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venerdì 7 ottobre 2022

Storia dell’arte moderna


AFFRESCO
- è una tecnica di pittura murale in cui i pigmenti, diluiti con acqua, vengono
applicati sull'intonaco fresco a cui si incorporano sfruttando il processo chimico
della carbonatazione della calce contenuta nell'intonaco. L'affresco è composto
da strati di intonaco sovrapposti.
- necessità di essere più veloce, il pittore doveva essere più sintetico
- a Firenze venne utilizzata maggiormente rispetto che a Venezia
MODERNA (periodo che comprende dal Rinascimento al Neoclassicismo)
XV-XVIII
- questo periodo ha una sua periodizzazione interna, che consiste in diverse fasi: 1
Rinascimento, Rinascimento maturo, Barocco e Neoclassicismo.
- all’interno del Rinascimento possiamo vedere un insieme di tanti stili diversi tra
loro
- cambia il modo di vedere il mondo esterno
LA RIVOLUZIONE DELLA PROSPETTIVA
- il primo a porsi delle domande sulla prospettiva fu Brunelleschi (lui aveva un suo
metodo, ovvero quello di chiudere un occhio e osservare solo con un occhio
aperto ma questa teoria si basava sull’irreale dato che noi ne abbiamo due di
occhi)
- prima di lui la prospettiva si basava sul nulla
- la prospettiva ha bisogno di un punto di fuga, ovvero linee infinite che si
incontrano
- lo scopo di questa arte era quello di produrre attraverso l’arte una conoscenza
scientifica

DUCCIO DI BUONINSEGNA - L’ULTIMA CENA


- il suo scopo è quello di mostrarci il tavolo, per
questo lo rigira verso di noi (ci permette di vedere
cosa c’è sopra)
- non è qualcosa di stabile

LEONARDO DA VINCI - L’ULTIMA CENA


-venne realizzato per volere di Ludovico Sforza
su una parete del refettorio di Santa Maria delle
Grazie (a Milano)
- vengono rappresentati durante la celebrazione
della Pasqua ebraica
- Cristo all’interno di questo dipinto annuncia
che qualcuno degli apostoli lo tradirà, possiamo
notarlo dai loro volti che esprimono tutti delle
emozioni diverse

- la figura di Giuda, che noi sappiamo sarà lui a tradirlo, si trova nella sua stessa
parte di tavolo, al contrario di molte altre versioni che lo rappresentano dalla parte
opposta del tavolo
- loro si trovano all’interno di una stanza, ma essa continua anche sulle mura
circostanti
- forte presenza delle linee di fuga, lui vuole renderle chiare e ben percepibili
- la tavola non è ribaltata

WILIGELMO - LA CREAZIONE DI ADAMO ED EVA


- recupero del corpo umano maschile, ma
non è molto realistico ( si appoggia su un
masso in modo rigido senza rispettare la
profondità)
- non è reale e non c’è spazio
- il corpo di Adamo viene stilizzato

MICHELANGELO - LA CREAZIONE DI
ADAMO
- il pittore è consapevole di dove
posizionare il corpo e dello spazio
- l’anatomia molto ben marcata, nel
Rinascimento i pittori andavano alla ricerca
della bellezza ideale ( i corpi
Michelangioleschi rispecchiano al meglio
questa bellezza ideale, ovvero corpi
muscolosi)
- il suo scopo è quello di realizzare un canone di bellezza diverso
- la struttura che utilizza tende più verso il classico

GIOTTO
Giotto, ovvero Ambrogio di Bondone, fu uno dei più grandi pittori del 300. Sono pochi
i dati che ci permettono di sapere qualcosa in più sulla sua vita, ma alcuni dei punti
principali sono che la sua prima formazione fiorentina avvenne nel 1280 e si pensa
anche di una sua presenza nella bottega di Cimabue (infatti si suppone che sia stato
lui a riconoscere in Giotto del talento).
Mentre negli anni 80 del 200 Giotto è a Roma, dove studierà la pittura e i mosaici del
IV e V secolo (durante questo periodo incontrerà Pietro Cavallini e Arnolfo di
Cambio).
Tra il 1290 e il 1296 ad Assisi, dove partecipò alla decorazione della Chiesa
Superiore della Basilica di San Francesco. Abbiamo anche delle brevi presenza a
Rimini e Padova (dove realizzò gli affreschi per la Cappella degli Scrovegni).
Affrescò nella basilica fiorentina di Santa Croce la Capella Bardi, e lavoro anche al
cantiere di Santa Maria del Fiore realizzandone la torre.

Inoltre si recò anche a Milano, dalla famiglia Visconti ma ad oggi non abbiamo
traccia del suo lavorato. Alla fine tornò a Firenze dove morì nel 1337.

CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI


-datata 1303 - 1305 e collocata a Padova . Fu
uno dei modi di Giotto per dimostrarci quanto
lui sapesse addentrarsi nella caratterizzazione
fisica e psicologica dei personaggi. All’interno
di questa cappella lui lavoro al ciclo delle
Storie di Cristo, con una serie di affreschi.
-bisogna ricordarsi inoltre, che Giotto fu uno
dei primi a porsi il problema di come porre i
corpi l’uno dietro l’altro (possiamo notarlo in
molte celebri pale d’altare come gli angeli
venissero posizionati uno dietro l’altro, completamente privi di prospettiva. Giotto
cambiò questa concezione.)

COMPIANTO SU CRISTO MORTO


-si tratta dell’opera più importante di questa serie di
affreschi.
-l’attenzione di tutti va al solenne Cristo morto. Egli
o è sorretto amorevolmente da una Maria alla quale
il pianto ha contornato i lineamenti del volto in una
intensa espressione di dolore.
-San Giovanni, la cui testa viene collocata nella
parte centrale del dipinto, allarga le braccia
all’indietro incurvando il busto in avanti, in un gesto
di dolore straziante. Le pie donne sorreggono in
modo affettuoso il capo di Gesù e il suo braccio
destro.
-sul lato opposto vediamo la Maddalena,
accovacciata su una delle diagonali del dipinto che
sorregge a sua volta i piedi di Cristo. Persino gli angeli in cielo piangono e si
disperano con umana partecipazione (la loro vivacità viene rappresentata dagli
scorci prospettici attraverso i quali sono rappresentati e dal modo in cui imitano i
gesti delle persone sottostanti. Il volto di ognuno di loro è rappresentato in modo
molto realistico, in attento rapporto con la gestualità degli Apostoli e delle donne
dolenti).
- l’introduzione di due figure rivolte di spalle rappresenta una vera e propria
invenzione giottesca (sembra quasi che siano indifferenti alla nostra presenza).

CIMABUE
Una delle maggiori figure di spicco del 200. Conosciuto anche come Cenni di Pepo,
ma chiamato da tutti Cimabue. Molti pensano che sia lui il maestro di Giotto, ma
come in questo caso ma anche in altri riguardanti le sue opere, ad oggi ci arrivano
veramente poche informazioni sul suo lavorato.
Sappiamo che nacque a Firenze nel 1240, fu attivo non solo nel suo capoluogo ma
anche a Roma, ad Assisi e a Pisa. La sua formazione è ancora fortemente legata a
quella bizantina.

MAESTÀ DEL LOUVRE


-questa tavola cuspidata rappresenta una Maestà,
ovvero uno dei tempi più ricorrenti del periodo
gotico. Realizzata verso il 1280 per la chiesa pisana
di San Francesco ed essa è già prototipo di altri
dipinti con soggetti analoghi.
-la Vergine ha dimensioni colossali, nonostante il
fatto che sia seduta, ha delle dimensioni quasi il
doppio degli angeli che la circondano (non è per
niente realizzata in maniera realistica).
-il trono monumentale è in legno intagliato è
rappresentato da una innaturale prospettiva laterale,
per fare in modo che la l’arte anteriore appaia vista
di fronte come se fosse parallela alla superficie del
dipinto. Riempié gran parte della tavole e allude
anche al valore simbolico della Vergine come
Regina della Pace e Sede della Sapienza.
-i colori sono pacati e quasi spenti sul fondo oro e le
sole eccezioni del manto azzurro di Maria, del grigio
dei mantelli di Gesu e dei due angeli in basso, ma
anche del rosso del cuscino che copre la seduta del
trono.
- il senso del volume è restituito sopratutto tramite il panneggio delle vesti,
realizzato accostando tonalità più chiare a tonalità più scure di colore.
MASACCIO
Nacque ad Arezzo nel 1401. La sua formazione avvenne a Firenze dove si trasferì
con la madre e i fratelli già nel 1417. Lavorò all’interno della bottega di Masolino,
diventando in seguito una sorta di suo collaboratore alla pari e dal 1422 risulta
iscritto come pittore all’arte dei Medici e degli Speziali
Ritrova in Firenze una specie di arte nuova, osservando i lavori di Brunelleschi e di
Donatello, lavorò persino insieme a Masolino per la realizzazione di diverse opere
come Sant’Anna Metterza o come per la Trinità.
Per ultimo andò a Roma, dove morì a 27 anni.

LA TRINITÀ
-l’affresco è collocato nella terza navata sinistra della
basilica fiorentina di Santa Maria Novella, presenta una
struttura narrativa ripartita su diversi piani e tale artificio
crea un effetto di grande profondità spaziale, come se la
cappella non fosse solamente dipinta ma scavata nel
muro.
-in primo piano in basso, Masaccio raffigura un sarcofago
con sopra uno scheletro. La scritta esplicativa “Io fu già
quel che voi sete e quel ch’í son voi ancor sarete” allude
simbolicamente al memento mori. Sopra lo scheletro su
una predella, sorretta a sua volta da quattro colonnine con
capitelli corinzi, vi sono due figure inginocchiate in
preghiera, si tratta degli anonimi committenti dietro ai

quali si apre la cappella dipinta vera e propria.


- al suo interno, vengono rappresentati in piedi la Vergine che rivolge uno sguardo
severo verso di noi e indicandoci il figlio con la destra e San Giovanni con le mani
giunte. Gesù è simbolicamente sorretto alle spalle da Dio Padre che si colloca in
terzo piano al vertice più alto della piramide.
- tra il volto doloroso di Cristo e quello sereni del Creatore inserisce una colomba.
- quello che colpisce di più in questa opera è la monumentalità dei personaggi, i cui
mantelli panneggiati individuano dei volumi forti e precisi, quasi si trattasse di
sculture a tutto tondo.
- all’interno della complessa struttura architettonica della cappella, le decise
volumetrie dei personaggi contribuiscono a chiarire i rapporti spaziali.
Scandiscono infatti i vari piani stabilendo nello stesso tempo una gerarchia
crescente. Ovvero dalla morte, quindi dal teschio, si eleva per mezzo della
preghiera fino alla salvezza dell’anima.
- l’architettura parla un linguaggio nuovo, quasi brunelleschiano. Infatti la cappella è
introdotta da una coppia di paraste corinzie che sostengono una trabeazione
dall’architrave tripartito. Alle paraste sono accostate colonnine ioniche sormontate
da un arco che è tangente all’architrave sovrastante. L’interno della cappella è
costituito da una volta a botte cassettonata poggiante su due potenti architravi, a
loro volta sostenuti da quattro colonne con capitelli ionici.

FIRENZE DURANTE IL 1400-1401


Durante quel periodo era uno dei luoghi più artisticamente competitivi al mondo,
infatti gli artisti si confrontavano tra di loro e anche con i mecenate, ovvero i loro
committenti. Ciò era dato anche dal contesto economico diverso e inoltre erano i
pittori stessi a decidere come fare le loro opere. Volevano delle opere che fossero in
grado di esporli/elevarli pubblicamente, come per consegnare la loro immagine
pubblicamente.
Quando gli artisti raggiungevano la fama, per i committenti era più difficile trovarli
( più erano famosi e più i prezzi, ma anche gli impegni aumentavano) e nella
maggior parte delle volte dovevano seguire il volere del proprio committente (come
nel caso di Piero della Francesca che non voleva dipingere utilizzando il colore oro
ma a causa del suo committente fu obbligato).

GENTILE DA FABRIANO
Fu uno degli esponenti più autorevoli del Gotico internazionale in Italia, nato appunto
a Fabriano intorno al 1370 e morto a Roma nel 1427: artista eccelso, ricercatissimo
dai più nobili e facoltosi committenti della penisola, fiero avversario del Rinascimento
nascente, che egli ignorò valutandolo solo come una moda passeggera. Si sbagliò,
ovviamente, eppure non ce ne corrucciamo, giacché questo suo errore di
valutazione ci concede di godere di opere fantasmagoriche, sfavillanti, trionfanti di
grazia principesca ed eleganza, che solo i fedeli sostenitori di un Medioevo al
tramonto avrebbero potuto ancora concepire.

L’ADORAZIONE DEI MAGI


- datata 1423, è forse il capolavoro assoluto di Gentile. Gli fu commissionata da
Palla Strozzi, all’epoca il più ricco mercante di Firenze, che intendeva ornarne la
sua cappella di famiglia nella Chiesa di Santa Trìnita.

- il tema dei tre re Magi d’Oriente, che seguendo


una stella giunsero sino a Betlemme per rendere
omaggio al “re dei Giudei”, offrì al pittore
l’occasione per rappresentare una scena cortese
di ampio respiro. Il viaggio dei Magi è ricordato
nella parte alta della tavola, dai tre episodi
contenuti nelle lunette.
- In alto a sinistra, si vedono i Magi che, dopo
aver avvistato la stella, sbarcano in Palestina e
partono per Gerusalemme. Si nota un episodio di
violenza raffigurato fuori dalle mura urbane, un
assassinio, in cui un uomo viene accoltellato:
un’immagine cruenta che simboleggia il caos da
cui il mondo era dominato prima della venuta di
Cristo.
- nella seconda lunetta, vediamo il corteo dei Magi, accompagnato da un esotico
serraglio, raggiunge Gerusalemme attraversando le colline coltivate. Un ghepardo
del seguito si appresta a saltare da un cavallo per raggiungere un daino; un altro
ghepardo sta già sbranando un animale. Mentre nella terza lunetta i Magi, sempre
preceduti dalla stella, entrano a Betlemme.
- giunti a destinazione, i Magi adoranti s’inchinano in primo piano davanti al
Bambino, tenuto in braccio dalla Madre, e gli offrono i loro doni. Sono vestiti con
abiti in broccato di straordinaria eleganza, sono incoronati e ingioiellati e si
portano a seguito il variopinto e affollato corteo, con tanto di cani, falconi, scimmie
e leopardi. In segno di rispetto, prima di avvicinarsi a Gesù, si tolgono la corona e
gli speroni.
- la sacralità dell’evento si disperde nella fantasmagoria dei colori, nella
stupefacente descrizione delle vesti, nell’eleganza squisita delle pose, negli
episodi minori che offrono uno spaccato di vita quotidiana. L’occhio dello
spettatore si perde alla ricerca dei particolari, guidato dall’oro delle aureole, dei
copricapi, dei corpetti, delle cinture, delle else, delle spade, dei finimenti dei
cavalli.
- nel rappresentare un’epifania, ossia la manifestazione terrena di un essere
spirituale, l’artista tramutò la scena sacra in un evento profano, dipingendo una
festa mondana di corte, l’omaggio degli ospiti ai padroni di casa.
- INNOVAZIONI: al trittico viene aggiunta una cornice d’oro e viene firmata (cosi
facendo per mostrare la ricchezza della famiglia che aveva commissionato questa
opera). Viene inoltre incorniciata entro tre archi a tutto
sesto sormontati da elaboratissimi cuspidi in legno dorato.

INTANTO A FIRENZE
Il Battistero di San Giovanni contiene al suo interno dei
mosaici molto importanti, ma di ancora più importante ha
le sue porte dove diversi artisti ci lavorarono (come ad
esempio Andrea Pisano, secondo lui la porta era uno degli
elementi più importanti dato che simbologicamente la
porta rappresentava una sorta di portale per un altro
regno. Lui decorò una parte dei portali utilizzando il
bronzo dato che materiali come il legno o il marmo non

andavano bene, quindi la scelta fu obbligatoria).


Intanto venne assegnato a Lorenzo Ghiberti il compito di creare delle formelle per la
porta nord del Battistero, ci furono diversi confronti prima di decidere chi sarebbe
stato a decorare questa porta (con il concorso del 1400 - 1401). Questa
competizione sarebbe stata utile per stimolare la creatività degli artisti, il loro compito
era quello di rappresentare la scene del Sacrificio d’ Isacco e ciò richiedeva una
conoscenza ben approfondita.
La competizione avviene maggiormente tra Ghiberti e Brunelleschi, dove il secondo
ai tempi (si tratta di un giovane Brunelleschi) non aveva ancora ben elaborato la
prospettiva, quindi ci da una versione di Isacco già sul monte, gli attribuisce delle
espressioni molto violente e dei movimenti rapidi che possono essere percepiti
tramite il panneggio. L’angelo arriva all’ultimo minuto e tenta di fermare Abramo che
aveva superato la prova datagli da
Dio. Uno dei dettagli che però non
piacque fu il fatto che il paesaggio
continuava anche fuori dalla
formella, dato che Brunelleschi si
sentiva limitato negli spazi e la
forma della formella non gli piaceva
nemmeno, ma nonostante ciò
inserisce al suo interno dei richiami
all’antica Grecia come una figura in
basso a sinistra, ovvero quella dello
Spinario.
La versione di Ghiberti fu quella più avvincente dato che rispetto a Brunelleschi
aveva una tecnica più affermata e un modo narrativo più comprensibile. I corpi che
riproduce lui si questa formella sono più possenti, più muscolosi, e anche lui al suo
interno inserisce un chiaro riferimento all’arte classica, ovvero un richiamo al
Doriforo di Policleto. Lui con la sua formella recupera un’idea di fondo.

LORENZO GHIBERTI
Nacque a Firenze nel 1378, dove svolse la sua maggior parte dei lavori e dove infine
morì. La sua formazione avvenne nella bottega orafa del padre dove imparo a
disegnare, ma anche la tecnica della fusione del cesello, specialmente su lamine
d’oro e d’argento.
LA FLAGELLAZIONE DI CRISTO
- si tratta di una della serie di formelle che Ghiberti
realizzò per il concorso del 1401. Ma fu anche la più
importante che venne messa a confronto con quella di
Brunelleschi.
- venne realizzata in bronzo con la tecnica della
fusione a cera persa e in seguito dipinta d’oro. Il suo
intento con la creazione di questa formella è quella di
recuperare le architetture classiche infatti, per seguire
il suo scopo, avrà dei problemi di spazio dovendo
realizzare questo episodio su una formella di piccole
dimensioni.
- per lo sfondo realizza un rilievo molto basso ( che in
seguito verrà utilizzato anche da Donatello prendendo

il nome di stiacciato).
- quello che va a rappresentare è una coppia di flagellatori, facendo in modo che il
rilievo prenda un tratto statico e ciò gli renda difficile trasmettere la profondità. Al
suo interno viene ricercata la bellezza ideale di Cristo, infatti Ghiberti lo rende
molto classicheggiante. Sul suo viso non vediamo espressioni di sofferenza, porta
soltanto una sorta di equilibrio visivo
- all’inizio l’opera era colorata totalmente d’oro, dato che ai tempi era molto
importante la scelta dei colori sopratutto in questo caso per la porta di un
battistero, con il tempo poi finì per scolorirsi ma non del tutto.

INFORMAZIONE: all’inizio del 1400 Cennino Cennini scrisse un libro che era una
sorta di manuale di bottega, dove nel quale lui stesso di si definì allievo di Giotto.
All’interno di questo libro spiega come rappresentare al meglio una montagna ovvero
mettendosi davanti un gruppo di sassi e di ritrarli così come sono

GENTILE DA FABRIANO - POLITTICO DI VALLE


ROMITA
-il Polittico di Val Romita ( una località presso Fabriano),
conservato oggi nella Pinacoteca di Brera a Milano,
datato 1400, risale sicuramente al periodo veneziano.
- il Polittico è giunto smembrato e mancante della
Crocifissione che doveva trovarsi in alto, sopra la scena
dell’Incoronazione. Escluso quello mancante, esso
comprende nove pannelli, il maggiore dei quali al centro,
con la scena dell’Incoronazione della Vergine con il
Padre Eterno ed Angeli musicanti, negli altri ai lati,
disposti in due ordini. In basso da sinistra compaiono S.
Girolamo, S. Francesco, S. Domenico e S. Maria
Maddalena. Sopra, nelle cuspidi, si riconoscono S. Giovanni Battista in preghiera
nel deserto, S. Pietro martire nel momento del sacrificio, S. Tommaso d’Aquino
intento alla lettura, S. Francesco mentre riceve le stimmate.
- dal punto di vista iconografico, l’opera, ricca d’influenze fabrianesi, lombarde ed
umbre, è poco omogenea: la parte centrale con l’Incoronazione ed i quattro Santi
in basso hanno carattere contemplativo, religioso, devozionale, con chiaro
riferimento alla dimensione metafisica e protettiva dell’Eterno.
- gli altri Santi sopra, invece, sono raffigurati diversamente, non in una prospettiva
mistica, ma in una realtà concreta, che ben li individua e li caratterizza: il Battista è
in preghiera, San Pietro subisce il martirio, San Tommaso, in quanto dotto filosofo,
è dedito alla lettura, San Francesco vive il miracolo delle stimmate.
- questi fatti hanno perduto la loro terrestrità ed hanno acquistato una dimensione
atemporale, diventando quasi una meditazione interiore. Pertanto l’opera ha una
sua unità iconografica ed una sua organicità comunicativa. Anche qui, come
altrove, dominano l’eleganza, l’oro, i colori accesi. Ne deriva una raffinatezza
unica, che non è comprensibile “in toto” a causa dello smembramento del
Polittico.

PISANELLO - SANT’EUSTACHIO
- questo dipinto di Antonio di Puccio Pisano, meglio noto con il soprannome di
Pisanello, racconta l'episodio della visione di sant'Eustachio, secondo cui il

pagano Placido (poi diventato Eustachio dopo la


conversione), durante una battuta di caccia
avrebbe visto l'apparizione di un crocifisso, e si
sarebbe quindi convertito.
- la storia è infatti raccontata come se fosse una
fiaba cortese: sant'Eustachio, benché fosse
vissuto al tempo dell'imperatore Traiano, è
descritto come un elegante cavaliere medievale
riccamente abbigliato (e le vesti contengono
decorazioni in oro) in sella al suo destriero, mentre
caccia in una natura rigogliosa, in un bosco
popolato da bellissimi animali (cervi, lepri, orsi,
uccelli), preceduto dai suoi levrieri.
- rappresentazione sembra quasi derivare dai codici miniati che venivano prodotti
nella Francia del tempo e a cui Pisanello può essersi ispirato, e tanta è la
vicinanza alla produzione francese, che in passato l'opera fu attribuita anche a
Jean Fouquet.
- non sappiamo per chi sia stata prodotta l'opera, non abbiamo notizie
documentarie, né sappiamo perché il cartiglio alla base del dipinto sia stato
lasciato bianco.
- Pisanello prima di dipingerlo ha la necessità di fare delle prove, dei bozzetti, per
studiare come mettere i soggetti all’interno del dipinto. Infatti attraverso dei disegni
che ad oggi ci sono rimasti possiamo notare che ha deciso di cambiare la
posizione del cavallo.

MASACCIO - POLITTICO DI PISA

- pala originariamente destinata alla chiesa


del Carmine, ma è stata smembrata e ad
oggi ci rimangono solo alcune parti
- l’opera centrale si tratta della Madonna in
trono con il Bambino e quattro angeli.
- in questa opera la Vergine non nasconde il
suo corpo, viene messa particolarmente in
evidenza da un panneggio pesante e con il
chiaroscuro. Ma Maria non viene
rappresentata con i giusti canoni di
giovinezza ( il volto ci appare stanco)
- il bambino è colto nel gesto di mangiare un
chicco d’uva che la mamma gli ha dato
(allusione chiara al vino, simbolo del sangue
di Cristo). Il gesto è così spontaneo che
mette alla luce la natura umana del piccolo
Gesu.
- le linee prospettiche che partono dal trono coincidono con la superficie della
seduta dato che Masaccio presuppone che il suo polittico possa essere posto
dietro un altare, quindi il punto di vista possa cadere all’altezza degli occhi di un
osservatore.

- la struttura del trono è molto innovativa. Sembra quasi la conformazione di un


edificio monumentale e anticipa dei temi che saranno di grande attualità (come ad
esempio la predella dove la vergine appoggia i piedi, ricorda dei sarcofagi romani)

MASACCIO E MASOLINO - SANT’ANNA METTERZA


- inizio delle collaborazioni tra il giovane Masaccio e il
maturo Masolino
- si tratta di una pala d’altare commissionata per la chiesa
di Sant’ Ambrogio dai Bonamici ( una ricca famiglia di
tessitori).
- il grosso drappò degli angeli si dispiega sulla spalliera
del trono, sarebbe una tipologia di tessuto prodotta dalla
famiglia stessa (opera con fini di commercio)
- il dipinto rappresenta la Madonna in trono con il
bambino in braccio e Sant’Anna, ovvero la madre di Maria
- a Masolino si attribuisce la creazione di Sant’Anna e dei
quattro angeli, mentre a Masaccio si attribuisce la
realizzazione dell’angelo di destra, la Vergine e il
bambino. Infatti il corpo di Maria è tratteggiato con grande
sicurezza e prende la forma piramidale, al contrario
Masolino cerca di imitarla ma il senso di volume è quasi
totalmente assente.

LE PALE D’ALTARE: sono oggetti dipinti che si trovano di solito sopra l'altare e
contenevano immagini di santi
IL TRITTICO: è formato di solito da tre pannelli, dove nella parte centrale ci sono i
protagonisti mentre nei due lati i santi. Ci sono anche le cuspidi e in basso si trova il
registro inferiore (con una diretta relazione con
cosa c’è sopra).
GLI ATTRIBUTI: ci fanno intuire di che cosa
parla.

SASSETTA - SCENE DI SAN TOMMASO


-molto piccolo
- faceva parte di un polittico su san Tommaso
- l’interno ci mostra un chiostro (ovvero il
giardino interno di una chiesa) e una cappella,
sull’ altare si trova san Tommaso intento a
pregare

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CAPPELLA BRANCACCI
- collocata nella chiesa di Santa Maria del Carmine di Firenze. Voluta da Michele
Brancacci, un ricco mercante e uomo politico. Gli affreschi vengono iniziati da
Masaccio per poi essere terminati da Filippino Lippi.
- Masaccio e Masolino lavorano di nuovo insieme. Decidono di dividersi per bene le
parti da dipingere per non contrastarsi e lavorare in armonia come con Sant’Anna
Metterza.
- la tematica principale è la vita di San Pietro e a queste scene si aggiungono altre
delle storie della Genesi.
MASACCIO - IL TRIBUTO
- Masaccio illustra un episodio del
vangelo di Matteo, nel quale è
descritto l’ingresso di Cristo e dei suoi
apostoli nella città di Cafarano.
- nell’ affresco il gabelliere prende un
tributo per il tempio di Gerusalemme,
Gesù indica a Pietro di pescare un
pesce dove dalla bocca sarebbe
uscita una moneta d’argento per
pagare la tassa dovuta.
- vengono raffigurati nel dipinto tre momenti diversi: il prima al centro corrisponde a
quando il gabelliere chiede di pagare la tassa dovuta. Masaccio mette in evidenza
lo stupore nei volti degli apostoli che si guardano sorpresi tra di loro per la
richiesta e ci preannuncia anche la seconda scena, ovvero Gesu che indica a
Pietro di pescare infatti a sinistra vediamo la figura di quest’ultimo da solo intento
a pescare. Nella terza scena, quella a destra, Pietro ricompare per consegnare
con fare deciso la moneta appena pescata.
- Masaccio definisce con il chiaroscuro i loro possenti volumi e i realistici panneggi,
ricorrendo a pochi colori
- il paesaggio appare desolato, con le montagne disposte in successione cromatica.
Anche le architetture contribuiscono a una chiara determinazione spaziale
- iniziamo a notare le prime ombre dietro ai personaggi

DONATELLO
Donato di Niccolò di Betto Bardi nasce a Firenze nel 1386. Di modestissime origini,
inizia il suo apprendistato artistico presso la bottega del già affermato Ghiberti dal
quale acquisisce sia le teachine che l’amore per l’arte classica.
Con Brunelleschi compie il suo primo viaggio importante a Roma, agli inizi del 400,
che gli da l’opportunità di ammirare opere di tradizione classica.
La sua attività artistica si svolse maggiormente a Firenze, tranne alcuni casi come un
viaggio a Pisa per ammirare i lavori di Nicola e Giovanni Pisano. In seguito anche a
Prato o a Siena.
Morì ottantenne nel 1466 nella sua piccola casa fiorentina nei pressi del Duomo.

BANCHETTO DI ERODE
- Donatello collabora insieme a Ghiberti per la realizzazione della fonte battesimale
del Battistero di Siena, così lui gli propone questa formella.
- in primo piano mostra un servo inginocchiato con la testa di San Giovanni Battista
che gliela offre, il sovrano viene raffigurato nell’atto di ritrarsi con i palmi delle mani

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aperti, come in un gesto di orrore. Anche gli


altri partecipanti al banchetto si ritraggono e
viene a crearsi un vuoto al centro.
- tutto ciò crea un certo senso di profondità e
di realismo mai visto prima.
-nel fondo vediamo una sequenza di archi e
proprio lì si sta svolgendo un’altra fase della
narrazione, ovvero il servitore che mostra la
testa del Battista ad una sua ancella.

CHIESA DI ORSANMICHELE - FIRENZE


Per gli artisti fiorentini la chiesa di
Orsanimchele, situata in mezzo tra piazza del
Duomo e piazza della Signoria, è un modo
molto facile ed efficace per sponsorizzare i
propri lavori. Per questo molti pittori lavorarono
alla creazione di sculture per le nicchie della
chiesa stessa.
Lorenzo Ghiberti lavorò per questa chiesa
andando a creare diverse sculture , la più
importante si tratta di San Matteo, 1419 -
1423.
Un altro dei tanti artisti che lavorarono per questa chiesa fu Nanni di Banco, 1413 -
1414, la sua opera rappresentava i 4 Santi coronati ( si tratta di una scultura a tutto
tondo, per realizzarla l’artista andò ad utilizzare un marmo molto pregiato e
possiamo vedere da queste quattro figure che c’è un notevole richiamo all’arte
classica).

MATERIALI: ai tempi scegliere i materiali con il quale fare un’opera era molto
importante. Il bronzo era molto complicato da lavorare e a causa della difficoltà di
lavorazione i prezzi erano molto elevati, quindi per
questo molto altri scultori preferivano utilizzare altri
materiali anche più economici, preferivano risparmiare.
Erano pochi coloro che lavoravano il bronzo, ma uno che
lavorò diversi materiali fu Donatello.

DONATELLO - SAN GIORGIO


- attualmente collocato al Museo del Bargello ma in
origine realizzato per una delle nicchie della chiesa di
Orsanmichele nel 1418.
- l’opera presenta ancora dei tratti gotici ma ormai al
tramonto. San Giorgio viene rappresentato orgoglioso,
solido e ben piantato al suolo. Si trova dietro il suo
grande scudo a forma di rombo che funge da ulteriore
punto d’appoggio. Donatello però gli attribuisce dei tratti
pensierosi, come possiamo notare dalla sua espressione
contratta, che va a mostrare la sua profonda
inquietudine interiore.

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- ulteriormente Donatello aggiunge a questa scultura un basso rilievo, chiamato


anche predella. All’interno di quello rilievo possiamo trovare raffigurato San
Giorgio che trafigge il drago con al suo fianco la principessa. Lo realizza a
maggior modo perché vuole dimostrare di aver già appreso in pieno le tecniche
prospettiche brunelleschiane. Il punto di fuga si trova sul santo che sta trafiggendo
il drago, mentre la principessa osserva la scena con le mani congiunte e alle sue
spalle possiamo notare un portico rinascimentale.

DONATELLO - CROCIFISSO PER LA CHIESA DI


SANTA CROCE
-durante la sua vita Donatello lavorò diversi materiali,
tra i quali anche il legno nonostante venisse spesso
evitato essendo considerato un materiale meno
pregiato (come possiamo vedere anche con la
Maddalena).
- crocifisso che risale al 1412.
- il corpo viene rappresentato in un modo veramente
realistico, possiamo notare la sua espressione che
esprime piena sofferenza o il gonfiore del volto dato
dalla morte imminente.
- Donatello prima di realizzare quest’opera è ben
concentrato su come realizzarla e in che modo. Si
prepara un vero e proprio progetto ben studiato.

BRUNELLESCHI - CROCIFISSO PER LA CHIESA


DI SANTA MARIA NOVELLA
-il crocifisso che creò Brunelleschi fu meno realistico
rispetto a quello di Donatello. Il suo era più idealizzato
nonostante il fatto che la muscolatura fosse più che
plausibile ma è come se gli avesse portato via tutta la
sua sofferenza, che invece notiamo molto evidente
sul volto di quello di Donatello.
- Brunelleschi parlando di questo crocifisso (possiamo
trovarlo scritto all’interno delle vite di Vasari, scritte nel
1550) arrivò a dire che era come se avesse messo un
contadino in croce, ciò che significherebbe aver
offeso ciò che c’è di divino in questa raffigurazione .

GIORGIO MARTINI: scrisse un trattato sull’architettura. Parlando al suo interno delle


proporzioni dell’uomo e facendo riferimento a Vitruvio. Disse che l’uomo andava
utilizzato come misura di tutto se coincideva con le forme geometriche e la
prospettiva.

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PAOLO UCCELLO
L’artista nacque da una famiglia poverissima. Inizialmente si formò nella bottega di
Ghiberti, poi affascinante ancora dal gotico internazionale compie il suo primo
viaggio verso Venezia, infatti lavorò per qualche anno come mosaicista a San
Marco.
Soltanto dopo il suo ritorno si rese conto di cosa gli avevano lasciato grandi artisti
come Brunelleschi e Donatello, infatti preso da queste nuove influenze decise di
applicarsi maggiormente mettendosi alla prova con nuove costruzioni prospettiche.
- LA BATTAGLIA DI SAN ROMANO
-quest’opera risale circa al 1438 ed è
divisa in tre enormi tavole. (divise tra
Londra, Parigi e Firenze)
-inizialmente quest’opera venne
commissionata da Lionardo di Bartolomeo
per la sua residenza fiorentina, ma
all’incirca nel 1480 - 1485 venne aggiunta
alla collezione privata di Lorenzo il
Magnifico ( si presuppone che a causa di
questo spostamento le tavole vennero rese
rettangolari con delle aggiunte nei pressi
degli angoli, ovvero per farle aderire meglio alle pareti del salone di Palazzo
Medici)
- il dipinto narra la battaglia guidata da Niccolò di Tolentino, sconfissero l’esercito
senese nel 1432.
- Paolo Uccello è molto interessato alla prospettiva e all’interno di queste tre tavole
ci lavora molto, allontanandosi persino da quella precedentemente utilizzata da
Brunelleschi. Vedendo bene la divisione delle tre tavole possiamo notare che le
tavole di Londra e Firenze riportano un solo punto di vista, a differenza di quella di
Parigi che ne riporta ben due differenti.
- nella tavola londinese ci viene mostrato il comandante Niccolò da Tolentino (da
notare come Paolo Uccello eleva la sua immagine soltanto impreziosendo il suo
copricapo e le sue vesti), collocato al centro su un cavallo
bianco mentre dietro di lui il paesaggio viene coperto da
una schiera di lance spezzate, elmi, scudi e una serie di
di alberi/siepi.
-il volume all’interno di questo quadro viene stabilito
dalle lance stesse, che vengono elevate in alto e
formano una sorta di schiera prospettica.

PAOLO UCCELLO - MONUMENTO EQUESTRE


-a differenza degli altri monumenti equestri quello
realizzato da Paolo Uccello nel 1436 non era una
scultura come tutte le altre versioni, ma un affresco per
la cattedrale di Firenze. (utilizza questa tecnica dato che
lavorare in bronzo come invece poi fece Donatello con il
Monumento equestre del Gattamelata, era fin troppo
costoso e il suo intento era di fare una sorta di versione
più economica)

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- l’opera celebra il condottiero inglese John Hawkwood, che sconfisse a Firenze i


Pisani nella battaglia di Cascina.
- l’affresco è monocromo, ovvero da un effetto ottico che lo fa sembrare in bronzo. Il
monumento equestre viene appoggiato sopra un sarcofago che si trova su un
basamento.
- si concentra molto sull’anatomia del cavallo, la parte posteriore è formata quasi da
un cerchio perfetto ed è più alta di quella anteriore. L’attaccatura della testa al
collo è molto sottile, il petto è arrotondato, le narici sono dilatate e gli occhi sono
sporgenti.
- secondo gli studi che compie Paolo Uccello il cavallo e il cavaliere sono
racchiudibili in un quadrato perfetto.
- anche all’interno di questo affresco inserisce due punti di vista diversi. Il primo in
basso a sinistra e il secondo frontale, per il cavallo e il cavaliere. (il primo piano
avrebbe dovuto occuparlo la pancia del cavallo di cui tre
zampe non si sarebbero nemmeno viste perché
arretrare)

PAOLO UCCELLO - AFFRESCHI PER IL


CHIOSTRO DI SANTA MARIA NOVELLA
-all’interno di questi affreschi gioca molto con la
prospettiva andando in seguito a creare una scena
molto drammatica. Quello che andò a creare fu il
Giudizio Universale.

PAOLO UCCELLO - SAN GIORGIO


- datata 1460 circa.
-il quadro ritrae il cavaliere San Giorgio che arriva sul
suo cavallo bianco e dall’alto trafigge lo spaventoso
drago. La figura di San Giorgio è marginale o quasi
insignificante: il santo è una figura quasi senza volto,
nascosto dall’armatura e dall’imponente cavallo che si
impenna. Secondo la leggenda, San Giorgio dopo
aver trafitto il drago, invita la principessa a legarlo con
la sua cintura affinché la segua in città, dove verrà poi
ucciso dal Santo, in modo tale da convertire la
popolazione al Cristianesimo. San Giorgio incarna alla perfezione i valori cortesi di
cavalleria, coraggio e intraprendenza. Il Santo diventa anche il simbolo della fede
che vince sul male, e della ragione che trionfa sulla brutalità.
- sullo sfondo del quadro si notano, a sinistra una grotta dove il drago ha il suo
rifugio, mentre a destra una tempesta in contrapposizione con un cielo sereno. La
tempesta rappresenta l’intervento divino che aiuta San Giorgio, difatti l’occhio
della tempesta è in corrispondenza con la lancia del santo.
- nonostante il contenuto del dipinto, dalla scena è quasi assente ogni genere di
drammaticità. Nel quadro si riscontra la prospettiva nelle siepi sul
terreno, scorciate attraverso una prospettiva centrale che non è scientifica ma
intuitiva. I personaggi però, sembrano semplicemente giustapposti, talmente
surreali da non proiettare nessuna ombra a terra; la prospettiva di Paolo Uccello

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produce quindi immagini caratterizzate da un forte senso di astrazione dove i


personaggi sembrano più manichini che vere figure umane.

PISANELLO - MONUMENTO BRENZONI


-nonostante Firenze fosse uno dei posti più fiorenti in
ambito artistico, gli artisti erano un po’ sparsi per l’italia.
Infatti prendiamo esempio di quest’opera di Pisanello data
1426 per la chiesa di San Fermo Maggiore a Verona.
- questo viene definito un monumento tangibile, al suo
interno non contiene solo una parte scultorea ma anche
una parte affrescata.
- è un monumento piuttosto delicato, il suo intento è quello
di dare l’idea di essere qualcosa di prezioso anche grazie
alla preziosità dei tessuti.
- presenza di due angeli che sostengono la tenda ai due
lati.

LEGGI SUNTUARIE: erano delle leggi che ti mostravano


cosa tu potessi mettere e cosa no.

PISANELLO - MONETA DI GIOVANNI PALEOLOGO


-Pisanello utilizza questa moneta per ritrarre questo
imperatore.
- datata 1438
- serve principalmente per dimostrare chi era a capo
dello stato.

LUCA DELLA ROBBIA - CANTORIA


-datata 1431/32 - 1438 per il duomo di Firenze
-va a creare una serie di pulpiti con la tematica del
canto degli angeli (lo scopo è quello di celebrare la
gloria divina). Realizza questa tematica in marmo e
viene sviluppata in orizzontale.
-una delle sue scelte stilistiche è quella di restare
ancora su una grafica gotica. (riesce a mettere in
relazione l’antico con il modo con il quale lui vuole
rappresentare l’antico)
- molto diverso dallo stiacciato di Donatello, lui utilizza solo uno strato però più
pronunciato.
ESEMPIO: SARCOFAGO DI FEDRO (ispirato all’arte romana. Per il complesso del
camposanto di Pisa)

DONATELLO - CANTORIA
-datato all’incirca 1433-1438.
-notiamo diverse presenze di putti all’interno di
questo rilievo, che si scatenano in una danza
sfrenata.

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- l’antico viene espresso in maniera meno letterale.


- la sua idea è quella di inserire dell’oro lungo lo sfondo della scena per andare a
contrastare tutto il lavoro compiuto precedentemente da
Masaccio.

BEATO ANGELICO E LORENZO GHIBERTI - VERGINE


CON BAMBINO
-datata 1432 e collocata nel Convento di San Marco.
- commissionata da vinaiuoli, ovvero tessitori di tessuti e si
fanno realizzare questo grande tabernacolo come progetto
per le loro assemblee.
- ad oggi ci resta sia il dipinto che la cornice, la cornice
viene pensata come parte integrante della figurazione.
- per realizzarlo chiamano il più importante scultore della
città ovvero Lorenzo Ghiberti, estremamente impegnato con
le porte del battistero, ma realizza questo tabernacolo in
marmo.
-si costituisce come un evento scultoreo, infatti, possiamo
notarlo nel timpano in alto dove vediamo dio padre
benedicente. Non è solo una cornice che funge da decorazione, ma qualcosa che
viene incorporato (si tratta di un pezzo di scultura che dialoga con quello che si
trova al suo interno)
- la cornice fa parte del dipinto interno, ed è composta da una serie di angeli
musicanti (rimando ai rilievi di Ghiberti per la porta del battistero)
- come viene impostato: la pittura sulla destra si fa più forte, ciò dovuto anche grazie
alle articolazioni di luci ed ombre. Il tutto riesce a stare molto più agevolmente contro
un fondo oro non ben definito, che diventa molto più facilmente leggibile.
- la scultura ha bisogno di essere esaltata nelle sue forme, con una piccola nicchia (
che le avrebbe permesso di emergere più prepotentemente attraverso un rilievo)
- la scultura riflette sulla presenza fisica e se gli angeli fossero usciti dalla cornice
non sarebbe stato possibile, sarebbe diventato ridicolo
- gli artisti sono costretti a fare delle scelte ben precise, ma si mettono alla prova
utilizzando delle direttive su come trovare la giusta chiave di lettura dell’opera

FIRENZE
Durante questo periodo Firenze fu un fervore di cantieri
senza paragoni.
Venne portato a compimento il progetto per la
realizzazione della cupola di Brunelleschi per la
Cattedrale di Santa Maria del fiore. Inizialmente erano
tutti convinti che fosse impossibile la realizzazione di
questa cupola ma il progetto di Brunelleschi venne
definito una sorta di miracolo ingegneria e quello che
realizzò divenne una sorta di opera emblematica.
Successivamente alla perdita del concorso (1400-1401)
Brunelleschi viaggiò a Roma, iniziando a studiare le
architetture e iniziando a fare il confronto con l’antico
(infatti per la realizzazione della cupola si ispirò al

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Pantheon). La realizzazione della cupola risale all’incirca al 1436.


BRUNELLESCHI
Era figlio di un notaio e per questo Filippo dovette avere una formazione che
comprendeva anche lo studio della letteratura latina. Erano tuttavia le scienze quelle
materie alle quali lui era particolarmente interessato, ma prediligeva specialmente il
disegno, la pittura, la scultura e l’architettura.
Dopo aver iniziato la sua attività da orafo ed essersi affermato al concorso del 1401,
dedico tutta la sua vita all’architettura. Soggiornò per diversi giorni a Roma dove
apprese l’arte degli antichi.

L’OSPEDALE DEGLI INNOCENTI


-Brunelleschi nel corso dei suoi anni riuscì
ad innovarsi e ad acquisire un nuovo volto
per le sue opere architettoniche.
-iniziò questo progetto all’incirca nel 1419
per la chiesa dei Servi di Maria.
-il suo progetto si articola attorno al
chiostro centrale, affiancato da due grandi
ambienti ovvero la chiesa e il dormitorio
per gli orfani. Esso si innalza su un ripiano
a cui si sale per mezzo di nove gradini.
Nove sono anche le arcate del porticato e
altrettante sono le campate coperte da
volte a vela, il tutto sormontato da un
timpano. Per i timpani progettò dei tondi concavi a scodella che solo nel 1487
vennero sostituiti da ceramiche di Andrea della Robbia ( il suo scopo è quello di
realizzare una sorta di inserto in terracotta lucido e impermeabile, che protegge la
terracotta stessa, imita il marmo anche se molto meno dispendiosa e che si lavora
attraverso la modellazione).

BRUNELLESCHI - PIAZZA DELLA SANTISSIMA


ANNUNZIATA
-datata 1421 e collocata in Piazza della Santissima
Annunziata. Al suo interno troviamo un monumento
equestre dedicato a Ferdinando De Medici.
-il suo scopo e quello di cercare di recuperare una
serie di proporzioni sul corpo umano.

BRUNELLESCHI - SAN LORENZO MINORE


-l’incarico per la costruzione di questa sagrestia
venne dato da Giovanni di Averardo de Medici,
ovvero il padre di Cosimo il Vecchio. Il suo intento
era quello di creare una sorta di cappella funeraria
per la famiglia.
- la sagrestia è formalmente lo spazio dove il
sacerdote si veste preparandosi per celebrare la
messa o dove le

- (freddolini best dilf ever💦 💦 )


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vesti vengono conservate, quindi uno spazio privato. In questo caso viene
considerato uno spazio privato per la famiglia de Medici.
- al suo interno possiamo trovare uno spazio occupato da una tomba, ovvero quella
di Cosimo il Vecchio. Per la realizzazione di questa tomba venne utilizzata la
pietra rossa, anche conosciuta come porfido rosso, ovvero una pietra che
troviamo su diversi monumenti funebri imperiali. Non era una pietra molto
utilizzata anche perché perse il suo valore nel Medioevo nonostante ai tempi
fosse molto più reperibile, ma in principio veniva utilizzata nell’età romana e ad
oggi tutto il porfido che troviamo nelle chiese rinascimentali, risale a una sorta di
rielaborazione di alcuni monumenti dell’impero romano.
- nonostante fu la famiglia de Medici a commissionarla, c’è da dire che si tempi non
era la famiglia sovrana di Firenze, nonostante controllassero e amministrassero la
maggior parte della città.
- si tratta di un ambiente al quale si accede dal braccio sinistro del transetto della
Basilica ed è composto da uno spazio cubico al quale è sovrapposto una cupola
emisferica ombrelliforme. La cupola, raccordata da quattro pennacchi sferici, ha
dodici finestre ed è rafforzata da altrettante nervature che le conferiscono l’aspetto
di un ombrello aperto (le nervature sarebbero la parte in vista delle lame murarie).
Tra le due lame murarie su impostano delle volte unghiate che seguono una
doppia curvatura. La cupola è coperta da una superficie tronco- conica.
- sul lato opposto all’ingresso si apre la scarsella, ovvero un ambiente a pianta
quadrata coperto sui pennacchi da ornamenti a conchiglia.

BRUNELLESCHI - CAPPELLA DE PAZZI


-costruita all’interno del chiostro della Basilica di
Santa Croce all’incirca nel 1461, su commissione
di Andrea de Pazzi (era una famiglia di banchieri
fiorentini).
-venne costruita in gran parte postuma alla morte
di Brunelleschi ma su un progetto risalente agli
anni 20.
-l’ambiente principale, basato sulla forma
quadrata, si dilata in un rettangolo la. hi
copertura comprende una cupola emisferica
centrale affiancata da due volte a botte.
- la facciata non venne conclusa, perciò è difficile da inquadrare.
- spicca la copertura della cupola centrale, che segue lo stesso schema di quella
della Sagrestia Vecchia (ripropone la soluzione sterna costituita da una superficie
conica sormontata da una piccola lanterna).

DONATELLO: ai tempi Donatello era lo scultore per eccellenza della famiglia de


Medici e per questo quando vide il lavoro di Brunelleschi non riuscì a fare a meno di
smontare tutti i suoi studi sulla prospettiva.

DONATELLO - ASCENSIONE DI SAN GIOVANNI


- datata 1434-43 e decora uno dei medaglioni sui pennacchi che reggono la cupola
della Sagrestia Vecchia nella basilica di San Lorenzo a Firenze.

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-i colori che vennero messi in risalto furono il blu, il


bianco e il rosso, spesso utilizzandoli anche insieme.
Donatello utilizzò un’altra tecnica ancora ovvero
quella dello stucco, consisteva in una sorta di scultura
modellata.
-il moltiplicarsi cromatico utilizzato da lui è ben
diverso da quello di Brunelleschi
-il suo scopo è quello di interrogarsi su come la
prospettiva in un rilievo, riesca a permettere di
organizzare lo spazio aggiungendo anche diversi piani
che si moltiplicano, le architetture che si intersecano tra di loro e che portano
verso direzioni multiple.

DONATELLO - SANTI STEFANO E LORENZO


-collocati sopra le porte.
-tutto ciò va a complicare l’idea iniziale della sagrestia
che si era creato Brunelleschi.
-Donatello sviluppa la sua idea utilizzando il legno, non
fermandosi davanti a nessun materiale ( il suo scopo è
quello di provare tutti i materiali e cercare di
comprenderne la tipologia di lavorazione, ad esempio
aggiungere degli inserti in legno in un rilievo in marmo
bianco o in bronzo monocromo sarebbe stato
assolutamente illegibile)

LEON BATTISTA ALBERTI - SANTA


MARIA NOVELLA (FACCIATA)
-la nascita della teoria prospettica scritta e
ufficiale risale all’incirca nel 1470 con
Leon Battista Alberti.
- si tratta di un architetto che arrivò
all’architettura attraverso un approccio
particolare. Era un letterato che
conosceva i classici, ebbe una formazione
classica importante e si avvicinò alle arti.
Faceva parte di un ceto sociale più alto e
per questo non viene educato come un
artista però il suo interesse era molto alto,
ad un certo punto iniziò ad essere coinvolto come architetto. Scrisse anche dei
libri, tre molto importanti che risalgono agli anni 30 del 400, un trattato
sull’architettura, uno sulla pittura e uno sulla scultura, al suo interno mise per la
prima volta per iscritto e codificò la prospettiva dal punto di fuga unico ( c’è da
ricordare che Bunelleschi l’aveva elaborata ma lui riuscì a codificarla, mettendo le
regole per iscritto e spiegandone il processo).
- iniziò a trattare l’arte come una scienza da teorizzare, a lui non interessava come
si macinassero i colori, a lui interessava come la prospettiva funzionasse da
elemento razionalizzante nella comprensione delle opere, costruendone un punto
di non ritorno.

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- Giovanni Rucellai decise di donare a Santa Maria Novella una facciata come si
deve, regolata da sistemi proporzionali che stabiliscono relazioni interne reciproche (
unità proporzioni spaziali).
- davanti questa facciata l’architetto si trovò di fronte a una parziale realizzazione
trecentesca. La porzione inferiore aveva già i portali laterali, gli archi acuti con le
tombe gotiche e le alte arcate cieche.
- Alberti fu costretto ad armonizzare il vecchio con ciò che divenne nuovo. Infatti
nella parte inferiore limitò il suo intervento inserendo solamente all’interno di un
arco a tutto sesto, due semicolonne corinzie su dei alti piedistalli. L’arco introduce
la volta a botte cassettonata che appoggia su superfici murarie scandite da coppie
di lesene corinzie scanalate. Le due semicolonne vennero riproposte nelle due
estremità della facciata. Il tutto rivestito da fasce orizzontali di marmo
alternativamente bianco e verde.

DONATO BRAMANTE
Nacque a Monte Asduraldo, preso Urbino nel 1444 e si formò nella scuola del
cantiere urbinate. Dopo un probabile viaggio a Mantova, da, 1478 era già attivo a
Milano dove all’inizio degli anni Ottanta fu in rapporti strettissimi con Leonardo.
Una volta a Roma fu li che iniziò durante il pontificato di Giulio II una grande impresa
architettonica che avrebbe cambiato il volto della città eterna, avviando l’architettura
del 500.

SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO MILANO


-datato 1482- 86.
- Bramante durante la realizzazione della sua opera
non aveva abbastanza spazio quindi decise di
realizzare attraverso l’uso della prospettiva una finta
architettura, mettendo insieme due tipologie di arti
ovvero quella dell’architettura e la scultura, attraverso
un rilievo scultoreo.
- crea una sorta di sfondato prospettico con una volta a
botte
-ai lati si deforma, perché di fatto non ha la profondità,
ma proviene da un semplice calcolo geometrico (non
solo anima la parete ma ne costituisce il principio)
-crea una sorta di mimesi in uno spazio più profondo
-ma trovo una sorta di difficoltà nella pianta della
chiesa, per cimentarsi con questo prospetto va a
continuare con un’architettura finta ciò che è la
struttura originale (la vera struttura)

Quando si sente parlare della famiglia Medici si pensa subito a tutta la gestione che
ebbero nella maggior parte dell’epoca a Firenze, ma quello che c’è da sapere è che
in realtà i Medici non sono la famiglia ufficiale della città di Firenze e per questo non
hanno alcun ruolo politico di comando

MICHELOZZO - VILLA MEDICI


- Villa Medici è un progetto di Michelozzo sotto commissione di Cosimo il Vecchio ( i
Medici si rivolgono a lui per la realizzazione. Era un progetto molto importante per

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Firenze dato che garantiva una


certa sicurezza). Questo palazzo
era di certo importante ma non
particolarmente innovativo (al
contrario della famiglia Rucellai,
1453).
- sull’angolo del registro del piano
nobile inserirono lo stemma dei
Medici , come simbolo della
famiglia( rivolto sempre verso il
duomo).
- quella che le famiglie fiorentine
su costruiscono attraverso i loro
palazzi erano delle vere e proprie
identità pubbliche. In seguito i palazzi diventarono luoghi dove venivano esposte
anche alcune opere d’arte, esposte con programmi che ne definiscono la loro
funzione politica (come con il David di Donatello, in principio si trovava nel cortile ma
viene spostato)
- la città diventa una sorta di elemento che stabilisce una rete di connessione tra le
diverse opere d’arte.

BEATO ANGELICO - PALA DI SAN MARCO


-datato 1438- 1443.
- si tratta di un frate domenicano del convento di San
Marco, ovvero un convento molto importante durante
questo periodo perché le opere al suo interno
vennero finanziate da Cosimo de Medici.
- il convento, tutt’oggi, è collocato molto vicino a
Palazzo Medici e venne finanziato anche perché
Cosimo lo utilizzò come luogo per i suoi ritiri spirituali
( ciò significa che venne decorato affinché sia
adeguato ad un personaggio come Cosimo de
medici, infatti ci troviamo di fronte ad una produzione
artistica di alto livello). Beato Angelico essendo
domenicano già si trovava diverse volte all’interno
all’interno del convento, inoltre era anche uno dei
pittori più importanti. Al suo interno riuscì a realizzare la pala d’altare della basilica
di San Marco, del convento e della chiesa (decorò anche molte delle celle dei
frati).
- questo dipinto segna una sorta di somma di ciò che era accaduto fino a quel
momento e ci conduce verso quello che accadrà dopo.
- raffigurati vediamo la Madonna con bambino e santi( in primo piano si tratta di
Cosma e Damiano). Gli attribuisce subito l’impronta della committenza ( vengono
rappresentati due santi di nome Medici ma che nella realtà erano due dottori,
quindi la famiglia Medici se ne appropriò per assonanza di nome).
- qui Cosimo compie la stessa operazione della sagrestia vecchia di San Lorenzo,
non è un regnante vero e proprio, a causa di questo non può far celebrare i suoi
avi con un monumento.

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- attraverso questa opera otteniamo la regressione dello spazio e inoltre l’artista


riesce ad offrirci la mappatura dei santi. Le vesti non sono decorate, ma allo
stesso tempo riesce a metterci del loro senza creare quella tensione tra spazio
volume e decorazione, che avevamo già visto precedentemente nella cappella
Brancacci.
- all’interno di questa opera mette la Madonna in mezzo all’oro riuscendo a
sfoggiare la sua tecnica e la sua sapienza compositiva/prospettica senza
paragoni.
- l’oro, che lo vediamo attraverso il suo broccato, riesce a dare l’idea della curvatura
della nicchia. Si tratta di un oro dove si addensano le ombre e questo è qualcosa
che lo mette in una diversa luce rispetto a quello che aveva realizzato poco prima.
- la stessa attenzione è quella che da anche alla preziosità dei materiali (funge da
segnale del prestigio del committente).
- il tappeto proveniva dall’oriente e venne tessuto dai fili d’oro.
- riesce a combinare lo spazio in maniera coerente con questo tappeto (solo
Cosimo poteva permetterselo).
- le tende vengono tirate per svelare questa visione difronte a noi, come una sorta
di finestra che si apre (rimandano in parte al fatto che non molte pale d’altare
fossero visibili, dato che venivano coperte da tende, vuole porre l’immagine in
vista).
- si tratta degli stessi anni in cui Leon Battista Alberti sta scrivendo i suoi trattati.
Beato Angelico a differenza di molti altri artisti si adeguò alla vita da domenicano.
- per la realizzazione di quest’opera ci pensò molto dal punto di vista teorico.
- la distanza del trono su cui si siede la Madonna con il bambino è resa misurabile
dal tappeto stesso. Va a creare una architettura con arco di una pietra più scura.
- lui e Brunelleschi si guardavano a vicenda, lo scopo di Beato Angelico era quello
di dare attenzione alla classicità e di imitarlo.

DOMENICO VENEZIANO - PALA DI SANTA


LUCIA DE MAGNOLI
-datato 1445-1447.
-non si tratta di un pittore fiorentino come gli altri
suoi contemporanei ma era di Venezia. Scrisse
ai Medici per offrire i suoi servigi, dato che era
molto curioso di capire come l’arte fiorentina si
stesse evolvendo negli ultimi anni.
- si tratta di una pala d’altare che ha l’intento di
mostrarci come lui ha assorbito l’idea della
prospettiva fiorentina e inoltre l’architettura
rimanda al Battistero e al Duomo di Firenze (ma contiene parti medievali, non
quelle create da Brunelleschi).
- nel pavimento viene rappresentato un teorema geometrico. Inoltre rappresenta in
scorcio i piedi di San Giovanni Battista. Mentre la Madonna vieni rappresentata
ancora più grande dei santi (idea di scala tra le figure come elemento di
indicizzazione gerarchica).
- Domenico Veneziano riconobbe subito l’importanza di San Zanobi ( rappresentato
a destra. Si tratta del vescovo di Firenze).
- San Giovanni Battista viene rappresentato con addosso la pelle di cammello, si
spoglia da tutti i vestiti cittadini e viene rappresentato sempre un po’ malmesso.

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Alla destra troviamo Santa Lucia con in mano un piatto con sopra gli occhi che le
hanno cavato. Mentre San Francesco viene rappresentato per primo a sinistra.

LA PREDELLA DI SANTA LUCIA


- ad oggi i pezzi sono sparsi in giro per il mondo nei vari musei.
- sotto san Francesco c’erano le sue storie, con un cherubino che spara i raggi.
Sotto San Giovanni Battista troviamo lui che sta dismettendo gli abiti quotidiani
per indossare della pelle. Sotto la Madonna e il bambino vediamo una tradizionale
scena di annunciazione con la presenza dell’arcangelo
Gabriele. San Zanobi viene rappresentato nel momento
del miracolo, ovvero quando resuscita un bambino in un
incidente stradale. Santa Lucia, nel momento del suo
martirio.
-notiamo che la predella ha una funzione ben specifica.

DOMENICO VENEZIANO - IL MIRACOLO DI SAN


ZANOBI
- rappresenta la strada che si alza rispetto alle case sui
lati, come se ci fossero due punti di vista diversi.

DOMENICO VENEZIANO - SAN GIOVANNI NEL


DESERTO
- proporzioni del corpo umano ben visibili.
- si tratta di un pannello piccolo. Domenico Veneziano si
permette la raffigurazione del nudo in un modo così
esplicito in un dipinto sacro (tutto diventa un dialogo con
quello che accadeva nei palazzi).

DONATELLO - SAN LUIGI DI TOLOSA


-collocato all’interno di una delle nicchie di Orsanmichele.
- la statua viene creata in bronzo a grandezza naturale, ma
ci sono dei difetti e per questo non è ancora una vera e
propria statua (gli manca un braccio ma rappresenta il
guanto, dovuto dal processo di fusione che è un processo
veramente complicato).

DONATELLO - DAVID
- collocato in un luogo strategico, nel cortile di Palazzo Medici. Venne
commissionato nel 1440 da Cosimo de Medici. I Medici vogliono mostrare questa
immagine per creare un’analogia con loro stessi. Il David potrebbe avere un
duplice significato ovvero è formato da un messaggio molto più complesso di
quello che sembra, ma anche minaccioso data la testa del nemico ai suoi piedi.

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- prima statua a grandezza naturale a tutto tondo in bronzo


dopo l’antichità. Viene progettata infatti per essere vista
anche dal basso e dal retro nonostante la realizzazione
finale non sia perfetta.
- attualmente si trova al Museo del Bargello.
- la statua presenta alcuni elementi singolari, come ad
esempio il cappello. Secondo alcuni studiosi questo
capello potrebbe essere un chiaro
rimando ad Ermes (il dio colto
nell’atto di osservare in maniera
distaccata la testa mozzata di Argo,
un mostro dai molti occhi).
-Tutto il peso del giovane grava
sulla gamba destra, imponendo un
abbassamento del bacino a sinistra. Invece la spalla
sinistra è lievemente rialzata, mentre la mano destra
impugna una lunga spada e il piede destro poggia sulla
testa del nemico ucciso.
-ma Donatello prima di questa versione ne creò un’altra,
realizzò un giovane David in marmo. È molto visibile
l’ancheggiamento tipico delle sculture fiorentine e non solo
(evoluzione della ricerca della postura).
-anche San Giorgio, sempre di Donatello, venne
rappresentato con la posizione ad X.

ANDREA DEL CASTAGNO - DAVID


-datato 1450- 1455 circa.
-ha un forma molto particolare perché si tratta di uno scudo
decorato (in origine doveva essere attaccato al muro).
-si tratta di uno scudo che commemora David come eroe
atipico, che sconfigge il gigante Golia liberando il popolo
ebraico (storia biblica, personaggio dell’antico testamento).
-viene realizzato per simboleggiare la libertà di Firenze.

ANDREA DEL VERROCCHIO - DAVID


-datato 1465.
-molto elegante e c’è ne saranno altre versioni in marmo.
- David ha un aspetto adolescente. Il giovane eroe è in piedi
ed esibisce una posa che esprime il suo orgoglio per la
vittoria. È fiero di essere diventato un eroe sconfiggendo il
gigante nemico. Infatti, la testa di Golia si trova a terra tra i
suoi piedi. Il corpo è sorretto dalla gamba destra mentre
quella sinistra è leggermente flessa e posta più indietro. Il
braccio destro è steso lungo il fianco e la mano impugna la
spada usata per decapitare il nemico. Il braccio sinistro,
invece è sollevato e la mano appoggiata al fianco.
-Il volto è ruotato verso la destra dell’osservatore. Inoltre, il

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suo sguardo fiero presenta un accenno di spavalderia giovanile. Infatti, con le


labbra accenna ad un sorriso di sfida e soddisfazione.
- I capelli sono ricci e scendono sul collo. David indossa infine una corta tunica
aperta sul petto e retta da due spalline. I bordi del corpetto, le spalline e il bordo
del gonnellino sono decorati da una spessa fascia. Ai piedi porta dei calzari che
coprono metà della gamba e lasciano scoperta la parte anteriore del piede.

DONATELLO - LA GIUDITTA
-datata 1456- 1457.
-la storia narra di Giuditta che riesce ad entrare nel campo
dell’esercito governato dal generale Oloferne. Durante una
festa lo seduce, lo fa ubriacare e durante la notte gli taglia
la testa.
-questo si tratta di un messaggio politicamente esplicito da
parte della famiglia De Medici.
-Cosimo de Medici quando il suo potere viene meno e
viene esiliato, è costretto a spostarsi scegliendo Padova
una città altrettanto fiorente in ambito artistico. Quando
venne esiliato tutti presero le opere dai suoi palazzi.

DONATELLO - MONUMENTO EQUESTRE DI ERASMO


DA NARNI
-datato 1446- 1453.
- realizzato durante il periodo padovano di Donatello.
Realizza questo monumento equestre al Gattamelata
collocato nella piazza antistante alla Basilica di
Sant’Antonio.
- si ispira al monumento equestre di Marco Aurelio.
- volto dai tratti severi, ampie ste piatite della fronte,
sguardo risoluto ma mai sprezzante.
- cavallo con la zampa anteriore sinistra sollevata e la
punta dello zoccolo poggiata su una simbolica palla di un
cannone.
- tratto dallo studio del vero, ovvero uomo e animale
diventano un tutt’uno.

ANDREA DEL VERROCCHIO - MONUMENTO


EQUESTRE
-monumento dedicato a Bartolomeo Colleoni.
-datato 1481- 1488.
-il cavaliere viene presentato in una posa rigida, ma ciò
rappresenta un’immagine simbolica di una un’idea
piuttosto che un’azione. Il cavaliere tiene la briglia del
cavallo (attenzione ad una narrazione naturalistica).

GIAMBOLOGNA - MONUMENTO EQUESTRE DI COSIMO DE MEDICI


- datato 1587- 1593.

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-la statua venne commissionata da Ferdinando I de' Medici


per celebrare il padre, che era stato il primo Granduca di
Toscana e che era scomparso circa 15 anni prima.
- il grandioso progetto prevedeva una statua in bronzo ed
era la prima grande scultura equestre che si fosse realizzata
a Firenze.
- Giambologna per l'importante commissione ebbe bisogno
di una fonderia apposita per affrontare l'opera di grandi
dimensioni. Ebbe come modelli più vicini il monumento
equestre al Gattamelata di Donatello a Padova e il
monumento equestre a Bartolomeo Colleoni di Andrea del
Verrocchio a Venezia. Un'altra fonte di ispirazione fu la testa
di cavallo ellenistica che era nelle collezioni medicee e che
oggi si trova al Museo archeologico nazionale di Firenze.

DONATELLO - ALTARE
- datata 1447- 1450.
- gli vengono commissionate le lastre maggiori nella Basilica del Santo a Padova.
- rappresentazione della Madonna con bambino e santi.
La vediamo suo trono nell’atto di alzarsi, non è seduta
e sembra quasi che si alzi per mostrarcelo.
-rapporto molto vivo con lo spettatore. L’altare venne
smantellato, ma lo possiamo ricostruire.
-la Madonna con bambino e santi rappresentano una
sacra conversazione.
-le architetture organizzano i personaggi che
popolavano fisicamente l'altare in un modo dissimile
dall’originale.
-Donatello ha occasione di confrontarsi con gli altri
artisti, ma vuole superare la pittura.

ANDREA MANTEGNA - MADONNA CON BAMBINI E


SANTI
-realizza una grande pala d’altare chiamata anche Pala
di San Zeno a Verona.
- datata 1460.
- Madonna con bambino e santi organizzati con uno schema derivato da Donatello
che ci permette di capire come era l'altare donatelliano.
- è l’architettura vera prolungata ed estesa a creare uno spazio con dialogo diretto,
non è altro rispetto al nostro.

DONATELLO - ANNUNCIAZIONE
- datata 1435 e collocata a Santa Croce, Firenze.
- un altro importante esempio in questa linea anche perché la struttura è in
materiale lapideo, non in marmo.
- il suo intento è quello di utilizzare la pietra serena (visto precedentemente da
Brunelleschi). Di base la pietra serena non veniva spesso usata per la scultura per
diversi motivi. Prima di tutto per il pregio del materiale, si tratta di una pietra
comune e locale, a differenza del marmo bianco di Carrara che veniva solo da una

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montagna in particolare (quello più puro si trova in


un luogo specifico). Viene definito un materiale
finito nel senso che ad un certo punto finirà.
-Se ne erano già resi conto in quest’epoca che
tutto questo dava lustro al materiale stesso dato
che veniva apprezzato molto. La pietra serena non
poteva essere lavorata come il marmo, mentre il
porfido solo per abrasione (poteva essere solo
levigato).
-il marmo è un materiale molto morbido che
permette grandi giochi, grandi voli per ciò che
riguardava il modo per cui veniva lavorato
(successivamente si vedrà con Bernini).
-tutto questo non avviene con la pietra serena, non
la utilizza perché non gli era stato dato un certo
budget o forse lui voleva sperimentare materiali
diversi (con materiali non necessariamente nobili
nella scultura).
- la pietra serena è molto più morbida del marmo e tende a sfarinarsi sulla
superficie, sopratutto quando è utilizzata nelle partiture architettoniche esposte
alle intemperie, in questo caso vediamo quanto facilmente si screpola, cosa che
non succede per il marmo (meno resistente e duratura rispetto al marmo, e la
durevolezza delle opere d’arte era una preoccupazione per gli artisti e i
committenti).
- ma fu una delle caratteristiche che venne apprezzata ad esempio da Luca della
Robbia.
- si tratta di una pietra dal colore grigio e una impossibilità di essere lucidata (ha
una grana che la rende sempre opaca). Per uno scultore era pericoloso lavorare
la pietra serena dato che con un colpo di martello avrebbe potuto far saltare i
pezzi in modo irreparabile. Anche con il marmo era un rischio ma non così
elevato, non si rompe molto facilmente.
- Donatello con enorme virtuosismo utilizza una materia non nobile e che altri
disprezzavano, dato era molto difficile ottenere effetti di chiaroscuro. Era molto
difficile e rischioso cimentarsi con la graduazione dei rilievi fino al compimento del
tutto tondo.
DESCRIZIONE OPERA:
- rappresenta l’arcangelo Gabriele e la Madonna, ci sta facendo vedere quanto sia
profondo il suo comando dello scalpello. L’artista riemerge come uno schiavo della
materia, anzi vuole farci vedere quanto invece lui riesce a vincere la materia
nonostante sia una materia non adatta alla scultura. Quindi in qualche modo capisce
cosa ha fatto Masaccio, ma lui utilizza questa necessità come una virtù perché può
sfoggiare le sue capacita tutto in funzione di un nuovo modo di narrare
molto in linea con quell’approccio perché gli viene dato il compito di organizzare
questo tabernacolo.
- faceva parte della cappella della famiglia Cavalcanti, cappella smembrata poi in
seguito ricostruita con una parete laterale (non è più nella sua collocazione originale
si pone il problema).

DONATELLO - CANTORIA

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-datato 1433- 1438.


-si tratta di tasselli in mosaico e in oro
per la cantoria del Duomo di Firenze.
-il suo scopo è quello di nobilitare
l’oggetto attraverso le qualità intrinseche
del monumento stesso, ma anche quello
di sofferire a quello che era uno dei
problemi della pietra serena cioè
l’opacità.
-lui la profila d’oro, facendolo diventare
lucido e inoltre risponde anche alla luce
come nessun altro materiale (l’occhio
del tempo vedeva queste cose in modo
completamente diverso).
- ma la scultura esce molto scura ciò che serve ad annientare l’idea di Donatello. Si
tratta di una pietra che assorbe la luce, collocata in una cappella illuminata ma
non molto dalla luce naturale (oppure illuminata con le candele).
- prima si vedeva l’oro quasi come un apparizione ma finisce per essere una scena
immaginata dall’artista in un mondo e in un tempo lontano.
- Donatello sfrutta le specificità della pietra serena, utilizzando un’idea di un
apparizione, di giocare con la luce che non potrebbe essere messa in atto con il
marmo, forse con il bronzo (non è solo una sfida tecnica ma diventa anche una
scelta stilistica formale).
DONATELLO - MADDALENA
-datata 1455.
-per realizzare quest’opera sperimenta il legno,
ovvero un materiale ancora meno nobile della pietra
serena.
-gli scultori quando da giovanissimi entravano nelle
botteghe venivano spinti a cimentarsi con le loro
prime sculture con il legno, non con la pietra (dato
che si trattava di materiale di molto più facile
reperimento, se ne trovata praticamente quanto se
ne voleva ed era un materiale con il quale si poteva
sbagliare).
- era tuttavia un materiale dato tantissimo durante
tutto il basso Medioevo, il periodo Gotico e nel 400
ovvero nel primo Rinascimento, sopratutto in
Toscana anche se inizia ad avere una reputazione
da materiale poco nobile.
- veniva usato spesso colorandolo, andando in
seguito a creare statue policrome e difatti la qualità
del materiale sotto la pellicola pittorica non era così
rilevante, veniva coperta.
- Donatello lo lavora diversamente, andava contro i canoni estetici dell’epoca.
- si tratta di una Maddalena penitente, ovvero di una donna che ha ormai
abbandonato ogni attenzione/interesse verso qualsiasi piacere dell’esistenza
terrena. Si tratta di una prostituita che si converte e segue cristo fino alla fine, la
vediamo sempre presente nelle crocifissioni ( sopratutto in quelle realizzate

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duranti questi anni, viene raffigurata come colei che di dispera molto di più rispetto
agli altri personaggi).
- Donatello per la realizzazione di quest’opera si confronta con i precedenti
raggiungendo poi livelli estremi. Rimane comunque qualcosa di distaccato rispetto
al soggetto, ma il materiale e il modo in cui viene lavorato sono una parte attiva e
imprescindibile della costruzione del significato.
- sono capelli di una persona che non si lava da mesi (si tratta di un’opera brutale,
vuole non farci sentire a nostro agio e vuole farci vedere quanto questa donna sta
martoriando il suo corpo).
- se fosse stata in marmo bianco e traslucente non avrebbe funzionato. La scelta di
Donatello è una scelta semantica per soggetto, materiale e stile, il modo in cui il
materiale viene lavorato (concorrono ognuno in modo ineludibile, se ne togliamo
uno crollano tutti e tre).
- si tratta di un artista importante nell’arte occidentale, nessuno potrà tornare
indietro da questi strumenti ed è stato l’unico ad avere la capacità di mostrarci
quali possono essere le tante diverse situazioni.

MASACCIO - DESCO DA PARTO


-datato 1420- 1427.
-si tratta di un piatto cerimoniale che non viene realmente
utilizzato per il suo scopo principale, ha solo un valore
simbolico.
-non si tratta di dipinti con i quali si interagiva (tipo uno
attaccato sul muro), questo è un oggetto che si maneggia e
che possiede due facce. Non è mai stato pensato per essere
appeso ad un muro.

DESCO DA PARTO DI LORENZO DE MEDICI


-la fama che saluta le truppe fiorentine per la nascita e sul
retro gli esterni medicei con il diamante medici al centro.
Qualcosa che celebrava tanto la madre quanto il figlio
maschio, ovvero il continuatore della stirpe.
-datato 1449.
-oggetti molto importanti e molto preziosi che si trovavano
nelle dimore
cultura moderna degli interni.

CASSONE
- si trovavano nelle camere queste specie di bauli donati in occasione di matrimoni.
Quando si trattava di un matrimonio importante si avevano doni importanti regalati
con dipinti che in realtà venivano smontati in alcuni casi, sopratutto nel momento del
mercato dell’arte rinascimentale 1800/900 ovvero quando i mercanti non si facevano
scrupoli a smontarli perché veniva percepita come arte decorativa e non valeva
quanto il dipinto, per questo veniva buttato, mentre il dipinto si vendeva al museo.
- contenevano anche pezzi di scultura

FILIPPO LIPPI - DOPPIO RITRATTO


- datato 1444.

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- inizia a diffondersi un nuovo genere molto


importante, che avrà la fortuna di non cadere mai,
ovvero il ritratto. Quando si parla di generi si tratta di
un termine tecnico della storia dell’arte e si parla della
tipologia di raffigurazione. Abbiamo la pittura di storia,
il paesaggio, la natura morta e il ritratto.
- il 400 porta anche ad un’attenzione più viva verso
gli individui riconoscibili. Abbiamo già visto ritratti
inclusi in dipinti santi (come nella trinità di Masaccio,
ovvero i volti dei committenti resi volutamente
riconoscibili) e piano piano si arriva al ritratto
autonomo non inserito in un’altra opera più grande, i
ritratti femminili hanno una loro funzione ed esistenza
direttamente legata da come funziona nella civiltà
(funzione di matrimoniale ).
- non conosciamo l’identità di questa donna. È
rappresentata di profilo, in modo molto netto, con
abiti sontuosi completamente distaccata da noi e non
interagisce con lo spettatore, lei è oggetto dello
sguardo dello spettatore (uno spettatore che dobbiamo immaginare sicuramente
maschile).
-indossa dei gioielli preziosissimi.
-si tratta di un dipinto enigmatico, c’è di la il suo futuro
marito (sembra che stia esaminando ciò che si trova
davanti a lui).
- si intravede un giardino dalla finestra, si tratta del
giardino della famiglia di lui. Realizzato con questa
prospettiva impennata secondo un modo di
rappresentazione di spazio della pittura fiamminga.
- i dipinti circolavano, si guardavano e Filippo Lippi
guarda molto i pittori fiamminghi.

ALESSIO BALDOVINETTI - RITRATTO DI DONNA


-datata 1465.
-la donna viene rappresentata di profilo, facendo così in
modo che venga rimossa un’interazione con lo
spettatore.
- tipologia di ritratto molto importante (lei come l’oggetto che ha subito il ritratto).
- viene messa di profilo, rimane comunque riconoscibile ma viene annientata la sua
personalità. Le opere di profilo rimandano alla medaglistica e al classicismo, ma
era un modo per far apparire l’icona della persona.
- anche perché se viene messa frontalmente ci deve essere un rapporto con
l’espressione.

DOMENICO GHIRLANDAIO - RITRATTO DI GIOVANNA TORNABUONI


- datata 1488.
- viene studiata molto bene e rappresentata con una treccia raccolta sulla nuca
(rappresentandola frontalmente sarebbe scomparsa).
- l’acconciatura costituisce l’identità della persona, in questo caso di questa donna.

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-manifestazione dell’eleganza.
- Giovanna Tornabuoni uno dei membri della famiglia Albizzi (
morì di parto due anni prima di questo ritratto). Chiaramente
non posò per il ritratto, si tratta di una notizia utile per capire
come questi ritratti venissero realizzati dal vero, poteva
accadere e accadrà sempre più spesso (ritratti postumi e
quindi copie di altri). Per la loro realizzazione si fornirono di
una sorta di maschera mortuaria, formata da un calco in cera
o in materiali come il gesso che veniva realizzato sul volto di
una persona da morta per preservarne il sembiante e le
fattezze, ovviamente in vista di possibili ritratti. Questi calchi
davano la possibilità anche di riflettere sull’ espressività del
volto, se si lavora su un volto vivo ma se la morte lo
impedisce, l’artista non può immaginarselo. Ci sono
tantissime circostanze su cui l’artista si trovava a riflettere.

PIERO DELLA FRANCESCA -


RITRATTO A FEDERICO DA
MONTEFELTRO E BATTISTA SFORZA
-si tratta di un ritratto che esplicita
questa funzione dei ritratti relativi alle
unioni matrimoniali. Piero della
francesca ritrasse i duchi d’Urbino
rappresentandoli con un dittico.
- datato 1472.
- si tratta di due pannelli uniti da
un’unica cornice, utilizzati per essere
visti insieme. I due coniugi sono rivolti
l’uno verso l’altra e stanno vestendo
abiti che sono tanto sontuosi quanto
ufficiali.
- Battista sforza, porta un’acconciatura molto elaborata, con diversi tessuti che sono
inseriti nella capigliatura. Un’usanza era quella di rasarsi la parte alta della fronte,
era una circostanza congrua con la moda del tempo, anche un segno di bellezza
femminile così come l’estremo candore della pelle e per renderlo tale cercavano di
non esporsi al sole (lo vediamo anche nella letteratura artistica, lo scrisse anche
Cennino Cennini ).
- invece Federico da Montefeltro ci mostra i veri e proprio segni dell’esposizione
all’aperto, data la sua pelle molto più scura ma si trattano semplicemente di scelte
stilistiche. Inoltre lui venne ferito in volto e per questo in tutti i suoi ritratti viene
rappresentato di profilo, (profilo sinistro) la parte destra è sfigurata.
- ci dice molto anche su quale fosse la differenza dell’ apparire tra uomo e donna.
Battista Sforza è vestita d’oro, con del broccato nella manica, del velluto con dei
fili d’oro e vero tessuto, in finte una collana di perle, che ai tempi erano una cosa
rarissima. La collana di perle che le si staglia sul corsetto e ci permette di vederla
molto bene. Il collare viene lavorato con dei gioielli, non solo tessuto di seta lucida
ma anche gioielli sulla testa. Lei si manifesta attraverso la preziosità di quello che
indossa, tanto quanto lui che e molto più volutamente sobrio, vestito da un abito

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rosso con altrettanto un copricapo rosso, tipici della moda maschile di quei tempi.
Non vogliono emergere come coloro con un lusso sfrenato.
- la loro idea con questo ritratto è quelli di funzionare quasi come medaglie ma
dipinte, dove la lettura è possibile da entrambe le facciate.
- il volto viene molto meno idealizzato. Lui ci viene reso in un modo molto più simile
del naturale da Piero della Francesca, anche se questo e una sorta di inganno.
- Piero della Francesca fu un pittore urbinate, che lavorò nella corte di Urbino per la
famiglia Montefeltro, ad un certo punto arrivò in Toscana dove iniziò a stabilire
diversi contatti con alcuni pittori di quella zona, uno di loro fu proprio Domenico
Veneziano.
- il suo scopo però nella realizzazione di questo ritratto rimane quello di
rappresentare le figure con una sorta di teorema geometrico. Una sorta di
linguaggio dei cerchi e delle linee curve che si spostano e si muovono in linea dei
disegni. Ad esempio per i capelli di Battista Sforza utilizza una serie di cerchi che
si ripropongono. Questo ci mostra anche la bravura dell’artista che riesce a
trovare e ad individuare nella fisionomia una serie di cerchi che si intersecano tra
di loro.
DONATELLO - NICCOLÒ DA UZZANO
-il ritratto nel 400 subì una spinta fortissima
principalmente nella scultura, uno tra i primi artisti a
riproporre un ritratto con la scultura fu Donatello.
-datato 1425- 1430.
-si pone in diretto confronto con questo genere artistico
realizzando questo busto in terracotta policroma. Non
si tratta di marmo ma di terracotta, un altro materiale
considerato non nobile che viene addirittura colorato
per garantirne la verosimiglianza dell’opera. La
terracotta è un materiale che si plasma, non si
scolpisce quindi si tratta di una scultura per via di
levare, ovvero il processo inverso. C’è un blocco da cui
si toglie il materiale finché non si arriva alla forma
desiderata. Anche le opere in bronzo vengono
realizzate attraverso un modello in cera che gli
permette di essere molto più libero all’adesione al dato
reale e ciò accade per vari motivi, per esempio con la terracotta è molto più
semplice e garantito l’utilizzo della maschera mortuaria, bastava realizzare un
calco sulla persona e successivamente imprimerla, così ottenendo una traccia
ben verosimile da seguire per la scultura.
- riguardo questo volto, mostra questo volto scavato dalla vecchiaia e dalla malattia.
I capelli sono molto corti, ed emerge un accenno di calvizia.
- il panneggio è il modo in cui ci lascia scoperto una parte del petto, nonostante non
fosse molto congrua con la moda del tempo che proiettasse nel ribaltato un modo
classico antico.
- il busto ritratto da al 400 una spinta verso la ritrattistica e la lega molto alla
celebrazione postuma, sopratutto in scultura , e anche in particolare al busto
ritratto.

DONATELLO - BUSTO RELIQUIARIO DI SAN ROSSORE DOMENICO VENEZIANO - RITRATTO DI


- datato 1422-1427. MATTEO OLIVIERI
- i reliquiari sono oggetti importantissimi. - datato 1440.

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ANDREA DEL CASTAGNO - RITRATTO DI IGNOTO


- datato 1460.
- il suo scopo è quello di innovare in maniera
incessante. Ai tempi ogni artista cercava sempre di
superare l’altro e quando si notavano delle somiglianze,
la decisione di cambiamento dipendeva dagli artisti
stessi o dai committenti. Lavora in un clima che è così
febbrile dal punto di vista della produzione artistica che
divenne qualcosa di veramente richiesto, (non si può
essere sempre affini a se stessi).
-lo vediamo a tre quarti, vuole articolare il corpo in modo
più complesso e ci aggiunga una mano. Vestito da un
abito rosso e mantello, lo stesso che indossa Federico
da Montefeltro (moda del tempo).
-il volto di tre quarti permette all’artista di iniziare a
stabilire un gioco di sguardi tra il ritratto e l’osservatore.
C’è una volontà di coinvolgere l’osservatore in maniera
diversa rispetto ad altri e ciò aumenta la riconoscibilità permettendo all’artista di
immettere sulla fisionomia in modo molto più attento, ma anche in modo da
stabilire quello che è un rapporto che interagisce con noi .
- i ritratti maschili cambiano quando quelli femminili sono ancora molto statici,
iniziano a movimentarsi sempre di più.
- si abbandona sempre di più questa iconografia, per dare spazio ad una nuova
percezione della società.

PAOLO UCCELLO - NICCOLÒ DA TOLENTINO NELLA DI BATTAGLIA DI SAN


ROMANO
- viene raffigurato con un copricapo molto appariscente. Il ritratto viene visto come
qualcosa di molto presente nella produzione artistica e nel modo di leggere questi
dipinti.
- i dipinti iniziano a popolare gli interni domestici. Ovvero dove nelle case si
vogliono celebrare i propri avi, il lignaggio di una persona era qualcosa che ne
costruiva l’importanza sociale e non bastava essere ricchi ma bisognava anche

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venire da una famiglia che aveva una sua storia. Questi ritratti iniziano a venire
raccolti, e diventano la storia della famiglia dentro una casa.
- questi dipinti vengono acquisiti da Lorenzo de Medici e vengono mutilati, il dipinto
si deve adeguare alla parete e per questo viene tagliato.
PAOLO UCCELLO - MICHELETTO
ATTENDOLO INTERVIENE A FIANCO DI
NICCOLÒ DA TOLENTINO
-datato 1438. Realizzato negli anni 30 del 400
per un interno domestico.
-doveva collocarsi all’interno di una residenza.
Sono dipinti che si impongono all’interno di
questa residenza.
-c’è una battaglia.

BOTTICELLI - LA NASCITA DI
VENERE
-datato 1485- 86.
-Sandro Botticelli lo realizza per
la famiglia De Medici sotto
commissione. Si tratta di un altro
dipinto realizzato per un interno
domestico (la villa di Castello del
cugino del Magnifico) che va a
raffigurare una scena mitologica
(interno domestico che viene
popolato di oggetti che sono
quadri che raccontano storie).
- l’iconografia viene ripresa da degli scritti di Poliziano.
- gli oggetti non sono di lusso, ma nella loro cognizione del tempo permettevano di
essere visti in una serie di rimandi alla letteratura e alla mitologia, davano quel
tipo di vita agli interni domestici.
- Venere viene ricomposta da delle frammentazioni delle Veneri antiche e Botticelli
le ridà vita come un nuovo classico.
- opere realizzate per pensare in questi tempi, andavano pensate.
- il soggetto principale si trova al centro della composizione in posizione eretta,
affiancata a destra da una seconda figura che gli tiene un braccio sollevato sopra
la testa, infine alte sue figure sono collocate a sinistra.
- Venere appena nata dalla schiuma del mare, si trova nuda su un’enorme
conchiglia e viene spinta da Zefiro abbracciato a Clori (lei sparge fiori di rosa),
verso il litorale dell’isola di Cipro. Dove Flora l’accoglie porgendole un mantello
rosso cosparso di fiori per coprirla.
- si passa alla quasi mancanza di profondità, alla bidimensionalità e al pure gioco
lineare.
- il paesaggio è ridotto all’essenziale, le onde del mare sono delle semplici
increspature a V, la costa è una linea spezzata che ripete e amplifica le curve del
manto che Flora porge alla Venere.
- alla parte sinistra del suo corpo, disegnata da una linea sottile, continua e
morbida, si contrappone quella destra dominata dalla sfrangiatura dei lunghi

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capelli biondi mossi dal vento. La dea ci appare fragile e delicata. Le spalle però ci
appaiono spioventi, il braccio sinistro presenta un impossibile conformazione e il
collo è troppo lungo.

BOTTICELLI - LA PRIMAVERA
- datata 1477-82.
-Botticelli realizza un opera che
innesca conversazioni su tutte
le scelte dell’artista. In questa
stagione è fortemente attento a
questi movimenti.
-idea della favola, mitologia e
racconto letterario. I personaggi
danzano, idea distaccata
dall’esperienza del reale e
danzano senza peso perché
nessuno di queste figure e in
grado di piegare uno stele di
fiori, rimane tutto intonso questo giardino. Idea di una società estremamente
raffinata ed estremamente attenta alla qualità delle cose alle quali si circonda.
- si deve a Botticelli l’aver riportato in vita i soggetti mitologici, ad un pubblico
abituato a vedere solo soggetti sacri.
- realizza quest’opera per la residenza fiorentina in via Larga di Lorenzo, il cugino
del Magnifico. In seguito poi portato nella Villa di Castello dopo il 1516.
- la scena si svolge su una radura verdeggiante, punteggiata da innumerevoli
piante e fiori. La delineano alberi d’arancio con fiori e frutti maturi, e fronte
incurvate di alloro.
- la lettura del dipinto viene da destra a sinistra in base alle posture,
all’orientamento e alle andature dei vari personaggi. A destra Zefiro, il vento,
insegue la ninfa della terra Clori che unendosi con il nume si trasforma in Flora, la
personificazione stessa della Primavera (Botticelli raffigura ben due volte la
fanciulla, sia velata con Clori che le sbucano dei fiori dalla bocca, sia come Flora).
Flora indossa una veste ornata da fiori, gli stessi che in ghirlande gli circondano il
collo e la testa, mentre sciolti le riempiono il grembo. Lei li prende. li sparge per
terra. Al centro, come incorniciata in una nicchia di rami, troviamo Venere che si
trova vicino ad una pianta di mirto e avanza con un passo di danza. Cupido le
volteggia sopra mentre scocca una freccia infuocata nella direzione delle tre
grazie che sono impegnate a danzare intrecciando le loro mani, mentre Mercurio
al margine sinistro allontana le dubbi dal giardino con io caduceo.
- la scena rappresentata ha delle assonanze con dei versi delle Stanze per la
giostra di Poliziano (tratta da un passo dell’asilo d’oro).

BEATO ANGELICO - ANNUNCIAZIONE


-datata 1440- 1450 e collocata all’interno del
convento di San Marco.
-il chiostro è estremamente misurato. Si tratta di
un pittore che guarda alla tradizione riuscendo
però ad essere sulla cresta dell’onda per la
qualità dello stile che utilizza.

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- quando si parla di Annunciazione si tratta del momento in cui l’arcangelo Gabriele


visita Maria e le comunica che porterà in grembo il figlio di dio. La prende in
maniera particolare, le braccia sul grembo e quasi si inchina, come se si
adeguasse alla volontà di Dio. Riflessione sullo stato di Maria. Cosa è? È una
donna e reagisce come un essere umano o reagisce come un essere superiore?
Si tratta di essere umano piuttosto speciale. Ci porta a riflette sul rapporto tra luci
e ombre, nel creare e scolpire i volumi, ma anche le superfici. Le vesti
dell’arcangelo, oppure le ali, come un ventaglio Cromatico. Il giardino viene visto
come allusione alla verginità, un giardino chiuso e intoccabile, ma anche
eternamente verde. Beato Angelico descrive questo giardino fiorito, come quella
che potrebbe sembrare una perdurare dello stile gotico. La portata semantica con
ciò che porta nel dipinto, non è solo una questione di compiacimento artistico o un
giardino della società di corte, è qualcosa che si trova in linea con l’ideale.

BEATO ANGELICO - CONVENTO DI SAN MARCO


Beato angelico fu colui che dipinse l’interno degli spazi comuni e le celle del
convento di San Marco a Firenze. Le celle erano le stanze di ogni singolo monaco,
dove queste raffigurazioni volevano in qualche modo ispirare i monaci nella loro
preghiera e nella loro meditazione teologica. Vediamo Beato Angelico essere
attentissimo al significato religioso delle sue opere fino al punto di portare la
semplificazione del suo linguaggio ad un livello estremo.

BEATO ANGELICO - PALA DI


FIESOLE
-si tratta di una parete nuda contro la
quale viene messa questa raffigurazione
di Cristo circondato dagli elementi del
suo martirio, quasi a detrimento della
realtà, molto didascalico. Lo vediamo
abbandonare volutamente alcuni di
questi elementi anche più basilari del
rinascimento, quello che guardiamo in
sottofondo è un trono di colui che era
accusato di essere il dio degli dei,
venne crocifisso per aver preso questi
titoli e condannato per essere un
criminale. Si tratta di elementi che
devono innescare nella memoria delle immagini.
- Vediamo quanto la stessa Maria stia meditando come San Domenico, leggendo
su un libro quasi come se noi potessimo fare la stessa cosa (leggere e poi
meditare). Diagramma con tutti gli elementi.
- Beato Angelico ha una grandissima capacità di adattare lo sguardo specifico, di
adattarsi al testo e di raggiungere l’obiettivo comunicativo che si sta imponendo.
BEATO ANGELICO - CAPPELLA NICCOLINA
- viene chiamato a lavorare per il papa, così va a Roma per decorare la cappella di
papa Niccolino.
- datato all’incirca 1448.
- lui viene incaricato di realizzare affreschi con i santi Stefano e Lorenzo. Si tratta di
una scena simbolica dove Beato Angelico cerca di uscire da questo mondo

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diaframmatico e schematico fatto di


simboli della passione. I simboli sono
sventagliati intorno a cristo stesso, ciò
ci catapulta dal mondo reale ad una
storia delle vite di questi due santi che
sono affrontate quasi come se fossero
comparate e questi due santi li
vediamo dal momento in cui prendono
il loro diaconato fino al loro martirio
(come accade a santo Stefano che
viene portato fuori e lapidato).
-Beato Angelico è in grado di portare a
roma, alla corte papale, ovvero in un
posto importante, un modo di narrare
le immagini molto importante. Però bisogna prendere in considerazione che le sue
radici vengono dalla Cappella Brancacci dove Masaccio al suo interno espone
un’arte molto iconica e statica, sia nella trinità che anche nei
vari politici. Nella Cappella Brancacci deve narrare una
storia su una scala monumentale.
-si tratta di un modo molto
particolare di organizzare e
sistemare l’assetto spaziale perché
vediamo Santo Stefano che viene
portato fuori dalle mura cittadine e
lapidato, una pietra l’ha appena
colpito sulla spalla mentre lui prega
già sanguinante. Un altro uomo sta
per lanciare la pietra. Nonostante il
rapporto con quella tradizione,
vediamo quanto Beato Angelico
diventa un pittore più terreno, ovvero
un grande lavoratore.
-a Roma, lo vediamo nelle
architetture, che diventano
l’elemento che struttura la
composizione e la narrazione che
permette anche di organizzare con
gruppi di personaggi qualcosa che aveva appena finito di
scrivere Leon Battista Alberti, ovvero organizzare
personaggi in gruppi, leggibili nella storia o sulla storia,
che le dessero senso. Tra i generi pittorici quello più nobile
e in alto nella gerarchia, lo era perché poteva narrare tanto quanto il linguaggio
verbale, allora i pittori diventano quasi come i scrittori. Questa architetture non è
molto brunelleschiane, lui è molto più archeologico romano.
- i personaggi sono masacceschi, vogliono tornare indietro da lui perché a questo
punto c’era già una narrazione storica per cui si vedevano già le radici piantate da
Giotto (dato che lui aveva già cambiato il linguaggio, abbandonando quello greco
e andando verso un linguaggio diverso). Vogliono inserisci dentro quella
tradizione, una tradizione così innovativa che poi porterà anche altri artisti ad

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andare a Firenze, dato che Roma sta crescendo e in seguito diventerà uno dei
grandi centri delle arti. Molte delle produzioni vengono da Roma, in questi anni
uno che emerge particolarmente è Piero della Francesca.

PIERO DELLA FRANCESCA -


POLITTICO DELLA MISERICORDIA
-rappresenta una delle poche opere
documentate di Piero e anche una delle
prime commissioni da lui avute a
Sansepolcro. Nel 1445 gli venne
commissionata dalla confraternita della
Misericordia con lo scopo di ormare l’alatre
maggiore della chiesa (specificando che
Piero non avrebbe dovuto avere aiutanti e
che l’avrebbe dovuta terminare entro tre
anni, ma non rispettò questa promessa).
- il polittico si compone di cinque grandi
pannelli, una predella e undici tavolette
distribuite nella cimasa e sui lati. La
composizione doveva poi essere racchiusa entro una cornice dorata tardo-gotica
andata però dispersa quando l’opera fu smontata intorno al 1630.
Successivamente, con le soppressioni delle Compagnie Religiose, il dipinto, ormai
smembrato, fu trasferito prima nella chiesa di San Rocco e poi, divenuto proprietà
comunale, nella Pinacoteca cittadina.
- Al centro si staglia la maestosa e ieratica figura della Madonna della Misericordia
che, secondo uno schema già da tempo codificato e diffuso, apre il mantello,
aprendolo come l’abside di una chiesa, sotto il quale si rifugiano uomini e donne
inginocchiati e in preghiera. Sotto l’ampio mant vengono rappresentati il priore, i
consiglieri della Fraternità e le loro donne che vi trovano spazio quasi si trattasse
di un mondo astratto e isolato dove l’umano e il divino s’incontrano. Questa
sensazione è rafforzata dal volto della Vergine, un ovale perfetto che emerge con
forza dall’accecante fondo dorato che accentua la sensazione di sacralità
dell’opera.
- infine una piccola curiosità secondo la quale si è creduto di riconoscere
l’autoritratto di Piero della Francesca nella figura, posta tra gli oranti di destra, dal
volto quasi frontale rivolto verso l’alto. Al di sopra della Madonna si trova il
pannello dove è dipinta la Crocifissione, un’opera dalla qualità e dalla spiritualità
altissima.
- L’immagine presenta una luce dorata, il Crocifisso con ai lati la Vergine, che leva
le mani al cielo quasi volesse urlare il proprio dolore, e San Giovanni che
spalanca le braccia in un gesto di disperazione. Ai lati della tavola con la Madonna
della Misericordia troviamo due pannelli raffiguranti San Sebastiano e San
Giovanni Battista, a destra, San Bernardino da Siena e San Giovanni Evangelista,
a sinistra. Le figure di questi quattro Santi, e in particolar modo quelli posti nel lato
destro, risultano immobili e possenti e riescono a staccarsi dal fondo dorato con
una fisicità che ricorda le energiche e rudi figure di Masaccio e il plasticismo
donatelliano. Da notare che non sappiamo se i santi sono rappresentati
intenzionalmente, secondo un ordine cronologico ovvero dal più giovane al più
anziano evidenziando così le età dell’uomo.

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- Le tavolette superiori raffigurano, partendo da sinistra, San Benedetto, l’Arcangelo


Gabriele, la Vergine Annunziata e San Francesco d’Assisi. Nella lesena di sinistra,
dall’alto verso il basso, incontriamo invece: San Girolamo penitente, Sant’Antonio
da Padova e Sant’Arcano, uno dei pellegrini fondatori di Sansepolcro. Nella
lesena di destra vediamo Sant’Agostino, San Domenico e Sant’Egidio, l’altro
fondatore della cittadina biturgense.
- La predella si suddivide in cinque scene comprendenti da sinistra: la Preghiera
nell’Orto, la Flagellazione, la Deposizione, il Noli Me Tangere e le Marie al
Sepolcro.
PIERO DELLA FRANCESCA - STORIE DELLA
CROCE
-circa nel 1452, Piero venne ricercato dalla
famiglia Bacci per la realizzazione degli affreschi
riguardanti le Storie della Croce (gli affreschi
vennero interrotti tra il 1485 e il 1459, durante il
suo viaggio a Roma).
-Piero compone dieci scene distribuendole in
due lunette e in otto riquadri (quattro maggiori e
quatto minori) su tre distinti registri. Le dieci
storie alla quale sono stati aggiunte due figure di
profeti sono disposte sulla parete di fondo della
cappella absidale e sulle due laterali. La
sequenza degli episodi ha inizio nella lunetta di
destra e si conclude in quella di sinistra.
Possiamo distinguere tre temi trattati su tre livelli
diversi: scene di battaglia e annunciazioni, scene
che esaltano l’intuizione mistica e l’inizio con la
fine di quello superiore.
-ad oggi abbiamo ancora le tracce del progetto
iniziale di questi affreschi, un dettaglio che ci permette di capire quanto ben
studiate siano state queste scene.
- il ciclo si colloca nella conquista turca di Costantinopoli e di una possibile
avanzata di Mehmed II. Ci sono anche delle continue allusioni alle crociate per
riconquistare i luoghi sacri (quindi gli eventi vanno letti sotto una chiave di lettura
storica).

L’INCONTRO DI
SALOMONE CON LA
REGINA DI SABA
-una ferrea geometria divide
esattamente in due parti
uguali gli spazi dedicati agli
episodi della regina di Saba
che venera il legno della
Croce e di Salomone che
incontra la regina. Venuta da
un lontano regno arabo la
regina di Saba riconosce la
santità di un legno, quello attribuito alla realizzazione della Croce di Cristo, gettato

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fra la sponde di un corso d’acqua a mo di ponte, si inginocchia e lo venera.


Attorniata dalle dame del suo seguito, silenziose e meravigliate. La regina è a
mani giunte con la testa leggermente china in avanti (la regina con le sue dame
sono legate da una sorta di catena protettiva). Una serva poco lontano aspetta e
dei nobili giovani aspettano fra loro, mentre si occupano dei cavalli al riparo di
alcuni alberi.
- ci sono poche notazioni paesaggistiche, come due alberi, un prato verde, delle
colline, delle vette tondeggianti, il cielo e qualche nuvola.
- l’incontro invece avviene in un sontuoso portico con colonne scanalate, su basi e
dal capitello composito, sulle quali grava l’architrave a tre fasce. Il soffitto ha dei
grandi lacunari di marmi colorati, che ripetono la pennellatura della parete di
fondo. Il centro della composizione in questo caso è costruito da Salomone che
stringe con la mano destra quella sinistra della regina. Un ampio mantello
damascato giallo oro cade in pieghe regolari dalle spalle del re d’Israele. Le donne
e gli uomini si dispongono a cerchio attorno a loro.
- Pietro tratta i personaggi secondo precisi volumi geometrici, non è difficile
riconoscere delle figure ovoidali nelle teste degli uomini e
delle donne. La geometria viene utilizzata anche per
segnalare la scansione dello spazio, una suddivisione
dell’intero riquadro in otto parti uguali, infatti possiamo
individuare otto elementi significativi, ma allo stesso
tempo possiamo individuare tutte le figure contenute
nella metà inferiore del riquadro che occupano per tutta
all’altezza.
IL SOGNO DI COSTANTINO
-si trova nella porzione infieriore della parete dietro
l’altare.
-viene interpretato come il primo notturno della pittura
italiana. Uno dei restauri avvenuti nel 2001 ci svela che
non è il buio della notte che viene rotto dalla luce
dell’angelo perché il momento che viene scelto da Piero
è l’alba.
-vediamo un angelo in volo che tiene nelle braccia tese
una piccola croce luminosa e dalla quale la luce si irradia
dintorno, porta a Costantino il sogno con la rivelazione
che, nel giorno che si apprestava a cominciare, avrebbe
vinto la battaglia contro Massenzio se avesse posto sugli
scudi dei soldati la croce di Cristo.
- la scelta dell’alba è proprio in relazione all’avveramento del sogni ed è un rinvio
alla cultura classica. La luce emanata dalla croce rende luminosissime, candide e
traslucide le piume dell’ala destra del messaggero divino. Illumina la tenda da
campo vegliata da un servitore (due armate proteggono il sonno di Costantino).
PIERO DELLA FRANCESCA - BATTESIMO DI CRISTO
- realizzata per l’Abbazia di Sansepolcro, città natale dell’artista, costituiva la parte
centrale di un polittico, destinato probabilmente all’altare maggiore, completato,
per le restanti parti, dal pittore Matteo di Giovanni.
- la sua datazione è imprecisa. Una parte della critica colloca il capolavoro in una
fase giovanile di Piero, negli anni immediatamente successivi al 1439 (dedotto dai
tenui colori pastello che richiamano quelli amati da Domenico Veneziano). Altri

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studiosi ritengono, invece, che la tavola sia un po’ più


tarda e che risalga agli anni 1448-50, se non
addirittura al 1458-59, e questo a causa sia dei
complessi schemi geometrico-matematici che guidano
la composizione della scena sia della complessa
simbologia contenuta, componenti più facilmente
giustificabili con la raggiunta maturità dell’artista.
- presenta, al centro, la figura di Gesù, sovrastato
dalla colomba, simbolo dello Spirito Santo. Cristo è
affiancato, a sinistra, da un albero, simbolo della vita
che si rigenera con l’avvento del Salvatore, e a destra
da san Giovanni Battista, vestito di una pelle a
brandelli. Il Redentore è mostrato frontalmente,
immobile, con le mani giunte e gli occhi umilmente
abbassati. La perfezione del suo corpo e la sua posa
rigida e austera lo rendono simile ad un’antica statua
greca e d’altro canto il colore pallidissimo della sua
pelle, richiamato da quello dell’albero, contribuisce a
conferirgli tale aspetto scultoreo.
-all’estrema sinistra, tre angeli assistono all’evento.
Quello con un drappo rosa sulla spalla, seminascosto
dall’albero, che guarda dritto verso l’osservatore (il suo
compito è quello di agganciare lo sguardo del fedele e
di richiamare la sua attenzione). Sul fondo si scorgono
dei farisei. Uno di loro, il più vecchio, indica il cielo con
il braccio destro, puntando alla colomba sospesa sul
Cristo. Questo suo gesto è enfatizzato dalla posizione
parallela della gamba sinistra del Battista. All’estrema
destra, un neofita si spoglia per essere a sua volta
battezzato( richiama i bellissimi, e naturalissimi, neofiti
dipinti da Masaccio nella Cappella Brancacci).
-a differenza dell’albero in primo piano, quello alle
spalle dell’uomo che si sta spogliando è secco; questa
pianta rappresenta coloro che non si battezzano, non
seguono Cristo e dunque non possono dare frutto.
- il dolce paesaggio collinare, punteggiato di piante, è descritto nei minimi
particolari, secondo la consuetudine della pittura fiamminga che Piero tanto
apprezzava.
- nella zona centrale del dipinto, a sinistra, in lontananza, si riconosce nel piccolo
borgo fortificato la cittadina di Sansepolcro, qui ambiziosamente presentata come
nuova Gerusalemme. Il Giordano è dunque identificato con il Tevere.
L’identificazione di Sansepolcro con Gerusalemme è anche legata alle origini della
città che, secondo una leggenda, venne fondata sul finire del X secolo da due
santi pellegrini, Egidio e Arcadio, che al ritorno dalla Terra Santa in quel luogo
eressero un oratorio destinato a custodire alcune reliquie del Santo Sepolcro di
Gerusalemme.
- la scena immaginata è interamente una costruzione mentale.
- la composizione della scena è molto rigorosa e guidata dalla geometria e dalla
matematica. La tavola è infatti composta da un quadrato sormontato da una

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semicirconferenza, al centro della quale l’artista collocò


la colomba, le cui ali si distendono lungo il diametro.
Sull’asse verticale si distribuiscono colomba, mano e
coppa del Battista, corpo di Cristo, il cui ombelico
coincide con l’incontro delle diagonali del quadrato. Il
vertice inferiore del triangolo equilatero costruito dal lato
superiore del quadrato coincide con i piedi di Gesù;
l’altro triangolo equilatero, quello costruito invece dal lato
inferiore, ha il vertice sulla mano del Battista. Il
pentagono costruito all’interno del quadrato contiene
gran parte delle figure della composizione. L’albero di
sinistra, infine, è collocato in corrispondenza del rapporto
aureo.
-Piero era un pittore molto colto e un finissimo
intellettuale, che amava costruire le scene di tutti i suoi
quadri secondo precisi criteri geometrici e proporzionali.

PIERO DELLA FRANCESCA - LA


FLAGELLAZIONE
-è uno dei suoi più celebrati capolavori.
Dipinta, secondo le ultime ipotesi, tra il 1460 e
il 1461, è considerata come una delle opere
più controverse del Rinascimento. Il dipinto fu
quasi certamente eseguito a Urbino, dove il
pittore si era trasferito dalla fine degli anni
Cinquanta e dove visse, a più riprese, per un
lungo periodo. Committente del quadro
potrebbe essere stato Federico da Montefeltro,
duca di Urbino e suo grande ammiratore.
- con quest’opera riunisce due scene ben
distinte eppure connesse fra di loro: a destra, in primo piano, tre uomini sembrano
colloquiare insieme, in una strada affiancata da edifici antichi e rinascimentali. A
sinistra, Cristo legato alla colonna è flagellato al cospetto di Pilato, che osserva la
scena seduto sul trono (ambientata sotto una loggia classica, sostenuta da
colonne composite scanalate, coperta da un soffitto a cassettoni, e ispirata
apertamente alla contemporanea architettura di Leon Battista
Alberti).
-la pavimentazione in cotto della piazza è percorsa da lunghe
strisce di marmo bianco mentre il pavimento della loggia,
invece, è riccamente decorato con grandi tarsie marmoree
bianche e nere. La scena è resa con grande perizia tecnica
attraverso la definizione attenta di ogni particolare.
-nella Flagellazione i due gruppi di figure sono idealmente
unificati da una costruzione prospettica assai complessa, che
è poi la vera protagonista della tavola. Tale prospettiva sembra
voler indicare che il quadro non va letto da sinistra a destra,
ma da destra a sinistra. Le due scene sono inscrivibili,

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insieme, in un rettangolo i cui lati si relazionano fra loro secondo la formula


proporzionale della sezione aurea.
- Quest’opera ha costituito e continua a costituire uno degli enigmi più avvincenti
della storia dell’arte. Nel corso del tempo sono state formulate diverse ipotesi, la
più attendibile ci fa supporre che il dipinto sarebbe un’allegoria della Chiesa
tribolata dai Turchi, con un chiaro riferimento alla presa di Costantinopoli,
avvenuta otto anni prima della realizzazione del dipinto, nel
1453. È stato osservato, a sostegno di questa ipotesi, che la
colonna alla quale è legato Cristo è sormontata dalla statua
classica di un uomo che sorregge un globo (un monumento
simile era stato eretto in onore di Costantino nell’appena
rifondata Costantinopoli). Ponzio Pilato, che assiste
impotente alla tortura, sarebbe in realtà l’imperatore di
Bisanzio Giovanni VIII. I flagellatori sarebbero gli infedeli, e
in effetti sia gli atteggiamenti sia le fisionomie rimandano alle
figure dei pirati turchi e mongoli. Il personaggio di spalle
sarebbe invece il sultano Maometto II che intendeva
insediarsi sul trono di Bisanzio: egli è infatti a piedi scalzi,
mentre è Giovanni VIII a indossare i purpurei calzari
imperiali, che solo gli imperatori bizantini potevano portare.
-I tre uomini in primo piano sarebbero invece, da sinistra: il
cardinale Bessarione (delegato bizantino che molto si adoperò durante il Concilio
di Ferrara e Firenze), Tommaso Paleologo (pretendente senza speranza al trono
di Bisanzio), infine Niccolò III d’Este, (il quale ospitò parte del Concilio a Ferrara).

PIERO DELLA FRANCESCA - PALA DI MONTEFELTRO


- attraverso quest’opera anticipa la questione di voler continuare con questa
traiettoria molto legata nella narrazione. Iniziò questa grande impresa ad Arezzo,
poco dopo la fine degli affreschi di Beato Angelico. Si trattava di un Piero della
Francesca ancora giovane, dato che lui morì nel 92 ed ha ancora tanti anni
davanti a se. Si pose il problema della prospettiva, dato che solitamente ci
mostrava le croci da punti di vista diversi e ciò avrebbe potuto fer pensare che
queste citazioni, per uno che è ancora giovane e che
stava ancora cercando la propria voce, il proprio
linguaggio personale abbia dei rimandi all’arte
fiorentina, più precisamente a Paolo Uccello (si
tratta di un artista che sta cercando la propria voce).
-ci sono due versioni, ma questa è molto più
particolare con un’astrazione. L’architettura è antica
quasi brunelleschiana, ma non c’è un rimando
esplicito è un’architettura che arriva a lui attraverso
dei rimandi. Queste figure si articolano in uno spazio
che è contornatissimo e misuratissimo, ma allo
stesso tempo non ha più quell’astrazione, è molto
più plausibile. Gli elementi architettonici laterali
avevano in qualche modo la funzione di mettersi in
relazione allo spazio circostante (l’idea era quella di

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continuare lo spazio del dipinto nello spazio reale esterno).


- È un dipinto del quale sappiamo chi è il committente, o il donatore. Si tratta di
Federico da Montefeltro, al quale viene concesso il ducato a Urbino. Lo vediamo
di profilo a pregare difronte a questa pala d’altare ma immortalato in eterno nello
spazio privilegiato del sacro.
- si trova ad un gradino di distanza dalla Madonna. Rappresentato in maniera
riconoscibile ed è sempre lo stesso ritratto, precedente ( sempre rappresentato di
profilo).
- possiamo notare un uovo pendere dalla conchiglia nella nicchia esattamente in
asse con la testa della Vergine, ciò si tratta di un chiaro riferimento a tantissime
cose che non sappiamo con precisione dato che dell’uovo non ne abbiamo la
simbologia chiara, sarà per la forma relativamente complessa e regolare che si
schiude, come la nascita (sotto inoltre si trova il bambino con la madre).
- lui gioca molto sulla purezza matematica e geometrica. In questo periodo si pone
anche il problema che è esattamente nel punto dove si trova l’onda della
conchiglia, qualcosa che chiaramente costudisce la perla ma in questo caso c’è
un uovo ( si tratta di qualcosa di estremamente concettuale).
- con questo ha acquisito una padronanza del linguaggio prospettico, ora può fare
quello che non aveva fatto prima e con questa nuova visione lui è molto attento su
dove posizionarci, a dove posizionare lo spettatore. Lo spettatore viene
posizionato in basso e le figure ci sovrastano, dato che serve comunque
organizzare le figure.
- l’architettura incorniciata ed estremamente classicheggiante, evidenziata dalla
luce, questa luce ancora molto chiara, che abbaglia e allo stesso tempo è irreale. I
volumi sono molto geometrizzati, lui non fa semplicemente i ritratti ma usa lo
stesso tipo di volto per diversi personaggi (da come posiziona la barba e anche da
come la toglie).
- i personaggi spesso sono molto, a causa di questa astrazione, congelati. Riesce a
vincolare questa idea di ritmo congelato.
- ci sono tre personaggi che sembrano di star conversando, ma sono congelati. Lui
ha questa cultura che è molto addentrata all’interno della corte dei duchi d’Urbino,
ad oggi ci sono ancora delle opere misteriose. L’astrazione viene portata ai
massimi livelli, ci sono quasi completamente l’assenza di figure e quindi di vita, in
dipinti che in qualche modo erano la riproposizione di quello che aveva fatto
Brunelleschi.
- questo edificio non rimanda per niente al battistero di Firenze. Ma viene
combinato con altri edifici perché è un’allusione alla costruzione. Tutto in un
contesto molto esplicitamente misurato, mappato però allo stesso tempo astratto
e lo diventa anche in altri.

Durante il 400 avanzato la cultura iniziò a diffondersi in tutta la penisola. Ci furono


una serie di scambi tra la Toscana e Roma, come avvenne con Beato Angelico o
come con Firenze e Padova. Tutta l’area veneta distante il periodo in cui Donatello ci
andò, riuscì a portare con se una cultura scultorea ma anche un bagaglio della
cultura fiorentina.
Ci fu anche un importante confronto con Andrea Mantegna, ovvero uno dei grandi
protagonisti della seconda metà del 400 si legò a varie corti del nord italia ed ebbe
delle commissioni molto importanti. Entrò in poco tempo dentro una cultura
antiquaria artisticamente parlando ma anche letteralmente, maggiormente sul

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classicismo. Riuscì a portare alle conseguenze più alte la cultura ma anche il


rapporto con l’antico.

ANDREA MANTEGNA - SAN SEBASTIANO


- si tratta di un santo martire che viene
rappresentato in un contesto molto particolare ed
esplicito dal punto di vista dell’appartenenza
dell’antico. Sarebbe vissuto durante l’impero
romano, lui lo inserisce in questo contesto specifico
che
non è fine a se stesso , ma potrebbe avere un
significato come per Beato Angelico quando realizza
le storie dei santi Stefano e Lorenzo martiri anche
loro (diventa qualcosa che restituisce un contesto
storico coerente e credibile).
-Mantegna sin dall’inizio mostra un grande interesse
per l’antico e la storia, fa un’operazione anche molto
diversa e complessa perché non ricostruisce uno
scenario antico come aveva fatto pochi anni prima,
ma realizza uno scenario che esiste allo stato di
frammento. Infatti ambienta questo dipinto all’interno
di un’architettura con rovine antiche (c’è anche da
dire che Padova è uno dei centri di collezionismo
dell’antico). Quella che ha lui è un’idea di
collezionare statue antiche che emergono allo stato
di frammento, qualcosa che nasce come pratica
collezionistica e Mantegna riesce a mettere in piedi un discorso estremamente
complesso perché fa un riferimento al collezionismo antico ovvero un gesto verso
la realtà di questo collezionismo. Cosa sono questi oggetti che emergono nella
terra? Sono frammenti e lui c’è lo fa vedere allo stato di frammento, si tratta di una
veridicità archeologica che è anche molto innovativa. Un’attenzione all’antico che
si trova alla base dell’interesse collezionistico e che lui stesso riecheggia in una
firma in greco, una cosa di una rarità estrema in questo periodo è che
chiaramente vuole dimostrare quell’interesse molto sofisticato, anche di qualcuno
che riesce a capire il rapporto, ma poi c’è di più perché ci fa vedere un santo
martirizzato e attraverso esso testimonia la sconfitta del paganesimo che riemerge
nel 400 c’è un importantissimo libro fondativo della storia dell’arte (ci da l’idea di
quanto fosse fecondo questo recupero dell’antico).
- Mantegna che è così profondo nel suo sguardo vero questo antico, non si nega
che si tratta di una cultura che finirà per diventare una religione, molto seria anche
per le loro vite. Vede consegnarci attraverso il dipinto quello stato di frammento, il
cristianesimo sconfigge quella cultura (i tempi degli antichi sono stati distrutti).
- ad oggi esistono come testimonianza storica. Abbiamo il trionfo della cultura che
vediamo attraverso questi santi martiri perché qui entrambe le narrazioni esistono,
antica e quella che rimanda al collezionismo (collezionismo di soggetto religioso),
letto anche come un dipinto che narrava una storia sacra.
- in questo dipinto vediamo san Sebastiano con entrambe le braccia legate alla
colonna e una postura con contrapposti esibiti (ovvero il petto che esce e la testa
che viene rivolta verso sinistra).

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- si tratta di un gioco, una sorta di avventura per parlarsi e rispondersi tra pittori per
fare un piccolo passo in avanti, che
viene delineato dal dialogo.
-il pavimento è geometricamente
corretto e definitivo (ha guardato
chiaramente tutta la tradizione da Piero
della Francesca a Paolo Uccello).
-ci troviamo nella Firenze degli anni 20
del 400, dove lavorano quotidianamente
e vediamo un’energia diversa (questi
sono dei momenti irripetibili).
ANDREA MANTEGNA - LA CAMERA
DEGLI SPOSI
-datata 1465- 74 e collocata all’interno
della corte dei Gonzaga a Mantova.
- riesce a pensare come l’utilizzo dei criteri della rappresentazione spaziale
permetta di creare uno spazio non solo amplificato con quello architettonico ma
anche con l’architettura di una sala chiusa e dei possibili paesaggi.
- queste pareti affrescate si tengono in stretto dialogo con personaggi raffigurati,
ovvero con coloro che al tempo popolavano queste sale (va a creare una sorta di
rapporto diretto).
- nella volta lui apre un ruolo prospettico e successivamente porta la prospettiva a
dei livelli che prima non erano nemmeno stati pensati. Si tratta di una prospettiva
illusionistica (più vicina a quella di san Satiro di Bramante a Milano, dove lui ha
questa idea di una prospettiva illusionistica per il coro e per l’abside però sono
passaggi che avvengono anche gradualmente).
-per cui lui riesce a creare uno spazio che si
amplia verso un paesaggio, ma anche verso il
cielo e permette così anche di cimentarsi in
una serie di raffigurazioni in scorcio, come i
putti visti dal sottinsù (una sorta di gioco
prospettico).
-raffigura questo grande vaso con questa
pianta messo un po’ in bilico, potrebbe
cadergli sulla testa da un momento all’altro e
facendo così insiste sull’idea di questo spazio
potenzialmente ingannevole. Ci troviamo di
fronte ad un approccio nuovo della cultura
prospettica e grazie ad esso vediamo quanto c’è
di innovativo.

PITTURA DEL RINASCIMENTO NORDICO - PITTURA FIAMMINGA


Durante questo periodo alcuni paesi del nord iniziarono ad utilizzare la pittura ad
olio, invece che continuare ad utilizzare la tempera. Quando si parla della pittura a
tempera parliamo di quella con cui abbiamo esercitato il nostro occhio con ad
esempio le pale d’altare, dove veniva utilizzata come legante per i pigmenti che
vengono macinati con una polvere che poi viene stesa sul supporto attraverso un
legante a base d’uovo, quindi ne crea qualcosa di potenzialmente trasparente (lo

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vediamo con Masaccio, si tratta di una pittura per la quale lui gioca molto, una pittura
nella quale la densità della pellicola pittorica può lasciare trasparire una luce che
viene da sotto perché è anche una pittura che si ottiene attraverso l’uovo, ovvero un
legante che da un’opacità alla pellicola pittorica e permette di assorbire la luce).
Piero della Francesca ci mostra come le luci nel dipinto venissero riflessa da una
pellicola pittorica con uno spessore superiore, mentre tutta la tradizione nordica
utilizzando leganti oleosi otteneva una pellicola pittorica molto più spessa.
Il loro intento era quello di creare uno spessore del genere, ovvero molto più
evidente che mantiene anche un rapporto con la luce molto diverso rispetto a quella
che è la tempera per cui da una percezione oculare e ottica molto diversa.
Persino Piero della Francesca andando avanti con il tempo divenne sempre più
attento (come vediamo con la Pala di Montefeltro per la quale ebbe una concezione
ottica molto più diversa).
Negli anni 30 Gentile da Fabriano realizzò la Pala dei Magi, usò l’oro e le borchie
come riferimenti per i cavalli in rilievo, dato che la tempera non poteva dare quella
possibilità di mimesis e di aderenza al dato naturale ottico così profonda quanto
quello che si può ottenere con un legante ad olio,
perciò Piero della Francesca fu uno dei primi che si
cimentò con i colori ad olio per conoscerli.
Persino Vasari scrisse che nelle corti avevano già
inventato la pittura ad olio. Ma l’interesse maggiore fu
nelle fiandre, vedevano questo tipo di tecnica come
qualcosa che coincide con tecnica e stile, qualcosa
che difficilmente può difficilmente essere scisso l’uno
dall’altro, non ne viene uno prima.

JAN VAN EYCK - I CONIUGI ARNOLFINI


-datato 1434.
-la sua tipologia di pittura è formata da giochi di ombre
e da colori più soffusi e realistici rispetto a quelli di
Masaccio, per lui era tutto più prospettico e
geometrico. Quelli che per Masaccio sono volumi qui
diventano tangibili, pensiamo ai tessuti appena visti in
tutto il rinascimento italiano ma anche in tutto il veneto,
qui la pelliccia è molto diversa, come il velluto nero del cappello. La pittura ad olio
gli permette di giocare con le più minime variazioni luministiche in modo da farci
vedere le variazioni di nero che è un colore scuro ma lo fa cambiare attraverso la
luce, come le variazioni del velluto che riflettono la luce diversamente e ce lo può
far vedere perché utilizza un legante oleoso.
- tutto questo si inserisce in una volontà di rappresentare la realtà molto diversa
rispetto a quella del rinascimento, troviamo infatti una distanza epistemologica di
come si rappresenta la realtà. Se a sud delle alpi la realtà vuole essere impigliata
nella geometria, a sud vuole essere esplorata per quello che è .
- in quest’opera inserisce un punto di vista molto alto, in modo da mostrarci il
pavimento, anche impennato verso di noi (prospettiva empirica). Questo punto di
vista molto alto permette all’artista di farci vedere molte parti dell’ ambientazione,
come accade con la camera ( mentre non l’avrebbero fatto a Firenze).
- notiamo un letto, delle poltrone e un cassone. Loro non tendono a semplificare
questi elementi, anzi mostrano gli oggetti che popolano una stanza.

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- viene aggiunto anche un cagnolino, che ricorda qualcosa di domestico collegato


alla simbologia di fedeltà. Inoltre celebra un’occasione
matrimoniale, la fedeltà del cane indica la fedeltà coniugale
che viene coronata anche dal ventre di questa donna che
non porta un bambino ma lo porterà un giorno.
-la viene indagata nelle sue particolarità superficiali.
Vediamo i ricami di questo velo che la copre ( attraverso un
legante oleoso riesce a farci vedere questo lampadario
modellato dalla luce stessa, la superficie riflettente luccica
come non erano concepite dall’occhio Masaccesco).
-trasporta anche lo specchio nella parete di fondo, dove si
ritrae se stesso. Vediamo anche la firma.
-l’artista comunica attraverso le immagini che sdoppia i lati
di questa stanza e
in qualche modo giocando anche con questa idea, che verrà successivamente
sbloccata. L’artista da la sua opinione, ovvero quella di uno specchio che riflette i
due coniugi ma anche altro. È una riflessione sulla tecnica stessa.
- il dipinto è anche abbastanza piccolo.

JAN VAN EYCK - RITRATTO D’UOMO


-datato 1433.
-l’uomo raffigurato ha lo sguardo sempre rivolto verso di noi,
questo anche grazie alla scala che lo permette senza creare
distorsioni alternative. Dedica molta attenzione alla realtà,
appunto per questo si diceva che gli artisti del rinascimento
fiammingo lavorassero con una sorta lente di ingrandimento.
-il volto ci mostra chiaramente tutte le rughe, si tratta di un
volto che ci da l’idea di una vita vissuta. Si vede la barba
cresciuta da all’incirca un giorno , un pittore come Masaccio
non ci avrebbe mai pensato, secoli prima, e non aveva
neanche l’interesse di realizzarla.
-ci tiene a sottolineare i riflessi della luce e che permettono
di mostrarci al meglio ogni singola ruga sul suo volto. Ma c’è
da dire che queste pelli, anche quando hanno le rughe non
danno l’idea di oleosità della carne e della pelle. Per questo
possiamo dire che si tratta di una pittura che richiede tempo e
un modo di concepirla estremamente diverso.

JAN VAN EYCK - RITRATTO DI CARDINAL


NICCOLÒ ALBERGATI
-datato circa 1431.
-il cardinal Niccolò Albergati decise di farsi ritrarre da
lui, a maggior ragione sceglie di farsi ritrarre da un
fiammingo anche perché vuole quel tipo di arte .
-viene rappresentato un volto sul quale ormai è
trascorsa la vita, possiamo notarlo anche dalla pelle
cadente sotto il mento.

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- quando il committente sceglie l’artista si tratta di una scelta personale, ognuno


lavorava a modo proprio. In questo caso Van Eyck ci mostra un’arte che esplora le
qualità materiche del reale e c’è una grande differenza nei modi in cui l’arte è
strumento di conoscenza.

HUGO VAN DER GOES - RITRATTO D’UOMO


-datato 1475.
-si tratta di unartista che viene da una generazione
successiva a Van Eyck, ma è ancora fortemente legato a
quell’approccio visivo e possiamo vederlo nella
realizzazione di questo uomo.
-lo rappresenta con una barba appena accennata e qui se
lo guardiamo attentamente, possiamo far caso al fatto che
ogni pennellata costituisce un pelo della barba.

ANTONELLO DA MESSINA - RITRATTO D’UOMO


(accenni)
-datato 1475.

PERUGINO - RITRATTO DI FRANCESCO DELLE


OPERE
- datato 1494. Pietro Perugino viene da Perugia, per poi
andare a Firenze e alla fine a Roma. La sua è una
produzione enorme e fu persino il maestro di Raffaello.
Lavorò a cavallo tra il 4/500 (non può essere un pittore
sopravvalutato).
- bisogna anche dire che Perugino venne inoltre
influenzato dalla pittura fiamminga, infatti quest’opera
mostra dei caratteri nuovi.
- il volto che rappresenta, è un volto depurato dalle varie
imperfezioni della pelle ma comunque molto attento ai dettagli. Guardando
attentamente si percepisce questo leggero cenno di barba, fescere vicino al
labbro e al mento.
- la raffigurazione della pelle è particolarmente vera. Perugino porta alle sue opere
una sorta di visione lenticolare della realtà.
- si presuppone che Francesco delle Opere fosse un seguace di Savonarola,
perché nel cartiglio che vediamo tenere stretto tre le sue mani c’è scritto in latino
Temete Dio, l’inizio di una celebre predica del frate.
- Francesco viene rappresentato dietro un muretto obliquamente, lo vediamo infatti
posare le sue mani su questa sorta di muretti davanti a lui. Il suo vestiario lo rende
una figura molto più decisa come d’altronde anche il suo sguardo fisso verso di
noi.

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- dietro di lui notiamo questo paesaggio variegato, notiamo delle formazioni


rocciose di destra e di sinistra, un fiume e una linea d’orizzonte che definisce il
cielo.

HUGO VAN DER GOES -


TRITTICO PORTINARI
-datato1473-78.
-la famiglia Portinari lo
commissiona e lo fa
portare a Firenze. Al suo
arrivo creò molto scalpore
anche perché non si
poteva pensare a
qualcosa di diverso dai
soliti dipinti di Botticelli.
-quello che va a
rappresentare è un punto
di vista alto, con piano di calpestio impennato verso di noi, in modo da non farci
perdere nessun dettaglio.
- aggiunge delle decorazioni con dei pastori. Va però specificato che non si tratta
dei magi che portano i doni, infatti vediamo la differenza. I pastori
danno l’occasione di cimentarsi su dettagli come quelli delle
mani e delle persone che lavorano. Mentre i volti danno l’idea
di bassa estrazione sociale così come i tessuti che non sono
preziosi ma sono all’interno del dipinto e possiamo notare la
loro presenza materiale. Allo stesso tempo però vengono vestiti
con vesti preziose (ovvero da broccati di velluto e oro).
-nel paesaggio possiamo scorgere delle architetture più
contemporanee, come dei basamenti di case
sul fondo.

CERAMICHE FIAMMINGHE
All’interno di vari musei nel modo possiamo
trovare dei tipici vasi risalenti al periodo
fiammingo. Lo scopo dei pittori con la
realizzazione di queste opere è quello di
dare l’idea della mimesis nella pittura, ma
sopratutto nel quotidiano e quanto servisse per
le scene sacre dell’aspettatore.
Uno dei dettagli principali è quello del bicchiere trasparente, che
tale trasparenza viene ottenuta
solo in base alla pittura ad olio.

DOMENICO GHIRLANDAIO - THE ADORATION


OD THE SHEPERDS
-datata all’incirca 1485.
-rappresenta un pastore dal volto molto segnato
però Domenico Ghirlandai lo abbellisce in qualche
modo seguendo la teoria artistica del rinascimento

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italiano l’idea di copiare la natura e adattarla all’obbiettivo delle persone


- il suo intento è quello di copiare la realtà. Vuole togliere tutte le imperfezioni che
troviamo nell’esperienza del naturale e distillare l’idea di bellezza (c’è un modo di
pensare radicalmente diverso).
- una pala d’altare per una cappella.
- san Francesco che porta l’ordine dei francescani per l’approvazione. Ghirlandaio
ci porta questa storia avvenuta a Roma nel 12 secolo e c’è la porta nella Firenze
di quegli anni.

BENOZZO GOZZOLI - CAPPELLA DEI


MAGI
-datato 1459 e collocato all’interno di
Palazzo Medici Ricciardi a Firenze.
-si tratta di un affresco ed è un dettaglio
di una sala affrescata completamente.
Un fenomeno molto comune affrescare
e decorare le sale in questo modo
(come accadde per le stanze vaticane
di Raffaello o con le camere del palazzo
ducale a Mantova di Mantegna). Era
indecoroso lasciare una parete
completamente spoglia, lo
consideravano necessario decorare le
pareti, dovevano essere “vestiti”.
-si tratta della cappella di palazzo
Medici. Viene riproposta una scena dell’arrivo dei magi, venivano paragonati alla
famiglia De Medici e li celebravano. Celebravano l’arrivo dei Magi ma anche chi
affiancava questa famiglia.
- il corteo dei medici, sappiamo che raffigura membri della famiglia de Medici stessi.
In aggiunta anche altri personaggi, sono dei veri e propri ritratti, sono riconoscibili
e inoltre facevano parte della società del tempo. Controllavano la politica.
- ci troviamo di fronte ai Medici che vogliono creare una vera e propria cultura di
corte, nonostante non potessero essere riconosciuti come regnanti. Siamo in un
momento in cui il gotico internazionale è superato, riusciamo a vedere quella
tipologia di corte attraverso le decorazioni dei cavalli, le vesti importanti. Il pittore
ancora guarda Gentile da Fabriano, ma viene aggiunta una certa preziosità.
Attenzione al paesaggio. Modo di organizzare le immagini.
- eleganza dei gesti. Organizzazione ed utilizzò della prospettiva tutto
rigorosamente rinascimentale. Un modo anche per capire le qualità di questi
artisti.
- in altre scene, lui si cimenta in questa sorta di catalogo inestinguibile.
- i Medici non potevano avere una corte però lo fanno all’interno della propria
cappella, facendo così mandano anche un messaggio che in qualche modo è un
modo per dire e non dire perché loro non sono cortigiani ma utilizzano un
linguaggio di corte (volevano far capire che nonostante ciò di fatto erano i
regnanti).
- sono opere lette come messaggi politici.

DOMENICO GHIRLANDAIO - CAPPELLA SASSETTI

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-datato 1483- 1486.


-eventi di Roma li ambienta nella Firenze
del 400, ci troviamo in piazza della
Signoria e scorgiamo la Loggia dei Lanzi
(ancora non sono stati progettati gli
Uffizi).
-ci sono tutti personaggi noti della società
fiorentina. Compreso Lorenzo il
Magnifico. Va ad inserire questi
personaggi come se salissero una scala
che inizia nel nostro spazio e finisce nello
spazio del dipinto, li vediamo emergere
sempre di più. Tutto molto legato alla
cultura di questo momento storico.
DOMENICO GHIRLANDAIO - CAPPELLA
TORNABUONI
-costruita all’intero di Santa Maria Novella.
Commissionata dalla famiglia fiorentina Tornabuoni.
-bisogna vedere come le scene vengono impaginate.

La cappella Sistina fu eretta per volere di papà Sisto IV della Rovere attorno al 1475,
riservata principalmente alle funzioni liturgiche del pontefice e della sua corte (le
misure di questo posto possono essere messe in paragone con il tempio di
Salomone a Gerusalemme.
Il 27 ottobre del 1481 quattro pittori tra i più famosi dell’epoca firmarono il contratto
per terminare le decorazioni ad affresco delle pareti (Pietro Perugino, Sandro
Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Cosimo Rosselli).
La decorazione quattrocentesca si articola in tre registri sovrapposti. Nella parte
centrale abbiamo le Storie di Mosè sulla parte sinistra e le Storie di Cristo sulla parte
destra (confronto tra Antico e Nuovo Testamento).

DOMENICO GHIRLANDAIO
Ghirlandaio diventa molto più libero per la
realizzazione degli affreschi per questa
stanza. Non ha più tutte quelle briglie che
gli mettono i committenti e si apre a nuovi
paesaggi con san Pietro e san Paolo,
immagina un momento altro della storia, un
momento che non è quello suo. È

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cronachistico, riesce a creare qualcosa di molto più distante, un altro artista che
conosciamo già e che lavora da un’altra parte è Botticelli.

BOTTICELLI - LA PUNIZIONE DEI


RIBELLI
Botticelli è molto più affascinato dall’antico,
lui fa una forzatura storica. Mosè non era a
Roma, sopratutto tra gli archi di trionfo. Ci
mette Mosè diverse volte nello stesso
dipinto (tre volte), su uno sfondo di una
Roma ovvero quella che vedeva.
Arriva a Roma e fa il processo inverso di
quello che faceva Firenze. Non è la Roma
che conosciamo ad oggi, non è restaurata.

PIETRO PERUGINO - LA
CONSEGNA DELLE CHIAVI
Si tratta di un pittore
importantissimo che ha una
produzione sconfinata, due grandi
botteghe mantiene una a Perugia
e una a Firenze. Essendo di
cultura Umbra aveva anche molti
punti di contatto con tutto
quell’ambito di Piero della
Francesca. Qui riflette molto sulla
prospettiva, ma non solo. Questo
pavimento che all’altezza del 1481
sembra una sorta di riflessione e citazione sulle città ideali. Serve anche la griglia
prospettica e la mappatura, i gruppi dei personaggi che si articolano bene su questa
prospettiva. Per creare anche dei livelli gerarchici, quasi come se fosse su un palco
scenico e tutto il resto fosse un fondale.
Cristo che gli consegna le chiavi per le porte del Paradiso. Si tratta dell’affresco più
direttamente legato al papa stesso, in contatto fisico con il Cristo.
Si tratta di un’architettura ricomposta, estremamente geometrica. Gli archi di trionfo
portano verso Roma, rapporto con la classicità, edificio al centro con una cupola
molto interessante (ha una pianta ottagonale come il battistero di Firenze, la cupola
del Brunelleschi). Quello che dice Perugino è che sta cercando di riportarci li. Anche
la prospettiva ci riconduce li, le linee rosse che spartiscono il pavimento svaniscono
arrivando all’esterno, sono tutte concentrate li. Architetture ricreata.
Si tratta di corpi idealizzati. C’è anche del paesaggio (alberi in lontananza).

COSIMO ROSSELLI viene da Firenze. Ci porta una sorta di mondo tutto un po’ più
dorato (anni 80 del 400), quando gli artisti iniziano ad essere un po’ più in ritardo qua
invece vengono condannati. Troviamo uno scritto di Vasari che parla di questo
artista.
Cosimo non si sentiva alla loro altezza. Siccome non era un gran dipinto utilizza
materiali preziosi per abbagliare l’osservatore e con l’utilizzo dell’oro abbellisce
l’opera. Ci fa notare quanto questo sia un momento di passaggio, abbiamo visto l’oro

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essere imposto ma ormai sembra essere qualcosa che non è più parte del gusto del
tempo (chi usa troppo oro è arretrato). Nasceranno diversi dibattiti sul suo utilizzo.

PINTURICCHIO - SALA DELLE SIBILLE (appartamento


Borgia)
-lavorò per il papa Borgia usando l’oro in maniera
massiccia, cosa che a Vasari non piaceva per niente
(recupera l’idea del fondo oro).

ANDREA DEL VERROCCHIO - MADONNA COL


BAMBINO
-datato 1470.
-uno degli artisti che sono protagonisti in questo momento,
per la sua fama da pittore e scultore ma anche per i suoi
allievi come Leonardo Da Vinci o Sandro Botticelli.
-si tratta di una Madonna con il bambino, si tratta di una
sorta di piccolo ritratto.
-lo realizza anche in scultura. Il formato e il taglio sono
sempre uguali, dal bacino in su (mezza figura), la
Madonna presenta il bambino allo spettatore.

ANDREA DEL VERROCCHIO - DAVID


- datata 1465.
-David vittorioso ha un aspetto adolescente. Il
giovane eroe è in piedi ed esibisce una posa che
esprime il suo orgoglio per la vittoria( fiero di essere
diventato un eroe sconfiggendo il gigante nemico).
Infatti, la testa di Golia si trova a terra tra i suoi piedi.
Il corpo è sorretto dalla gamba destra mentre quella
sinistra è leggermente flessa e posta più indietro. Il
braccio destro è steso lungo il fianco e la mano
impugna la spada usata per decapitare il nemico. Il
braccio sinistro, invece è sollevato e la mano
appoggiata al fianco.
- il volto è ruotato verso la destra dell’osservatore.
Inoltre, il suo sguardo fiero presenta un accenno di
spavalderia giovanile. Infatti, con le labbra accenna
ad un sorriso di sfida e soddisfazione. Gli occhi sono

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segnati, in alto, dalla corrugazione che determina l’espressione di aggressività e


disapprovazione. I capelli sono ricci e scendono sul collo. David indossa infine
una corta tunica aperta sul petto e retta da due spalline. I bordi del corpetto, le
spalline e il bordo del gonnellino sono decorati da una spessa fascia. Ai piedi
porta dei calzari che coprono metà della gamba e lasciano scoperta la parte
anteriore del piede.

PERUGINO - APPARIZIONE DELLA VERGINE A SAN BERNARDO


-datato 1488-89
-gesti molto pacati, molto misurati. Per cui questo riesce a trasmetterlo
(insieme ai suoi aiuti di bottega, che gli permettono di lavorare molto e che la
sua produzione trascenda dal singolo individuo).

PERUGINO - MADONNA DEL SACCO


-datato 1495- 1500.
- vediamo quanto sia simile a se stesso in molte delle sue opere. Le tipologie
di volti sopratutto come tornano, chiaramente vediamo che quando si
comincia ad avere questo tipo di produzione artistica è più semplice per gli
allievi.

PERUGINO - PALA TEZI


-datato 1500

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PERUGINO - GONFALONE DELLA GIUSTIZIA


-datato 1501.

PERUGINO - CROCIFISSIONE
-datato 1496
- per Santa Maria Maddalena de Pazzi. Commissionata dalla famiglia
Pucci.

LORENZO GHIBERTI - MADONNA KRESS

LUCA DELLA ROBBIA - TONDO CON LO STEMMA


DELL’ARTE DEI MEDICI E SPEZIALI
-si trova ad Orsanmichele. Gli viene commissionato e
possiamo notare quanto fosse diffusa, ma anche
tramandato da Luca della Robbia, la tecnica della
terracotta invetriata (questa tecnica si diffuse e andò avanti
nei secoli).
-cambiava in base delle funzioni.

DESIDERIO DA SETTIGNANO - MADONNA


PANCIATICHI
- la realizza utilizzando la tecnica dello stiacciato.
-datata 1460 e collocata ad oggi al museo del Bargello.
-si tratta di una realizzazione di una madonna molto
umana. Questo fenomeno inizia con Giotto e percorre
tutto il secolo successivo, ma diventa molto ben
intersecato con le opere di collocazione domestica

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(interazione che avviene nel contesto intimo). Insiste molto su questa questione.
- dettaglio del supporto per il braccio della sedia. Ma torna anche nelle opere di
Andrea della Robbia, non solo si guardavano ma si copiavano le idee.

DONATELLO - MADONNA PAZZI


-Donatello insiste sul rapporto materno che la vergine instaura
con il proprio figlio.
-datato 1420.
-si spinge sempre molto a fondo.

ANDREA DEL VERROCCHIO - INCREDULITÀ DI SAN


TOMMASO
-fin dal 1467 fu occupato alla realizzazione di un gruppo di
due figure che dovevano rappresentare San Tommaso e
un’altra per sostituire il San Ludovico di Donatello (sempre
per le nicchie di Orsanmichele). La richiesta di elaborare due
personaggi insieme gli permette di sperimentare una nuova
tecnica concepita per accentuare il senso di movimento e per
questo si spinge oltre utilizzando il bronzo.
- la scena rappresenta Cristo che accoglie lo scientifico
apostolo alzando la mano destra. Ciò diviene l’apice di una
immaginaria piramide che ha il suo estremo vertice di base
nel piede destro di Tommaso.

-ANDREA DEL VERROCCHIO - DAMA COL


MAZZOLINO
-tiene con la mano sinistra un mazzo di fiori, ciò da il
titolo al busto.
-Verrocchio più di tutti in questo periodo crea una
bottega multi disciplinare.
-ci mostra quanto lui pensi e faccia riferimento alla
pittura. Ci da la misura del calibro del committente che
poteva permettersi qualcosa che gli altri potevano
permettersi, inclusa la posizione delle braccia che gli
permetteva di mettersi in “gara” con la realizzazione di
qualcosa di tagliato.

MINO DA FIESOLE - PIERO DE MEDICI


-busto tagliato che non include le braccia. Ritratto di Piero
de Medici.
-datato 1453.
-si pone dei problemi esclusivamente scultorei.

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LIONARDO STROZZI (?)

BENEDETTO DA MAIANO - PIERO MELLINI


-molto più realistico. Dettagli delle sue imperfezioni,
pelle ormai invecchiata.
-datata 1474.

ANTONIO DEL POLLAIOLO


-un altro artista innovativo. Membro di una famiglia di
artisti che iniziamo a lavorare come orafi ma poi si
espandono verso la pittura e la scultura. Esempio molto
interessante, perché realizza dei piccoli pannelli per una
destinazione molto privata e realizza la versione
scultorea.
-ci pone davanti alle specificità delle discipline, come la
scultura e la pittura possono introdurre un paesaggio,
che lo descrive molto dettagliatamente. Ci vuole portare
ad osservare questo paesaggio.
-datato 1429/33- 1498.
-ci lascia vedere questo paesaggio agilmente. Sceglie
questo perché vuole mostrarci quanto la pittura ha quella
possibilità che non è contemplabile nella scultura a tutto
tondo, che possiamo vedere nonostante ciò da diversi
punti di vista, ma priva di paesaggio.
-il bronzo ha una base triangolare, un’altra scelta peculiare
perché di solito sono quadrate o rettangolari. Ciò deriva
dalla volontà dell’artista, perché vuole creare tre punti di
vista, sta invitando lo spettatore estremamente sofisticato
(committenza privata). Opera per spettatori molto
sofisticati che chiedevano molto per le opere che
guardavano.
-gigante Anteo che mostra la sua forza invincibile che
ricava la forza dalla terra, Ercole per sconfiggerlo lo
prende e lo alza dalla terra. Terra come sorgente di Anteo,
ricerca formale e contenuto diventino una cosa sola,
un’opera d’arte di grande qualità. Ercole lo distacca e lo
può uccidere stritolandolo.
-figure molto sbilanciate ed asimmetriche. La pelle di
leone, attributo ad Ercole, nel dipinto c’è la mostra in
modo sintetico mentre nella scultura c’è la fa vedere molto
bene, serve da terzo supporto. Pelle molto allungata che

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arriva a toccare fino alla terza base (non serviva nella pittura, ma serviva nella
scultura).
- Pollaiuolo riesce a far diventare ciò che gli serve come un elemento identificativo
dell’opera.

ANTONIO DEL POLLAIOLO - MONUMENTO


FUNEBRE DI SISTO IV
-lui qui ha la possibilità di trasportare la scultura in
bronzo su una scala monumentale. Cimentarsi su
un ritratto in scultura ma a figura intera più tutti i
rilievi, combina diversi gemerei in un’unica opera.
Commissioni anche estremamente importanti.

ANTONIO DEL POLLAIOLO - MONUMENTO DI


INNOCENZO VIII
-papa seduto sul sarcofago ma anche sdraiato. Sul trono
lui benedice i fedeli e questa sarà un’idea che andrà
avanti fino al 700.

ANTONIO DEL POLLAIUOLO- MARTIRIO DI SAN


SEBASTIANO
-lo vediamo sempre pensare da scultore anche in pittura.
-martirio di San Sebastiano, fu trafitto da
innumerevoli frecce (molto celebre nel 400).
Modo per rappresentare il nudo in un contesto
sacro, dato che lo dovevano trafiggere.
-datato 1475.
-ci sono figure che si stanno specchiando. Arciere
a sx a dx, visti da entrambi i lati e lo stesso vale
anche per colui che carica la balestra. Realizzato
secondo varie angolazioni, gli artisti realizzavano
dei modelli scultorei per studiarsi le composizioni.
-idea di pensare ai diversi punti di vista, riflette
alla specificità della pittura. Una cosa è la pittura
un’altra è la scultura, anni in cui sperimentano gli
artisti.

INCISIONE A STAMPA
Circolazione di idee con una diffusione senza

60

precedenti.

ANTONIO DEL POLLAIOLO -


BATTAGLIA DEI NUDI
-stampa celeberrima. Lo realizza
basandosi sulla stessa struttura del San
Sebastiano.
- lui firma quest’opera molto
orgogliosamente, come Antonio
Pollaiolo fiorentino e che diventerà
molto celebre in questo periodo. Molto
sofisticata.
- siamo in un contesto molto attento di
recupero dell’antico rispetto alle
proporzioni del corpo umano e alla
rappresentazione del nudo, riflette sulla
battaglia e sulla lotta rispecchiando
quello che abbiamo visto precedentemente nelle battaglie. Diventa sempre più
violenta e cruenta.
- rappresenta questa scena su un fondale vegetale composto da alberi, dove si
stagliano i corpi nudi di dieci guerrieri le cui anatomie sono tratte dall’osservazione
del vero.
- la tensione motiva e il dinamismo della scena sono bloccati in una varietà dei
gesti, al centro si affrontano due guerrieri visti di fronte e di spalle, a sinistra
l’uomo disteso tenta di liberarsi puntando la gamba contro l’anca dell’avversario, a
destra l’assalto viene sferrato complendolo alle spalle.

MANTEGNA - COMPIANTO SU CRISTO MORTO


(non è il dipinto)
-rinascimento nel quale i centri dialogavano l’uno
con l’altro senza sosta fino ad arrivare a dei media
mobili come l’incisione, il gioco è fatto. Raffaello
pubblicherà e pubblicizzerà le sue incisioni.

BOTTEGA DEL VERROCCHIO


Si tratta del luogo fisico dove venivano realizzate le opere che commissionavano ad
Andrea del Verrocchio, diciamo una sorta di sistema organizzativo della produzione
artistica in generale. La sua è particolarmente produttiva e porto con se artisti molto
importanti (come Leonardo da Vinci e Sandro Botticelli).

ANDREA DEL VERROCCHIO, DA VINCI E BOTTICELLI - BATTESIMO DI CRISTO


- datata 1475.
- Verrocchio utilizza allievi che stanno diventando assistenti. Ai tempi c’erano
anche le accademie per avere un’educazione da artista, ma la didattica viene
formalizzata e si basa su un curriculum ben strutturato. Le accademie nascono nel

61

500, ma prima le formazioni avvenivano nella


bottega dove non c’era istruzione formalizzata da
una parte teorica. I pittori iniziavano da bambini
pulendo pavimenti, poi iniziavano a disegnare e
successivamente aiutavano il capo bottega, fino ad
arrivare ai più dotati come assistenti del maestro
(sistema delle collaborazioni qualcosa di normale
della produzione artistica).
-Da Vinci si
dedica a
l’angelo di
sinistra e al
paesaggio,

conformazione
molto diversa. Porta la prospettiva aerea. I
colori si attenuano, come i contorni che
perdono la messa a fuoco. Le ombre
iniziano a delimitare le figure secondo un
sistema che lascia sempre meno visibili i contorni.
- sul volto di San Giovanni Battista vediamo le linee di contorno, mentre nell’angelo
di Leonardo quelle linee si sfumano (sfumato leonardesco). La bottega non
doveva essere un luogo dove solo si imparava, ma poteva superare anche il
maestro.

LEONARDO DA VINCI -
ANNUNCIAZIONE
-nella metà degli anni 70 Leonardo avviò
la sua carriera con l’esecuzione di una
pala d’altare per la chiesa di San
Bartolomeo a Monteoliveto.
- datata 1473
- si tratta di una semplice immagine di un
annunciazione. Gabriele si inginocchia nel
prato fiorito di un hortus conclusus,
portando il suo saluto alla vergine che si siede sulla soglia della propria dimora.
Da Vinci decide di collocare Maria dietro un leggio, dato che secondo una
tradizione antica l’annuncio sarebbe arrivato durante il momento della lettura
dell’Antico Testamento.
- riconosciamo però degli evidenti segni degli insegnamenti di Verrocchio. Come le
vesti plasmate dalla luce, l’eleganza dei volti e nelle fisionomie, inoltre lo notiamo
anche nella costruzione piramidale della figura di Maria.

ANDREA DEL VERROCCHIO - MONUMENTO FUNEBRE DI PIERO E GIOVANNI


DE MEDICI

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-si tratta del monumento sepolcrale di Piero il Gottoso e


suo fratello Giovanni (ovvero i figli di cosimo). La tomba
si distingue da ogni sepolcro precedente per la
posizione, i materiali e l’assenza di immagini, il
sarcofago difatti è oleò sto in un intercapedine a forma di
arcosolio (che divide la Sagrestia Vecchia dalla chiesa di
San Lorenzo).
- Verrocchio per questo sarcofago rinuncia alle figure e
sceglie dei materiali di prestigio, mettendo al centro un
sepolcro di porfido impreziosito da elementi floreali e
naturali in bronzo.
- datato 1469- 1473.
-l’utilizzo del porfido rosso si tratta di allusione al loro
ruolo governativo, dato che precedentemente questo
materiale veniva utilizzato per monumenti funebri di
proprietà di imperatori o persino del papa.

LEONARDO DA VINCI - GINEVRA DE BENCI


-quest’opera funziona su due facce. Dietro c’è tutto
un componimento è un allusione alla filosofia, ma
anche alla celebrazione della bellezza.
-lui ancora molto vicino al pensiero di Verrocchio.
Sappiamo che è di Ginevra per la pianta di Ginepro
dipinta dietro.
-dipinto tagliato sul lato inferiore e che quindi
doveva avere qualcosa in più sotto.
-datato 1478- 1480

LEONARDO DA VINCI - STUDI DI MANI


-messi in relazione quanto alla dama col mazzolino.
-legato particolarmente alla bottega del Verrocchio.

LORENZO DI CREDI - RITRATTO DI DONNA


-ritratto di donna anonima.
-datato 1480. Verso la fine del secolo sta
cambiando il gusto.
-quanto sia molto più aderente all’idea di
Verrocchio, lui pensa quasi da pittore a quest’idea
compositiva.
-gli viene persino affidata la bottega quando
Verrocchio decise di spostarsi.
-cerca di avvicinarsi a Leonardo riguardo il
paesaggio (guarda più lui che il suo maestro).
Gamma di colori che mostrano un’atmosfera
soffusa che lui cerca di seguire dalla visione datata
da Leonardo, ma non ci riesce perché lui ancora
utilizza colori molto accesi.

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BOTTEGA DEL VERROCCHIO - ALESSANDRO MAGNO


- sovraccarico decorativo che torna anche in Leonardo da vinci. Abbiamo dei
disegni che sono qualcosa che nasce nello stesso ambiente (guerriero con elmo).
Qualcosa che nasce dal porsi queste domande, come si realizzano queste
armature.

LEONARDO DA VINCI - LA VERGINE DELLE


ROCCE
-nell’aprile del 1483 Leonardo ebbe la sua prima
committenza importante. Si trattava di dipingere per
la cappella della confraternita dell’immacolata
concezione nella chiesa di San Francesco Grande
(ma l’edificio è andato distrutto). Ma del dipinto si
ritrovano due versioni, la versione più antica si
conserva al Louvre.
- la vergine si siede a terra su un paesaggio roccioso,
dove crescono una serie di piante differenti. Lei sotto
il suo mantello alla destra protegge il piccolo san
Giovannino, inginocchiato a mani giunte e rivolti verso
il Cristo fanciullo, nudo in primo piano con le gambe
incrociate e accompagnato da un angelo
adolescente.
-le immagini risultano piene di vita grazie allo
sfumato. Risulta un’immagine intima anche per la
scelta di disporre gli attori al di sotto di un tetto di rocce con alle loro spalle uno
specchio d’acqua, circondato da montagne rocciose e nebbiose.
- riporta l’angelo realizzato insieme a Verrocchio in quest’opera. L’articolazione del
corpo e del volto riportate dalle sue riflessioni ma lo distanzia tantissimo dal suo
maestro (confronto volto dell’angelo è quello di Battista).
Leonardo non emerge dal nulla ma è un genio molto radicato
nel suo secolo.
-la mano della Madonna ricorda quella della Sant’Anna
Metterza.
-paesaggio, prospettiva e visione Leonardesca, diventano
qualcosa dai inconfondibile. Uno degli elementi su cui lui
fonda il suo stile pittorico, quando farà l’ultima cena li
utilizzerà molta prospettiva per mostrare gli spazi chiusi.
Molto ben addentrato nel ritratto.
-ad oggi abbiamo il contratto dell’artista. Così questo scritto
ci permette di datarla e di vedere cosa gli è stato
commissionato, ma anche da chi.
-lavorò con Ambrogio de Pretis. A lui si attribuisce la
creazione di due angeli

LEONARDO DA VINCI - DAMA CON ERMELLINO


-datato 1489-1490. Il ritratto venne commissionato da

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Ludovico il Moro e ritrae Cecilia Gallerani, una nobildonna è favorita del sovrano.
- la figura è rappresentata di tre quarti con lo sguardo rivolto verso l’esterno, come
se fosse colta di sorpresa.
- Cecilia fine in mano un ermellino. Animale domestico come allusione al nome o
allo status della persona, dato che dalla pelliccia si ricavavano le pellicce per l’alta
società. Vuole mostrare quindi di star ritraendo una persona di altissima levatura.
- ritorna lo stile delle mani. Stesse del disegno precedente, lui riflette su ritratti che
diventano narrativi e non è semplicemente il volto, include altre parti del volto per
includere la partecipazione.

LEONARDO DA VINCI - LA GIOCONDA


-posizione delle mani. Ritornano sempre messe in
primo piano ed evidenziate, senza lo studio di
Verrocchio.
-datata 1503-1506.
-si tratta dell’opera più importante di Da Vinci, la iniziò
a Firenze per poi portarla a Milano, a Roma e alla fine
in Francia.
-secondo le testimonianze di Vasari rappresenta Lisa
Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, ovvero
un mercante fiorentino.
-la donna è mostrata all’aperto, in un loggiato, con
veste è un manto scuro, un velo trasparente sulla
testa, priva di gioielli. Il paesaggio sullo sfondo porta
un’ampia veduta a volo d’uccello, inoltre questo dipinto
si tratta della sintesi delle sue ricerche scientifiche e
pittoriche (come gli studi di geologia si riflettono sul
paesaggio roccioso).
- gli occhi e il sorriso sono delineati da una delicata ombra sfumata che li rende
indefiniti, esprimono la mobilità dell’animo umano e il suo mistero, che si amplifica
con il rapporto diretto della natura.

RAFFAELLO - RITRATTO DI AGNOLO


DONI E MADDALENA
-datata 1506. Dipinse i ritratti di Agnolo
Doni e Maddalena Strozzi, entrambi alla
Galleria Palatina di Firenze. Si tratta degli
stessi coniugi per il cui matrimonio
Michelangelo aveva due anni prima
realizzato il celebre Tondo Doni.
- gli sposi sono ritratti a mezzo busto, di
tre quarti con lo sguardo rivolto verso lo
spettatore, sullo sfondo di una veduta di
dolci colline e di un vasto cielo.
- Agnolo siede su una terrazza, di cui si intravede la balaustra sulla quale poggia il
braccio, il viso ha lineamenti marcati e decisi, la fronte è leggermente corrucciata,
il naso pronunciato, la bocca serrata. Alla forza delle linee del volto si contrappone

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l'andamento curvilineo del profilo delle spalle e delle braccia, che si chiudono in
moto circolare verso le mani, placidamente abbandonate e ornate di gioielli
- la posa di Maddalena è chiaramente ispirata a quella della Gioconda, ma senza
quel senso di ambigua inquietudine che pervade il dipinto leonardesco. Raffaello
ritrae in modo realistico la pienezza delle carni e l'imperfetta bellezza della donna,
cercando però di aggraziarne i lineamenti e addolcirne lo sguardo, secondo la
prassi per cui i volti femminili venivano idealizzati e raffigurati più genericamente
rispetto a quelli maschili. Anche qui il pittore indugia con compiacimento sulle
stoffe (il raso rosso del corsetto e il broccato blu della veste, il velo che copre le
spalle) e sui preziosi gioielli, segno di status sociale.
LEONARDO DA VINCI - L’ULTIMA
CENA
-datato 1495-1498. Venne realizzato per
una delle pareti del refettorio del
convento domenicano di Santa Maria
delle Grazie a Milano e venne
commissionato dal luca Ludovico il Moro.
-per la realizzazione utilizza una nuova
tecnica muraria, ovvero utilizza una
nuova tipologia di pittura a tempera
grassa, con olio di lino e uovo come
legante (ma che nel tempo non resse
portando diverse restaurazioni).
- Leonardo decide di evolversi e rappresentare il momento preciso in cui annuncia
agli apostoli del tradimento di Giuda. Inoltre lo rappresenta in mezzo agli apostoli
ma un po’ più distaccato, con i 30 denari in mano.
- al centro domina la figura assorta di Cristo che allarga le braccia, andando a
formare uno schema piramidale. Il gruppo di apostoli comunica il loro turbamento
alle parole di Gesù con i gesti, gli sguardi e le espressioni dei volti.
- un illusionistica cornice marmorea dipinta separa la scena da tre lunette con gli
stemmi sforzeschi e circondati da ghirlanda.
- la sua idea è quella di veicolare i moti nell’animo, le figure devono essere in grado
di esprimere e vincolare le loro sensazioni e sentimenti. Ci mostra quanto con
questo dipinto Leonardo stia offrendo allo spettatore un catalogo di diversa
interpretazione. Attenzione al ritratto e alla rappresentazione delle emozioni sul
volto estremamente attenta.

Nel 1475 nasce Michelangelo, e sin da giovane età


notiamo il suo talento precoce. Si forma con la
bottega del Ghirlandaio lavorando nel convento di
San Marco, era figlio di un membro della piccola
nobiltà che non voleva che suo figlio facesse
l’artista, lavorare con le mani era degradante,
voleva che il figlio diventasse avvocato. Lui vuole
fare lo scultore e viene preso sotto ala protettiva
dal Magnifico, va a lavorare a San Marco, si
studiava l’arte in un contesto molto sofisticato e
letterario.

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MICHELANGELO - BATTAGLIA DI CENTAURI E LAPITI


- una sorta di esercizio. Si pone il problema del nudo e del rapporto con l’antico,
non è finito e lo notiamo con lo sfondo, segni dello scalpello (finisce l’esercizio e
passa ad altro). Venne chiaramente esposta e collezionata, perché se ne
riconobbe la qualità, ma era un semplice esercizio.
- fa riferimento all’antico ma sopratutto al corpo umano.
- datato 1492.

MICHELANGELO- BACCO
-datato 1497. Collocato a Firenze, Museo del Bargello.
Michelangelo terminò l'opera nel luglio del 1497, un anno
dopo averla iniziata.
-successivamente la scultura fu venduta dal cardinale Riario
a Jacopo Galli (la persona che fece da tramite tra il cardinale
e l'artista), anche se non conosciamo il motivo della
cessione. Nel secolo successivo fu poi acquistata dai Medici
ed entrò a far parte delle loro collezioni (e da qui pervenne
poi nelle collezioni dei musei fiorentini).
-si rifà alla statuaria antica: tiene in mano una coppa di vino e
nell'altra un grappolo d'uva, che un piccolo satiro alle sue
spalle tenta di mangiucchiare. La postura lievemente
barcollante, lo sguardo assente con gli occhi che guardano in
alto e la testa inclinata ci suggeriscono che il dio è piuttosto
ebbro, e questo rappresenta un tratto originale della scultura
di Michelangelo. L'unicità della sua opera sta nell'aver
realizzato un dio Bacco dalle fattezze volutamente ambigue,
perché sembra "avergli dato la sveltezza della gioventù del
maschio e la carnosità e la tondezza della femina": una qualità molto lodata dallo
stesso Vasari.
- Michelangelo non solo aveva grande padronanza degli studi anatomici, ma era
anche molto familiare con l'arte antica, che aveva approfondito sia a Firenze nel
Giardino di San Marco, il luogo voluto da Lorenzo il Magnifico perché fosse
frequentato dai migliori artisti fiorentini del tempo,
sia, ovviamente, a Roma con lo studio diretto
delle opere antiche.
LEONARDO DA VINCI - PAESAGGIO
Lui attraverso i suoi paesaggi ci vuole mostrare
una griglia prospettica, ovvero la prospettiva
aerea. Un paesaggio come questo non è
differente dalle sue creazioni giovanili. La linea è
già tracciata.
Agosto 1473 (lui scriveva al contrario)
LEONARDO DA VINCI - ADORAZIONE DEI MAGI
- quest’opera venne realizzata per i monaci agostiniani di San Donato a Scopeto,
presso Firenze. Venne iniziata nel 1481 poi abbandonata successivamente nel
1482.

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-decide di collocare questa scena all’aperto. Dove


la Vergine al centro dell’opera viene contornata dai
Magi, dai pastori e dagli angeli.
-va a rappresentare delle rovine architettoniche in
prospettiva (di queste rovine abbiamo anche i
diversi studi). Infatti volte, colonne, due rampe di
scale sostenute da archi occupano la parte sinistra
della tavola. Mentre il secondo piano si chiude con
gruppi di fanciulle, nonché cavalieri impegnati in
una zuffa.
-la costruzione prospettica è sottolineata da due
alberi al centro, disposti sulla stessa linea di fuga.
Non si trattano però solo di pretesti geometrici ma
di veri e propri elementi simbolici (l’alloro e la
palma, alludono al destino del bambino raffigurando il trionfo o la morte).
- il perché questo dipinto non venne mai concluso fu l’imminente partenza di
Leonardo. Per questo si mostra come un dipinto al quale sono state deposte le
prime velature di colore.

La lascia allo stadio incompiuto a Firenze


perché decide ad un certo punto vuole
andare a Milano (sono gli anni in cui molti
artisti fiorentini vengono mandati a Roma da
Lorenzo il Magnifico per la Cappella sistina)
ci sono dei problemi tra i rapporti diplomatici
tra Firenze e Milano. Inoltre c’erano anche
dei problemi comportamentali da parte di
Leonardo e per questo viene mandato alla
corte degli Sforza a Milano.

Durante la sua permanenza a Milano decise di realizzare


un grande monumento equestre, più grande di quelli già
noti. Ad oggi ci rimangono diversi disegni nei quali
notiamo che si pose dei problemi di postura e di
movimento, che Verrocchio era già stato in grado di
realizzare. Qui si capisce che Leonardo per questa
realizzazione sta pensando da pittore e non da scultore
(per questo lui per il resto della sua vita non realizzò
sculture, aveva un rapporto molto conflittuale con
quest’arte).
Studiò tantissimo l’anatomia e le proporzioni del cavallo,
così come aveva studiato già precedentemente
l’anatomia umana e che continuerà a studiare. Si dedicò
tantissimo ai cavalli perché era interessato alla
realizzazione del monumento equestre. Studi attenti sulla
muscolatura.
Studiò anche il bronzo, si pose il problema di come

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realizzare il monumento e studiò queste camicie, una sorte di contenitori all’interno


del quale c’è il modello che poi verrà fuso e si pose anche il problema della
tecnologia della fusione in bronzo.
Infatti nella lettera dove si presentava al duca di Milano, lui elenco una serie di
mestieri che lui era capace di svolgere come l’ingegnere, mentre per ultimo aggiunse
di essere un pittore.

ANDREA DEL CASTAGNO - ULTIMA CENA


-la realizza per la chiesa di Santa Apollonia a
Firenze. Si tratta di un affresco datato 1447.
-si tratta di un’opera legata ancora molto alla
tradizione quattrocentesca, anche per come sono
rappresentati gli spazi o per come sono creati i gesti
di questi personaggi. Inoltre è anche più didascalica
per come viene rappresentato Giuda, ovvero
dall’altra parte del tavolo.
-si tratta di un’opera molto più dettagliata. Mette i
nomi di ogni apostolo sotto ogni figura perché vuole
che a noi arrivi esplicitamente quello che lui vuole
esprimere.
-colori molto accesi e molto separati.
GHIRLANDAIO - ULTIMA CENA
-collocato nella chiesa di Ognissanti, una chiesa
molto importante fiorentina e quest’opera viene
datata 1480, contemporanea altre altre opere
(all’incirca).
-anche in questo caso Giuda viene raffigurato
dall’altra parte del tavolo. Il suo intento è quello di
mostrarci la sua idea di unità rispetto allo spazio
stesso, le volte e i capitelli sono quelli originali della
sala, Ghirlandaio vuole comunicare con lo spazio interno (ciò che non interessa
ad Andrea del Castagno).
- lavora anche lui tantissimo sui busti. Ne abbiamo una seconda versione a San
Marco (colori molto separati, che creano queste monadi cromatiche che sono
giustapposte alle altre ma non sono unificate dal punto di vista atmosferico).

TERZA GENERAZIONE - GENERAZIONE MODERNA


Leonardo da Vinci (1452-1519)
Michelangelo (1475-1564)
Raffaello (1483-1520)
Questo periodo parla principalmente dei tre artisti che impostarono il 500, sopratutto
Michelangelo e Raffaello. Leonardo, invece, fu colui che preparò il 500, poi anche
per questioni anagrafiche dato che nacque nella seconda metà del 400 e sua
differenza Michelangelo era molto più giovane, inoltre vivrà più a lungo. Raffaello fu,
invece, il più giovane che morì anche precocemente, un anno dopo di Leonardo.
Raffaello creò una scuola che andrà avanti molti anni dopo, ovvero la diaspora degli
allievi di Raffaello, riuscendo a omogenizzate il 500 dal punto di vista stilistico.
Michelangelo a differenza di Raffaello e i suoi allievi, lavorava spesso lui in persona.
Quasi tutti artisti della sua generazione, lui non nasce, cresce e si forma in una

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bottega dove si lavorava con le mani e basta, lui riceve un’istruzione umanistica
(sappiamo che era poeta, scriveva tantissimo. Notiamo una persona con una
grandissima padronanza del linguaggio).
MICHELANGELO - LA PIETÀ
-collocata dentro San Pietro e datata
1498-1500. Realizzata per volere del
cardinale Jean Bilheres, che voleva
lasciare un ricordo di se a Roma e per
questo incaricò il giovane Michelangelo
per la realizzazione di quest’opera
(quest’opera venne conclusa già nel
1499).
-non si tratta di un’opera di soggetto
mitologico ma religioso, si pone il
problema delle iconografie. Iconografia
della pietà, ovvero la Vergine che
compiange il figlio morto mentre lo
tiene in grembo (molto importante per
l’Europa a nord delle alpi). Ne esistono anche tantissimi altri esempi di questa
iconografia.
- la Vergine che rappresenta Michelangelo è una Vergine fanciullesca, dal volto
appena velato di tristezza, che così come lo aveva tenuto sin da bambino lo
sorregge amorevolmente anche in questo caso. L’ampio gesto che esprime con il
suo braccio sinistro, ovvero portarlo verso l’esterno come per indirizzarci a provare
per Gesù il suo stesso dolore. Mentre una fascia con sopra il nome dell’artista le
circonda il busto.
- Gesù viene tenuto sollevato dal braccio destro della Madre che gli cinge le spalle,
mentre Gesù ha la testa e rovesciata all’indietro. Il suo braccio sinistro
accompagna la postura del corpo mentre quello destro ricade abbandonato verso
terra.
MICHELANGELO- MADONNA CON BAMBINO
-continua a riflettere su questa tematica. Datata
1503-1506. Quest’opera venne realizzata per la famiglia
dei Mouscron ovvero dei importanti mercanti fiamminghi di
tessuti e clienti della banca di Jacopo Galli, amico e
protettore di Michelangelo, che dovette fare da
intermediario.
-l'opera in seguito venne imbarcata quasi segretamente a
Livorno verso il 1506, come testimoniano alcune lettere
dell'artista indirizzate al padre. Questa scrupolosa
riservatezza era probabilmente legata al fatto che l'artista
volesse evitare di far spazientire gli altri committenti che
stavano aspettando da ben più a lungo i suoi lavori.
-l’opera venne inizialmente collocata nella cappella
Mouscron della cattedrale, dove la vide Dürer. Durante
l'occupazione napoleonica venne portata a Parigi, per
essere restituita poi intorno al 1815. La scultura venne
rimossa una seconda volta nel 1944, nel corso della
seconda guerra mondiale, durante la ritirata dei soldati

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tedeschi che la trafugarono in Germania, per essere restituita due anni dopo,
rinvenuta in una miniera ad Altaussee.
- presenta alcuni elementi di estrema originalità. Questi particolari riguardano
soprattutto i tratti relativi al rapporto madre-figlio. Gesù viene rappresentato in
piedi, quasi senza sostegno, tenuto lievemente dal braccio sinistro della madre, e
pare che stia per muovere i primi passi verso il mondo. Lo sguardo di Maria,
caratterizzato da una fredda compostezza, non è rivolto al figlio, ma, quasi
assente, guarda verso il terreno, come se la Madonna intravedesse già il suo
destino.

LEONARDO DA VINCI - LA MADONNA, SANT’ANNA E


IL BAMBINO
-datata 1507-1508. Notiamo i parallelismi anche con le
opere di Raffaello, ci mostra quanto i pittori si guardassero
a vicenda.
-ne abbiamo anche una versione in pittura, che risale al
1508-1519. In questo caso non c’è più Battista, ma
all’angelo sacrificale (esplicito alla passione di cristo).
-l’opera, raffigura le tre generazioni della famiglia di Cristo,
dove vede protagoniste Sant’Anna, sua figlia Maria e il
Bambino Gesù. La Madonna, seduta in braccio alla Santa,
è ritratta mentre si protende, con estrema dolcezza nei
movimenti, verso il Bambino intento a giocare con un
piccolo agnello. Nel volto della donna il maestro racchiude
tutta la forza dell’amore materno.
-Sant’Anna, il vero perno
attorno al quale ruota l’azione, sovrasta con la
sua testa l’intero gruppo al punto da generare una
struttura piramidale. Ed è sempre Sant’Anna ad
assicurare l’equilibrio, compromesso dallo
spostamento in avanti di Maria.
- mentre la Vergine sorregge il Figlio che ha
abbracciato l’agnello, prefigurazione della futura
Passione e del sacrificio volontario di Gesù, la
madre sorride con malinconica dolcezza.
- lo sfondo è caratterizzato da una veduta montana
che sfuma in toni chiarissimi per effetto della
prospettiva aerea. La cromia spenta e brumosa
amplifica la plasticità del gruppo centrale, dove
spiccano gesti e sguardi che si sviluppano anche
in profondità, in un difficile equilibrio tra diagonali
e linee contrapposte.

RAFFAELLO - MADONNA DEL CARDELLINO


- datato 1505-1506.
- si pone il problema di guardare cosa stavano facendo Michelangelo e Leonardo.
- in primo piano è dipinta la Vergine che tiene il libretto con la mano del braccio
sinistro appoggiato alla sua gamba. Di fronte a lei, tra le sue gambe si trova Gesù

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Bambino. Il piccolo ha il suo piedino appoggiato


sopra quello della Vergine come per cercare
protezione. Anche la Madonna è raffigurata a piedi
nudi. Sulla sinistra è raffigurato San Giovannino. Lo si
riconosce dalla povera veste che indossa, cinta
intorno alla vita con una corda. San Giovannino si
appoggia sulla gamba destra della Vergine e ha in
mano un cardellino. La Vergine ruota leggermente il
busto verso San Giovannino e lo osserva, volgendo
gli occhi in basso. Con un gesto affettuoso e
protettivo appoggia la sua mano destra sulla spalla di
San Giovannino.
-le tre figure sono dipinte all’interno di un paesaggio
collinare. Il prato, in primo piano, è punteggiato da
fiori che paiono primule o primavere. I due bambini
sono raffigurati nudi. La Madonna indossa il
tradizionale abito rosso, simbolo della passione e il
mantello blu scuro, simbolo della Chiesa.
MICHELANGELO- TONDO DONI
-il Tondo Doni di Michelangelo raffigura la Sacra
Famiglia. San Giuseppe Gesù Bambino e la
Madonna sono immersi in un paesaggio all’aperto. In
primo piano si intravedono alcune varietà di erbe e
fiori descritti in modo minuzioso.
- il Santo è seduto dietro la Vergine e sostiene il
corpo di Gesù Bambino. San Giuseppe e la
Madonna inoltre sono vestiti con mantelli e abiti della
tradizione cristiana. I panneggi sono molto vaporosi
e gonfiati dalla brezza della giornata. Il prato confina
con un muretto intonacato. Oltre al muretto sulla
destra in basso si intravede poi un San Giovanni
Battista molto giovane. Il Santo guarda rapito con
un’espressione sorridente verso la Sacra Famiglia
che si trova alla sua destra.
- sulla strada che attraversa orizzontalmente Il Tondo Doni di Michelangelo, su di un
piano di roccia sagomato in verticale si trovano alcuni ragazzi. I giovani nudi sono
due a sinistra e tre a destra e stanno interagendo tra di loro. Il gruppo di destra
inoltre è impegnato in una piacevole contesa giovanile.
- il cielo infine occupa una piccola porzione del dipinto in alto.
RAFFAELLO - MADONNA COL BAMBINO E SAN GIOVANNINO
- datata

Michelangelo ebbe l’incarico di celebrare la battaglia di Cascina, una battaglia che


ebbe luogo a Cascina tra Firenze e Pisa (un evento che celebrò il trionfo militare, la
forza di Firenze attraverso la storia). Invece Leonardo Da Vinci fu incaricato di
celebrare questa battaglia di Anghiari. Noi ad oggi le conosciamo da copie.
Michelangelo affronta un cartone, ovvero la traduzione a grande scala del disegno
più finito, pronto per essere tradotto in pittura definitiva e il cartone stesso era in
scala 1 a 1. Leonardo arriva allo stadio più avanzato e inizia a dipingere anche sul

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muro, sperimentando tecniche che non sono quelle dell’affresco, c’è lo dice anche
Vasari, mentre dipinge inizia a sfaldarsi e a cadere, mentre Michelangelo lo
abbandona perché è chiamato ad andare a Roma.
Le copie che ci rimangono ad oggi
sono di Rubens per la battaglia di
Anghiari e di Aristotile da Sangallo con
la battaglia di Cascina. Quello di
Rubens è un episodio soltanto,
episodio della presa dello stendardo,
momento di lotta dato che puoi
sbandierare lo stendardo e dichiarare
la vittoria, vediamo che Leonardo si
confronta molto di più con la violenza
della battaglia. Michelangelo fa tutt’altra
scelta, sceglie il momento in cui i soldati
fiorentini si stanno riposando, stanno facendo un bagno nell’Arno, leva la maggior
parte di paesaggio e si concentra sui corpi. I bagnanti stanno facendo un bagno e
suona l’allarme perché le truppe nemiche stanno arrivando, quindi loro si rivestono di
fretta e vanno alla battaglia. Michelangelo evita di concentrarsi sullo scontro cruento
ed è una scelta narrativa che gli permette di confrontarsi con quello che gli interessa
veramente, ovvero i corpi umani e le anatomie. Quello che sta risalendo dall’acqua,
quello che si lava le mani e quello che sta seduto, altri sono fuori dall’acqua e gli
permettere di muovere le macchine corporee in tutte le posizioni. C’è anche quello
che è arrivato a dare l’allarme.
Michelangelo si rende conto di quanto Leonardo sia figlio del suo tempo.
Guardare le sue opere ci fa capire quanto Michelangelo avesse assorbito
criticamente il 400, per girarsi

FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI - TRATTATO DI ARCHITETTURA


Vediamo come il corpo umano diventa l’unità di misura anche per l’architettura, ma si
tratta di un corpo umano idealizzato.
VITRUVIO
Scrisse questo trattato di architettura.

PETER PAUL RUBENS - BATTAGLIA


DI ANGHIARI
Leonardo ha dei problemi nei confronti
del ritratto. Espressioni deformate di
questi volti, di questi soldati, di
Leonardo. Sono volti che quasi
diventano mostruosi e lui sceglie di
mostrarci questo momento di adrenalina
pura, questi personaggi stanno
perdendo anche la loro umanità, sono
mostruosi e c’è tutta questa armatura
che chiaramente lui aveva derivato dalle
opere del suo maestro, sono delle
variazioni sul tema sui quali Leonardo stesso riflette. Come se questi non fossero più
esseri umani.

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La rabbia era un sentimento che non andava di pari passo con


l’essere umano come lo concepivano. Questi soldati sembrano
diventare un tutt’uno con i cavalli, a maggior modo quello sulla
sinistra, si perde la testa del cavallo quasi come fosse una
sorta di centauro. Tanto quanto Michelangelo insiste su questi
corpi umani perfetti umani, in qualche modo Leonardo non li
rende più umani in un. omento in cui è tutti solo la battaglia
cruenta. Una sorta di unione tra uomini e animali, i cavalli. I
cavalli stessi stanno lottando, li rende quasi dei carnivori e sta
perdendo il controllo.

LEONARDO DA VINCI - STUDIO DI ANATOMIE


Sono anatomie dei vecchi. La pelle, il visto e anche la bocca
perdono la loro forma, calano. Anche a causa della perdita dei
denti, la bocca diviene molto più rovinata (scarsa igiene orale). Leonardo si pone il
problema, anche nella bellezza ideale se viene giustapposta in un bel modo alla
bruttezza.

STUDIO DELLA BATTAGLIA DI ANGHIARI


Questo studio è chiaramente da riferire ad un
personaggio ben specifico. Espressione più attenta a la
fenomenologia dei sentimenti, come si manifesta la
rabbia su un volto, ma non una rabbia meditata
coltivata, la rabbia dell’ adrenaline e del momento della
battaglia.
Leonardo in questo caso ci mostra i denti mancanti,
studia tutto questo. Studiare tutto questo durante
questo periodo si tratta di qualcosa di sconvolgente.
Mostrare i denti poneva due grandi problemi, uno o
dava l’idea di essere considerati nella categoria degli
stupidi o essere associati alla ferocia. Soltanto che dopo i
25 anni i denti iniziavano a cadere.
Qui lui non ci mostra un dettaglio senza significato, ma qualcosa
che ai tempi veniva letta come il momento della battaglia e quasi
equo a quello che stanno facendo questi cavalli.

STUDIES FOR A BATTLE SCENE


Studia tantissimo la composizione di alcune scene, come la
polvere durante una scena di lotta si alzi e come possiamo
guardare la scena.

RAFFAELLO E PERUGINO
Parallelamente in questo periodo accade qualcosa, ovvero Raffaello che inizia ad
emanciparsi dal suo maestro. Lui non realizzerà mai battaglie come quelle di
Leonardo e Michelangelo.
RAFFAELLO - LO SPOSALIZIO DELLA VERGINE
- realizzato nel 1504 da Raffaello che la dipinse a l’età di 21 anni, per la cappella di
San Giuseppe nella chiesa di San Francesco a Città di Castello (si tratta di
un’opera ripresa dalla Consegna delle Chiavi di Perugino, suo maestro).

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-il Sommo Sacerdote, al centro del dipinto tiene la


mano destra di San Giuseppe e di Maria. I due sposi
sono in piedi ai lati dell’officiante. A sinistra, San
Giuseppe offre un anello a Maria che porge la mano.
San Giuseppe è vestito con un lungo e sobrio abito blu
scuro con un mantello giallo arancio. I suoi capelli sono
corti e scendono sul collo. Sul mento cresce poca barba
e la fisionomia è quella di un uomo maturo. Inoltre, con
la mano sinistra, regge un ramoscello fiorito.
-la Vergine ha un aspetto molto giovane. I capelli sono
raccolti da una acconciatura modesta. Inoltre, un nastro
trasparente è avvolto sulla nuca. Maria indossa un abito
rosso, bordato di blu e scollato che arriva fino ai suoi
piedi. Un mantello blu scuro avvolge quasi tutta la
figura. Il sacerdote, invece, veste un ampio abito
cerimoniale con decorazioni dorate. Il suo viso anziano
è incorniciato da una lunga barba suddivisa in due parti.
-a destra, un ragazzo spezza un ramoscello contro il
ginocchio. Inoltre, altri quattro giovani dietro a Giuseppe
portano dei sottili ramoscelli secchi. A sinistra, invece, cinque ragazze
accompagnano Maria. Sono abbigliate con vesti cinquecentesche.
- sul fondo, al centro, si erge un tempio classico a pianta centrale. Il peristilio è
composto da sottili colonne che reggono archi a tutto sesto. L’edificio poggia su
una gradinata che lo innalza. L’ingresso frontale apre sull’infinito. Alcuni gruppi di
persone, sono disposti a destra e a sinistra. Sotto il colonnato circolare si nota una
figura isolata a sinistra e due figure a destra. Ai lati del dipinto si apre il paesaggio.

Bramante, Tempietto di San Pietro in montorio, si tratta di un edificio a pianta


centrale, al quale evidentemente Raffaello sta alludendo e sta pensando. Non è più
quella diretta allusione al Battistero di Santa Maria del fiore e alla sua pianta.
Raffaello ha una capacità particolare, riesce a capire quello che fanno gli altri artisti,
riesce ad assorbirlo e farlo proprio, per trasformarlo in un sistema nuovo.

RAFFAELLO - DEPOSIZONE (PALA


BAGLIONI)
-nel 1504 Atalanta Baglioni commissionò
la pala della Deposizone per la sua
cappella nella chiesa di San Francesco al
Prato a Perugia. Con questo dipinto il suo
scopo era quello di ricordare l’assassinio
del figlio Federico (detto Griffonetto)
avvenuto nel 1500 su istigazione del
cugino Gianpaolo Baglioni.
-la realizzazione è preceduta da una
serie di disegni preparatori, nasce
inizialmente come Compianto sul Cristo
Morto solo successivamente si trasforma
in una Deposizione.
-si tratta di una delle prime pale d’altare

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di Raffaello che rechi un soggetto narrativo (è anche evidente l’elaborazione delle


forme ideate da Michelangelo).
- nello sfondo rappresenta un paesaggio profondo, dominato a destra dal Golgota
con le tre croci, mentre il Cristo morto viene portato al sepolcro. Il suo busto si
appoggia su quello di Giuseppe d’Arimatea, vestito d’azzurro e con addosso un
turbante, mentre le gambe attraversano diagonalmente quelle di Nicodemo,
ovvero il giovane in abito rosso e verde dalla chioma mossa dal vento, inclinato in
direzione opposta a quella di Giuseppe per bilanciare e distribuire meglio il peso di
Gesù, di cui Maria Maddalena sostiene la mano sinistra. Partecipano commossi
anche San Giovanni e San Pietro.
- a destra la Vergine sviene per il forte dolore ed è sostenuta da tre pie donne. Una
di esse che le è inginocchiata di fronte, è rappresentata in modo torsionale per
rimandare alla Vergine del Tondo Doni.
-Nicodemo, in cui la tradizione vede i lineamenti di
Griffonetto Baglioni.
-i corpi sono atteggiati secondo le azioni che i vari
personaggi compiono e i gesti che rispecchiano i
sentimenti di ciascuno di essi (dal dolore trattenuto al
pianto che riga il volto della giovane Maddalena).
RAFFAELLO - RITRATTO DI GIULIO II
- ne realizzò due versioni tra il 1511 e il 1512, entrambe
di circa un metro per ottanta centimetri. La versione
conservata agli Uffizi era di proprietà della famiglia Della
Rovere, mentre l’altra versione, realizzata in olio su
tavola e custodita a Londra, era originariamente situata
presso la Basilica di Santa Maria del Popolo a Roma.
Prima di scomparire, fu acquistata dalla famiglia
Borghese che poi la cedette all’imperatore asburgico
Rodolfo II. Dopo alcuni secoli l’opera ricomparve e venne acquistata dal museo
londinese nel 1800.
- quando Raffaello dipinse il Ritratto di Giulio II, aveva circa ventotto anni e la sua
fama aveva già raggiunto tutte le principali corti europee. Si era trasferito a Roma
da circa tre anni e aveva da poco realizzato gli splendidi affreschi della Stanza
della Segnatura e della Stanza di Eliodoro, presso gli appartamenti papali.
- il Ritratto di Giulio II, infatti, rappresenta un importante punto di svolta proprio nella
ritrattistica dei pontefici. Prima di allora i papi erano sempre stati rappresentati
frontalmente o di profilo, spesso in ginocchio, in pose rigide prive di espressione.
Con il Ritratto di Giulio II, Raffaello modifica l’impostazione stilistica e inserisce
l’aspetto psicologico del soggetto, novità assolute per la ritrattistica ufficiale dei
personaggi di tale calibro dell’epoca.
- Raffaello raffigura il papa della Rovere ruotato di tre quarti, seduto, come se
l’osservatore fosse in piedi al suo cospetto.
- atteggiamento malinconico e pensieroso del pontefice, che è ritratto con una
postura lievemente incurvata e con lo sguardo assorto, volto verso il lato destro
del dipinto.
MICHELANGELO- TOMBA DI GIULIO II
- una volta a Roma, Michelangelo ricevette la commissione di realizzare il
monumento funebre di papa Giulio II da collocare all’interno della Basilica di San
Pietro. Ebbe una serie di rinvii la realizzazione di questo momento e non venne

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mai conclusa definitivamente data la morte del pontefice


nel 1544, quindi venne collocata all’interno la chiesa di
San Pietro in Vincoli (una versione più piccola, in origine
il progetto era molto più grande e imponente). Alla
seconda versione risalgono sculture come il Mosè, lo
Schiavo Ribelle e lo Schiavo Morente.
-il primo venne realizzato per
una posizione sopraelevata
date le sue proporzioni. Si
arricchisce del moto rotatorio
della veste che circonda la
gamba destra, mentre la lunga
barba accenna la sua
saggezza e la vecchiaia.
-mentre i due schiavi vogliono
esprimere il concetto di anima
prigioniera del corpo. Si tratta
di corpi molto tesi che però si
abbandonano nel languore
dello sfinimento.

Giulio II ha questa particolare fortuna perché riesce a


riallacciarsi con il suo predecessore, ovvero Sisto IV.
Interverrà radicalmente su San Pietro, creando una stratificazione di diversi progetti
a partire dal 500 con Bramante (il creatore del tempietto di San Pietro in Montorio).
Lui è pronto per prendere questa commissione molto importante. Il discorso della
pianta centrale torna anche nel modo con cui viene pensata la Basilica di San Pietro.
È un edificio estremamente stratificato perciò la sua superficie è seicentesca,
insieme alle pareti e alle decorazioni, dopo Bramante arriva Michelangelo
diventandone architetto stesso e progettando la cupola, tornando come elementi che
definiscono l’architettura come l’architetto.
Quando Michelangelo è a Roma viene convinto per la realizzazione della volta della
Cappella Sistina. Progetto senza precedente, perché gli artisti non si permettevano
di ingaggiare un negoziato con termini duri nei confronti del papa ovvero del
committente. Tra il 1508-1512 affresca la volta, che prima aveva un cielo coperto da
stelle, una decorazione senza una narrazione storica invece con Giulio II e
Michelangelo su questo ambiente iniziano ad emergere le storie della Bibbia, tutte le
storie della Genesi, dell’origine del tutto (rapporto molto stretto con ciò che accade
sui registri inferiori), affiancata da profeti e sibille, mentre sulle pareti le storie di
Mosè e le storie di Cristo, la volta completa e unifica tutta la narrazione di questo
ambiente.
Si presenta in senso trasversale da arco i che appoggiano su una cornice corrente
poco sopra le vele triangolari e sorretta da pilastrini che affiancano i troni di sette
Profeti e cinque sibille. Gli arconi. e la cornice ristarti sono la superficie centrale in
nove riquadri con scene tratte dal libro della Genesi, cinque dei quali sono di
dimensioni minori poiché lasciano spazio a dieci grandi coppie di Ignudi che reggono
dei medaglioni.
Nelle vele e nelle sottostanti lunette sono raffigurate le quaranta generazioni degli
Antenati di Cristo, e nei pennacchi angolari trovano posto le raffigurazioni di quattro

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eventi miracolosi (Giuditta e Oloferne, Davide e Golia, il Serpente di Bronoz e la


Punizone di Amon).

LA CREAZIONE DI ADAMO
Vediamo quanto Michelangelo è
concentrato sul corpo di Adamo e
quanto pensa da scultore. Abbiamo
visto come a questa altezza
cronologica tra l’8 e il 12, si tratta la
sua di una scelta di campo quasi
programmatica e deliberata, non che
lui non sapesse dipingere un albero
ma sceglie di ridurre il paesaggio al
minimo possibile perché ciò che gli
interessa è il corpo umano. Lo rivediamo essere scultore, sono gli anni in cui lui
dipinge ma nella testa ha costantemente ossessivamente il monumento funebre.
L’anatomia sia idealizzata in un’opera come questa dove si vede il dettaglio della
mano di Dio, tutta tensione dei muscoli, forza ed energia, contrapposta a quella di
Adamo che non ha ancora tutta questa energia. Corpo molto molle, non è stata
trasferita l’energia, vediamo molto questa differenza però allo stesso tempo ci
rendiamo conto di quanto la ricerca architettonica per Michelangelo diventa anche
una forma di espressione visiva di un’architettura teologica. Qui viene visualizzato
Dio che crea l’uomo a sua immagine e somiglianza, un corpo perfetto. Un corpo che
esaurisce la sua bellezza, si tratta un corpo che riflette la perfezione divina, qui sta il
momento anche per molti versi geniale di Michelangelo perché l’utilizzo del nudo e
l’idealizzazione non è fine a se stessa, ma in questo specifico momento è qualcosa
che non può essere diverso. L’Adamo prima del
peccato originale, prima di diventare un essere umano
con tutti i suoi difetti, questa perfezione ideale è
qualcosa che ha una sua portata semantica.
IL GIUDIZIO UNIVERSALE
E’ un grandioso affresco che decora la parete di fondo
della Cappella Sistina, quella dell’altare. L’opera fu
commissionata da papa Clemente VII (al secolo Giulio
dei Medici, cugino e successore di Leone X), il quale
però morì prima che l’artista potesse iniziare il lavoro.
L’incarico fu confermato all’artista dal successivo
pontefice, Paolo III Farnese.
Buonarroti elaborò la rappresentazione di una
catastrofe immane, dove un’umanità inerme e
sgomenta viene travolta dall’ira di Dio. Per rendere la
scena più efficace, abbandonò ogni intelaiatura architettonica, sconvolgendo il
concetto rinascimentale di spazio e di struttura prospettica. L’iconografia tradizionale
del tema, che di norma prevedeva una rappresentazione gerarchica dei beati e dei
dannati, venne profondamente alterata: Michelangelo, infatti, non organizzò le figure
per fasce parallele ma le inserì in una sorta di gorgo, generato dal gesto impetuoso
di Gesù.
Cristo, al centro, ostenta un fisico possente, con un giovane volto privo di barba.
Immane e terribile, con la sua mano destra salva i beati, mentre con la sinistra

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condanna i peccatori alla pena della dannazione eterna. Accanto a lui, quasi
spaventata da tanto divino furore, si rannicchia la Vergine.
San Pietro, timoroso, gli restituisce le chiavi del Paradiso.
Tutti gli altri personaggi, sgomenti, nudi e variamente
atteggiati, ruotano attorno al Giudice supremo in senso orario:
da sinistra (dove assistiamo alla resurrezione dei morti) a
destra (dove i dannati sono accolti da Caronte e Minosse), dal
basso in alto e ancora in basso.
Questo modello compositivo “ruotante” fu adottato dall’artista
per esprimere la sua concezione tragica dell’umanità, inerme
di fronte al giudizio divino eppure grande ed eroica, anche
nella colpa. Ai piedi di Gesù, san Bartolomeo, che morì
scuoiato vivo, tiene in mano la sua pelle, afflosciata come un
sacco vuoto: in questo macabro particolare, si riconosce
l’autoritratto di Michelangelo.
TORSO DEL BELVEDERE
Si tratta di un antico blocco di muscolature con diverse
posture che mettono in evidenza queste muscolature
tese.
LAOCOONTE
Viene riscoperto nel 1506 nella terra di Roma.
Contemporaneo a questi eventi.
Sappiamo che quando veni scoperto diventò una cosa
sensazionale, di solito trovavano copie o frammenti che
venivano fuori ogni giorno, ma erano molto frammentarie
sopratutto oltre ad essere frammenti erano opere
anonime, di chi non si sapeva nemmeno il nome
dell’artista o qualsiasi informazione.
Di questa statua avevano scritto gli antichi. Si tratta di
una statua celebrata da Plinio, autore che tutti leggevano e autorità della critica
d’arte. Quando emerge questo gruppo statuario dalla terra non è frammentato come
gli altri, quindi ci si può fare un’idea, ma sopratutto si insospettiscono di cosa possa
essere riconoscendo i personaggi.
Chiamano Michelangelo che andò a vedere di corsa quest’opera. Non è un
frammento qualunque ma è un capolavoro riconosciuto dagli
artisti stessi.
Antico ipertrofico, ultra muscoloso ed eroico che Michelangelo
aveva scelto per le sue realizzazioni, da quel momento lui non
ebbe più freni nel prendere un certo tipo di via per la
realizzazione delle sue opere ispirandosi all’antico.

IL PROFETA GIONA
Variazioni su quegli specifici temi.

SIBILLA LIBICA E DELFICA


Non si tratta della schiena di una donna, lo
vediamo maggiormente nel disegno che lo
progetta. Si tratta di un’anatomia estremamente

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maschile.

RAFFAELLO E LE STANZE VATICANE


Una sequenza di stanze che si trovano nei palazzi vaticani e nelle quali Giulio II si
immagina una serie di decorazioni parlanti. Come la stanza della Segnatura, ovvero
dove si firmavano documenti importanti, quindi le stanze servivano ad una funzione
specifica. La decorazione delle sale doveva essere parlarne e quindi Giulio II diventa
il centro di quelli che erano i 4 pilastri del sapere e della cultura, ovvero la Scuola di
Atene. Si tratta di un titolo che non ha niente a che vedere con quello che si
immaginavano Giulio II e Raffaello.

LA SCUOLA DI ATENE
Abbiamo la filosofia, la religione, la poesia
e la legge. Allude a tutti questi elementi. Il
papa è al centro di tutti questi elementi,
serve anche per creare un’identità
specifica per colui che è il committente.
All’interno di quest’opera Raffaello, sembra
ricordarsi di tutta la cultura di Urbino grazie
alle tavolette prospettiche (lui viene da
Urbino) con questa architettura che regola
lo spazio secondo una mappatura
prospettica assolutamente perfetta dal
punto di vista del calcolo matematico e geometrico, una cultura che diventa
un’allusione a San Pietro stesso che non aveva ancora una copertura e una cupola.
Dialogo che torna con l’architettura contemporanea.
Al centro ci sono Platone e Aristotele circondati, loro stessi diventano il fulcro della
filosofia stessa ma lui utilizza questi calcoli per mostrarci la mente, la filosofa.
Qualcosa che in se è astratto, tanto quanto lo è la prospettiva stessa.
Platone indica al cielo per ciò che non è terreno, mentre Aristotele fa il contrario
indicando verso il basso. Si tratta di una scelta formale.
LA DISPUTA
Fa una scelta completamente diversa,
sembra quasi un altro artista dal punto di
vista della concezione. La prospettiva c’è
nel registro inferiore di questa scena,
abbiamo un pavimento che ci porta verso
l’altare.
Divide l’opera in due registri, mettendo
nella parte sopra il registro divino non
governato dalle leggi della gravità,
risiedono su delle nubi, non è
particolarmente propenso ad una visione
necessariamente prospettica. Recupera in
un colpo di genio assoluto l’oro, il fondo
oro (perché quello è lo spazio divino, lo capisce e lo ripropone).

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Dio padre stesso sta su un empireo fatto d’oro, è uno spazio impercorribile così
come non può essere conoscibile, solo attraverso al fede che può essere accettata
ma non indagata.
IL PARNASO
Apollo sul monte Parnaso circondato dalle
muse, da poeti e poetesse dell’antichità.
Rappresentazione idilliaca, la poesia, le arti
che sono qualcosa che ha l’idea del bello.
C’è un paesaggio ideale nel quale Apollo
può suonare e cantare, erano qualcosa che
coincideva per l’antichita.

Giulio II decide di raccogliere i capolavori


dell’antichità, di creare uno spazio
architettonico ad essi dedicato, viene creato
questo cortile dove vengono realizzate delle
nicchie.
Marteen Van Heemskerck, alcuni suoi lavori ci dimostrano dei suoi viaggi e delle sue
visite a Roma. The Belvedere Tiber and Nile. Vediamo una chiara descrizione
dell’interno dei musei vaticani, con le nicchie per il Laocoonte e altre opere.

IL TRIONFO DI GALATEA
A Roma negli anni successivi, Raffaello si lega anche a
committenti privati uno di loro è Agostino Chigi, un mercante
senese un banchiere, che era uno degli uomini più ricchi di
Europa. Si fa realizzare questa villa suburbana da
Baldassarri Peruzzi, al suo interno ci sono diverse prove ad
affresco di Raffaello che già dal 1512 si cimenta con la
Galatea, una riflessione sul nudo femminile contrapposto a
questi trionfi, come mostri marini.
Molto simile alla copia di Leda, creata precedentemente da
Leonardo da Vinci e datata 1504-09.

Raffaello per Agostino Chigi realizza anche la Cappella


Chigi per la chiesa di Santa Maria del Popolo, datata 1513.
Commissione importantissima iniziata da Raffaello, terminata
più da Bernini con alcune opere che entrando qui dentro compie quel salto. Qui non
si tratta solo del livello pittorico, ma diventa l’architetto.

LOGGIA DI PSICHE
Vediamo che Raffaello con le storie di Amore e Psiche, riflette ad un’architettura che
funziona come un diagramma tra esterno ed interno per cui vediamo come si inventa
quelli che vengono chiamati Arazzi Riportati, cioè inventa una sorte di pergolato, una
struttura che per quanto imiti quella architettonica non è realizzata in muratura ma è
una struttura vegetale, sono piante dipinte è tutto finito. Dialogo tra l’architettura
interna e architettura in quanto spazio di riparo dalle intemperie e dall’esterno,
perché la loggia dialoga e si apre verso il giardino con alberi e fiori veri, erano curati
periodicamente e rappresentavano la vista che si aveva affacciandosi a questa
loggia. Sono arazzi riportati perché di fatto mimano e imitano quella che era, sono

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dipinti, ma imitano quelli che sono gli arazzi ovvero tessuti


figurati. Per cui il dipinto, non era propriamente dipinto ma
erano tessute e che questo costituivano una tra gli eventi
più preziosi della pittura eroi interni.
Arazzo fiammingo, Ercole inaugura i giochi olimpici, datata
1465-70.
Inoltre servivano per tenere gli ambienti caldi, avevano il
loro utilizzo stagionale. Erano anche più costosi rispetto alla
pittura, perché si usavano fili d’oro. Raffaello allude a tutto
questo e lui usa per imitare degli arazzi più preziosi della
pittura.

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