, per cui ogni enzima possiede una Km in relazione ad un certo substrato e questa dipende da
come gli amminoacidi nel sito attivo dell'enzima riconoscono il substrato.

“Vmax”: rappresenta l'energia massima raggiunta dall'enzima nel catalizzare una reazione, quindi
quando mettiamo un enzima a contatto con un certo substrato accellerera la reazione non oltre una
certa velocita e questa velocita è appunto la velocita massima. La velocita massima è dipendete
dalla concentrazione dell'enzima. ( ad esempio enzimi nella diagnostica: quando conosciamo la
concentrazione di substrato a cui quel particolare enzima è saturato, cioè conosciamo la Km di
quello specifico enzima per specifico substrato, sappiamo quindi che una concentrazione molto più
alta di Km porta alla saturazione. Quando quando noi saggiamo un enzima infatti, ricostruendo il
grafico di Michaelis e Menten in cui si riporta la velocita iniziale in funzione della concentrazione
di substrato, abbiamo che una certa quantita di enzima raggiunge una certa velocita massima e
questa velocita massima dimezzata ci porta ad una specifica Km. Quindi conosciamo la Km di
quello specifico enzima e sappiamo che una concentrazione molto altra di substrato sara saturante e
quindi l'enzima non andra oltre quella velocita massima, posto che l'enzima sia ad una certa
concentrazione. Se, invece, noi aumentiamo la concentrazione dell'enzima, vedremo che l'enzima
raggiungera una nuova velocita massima e a dimostrazione che Km non cambia in base alla
concentrazione dell'enzima, possiamo dimostrare che la meta di questa velocita massima avra la
stessa Km; se invece quadruplichiamo la concentrazione dell'enzima abbiamo che si raggiunge una
nuova velocita massima e che la meta di questa velocita massima dara la stessa Km. Utilizziamo
questo nella diagnostica perchè una volta che noi vogliamo dosare un enzima che è un indice di un
processo patologico e conosciamo la sua Km, questa sua Km non cambiera indipendentemente dalla
concentrazione dell'enzima ovvero da quanto enzima utilizziamo; quindi possiamo utilizzare la
concentrazione di substrato certamente saturante, si dosa quella quantita di enzima in un fluido
biologico qualsiasi e si vede il valore dell'attivita enzimatica che riflette quanto enzima è presente
nel fluido biologico o nel plasma considerato, e vedremo che: se ci sono valori normali se l'attivita
dell'enzima è superiore avremo dei valori anormali e quindi si presenta una situazione patologica ad
esempio i risultati delle analisi del sangue.)

(in relazione all'esempio) Domanda: Se io continuo ad aumentare la quantita di enzima e quindi


raggiungerò velocita sempre maggiori, ad un certo punto potrebbe finire tutto il substrato ovvero
l'enzima potrebbe determinare la trasformazione di tutto il substrato in prodotto??

Risposta: Dobbiamo fare una distinzione prima di tutto: in primo luogo SI è possibile che possa
accadere perche se io continuo ad utilizzare una quantita di enzima sempre maggiore per cui la
concentrazione del substrato non è più saturante, cioè la quantita di enzima è paragonabile alla
quantita del substrato utilizzato, possiamo dire che alla fine l'enzima ,in un tempo relativamente
breve, trasforma tutto il substrato in prodotto.
In quel caso pero ricordiamoci che abbiamo violato una delle assunzioni della teoria dello stato
stazionario, ovvero che il substrato è saturante, quindi non possiamo più fare la trattazione di
Michaelis e Menten pero per motivi applicativi ci si puo mettere nella condizione di trasformare
tutto il substrato; nel caso precedente in riferimento alla domanda possiamo domandarci “se io ho
una quantita enorme di enzima nel plasma o fluido biologico non potrebbe essere che quella
quantita di enzima è tale che il substrato in questo caso non è saturante?” : se facciamo riferimento
all'essere umano cosi come lo si conosce questo non è possibile perche una quantita di enzima cosi
alta non può riversarsi nel plasma quindi si utilizza una quantita di substrato che è comunque
saturante, inoltre se faccio passare sufficiente tempo anche l'enzima che ho dosato potrebbe
trasformare tutto il substrato in prodotto anche se il substrato è saturante, in quel caso non
misuriamo più la velocita iniziale ma misuriamo la quantita di prodotto che viene a formarsi dopo
un determinato periodo di tempo (per esempio dopo varie ore) e quello violala l'assunzione della
teoria dello stato stazionario che invece utilizza velocita iniziali quando la quantita di prodotto è
trascurabile rispetto alla quantita di substrato.
Quindi tutto questo discorso per affermare che: la velocita massima è dipendente dalla
concentrazione dell'enzima nell'ambito delle assunzioni della cinetica dello stato stazionario.

In riferimento all'esperimento per misurare la velocita iniziale a diverse concentrazioni di substrato.


Seguendo la formazione del prodotto e ad un certa concentrazione di substrato ottengo un certo
valore di velocita.

>Sono stati elaborati metodi per estrapolare i valori delle costanti cinetiche in maniera più precisa.

Un metodo che aiuta a determinare in modo più dettagliato ed accurato la velocita massima e la Km
è il grafico di linearizzazione detto “dei doppi reciproci” proposto da due studiosi Lineweaver e
Burk che consente di estrapolare i valori delle costanti cinetiche in maniera più precisa. Questo
trattamento aritmetico consiste nell'invertire entrambi i fattori dell'equazione di Michaelis-Menten,
infatti viene anche definito “grafico dei doppi reciproci” che ci consente di convertire l'equazione di
un'iperbole in un' equazione di una retta.
Quindi questi punti sperimentali non si dispongono in modo da essere intercettati da un'iperbole ma
da una retta, questa retta ha sull'asse y intercetta 1/Vmax mentre prima era Vmax e intercetta
sull'asse x -1/Km (segno negativo perche la Km non è un valore negativo ma positivo).
La pendenza della retta tracciata sara Km/Vmax.
Con questo genere di grafico è molto più semplice poter calcolare Vmax e trovare il valore di Km in
maniera più dettagliata.
>Significato biochimico delle costanti cinetiche e perchè vengono utilizzate:

1) Km: consiste nel valore pari alla quantita di substrato che occorre per arrivare alla meta della
velocita massima.
Se io ho due enzimi che hanno due Km diverse significa che nel primo enzima mi basta questa
determinata concentrazione di substrato per arrivare a meta della velocita massima, nel secondo
enzima ho bisogno di una concentrazione di substrato più alta per raggiungere lo stesso valore di
Vmax del primo enzima. Questo è “l'indice di affinita” che un enzima ha in relazione al substrato,
perchè un enzima che ha maggiore affinita col substrato catalizza la velocita di trasformazione, ad
un certo valore, gia quando il substrato ha una concentrazione più bassa; se invece l'enzima è meno
affinie, per raggiungere la stessa quota, ha bisogno di maggiore concentrazione di substrato (cioè di
più substrato).
((ESEMPIO NELLA SLIDE SOPRA RIPORTATA: ESOCHINASI IN RIFERIMENTO ALL'ATP,
GLUCOSIO E FRUTTOSIO(fruttosio esempio=concentrazione di fruttosio molto più alta rispetto
al glucosio per raggiungere il trasferimento di fosfato che l'enzima faceva quando riconosceva il
glucosio) ECC)).
Ci sono casi in cui la Km è molto alta (esempio 108 millimolare) in certe situazione la Km puo
ricordare la costante di dissociazione (che abbiamo considerato nel caso di emoglobina, questa
presenta affinita altissime con il monossido di carbonio rispetto a quella del ossigeno infatti bastano
poche molecole di monossido di carbonio perche l'emoglobina sia saturata al 50%, tuttavia la Km è
una proprieta caratteristica degli enzimi, perche riguarda una costante cinetica e cioè una
trasformazione chimica mentre nell'emoglobina questa trasformazione non cambia ma il monossido
di carbonio rimane un gas che si può legare o staccare dall'emoglobina stessa) quindi la Km non è
tecnicamente una costante di dissociazione ma un indice di quanta affinita l'enzima abbia con il
substrato.

2) Vmax: elemento che stabilisce quanto una reazione è veloce, cioè la velocita massima che
l'enzima raggiunge per catalizzare una reazione. In realta esiste un'altra costante cinetica di
maggiore utilizzo legata alla Vmax che prende il nome di “kCAT” che prende il nome di costante
catalitica.
3) KCAT “costante di velocita”: (Perchè è stata introdotta questa costante?? Abbiamo detto che
una delle assunzioni della teoria dello stato stazionario è che la “k2” è la tappa limitante della
reazione , cioè quella che determina quanto una reazione è veloce poiché se questo non avviene
l'enzima torna direttamente nella condizione di enzima libero dissociandosi dal substrato, infatti
abbiamo quella relazione che la Vmax dipende dalla concetrazione dell'enzima e da questa costante
di velocita. Questo è vero se l'enzima segue questa relazione cioè se forma un unico intermedio,
l'intermedio S. Se un altro enzima invece segue un andamento diverso ed oltre a questo intermedio
S presenta un altro intermedio la k2 ,che viene a formarsi in seguito al complesso ES, non è piu la
costante limitante della reazione poiché la costante limitante della reazione diventa la costante che
porta alla formazione del prodotto che in questo caso sarebbe “k3”. Poi ci sono enzimi più
complessi che potrebbero presentare ancora altri intermedi e di conseguenza non
corrisponderebbero allo stesso valore).
Per cui si è deciso di determinare la costante che determina la tappa limitante che determina la
velocita della reazione, cioè che determina la velocita della tappa limitante, come “kCAT”, che
consiste nel rapporto tra la velocita massima e l enzima inserito nella reazione.
Questa costante “kCAT” o anche detta “costante di velocita”viene anche definita “NUMERO DI
TURNOVER” e rappresenta quante molecole l'enzima trasforma in un'unita di tempo determinata.
Alcuni enzimi come:

-enzima Acetilcolina esterasi: (coinvolto nella corretta trasmissione dell'impulso nervoso) questo
enzima trasforma 10 mila molecole al secondo di Acetilcolina.
-enzima Catalasi: (coinvolto nella trasformazione del perossido d'idrogeno in acqua) questo enzima
raggiunge accellerazioni realmente notevoli infatti trasforma 10 milioni di molecole di acqua
ossigenata al secondo.

La kCAT quindi ci da un idea di quanto un enzima è efficiente nel catalizzare una reazione.
4) KCAT/Km “costante di specificita”:

Questa costante di specificita rappresenta il modo migliore e più dettagliato per confrontare
l'efficienza catalitica di due enzimi diversi oppure dello stesso enzima su substrati diversi.
È una costante che ha come unita di misura l'inverso del tempo e l'inverso della concentrazione.
(Mentre unita di misura della kCAT è l'inverso del tempo; l'unita di misura della Km è la
concentrazione, quindi l'unita di misura della costante di specificita è appunto l'inverso del tempo
perchè kCAT sta al numeratore moltiplicato per l'inverso della concentrazione perchè Km sta al
denominatore). Questa costante presenta un limite superiore che consiste nella velocita di diffusione
tra enzima e substrato, cioè la velocita che hanno l'enzima e il substrato di dissondere tra di loro che
corrisponde a
Questo valore non deve essere superato perchè queste due sostanze devono interagire e se l'enzima
ha un valore di kCAT/Km che si avvicina a questi valori si parla di “ perfezione catalitica”, cioè
l'enzima accelera la reazione sfruttando al massimo la capacita che hanno queste sostanze di
interagire tra di loro
– RIASSUNTO FINALE DELLE COSTANTI CINETICHE DA CONOSCERE:

>>INIBIZIONE DEGLI ENZIMI:

Si ha quando un “ligando” si lega al sito attivo dell'enzima ed impedisce che l'enzima completi la
propria funzione, cioè impedisce che l'enzima possa portare alla completa formazione di prodotto.
L'inibizione enzimatica può essere di due tipologie:
1) Inibizione REVERSIBILE
2) Inibizione IRREVERSIBILE

Gli “inibitori” sono importanti perchè storicamente hanno permesso di capire meglio la cinetica
enzimatica (cioè capire quando un enzima aveva una specifica affinità con una determinata sostanza
mentre cambiando leggermente la struttura di quella sostanza si aveva un blocco dell'attivita
enzimatica perchè non riconosceva la struttura), inoltre sono molto importanti da un punto di vista
delle applicazioni biomediche in particolare in aspetti farmacologici (perchè gli enzimi sono spesso
coinvolti in processi che ad esempio sono talvolta mediati da patogeni che infettano le cellule
utilizzano dei propri enzimi per maturare il proprio DNA o RNA e portare alla formazione dei
capsidi virali in forma matura, quindi i farmaci che vanno a bloccare questi enzimi patogeni per
evitare la diffusione di infezioni).
Inibizione REVERSIBILE:
>Cosa sono gli “inibitori reversibili”? Gli inibitori reversibili sono quelli che si legano all'enzima
con interazioni deboli in particolare studieremo “l'inibizione competitiva” e “l'inibizione mista (non
competitiva)”.
Nel caso dell' “inibizione competitiva” si ha che l'enzima “competitivo” può legarsi al substrato
ma anche all'inibitore e questo inibitore si lega all'enzima nello stesso sito, cioè nel sito attivo, a cui
si lega il substrato per cui le due molecole, ovvero substrato ed inibitore, vanno in competizione per
lo stesso sito dell'enzima. In questo caso l'inibitore hanno una struttura piuttosto simile al substrato
perche hanno dei gruppi chimici o hanno una forma che assomiglia a quella del substrato. Quindi in
questo caso si avranno due complessi con l'enzima alternativi quindi l'enzima o si lega al substrato o
si lega all'inibitore.
Nel caso dell' “inibizione mista” si ha che gli inibitori si legano all'enzima in un sito diverso
rispetto al substrato che si lega al sito attivo dell'enzima. Questo significa che l'inibitore puo legarsi
sia all'enzima libero sia la complesso enzima-substrato. Quindi in questo caso potremmo avere 3
complessi perchè possono coesistere insieme il complesso enzima-substrato, enzima libero-inibitore
e enzima-substrato-inibitore.
La costante di equilibrio che si utilizza per studiare questo processo viene chiamata “Ki” detta
“costante d’inibizione”, nel caso dell’inibizione competitiva è uguale al rapporto del prodotto della
concentrazione dell’enzima e dell’inibitore sul complesso enzima-inibitore; nel caso in cui abbiamo
invece inibizione mista è uguale al rapporto tra la concentrazione del complesso enzima-substrato e
la concentrazione dell’inibitore sul complesso enzima-substrato-inibitore. Tuttavia bisogna tenere
presente che nel caso dell’inibizione mista valgono entrambe le costanti d’inibizione e la differenza
del tipo di inibizione sta nel come l’inibitore lega l’enzima.
La Ki è la costante di dissociazione che è un indice dell'affinità dell'enzima con l'inibitore
(esattamente come la Km).

>L’INIBIZIONE COMPETITIVA può essere trattata da un punto di vista cinetico.


Come si misura l’effetto di un inibitore? In primo luogo si misura il comportamento cinetico
dell’enzima senza inibitore, questo ci dà un’ equazione di Michaelis-Menten e quindi un grafico
normale e il plot(?) dei doppi reciproci (rappresentato dalla linea blu), quindi consideriamo i valori
cinetici senza inibitori. A questo punto si aggiunge una certa concentrazione d'inibitore che è uguale
in tutte le condizioni, facendo questo posso costruire un altro grafico di Michaelis-Menten e
aggiungendo l'inibitore e se ripeto il plot(?) dei doppi reciproci con una concentrazione d'inibitore
avrò un'altra retta ( di colore verde) che ha una pendenza maggiore della precedente (la blu) con la
quale però ha dei punti in comune; da questa retta vediamo che il fascio di rette passa per questo
punto e in questo modo so che la Vmax non cambia, mentre quella che cambia è la Km (perche
vediamo che rispetto alla linea blu la Km è diminuita). Questo lo rappresento nell'equazione di
Michaelis-Menten dicendo che la Km va moltiplicata per un fattore, detto “fattore alfa”, che è
uguale ad 1 piu il rapporto tra la concentrazione dell'inibitore e la sua Ki.

In riferimento all'inibizione competitiva e all'inibitore competitivo in questo caso vuol dire che
quando abbiamo la Vmax a concentrazioni elevate di substrato, c'è talmente tanto subsbtrato che
l'inibitore viene scacciato e quindi l'enzima non lo riconosce più questo perchè c'è un rapporto di
concentrazione tale che l'enzima si lega al substrato e non all'inibitore, quindi è giusto che la Vmax
resti uguale, semplicemente viene raggiunta da concentrazioni di inibitore più alte e di conseguenza
cambia la Km (cioè aumenta).

Come ci accorgiamo che un'enzima è inibito se la Vmax non cambia? Possiamo verificarlo
facendo le prove a basse concentrazioni di substrato. Cioè se faccio dei saggi a bassa
concentrazione di substrato ci accorgiamo che c'è inibizione, se invece ci relazioniamo a condizioni
saturanti l'inibizione non la vedo più perchè con tutto il substrato scaccio l'inibitore.

>L'INIBIZIONE MISTA:

L'inibizione mista prescinde dalla quantità di inibitore che puo essere scacciato o non scacciato
perchè sostanzialmente il substrato e l'inibitore non comunicano tra loro posizionandosi non nello
stesso sito, infatti in questo caso l'inibizione mista influenza sia la Km che la Vmax. Questo
possiamo vederlo anche dal grafico perchè vedremo che aumentando la concnetrazione
dell'inibitore il fascio di rette non attraversa lo stesso punto ma punti diversi, per cui cambia la
Vmax, ma cambia anche la Km ovviamente. Vediamo inoltre che i fattori (in questo caso) Ki e Ki'
che riguardano il legame all'enzima libero o al complesso enzima-substrato hanno dei fattori alfa e
alfa-primo (a') che influenzano entrambi gli elemnti dell'equazione della retta; in alcuni casi quando
i valori di alfa e alfa' sono uguali (a=a'), l'inibizione si dice “non competitiva”.
>L'INIBIZIONE IRREVERSIBILE:

Gli inibitori irreversibili sono invece quelli che formano un legame molto stabile con l'enzima,
generalmente covalenti ma non solo covalenti. Questi inibitori sono molto simili, da un punto di
vista strutturale, al substrato ( per questo motivo vengono facilmente riconosciuti) ma si legano
covalentemente (spesso) ai residui del sito attivo dell'enzima. Gli inibitori irreversibili, da un punto
di vista della vita dell'enzima, sono estremamente dannosi in quanto una volta che un'amminoacido
del sito attivo viene bloccato perchè non c'è più il fenomeno di “scaccio” del substrato e quindi non
può più funzionare l'enzima; però da un punto di vista pratico però sono molto importanti per
studiare i meccanismi degli enzimi, in particolare la sostanza “diisopropilfluorofosfato” (DIFP) il
quale si lega covalentemente alla Serina (Ser195) del sito attivo dell'enzima di tipo chimotripsiva.

Molto spesso gli inibitori irreversibili si presentano, nel caso in cui ad esempio li si vuole utilizzare
come nuovi farmaci, con delle strutture simili allo stato di transizione per cui in questo modo sono
strettamente specifici e bloccano l'enzima in maniera ancora più efficacie.

>>ENZIMI ALLOSTERICI:
(Somigliano nell'ordine di comportamento all'emoglobina, cioè se se ne porta la concentrazione di
substrato in funzione della velocità della reazione, questi enzimi hanno un andamento sigmoidale).
Si tratta di enzimi che non hanno una trattazione cinetica come quella di Michaelis-Menten.
Perchè si sono evoluti gli enzimi allosterici? Generalmente si sono evoluti quando si sono formati
processi metabolici complessi (cioè sono inclusi più enzimi), cioè quando noi abbiamo che
dobbiamo ottenere un prodotto finale attraverso vari passaggi chimici, abbiamo che nel processo, da
un punto di vista metabolico complesso, il prodotto di un enzima è il substrato di quello successivo
(come una costruzione lego che si uniscono i vari “mattoncini” fino ad avere la costruzione finale).
Per la cellula è importante che questo sia un processo efficacie e che si ottenga prodotto finale
efficientemente e che non ci siano sprechi, per cui quando il prodotto finale è già presente spesso
funziona da inibitore del primo enzima della catena; questo tipo di processo si chiama “regolazione
feedback” per cui se una sostanza è prodotta ad un alta concentrazione e l'evoluzione ha fatto sì che
ad una determinata concentrazione vada ad inibire il primo enzima della catena.
In questo caso questo enzima non produce più la sostanza 1, e quindi la sostanza 1 rimasta si
trasforma in sostanza 2, 3, 4 e così via ma man mano che la sostanza 1 viene esaurita, a cascata
verrano esaurite anche le sostanze intermedie finchè anche la sostanza ultima cioè l'inibitore (la 7
che era l'inibitore) si ridurrà di quantità avendo di conseguenza meno probabilità di inibire il primo
enzima; a questo punto si lega al primo enzima e il primo enzima comincia a catalizzare la reazione.
Anche nella Glicolisi abbiamo un fenomeno di questo genere però generalmente si usa parlare è
l'enzima “ATCasi” ovvero “aspartico transcarbammilasi” questo enzima è il primo di una catena
anabolica (poiché porta ad una sintesi) il cui prodotto finale è CTP (ovvero “citosinatrifosfato”
precursore che serve per sintetizzare l' RNA). Questo enzima catalizza una prima reazione tra
Aspartato (acido aspartico) e Carbonilfosfato per produrre Carbamilaspartato che è il primo enzima
del anello della citosina; quesro enzima viene inibito da CTP, cioè dal prodotto finale della reazione,
quando la cellula avverte che c'è molto CTP, il CTP va ad inibire l' Asparticotransferasi.
Questo è il comportamento dell'enzima in assenza di effettori.
Quando è presente il CTP si vede che l'enzima continua ad avere un andamento sigmoidale ma
raggiunge la velocità soltanto a concentrazioni di Aspartato molto più alte rispetto a quelle che
utilizza quando è in assenza di questo inibitore. Quindi CTP funziona, in questo caso, da inibitore.
Tuttavia è un inibitore che non è competitivo ma allo stesso tempo non è un inibitore non
competitivo perchè non si osserva una diminuzione della Vmax (sebbene a concentrazioni di
aspartato più elevate); qundi il CTP si chiama “inibitore allosterico” (allosteria: vuol dire forma
diversa) in pratica questa sostanza si va a legare a certe parti dell'enzima e ne determina un
cambiamento conformazionale. Questo fenomeno è permesso perchè l' ATCasi è costituito da 6
subunità catalitiche (verdi) e altre 6 regolatorie, praticamente il CTP si lega alle subunità regolatorie
le quali cambiano conformazione facendo cambiare conseguentemente conformazione anche alle
subunità catalitiche.
Oltre al CTP, la ATCasi ha un altro effettore detto ATP (simile al CTP che all'aspartato) questo è un
inibitore allosterico, tuttavia questo attiva l'enzima e questo non ha più un andamento sigmoidale
ma è rappresentato da un'iperbole e quindi l'ATP è un attivatore e fa funzionare meglio ATCasi.

Perchè il CTP è un inibitore e l'ATP è un attivatore? Questo perchè quando c'è molto ATP
significa che c'è uno sbilancio tra ATP e CTP, quindi la cellula capisce che ha bisogno di CTP e
quindi l'enzima deve sintetizzare il CTP per aumentare le concentrazioni e per poter ottenere una
buona sintesi dell'RNA.

Quindi ATP è un attivatore allosterico e il CTP è un inibitore allosterico, poiché entrambe le


molecole non sono substrati della ATCasi questa è regolata per “eteroallosteria” (diversamente
dall'emoglobina che è regolata anche dall' “omoallosteria”: in cui il regolatore allosterico è il
substrato) in cui il regolatore allosterico non è il substrato.
ENZIMOLOGIA IV
DIPENDENZA DAL pH
MECCANISMO PROTEASI

Lezione 13
Oggi faremo l’ultima lezione sugli enzimi .

Dipendenza dal ph:


Precedentemente quando abbiamo fatto la lezione sulla struttura dell’acqua, abbiamo visto il
concetto di pH e di pka. Inoltre abbiamo visto lo stato di ionizzazione degli acidi e delle basi
deboli, quando abbiamo parlato degli amminoacidi e in particolare delle catene laterali.

Ricordate che ci sono degli amminoacidi acidi e degli amminoacidi basici?

 Quali sono gli amminoacidi acidi ? l’acido glutammico e l’acido aspartico.


 Quali sono quelli basici? L’ arginina, la lisina e l’istidina .

Quello che dovrete cercare di fare, per ricordare le strutture di ogni amminoacido, è di non
pensare che la parte della struttura della biochimica è un parte a se stante, diversa quindi dalla
parte teorica. Per cui è necessario che voi facciate dei collegamenti tematici che vi permettano
di capire meglio gli argomenti della teoria conoscendo le strutture.

Esempio: quando si parla di meccanismi di reazione e si parla di certi amminoacidi, utilizzate


quella parte teorica (meccanismi di reazione di un enzima) per ricordarvi quei particolari
amminoacidi; In questo modo la struttura di un amminoacido viene integrata all’ interno di un
contesto teorico e questo vi da un aiuto a capire e a ricordare .

Il motivo per cui vi dico di ricordare determinate strutture è per poter capire la teoria senza
imparare tutto a memoria.

Avete visto nelle lezioni precedenti che gli amminoacidi hanno dei gruppi ionizzabili .
Se prendiamo un amminoacido qualsiasi, ha dei gruppi ionizzabili? Se si,quali?
il gruppo carbossilico e il gruppo amminico.
Ricorda: TUTTI gli amminoacidi (aa) hanno dei gruppi ionizzabili, altri in particolare possono
possedere anche delle catene laterali che sono ionizzabili.

1
Perche è importante il pH?
Il grafico ci indica l’attività enzimatica di due aa in funzione del pH:

Questo grafico riporta in questo caso il meccanismo alla velocità iniziale in funzione del pH di
due enzimi : la pepsina e la glucosio 6-fosfatasi.

Come si può notare questo è un grafico che si costruisce per punti perché si fanno dei saggi
enzimatici a diversi pH, e si vede che la velocità iniziale è massima a un determinato valore di
pH.

Cioè gli enzimi non sono attivi a tutti i pH che noi saggiamo, ma solo ad alcuni valori .

In particolare la pepsina ha la propria velocità massima (è molto attivo) in un ambiente con pH


molto acido, mentre la glucosio 6-fosfatasi è molto attivo a pH molto basico ( intorno ad 8).
Gli enzimi hanno un pH ottimale vicino a quello delle localizzazioni subcellulari dove catalizzano
le reazioni.
La glucosio 6-fosfatasi è un enzima citoplasmatico, si trova quindi all’interno del citoplasma
dove il pH è molto vicino alla neutralità. E quindi anche a pH 7 si vede che l’enzima è molto
attivo.
La pepsina invece è una proteasi che si trova nello stomaco e serve per la degradazione delle
proteine che introduciamo nel nostro organismo con l’alimentazione .
Poiché nello stomaco vi è un pH molto acido,l’enzima si è evoluto in modo tale da funzionare
nelle condizioni migliori a quel determinato valore.

Ora vediamo perché gli enzimi mostrano questa dipendenza dal pH.

Prima di tutto questa dipendenza dipende dal fatto che all’ interno del sito attivo ci sono degli
aa che catalizzano la reazione che possono essere ionizzati. La ionizzazione non coinvolge tutte
le catene degli aa, perché quando gli aa si trovano all’ interno di una proteina ovviamente
possono essere ionizzati solo nelle catene laterale ,poiché il gruppo carbossilico e il gruppo
amminico sono impegnati nel legame peptidico e quindi non sono più in grado di ionizzarsi.

2
Qui c’è un elenco delle catene laterali di alcuni aa che possono essere ionizzabili

Potete usare questo specchietto e porvi la domanda : tra tutti gli aa che io sto studiando ,quali
sono quelli che possono arrivare a una ionizzazione ?

Vedrete che alcuni sono ovvi e banali. Per esempio la lisina e l’arginina hanno dei gruppi basici
delle ammine e quindi sono ionizzabili. Lo stesso vale per il glutammato e per l‘ acido aspartico.
Per questo motivo sono classificati relativamente come aa basici e acidi.

Ma non sono i soli, l’istidina è anche classificata come aa basico poiché il valore del suo pka
,cioè il pH al quale la catena laterale è al 50% protonata e al 50% ionizzata,è vicino alla
neutralità. In particolare vedrete che questo gruppo può andare incontro a ionizzazione e cioè a
perdere un protone .

Vi sono anche altri aa che in realtà hanno delle catene laterali di tipo polare e che possono
essere ionizzati .Come ad esempio la cisteina, la serina e la tirosina.

Se voi chiedete a un chimico se è ionizzabile la catena laterale della serina ,vi dirà di no. Infatti
se voi cercate la tabella di ionizzazione delle catene laterali degli aa c’è scritto che la serina non
è classificata come ionizzabile e vengono indicati i pka solo del gruppo carbossilico e del
gruppo amminico quando l’aa è libero.

La “magia” degli enzimi è quella che all’interno del loro sito attivo, può succedere che un aa,
che quando è libero ha una catena laterale non ionizzabile, diventi ionizzabile .
Ed oggi vedremo un esempio emblematico di questa caratteristica .

Quindi questi due grafici ci indicano che nel caso della pepsina a pH 2 ci sono degli aa che
assumono una carica che permette all’enzima di funzionare a quel pH.
La stessa cosa succede alla glucosio 6-fosfatasi ma a pH intorno alla neutralità.

3
Un altro concetto di cui abbiamo parlato è il punto isoelettrico.

Il punto isoelettrico è quella condizione di pH,(questa è una scala di ph da 1 a 14 ) al quale una


molecola che può essere un aa o un intera proteina non ha una carica netta.
Non avere una carica netta non significa non avere una carica. Vuol dire che il numero di
cariche positive e il numero di cariche negative si equivale.

Infatti si chiama punto isoelettrico poiché quando questa molecola viene messa a questo pH ( in
questo caso 5.5) e in campo elettrico non si muove ne verso l’anodo ne verso il catodo. Per
questo si dice punto isoelettrico.

Se il pH è inferiore al punto isoelettrico la carica netta sarà positiva cioè a quel pH gli aa
tendono a prendere protoni, invece a un punto di pH superiore al punto isoelettrico gli aa
tendono a deprotonarsi quindi la carica della proteina sarà negativa .

4
3.22 7.59

Vi ricordate che abbiamo visto le curve di ionizzazione? Questo è il caso di due aa : uno che ha
un catena laterale acida come il glutammico e uno che ha la catena laterale che viene
classificata come basica .

Molto brevemente poiché ho già fatto la lezione che riguarda la ionizzazione degli aa vedete che
il glutammato, quando fate una titolazione, mostra una curva piuttosto elaborata, cioè non una
curva semplice , questa la spiegammo in base allo stato ionizzazione dei gruppi dell’ aa.

L’ acido glutammico può avere una ionizzazione di un gruppo amminico e di un gruppo


carbossilico sulla catena laterale con un secondo gruppo carbossilico .
Ma quando noi ci troviamo a un pH piuttosto basso (qui ci troviamo intorno a due) abbiamo che
lo stato di ionizzazione della molecola è questo, e cioè che tutti i gruppi ionizzabili sono
protonati .
Salendo con gli equivalenti di soda raggiungiamo un altro punto che rappresenta lo stato di
ionizzazione della catena laterale.

5
Vedrete che, quindi, quando arriviamo in questo punto il gruppo carbossilico perde i protoni e
quindi è quello che ha pka più acido poiché è sufficiente un pH basso affinché questo si
deprotoni . Per far si che si
deprotoni quest’altro gruppo bisogna raggiungere un pH più alto(4) e vedrete che si deprotona
anche la catena laterale .Per arrivare alla deprotonazione del NH3 in NH2 è necessario
raggiungere un pH molto basico.
A pH fisiologico la catena laterale di Glu dovrebbe essere carica negativamente.

Ora la domanda che sorge spontanea vedendo questo comportamento è: come è possibile che
due gruppi che sono identici e cioè due gruppi carbossilici si ionizzino a due pH così differenti
?

Ricorda! Ogni unità di pH è una scala logaritmica ,quindi è una concentrazione dieci volte di
protoni .

Il motivo per cui questo accade è che questo gruppo, se bene chimicamente sia identico a
quest’altro, trovandosi nella stessa molecola dove ci sono questi altri due gruppi ionizzabili, si
comporta diversamente .E questo è un punto fondamentale .

Quello che abbiamo appena visto è il caso più semplice poiché abbiamo semplicemente un aa e
ci sono dei gruppi carichi vicini. Ma quando questo aa si trova in una proteina avete che questa
carica non c’è più .
Se l’acido glutammico fa parte di una catena peptidica, l’unica carica visibile è quella della
catena laterale .

A questo punto noi saremo portati a credere che tutti gli acidi carbossilici che si trovano
all’interno di una proteina hanno lo stesso pka , cioè si ionizzino tutti allo stesso pH.

In realtà non è così. Perche ? Perché come in questo caso la vicinanza di gruppi carichi
influenza lo stato di ionizzazione di questo gruppo, quando questo aa farà parte di una proteina
(avete visto la struttura della proteina ) ci saranno dei ripiegamenti che porteranno altri aa in
prossimità di questo gruppo carbossilico e quindi, di nuovo, influenzeranno lo stato di
ionizzazione di questa catena laterale.

Questa è la spiegazione della differenza che c’è tra il pH ottimale tra due enzimi ,e ciò avviene
poiché per ciascun enzima ci sarà una condizione particolare che porta stadi di ionizzazione
diversi delle catene laterali.
È ovvio che quello che abbiamo appena visto vale per l’acido glutammico ma anche per
qualsiasi altri aa.

La stessa cosa nel caso dell’Istidina , anche qui, a un pH molto basso questo gruppo
carbossilico tende subito a perdere un protone .L’istidina ha un pka più basso dell’acido
glutammico poiché la catena laterale è leggermente basica e non è acida come nel caso
precedente. A pH 6 si ha che anche la catena laterale dell’istidina, che
si chiama imidazolo , si deprotona . Mentre a pH 9 circa si deprotona anche il gruppo
amminico del aa.

A questo punto se il pka dell’istidina è 6 , la sua classificazione come aa basico è relativa .

Cioè è un aa che ha un pka che è molto vicino alla neutralità e quindi vicino a 7.

6
Questa caratteristica rende l’istidina una specie di chiave ,di volta, della chimica delle proteine
poiché l’istidina può agevolmente funzionare da acido o da base grazie ai cambiamenti
dell’ambiente che circonda la catena laterale(l’imidazolo) ,poiché grazie ad essi la catena
laterale cambia la carica.

La glicina è l’unico aa ad non avere un carbonio chirale poiché vedete che c’ha il carbonio alfa
che è legato a due idrogeni ,quindi non è legato a due gruppi diversi ,quindi non è asimmetrico.
Ha un pka per il gruppo carbossilico di 2,36 mentre l’acido acetico(che è diverso rispetto alla
glicina perché al posto del gruppo amminico c’ha un altro idrogeno, quindi nh3-cooh) ha un pka
di 4,76.

La differenza sta tutta nella presenza o nell’assenza di un altro gruppo carico.


La assenza di questo gruppo carico nell’acido acetico rende il pka del gruppo carbossilico più
alto, mentre per la glicina è più basso .
La stessa cosa è nel caso a in cui abbiamo la metilammina.

La metilammina è la glicina mancante del gruppo carbossilico.

Messi a confronto vedremo che:

 La glicina ha entrambi i gruppi( gruppo carbossilico e amminico ) e Il COOH della Gly è


100 volte più acido dell’acido acetico( pKa 2.34 vs 4.76) mentre NH3+ della Gly è 10 volte
meno basico di quello della metilammina ( CH3-NH3+) (pKa 9.6 vs 10.6) perché gli e-
sono attratti dall’O del gruppo COOH e aumentano la tendenza di NH2 a cedere H+.
 L’acido acetico CH3-COOH ha un idrogeno al posto del ammina .
 metilammina ha l’ idrogeno al posto del gruppo carbossilico.

Nel caso della glicina abbiamo che questi gruppi sono vicini,mentre nel caso del acido acetico e
della metilammina sono distanti.

Il pKa di una proteina è influenzato dal suo intorno chimico.

La dipendenza del pH generalmente è rappresentata da una curva a campana, semplicemente


dovrete ricordare che in alcuni casi questa curva a campana può essere spostata a sinistra o a
destra cioè a un pH basso o a pH alto a seconda delle condizioni fisiologiche a cui l’enzima
deve funzionare.

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Solo per informazione: in una curva a campana è possibile identificare due punti inflessi (ai due
lati della campana) che rappresentano il pka degli aa che sono coinvolti nel meccanismo di
reazione .

Si possono fare tanti esempi di dipendenza dal pH però ciò che ci permette di capire meglio tale
dipendenza degli enzimi è il meccanismo di reazione degli enzimi,in particolare il meccanismo
di reazione delle proteasi a serina .

IL MECCANISMO DI REAZIONE DELLE PROTEASI A SERINA

Le protesi sono degli enzimi che sono in grado di catalizzare la rottura del legame peptidico tra
il gruppo amminico e il gruppo carbossilico delle proteine della dieta e quindi per degradarle.
Se noi mangiamo degli alimenti ricchi di proteine come la carne o i legumi abbiamo che le
proteasi hanno la funzione di degradare le catene polipeptidiche.

Le proteasi sono presenti anche all’interno di alcuni detersivi che hanno il compito di rimuovere
per esempio macchie di proteine dai vestiti o dai piatti.
La rottura del legame avviene attraverso un meccanismo che utilizza una molecola di acqua, per
cui le proteasi vengono classificate tra le idolisi.

Tra le classi di proteasi più importanti vi sono le proteasi a serina , che sono quelle proteasi che
basano il loro meccanismo di catalisi sulla presenza della serina (particolarmente reattiva ed
essenziale per la loro attività enzimatica) all’interno del sito attivo.

ricordate di non commettere l’errore di dire che le protesi a serina sono quelle proteasi che
interrompono il legame peptidico all’ altezza della serina nel substrato.

È l’enzima che CONTIENE la serina all’interno del sito attivo.

Tra gli enzimi aventi la serina nel sito attivo vi è la chimotripsina .

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La chimotripsina essendo una proteasi va incontro a maturazione , poiché una protesi
all’interno della cellula si comporta come un arma di distruzione di massa ,essendo la cellula
stessa costituita di proteine se la chimotripsina (o un’altra proteasi) fosse attiva la
degraderebbe tutta .
L’enzima proteolitico chimotripsina è uno zimogeno, per cui il suo precursore, il
chimotripsinogeno, è sintetizzato nel pancreas in forma inattiva poiché sarebbe dannoso se si
trovasse nella forma attiva. Per questo motivo si attivano in determinate condizioni fisiologiche,
in particolare vengono attivate attraverso dei tagli lungo la loro catena polipeptidica.
Alcune informazioni prese dal libro (X INTEGRARE):
Nell’ intestino tenue , dove c’è bisogno delle sue proprietà digestive è attivato mediante la
scissione di legami peptidici specifici.
La conversione da chimotripsinogeno a chimotrispina è catalizzata dalla tripsina, che deriva a
sua volta dal tripsinogeno in seguito alla reazione di scissione catalizzata dall’enzima
enteropeptidasi.
Il chimotripsinogeno è formato da una catena polipeptidica di 245 residui, con 5 ponti
disolfuro(S-S-). Quando il chimotripsinogeno arriva nell’ intestino tenue, la tripsina scinde il
legame peptidico tra l’arginina 15 e la isoleucina 16, a partire dall’ estremità N-terminale della
sequenza del chimotripsinogeno formando così la π-chimotripsina attiva.
Anche se la π-chimotripsina è attiva, non è il prodotto finale e agisce su se stessa per
rimuovere due frammenti peptidici ser14 –arg15 e thr147-asn148 per produrre la α-
chimotripsina.
La α-chimotipsina è formata da tre catene polipeptidi tenute insieme da due dei cinque gruppi
disolfato originali. Le modificazioni della struttura primaria che accompagnano la conversione
da chimotripsinogeno a α-chimotripsina causano dei cambiamenti anche nella struttura
terziaria.
Un enzima è attivo o inattivo proprio a causa della sua struttura terziaria.
I meccanismi di catalisi enzimatica sono diversi, ma in tutte le reazioni catalizzate da enzimi,
alcuni gruppi reattivi dell’ enzima devono interagire con il substrato.
Nelle proteine i gruppi α-carbossilici e α-amminici degli aa non sono più liberi ma sono
impegnati nei legami peptidici. Perciò i gruppi reattivi delle catene laterali degli aa sono gli unici
ad essere coinvolti nell’attività enzimatica.
I gruppi funzionali che possono avere un ruolo catalitico sono:
Il gruppo imidazolico dell’istidina, il gruppo ossidrilico della serina , le catene laterali
carbossiliche dell’aspartato e glutammato,il gruppo sulfidrilico della cisteina ,la catena laterale
amminica della lisina e il gruppo fenolico della tirosina. Se il gruppo α-carbossilico e il gruppo
α-amminico di una catena polipeptidica sono posizionati nel sito attivo, anche essi possono
avere un ruolo nel meccanismo d’azione.
Le catene laterali idrocarburiche non contengono gruppi reattivi e quindi non sono coinvolte.
La chimotripsina ha la capacità di interrompere il legame peptidico che si trova subito dopo un
residuo di un aa aromatico ( fenilalanina) all’interno della proteina che deve essere idrolizzata.
E’specifica anche per il legame che si trova a valle della metiotinina; i legami peptidici che
coinvolgono gli altri residui di aa sono idrolizzati con una frequenza più bassa .
Se io ho una una proteina che presentata due aa aromatici ( due fenilalanine) e la tratto con una
chimotripsina otterrò un tripeptide, cioè l’enzima interromperà la proteina in questi due punti e
avrò la proteina suddivisa in tre pezzi.
Ci sono poi altre proteasi che terminano il compito della chimotripsina.
La chimotripsina ,come tutte le proteasi a serina, presenta una triade catalitica presente nel sito
attivo formata da tre aa legati tra loro da legami idrogeno. Essendo una proteasi a serina deve

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contenere una serina nel sito attivo( in questo caso è la serina 125).
La serina generalmente nella classificazione degli aa non è classificato come acido .
Eppure nella chimotripsina si comporta da nucleofilo, tende ad attaccare delle cariche positive
quindi deve essere carico negativamente .
Se non conoscete la struttura della serina avrete difficoltà a capire come funziona il
meccanismo della chimotripsina.
Nel caso della chimotrispina sono : Ser195 (nucleofilo); His57 (acido-base); Asp102 ) che sono
indispensabili per l’attività enzimatica.

Nella foto sono rappresentati i tre aa della triade catalitica nel caso della chimotrispina .
 la serina 125 (indicata in altro a destra della foto) mostra una catena laterale (CH2-OH)
legata a un carbonio α che a sua volta è legato al resto del polipeptide.
 L’istidina 57( in posizione centrale) è il secondo aa del sito attivo ed è caratterizzata dalla
catena laterale imidazolo. Questa istidina si trova in questa posizione.
 Il terzo aa è l’aspartico 102
È importante sapere la struttura della La serina 195, istina57 e del aspartato102 per imparare
quella della chimotripsina .
La chimotripsina presenta in oltre anche due siti di legame al substrato: la tasca idrofobica e la
cavità ossianionica.
 la tasca idrofobica è dove alloggia la catena laterale della Phe/Trp/Tyr/Met del substrato e
si trova in prossimità della serina 195.
La catena laterale del triptofano è alloggiata in una tasca idrofobica in prossimità della
serina 195 questo tipo di legame avviene grazie alla specificità dell’enzima per gli aa
aromatici nel sito di idrolisi.
 La cavità ossianionica è una zona del sito attivo che mostra degli aa in particolare una
glicina e una serina che sono in grado di legarsi a una carica negativa.
(rivedere la catena laterale della serina e della glicina.)
Se la serina è fatta cosi e la glicina è fatta cosi (in basso nella foto) l’NH dove sta?
Dovete ricordate che quando si fa un legame peptidico il gruppo amminico è impegnato nel
legame e quindi non è una catena laterale. Perché è importante sapere la struttura di un aa?
Per non dirmi che la catena laterale della glicina è NH .

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La catena laterale della glicina è un idrogeno legato a un carbonio che non è una molecola
negativa e non può stabilizzare un legame polare .E’ un errore dire che la catena laterale della
serina è NH e non CH2-OH.
Il meccanismo di reazione della chimotripsina è importante poiché racchiude tutto ciò che
abbiamo studiato fin ora sugli enzimi ( prossimità dei gruppi, l’orientamento dei legami e
trasferimento di cariche.)

Meccanismo di reazione :

E-Ac
E + S ES EP E + P

La reazione avviene attraverso due passaggi fondamentali che possiamo spiegare secondo la
normale equazione della catalisi enzimatica :
 acilazione dell’enzima, con interruzione del legame peptidico e formazione di un legame
estere covalente;
 deacilazione dell’enzima, con idrolisi del legame estere e formazione di enzima libero.

1. Formazione del complesso dell’ enzima-substrato che porterà all’ acilazione dell’enzima :
vedremo che quello che succede è che la fenilalanina della catena laterale si va posiziona nella
tasca idrofobica.
domanda : Che aa vi sono a tappezzare questa cavità , che catena laterale hanno?
Vi sono delle Interazioni idrofobiche e ciò significa che gli aa possiedono delle catena laterali
non polare.
Il gruppo acilico del gruppo peptidico si va a collocare nella catena ossianionica e forma un
ponte idrogeno con la serina che si trova in questa posizione .

Facciamo un passo indietro, abbiamo parlato della struttura dei tre aa che formano il sito attivo
ma non abbiamo visto in che modo interagiscono tra di loro.
Dove sapere che la loro disposizione facilita il passaggio di protoni e di cariche all'interno del
sito attivo dell’enzima e fa si che la serina si comporti da nucleofilo.

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La serina quando si trova in soluzione non è considerata un aa acido poiché un gruppo alcolico
non perde protoni ,infatti se vuoi vedete le tabelle dei pka degli aa nella serina non ha alcun
valore sulla catena laterale.
Ma nella struttura tridimensionale il gruppo imidazolico dell'Istidina è vicino al gruppo
ossidrilico della Serina, Mentre l'acido aspartico è vicino al gruppo dell'Istidina ma dal lato
opposto della Serina.
L’acido aspartico attrae un protone dall’istidina formando un ponte idrogeno con l’ossigeno
carico negativamente ( stabilizza la catena laterale attiva dell'Istidina) e l’azoto dell'Istidina
sottrae un protone dal gruppo ossidrilico della Serina (Quindi l’istidina funge da base). In
seguito alla deprotonazione, la catena laterale della Serina 195 diviene a sua volta un nucleofilo
più forte ,fornendo così il sito di attacco nucleofilo per il substrato all'enzima. Per cui la triade
catalitica mostra una globalizzazione di carica tra questi tre aa. Se io chiedo il meccanismo
della proteasi a serina è fondamentale che indichiate questa interazione .
Nella fase di acilazione il substrato si lega all'enzima nel sito attivo e si forma un legame
idrogeno nella cavità ossianionica .
Quando questo succede avete che il passaggio successivo è che gli elettroni dell’ossigeno
nucleofilo della serina in vicinanza di legami peptidici, attaccano il carbonio carbonilico del
legame peptidico presente nelle proteine.
Perché lo riescono a fare? Perché contemporaneamente l’azoto dell’istidina sottrae un protone
alla serina, Quindi l’istidina funziona da base!!
Il carbonio (attaccato dagli elettroni dell’ossigeno nucleofilo della serina ) ha ora quattro legami
singoli e si forma un intermedio tetraedrico; il legame –c=o originario diventa un legame
singolo.
Però è cambiata la struttura chimica dell’ossigeno che si trova nella cavità ossianionica .
Perchè vedrete che in questo caso si è creata una carica negativa e cioè si è creato un
ossianione . E per questo la cavità viene chiamata ossianionica .
Questo ossianione è stabilizzato da legami a idrogeno con la catena polipeptidica alla altezza di
una glicina e di una serina nella cavità ossianionica .
Questo che si viene a formare,però,è stato un legame covalente tra la serina e il substrato e
prende il nome di intermedio acil-enzima tetraedrico .

Nota:L’acil-enzima ha sull'ossigeno carbonilico, una carica negativa fortemente destabilizzante


che lo fa collassare
La porzione amminica del gruppo peptidico originale forma un legame idrogeno con la porzione
imidazolica dell’istidina(già protonata e il protone deriva dal gruppo ossidrilico della serina ).
l’istidina sottraendo il protone alla serina si comporta come un catalizzatore basico generale .
Si riforma così il legame C=O che interrompe il legame peptidico NH-C per cui il legame
carbonio- azoto del legame peptidico si rompe, rilasciando l’intermedio tetraedrico acil-enzima.

A questo punto l’istidina si comporta da acido ,cede un protone all’ azoto e questi elettroni
salteranno sull’ossigeno interrompendo il legame peptidico. Vedete che quindi avviene questo
processo e si ha la fuori uscita di una parte della proteina poichè si è interrotto il legame
peptidico .
L’idrogeno che originariamente si trovava sulla serina prima è passato all’azoto dell’istidina, e
che quindi si è comportata da base, e poi l’istidina lo ha donato all’ altro azoto che si trovava
sul substrato e ha funzionato da acido creando l’intermedio estere acil-enzima (non
tetraedrico).
Sempre con la stabilizzazione di questo ossigeno nella cavità ossianionica.
Donando un protone l’istidina si comporta come un catalizzatore acido generale (Mentre aveva
agito da base nella sua formazione) .

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A questo punto il legame peptidico si è interrotto però l’enzima non potrebbe iniziare un'altra
reazione poiché è legato covalentemente al substrato.
Il substrato rimane legato all'enzima unicamente con la sua porzione carbossiterminale, avendo
perso
per protonazione da parte dell'Istidina 57 la sua porzione amminoterminale.
L’enzima si trova legato a un intermedio acilico ma con un legame estere e quindi un legame
forte che deve essere interrotto e poichè le proteasi catalizzano le idrolisi deve interviene una
molecola d’acqua.
La molecola d’acqua entra nel sito attivo e di nuovo l’istidina forma un legame idrogeno con
questa e avviene che l’istidina funziona di nuovo da base accettando dei protoni.
Perché l’istidina riesce a fare tutto ciò?
Ci riesce grazie alla delocalizzazione di cariche dovuta all’acido aspartico.
Come possiamo vedere l’acido aspartico non parteciperà mai alla reazione(cioè non interagirà
mai con il substrato), però ha un ruolo fondamentale per permettere agli altri aa di funzionare .
E senza l’istidina ,la serina non può legarsi al substrato.
È importante quando parliamo del meccanismo di reazione ricordare il passaggio di protoni e
di cariche all'interno del sito attivo dell'enzima che abbiamo visto prima.
La formazione di questo legame tra l’acqua e l’istidina farà si che vi sia un attacco nucleofilo da
parte dell’acqua al carbonio e la possibilità di risolvere questo intermedio formando di nuovo
un intermedio tetraedrico acil-enzima ( il carbonio si trova al centro del tetraedro).
L’istidina forma nuovamente, avendo tolto un idrogeno all’ acqua,un legame idrogeno con la
serina .
Potete immaginare che l’acil-enzima tetraedrico è una struttura molto instabile, infatti a questo
punto ci sarà la dissoluzione dell’intermedio acil- enzima tetraedrico, semplicemente si
riformerà il doppio legame tra l’ossigeno e il carbonio e si può avere la fuoriuscita dell’altra
parte della proteina.
A questo punto si può avere l’uscita del prodotto e viene ripristinato l'enzima che ritorna libero.
L’enzima libero può così continuare la sua attività proteolitica.

Vediamo ora queste diapositive :


 Enzima libero,
 Si forma il complesso enzima substrato( arriva il substrato e si colloca in queste due
posizioni e questo permette e questo permette l’orientamento di questo legame e lo
offre all’ attacco della serina , l’istidina funziona da base sottrae un idrogeno alla seria e
qui un doppietto elettronico può attaccare questo carbonio . si forma una carica negativa
nella cavità ossianionica che viene stabilizzata da questi due azoti secondo un legame
idrogeno .
 Si forma il primo intermedio che è l’acil- enzima tetraedrico .
 l’istidina funziona da acido cede un protone all’azoto , quindi questi elettroni vanno a
formare un doppio legame e si forma l’intermedi acetil-enzima non tetraedrico e si ha la
fuoriuscita della componente ammino-terminale( dice carbossi-terminale ma credo che
si sia sbagliato ) della proteina (substrato)
 Avviene il movimento elettronico ovvero a questo punto entra in gioco una molecola
d’acqua che forma un legame idrogeno con l’istidina e diventa un nucleofilo, il doppietto
elettronico attaccherà questo carbonio e potrà formare un legame covalente alle spese
di questo doppio legame e porterà la carica su questo ossigeno .
Si formerà un intermedio acil enzima tetraedrico con una carica negativa.

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 Poichè si è creato questo nuovo legame idrogeno tra la serina e l’istidina si potrà avere
l’interruzione di questo legame covalente , la formazione di un doppio legame e la
creazione di questo legame dove l’istidina dona l’idrogeno alla ossigeno della serina e
si forma la struttura iniziale e la fuoriuscita dell’altra parte del prodotto.
Possiamo vedere ora i vari processi nel dettaglio:
La formazione del complesso enzima substrato la parziale carica negativa di questo gruppo(
perché vi ricordate che il legame peptidico ha una delocalizzazione di carica) permette il
legame alla cavità ossianionica . Mentre la fenilananina è diciamo un fondo solido di
collegamento tra substrato e enzima è pratica il modo che ha l’enzima di legare fermamente il
substrato. Ma è anche vero che determina la specificità della chimotripsina .
A pesto punto si è formato il complesso s .
Si può avere l’attacco del doppietto della serina ( che è esposto grazie a questa distribuzione di
cariche tra istidina 57 e aspartico 102 ) e a questo punto si ha la formazione quindi di un legame
covalente e di una carica negativa nella cavità ossianionica . Contemporaneamente si è creato
un legame idrogeno tra l’azoto e e quest’alto azoto ( uno dell’ istidina e uno del substrato).
Quindi in questo caso ci troviamo tra complesso enzima –substrato e complesso enzima-
prodotto, in realtà ci troviamo in uno stadio intermedio tetraedrico che è l’acil-enzima .
Questo ione che si è venuto a formare si chiama …(audio non comprensibile)
Ora avete che la carica negativa in questo punto determina uno stato di notevole instabilità di
questo intermedio, questo insieme alla capacità dell’istidina di cedere un protone a questo
azoto permette l’interruzione del legame peptidico. Quindi l’istidina funziona da acido e si ha la
fuoriuscita del gruppo gruppo amminico.
In questo caso non è più un intermedio tetraedrico acil-enzima ma è un legame estere poiché è
un legame un acido e un alcol( perché la catena laterale della serina è un alcol mentre quella del
gruppo carbossilico della proteina è un acido).
Però fin ora non si è creata un idrolisi, si è avuta l’interruzione del legame peptidico ma la storia
deve ancora finire perché vedrete che questa è una caratteristica degli enzimi : non è detto che
nel momento in cui il lega è interrotto allora il meccanismo è terminato. L’enzima deve essere
libero per riprendere a funzionare.
E lo si fa con l’acqua , accede al sito attivo e l’istidina la deprotona. Prima forma un legame
idrogeno e l’acqua diventa un nucleofilo che può attaccare il carbonio (acilico).
L’attacco dell’acqua al carbonio determina lo spostamento degli elettroni del doppio legame e la
formazione di una carica negativa .
Nel frattempo poiché l’istidina ha ora un idrogeno che ha ottenuto dall’acqua, poiché ha
funzionato da base , lo può condividere con la serina perché questa è una struttura molto
stabile ( la serina c’ha una parziale carica negativa quindi è delta meno). Qui c’è di nuovo una
carica negativa.
Qui c’è di nuovo un intermedio tetraedrico acil-enzima che si deve liberare.
E questa carica non sta bene qua ,è un po’ stabilizzata da questi gruppi ma determina il
collasso di questo secondo intermedio tetraedrico che quindi deve risolversi in una struttura
più stabile.
Questo avviene grazie al trasferimento di elettroni dal legame tra l’ossigeno all’ idrogeno e
quindi la formazione del legame covalente O-H e qui alla formazione del doppio legame del
carbonio.
Questo è il prodotto e tutto questo è il complesso enzima prodotto.
Quindi noi siamo passati da un complesso enzima substrato( dove c’è tutta la catena
polipeptidica dell’ enzima ) a un complesso enzima prodotto dove abbiamo la seconda parte
della proteina che è rimasta attaccata .

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Questo complesso enzima –prodotto viene poi risolto con la fuoriuscita del gruppo attaccato
della proteina , e si riforma la struttura dell’enzima libero.
Che cosa abbiamo imparato con questo meccanismo?
Abbiamo imparato una serie di aspetti alcuni riguardano la struttura degli aa.
Quindi avete un aspetto teorico della biochimica da poter applicare alla struttura degli aa per
poterla ricordare.
Ricordate non vi è un aa più importante tra i tre
Perché è importante la serina?
Perche è quell’aa che porta alla formazione dei vari intermedi ( tetraedrico e estere)
La funzione però non può andare aventi anche se non c’è l’istidina, poiché è l’istidina che
permette alla seria di trovarsi nella condizione di attaccare il legame peptidico del substrato
(ricorda in oltre è in grado di comportarsi da acido o da base all’ interno del meccanismo di
reazione).
Se non c’è l acido aspartico tutto il castello cade, poiché l’istidina non ha questa distribuzione
di cariche che le permette di funzionare prima da base , poi da acido e poi da base . Quindi la
sua presenza è fondamentale .
Abbiamo imparato che quando di gruppi si trovano vicini le loro caratteristiche per esempio in
questo caso la serina diventa per esempio un nucleofilo .
Abbiamo capito il discorso dell’orientamento dei legami : abbiamo detto che i legami peptidici
sono tra i legami più stabili, ma se il legame peptidico si viene a trovare in una struttura che lo
distorce si rende disponibile all’interruzione e quindi permette all’enzima di interrompere
questo legame .
Quindi i siti attivi degli enzimi devono permettere la distorsione del substrato e quindi rendere
più facile l’interruzione dei legami peptidici.
Abbiamo visto come la catalisi enzimatica funziona attraverso il trasferimento di cariche cioè in
questo meccanismo non c’è altro che un continuo trasferimento di cariche tra istidina ,
substrato e serina.
Il meccanismo di reazione delle proteasi a serina racchiude tutto ciò che fanno gli enzimi
durante il processo del abbassamento dell’ energia di attivazione di una reazione .

PRESO DA INTERNET E SLIDE


Il sito attivo dell'enzima è costituito da tre residui
amminoacidi: Aspartato 102, Istidina 57, Serina 195 , tra loro legati da legami a idrogeno e i
quali rappresentano una triade catalitica.
Nella fase di acilazione il substrato si lega all'enzima mediante un legame estere e si ha una
modificazione conformazionale che comprime il legame a idrogeno presente tra l'Istidina e
l'Aspartato. Questo determina un aumento del pKa del residuo di Istidina che diviene quindi una
base forte in grado di deprotonare il residuo di Serina 195 della triade catalitica (catalisi basica
generale). In seguito alla deprotonazione la catena laterale della Serina 195 diviene a sua volta
un nucleofilo più forte (fornendo così il sito di attacco nucleofilo per il substrato all'enzima). Il
substrato di natura proteica si lega in tal modo con la sua porzione carbossiterminale
all'ossigeno nucleofilo della Serina e si ha come risultato la formazione di un intermedio
tetraedrico transitorio acil-enzima avente , sull'ossigeno carbonilico , una carica negativa
fortemente destabilizzante. L'intermedio tetraedrico transitorio così formatosi (catalisi
covalente e catalisi basica generale), è destinato a collassare a causa di tale carica negativa. Si
assiste poi alla protonazione da parte dell'Istidina 57 della porzione amminoterminale del

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substrato (catalisi acida generale) con conseguente distacco di tale porzione dal complesso
enzima-substrato.
Fase di deacilazione
Nella fase di deacilazione una molecola di H2O ,presente nell'ambiente della reazione ,si lega
tramite un legame idrogeno all’ istidina che la deprotona (funziona da base!) e forma uno ione
Nucleofilo.
Ciò avviene poichè il legame idrogeno tra l’acqua e l’istidina aumenta la nucleofilità dell’acqua .
Lo ione nucleofilo attacca il legame estere acil-enzima ovvero l’ossigeno dell’acqua compie
l’attacco nucleofilo sul carbonio acilico proveniente dal legame peptidico originario. Ciò
determina uno spostamento di elettroni e la formazione di una carica negativa
E si riforma un secondo intermedio tetraedrico acil-enzima .
La carica negativa dell’O è stabilizzata nuovamente dalla cavità ossianionica
L’instabilità della carica negativa sull’O carbonilico fa collassare il secondo intermedio
tetraedrico acil-enzima.
La Ser195 quindi si distacca dal carbonile e riforma un legame idrogeno (ponte H) con His57
(Questo legame idrogeno aumenta la nucleofilicità della serina) e si forma il complesso EP
Si ha il distacco del substrato proteico dal residuo di Serina 195 ovvero si rompe il legame tra
l’ossigeno della serina e il carbonio carbonilico , si ha il rilascio dell’altra parte della proteina
con un gruppo carbossilico al posto del legame peptidico originario(secondo prodotto) e viene
ripristinato l'enzima che ritorna libero.

16
METABOLISMO E BIOENERGETICA
Lezione 14
Lo scopo della prima parte del corso è di dare le basi per avere un’idea di come funzionano
a livello molecolare i componenti cellulare e quindi dare l’impostazione di fondo per capire
meglio il metabolismo e la bioenergia .

Questa sarà una lezione che quindi vi darà le basi fondamentali per quando incominceremo
a parlare di processi metabolici veri e propri.

Abbiamo visto come le cellule sono costituite da macromolecole (carboidrati, lipidi, acidi
nucleici e proteine). Oggi invece vedremo come la cellula fa a ricevere energia e a
trasformarla.

Il metabolismo e le varie tappe


1. Ottenere energia chimica dall’ambiente da sostanze (eterotrofi) o luce (autotrofi).

Gli organismi si possono suddividere in due categorie:

 Gli organismi eterotrofi: estraggono l'energia dalle molecole complesse, prodotte


dagli autotrofi, per crescere.
 Gli organismi autotrofi: utilizzando la luce solare come fonte di energia e a partire da
composti molto semplici, come l’anidride carbonica e l’acqua, posso formare
molecole complesse. Queste molecole complesse sono i costituenti tipici di una
cellula e posso diventare i nutrienti per gli organismi eterotrofi.
Vedrete in altri esami che questi organismi possono non utilizzare solo la luce
solare come fonte di energia.

Quindi entrambi gli organismi utilizzeranno queste energie per poter formare i costituenti
fondamentali delle cellule.

2. Convertire le molecole da sostanze nutrienti in precursori di macromolecole

Il metabolismo è l’insieme dei processi che portano a costruire determinate molecole


(anabolismo) e a degradarle (catabolismo).
Le parole anabolismo e catabolismo derivano da due parole greche an- che vuol dire salire
e cat- vuol dire scendere.

ll catabolismo è un complesso di reazioni che a partire da molecole complesse (come


carboidrati , i grassi e le proteine) porta a prodotti finali che hanno una ridotta complessità
chimica e un ridotto contenuto energetico (come l’anidride carbonica, l’acqua e
l’ammoniaca).

Al contrario l’anabolismo è quell’insieme di reazioni che a partire da molecole piccole si


osserva la formazione di macromolecole cellulari.
Nel nostro caso (eterotrofi) osserviamo il passaggio da aa, zuccheri, acidi grassi e basi
azotate rispettivamente in proteine,carboidrati,lipidi e acidi nucleici.

1
Da questa figura si sottolinea l’andamento anti parallelo dei processi anabolici e catabolici
cioè si va in direzioni diverse dal punto di vista della complessità chimica e dal punto di
vista del contenuto energetico. Infatti le macromolecole hanno un alto contenuto energetico
a differenza delle strutture più piccole che invece hanno un basso contenuto di energia .

In quest’altra figura possiamo vedere che il processo anabolico è di tipo divergente, mentre
le vie cataboliche sono convergenti. Come possiamo notare ci sono anche alcune vie
metaboliche che sono cicliche.

2
Gli organismi viventi nel catabolismo accolgono diverse molecole (che possono essere
complesse come l’amido , più semplici come il saccarosio oppure possono essere dei
singoli aa che sono estratti delle proteine) che vanno tutte a convergere verso un'unica
molecola che è molto importante ovvero l’acetilcoenzimaA
L’acetilcoenzimaA costituisce la base per le strutture più complesse.
Come potete vedere dalla direzione delle frecce, la degradazione va da macromolecole
complesse verso l’acetilcoenzimaA .
L’acetilcoenzimaA è utilizzato poi come elemento di partenza per costituire molecole più
grandi e quindi diverge poiché si ottengono i precursori delle proteine, dei lipidi ecc…
L’anabolismo viene considerato divergente poiché da una semplice molecola si ottengono
molecole diverse tra di loro .

In posizione centrale ci sono dei processi chimici che prendono il nome di metabolismo
centrale e che permettono la produzione di precursori o di molecole più piccole utili sia per
la fase catabolica , sia per la fase anabolica .

Catabolismo :

Questa immagine rappresenta il processo principale del catabolismo all’interno della


cellula.

I prodotti finali del catabolismo sono l’anidride carbonica e l’acqua .

3
Quello che studieremo nella parte restante del corso è che queste sostanze complesse
vengono sottoposte a razioni ossidative e cioè vengono demolite per fornire:

 energia,
 “piccoli frammenti” (necessari per la ricostruzione delle molecole complesse),
 componenti strutturali, etc…

Il catabolismo è dunque una demolizione delle molecole organiche, essenzialmente


zuccheri ( il glucosio è una molecola chiave) che sono ricche di energia .
Questa energia è utilizzata dalla cellula per fare diversi processi e deve essere quindi
conservata .

La molecola che occorre alla cellula per conservare l’energia che deriva da diverse
sostanze è l’ATP .

Quindi è come se l’energia di diversa valuta viene tutta convertita in una valuta unica che
può essere utilizzata poi dalla cellula per fare tutte le attività fisiologiche.

Questo processo è mediato dal fatto che questa energia viene trasportata da dei
trasportatori di elettroni in forma ridotta (NADH, NADPH e FADH2) .

Vedrete infatti che con la degradazione (che avviene attraverso delle reazioni di ossido-
riduzione) di queste molecole si arriva a produrre CO2 e vengono estratti gli elettroni
attraverso vie metaboliche del cosiddetto “metabolismo centrale” fino al Ciclo dell’Acido
Citrico (TCA).
Questi elettroni vengono poi portati,attraverso il trasporto di elettroni , all’ossigeno che si
riduce e si ottiene acqua e ATP( attraverso la fosforilazione ossidativa ) .

Nota : Il carbonio della CO2 è il carbonio che fa parte dei precursori, quindi delle molecole nutrienti.

Quindi distingueremo diverse fasi all’ interno del catabolismo:

1. Si ha la demolizione grossolana dei precursori grandi .


Il nostro nutriente principale è l’amido e questo polisaccaride viene demolito in
glucosio durante questa prima fase ,
2. il glucosio viene poi trasformato in acetilcoenzimaA ,
3. L’acetilcoenzimaA viene utilizzato dal metabolismo cellulare, in particolare il ciclo
dell’acido citrico, per portare alla produzione di ATP attraverso processi noti come
trasporto elettronico e fosforilazione ossidativa.

4
Vediamo invece cosa succede nell’anabolismo.

Nell’anabolismo la cellula deve farsi che il flusso elettronico di materia vada nella direzione
opposta al catabolismo poiché deve costruire delle molecole complesse .

In questo caso viene prodotto il glucosio, acidi grassi , le basi azotate (come le purine e le
pirimidine) o gli aa che vanno a loro volta a costituire gli acidi nucleici , le proteine etc…

Questo, quindi, è un processo che potremmo definire costruttivo, mentre quello del
catabolismo è un processo distruttivo che fa si che l’energia venga conservata nell’ ATP.
La cellula ,dunque, deve andare in contro alla costruzione di molecole e anche in questo
caso ècoinvolto il ciclo della acido citrico.

Il ciclo del acido citrico quindi è un punto di snodo nella cellula (sia per demolire che per
costruire molecole) poiché permette la formazione di intermedi che poi servono
all’anabolismo ed è un processo che avviene a spese energetiche .In particolare si utilizza
l’ATP come fonte di energia.

Vedremo che anche determinati cofattori in realtà , in particolare il NADP, vengono


utilizzata per la sintesi di molecole complesse .

Se i due processi non sono ben coordinati e quindi nello stesso tempo la cellula costruite
e demolite molecole, andrà in contro a quelli che vengono definiti cicli futili e cioè in pratica
la cellula alla fine non va ne da una parte dall’altra.
Quindi i processi catabolici e i processi anabolici devono essere fisicamente distinti, cioè
devono avvenire in punti diversi della cellula e devono essere anche temporalmente
distinti.

5
Non necessariamente il catabolismo e l’anabolismo avvengono contemporaneamente ansi,
generalmente c’è una fase del ciclo cellulare di tipo principalmente anabolico e una fase
che è di tipo catabolico in certe cellule o in momenti differenti in dipendenza delle
necessità cellulari.

Affinché la cellula funzioni efficacemente quando una via è attiva l’altra deve essere
inattiva. In questo modo l’energia proveniente dal catabolismo viene accumulata sotto
forma di ATP per poi essere utilizzata nella fase anabolica, cioè per la fase della
costruzione del materiale .

Molto spesso succede che le vie anaboliche e cataboliche utilizzano gli stessi enzimi .

La parola enzimi è la prima volta che la pronuncio poiché ho dato per contato che voi
sappiate che tutte queste reazioni all’ interno della cellula non avvengo in maniera non
catalizzata, ma in maniera catalizzata.

Generalmente quando due (vie catalitiche e anaboliche) riguardano lo stesso processo,


spesso utilizzano degli enzimi in comune .

Non possono mai utilizzare esattamente gli stessi enzimi ma ci deve essere almeno un
enzima differente.

Vedremo infatti che la degradazione del glucosio(la glicolisi) avviene attraverso una serie di
enzimi e intermedi, e che la sua sintesi(gluconeogenesi ) avviene grazie a intermedi ed
enzimi sia comuni che differenti.

Anche se sembra un concetto semplice bisogna ricordare che:


le vie cataboliche e anaboliche non sono semplicemente l’uno l’inverso dell’altra ma si
sono evolute per lavorare indipendentemente .

Nel il momento in cui io sto facendo un grosso sforzo fisico ho bisogno di energia (ATP)
per permettere la contrazione muscolare. Ho bisogno quindi di demolire glucosio.

Se contemporaneamente a questa mia grossa necessità di demolizione di glucosio le


cellule si mettessero a costruirlo, toglierebbero l’energia che mi occorre per la contrazione
muscolare e quindi questo porterebbe a una stasi del mio metabolismo .

Come avviene la regolazione di questi processi?

Può avvenire in diversi modi.


Il metabolismo generalmente non è regolato attraverso l’espressione genica , poichè è
troppo lenta per rispondere alle necessità della cellula .
Quindi nel momento in cui io ho un improvviso bisogno di produrre glucosio la regolazione
non avviene a partire dai geni, che codificano per gli enzimi, che degradano il glucosio .
Ci vorrebbe troppo tempo, ma avviene mediante altri processi che si basano sulla allosteria
e cioè su piccole molecole che legandosi a siti diversi dell’enzima ne abbassano o
aumentano l’efficienza.

Vi ricordate che tra gli enzimi allosterici vi è l’ aspartato transcarbammilasi che è l’enzima
che catalizza il primo passaggio della sintesi del precursore di DNA e RNA
(citidintrifosfato), in particolare dell’RNA poiché è una citidina deossi .

6
Ricordate : la citidintrifosfato(CTP) stessa è un inibitore allosterico dell’enzima ovvero
quando c’è molta citidintrifosfato , essa si lega al primo enzima della catena ed evitava cosi
che venga prodotta citidintrifosfato in eccesso .

Quando c’è un eccesso di ATP cioè di adenintrifosfato ,che è un indice di uno sbilancio dei
nuclotidi-trifosfati, l’enzima viene attivato in modo da produrre più CTP e quindi permettere
un riequilibrio dei nucleotidi-trifosfati e favorire la sintesi del RNA.

Quindi una delle maniere per regolare i processi metabolici è l’allosteria .

Un'altra regolazione si basa sull’argomento che abbiamo visto nelle lezioni sulla cinetica
enzimatica: per verificare che fossero rapide le assunzioni dello stato stazionario , il
substrato dove essere in una concentrazione saturante .

Cioèil substrato dovrebbe avere la concentrazione molto più elevata dell’enzima e quindi
trovarsi in una concentrazione molto più elevata della Km.

Che cos’è la km? La costante di affinità dell’enzima con il substrato.

come si definisce? La quantità di substrato che ci permette di arrivare alla Vmax.

Quindi quando sto in concentrazioni di substrato pari a Km sono alla velocità massima ?
NO, sono a metà.

Quindi l’enzima non è saturo poichè la velocità massima ce l’ha quando è saturo.

Quello che succede all’interno della cellula è che in realtà, le concentrazioni dei substrati
molto spesso sono molto sotto alla Km dell’enzima.
La Km è una misura sperimentale che noi facciamo per comprendere il funzionamento degli
enzimi.
Non dovete sorprendervi che la concentrazione dei substrati sia inferiore alla Km degli
enzimi .
Se ricordate quando abbiamo fatto la parte cinetica enzimatica vi ho mostrato delle tabelle
con le Km di alcuni enzimi.

Generalmente la concentrazione è dell’ordine minimolare (alto e basso ,1.5 minimolare o 0.


5 minimolare)

Se tutti i substrati all’interno della cellula avessero una concentrazione di questo livello la
cellula scoppierebbe di sostanza diverse .Quindi molti substrati sono presenti in
concentrazioni bassissime, sopratutto quando fanno parte di una catena metabolica perché
quel substrato che viene prodotto è continuamente sottratto al processo dall’ enzima
successivo .

Quindi la regolazione degli enzimi dipende dalla [S] <<< Km e


dall’allosteria

7
E’ chiaro come avviene la distinzione all’interno della cellula tra anabolismo e
catabolismo?

Sono due processi che avvengono in punti diversi della cellula (soprattutto per le cellule
eucaristiche che hanno un sistema di membrane che permette la separazione delle catene
metaboliche) e avvengono in tempi differenti grazie a dei meccanismi di regolazione .

Per capire il funzionamento del metabolismo dobbiamo fare dei riferimenti alla
termodinamica .

Questa equazione della termodinamica ΔG = ΔH – TΔS la conoscete bene perché penso


che l’abbiate fatta nell’esame di fisica e nell’esame di chimica.

È l’equazione che lega le funzioni di stato e in particolare ci dice che:


 ΔG (energia libera di Gibbs) che è l’energia necessaria per svolgere un determinato
lavoro,
 ΔH ( la variazione di entalpia) rappresenta il contenuto termico di una sostanza, in
particolare rappresenta l’ energia contenuta nei legami chimici che si trovano all’
interno delle sostanze che possono essere reagenti o prodotti ,
 T è la temperatura
 ΔS ( la variazione di entropia) è l’espressione quantitativa della casualità e disordine
del sistema, ovvero una grandezza che indica lo stato di disordine del sistema.

Quindi quando la variazione di entalpia è negativa si ha che la reazione rilascia calore e


quando l’entropia è maggiore di 0 e quindi aumenta lo stato di disordine del sistema, si ha
che la variazione di energia libera è negativa e quindi il processo è spontaneo(esoergonica).

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Qui sono rappresentate tre reazioni .

una reazione è quella che può portare alla fosforilazione del glucosio . se in un recipiente
mettete il glucosio e il fosfato inorganico affinchè si produca il glucosio-6-fosfato dovete
fornire energia al sistema .Il sistema non porta alla formazione di glucosio-6-fosfato in
maniera spontanea .

C’è una differenza di energia libera tra lo stato dei reagenti e lo stato energetico del
prodotto molto alta, quindi è molto positiva.

Se invece guardiamo la degradazione dell’ ATP in ADP e fosfato inorganico (seconda


reazione) vedrete che c’è una differenza di energia libera negativa e quindi ci dice che
questo è un processo spontaneo, cioè l’ATP tende a perdere il fosfato terminale .

Queste due reazioni si possono combinare e portare a un processo che avviene in maniera
spontanea .

Ora vedremo che questi sono alcuni dei trucchi usati dalla cellula per rendere delle reazioni
che sono non spontanee, spontanee.

All’ inizio del corso feci un introduzione sul fatto che un osservazione molto superficiale
può portare a rivedere che gli organismi viventi violano i principi della termodinamica .
perche?

Perché se noi ci osserviamo ci rendiamo conto che noi siamo delle strutture estremamente
ordinate poiché il nostro corpo che rimane più o meno stabile nell’arco della giornata.

Il secondo principio dice che il caos (entropia) deve sempre aumentare e noi siamo la
dimostrazione che la nostra entropia non aumenta .

In oltre il primo principio dice che l’energia non si crea e non si distrugge.

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In realtà ovviamente non violiamo i principi della termodinamica.

I viventi non devono essere considerati come dei sistemi chiusi,ma come dei sistemi
termodinamici aperti che sono in grado di scambiare con l’ambiente materia ed energia .

Noi infatti scambiamo energia con l’ambiente perché in pratica noi ci alimentiamo
prendendo delle sostanze dall’ambiente e scambiamo materia perché man mano che
mangiamo espiriamo e produciamo anidride carbonica.
Noi costruiamo delle sostanze particolarmente ordinate (che sono le macromolecole o le
cellule ,organo o siatemi) e per farlo consumiamo energia e aumentiamo il disordine
dell’ambiente perche tutte le scorie che emettiamo sotto forma solida, gassosa o liquida
aumentano il grado di disordine dell’ambiente .

D’altra parte vedrete che iN questa scala si vede che noi riceviamo nutrienti
dall’ambiente(molecole complesse) , svolgiamo delle trasformazioni chimiche all’ interno
della cellula e quando lo facciamo produciamo la valuta energetica ( l’ ATP) che utilizziamo
per fare il lavoro cellulare.

Quindi facciamo delle sintesi chimiche ma facciamo anche un lavoro meccanico(


dissipiamo calore quindi parte dell’ energia che otteniamo dalle sostanze nutritive la
riversiamo all’esterno sottoforma di calore) .

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Inoltre noi facciamo anche altri lavori come:

 i lavori elettrici ovvero gli impulsi nervosi,


 il trasferimento di ioni attraverso le membrane contro gradiente, per permettere
l’equilibrio elettrochimico che a sua volta permette alle cellule nervose di avere il
potenziale energetico e quindi di trasmettere l’impulso.
 il trasferimento dell’ informazione genetica (molto dispendioso).
Il nostro sistema genetico è un enorme biblioteca e noi lavoriamo per mantenerla in
ordine e per tenere i libri al proprio posto(geni) e quindi permettere ai nostri figli di
non avere un corredo genetico scombinato che porterebbe a malattie oppure alla
morte. Percui il nostro corpo in veste molte energie per compiere questo lavoro .

Una parte dell’energia viene immagazzinata ( sottoforma di muscoli o acidi proteici) però
un’altra parte la dissipiamo sottoforma di calore.

Quindi alla fine aumentiamo il disordine dell’ambiente ( calore e composti più semplici ) e il
nostro sistema avrà aumentato il grado di ordine, ma la termodinamica è contenta perché
abbiamo semplicemente trasformato energia e trasferito delle sostanze da un forma a un
altra creando uno stato di disordine maggiore .

Questi sono i principi base del metabolismo ovvero quelli che sono necessari per superare
l’esame di biochimica .

Quando un sistema non è all’equilibrio, l’intensità della forza a spingersi verso esso è ΔG.

Sappiamo che la variazione di energia libera di una reazione ci indica la spontaneità


(il prodotto ha un valore energetico ridotto rispetto a quello del reagente) ma non è
sicuramente un processo che può avvenire istantaneamente , la rapidità con cui avviene è
semplicemente dovuta allo stato di transizione .

La variazione di energia libera che determina la spontaneità di una reazione prende il nome
di “ variazione di energia libera biochimica standard”. Questa definizione di energia libera è
leggermente diversa dalla definizione di energia libera di Gibbs che viene utilizzata dai fisici
e dai chimici.

11
Perché secondo la definizione dei fisici e dei chimici è il lavoro che si deve svolgere alla
temperatura di 298 k a una concentrazione di reagenti 1M e a 1 atmosfera .
Ma una concentrazione di 1 molare si significa avere una concentrazione di 1 molare di
acqua e 1 molare di ioni idrogeno, e questo non avviene mai all’ interno delle cellule poiché
sapete che l’acqua in una soluzione acquosa ha una concentrazione di 55,5 M e una
concentrazione 1M di ioni sarebbe un pH acidissimo.

quindi quello che dice la variazione di energia libera biochimica standard è una grandezza
che viene definita in questo modo alle seguenti condizioni standard :

A temperatura di 25 °C, la concentrazione non di tutti i reagenti (1M) ma soltanto quella dei
reagenti chimici , a 1 atm e a ph 7 in una soluzione acquosa ( ovvero con una
concentrazione di acqua si 55,5 M).

A pH 7 la concentrazione di ioni è 10 elevato alla -7 M

E’ una visione più aderente alla realtà che avviene all’ interno della cellula .

quindi d’ora in poi quando si parla di ΔG’°( delta G con zero ; ‘ viene detto indice ed è
importante metterlo) dobbiamo sapere che ci riferiamo alla variazione di energia libera
biochimica standard .
ΔG’° corrisponde alla differenza tra il contenuto di energia libera dei reagenti.
Quando ΔG’°<0 i prodotti contengono meno energia libera dei reagenti.

Quindi ΔG’° è una costante con un valore caratteristico per ogni reazione chimica.

Le differenze della biochimica con la chimica sono varie per esempio:


la biochimica studia molte meno reazioni chimiche rispetto quelle descritte dalla chimica
organica perché di selezionano solo le razioni che avvengono all’ interno della cellula .
In oltre anche nelle annotazioni delle equazioni delle reazioni biochimiche non si indicano
tutte le strutture presenti all’ interno della reazione ma soltanto quelle principali .

Per esempio nella idrolisi dell’ATP in ADP non si indica la struttura del fosfato inorganico
(PO4) ma lo si indica con Pi.

In realtà sappiamo che la variazione di energia libera biochimica è correlata con una
costante di equilibrio (keq) .

Se noi abbiamo la reazione aA + bB <=> cC + dD dove a, b, c e d sono il numero di molecole


dei composti (sostanze) A, B, C e D, la costante di equilibrio (Keq) sarà:

Keq  

Quindi questa è una costante di equilibrio, poiché la trasformazione di a e b che diventano
c e d tenderà a un equilibrio (ovvero alla condizione in cui tutte le concentrazioni sono
uguali ).
Questa costante di equilibrio con indice primo è collegata alla variazione di energia libera
con questa relazione :
ΔG’° = – RT ln K’eq
È una relazione molto importante poiché ci permette di correlare gli equilibri chimici alla
spontaneità delle reazioni .

12
Conoscendo la costante di equilibrio chimico quindi posso sapere se una reazione è
spontanea oppure no.
La correlazione tra ΔG’° e K’eq è legata da un valore logaritmico, ovvero:
Con K’eq =1 allora ΔG’°=0 (ln 1 = 0) quindi non c’è spontaneità ne in una direzione , ne
nell’altra.
Con K’eq >1 allora ΔG’°<0 (per il segno ‘-’, perchè ln di un numero >1 è >0) quindi la
trasformazione è spontanea .
Con K’eq <1 allora ΔG’°>0 (per il segno ‘-’, perchè ln di un numero <1 è <0)

La realzione tra ΔG’° e K’eq è esponenziale quindi piccole variazioni di ΔG’° corrispondono
a grandi variazioni di K’eq .
Esempio :

ΔG’°=-4.1 kcal/mol corrisponde a K’eq=103


ΔG’°=4.1 kcal/mol corrisponde a K’eq=10-3

Questa relazione è importante perché non tutte le reazioni all’ interno della cellula sono
spontanee .

Dobbiamo fare, quindi, una distinzione tra due grandezze che prendono i nomi di : energia
libera standard e energia libera reale .

La ΔG’° o energia libera biochimica standard dice in quale direzione avviene una
determinata reazione alle condizioni
standard - T = 298 K (25°C), la [reagenti] = 1M, 1 atm, pH 7.0 e [H2O] 55,5 M

significa che questa è una grandezza che posso conoscere da prima , cioè conoscendo i
reagenti posso stabilire che il glucosio e il fosfato non formano il glucosio-6-fosfato in
maniera spontanea .Se io stabilisco che il glucosio e il fosfato hanno la concentrazione i 1M

In realtà all’interno della cellula quasi mai le sostanze hanno una concentrazione 1M ma
hanno delle concentrazioni che possono essere molto diverse, quindi la variazione di
energia libera reale (ΔG) di una data reazione è una funzione delle concentrazioni reali dei
reagenti e della temperatura a cui avviene la reazione.

La prima reazione della glicolisi è la fosforilazione del glucosio e la chimica ci dice che
quella reazione non è spontanea. La cellula però la svolge (è catalizzata da degli enzimi ma
ricordate che gli enzimi non rendono spontanea una reazione ma abbassano la loro energia
di attivazione, accelerandole).
Come fa ? utilizza dei trucchi .

Il primo è quello che lega la variazione di energia libera e la costante di equilibrio

ΔG= ΔG'°+ RT ln

La costante di equilibrio viene anche chiamato Q ovvero rapporto di azione di massa .

L’a variazione di energia libera reale è dipendente dalle concentrazioni reali dei reagenti.

ΔG’° ci dice se la reazione avverrà a condizioni standard, mentre ΔG se la reazione avverrà


alle concentrazioni reali dei reagenti ed è quindi il criterio per stabilire la spontaneità della
reazione.

Se RT lnQ (Q < 0) è in valore assoluto > ΔG’° la reazione avviene spontaneamente

13
Questo può verificarsi se c’è una rimozione continua e rapida di C e D
ΔG’° = 6 kJ/mol e Q = 0.0001 allora RT ln Q = -22.8 e quindi
ΔG = 6 - 22.8 = -16.8 kJ/mol

Per cui anche con una ΔG’°>0 la reazione può svolgersi spontaneamente poiché in
condizioni reali Q è un numero piccolissimo.
Quando è che Q e un numero piccolo?
Q è un numero molto piccolo quando il denominatore è grande e il numeratore è piccolo.
Quand’è che il numeratore è piccolo?
Quando la concentrazione dei prodotti è molto piccola.
Se Q è piccolissimo e si fa i ln Q e lo si moltiplica per RT si ha questa grandezza .
Se questa grandezza che si ottiene ,in valore assoluto, è uguale alla ΔG’° allora si ottiene
che ΔG è uguale a 0 ed è all’equilibrio .
Questo è un caso molto tipico nel metabolismo.

Come fa una cellula a far diventare spontanea una reazione che non lo è ?
1. Aumentare i reagenti è più complicato rispetto a togliere i prodotti .
Se c’è qualche altro enzima che utilizza questi prodotti per fare una reazione, li sottrae
continuamente .
Questo rende spontanea la reazione precedente poiché il rapporto tra le due concentrazioni
diventa tale che i reagenti hanno sempre una concentrazione bassissima.

Quello dell’ utilizzo del rapporto di azione di massa è un modo molto importante per
rendere delle reazioni spontanee e ci collega a quello che abbiamo detto precedentemente
ovvero che in realtà la concentrazione dei substrati all’ interno della cellula spesso è molto
più bassa della Km. Cioè l’enzima che deve sottrarre queste sostanze si trova sempre nelle
condizioni delle reazioni di primo ordine ovvero a basse concentrazioni di substrato
l’enzima segue un andamento lineare.
Inoltre in queste condizioni sottrae continuamente il prodotto alla reazione precedente e la
rende spontanea.

2. Il secondo metodo che utilizza la cellula per rendere spontanee delle reazioni non
spontanee è quello di accoppiare due reazioni in modo tale che la somma algebrica delle
variazioni di energia libera biochimica standard diventa comunque negativa.
Quindi se una reazione è molto sfavorita(endoergonica))si accoppia a una reazione molto
favorita (esoergonica) e la sua somma algebrica permette di rendere la trasformazione
spontanea .
Queste due reazioni devono avere delle sostanze in comune, altrimenti non posso
accoppiare due reazioni chimiche.
(1) A à B (ΔG1’°)
(2) B à C (ΔG2’°)
Somma A à C (ΔG1’° + ΔG2’°)
Se io ho una reazione che da A produce B e questa non è spontanea (ΔG positivo) e ho
un'altra reazione che da B produce C e che ha un ΔG molto negativo, facendo la differenza
posso avere che la trasformazione da A a C sia spontanea .
Questo principio è diffusissimo all’ interno del metabolismo poiché nella cellula le reazioni
si accoppiano in modo da permettere il realizzarsi di vie metaboliche.
E’ il principio che spiega come mai si è affermato nel evoluzione l’ATP.

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La cellula utilizza l’ATP ( una molecola che contiene “dei legami ad alta energia” ) che può
rendere spontanee molte reazioni utilizzando una sua valuta energetica.

Esempio chimico di reazioni accoppiate


È la prima reazione della glicolisi e ci dice che il glucosio diventa glucosio-6- fosfato .

1. Glucosio + Pi -> glucosio-6-fosfato + H2O ΔG 1>0


2. ATP + H2O -> ADP + Pi ΔG2<0
Somma. Glucosio + ATP -> glucosio-6-fosfato + ADP

1. Nel primo caso la reazione non avviene in maniera spontanea poiché la variazione di
energia libera è pari a + 12,5 kJ/mol, per cui posso aggiungere tutta l’esochinasi che
voglio ( enzima che catalizza questa reazione ) ma questa reazione non avverrà.
2. Però io so che l’idrolisi dell’ATP ,che porta alla produzione di ADP e fosfato
inorganico, ha una variazione di energia libera negativa pari a – 30,5 KJ/mol ed è
dunque una reazione esoergonica, estremamente spontanea.
Poiché queste due reazioni hanno in comune il fosfato inorganico e l’acqua io le posso
sommare e far si che funzionino insieme (diventano sequenziali).
ΔG 1+ ΔG2= ΔG3
12,5 KJ/mol +(-30,5 KJ/mol)= -18 KJ/mol.
Quindi la reazione avviene spontaneamente e io a partire da glucosio, ATP e acqua ottengo
glucosio-6-fosfato e ADP.

Ricorda quindi che La sintesi del glucosio-6-P può avvenire solo per aggiunta di ATP al
glucosio.

qui è rappresentato lo schema delle coordinate di direzione dell’energia libera .

 il glucosio ha un valore energetico minore rispetto al glucosio-6-fosfato


 l’ATP ha un valore energetico maggiore rispetto all’ADP

Questo è il motivo per cui si è evoluto l’ATP , cioè all’ interno delle cellule viventi questo
gruppo chimico ha portato a sviluppare questa molecola ad alta energia che permette
quindi la realizzazione di reazioni che altrimenti non sarebbero possibili.

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Un altro componente fondamentale è ovviamente un enzima ,il quale ha la possibilità di
accelerare la reazione perché nello stesso tempo lega il glucosio e l’ATP.

Quindi per il principio della prossimità della catalisi mette vicini dei reagenti e fa si che
loro si possano combinare accelerandone così la reazione .

Questo è un altro esempio

Per ottenere glutammina dall’acido glutammico bisogna attaccare un gruppo amminico al


carbonio .

Ricordate che è un aa polare e non carico.( non si sente bene dall’audio)

L’acido glutammico si deve legare all’ammoniaca per creare glutammina e questa è una
reazione non spontanea (3.4 Kcal/mol).

Ma se la facciamo seguire all’accoppiamento dell’ATP abbiamo che il glucosio viene prima


fosforilato e successivamente può reagire con l’ammoniaca e produrre glutammina più
fosfato.
Vedrete che la variazione di energia libera della somma è -3,9 Kcal/mol quindi è una
reazione spontanea .
Quindi è un altro esempio dove potete vedere che l’ATP permette la sintesi di una sostanza
facendo avvenire una reazione che non avverrebbe spontaneamente .
Classica domanda che fa all’esame per vedere se abbiamo capito come funziona il
metabolismo : Nel momento in cui dobbiamo fare delle razioni chimiche all’ interno di una
cellula ci troviamo davanti a un problema cioè di reazioni che possono non avvenire
spontaneamente,come faccio a farle avvenire spontaneamente ?
Posso utilizzare due metodi:

 il rapporto di azione di massa e quindi gioco con le concentrazioni dei prodotti e dei
reagenti
 tramite l’accoppiamento con reazioni che avvengono spontaneamente. È chiaro che
devono avere delle sostanze in comune.

16
È UN CONCETTO DI FONDO
RICORDATE
NON TRASCURATE MAI IL CONCETTO DI FONDO PER CURARE TROPPO I DETTAGLI.
DOVETE IMPARARE BENE I DETTAGLI MA NON PERDERE MAI IL CONCETTO DI FONDO
PERCHE’ E’ QUELLO CHE VI DA MODO DA CAPIRE BENE I DETTAGLI .
Slide 18 lezione 14( intro metabolismo)

17
Questa è la mappa del metabolismo centrale, cioè questa figura racchiude tutte le reazioni
di tutti gli intermedi che si svolgono all’ interno della cellula .

E alla fine di questo corso voi conoscerete quelle indicate in giallo quindi diciamo la
colonna vertebrale del metabolismo cellulare.

Noterete che in alcuni punti ci sono dei cicli energetici che sono delle zone fondamentali .

Questi sono in particolare i dettagli di questa mappa semplificata .

Naturalmente non sarà argomento di questo corso la fissazione del carbonio e fotosintesi
poiché fanno parte del corso di fisiologia vegetale.

Quello di cui vi voglio parlar adesso è come le molecole in particola l’ATP permettono di
fornire l’energia necessaria alla cellula per svolgere del lavoro .

Il lavoro può essere sintesi ,strasporto di ioni,contrazione ect…

Per tutte queste cose la cellula utilizza l’ATP

Un altro nucleotide-trifosfato che a cellula utilizza è il GTP utilizzato generalmente nei


processi di trasferimento dell’ informazione genetica ovvero fornisce energia durante la
traduzione o durante la trasduzione.

L’ATP è la valuta che si utilizza principalmente nei processi metabolici .

In generale queste molecole prendono il nome di molecole ad alto contenuto energetico .

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Notate però la scrittura in corsivo perché in realtà parlare di molecole ad alto contenuto
energetico non è corretto e ora vi spiego il perché.

Legame anidridico Legame estere

Questo è l’ATP di cui dovete conoscere la struttura tridimensionale , cioè dovete saper
scrivere la formula.

È l’adeninatrifosfato vedrete che ha uno zucchero deossi , quindi è anche il precursore


dell’ RNA .

Notate la presenza di questi gruppi fosfati che vengono definiti alfa, beta e gamma.
A partire dal carbonio 5 del deossiribosio a cui è legato il primo (alfa) questo è un legame
estere in particolare è un legame fosforo-estere.

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Gli altri due fosfati( il beta e il gamma) sono legati invece con legami anidridici.

Questa è la differenza importante che dovete ricordare .

Prima abbiamo detto L’ATP è una molecola che contiene legami ad alta energia e mi
riferivo ai legami anidridici perchè vedrete che durante il metabolismo quando vi è l’ idrolisi
di ATP in ADP e fosfato significa che viene interrotto il legame anidridico tra il fosfato beta
e il fosfato gamma e si ha il rilascio del fosfato gamma .

Inoltre nel metabolismo accade che viene interrotto il legame tra il fosfato alfa e il fosfato
beta e si forma il cosi detto piofosfato(?) che sono due fosfati inorganici legati dai legami
anidridici .

Non osserverete mai nel metabolismo l’idrolisi del legame estere .

Questo legame è improprio definirlo ad alta energia lo si definisce per comodità , perché è
un legame chimico come qualsiasi alto legame e contiene quindi la stessa energia degl’altri
legami chimici .
Che cosa lo fa preferire alla cellula rispetto a qualsiasi altro legame ?

Questo motivo qui: quando il fosfato si allontana , si ha l’idrolisi del legame anidridico si
produce fosfato inorganico .

Questo fosfato inorganico rispetto a quando si trovava legato all’ATP viene stabilizzato in
diverse maniere.

In particolare si vede che essendo questi due ossigeni carichi e qui gli altri ossigeni non lo
sono , si verifica una stabilizzazione per risonanza di questa molecola .

Questo determina un valore energetico più basso , non solo, ma il prodotto l’ADP viene
stabilizzato anche per ionizzazione , perchè mentre prima c’erano tre cariche vicine ora ce
ne sono solo due e viene stabilizzata per idratazione , perché il numero di molecole di
acqua che si possono disporre qui intorno è maggiore rispetto a quelle che si potevano
disporre intorno all’ATP.

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Legame anidridico

In pratica quando ho un idrolisi del fosfato in gamma , dal reagente (ATP) passo al
prodotto che ha un valore energetico più basso grazie alla stabilizzazione per risonanza del
fosfato, alla ionizzazione( idratazione) .

L’idrolisi dell’ATP mostra una ΔG’° molto negativa perche’:


• Si riduce la repulsione tra cariche
• I prodotti della reazione sono stabilizzati per
risonanza e per ionizzazione (idratazione)
• L’idrolisi di ATP a ADP+Pi produce 30.5 kJ/mole
Il valore della differenza delle energia libera è pari a -30 kj/mole.

Ricorda : quanto più stabile è il prodotto tanto maggiore è la produzione di energia.


Man mano che si produce altro fosfato ottengo prodotti sempre più stabili e quindi la
differenza di energia che c’era rispetto al reagente di partenza è ancora maggiore.

Non è che l’ATP contiene un legame ad alta energia ma i prodotti dell’ idrolisi dell’ ATP
sono molto più stabili rispetto al composto di partenza .
Quindi quello che io guadagno energeticamente è la differenza tra il reagente e il prodotto.
Il legame chimico è sempre lo stesso ma il prodotto è stabilizzato.

È evidente che è molto più facile dire che una molecola è ad alto contenuto energetico
piuttosto che dire che è una molecola il cui prodotto è molto stabile.

Per cui se mi dite che l’ATP è una molecola ad alto contenuto energetico non sbagliate ma
io posso chiedervi il perché per verificare se avete capito questo concetto.

L’ATP non è l’unica molecola ad alta energia ma ce ne sono varie .

Noi non le studieremo tutte ma ne vedremo altre tre oltre all’ ATP .

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Una è il fosfenolpiruvato che è un intermedio della glicolisi e che viene prodotto proprio per
portare alla produzione di ATP.
Il fosfenolpiruvato quando avviene l’idrolisi del fosfato (il legame è di tipo fosfo-estere
quindi non è che i legami anidridici sono migliori dei legami esteri) ,e si ha quindi la
fuoriuscita del fosfato inorganico.

Il piruvato si trova nell’ equilibrio di due forme : la forma enolica e la forma chetonica .

C’è un trasferimento di legame per cui qui si forma un gruppo acilico e qui un gruppo
etilico.

Questo processo prende il nome di tautomerizzazione e porta molto rapidamente dalla


forma enolica alla forma chetonica ( che è molto più stabile della forma enolica ).
Il motivo per cui il fosfoenolpiruvato è una molecola ad alta energia è perche il prodotto ( il
piruvato) è molto più stabile del composto di partenza.
Quindi ΔG è quasi più del doppio del ΔG’°( standard) dell’ idrolisi dell’ATP.
Quello dell ATP è - 30,5 KJ/ mol, la variazione di energia libera biochimica standard del
idrolisi del fosfenolpiruvato è – 62 KJ/mol.

Legame estere

Nel primo caso abbiamo una stabilizzazione tramite risonanza( distribuzione delle cariche
parziali) , ionizzazione e idratazione; nel secondo caso abbiamo una stabilizzazione tramite
tautomerizzazione. Ma il concetto di fondo è che il prodotto è molto più stabile del
reagente .

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Un'altra sostanza ad alta energia è l’1,3-Bisfosfoglicerato .

Legame anidridico

In questo caso vedrete che questo legame del fosfato si interrompe e si produce l’acido 3-
fosfoglicerico che viene stabilizzato per risonanza in 3-fosfoglicerato (la carica si
distribuisce su i due ossigeni ). Questo prodotto è molto più stabile del reagente di partenza
e infatti la variazione di energia libera è - 49KJ/ mol. Per questo motivo anche questo viene
definito un composto “ad alta energia” .

L’ultimo di cui parliamo è l’acetil coenzimaA che è una molecola fondamentale poiché è una
molecola che incontreremo in moltissimi processi ed è una molecola di snodo di
degradazione del glucosio che porta poi a diventare precursore per la sintesi di altre
sostanze in particolare degli acidi grassi .

Legame tioestere

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Non voglio che conosciate la struttura poiché è una struttura estremamente complessa mi
basta che sappiate che l’acetil coenzimaA ha un gruppo acetilico .

Vedrete che quando viene idrolizzato ,questo è un legame tioestere, produce acido
acetico, l’acido acetico diventa acetato ed è quindi stabilizzato per risonanza.

L’idrolisi del acetil coenzimaA ha un valore quasi uguale a quello dell’ idrolisi dell’ATP è di
circa -30,5 KJ/mol , in realtà si vede che c’è una differenza tra i tioesteri( ovvero gli esteri
con lo zolfo) e gli esteri con l’ossigeno che sono gli esteri normali.
Il legame di per se è stabilizzato allo stesso modo e il prodotto è un acido acetico( perche
si ha acido acetico e la fuoriuscita di RSH oppure acido acetico e la fuoriuscita di ROH) che
è stabilizzato per risonanza e diventa acetato .
IL LEGAME TIOESTEREO E’ UN LEGAME AD ALTA ENERGIA,QUELLO ESTEREO
(OSSIGENATO) NON LO E’.

I tio-esteri partono da un livello energetico più alto rispetto agli esteri, ma i prodotti sono
stabilizzati allo stesso modo.
In questo caso è il composto di partenza ad avere un livello energetico superiore.
Questa sostanza quando c’ha due ossigeni è stabilizzata per risonanza e quindi ha un
livello energetico più basso rispetto all’estere con lo zolfo .
Quest’ultimo non è stabilizzato per risonanza è quindi ha un valore energetico superiore.

Quindi in definitiva abbiamo che ci sono delle sostanze che hanno tutte quante dei prodotti
più stabili dei reagenti e quindi la differenza di energia libera è molto elevata questo le
rende delle molecole importanti all’ interno del metabolismo.

Abbiamo visto prima il caso dell’ ATP dove si vede che l’idrolisi e la fosforilazione al
glutammato permette la combinazione con l’ammoniaca,che porta alla formazione di
glutammina.

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Vedete questa è la reazione in un singolo passaggio si scrive glutammato + ammoniaca, si
mette in mezzo l’idrolisi dell’ ATP in ADP e Pi e si produce glutammina

In realtà la reazione avviene in due tappe e cioè l’ enzima determina l’idrolisi dell’ ATP e il
legame del fosfato al glutammato e si forma il glutammilfosfato.

Successivamente, l’ingresso dell’ammoniaca spiazza il fosfato e porta alla formazione di


glutammina .

Perché vi ho mostrato questa immagine, perché l’ ATP quando fornisce energia alla
reazione partecipa covalentemente, cioè il più delle volte l’ATP si è idrolizzato e il fosfato
viene legato covalentemente a uno degli intermedi . Poi viene allontanato per portare alla
formazione del prodotto .

Ma deve essere legato COVALENTEMENTE alla relazione .

La stessa cosa succede con il glucosi6-fosfato e cioè l’ATP porta a legare il fosfato al
glucosio.

La domanda è : come fa l’ATP a trasferire energia ?

Normalmente lo fa con il trasferimento di gruppi e cioè, con il trasferimento del fosfato .

Ci sono delle eccezioni e sono quelle che riguardano :


 Contrazione muscolare (Miosina)
 Sintesi del DNA (DNA polimerasi) il movimento della dna polimerasi sulla catena di
dna nascnte quando deve avvenire la replicazione del dna
 Sintesi proteica (ribosomi)
 Elicasi un enzima utilizzato quando il dna deve assumere delle strutture
tredimenzionali complesse
 Trasduzione del segnale

In questi caso l’ATP non si lega in maniera covalente alla proteina , la sua idrolisi
determina un cambiamento conformazionale della proteina stessa .

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L’idrolisi dell’ATP porta alla formazione dell’ ADP che distorce la proteina e quindi
determina un cambiamento conformazionale .

Quindi questi sono i casi in cui l’ATP non trasferisce gruppi ma cambiando la sua forma
chimica da ATP ad ADP cambia la conformazione della proteina a cui è legato.

Questo è uno specchietto che può essere molto utile perché sono riportate sull’asse delle y
i valori energetici delle idrolisi delle diverse sostanze di cui abbiamo parlato in questa
lezione .

Per esempio :

questo è l’ATP che si trova a 30,5 KJ/mol e quindi si trova a un livello energetico superiore
rispetto ad altre sostanze .

In questo caso significa che l’ATP può trasferire la sua energia a molecole che si trovano a
un livello energetico inferiore .

Quindi qui troviamo i composti ad alta energia e qui i composti a bassa energia per
esempio il glucosio-6-fosfato.

Prima reazione della glicolisi = glucosio + ATP che diventa glucosio-6- fosfato + ADP.

Il fatto che l’energia debba solo scendere lo sapete già perché sapete che nel diagramma
dell’energia libera in funzione delle coordinate di reazione , il valore energetico dei reagenti
deve essere superiore a quello dei prodotti affinché la reazione sia spontanea.

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Note:

 Le molecole ad alta energia (>25kJ/mole) possono essere utilizzate per sintetizzare


molecole a più’ basso contenuto energetico
 In realtà non esistono “legami ad alta energia”
 L’energia rilasciata dipende dal fatto che i prodotti sono più stabili dei reagenti
 L’ATP si è affermato nell’evoluzione come ‘moneta energetica’ in quanto non
trasferisce spontaneamente i gruppi Pi all’acqua (ΔG# = 200-400kJ/mole).
 Il trasferimento avviene solo grazie ad enzimi specifici

Tra le altre sostanze che abbiamo visto prima ( della fosfocreatina non abbiamo parlato) il
fosfoenolpiruvato ha un valore di circa 62 KJ/mol mentre il 1-3bifosfoglicerato ha un valore
di circa 49KJ/mol.
Queste sostanze quindi hanno un valore energetico superiore rispetto a quello dell’ ATP e
infatti sono utilizzate nei processi metabolici per produrre l’ATP .

Perché non utilizziamo direttamente il fosfoenolpiruvato e il 1-3bifosfoglicerato ?

Come ho definito l’ ATP prima ? è una valuta energetica

All’ inizio dell’evoluzione sono stati fatti dei tentativi per capire quale fosse stata la
molecola più semplice da utilizzare e alla fine la scelta è ricaduta sull’adenina che serviva
anche per sintetizzare gli acidi nucleici .

L’ATP si è affermato come ‘moneta energetica’ in quanto non trasferisce spontaneamente i


gruppi Pi all’acqua (ΔG# = 200-400kJ/mole) e il trasferimento avviene solo grazie ad enzimi
specifici.

l’ATP deve essere comunque sintetizzato e quindi non lo posso sintetizzare a partire da
sostanze a più bassa valuta energetica, perché i principi della termodinamica affermano
che io l’energia non la posso creare .
Posso però convertire questa energia .
Ma devo passare da un valore più alto a un valore più basso.
Un fattore molto importante è che rispetto alle altre molecole l’ATP ha dei prodotti ,ovvero il
fosfato, che sono molto più stabili rispetto al reagente di partenza .

Abbiamo capito come la cellula immagazzina energia e come fa ad utilizzare questa


“moneta “ energetica per qualsiasi tipo di trasferimento .

In realtà non abbiamo ancora visto come viene sintetizzato ATP .


Come si formano queste molecole che poi portano alla sintesi di ATP ?
Sappiamo che quindi serve ATP per processi che vogliono dire compiere lavoro,mentre si
sintetizza ATP mediante l’ossidazione di molecole provenienti da sostanze nutrienti
oppure fotosintesi a seconda che siano eterotrofi o autotrofi .

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I trasportatori di elettroni .
in particolare NAD , NADP+, che diventano NADH e NADPH.

In pratica nella cellula il movimento di elettroni che serve a produrre ATP avviene mediante
reazioni di ossido-riduzione .
Nelle reazioni di ossido-riduzione (reazioni redox) una specie chimica viene ossidata e
perde elettroni ed un’altra viene ridotta e acquista elettroni.
La specie che cede gli elettroni si dice agente riducente, mentre quella che li accetta viene
detta agente ossidante.
Insieme, le due specie formano una coppia coniugata redox.

Quando nella fermentazione lattica si ha il trasferimento di elettroni dal lattato al piruvato ,


si vede che il lattato viene ossidato (in particolare questo ossigeno) ,perde gli elettroni e si
forma un doppio legame nel piruvato .
Molto spesso ossidazione è sinonimo di deidrogenazione e infatti gli enzimi che
catalizzano queste reazioni prendono il nome di deidrogenasi o ossidoreduttasi.

La reazione inversa è quella che succede quando noi facciamo uno sforzo in assenza di
ossigeno. In questo caso si produce acido lattico che si va a deporre nei muscoli ed è
responsabile dei dolori muscolari .

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Questa tabella ci indica il motivo per cui noi siamo delle forme di vita basate sul carbonio.

Il carbonio lo abbiamo già detto che è una molecola importante e nella sua forma
tetraedrica permette di raccogliere molti elettroni .

Infatti quando noi abbiamo il carbonio sotto forma di metano abbiamo che gli 8 elettroni
sono in comune con l’idrogeno .

In pratica quello che succede nella cellula è che questi elettroni vengono trasferiti a un
atomo più elettronegativo del carbonio, che va incontro a un fenomeno di ossidazione .

In particolare si vede che questi elettroni vengono trasferiti :


1. Direttamente come e-
2. Sotto forma di atomi di H(un atomo di idrogeno contiene un protone e un elettrone)
3. Sotto forma di ioni idruro (H-) (possiedono quindi un solo protone e due elettroni)
4. Combinazione di un riducente organico con O2

L’ accettore finale degli elettroni è sempre l’ossigeno che può essere in varie forme ed è
quello che poi alla fine della reazione porterà alla formazione dell’ acqua .

In realtà vedrete che il carbonio si può trovare in stati di riduzione molto diversi.

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Qui sono indicati con la posizione dei vari elettroni e quindi potete vedere che quando si
trovano sotto forma di alcani hanno una ricca dotazione di elettroni.
Man mano che si introducono nuovi atomi di ossigeno, gli elettroni vengono trasferiti dal
carbonio all’ossigeno stesso che quindi è l’agente ossidante( ridotto), mentre il carbonio è
l’agente riducente(ossidato) .

Nota :In chimica, viene detta riducente una specie chimica che cede elettroni ad un'altra specie chimica.
Viene detta riduzione l'azione della specie riducente su un'altra specie, e quest'ultima, a cui sono stati ceduti elettroni, viene
detta ridotta.
La presenza di una specie riducente in una reazione chimica implica necessariamente anche la presenza di una
specie ossidante.
Durante la reazione, una specie riducente subisce un'ossidazione, o in altre parole è ossidata.

Quindi questi sono i gruppi principali che si trovano nelle molecole biologiche.
Parte poco chiara :nel audio vocale dice quando il carbonio è interamente ridotto viene
ossidato ad alcol ,poi viene ossidato( appare la formazione del gruppo carbonilico) in
aldeide o in acido carbossilico fino a quando il carbonio non si trova sotto forma di anidride
carbonica che è lo stato di totale ossidazione del carbonio .

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Credo che intendesse : quando si ha la completa riduzione del carbonio questo subisce un
ossidazione e viene trasformato in alcol,poi si ha l’ossidazione dell’alcol (appare la
formazione del gruppo carbonilico) in anidride aldeide o acido carbossilico fino a quando il
carbonio non si trova sotto forma di anidride carbonica che è lo stato di totale ossidazione
del carbonio .

Questi sono i processi che avvengono all’interno della cellula.

Quale tra le molecola biologiche che abbiamo visto contiene gli alcani , cioè qual’ è lo stato
del carbonio più ridotto?

Gli acidi grassi sono costituiti da una catena idrocarburica che termina con un gruppo
carbossilico , quindi hanno una condizione di estrema riduzione dei loro carbonii, mentre
per esempio gli zuccheri no !

gli zuccheri sono dotati di molti legami con l’alcol e poi hanno un aldeide o chetone nel
caso siano fruttosio o glucosio.

Questo è il motivo per cui i grassi sono dei composti altamente energetici perché offrono
molti più elettroni rispetto al glucosio o in generale agli zuccheri per essere degradati.

Gli orsi quando mangiano i salmoni la prima cosa che mangiano del pesce è il grasso
poiché hli da un rapporto energetico molto elevato .

Gli erbivori invece devono mangiare molta erba per avere un rapporto energetico sufficiente
per vivere.

Quindi i processi catabolici sono ossidativi quindi noi partiamo dal metano e andiamo ad
ossidarlo fino ad ottenere l’anidride carbonica . Qui sono considerate tutte quelle molecole
che possiedono un solo atomo di carbonio .

(immagine corretta)

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Mentre i processi anabolici sono riduttivi e cioè dalla anidride carbonica ( nel caso degli
autotrofi) si arriva a sintetizzare delle sostanze e estremamente ridotte .

( Sulla slide la freccia va nella direzione opposta alla foto ovvero : energia massima  ( (
nelle slide:(energia massima <-energia minima )

Anche le piante producono i gassi , sappiamo bene per esempio che vengono estratti dai
semi ( olive, semi di girasole, nocciole ecc)

Quindi durante il processo catabolico si producono elettroni, vengono per esempio estratti
dal glucosio( vedete quanti gruppi alcolici ha il glucosio , c’è un aldeide ) e si tende, con la
glicolisi ,a produrre piruvato.

Che in pratica da una molecola di glucosio si produrranno due molecole di piruvato ( da


una molecola a 6 atomi di C si arriva a due molecole a 3 atomi di C).

I PROCESSI CATABOLICI (degradativi) SONO OSSIDATIVI: SI PRODUCONO ELETTRONI

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Glucosio -> glicolisi -> 2 piruvato

Mentre i processi anabolici sono riduttivi e cioè vedrete che dal piruvato si produce
glucosio .

I PROCESSI ANABOLICI (sintetici) SONO RIDUTTIVI: OCCORRONO ELETTRONI

Piruvato-> gluconeogenesi -> glucosio

In un sistema biologico, la fonte di e- è il glucosio che viene ossidato enzimaticamente.


La specie con più elevata affinità per gli e- è O2.
La forza motrice che si genera fornisce energia agli enzimi e proteine per compiere lavoro
biologico

L’ossidazione di Glc fornisce l’energia per produrre ATP (ΔG’°=-2840 kJ/mole) in una serie
di reazioni.
Gli e- rimossi vengono trasferiti a coenzimi (NAD+ e FAD)

Questa lezione che descrive la glicolisi che spiegheremo nelle lezioni successive.

Il flusso degli elettroni può produrre lavoro biologico in particolare si vede che la riduzione
del glucosio fino a produrre acqua permetterà la sintesi dell’ ATP attraverso il processo
della fosforilazione ossidativa .

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Come faccio?

Tutto questo avviene grazie a dei trasportatori che trasportano gli elettroni e sono i
coenzimi ,passano dallo stato ossidato allo stato ridotto, e nell’ anabolismo fanno la via
inversa , passano dallo stato ridotto allo stato ossidato .

Come l’ATP conserva energia cosi i coenzimi conservano gli elettroni e li rilasciano al
momento opportuno .

Nelle reazioni cataboliche (ossidative) c’è bisogno di accettori di elettroni (forma ossidata
dei coenzimi).Vengono prodotti coenzimi ridotti.
metabolitaridotto + coenzimaossidatometabolitaossidato + coenzima ridotto

Nelle reazioni anaboliche (riduttive) c’è bisogno di donatori di elettroni (forma ridotta del
coenzima).Vengono prodotti coenzimi ossidati.
metabolitaossidato + coenzimaridottometabolitaridotto + coenzimaossidato

Quali sono questi coenzimi ?

Il più importante è Nicotinammide Adenin Dinucleotide (NAD+ o NAD).

NAD e NADP sono solubili.


Sono due nucleotidi (nucleotidi piridinici)legati con un legame fosfoanidridico tra i loro
gruppi fosforici.
I due nucleotidi sono composti ciascuno da un gruppo fosfato, legato in posizione 5' di uno
zucchero ribosio, a sua volta legato ad una base azotata.
Però notate che i due sono legati con i carboni 5( non è il legame che si ha negli acidi nuclei
dove son legati con il carbonio 3’ e il carbonio 5’)
Le due basi azotate differiscono tra di loro, essendo una l'adenina e l'altra la niacina.
Quest ultima è conosciuta anche come nicotinammìde (o vitamina PP, Pellagra-Preventing,
o vitamina B3) e derivata dalla piridina.

Il punto in cui il NAD riceve gli elettroni è nicotinammide .

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Quando una molecola di substrato si ossida perde due atomi di idrogeno.

NAD+ accetta uno ione idruro (H-=2e- + H+) e un H+ va in soluzione


Riceve un elettrone che va a rendere neutro questo atomo di azoto(carico positivamente) ,
mentre un atomo di idrogeno si mette in questo punto .

si la forma cosi il NAD cosi ridotto cioè NADH .

Poiché sono due atomi di idrogeno che si portano due elettroni si forma un protone H+
(che è quello che ha perso l’elettrone che ha ceduto all’ azoto) che è libero .

Gli enzimi che catalizzano ossidoriduzioni trasferiscono elettroni su pochi trasportatori


universali .
Il NADP è un trasportatore di elettroni universale , cioè è un cofattore degli enzimi (in
particolare delle deidrogenasi) che catalizzano un reazione di ossido-riduzione e fanno si
che gli elettroni dal substrato vadano al NAD.

A questo punto il NAD ridotto(NADH) si separa dall’ enzima e può andare altrove.

Questo è importantissimo poiché è esattamente come l’ATP .

L’ATP lo posso usare in qualsiasi momento per compiere un lavoro.


Il NADH serve a trasportare gli elettroni verso la catena di trasporto degli elettroni, che è la
fase precedente alla fosforilazione ossidativa che porta alla sintesi dell’ ATP .
Dunque il NAD+ opera nelle ossidazioni cataboliche, NADPH è il coenzima delle riduzioni
anaboliche.
Quindi il NADH va a portare gli elettroni per produrre ATP e serve quindi per sintetizzare le
molecole.
Il segno ‘+’ non indica la carica della molecola ma dell’anello nicotinammidico (forma
ossidata).
Questa è la reazione tipica del NAD
CH3CH2OH + NAD+--------------------------------- CH3CHO + NADH + H+
etanolo alcol Deidrogenasi (ADH) acetaldeide

due atomi di idrogeno vengono estratti al etanolo che diventa acetaldeide e un atomo di H
si lega al NAD formando NADH , mentre l’altro atomo di H cede un elettrone e diventa uno
ione libero

Max 340 nm

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Altri trasportatori sono l’FMN e il FAD.

370 e 440 nm 450 nm 360 nm

Le tre forme hanno massimi di assorbimento diversi

Flavin Mononucleotide (FMN)


Flavin Adenin Dinucleotide (FAD)
In linea di principio funzionano esattamente come il NAD e il NADH però in questo caso, per
esempio, dal FAD si può ottenere il FADH e il FADH2 quindi può contenere fino a due atomi
di idrogeno .

Quindi il FAD e FMN accettano fino a due e- (due atomi di H).

Al contrario del NAD, il FAD e l’FMN sono dei gruppi protetici agli enzimi (flavoproteine),
cioè possono legati solo stabilmente all’ enzima quindi non hanno la capacità di attaccarsi
e distaccarsi ( non formano interazioni futili e reversibili) .

FAD e FMN accettano fino a due e- (due atomi di H)

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Perché sono importati le vitamine ?

Le vitamine derivanti dal gruppo B sono i precursori dei nucleotidi purinici e


piridinici del NAD e del FAD .

La vitamina Niacina (Vit B3)è il precursore del NAD ed è a sua volta sintetizzata dal
Trp.La carenza di niacina provoca la pellagra dovuta a carenze nella dieta (mais) o
ad alcolismo.

FAD e FMN derivano dalla vitamina Riboflavina (Vit B2). La riboflavina è presente in
molti alimenti e la sua carenza provoca una forma simile alla pellagra e la stomatite.

In pratica noi mangiamo le vitamine perché (non siamo in grado di sintetizzarle da


soli) ci permettono di svolgere il catabolismo e l’anabolismo, sono ovvero degli
acceleratori del metabolismo perche sono i precursori dei trasportatori di elettroni.

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BIOCHIMICA LEZ15 DEL 29/04/2019

GLICOLISI

La GLICOLISI è la prima fase che indica la demolizione del glucosio e cioè che coinvolge il metabolismo del
glucosio.

Il glucosio è una molecola che presenta degli atomi di C in uno stato di ossidazione parziale, per cui
sebbene non sia totalmente ridotta, essendo presenti degli atomi di ossigeno è già parzialmente ossidata.
In ogni caso il glucosio è una fonte di energia molto significativa.

Questa è una visione d'insieme del metabolismo del glucosio :

Da tale visione si evince che il glucosio può andare incontro a :

- processi catabolici e quindi a dei processi di ossidazione. Uno dei processi di ossidazione di cui
parleremo oggi è : l'ossidazione attraverso la glicolisi che porta ad un composto a 3 atomi di C che
è il piruvato
- Inoltre, il glucosio può andare incontro ad un’ossidazione che lo porta alla formazione del
ribosio 5-fosfato che è il precursore degli acidi nucleici. Quindi, in realtà è un processo catabolico
perché avviene un'ossidazione, infatti il glucosio passa da 6 a 5 atomi di C, però ha in sé anche delle
componenti anaboliche perché comunque la modifica del glucosio determina la formazione di un
intermedio che può essere utile per la sintesi di altre sostanze che sono appunto gli acidi nucleici.
- Il processo anabolico del glucosio, invece, può portare alla sintesi di polisaccaridi di tipo strutturale
e questo è vero soprattutto nei microrganismi e nelle cellule vegetali oppure alla sintesi di
polisaccaridi o dei disaccaridi, come nel caso del saccarosio, che non hanno una funzione
strutturale ma una funzione di deposito energetico, cioè il glucosio si va a polimerizzare in modo
tale da costituire un serbatoio di energia che poi può utilizzare in diverse (min 04:05 condizioni ?)

Il glucosio è un classico esempio di evoluzione che ha portato ad un composto unico (infatti vedremo
che esistono molti zuccheri che vengono assunti nella nostra dieta dagli organismi, ma non esistono dei
processi che si sono evoluti indipendentemente (min 04:25?), cioè non è che si è riprodotto un
processo di demolizione del mannosio o del (min 04:32 lattosio o galattosio?) e così via, ma tutti questi
zuccheri vengono inter-convertiti in glucosio che quindi rappresenta l'elemento da cui si parte per la
demolizione degli atomi di C e quindi per la formazione di ATP.

In particolare, il processo catabolico del glucosio, di cui parleremo oggi, oggi parleremo di tutte le
reazioni che portano alla demolizione del glucosio a piruvato nella glicolisi e anche al destino del
piruvato a 2 composti, attraverso il processo di fermentazione e cioè : etanolo e acido lattico o
lattato , mentre il resto del corso riguarderà la successiva demolizione del piruvato in molecole più
piccole, fino a diventare CO2 e H2O nella fase finale del catabolismo, quello che porta successivamente
alla sintesi dell'ATP.

Tra poco vedremo che la glicolisi è un processo che avviene :

- In assenza di ossigeno, infatti la glicolisi è un processo catabolico che è considerato (min 05: 48?)
dai più antichi degli organismi viventi. Perché abbiamo dedotto questo? Dagli studi che vengono
fatti nel confronto biochimico tra organismi diversi, si vede che in pratica la glicolisi è
universalmente conservata e quindi è presente in tutti gli organismi e questo naturalmente è un
segnale di un processo importante alla base della vita e che quindi si dovrebbe essere sviluppato
molto presto, quando le prime cellule si venivano a formare.
- Inoltre, la glicolisi è un processo presente negli organismi aerobi, come noi, ma è presente anche
negli organismi anaerobi ed in questi organismi anaerobi è l'unico processo che porta alla
demolizione del glucosio. I microrganismi anaerobi sono tra gli organismi evolutivamente più vicini
ai nostri ancestrali perché la vita si è originata sul pianeta in assenza di ossigeno e quindi tutti gli
organismi che hanno popolato questo pianeta, all'inizio erano anaerobi e solo quando si è
sviluppata la fotosintesi e quindi vi è stata una massiccia produzione di ossigeno (min 07:17?) a
partire da microrganismi unicellulari simili alle alghe, questo ha portato poi allo sviluppo di
organismi aerobi e quindi ad un processo catabolico più (min 07:26 vincente?), in cui l'ossigeno è
diventato l'accettore finale degli elettroni portando tutti alla formazione dell'ATP.

In alcune nostre cellule, la glicolisi continua ad essere l'unico processo catabolico del glucosio cioè in
alcune nostre cellule non si verifica la respirazione e questo avviene per esempio negli eritrociti o nelle
cellule nervose e quindi è uno dei processi più antichi ed è uno dei processi che come vedremo non si è
adattato ancora ad una grande resa energetica perché è stato poi perfezionato con l'avvento di altri
processi catabolici come il ciclo di krebs e quindi la fosforilazione ossidativa (min 08:25?).
Questo (vedi diapositiva) è in generale il fenomeno che porta alla glicolisi:

La GLICOLISI è un insieme di 10 reazioni che ora vedremo una per una.

Della glicolisi bisogna conoscere:

- la struttura degli intermedi delle reazioni


- i nomi degli enzimi
- e le reazioni che gli enzimi catalizzano

Le 10 reazioni della glicolisi le possiamo suddividere in 2 fasi:

- una prima fase di 5 reazioni che è la fase preparatoria


- e una seconda fase di altre 5 reazioni che è la fase di recupero energetico

In pratica, quindi, la glicolisi è un processo che si può agevolmente suddividere in:

- un momento in cui si ha un consumo di energia e quindi idrolisi di ATP


- e in una seconda fase in cui, invece, si ha un guadagno energetico

Poiché questo deve essere un processo che produce energia e che quindi produce molecole di ATP, la
resa finale deve essere tale che il consumo energetico non deve essere pari al guadagno energetico
ma come vedremo dobbiamo avere una resa positiva nella sintesi di ATP .

La GLICOLISI

- è catalizzata da una serie di enzimi


- non è necessaria la presenza di ossigeno, ma come vedremo nel momento in cui c'è mancanza di
ossigeno, la glicolisi si blocca
- e la sua localizzazione è citosolica. Tutti gli enzimi che sono presenti nella glicolisi sono enzimi
solubili e si trovano all'interno del citosol delle cellule, siano esse procarioti siano esse eucarioti.
La GLICOLISI, la possiamo leggere secondo 3 chiavi di lettura:

- la prima chiave di lettura è il destino degli atomi di C. Il glucosio è uno zucchero a 6 atomi di C, è un
aldoesoso. Il destino della glicolisi porterà alla produzione di 2 molecole a 3 atomi di C. Quindi, il
numero di atomi di C totali della glicolisi non cambia, perché in totale avremo 6 atomi di C ma
prima erano organizzati in un'unica molecola (glucosio) e alla fine saranno organizzati in 2 molecole
a 3 atomi di C (piruvato). In questo, la glicolisi è diversa, per esempio dal ciclo di krebs, in cui si ha
produzione di CO2 e quindi l'allontanamento dal ciclo di C. In questo caso, invece, c'è un
riarrangiamento degli atomi di C . Quindi, la prima cosa da tenere a mente è il destino dello
scheletro carbonioso.
- la seconda cosa da seguire è cosa avviene nella fosforilazione dell'ADP ad ATP , cioè qual è il
destino dei fosfati
- l'ultimo elemento da ricordare è che in un passaggio della glicolisi si osserva il trasferimento di e-
dalla molecola carboniosa e quindi dal derivato del glucosio al NAD+ che è un trasportatore di e-.
Anche il NAD+ che viene quindi ridotto a NADH è un risultato energetico della glicolisi perché questi
e- che vengono trasferiti dallo scheletro carbonioso al NAD+ , possono essere poi utilizzati nella
catena di trasporto degli elettroni per la sintesi di ATP.

Quindi, mentre la riduzione delle dimensioni dello scheletro carbonioso ci dà un'idea della trasformazione
che avviene nella glicolisi, le altre 2 tappe sono collegate agli aspetti energetici e quindi alla sintesi di ATP,
sia direttamente, perché l'ATP viene sintetizzato durante la glicolisi, sia indirettamente, quando si produce
NADH a partire dal NAD+.
Quello di cui parleremo tra poco è il fatto che il glucosio viene trasformato in 2 molecole di piruvato (vedi la
prima freccia rivolta verso il basso della diapositiva). Per avere un quadro generale bisogna sempre
ricordare che la glicolisi è la parte iniziale di un processo più complesso che porta poi alla fine alla
produzione di CO2 e H20 e ad una serie di molecole di ATP .

Quindi, la glicolisi la si può vedere, sia come un processo che porta alla sintesi di ATP perché avviene sintesi
di ATP, c'è una resa netta positiva di ATP, ma è anche un processo che permette di indirizzare un alimento
fondamentale, uno zucchero, alla sua demolizione successiva, perché il momento in cui avverrà la maggiore
produzione di energia sarà quando il piruvato entrerà nel cosiddetto metabolismo centrale e cioè nel ciclo
di krebs, trasformandosi prima in Acetil-CoA e poi a partire dal ciclo di krebs, ad entrare nella sua
demolizione totale. La linea verticale (vedi le frecce rivolte verso il basso della dispositiva) indica il processo
di ossidazione del glucosio fino a diventare CO2 ed H2O.

Dallo schema (vedi diapositiva), si evince che vengono prodotte 4 molecole di CO2 ma il glucosio è fatto da
6 atomi di C e infatti si ha la perdita di 2 atomi di C nell'ossidazione da piruvato ad Acetil-CoA. Quindi, nel
caso del glucosio abbiamo 6 atomi di C e nel passaggio da glucosio a piruvato non c'è nessun
allontanamento relativo agli atomi di C perché le molecole di piruvato sono 2 e ogni molecola di piruvato ha
3 atomi di C, per cui gli atomi di C sono sempre 6. Successivamente, si perdono 2 atomi di C sotto forma di
CO2, altri 2 atomi di C vanno nell'Acetil-CoA e poiché le molecole di Acetil-CoA sono 2, gli atomi di C sono 4
e ogni molecola di Acetil-CoA ha 2 atomi di C e quindi in totale si ha la completa demolizione del glucosio.

Oggi però vedremo che questo avviene quando ci troviamo in condizioni aerobiche. Subito dopo aver
parlato della glicolisi, parleremo delle fermentazioni che sono delle condizioni che si verificano quando c'è
assenza di ossigeno e in questo caso il piruvato non segue più il suo destino ma segue 2 destini differenti, in
cellule diverse che portano alla fermentazione e quindi alla riduzione del piruvato ad etanolo e acido
lattico o lattato .

Quindi, ora entreremo nei dettagli della glicolisi, ma non bisogna mai perdere di vista il concetto generale e
cioè che la glicolisi è un primo passaggio che porta all'inserimento del glucosio in una serie di processi
degradativi che portano alla sua completa demolizione.

Cominciamo a parlare della prima fase della glicolisi .

La GLICOLISI è costituita da:

- 5 reazioni di fase preparatoria


- e da 5 reazioni di fase di recupero energetico

Quindi, di partenza abbiamo il glucosio. Dalla diapositiva, si evince un riassunto di quelle che sono le
reazioni che avvengono nei diversi passaggi che coinvolgono quindi enzimi che hanno funzioni molto
differenti tra di loro.
Il primo passaggio della fase preparatoria della glicolisi è la fosforilazione del glucosio. La reazione di
fosforilazione è una reazione che abbiamo già incontrato quando abbiamo parlato delle reazioni accoppiate
perché abbiamo detto che non tutte le reazioni del metabolismo sono spontanee ma alcune non lo sono
per motivi termodinamici e una di queste è appunto la fosforilazione del glucosio. In particolare, la reazione
che avviene tra il glucosio e il fosfato inorganico e che porta al glucosio 6-fosfato ha una variazione di
energia libera positiva e quindi la reazione non avviene spontaneamente. Se però a questa reazione è
accoppiata l'idrolisi di una molecola di ATP in ADP e P che invece è una reazione spontanea perché ha una
variazione di energia libera molto negativa, poiché le 2 reazioni hanno in comune il fosfato e quindi
accoppiando le 2 reazioni grazie al fatto che c'è il fosfato che è un elemento comune alle 2 reazioni, si
ottiene una variazione di energia libera negativa.
Nella diapositiva sono indicati i valori :

- la fosforilazione del glucosio (min 20:21 da fosfato inorganico oppure dallo stato inorganico?) è
+12 kJmol-1 (si legge chilogiaulpermole)
- mentre l'idrolisi di ATP è circa 30 kJmol-1 negativo ovvero -30kJmol-1

Quindi, la netta reazione è quella che porta alla trasformazione del glucosio in glucosio 6-fosfato in maniera
spontanea.
La prima reazione della glicolisi è catalizzata da un enzima che prende il nome di esochinasi. La parola
chinasi riguarda l'attività enzimatica e indica il trasferimento di gruppi fosfato. Le chinasi trasferiscono
gruppi fosfato, invece le fosforilasi idrolizzano i gruppi fosfato dalle molecole cioè catalizzano la reazione
inversa. Quando studierete la biologia cellulare (min 21:33 avrete una nausea?) delle chinasi fosforilasi
perché tutti i processi di regolazione e di trasduzione del segnale derivano da eventi di chinasi fosforilasi.

In questo caso eso indica i 6 atomi di C del glucosio e il prodotto della reazione è il fosfato legato in questa
posizione (vedi diapositiva numero 7) .

Questa rappresentazione del fosfato (vedi diapositiva numero 7) è una rappresentazione abbreviata e se vi
chiedessi di scrivere la struttura delle molecole fosforilate va bene indicare il P all’interno di un cerchio
(vedi diapositiva numero 7). In realtà la struttura del glucosio 6-fosfato corretta è quella con le 2 cariche
negative ma va bene anche indicare il P in questa maniera (vedi diapositiva numero 7)

Il fosfato ha 2 cariche negative , in realtà queste 2 cariche negative sono protette dal Mg2+ e infatti il
magnesio è indispensabile per permettere la reazione dell'esochinasi. Inoltre, l'esochinasi è un enzima che
è stato molto studiato ed è un enzima famoso per andare incontro ad un processo di modifica
conformazionale durante la catalisi. In particolare, l'esochinasi è costituito da una struttura che si trova in
una condizione aperta tra le mie dita dove si trova il ponte è il sito attivo dell'enzima (min 23:54 controllare
il periodo) e quando il sito attivo viene occupato dai substrati, l'esochinasi ha un cambiamento
conformazionale che permette la catalisi. Quindi poi vedremo che è un enzima molto importante perché
catalizza la prima reazione della glicolisi che è la prima reazione irreversibile della glicolisi.
La seconda reazione della glicolisi è quella che dal glucosio 6-fosfato porta alla formazione di fruttosio 6-
fosfato (vedi diapositiva ). Anche in questo caso il numero degli atomi di C non cambia perché anche il
fruttosio è una molecola a 6 atomi di C però non bisogna farsi confondere dall’anello a 5 angoli perché in tal
caso ci sono 2 atomi di C (penso voglia dire fuori dall'anello) .

La reazione di isomerizzazione indica che la posizione degli atomi nello spazio cambia ma nelle 2 molecole
ci sono gli stessi atomi cioè il glucosio 6-fosfato e il fruttosio 6-fosfato hanno la stessa formula bruta e
hanno lo stesso numero di atomi di C, di H, di ossigeno e di fosforo.

La reazione è catalizzata dall'enzima fosfoesosio isomerasi. Nella diapositiva si evince il meccanismo di


reazione che non bisogna conoscere, però vi faccio notare una cosa importante: perché questa reazione
possa verificarsi è necessario che l'anello si apra e quindi nel sito attivo dell’enzima, si ha che il glucosio non
ha più la forma ad anello ma assume la struttura lineare. Quando abbiamo studiato i carboidrati, vi ho
detto che questa è la condizione più comune degli zuccheri a 6 atomi di C in soluzione perché il gruppo
aldeidico reagisce con l'ossidrile in questa posizione (vedi diapositiva) e porta alla formazione dell'anello
con una reazione emiacetalica perché quando un aldeide reagisce con un alcol forma un emiacetale.

Però all'interno dei siti attivi degli enzimi la struttura ad anello può aprirsi e questo avviene perché succeda
un evento che non è assolutamente trascurabile e cioè il gruppo carbonilico dalla posizione 1 viene
trasferito alla posizione 2 perché da un aldoesoso si produce un chetoesoso, da un aldeide si produce un
chetone. In questo caso, la reazione avviene a far sì che il gruppo carbonilico si muova dal C1 al C2 e questo
è il motivo della reazione catalizzata dalla fosfoesosio isomerasi.

Tale reazione (vedi diapositiva) ha un delta G’° molto poco positivo (1.7 kJ/mole) e quindi è una reazione
reversibile perché è una reazione che dal punto di vista cinetico non sarebbe spontanea anche se in realtà
ha un valore energetico così basso che può andare in entrambe le reazioni. Quindi al contrario della
reazione precedente dell'esochinasi che è una reazione irreversibile, la reazione della fosfoesosio isomerasi
è una reazione reversibile e vedremo che nella glicolisi ce ne sono varie di reazioni come questa.

La terza reazione della prima fase è una reazione di fosforilazione e quindi è una seconda reazione di
fosforilazione che in questo caso avviene sul fruttosio 6-fosfato ed è caratterizzata da un'altra chinasi e
quindi dà un altro enzima che trasferisce gruppi fosfato dall' ATP ad un accettore e questo enzima prende il
nome di fosfofrutto-chinasi. Quindi dal nome si può ricordare il substrato perché il substrato è il fruttosio
6-fosfato.

Vi faccio notare che fino ad ora, questo processo catabolico che dovrebbe produrre energia, in realtà
consuma energia perché nella prima reazione catalizzata dall'esochinasi e nella terza reazione catalizzata
dalla fosfofruttochinasi avviene un processo di fosforilazione e quindi di demolizione dell'ATP.
La terza reazione è una reazione molto importante. In primo luogo parliamo di nomenclatura : una
molecola come questa in cui il fruttosio mostra 2 gruppi fosfati su questi 2 ossidrili del C1 e del C6 si chiama
fruttosio bisfosfato e non bisogna confonderla con le molecole che si chiamano difosfato . Per esempio
l'ADP è adenina difosfato. Qual è la differenza?

Nell'adenina difosfato, i fosfati sono legati tra di loro, quando invece i 2 fosfati sono legati in due gruppi
diversi e non fra di loro, si deve parlare di bisfosfato.

Quindi non parliamo di fruttosio difosfato ma di fruttosio bisfosfato e quindi i 2 fosfati sono legati allo
zucchero in 2 punti differenti.

Si dice che la reazione catalizzata dalla fosfofruttochinasi è una tappa così detta di comando della glicolisi.
Quello che si vuole intendere è che è una reazione sottoposta ad una regolazione molto fine. In pratica è
una tappa caratterizzata dall'enzima fosfofrutto-chinasi (PFK) e in particolare questo enzima prende il nome
di fosfofrutto-chinasi-1 (PFK-1) per distinguerlo da un'altra fosfofrutto-chinasi che si chiama PFK-2. Il PFK-1
è un enzima allosterico , è un enzima regolato e in particolare il suo effettore allosterico è l'ATP. L'ATP è
uno dei prodotti più importanti della glicolisi perché è uno dei prodotti energetici finali .

In pratica, quando la concentrazione di ATP è bassa, la fosfofrutto-chinasi funziona come un enzima


michaeliano cioè è molto attiva anche a basse concentrazioni di substrato cioè di fruttosio 6-fosfato.
Quando, invece, la concentrazione di ATP è alta, si vede che l'attività dell'enzima a basse concentrazioni
di fruttosio 6-fosfato, è bassa.

Si tratta di un meccanismo di regolazione di tipo feedback cioè ad azione retroattiva potremmo dire. In
pratica quando c'è già tanto ATP, non c'è bisogno di sintetizzarne altro e quindi l'ATP in eccesso va a
bloccare la PFK-1 e il fruttosio6-fosfato non viene trasformato.

Però quando succede questo, la concentrazione di ATP man mano tenderà a ridursi perché l'ATP verrà
utilizzato dalla cellula e quindi a basse concentrazioni di ATP, la PFK-1 verrà attivata in modo tale che più
fruttosio 6-fosfato venga trasformato in fruttosio 1,6-bisfosfato e quindi la glicolisi possa andare avanti.
Perché questa è una tappa molto importante? Perché il fruttosio 1,6-bisfosfato è la prima molecola
caratteristica della glicolisi. Mentre il glucosio 6-fosfato e il fruttosio 6-fosfato sono 2 molecole che possono
essere utilizzate in altri processi metabolici , per esempio il glucosio 6-fosfato lo incontreremo in varie fasi
delle catene metaboliche che studieremo e quindi l’azione della esochinasi e della fosfoesosio isomerasi
produce degli intermedi che possono anche allontanarsi dalla glicolisi e a prendere altre strade, ma nel
momento in cui avviene l'azione della PFK-1, si produce un intermedio che a questo punto ha segnato il
destino di questa molecola cioè il fruttosio 1, 6-bisfosfato dovrà andare avanti nella degradazione e quindi
nel completamento della glicolisi.

Questo è un concetto molto importante perché dai libri di biochimica si può avere l'impressione che i
processi catabolici e i processi anabolici siano dei processi fissi, determinati cioè che nel momento in cui il
glucosio diventa glucosio 6-fosfato, quest’ultimo va avanti e porta alla produzione di piruvato.

In realtà bisogna mantenere l'idea che il metabolismo avviene tutto insieme all'interno della cellula.
Avvengono fasi diverse ma l'esochinasi non è un elemento di una catena meccanica di demolizione di una
certa sostanza, non è una struttura pensante. L'esochinasi non fa altro che fosforilare il glucosio e se la
cellula ha necessità di fare glucosio 6-fosfato, l'esochinasi si può allontanare e quindi la glicolisi abortisce. Al
contrario, nel momento in cui la PFK-1 produce il fruttosio 1, 6-bisfosfato, il destino di questa molecola è
segnato e quindi la glicolisi può continuare.

La reazione di fosforilazione catalizzata dalla PFK-1 è la seconda reazione irreversibile della glicolisi .

La quarta reazione della fase preparatoria è quella che determina per la prima volta la scissione di una
molecola a 6 atomi di C per produrre 2 molecole a 3 atomi di C. Questa reazione è catalizzata dalla
fruttosio aldolasi che viene normalmente denominata semplicemente aldolasi. L'aldolasi catalizza
l'interruzione di un legame C-C.

L'interruzione dei legami C-C non è affatto semplice perché sono dei legami estremamente stabili e come
vedremo questa (penso interruzione) è possibile proprio perché si parte da una struttura di un chetoso.

I prodotti di reazione dell'aldolasi sono :

- la gliceraldeide 3-fosfato
- e il diidrossiacetone fosfato
La gliceraldeide era lo zucchero più semplice che abbiamo studiato quando abbiamo parlato dei carboidrati
e grazie alla gliceraldeide è stata stabilita la convenzione dei carboidrati nella loro forma D ed L .

Tutti gli zuccheri che si trovano nella glicolisi appartengono alla serie D e anche se non vengono mai
nominati come zuccheri D , naturalmente devo avere il C asimmetrico che possa avere la configurazione di
tipo D. La gliceraldeide 3-fosfato è un aldeide mentre il diidrossiacetone fosfato è un chetone. Queste 2
sostanze sono isomeri cioè hanno la stessa formula bruta, hanno lo stesso numero di atomi di C, di H, di
ossigeno e di fosforo.

All'interno della struttura del fruttosio 1, 6-bisfosfato è possibile distinguere il destino delle 2 parti: se il
fruttosio 1, 6-bisfosfato invece di rappresentarlo nella sua forma ciclica, lo rappresentiamo nella sua forma
lineare (vedi diapositiva), si vede che i primi 3 atomi di C sono quelli che portano alla formazione del
diidrossiacetone fosfato ed è facile ricordarlo perché in tale molecola si trova una funzione chetonica che
rimane uguale, il legame che si scinde è quello tra il C3 e il C4 e gli altri 3 atomi di C cioè il C4, il C5 e il C6 del
fruttosio 1, 6-bisfosfato diventano gliceraldeide 3-fosfato perché l’atomo di C (penso il C4) che aveva una
funzione alcolica, viene ossidato e porta alla formazione dell'aldeide (penso la gliceraldeide 3-fosfato).

L'aldolasi in realtà catalizza una reazione irreversibile che non è spontanea, infatti la reazione che porta
alla scissione del fruttosio 1, 6-bisfosfato in diidrossiacetone fosfato e in gliceraldeide 3-fosfato è una
reazione con una variazione di energia libera molto positiva (23.8 kJ/mole) e come è possibile che questa
reazione avvenga? Questa reazione avviene grazie ad un processo che è il rapporto di azione di massa Q.
Noi avevamo fatto una distinzione tra la variazione di energia libera standard che rispetto alla variazione di
energia libera dei fisici è quella che stabilisce che il pH è 7 e quindi che gli idrogeni non hanno una
concentrazione 1M ma hanno una concentrazione 1×10^-7 M. Mentre la variazione di energia libera reale è
quella che tiene conto delle concentrazioni reali dei reagenti cioè è uguale a -RT per il logaritmo negativo
della costante di equilibrio (deltaG'°=-RT ln K'eq).

In questa reazione, la concentrazione di gliceraldeide 3-fosfato e di diidrossiacetone fosfato è sempre


inferiore della concentrazione del fruttosio 1, 6-bisfosfato e quindi è una reazione che portando via le
sostanze: gliceraldeide 3-fosfato e diidrossiacetone , facilita la reazione e di fatto la rende spontanea, cmq
possibile.
L'aldolasi la incontreremo anche nella reazione inversa cioè nella reazione di condensazione tra il
diidrossiacetone fosfato e la gliceraldeide3-fosfato che porta al prodotto a 6 atomi di C (penso fruttosio 1,
6-bisfosfato) e che avviene nel processo inverso della glicolisi che si chiama gluconeogenesi.

L'ultima reazione della fase preparatoria è l'isomerizzazione e cioè la gliceraldeide 3-fosfato, che sarà la
molecola che comincia la fase di recupero energetico, deve essere prodotta a partire dal diidrossiacetone
fosfato cioè, non avrebbe senso, una volta che il fruttosio 1, 6-bisfosfato è stato diviso a metà, svolgere due
reazioni parallele : una che porta alla demolizione o alla trasformazione della gliceraldeide 3-fosfato e una
di diidrossiacetone. È più facile avere un enzima che è questa isomerasi: la trioso fosfato isomerasi (così
chiamata perché la gliceraldeide 3-fosfato e il diidrossiacetone fosfato sono a 3 atomi di C) che trasforma il
diidrossiacetone fosfato in gliceraldeide 3-fosfato. Questa è la reazione che conclude la fase preparatoria.
Quindi cosa è successo nella fase preparatoria riguardo ai processi di cui abbiamo detto bisogna tenere
conto durante la glicolisi?

Per quanto riguarda il destino degli atomi di C, abbiamo che: una molecola a 6 atomi di C cioè il glucosio è
diventata 2 molecole a 3 atomi di C che sono la gliceraldeide 3-fosfato. Quindi abbiamo spezzato a metà
una molecola a 6 atomi di C.

Per quanto riguarda il destino del fosfato, abbiamo dovuto utilizzare 2 molecole di ATP perché ciascuna di
queste 2 molecole di gliceraldeide 3-fosfato fosse fosforilata. Quindi prima ha funzionato l'esochinasi e poi
ha funzionato la fosfofruttochinasi. Il fosfato è stato legato al C1 e al C6 e questo ha permesso, nel
momento in cui la reazione ha portato a spaccare a metà questa molecola (penso fruttosio 1, 6-bisfosfato )
nel legame C-C tra il C3 e il C4 , di produrre 2 molecole di gliceraldeide 3-fosfato entrambe fosforilate.
Però questo è un processo che ha portato ad un dispendio energetico. Ora infatti interviene la seconda fase
della glicolisi che è quella che parla del recupero energetico.

Quindi tutte le reazioni che ora vedremo si devono immaginare moltiplicate per 2, perché vedremo che i
vari intermedi di reazione hanno 3 atomi di C e quindi il processo avviene 2 volte.

Durante la fase di preparazione, l’idrolisi dell' ATP è servita per produrre delle sostanze che contengono il
legame C -P (carbonio-fosfato). La presenza del fosfato aumenta l'energia libera di questi composti ed è una
chiave per permettere poi la sintesi di ATP in quella che sarà la fase di recupero.
Nella diapositiva è schematizzata la fase di recupero della glicolisi ( e quindi 5 reazioni che in questo caso,
se si tengono conto quelle della prima fase, sono considerate da 6 a 10) che ci porterà ad un guadagno
energetico cioè alla sintesi fi ATP.

NB : nella diapositiva, accanto ad ogni molecola è riportato il numero (2) per indicare che le molecole da
considerare vanno moltiplicate per 2

La prima reazione è una reazione molto importante ed è catalizzata dall'enzima gliceraldeide 3-fosfato
deidrogenasi . In questo caso la gliceraldeide 3-fosfato diventa 1,3-Bisfosfoglicerato .

In pratica la molecola di gliceraldeide subisce una seconda fosforilazione però attenzione: questa
fosforilazione non avviene mediante l'idrolisi di ATP ma la fosforilazione avviene con il trasferimento alla
gliceraldeide 3-fosfato di un fosfato inorganico (Pi).

La seconda fase della glicolisi è una fase di recupero energetico per cui l'ATP viene bruciato tutto nella
prima fase e nella seconda fase non si idrolizza più ATP . Quindi nella seconda fase della glicolisi non si ha
mai idrolisi di ATP.

Questa reazione (la prima reazione della seconda fase della glicolisi) è una reazione di ossidazione della
gliceraldeide 3-fosfato perché la parte della molecola in cui c'è il fosfato (P) legato all'ossidrile del CH2OH
della gliceraldeide 3-fosfato, rimane identica, ma quello che avviene è un’ossidazione perché l’aldeide
diventa acido , infatti in 1,3-Bisfosfoglicerato, “ glicerato” è il prefisso di acidi, quindi dal nome del
composto possiamo ricordarci che questo (penso l'1,3-Bisfosfoglicerato) è un acido.
In realtà questa reazione (penso di ossidazione) è una reazione che coinvolge la gliceraldeide 3-fosfato e
avviene in 2 parti:

- c'è una prima parte che è una reazione di ossido-riduzione che coinvolge la gliceraldeide 3-fosfato,
l'H2O e il NAD+. In questo caso si produce il 3-fosfoglicerato e NADH + H+. Tenete conto che questo
(vedi diapositiva) è l'ossigeno che viene dalla molecola di H20, il NAD+ viene ridotto con 1 di questi
elettroni, in realtà il NAD+ riceve 2 elettroni attraverso lo ione idruro perché riceve 2 elettroni
come H- e quindi 1 H + 1 e- e quindi si produce H+ e si produce 3-fosfoglicerato.
- La presenza del 3-fosfoglicerato in questa reazione permette la reazione con un fosfato inorganico
(Pi) e la formazione dell'1,3-Bisfosfoglicerato.

Prima abbiamo visto che la reazione di fosforilazione del glucosio + Pi era una reazione non spontanea e
infatti era necessario accoppiare la presenza dell'ATP.

In questo caso, la reazione di fosforilazione si verifica con il Pi perché questa reazione, che è di 49 kJ/mole e
quindi positiva, si accoppia ad una reazione di -43 kJ/mole e quindi estremamente negativa.

In pratica, l'accoppiamento tra queste 2 reazioni porta ad una differenza di 6 kJ/mole .

Quindi avviene un primo processo che è un processo di accoppiamento tra 2 reazioni: una con una
variazione di energia libera molto negativa e una con una variazione di energia libera molto positiva. La
differenza cioè la somma algebrica di questi 2 valori (49-43 kJ/mole) cmq mi dà un valore positivo
(6kJ/mole) e quindi cmq una reazione non spontanea ma in questo caso interviene anche il rapporto di
azione di massa Q perché i prodotti della reazione totale sono: il NADH e l'1,3-Bisfosfoglicerato. Queste 2
sostanze sono presenti in bassissime concentrazioni e quindi sono dei prodotti che vengono continuamente
sottratti e la reazione alla fine ha una variazione di energia libera reale che è leggermente negativa
(-1kJ/mole) e quindi la reazione avviene spontaneamente.
Potremmo dire che la prima reazione della fase di recupero della glicolisi è l'esempio perfetto nel momento
in cui io vi chiedo: come fanno nel metabolismo a verificarsi delle reazioni che in realtà non sono
spontanee? Voi fate un bel collegamento tematico se dite che l'esempio migliore ce lo dà la prima reazione
della seconda fase della glicolisi in cui si verifica sia l'accoppiamento tra 2 reazioni e quindi la somma
algebrica tra una variazione di energia libera positiva e una variazione di energia libera negativa, sia il
rapporto di azione di massa Q perché il NADH è una sostanza preziosa e nella cellula viene subito utilizzata
per trasportare e- e produrre ATP e l'1,3-Bisfosfoglicerato è un’incredibile fonte energetica perché ora
vedremo cosa succede.

Dovete tener conto che questo legame è molto diverso da questo legame, mentre questo è un estere
perché è il legame tra l'acido fosforico e un alcol , questa è un'anidride perché è il legame tra un acido
fosforico e un acido carbossilico.

Gli anidridi sono delle sostanze che poiché vanno incontro ad un equilibrio della distribuzione di carica
hanno dei legami ad alta energia. In pratica, l'1,3-Bisfosfoglicerato è una delle molecole ad alta energia
perché la ionizzazione di questo gruppo, nel momento in cui viene idrolizzato il legame con il fosfato, va
incontro ad un equilibrio di stabilizzazione per risonanza e questo è il motivo per cui l'idrolisi dell'1,3-
Bisfosfoglicerato è un valore estremamente negativo (-49.3kJ/mole).

Perché tutto questo è importante? Perché la reazione successiva che è la reazione numero 7 che è
catalizzata dalla fosfoglicerato chinasi ed è la reazione che sintetizza ATP.

Quando abbiamo fatto la reazione di preparazione del metabolismo abbiamo detto che l'ATP è una
molecola così detta ad alta energia perché i gruppi anidridici del fosfato sono stabilizzati dal fatto che sono
tutti carichi e che quindi idrolizzandosi, i prodotti sono più stabili e ci siamo chiesti: ma come è possibile che
l'ATP che contiene tanta energia cioè ha un legame di -30 kJ/mole possa essere sintetizzato? Si può
sintetizzare perché parte da una sostanza che ha quasi -50 kJ/mole e quindi da un livello energetico
superiore .
Questo (non so cosa) ha portato alla formazione di un legame anidridico tra il fosfato e il gruppo
carbossilico dell'1,3-Bisfosfoglicerato e grazie all’enzima fosfoglicerato chinasi si ha la sintesi di ATP. Questa
reazione in cui si ha l'allontanamento del fosfato dall'1,3-Bisfosfoglicerato è una reazione così detta ad alta
energia. In pratica è una reazione spontanea perché è quasi - 50kJ/mole e questo avviene grazie al fatto
l'acido 3-fosfoglicerico si trova in equilibrio di risonanza con il 3-fosfoglicerato e quindi questo stabilizza
notevolmente questo prodotto e spiega questa differenza energetica.

La reazione in totale è di circa (min 01:03 della seconda rec: – 20 kJ/mole?) e quindi è una reazione
spontanea .

In realtà le 2 tappe: la 6 e la 7, le si possono considerare collegate e diciamo che la tappa 6 è quella che
dalla gliceraldeide 3-fosfato, Pi e NAD+ porta all'1,3-Bisfosfoglicerato e NADH , mentre la tappa 7 è quella
che dal prodotto della precedente e quindi dall' 1,3-Bisfosfoglicerato e ADP porta al 3-fosfoglicerato e ATP.
Ciascuna delle 2 tappe ha delle variazioni di energia libera standard e quindi indipendentemente dalla
concentrazione dei reagenti, una di tipo positivo (penso la tappa 6) e quindi questa reazione (penso la
reazione della tappa 6), considerando la variazione di energia libera standard, non è spontanea , l'altra
invece è spontanea (penso la reazione della tappa 7).

D'altra parte però se sommiamo le 2 reazioni, abbiamo che la differenza energetica è negativa
(6.3 kJ/mole -18.5 kJ/mole=-12.2kJ/mole) perché le 2 reazioni la rendono spontanea, grazie anche al
rapporto di azione di massa Q.

La variazione di energia libera reale è uguale alla variazione di energia libera standard + questa grandezza
(vedi diapositiva ) in cui Q è il rapporto tra le concentrazioni dei prodotti e dei reagenti.

Poiché l'1,3-Bisfosfoglicerato ha una concentrazione molto molto bassa perché in pratica viene subito
utilizzato per produrre ATP e quindi scompare e anche il NADH ha una concentrazione molto bassa perché
si trova nella condizione di essere carico di e- e ad andare verso il trasporto degli e- e quindi alla sintesi di
ATP, abbiamo che questo rapporto è inferiore a 1 e quando si fa il ln di un numero più piccolo di 1 si ottiene
un valore negativo e quindi questo spiega perché la variazione di energia libera reale è negativa ed è -12
kJ/mole.

In generale quindi le tappe 6 e 7 sono collegate fra di loro e spingono tutta la reazione a produrre ATP.
Nella diapositiva è riportato un grafico che ci è stato mostrato la lezione precedente quando abbiamo
parlato delle molecole ad alta energia.

L'ATP si attesta intorno a -30,5 kJ/mole e tutto ciò che deve portare alla sintesi di ATP deve quindi avere un
valore energetico superiore in modo tale che si possa avere il trasferimento del gruppo fosfato all'ADP.

L'1,3-Bisfosfoglicerato è la prima molecola che abbiamo incontrato oggi e che è circa -50kJ/mole.

Il fosfoenolpiruvato è una molecola che troveremo alla fine della glicolisi e che porta alla sintesi della
seconda molecola di ATP.

Al contrario, il glucosio 6-fosfato che è la prima molecola della glicolisi, pur essendo fosforilata ha un valore
energetico inferiore perché i prodotti della reazione non sono stati utilizzati quanto i prodotti dell'idrolisi
dell'ATP in ADP e fosfato oppure l'1,3-Bisfosfoglicerato a 3-fosfoglicerato e fosfato. Questo spiega il perché
il glucosio 6-fosfato, pure essendo fosforilato, non è una molecola ad alta energia.

Quindi, una volta che abbiamo ottenuto il 3-fosfoglicerato è necessario adesso modificare questa molecola
per portarla ad un'altra molecola ad alta energia che è il fosfoenolpiruvato.
La reazione numero 8 è quella caratterizzata dalla fosfoglicerato mutasi. In pratica il gruppo fosfato viene
trasferito dal C3 al C2. Questa è una reazione reversibile perché ha una variazione di energia libera
leggermente positiva.

La reazione numero 9 è quella caratterizzata dall'enolasi che è un altro enzima molto importante. Tale
enzima segue un meccanismo di reazione basato sui metalli perché c'ha del Mg2+ all'interno del sito attivo
che è essenziale per la catalisi e porta alla formazione del fosfoenolpiruvato.

Anche questa reazione non è spontanea e si vede che la variazione di energia libera di idrolisi del substrato
(-17.6 kJ/mole) è molto più positiva rispetto alla variazione di energia libera di idrolisi del fosfoenolpiruvato
che invece ha una variazione di energia libera di idrolisi molto alta (-61.9 kJ/mole).

L'ultima reazione è quella della piruvato chinasi che porta al trasferimento del gruppo fosfato dal
fosfoenolpiruvato all'ADP e quindi alla formazione dell'ATP. Il prodotto finale della reazione è il piruvato.

Perché questa reazione è così ad alta energia? Perché il fosfoenolpiruvato quando viene idrolizzato porta
alla formazione di piruvato. Il piruvato però, di trova in una fase di tautomerizzazione cioè ha una forma
enolica e quindi con il C legato con un doppio legame al CH2 e una forma chetonica dove invece si forma il
carbonile.

Questo rende elevata la stabilizzazione del prodotto e spiega il perché l'idrolisi del fosfoenolpiruvato ha una
variazione di energia libera pari a circa -62 kJ/mole.

Questa è l’ultima reazione della glicolisi ed è anche questa una reazione irreversibile.

Quindi le reazioni irreversibili sono 3:


- la reazione della esochinasi
- la reazione della fosfofruttochinasi
- e la reazione della piruvato chinasi

A questo punto possiamo dare uno sguardo di insieme alla glicolisi.

In primo luogo si vede che tutti gli intermedi della glicolisi sono fosforilati e questo avviene per motivi
diversi:

- il primo motivo è che gli zuccheri fosforilati non possono uscire dalla cellula. Quando uno zucchero
non è fosforilato ci sono dei trasportatori che lo possono portare all'esterno. Quando, invece, è
fosforilato, la molecola sebbene vada a favorire niente perché gli zuccheri fosforilati all'esterno
della cellula talvolta sono presenti in bassissime concentrazione non riesce ad uscire perché la
membrana plasmatica impedisce il trasferimento di una molecola così polare e perché non ci sono
dei trasportatori specifici.
- Inoltre, la presenza del fosfato permette in pratica la sintesi dell'ATP e cioè la presenza della
sostanza che porterà a partire dall'ADP ad una molecola di ATP e a formare i così detti intermedi ad
alta energia (ricordatevi che questo è un termine per capirsi ma che deriva dal fatto che i prodotti
hanno un livello di stabilizzazione superiore rispetto ai substrati)
- Inoltre, molto spesso gli enzimi grazie al legame con il gruppo fosfato che si trova sul substrato
possono abbassare l'energia di attivazione della reazione cioè assumono un cambiamento
conformazionale per cui la molecola ha uno stato di transizione più basso e quindi la reazione
avviene più rapidamente.
LA LOGICA CHIMICA DELLA GLICOLISI

In queste 2 diapositive sono riportati i vari passaggi della glicolisi ma senza evidenziare gli atomi di C e
di H, soltanto per farvi capire come in realtà la glicolisi si verifica e cioè quali sono i gruppi chimici che
devono essere (min10:19?). Si parte dal glucosio che viene rappresentato in una forma lineare in cui
viene indicato il numero degli atomi di C, alcuni ossidrili (min 10:32?) e una funzione aldeidica (min
10:35?).
La prima cosa che deve fare la glicolisi è fosforilare il glucosio perché altrimenti il glucosio esce dalla
cellula e quindi questo spiega il perché funziona l'esochinasi.

La fosforilazione non può avvenire al C1 perché il C1 c'ha un aldeide e quindi viene fosforilato il C6 e la
tappa dell'esochinasi è la prima tappa della glicolisi.

A questo punto, l'isomerizzazione dal glucosio 6-fosfato porta alla formazione del fruttosio 6-fosfato. La
logica chimica sta nel fatto che il gruppo carbonilico non deve essere più il C1 ma deve essere il C2 per 2
motivi:

- il primo motivo è che se devo spezzare a metà questa molecola a 6 atomi di C ho bisogno che
entrambe le metà siano fosforilare e quindi se ho fosforilato il C6 ora devo fosforilare il C1 e quindi
non devo avere più la funzione ( min 11:34 carbonilica?)
- il secondo motivo è che spezzerò a metà questa molecola nel legame tra il C3 e il C4 ma quando
vivrò in una condizione di questo genere non ho energia sufficiente perché l'interruzione del
legame C-C possa avvenire, devo trasferire un gruppo carbonilico nella posizione 2 che grazie ad
una delocalizzazione elettronica favorisce l'interruzione del legame C-C.

Quindi l'isomerizzazione è molto importante perché permette di liberare il C1 e a far avvenire la


successiva fosforilazione della tappa 3 che è quella della fosfofruttochinasi e poi nella tappa 4 quella
che porta all'azione dell'aldolasi e quindi all'interruzione del legame C-C.

Quindi a questo punto produco gliceraldeide 3-fosfato e diidrossiacetone fosfato ad opera dell'aldolasi.
Però se voglio che la reazione avvenga tutta attraverso un unico canale e non voglio 2 sostanze diverse:
la gliceraldeide 3-fosfato e il diidrossiacetone fosfato da cui devo produrre ATP devo convertire una
nell'altra e quindi avviene l'isomerizzazione che porta al fatto che il diidrossiacetone fosfato diventa
anch'esso gliceraldeide 3-fosfato.

Ora si ha la tappa di fosforilazione ossidativa della gliceraldeide 3-fosfato che insieme alla tappa
successiva permette la formazione di un composto ad alta energia che porta alla produzione di ATP.

A questo punto il 3-fosfoglicerato deve essere modificato in modo tale da raggiungere un


fosfoenolpiruvato che produrrà piruvato e quindi una molecola che si può stabilizzare e che porta alla
formazione di un'altra molecola di ATP.

Se vi ricordate che il glucosio deve essere rotto a metà e che dovete produrre 2 sostanze fosforilate
potete capire la logica chimica dei primi passaggi e quindi la fosforilazione di un ossidrile,
l'isomerizzazione in modo tale da permettere la fosforilazione del secondo ossidrile e la presenza di un
carbonile che permette l'interruzione del legame C-C. Dopo di che, isomerizzazione per avere un sol
prodotto e a questo punto produzione di ATP a partire da 2 sostanze ad alta energia:
l’1,3-Bisfosfoglicerato e il fosfoenolpiruvato.
Il glucosio entra nella cellula sotto diverse forme. Quando mangiamo dello zucchero o del latte, si
produce glucosio e galattosio. Il glucosio va nella glicolisi e in particolare nella diapositiva è cerchiato il
glucosio 6-fosfato perché il glucosio 6-fosfato è la forma fosforilata del glucosio e che quindi non può
più uscire dalla cellula. Dal grafico si evince che al glucosio 6-fosfato o ad altri intermedi della glicolisi
arrivano altri zuccheri, per esempio lo zucchero che mettiamo nel caffè è fatto di saccarosio che è
costituito da glucosio e fruttosio. Il glucosio (min 15:47 inizia già ?) nella glicolisi e il fruttosio ad opera
di un'altra esochinasi può entrare in un fruttosio 6-fosfato e quindi a livello del terzo metabolita della
glicolisi.

Il mannosio è uno zucchero raro che è presente nelle glicoproteine e che abbiamo visto quando
abbiamo parlato dei glicolipidi . Il mannosio può essere convertito in mannosio 6-fosfato ad opera di
un'esochinasi specifica e poi il mannosio 6-fosfato per una isomerasi diventa fruttosio 6-fosfato

D’altra parte quando mangiamo la carne o altre sostanze possiamo assumere glicogeno, amido quando
per esempio mangiamo i cereali, quelli che nella dieta definiamo carboidrati . Come vedremo nelle
prossime lezioni il glicogeno e l’amido vengono degradati e possono diventare o glucosio per idrolisi ad
opera dell’amilasi o glucosio 6-fosfato per fosforilasi.

In altre parole tutto il catabolismo è convergente verso gli intermedi della prima fase della glicolisi.
L'ultimo per esempio è il gicerolo dei lipidi che entra a livello di gliceraldeide 3.

Quindi la catena della glicolisi, come anche tutti gli altri processi metabolici che studieremo, non è un
processo che ha un punto di ingresso e un punto di uscita ma è un processo che nella cellula può avere
più punti di ingresso cioè molti metaboliti possono entrare nella catena della glicolisi e quindi utilizzare
i prodotti di degradazione di alimenti o di altre sostanze che la cellula assume.
Nella diapositiva è riportato lo specchio energetico finale della glicolisi .

In nero è evidenziata la reazione in generale e quindi dal glucosio, si utilizzano 2 molecole di ATP, 2
molecole di MAD+ dopo di che si devono avere 4 molecole di ADP e 2 molecole di Pi perché il glucosio
ce lo abbiamo all’inizio, le 2 molecole di ATP sono quelle che ci servono per l'esochinasi e la
fosfofruttochinasi, 2 molecole di NAD+ entrano nella fosforilazione ossidativa del primo passaggio della
fase di recupero, 4 molecole di ADP le abbiamo nella seconda fase di recupero perché sono 2 molecole
di ADP moltiplicate per 2 perché ci sono 2 molecole di gliceraldeide 3-fosfato e 2 molecole di fosfato
entrano insieme al NAD+ nella fosforilazione ossidativa .

Il prodotto finale quindi, sono 4 molecole di ATP e considerando che ne abbiamo consumate 2 all’inizio,
la resa finale della glicolisi sono 2 molecole di ATP.

Inoltre, la via degli atomi di C ci porta da una molecola di glucosio ad avere 2 molecole di piruvato.

La via dei gruppi fosforici ci porta a 2 molecole di ADP convertite in 2 molecole di ATP nette e la via
degli elettroni ci porta a 4 e- che vengono trasferiti a 2 molecole di NAD+ per produrre 2 molecole di
NADH.

Quindi, in realtà, il bilancio energetico finale della glicolisi è di 61 kJ/mole che rispetto a quello che si
ottiene con la demolizione totale di una molecola di glucosio che è di quasi 3000 kJ/mole è una
(min 19:40 frazione che sembra insignificante ?). In realtà, per alcuni tipi di cellule questo apporto
energetico dato dalla glicolisi è fondamentale ma la glicolisi è anche il processo che permette di
convogliare il glucosio nelle vie successive cioè uno dei prodotti più importanti della glicolisi è il
piruvato perché il piruvato è una molecola a 3 atomi di C con 2 gruppi carbonilici perché ha un
carbossile e un carbonile che è estremamente (min 20:16 duttile?) a successivi processi di riduzione e
quindi di estrazione di energia.
Quello che succede nella glicolisi, succede quando ci sono degli sforzi aerobici cioè quando è presente
ossigeno, la cellula riesce, a partire dalla glicolisi, a produrre ATP e a produrre piruvato. Ma cosa
succede nel caso in cui si produce piruvato e non c'è più ossigeno? Avete mai visto l'ossigeno nel
processo della glicolisi? No, l'ossigeno non è direttamente coinvolto nella glicolisi. Ma cos'è l'ossigeno?
È l'accettore finale di e-. Se non c'è ossigeno, significa che gli e- che trasporta il NADH non possono
arrivare a destinazione e quindi abbiamo un ingolfamento, abbiamo che si produce soltanto NADH e
non si produce più il NAD+ ma il NAD+ c'è nella glicolisi, in particolare nella prima reazione della fase di
recupero, quella della fosforilazione ossidativa. Ma se non c'è NAD+, la glicolisi si blocca e questo è un
dramma per la cellula perché significa che non ha più ossigeno per la fosforilazione ossidativa, che non
ha più modo di trasformare glucosio cioè di fatto la cellula non può più produrre ATP. Quindi questo è
un processo pericoloso. Michael Johnson è stato a lungo primatista dei 400m che è una corsa aerobica,
è una corsa che permette ancora di utilizzare ossigeno e quindi Michael Johnson poteva ancora
svolgere la fosforilazione ossidativa ma nel momento in cui viene a mancare ossigeno, la cellula ricorre
alle vie fermentative cioè a questo punto si trova in un blocco energetico drammatico, non ha più la
possibilità di produrre (min 22:36 ATP?) cioè si può avere ossigeno ma se l'ossigeno non c'è è inutile
cercarlo. Quindi l'unica cosa possibile da fare è sbloccare la glicolisi cioè fornire alla glicolisi del NAD+ in
modo tale che almeno si riesce a produrre un po' di ATP.
I processi fermentativi che studieremo sono 2:

- La fermentazione lattice
- E la fermentazione alcolica

La prima è la fermentazione lattica e (min23:11 come esempio si considera Bolt ?) perché i 100m e i
200m sono corse anaerobiche cioè sono delle corse all'interno delle quali non si respira. In pratica, la
fermentazione lattica è quella che coinvolge l'enzima lattico deidrogenasi che catalizza ,in questo caso,
la riduzione del piruvato in acido lattico o lattato . La riduzione coinvolge questo gruppo carbonilico
(vedi diapositiva) che diventa un alcol perché vengono trasferiti 2 e- dal NADH a questo gruppo
carbonilico, quindi gli atomi di C non cambiano, sono sempre 3 gli atomi di C, ma si ha una riduzione del
gruppo carbonilico. La riduzione è un processo opposto al catabolismo perché per via riduttiva si ha
anabolismo. In realtà la fermentazione è un processo di recupero, è un processo che permette la
produzione di NAD+ perché il NAD+ in questo modo può tornare alla glicolisi, permettere la
fosforilazione ossidativa della gliceraldeide 3-fosfato, produrre 1,3-Bisfosfoglicerato e quindi far
continuare la glicolisi e produrre ATP. Questo è il motivo per cui quando facciamo un'intensa attività
muscolare e arriviamo a fare degli sforzi anaerobici cioè che non permettono più ai nostri muscoli di
contrarsi utilizzando ossigeno, cominciamo a produrre acido lattico. L'acido lattico è il classico dolore
muscolare che si ha dopo che si fa un'azione anaerobica dovuta o al fatto che ci si allena male e quindi
quando non si è ancora allenati oppure quando si fa uno sforzo per cui si va in debito di ossigeno , non
si riesce ad avere ossigeno.
Nei microrganismi, invece, la fermentazione è alcolica, non avviene a livello di acido lattico ma avviene
a livello di piruvato e in questo caso produce etanolo.

In questo cado il piruvato che ha 3 atomi di C, prima viene modificato dalla piruvato decarbossilasi che
porta alla produzione di una molecola di CO2. Quindi il piruvato perde una molecola di CO2 che è quella
corrispondente al gruppo carbossilico e diventa una molecola a 2 atomi di C che è l'acetaldeide.
L'acetaldeide a questo punto viene ridotta dall'alcol deidrogenasi che porta alla formazione di
etanolo. La produzione di etanolo che avviene attraverso la fermentazione alcolica è uno dei primi
processi biotecnologici che sono stati scoperti dall'uomo. Dai tempi degli antichi egizi, la fermentazione
dell' amido e dell’orzo ha portato alla produzione della birra, poi è stato prodotto il pane, fermentando
l'amido del pane e quando il pane lievita si gonfia perché produce CO2 ad opera del lievito e l'etanolo
nel pane non lo sentiamo più perché quando viene cotto evapora. Quindi anche questo è un processo
biotecnologico. La stessa cosa avviene nel caso del vino perché sono le bucce dell'uva che permettono
la fermentazione e quindi la produzione del vino.

Il NAD+ che si produce serve alla prima reazione della fase di recupero energetico della glicolisi e
permette alla gliceraldeide 3-fosfato deidrogenasi di sbloccarsi e portare alla formazione dell1,3-
Bisfosfoglicerato.
Il primo meccanismo di un enzima che dobbiamo conoscere lo abbiamo visto precedentemente ed era
quello delle proteasi a Serina dell'idrolisi dei legami peptidici.

Il meccanismo dell'alcol deidrogenasi è il secondo meccanismo che dobbiamo conoscere perché è


quello che ci permette di capire come funzionano i cofattori e come una reazione catalizzata da un
enzima è assistita dal cofattore e da un metallo.

Rispetto al meccanismo delle proteasi a Serina è un meccanismo molto più semplice perché coinvolge
meno passaggi.

In questo caso si parte dall'acetaldeide che ha questa struttura (vedi diapositiva) . Il carbonile
dell'acetaldeide del gruppo aldeidico è (min 28:47 aumentato ?) grazie ad uno Zn2+ che si trova
all'interno del sito attivo dell’enzima. Questo orientamento permette l'attacco da parte del NADH e
questa è soltanto la nicotinammide del NADH che è l'unica che è coinvolta nel meccanismo di reazione
e con le frecce si indica il movimento degli e-. In questo caso, gli e- si muovono dal doppio legame
all’ossigeno, si muovono dal cofattore NADH al C e si ha un riarrangiamento dei doppi legami all'interno
della nicotinammide. Il risultato sarà che l'acetaldeide riceve un e- dal NADH e qui è indicato con (min
29:38?) . Inoltre, raccoglie un protone dal mezzo e l'e- che veniva dal doppio legame lo fa diventare un
altro atomo di H+ che qui è indicato in blu (vedi diapositiva) e si produce etanolo.

Quindi questo è un processo di ossido riduzione perché si ha una riduzione dell'ossigeno del carbonile a
formare un alcol e quindi l’alcol primario è l'etanolo.

Il NADH avrà perso gli e- e quindi si ha la formazione del NAD+.

Questo è il processo che avviene nella fermentazione alcolica, quindi abbiamo che la fermentazione
alcolica a partire dal glucosio che è quello che succede per esempio nel lievito quando si fa la
fermentazione del pane o della birra o del vino, il glucosio + 2molecole di ADP produce etanolo e 2
molecole di ATP cioè si completa la glicolisi ma invece di produrre piruvato si produce etanolo.
Nell'uomo l'alcol deidrogenasi ci serve quando beviamo alcol, quando assumiamo alcol abbiamo che la
reazione avviene in senso invece e cioè l'etanolo produce acetaldeide. Quando beviamo troppo alcol, si
produce tanta acetaldeide e l'acetaldeide ci fa venire mal di testa quindi è il processo chimico della
fermentazione in direzione opposta.

Vi ricordo la struttura del NAD+ che abbi amo già visto varie volte perché l'abbiamo vista quando in
enzimologia abbiamo parlato del fatto che esistono i cofattori e del fatto che il NAD+ si può utilizzare
per seguire le reazioni enzimatiche. In pratica, questa è di nuovo la reazione catalizzata dall'alcol
deidrogenasi, in questo caso è quello che succede Nell’uomo quando l'alcol deidrogenasi porta
all'ossidazione dell'etanolo in acetaldeide. Il NAD+ in realtà non è fatto soltanto della nicotinammide
ma è fatto in tutta questa struttura (vedi diapositiva), quando c'è una fosforilazione in questa posizione
che è il ribosio dell'adenina si ha il NADP e il NADP generalmente è coinvolto come NADPH nelle
reazioni di riduzione che avviene durante i processi anabolici, infatti incontreremo il NADPH soprattutto
nella biosintesi degli acidi grassi.
Nelle reazioni catalizzate dagli enzimi abbiamo visto che il NAD+ e il NADH hanno 2 spettri di
assorbimento nell'ultravioletto a lunghezze d'onda differenti. Entrambe le molecole assorbono a
260nm principalmente grazie alla presenza di un'adenina (260 nm è la lunghezza d'onda delle basi
azotate) ma il NADH ha un max di assorbimento anche a 340nm . Quindi è molto facile dosare l'alcol
deidrogenasi perché per ogni molecola di NADH che si produce, equivale ad una molecola di
acetaldeide che si produce e quindi ad una molecola di etanolo che viene ossidata. Quindi questa è una
classica reazione che si può utilizzare come esempio per studiare l'enzimologia cioè la velocità iniziale
della reazione, le equazioni di Michaelis e Menten e le costanti cinetiche.
GLUCONEOGENESI

La gluconeogenesi, una catena anabolica, è un processo che avviene in tutti gli


organismi viventi ed in pratica porta a produrre glucosio che a sua volta diventa il
carburante della cellula ma è anche il mattoncino che porta alla costruzione di
altre molecole, per esempio i disaccaridi. Il processo di gluconeogenesi è quello
che è alla base per esempio della sintesi del saccarosio all’interno delle piante
oppure alla formazione nelle piante di amido come materiale di riserva, o anche
della cellulosa. Dal glucosio si producono altri monosaccaridi cioè degli zuccheri
che sono degli isomeri che sono presenti nelle cellulose. La glicolisi è un
processo molto antico, presente negli organismi anaerobi e anche nei mammiferi
essa è talvolta l’unica fonte di energia in alcuni tessuti come quello nervoso, gli
eritrociti ed anche in situazioni patologiche come le cellule tumorali. D’altra parte
poiché l’evoluzione ha portato alla convergenza verso un unico zucchero per
produrre ATP è chiaro che nel momento in cui l’organismo si trova in eccesso di
glucosio invece di continuare a produrlo inutilmente, sposta l’utilizzo del glucosio
non verso il catabolismo ma verso l’anabolismo, cioè porta il glucosio a far parte
di polimeri di riserva. In altre condizioni si vede che però, quando la quantità di
glucosio disponibile viene a mancare (cioè quando facciamo sforzi molto
prolungati e finiamo per esaurire tutto il glucosio che è presente nel sangue e
anche quello di riserva) dobbiamo cominciare a produrre altro glicogeno in modo
che si possa sviluppare di nuovo la glicolisi. Il glucosio negli animali si produce
principalmente da lattato. L’acido lattico abbiamo visto che è il risultato della
fermentazione lattica che è quel processo che avviene quando il nostro corpo si
trova in assenza di ossigeno e quindi non si può completare la catena di
trasporto degli elettroni. In questo caso non si produce più ATP per fosforilazione
ossidativa e la cellula potrebbe finire per non poter produrre più nucleotidi
trifosfato. In particolare la fermentazione lattica serve a riformare NAD ossidato
che possa essere utilizzato nella prima reazione della seconda fase della
glicolisi, cioè quella che porta
…… valore energetico, una reazione catalizzata dalla gliceraldei-3-trifosfato. In
questo
modo il piruvato che è il prodotto della glicolisi viene convertito in lattato e degradato in
materiale non utile ma che permette la produzione del NAD che diventa substrato della
gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi e quindi la glicolisi può funzionare. A quel punto
però le nostre cellule si trovano ad avere una grande quantità di lattato e non sanno
cosa fare perché l’acido lattico non è un precursore comune e quindi l’evoluzione ha
studiato un processo che porta alla produzione di glucosio da lattato secondo un
processo metabolico che si chiama Ciclo di Cori. In questo modo però noi facciamo
uno sforzo prolungato produciamo acido lattico che ci porta dei dolori muscolari che
superiamo man mano che questo viene riconvertito in glucosio. L’altro precursore su
cui ci soffermeremo principalmente è quello del piruvato. Il piruvato è la sostanza finale
della glicolisi ed è quella che porta alla produzione del glucosio in due molecole
piruvato quindi la sintesi del glucosio da piruvato è apparentemente l’inverso della
glicolisi. Perché se dalla glicolisi partiamo da glucosio a sei atomi di carbonio e
otteniamo 2 molecole di piruvato a 3 atomi, partendo da queste ultime otteniamo
nuovamente glucosio. Il processo è l’inverso della glicolisi ma non tutti i passaggi
enzimatici sono identici. Altro precursore del glucosio è il glicerolo che è uno dei
componenti dei lipidi perché i lipidi e i fosfolipidi sono esteri del glicerolo e acidi grassi.
Dagli acidi grassi non possiamo produrre glucosio ma questi vengono demoliti come
vedremo nella beta ossidazione e vanno direttamente a produrre Acetil- coenzima A
che porta alla produzione di ATP. Però l’altra componente lipidica del glicerolo può
essere un precursore del glucosio quindi una parte dei lipidi va a costituire glucosio.
Inoltre alcuni amminoacidi possono andare formare glucosio, questo lo vedremo
quando parleremo del catabolismo delle proteine che sono alimentare per noi quindi
vengono fatti a pezzi, producono amminoacidi ed ALCUNI di essi chiamati appunto
gluconeogenici sono in grado di funzionare come precursori di glucosio. Nei vertebrati
la gluconeogenosi avviene nel fegato.
NELLA GLICOLISI SETTE REAZIONI SONO REVERSIBILI E TRE
IRREVERSIBILI
La glicolisi è divisa in due parti: la fase preparatoria e la fase di recupero. Nella fase
preparatoria c’è un investimento da parte della cellula di un peso dal punto di vista
energetico perché vengono utilizzate due molecole di ATP e una di glucosio in modo
da ottenere un composto di fruttosio-6-fosfato che ha due gruppi fosfati i quali verranno
poi utilizzati nella fase di recupero per produrre il doppio di molecole di ATP. Quindi si
tratta di un investimento mirato a raddoppiare la sua resa. La prima reazione della fase
di recupero vede la gliceraldeide-3-fosfto deidrogenasi agire sul gliceraldeide-3-
fosfatoe porta ad una sua nuova fosforilazione, ma in questo caso è una fosforilazione
ossidativa quindi non utilizza ATP ma fosfato inorganico ed fondamentale che funzioni.
Il NAD produce il NADH che va alla catena di trasporto degli elettroni che come
accettore finale degli elettroni l’ossigeno. Se l’ossigeno è assente questi elettroni non
si possono distribuire e quindi non c’è un accettore finale e si osserva un accumulo di
NADH che è sempre negativo in quanto esso presente sempre in concentrazioni molto
basse. Se c’è tanto NADH c’è poco NAD e la glicerldeide-3-fosfato non può
funzionare. Questa situazione viene sbloccata dalla fermentazione. Per cui il piruvato
che è stato prodotto dalla glicolisi diventa lattato e questa reazione porta alla
produzione di NAD che riesce a tornare come substrato della glicerldeide-3-fosfato
deidrogenasi della fase di recupero dell’energia. A questo punto presumibilmente
ricompare l’ossigeno. Se l’O non compare essendo noi organismi aerobici non
possiamo sopravvivere. Ma ricomparendo l’O a questo punto il NADH che viene
prodotto dalla catena di trasporto degli elettroni e ricomincia la catena catabolica. In
relazione alla lezione di oggi; questa diapositiva serve a sottolineare un aspetto
particolare. In nero sono indicate le variazioni di energia libera standard che sono o
leggermente positive o praticamente neutre cioè un ΔG pari a 0. Questo significa che
in 7 reazioni della glicolisi, le reazioni che vengono catalizzate da questi enzimi sono
reversibili, cioè in pratica se noi riportiamo il grafico delle coordinate di reazione
abbiamo che ΔG standard è uscita 0. Questo significa che la reazione è reversibile.
Cioè la piega di energia di attivazione tra substrato prodotto e prodotto substrato è
molto simile. Quindi in queste reazioni la termodinamica ci insegna che facilmente la
reazione può andare in un senso oppure in un altro. Ricordate che gli enzimi abbattono
questa energia di attivazione e quindi rendono più veloce la reazione, ma se la
variazione di energia libera standard è quasi uguali tra le due reazione significa che un
enzima accelererà una reazione in un verso o nell’altro praticamente nella stessa
maniera. In rosso invece, sono indicate 3 reazione della glicolisi che hanno una
variazione dell’energia libera estremamente negativa quindi queste sono irreversibili. In
pratica nel grafico il livello del prodotto molto più in basso perché il ΔG tra l’energia
libera del substrato e quella libera del prodotto avrebbe una variazione negativa. In
questo caso, visto che le reazioni sono irreversibili, l’enzima non riesce ad accelerare,
essi non cambiano la spontaneità di una reazione, e quindi questo è il motivo per cui
nella gluconeogenesi le reazioni che nella diapositiva sono indicate con un ΔG in nero
utilizzano gli stessi enzimi della glicolisi, mentre nelle reazioni indicate con ΔG in rosso
sono coinvolte reazioni differenti.
GLUCONEOGENESI E GLICOLISI A CONFRONTO (SLIDE 3)

In questa diapositiva sono rappresentate in rosso la glicolisi e in blu la


gluconeogenesi. In pratica in questo caso si vede che i precursori sono tutti gli
stessi nel caso delle reazioni reversibili, gli enzimi e i cofattori sono gli stessi
mentre quelle che rappresentano la prima, la seconda e l’ultima reazione della
glicolisi, il processo inverso è differente e che queste sono reazioni irreversibili
sia in un verso che nell’altro. La prima deviazione del gluconeogenesi è quella
che porta alla sintesi di due fosfoenolpiruvato a partire dal piruvato (notare tra
parentesi che le molecole sono 2 e a 3 atomi di carbonio perché dobbiamo
arrivare ad avere una molecola a 6 atomi di carbonio). Questa reazione nella
glicolisi è catalizzata dalla piruvatochinasi e sfrutta il fatto che il fosfoenolpiruvato
è una molecola cosiddetta ad alta energia, in pratica l’idrolisi del
fosfoenolpiruvato è una reazione estremamente catabolica perché è più di 60
kJ*mol. Questo è il motivo per cui il fosfoenolpiruvato può portare alla sintesi di
ATP poiché è essa stessa un molecola cosiddetta ad alta energia. L’idrolisi
dell’ATP è intorno ai 30 kJ*mol, quindi per avere una molecola la cui idrolisi è
così elevata
bisogna avere una molecola di partenza con un idrolisi molto elevata. Nella
reazione della gluconeogenesi invece, si crea un intermedio di una molecola che
si chiama ossalacetato. L’ossalacetato è un acido carbossilico a 4 atomi di
carbonio. Per svolgere la reazione inversa quindi, il piruvato deve passare per un
intermedio a 4 atomi di carbonio e poi ritorna a 3 atomi di carbonio.
La seconda deviazione della gluconeogenesi avviene nella penultima reazione,
la reazione della glicolisi corrispondente è quella da fruttosio-6-fosfato diventa
fruttosio-1,6-fosfato ed è catalizzata PFK-1 (fosfofruttochinasi) Questa reazione
nella glicolisi è una di quella che determina l’idrolisi di una molecola di ATP,
perché è necessario che il fruttosio venga fosforilato sul carbonio 1 in modo tale
che poi venga spaccato a metà dall’ aldolasi e produca due sostanze con un
fosfato ciascuno: la gliceraldeide-3-fosfato e
La reazione svolta da questo enzima è una trasferasi, poiché il fosfato viene
trasferito dall’ATP al fruttosio-6-fosfato. La reazione inversa sarà, invece, una
semplice reazione di idrolisi. Cioè in pratica il fosfato viene staccato dalla
posizione 1 e dal fruttosio 1,6-bisfofato si produce fruttosio-6-fosfato. Molto simile
è la terza deviazione che corrisponde alla prima reazione della glicolisi svolta
dall’esochinasi, dove l’enzima permette il trasferimento di un fosfato dal glucosio
e produce glucosio- 6-fosfato. La reazione inversa è anch’essa un’idrolisi, cioè in
pratica il glucosio-6- fosfato viene idrolizzato e si produce glucosio e fosfato
inorganico.

PRIMA DEVIAZIONE DELLA GLUCONEOGENESI

Nella prima deviazione della gluconeogenesi, il piruvato + ATP + GTP + il


carbonato o acido carbonico producono fosfoenolpiruvato, GDP, fosfato
inorganico e anidride carbonica. In realtà la reazione avviene in 2 tappe. Nella
prima tappa è coinvolto un enzima che si chiama piruvato carbossilasi. Questa
reazione avviene nel mitocondrio. Il bicarbonato reagisce con l’ATP e porta
insieme al piruvato alla formazione di ossalacetato + adp e fosfato. In pratica per
permettere il legame di un atomo di carbonio al piruvato, che è fatto da 3 atomi di
carbonio, l’acido carbonico dev’essere attivato con una molecola di fosfato.
L’ossalacetato a questo punto (vd.struttura) viene attivato da una molecola di
fosfato e si ha il rilascio di una anidride carbonica e si forma il fosfoenolpiruvato.
Questa seconda reazione che si realizza nel citosol è catalizzata dall’enzima
fosfoenolpiruvatocarbossichinasi. Chinasi perché compie attività di trasferimento
di un fosfato ad un’altra molecola.
Dettaglio prima tappa
Noi abbiamo ottenuto piruvato per esempio dalla glicolisi, fatta tutta da enzimi
solubili in acqua che si trovano all’interno del citosol, quindi il piruvato è stato
prodotto nel citosol. Il piruvato però può entrare nel mitocondrio (lo rivedremo nel
ciclo di Krebs che si svolge nel mitocondrio). Al momento dell’ingresso nel
mitocondrio, il piruvato diventa substrato della piruvatocarbossilasi. Questa
contiene un cofattore che si chiama biotina. L’acido carbonico si lega al fosfato
ad opera della piruvatocarbossilasi e si forma il cosiddetto carbossifosfato e il
gruppo CO2 viene trasferito alla biotina . Vi consiglio di conoscere la struttura
dell’ossalacetato. La biotina è una molecola che presenta un lungo braccio
mobile utilizzato per trasferire gruppi da una parte all’altra dell’enzima.
Incontreremo la biotina come cofattore di un altro enzima impiegato nella sintesi
degli acidi grassi.

Quindi abbiamo il gruppo CO2 legato alla biotina da una parte dell’enzima, che
viene trasferito sito differente dell’enzima stesso a cui ha accesso il piruvato. A
questo punto l’enzima è in grado di trasferire il gruppo CO2 al piruvato e si
produce ossalacetato. L’ossalacetato a questo punto si trova all’interno del
mitocondrio perché l’enzima piruvatocarbossilasi è mitocondriale nel processo di
utilizzo del piruvato della gluconeogenesi.

Nel mitocondrio l’ossalacetato viene trasformato in acido malico o malato. Il


malato ha una struttura simile all’ossalacetato (vd. Struttura aspartame).
L’ossalacetato viene ridotto di una malato deidrogenasi e si produce malato. Tale
riduzione avviene a livello del gruppo carbonilico con il trasferimento di 2
elettroni. Poi il malato viene trasportato fuori dal mitocondrio. Tale processo
avviene perché l’ossalacetato non può uscire dal mitocondrio che è
impermeabile ad esso. Il motivo è che l’ossalacetato è un intermedio
fondamentale del ciclo di Krebs e quindi dev’essere tenuto all’interno del
mitocondrio per permettere il processo della demolizione del piruvato.

A questo punto il malato esce dal mitocondrio e viene riconvertito in


ossalacetato. La rezione di ossidazione del malato in ossalacetato che porta alla
produzione di NADH è catalizzata da malato deidrogenasi, un enzima citosolico
e quindi diverso da quello che agisce all’interno dell’organello anche se avviene
la stessa reazione.

Tappa 2: ossalacetato convertito in PEP Ossalacetato + GTP →


Fofoenolpiruvato (PEP) + CO2 + GDP
La reazione è catalizzata dalla fosfoenolpiruvato carbossichinasi che
richiede Mg2+ GTP come donatore di P.
La formazione di PEP è bilanciata dall’idrolisi di GTP

L’ossalacetato diventa, nella seconda tappa, substrato della fosfoenolpiruvato


carbossichinasi. Questo enzima richiede GTP e non ATP per funzionare e
trasferisce una molecola di fosfato al carbonio 2, cioè al carbonio carbonilico
dell’ossalacetato. Come si ottiene questo legame, che avviene ad alta energia ?
Questo avviene perché la presenza di questi gruppi elettronici permette un
richiamo degli elettroni verso l’O, un indebolimento di questo legame e il
trasferimento degli elettroni in questo punto, in modo tale da produrre il doppio
legame del prodotto. Quindi questa molecola che è ad alta energia si può
produrre grazie all’investimento energetico che c’è nell’idrolisi di una molecola di
giù (vd slide). Nella stessa maniera si avrà la fuoriuscita dell’anidride carbonica.
Ricordatevi che l’anidride carbonica che viene prodotta sono l’atomo di carbonio
e di ossigeno che provengono dall’acido carbonico iniziale, quindi si potrebbe
immaginare che il movimento di questo atomo di carbonio è una specie
di ciclo futile, perché si prende prima il carbonio dall’ambiente, dall’acido
carbonico e poi lo restituisco sotto forma di anidride carbonica. Perché faccio
tutto questo? Perché devo passare per una struttura a 4 atomi di carbonio e
scambiare questo atomo di carbonio con l’esterno? Perché devo produrre una
molecola ad alta energia, ed è una cosa complicata, ed utilizzo il carbonio come
serbatoio di elettroni che prendo prima dall’idrolisi dell’ATP, quando l’acido
carbonico de gas fosfato nella prima tappa, e poi dagli elettroni che ho
idrolizzando ?.

Se ora vediamo la reazione completa notiamo che la variazione di energia libera


standard delle due reazione in realtà ci indicherebbe una reazione quasi
irreversibile, perché ho circa 1kj*mol, invece se si va a verificare qual è la
variazione di energia libera reale, cioè quella che tiene conto della variazione di
energia libera standard e cioè della variazione di energia del lavoro che si deve
svolgere ad 1 atm, a 25°C e ad una concentrazione 1 molare delle sostanze con
ph7, vedo che la variazione di energia libera reale è molto favorevole. E’ molto
favorevole perché i prodotti della reazione, in particolare il fosfoenolpiruvato, è
consumato molto rapidamente. Perché questa era prima una reazione
metabolica che ci porta a produrre glucosio, la cellula non ha nessun interesse di
tenere elevata la concentrazione di fosfoenolpiruvato.
Esso infatti è una molecola ad alta energia che mi serve solo da precursore di
quella che è chiamata la molecola di scambio energetico della cellula, cioè l’ATP
che è la mia riserva aurea. Quindi la concentrazione del fosfoenolpiruvato è
molto bassa e questo spiega la variazione di energia libera reale. A questo punto
la reazione è avvenuta e ha portato al fosfoenolpiruvato. Ora il fatto che si passi
per il mitocondrio non è un processo casuale e richiede il coinvolgimento del
NADH, a cui come all’ossalacetato la membrana del mitocondrio non è
permeabile. Il NADH nel citosol può essere particolarmente utile perché può
essere utilizzato nella reazione della glicolisi dalla
gliceraldeidetrifosfatodeidrogenasi.

Tuttavia mentre nella glicolisi noi usiamo il NAD, perché è una fosforilazione
ossidativa e il NAD serve per strappare gli elettroni alla gliceraldeidetrifosfato per
produrre bifosfoglicerato. Nella gluconeogenesi serve il NADH perché questa è
una reazione reversibile, quindi è catalizzata dallo stesso enzima nel verso
opposto. Quindi il passaggio nel mitocondrio mi serve anche per permettere alla
gliceraldeidetrifosfatdeidrogensai di avere del NADH, disponibile per catalizzare
questa reazione. Perché come detto inizialmente il NADH è presente nel citosol
in concentrazioni molto basse e va subito a sostituire gli elettroni dell’O, quindi la
gliceraldeidetrifosfato potrebbe avere problemi a trovare del NADH.

Ma con questa reazione io ho il NADH nel citosol e nel mitocondrio l’ossalacetato


diventa malato a spese del NADH ma fuori il malato diventa ossalacetato a
spese del NAD e quindi si produce NAD. Sono molto poche le reazioni del citosol
che producono NADH, perché la catena di trasporto degli elettroni deve stare nel
mitocondrio che sono una specie di centrali nucleari delle nostre cellule.

Gli atleti professionisti hanno un numero elevatissimo di mitocondri rispetto ad


una persona normale perché necessitano di una maggiore quantità di ATP.
Quindi passando per il mitocondrio si assicura di avere un precursore per il
fosfoenolpiruvato e si assicura di avere NADH che verrà utilizzato
successivamente dalla gliceraldeidetrifosfatodeidrogenasi nella direzione
inversa. Il passaggio per il mitocondrio risulta essere un processo essenziale.

Il NADH non può attraversare la membrana per trasferirlo dal mitocondrio al


citosol faccio allora due reazione opposte, cioè di fatto all’interno trasformo
NADH in NAD e fuori si produce NADH, ma il composto è lo stesso. Gli elettroni
del NADH sono stati dati in prestito al malato che in questo modo può uscire e
poi sono stati ripresi e ridati al NADH.

Ignorando le due reazioni dico semplicemente che il NADH è stato trasportato


dal mitocondrio al citosol, non fisicamente come NADH ma i suoi elettroni si sono
trasferiti.

Se all’esame vi chiedo perché nella prima reazione della gluconeogenesi


dobbiamo passare per il mitocondrio? La risposta è fatta in due parti. La prima
ragione è che io devo produrre fosfoenolpiruvato e ho bisogno di produrre
ossalacetato e l’ossalacetato dev’essere prodotto all’interno del mitocondrio, non
può essere prodotto all’esterno. Come detto prima siccome c’è il trasporto di
NADH da dentro a fuori, così c’è il trasporto di ossalacetato da dentro a fuori.
Non si trasferisce quella molecola ma si trasferisce in una forma che diciamo
imbroglia la membrana del mitocondrio e permette il trasferimento all’esterno del
malato. Dunque la prima risposta è perché devo produrre fosfoenolpiruvato, una
molecola ad alta energia e ho bisogno di passare per una molecola a 4 atomi di
carbonio che è l’ossalacetato e che contiene gli elettroni sufficienti per formare
una molecola ad alta energia che è il fosfoenolpiruvato. La seconda ragione è
che in questo modo la gluconeogenesi si assicura di avere NADH per far
funzionare la gliceraldeidetrifosfatodeidrogenasi. In realtà la sintesi del
fosfoenolpiruvato può avvenire anche dal lattato che è il risultato della
fermentazione lattica e a questo punto io mi ritrovo ad avere una sostanza a 3
atomi di carbonio di cui non so cosa farne e la uso come merce di scambio
trasformandola nuovamente in glucosio. La via del lattato avviene in un processo
che è interamente mitocondriale. In pratica il lattato viene ritrasformato in
piruvato dalla lattato deidrogenasi, ma in questo caso il piruvato entra nel
mitocondrio diventa ossalacetato con la piruvatocarbossilasi che è lo stesso
enzima che è stato sviluppato precedentemente, ma l’ossalacetato può essere
trasformato direttamente in fosfoenolpiruvato all’interno del mitocondrio che può
dunque attraversarne la membrana. La differenza qui sta nel fatto che gli enzimi
fosfoenolpiruvato carbossichinasi mitocondriale e citosolici sono enzimi simi ma
hanno una collocazione cellulare differente: uno è citosolico quello partendo
direttamente dalla via del piruvato e un altro è mitocondriale. A questo punto vi
chiederete:” ma nel momento
in cui la lattato deidrogenasi produce piruvato come si riconosce il piruvato
derivato da lattato e quello da glucosio? Non c’è una differenza sostanziale, il
piruvato è il piruvato e i due processi posso essere considerati praticamente
identici. In pratica nel momento in cui si produce piruvato si produce
ossalacetato, e potremmo dire che può intraprendere due destini. In realtà tutto
dipende dalle concentrazioni iniziali, quando vi sono elevate concentrazioni di
lattato prevale questa via, che porta direttamente alla formazione di
fosfoenolpiruvato, quando la concentrazione di lattato diminuisce l’ossalacetato
tende a seguire la via che lo porta verso il malato. La differenza fondamentale tra
i due processi è che nel lattato il NADH non viene prodotto, quindi per una
molecola di piruvato che si forma non si forma NADH, quindi non appena è
possibile arrivare alla condizione alternativa in sui si forma il NADH nel citosol, la
cellula la preferisce perché è il NADH che serve alla stessa catena metabolica.

LA SECONDA DEVIAZIONE DELLA GLUCONEOGENESI

Confrontando la reazione della fosfofruttochinasi che consiste in un semplice


trasferimento di fosfato al fruttosio 6 fosfato a produrre il fruttosio 1.6 bisfosfato e
ADP si nota semplicemente che uno dei due fosfati viene idrolizzato e produce
futtosio 6 fosfato e fosfato inorganico. Questa è un’idrolisi di un legame
fosfoestere e quindi ha una variazione di energia libera reale molto negativa e
quindi è una reazione irreversibile. L’enzima che catalizza la reazione dell’idrolisi
la PFKP-1, è un’enzima allosterico. Ma anche l’enzima che catalizza l’altra
reazione della gluconeogenesi, cioè la fruttosio1,6 bisfosfatasi è anche ‘essa un
enzima allosterico. Questo non è un caso perché questo processo è sottoposto
ad un controllo regolativo molto stretto.
LA TERZA DEVIAZIONE DELLA GLUCONEOGENESI

Glucosio-6-fosfatasi
La reazione terminale della gluconeogenesi è quella che determina la
defosforilazione del glucosio 6 fosfato a glucosio. Anche questa è un’idrolisi e ha
una variazione di energia libera standard (nota differenza con quella di prima)
molto negativa quindi è irreversibile. Quindi anche questa è una reazione diversa
dalla trasferasi, ossia da quella di trasferimento di fosfato dall’ATP al glucosio.
Anche la glucosio 6 fosfatasi è un enzima allosterico. Rendetevi conto che nel
momento in cui dal glucosio viene liberato un fosfato, di fatto non può più stare
all’interno della cellula. Quando abbiamo parlato della glicolisi vi dissi che tutti gli
intermezzi della glicolisi sono fosforilati. La fosforilazione è una specie di
marchiatura dei metaboliti che gli impedisce di attraversare la membrana
plasmatica, perché non esistono trasportatori di metaboliti fosforilati. Nel
momento in cui agisce la glucosio 6 fosfatasi si ha produzione di glucosio e la
sua fuoriuscita è abbastanza rapida perché la sua
concentrazione esterna è molto più bassa rispetto a quella interna e il glucosio
viene messo in circolo. Quinti il glucosio 6 fosfato viene trasformato in glucosio
soltanto nei tessuti che hanno la funzione di introdurre glucosio nel flusso
sanguigno e questi sono essenzialmente il fegato e il rene. Il nostro fegato è
infatti il luogo in cui avvengono gran parte delle trasformazioni metaboliche ed è
quindi l’organo in cui avviene la produzione di glucosio che deve poi circolare nei
vari distretti. Noi abbiamo, per esempio, grande richiesta di glucosio dalle cellule
cerebrali, consumiamo circa la metà del glucosio presente nel glicogeno del
corpo.
LA GLUCONEOGENESI E’ ENERGETICAMENTE DISPENDIOSA

L’equazione complessiva della gluconeogenesi


Glucosio + 2ADP + 2 NAD+ + 2Pi → 2 piruvato + 2ATP + 2NADH +
2H+ + 2H2O che richiede solo 2 ATP Richiede 4 ATP e 2 GTP e non è
l’inverso della glicolisi
La gluconeogenesi (ΔG = -16 kJ/mole) e la glicolisi sono irreversibili (ΔG
= -63 kJ/mole) in base all’energia libera reale
La conversione del piruvato in glucosio permette la conservazione di
energia utile in una molecola riutilizzabile

Se il piruvato proveniente dalla glicolisi fosse escreto si sciuperebbe la


sua utilizzazione per produrre 10 ATP mediante ossidazione completa.

In generale, la gluconeogenesi è un processo estremamente dispendioso. Infatti,


mentre nella glicolisi, il dispendio energetico è di solo due molecole di ATP
comunque poi ne produce quattro quindi è un processo metabolico favorevole
perché è un processo catabolico. La gluconeogenesi essendo, invece, un
processo anabolico, utilizza energia e per produrre una molecola di glucosio
sono necessarie 4 molecole di ATP e 2 di GTP. I valori di energia libera reale
sono rispettivamente (ΔG = -16 kJ/mole) e (ΔG = -63 kJ/mole), sono dunque due
processi irreversibili. Si noti che quello della glicolisi è un processo più
esoergonico rispetto a quello della gluconeogenesi.

Quindi la gluconeogenesi è il processo che porta alla produzione di una molecola


che deve essere in qualche modo riutilizzabile: basterebbe chiedere all’esame
parlami del glucosio per illustrare tutto l’esame di biochimica, in quanto esso è
sia alla base della produzione di energia sia la base di partenza per sintetizzare i
componenti della cellula. Quindi è una molecola riutilizzabile.

La glunoneogenesi è importante anche per utilizzare il piruvato. Il piruvato ha


come destino naturale quello di essere poi immediatamente demolito e cioè
essere trasformato in acetil coenzima A e così entrare in una serie enorme di
processi a cominciare dal ciclo di Krebs, oppure come precursore di molecole
importanti come i grassi. In pratica la demolizione del piruvato porta alla sintesi di
10 molecole di ATP. Se però il piruvato non può andare in questa direzione e
fosse perduto perché non utilizzabile sarebbe una grande perdita energetica per
la cellula. Sarebbe dunque un ciclo futile immaginare che la glicolisi e la
gluconeogenesi avvengano contemporaneamente (una grande quantità di
energia (ATP) si dissiperebbe in calore). Nel momento in cui distruggo glucosio e
poi lo risintetizzo è inutile, infatti si vede che se semplicemente noi
considerassimo la reazione della glicolisi che porta alla formazione del futtosio
1,6 bisfosfato ad opera della fosfofruttochinasi e quella della gluconeogenesi che
porta alla demolizione della fruttosio 1,6 bisfosfato a fruttosio 6 fosfato di fatto
avrei una dissipazione di ATP in calcore che è l’ultima cosa che la cellula vuole.
Le due reazione non avvengono però contemporaneamente perché regolate.
REGOLAZIONE DI GLICOLISI E GLUCONEOGENESI

La fosfofruttochinasi-1 (PFK-1) e la Fruttosio-1,6-bisfosfatasi (FBPasi-1) sono


coinvolte in un processo che prende il nome di ciclo del substrato. In cui in un
substrato viene un certo prodotto in due momenti diversi. Perché avvengono
reazioni opposte catalizzate da enzimi differenti. Poiché catalizzate da enzimi
differenti queste possono essere regolate differentemente.

Regolazione della fosfofruttochinasi-1 (PFK-1)


E’ un enzima allosterico costituito da diverse subunità che presenta degli inibitori
allosterici e degli attivatori allosterici. Il processo è estremamente razionale. Se
ho un enzima che deve portare alla demolizione del glucosio che cosa produco
quando demolisco glucosio? ATP e piruvato.

Quindi se ho tanto ATP mi serve continuare a produrlo?


No, e quindi l’ATP è un inibitore, cioè ad alte concentrazioni di ATP la PFK-1
funziona meno. Quando questo ATP comincia ad inibire la PFK-1, questa
funziona meno, la concentrazione di ATP diminuisce, si stacca dalla PFK-1 e
l’enzima funziona di nuovo. Se invece nella cellula ho un’alta concentrazione dei
precursori dell’ATP, cioè di ADP e AMP, significa che ho bisogno di ATP, infatti
questi sono degli attivatori allosterici e quindi la PFK-1 deve produrre ATP.
Regolazione della Fruttosio-1,6-bisfosfatasi (FBPasi-1)

La reazione catalizzata da FBPasi-1 indirizza il fruttosio verso la


produzione di glucosio La fruttosio 1,6 bisfosfatasi (FBPasi-1) è
allostericamente inibita da AMP e da fruttosio 2,6 bisfosfato
Alta [AMP]: energia scarsa!! è necessaria la glicolisi (produzione di ATP)

Fruttosio-1,6-BisP + H2O → Fruttosio-6-P + Pi

AMP fruttosio 2,6 bisfosfato

Alla stessa maniera c’è un'altra sostanza che somiglia al fruttosio-1,6-bisfosfato


che è il fruttosio 2,6 bisfosfato. Il FBPasi-1 di cui bisogna conoscere la formula
perché è un precursore della glicolisi ha il fosfato legato al carbonio 1 e al
carbonio 6 mentre nel fruttosio 2,6 bisfosfato il fosfato è legato al carbonio 2 e al
6. Questa molecola non è il substrato dell’enzima ma è un attivatore allosterico
perché è un prodotto dell’enzima e funziona per attivarlo. In realtà il fruttosio 2,6
bisfosfato è il prodotto della fosfofruttochinasi 2.
La fosfofruttochinasi-1 (PFK-1) e la Fruttosio-1,6-bisfosfatasi (FBPasi-1) sono
reciprocamente regolate.

Un’altra sostanza che ha funzione di inibitore allosterico della PFK-1 è il citrato. Il


citrato è il primo precursore del ciclo di Krebs, quindi quando c’è molto citrato
significa che il ciclo di Krebs sta producendo molto NADH che deve andare a
produrre molto ATP. Quindi non c’è più bisogno che arrivino precursori che
portino ad altro citrato e il citrato va a bloccare questa via metabolica. Viceversa
succede per la FBPasi-1.

In pratica questo enzima che va verso la produzione di glucosio ha come


inibitore allosterico il precursore dell’ATP cioè l’ADP e il fruttosio 2,6 bisfosfato.
Cioè quando c’è molto AMP, vuol dire che c’è poco ATP e quindi è necessario
svolgere la glicolisi e non la gluconeogenesi perché non devo produrre glucosio.
Altrimenti già la gluconeogenesi è dispendiosa, quel poco ATP che c’è viene
bruciato da un’inutile gluconeogenesi. Perciò le due vie sono attivate ed inibite
da precursori diversi. Perché quando io necessito di molta glicolisi devo avere
poca gluconeogenesi e la stessa cosa viceversa. Se io ho già molta energia è
inutile che io ne produco altra, devo invece immagazzinare glucosio e
conservarmelo per quando ho bisogno di utilizzare energia. Quindi la PFK-1 ha
come inibitore l’ATP che invece non influenza la sintesi di glucosio, ha come
inibitore allosterico è il citrato in quanto significa che i metaboliti sono
abbondanti, cioè i precursori per produrre altro ATP sono abbondanti, in pratica il
citrato dice alla glicolisi non mi produrre più altri precursori perché ne ho già
abbastanza mentre non ha effetti sulla gluconeogenesi. Quando invece vado in
riserva energetica, cioè l’ATP è scarso, significa che ho molto ADP e AMP,
questo vuol dire che blocco tutte le vie che utilizzano ATP idrolizzando e facendo
abbassare ulteriormente la sua concentrazione.
Il fruttosio 2,6-bisfosfato è un potente regolatore allosterico
Il comportamento di questi enzimi lo si può vedere dal punto di vista cinetico. In
pratica a sinistra è presenta il comportamento di PFK-1 il cui substrato è il
fruttosio 6 fosfato mentre a destra a destra c’è il comportamento dell’FBPasi-1 in
funzione fruttosio 1,6 bisfosfato.

In questo caso si vede il comportamento del fruttosio 2,6 bisfosfato, un effettore


allosterico molto potente. Osservando i due grafici si nota come questi non
seguano il comportamento di MICHAELIS E MENTEN, perché non hanno la
classica iperbole equilatera ma hanno il classico comportamento da enzima
allosterico e un andamento sigmoide.

Nel caso della PFK-1 si vede che il fruttosio 2,6- bisfosfato è un attivatore in
pratica porta l’enzima ha funzionare più efficientemente sul fruttosio 6 fosfato,
mentre nell’ FBPasi-1, un’alta concentrazione di questa sostanza porta ad una
ridotta velocità di reazione e viceversa a basse concentrazioni. Quindi il fruttosio
2,6-bisfosfato è un attivatore allosterico della glicolisi e un inibitore allosterico
della gluconeogenesi.

È importante che la produzione del fruttosio 2,6- bisfosfato che è operata dalla
PFK-2 è sotto il controllo ormonale del glucagone e dell’insulina, prodotti dal
pancreas e che reagiscono a seconda della disponibilità di zuccheri.
La via del pentoso fosfato
La via del pentoso fosfato, si potrebbe definire una via di snodo. In pratica comincia con il glucosio-
6-fosfato e si distingue in due fasi: una fase ossidativa e una fase non ossidativa. Il risultato della via
del pentoso fosfato che prende anche il nome della via del fosfogluconato o via dell’esoso
monofosfato, porta da una molecola di glucosio alla produzione di 6 molecole di CO2, il glucosio
verrebbe totalmente demolito. Quindi apparentemente una via catabolica. In realtà lo è nel senso
che non brucia ATP per produrre energia come la glicolisi ma produce equivalenti riducenti sotto
forma di NADPH, non di NAD. Essa è una via di snodo perché serve a produrre principalmente il
ribosio-5-fosfato che è uno dei componenti principali degli acidi nucleici, è il precursore anche del
deossiribosio e quindi partecipa alla formazione di DNA e RNA. Diciamo quindi che la via del pentoso
fosfato è coinvolta nella produzione di altri intermedi in particolare porta nella via non ossidativa al
riciclo del glucosio-6-fosfato. Nella prima diapositiva sono riassunti i vari modi in cui la via del
pentosio fosfato viene utilizzata nei diversi tessuti. Per esempio, nelle cellule che si dividono molto
velocemente come quelle del midollo osseo, della pelle, le mucose (es.intestinali), le cellule
tumorali, hanno bisogno di acidi nucleici e quindi la via del pentoso fosfato serve a produrre i
precursore degli zuccheri che servono alla produzione degli acidi nucleici. Oltre a DNA e RNA, le
cellule che si dividono rapidamente, devono svolgere un metabolismo attivo e necessitano di tutti i
nucleotidi, perché il ribosio è uno dei componenti principali anche dell’ATP, del NAD, del FAD perché
sono rispettivamente adenina trifosfato nucleotide, nicotinammide adenina dinucleotide, flavina
adenina dinucleotide. Un’altra categorie di cellule che invece sono coinvolte nella sintesi degli acidi
grassi come le cellule del fegato, gli adipociti, le cellule mammarie e le gonadi utilizzano la via del
pentoso fosfato principalmente per produrre NADPH. Pochissimi enzimi ossidoriduttivi utilizzano si
il NAD che il NADP e sia il NADH che il NADPH rispettivamente che si una reazione di riduzione o
ossidazione. In particolare, mentre il NAD è un trasportatore di elettrone coinvolto nella catena di
trasporto degli elettroni e quindi nel catabolismo perché è il principale prodotto del ciclo di Kebs, il
NADP, in particolare il NADPH, è coinvolto nella sintesi di vari composti e noi lo incontreremo
soprattutto nella sintesi degli acidi grassi; gli enzimi coinvolti infatti nella sintesi di questi utilizzano
soprattutto il NADPH. Ci sono poi altre cellule dell’organismo dei mammiferi che sono
particolarmente esposte all’O, queste sono: gli eritrociti (vanno a contatto con l’O della
respirazione), il cristallino ( della cornea costituito da una proteina che non è sottoposto a turn over
e questo è il motivo per cui andando avanti con il tempo si ha la cataratta, cioè la degradazione della
proteina dell’occhio, del cristallino che viene sostituito con una retina artificiale). La presenza di
ossigeno provoca una grande quantità di radicali liberi, ROS, che determinano l’invecchiamento
delle cellule sia dal punto di vista estetico che da quello fisiologico. Una maniera per combattere i
ROS e ridurli è l’utilizzo del glutatione, un composto che presenta il gruppo SH che ha la funzione di
ridurre l’O. In questo caso la via del pentoso fosfato costituisce un modo per produrre glutatione.
Inquadrato dal punto di vista anatomico, vediamo ora come si svolge la via del pentoso fosfato.
La fase ossidativa, riassunta nell’equazione: Glucosio-6-P + 2NADP+ + H2O → ribosio-5-P + CO2 +
2NADPH + 2H+ comincia con il glucosio-6-fosfato, che compare già nella prima reazione della glicolisi
che l’esochinasi porta a compimento a a partire dall’ATP. Il glucosio-6-fosfato è sottoposto all’azione
della glucosio-6-fosfato deidrogenasi, G6PD, che riconosce il NADP come cofattore, è una
deidrogensi, e determina l’ossidazione del carbonio anomerico del glucosio-6-fosfato. Questo porta
alla formazione del 6-fosfoglucono-lattone. In pratica, questi due elettroni vengono trasferiti al
NADP a formare il NADPH, che sono ioni idrogenuri, e si forma il 6-fosfoglucono-lattone che è
substrato al secondo enzima che è una lattonasi. Questa apre l’anello del glucosio del 6-
fosfoglucono-lattone. Lo zucchero si trova ora in una disposizione lineare e presenta il gruppo
carbossilico mentre nel glucosio al carbonio 1 aveva un gruppo aldeidico e ad opera della G6PD è
diventato un gruppo carbossilico. Il 6-fosfoglucono-lattone a questo punto è sottoposto ad una
reazione di decarbossilazione ossidativa. Questa reazione è svolta da una una secoda deidrogenasi,
la 6-fosfogluconato deidrogenasi che oltre a togliere due elettroni al 6-fosfogluconato, quindi
produrre NADPH, determina anche il distacco di una molecola di CO2. Quindi nella fase ossidativa
della via del pentoso fosfato si ha la produzione di CO2. Il prodotto della reazione è il ribulosio-5-P.
La reazione di ossidazione fa si che il carbonio 3 diventa il carbonio 2 del nuovo zucchero perché si
ha la perdita di CO2. Il ribulosio è un chetoso a 5 atomi di carbonio e il suo isomero è il ribosio 5
fosfato indicato nella slide in forma lineare. La reazione di isomerizzione è catalizzata dalla
fosfopentoso isomerasi. Perché il glucosio 6 fosfato non continua nella glicolisi e va invece nella via
del pentoso fosfato? Il flusso del glucosio-6-P verso la glicolisi o la via dei pentosio fosfati è
controllato da NADP+/NADPH (rapporto tra i due cofattori). Se la concentrazione di NADPH è elevata
significa che questo è un valore piccolo e il glucosio 6 fosfato procede verso la glicolisi, se invece c’è
poco NADPH e il valore è elevato allora intraprende la via del pentoso fosfato. Nella fase ossidativa
della via del pentoso fosfato si ha:
1. Ossidazione del Glc-6-P a produrre CO2 e ribulosio 5 fosfato che poi diventa ribosio 5 fosfato
(produzione NADPH) essa avviene in due fasi nella prima reazione della glucosio 6 fosfato
deidrogenasi e nella terza quella del fosfogluconato deidrogenasi
2. Decarbossilazione ossidativa da fosfogluconato a ribulosio-5-P e CO2 (produzione NADPH)
3. Idrolisi del fosfogluconolattone per aprire l’anello e permettere il funzionamento del
fosfogluconato
4. Isomerizzazione a Ribosio-5-P

La G6PD è un enzima importante perché collegato a malattie ed in prticolare a quella che prende il
nome di favismo. Chi ha un deficit di G6PD può manifestare questa malattia a seguito dell’ingestione
di fave o al trattamento con farmaci antimalarici. In pratica quando c’è poca G6PD la reazione della
fase ossidativa della via pentoso fosfato non procede e quindi si produce poco NADPH. La scarsa
produzione di NADPH determina una scarsa produzione di glutatione, quindi la presenza di agenti
ossidanti come il perossido di idrogeno (H2O2) cioè l’acqua ossigenata da dei danni piuttosto gravi.
In particolare determina la lisi della membrana plasmatica degli eritrociti e quindi provoca la
presenza di emoglobina libera nel sangue. E’ stato notato che in alcuni paesi dove è endemica la
malaria, la frequenza di carenza di G6PD è più alta ed in pratica il suo tratto genico è più conservato
dove c’è una maggiore presenza della malaria. Questo è dovuto al fatto che il plasmodio malarico è
sensibile agli agenti ossidanti, quindi quando c’è acqua ossigenata il plasmodio non riesce a crescere
ed infettare l’organismo. La carenza di G6PD da un lato ha un effetto negativo perché può portare
alla lisi delle cellule dell’uomo però la sua carenza permette una protezione alla malaria. In queste
popolazioni si crea una situazione di compromesso, in cui l’evoluzione ha portato a conservare il
gene, poiché anche chi è portatore del gene ha dei figli e quindi trasmette questo carattere ai propri
figli che potrebbero anche manifestare la malattia soprattutto se prendessero dei farmaci
antimalarici che hanno un effetto simile a quello dell’acqua ossigenata. (coincidenza malattia del
sangue e malaria vd. anemia falciforme). In alcuni tessuti la via del pentoso fosfato termina qui,
perché serve essenzialmente a produrre NADPH E RIBOSIO 5 FOSFATO.
In altri tessuti invece la via del pentoso fosfato procede con la fase non ossidativa. Una via che
occorre alla cellula per riutilizzare il ribulosio 5 fosfato nel caso in cui la sua isomerizzazione a ribosio
5 fosfato non è totalmente necessario, in quanto ho già abbastanza nucleotidi che possono
funzionare come precursori di acidi nucleici e altri nucleotidi interviene la fase non ossidativa che la
funzione di riconvertire questo ribulosio non isomerizzato in glucosio 6 fosfato. In altre parole il
ribulosio 5 fosfato a seguito di una serie di reazioni catalizzate da due classi di enzimi le
transchetolasi e le transaldolasi, viene riciclato nuovamente in glucosio 6 fosfato.

Trasferimento C2 Trasferimento C3

Trasferimento C2
Quindi diciamo che potremo interpretare la via del pentoso fosfato come una via che ci serve per
produrre NADPH e per produrre il pentoso fosfato, però poiché non tutto il pentoso fosfato viene
utilizzato per formare nucleotidi questo deve essere riciclato e viene riconvertito in glucosio 6
fosfato. Quindi ha un ruolo centrale nel metabolismo per la sua versatilità. In pratica in questa
reazione vedremo che 6 molecole di pentoso a 5 atomi di carbonio, 30 atomi di carbonio, vengono
convertite in 5 molecole di zucchero a 6 atomi di carbonio, quindi il numero di atomi di carbonio è
lo stesso.
LA FASE NON OSSIDATIVA DELLA VIA DEI PENTOSO FOSFATI: LE TRANSCHETOLASI
Il ribulosio, ossia il primo zucchero che viene prodotto nella fase non ossidativa, viene poi
isomerizzato in ribosio che è substrato del primo enzima che è una transchetolasi insieme allo
xilulosio anch’esso un prodotto dell’isomerizzazione del ribulosio. La transchetolasi è un enzima
capace di trasferire 2 atomi di carbonio mentre la transaldolasi ne trasferisce 3. La transchetolasi
trasferisce 2 atomi di carbonio dallo xilulosio al ribosio, entrambi a 5 atomi di carbonio, e in questo
modo si forma uno zucchero a 7 atomi di carbonio e quello che resta a 3 atomi di carbonio.

LA FASE NON OSSIDATIVA DELLA VIA DEI PENTOSO FOSFATI: LE TRANSALDOLASI


A questo punto interviene il secondo enzima la transaldolasi che trasferisce 3 atomi di carbonio dallo
zucchero a 7 a quello a 3. Quindi il primo diventa eritrosio 4 fosfato e il secondo fruttosio 6 fosfato.
Quando si ha già uno zucchero a 6 atomi di carbonio ossia il fruttosio 6 fosfato posso ottenere
facilmente il glucosio 6 fosfato e quindi i primi 6 atomi di carbonio se ne vanno nel glucosio 6 fosfato.
Gli atomi del eritrosio 4 fosfato si ricombinano con lo xilulosio 5 fosfato e la transchetolasi lo
riconosce nuovamente come substrato stacca due atomi di carbonio e li dona all’eritrosio 4 fosfato
e si forma una nuova molecola di fruttosio 6 fosfato. A questo punto avanza uno zucchero a 3 atomi
di carbonio che è la gliceraldeide 3 fosfato. Questa secondo un andamento parallelo, quindi dal
basso arriva un’altra molecola di gliceraldeide 3 fosfato e si forma il terzo zucchero a 6 atomi di
carbonio.
DI QUESTA VIA SI DEVONO CONOSCERE I NOMI DEGLI ENZIMI E I PROCESSI E NON LE STRUTTURE,
L’IMPORTANTE E’ MEMORIZZARE IL NUMERO DI ATOMI DI CARBONIO CHE ENTRANO ED ESCONO.
Nel caso della transchetolasi, questa trasferisce 2 atomi di carbonio da un chetoso quindi dallo
xilulosio al ribosio. Quindi si ha una gliceraldeide 3 fosfato che ora è diventato aldoso i cui atomi di
carbonio erano comuni a quelli dello xilulosio di partenza. Mentre il ribosio 5 fosfato riceve 2 atomi
di carbonio e si forma un sedoeptulosio 7 fosfato ed è un chetoso. La transchetolasi trasferisce
dunque atomi di carbonio dai CHETOSI agli ALDOSI. Questo enzima utilizza come substrato la
tiamina pirofosfato. (vd fermentazione alcolica per collegamento tematico in cui il piruvato viene
trasformato in etanolo ma perde una tomo di carbonio).

Le transaldolasi trasferiscono dai chetosi (donatore) agli aldosi (accettore) e interviene nella fase
successiva. Il sedoeptulosio possiede 7 atomi di carbonio e l’enzima trasferisce 3 atomi di carbonio
alla gliceraldeide. Questi 4 atomi rimasti fomano l’eritrosio, mentre i 3 atomi di carbonio che
facevano parte della gliceraldeide fanno parte ora del fruttosio 6 fosfato e si ottiene dunque la prima
molecola a 6 atomi di carbonio.
PRIMA REAZIONE DELLA TRANSCHETOLASI vd figura b

 2 molecole a 5 atomi di carbonio si combinano e formano 2 molecole a 7 atomi di carbonio,


il sedoeptulosio, e 3 atomi di carbonio la gliceraldeide 3 fosfato
 Queste fanno da substrato alla transaldolasi che produce una molecola a 4 atomi di carbonio,
l’eritrosio, e una a 6 atomi di carbonio, il fruttosio 6 fosfato
 L’eritrosio a 4 atomi di carbonio si ricombina con una a 5 atomi di carbonio e produce
nuovamente gliceraldeide e fruttosio 6 fosfato
 A quel punto le due gliceraldeidi di combinano tra di loro e si ottiene un altro esoso

Considerando la fase ossidativa si ha la produzione di NADPH, CO3 e ribulosio che viene poi
isomerizzato a ribosio e xilulosio 5 fosfato e innesca la seconda fase.
BILANCIO ENERGETICO
Fase ossidativa: 6 glucosio-6-P → 6 ribosio-5-P + 6 CO2 (estrae gli elettroni di legame presenti
all’interno del glucosio e produce NADPH)
Fase non ossidativa: 6 ribosio-5-P → 5 glucosio-6-P (serve a riciclare gli altri atomi di carbonio e a
riformare il glucosio 6 fosfato)
Bilancio netto: glucosio-6-P → 6 CO2
Nella fase non ossidativa tutte le reazioni sono reversibili e gli enzimi coinvolti sono tutti enzimi
solubili che si trovano nel citoplasma, simili a quelli della glicolisi perché anch’essi solubili nel
citoplasma e a molti nella gluconeogenesi perché in essa ci sono enzimi mitocondriali solo nella
prima deviazione, nella seconda e nella terza deviazione quella delle idrolasi sono anch’essi
citoplasmatici. Il glucosio che entra nella cellula viene fosforilato dalle fosfochinasi affinché non esca
più. A questo punto se segue il destino della glicolisi serve a produrre ATP se invece segue la via del
pentoso fosfato, segue la fase ossidativa e si produce 6 fosfogluconolattone un chetoso fosfato e va
a produrre NADPH. Quindi la cosa che determina il destino del glucosio è la concentrazione di
NADPH. Se c’è poco NADPH il pentosio 6 fosfato viene indirizzato verso la via del pentoso fosfato
altrimenti la cellula finirebbe per produrre ATP ma non avrebbe un cofattore importante per
produrre gli acidi nucleici. Quando invece la concentrazione di NADPH è elevata questa funziona da
inibitore della fase ossidativa della via del pentoso fosfato e quindi il glucosio 6 fosfato viene
indirizzato verso la glicolisi. La logica è il prodotto delle vie biosintetiche.

METABOLISMO DEI POLISACCARIDI


Vediamo adesso da dove viene principalmente il glucosio dall’organismo e quale
destino ha. Della struttura dei polisaccaridi abbiamo parlato principalmente quando
abbiamo parlato dei carboidrati e ci sono delle differenze sostanziali negli zuccheri
per quanto riguarda i legami anomerici, cioè il legame equatoriale beta e quello
assiale alfa. In particolare oggi parleremo di due omosaccaridi, così detti poiché fatti
con lo stesso zucchero che è il glucosio, che sono l’amido e il glicogeno. L’amido è il
materiale di conservazione di glucosio per esempio nelle piante ed è il nostro
alimento principale. (es riso, maccheroni) Addirittura si ritiene che la fonte di amido
sia importante non solo per l’uomo ma anche per altri animali. Avendo sequenziato
il genoma del cane si è scoperto che esso ha i geni per gli enzimi che permettono
l’idrolisi dell’amido, mentre il lupo no. Evidentemente è il risultato
dell’addomesticamento per cui i cani avendo iniziato ad assumere alimenti umani si
sono adattati anche a questa caratteristica. L’amido è costituito da amilosio che ha
una catena lineare ed amilopectina che ha una catena lineare di legami alfa1—4. Il
carbonio 1 di una molecola di glucosio è legato tramite un legame alfa con il
carbonio 4 dello zucchero succesivo. Ogni tanto in genere ogni 24/30 residui
l’amilosio ha una ramificazione tramite legame alfa1—6.

Il glicogeno è fatto esattamente dello stesso materiale ma è molto più ramificato.


Cioè le ramificazione alfa1—6 si verificano ogni 8-12 residui. La struttura
macromolecolare dell’amido è costituita in granuli. Pur essendo fatti di cellulosa i
fogli per scrivere sono ricoperti di amido che li rende più resistenti e lisci. La
cellulosa pur essendo fatta da glucosio ha legami beta.
Quindi con questa rappresentazione a sedia si hanno legami equatoriali, assiali
nell’amido e nel glicogeno. In questo caso il legame è seme 1—4 ma è di tipo beta.
Questo determina una conformazione della cellulosa in fibrille che la rende
particolarmente resistente. L’amido invece non lo è, e il motivo di questa differenza
sta in queste strutture. La cellulosa forma dunque fogli e fibrille e l’amido forma
granuli perché il legame alfa fa torcere la struttura e va a formare delle forme
elicoidali. In particolare entrambe le strutture sono stabilizzate da interazioni deboli
che se prese singolarmente sono deboli ma insieme sono molto resistenti. Il legami
deboli nel caso della cellulosa si formano parallelamente a queste strutture e ogni
tanto formano delle strutture trasversali e questo porta talvolta a diverse fibrille a
combinarsi sul piano.
Noi sappiamo che negli animali il glicogeno è la principale molecola di riserva
mentre nelle piante è l’amido. Gli zuccheri hanno un’estremità riducente e una non
riducente. La prima si crea perché quando lo zucchero ciclizza un aldoso e un
chetoso, una porzione aldeidica reagisce con una chetonica di una stessa molecola e
si forma un emiacetale nel caso dell’aldeide e un emichetale nel caso del chetone.
Quindi gli zuccheri hanno un verso, un’ estremità riducente e un non riducente.
Quella riducente è quella con il carbonio anomerico libero quella non riducente è
quella opposta. Quando il carbonio anomerico è legato ad un altro alcool non
abbiamo più un emiacetale ma un acetale.
Dal glicogeno, il glucosio può seguire tre strade:
• Glicolisi
• Via del Pentosio fosfato
• Distribuzione nei tessuti

Quando mangiamo un piatto di pasta la prima digestione avviene in bocca dove è


presente l’alfamilasi, un enzima idrolitico che catalizza l’idrolisi della catena
dell’amido interrompendo i legami glicosidici all’interno della catena e
frammentandola. Questi frammenti di 10 residui di amido prendono il nome di
maltodestrine. Oltre alle maltodestrine si produce il maltosio. Esso è un disaccaride
di glucosio che proviene dall’amido e quindi sono due molecole di glucosio unite da
un legame alfa 1—4. Successivamente la degradazione si completa ad opera dell’alfa
glucosilasidasi che separa questi due zuccheri e produce glucosio. Un processo
identico avviene anche per la degradazione del glicogeno. La degradazione del
glicogeno di riserva avviene in maniera diversa. Noi degradiamo l’amido e il
glicogeno di digestione tramite processi idrolitici. Il glicogeno all’interno del nostro
corpo si trova essenzialmente in due distretti i muscoli e il fegato. Il glicogeno dei
muscoli serve a favorire nel momento del bisogno la contrazione muscolare, cioè
quando non abbiamo più forza il nostro corpo comincia a mobilizzare glicogeno
quindi a degradarlo e produrre glucosio e permette la produzione di ATP. IL
glicogeno del fegato è quello che viene degradato nell’arco della giornata perché è
quello utilizzato essenzialmente dalle cellule nervose. Cioè il glucosio determina la
trasformazione del glucosio 6 fosfato delle cellule del fegato. Il glicogeno subisce
l’attacco essenzialmente di tre enzimi: la glicogeno fosforilasi, la fosfoglucomutasi e
l’enzima deramificante. Il concetto fondamentale che voi dovete ricordare è che
quando si mobilizza glicogeno non avviene MAI idrolisi che avviene solo quando noi
ingeriamo il glicogeno. Quando noi vogliamo estrarre glucosio dal glicogeno di
riserva avviene una reazione fosforolitica. L’alfamilasi ce catalizzava una reazione
idrolitica non utilizzava il fosfato ma una molecola di acqua e quando questa rompe
il legame si forma glucosio e non glucosio 1 fosfato come nella fosforolisi. Questo
enzima agisce dall’estremità del glicogeno e lo accorcia e produce tante molecole di
glucosio 1 fosfato accorciandolo man mano. Succede però che ogni 8/12 residui il
glicogeno ha una ramificazione, cioè un legame alfa 1 –6
L’attività della glicogeno fosforilasi si blocca a 4 unità di glucosio da una ramificazione α(1-6).
L’enzima deramificante [oligo-α(1-6) α(1-4) glucantrasferasi] agisce in due fasi:
(1) trasferimento di un blocco di 3 residui di Glc prossimi alla ramificazione
(2) idrolisi del legame α(1-6) O-glucosidico
Si ottiene una catena di nuovo allungata alfa1—4 con un solo glucosio che ramifica che viene poi
eliminata dall’enzima de ramificante.
L’azione della glicogeno fosforilasi può
riprendere…
Quindi nella degradazione del glicogeno abbiamo che funziona prima la glicogeno fosforilasi e poi
l’enzima deramificante. La prima ha un’attività di fosforolisi il ‘secondo un’attività di transferasica
e una idrolisica. Quindi si produce una sola molecola di glucosio a fronte di molte molecole di
glicogeno. A questo punto interviene la fosfoglucomutasi sul glucosio 1 fosfato che trasferisce il
carbonio 1 al carbonio 6. Nel sito attivo dell’enzima infatti esite una sedina che ha una catena
laterale CH2OH che fosforilata. Si ha quindi una prima fase in cui fosfoglumutasi è fosforilata e
produce glucosio 1-6 bisfosfato e poi si riprende il fosfato prende sul carbonio 1 e rifosforila la
sedina. In questo modo può riprendere la reazione e il glucosio 6 fosfato si allontana.
Lez 18

CICLO DELL’ACIDO CITRICO


Cominciamo a parlare di una componente centrale del metabolismo che è il ciclo di Krebs (anche detto ciclo
degli acidi tricarbossilici,ciclo dell'acido citrico o ciclo dell'ossalacetato )

Oggi parleremo principalmente della reazione che introduce al ciclo di Krebs. Quindi non riguarderà le varie
reazioni del ciclo, ma sarà a metà tra metabolismo e struttura e funzioni delle proteine. Infatti ci
soffermeremo sul meccanismo di quest’enzima, che è un enzima molto importante per la fisiologia delle
cellule ed è anche un esempio interessante di biochimica delle proteine e cioè la piruvato deidrogenasi.
Innanzitutto, dal punto di vista concettuale, diciamo che il ciclo di Krebs è una via metabolica del
metabolismo centrale ed è il primo processo metabolico di tipo ciclico che incontriamo.
Fin ora i processi metabolici che abbiamo visto ovvero la glicolisi, la gluconeogenesi e la via del pentoso
fosfati, sono dei processi metabolici *binari*. Forse solo la via dei pentoso fosfati ha un funzionamento
ciclico perché ricordiamo che;
- La glicolisi parte dal glucosio che viene degradato ad acido piruvico quindi da 6 atomi di carbonio a due
molecole da 3 atomi di carbonio.
-La gluconegenesi invece fa l’inverso; dal piruvato al glucosio.
-La via del pentoso fosfati invece ha 2 fasi;
la fase ossidativa che è quella che porta i prodotti a cui in realtà serve questa via, questo perché?
Perché noi abbiamo bisogno dei precursori degli acidi nucleici, quindi il glucosio e abbiamo bisogno di
materiale riducente ( cioè il NADPH).
Nella via dei pentoso fosfati, si usa sempre il glucosio come materiale di partenza (il glucosio 6 P) ,si
produce NADH nella fase ossidativa che andrà a servire ,ad esempio, per la biosintesi degli acidi grassi e in
atomi di carbonio. Questa è la componente della via dei pentosi fosfati che ci serve.
Dopo il RIBOSIO viene isomerizzato a XULOSIO e quello che quindi resta dello scheletro di atomi di carbonio
(perché siamo passati a molecole da 5 atomi di C), riforma molecole a 6 C che andranno a riformare quello
che ci fa comodo( il glucosio 6 P viene riformato e questo si può usare per la glicolisi etc etc.).Quindi da
questo punto di vista potremmo dire che questa via ha un andamento ciclico.

In questo caso però vedremo una vera e propria via ciclica, che si trova in una posizione centrale, parlo
sempre del CICLO DI KREBS.

Come vediamo dalla slide abbiamo un ingresso e un’ uscita di molecole. L’ingresso è dell’ACETIL-COA.
L’ACETIL-COA deriva dalla demolizione di tante molecole:
deriva dalla demolizione del glucosio (e quindi dalla glicolisi),
deriva dal piruvato ( quel di cui parleremo oggi è proprio questa relazione tra piruvato e acetic-coa).
deriva dalla demolizione degli acidi grassi
deriva dalla demolizione degli amminoacidi.

Di quali macromolecole sono i precursori queste sostanze?


Il GLUCOSIO avrà come precursore i CARBOIDRATI,
gli ACIDI GRASSI avranno i LIPIDI
gli AMMINOACIDI le PROTEINE.
Quindi proprio tutte le sostanze che noi utilizziamo come alimenti (quello che noi mangiamo diventa
ACETIL-COA). Il motivo per cui l’aceto è vietato nelle diete è perché l’aceto è il precursore iniziale
dell’ACETIL-COA quindi è una sostanza calorica per questo nelle diete va messo il limone e non l’aceto(
l’aceto va direttamente nel ciclo di Krebs).

Quindi nel ciclo di Krebs entrano atomi di carbonio ed escono atomi di carbonio sotto forma di anidride
carbonica (CO2) e sotto forma di elettroni. Gli elettroni non possono girare liberamente, ma devono essere
trasportati da dei trasporatori che sono il NADH i quali andranno nella catena respiratoria. Ci sarà un
trasferimento di elettroni,questi elettroni avranno come obiettivo finale l’ossigeno , quindi parliamo di
respirazione. E l’ossigeno diventa acqua e gli elettroni vengono utilizzati per produrre ATP.
Quindi, attenzione, qui si parla di respirazione, che conosciamo come processo che coinvolge i polmoni,
quindi quello che permette agli animali aerobici di respirare, definiamola respirazione cellulare perché
l’accettatore finale è l’ossigeno. Esistono anche altri organismi con un diverso accettatore finale e che
quindi non respirano ossigeno ma respirano altre molecole.
Tutto questo avviene all’interno del mitocondrio , tutto questo inteso dalla trasformazione del PIRUVATO in
ACETIL-COA fino alla produzione di ATP che avviene nel mitocondrio. (ricorda che la GLICOLISI AVVIENE NEL
CITOSOL).
Come ben sappiamo il MITOCONDRIO è l’organello deputato a produrre energia. Naturalmente il
mitocondrio sta nelle cellule eucaristiche, ma nel caso in cui noi parliamo di procarioti questi sono privi di
questo organello e il ciclo di krebs (che è ubiquitario) si terrà nel CITOSOL.

Quindi vedremo dal punto di vista del processo nel caso del ciclo di krebs, che porta alla produzione di 8
elettroni che verranno trasportati dai vari trasporatori( NAD E FAD) attraverso altri trasportatori, questo
genera un gradiente protonico nella membrana interna e nello spazio intermembrana del mitocondrio e
sarà questo gradiente , il motore che porterà alla produzione dell’ATP, che potrà essere utilizzato all’interno
della cellula per diverse funzioni.
Ora l’argomento di oggi è relativo a questa reazione,una reazione apparentemente semplice perché difatto
è una DECARBOSSILAZIONE OSSIDATIVA del PIRUVATO.

Il PIRUVATO è una molecola che ormai abbiamo già conosciuto, sia nella glicolisi che nella
gluconeogenesi, è costituita da un gruppo carbossilico(perché è un acido), un gruppo carbonilico e così via
e questa molecola verrà sottoposta a una serie di reazioni che porteranno alla perdita di una molecola di
anidride carbonica (CO2) e alla formazione di una molecola da 2 atomi di CARBONIO (cioè il gruppo
acetilico).

Quindi l’aceto costituito principalmente da ACIDO ACETICO che è un gruppo carbossilico legato a un gruppo
carbonile ed è molto simile all’acetile.
L’ACETILE si lega a questo cofattore che è il COENZIMA A.
Questo processo apparentemente semplice è un processo fortemente foergonico (quindi è una reazione
spontanea, perché porta a -33 kj per mole ed è un processo che coinvolge 3 enzimi)
Vedremo che di questi 3 enzimi ; 2 avranno una funzione deidrogenasica e 1 funzione trasacitilasica

E ben 5 cofattori, alcuni dei quali (3) sono dei GRUPPI PROSTETICI tra cui il FAD,
mentre gli altri (2) sono il COA E IL NAD.

IL NAD è uno dei prodotti della reazione perché possiamo notare che dal PIRUVATO a partire da tutti questi
cofattori i prdotti sono CO2, l’ACETIL-COA che entra e fuoriesce al gruppo acetile e il NAD+ esce in forma di
NADH. Come abbiamo visto il NADH trasporta 2 elettroni ,quindi uno ione idruro, cioè un elettrone in più
perché l’H ha un solo elettrone e va nella catena respiratoria e 4 di questi cofattori, quindi tutti tranne il
*LIPOATO*, sono cofattori che il corpo dei mammiferi non è in grado di sintetizzare autonomamente. Ma
ha bisogno di produrli partendo da alcuni precursori ch possiamo assumere con la dieta solo, cioè un certo
numero di vitamine. Ora, il primo cofattore che incontreremo è la TIAMINA PIROFOSFATO costituita da un
gr. Pirofosfato (2 P legati da legame nitrilico) e la tiamina che presenta un’anello eterociclico che contiene
sia N che Z e prende il nome di anello tiazolico. Grazie a questo anello la trionina pirofosfato riesce a legare
un acetaldeide attivata,ovvero un gruppo costituito da due atomi di carbonio, l’anello diazonico ha un
secondo carbonio relativamente acido dato che perde un idrogeno e può formare un legame C-C. La
trionina è un enzima che trasporta atomi di carbonio, esso funge da acido donando elettroni, lo fa perché
nell’ anello sono presenti due atomi fortemente elettronegativi che influenzano lo stato elettronico della
molecola. La trionina quindi viene utilizzata come cofattore nella fermentazione aldolica e nella via dei
pentosi fosfati. Nel primo caso, il piruvato si riduce ad etanolo, il piruvato ha tre atomi di carbonio mentre
l’etanolo ne ha due, avviene quindi un processo di allontanamento di un carbonio e la piruvato
decarbossilasi usa la trionina per staccare un gruppo carbossilico e formare CO2. Nel secondo, invece, con
la treonina la transchetolasi trasferisce due atomi di carbonio dallo xilusio al ribosio.

Il secondo cofattore che incontriamo nel meccanismo della piruvato deidrogenasi è il lipoato o acido
lipoico. Esso è costituito da una catena lineare idrocarburica formata da quattro CH2 legata ad un anello
formato da due atomi di zolfo. Questa catene rende la molecola particolarmente flessibile in quanto la
rende capace di donare gruppi nel complesso enzimatico. Il lipoato, inoltre, si può trovare nella forma
ossidata (in questo caso l’anello è chiuso) oppure in forma ridotta come nel meccanismo della piruvato
deidrogenasi dove i gruppi tiloci si rompono e diventano lunghi. La sua funzione principale è quella di
accogliere un gruppo acetile (quando si trova in forma ridotta) e trasferirlo al coenzima A, può anche
fungere da trasportatore di elettroni. Il lipoato però è un gruppo prostetico : cioè è legato covalentemente
ad un amminoacido, l’enzima idropiltracetilasi (adesina). Il Coenzima A è il terzo coenzima formato da un
nucleotide (adenina difosfato) acido pantenoico (vitamina B5) BETA marca- metil ammina. Questa
struttura appena descritta si lega attraverso un gruppo fosfato all’acetile formando il precursore del ciclo di
Krebs, l’acetil coa (gruppo tioestere il quale conserva energia da sfruttare nel metabolismo energetico).

Anche il coenzima A come la tiamina pirofosfato è una sostanza che non riusciamo a sintetizzare, il glucosio
lo riusciamo a sintetizzare con la via del pentoso fosfato, l’adenina la sintetizza a partir dall’acetil coenzima
A e residui di amminoacidi, l’acido pantotenico lo dobbiamo prendere con la dieta che prende il nome di
vitamina B5. Il quarto coenzima del complesso della piruvato deidrogenasi è il FAD. IL FAD l’abbiamo
incontrato quando abbiamo parlato dei nucleotidi in generale delle basi azotate, perché anche qua
compare l’adenina. L’adenina è presente nel NAD, nel FAD, nell’acetil coenzima A e nell’ ATP. Il FAD è un
gruppo prostetico, è legato alle proteine e quindi alle deidrogenasi dove funziona il trasportatore di
elettroni. Il trasporto degli elettroni avviene grazie a questo gruppo, un anello ha 3 gruppi aromatici che si
chiama isoallosazinico. È un anello che permette di ricevere un elettrone per volta, quindi il FAD passa per
una fase di riduzione intermedia o FADH , quando riceve un solo elettrone, e una fase di riduzione completa
quando riceve due elettroni sotto forma di FADH2. Il FAD è un cofattore che non può trasportare elettroni
spostandosi dalla deidrogenasi al contrario del NAD, quindi il punto dove si trova il FAD e riceve gli elettroni
è il punto dove si trova l’enzima. Anche il FAD si forma dalla vitamina B2 che viene assunta con il latte o con
le verdure. Il quinto cofattore della piruvato deidrogenasi è il NAD. Esso riceve gli elettroni grazie all’anello
nicotinammidico, questo può ricevere due elettroni sotto forma di un singolo atomo di idrogeno. In pratica
il NAD cede due elettroni sotto forma di due atomi di idrogeno ma lo riceve come ioni idruro. Poiché gli
atomi venivano da due atomi di idrogeno si forma un protone che viene liberato nel mezzo. Quando il NAD
reagisce con la deidrogenasi corrispondente riceve due elettroni, questi vengono trasportati da due
idrogeni, quindi ciascuno idrogeno ha un elettrone però, mentre nel FAD, i due idrogeni si attaccano a due
punti dell’anello, nel caso del NAD, un idrogeno si lega a un punto dell’anello, l’altro elettrone non si lega
sotto forma di idrogeno ma viene strasferito all’azoto. Questo azoto perde la carica positiva e il NAD nella
forma ridotta NADH ha due elettroni in più, uno lo vediamo ed è NADH e l’altro non lo vediamo perche
prima lo chiamavamo NAD+ e ora non lo chiamiamo più così perché si è preso l’alettrone. Il NAD+ non è
carico positivamente ma un azoto è carico positivamente. Il NAD ha dei fosfati che hanno una carica
negativa quindi la molecola globalmente è carica negativamente, tanto è vero che il NAD+ lavora legato a
un atomo di magnesio che fa da controione a questi due gruppi. Anche il NAD+ si forma a partire dalla
vitamina niacina.

La piruvato deidrogenasi è uno degli enzimi più grandi che si trovano all’interno della cellula, è più grande
dei ribosomi , è un complesso multienzimatico ed è uno dei pochi enzimi che si può fotografare col
microscopio elettronico. La piruvato deidrogenasi ha questo nome dal primo enzima del complesso, primo
in ordine di tempo cioè quella che catalizza la prima reazione. L’enzima che utilizza come cofattore la
tiamina pirofosfato è il primo (indicato in giallo) , il secondo enzima indicato in verde è una transacetilasi in
particolare si chiama diidrolipoil transacetilasi e presenta come gruppo prostetico l’acido lipoico, catalizza il
trasferimento del gruppo acilico dalla piruvato deidrogenasi all’acetil coenzima A. Ha un ruolo topologico
cioè ha la funzione di trasferire da un punto a un altro una molecola. Il terzo enzima che interviene nella
terza fase della reazione si chiama diidrolipoil deidrogenasi e ha la funzione di riciclare l’acido lipoico e
renderlo disponibile a una reazione. Questo enzima ha come gruppo prostetico il FAD. I cofattori non legati
fisicamente agli enzimi e sono il coenzima A e il NAD, dove il coenzina A si lega all’enzima 2 e il NAD
all’enzima 3.

Il meccanismo della piruvato deidrogenasi

Gli enzimi nel disegno sono messi in sequenza secondo il codice colore: enzima 1, 2 e 3. L’enzima 1 è la
piruvato deidrogenasi e da il nome all’intero processo. La piruvato deidrogenasi ha legato il cofattore
tiamina pirofosfato. A che serve questo cofattore? Serve a trasportare atomi di carbonio. Il substrato della
reazione ,il piruvato che viene legato alla tiamina pirofosfato e porta alla fuoriuscita di anidride carbonica.

Perché la piruvato decarbossilasi è quella che abbiamo visto nella fermentazione alcolica, questa è anche
deidrogenasi perché avete che quando si ha l’allontanamento del carbonio si forma questo complesso che
si chiama idrossietildiamminapirofosfato (DPP). Notate la differenza che c’è tra l’idrossietil e il gruppo
acilico. Questo gruppo qui è ridotto, questo è ossidato. Quindi il risultato della prima reazione è la
produzione di anidride carbonica e del gruppo idrossietilico legato all’ *amminopirofosfato*(41:42). Lo
stesso enzima a questo punto trasferirà il gruppo a due atomi di carbonio al cofattore del secondo enzima.
Il cofattore del secondo enzima è l’acido lipoico cioè quella molecola che ha una catena CH2 lunga e
flessibile legata a una lisina che a sua volta ha una catena laterale piuttosto lunga, quindi ha un braccio
molto flessibile e che mostra due atomi di zolfo in forma ossidata. E’ fondamentale che l’acido lipoico
legato al secondo enzima che si chiama diidrolipoil transacetilasi abbia questi atomi di zolfo ossidati.
Perché? Perché il primo enzima che prima ha funzionato da decarbossilasi ora funziona da deidrogenasi
cioè ossida questo atomo di carbonio e così facendo riduce i due gruppi s che diventano sh, quindi gli
elettroni che trovate qui e che c’erano in questa posizione provengono da questa sostanza e rendono
l’acido lipoico disponibile ad accettare il gruppo acilico. Quindi, primo passaggio: trasferimento con perdita
di anidride carbonica. A questo punto formazione di *idrossietilamminapirofosfato*(43:40). Vicino a questo
enzima E1 c’è l’enzima E2 che mette a distanza utile l’acido lipoico ossidato. Quindi dal piruvato
deidrogenasi riduce l’acido lipoico ossidando questo gruppo e quindi gli trasferisce gli elettroni agli atomi di
zolfo. Oltre al trasferimento degli elettroni gli fornisce questo gruppo a due atomi di carbonio che è stato
ossidato e quindi ora è un gruppo acilico. Questo gruppo acilico conterrà l’elettrone, quindi un elettrone si
trova sull’ sh e l’altro gruppo acilico ha permesso la formazione di questo legame, cioè l’altro elettrone ha
permesso la formazione di questo legame che è un legame ad alta energia. Questa è la prima reazione. In
realtà qui il ruolo da protagonista la fa la piruvato deidrogenasi, perché la piruvato deidrogenasi prima
decarbossila poi ossida il gruppo che è legato al DPP riducendo quest’altro gruppo che riceve il gruppo
acilico. L’enzima 2, cioè la transacetilasi non fa altro, ha soltanto ricevuto il gruppo acilico, anzi il gruppo
acetilico. A questo punto interviene la seconda reazione. Cioè questo enzima fa la TRANSACETILASI, cioè
trasferisce il gruppo acetilico a qualche altra cosa. A cosa lo trasferisce? All’acetil-coenzima A (acetil-CoA).
Quindi interviene il terzo cofattore, che è l’acetil-coenzima A che si lega alla transacetilasi e quindi c’è
semplicemente un trasferimento del gruppo acetilico con l’interruzione di un legame *tioestere* e
formazione di un altro legame *tioestere* perché il gruppo acetilico si è staccato da questo zolfo e si
attacca a quest’altro zolfo. A questo punto si è formato l’acetil-coenzima A. Questa seconda reazione è
quindi una reazione di transacetilasi. Ora, se ho detto all’inizio che la reazione della piruvato deidrogenasi è
quella di trasformare il piruvato in acetil-coenzima A di fatto la reazione è finita. Cioè la piruvato
deidrogenasi, il complesso della piruvato deidrogenasi, ha svolto la sua funzione. Perché adesso deve
intervenire un altro enzima e due cofattori? (Per ripristinare) Perché il lipoato deve essere ossidato mentre
io ora me lo trovo ridotto . Quindi se non ci fosse quest’altro enzima il complesso di enzima 1 e 2
produrrebbe una molecola di Acetil-coenzima A e poi sarebbe finito. Invece gli enzimi sono dei catalizzatori
riciclabili che poi possono fare alcune reazioni, o meglio catalizzare quelle reazioni un numero infinito di
volte. Quindi in questo momento il mio problema è ossidare il lipoato. Come ossido il lipoato? Lo posso fare
con un’altra deidrogenasi che utilizza come substrato il FAD che riceverà gli elettroni *presenti i due atomi
di zolfo* i quali verranno ossidati quindi si formerà il legame disolfuro e il FAD riceverà due elettroni e
quindi diventa FADH2. Ma se la reazione finisse qui e il FADH2 ha fatto ciò che doveva fare mi ritrovo di
nuovo come prima perché invece di una molecola di piruvato ne posso fare due che diventano acetil-
coenzima A ma mi ritroverei di nuovo il lipoato ridotto e il FADH2 ridotto quindi il FADH2 non potrebbe più
strappare altri due elettroni dal lipoato ma interviene un’altra reazione, la quinta ed ultima reazione, che è
pure catalizzata dal diidrolipoil deidrogenasi in cui gli elettroni del FADH2 vengono trasferiti al NAD+; il
NAD+ diventa NADH + H+, si può allontanare dalla reazione e io mi ritrovo tutti gli enzimi pronti e carichi.
Perché la *diamminopirofosfato* è libera dal gruppo idrossietilico; il lipoato è ossidato; il FAD è ossidato; e
quindi il complesso della piruvato deidrogenasi può funzionare un’altra volta. E’ chiaro che questa reazione
è contemporanea ….(??? non capisco) . Cioè si ha la deidrogenazione del lipoato, si produce FADH2 e la
presenza del NAD produce NADH. Perché a questo punto non uso direttamente il NADH per ossidare il
lipoato? Perché devo passare attraverso il FADH2? Il motivo è che la presenza del FADH2 legato in maniera
stabile all’Enzima 3 rende il processo molto più efficiente perché il FAD sarà sempre disponibile perché
fisicamente insieme all’enzima . Il NAD invece è una sostanza che si può attaccare o staccare. Quindi
l’evoluzione ha portato a questo cofattore in modo tale da permettere una maggiore efficienza della
reazione. Quindi nel caso della piruvato deidrogenasi abbiamo che la reazione avviene esattamente come la
piruvato decarbossilasi della fermentazione alcolica. Quindi il meccanismo è questo. Quindi lipoato
decarbossilasi della fermentazione alcolica mostra lo stesso meccanismo della piruvato deidrogenasi.
Quindi fate il collegamento tematico, quando studiate la fermentazione alcolica ricordatevi questo aspetto.
Poiché la tappa limitante di tutta la reazione ha dato il nome al complesso multienzimatico appunto di
piruvato deidrogenasi. Nella seconda reazione vedete quello che vi ho spiegato prima: i due elettroni
rimossi dall’idrossietile riducono il ponte disolfuro del lipoato che è legato covalentemente a una lisina
della idrolipoil transacetilasi e uno dei due gruppi viene esterificato con un legame tioestere con il gruppo
acetilico che deriva dall’idrossietile, qui vi aiuta il *codice colore*, perché gli atomi di carbonio …????. Nel
piruvato deidrogenasi sono indicati in rosso . A questo punto la diidrolipoiltransacetilasi fa la reazione di
trans acetilazione e cioè trasferisce il gruppo acetilico al coenzima A . Come vi ho detto prima si ha la
rottura di un legame tioestere e la formazione di un nuovo legame tioestere . L’acetilcoenzimaA si lega in
modo reversibile alla diidrolipoil transacetilasi e si allontana contenendo l’AcetilcoenzimaA.
L’Acetilcoenzima A va al ciclo di Krebs e lì si svolge il processo che poerterà agli equivalenti elettronici che
devono essere utlizzati. L’ultimo enzima ha la funzione di diidrolipoil deidrogenasi perché deve riossidare
l’acido lipoico in modo tale da renderlo disponibile per un nuovo processo e gli elettroni vengono trasferiti
al FADH2. Successivamente, una volta che si ha il FADH2, questi elettroni del fadh2 vengono ossidati dal
diidrolipoil deidrogenasi che utilizza il nad come trasportatore di questi elettroni li riceve e si può
allontanare dalla reazione e quindi l’enzima è pronto per un nuovo ciclo.
Ora, in questo meccanismo generale,vi do un’altra chiave di lettura: stesso processo entrata del
piruvato,acetilcoenzima-a e si ha l’uscita del nadh e cioè degli elettroni che vanno al carrier di elettroni
della cellula. Questo processo si è evoluto in questo modo, e cioè si è creato questo complesso enzimatico,
per favorire l’incanalamento del substrato diciamo in una specie di meccanismo a catena per cui il
substrato non diffonde mai all’esterno ma una volta che entra nel complesso della piruvato deidrogenasi è
intrappolato e ne uscirà soltanto come prodotto.
Come ci ricordiamo dalla cinetica enzimatica l’energia di attivazione per superare la barriera energetica per
andare al substrato. Questa barriera viene abbattuta da coenzimi che utilizzano l’energia di legame per
abbatterla. Altro concetto è quello della prossimità , ovvero l’enzima ha la funzione di mettere vicini dei
gruppi aumenterà l’efficienza della catalisi abbassando l’energia di attivazione esempio è la piruvato
deidrogenasi perchè c’è prossimità tra l’idrossi etile e il lipoato che permette nel trasferimento del gruppo
acetilico, c’è prossimità tra l’lipoato e il fadh2 e c’è prossimità tra il fadh ridotto e il nad ossidato. Quindi
questi enzimi si trovano tutti insieme per permettere maggiore efficienza della catalisi in reazioni di
deidrogenazione che sono tre ovvero la deidrogenazione del deidrossietile ad opera dell’enzima 1,
deidrogenazione dell’lipoato da parte dell’enzima 3 che è la deidrogenasi e la deidrogenazione del fadh2.
Quindi 3 reazioni di ossido riduzione e una di trans acetilazione. La prima è anche di carbossilazione. Quindi
se io devo elencare le reazioni che vengono catalizzate dal complesso della piruvato deidrogenasi sono:
decarbossilazione , deidrogenazione,trans acetilazione del gruppo acetilico , ossido riduzione del lipolato e
deidrogenazione di nuovo del fadh2.
La PDH, che ha un diametro di 50 nm, ègrande 5 volte il ribosoma e si può osservare al microscopio
elettronico La PDH è costituita da 3 attività enzimatiche presenti in molte copie: Piruvato deidrogenasi (E1)
Diidrolipoiltransacetilasi (E2) Dilidrolipoil deidrogenasi (E3) Il lipoato è un gruppo prostetico che si lega ad
una lisina di E2
La TTP è legata a E1
Il FAD è legato a E3.La diidrolipoil-deidrogenasi (E3) trasferisce due atomi di H dal gruppo lipoilico ridotto
di E2 al FAD (4) Il FADH2 ridotto su E3 trasferisce uno ione idruro (:H-) su NAD+formando NADH (5) Il
complesso è pronto per un altro ciclo (lipoil-lisina ossidata)
Quando vi ho spiegato la struttura del lipoato vi ho detto che è una molecola importante perché ha la
funzione di spostare dei gruppi da un punto ad un altro della molecola. Vi ho detto che il complesso della
piruvato deidrogenasi è molto grande avete delle zone distanti che devono essere raggiunte e si
raggiungono o per diffusione cioè un prodotto si stacca dalla proteina e si attacca ad un altro punto però è
un processo che può essere poco efficiente perchè il prodotto si può staccare e non tornare più
. Il lipoato ha la funzione che deve trasferire le sostanze da un punto ad un altro migliorando l’efficienza del
processo .Questa è la prima reazione quindi qui si è formato il gruppo idrossi e compare il lipolato che viene
ridotto e ha affinità per l’enzima piruvato deidrogenasi e si lega ad esso, a questo punto viene ridotto e
viene trasferito come acetile. Ritorna sull’diidrolipoil transacetilasi in modo tale che possa incontrare il
coenzima a in un'altra zona e trasferirgli il gruppo acetilico. A questo punto il lipoato fa visita al terzo
enzima cioè la diidrolipoil deidrogenasi dove è collocato il fad e può essere ossidato.
la piruvato deidrogenasi è un enzima altamente controllato e il prodotto è l’acetilcoenzima-a perchè il
nadh lo posso produrre dopo in grandi quantità nel ciclo di krebs.
l’acetilcoenzima-a è il precursore dei processi anabolici cioè la cellula può decidere se produrre atp.
Quindi la pir.deidrogenasi ha un ruolo centrale per l’acetilcoenzima-a che o lo uso per produrre atp oppure
per costruire qualche altra cosa. Quindi è ovvio che questo enzima viene strettamente regolato e la pir.
deidrogenasi in particolare è regolata da processi di fosforilazione e defosforilazione catalizzati da una
chinasi e da una fosfatasi e quindi ci sono vari regolatori che agiscono come attivatori(adp) o
inibitori(atp,nadh) della piruvato deidrogenasi.
La piruvato deidrogenasi è regolata da meccanismi allosterici e covalenti In presenza di grandi quantità di
combustibili, ATP, Acetil-CoA e NADH sono effettori allosterici negativi Quando la domanda energetica
aumenta Piruvato e ADP sono effettori allosterici positivi Il complesso è inibito anche dalla fosforilazione di
una Ser specifica sull’enzima E1 Oltre a E1, E2 ed E3, una proteina chinasi(che fosforila E1) ed una
fosfoproteina fosfatasi (che defosforila E2) fanno parte del complesso.
Lezione del13/05/2019

IL CICLO DELL'ACIDOCITRICO Venerdì abbiamo visto la reazione introduttiva al ciclo dell' acido citrico, un
breve riepilogo è la reazione catalizzata dal complesso della piruvato deidrogenasi che in pratica serve ad
incanalare gli atomi di C che provengono dalla glicolisi verso l'acido citrico. In particolare l'enzima catalizza
la trasformazione, la decarbossilazione ossidativa del piruvato in Acetil-CoA. In questo processo si produce
anche CO2 e NADH. A quel punto l'Acetil-CoA è pronto per entrare nel ciclo diKrebs.

SLIDE1

Il ciclo di Krebs è un processo molto importante, in parte è centrale nella vita delle cellule procariotiche ed
eucariotiche.

Si chiama ciclo di krebs dal nome dello scopritore. Si chiama ciclo degli acidi tricarbossilici per la natura di
alcuni intermedi.

Si chiama ciclodell'acido citrico per il primo prodotto del ciclo che gli dà il nome. Lehninger è quello che ha
scoperto insieme a kennedy che il ciclo di krebs si trova interamente all'interno del mitocondrio. Tutte
queste molecole e quindi tutti i cofattori, gli enzimi, ecc… si trovano tutti all'interno del mitocondrio così
come si troveranno nel mitocondrio le molecole e i cofattori della catena di trasporto degli elettroni e gli
enzimi e i cofattori della fosforilazione ossidativa.

Quindi il mitocondrio èil luogo della cellula all'interno del quale si produce entropia.

Bisogna però ricordare che il ciclo di krebs non ha soltanto un valore catabolico perché da quello che vi ho
detto fino ad ora sembrerebbe che serve a trasformare l'Acetil-CoA in equivalenti elettronici che poi si
utilizzano persintetizzare l'ATP .In realtàil ciclo di krebs èmoltopiùdi questo e la sua origine evolutiva
presumibilmente non c'entra affatto con la degradazione degli scheletri carboniosi ma si è evoluto poi in
questa direzione nel momento in cui sulla terra è comparso l'ossigeno.

Il ciclo di Krebs lo possiamo anche immaginare come una specie di quadrante di orologio e quindi per
focalizzare i vari passaggi potremmo dire che:

- la prima mezz'ora è quella dedicata principalmente all'estrazione di energia - la seconda mezz'ora è


dedicata a renderlo un ciclo cioè a permettere che quindi si ritorni alle molecole iniziali per permettere una
nuova edizione di quello che dicevo prima.

SLIDE2

In totale sono 8 reazioni equindisono2inmeno rispetto a quelle della glicolisi come numero e molte di
queste sono delle ossido-riduzioni.

In particolare,abbiamochenellaprimareazionesiosserval'ingressodell'Acetil-CoA, quindi il prodotto del


complesso della piruvato deidrogenasi potremmo considerarlo forse il principale substrato del ciclo di
krebs, quello che porta al suo ingresso all'interno del ciclo.

Questo (penso l'Acetil-CoA) si condensa con l'ossalacetato. C'è una prima reazione che dà il nome al ciclo
perché produce acido citrico e cioè citrato.

Successivamente il citrato viene trasformato in isocitrato però una cosa che non vi ho detto e che è
importante che nella prima reazione del ciclo di krebs deve avvenire la condensazione tra una molecola a
2 atomi di C (penso l'Acetil-CoA) e una molecola a 4 atomi di C (penso l'ossalacetato), quindi il primo
prodotto è una molecola a 6atomi di C(penso il citrato).
Il ciclo di krebs lo possiamo vedere sotto vari punti di vista, tipo:

- qual è il destino degli atomi di C - qual è il destino deglie

Come vi ho già detto non voglio che voi sappiate le strutture degli intermedi del ciclo di krebs, dovete
conoscere gli enzimi e quindi le reazioni che catalizzano cioè il nome della reazione catalizzata che non
necessariamente è quello dell'enzima, ma il nome dell'enzima molto spesso vi aiuta e poi mi dovete saper
dire queste cose cioè

- qual è il destino degli atomi di C - qual è il destino degli e Nella spiegazione che vi darò oggi però entrerò
nel dettaglio delle strutture perché ribadisco sempre che conoscere le strutture, leggere la chimica delle
trasformazioni vi aiuta a memorizzare e ad imparare questo processo e soprattutto a capirlo. Quindi se
entro nel dettaglio delle strutture non è perché vi chiederò le strutture ma semplicemente per offrirvi
un'opportunità e poi è a vostra discrezione approfondire questo tipo studio.

Quindi la prima molecola dà il nome al ciclo, prima di tutto perché è un acido tricarbossilico e poi perché è
l'acido citrico.

Questo acido citrico viene trasformato nella reazione successiva che in realtà porta ad un intermedio e poi
porta ad una sua forma isosterica cioè all’isocitrato e fino ad ora rimangono 6 atomi di C cioè non ha alcun
cambiamento del numero degli atomi di C.

Nella terza reazione che è catalizzata dall'isocitrato deidrogenasi si osserva l'allontanamento di un atomo
di C e quindi si passa da una molecola a 6 atomi di C come l'isocitrato ad una a 5 atomi di C cioè l'alfa-cheto
glutarato.

La quarta reazione è anche questa una reazione di decarbossilazione ossidativa che porta di nuovo
all'uscita di una molecola di CO2 e quindi il composto (penso ilsuccinil-CoA) non ha più 5 atomi di C ma 4
atomi diC.

D'ora in poi non cambierà più il numero degli atomi di C perché il ciclo dell'acido citrico vede l'ingresso di 2
atomi di C , quelli del gruppo acetilico, e la fuoriuscita di 2 atomi di C (di 2 molecole di CO2). Però
attenzione: gli atomi di C che entrano non sono fisicamente gli stessi atomi di C che escono cioè nella
diapositiva la struttura del gruppo acetilico è indicata in rosa e si vede dove si trova il gruppo acetilico
all'interno degli intermedi. Come vedete, la CO2 che viene tirata fuori non è costituita dall'atomo di C che
proveniva dall'acetile. Quindi occorreranno vari cicli del ciclo di krebs perché questa molecola di acetile
venga poi espulsa. Quindi è uno scambio. Quindi anche questo è quello che potremmo definire un falso
amico perché uno dice che entrano 2 atomi di C ed escono 2 atomi di C e quindi sono sempre gli stessi.
Questo significherebbe che però i 4 atomi di C rimangono gli stessi, invece la materia si rinnova e quindi
questi atomi di C che entrano faranno parte poi della molecola che viene riciclata e bisognerà attendere 2
cicli perché vengano poi espulsi.

Come vi ho detto in questa prima metà (penso del ciclo) si ha produzione di C cioè si allontanano atomi di C
e si producono elettroni,in particolare 2 molecole di NADH.

La seconda fase è la fase in cui si deve ricaricare la molecola di partenza che è l'ossalacetato . In questa
seconda fase però si utilizzeranno cmq queste molecole per produrre equivalenti energetici, infatti in
questa reazione (penso la quinta reazione) da succinil-CoA a succinato si produce GTP oppure ATP ed è la
quinta. E poi con la sesta, la settima e l'ottava che portano dal fumarato al malato e dal malato
all'ossalacetato si ha la produzione di FADH2 e quindi di altri e-e in ultimo una molecola diNADH.

Quindi si vede che 4 delle otto tappe sono delle ossidazioni. È facile ricordare quali sono le ossidazioni,
come potreste ricordarle? Tutte quelle fasi che produconoNADHoFADH2sonofasi ossido-riduttive.

Slide i

Ora cominciamo a parlare delle varie reazioni: - La prima reazione è catalizzata dall’enzima citrato sintasi.
Questo (penso l' enzima) è facile da ricordare perché è il nome del prodotto della prima reazione cioè la
sintesi dell'acido citrico. La citrato sintasi utilizza come substrato l'ossalacetato e l'Acetil-CoA . L'Acetil-CoA
abbiamo detto che viene dalla reazione (penso decarbossilazione ossidativa) catalizzata dal complesso
della piruvato deidrogenasi. La citrato sintasi è un enzima che porta alla formazione di un intermedio che si
chiama citril-CoA e che si viene a formare grazie al fatto che il gruppo metilico (CH3) dell'Acetil-CoA
reagisce con il carbonio-carbonilico dell'ossalacetato. Qui è la prima descrizione del fatto che dobbiamo
leggere la chimica: se torniamo al ciclo in generale, porto la vostra attenzione su un aspetto fondamentale.
In pratica ilciclo lavora per rendere disponibile un gruppo carbonilico (C=O). Il gruppo carbonilico (C=O) è
un gruppo importante nei processi sia di formazione dei legami C-C sia di interruzione dei legamiC-C. Qui si
crea un nuovo legame C-C perché il gruppo metilico dell'Acetil-CoA si deve legare all'ossalacetato e dopo
vedremo che si interrompono dei legamiC-C. Nelle prime lezioni del corso abbiamo detto che i legami C-C
sono estremamente stabili perché il C non è un elemento elettronegativo e quindi è un pessimo acido ed
una pessima base. Quindi interrompere il legame C-C è molto complicato da un punto di vista chimico e
quando ce ne è bisogno, l’evoluzione ha studiato di sfruttare il gruppo carbonilico. Perché è importante il
gruppo carbonilico? Perché nel gruppo carbonilico c'è un atomo di O molto elettronegativo che attrae gli e-
verso di sé,quindi rende più deboli i legami C-C che sono legati al C legato all'O. In questo caso,questo fatto
per mette al gruppo metilico di legarsi al carbonio-carbonilico che come vedete quindi forma l'intermedio
citril-CoA e a questo punto la citrato sintasi interrompe il legame tioestere tra il CoA e il gruppo acetilico e
quindi si ha la fuoriuscita del CoA e si forma l'acido citrico (ocitrato). Nel ciclo di krebs ci vogliono 8 reazioni
per demolire (anche se non demolisce precisamente questi 2 atomi (penso di C), potremmo dire che di
fatto il ciclo di krebs demolisce questo gruppo acetilico,non lo fa immediatamente,lo fa in cicli successivi
ma di fatto demolisce quel gruppo. Perché è necessario fare tutto questo? Cioè fare 8 reazioni diverse, con
8 enzimi diversi,con tanti cofattori, regolare il tutto per demolire una molecola a 2 atomi di C? Quando
Abbiamo fatto la fermentazione alcolica abbiamo visto che la piruvato decarbossilasi stacca una molecola
di CO2 dal piruvato e produce acetaldeide e non è una cosa tanto complicata. Noi potremmo
semplicemente ossidare il gruppo acetilico e produrre CO2 e metano perché questo CH3 diventerebbe CH4
e CO2 ossidandolo, aggiungendo un’altro atomo diO

Ma se noi facessimo questo, avremmo lo stato del C più ossidato (tabella slide3 che mostra i livelli di
ossidazione del C) . Il C passa dallo stato più ridotto che è il metano CH4 allo stato più ossidato (penso
biossido di C o CO2) cedendo i vari e-. Quindi se noi scindiamo il gruppo acetilico in CO2 e metano CH4
otteniamo: C totalmente ossidato e quindi non ci serve più a niente infatti noi ci liberiamo di organismi
aerobi producono CO2 e poi produciamo metano cioè esattamente il primo e l'ultimo composto (penso
della tabella) . Ma utilizzare il metano non è affatto semplice, ci sono pochi organismi viventi che riescono a
farlo,sono organismi aerobici che utilizzano il metano come fonte di energia. Quindi di fatto se noi
ossidiamo il gruppo acetilico in CO2 e metano CH4 perdiamo tutto perché la CO2 ormai è ossidata e il
metano dovrebbe subire una serie di trasformazioni particolarmente complicate che di fatto sarebbero di
un altro metabolismo Invece il gruppo acetilico che proviene già da un'ossidazione del glucosio bisogna
finire di demolirlo. Quindi questa prima reazione (penso del ciclo di krebs) è una reazione fortemente
esoergonica. Questa caratteristica di essere esoergonica dipende dal fatto che si interrompe il legame
tioestere tra l'acetile e ilCoA. L'Acetil-CoA è una molecola ad alta energia e questa energia viene in pratica
trasferita all'ossalacetato sotto forma di gruppo acetilico e si forma ilcitrato. Il citrato èuna molecola
simmetrica,è fatta da 3gruppi carbossilici(COO-), questo è un C che è simmetrico e non asimmetrico
perchéè legato a 2 gruppi uguali CH2 e COO-,ad un ossidrile OH e al gruppo carbossilico COO-.

La reazione successiva è la reazione catalizzata dall’ aconitasi . L'aconitasi svolge una reazione che sembra
futile perché fa una deidratazione del citrato e poi la molecola che si produce : il cis-Aconitato, viene di
nuovo reidratata. Qui è indicato come l'aconitasi prima deidrata il citrato, si forma un doppio legame
(penso tra il C2 e il C3) perché toglie un H da questo C (penso dal C2) o un ossidrile OH da questo (penso
dal C3), si forma il doppio legame e a quel punto si riaggiunge una molecola di acqua H2O. Il prodotto della
reazione è questo composto che è l'isocitrato che è una molecola che ha la stessa formula chimica del
citrato ma ha una disposizione dei gruppi nello spazio differente. Perché viene fatta questa reazione?
Perché nelle successive reazioni del ciclo di krebs è necessario togliere CO2, quindi per togliere CO2 devo
interrompere un legame C-C, ma interrompere un legame C-C non è affatto facile e come lo faccio?
Producendo un gruppo carbonilico. In pratica, l'aconitasi prepara la molecola (penso il citrato) per subire
una trasformazione in uno dei carboni (penso nel C2 o nel C3) in gruppo carbonilico e quindi permettere la
fuoriuscita dellaCO2. Quindi nel citrato avete che i 2 atomi (penso il C2 e il C3) che dovevano portare alla
formazione del carbonile sono totalmente ridotti perché il C è CH2 e CH2. Quindi l'aconitasi ha la funzione
di ossidare uno di questi atomi di C, prima levando l'H20 a quest’altro (penso al C3) e poi aggiungendola in
modo tale da ossidare questo atomo di C qua (penso ilC2). Nella diapositiva sono ombreggiati i 2 atomi di C
(penso il C4 e il C5) provenienti dall'acetile. Come si può ben vedere non sono affatto coinvolti (penso il C4
e il C5) nelle reazioni del ciclo in cui sono entrati per la prima volta, rimarranno sempre in questa posizione
e poi faranno parte della molecola di ossalacetato che subirà un ciclo didegradazione successivo. SLIDE5 -
La terza reazione è la prima reazione di decarbossilazione ossidativa del ciclo. Fino ad ora abbiamo visto
che c'è stata una condensazione a spese dell'Acetil-CoA che portava molta energia e c'è stata una
deidratazione/idratazione.
Adesso l'enzima isocitrato deidrogenasi che è facile da ricordare perché il substrato è l'isocitrato e la
reazione è un’ ossido-riduzione e quindi ovviamente questa è una deidrogenasi. Questo enzima (penso
l'isocitrato deidrogenasi) riconosce l'isocitrato come substrato e in un primo stap della reazione catalizza
un'ossido-riduzione, quindi ossida questo C (penso ilC2 riferendosi all’isocitrato rappresentato in alto a dx
della slide 5 oppure al C4 riferendosi all'isocitrato rappresentato in basso a sx della slide 5) e si forma il
gruppo carbonilico (C=O). Questa ossidazione permette la produzione della prima molecola di NADH del
ciclo di krebs. Quindi questo è un momento importante perché gli e-contenuti all'origine dal glucosio ,
sono stati ancora conservati nel piruvato, sono stati ancora conservati nell'Acetil-CoA e ora sebbene non
direttamente dall'Acetil-CoA, vengono trasferiti al NADH. Abbiamo visto che varie volte la cellula usa dei
trucchi che potremmo chiamare con i nostri metodi delle partite di giro di energia con gli atomi di C cioè
non è detto che quello che tu mi dai io poi fisicamente quell'oggetto lo trasferisco,mala cellula utilizza
trasferire con dei trucchi chimici delle sostanze diverse che però portano quello stesso materiale, dopo sarò
più preciso ma mi riferisco a quello che succede nella prima deviazione della gluconeogenesi quando
l'ossalacetato viene prodotto nel mitocondrio e portato fuori come malato e poi riprodotto di nuovo in
malato per mettere il trasferimento deglie-. Questa è la stessa cosa. Nella seconda reazione, una volta che
si è formato l'isocitrato ossidato in questo C (penso ilC2 riferendosi all’isocitrato rappresentato in alto a dx
della slide 5 oppure al C4 riferendosi all'isocitrato rappresentato in basso a sx della slide 5) e che prende il
nome di ossalsuccinato si può avere l'interruzione del legame chimico in questa posizione (penso tra il C3 e
il C del gruppo carbossilico COO-) proprio perché il gruppo carbonilico richiama gli e-e si hala produzione di
CO2. Questa molecola che si viene a formare è l'alfa-Chetoglutarato. Per la prima volta il numero degli
atomi di C è cambiato. Ora nell'intermedio del ciclo di krebs abbiamo una molecola a 5 atomi di C (penso
l'alfa-chetoglutarato) e non più a 6 atomi di C. Qui (penso si riferisca all'immagine in basso a sx della slide
5) c'è il meccanismo della isocitrato deidrogenasi .Questi stabilizzano dei gruppi elettronegativi del
substrato e permettono in questo modo che il carbonile (penso il C=O legato al C3) richiama gli e- su di se,
questi formano un intermedio (penso l'ossalsuccinato) con un doppio legame (penso in corrispondenza del
C4) utilizzando gli e- del legame C-C (penso tra il C3 e il gruppo COO-) e si ha la fuoriuscita della CO2. A
questo punto la carica è stata utilizzata dallo ione manganese Mn2+, si ha la fuoriuscita del protone H+ e la
formazione di questo gruppo carbonilicodinuovo in questa posizione (penso in corrispondenza delC4).
Quindi si ha un processo di ossido-riduzione e di decarbossilazione e il mantenimento di una funzione
carbonilica (penso C=O in corrispondenza del C2 relativo all'immagine in alto a dx della slide 5 e del C4
relativo all'immagine in basso a sx della slide 5 ). Quindi questa funzione carbonilica verrà utilizzata anche
nel passaggio successivo. Dal punto di vista energetico si vede che In pratica viene“bruciato"un atomo di
C,in pratica l’atomo di C è uno scarto e i suoi e-vengono utilizzati per essere trasferiti al NADH e
permettere quindi la catena di trasporto degli elettroni e la sintesi dell'ATP. SLIDE6 - La reazione successiva
è una seconda reazione di decarbossilazione ossidativa , quindi significa che anche qui assisteremo alla
perdita di un atomo di C e al trasferimento di e- con l'ossido-riduzione. In questo caso il substrato è l'alfa-
chetoglutarato e l'enzima si chiama alfa-chetoglutarato deidrogenasi. Questo enzima, questa attività
enzimatica così detta è un complesso multienzimatico identico o molto simile alla piruvato deidrogenasi
cioè all'enzima che trasformava il piruvato in Acetil-CoA.

In quel caso(nel caso della piruvato deidrogenasi) avevamo chela molecola di substrato era a 3 atomi di C
(penso il piruvato) e il prodotto a 2 atomi di C (penso l'Acetil-CoA). In questo caso, la molecola di substrato
(penso l'alfa-chetoglutarato) è a 5 atomi di C e il prodotto (penso il succinil-CoA ) sarà a 4 atomi diC. Quindi
anche in questo caso abbiamo a) 3 enzimi che si chiamano E1, E2 edE3, b) 5 cofattori: la tiamina pirofosfato
TTP legherà il gruppo ciclico, poi si attaccherà il lipoato che trasferisce al CoA e quindi il primo prodotto,
mentreprima l'alfa-chetoglutarato deidrogenasi cioè l'enzima E1 avrà prodotto CO2. Il trasferimento al CoA
porta alla formazione di piruvato ossidato che deve essere ridotto ad opera della deidrogenasi che
trasferisce gli e- al FAD e il FAD li trasferirà poi al NAD producendo NADH. Quindi è esattamente lo stesso
meccanismo della piruvatodeidrogenasi. Sono 2 enzimi diversi, è un caso di evoluzione divergente in cui
una certa funzione siè specializzata su substrati differenti. In questo caso si produce NADH e di nuovo si ha
chela CO2vieneprodottaapartiredal gruppo carbossilico (penso COO-relativo al C1 dell'alfa-chetohlutarato
della slide 6) che è legato al C carbonilico (penso C=O relativo al C2 dell'alfa-chetohlutarato della slide 6).
Quindi lo stesso C carbonilico che è stato prodotto dall'isocitrato deidrogenasi ha permesso prima il
distacco di un gruppo carbossilico in questa posizione che c'era nell'isocitrato e ora il distacco di un gruppo
carbossilico in quest'altra posizione proprio perché gli e-vengono attirati dall'O (penso legato al C2 relativo
dell'alfa-chetoglutarato della slide 6) elettronegativo. Di nuovo si ha che si “brucia” un atomo di C e si
produconoe-. A questo punto abbiamo utilizzato I 2 atomi di C che formalmente sono entrati nel ciclo di
krebs e quindi non ci sarà più produzione di CO2, perché affinché il ciclo possa riprendere abbiamo la
necessità che si riformi l'ossalacetato. Quindi le reazioni successive all'alfachetoglutarato deidrogenasi
saranno reazioni che mirano a riformarel'ossalacetato. Ora vi disegno l'ossalacetato (struttura
dell'ossalacetato disegnata dal prof alla lavagna). Se ora vedete la struttura del succinile (penso del
succinil-CoA), questi 4 atomi di C, avete che c'è un gruppo carbossilico (penso il gruppo carbossilico del
succinil-CoA) che somiglia a questo (penso al secondo gruppo carbossilico dell'ossalacetato), c'è un CH2
(penso il secondo CH2 del Succinl-CoA) che somiglia a questo (penso al CH2 dell'ossalacetato), qua c'è un
CH2 (penso il primo CH2 del succinil-CoA), invece, qua (penso nell'ossalacetato) c'è un C=O (C doppio
legame O ) e quindi un gruppo carbonile e qua (penso nell'ossalacetato) c'è un gruppo carbossilico (penso
il primo gruppo carbossilico)che ricorda questo carbonile (Penso del succinil-CoA). Quindi le reazioni
successive che vedrete mirano a produrre un gruppo carbonile in questa posizione (Non so in quale
posizione). Questa chiave di lettura non la trovate ne llibro ma vi consiglio di ricordarla perché un processo
molto simile è quello che porta alla degradazione degli acidi grassi. La degradazione degli acidi grassi porta
Acetil-CoA e quindi CH3, C=O, CoA, quindi si devono interrompere una serie di legami tra CH2, la strategia
chimica è la stessa cioè l'evoluzione utilizza lo stesso tipo di strategia. Ricordatevi questo stap perché sarà
molto più facile capire la beta-ossidazione e fare un collegamento tematico tra il ciclo di krebs e la
degradazione degli acidi grassi perché la lettura della chimica è esattamente la stessa.

SLIDE7 - Ci troviamo ad avere il succinil-CoA. La quinta reazione del ciclo di krebs viene catalizzata dalla
succinil-CoA sintetasi . Questo enzima è un falso amico perché ha un nome che indica la reazione inversa.
Nel ciclo di krebs l'enzima catalizza non la sintesi del succinil-CoA ma usa il succinil-Coa come substrato per
produrresuccinato. In pratica, stacca il succinile dalCoA. Questa reazione è una reazione di fosforilazione a
livello del substrato. In pratica l'enzima utilizza l'elevatissima energia contenuta nel succinil-CoA, dovuta al
fatto che il legame tioestere ha un'energia molto elevata (andatevi a rivedere la lezione di introduzione alla
bioenergetica in cui si parla di quali sono le molecole ad alta energia e vedrete che l'Acetil-CoA e i suoi
derivati e quindi anche il succinil-CoA vengono stabilizzati diversamente quando vengono idrolizzati e
quindi sono delle molecole ad alta energia). Questa energia, la succinil-CoA sintetasi la usa per sintetizzare
nucleotidi trifosfato. La forma più comune della succinil-CoA sintetasi utilizza il GDP come accettore è
quindi produce il GTP. Vedrete che il GTP è una molecola che viene utilizzata in alcuni processi anabolici
però ci sono delle succinil-CoA sintetasi che utilizzano direttamente l'ATP. Il GTP cmq può essere
trasformato in ATP facilmente ad opera dell’enzima nucleotide di fosfato chinasi . Secondo l'esempio che
ho utilizzato in tutto il corso che l'ATP è la valuta della cellula come fonte di energia potremo dire che
questo enzima è un cambia valute, cioè trasforma il GTP in ATP. Vediamo però come avviene questa
reazione (penso si riferisce alla reazione catalizzata dal succinil-CoA sintetasi ), com’è che si sintetizza GDP
a partire da fosfato inorganico Pi? Sarebbe bello che tutte le cellule possano produrre nucleotidi in questa
maniera. SLIDE8 In realtà questa stessa cosa l'avete già vista perché questa reazione di fosforilazione a
livello del substrato è la reazione che catalizzano 2 enzimi della glicolisi: la fosfoglicerato chinasi e la
piruvato chinasi. Questi 2 enzimi formano ATP a partire da ADP e trasferiscono il fosfato da una molecola
ad alta energia. In un caso, l'1,3-Bisfosfoglicerato stacca il fosfato dal C1 e lo attacca nell’ADP e si produce
ATP oppure stacca l'unico fosfato che c'è nel fosfoenolpiruvato e lo trasferiscono all'ADP e formanoATP.
Forse non vi sembra esattamente la stessa cosa perché in questo caso questi enzimi agiscono a partire da
un substrato ad alta energia che contiene il fosfato e quindi la prendo, l'attacco all'ADP e quindi trasferisco
questa energia (vi ricordate della lezione in cui descrivevo le molecole ad alta energia, è fondamentale che
l'1,3-Bisfosfoglicerato e il fosfoenolpiruvato abbiano un gradiente energetico superiore rispetto a quello
dell'ATP perché l'energia può solo scendere, non la posso creare e quindi quando io trasferisco il fosfato da
questo all'ADP, un po' di energia si disperde ma una buona parte la posso conservare nell'ADP, infatti se vi
ricordate il fosfoenolpiruvato c'ha per esempio un’energia di idrolisi pari a 60kJ/mol mentre l'ATP ce ne ha
30 e quindi una metà dell'energia si disperde ma non c'è altro modo per convertirlo. In questa reazione qui
non sembra la stessa cosa perché il fosfato è libero, è il fosfato del mezzo, non è il fosfato legato ad una
molecola ad alta energia ma la cellula utilizza quello che può e quindi l'evoluzione sfrutta il succinil-CoA che
è una molecola ad alta energia e quindi l'energia contenuta in questo legame è quella che andrà a formare
il GTP. L'enzima si procura il fosfato dal mezzo, lo lega ad un’istidina del sito attivo e in questo modo
trasferisce il fosfato al GDP e produce GTP, però cmq si chiama fosforilazione a livello del substrato. Quindi
questa saràl'unica nucleotide trifosfato che viene prodotto dal ciclo di krebs.

Il ciclo di Krebs quindi ha un'efficienza di introdurre ATP direttamente inferiore rispetto a quella della
glicolisi perché la glicolisi produce 2 molecole di ATP per molecola di glucosio, questo però è perché in
realtà la cellula è sottoposta ad un'evoluzione di massima parsimonia cioè dovendo trasformare questa
molecola a 4 atomi di C (penso il succinil-CoA) in ossalacetato, lo fa prendendosi anche dei vantaggi cioè
producendo anche energia però non è lo scopo principale del ciclo di krebs. Lo scopo principale dal punto
di vista delle reazioni metaboliche è quello di produrre NADH cioè produrre NAD ridotto, è quello che dà il
grosso della produzione energetica. SLIDE9 - Ci troviamo a questo punto ad avere il succinato e le ultime 3
reazioni sono proprio delle reazioni per produrre ossalacetato : a) la prima reazione è catalizzata dal
succinato deidrogenasi che porta alla formazione di fumarato, quindi strappa 2 e- da questi 2 C centrali
(penso del succinato), li trasferisce al FAD e si produce FADH2. Il fumarato lo abbiamo incontrato già
quando abbiamo parlato di alcuni aspetti di chimica organica, in particolare delle configurazioni perché il
fumarato ha una configurazione di tipo trans in cui i 2 gruppi carbossilici si trovano in punti opposti
rispetto al doppiolegame. L'enzima succinato deidrogenasi è l'unico enzima del ciclo di krebs che si trova
legato alle membrane e in particolare fa parte della membrana mitocondriale interna. Vi ricordate che
differenza c'è,come cofattori,tra il NAD e il FAD? Il FAD è sempre legato alla proteina, quindi il FAD della
succinato deidrogenasi è anch'esso associato alla membrana mitocondriale interna,infatti la succinato
deidrogenasi oltre ad essere un enzima del ciclo di krebs è anche un componente della catena di trasporto
degli elettroni. Quindi questo FAD che normalmente nella catena di trasporto degli elettroni riceve e- da
qualcun altro,qui li riceve direttamente dal succinato e li trasferisce agli altri trasportatori che sono diversi
citocromi che hanno dei centri metallici che ricevono e trasferiscono glie però è anche coinvolto
direttamente nella catena di trasporto degli elettroni. Quindi questa era la reazione numero6. - (Reazione
numero7) Il fumarato è il substrato dell'enzima fumarasi . Attenzione perché per fumarasi si può credere
che è un enzima che idrolizza dei legami proteasi o glicosidasi, in realtà la fumarasi catalizza una reazione
di idratazione al fumarato e produce questa molecola che si chiama acido malico o malato. La struttura
dell'acido malico è questa (struttura dell'acido malico disegnata dal prof alla lavagna) . Se consideriamo che
inizialmente c'era un (2CH2?) (Penso nei succinato o del fumarato) vedete che il C in questa posizione
(penso in corrispondenza del C2 del succinato o del fumarato) ha già subitoun'ossidazione. - Noi stiamo
venendo dal succinato e abbiamo avuto una prima ossidazione che poinell'ultima reazione (Reazione
numero 8) catalizzata dal malato deidrogenasi porta alla formazione del gruppo carbonilico in questa
posizione dell'ossalacetato (penso in corrispondenza delC2). Abbiamo già incontrato una malato
deidrogenasi, vi ricordate quando? In quale catena metabolica? Che si passava dal mitocondrio? Nella
gluconeogenesi quando il piruvato veniva trasportato nel mitocondrio, veniva trasformato in ossalacetato
dalla piruvato carbossilasi e l'ossalacetato veniva trasformato in malato. L’enzima in quel caso catalizzava
la reazione inversa. Effettivamente la reazione da ossalacetato a malato è una reazione spontanea. La
reazione del ciclo di krebs invece non è spontanea ma avviene perché la concentrazione di ossalacetato è
sempre bassissima nella cellula.

L'ossalacetato è una di quelle molecole presenti in piccolissime quantità , quindi la variazione di energia
libera reale è il risultato della variazione di energia libera standard che ci dice che la reazione è
endoergonica ma che viene corretta per il rapporto di azione di massa Q , per cui il prodotto della reazione
è tale che la reazione in questa direzione è favorita. La malato deidrogenasi produce NADH come ultimo
equivalente elettronico,quindi anche se lo scopo di queste reazioni che rimangono a 4 atomi di C è quello di
produrre ossalacetato,il ciclo di krebs permette in questo riciclo di produrreFADH2,GTP e NADH,quindi è
sicuramente un processo ottimizzato che permette addirittura di produrre molecole che possono essere
utilizzate per produrreATP. Prodotto l'ossalacetato quindi il ciclo di krebs può riprendere.
S

Vediamo adesso la visione generale del ciclo dikrebs. Dal punto di vista catabolico il ciclodikrebs è un
processo che porta all'utilizzazione di2 atomi di C e di un gruppo acetilico per produrre equivalenti
elettronici e una molecola di GDP . Se vi chiedo a cosa serve il ciclo di krebs è la prima cosa che mi direte
circa l'aspetto catabolico del ciclo di krebs .

Nel ciclo di krebs quindi avviene un allontanamento di atomi di C e si passa da 4+2=6 atomi di C a 5 atomi di
C poi a 4 atomi di C e poi sempre4.

Vi faccio notare un aspetto che può essere paradossale: perché questo processo è particolarmente (min
48:03?) In realtà non si produce tanto ATP, se ne produce uno solo, mentre la glicolisi produce 2 ATP però
produce soltanto 2 molecole di NADH perché la glicolisi produce NADH nella reazione della gliceraldeide
3fosfato deidrogenasi che è la prima reazione della fase di recupero energetico. Invece qui si producono 3
molecole di NADH e una molecola di FADH2, tenete conto che per ogni molecola di NADH si producono 2
molecole e mezzo di ATP e per ogni molecola di FADH2 si produce 1 molecola e mezzo di ATP. Quindi alla
fine il ciclo di krebs è sicuramente un processo molto più evoluto rispetto alla glicolisi.
Facendo il ciclodi krebs
abbiamo finito la descrizione del catabolismo del glucosio cioè abbiamo visto che quando noi incameriamo
glucosio svolgiamo prima la glicolisi,poi la reazione del complesso della piruvato deidrogenasi e poi il ciclo
dikrebs.

In questo modo da una molecola di glucosio si ottengono 6 molecole di CO2 e quindi 6 atomi di C che
c'erano nel glucosio vengono prodotti, l'ossigeno è l'accettore finale e quindi si producono 6 molecole di
H20.

Vi faccio notare un paradosso: siamo partiti da 6 atomi di C e per riuscire a produrre tutta l'energia
possibile ad un certo punto nel ciclo di krebs abbiamo una fase in cui abbiamo di nuovo degli intermedi a 6
atomi di C cioè nonostante andiamo come resa finale ad una demolizione, una demolizione non significa
necessariamente ridurre sempre gli atomi di C ma per ottimizzare il processo è necessario passare di nuovo
per strutture più grandi, in questo modo si possono ottenere il maggior numero possibile die-.

Ora la degradazione di una molecola, di una mole di glucosio produce circa 3000 kJ di calorie o almeno
questo è quello che ci dicono i calcoli termodinamici. In realtà, guardando quanta energia viene prodotta
alla fine della fosforilazione ossidativa cioè quando tutte queste molecole di NADH e FADH2 hanno
prodotto ATP, la degradazione del glucosio produce 32 molecole di ATP che equivalgono a circa 1000 KJ per
mole.Quindi la resa come variazione di energia libera standard è pari a circa a1/3 rispetto a quella che era
possibile.

Però se questi valori vengono corretti in base alla variazione di energia libera reale e quindi non a guardare
se la reazione è veramente spontanea o no in base alla variazione di energia libera standard ma guardando
le concentrazioni reali dei composti si ha un'efficienza quasi raddoppiata cioè l'efficienza del catabolismo
del glucosio è intorno al65%.

La cosa bella però è che il ciclo di krebs non è soltanto un processo catabolico cioè quello che abbiamo
descritto finora è quello che ci serve per completare il catabolismo del glucosio e quindi se vi chiedo : in
cosa consiste il catabolismo delglucosio? La risposta è: la glicolisi, la degradazione del complesso della
piruvato deidrogenasi e il ciclo dikrebs.
Il ciclo di Krebs presumibilmente però si è evoluto molto prima di quando doveva funzionare come
processo catabolico perché se il ciclo di krebs deve funzionare come catabolismo è necessario che ci sia
ossigeno perché altrimenti il NADH non può trasferire gli e-perché l'ossigeno è l'accettore finale degli e-.

Ma sulla terra l'ossigeno è comparso molto tardi, quando si sono evoluti i cianobatteri che hanno
cominciato a fare la fotosintesi e hanno prodotto ossigeno. In molti batteri anaerobi esistono delle
componenti parziali del ciclo di krebs cioè ci sono delle reazioni del ciclo di krebs che arrivano fino ad un
certo punto e infatti questi organismi non usano l'ossigeno come accettore finale di e-ma usano altre
molecole. Quindi presumibilmente il ciclo di krebs serviva ad altro, un po' a trasferire gli e-a queste altre
molecole e un po' a fare quello che fa tuttora e cioè essere anche una fonte di intermedi per la biosintesi di
molecole che servono alla costruzione della cellula e quindi alla produzione di precursori per la sintesi di
altre molecole. Presumibilmente quando poi è comparso l'ossigeno alcuni enzimi che facevano altro si
sono evoluti in modo tale da portare al ciclo e permettere quindi il coinvolgimento del ciclo di krebs nei
processi di catabolismo che abbiamo visto fin ora.

Vediamo adesso però quale ruolo centrale ha il ciclo di krebs nel metabolismo cellulare:prima di nuovo a
livello catabolico e poi a livello anabolico.

A livello catabolico, vedete che queste sono le reazioni del ciclo di krebs in cui sono evidenziati alcuni
intermedi chiave. Quali sono questi intermedi? Il primo è l'ossalacetato. L'ossalacetato ha questa formula
(struttura dell'ossalacetato disegnata dal prof alla lavagna) e poi c'è una sostanza che voi conoscete già
bene perché è l'aspartato o acido aspartico cioè un aa. Quando mangiamo le proteine, queste ultime
vengono degradate dalle nucleasi in aa e non c'è bisogno di fare di tutto il giro,farle diventare glucosio e
poi degradare il glucosio nella glicolisi. L'aspartato può, con una reazione sola, di transdeamminazione cioè
con l'allontanamento di un gruppo amminico, produrre ossalacetato. In questo modo quando ci nutriamo
di proteine riforniamo direttamente il ciclo di krebs con un intermedio molto importante perché
l'ossalacetato è bello e pronto per cominciare unciclo.

Un caso simile è l'alfa-chetoglutarato (struttura disegnata dal prof alla lavagna) ed è una situazione
speculare a quella dell'aspartato soltanto che ha 5 atomi di C. Quindi cosa vi costa visto che dovete sapere
la struttura dell'aspartato e del glutammato imparare la struttura dell'ossalacetato e
dell'alfachetohlutarato? Quindi senza sforzo apparente potete ricordavi 2 intermedi importanti del ciclo di
krebs e con un altro sforzo molto semplice vi potete ricordare anche il malato perché nella serie a 4 atomi
di C è sempre questo atomo di C quello che cambia. Rispetto all'aspartato, il malato cambia soltanto di un
atomo cioè ha un ossigeno e quindi poi deve seguire la Valenza dell'ossigeno più il c.

Vi ripeto: se leggete la chimica e imparate la logica che c'è alla base della chimica tuttovi viene più
semplice.

Quindi ci sono delle vie di ingresso nel ciclo di krebs per cui quando mangio le proteine posso utilizzare gli
aa che entrano direttamente nel ciclo di krebs senza bisogno di altre trasformazioni e quindi in questo
modo il ciclo di krebs è centrale nel catabolismo cioè quello che vi dovete portare a casa oggi è che non
dovete pensare al ciclo di krebs dal punto di vista catabolico come un processo in cui c'è un solo ingresso di
Acetil-CoA e una fuoriuscita di CO2 e NADH ma è un ciclo centrale del metabolismo. In tutte le figure che vi
mostrano il metabolismo globale della cellula , il ciclo di krebs occupa la posizione centrale perché ad esso
portanounsaccodialtrevie ditipo catabolico.

Però è ancora meglio perché il ciclo di krebs funziona anche al contrario come punto di distribuzione di
intermedi e cioè per via anabolica. Cosa mi impedisce, se il rapporto tra l'ossalacetato e l'aspartato è
questo, di utilizzare l'ossalacetato dal ciclo di krebs invece che per un altro ciclo quando c'è necessità
anabolica forte cioè quali molecole ti dicono che devi accelerare il metabolismo? È quando il tuo
metabolismo porta a bruciare calorie e porta per esempio a dover sintetizzare nuovo materiale perché voi
siete allenati e quindi mangiate e vi sottoponete anche il corpo non produce grassi ma produce proteine
cioè produce componenti strutturali del vostro corpo e questo lo fa prendendo ossalacetato per produrre
aspartato , prendendo alfa-chetoglutarato per produrre glutammato ma per esempio la succinil-CoA è un
precursore dell'eme cioè del gruppo prostetico dell'emoglobina oppure il citrato è quello che porta alla
produzione degli acidi grassi, steroli oppure il fosfoenolpiruvato si produce dall'ossalacetato e questo può
produrre il glucosio nel momento in cui volete accumulare glucosio di riserva perché il glucosio diventerà
glicogeno e quindi materiale di riserva dei vostri muscoli e del fegato o altri aa.
Quindi il ciclo di krebs non è soltanto la parte finale, conclusiva della diminuzione degli atomi di C del
glucosio ma è un ciclo metabolico essenziale che gestisce l'intero metabolismo cellulare, per questo motivo
il ciclo dikrebs prende il nome di via anfibolica cioè che fa entrambe le cose:fa sia la fase catabolica che la
fase anabolica.

Ora queste reazioni di cui vi ho parlato prendono il nome di reazioni anaplerotiche.

Le reazioni anaplerotiche sono quelle che hanno la funzione di rimpiazzare gli intermedi del ciclo di krebse
bilanciarli in modo tale che il ciclo di krebs non si blocchi (è un disastro se il ciclo di krebs si bloccasse
continuamente)ma anche di scartare gli intermedi nel caso in cui ci sia un eccesso di intermedi stessi.

Tra queste reazioni, quella della piruvato carbossilasi l'abbiamo già incontrata nel processo della
gluconeogenesi.
In particolare nella prima deviazione della gluconeogenesi avviene la reazione catalizzata dalla piruvato
carbossilasi. Questo enzima condensa una molecola di acido carbonico e una molecola del piruvato, quindi
produce una sostanza a 4 atomi di C perché alla fine si dovrà produrreuna molecola ad alta energia. Quindi
è una reazione che utilizza ATP, vedete che qui si utilizza anche GDP per esempio il GDP che può essere
prodotto anche dal ciclo di krebs e si forma ossalacetato. Questo ossalacetato può andare in questa
direzione fino a formare il glucosio oppure a seconda delle necessità metaboliche va nel ciclo di krebs a
permettere un nuovo ciclo di krebs cioè una condensazione con l'Acetil-CoA .

Quindi ingrandendo questo


processo si vede che la piruvato carbossilasi anch’essa si trova nel mitocondrio e produce ossalacetato e
quindi dal punto di vista tropologico è vicinissimo a dove avviene il ciclo perché viene prodotto
nelmitocondrio.

E17

La piruvato carbossilasi utilizza un cofattore molto importante che è la biotina che è un trasportatore di
atomi di C. In particolare nella prima reazione l'acido carbonilico viene attivato, in questo modo può
essere, idrolizzando una molecola di ATP e lo può trasferire alla biotina e la biotina a quel punto può
spostare l'atomo di C in un secondo sito e produrre piruvato.

Questo è importante perché anche questa è un'anticipazione del processo del metabolismo degli acidi
grassi , anche lì vedrete che la biotina è importante.

Il ciclo di Krebs è fortemente regolato Se il ciclo di krebs è una via anfibolica e quindi è a metà tra il
catabolismo e l’anabolismo,è coinvolto in entrambi i processi è ovvio che la sua tendenzaa svolgere reazioni
anaboliche e reazioni cataboliche dipenderà dalla fisiologia cellulare,quindi dipenderà dalla concentrazione
all'interno della cellula dei vari intermedi Lo abbiamo visto quando abbiamo parlato di 2catenelineari:
unacatabolica(laglicolisi)el'altraanabolica(lagluconeogenesi)chenon devono avvenire insieme perché
altrimenti importerebbe un ciclo futile soltanto con dissipazione di calore . Quindi anche nel caso del ciclo
di krebs i processi anabolici devono avvenire quando non avvengono i processi catabolici.Il criterio di fondo
della regolazione è di nuovo quello che abbiamo visto nel caso della glicolisi e della gluconeogenesi e cioè è
ovviamente molto logica perché quando è presente ATP, Acetil-CoA e NADH è ovvio che non voglio che il
ciclo di krebs vada a svolgere altro catabolismo, c’ho i serbatoi pieni,c'ho i serbatoi di energia (diATP) pieni,i
serbatoi di e-(diNADH)pieni e i serbatoi di atomi di C da degradare (di Acetil-CoA) pieni e infatti queste
sostanze bloccano in maniera molto precoce il ciclo di krebs perché lo bloccano a livello del complesso della
piruvato deidrogenasi e a livello anche della citrato sintasi cioè del primo enzima del ciclo di krebs, non
avrebbe senso andare a regolare la malato deidrogenasi quando già poi produco un ciclo intero di
intermedi, è un processo di regolazione feedback. Se invece sono in riserva perché ho adenina
monofosfato e quindi non ho più fosfati da idrolizzare dai nucleotidi, ho CoA scarico, ho NAD + senza e-,
devo naturalmente cercare di produrre qualcosa in più e quindi devo attivare il ciclo di krebs e di nuovo
questi sono attivatori del complesso della piruvato deidrogenasi e attivatori per esempio della citrato
sintasi ma anche di altri enzimi, anche dell'alfachetohlutarato deidrogenasi.

Secondo voi gli enzimi che subiscono questo genere di regolazione alla luce di quanto abbiamo studiato
nella parte di enzimologia, che catena di enzimi saranno? Perché come vedete tutti questi sono composti
molto diversi da quello del substrato. Quand'è che abbiamo visto che ci sono degli enzimi che subiscono
una regolazione? Gli enzimi allosterici, quindi: la piruvato deidrogenasi , la citrato sintasi,
l'alfachetoglutarato deidrogenasi sono tutti enzimi allosterici. Quindi questo è un altro collegamento
tematico. Quando mi descrivete il ciclo di krebs se mi dite che quindi ci stanno dei processi di regolazione e
che questi enzimi qua sono regolati da altri composti che sono enzimi allosterici inevitabilmente avrete 30
elode.

L'ultima cosa che vi voglio dire e anche questo è un collegamento tematico: quando abbiamo parlato della
fermentazione vi ho detto che quando viene a mancare l'ossigeno, il ciclo di krebs si blocca cioè se non c’è
ossigeno non c'è il trasferimento degli e-mal'ossigeno non c'è nel ciclo di krebs, nessuna delle reazioni che
avete visto coinvolge l'ossigeno e perché era collegata alla fermentazione alcolica ? Perché in quel caso se
non c'è ossigeno, il NADH non si scarica, se il NADH non si scarica di e-non si produce NAD e questo enzima
qua non può più funzionare.

Quindi se non c'è ossigeno e non ci fosse la fermentazione che permette la produzione di NAD la cellula si
attiene perché Sarebbe piena di energia ma non avrebbe come farne altra perché anche la glicolisi non può
andare avanti E quindi se viene la lattico deidrogenasi avviene la reazione di fermentazione alcolica e il
NADH riesce a raggiungere la glicolisi.

Ma come è possibile che l'ossigeno che tra l'altro per legare l'ossigeno c'è voluta l'evoluzione per produrre
il ferro che si attacca all'eme,che si attacca alla globina e quindi in quel modo si trasporta ossigeno. Perché
si blocca il ciclo di krebs quando non c'è l'ossigeno? Quando non c'è ossigeno, la concentrazione di NADH
diventa molto alta perché è come se in un casello autostradale in cui il casello è l'ossigeno e le auto sono
NADH, si chiude il casello, il NADH si ingolfa e non può essere più liberato, non può andare oltre, non può
diventare NAD. Quando questo avviene in condizioni fisiologiche cioè abbiamo prodotto tanto NADH,
semplicemente l'alta concentrazione si va a legare a questi enzimi e il ciclo di krebs non va più avanti per
un po', la concentrazione di NADH poi cala perché lo trasferisce all’ossigeno quando è in condizioni
fisiologiche. A quel punto la concentrazione di NADH ritorna bassa e il ciclo di krebs ricomincia ma quando
siamo in condizioni patologiche cioè abbiamo fatto un enorme sforzo e andiamo in anaerobiosi,abbiamo un
sacco di NADH che si è prodotto e che non ha piùl'ossigeno per scaricare e quindi va a bloccare in questo
modo il ciclo di krebs.

Quindi molto semplicemente quando non c'è ossigeno non è perché il ciclo di krebs se lo inventa che non
c'è ossigeno ma è l'effetto: un aumento di concentrazione di NADH che va a bloccare il ciclo di krebs. Quindi
i sensori devono essere sempre delle molecole chimiche per cui è impossibile variare la concentrazione
LEZIONE 20
LA FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA
La fosforilazione ossidativa avviene nei mitocondri, formati da una
membrana esterna, una membrana interna, che forma le creste, e una
matrice mitocondriale.
Nella matrice mitocondriale si trova il complesso della piruvato
deidrogenasi e gli enzimi del ciclo dell’acido citrico, della β-ossidazione
degli acidi grassi e dell’ossidazione degli amminoacidi.
Sulle creste mitocondriali vi sono i trasportatori specifici degli elettroni e
l’ATP-sintetasi.

Nei procarioti la fosforilazione ossidativa e il trasporto degli elettroni


avvengono sulla membrana plasmatica.

LA TEORIA CHEMIOSMOTICA
Prevede il trasferimento degli elettroni dai coenzimi ridotti all’ O2 e il
pompaggio dei protoni dalla matrice mitocondriale allo spazio
intermembrana.
2 effetti:
1) Gradiente di pH ( > H nello spazio intermembrana; < H+ nella matrice mitocondriale)
+

2)Differenza di potenziale di membrana (carica – rivolta alla matrice)


I protoni tendono a rientrare secondo gradiente di concentrazione attraverso una molecola: l’ATP-sintetasi;
questo flusso di H+ fornisce l’energia necessaria per la sintesi di ATP.

LA CATENA DI TRASPORTO DEGLI ELETTRONI


La fosforilazione ossidativa ha inizio con l’ingresso degli elettroni nella catena di trasporto degli elettroni.
La maggior parte di questi elettroni deriva dall’azione delle deidrogenasi.
Le deidrogenasi NAD-dipendenti rimuovono 2H dai loro substrati:
- 1H viene trasferito sottoforma di ione idruro H- al NAD+ e si forma NADH,
- 1H viene rilasciato nell’ambiente circostante sottoforma di
ione H+.
Il NADH poi trasporta gli elettroni alla catena respiratoria.

POTENZIALE DI OSSIDORIDUZIONE
Per il trasporto degli elettroni è utile considerare la variazione
di energia che si ottiene misurando il potenziale di ossido-
riduzione standard (E’°).
Una molecola con un potenziale di ossido-riduzione elevato
tenderà ad essere ridotta se accoppiata con un’altra con un
potenziale di ossido-riduzione più basso. I potenziali di
ossidoriduzione per le coppie redox si misurano con le pile a
semi-celle che contengono delle sostanze a condizioni
standard.
Misura dei potenziali di ossido-riduzione:
- La semicella di riferimento contiene una soluzione in cui c’è
equilibrio tra ione H+ e H2 gassoso ed un E°’=0. (2H+ + 2e- → H2)
- nell’altra semi-cella si pongono etanolo e acetaldeide, gli e-
fluiscono dalla cella del campione a quella di riferimento,
questo significa che l’etanolo viene ossidato e lo ione idrogeno
ridotto. (etanolo → acetaldeide + 2H+ + 2e- e 2H+ + 2e- → H2). Quindi la coppia H+/H2 ha un potenziale di
ossidoriduzione più alto della coppia etanolo/acetaldeide (E°’=0 vs E°’=-0.197).
Quando si usa la coppia fumarato/succinato gli e- seguono la direzione opposta (E°’=0.031). Quindi gli e- si
muovono da un E°’ più basso ad uno più alto (fumarato + 2H+ + 2e- → succinato e H2 → 2H+ + 2e- e quindi la
coppia ha un potenziale di ossidoriduzione più alto della coppia H+/H2 (E°’=0.031 vs E°’=0)
I TRASPORTATORI DI ELETTRONI
1) UBICHINONE (COENZIMA Q): è una molecola aromatica che si trova nella matrice mitocondriale. E’una
molecola libera di muoversi nella membrana. Può e cedere e-.
E’ coinvolto nei Complessi I , II, III.
2) PROTEINE FERRO-ZOLFO: Il Fe non è presente all’interno del gruppo eme ma è direttamente associato ad
atomi di S inorganico o legati a Cisteine. In altre proteine (Proteine Fe-S di Rieske) il Fe è coordinato con
due residui di Istidina e non di Cisteina. Le proteine Fe-S sono presenti in tutti i Complessi da I a IV.
3) CITOCROMI: tre tipi di citocromi a, b, c.
Il gruppo eme dei citocromi a e b è legato saldamente alle proteine.
Il gruppo eme dei citocromi c è legato covalentemente.
Nell’eme del citocromo si verificano le transizioni:
Al contrario di quanto avviene nell’eme dell’emoglobina dove rimane Fe(II)
Fe(III) + e- = Fe (II) riduzione
Fe(II) = Fe(III) + e- ossidazione

I COMPLESSI MULTIENZIMATICI

COMPLESSO I:
DA NADH A COENZIMA Q (NADH-CoQ ossidoreduttasi)
E’un enzima di grandi dimensioni contenente FMN e circa 6 centri Fe-S
Catalizza due processi accoppiati e simultanei:
1) Trasferimento di uno ione idruro H- dal NADH all’ubichinone tramite FMN e una serie di centri Fe-S.
3 Tappe:
1. NADH a FMNH2
2. FMNH2 a Fe-S ridotto
3. Fe-S ridotto a CoQH2
Inoltre, è fortemente esoergonica (ΔG°’ = -81 kJ/mole) e fornisce abbastanza energia per produrre ATP.
2) Questo processo è direttamente collegato alla sintesi di ATP. Per ogni 2 elettroni di ha il passaggio di 4
H+ nello spazio intermembrana.
COMPLESSO II:
DA FADH2 A COENZIMA Q: (succinato-CoQ ossidoreduttasi)
Contiene 4 subunità: C e D hanno il sito di legame per l’ubichinone e A e B hanno il sito di legame per il
succinato.
3 tappe:
1. Succinato aFADH2
2. FADH2 à Fe-S ridotto
3. Fe-S ridotto à CoQH2

È una reazione spontanea ΔG°’ = -13.5 kJ/mole ma non fornisce abbastanza Energia per produrre ATP e non
pompa protoni.

COMPLESSO III:
DA UBICHINONE A CITOCROMO c: (CoQH2-citocromo c ossidoreduttasi)
È un dimero. Il centro funzionale è costituito da 3 subunità:
1. Citocromo b
2. proteina Fe-S di Rieske con i centri Fe-S
3. Citocromo C1
CICLO Q:
Il trasferimento degli elettroni va dall’ubichinone al citocromo b alle proteine Fe-S al citocromo c1 fino al
citocromo b.
- QH2 viene ossidato a Q perdendo 2H+ e 2 elettroni-
- Questo trasferimento è accompagnato dal pompaggio di 4H+ nello spazio intermembrana per 2 elettroni.

COMPLESSO IV:
DA CITOCROMO C ALL’OSSIGENO (Citocromo c ossidasi)
Formato da due subunità:
La subunità I contiene due gruppi eme a e a3 ed uno ione rameico CuB.
eme a3 e CuB formano un centro binucleare CuA.
La subunità II contiene due ioni Rame Cu complessati con i gruppi SH di due residui di CHs formando un
altro centro binucleare CuA.
Il trasferimento degli elettroni va dal citocromo c al centro CuA al gruppo eme a al centro Fe-Cu (eme a3 –
CuB)
A questo punto l’O2 si lega all’eme a3 e viene ridotto a perossido da 2 elettroni provenienti dal centro Fe-Cu.
L’arrivo di altri 2 elettroni provenienti dal citocromo c converte il perossido in h2O con il consumo di 4H+
provenienti dalla matrice.
Contemporaneamente 4H+ vengono pompati nello spazio intermembrana.

SINTESI DELL’ATP
Durante il trasferimento degli elettroni attraverso i trasportatori della catena respiratoria per ogni coppia di
elettroni trasferiti all’ossigeno, 4 protoni sono pompati fuori dal mitocondrio dal Complesso I, altri 4 dal
Complesso III e 2 dal Complesso IV. L’energia elettrochimica contenuta in questa differenza di
concentrazione protonica e in questa separazione di carica è una temporanea conservazione dell’energia
generata dal trasferimento elettronico. Quando i protoni fluiscono di nuovo all’interno del mitocondrio
questa energia viene Resa disponibile per la sintesi dell’ATP.

ATP-SINTETASI

La ATP sintetasi è un ATPasi di tipo f che catalizza la


formazione di ATP da ADP+P, accompagnato dal flusso
protonico dallo spazio intermembrana alla matrice.
È formata da 2 componenti:
- F1, una proteina periferica di membrana, costituito da 9
subunità (α3 β3 γ δ ε). La subunità β è quella deputata alla
sintesi dell’ATP. γ è l’asse centrale che passa attraverso F1.
- Fo, una proteina integrale di membrana, costituito da 3
subunità (a b2 c12) è un complesso intermembrana.

F1, isolato da Fo catalizza l’idrolisi dell’ATP (per questo all’enzima era stato dato il nome di ATPasi F1).
Fo è legato a F1 tramite la subunità γ.

L’ATP-sintetasi funzione con 2 processi di accoppiamento:


1) ACCOPPIAMENTO CHEMIOSMOTICO
I protoni che si trovano all’esterno fluiscono nella matrice mitocondriale SOLO attraverso il trasportatore
Fo. Questo movimento di protoni è chemiosmotico: è spontaneo da una concentrazione di protoni alta ad
una concentrazione di protoni bassa.
2)ACCOPPIAMENTO CONFORMAZIONALE
Le subunità α3 β3 di F1 sono responsabili della sintesi di ATP.
Le tre subunità β vanno incontro a cambi conformazionali: la forma
della proteina cambia durante la sintesi di ATP.
3 siti:
- Sito O: affinità bassa per il substrato
- Sito L: affinità debole per il substrato
- Sito T: affinità alta per il substrato
Il passaggio dei protoni (dall’esterno verso l’interno)
attraverso Fo provoca una variazione conformazionale nella
subunità γ che determina la sua rotazione. La rotazione pone
in contatto γ in successione con le diverse subunità β. Questa
interazione provoca una modificazione conformazionale del sito β.
Al sito nella conformazione L si legano ADP + Pi
Il sito nella conformazione T viene convertito nella conformazione O e l’ATP viene rilasciato
Il sito nel quale sono legati ADP + Pi assume la conformazione T che dà luogo alla formazione di
ATP .
Le subunità c, γ e ε costituiscono il rotore che gira intorno a un cilindro costituito dalla subunità δ associata
all’esamero α3β3 ed alle subunità a e b.
L’asta rotante γ e ε media lo scambio di energia tra il flusso di H+ (F0) e la sintesi di ATP (F1)
L’energia chimica (ΔpH) è convertita in energia meccanica (proteine rotanti) e questa è riconvertita in
energia chimica (ATP)

INIBITORI DELLA CATENA DI TRASPORTO

Gli inibitori hanno la caratteristica di legarsi in maniera molto specifica alle proteine.
Sono veleni molto potenti che possono portare alla morte dell’organismo.
SISTEMA “NAVETTA” DEL GLICEROLO FOSFATO
Il sistema del glicerolo fosfato è presente nei muscoli degli
insetti, nel cervello e nei muscoli dei mammiferi.
La membrana mitocondriale è impermeabile al NADH
citoplasmatico e quindi ha bisogno di sistemi navetta per
entrare nel mitocondrio.

La navetta del glicerolo fosfato svolge una doppia


ossidoriduzione glicerolo-P a diidrossiacetone fosfato
da parte delle glicerolo fosfato deidrogenasi citosoliche
(NADH dip) e mitocondriali (FAD dip)
Il FADH2 trasferisce gli e- al CoQ della catena respiratoria.

SISTEMA “NAVETTA” DEL MALATO-ASPARTATO

Il ‘sistema navetta’ malato-aspartato sfrutta il fatto che il malato, e non l‘ossalacetato, è permeabile alla
membrana mitocondriale interna.
Il NADH citosolico è ‘convertito’ in quello mitocondriale.
La conversione è catalizzata dalle malato deidrogenasi citosoliche e mitocondriali (entrambe NAD+ dip) che
catalizzano la reazione in due versi opposti. Asp è trasferito nel citosol e convertito in ossalacetato,
Il sistema del malato-aspartato è presente nei reni, fegato e cuore dei mammiferi.
METABOLISMO DEI LIPIDI

Lezione 21 - 27/05/19

In particolar modo in questa lezione parliamo del catabolismo, cioè alla demolizione dei grassi e al loro
sfruttamento come fonte energetica. I grassi possono essere utilizzati come fonte di energia attraverso
diverse strade: la strada più comune, tipica degli organismi eterotrofi, è quella di assumere i grassi con la
dieta. I paesi industrializzati, come il nostro, hanno una dieta che comprende circa il 40% di grassi. Quindi
noi assumiamo grassi in una componente molto rilevante grazie a quello che mangiamo, infatti i manuali di
nutrizione suggeriscono che questo apporto non dovrebbe superare il 30%. Come vedremo i grassi hanno
un apporto energetico molto elevato e oggi ne capiremo il perché. D’altra parte noi possiamo ottenere i
grassi anche da cellule specifiche che prendono il nome di lipociti e che costituiscono la nostra riserva
energetica (noi abbiamo parlato di riserva energetica quando abbiamo parlato di carboidrati di riserva, in
particolare il carboidrato di riserva del nostro corpo è il glicogeno → contenuto nei muscoli e nel fegato e
rappresenta una fonte di energia di immediata utilizzazione). I grassi sono un contenuto di riserva più a
lungo termine e quindi vengono utilizzati quando il nostro corpo ha necessità di produrre energia e quindi
rappresentano una fonte di produzione di ATP. Un’altra fonte di grassi, come utilizzazione alimentare, è
quella dove, non solo i grassi vengono trasferiti all’interno dei lipociti, ma vengono trasferiti anche ad altri
organi → I grassi entrano nel flusso sanguigno e raggiungono il fegato dove vengono poi metabolizzati e
quindi degradati per poter estrarre energia.

Noi faremo soltanto il catabolismo degli acidi grassi con numeri di atomi di carbonio pari. Per poterci capire,
dobbiamo riprendere dei concetti che trattano delle caratteristiche dei lipidi e dei loro costituenti. Noi
abbiamo visto diversi tipi di lipidi. In primis dobbiamo dire che gli acidi grassi NON sono lipidi, i lipidi sono
gli esteri degli acidi grassi → quando una catena che possiede un gruppo carbossilico si lega ad un’altra che
possiede un gruppo alcolico; il tipico alcol che troviamo nei lipidi è il glicerolo. Il glicerolo forma un legame
estere con gli acidi grassi. I lipidi prendono il nome di triacilgliceroli oppure trigliceridi, cioè tre catene di
acidi grassi si legano al glicerolo (composto di carbonio idratato) costituito da tre atomi di carbonio. Il
glicerolo, però, sta alla base anche di un'altra classe di lipidi: i fosfolipidi. In questo caso il glicerolo è legato
a due acidi grassi e al terzo è legato un gruppo fosfato. I lipidi hanno funzione differente: mentre i
triacilgliceroli hanno, essenzialmente, una funzione di riserva energetica e quindi sono gli analoghi del
glicogeno nell’ambito dei lipidi, i fosfolipidi non hanno essenzialmente una funzione energetica, ma sono i
costituenti della membrana plasmatica (le teste polari, costituita dal fosfato legato al glicerolo, si
dispongono una vicina all’altra in modo da formare uno strato). NOTA BENE: non confondere gli acidi grassi
con i lipidi perché se noi non consideriamo che all’acido grasso è legato il glicerolo non capiamo a cosa
serve l’enzima lipasi.

Ora ricordiamo la classificazione degli acidi grassi: gli acidi grassi sono costituiti da una testa che è il gruppo
carbossilico e una coda idrocarburica. Noi non dobbiamo conoscere la struttura di specifici acidi grassi, ma
dobbiamo conoscere la struttura generale.
Possiamo rappresentarli con una linea a zig-zag oppure li possiamo scrivere per esteso tipo: O-C=O(CH2)n.
Naturalmente dobbiamo conoscerle entrambe, non è sufficiente scrivere la linea a zig-zag e non
conosciamo cosa significa → indica che ciascuno dei vertici rappresenta un CH2 che viene legato al
successivo. Quello che abbiamo appena descritto (a) prende il nome di acido grasso saturo → una catena
che mostra tutti legami singoli. Quando abbiamo il secondo genere di rappresentazione (b) abbiamo un
acido grasso insaturo → abbiamo la presenza di doppi legami O-C=O(CH2)(CH2)CH=CH(CH2)(CH3) e questo
significa che mancano due elettroni legati al carbonio, sottoforma di atomi di idrogeno, perché questi
elettroni fanno parte di un doppio legame. L’insaturazione può essere singola, multipla e può essere
presente in diverse posizioni all’interno della catena degli acidi grassi. La classificazione degli acidi grassi
segue diversi criteri: un primo criterio è che il carbonio che forma il gruppo carbossilico è il carbonio1 e gli
altri atomi di carbonio vengono numerati in sequenza indipendentemente dalla presenza di
un’insaturazione, oppure no. Ne è un esempio l’acido grasso a 18 atomi di carbonio qui sotto raffigurato e il
secondo a 20 atomi di carbonio. In questa classificazione vediamo che seguito al numero di atomi di
carbonio, abbiamo la lettera maiuscola delta seguita dal numero che indica dove si trova l’insaturazione.
Nel primo caso vediamo delta 9 perché presenta l’insaturazione tra il carbonio 9 e 10 e il secondo troviamo
un’ insaturazione al carbonio 5,8,11,14 e 17.

Abbiamo un secondo criterio di nomenclatura: il primo CH2 legato al gruppo carbossilico prende il nome di
gruppo alfa e di conseguenza tutti gli altri vengono nominati con il resto dell’alfabeto greco. Ovviamente
per lo scopo di questo corso non sarà necessario conoscere l’alfabeto greco, ma questa nomenclatura è
fondamentale perché spiega il motivo per cui il catabolismo degli acidi grassi prende il nome di β-
ossidazione perché ovviamente riguarda il carbonio β → Il carbonio oggetto delle reazioni chimiche è il
carbonio β. NOTA BENE: domanda d’esame: perché questo processo prende il nome di β-ossidazione? Noi
dobbiamo rispondere che nella nomenclatura degli acidi grassi, il carbonio β è il secondo gruppo CH2 legato
al gruppo carbossilico ed è quello a carico del quale avvengono le reazioni chimiche. Quando abbiamo
parlato della nomenclatura degli acidi grassi, abbiamo visto che la presenza delle insaturazioni è
particolarmente importante per diversi motivi:
guardando nuovamente le immagini precedenti vediamo che un acido grasso
completamente saturo ha una struttura totalmente lineare e mostra un verso: ha una testa polare e una
coda non polare (anche le altre macromolecole hanno un verso → gli zuccheri hanno un’estremità
riducente e una non riducente; le proteine hanno un’estremità ammino-terminale e una carbossi-
terminale; gli acidi nucleici hanno un’estremità 3’ e l’altra 5’). Se prendiamo un acido grasso, della stessa
lunghezza di quello saturo, ma con un’insaturazione vediamo che quest’ultima determina una curvatura
nella catena idrofobica dell’acido grasso. La componente dell’insaturazione non modifica lo stato di
idrofobicità, quindi la catena è sempre idrofobica, d’altro canto è chiaro perché non ci sono atomi
elettronegativi coinvolti nell’insaturazione, però questa flessione ha un effetto strutturale fondamentale.
Se noi prendiamo gli acidi grassi saturi vediamo che si possono impacchettare facilmente e quindi hanno
una struttura regolare e tendono ad ammassarsi facilmente perché catene idrofobiche formeranno delle
interazioni idrofobiche molto forti tra di loro; se invece vogliamo mettere insieme degli acidi grassi insaturi
o un insieme di acidi grassi saturi e insaturi, vediamo che la situazione è molto più caotica perché le catene
laterali non assumono una struttura regolare pur formando delle interazioni idrofobiche. Come vediamo
nella rappresentazione:

Questo si riflette su quelle che sono le temperature di fusione dei grassi e guardiamo il grafico qui sotto
riportato dove appunto osserviamo che i lipidi che costituiscono l’olio d’oliva sono in gran parte insaturi; i
lipidi che costituiscono il burro sono quasi 50% e 50% saturi e insaturi (considerando anche la componente
a più corti atomi di carbonio); il grasso animale è principalmente costituito da grassi saturi.
Questa composizione ci fa subito capire come funziona questo tipo di meccanismo → quando si ha una
maggioranza di grassi saturi, come il grasso animale, il grasso è solido (infatti lo osserviamo nel prosciutto,
nella carne ecc) e infatti a temperatura ambiente non si scioglie, ma solo con l’innalzamento della
temperatura lo possiamo sciogliere. Se la componente di insaturazione è leggermente superiore abbiamo
una sostanza, a temperatura ambiente, solida, ma morbida (come il burro). Infine quando la componente di
saturazione è molto bassa abbiamo l’olio d’oliva che a temperatura ambiente è liquido e solo quando la
temperatura scende particolarmente l’olio si può solidificare. Questa diversa consistenza fisica di queste
sostanze è il risultato di questi due fenomeni → le insaturazioni determinano un arrangiamento più
caotico delle catene idrocarburiche. Tutto questo ha anche un altro effetto, ovvero quello relativo alla
nostra salute. Quando noi facciamo una dieta squilibrata e quindi ingeriamo sostanze con una maggiore
componente di grassi animali, questi grassi saturi tendono a formare delle aggregazioni che si piazzano
sulle nostre arterie e questo determina il problema dell’arteriosclerosi e quindi il rischio anche di infarti e di
difficoltà circolatorie, poiché i vasi arteriosi diventano più stretti e quindi il sangue viene pompato con
maggiore difficoltà mettendo in sofferenza l’organo cardiaco. Se si segue la dieta mediterranea che quindi
utilizza pochi acidi grassi animali, ma molti di quelli vegetali (olio d’oliva) , questo pericolo è inferiore.

Altra parte importante è quella relativa ad altri acidi grassi, ovvero quella relativa agli acidi grassi omega.
Gli acidi grassi omega-3 e omega-6 sono presenti in vari organismi, come il pesce, e hanno vari vantaggi
nutrizionali perché hanno una polinsaturazione → prendono il nome di acidi grassi polinsaturi.

Vengono definiti omega -3 e omega-6 perché c’è una terza classificazione degli acidi grassi: questa terza
classificazione si basa sul fatto che l’ultimo atomo di carbonio lo si considera omega, indipendentemente
dal fatto che il numero di atomi di carbonio sono pari a quelli dell’alfabeto greco (omega è l’ultima lettera).
Nell’esempio qui riportato vediamo un acido grasso omega-3 e omega-6 perché sia al carbonio 3 che a
quello 6 (contando quindi come primo carbonio l’ultimo, quindi omega) ci sono due insaturazioni. Questa
classificazione prescinde dalle precedenti. L’insaturazione che lo definisce omega-3 è la stessa del delta 17
e l’insaturazione che lo fa definire omega-6 è la stessa del delta 14.

I doppi legami hanno generalmente un’ isomeria di tipo cis e quindi hanno la tendenza a formare queste
tipologie di strutture e vediamo la descrizione per esteso (di lato in alto) che quindi ci spiega il motivo per
cui ha un andamento a zig zag. Gli atomi di carbonio quando sono saturi, sono strutture ecosaedriche e
quindi i legami con gli altri gruppi non seguono un andamento lineare (noi diciamo lineare per dire che non
ci sono catene laterali). Alcuni degli acidi grassi hanno dei nomi di tipo comune, a seconda delle fonti da cui
vengono estratto: acido oleico, palmitico e così via. Questi acidi hanno delle caratteristiche particolari, ad
esempio hanno punti di fusioni differenti che dipendono dal numero di atomi di carbonio che li
costituiscono (più sono lunghi più è alto il punto di fusione, perché formano maggiori legami idrofobici).

Quando parleremo della degradazione dei lipidi, vedremo che vengono trasformati in grassi e glicerolo e
quindi è la demolizione degli acidi grassi la parte chimica più complicata.

Destino nel nostro corpo dei lipidi: quando noi assumiamo acidi grassi, quest’ultimi subiscono una serie di
modifiche. I lipidi non vengono degradati all’interno dello stomaco, ma nell’intestino. Gli acidi grassi e i
lipidi vengono emulsionati da un liquido che viene riversato nell’intestino, a partire dalla cistifellea,
costituito dai Sali biliari. I lipidi hanno la caratteristica di essere idrofobici e quindi il nostro corpo agisce in
modo tale da renderli il più possibile accessibile agli enzimi che invece sono principalmente molecole
idrofiliche (sciolte all’interno del lume dell’intestino). I lipidi arrivano nell’intestino tenue e qui incontrano i
primi enzimi specifici per la degradazione dei lipidi → le lipasi. Le lipasi sono degli enzimi appartenenti al
gruppo delle idrolasi, perché catalizzano l’interruzione del legame lipidico che altro non è che il legame
estere come vediamo qui sotto:
Il legame estere è il risultato tra la
condensazione di un gruppo carbossilico e un gruppo alcolico e quindi con la perdita di una molecola
d’acqua si ha la formazione di un legame estere. In questo caso abbiamo il glicerolo che reagisce con tre
gruppi acidi e porta alla formazione del legame estere.

Questo è il percorso che seguono i grassi. Le lipasi agiscono e rilasciano gli acidi grassi che attraversano la
parete cellulare ed entrano nelle cellule epiteliali intestinali. In questa zona gli acidi grassi vengono
nuovamente riconvertiti in triacilgliceroli per poter entrare a far parte di un trasportatore di acidi grassi che
è un aggregato che prende il nome di clilomicrone. Questi chilomicroni sono dei vettori di acidi grassi, ad
alta concentrazione, che possono entrare in diversi tessuti attraverso il tessuto linfatico e il flusso
sanguigno e vengono poi distribuiti nei diversi organi. Prima di entrare all’interno delle cellule, una seconda
lipasi, che prende il nome di lipoproteina-lipasi, idrolizza gli acidi grassi in acidi grassi e glicerolo e questo
permette a questi acidi grassi di subire la conversione all’interno della cellula. SPIEGA MEGLIO SOTTO

Quindi ripetiamo: assumiamo gli acidi grassi e lipidi, vengono emulsionati con i Sali biliari e nell’intestino
tenue determina l’interruzione dei legami lipidici. Quando noi mangiamo dei grassi e mangiamo dei
triacilgliceroli, mangiamo anche dei fosfolipidi e quindi vediamo che questa prima lipasi separa il glicerolo
dagli acidi grassi dal glicerolo e da altri componenti. A questo punto queste sostanze riescono ad entrare
nelle cellule intestinali epiteliali e qui subiscono un’altra trasformazione in triacilgliceroli (quindi quelli che
già lo erano, lo ridiventano, quelli che invece erano fosfolipici diventano triacilgliceroli) e questo permette a
queste sostanze di essere omogenee e di entrare a far parte di questi cropuscoli, questi aggregati, i
chilomicroni, che li possono trasferire ai tessuti. Per entrare nelle diverse cellule deve agire la lipoproteina-
lipasi, una seconda lipasi, che li converte in acidi grassi e glicerolo e queste due molecole possono subire il
destino che ora vedremo nella degradazione fino a formare il prodotto principale che è l’acetil-CoA.

Questo è l’ingradimento dei chilomicroni → particelle sferiche costituite da triacilglicerolo ed esteri del
colesterolo. I fosfolipidi costituiscono soltanto l’involucro. Si tratta di composti omogenei che permettono
una degradazione più efficace. Questi corpuscoli, inoltre, presentano anche delle lipoproteine sulla
superficie che hanno la funzione di indirizzarli nei diversi distretti dell’organismo. Tutto ciò accade perché
quando noi nella dieta ingeriamo delle sostanze, in realtà, mangiamo alimenti costituiti da tante sostanze e
quindi l’organismo ha bisogno di omogenizzare, di rendere semplici, queste sostanze.

In nero è il glicerolo e in verde sono indicati gli acidi grassi. Dobbiamo distinguere quando parliamo di
estarasi e di lipasi → sono due enzimi idrolitici che svolgono entrambi la stessa funzione: interrompono il
legame estere tra un alcol e un acido. La differenza sta nel fatto che le esterasi agiscono con esteri a catena
breve, mentre le lipasi agiscono quando l’estere ha una catena lunga. Nella foto troviamo un substrato delle
lipasi. Da un punto di vista enzimatico hanno delle caratteristiche di funzionamento molto particolari
perché il loro substrato è molto idrofobico. Molto spesso questi substrati costituiscono delle fasi all’interno
della soluzione acquosa, se la componente lipidica (grassi) è molto idrofobica le due sostanze non si
possono miscelare (acqua e olio). Quindi devono funzionare all’interfaccia tra acqua e olio, è un tipo di
catalisi molto diverso rispetto a quelli visti fino ad ora dove i prodotti della reazione erano delle sostanze
idrofiliche. Che cosa succede quando la lipasi ha funzionato? Il prodotto della reazione è il glicerolo e gli
acidi grassi. Il glicerolo e gli acidi grassi vengono entrambi degradati, ma ovviamente il glicerolo è una
molecola che somiglia molto di più ai carboidrati (perché ha atomi di carbonio che sono ossidati) e quindi
tutti e tre gli atomi di carbonio hanno delle funzioni alcoliche. Il glicerolo infatti andrà diretto verso la
glicolisi o la gluconeogenesi, mentre gli acidi grassi andranno verso la loro ossidazione e quindi verrano
degradati. Quindi osserviamo lo schema riportato qui sotto:
L’energia che si ricava dai triacilgliceroli è per il 95% presente all’interno degli acidi grassi e per il 5%
presente nel glicerolo. Questo per tre motivazioni: negli acidi grassi ritroviamo più atomi di carbonio,
perché acidi grassi e glicerolo sono in un rapporto stechiometrico 3:1 e la ragione più importante è
perché i carboni degli acidi grassi sono più ridotti.

Ora vediamo la degradazione del glicerolo.

Il glicerolo, che potrebbe essere considerato un contenuto marginale dei lipidi (perché
stechiometricamente inferiore), deve essere utilizzato. Esso infatti subisce l'azione di 2 enzimi:

il primo è la glicerolo chinasi , che investe una molecola di ATP per trasferire un fosfato al glicerolo,
producendo il glicerolo-3-fosfato. Quest’ultimo ha un carbonio idrossilato che può subire la
deidrogenazione ad opera della glicerolo-3-fosfato deidrogenasi, formando il diidrossiacetone fosfato.

Il diidrossiacetone fosfato lo abbiamo incontrato all'inizio del metabolismo, cioè nella via glicolitica: è il
prodotto dell'aldolasi a partire dal fruttosio 1,6-bisfosfato, che viene spaccato a metà dall'aldolasi e
produce 2 molecole a 3 atomi di carbonio: il diidrossiacetone fosfato e la gliceraldeide-3-fosfato. Ne segue
che il diidrossiacetone fosfato diventa substrato della trioso fosfato isomerasi (ultimo enzima della fase
preparatoria della glicolisi → catalizza la quinta reazione): porta all'isomerizzazione a gliceraldeide-3-P.

Normalmente nella glicolisi l'aldolasi determina la separazione dei 6 atomi di carbonio del fruttosio 1,6-
bisfosfato producendo una molecola di diidrossiacetone fosfato e una di gliceraldeide-3-P, con la
conseguente trasformazione della diidrossiacetone fosfato in gliceraldeide-3-P, per cui il prodotto della
glicolisi sono 2 molecole di gliceraldeide 3-fosfato. L'ingresso del glicerolo avviene alla fine della prima fase
della glicolisi, quando il glicerolo-3-P è stato prodotto dalla glicerolo chinasi, viene convertito da un'altra
deidrogenasi in diidrossiacetone fosfato che poi rientra a formare gliceraldeide-3-P.

Abbiamo già incontrato il glicerolo 3-P: il processo della “navetta” per portare NADH dal citoplasma
all'interno del mitocondrio. I mitocondri sono impermeabili al NADH, perché devono tenerseli stretti per la
produzione di ATP. Quindi il NADH che viene prodotto all'esterno, ad esempio nel citoplasma, dalla glicolisi,
non può entrare. Per entrare si ha la reazione della glicerolo fosfato deidrogenasi che produce il glicerolo a
partire dal diidrossiacetone fosfato: il glicerolo 3-fosfato entra nel mitocondrio dove una nuova glicerolo
fosfato deidrogenasi mitocondriale, legata alla membrana, determina la formazione della diidrossiacetone
fosfato e trasferisce gli elettroni al FADH2. In questo modo FADH2 entra nel secondo complesso della
catena di trasporto degli elettroni e trasferisce gli elettroni all'ubichinone, che a sua volta li porta fino
all'ossigeno.
RICORDA: il glicerolo è una molecola che fa pensare ai lipidi e nella degradazione dei lipidi è direttamente
connessa alla glicolisi oppure al sistema “navetta” di trasporto del NADH.

Cosa succede agli acidi grassi?

Gli acidi grassi per poter essere degradati devono andare incontro ad un'attivazione, cioè devono essere
legati ad una molecola, il coenzima A, che permette a queste sostanze di subire le degradazioni. La
degradazione degli acidi grassi, o ẞ-ossidazione, avviene all'interno del mitocondrio. Quando gli acidi grassi
hanno un numero pari o inferiore a 12 atomi di C, possono entrare nel mitocondrio semplicemente.
Quando invece sono più grandi di 14 atomi di C, devono essere attivati con 3 reazioni. Di queste, 2 portano
alla formazione dell'acido grasso attivato; una serve a garantire che questa reazione possa svilupparsi
fornendo l'energia necessaria.

In pratica: il gruppo carbossilico dell'acido grasso, deve legarsi al coenzima A, in particolare si deve legare
all'estremità SH del coenzima A, esattamente come il gruppo acetilico si lega e si forma acetil-coenzima A.
Prima reazione: catalizzata dall'acetil-coenzima A sintetasi. RICORDA: da adesso si parla di acili e non di
acetili: l'acetile è quando CH3COOH (ACETO), mentre acile quando al gruppo carbossilico è legata un'intera
catena. La prima reazione ha come substrato l'ATP, per questo si ha l'attivazione dell'acido grasso e la
formazione del legame fosfo-estere tra il gruppo acilico e l'adeninamonofosfato. Il prodotto della reazione
dell'acetil-coenzima A sintetasi è la formazione di un intermedio detto acil adenilato, in cui il gruppo acilico
è legato all'AMP, quindi all'adenina monofosforilata, e si produce pirofosfato, cioè 2 atomi di fosforo legati
tra loro con un legame anidridico. Questo intermedio di aciladenilato è legato all'enzima, e si risolve
quando accede al sito attivo del coenzima A, e si viene a formare l'acil-coenzima A, cioè l'acido grasso (con
una catena r di almeno 13 atomi di C) la cui catena è legata con un legame tioestere al coenzima A.

NOTA: non bisogna confondersi con acil-coenzima A in cui vi è un sostituente r, e acetil-coenzima A, in cui
il sostituente r è pari al CH3.

Queste due reazioni sono catalizzate da questo enzima, l'acil-coenzima A sintetasi, e hanno una variazione
di energia libera standard esoergonica, ma non molto. Quello che spinge la reazione nella direzione della
formazione dell'acil-coenzima A, è un'altro enzima: la pirofosfatasi inorganica, che determina l'interruzione
del legame anidridico del pirofosfato con altri 19 KJ x mol. Per questo motivo, il processo avviene con -30 KJ
x mol, e quindi è un processo esoergonico. L'accoppiamento tra un enzima e la pirofosfatasi inorganica,
l'abbiamo incontrato quando abbiamo parlato della sintesi del glicogeno: in quel caso il glucosio doveva
essere trasferito all'UDP, e l'UDP glucosio fosse il prodotto utilizzato dalla glicogeno sintasi per portare alla
sintesi del glicogeno. In quel caso l'enzima utilizzato era l'UDP glucosio pirofosforilasi, in cui lo zucchero
scambiava un fosfato con un nucleotide trifosfato (UTP) e 2 fosfati venivano scambiati dall'UTP a formare
priofosfato, mentre il fosfato legato allo zucchero si legava al fosfato legato all'UMP e formava l'UDP, cioè il
prodotto della reazione. In questo caso la reazione poteva essere spostata nella formazione dei prodotti
grazie all'azione della pirofosfatasi inorganica, che irrorizzava il pirofosfato in 2 molecole di fosfato. Anche
in questo caso era lo stesso valore energetico.

Ci troviamo ora, nella condizione di avere l'acil-coenzima A, in grado di dare inizio la degradazione. Tutto
ciò, fino ad ora, è successo a livello del citosol, perché gli acidi grassi sono giunti all'interno della cellula e si
trovano nel citosol. Perché possa avvenire la ẞ-ossidazione, bisogna trasferirsi nel mitocondrio, in
particolare nella matrice: Lehninger scoprì che gli enzimi di questa reazione si trovano nella matrice
mitocondriale.

Come avviene questo trasporto? Non è un trasporto semplicemente, ma avviene tramite un processo di
transesterificazione che coinvolge un trasportatore, la carnitina: ha la funzione di migliorare il
trasferimento degli acidi grassi al mitocondrio, e quindi rendere più efficiente la trasformazione di queste
sostanze.

1. nel citosol vi è una prima carnitina acil-transferasi che riceve il gruppo acilico dall'acil-coenzima A, e
porta alla formazione di acil-carnitina;

2. l'acil-carnitina viene trasportata prima nello spazio intermembrana, alla matrice mitocondriale,
attraverso un trasportatore specifico, e qui subisce una seconda transesterificazione → il gruppo
acilico viene ritrasferito ad un'altra molecola di acil-coenzima A.

Si tratta dell'azione combinata di due enzimi: l'aciltransferasi 1, che si trova sulla membrana esterna del
mitocondrio, e l'aciltransferasi 2 che è associata (anche se non è una proteina di membrana) alla membrana
mitocondriale interna.

Perché avviene tutto questo? Il motivo per cui vi è la presenza di questo trasportatore che sfrutta l'enzima
carnitina aciltransferasi, si deve al fatto che l'insieme dei coenzima A citosolici e mitocondriali, deve
rimanere separato → anche il coenzima A non riesce ad attraversare la membrana mitocondriale.

Il coenzima A mitocondriale viene utilizzato, per esempio, come substrato per la piruvato deidrogenasi:
quest’ultima raccoglie il piruvato che può attraversare la membrana, lo lega al coenzima A per avviare il
ciclo di Krebs.

Il coenzima A citosolico serve per la sintesi dei lipidi.


=> i due insiemi/pool di coenzima A devono rimanere separati
(lo stesso vale, ad esempio, per il NADH che non può uscire dal
mitocondrio).

SCHEMA RIASSUNTIVO:

• gli acidi grassi sono costituiti da un gruppo carbossilico e da una serie di CH2 legati fra loro, tuttavia
il gruppo carbossilico è legato al coenzima A.

• la demolizione avviene per coppie di atomi di , cioè ci saranno delle reazioni sequenziali che
porteranno alla demolizione dell'acido grasso staccando 2 atomi di C alla volta → il prodotto della
degradazione degli acidi grassi è l'acetil-coenzima A (2 atomi di C).

• l'acetil-coenzima A viene trasferito nella fase successiva al ciclo dell'acido citrico → non è facile
distinguere l'acetil-coenzima A proveniente da un acido grasso e uno proveniente dal piruvato.
Questo punto deve essere considerato come un imbuto: qui provengono tutti gli acetil-coenzima A
per la degradazine o dei carboidrati o degli acidi grassi.

• L'acetil-coenzima A viene modificato nel ciclo dell'acido citrico e si ha la produzione di anidride


carbonica e 64 elettroni , che verranno trasportati dal NADH e dal FADH2 alla catena respiratoria,
quindi l'accettore finale l'O2 → formazione finale di H2O e formazione di ATP mediante
fosforilazione ossidativa.

L'acido palmitico che è l'acido grasso a 16 atomi di C, produce più di 100 molecole di ATP e questo lo si deve
al fatto che è una molecola estremamente ridotta, cioè possiamo estrarre una grande quantità di energia
da questa molecola perché è estremamente ridotta.

Una parte degli elettroni estratti dagli acidi grassi, sono quelli che provengono dal ciclo di Krebs. Nella
degradazione degli acidi grassi, si ha produzione di FADH2 e poi di NADH: la produzione di elettroni non è
solo quella dell'acido citrico, ma anche quella della β-ossidazione.

NOTA: la degradazione avviene dalla direzione del gruppo carbossilico, e si osserva che si ricreerà il legame
tioestere, quindi un altro gruppo carbossilico nella catena.

LA β-OSSIDAZIONE.
Quando abbiamo una catena idrocarburica legata al gruppo carbossilico, lo scopo della β-ossidazione, è
quello di ossidare il CARBONIO ẞ (il secondo CH2). Il nome della
reazione descrive la reazione stessa.

1. OSSIDAZIONE.
Vengono tolti
degli elettroni al
carbonio β (o 3)
e anche a quello
α (o 2), e
vengono
trasferiti al FAD
per produrre
FADH2. Il
risultato di
questa
ossidazione è la
formazione di un
doppio legame.

2. IDRATAZIONE. Verrà donata una molecola d'acqua,


ricordando però che carbonio β deve essere ossidato: l'OH va al carbonio β (o 3) che deve essere
ossidato, e l'H va all'altro carbonio (2 o α). Si interrompe il doppio legame, il carbonio β viene
ossidato e l'altro C viene risotto → si ha un IDROSSIACIL-COENZIMA A.

3. OSSIDAZIONE: interviene una deidrogenasi che toglierà gli elettroni dal carbonio β e formerà un
nuovo gruppo acilico nella posizione β.

4. Questo chetoacil-coenzima A formatosi, potrà portare al trasferimento di questi 2 atomi di C


(carbonio 2 e carbonio 3, oppure il primo carbonio β e il carbonio α) al nuovo coenzima A, e si
forma acetil-coenzima A e un acile più corto di 2 atomi di carbonio.
GLI ENZIMI.

In blu sono indicati i nomi degli enzimi, in rosa è evidenziato il gruppo che lascerà la catena.

PRIMO ENZIMA: Se la prima reazione è di ossidazione o meglio deidrogenazione, il FAD diventa FADH2,
l'enzima coinvolto sarà una deidrogenasi, e il nome è molto semplice: essendo il substrato l'acil-coenzima
A, l'enzima sarà acil-deidrogenasi. quest’ultimo possiede il FAD come cofattore, quindi è un gruppo
prostetico, e porta la formazione dell'insaturazione tra il carbonio α e β o la formazione dell'enoil-coenzima
A.

SECONDO ENZIMA: L'enoil-coenzima A è il substrato e bisogna aggiungere l'acqua → l'enzima sarà l'enoil-
coenzima A idratasi. Questa reazione porta all'inserimento di una molecola d'acqua il cui gruppo ossidrilico
va a legarsi al carbonio β e l'H si lega al carbonio α. Si forma il β-idrossiacil-coenzima A → il gruppo idrossile
che è legato al carbonio β.

TERZO ENZIMA: Ora bisogna togliere i 2 idrogeni dal carbonio β → avviene una deidrogenazione (cioè un
ossidazione) per mezzo di una deidrogenasi: l'enzima ha il nome del substrato, β-idrossiacil-coenzima A
deidrogenasi. Questa deidrogenasi ha NAD come substrato, quindi un coenzima e non un gruppo
prostetico, e si forma NADH.

QUARTO ENZIMA: acil-coenzima A acetiltransferasi tiolasi → una tiolasi porta all'interruzione del legame
tra il carbonio β e α in modo tale che si porti alla formazione di un acetil-coenzima A e dell'acil coenzima A.

La β-ossidazione è un meccanismo per interrompere il legame stabile tra gruppi metilenici. Come detto
prima, questo è un processo che avviene nel ciclo di Krebs allo stesso modo: sono le ultime tre reazioni del
ciclo di krebs, quelle che partono dal succinato, formano il fumarato, il fumarato produce il malato e il
malato forma l'ossalacetato. Questo
legame dovrà interrompersi anche
nel ciclo di Krebs, cioè la strategia
chimica dei due processi è la stessa:
nel ciclo di Krebs abbiamo la
succinato deidrogenasi che forma
fumarato → la fumarasi porta
all'idratazione di un carbonio,
portando alla formazione del malato
→ la malato deidrogenasi forma
l'ossalacetato.
Questo fatto non è un caso: è possibile che ci sia stato un fenomeno di duplicazione genica → uno dei due
processi è stato duplicato per poterlo svolgere in un'altra catena catabolica: sia nella degradazione dei
carboidrati che nella degradazione dei lipidi.

La β-ossidazione determina la formazione di cofattori ridotti e quindi trasporta elettroni che si possono
utilizzare nella sintesi di ATP. Ogni molecola di FADH2 produce una molecola e mezzo di ATP, ogni molecola
di NADH 2 molecole e mezzo di ATP → abbiamo che nella prima fase vi è la produzione di 28 molecole di
ATP semplicemente con la demolizione di una molecola a 16 atomi di carbonio. La degradazione dei grassi
è importante sotto questo punto di vista: si produce ATP soltanto per produrre acetil-coenzima A, in
particolare verranno prodotte 8 molecole di acetil-coenzima A: se l'acido palmitico presenta 16 atomi di C e
si staccano a blocchi di 2, si avranno 8 molecole di acetil-coenzima A. Nella fase due, fase relativa al ciclo di
Krebs, seguita anche dalla fosforilazione ossidativa, si avrà la formazione di 80 molecole di ATP: se
sommiamo fase 1 e fase 2 abbiamo la produzione di 108 molecole di ATP. Considerando che all'inizio
abbiamo dovuto attivare l'acido grasso, la resa finale è di 106 molecole di ATP. Chiaramente questa è una
resa molto più alta della demolizione del glucosio, tenendo conto però che il glucosio ha 6 atomi di C,
mentre qui partiamo da 16 atomi di C.

Aspetto biologico: si produce molta acqua. Questo è il motivo per cui i cammelli hanno le gobbe → sono
riserve di grasso che vengono utilizzate anche per idratare l'animale. Quando nel deserto non è in grado di
bere, la β-ossidazione degli acidi grassi di questi animali, permette loro di estrarre acqua che può essere
utile per le reazioni metaboliche. Alla stessa maniera, questa capacità di produrre energia è tipica degli
animali che vanno in letargo: durante la fase estiva accumulano molti grassi che si vanno a depositare e
durante il periodo del letargo, producono energia grazie alla β-ossidazione. Altri animali che utilizzano
questo processo sono gli uccelli migratori, che devono affrontare uno sforzo molto prolungato.
ANABOLISMO DEI LIPIDI- LEZIONE 23 (LEZ. 23 DALLE SLIDE)

Oggi parleremo della biosintesi degli acidi grassi, ovvero della componente
idrocarburica. Faremo varie analogie con un altro processo anabolico ovvero la
gluconeogenesi, che porta dal piruvato alla formazione di glucosio. Quando abbiamo
parlato della gluconeogenesi, abbiamo detto che il fenomeno non è l’inverso della
glicolisi perché altrimenti sarebbe un ciclo futile, se ci fossero gli stessi enzimi si
arriverebbe solo ad un dispendio di calore, però la gluconeogenesi presenta dei
punti comuni ai due processi (glicolisi e biosintesi degli acidi grassi), ricorderete che
nella gluconeogenesi ci sono tre *non capisco la parola* rispetto alla glicolisi e sono
le reazioni che portano alla fosforilazione del glucosio, fosforilazione del fruttosio 1-
fosfato e alla trasformazione del fosfoenolpiruvato in piruvato – nella
gluconeogenesi avviene il contrario e cioè tutte le altre reazioni sono gli stessi
enzimi che catalizzano le stesse reazioni ma in direzione opposta mentre le 3 della
gluconeogenesi avvengono con altri meccanismi.
Qui abbiamo un confronto tra la degradazione degli acidi grassi e la sintesi degli acidi
grassi: sebbene la logica chimica sia la stessa, vedremo che le differenze tra i due
processi sono sostanziali. In particolare si vede che nella gluconeogenesi 7 reazioni
su 10 sono comuni, cioè lo stesso enzima che può andare sia in via degradativa che
sintetica perché catalizza reazioni che sono o leggermente esoergoniche o
leggermente endoergoniche, quindi in base alle concentrazioni dei composti la
reazione può seguire una o l’altra e quindi il catalizzatore è lo stesso, qui invece sono
completamente differenti, sebbene alcune delle reazioni catalizzate siano le stesse
reazioni ma invertite, i gruppi ad essere coinvolti sono simili. Mentre per la glicolisi e
gluconeogenesi avvengono entrambe nel citosol ad eccezione della prima fase della
gluconeogenesi che avviene parzialmente nel mitocondrio, la biosintesi degli acidi
grassi avviene in un comparto completamente diverso dalla degradazione, perché
avviene nel citosol, vi ricordate che la degradazione degli acidi grassi avviene nel
mitocondrio perchè si produce NADH e acetil-coA (il NADH servirà per la catena di
trasporto e l’acetil-coA per il ciclo di krebs). La biosintesi avviene nel citosol, quando
abbiamo parlato della degradazione degli acidi grassi abbiamo detto che devono
essere attivati per passare dal citosol al mitocondrio ad opera di un enzima, che
trasferisce per trans-esterificazione alla creatina… in quel modo l’acido grasso legato
all’acetil coA citosolico viene trasferito alla creatina, la creatina lo porta dentro e di
nuovo l’acido grasso dalla creatina va al coA nel mitocondrio quindi la cellula tiene
fisicamente separate le collezioni (?) di co-A citosolico e di co-A che si trova
all’interno del mitocondrio, questo perché il co-A del mitocondrio serve anche come
substrato della piruvato deidrogenasi, quella che deve trasferire dal piruvato
l’acetile, lo trasferisce al co-A e l’acetil-coA entra nel ciclo di krebs. Il co-A del
mitocondrio serve per produrre energia.

Una differenza tra la biosintesi e la degradazione dei lipidi è che nella biosintesi c’è
un intermedio importante di reazione che è il manonil-CoA, questa è la struttura e
sono evidenziate le parti importanti, il manonile ha 3 atomi di carbonio e il terzo
atomo di carbonio è un carbossile- la parte evidenziata in rosa è quella uguale alla
biotina, questa formazione del manonil-CoA è essenziale per le prime fasi della
biosintesi degli acidi grassi.
Rispetto alla degradazione, la biosintesi degli acidi grassi:
Utilizza enzimi diversi, E’ localizzata in compartimenti cellulari diversi, Utilizza un
intermedio diverso: Il malonil-CoA.
Continuando questo confronto vediamo che oltre ad avere il malonile come
intermedio, i coenzimi coinvolti nelle reazioni di riduzione sono per esempio il
NADPH, la forma fosforilata del NAD, vi ricordate che nella degradazione si produce
NADH, come vi dissi già il NAD è la forma catabolica per il trasporto di elettroni,
quindi serve per trasportare gli elettroni alla catena di trasporto, il NADP invece ha
la fosforilazione che lo definisce come la molecola che è coinvolta nei processi
anabolici. Il rapporto NADH/NAD nel citosol è molto basso perché il NADH non è
quasi mai presente nel citosol. Lo stesso rapporto invece è più alto nel mitocondrio
perché il NADH deve andare continuamente a trasportare elettroni. Il rapporto
NADPH/NADP è invece più alto nel citosol perché il NADPH è ridotto per poter
svolge le reazioni di sintesi che avvengono nel citosol, inoltre gli enzimi coinvolti
nella biosintesi degli acidi grassi sono due: l’acetil-CoA carbossilasi e l’acido grasso
sintasi, in realtà la biosintesi degli acidi grassi è un processo complicato nonostante
gli enzimi coinvolti siano due. Abbiamo detto che nella differenza fra i due processi
(degradazione e sintesi degli acidi grassi) è che nella sintesi il NADPH è il reagente
riducente, invece nella degradazione chi riceve più elettroni sono il NAD+ e il FAD,
quindi i cofattori sono completamente diversi. Il gruppo attivatore nel caso della
degradazione è il CoA, nel caso della biosintesi all’inizio le molecole sono attivate dal
coenzima A ma successivamente gli SH non sono più quelli presenti nel CoA ma sono
altri SH che sono presenti nelle proteine e negli enzimi che catalizzano la sintesi.
Un’altra differenza è che nel caso della degradazione la catena acilica si accorcia di
due atomi di carbonio per volta perché i processi chimici avvengono sul carbonio
beta, anche l’allungamento avviene con due atomi di carbonio per volta e ogni
condensazione produce CO2, nel caso della sintesi I primi atomi di carbonio che
sono coinvolti nei primi passaggi saranno quelli alla fine della catena dell’acido
grasso quando sarà sintetizzato, quindi i primi due atomi di carbonio verranno
allungati in una direzione e si rappresenteranno le estremità dell’acido grasso,
quella non ridotta- quelle opposte rispetto al gruppo carbossilico. Parliamo ora della
beta-Ossidazione viene ossidato il carbonio beta fino a farlo diventare un gruppo
carbonilico, perché quando si crea il gruppo carbonilico questo legame C-C si deve
interrompere, diventa più labile e si ha la formazione/scissione di un prodotto a due
atomi di carbonio. Nella biosintesi invece partiamo da molecole che sono ossidate e
si devono ridurre- è un po’ l’inverso della beta-ossidazione dove il protagonista è
sempre il carbonio beta.
La biosintesi degli acidi grassi ha due fasi principali, una prima fase che è catalizzata
dall’acetil-CoA carbossilasi ed una seconda fase catalizzata dall’acido grasso sintasi,
essi sono un insieme di 10 attività enzimatiche o proteine di trasporto anche se sono
solo due enzimi. L’acetil CoA è un insieme di 3 proteine: 1. Proteina trasportatrice
della biotina 2. Biotina carbossilasi 3. Transcarbossilasi, è un complesso quindi
multienzimatico che presenta anche un gruppo prostetico perché ha la biotina che
è questo lungo braccio che è legato covalentemente a una delle tre proteine, in
particolare quella centrale che prende il nome di proteina trasportatrice della
biotina, nei batteri questa proteina è costituita da 3 subunità, 3 polipetidi separati
che si associano e formano l’enzima attivo. Invece negli animali questi 3 polipetidi
sono codificati da un unico gene quindi è un unico polipetide con 3 subuinità. La
reazione che catalizza questo enzima è quella che porta all’unione di una molecola
di carbonato all’acetile del acetil CoA
Acetil-CoA + HCO3 - + ATP → Malonil-CoA + ADP + Pi
E’ una reazione che prevede l’idrolisi dell’ATP, quindi endoergonica. I prodotti
inoltre non sono fosforilati e quindi tra i prodotti notiamo l’ADP e il fosfato che
servono per accoppiare questa reazione ad un'altra reazione per rendere la reazione
spontanea- quel meccanismo che permettere di sommare i valori di variazione di
energia libera per rendere la reazione spontanea (un po’ come quella
dell’esochinasi).
Il secondo enzima è l’acido grasso sintasi, catalizza la reazione di allungamento
dell’acido grasso ed è un enzima molto grande costituito da 7 attività enzimatiche:
1. malonil/acetil-CoA-ACP trasferasi (MAT)
2. β-chetoacil-ACP sintasi (KS)
3. β-chetoacil-ACP reduttasi (KR)
4. β-idrossiacil-ACP deidratasi (DH)
5. enoil-ACP reduttasi (ER)
6. proteina trasportatrice

L’acido grasso sintasi può essere una singola catena polipeptidica multifunzionale,
ovvero il gene codifica per queste sequenze l’una dopo l’altra e quindi la proteina
che si viene a formare è costruita da un unico polipeptide che forma la struttura
finale (FAS I in vertebrati e funghi) o un complesso multisubunità (FAS II batteri e
piante). FAS: fatty acid synthesis.
Ora iniziamo a descrivere i processi. Abbiamo detto che la biosintesi degli acidi grassi
può essere sintetizzata da due enzimi, vediamo prima quella con l’acetil-CoA
carbossilasi.
La prima reazione deve portare da acetil-CoA (2 atomi di C) bicarbonato HCO3- ( 1
atomo di C) a Malonil-CoA ( 3 atomi di C) limitandoci agli atomi di carbonio. C’è il
trasferimento di un atomo di C ad un accettore che è il acetil-CoA.
L’acetile è rosa e il carbonato è verde

Questa reazione però (il trasferimento) non avviene spontaneamente perché il


gruppo metilico dell’acetile non è un buon nucleofilo, non cede protoni facilmente e
perché la reazione possa avvenire serve l’idrolisi del fosfato di rame (?) in questo
modo il carbonato può essere trasferito all’acetile- fin qui abbiamo parlato della
chimica della reazione e non degli enzimi, perché la reazione avvenga rapidamente
deve essere coinvolto l’acetil-CoA carbossilasi, il nome è facile perché dice la
reazione che catalizza: viene carbossilato l’acetil-CoA per produrre il malonile. Nel
meccanismo abbiamo la biotina carbossilasi, la prima subunità, fa quello che dice il
nome cioè carbossila la biotina, la biotina è questo cofattore che è legato
covalentemente alla catena laterale di una lisina di questa proteina centrale, la
proteina che trasporta la biotina, la biotina è un trasportatore di gruppi carbossilici,
quindi il primo enzima grazie all’idrolisi di una molecola di ATP in ADP e fosfato
inorganico trasferisce il carbonato alla biotina formando un intermedio, ovvero la
biotina carbossilata. Quando la reazione si svolge e si producono la biotina
carbossilata e fosfato l’attività della biotina carbossilasi per questo gruppo è molto
bassa, quindi con un cambiamento conformazionale della proteina che trasporta la
biotina, tutto questo braccio viene ribaltato dall’altro lato della proteina e va a
contatto con l’altra attività enzimatica e cioè la trans carbossilasi, che ha alta affinità
per la biotina carbossilata e quindi la lega. La biotina carbossilata quindi si trova in
prossimità del sito attivo della biotina carbossilasi e ha alta affinità per l’acetil-CoA,
la vicinanza di questi gruppi permette la carbossilazione del gruppo acetilico (?) e del
malonil-CoA. A questo punto la biotina non sarà più carbossilata, la trans carbossilasi
non avrà più affinità per questo gruppo e la proteina che trasporta la biotina viene
ribaltata dall’altro lato ed è pronta a svolgere un’altra reazione quindi potremmo
dire che la reazione catalizzata dall’acetil-coa carbossilasi è una reazione a due step:
prima c’è la carbossilazione della biotina con consumo di energia e poi c’è il
trasferimento di un carbossile dalla biotina all’acetil-coa con formazione di un
malonile, un ruolo importante è della proteina che trasporta la biotina perché
questa proteina sposta da un lato all’altro della molecola il gruppo carbossile, è
importante perché questo processo aumenta la resa della reazione, perché
altrimenti dovrebbe essere una reazione con molti substrati che dovrebbero arrivare
tutti e 3 insieme e permettere il trasferimento, invece in questo modo il gruppo
carbossile viene facilmente trasportato da un lato all’altro formando il malonil-CoA.
IL MECCANISMO E’ SIMILE A QUELLO DELLA PIRUVATO CARBOSSILASI
gluconeogenesi
Qui è il piruvato che viene carbossilato, invece nelle reazione che abbiamo descritto
è l’acetile che viene carbossilato. Anche qui un enzima trasferisce il carbonato ad un
gruppo metilico in questo caso il piruvato non è attivato come l’acetil-coa e il
trasferimento del carbonato arriva al gruppo metilico ed anche questa non è una
reazione spontanea, e infatti la piruvato carbossilasi utilizza la biotina (?). Nella
reazione della gluconeogenesi noi abbiamo il carbonato che reagisce col piruvato
che porta alla formazione dell’ossalacetato questa è una reazione che avviene
idrolizzando l’ATP e avviene in analogia con la reazione catalizzata dalla biotina
carbossilasi perché in questo caso avete anche qui il carbonato che però reagisce
con l’acetil-CoA, il prodotto della reazione è invece il malonil-CoA. Notiamo che
l’attivazione dell’acetil-CoA è importante non da un punto di vista energetico ma
quest’attivazione è importante perché il malonile serve dopo per la biosintesi degli
acidi grassi ma in questa reazione non serve! Quindi questi due processi sono dei
processi che sono stati conservati per catalizzare la stessa reazione, vedremo dopo
che ci saranno altre analogie tra la biosintesi degli acidi grassi e la prima reazione
della gluconeogenesi. Per quanto riguarda il trasferimento del gruppo carbossilico-
nella biosintesi degli acidi grassi questa è la prima tappa e quindi fa parte dell’azione
dell’enzima acetil-CoA carbossilasi, nel caso della gluconeogenesi questa è soltanto
una componente parziale della prima fase, perché la prima reazione della
gluconeogenesi non finisce con l’ossalacetato ma finisce con il fosfoenolpiruvato.
Quindi le analogie tra i due processi sono: la Carbossilazione e i bracci biologici.
BRACCI BIOLOGICI
Piruvato + HCO3- + ATP → Ossalacetato + ADP + Pi
Il gruppo carbossilico viene trasferito sulla biotina grazie all’idrolisi di una molecola
di ATP. Il braccio biologico è importante perché blocca un intermedio e lo trasferisce
da un lato all’altro di un complesso multi enzimatico

I cofattori lipoato e biotina formano, negli


enzimi a cui sono legati covalentemente
(diidrolipoil-transacetilasi e piruvato
carbossilasi) un braccio lungo e flessibile
che sposta intermedi, rispettivamente
acetile e carbonato, da un sito attivo al successivo.
2. SINTESI DELL’ACIDO GRASSO: IL PALMITATO (C16)
Nella seconda fase abbiamo due step, il primo riguarda la condensazione tra acetil-
CoA e il malonato cioè nella seconda fase della biosintesi degli acidi grassi si ha
condensazione tra il gruppo acetilico di un acetil-CoA e il gruppo malonilico del
malonato. Quindi si avrà la formazione del composto: avviene un attacco tra i
carboni e abbiamo la fuoriuscita della CO2. In questa reazione intervengono due
attività enzimatiche dell’acido grasso sintasi, una che è la chetoacil sintasi (KS) e
un’altra che è la proteina trasportatrice di acili ACP, queste proteine ricevono
rispettivamente ricevono il gruppo acetilico, la KS, la ACP e il gruppo malonilico.
Queste due (non specifica ma credo intenda KS e ACP) si uniscono fra loro e si
allontana la CO2 e si forma il composto .La ACP è la proteina che porterà sempre
con sé il gruppo quando ci saranno le reazioni della altre attività enzimatiche. in
questo primo passaggio il malonile viene legato all’ACP ad esso viene condensato un
gruppo acetilico, si forma la molecola neosintetizzata a 4 atomi di carbonio e questa
molecola sempre legata all’acp subirà la riduzione, la deidratazione e un’altra
riduzione. L’acp è l’ancora dell’acido grasso sintasi a cui è attaccata la catena
uscente, quindi l’acp non è il enzima perché non catalizza nessuna reazione, è una
proteina che trasporta la sostanza serve solo a trattenere il composto e a
permettere la sua modifica.
Perché sono coinvolti agli SH della proteina ACP e alla KS? Perché tutte queste
reazioni necessitano di energia e l’idrolisi dei tioesteri sarà quella che fornisce
energia sufficiente perché è fortemente esoergonica e in particolare nella reazione
di condensazione, quella che porta al trasferimento di un gruppo all’altro gruppo- si
l’idrolisi di questo legame tra la KS e il gruppo acetilico fornisce energia necessaria
per permettere il trasferimento, quindi è necessario che questi gruppi intermedi
siano legati all’atomo di zolfo di queste due proteine. Da quando avviene il
trasferimento del malonile e dell’acetile non c’è più il CoA, esso interviene prima che
tutto questo succeda. Questa è la prima fase della reazione di biosintesi degli acidi
grassi con formazione del legame covalente tra l’acetile e una parte del malonile ma
prima che questo succeda deve esserci un’altra reazione.
Questa è la proteina che trasporta gli acili e presenta una molecola di un gruppo
fosfopanteteinico identico a quello presente all’interno del coenzima A. Quindi la
proteina che trasporta gli acidi lega il malonile ma lo lega ad un SH che non fa parte
della proteina come l’aminoacido ma fa parte del cofattore, invece nella chetoacil-
sintasi sarà una cisteina, l’amminoacido che ha il gruppo dello zolfo per legare il
composto attivato.

A seguire vediamo la stessa immagine di prima, ma in questa figura vediamo che


l’ACP ha già legato il malonile e la KS ha già legato l’acetile, noi abbiamo prodotto
malonil-CoA e acetil-CoA, come hanno fatto il malonile ad arrivare fino ad ACP e
l’acetile ad arrivare fino a KS? E’ intervenuto l’enzima MAT malonil/acetil-CoA-ACP
trasferasi, il nome dell’enzima è la reazione catalizzata. Come li trasferisce?
Trasferisce il malonile dall’enzima all’ACP e trasferisce l’acetile dall’acetil-CoA al KS.
Quindi sono partito dalla reazione che mi portava al malonile e per farlo sono partito
da un acetil-CoA, ho prodotto un intermedio, un malonil-CoA attivato da un CoA, e
ho anche l’acetil-CoA: questi due composti attivato hanno un legame tioestere.
Interrompo il legame tioestere e ne formo un altro, quindi faccio un trasferimento. Il
trasferimento del malonile ha come donatore l’acp e il trasferimento dell’acetile ha
come donatore il ks. Ho innescato l’enzima a questo punto, il mat ha fatto il suo
lavoro e parte la condensazione, condensa il malonile all’acetile e si ha rilascio di
CO2, si forma un chetoacile e l’enzima che ha catalizzato questa reazione è KS, ks
non fa più niente dopo la condensazione. Ora l’ACP trattiene un gruppo che deve
essere unificato, un chetoacile, e a questo punto intervengono le altre reazioni: c’è
una chetoacil-sintasi che quindi porterà i due atomi di H uno all’ossigeno e uno al
carbonio e forma un idrossi-acile quindi anche questo è un enzima da ricodare,
ovvero una chetoacitile-reduttasi, prima era una chetoacil-sintasi KS, ora è una
chetoacile-reduttasi KR. Poi interviene una deidratasi che toglie una molecola
d’acqua che sarà un idrossi-acildeidratasi e porta alla riduzione di un doppio legame
ed interviene una enoil-ACP reduttasi (ER) e a questo punto abbiamo già un acido
grassi a 4 atomi di carbonio, ha una componente idrocarburica e un gruppo
carbonilico che dipende dal carbossilico. Ma io la voglio allungare, voglio arrivare al
palmitato, quindi che cosa succederà? Interverranno una malonil-acetiltrasferasi i
che trasferirà questo gruppo su KS, da questo punto interverrà sempre il malonile e
non più l’acetil-CoA, dopo il trasferimento del gruppo (il malonile) l’acp è libera e
sull’sh dell’acp verrà trasferito un altro malonile e la reazione potrà ricominciare.
Perché non viene trasferito l’acetile? L’acetile veniva trasferito su KS, ora il sito di KS
sarà occupato dalla catena che si è appena formata e verrà trasferita di nuovo sul
malonile e si allungherà di altri due atomi di C, poi devono intervenire la riduttasi, la
deidratasi e di nuovo la riduttasi per farla diventare catena idrocarburica e così il
ciclo si ripete tutte le volte.

LE REAZIONI CATALIZZATE DAL COMPLESSO DELLA ACIDO GRASSO SINTASI


Prima che la reazione abbia inizio, i gruppi acetilici e malonilici
vengono trasferiti sui gruppi –SH dell’ACP e della chetoacil
sintasi da parte della malonil/acetil-CoA-ACP trasferasi (MAT).
Tappa 1: condensazione tra malonile e acetile e rilascio di CO2.
La reazione è catalizzata dalla β-chetoacil-ACP sintasi (KS)
Tappa 2: riduzione del carbonile dell’acetoacetil-ACP. La reazione
è catalizzata dalla β-chetoacil-ACP reduttasi (KR) che utilizza
NADPH
Tappa 3: rimozione di una molecola di H2O (deidratazione) dal β-
idrossibutirril-ACP. La reazione è catalizzata dalla β-idrossiacil-
ACP deidratasi (DH)
Tappa 4: riduzione del doppio legame (trans-Δ2-butenoil-ACP). La
reazione è catalizzata dalla enoil-ACP reduttasi (ER) e richiede
NADPH. Si forma il butirril-ACP
L’acido grasso “nascente” viene trasferito dall’ACP al un gruppo –
SH della β-chetoacil-ACP sintasi. L’ACP si carica di un’altra
molecola di malonile e ….. il ciclo di sintesi ricomincia.

Parliamo in particolare della reazione di condensazione: la MAT trasferisce l’acetile


dell’acetil-CoA a KS e il malonile del malonil-CoA a ACP, e avviena la condensazione:
avviene grazie al fatto che c’è un legame ad altra energia e il C del CH2 è un
nucleofilo migliore rispetto al metile del Co-A, perché? Perché questo CH2 è legato
ad un carbossilico e questi due ossigeni attraggono elettroni ed indeboliscono
questo legame, quindi i due gruppi si attaccano, la CO2 si allontana e si forma il β-
chetoacil derivato. Notiamo che l’atomo di C che se ne va è lo stesso atomo di C che
è entrato, questo sembra un ciclo futile, ma in realtà tutto avviene per creare il
nucleofilo migliore.
LE REAZIONI CATALIZZATE DAL COMPLESSO DELLA ACIDO
GRASSO SINTASI
Tappa 1: condensazione tra malonile e acetile e rilascio di CO2. La reazione è
catalizzata dalla β-chetoacil-ACP sintasi (KS). Si forma il β-chetobutirril-ACP
Nota bene: il malonile è utilizzato invece dell’acetile perché nella molecola di acido
malonico il gruppo metilenico (-CH2-) è più nucleofilo del gruppo -CH3 dell’acetile.
La CO2 che si libera è la stessa che era stata introdotta dalla acetil-CoA carbossilasi
Come nella β-ossidazione il distacco di una unità di acetil-CoA da una catena acilica è
fortemente esoergonica, la condensazione è notevolmente endoergonica. L’energia
per la sintesi del legame viene da a) rottura del legame –CH2-COO- nel malonile, con
liberazione di CO2 e b) rottura del legame tioestere dell’acetile legato a un gruppo –
SH della KS. Il chetoacile adesso deve diventare CH2 attraverso una riduzione.

L’ossalacetato è stato creato per lo stesso motivo nella respirazione, per ottenere
fosfoenolpiruvato, il fosfoenolpiruvato è una molecola ad alta energia. Anche Nella
gluconeogensi entra il carbonato che si va a legare nell’ossalacetato, mentre nella
biosintesi degli acidi grassi si va a legare al malonile, si allontana la CO2 in entrambi i
casi. C’è una logica comune tra i due processi. Sono entrambe via anaboliche che
portano a risultati diversi, nel primo caso glucosio e nel secondo acidi grassi.

LE REAZIONI CATALIZZATE DAL COMPLESSO DELLA ACIDO GRASSO SINTASI


Tappa 2: riduzione del carbonile dell’acetoacetil-ACP. La reazione è
catalizzata dalla β-chetoacil-ACP reduttasi (KR) che utilizza NADPH. Si
forma il D-β-idrossibutirril-ACP

β-idrossiacil derivato
LE REAZIONI CATALIZZATE DAL COMPLESSO DELLA ACIDO GRASSO SINTASI
Secondo ciclo delle reazioni del complesso dell’acido grasso sintasi. Il gruppo
butirrilico dalla butirril-ACP è trasferito all’SH della β-chetoacil-ACP sintasi (KS) dalla
malonil/acetil-CoA-ACP trasferasi (MAT). Il gruppo malonilico dal malonil-CoA viene
trasferito, sempre dalla MAT, sul gruppo –SH dell’ACP. Nella condensazione, tutto il
gruppo butirrilico viene scambiato con il gruppo carbossilico del malonile e si perde
CO2 (uguale a Tappa 1).
LA SINTESI DI UN ACIDO GRASSO RICHIEDE RIPETUTI CICLI DI SINTESI CATALIZZATI
DAL COMPLESSO DELL’ACIDO GRASSO SINTASI
Al termine della sintesi dell’acido grasso completo la tioesterasi (TE) catalizza
l’idrolisi del tioestere tra l’acido grasso e la Cys della β-chetoacil-ACP sintasi (KS).
Per produrre il palmitato (C16) occorrono 7 cicli di condensazione e riduzione.
La reazione si può dividere in due parti:
1. La reazione dell’acetil-CoA carbossilasi
2. La reazione dell’acido grasso sintasi
(condensazione e riduzione)
7 Acetil-CoA + 7 CO2 + 7 ATP →
7 malonil-CoA + 7 ADP + 7 Pi
Acetil-CoA + 7 malonil-CoA + 14 NADPH
+ 14 H+ → palmitato + 7 CO2 + 8 CoA + 14 NADP+ + 6 H2O
La reazione completa è 8 Acetil-CoA + 7 ATP + 14 NADPH + 14 H+ → palmitato + 8
CoA + 7 ADP + 7 Pi 14 NADP+ + 6 H2O
L’energia chimica è fornita sotto forma di ATP e NADPH e gli atomi di C sono forniti
da acetil-CoA che è l’unità strutturale da cui derivano gli acidi grassi.
(23) Lezione 22 parte 2
IL DNA
Parleremo della replicazione del DNA, trascrizione, traduzione, sottolineando gli aspetti biochimici.
Il DNA dei procarioti è circolare, ma non è presente come un circolo nella cellula infatti è impacchettato in
superavvolgimenti positivi e negati da enzimi chiamati topoisomerasi e da girasi che effettuano tagli nella
doppia elica e permettono la formazione di strutture più compatte.
Il DNA degli eucarioti è molto più grande di quello dei procarioti e si trova all’interno di tutte le nostre
cellule sottoforma di cromosomi.

DOMANDA DI ESAME: perché DNA e RNA si chiamano “acidi” nucleici?


RISPOSTA: Gli acidi nucleici sono “acidi” perché hanno le catene fosfodiesteriche con gruppi fosfato carichi
negativamente (quindi in un campo elettrico si muoverebbero verso il polo positivo).
Essendo acidi possono formare delle strutture sovra molecolari con delle proteine basiche, gli ISTONI
(esistono 5 tipi diversi) che si aggregano a formare delle subunità intorno alle quali il DNA di avvolge.
Poi le subunità si aggregano tra di loro e vengono mantenute insieme da altri istoni di collegamento (H1)
mentre H2,H3,H4,H5 formano le subunità. Così si formano i cromosomi.
Poi c’è un ulteriore livello di complessità perché i cromosomi si aggregano tra di loro durante la divisione
cellulare.

IL TRASFERIMENTO DELL’INFORMAZIONE GENICA


Il dogma generale della biologia è che l’informazione va dal DNA alle proteine attraverso i processi di
replicazione del DNA, trascrizione in RNA il quale viene poi tradotto in proteine.
Ricordiamo che il DNA è formato da due filamenti ANTIPARALLELI e COMPLEMENTARI tra di loro.
L’RNA è formato invece, da un filamento singolo, e ne esistono 3 tipi (messaggero, di trasporto e
ribosomale)

LA REPLICAZIONE DEL DNA


La replicazione del DNA deve affrontare 3 “sfide” a livello biochimico: la prima è che si devono separare i i
due filamenti che sono tenuti insieme da interazioni forti (cioè interazioni deboli che insieme diventano
forti, ma non ci sono legami covalenti), deve avvenire la sintesi di un nuovo filamento in un’unica direzione
cioè 5’-3’ e deve essere mantenuta elevata precisione.
Durante la replicazione del DNA si ha il trasferimento dell’informazione da un genitore ad un figlio cioè è
necessario che un genitore trasferisca alla progenie tutta una serie di informazioni contenuta per dire “devi
essere fatto in questo modo”. Quindi il DNA è un archivio di informazioni che devono essere traferite alla
cellula figlia, il più possibile fedeli. Il più delle volte durante il trasferimento succedono mutazioni casuali
che sono alla base dell’evoluzione.
Per avere una replicazione fedele i filamenti rappresentano uno stampo sui quali vengono copiati gli altri
filamenti.

Questa rappresentazione grafica rappresenta il fosfato che lega due nucleotidi successivi (citosina e
guanina) e l’altro filamento. Si vede che i due filamenti hanno orientamento opposto.
Il filamento che fa da stampo è quello indicato in basso e per costruire la copia di questo filamento si deve
sintetizzare una nuova sequenza che deve avere le basi complementari. Quindi T C A deve diventare A G T .
Ma per farlo è necessario che ci sia un innesco.
In questo caso si vede che, utilizzando un deossinucleotide trifosfato la DNA polimerasi comincia la sintesi
e forma un legame fosfodiesterico con l’estremità 3’ dell’innesco.
La sintesi del DNA avviene in direzione 5’ – 3’ nel senso che il primo nucleotide ha 5’ fosfato, l’innesco deve
avere un 3’ che funziona da nucleofilo. Il prodotto della reazione sarà un pirofosfato che, essendo
idrolizzato, produrrà circa 20 kj per mole e permette a questa reazione di avvenire in maniera spontanea.

DNA (dNMP)n + dNTP DNA (dNMP)n+1 + Ppi

La reazione della DNA polimerasi ci dice che parte da un polimero di nucleotidi monofosfati a cui si
aggiungono dei nucleotidi trifosfati e si produce un nucleotide monofosfato e il pirofosfato.
ALL’ESAME: quando chiede la sintesi del DNA bisogna sempre dire che i nucleotidi sono deossi e non
possono essere ossi perché i nucleotidi con il 2’ ossidrile sono quelli che costituiscono l’rna.

Generalmente l’innesco è formato da un piccolo frammento di rna che viene sintetizzato nel punto in cui
deve funzionare da innesco.
A questo punto, visto che vi ho detto che la replicazione avviene sempre in direzione 5’-3’, ci troviamo di
fronte ad un paradosso. Su un filamento che ha come orientamento 3’-5’ la sintesi del DNA avviene
velocemente e i nucleotidi vengono inseriti a partire dal 5’ libero al 3’ libero uno dopo l’altro, ma sull’altro
filamento che ha come orientamento 5’-3’ la sintesi va in direzione opposta.
Come è possibile quindi che si sintetizzano dei frammenti con un orientamento opposto?
Questo processo avviene grazie alla scoperta di uno scienziato giapponese Okazaki, che dimostrò che c’è
una catena che viene detta “lenta” perché su di essa si formano dei piccoli frammenti di 100-1000
nucleotidi ciascuno a partire da un piccolo innesco di rna, poi l’rna viene degradato e i frammenti di DNA
vengono collegati tra di loro. In pratica avviene un processo di tipo strutturale molto complesso.
Sul filamento lento avviene un superavvolgimento della catena di stampo che permette alla DNA polimerasi

nel movimento da sinistra a destra di sintetizzare sia il filamento lento che il filamento veloce.
La replicazione del DNA è molto accurata. Alcune DNA polimerasi commettono errori ogni 10000 o 100000
nucleotidi ma esiste un’attività di correzione dello stesso enzima chiamata “proofreading” che ha la
capacita di staccare le basi che non si appaiano correttamente. Dal punto di vista biochimico quando c’è un
errore, c’è una struttura che non si collega bene alla DNA polimerasi, la quale avverte questa mancanza di
congruenza e quindi attiva l’attività esonucleasica di correzione. Grazie a questa attività si ha un errore
circa ogni 100000000 nucleotidi (evita mutanti letali).
Ci sono tre tipi di polimerasi che hanno una diversa
capacita di inserire i nucleotidi nell’unita di tempo e
cioè il numero di turnover (velocità). La polimerasi I
inserisce 600 nucleotidi al minuto, la polimerasi III
ne inserisce 1200. infatti, la pol I serve a rimuovere
i primer di rna e la pol II ha funzione di riparo,
mentre la pol II è quella che fa davvero la
replicazione.

Dopo che la pol I rimuove il primer ci sarà la DNA


ligasi che lega i frammenti tra di loro. La DNA ligasi
si lega fisicamente all’adenina monofosfato (che nei
procarioti e nei virus deriva dall’ATP, invece nei
batteri proviene dal NAD).

LA TRASCRIZIONE
Durante la trascrizione l’informazione della doppia elica viene copiata in una molecola di rna, che presenta
il ribosio invece del deossiribosio. In realtà esistono diversi tipi di RNA:

• RNA messaggero (mRNA): è lo stampo per la sintesi delle proteine


• RNA transfer (tRNA): trasporta gli amminoacidi per la sintesi delle proteine
• small nuclear RNA (snRNA): splicing dell’RNA
• RNA ribosomale (rRNA): è il principale componente dei ribosomi
• lunghi RNA interposti non coding (lincRNA): controllo trascrizionale
• micro-RNA (miRNA): inattivazione sequenza specifica dell’mRNA
• small interfering RNA (siRNA): inattivazione sequenza specifica dell’mRNA, cioè silenziano
determinati geni

Il processo che porta alla formazione dellì’rna messaggero è catalizzato dalla RNA polimerasi, la quale ha la
funzione di inserirsi nel doppio filamento e portare alla copia dell’info contenuta nel DNA.
quindi se prima nella replicazione filamenti di DNA li abbiamo definiti filamento lento e filamento veloce, a
seconda se venivano replicati in una singola serie o come frammenti, ora possiamo definirli come filamento
“codificante” e filamento “stampo”. In pratica il filamento codificante è quello che ha la sequenza identica
all’ rna neosintetizzato e il fil stampo è quello copiato dalla RNA polimerasi. Copiandolo, lo rende
complementare, è uguale al filamento codificante solo che al posto della timina c’è l’uracile.
la direzione sarà 5’-3’.
ATTENZIONE: quando vi si chiede di disegnare un gene, quindi una sequenza di DNA, voi disegnate una
sequenza che inizia con ATG che tipicamente è il codone di inizio della traduzione, questa sequenza se ora
dovete tradurla in rna dovete scrivere AUG. Però ricordate che il gene in realtà è codificato dall’altro
filamento che si indica con 5’-3’ per convenzione esattamente come la sequenza di rna. La proteina usa lo
stesso orientamento e quindi il primo codone che ha il 5’ libero codifica per la proteina che ha l’ammino
terminale libero. Quindi l’informazione viene trasferita dal 5’-3’ del DNA al 5’-3’ dell’rna e dall’estremità ammino
terminale a quella carbossiterminale.
La sintesi del rna richiede un DNA stampo, i nucleotidi trifosfati (non deossi), inoltre la rna polimerasi

richiede ioni metallici (magnesio o manganese ).


In generale la trascrizione è più lenta della replicazione, cioè la rna polimerasi inserisce intorno a 30 -50
nucleotidi al secondo mentre la DNA polimerasi arriva anche a 100 nucleotidi al secondo. Inoltre ha meno
accuratezza perché gli organismi viventi si sono evoluiti per sviluppare un meccanismo di controllo solo per
il DNA, perché se si trasferiscono geni sbagliati ai figli non va bene, ma se è il messaggero ad essere
sbagliato codificherà per una proteina non funzionante, il che è abbastanza irrilevante.

Il primo nucleotide inserito generalmente è una guanina o adenina che mostra 3 gruppi fosfato.
Ci sono diversi modelli per l’allungamento dell’rna messaggero:
1)Nel primo modello la catena di RNA nascente si avvolge intorno alla doppia elica del DNA.
2)Nel secondo modello, quello più convincente, il filamento di rna nascente si trova al di fuori della doppia
elica che si deve svolgere per permettere all’rna polimerasi di muoversi lungo il filamento di DNA. In questo
caso sono coinvolti altri due enzimi: le topoisomerasi che rilassa le eliche del DNA ai due estremi.

La trascrizione termina con un meccanismo intrinseco, cioè è il DNA stesso che forma strutture a forcine
con una coda di uracile che da il segnale all’rna polimerasi di terminare la trascrizione. Oppure termina con
delle proteine (fattore rho) che determina il distacco della polimerasi con l’utilizzo di ATP.
LA TRADUZIONE
È l’ultimo passaggio attraverso cui si traduce l’informazione da nucleotidi ad amminoacidi.
LA tra dizione di basa sul codice genetico che è degenerato ed universale. Inoltre, non ha punteggiatura,
cioè l’RNA messaggero è “letto” secondo un univoco quadro di lettura (reading frame). Il corretto quadro di
lettura è definito open reading frame (ORF).
La traduzione viene svolta dai ribosomi e svolge un’importante funzione anche il tRNA che ha una struttura
a trifoglio che porta l’amminoacido al ribosoma.
È importante il concetto di PROTEOMA. Il proteoma è l’insieme di tutte le proteine contenute in un
ecosistema ma anche, ad esempio, in un ecosistema (esiste il proteoma degli organismi del nostro
intestino.
Inoltre la sintesi del polipeptide necessita di due requisiti chimici:
1. Il gruppo carbossilico deve essere attivato per permettere la formazione del legame peptidico, viene
legato infatti ad una base

2. Si deve stabilire la corrispondenza tra ciascun aa ed il codone che lo codifica nell’mRNA.


La traduzione in realtà la fa l’enzima amminoacil trna sintetasi che decide quale amminoacido si deve
attaccare al trna ed è vitale, se l’enzima sbaglia salta tutta la sintesi proteica. C’è un aminoacil-tRNA
sintetasi per ciascuno dei 20 amminoacidi. E la funzione del trna viene definito secondo codice genetico.
NUMERO 24
GLUCIDI

GLICERALDEIDE – DIIDROSSIACETONE – GLUCOSIO – FRUTTOSIO – RIBOSIO - DEOSSIRIBOSIO

ERITROSIO RIBULOSIO XILULOSIO


LIPIDI

GLICEROLO

ACIDI GRASSI SATURI E INSATURI

TRIACILGLICEROLI ESEMPIO
GLICEROFOSFOLIPIDI

ESEMPIO

AMMINOACIDI E LEGAME PEPTIDICO

AMMINOACIDI
LEGAME PEPTIDICO
NUCLEOTIDI

BASI AZOTATE (adenina, citosina, guanina, timina, uracile)


NTP (nucleotide trifosfato)

NAD (nicotinammide)

DNA (due basi) ED RNA (due basi)


INTERMEDI E STRUTTURE DELLA GLICOLISI

MECCANISMO DI REAZIONE DELL’ALCOL DEIDROGENASI (ADH)


MECCANISMO DI REAZIONE DELLA PROTEASI A SERINA
MECCANISMO DI REAZIONE DELLA PIRUVATO DEIDROGENASI
MOLECOLE VARIE

UREA

GUANIDINIO

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