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“La pittura è una 26 – 33 27 PAROLE SU MURI BIANCHI: ALFABETI PITTORICI

Nel 1958, lo stesso anno in cui Franz Kline e Salvatore


Scarpitta espongono alla Galleria La Tartaruga di Roma,
sua arte, i suoi poeti, pittori e scultori – acquisì una costante
crescita, cambiamento e approfondimento, significativi
per la sua vita e il suo lavoro” (Katharina Schmidt). Nicola

storia italiana” Parte seconda Plinio De Martiis presenta anche la mostra di un pittore
americano che, da appena un anno, aveva eletto l’Italia come
sua patria pittorica, oltre che biografica: Cy Twombly. “Chi
Del Roscio riferisce, del resto, di aver sentito la madre
dell’artista raccontare che, da bambino, Cy ripeteva sempre:
“Da grande andrò a Roma!”. E di “effetto-Mediterraneo”

Prima che la di Laura non ha lasciato un segno sul muro, inarrestabile impulso
di tracciare un segno, di fare un gesto, puro gesto sul
puro muro bianco?”1 si chiede, nella presentazione, Palma
ha parlato Roland Barthes: non inteso come un’oscura
spinta dionisiaca, ma come l’aereo soffio di un dio apollineo
che guida l’artista e che sembra rispondere alla divina

pittura ritorni: Cherubini e Bucarelli, allora direttrice della Galleria Nazionale d’Arte
Moderna a Roma. Certamente Twombly opera ancora nel
contesto della pittura informale, ma si potrebbe dire che se
aspirazione alla bellezza classica: l’ispirazione è “la felicità
del caso”, scrive in questo senso Barthes, proponendo
per Twombly la nozione di intervallo, il Ma giapponese...

1959-1979 Andrea Viliani quest’ultima gridava, la pittura di Twombly tace, è reticente.


Non si può più parlare di violenza del gesto, di casualità
della forma o di materia in azione: anche se abbiamo a
“Il Ma giapponese, è in fondo il Rarus latino, ed è l’arte di
Twombly”. “Bellezza che cade” la definirà Giorgio Agamben,
paragonandola alla scrittura del poeta Friedrich Hoelderlin
che fare con macchie, sgocciolature e sbavature... questi “quando la parola, come arrestata a metà del suo slancio,
gesti, forme e materie si traducono sulla tela in scrittura mostra per un attimo non ciò che dice, ma se stessa. È il
pura, in equilibrata trama di segni sottili ormai refrattari punto della de-creazione, quando l’artista nella sua maniera
all’automatismo surrealista e al furore di quella matrice suprema non crea più, ma de-crea – l’attimo messianico e
filosofica neoplatonica europea che, negli USA, si era senza possibile titolo in cui l’arte sta miracolosamente ferma,
declinata come action painting, “pittura di azione”. Il furore, se
quasi attonita: ad ogni istante caduta e risorta”. I segni si
c’è ancora, è propriamente un furor divinus. Il primo viaggiorarefanno disponendosi come una scrittura misteriosofica
di Twombly in Italia inizia con Robert Rauschenberg, nel sulla tela, che si trasforma in una superficie sensibile dove il
1952. Ma se il secondo tornerà negli Stati Uniti sviluppando vuoto (l’assenza di materia pittorica) si fonde con i punti di
la sua ricerca New-Dada, il primo si trasferirà definitivamente
maggiore intensità e aggregazione cromatica, assumendo
a Roma: “Con il trasferimento di Twombly a Roma nel 1957, un' imprevedibile rilevanza. Il primo quadro dipinto da
tutta la cultura mediterranea – i suoi miti, la sua storia, la
Twombly a Roma, nell’estate del 1957, è Olympia: la rarefatta
rete di linee si presenta in quanto tale, “Ogni

Gli autori ci raccontano una nuova possibile storia della


linea è quindi l’esperienza reale con la sua storia
unica. Non illustra nulla; è la percezione della sua

pittura italiana in un viaggio-manifesto in tre capitoli.


realizzazione” (Twombly). E non è individuabile di
per sé, ma nell’insieme dell’opera: Barthes parlerà

Un feuilleton pittorico e appassionato, alla scoperta di


di “avvenimenti scritti”, presentati con un grafismo
“un po’ infantile, irregolare, goffo; niente a che

territori conosciuti quanto inesplorati.


vedere con la tipografia dell’arte concettuale”. Il
segno pittorico attraversa infatti il confine della
leggibilità narrativa della scrittura, così come la
logica della tautologia concettuale, per farsi labile
lettura della realtà pittorica in quanto tale, come
nota Manfred de la Motte: “Twombly utilizza un
qualche testo? Certamente, ma difficilmente
quest’ultimo ha qualcosa in comune con un testo,
oltre al nome. Non c’è consenso precedente su 26
lettere, nessuna calligrafia fatale, il poème-object,
quella quasi sempre imperfetta permeazione
di pittura e letteratura; non ci sono ornamenti
decorativi dei soliti disegni astratti. Eppure è un
testo, è comunque una trascrizione, se non un
mero psicogramma che detta il comando: Leggi!
Ma non c’è nulla di significativo da leggere qui: è
l’auto-presentazione della lettera e la chiamata
a farlo. Il tema in Twombly è la lettura, non la
leggibilità”. E anche la materia si mette a nudo: la
grafite, il pastello, l’olio mostrano se stessi senza
rimandare ad altro, se non alla propria presenza
intrinseca, immersa in un costante, oggettivo,
e per questo pacificante flusso metamorfico.
Maldestra ma auto-rivelata scrittura di segni
che assume la coerenza rituale di un pensiero
“plastico” (Barthes) e l’evocazione di un linguaggio
poetico, o musicale: se le parole pittoriche di
Twombly sembrano scritte “nel vento e nell’acqua”
(per riprendere l’immagine di un poeta amato dal
pittore, Catullo), del resto per Del Roscio i migliori
interpreti dell’opera di Twombly sono stati proprio
alcuni poeti innamorati della pittura, Emilio Villa e
Cesare Vivaldi, nei primi anni romani, ma anche de
la Motte e Demosthenes Davvetas. Villa scriveva:
“Cy è il/talento bianco… in alfabeto/tra sillabico
Jannis Kounellis. Veduta della mostra presso Fondazione Prada, e ideografico… lembi di fonetica bianca sotto il
Jannis Kounellis, Da inventare sul posto, 1972. Performance presso Documenta 5, Kassel 1972. Venezia. Fotografia di Agostino Osio. Courtesy Fondazione Prada, tempo… nell’elogio segreto della/iterazione e della
Fotografia di Elisabetta Catalano. Courtesy Archivio Elisabetta Catalano, Roma. Milano / Venezia. pausa”... un alfabeto intrinseco allo spazio-tempo
dell'opera, reso plastico dalla poeticità e dalla musicalità (variopinto, come la tavolozza di un pittore) è appollaiato 28 29
della sua evocativa scrittura pittorica. dal vero: natura viva invece che natura morta. Come sarà
Nel 1958 Gastone Novelli è autore del libro d’artista Scritto anche in un’altra opera del 1967, un giardino all’italiana con
sul muro che contiene ventisei litografie, una per ogni al centro, attaccate con bottoni automatici, le sagome di tre
lettera dell’alfabeto: “questo potrebbe essere un alfabeto rose bianche e, al posto della cornice, una teoria di gabbiette
scritto su ventisei pezzi di muro, oppure potrebbero essere contenenti decine di uccelli cinguettanti. O, sempre nello
ventisei pezzi di muro con sopra scritte delle cose, in ogni stesso anno, come nella Margherita di fuoco, un fiore con
caso questa è una cosa fatta, non indispensabile... queste petali di metallo da cui fuoriesce una fiamma: “Il fuoco per
pagine saranno scritte nel segno dell’anti-nozione, non si me equivale al pappagallo… ma nessuno dei due… avrebbe
potranno né guardare né leggere per abitudine, le parole avuto senso senza il loro supporto di ferro. Sono vivi, reali,
che vi saranno segnate nascono da sole e così le macchie ma sono soprattutto segni di un’immagine costruita su
ed i graffi che vi si andranno raggrumando... scritto con un supporto e in fin dei conti per me sono entrambi pittura”
alfabeto ancora da inventare... questo procedere nello sforzo (Kounellis). È l’energia di tutte queste presenze vive a
di non sapere nulla ci porterà a degli atti sicuri, forse alla contrapporre l’opera di Kounellis (e degli artisti dell’Arte
creazione di un mondo di nuovo possibile, scavato con fatica povera) alla Pop art, mentre, al contrario della Minimal art, le
nel cervello e non spiattellato dalla conoscenza... bisogna lastre di ferro hanno sempre le misure di letti, tavoli, porte,
concretare una nuova realtà”. In nome di questa pittura oggetti commisurati all’essere umano, impregnati di tensione
monocroma screziata di scrittura segnica – ritrovata sulla antropologica. La pittura, con tutte queste sue componenti
realtà concreta di muri solcati dalla consistenza di nuovi e riferimenti, si rende presente e contemporanea nello
alfabeti, con il loro sapere plurale e multiforme che spetta spazio-tempo dell’osservatore. Andrebbe del resto ricordato
al pittore decrittare – nel 1960 Novelli scriverà che la pittura che Kounellis considera le lettere e i numeri delle sue prime
stessa sta acquisendo la “fisionomia di un linguaggio nuovo, tele per la loro consistenza materiale (analoghi alle pietre
più complesso e più umano”. con le quali in Grecia i contadini segnano i confini) e sonora:
tanto è vero che nelle prime presentazioni in studio, quelle
CONTRO LA MIMESI. PITTURA OGGETTUALE, lettere l’artista... le cantava/recitava/salmodiava. Kounellis
AMBIENTALE E PERFORMATIVA è stato l’aedo omerico della pittura italiana, colui che ne
Più che alla dimensione critica della malintesa pittura “Pop” ha non solo raccontato ma reso reali le gesta! E, citando
italiana, è all’analoga ricerca di quella verità tanto storica proprio Kounellis, Fabio Mauri (artista che esplora l'essenza
quanto mitopoietica che si deposita sul muro urbano che del bene e del male, e forse per questo fin da bambino
appartengono anche le tele con lettere e cifre composte è innamorato della pittura di Caravaggio) dichiara che la
da Jannis Kounellis fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio performatività è di per sé pittura. Scrive Mauri: “Il mio non era
degli anni Sessanta. Kounellis – trasferitosi dal Pireo a Roma, un monocromo ‘dipinto’, facevo un ‘oggetto’, uno schermo.
dove, come Pascali, è allievo di Toti Scialoja – si è sempre Era potenzialmente carico e denso di mondo e di immagini.
definito un “pittore” e continuerà a dipingere anche quando, A volte, mettevo le targhe delle macchine sotto gli schermi; Pier Paolo Calzolari, Mangiafuoco, 2019. Tempera grassa su tavola, cartone ceramico, mangiafuoco. 230.5 × 807 × 9.5 cm.
contribuendo a definire l'etica e l’estetica dell’Arte povera, a volte, delle sorte di tasche”, ovvero della tasche di cinema, Courtesy Archivio Fondazione Calzolari, Fossombrone.
non utilizzerà più esclusivamente la materialità letterale quindi di matrici narrative e performative, e precisa che,
della pittura. Per Kounellis la pittura – che a partire dalla “rispetto al teatro, la performance è un rito chiuso. C’è un secondario il rosso dipinto sulla tela. Per ottenere questo procede dagli Autoritratti ai Quadri specchianti agli Oggetti in
fisicità materica di Burri imprime sul grado zero della pittura senso occulto. È un ‘mistero’. Il pubblico assiste da fuori. Il risultato mi sono servito di alcuni “sotterfugi” pittorici: il primo meno assecondando anch’egli una strenua battaglia contro
monocroma segni testuali che si fanno annuncio di una teatro, invece, è sociale, è per un pubblico che ha pagato strato di pittura, il fondo, è in realtà un blu di Prussia, coperto la mimesi pittorica, alla ricerca di uno strumento alternativo,
ricostruzione dell'immagine – non è infatti rappresentazione un biglietto, detiene un diritto, deve essere convinto e quasi da cinque strati di rosso, ognuno di diverso impasto. In che unisse astratto e figurativo quanto pratico e teorico,
ma presentazione, oggettività e immanenza dei corpi e degli battuto da ciò che avviene in scena. La performance viene questo modo il cromatismo brillante della fiamma si scontra e che introducesse la dimensione del tempo nello spazio
oggetti, sottratti alla limitante funzione mimetica del dipinto fuori dalla pittura, come ne viene fuori... il violoncello di con quello freddo, cadmio, della tela che vi soggiace”. dell'opera così come quella dell’alterità dello spettatore nel
a parete. Ne sono esempi epifanici Senza titolo (Giallo) Kounellis. Se togli la tela di Kounellis, la ballerina è in sé un Come dipingere, del resto, il colore del fuoco se non con suo contatto con l'individualità dell'autore. Le sue prime
del 1965, un dipinto sulla cui superficie grigio-argentea oggetto. Nelle mie performance la persona è uno schermo… una molteplicità policroma che restituisca l’energia di una opere sono dipinti in cui, su uno sfondo prima materico e
campeggia, in lettere rosse, la scritta “Giallo” (vera e propria Per me la performance è una logica evoluzione del quadro. semplice fiamma viva? Nello stesso modo, come mettere poi sempre più uniforme, l’artista ritrae se stesso, passando
dichiarazione di una pittura anti-naturalistica o, meglio, È un collage con oggetti viventi, uomini o animali”. In in questione la convenzione astratta con cui si usa il colore progressivamente dal viso al corpo, sempre in dimensioni
protesa alla ricerca di una sua propria natura) o dieci conclusione, afferma Mauri: “In principio era il quadro, che giallo per dipingere la luce se non con un monocromo giallo reali. A essere determinante è la superficie monocroma
anni dopo Senza titolo (Tragedia civile), un muro ricoperto si scopre collage, si fa attivo; il quadro animato produce il in cui incorniciare una finestra reale, che imbeve il giallo degli sfondi oro o neri – “automatici ed inespressivi, fondi
di foglia d’oro davanti a cui compaiono indumenti neri corpo; il corpo produce l’azione”. dipinto della luce del giorno che lo circonda (1978)? Per decorativi anonimi, e da questa anonimità del fondo mi
appesi a un attaccapanni (indiretto autoritratto dell'artista Oltre che “campo”, “filtro”, “muro”, “schermo” o “velo”, il questo nelle opere pittoriche, performative e ambientali di aspettavo di veder accadere qualcosa” – e la loro relazione
composto intorno alle proprie spoglie, ambiente pittorico monocromo in Italia è stato quindi anche una “pagina” – Calzolari l’astrazione non ha mai escluso la figurazione (fino con il soggetto ritratto. Ciò che accadrà, e che l’artista
fra bi- e tri-dimensione e il più bel fondo oro della pittura intesa come trattamento o sceneggiatura, o pensando ai al capriccio della fantasticheria barocca), o l'oggettività della indagherà, è la rivelazione delle potenzialità rappresentative
italiana contemporanea). Il nesso fra opera e ambiente dipinti di Elisa Montessori come scrittura dell'immagine, o alle materia naturale la sua traslazione metaforica nella materia- di questa relazione, fino a giungere all'utilizzo di lastre
è spesso sancito da un'azione di matrice performativa. opere di Laura Grisi come teatralizzazione, messa in scena colore, o la concretezza di brocche, panni, gherigli di noce, monocrome di acciaio inox lucidate a specchio, sulle quali
Dopo aver esposto nel 1971, accanto a un violoncellista, dell’artificiale e della finzione quali reazioni all'esperienza gusci e uova il loro portato simbolico. Pratiche come quelle di saranno applicati dei ricalchi fotografici realizzati a punta
un dipinto blu con delle note in nero, anche Da inventare de-personalizzata del mondo. La mimesi vi può essere quindi Calzolari e di Kounellis dimostrano quanto poco sia plausibile di pennello su carta velina (sostituita, dal 1971, con la
sul posto, presentata nel 1972 a Documenta 5, è un’opera performativamente tradotta in realtà dall’azione del soggetto pensare che le ricerche artistiche afferenti all’Arte povera si serigrafia). Mostrate per la prima volta alla Galleria Galatea
composta da un duplice atto, pittorico e performativo: o dalla presenza dell’oggetto, che interagiscono con la tela. siano disinteressate all’ermeneutica della pittura: una pittura di Torino nel 1963, queste opere, collocate lungo la linea del
una ballerina improvvisa passi di danza sulle note della Nella sua relazione con la concettualità e al contempo la che invece arriva, nel loro caso, addirittura a competere con pavimento a differenza di un quadro normale, permettono a
tarantella dal Pulcinella (1920) di Igor Stravinsky, suonate concretezza dei colori – il giallo, il blu oltremare, il blu di il reale in cui è immersa. Pistoletto e all'osservatore di entrare nell’opera, includendo
dal vivo da un violinista, in modo che entrambi, violinista Prussia, ma primo fra tutti il nero del legno combusto e la variabile del tempo e dello spazio nel discrimine che
e ballerina, si configurino come l'estensione nella realtà il bianco del pigmento pittorico, del sale e del ghiaccio, DIPINGERE OLTRE LO SPECCHIO si determina fra l’immagine pittorica fissa e la virtualità
tridimensionale di un dipinto astratto alle loro spalle, sul procedendo poi dal bianco assoluto delle opere degli anni “L’arte rinascimentale è la base dell’evoluzione di tutto il dell’ambiente circostante rispecchiato sulla lastra, entrambi
cui sfondo rosa è riportato in nero un passaggio della Sessanta e Settanta che si richiamano ai monocromi di mio lavoro. Ho veramente avuto una rivelazione di fronte in dimensioni reali. Di fare insomma del dipinto specchiante
partitura originale (o viceversa, come se i loro corpi vivi Kazimir Malevič a quello tonale e impressionistico degli ultimi alla Flagellazione di Piero della Francesca. All’epoca c’era “l’autoritratto del mondo”, l’evocazione di polarità portate
e in azione fossero inclusi nella campitura pittorica). E monocromi-haiku – anche Pier Paolo Calzolari sfida nei suoi il conflitto tra astrazione e figurazione. Era la grande in dialogo quali statico/dinamico, superficie/profondità,
come le “onde” ingrandite dei timbri postali diventano delle dipinti il limite della mimesi, spingendo ogni colore a rivelarsi discussione, il grande dibattito del momento. Ma di fronte assoluto/relativo. E, nell’ambito del grande malinteso
vere e proprie pitture di marine (secondo la testimonianza oggettivamente in tutte le sue potenzialità espressive. A a tale dipinto compresi che Piero della Francesca era della “Pop” italiana, Pistoletto reagì all’ammirazione della
di De Martiis), il pappagallo vivo che l’artista espone nel proposito del dipinto-azione del 1979, in cui un mangiafuoco sia astratto che figurativo. Compresi che il problema era gallerista Ileana Sonnabend verso i Quadri specchianti con
1967 assume come sfondo una lastra di ferro di 100×70 sputa una fiamma al centro di un grande monocromo rosso, tutt’altro, o perlomeno che non era posto chiaramente. un gran rifiuto. È noto che Sonnabend, grande stratega
cm, la dimensione classica di un foglio da disegno. Su cui, l’artista ha dichiarato: “in Mangiafuoco il mio scopo era stato Sentii allora che questo dipinto mi offriva una grande con Leo Castelli della Pop art internazionale, volesse
però, invece di essere dipinto illusivamente, il pappagallo fare in modo che la fiamma viva non rendesse in alcun modo soluzione”. Negli anni Sessanta Michelangelo Pistoletto aprire una galleria a Roma con De Martiis, il quale declinò
31 temendo un'operazione di colonizzazione. Sarà la Biennale potranno riempire il catalogo d’una pinacoteca immaginaria,
di Venezia del 1964, con il Gran Premio a Rauschenberg ripetute identiche ogni volta col nome d’un pittore inventato,
e i quadri trasportati a spalla dai marine, a concretizzare i con titoli di quadri possibili o impossibili che basta aguzzare
timori di De Martiis e Pistoletto. Alla riconoscibilità stilistica lo sguardo per vedere. Lo scrittore guardandole già riesce
pretesa dalla semplificazione Pop, e quindi alla richiesta a leggere gli incipit d’innumerevoli volumi, la biblioteca
di produrre solo e sempre quadri specchianti, Pistoletto d’apocrifi che vorrebbe scrivere”. Ogni dipinto sarà quindi,
decise infatti di reagire accogliendo nella polisemia dello nelle parole di Paolini stesso, “una proposizione, oppure una
specchio la polisemia dell'opera e del suo autore: questa la memoria di figure passate. Coglie una porzione, il quadro
genesi degli Oggetti in meno, opere che avrebbero potuto in questione, ma proietta lo spazio e quindi anche il tempo
essere concepite e realizzate da molteplici artisti differenti, immaginabile al di fuori di esso”: eterno ritorno alla originale,
conducendoci oltre lo specchio. Anche in questo senso, basica, liminare squadratura di un foglio o di una tela,
come abbiamo dichiarato nella Parte prima di questo testo spazio-tempo di tutta la pittura passata, presente e futura,
manifesto (Flash Art, no 343, Marzo–Aprile 2019), non esiste reale o solo immaginabile... dato che “un’opera, per essere
nella pittura italiana un codice consapevole, ma una grande autentica, deve dimenticare il suo autore”, appartenere
consapevolezza sì: questo e analoghi rifiuti, senza mai al silenzio pensoso, all'incrocio delle linee e alla fuga
assumere connotazioni nazionaliste estranee alla molteplice prospettica, alla temporalità sinottica della storia dell’arte.
verità dell’opera, hanno semplicemente rivendicato le proprie Memoria immemore lontanissima tanto dall’azzeramento
radici: se Pistoletto ha definito l’Arte povera “radicale”, è minimalista quanto dalle pratiche a venire della citazione e
nel senso che essa tende appunto a mettere “radici”. Un dell’appropriazione. “In Paolini già la tela grezza, prelevata
quadro specchiante non può quindi essere un codice chiuso per essere dipinta, appena squadrata è già pittura, nel suo
e definito a priori, al massimo è una consapevole quanto essere ancora ‘prima’ del dipingere. La scelta di essa, nella
multiforme, relativa quanto radicale opera aperta (Umberto vita di un uomo, vuol dire la scelta di un comportamento
Eco)... futuro che sottende una responsabilità enorme. Di qui il
fermarsi ad uno stadio che non è ancora pittura, quindi il
IL PENSIERO DELLA PITTURA vero punto zero” (Germano Celant). Di qui tutte le opere
Le opere di Giulio Paolini rappresentano un ininterrotto dell’artista che conseguono assumendo come loro campo
discorso sull’arte, sui suoi stili, icone e strumenti, un’arte che, di indagine l”’energia del linguaggio ancora allo stato
come se colmasse la distanza fra un’opera e un’altra, pre- potenziale” e decifrando “il linguaggio visuale come limite
esiste all’esistenza e prescinde dalla presenza dell’autore iniziale del possibile”. Per questo, anche nell'ambito
stesso. Nella prefazione al libro d’artista Idem (1975) Italo dell’evoluzione del monocromo in Italia a partire dagli anni
Calvino dichiarava, riferendosi a Paolini come “il pittore” Sessanta, queste opere rappresentano, afferma ancora
e a se stesso come “lo scrittore”: “Le opere che espone Celant, “il primo capitolo di un codice ancora da studiare,
il pittore non sono dei veri e propri quadri: sono momenti un codice che nella sua stesura esige l’oggettivazione del
del rapporto tra chi fa il quadro, chi guarda il quadro e processo di concatenazione della logica operativa”, genesi
quell’oggetto materiale che è il quadro. Lo spazio che di una pittura che è al contempo, e sempre, un “prima”, ma
occupano queste opere è soprattutto uno spazio mentale, anche un dopo, “della pittura”.
eppure esse ostentano le materie prime di cui sono Un discorso praticato, un'investigazione agita sulla pittura,
composte, tela, legno, carta, colori di produzione industriale, intesa anche da Carlo Alfano come un “teatro filosofico”
articoli che si comprano nei negozi di forniture per pittori; (Angelo Trimarco): nella ritmica dei segni bianchi su fondo
prendono posto nello spazio visibile, occupano lo spazio nero dei Frammenti di un autoritratto anonimo (1969-
che altrimenti sarebbe occupato da un quadro, e non 1975), nella coalizione strutturante fra lumeggiatura e
vogliono far pensare ad altra cosa che ai quadri. Non è il ombreggiatura di ascendenza caravaggesca (Eco o Dalla
rapporto dell’io col mondo che queste opere cercano di vocazione al giocatore, 1976), fino al progressivo rivelarsi
fissare: è un rapporto che si stabilisce indipendentemente della tela in quanto tale, in quanto partizione dello spazio-
dall’io e indipendentemente dal mondo”. E continua: “Da tempo pittorico, prodromo della variazione figurale
un’opera all’altra il pittore continua un unico discorso, successiva dell'autore. E, pur se dipingendo raramente un
non comunicativo né espressivo, perché non pretende di vero e proprio quadro, anche Vettor Pisani – le cui prime
comunicare qualcosa che è fuori né
di esprimere qualcosa che ha dentro,
ma comunque un discorso coerente e
in continuo svolgimento. Lo scrittore
guarda il mondo del pittore, spoglio e
senza ombre, fatto solo di enunciati
affermativi”..., poiché “la pittura per lui
equivale alla storia della pittura, e in
questa storia egli privilegia alcuni momenti
in cui la trasparenza dello sguardo
si direbbe nasca dalla trasparenza
della mente: Vermeer, Poussin, Lotto,
David... Angelico, Raffaello, Bronzino,
Velázquez, Watteau, fino a Cézanne e a
Rousseau, fino a Picabia e Duchamp”.
Per concludere: “Dopo un lungo giro il
pittore torna alla tela da cui era partito,
la squadratura geometrica messa
tra parentesi, il quadro che contiene
tutti i quadri [Disegno geometrico,
ma anche Disegno di una lettera, la
lettera “A”, 1960]. La pittura è totalità a
cui nulla si può aggiungere e insieme Giulio Paolini, Disegno geometrico, 1960. Bianco di zinco, vinavil e inchiostro
Michelangelo Pistoletto, Autoritratto oro, 1960. Olio e acrilico su tela. 200 × 150 cm. Fotografia di Damiano Andreotti. potenzialità che implica tutto il dipingibile. su tela. 40 × 60 cm. Fotografia di Mario Sarotto. Courtesy Fondazione Giulio e
Courtesy Fondazione Pistoletto, Biella. Le fotografie di questa tela squadrata Anna Paolini, Torino. © Giulio Paolini.
opere manifestano un richiamo esplicito alla Metafisica aveva decretato e attuato la sua Cancellazione d'artista, Salvo, Il trionfo di San Giorgio, 1974. Pastello su carta intelata. 270 × 760 cm. Courtesy Galleria Imago, Lugano.
– è autore negli anni Settanta di un'arte come “pensiero” l’artista procede poi dall’afasia concettuale all’epifania
in azione: in tutte le sue opere storia dell’arte ma anche pittorico-fotografico-performativa del decennio seguente per un’immagine fra fotografi e pittori” che fu il titolo pittorica in cui continuerà ad agire una seminale pratica della
politica, psicoanalisi, cultura popolare, cronaca quotidiana, con due opere-azioni del 1972: Painting – fotografato da di una storica mostra alla Galleria d’Arte Moderna citazione che non ripete ma ricrea il soggetto rappresentato,
filosofie ermetiche, simboli massonici, riti alchemici e Elisabetta Catalano (autrice di scatti che completano l’atto di Torino (1973) a cura di Luigi Carluccio e Daniela o meglio le sue matrici antropologiche, quella delle Italie,
dottrina rosacrociana si sovrappongono inestricabilmente performativo di molti artisti italiani, rappresentando vere e Palazzoli. Ma a rappresentare un passaggio esemplare delle Sicilie e dei paesaggi, anzi, delle idee platoniche del
fra loro, spesso in modi dissonanti, eppure sempre proprie performance fotografiche) – rappresenta l’azione è la posizione di Salvo che – recuperando l'intuizione “paesaggio italiano” e mediterraneo, che seguiranno, a
paradossalmente coerenti nel creare un senso e un mondo uguale e contraria rispetto a quella del 1968, mentre in Il dei suoi Autoritratti benedicenti del 1968-69, dei partire dal 1976. Una memoria che non è mai coazione a
propri: quel tertium che per Pisani è l’opera d’arte, spazio- rito, che viene celebrato agli Incontri Internazionali d’Arte di dodici Autoritratti esposti nel 1970 alla galleria di Gian ripetere, ma corrisponde a una concatenazione di citazioni
tempo auto-riflessivo in cui l’arte può essere concepita Roma, anche lo spazio espositivo è riconsacrato dall'artista, Enzo Sperone e in cui utilizza il fotomontaggio, e del suo libere, a una reinvenzione anche linguistica della pittura. E
al contempo come atto di investigazione e come impulso semplicemente... baciandolo. primo d’après fotografico, Autoritratto come Raffaello (1970) non va in questo caso sottovalutata la relazione di amicizia e
visionario, come “arte-critica” che si nutre, cita, commenta, – riplasma formalmente la sua precedente ricerca confronto fra due artisti quali Salvo e Boetti (che fino al 1971
riflette e “colpisce l’arte, servendosi dell’arte”, come scriveva D’APRES E TABLEAUX VIVANTS: FRA PITTURA E di ascendenza concettuale sull’identità dell’artista e condivideranno anche lo studio), preannuncio del rapporto
Maurizio Calvesi. Forse per questo una posizione come FOTOGRAFIA dell’opera e, all'inizio degli anni Settanta, torna a dipingere. di Boetti con uno dei maggiori artisti della Transavanguardia,
quella di Pisani sarà messa in crisi, alla fine del decennio, dal Ritornando alla matrice performativa della pratica pittorica I suoi d’après sono opere ancora concettuali, in quanto Francesco Clemente, come racconteremo nel prossimo
“ritorno alla pittura” – se inteso come operazione meramente in Italia, in una sezione della mostra “Ennesima. Una citazioni semplificate e quasi essenzializzate, ma anche fra i capitolo.
citazionista e manuale, come pittura senza pensiero. Su mostra di sette mostre sull'arte italiana” (2015-16) – fra più bei dipinti italiani di un decennio in transizione, quali San
un registro di giocosa auto-analisi anche Aldo Mondino ha i più articolati tentativi di rivisitazione degli stereotipi Martino e il povero (1973) esposto alla mostra Projekt 1 Nota metodologica: per il seguente testo si è scelto di
interpretato la pittura come variazione concettuale sul tema critici e storiografici sull’arte italiana, ispirato al titolo di ‘74: non alla Kunsthalle di Colonia, sede della mostra, ma omettere le note bibliografiche. Tutte le citazioni presenti nel
dei suoi stili, materiali e riferimenti, tanto previsti quanto un’opera di Paolini del 1973 che coincide con gli appunti per scelta dell’artista al Wallraf-Richartz-Museum, per testo riportano fra parentesi il relativo autore.
imprevisti, procedendo dai dipinti degli esordi (1961) ai Quadri per la descrizione di sette tele datate 1973 – Vincenzo coesistere con i capolavori, uno per secolo, dei pittori da
a quadretti e alle Bilance, alle tele da cui fuoriescono De Bellis individua quale tradizione identitaria italiana lui selezionati (come oggi farebbe Francesco Vezzoli?),
palloncini, all'utilizzo di materiali non pittorici come aringhe quella del tableau vivant, inteso come sintesi performativa quali Simone Martini, Lucas Cranach il Vecchio, Rembrandt
affumicate e zollette di zucchero, o pittoricamente reinventati fra rappresentazione e realtà. È in questo contesto che e Cézanne. Nello stesso anno Salvo partecipa prima allo
come, a partire dagli anni Ottanta, saranno l’Eraclit (Tappeti) possono essere compresi l’utilizzo di prelievi fotografici da Studio Marconi di Milano a una mostra collettiva dal titolo
o il linoleum (Dervisci o Ebrei). Mondino può, recita il titolo, altri dipinti nella realizzazione dei quadri non/mai dipinti dal paradigmatico, derivato da Gilles Deleuze, “La ripetizione
consapevolmente auto-ironico, di una sua opera del 1965... “pittore” Paolini, o le opere di Luigi Ontani, con i suoi tableaux differente”, a cura di Renato Barilli, e poi presenta presso lo LAURA CHERUBINI è critico d’arte e curatore. Insegna
Ma è forse l’esperimento biunivoco di Cesare Tacchi che vivants fotografici, ma incorniciati come veri e propri dipinti. Studio Toselli un dipinto di grandi dimensioni (oltre 7 metri), all’Accademia di Brera, Milano.
sembra ricongiungere due decenni, nel nome prima della Nell’interstizio fra la pittura e l’immagine meccanica, della il Trionfo di San Giorgio (da Carpaccio). Opere che – nel loro ANDREA VILIANI è critico d’arte e curatore. Dal 2013 è
sparizione e dopo della riapparizione della pittura: se, fotografia ma anche del cinema, agisce anche un artista richiamo al Quattrocento e Cinquecento italiani, da Cosmè Direttore generale del Madre – Museo d’arte contemporanea
nell’ambito del Teatro delle Mostre, il 18 maggio 1968, Tacchi come Paolo Gioli, esponente di quel “Combattimento Tura a Raffaello – anticipano una ricerca esclusivamente Donnaregina, Napoli.

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