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Francesco Poli

Francesca Filippi

La bellezza resta
ARTE ARCHITETTURA PATRIMONIO

5 DAL POSTIMPRESSIONISMO
ALL’ARTE CONTEMPORANEA

EDUCAZIONE CIVICA
EDUCAZIONE AL PATRIMONIO
AMBIENTE E PAESAGGIO
PARITÀ DI GENERE
INTERDISCIPLINARITÀ
COMPETENZE
Francesco Poli
Francesca Filippi
Edizioni Scolastiche
Bruno Mondadori

La bellezza restatre in
ARTE ARCHITETTURA PATRIMONIO

3 DAL NEOCLASSICISMO EDUCAZIONE CIVICA


A OGGI EDUCAZIONE AL PATRIMONIO
AMBIENTE E PAESAGGIO
PARITÀ DI GENERE
INTERDISCIPLINARITÀ
COMPETENZE

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6 Giuseppe
Pellizza da Volpedo,
Lo specchio della vita,
1895-98, olio su tela,
132 x 288 cm,
Torino, Galleria civica
d’arte moderna
e contemporanea.

suo studio, nel quale si suiciderà dopo la morte di un figlio e Il titolo fa riferimento alla classe dei lavoratori che sta pren-
della moglie, nel 1907. dendo coscienza dei propri diritti.
Interessato alla pittura dal vero, nel corso della sua vita L’opera rappresenta una folla di dimostranti in mar-
Pellizza dipinge quadri simbolisti e opere realiste con pro- cia nella piazza di Volpedo (all’epoca piazza Malaspina,
fonde implicazioni sociali. Intuisce ben presto le potenzia- oggi piazza Quarto Stato). Per dipingere la grande tela, che
lità espressive della tecnica divisionista, che perfeziona con alla base misura quasi cinque metri e mezzo, Pellizza lavora
approfonditi studi scientifici sul colore. spesso all’aperto, scatta qualche fotografia di figure in posa,
ed esegue schizzi e disegni preparatori. Gli abitanti del pae-
 La natura trasfigurata se posano come modelli per il pittore, consapevoli del pro-
Nel 1895 Pellizza inizia a lavorare al dipinto Lo specchio della prio ruolo nel dipinto e nella storia che esso racconta. Delle
vita 6 , che conclude tre anni dopo ed espone nel 1898 all’E- tre figure in primo piano, che nella tela compaiono a gran-
sposizione nazionale di Torino, accompagnato da un verso dezza naturale, rimangono numerosi bozzetti e cartoni dal
dantesco tratto dal Purgatorio: «E ciò che l’una fa, e l’altre fan- vero. Sono figure chiave nell’interpretazione dell’opera, poi-
no». La scena, ambientata in un luminoso paesaggio estivo ché con la loro postura suggeriscono allo spettatore la di-
e rurale, non è inconsueta nella realtà ma, come suggerisce gnità e la fermezza di intenti dei manifestanti. La donna
il titolo, quelle pecore che procedono in fila lungo il torren- sulla destra, raffigurata da Pellizza con le fattezze della mo-
te Curone sono un’allegoria della vita e simboleggiano l’i- glie Teresa, cammina a piedi nudi con un bambino in braccio,
neluttabilità del destino umano. Lo scorrere dell’esistenza è e con la mano sinistra invita la folla ad avanzare. L’uomo al
visualizzato in modo genialmente moderno attraverso il mo- centro, che lo stesso artista descrive come «fiero, intelligente,
vimento di entrata e uscita dall’inquadratura – quasi “cine- lavoratore», cammina con disinvoltura.
matografica” – degli animali: di quello all’estrema destra ve- Il quadro, a cui Pellizza lavora per tre anni, è interamen-
diamo solo la parte anteriore e di quello all’estrema sinistra te dipinto con tecnica divisionista. Il pittore dapprima di-
soltanto la parte posteriore. Per realizzare la luce bianca che stribuisce sulla tela un consistente sostrato di impasto di
illumina lo sfondo e accende le iridescenze sul manto delle colori neutri e poi finisce l’opera con infinite variazioni di
pecore, il pittore utilizza una pennellata divisa e corpusco- punti, lineette e trattini gialli, verdi, rossi e blu, prestando
lare, capace di moltiplicare le rifrazioni cromatiche. grande attenzione ai rapporti cromatici più efficaci per ren-
dere intensa la luce.
Pellizza fa confezionare appositamente gli abiti per i suoi
UN’ICONA POP “modelli”, scegliendo come tono di base un colore giallo-ver-
dastro, che rimanda al rapporto dei braccianti con la terra.
Giuseppe Pellizza da Volpedo Il passaggio del corteo dal buio alla luce ha un valore alta-
Il Quarto Stato mente simbolico: rappresenta l’incedere verso un futuro mi-
In cammino per i propri diritti gliore, di emancipazione, giustizia sociale e benessere.
Esposto per la prima volta nel 1902 alla Quadriennale di
Nel 1898, ovvero lo stesso anno in cui il generale Bava Becca- Torino, in una città sconvolta dalle repressioni dei lavoratori in
ris opera la sanguinosa repressione dello sciopero milanese sciopero, Il Quarto Stato non trova acquirenti. Viene acquisi-
contro l’aumento del prezzo della farina, Pellizza inizia a la- to dalle collezioni civiche di Milano solo nel 1920, grazie a una
vorare a una composizione monumentale: Il Quarto Stato 7 . sottoscrizione pubblica. L’opera si afferma in seguito come

© Sanoma Italia, F. Poli, F. Filippi, La bellezza resta, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori 2022-23
7 Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato, 1898-1901, olio su tela, 285 x 543 cm, Milano, Museo del Novecento.

simbolo del riscatto popolare nell’Italia uscita dalla Seconda


guerra mondiale e dal fascismo, e poi, più in generale, degli PERCHÉ È UN’ICONA POP
ideali di giustizia sociale, senza confini storici o geografici.

8 u Locandina del film


PERCHÉ È UN’ICONA POP? Il quadro fa parte di quella spe-
Novecento di Bernardo
ciale categoria di opere la cui fama è cresciuta nel tempo Bertolucci, 1976.
in modo esponenziale, ben al di là del contesto della storia
dell’arte. Per la forza del messaggio e la potenza comuni-
cativa della scena, è entrato a far parte della cultura visiva
di massa, con un impatto sull’immaginario collettivo che
è largamente testimoniato dalla sua circolazione attraverso
tutti i media: dalle riproduzioni pubblicate su libri, carto-
line, giornali, periodici, a quelle, innumerevoli, su internet.
La dimostrazione più evidente della trasformazione del
Quarto Stato in vera e propria “icona”, tuttavia, sta nell’es-
sere diventato oggetto di un numero incredibile di reinter-
pretazioni, che non sempre ricalcano l’iconografia del di-
pinto con intenzioni politicamente impegnate. Si tratta di
fotomontaggi, sequenze filmiche, murales, rivisitazioni in
stili diversi (persino di pittori cinesi e giapponesi), fumetti
(da Ken Parker a Dylan Dog 9 ) e pubblicità. Tra gli esempi
più suggestivi di ripresa del Quarto Stato vale la pena citare
il film Novecento di Bernardo Bertolucci (1976), che utiliz- 9 e Angelo Stano,
za il dipinto nella locandina 8 e sullo sfondo dei titoli di te- Disegno per il frontespizio
di un albo di Dylan Dog.
sta, dove il movimento della cinepresa sulla tela sembra tra-
© Sergio Bonelli editore
smettersi alla marcia dei lavoratori. © Sergio Bonelli editore

© Sanoma Italia, F. Poli, F. Filippi, La bellezza resta, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori 2022-23
UNITÀ 2 - Realismo, Impressionismo e Postimpressionismo

 L’epica contadina di Millet Si osservino Le spigolatrici (1857) 20 : il primo piano è oc-


Cresciuto in una famiglia di contadini benestanti della Nor- cupato interamente dalle tre donne intente alla spigolatura,
mandia, Jean-François Millet si trasferisce a Parigi a ventun la raccolta delle spighe di frumento rimaste sul terreno dopo
anni per dedicarsi alla pittura. Più tardi, nel 1849, si stabilisce la mietitura. La misera ricerca, consentita ai poveri, contrasta
a Barbizon, dove dipinge scene di vita nei campi fino alla con l’abbondanza dei covoni e dei carri colmi di frumento che
fine dei suoi giorni. Le sue opere si distinguono da quelle degli appaiono alle loro spalle. A questo contrasto allude anche la
altri barbizonniers per l’interesse rivolto alla figura umana e rappresentazione della luce: il primo piano è quasi in penom-
al lavoro in campagna, che l’artista ha rappresentato in modo bra, lo sfondo è immerso in una luce dorata. Il lucido reali-
realistico, cercando però allo stesso tempo di conferire digni- smo di Millet non risparmia nulla allo spettatore: i volti che,
tà e sacralità anche ai gesti più umili. nello scorcio, tradiscono la fatica, le mani arrossate e defor-
mate dalla durezza del lavoro, gli abiti semplici, i corpi piega-
ti sono una chiara denuncia della condizione del proletariato
rurale. Tuttavia, attraverso una sensibilissima qualità tonale
e intensità volumetrica, il pittore riesce a dare ai gesti del-
le donne rappresentate una grande dignità, con valenze scul-
toree monumentali, conferendo un respiro epico alla scena.
Quando la tela viene esposta al Salon (l’evento espositivo
principale dell’arte “ufficiale” francese; vedi p. 107) del 1857,
l’immagine di miseria descritta da Millet risulta per molti in-
tollerabile, poiché contraddice la propaganda del governo,
che in quel periodo va magnificando la propria lotta alla po-
vertà. Viene considerata provocatoria la rozzezza delle don-
ne, definite subito «le tre Grazie dei poveri», ma più di tutto si
teme il potenziale eversivo insito nel tema, che poteva inco-
raggiare rivolte sociali.
Un altro capolavoro di epica contadina di Millet è L’Ange-
lus (1857-59) 21 : una coppia di contadini è raccolta in preghie-
ra in mezzo a un campo, all’ora in cui i rintocchi lontani della
campana della chiesa annunciano l’Angelus della sera. Le due
20 Jean-François Millet, Le spigolatrici, 1857, olio su tela, figure si stagliano ferme nella penombra in controluce, acca-
83,5 x 110 cm, Parigi, Musée d’Orsay. rezzate dagli ultimi raggi del sole al tramonto. La donna, in pri-
mo piano davanti a una carriola, ha ai suoi piedi un cesto di
ortaggi mentre, accanto all’uomo, un forcone è piantato nella
21 Jean-François Millet, L’Angelus, 1857-59, olio su tela, terra. L’intera scena, di intensa suggestione, appare sospesa in
55,5 x 66 cm, Parigi, Musée d’Orsay.
un’atmosfera di melanconico incanto poetico.
L’arte di Millet inciderà profondamente sulla formazione
di Vincent van Gogh, che lo considererà una sorta di “padre
spirituale” e ne ammirerà a tal punto le opere da studiarle e
riprodurle in molti disegni e dipinti 22 .

IL CONFRONTO Lo studio di Van Gogh

22 Vincent van
Gogh, L’Angelus,
1880, tecnica
mista su carta,
46 x 62 cm,
Otterlo (Paesi Bassi),
Kröller-Müller
Museum.

© Sanoma Italia, F. Poli, F. Filippi, La bellezza resta, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori 2022-23
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Courbet. La rappresentazione  Gli spaccapietre


autentica della realtà Nel 1849, dopo aver vissuto dieci anni a Parigi, Courbet torna
a Ornans e dipinge Gli spaccapietre 23 . L’opera, esposta l’an-
no seguente al Salon di Parigi, suscita sconcerto per la sua ru-
 L’arte come denuncia sociale dezza. La rappresentazione impietosa della realtà fornita
Gustave Courbet (1819-77) è l’iniziatore e il principale prota-
da Courbet – due lavoratori che spaccano pietre in pieno sole,
gonista in Francia della corrente del Realismo nei suoi aspet-
lungo un fossato ai bordi di una strada – era in conflitto con
ti più legati ai temi sociali.
i canoni accademici e con il gusto del pubblico borghese. In
Nato a Ornans da un’agiata famiglia di agricoltori, ha una
una lettera del 1850 all’amico critico Champfleury, egli, dopo
formazione non regolare – che compie frequentando scuole
aver descritto minuziosamente il dipinto, afferma: «Non ho
libere e studi di pittori accademici –, fortemente influenzata
inventato nulla, caro amico, ogni giorno andando a spasso
dai maestri del realismo seicentesco come Velázquez, Cara-
vedevo questi personaggi».
vaggio e Rembrandt.
Il confronto fra questo dipinto e Le spigolatrici di Mil-
La svolta decisiva della sua pittura avviene in occasio-
let (vedi p. 96) ben esemplifica la differenza fra i due pittori.
ne dei moti popolari del 1848 contro il regime monarchi-
Millet, puntando su tonalità luminose e inserendo le figu-
co autoritario, una rivolta che apre la strada all’instaurazione
re in un ampio paesaggio, crea un’immagine quasi sacra-
della repubblica. Stimolato dagli scritti del filosofo e attivi-
le del lavoro, che di fatto ne edulcora in parte gli aspetti
sta anarchico Pierre-Joseph Proudhon, suo amico, l’artista
più faticosi.
rafforza l’idea di partecipare alla vita politica servendosi
La piena fedeltà al vero porta invece Courbet a porre
dell’arte anche come mezzo per rappresentare e denuncia-
l’accento sulla faticosa condizione di vita dei due uomini:
re le dure condizioni delle classi più povere.
la natura è indagata senza nessun tipo di compiacimento;
l’oscura mole della montagna incombe sulle due figure in
23 Gustave Courbet, Gli spaccapietre, 1849, primo piano; a dominare la composizione sono i toni cro-
olio su tela, 165 x 257 cm, già a Dresda (Germania), matici più scuri, densi di ombre.
Gemäldegalerie (opera distrutta durante
i bombardamenti della Seconda guerra mondiale).

© Sanoma Italia, F. Poli, F. Filippi, La bellezza resta, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori 2022-23

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