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Édouard Manet ebbe genitori ricchi e influenti. Quando il figlio manifestò l’intenzione
di dedicarsi all’arte; cedendo alle sue insistenze, gli concessero di frequentare, per sei
anni, l’atelier del pittore accademico Thomas Couture. Questo perché almeno si
dedicasse alla “bella pittura”. Il giovane allievo, però, dimostra ben presto una forte
insofferenza per l’arte del maestro, da lui giudicata vuota e innaturale, tanto che nel
1856 ne lascia l’atelier; viaggia in Olanda, Germania, Austria e Italia. Nei musei di quei
Paesi ammira soprattutto i grandi coloristi del passato: da Tiziano a Rembrandt, da
Tintoretto a Velázquez. Impegnato ad acquisire una solida tecnica, Manet copiò a lungo
le opere dei maestri olandesi e spagnoli esposte al Louvre e nei musei olandesi e
italiani. Tuttavia, elaborò una propria idea di arte, che concepì legata unicamente alla
realtà contemporanea. Per certi versi ha dell’incredibile che un signore del genere avesse
deciso di dedicarsi alla pittura;
Manet. Autoritratto
Édouard Ma n et ( 1 8 3 2 - 1 8 8 3 )
Questa vocazione per il Realismo fece di Manet un artista, per certi versi, anomalo. Quando
furono esposte le sue prime opere, il pubblico, scandalizzato dall’audacia delle sue invenzioni, se
lo figurò come un bohémien trasandato, probabilmente alcolizzato e sicuramente dissoluto.
Tra gli artisti contemporanei, Manet ammira molto Delacroix, al quale chiede il permesso di copiare la sua Barca di Dante,
ricavandone due diversi dipinti, al fine di studiare e comprendere meglio l’innovativa tecnica dei colori del maestro.
Nella prima tela, risalente al 1855-1856 la copia è ancora molto rispettosa dell’originale, mentre nella seconda, databile
attorno al 1859, i colori sono stesi più liberamente, per grandi masse giustapposte, prefigurando già quella che
sarà la tecnica prediletta nei successivi anni della maturità.
1855-1856 1859
Manet e l’Impressionismo
Senza dubbio lo fu: i futuri pittori impressionisti, lo elessero a loro ideale maestro e,
almeno inizialmente, scelsero i suoi dipinti come modelli.
la sua pittura presenta ancora quella verve polemica, quel gusto per la provocazione e
quella spiccata volontà di denuncia (dell’ipocrisia borghese, soprattutto) che sarebbero
poi diventati estranei al futuro Impressionismo.
«Il Salon è il vero campo di battaglia. È lì che si ha la misura delle cose», dichiarò. Dal suo
punto di vista, il Salon restava comunque, nel bene e nel male, l’arena dove un artista
doveva affrontare il giudizio del pubblico.
Nel 1863, la produzione artistica francese fu così
intensa che al Salon furono rifiutate dalla giuria
quasi 3.000 opere, sollevando l’indignazione dei
pittori esclusi.
Napoleone III ordinò allora che i quadri respinti
fossero accolti ed esposti dentro nuove sale nel
Palais de l’Industrie, sede del Salon. Nacque,
così, il Salon des Refusés (il ‘Salone dei Rifiutati’).
un gruppo di quattro persone:
una donna nuda, seduta e
affiancata da due uomini
completamente vestiti, e, sullo
sfondo, un’altra donna in
sottana che si appresta a
fare il bagno. In primo piano,
la donna nuda guarda verso il
pubblico, seduta sui suoi vestiti.
La modella era Victorine
Meurent, un’operaia di
Montmartre all’epoca
diciannovenne. I due giovani in
primo piano, sono invece
Gustave Manet, fratello del
pittore, e lo scultore olandese
Ferdinand Leenhoff, cognato
dell’artista. Nell’angolo in basso
a sinistra, notiamo un cestino
con della frutta e del pane: la Édouard Manet, La colazione sull’erba, 1863. Olio su tela, 2,08 x 2,64 m.
“colazione” che dà il titolo al Parigi, Musée d’Orsay.
quadro.
Il gruppo si trova in un bosco, nei pressi di Argenteuil
(un comune non lontano da Parigi), dove scorre la Senna.
il tipo di nudo presentato dal pittore, molto
diverso da quello classicamente nobilitato: un
nudo che contestava apertamente e metteva in
crisi un genere oramai ben collaudato. In realtà, i
riferimenti culturali e iconografici di quest’opera
sono raffinati e complessi.
Per La colazione sull’erba non è possibile proporre una tale lettura. Il nudo di Manet appare realistico e attuale
in modo imbarazzante: gli abiti moderni della donna fanno pensare non ad una dea ma ad una prostituta
Il quadro sembra, appena abbozzato,
indefinito. Manet adottò una tecnica
pittorica che abbandonava l’abituale
cura nella resa dell’incarnato
femminile;
• la profondità non è
resa dalla prospettiva
tradizionale ma
suggerita dalla
giustapposizione delle
macchie di colore
diverso
Nel 1866 Manet scoprì che al Salon esponeva un pittore con il nome quasi uguale al suo e che Nanà,1877 il pubblico –li Kunsthall Amburgo
confondeva: si trattava di Monet. Irritato, volle conoscerlo. L’incontro avvenne qualche mese dopo, in un bar.
Monet si presentò con Renoir, Manet con Degas. Da allora, i quattro iniziarono a frequentarsi regolarmente. Nel
1870,
Manet fu per certi aspetti contraddittorio, soffrì
rispetto alle sue opere precedenti, presenta colori molto più chiari e trasparenti, molto il confronto,
distribuiti con con i suoi colleghi accademici
pennellate più leggere. Alcuni elementi di un linguaggio più propriamente impressionista emersero che non accattarono
tuttavia a i suoi concetti provocatori.
Mentre egli
partire dal 1874; Sono frutto dell’influenza dei più giovani artisti sia la tecnica adottata sia la scelta, sempre più ambiva ai riconoscimenti e
frequente, di soggetti urbani. all’ammirazione .
L’amicizia e la condivisione di alcune idee non gli fecero, però, cambiare posizione rispetto all’attività del gruppo,
che non lo convinse mai completamente.
Il suo costante interesse per la gente comune, incontrata ogni giorno a
Parigi. Una barista, splendidamente ritratta con l’espressione assente, L’immediatezza della
si trova dietro al bancone e davanti a un grande specchio, che riflette visione, la chiarezza della
una tipica scena da caffè. , la ragazza rivolge lo sguardo verso lo luce, la semplicità
spettatore ma il riflesso sullo specchio nega questa possibilità, con un disincantata del soggetto,
effetto curiosamente spiazzante il vivace realismo del
bancone costituiscono
Il bar delle Folies-Bergère 1881-82
altrettanti elementi
caratterizzanti dell’arte di
Manet, punto di
riferimento non solo per
l’intera generazione degli
Impressionisti, ma anche
per le generazioni
artistiche successive, che
a lui devono il coraggio di
aver definitivamente
spezzato il predominio
della pittura accademica
aprendo la strada alla
pittura delle emozioni e
della libertà espressiva.
la prospettiva usata dall’artista, deliberatamente falsa, ci permette di vedere nello specchio allo
stesso tempo la donna e l’uomo che sta per rivolgerle la parola.