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Il Vedutismo

Vanvitelli figlio d’arte  Vanvittel

Ha visto il padre disegnare vedute

Chi vuole fare arte, si dirige in Italia (GRAN TOUR)

Firenze, Roma, Urbino, Napoli

I duchi commissionavano delle vedute agli artisti del Gran Tour

- Musei inglesi

CAMERA OTTICA: scatola chiusa, arriva la luce e l’immagine vista al contrario viene ricalcata

ANTONIO CANALETTO FRANCESCO GUARDI


Serenissima che vuole farsi un tono Città caratterizzata dalla decadenza
 bella signora sfigurata

Lavorano nel Veneto  PAESAGGI VENETI

la veduta indipendente dalla presenza dell'uomo frutto dell'ideologia un illuminista (attraverso i lumi
capire il mondo che ci circonda) - la veduta è un documento richiesto dalla specifiche committenze -
Venezia – riproduzione e tecnica - camera ottica

Alla fine del Seicento si diffonde in Italia, a partire da Roma e Venezia, un nuovo genere pittorico destinato
incontrare per molto tempo il favore di un largo pubblico in tutta Europa: si tratta della VEDUTA, ossia della
rappresentazione sostanzialmente realistica dei paesaggi urbani effettivamente esistenti; anche quando
nella veduta assumono peso degli elementi naturali, come Uno scorcio di campagna uno specchio d'acqua, il
luogo specifico rappresentato è reso chiaramente identificabile tramite edifici e emergenze paesaggistiche
che, in genere rendono possibile ricostruire il punto di vista dal quale lo scenario è stato colto.

Per questo intento di documentazione la veduta si distingue dal genere paesaggio affermatosi nel Seicento,
sia nella sua versione più classica preferita dagli italiani, sia in quella naturalistica preferita soprattutto dai
olandesi (in basso), sebbene per molti aspetti ne costituisca la naturale evoluzione.

Paesaggio con la fuga in Egitto, realizzato tra il Claude Lorran (Gellee) – Landscape with
1602 e il 1604 da Annibale Carracci Merchants c. 1630
Già dagli ultimi decenni del Seicento a Roma si era andata formando una comunità di pittori olandesi che
registravano con notevole fedeltà attraverso disegni, dipinti e incisioni i luoghi più interessanti della città
per poi venderle un pubblico appassionato dell'arte dall'antico composto in primo luogo da viaggiatori
benestanti.

Tra i primi apprezzati vedutisti via Infatti proprio un pittore olandese trapiantato a Roma, GASPAR VAN
WITTEL (1652/1653-1736), originario di Amersfoort, cittadina prossima Utrecht, che nel 1674 si stabilisce in
Italia, dove il suo cognome viene presto tradotto in Vanvitelli. Van Wittel, forte dall'esperienza maturata al
servizio di un ingegnere idraulico suo Nazionale che gli aveva commissionato 50 vedute per degli Studi sulla
navigabilità del Tevere, fissa alcuni scorci ben precisi, individuando dei punti di osservazione su Roma che
grazie ai suoi dipinti sarebbero divenuti canonici.

La precisione nella resa dei dettagli ha fatto ipotizzare che Van


Wittel impiegasse strumenti di rilevazione dell'esistente usati
fino ad allora dai topografi per disegnare carte geografiche o
vedute complessive della città, quali la camera ottica. Si tratta
di uno strumento precursore della macchina fotografica
consistente in una scatola linea con un foro su un lato, in cui è
allogiata data una lente biconvessa capace di captare i raggi
luminosi presenti di giorno e di farle convergere all'interno
generando un immagine rimpicciolita e capovolta e il
paesaggio osservato; questa viene poi riflessa (e raddrizzata) da
uno specchio inclinato o sul fondo della scatola o sulla superficie
superiore vetrata, consentendo al pittore di ricalcare a mano i
tratti principali dello scenario così registrati.

Il fascio di raggi luminosi convergenti, che passa per un foro di


piccole dimensioni, al di là del foro assume una configurazione
divergente e, intersecato da uno schermo piano, vi forma
un’immagine rovesciata invertita- Questa immagine per essere
visibile va osservata in un ambiente molto meno luminoso
dell'ambiente in cui si trova l'oggetto esterno, quindi una camera
a scatola
oscura. Una
lente
convessa,
posta in

corrispondenza del foro, consente di ottenere immagini


più intensi e precise. L'immagine può essere raddrizzata
con uno specchio piano orientato in diagonale, con uno
specchio concavo o con una seconda lente.

L’AMBIENTE VENEZIANO
nel corso del Settecento Venezia era stata una delle mete più frequentate durante il Grand Tour, divertendo
la seconda patria del vedutismo. Sono soprattutto gli inglesi a fare tappa fissa a Venezia, spinti anche da
una letteratura (come il saggio On Travel del filosofo Francis Bacon del 1615) che da tempo aveva messo in
discussione l'idea dell'assolutezza di qualsiasi cultura.

Nella Serenissima si forma un valido gruppo di vedutisti,


tra i quali raggiunge massima fama ANTONIO CANAL,
detto CANALETTO (1697-1768).

La specificità della cultura dell'ambiente fisico


Veneziano nel panorama della penisola era stata
celebrata fin dal Quattrocento dai pittori, su stimolo
della committenza locale, inserendo autentiche e
vedute urbane a fare da sfondo a episodi miracolosi al
centro di grandi tele di soggetto sacro.

Nel Settecento, in una fase di netto declino del ruolo


economico e politico di Venezia, l’oligarchia locale, proprio per montare la continuità con il glorioso passato,
è comunque interessata a mantenere in vita e dare massima visibilità alle tradizioni politiche religiose della
Repubblica, che non cessano di appassionare gli stranieri.
Canaletto, Il Canal Grande con il Ponte di Rialto da Sud,

Venezia, 1740
il colore chiaro e temperato

la prospettiva resa attraverso lo


strumento tecnico

l'ampiezza dei colori

la visione cristallina e luminosa


La nitidezza delle immagini fin dei
minimi dettagli, i colori brillanti, quasi
smaltati, che restituiscono una
Venezia solare, dall'atmosfera sempre
tersa (tutt'altro che comune in laguna)
danno illusione che le vedute di
Canaletto siano pienamente fedele alla
realtà, quasi fotografiche. In verità i
colori dipendono da una precisa scelta
stilistica e il pittore non esita a Canal Grande verso est dal Campo San Vio 1727
deformare la scena che registra con la
camera ottica, di cui è probabile facesse uso.
Il pubblico settecentesco non ammirava il Canaletto solo la vocazione da scenografo. Apprezzava la sua
capacità di rendere assolutamente credibile la scena rappresentata, di mettere lo spettatore in condizioni di
immaginarsi affacciato ad una finestra, mentre guarda curioso la gente che chiacchiera coppia o gruppetti, o
che vede la propria mercanzia o impegnata nelle proprie facente.

FRANCESCO GUARDI (1712-1793)


La sua personalità emerge con assoluta chiarezza: osserva Venezia con l'occhio della memoria affettiva più
che con quello della camera ottica, i paesaggi veneti vengono rivissuti nella coscienza inferiore tra Figurati
nella realtà oggettiva, come in un'altra realtà intima e quasi sognata. Conserva sempre qualcosa di fantasioso
nei Capricci. La Venezia Che ci racconta non è quello ufficiale e gloriosa; egli ne sente la decadenza politica e
morale, ma soprattutto oggettiva e tangibile negli intonaci sporchi nei muri intrisi di salmastro,

C’è in lui una vena nostalgica quasi preromantica, un rimpianto per la grandezza del passato. La coscienza
della fine sotto l'apparenza di un fasto esteriore.
Guardi non si presentò mai al pubblico come
“un sostituto” di Canaletto. Egli, infatti,
propose una propria e diversa
interpretazione della veduta. I dipinti di
Guardi presentano un'immagine di Venezia
decadente e fantastica, segnata da un
carattere emotivo e malinconico.

Inoltre, l’artista fu molto apprezzato per i suoi


deliziosi CAPRICCI, vedute con paesaggi
urbani del tutto inventati, dove combinava di
edifici reali con architetture di fantasia, come
Francesco Guardi, Il Molo verso la Salute, 1770-80 archi o ponti o rovine, assecondando il gusto
contemporaneo per i motivi pittoreschi.

Guardi non amò particolarmente il trionfo di Piazza San Marco ed i suoi gloriosi monumenti; privilegiò,
piuttosto, la rappresentazione di una Venezia appartata e solitaria, dei suoi canali più anonimi e suggestivi,
con i loro muri cadenti, pieni di muffa e di rampicanti.

I particolari non avevano importanza: tutti gli elementi del dipinto dovevano fondersi nella prospettiva aerea,
che rende sensibile la profondità dello spazio anche se non concretamente misurabile.

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