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Gillo Dorfles - Angela Vettese

Arte 3
artisti, opere e temi
Dal Postimpressionismo ad oggi

ISBN 978-88-268-9036-4
Edizioni
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
2011 2012 2013 2014 2015 Certi Car Graf
Certificazione Cartaria,
Cartotecnica, Grafica
Direzione editoriale: Roberto Invernici
Redazione: Progetti di Editoria s.r.l. La casa editrice ATLAS opera con il
Progetto grafico e videoimpaginazione: Marco Cattaneo Sistema Qualità conforme alla nuova
Cartografia e Copertina: Vavassori & Vavassori norma UNI EN ISO 9001:2008 certi-
Stampa: Castelli Bolis, Cenate Sotto (Bg) ficato da CISQ CERTICARGRAF.
In copertina: Lucio Fontana, Concetto spaziale, La fine di Dio, 1963.

L’editore si impegna a mantenere invariato il contenuto di questo volume, secondo le norme vigenti.
Il presente volume è conforme alle disposizioni ministeriali in merito alle caratteristiche tecniche e tecno-
logiche dei libri di testo.Con la collaborazione della Redazione e dei Consulenti dell’I.I.E.A.

Il progetto didattico generale del volume è stato elaborato dai due autori. Tutti i capitoli sono stati scritti
da Angela Vettese; il coordinamento editoriale è di Eliana Princi, a cui si devono anche i testi dei Focus
Musei e gallerie e le seguenti pagine: 8, 9, 22, 23, 26, 32, 35, 39, 47, 64, 66, 88, 118, 119, 122, 123, 124, 149,
153, 164, 174, 231, 232, 235, 238, 242, 243, 244, 296, 304, 305, 323, 327, 330, 333, 334, 335, 349, 360, 363,
366, 373, 377, 381, 388, 397, 399, 404, 105, 413, 427, 430, 452, 453
Si ringraziano per la collaborazione prestata:
Paola Ballerini, Cristina Barsotti, Cristina Citerni, Cristina Galigani, Miranda MacPhail, Anna Mazzanti, Giulia Marrucchi,
Filippo Melli, Maria Virginia Porta, Maria Assunta Princi, Maria Saffioti, Anna Lucia Stammati, Massimiliano Vannucci.
Si ringraziano tutti i Musei, le Fondazioni, le Pinacoteche, le APT e i fotografi che hanno gentilmente fornito il
materiale iconografico e le agenzie:
© by ADAGP, Paris 2009, per le opere di V. Kandinskij, A. Derain, R. Delaunay, M. Duchamp, H. Arp, J. Miró, A.
Giacometti, R. Magritte, C. Brancusi, M. Chagall, A. Calder, G. Braque, Man Ray, A. Tapies
© by ADAGP e SPADEM, Paris 2009, per l’opera di F. Picabia
© by BILD-KUNST, Francoforte sul Meno, per le opere di E. Nolde
© by SPADEM, Paris 2009, per le opere di P. Picasso, M. Ernst, M. De Vlaminck, S. Dalí, J. Gris, F. Léger, M.
Utrillo, V. Vasarely, J. Fautrier
© by SIAE, Roma, per le opere di C. Carrà
© by BEELDRECHT, Amsterdam 2004, per le opere di T. Rietveld - P. Mondrian
© by VAGA, New York 2004, per le opere di R. Rauschenberg - A. Warhol
© by arch. Corrado Gavinelli per l’opera, Architettura Contemporanea dal 1943 agli anni Novanta, Jaca Book,
Milano 1998
L’Editore dichiara la propria disponibilità a regolarizzare errori di attribuzione o eventuali omissioni sui detento-
ri di diritto di copyright non potuti reperire.
Ogni riproduzione del presente volume è vietata.
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Via Crescenzi, 88 - 24123 Bergamo - Tel. 035.249711 - Fax 035.216047 - www.edatlas.it
Presentazione
La scansione in tre volumi del nuovo corso di Storia dell’Arte assegna come limiti cro-
nologici a questo terzo volume la presentazione dello sviluppo artistico dal Postimpres-
sionismo ai nostri giorni, per analogia con i curricoli disciplinari paralleli di letteratura,
filosofia e storia.
Se dal punto di vista generale ciò permette allo studente una lettura pluridisciplinare
dell’evoluzione culturale del complesso periodo storico che arriva fino a noi, dal punto
di vista più specificamente artistico inquadra ancora meglio la comprensione della gran-
de rivoluzione del Novecento operata dalle Avanguardie storiche, in una forte disconti-
nuità con il passato e nell’avvio di un processo di ricerca che non ne ha ancora esaurito
le premesse di innovazione e i presupposti di invenzione.
In tale prospettiva, la presentazione dell’evoluzione dei linguaggi artistici si svolge nel-
la piena consapevolezza della funzione privilegiata che l’arte ha di rispecchiare i profon-
di cambiamenti, le contraddizioni, i problemi e le tensioni che hanno caratterizzato l’ul-
tima parte dell’Ottocento, il Novecento e il primo decennio del Duemila, in uno scena-
rio che è man mano diventato globale.
Il progetto didattico dell’opera scandisce artisti, opere e temi in una sequenza che pri-
vilegia i grandi autori e l’analisi delle opere più importanti, non solo per selezionare e
approfondire i momenti fondamentali di uno sviluppo artistico molto articolato, ma an-
che come occasione e strumento per acquisire un metodo personale di lettura dell’ope-
ra. In un quadro essenziale ma esaustivo di tutte le forme d’arte, grande importanza as-
sume l’architettura, oggi sempre più protagonista di interventi a scala ambientale anche
clamorosi.
La trattazione generale dei movimenti e dei grandi artisti è accompagnata da schemi,
mappe e cartine e soprattutto da rubriche come Focus e molti box, che integrano la pre-
sentazione, con approfondimenti di carattere pluridisciplinare mirati a connettere le arti
visive con ambiti creativi quali la musica, il cinema, il teatro, a interrelare gli eventi arti-
stici con la filosofia, la scienza, la tecnologia e la società e a presentare i musei e le Fon-
dazioni più importanti.
La rappresentazione che ne emerge è quella di un puntiglioso, aggiornatissimo e affa-
scinante viaggio nell’arte contemporanea, di grande completezza ed efficacia didattica,
in un linguaggio chiaro e coinvolgente e con un ricchissimo e rigoroso apparato icono-
grafico.
L’autorevolezza degli Autori che firmano l’opera e dei collaboratori contribuisce a dar-
le un valore scientifico di grande rilevanza e a trasformarla in una vera guida critica del-
l’arte del Novecento e degli esordi del nuovo secolo, in una rappresentazione e analisi
che ne specificano il percorso base di ricerca e di innovazione, evidenziandone i grandi
punti di svolta e le innumerevoli relazioni fra movimenti e artisti, ma soprattutto sottoli-
neando la rivoluzione di un’arte che ha ripensato se stessa dai suoi fondamenti episte-
mologici e si è imposta sempre più come una visione generale dell’uomo oltre che degli
strumenti di comunicazione e di espressione.

Un’opera mista, con materiali on line


e per la Lavagna Interattiva Multimediale (LIM)
L’opera a stampa si completa e si integra innanzitutto con materiali on line, quali Per-
corsi tematici relativi ad argomenti di particolare interesse monografico (come la Foto-
grafia, il Design, ecc.) e con una ricca Antologia di documenti come i molti Manifesti che
caratterizzano i movimenti artistici del Novecento e brani di critica d’arte.
Come materiale specifico per la Lavagna Interattiva Multimediale è disponibile una
vasta Videoteca con le immagini proposte nel testo e molte altre, in particolare relative ai
grandi artisti.
A disposizione dei Docenti, poi, c’è un’ampia Guida didattica con prove di verifica su
tutti i capitoli del volume.

L’Editore

2 Presentazione © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Indice
1. Verso il Novecento 7 2. Il Novecento 65
■ Il contesto storico-culturale 8 ■ Il contesto storico-culturale 66

capitolo 1 Il Postimpressionismo 10
Introduzione Capire l’arte del Novecento 69

■ Dal Postimpressionismo al Novecento 12


capitolo 3 La linea espressionista 72
■ Focus: Arte extraeuropea
Giapponismo, una mania collettiva 13 ■ Le linee dell’Espressionismo europeo 72
Il Neoimpressionismo o Pointillisme 14 ■ I princìpi estetici dell’Espressionismo 73
■ La luce tra teologia e scienza 14 Edvard Munch 74
Georges Seurat 15 ■ Analisi dell’opera
■ Analisi dell’opera Edvard Munch, L’urlo 77
Georges Seurat, Un dimanche après-midi à l’Île James Ensor 79
de la Grande Jatte 16 I Fauves: le “belve” di Parigi 80
Paul Cézanne 18 ■ Focus: Estetica
■ Analisi dell’opera La bellezza del brutto 82
Paul Cézanne, Due giocatori di carte 21 Henri Matisse 83
Paul Cézanne, la Montaigne Sainte-Victoire 22 ■ Analisi dell’opera
Henri Matisse, La tavola imbandita 86
Paul Gauguin 24
■ Analisi dell’opera ■ Focus: Musei e gallerie
Paul Gauguin, La visione dopo il sermone 26 Matisse in Provenza: il Museo di Cimiez a Nizza
e la Cappella del Rosario a Vence 88
Gauguin, Da dove veniamo? Cosa siamo? Dove andiamo? 27
I gruppi dell’Espressionismo tedesco 89
Vincent van Gogh 28
Die Brücke 90
■ Analisi dell’opera
Ernst Ludwig Kirchner 92
Vincent van Gogh, Tre autoritratti 30
■ Analisi dell’opera
Vincent van Gogh, La camera dell’artista 32
Ernst Ludwig Kirchner, Cinque donne nella strada 93
■ Focus: Musei e gallerie
■ Focus: Cinema espressionista
Van Gogh in Olanda: i musei di Amsterdam e Otterlo 33
La nascita dell’horror e della fantascienza 95
Henri de Toulouse-Lautrec 34
Il gruppo del Blaue Reiter 96
■ Analisi dell’opera
L’Espressionismo austriaco 98
Le donne di Lautrec 35
■ Musica nuova a Vienna 98
Henri Rousseau, il “Doganiere” 36
Oskar Kokoschka 99
Il rinnovamento della scultura 37
Egon Schiele 100
Auguste Rodin 38
■ L’icona del tempo: il corpo messo a nudo 101
■ Analisi dell’opera
Auguste Rodin, I monumenti pubblici 39 L’École de Paris 102
Il Simbolismo 40 Georges Rouault 103
■ Focus: Arte, musica e letteratura
Amedeo Modigliani 104
La sintesi di arte, musica e letteratura Marc Chagall 106
nel clima simbolista e decadente 42 Chaïm Soutine 108
Il Simbolismo in Italia: il Divisionismo 43 L’architettura espressionista tedesca 109
Erich Mendelsohn 110
capitolo 2 Dalle Secessioni
all’Art Nouveau 45 capitolo 4 Il Cubismo 112

■ Sintesi delle Secessioni 45 ■ Le linee del Cubismo europeo secondo Apollinaire 113
Le Secessioni di Monaco e Berlino 46 ■ La quarta dimensione 114
La Secessione di Vienna 47 Pablo Picasso 116
Gustav Klimt 48 ■ Focus: Il collezionismo
Gertrude Stein e il Cubismo, specchio del Novecento 119
■ Focus: Musei e gallerie
■ Analisi dell’opera
Il Palazzo della Secessione a Vienna, opera d’arte totale 50
Pablo Picasso, Les Demoiselles d’Avignon 120
L’Art Nouveau: l’arte all’ordine del giorno 52 Pablo Picasso, Natura morta con sedia impagliata 124
■ Focus: Tesi critiche
■ Focus: Le tecniche
L’ornamento è un delitto? 57 Il collage e il bricolage 125
■ Focus: Il Design ■ Focus: Arte extraeuropea
Verso il disegno industriale 58 Primitivismo e Modernismo 126
■ Focus: Tipologie architettoniche ■ Analisi dell’opera
La Scuola di Chicago e la nascita del grattacielo 60 Pablo Picasso, Guernica 128
Antoni Gaudí 61 Georges Braque 130
■ Analisi dell’opera Juan Gris 131
Antoni Gaudí, Sagrada Familia 63 Fernand Léger 132

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Indice 3


Il Cubismo orfico 133 Theo van Doesburg 176
La scultura cubista 135 Paul Klee 177
Constantin Brancusi 136 ■ Musica, maestra dell’astratto 178
■ Focus: Musei e gallerie Il Bauhaus 179
L’atelier come prototipo
■ Focus: Arte e geometria
della galleria d’Avanguardia 137
L’arte e il numero 181
■ Focus: Arte e teatro
capitolo 5 Il Futurismo 138 Il Teatro totale del Bauhaus 185
■ Le matrici culturali del Futurismo 138 ■ Focus: Musei e gallerie
Archivi del Bauhaus in Germania 186
■ L’icona del tempo: l’automobile 139
■ Focus: I Manifesti
I princìpi del Futurismo secondo Marinetti 140 capitolo 7 Il Dadaismo, rivoluzione totale 187
■ Dal Manifesto Tecnico della Scultura Futurista 143 ■ Le linee del Dadaismo 187
■ Focus: Arte e fotografia La nascita di Dada 188
Marey e Muybridge: fotografare il movimento 144 ■ Le riviste Dada 188
Umberto Boccioni 146
■ Focus: Arte e letteratura
■ Analisi dell’opera
Dadaismo e letteratura 191
Umberto Boccioni, Materia 148
Il Dadaismo in Germania 192
Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità
■ Analisi dell’opera
nello spazio 149
Kurt Schwitters, Merzbau 194
Altri protagonisti del Futurismo 150
Dada a New York 195
Gino Severini 150
Man Ray 196
Carlo Carrà 150
Dada a Parigi 197
Giacomo Balla 151
■ “Questo lo so fare anch’io” 197
■ Analisi dell’opera
Marcel Duchamp 198
Carlo Carrà, Manifestazione interventista 152
■ Alcune chiavi di lettura 198
Giacomo Balla, Ragazza che corre sul balcone e
Compenetrazioni iridescenti 153 ■ Analisi dell’opera
Marcel Duchamp, La Mariée mise à nu par
■ Focus: Arte e tecniche
ses célibataires, même o Grande Vetro 202
Dalle Belle Arti all’arte totale:
performance, ambiente, arti applicate 154 ■ Focus: Arte e corpo
I capelli 205
■ Focus: Musei e gallerie
Fortunato Depero, la gioia del colore 155
Antonio Sant’Elia 156 capitolo 8 Il Surrealismo 206
■ Dal Manifesto dell’Architettura Futurista 156 ■ Le linee del Surrealismo 206
Il Futurismo fuori dall’Italia 157 ■ Definizione di “Surrealismo” secondo André Breton, 1924 207
Le tecniche e le attività del gruppo 210
capitolo 6 L’Astrattismo 158 ■ Focus: Arte e psicoanalisi
■ Focus: Le tecniche Freud e il concetto di inconscio 211
Il colore, dalla schiavitù alla libertà 160 ■ Focus: Le tecniche
■ Lo sviluppo dell’arte astratta secondo Alfred Hamilton Barr 161 L’oggetto surrealista 212
Vasilij Kandinskij 162 Max Ernst 213
■ La libertà dei mezzi artistici secondo Kandinskij 163 ■ Analisi dell’opera
Max Ernst, La vestizione della sposa 215
■ Analisi dell’opera
Vasilij Kandinskij, Primo acquerello astratto 164 Juan Miró 216
Vasilij Kandinskij, Composizione VIII 164 Salvador Dalí 218
■ Lo spirituale nell’arte: sintesi della teoria pittorica ■ Focus: Musei e gallerie
di Kandinskij 164 Da Barcellona a Figueres: i mondi di Miró e Dalí 220
René Magritte 221
LA STAGIONE DELL’UTOPIA
ARTISTICA E SOCIALE IN RUSSIA 166 ■ Analisi dell’opera
René Magritte, L’uso della parola I 223
Kasimir Malevič 166
Surrealismi dalla Germania al Belgio, dalla Francia all’America 224
■ Analisi dell’opera
Alberto Giacometti 226
Kasimir Malevič, Quadrato nero su fondo bianco 168
Il Costruttivismo e l’arte della Rivoluzione 169 ■ Focus: Arte e cinema
La nascita del cinema sperimentale 228
■ Dal programma del Gruppo Produttivista 170
■ Analisi dell’opera
Vladimir Tatlin, Monumento alla Terza Internazionale 171 capitolo 9 La Metafisica 230
LINEE PURE IN OLANDA 172 ■ I princìpi estetici della Metafisica 230
Piet Mondrian 172 ■ Il significato del termine “Metafisica” secondo de Chirico 232
■ La Teosofia 173 Giorgio de Chirico 233
■ Analisi dell’opera ■ Gli autoritratti 234
Piet Mondrian: l’astrazione a partire dall’albero 174 ■ Analisi dell’opera
Piet Mondrian: due opere a confronto Giorgio de Chirico, Ritratto premonitore
Evoluzione e Victory boogie-woogie 175 di Guillaume Apollinaire 235

4 Indice © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


■ La Metafisica secondo Apollinaire 235 L’ESPRESSIONISMO ASTRATTO AMERICANO 300
■ Analisi dell’opera L’Action Painting 300
Giorgio de Chirico, Le Muse inquietanti 236 Jackson Pollock 301
Alberto Savinio 237 ■ L’estetica dell’improvvisazione nel nuovo jazz 302
Il periodo metafisico di Carlo Carrà 238 Willem de Kooning 303
Giorgio Morandi 239 ■ Analisi dell’opera
Willem de Kooning, Donna I (Woman I) 304
capitolo 10 L’Arte tra le due Guerre 241 ■ Focus: Musei e gallerie
I Guggenheim: una vita per l’arte 305
■ Le diverse forme del Realismo nel Ritorno all’Ordine 241 Il Color Field 307
Da “Valori Plastici” al Realismo Magico in Italia 242 ■ Analisi dell’opera
■ Il Realismo Magico in Italia 242 Pollock e Rothko:
Novecento Italiano 243 i due volti dell’Espressionismo astratto americano 310
Nuova Oggettività in Germania 245 ■ Focus: Musei e gallerie
L’Arte durante i regimi totalitari 247 Il MoMA, ponte tra continenti 312
■ Focus: Arte e ideologia La Scuola del Pacifico 313
La Mostra dell’Arte degenerata: un boomerang 248 L’INFORMALE EUROPEO 315
Tra arte di regime e opposizione: il caso di Corrente 249 ■ L’Esistenzialismo, filosofia popolare 315
Il Realismo statunitense tra le due Guerre 253 Il segno-gesto 316
■ Focus: Arte e cinema L’Informale materico 317
L’icona del tempo: la nascita delle star 254 ■ Focus: Arte e politica
■ Focus: Il gusto dell’apparire La disputa tra Astrattisti e Realisti nel Dopoguerra italiano 321
Gli anni ruggenti del Déco 255 Alberto Burri 322
Il Realismo epico messicano 257 ■ Analisi dell’opera
Alberto Burri, SZ 1 323
capitolo 11 L’architettura razionalista 258 ■ Focus: Musei e gallerie
La Fondazione Burri a Città di Castello 324
■ Focus: Nuovi materiali Lucio Fontana 325
Il calcestruzzo armato e l’architettura razionalista 259 ■ Analisi dell’opera
Le basi teoriche dell’architettura razionalista 260 Lucio Fontana, Concetto spaziale. Fine di Dio 327
■ Focus: Tesi critiche Francis Bacon 328
International Style e Nuovi Regionalismi 261 ■ Analisi dell’opera
■ Verso la sala da bagno 262 Francis Bacon, Studio dal Ritratto di Innocenzo X
Le Corbusier 263 di Velázquez 330
■ I cinque punti di una nuova architettura L’evoluzione della scultura 331
secondo Le Corbusier 263 ■ Giacometti alla Fondazione Maeght 333
■ Analisi dell’opera ■ Focus: Parchi d’arte
Le Corbusier, la Cappella Nôtre-Dame-du-Haut 270 Parchi di scultura nel Nord Europa 334
■ Le Corbusier e il Modulor come utopia di un’armonia assoluta 272
Walter Gropius 273 capitolo 13 Arte Concreta, Cinetica,
Ludwig Mies van der Rohe 277 Programmata e Optical 336
■ Analisi dell’opera Astrattismo geometrico o Arte Concreta 336
Ludwig Mies van der Rohe, Padiglione tedesco
■ L’arte deve esprimere emozioni? 336
all’Esposizione Internazionale di Barcellona 280
■ L’esperienza statunitense: l’Hard Edge 337
Frank Lloyd Wright 282
■ La Scuola di Ulm 339
■ Analisi dell’opera
■ Analisi dell’opera
Frank Lloyd Wright, la Casa sulla cascata 284
Max Bill, Otto coppie di colori complementari 340
■ Focus: Progetti urbanistici
■ Focus: Arte e percezione
Il sogno infranto di Brasilia 288 Dalle leggi della percezione a quelle della società 343
■ Focus: Nuovi materiali ■ Focus: Arte e psicologia
L’utopia funzionale di Richard Buckminster Fuller 289 La Psicologia della forma 344
L’architettura tra le due Guerre in Italia 290 Arte Cinetica, Programmata e Optical 345
Giuseppe Terragni 292 ■ Opere tra Arte Cinetica, Programmata e Optical 346
Giovanni Michelucci 294 ■ Focus: Tecnica e psicologia
Bruno Munari 348
■ Analisi dell’opera
3. L’arte dopo Jesus Rafael Soto, Il muro penetrabile sonoro 349
la Seconda Guerra Mondiale 295 Gianni Colombo, Spazio elastico 349

■ Il contesto storico-culturale 296 capitolo 14 Happening, Neo Dada e Pop Art 350
John Cage 351
capitolo 12 Espressionismo astratto ■ Il Black Mountain College 351
americano e Informale europeo 298 Allan Kaprow 352
■ Le linee dell’Informale 298 ■ Focus: Arte e società
■ La rivista Life e l’esplosione del fotogiornalismo 299 La protesta giovanile 354

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Indice 5


Fluxus e l’Internazionale Situazionista 355 capitolo 16 Tra XX e XXI secolo:
Il New Dada americano 356 le poetiche postmoderne 420
Robert Rauschenberg 358
■ Analisi dell’opera ■ Una nuova concezione delle tecniche artistiche 420
Robert Rauschenberg, Monogram 360 La Transavanguardia 421
Il Nouveau Réalisme europeo 361 La nuova pittura in Germania 423
■ La spazzatura 361 ■ Analisi dell’opera
■ Focus: Parchi d’arte Gerhard Richter, Zwei Kerzen (Due candele) 427
Nouveau Réalisme in Toscana: Nuova pittura negli Stati Uniti 428
i parchi di scultura di Spoerri e Niki de Saint Phalle 363 ■ Analisi dell’opera
Yves Klein 364 Keith Haring, Tuttomondo 430
■ Analisi dell’opera Jean-Michel Basquiat, J’s Milagro 431
Yves Klein, Antropometria dell’Epoca blu 366 La scultura oggettuale dei secondi anni Ottanta 432
Piero Manzoni 367 Sguardi lucidi e autobiografici nella fotografia 437
■ Analisi dell’opera Dopo il 1989, verso la globalizzazione 441
Piero Manzoni, Merda d’artista 369 ■ L’installazione 441
La Pop Art inglese 370
■ Focus: Il sistema dell’arte
■ Caratteristiche della Pop Art secondo Lawrence Alloway 370
La critica istituzionale 445
■ Analisi dell’opera
■ Analisi dell’opera
Richard Hamilton, Just what is it that makes today’s
Bill Viola, The Greeting 452
homes so different, so appealing? 371
La Pop Art americana 373 ■ Focus: Public Art
L’arte nello spazio pubblico 454
■ La galleria di Leo Castelli a New York 373
■ Il rapporto tra arte e mass-media
secondo Marshall McLuhan 375 capitolo 17 L’architettura dal
■ Pop Art nelle collezioni europee: il caso Ludwig 377 Secondo Dopoguerra ad oggi 460
Andy Warhol 378
■ I momenti della critica al Razionalismo 460
■ I film di Andy Warhol 380
Alvar Aalto 461
■ Analisi dell’opera
Andy Warhol, Marilyn Monroe (Twenty Times) 381 ■ Fonti e caratteristiche dell’architettura di Alvar Aalto 461
Architettura italiana del Dopoguerra 465
■ Focus: Fumetto
Evoluzione e dignità culturale del fumetto 382 ■ Focus: Arte e design
L’Iperrealismo americano 383 Il design italiano del Dopoguerra 469
La Pop Art in Italia 384 La nuova Architettura organica 471
■ Focus: Architettura e società
USA nel Dopoguerra: grandi studi, nuovi grattacieli 472
■ Focus: Arte e design
4. Rinascita e crisi dell’idea La sedia “organica” e una nuova concezione del comfort 476
di Avanguardia 387 Il Brutalismo 477
L’architettura utopistica e radicale degli anni Sessanta 480
■ Il contesto storico-culturale 388
Architettura High Tech 482
■ Analisi dell’opera
capitolo 15 Le Neoavanguardie degli Renzo Piano, Auditorium di Roma 485
anni ’60 e ’70 390
Il ritorno al purismo 488
■ Ripetizione, sequenza e permutazione nel sapere scientifico 390 L’Architettura Postmoderna 490
Il Minimalismo 391 ■ Progetto e utopia:
La smaterializzazione dell’opera: l’Arte Concettuale 395 Manfredo Tafuri e il ripensamento dell’architettura 490
■ Gli aspetti del concettuale 395 ■ Moderno contro Postmoderno 491
Joseph Kosuth 396 ■ Focus: Architettura e società
■ Analisi dell’opera Gli aeroporti, monumenti del XX secolo 495
Joseph Kosuth, One and Three Chairs 397 L’architettura dopo il Duemila 496
Bruce Nauman 398 ■ Focus: Architettura e urbanistica
La relazione con l’ambiente vissuto 400 Un nuovo slancio utopistico: gli esempi di
Earth Works e Land Art 402 Price e Friedman 498
■ Focus: Arte nell’ambiente L’Architettura decostruttiva 499
La Villa Panza di Biumo a Varese 404 ■ L’architettura nell’epoca della realtà virtuale 504
La Fattoria di Celle a Pistoia 405
■ Focus: Architettura e arti visive
Christo & Jeanne-Claude 406
Avvicinamento tra arte visiva e architettura 505
Nascita della Performance 407
Nuovi musei come spazi d’incontro 507
■ Scrivere la Storia dell’Arte: dal sistema al problema 410
■ Analisi dell’opera
Joseph Beuys 411 Frank O. Gehry, Guggenheim Museum 514
■ Che cosa possiamo definire “Arte”? 412
Tendenze dell’architettura attuale 515
■ Analisi dell’opera
■ Il Premio Pritzker 519
Joseph Beuys, 7000 Eichen (7000 Querce) 413
Fare arte con ogni materia: Arte Povera 414
■ Il nuovo teatro 419 Indice dei nomi 520

6 Indice © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


1
Verso il
Novecento

“A ogni tempo la sua arte, a ogni arte la sua libertà”


Iscrizione sulla facciata del Palazzo della Secessione di Vienna, 1898

Vincent van Gogh, La notte stellata, 1889.


Olio su tela, 73,7x92,1 cm. New York, Museum of Modern Art. Particolare.

OBIETTIVI
1. Conoscenza delle espe-
rienze del Neoimpres-
sionismo e del Postim-
pressionismo, nel con-
testo culturale e artisti-
co europeo in cui si svi-
lupparono.
2. Conoscenza dei temi e
delle diverse soluzioni
tecniche adottate dai
maggiori protagonisti,
in relazione agli studi
sull’ottica e alle rifles-
sioni filosofiche sul
rapporto tra soggetto
e oggetto.
3. Conoscenza delle di-
verse posizioni assunte
dai singoli artisti in re-
lazione agli elementi
costitutivi del linguag-
gio visuale: il colore, il
disegno, il volume.
4. Conoscenza dei pre-
supposti letterari e fi-
losofici del Simboli-
smo come movimento
di reazione al Realismo
e a una visione positi-
vista, laica e scientista
della cultura.
5. Conoscenza del supe-
ramento in architettura
dell’eclettismo otto-
centesco, verso stilemi
espressionisti o razio-
nalisti.

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Il contesto storico-culturale
Nel ventennio che conclude l’Ottocento, la scienza e la tecnologia continuano i loro svi-
luppi prodigiosi; le sorti del secolo, tuttavia, non appaiono più “magnifiche e progressive”:
compare, infatti, la prima e più grave crisi economica dell’età contemporanea, causata dal
fenomeno della sovrapproduzione, la cosiddetta “lunga depressione” (1873-1896).
Gli Stati europei, spinti dalla necessità di trovare nuovi mercati su cui piazzare il surplus
delle merci e da cui reperire materie prime e manodopera a basso costo, si ritrovano nella
Conferenza di Berlino (1884) per spartirsi l’Africa, secondo il principio delle “sfere d’influen-
za”; anche l’Asia diviene terreno di scontro.
L’Inghilterra della regina Vittoria, alla fine del processo espansivo, risulterà padrona di circa
un quarto delle terre del pianeta; accanto ad essa, emergono nuove potenze, che aspirano al-
la leadership dell’ordine internazionale, quali la Germania, gli Stati Uniti e il Giappone.
All’interno degli Stati della vecchia Europa, mutano gli indirizzi di politica interna, a causa
della nuova domanda di partecipazione delle masse, integrate nel sistema e nel mercato dal-
lo sviluppo dei consumi.
Entra così in crisi il modello politico liberale, fondato su ristrette élites dominanti, incalza-
to dai nuovi partiti nazionali, anche di matrice socialista, mentre si diffondono vasti movi-
menti reazionari percorsi da ideologie razziste, che trovano un sostegno trasversale nelle oli-
garchie del potere e nei ceti sociali più bassi.
È in questo stesso periodo che l’arte impressionista, dopo il suo trionfo, entra in crisi e la-
scia spazio a forme d’arte che interpretano in modo più aderente lo spirito del tempo: il Po-
stimpressionismo e il Simbolismo.

Paul Cézanne, La casa dell’impiccato, 1872-1873. Olio su tela, 55x66 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

8 Parte 1 Il contesto storico-culturale © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Vincent van Gogh,
Il ponte di Langlois
ad Arles, 1888.
Olio su tela,
59x74 cm. Otterlo,
Kröller-Müller Museum.

I dipinti in questa pagina e in


quella precedente mostrano
le vie della svolta artistica fran-
cese alla fine dell’Ottocento.
Se la visione di Cézanne in
questa fase è ancora nell’alveo
dell’Impressionismo, van Gogh
mostra una concezione del
colore libera e vitale, influen-
zata dalle stampe giapponesi;
le figure di Gauguin, come
idoli senza tempo, portano
nuovi risultati e inedite vie di
fuga: la Bretagna della Belle
Angèle e la Polinesia della
Donna tahitiana.

Paul Gauguin, Paul Gauguin,


La Belle Angèle, 1889. Donna tahitiana con un fiore, 1891. Olio su tela,
Olio su tela, 92x73 cm. Parigi, Musée d’Orsay. 70,5x46,5 cm. Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek.

(F397)
Vincent Van Gogh, Il ponte di Langlois, 1888.
Olio su tela, 59x74 cm.
Otterlo, Museo Kröller-Müller.

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Parte 1 Il contesto storico-culturale 9


capitolo 1 Il Postimpressionismo
Nell’ultimo quarto di secolo l’entusiasmo tecnologico che aveva contraddistinto gli anni
precedenti ebbe un nuovo impulso: la civiltà del vapore, che già aveva connesso paesi e città
attraverso la ferrovia, si trasformava nella civiltà dell’elettricità. La visione del mondo cam-
biava così radicalmente da proporre agli artisti nuovi stimoli e nuovi problemi da risolvere.
Gli Impressionisti si erano serviti ampiamente della nuova tecnologia: Degas faceva largo
uso della fotografia, Monet dipingeva il vapore delle locomotive, tutti si interessarono alla de-
scrizione scientifica della luce. Il diffondersi della fotografia come pratica anche amatoriale
e non più nelle mani di pochi, il suo lento e inesorabile penetrare nell’esistenza di tutti, con-
tribuì ad accentuare la crisi di identità in cui la pittura già si trovava per altra via, ovvero in
relazione a una committenza che non era più pubblica e che iniziava a dilatare il contribu-
to dei collezionisti privati. Di che cosa si doveva occupare la pittura, dal momento che la ri-
produzione della realtà poteva essere svolta da un mezzo meccanico? Ma questo aspetto, la
relazione con la fotografia, non era che la sfida più appariscente gettata all’arte visiva dalla
nuova civiltà delle macchine.

Crisi ed evoluzione dell’Impressionismo


Verso il 1880 l’Impressionismo era ormai stato pienamente accolto non solo dagli ambienti
più elevati della società parigina, ma anche all’estero e non solo in Europa. All’apice della
propria notorietà, da parte degli artisti più giovani si cominciava a percepire un’esigenza di
superamento che li distanziasse da padri ormai divenuti scomodi e spesso ripetitivi. La crisi
venne dall’interno del movimento: i nuovi accoliti scalpitavano e introducevano nuove prio-
rità. Nella piccola galleria d’arte di Theo van Gogh, nel 1885 si riunivano artisti ancora sco-
nosciuti: il metodico Georges Seurat, il suo devoto collega Paul Signac, l’aristocratico aman-
te dei bassifondi Henri de Toulouse-Lautrec, l’irrequieto Paul Gauguin. Il gruppo apprezza-
va in particolare Cézanne, che viveva isolato a Aix-en-Provence e i cui quadri circolavano
poco: per ammirarne qualcuno ci si doveva avventurare negli scantinati di Père Tanguy, un
mercante di stampe giapponesi.
Questo gruppo, che in seguito si guadagnò la definizione poco originale di “Postimpres-
sionisti”, non si accontentava più di cogliere la natura en-plein-air affidandosi alle proprie
percezioni retiniche. Il termine fu coniato nel 1910 dal critico inglese Roger Fry, in occasio-
ne della mostra allestita a Londra intitolata Manet and the Post-Impressionists, dove oltre al-
le opere di Manet erano esposti dipinti di Cézanne, Gauguin e van Gogh.

Il dominio del colore


L’Impressionismo iniziò a essere percepito, da alcuni, come una dittatura dell’occhio sullo
spirito e da altri come un metodo in cui regnavano un eccesso di improvvisazione e uno scar-
so approfondimento scientifico della dinamica percettiva. A questo punto, infatti, vennero
imboccate due direzioni maggiori e contrapposte tra loro: la prima intendeva cogliere l’ele-
mento espressivo del mezzo pittorico concependo l’atto stesso del dipingere come un mo-
mento drammatico; la seconda voleva dare un fondamento scientifico alla pittura utilizzan-
do i nuovi dettami della fisica del colore. Questi due atteggiamenti si posero alla base dello

Henri de Toulouse-Lautrec
vestito come un samurai,
in una foto di
Maurice Guibert del 1892.
Bibliografia
• L’opera completa di Cézanne, a cura di A. Gatto, Classici dell’arte, Rizzoli, Milano 1970
• L’opera completa di Seurat, a cura di A. Chastel, Classici dell’arte, Rizzoli, Milano 1972
• L’opera completa di van Gogh da Arles a Auvers, a cura di P. Lecaldano, Classici dell’arte,
Rizzoli, Milano 1971
• L’opera completa di van Gogh, da Etten a Parigi, a cura di P. Lecaldano, Classici dell’arte,
Rizzoli, Milano 1977
• L’opera completa di Gauguin, a cura di G.M. Sugana, Classici dell’arte, Rizzoli, Milano 1972
• L’opera completa di Rousseau il Doganiere, a cura di G. Artieri e D. Vallier, Classici dell’ar-
te, Rizzoli, Milano 1978
• AA.VV., Divisionismo italiano, Electa, Milano 1990
• L’età del Divisionismo, a cura di G. Belli e F. Rella, Electa, Milano 1990

10 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


sviluppo di gran parte dell’arte a venire, divisa appunto tra esaltazione dell’emotività perso-
nale e ricerca, al contrario, di una impersonalità razionale e scientifica. Dai primi, con il ca-
risma di van Gogh e Gauguin, emerse una concezione dell’opera come mezzo per esprimere
una realtà interna. Dai secondi, capeggiati da Cézanne e Seurat, nacque la convinzione che
il quadro debba essere descrizione di una realtà esterna, pienamente autonomo dalla per-
sona che lo dipinge ma anche dall’intera società.

Il Simbolismo come ingresso nel Novecento


Negli stessi anni in cui la pittura impressionista entrava in tale fase critica, vi erano muta-
menti anche nel campo letterario: nasceva infatti la poesia simbolista, che esprimeva la pro-
pria protesta contro la materialità che via via si affermava nelle relazioni interpersonali. As-
sumendo come modello Baudelaire, i poeti simbolisti aspiravano a una poesia che evocasse
mediante immagini simboliche degli stati di coscienza complessi. L’elemento musicale assu-
meva un’inedita rilevanza: così come Gauguin parlava di accordi di colore, i poeti cercava-
no accordi di parole. Il punto di riferimento era Mallarmé, nella cui casa parigina si svolge-
vano i famosi ‘martedì letterari’. Il musicista Claude Debussy incluse un testo di Mallarmé
nella sua composizione più nota, L’après midi d’un faune. Nella sua musica vi è anche una
sorprendente analogia con i canoni estetici di Gauguin: basti pensare all’introduzione di so-
norità esotiche mediante la musica giavanese spagnoleggiante.
Il Simbolismo influì non solo sulla pittura, ma anche sull’architettura e sull’arredamento,
anticipando quel movimento fondamentale del XX secolo che sarebbe stato il Surrealismo.
Ma la corrente fu soprattutto una delle radici dell’Espressionismo, capace di rafforzare l’ar-
chetipo dell’artista ribelle.
I Simbolisti instaurarono un rapporto nuovo e ricco d’azzardo con le droghe, la sessualità,
la magia come mezzi per arricchire la loro creatività. Non solo i postimpressionisti e i sim-
bolisti influenzarono l’arte del XX secolo, ma anche gli sviluppi dei medesimi padri impres-
sionisti. Giunti alla loro piena maturità, Monet, Renoir, Pissarro, Sisley e Degas superarono
in modo diverso la crisi che le nuove poetiche avevano generato.
Georges Seurat, Ma fu soprattutto lo sviluppo finale di Monet a presentarsi ricco di conseguenze per tutta
La baignade o L’Asnières,
1883-1884. Olio su tela, l’arte del Novecento. La serie delle Ninfee, per esempio, fu vicinissima ai presupposti di ba-
201x302 cm. Londra, se della poesia di Mallarmé: la spazialità senza linea di sfondo di quei quadri è una precisa,
National Gallery. anche se forse inconsapevole, anticipazione dell’Astrattismo.

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo 11


Postimpressionismo come premessa alle Avanguardie
Nei Postimpressionisti troviamo dunque le premesse per quelle che saranno definite le
Avanguardie Storiche, nate nei primi decenni del Novecento e tese a portare fino alle estre-
me conseguenze il rinnovamento del linguaggio pittorico e la nuova indipendenza dalla fi-
gurazione rappresentativa. I quattro pilastri saranno Cézanne, Gauguin, Seurat e van Gogh.
Tutto lo sforzo che faranno gli artisti per liberare la pittura dalla necessità di ritrarre il mon-
do esterno, conferendole una propria autonomia, si fonda sulle ricerche di Seurat e Signac.
Gauguin libera il colore dall’aderenza ai dati percettivi e dal realismo.
Van Gogh porta all’acme il Romanticismo ottocentesco, traghettandolo verso l’Espressioni-
smo del Novecento.
Il 1886 fu un anno di svolta per la storia dell’arte, poiché segnò la fine dell’Impressionismo
con la sua ottava e ultima mostra al Salon des Indépendants di Parigi.
I protagonisti del movimento nato vent’anni prima erano ancora molto attivi e incomin-
ciavano a godere di un certo benessere economico, grazie anche all’instancabile attività di
promozione del loro mercante Paul Durand-Ruel, che proprio allora ne stava proponendo
le opere ai collezionisti degli Stati Uniti. Tuttavia, dal punto di vista creativo, l’Impressioni-
smo aveva perso gran parte della sua carica vitale e stava per diventare uno stile accademi-
co, con il suo seguito di imitatori in ritardo.

Paul Signac,
Ritratto di Félix Fénéon,
1890-1891. Olio su tela,
73,5x92,5 cm.
New York, Museum of
Modern Art.

Félix Fénéon fu il teorico


del Pointillisme, da lui defi-
nito “Neoimpressionismo”.

Dal Postimpressionismo al Novecento


AUTORE TECNICA E STILE INFLUENZE
Seurat Pennellate puntiformi su base Divisionismo italiano
scientifica Futurismo, Orfismo
Gauguin Colori piatti, forti contorni Simbolismo, Fauves, Espressionismo
Van Gogh Colori forti stesi a punto e tratto, Fauves, Espressionismo
pennellata gestuale e materica
Cézanne Pennellata a intarsio, toni bassi, Cubismo
costruzione architettonica
Toulouse-Lautrec Colori piatti, disegno rapido cari- Picasso precubista,
caturale Espressionismo
Rousseau Colori piatti e figurazione ingenua Surrealismo, Realismo Magico

12 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Focus: Arte extraeuropea
Giapponismo, una mania collettiva
Verso la metà del XIX secolo il Giappone, che fino ad allora era rimasto volontariamente esclu-
so dai rapporti con l’Occidente, sottoscrisse numerosi trattati commerciali sia con i Paesi eu-
ropei sia con gli Stati Uniti.
Grazie alle grandi fiere internazionali che si diffusero con la denominazione di Esposizioni Uni-
versali, l’arte, i tessuti, gli abiti, le porcellane, le lacche, i ventagli e ogni altro genere di artigia-
nato giapponese iniziarono a essere conosciuti e suscitarono grande interesse anche da parte
dei pittori impressionisti: non a caso in un famoso ritratto, Manet ritrae Émile Zola nel suo stu-
dio circondato da stampe e da un paravento giapponese.
Il commerciante Samuel Bing, che aveva aperto una bottega d’arte orientale a Parigi, organizzò
molte mostre di oggetti d’arte giapponese e nel 1888 pubblicò la rivista Le Japon Artistique.
Molti tra i postimpressionisti vi trovarono stimoli importantissimi che li aiutarono a superare le
formule dell’illusionismo naturalista.
Van Gogh, Toulouse-Lautrec, Gauguin furono affascinati da aspetti diversi dell’arte giapponese, al
punto da innescare una mania collettiva. Tra i suggerimenti più facilmente accolti troviamo la visio-
ne priva di prospettiva, l’angolazione dall’alto, la fluttuazione delle figure nello spazio, la ricercata
asimmetria delle composizioni, i campi di colore piatto, la tecnica xilografica e la stampa in nero,
Sotto a sinistra: l’abbondanza degli elementi ornamentali. I contrasti cromatici dei kimono influenzarono la tavoloz-
Utagawa Hiroshige, za di molti artisti: Toulouse-Lautrec ne indossava sovente e Klimt ne possedeva una collezione.
Il ponte di Ohashi sotto la Il Simbolismo e l’Art Nouveau, soprattutto nell’arte applicata, trassero suggerimenti incisivi dal-
pioggia, 1857 circa. l’iconografia decorativa giapponese. Basti pensare alle onde stilizzate, la cui spuma sembra
Xilografia policroma,
370x255 mm. creare motivi floreali, al fluire dei vegetali quali l’iris e i gigli, che grazie al loro sottile stelo e alla
Parigi, Musée Guimet. bellezza arabescata del fiore vennero molto utilizzati dagli orafi e dai vetrai.
Se le forme provenienti dal Giappone attecchirono facilmente, però, ben poco si comprendeva
Sotto a destra:
Vincent van Gogh, allora del simbolismo implicito in ogni figurazione e anche in princìpi come quello che spingeva
Il ponte (Japonaiserie), a evitare la simmetria nelle rappresentazioni della natura. Perché davvero lo spirito giapponese,
1886-88. Tela, 73x54 cm. connesso a una religiosità prevalentemente buddhista, potesse essere compreso e adottato
Copia sul modello dagli artisti occidentali, fu necessario attendere fino al secondo dopoguerra e cioè quando i
di Hiroshige.
Amsterdam, contatti tra i due mondi cessarono di essere meramente commerciali, ma divennero anche uno
Van Gogh Museum. scambio tra filosofie.

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Il Neoimpressionismo o Pointillisme
Un aspetto unitario saliente dell’Impressionismo era stato la pennellata: a volte netta, al-
tre volte irregolare, quasi sempre felicemente colorata. I giovani sentivano il bisogno di an-
dare oltre, restringendo la stessa pennellata, diminuendone l’aspetto gestuale e ponendo una
regola alla sua base. Seurat, Signac e il loro teorico Fénéon (vedi figura a pag. 12), in parti-
colare, cercarono di fondare le loro opere su una grammatica della visione obiettiva. Rifiu-
tarono l’emozione soggettiva come fonte dell’opera e ritennero invece che l’arte dovesse
muoversi in parallelo con le ricerche ottiche. Questo legame con la scienza, vero o preteso,
serviva a giustificare come ogni tono del colore, in un dipinto, dovesse essere suddiviso nel-
le sue componenti primarie e accompagnato dal suo complementare. Il luogo dove si com-
poneva il colore non era più la tavolozza, ma il quadro stesso, su cui venivano giustapposti
puntini più o meno grossi. I soggetti perdevano importanza, erano occasionali, niente affat-
to en-plein-air.
Il retroterra scientifico a cui si accennava ha anzitutto un protagonista di spicco, Eugène
Chevreul, un chimico che diventò direttore della celebre manifattura di Gobelin. Gli fu chie-
sto di porre rimedio al grigiore delle tinture che venivano usate nelle tessiture e si rese con-
to che, a svilire la brillantezza cromatica delle stoffe, non erano i coloranti impiegati ma il
modo in cui venivano affiancati i filati. I diversi colori dei fili, cioè, visti da lontano si fonde-
vano tra loro e generavano un’impressione di grigio. Per evitarlo, Chevreul sperimentò l’ac-
costamento di colori complementari, da cui ricavò alcune leggi. Queste norme ebbero gran-
de diffusione anche tra i pittori, che ne fecero la base per modalità meno intuitive di utiliz-
zo delle paste cromatiche.
Nel 1860 iniziarono a essere conosciuti i lavori del fisico Hermann von Helmoltz, che pro-
ponevano gli stessi accostamenti di Chevreul. Un approfondimento ulteriore su come si
comportano i colori a livello retinico quando li si combini tra loro, fu condotto alla Colum-
bia University dal fisico Ogden Rood: nel 1879 pubblicò La scienza moderna dei colori.
Si è dibattuto molto sull’eventualità che, in effetti, Seurat conoscesse questi studi, e in qua-
le misura. La sua morte precoce, nel 1891, pose fine alla sua ricerca. Nessuno più abbrac-
ciò lo scientismo con tale entusiasmo. La sua opera può però essere valutata come fonte del
Georges Seurat,
Studio per Chahut, 1889, pensiero artistico recente, in quanto iniziò una “linea analitica dell’arte moderna”, come eb-
particolare. be a definirla Filiberto Menna nel suo omonimo libro; in particolare Les Poseuses (1888), di
cui si parlerà avanti, è un’opera modernissima in cui, come nel film 8 1/2 di Federico Felli-
Paul Signac, ni, si indaga sul senso dell’atto creativo.
Le port de la Rochelle,
1915, particolare.
La luce tra teologia e scienza
La luce ha sempre esercitato sull’uomo un grande fascino come soggetto di riflessione
simbolica e teologica.
Nel dialogo La Repubblica, Platone paragona l’Idea del Bene al Sole, ovvero a ciò che
rende possibile la visione. La luce resta metafora di Dio nelle concezioni teologiche di
Plotino, di Sant’Agostino e dei fautori di una metafisica della luce, fiorita nel Medioe-
vo grazie alla scuola di ottici arabi e al cristiano Roberto Grossatesta: l’unità creatrice
agisce come un punto che emana luce, più forte alla sua fonte e progressivamente più
fioca ai margini della sfera così creata. L’assenza di luce genera e costituisce la mate-
ria. Di qui la doppia analogia materia=male e luce=bene. In ambito tedesco il grande
mistico Meister Eckhart vide, nella luce interiore, la “scintilla dell’anima”, l’elemento
divino presente in ogni uomo.
Queste concezioni antiche ebbero enormi riflessi nel modo in cui la luce venne tratta-
ta nell’ambito architettonico: per esempio, le vetrate dipinte delle cattedrali, che fran-
gevano la luce bianca unitaria lasciando entrare solo quella frammista al colore, erano
simbolo del modo mediato in cui la presenza divina riesce a penetrare nel creato, af-
fievolita e divisa nel molteplice. Nessun uomo vivo può, del resto, contemplare la lu-
ce divina in maniera diretta, come Dante descrive in molte immagini del Paradiso nel-
la Divina Commedia. Il vasto impiego del mosaico luminescente, soprattutto a Raven-
na, Venezia e nell’Est europeo, ebbe anch’esso un’origine teologica.
Accanto a questa concezione simbolica, dal Medioevo la luce è stata anche protagoni-
sta di ricerche scientifiche volte a determinarne la natura e i comportamenti. Ciò che
emerse dai primi studi sperimentali di Isaac Newton fu che la luce bianca è la risul-
tante della combinazione dei colori dello spettro, cioè di quelli in cui si scompone nel-
l’arcobaleno e in altri fenomeni di rifrazione.

14 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Georges Seurat
È naturale che la nuova generazione di artisti, dopo aver assorbito dall’Impressionismo tut-
ti gli insegnamenti che era possibile trarne, cercasse una propria autonomia.
Nella mostra del 1886 tutta l’attenzione era stata rivolta a un grande quadro del giovane
Georges Seurat (Parigi 1859-1891) dal titolo Un dimanche après-midi à l’Île de la Grande
Jatte (vedi Analisi dell’Opera).
Il pubblico rideva davanti a “quegli Assiri coperti da nugoli di insetti” e la donna che, nel-
la scena descritta, portava una scimmia al guinzaglio fu oggetto di battute salaci.
Il giovane e attento Félix Fénéon, uno dei primi critici a porsi come portavoce esplicito di
un movimento, intuì la portata innovativa del dipinto tanto da coniare in riferimento a esso
Georges Seurat. il termine di Neoimpressionismo: con questo si voleva partire dalla radice percettiva del-
l’Impressionismo alla Monet, trattando però la luce come un’entità da analizzare e scindere
sulla tela. Si sentiva necessario un approccio più obiettivo e scientifico, e un ritorno in ate-
lier, per concentrarsi su un lungo lavoro preparatorio dell’opera. L’Impressionismo rivolto a
descrivere le superfici delle cose in maniera intuitiva e soggettiva era finito.
Già due anni prima, a soli 24 anni, Seurat aveva dipinto il grande quadro La baignade, det-
to anche L’Asnières (vedi pag. 11), eseguito quasi completamente in studio.
Figlio di quell’ottimismo scientifico che fu una caratteristica di fine Ottocento, nutrito de-
gli studi di ottica di Chevreul, Maxwell e Rood (vedi pag. 14), l’artista preferiva definirsi cro-
moluminista, in modo da accentuare l’atteggiamento analitico nel registrare fedelmente il
mutare dei colori in relazione alla luce. Questa definizione era però troppo complicata per
divenire popolare. Il termine che si diffuse fu quello di Pointillisme (Puntinismo), che de-
scriveva il metodo ‘a puntini’ attraverso il quale l’artista componeva la tela, coperta da pic-
colissime macchie di colore, destinate a descrivere la scomposizione fisica della luce e la sua
ricomposizione percettiva nella retina dell’osservatore.
Dopo il 1886 Seurat sviluppò coerentemente la sua poetica con opere come Les Poseuses
(1888), in cui emerse un ulteriore aspetto del suo lavoro: la consapevolezza dell’autonomia
della pittura dalla fotografia e dalla resa realistica delle cose. Le figure sono immote e tratte
dal modello classico delle Tre Grazie. L’ambiente è quello dello studio del pittore e vi vedia-
mo comparire un quadro nel quadro, La Grande Jatte, ritratto di scorcio. Anche la cornice,
dipinta a puntini che delimitano un ‘buio’ dal quale esce la luce del dipinto, appare parte
integrante dell’opera. Seurat morì a soli 31 anni per una difterite.

Georges Seurat,
Les Poseuses (Modelle),
versione piccola, 1888.
Olio su tela, 39,5x49 cm.
Londra, National Gallery,
in prestito dalla
Collezione Berggruen.

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo 15


Analisi dell’opera
Georges Seurat, Un dimanche après-midi à l’Île de la Grande Jatte
Il dipinto fu iniziato nella primavera del 1884 e terminato do- zata in studio, contrariamente all’uso impressionista di dipin-
po circa un anno. In seguito Seurat lo riprese e coprì lo stra- gere all’aria aperta. È però documentato da disegni, schizzi
to originario dei colori con una trama minuta, fatta di piccole e tavole a olio che ogni parte del dipinto e i singoli gruppi so-
pennellate e di puntini, tecnica che nel frattempo aveva per- no stati studiati con sopralluoghi dal vero. Per esempio sono
fezionato. numerosissimi gli studi riservati alla scimmietta, eseguiti os-
Il quadro è di dimensioni eccezionali rispetto a quelle utilizza- servandone un esemplare allo zoo.
te dagli Impressionisti: per questo aspetto si rifà volutamen- Il fatto che l’artista abbia assemblato le singole parti sola-
te alle grandi tele della tradizione classica francese. Anche ri- mente nella composizione finale spiega le anomalie di pro-
guardo al contenuto sembra riallacciarsi ai temi dell’Arcadia: spettiva, che nell’insieme conferiscono all’opera un aspetto
il soggetto è il passeggio domenicale all’isola della Senna neoprimitivo che può ricordare Giotto.
chiamata Grande Jatte, ma il modo in cui sono disposte le Nella composizione Seurat si è particolarmente preoccupato
circa quaranta figure non ha nulla della spontaneità delle sce- di curare l’armonia geometrica tra le linee verticali (alberi, per-
ne simili dipinte da Monet o Renoir.
Le figure sono collocate a coppie, in gruppi di tre, da sole,
prevalentemente disposte di spalle o di profilo, sedute ad an-
golo retto, distese orizzontalmente o rigorosamente verticali
come colonne. Anche le oblique sono tra loro in relazione
geometrica ortogonale, come evidenzia lo schema.
Più che persone reali, appaiono manichini inseriti in uno sce-
nario teatrale, in una disposizione sacrale che ricorda le figu-
re ieratiche egiziane. Ma questa sacralità è contraddetta da
una vena ironica che descrive una società formale: tutti sono
imprigionati in abiti così rigidi da essere dissonanti in una
scena sul tempo libero. Proprio la mancanza di scorci pro-
spettici arditi allontana il dipinto dall’inquadratura fotografica
tipica di Degas o Caillebotte.
Tutta la composizione fu meticolosamente pensata e realiz-

Georges Seurat, Un dimanche après-midi à l’Île de la Grande Jatte (Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte),
1884-1886. Olio su tela, 207x308 cm. Chicago, Art Institute of Chicago. Sopra, schema compositivo.

16 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


sone in piedi), le linee oblique (ombre) e le curve
create soprattutto dal curioso gioco degli ombrelli e
dei cappellini.
Le figure sembrano uscire dalle immagini dei libri per
bambini o dalle pubblicità dei busti femminili. Enfati-
ca ed elegante, la donna con la scimmietta al guin-
zaglio è tratta dalle caricature di giornali satirici.
A ribadire quanta parte abbia una costruzione geo-
metrica astratta nella composizione del quadro, il
suo centro è occupato dalle uniche due figure in po-
sizione frontale, che procedono verso lo spettatore.
Lo sguardo della bambina è appunto l’unico di tutto
il quadro che sia rivolto a chi guarda l’opera, come
una sorta di mediazione tra il ‘mondo possibile’ del
quadro e il mondo reale.
La stranezza di certi accostamenti e la mancanza di
relazioni tra i personaggi hanno scatenato una corsa
a interpretazioni simboliche e sociologiche che vero- Sopra: Georges Seurat, Studio per la Grande Jatte, 1884.
similmente non erano aspetti rilevanti per Seurat. Matita morbida su carta, 70,5x104 cm.
Ciò che invece è evidente è lo sforzo e l’obiettivo di New York, Metropolitan Museum. Particolare.
una ricerca formale, di un rinnovamento interno al lin- Sotto a sinistra: Georges Seurat, Studio per la Grande Jatte:
guaggio dell’arte: l’immobilità dell’insieme valorizza la Donna con scimmia, 1884. Olio su tavola, 24,8x15,9 cm.
vibrazione della luce e dunque il sistema puntinista. Northampton (Massachusets), Smith College Museum.
Seurat anticipa il procedimento dell’immagine a co-
Sotto a destra: Georges Seurat, Studio per la Grande Jatte:
lori del ‘pennello elettronico’; il suo puntino è infatti La pescatrice con la lenza. Matita morbida su carta, 30,8x23,5 cm.
un progenitore del pixel nello schermo televisivo. New York, Metropolitan Museum.

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Paul Cézanne
Paul Cézanne (Aix-en-Provence 1839-1906) non ebbe mai la popolarità di altri suoi con-
temporanei: i suoi quadri, densamente cerebrali, non hanno contenuti emotivi facili a un im-
mediato apprezzamento; quanto alla sua biografia, essa non offre alcun appiglio a chi ami as-
sociare alle opere la leggenda di una vita avventurosa. Eppure, molti filosofi del Novecento, tra
cui Maurice Merleau-Ponty, gli hanno dedicato pagine di grande partecipazione, e, come ve-
dremo, il clima artistico del Novecento nacque solo dopo la sua retrospettiva, realizzata a Pa-
rigi nel 1907 subito dopo la sua scomparsa.
Figlio di un banchiere molto autoritario, trascorse buona parte della sua vita in conflitto con la
figura paterna che lo costrinse a iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza. Qualche anno prima,
frequentando il Collège di Bourbon, Cézanne aveva conosciuto il futuro scrittore Émile Zola, di
cui era diventato compagno di giochi e di studi. Il sodalizio durò fino al 1886, quando Zola pub-
blicò il romanzo L’opera, il cui protagonista è un pittore fallito in cui Paul vide un chiaro riferi-
mento alla sua persona. Profondamente avvilito, ruppe qualsiasi rapporto con lo scrittore.
Cézanne fuori dal Nel 1861 ottenne finalmente dal padre il permesso di recarsi a Parigi per compiere studi d’ar-
suo studio a Les Lauves, te. Rifiutato dall’Ecole des Beaux Arts, frequentò il libero atelier dell’Académie Suisse. Qui co-
in Provenza, fotografato nobbe Pissarro, più anziano di lui di circa 10 anni, grazie al quale seppe imprimere una svolta
da Gertrude Osthaus,
1906. decisiva a un lavoro che, fino ad allora, aveva dato scarse prove di originalità. Fu a Parigi che
incontrò Hortense Fiquet, giovane modella dalla quale ebbe un figlio. La relazione fu tenuta
nascosta al severo padre, il quale mai avrebbe accettato che il figlio sposasse una ragazza sen-
za dote. Hortense era una donna bella e paziente, ma completamente estranea agli interessi di
Paul, che di lei disse: “Ama solo Parigi e la limonata”. La sposò dopo la nascita del figlio e do-
po che volle ritornare da Parigi ad Aix, sotto il tetto natale.
La sua frequentazione dei pittori impressionisti fu dunque entusiastica ma breve (La casa del-
l’impiccato, a pag. 8, ne è un esempio significativo); la sua vicenda artistica si svolse quasi tut-
ta in Provenza, al di fuori dei chiassosi dibattiti parigini. I suoi quadri vennero sistematicamen-
te rifiutati dai Salon ufficiali. Cézanne non avrebbe avuto una mostra sua che nel 1895, presso
una galleria privata. Ma era abbastanza compiaciuto di non essere compreso, tanto più che,
specialmente dopo la morte del padre, poté contare su un buon patrimonio che gli permise di
continuare a lavorare senza bisogno di vendere.
A differenza della maggior parte degli artisti, che danno il meglio di sé in gioventù, Cézanne
iniziò a produrre capolavori solo durante la sua maturità. Non era infatti un artista istintivo, ma
metodico e riflessivo, alla continua e testarda ricerca di uno stile personale che gli consentisse
di superare l’Impressionismo.

Paul Cézanne,
Natura morta con mele e
arance, 1895-1900 circa.
Olio su tela, 74x93 cm.
Parigi, Musée d’Orsay.

18 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


La struttura della visione della realtà
Dopo i suoi lenti esordi, gli fu chiaro che a differenza di quelli che, pure, doveva consi-
derare suoi maestri, ciò che egli desiderava non era dipingere la visione, ma la ricostruzione
logica e strutturale di essa. La sua ambizione era quella di costruire una base formale all’Im-
pressionismo per ricollegarlo alla grande tradizione della pittura moderna.
La celebre frase che scrisse a Émile Bernard secondo cui “tutto in natura è formato da sfe-
ra, cilindro e cono”, sottolinea questa ricerca di una sintesi duratura delle forme. Indipen-
dentemente dal modo in cui la natura è strutturata, la mente umana non riesce a percepir-
la se non secondo griglie geometriche regolari. Per questo Cézanne dipingeva dal vero, se-
guendo ciò che chiamava “ma pétite sensation” (la mia piccola sensazione), ma a partire da
quella depurava l’immagine del suo aspetto istantaneo.
Secondo la sua teoria la natura è impossibile da riprodurre, così come la luce del sole; al-
lora occorre rappresentarla mediante i colori intesi come degli ‘equivalenti’ pittorici. Anzi-
tutto è necessario eliminare i contorni, i profili delle figure, perché il disegno non esiste in
natura ma è solamente un artificio. La costruzione del dipinto viene realizzata mediante la
‘modulazione’ del colore: macchie poste una accanto all’altra conferiscono, grazie alla loro
differenza di tono, l’illusione della tridimensionalità.
La conseguenza di questo metodo è una pittura che sembra intessuta come gli antichi arazzi,
in cui l’intarsio delle aree discrete crea una sensazione di ‘solidificazione’ non solo degli ogget-
ti, ma anche dell’atmosfera che li circonda. Aiuta questa sensazione il fatto che il mezzo usato
per stendere il colore sia spesso opacizzante, tale da impedire una riflessione fluida della luce
sulla superficie delle pennellate. Ne risultano opere in cui l’emotività è contenuta in una solen-
ne costruzione architettonica, che sacrifica spesso la veridicità dei colori alla loro consonanza
con la base geometrica e che appare come la risultante di una compagine di tasselli.
Negli ultimi vent’anni della sua vita Cézanne dipinse quasi esclusivamente tre generi di
Sotto a sinistra: soggetti: nature morte, figure e paesaggi, in particolare il maestoso profilo della montagna
Paul Cézanne,
Autoritratto con Sainte-Victoire, cui è dedicata la scheda di analisi alle pagg. 22-23.
sfondo rosa, 1875.
Olio su tela, 66x55 cm. Ritratti e autoritratti
Basilea, Galerie Beyeler.
Cézanne dipinse molti autoritratti e ritratti, chiedendo ai suoi modelli di stare immobili per ore
Sotto a destra: e ore. Ambroise Vollard, il suo mercante, riferì di avere posato per il suo ritratto 115 volte dalle
Paul Cézanne, 8 del mattino alle 11.30: tra una pennellata e l’altra potevano passare anche venti minuti.
Ambroise Vollard, 1899. La lentezza esecutiva cessava di essere un problema nel caso di nature morte in cui veni-
Olio su tela,
100,3x81,3 cm. Parigi, vano ritratti degli oggetti o frutti che non deperissero troppo velocemente, assemblati nella
Musée du Petit-Palais. maniera desiderata e poi dipinti in tempi molto dilatati.

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo 19


La serie delle Bagnanti
La sintesi più imponente tra natura e figura umana compare nella serie delle Bagnanti, che
idealmente si collocavano nel solco di una lunga tradizione pittorica attorno al medesimo tema.
Dedicò a esso circa 200 studi per poi giungere a tre grandi tele: una conservata al Phila-
delphia Museum, una alla National Gallery di Londra e la terza presso la Fondazione Barnes.
La versione più grande è quella di Philadelphia, che è rimasta incompiuta. Vi compaiono
14 figure divise in due gruppi, che identificano due triangoli davanti a tronchi di alberi cur-
vati in una sorta di volta gotica. Il colore ocra bilancia il blu del cielo e ogni altro tono è smor-
zato. I corpi nudi delle donne al bagno perdono nei quadri qualsiasi connotazione erotica o
arcadica: si presentano, infatti, come natura nella natura, confratelli rispetto ad alberi e fo-
gliame e partecipi dunque di un equilibrio unitario.
L’ambizione principale di Cézanne era quella di dare alla pittura un ruolo autonomo ri-
spetto al mondo reale, di liberarla dall’esigenza di “rappresentare” le cose, per conferirle la
libertà di “presentare il pensiero visivo”, seguendo esclusivamente leggi proprie.
Questa indipendenza dell’arte, questa perdita di importanza del soggetto in favore del me-
todo, questo volere ricalcare non le regole della visione, ma piuttosto quelle interne alla
mente, è un principio che si sarebbe posto alla base di tutta la pittura moderna.

Paul Cézanne,
Le grandi bagnanti,
1906. Olio su tela,
210x251 cm. Filadelfia,
Philadelphia,
Museum of Art.

Sotto a sinistra:
Paul Cézanne,
Le grandi bagnanti,
1900-1906.
Olio su tela,
127,2x196,1 cm.
Londra, National Gallery.

Sotto a destra:
Paul Cézanne,
Le grandi bagnanti,
1900-1905. Olio su tela,
132,5x219 cm.
Merion (Pennsylvania),
The Barnes Foundation.

20 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Analisi dell’opera
Paul Cézanne, Due giocatori di carte
Il piccolo dipinto è una delle molte versioni di un soggetto a massimo grado di centralità che risulti credibile in una scena di
lungo studiato da Cézanne, che vi si dedicò dal 1890, pren- vita vissuta. Tale lieve scarto dal centro era infatti il dispositivo
dendo come modelli i contadini di Aix-en-Provence. L’interes- con il quale evitava sempre, anche nelle opere dal classicismo
se, peraltro, non è affatto rivolto al mondo rurale o ad altri più evidente, il rischio di descrivere un mondo non tratto dal
aspetti sociali e simbolici, ma soltanto alla logica del gioco che vero: le cose non ci si presentano mai in uno stato di perfetto
si riverbera nel rigore della rappresentazione pittorica. equilibrio.
Non a caso, se la prima opera compiuta di questa serie (ora Nonostante questa attenzione al realismo, molti aspetti parla-
alla Fondazione Barnes in Pennsylvania) prevedeva cinque fi- no nell’opera di simmetria e specularità costruite in maniera
gure di cui solo tre impegnate nel gioco, con una gamma di astratta. Il giocatore di sinistra appare connotato da cilindri ri-
colori piuttosto vasta e una notevole insistenza su aspetti di gidi (il cappello, la pipa, la forma del torso, l’avambraccio),
panneggio curvilineo, quest’ultima versione si concentra sola- mentre quello di destra da piramidi flosce (il cappello, la giac-
mente sulla lotta cerebrale di una partita a due e dunque su ca che si allarga verso il basso, l’evidente posizione a triango-
tutto ciò che è in grado di rispecchiare un andamento binario. lo delle braccia, la stessa forma del viso). Il primo ha giacca
L’immagine si presenta con uno schema fortemente geome- bluastra e pantaloni gialli. All’opposto, il secondo ha giacca
trizzato che conferisce ai due personaggi una dignità classica: gialla e pantaloni bluastri. L’unico altro colore presente sulla te-
non c’è folclore nell’aneddoto, ma soltanto tensione vitale e la è un bruno che si accende fino all’ocra con cui Cézanne di-
semmai un senso di cupa riflessione esistenziale. segna il tavolo, la tovaglia, l’infisso della finestra e i due volti.
Lo spazio è costruito su una griglia di orizzontali (piani del ta- Tutto il dipinto, in realtà, appare costituito da variazioni su ab-
volo e linee della finestra) e verticali (gambe del tavolo, bottiglia, bassamenti di tono dei tre colori fondamentali: blu, giallo e ros-
sedia del giocatore di sinistra, pieghe della tovaglia a sinistra). so. Le pennellate si compongono a tasselli, com’è particolar-
In questo schema si inseriscono le oblique costituite dal corto mente evidente nella giacca del giocatore di sinistra e nel blu
tratto bianco della pipa a sinistra, dalla caduta della tovaglia a oltre il vetro della finestra. Talvolta si presentano solitarie e sin-
destra, dalla lieve inclinazione delle braccia dei giocatori. Ri- tetiche, come la luce che evidenzia la bottiglia e il semplice
spetto alla versione della Barnes Foundation le curve sono so- tratto bruno che descrive l’occhio infossato del giocatore di
stanzialmente sparite. L’immagine appare lievemente fuori destra. In questo modo, tutti gli aspetti del quadro convergo-
centro, dal momento che sia il tavolo sia il riflesso della botti- no a descrivere una relazione tra uomini che è al tempo stes-
glia, il quale ha la funzione di suddividere gli spazi d’azione dei so di opposizione e di scambio. Non viene dunque solo resa
due individui, risultano spostati verso destra rispetto ai margi- una ‘impressione’, ma anche una descrizione del senso inter-
ni del quadro. La finestra in alto a sinistra funge da contrappe- no all’azione, come ne fosse la sintesi destinata a permanere
so visivo a questo sbilanciamento. Cézanne ottiene così il nella mente, quasi calcificata e sotto forma di ricordo.

Paul Cézanne,
Due giocatori di carte,
1892-1895.
Olio su tela, 45x57 cm.
Parigi, Musée d’Orsay.

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo 21


Analisi dell’opera
Paul Cézanne,
la Montaigne Sainte-Victoire
Tra i paesaggi, la Montaigne Sainte-Victoire, vera ossessione di
Cézanne, fu una musa ispiratrice attorno a cui si esercitò la sua
tensione espressiva: la dipinse ogni volta da una prospettiva lie-
vemente diversa, con soluzioni tecniche differenti, alla ricerca
della massima sintesi attraverso cui era possibile renderne tan-
to la percezione soggettiva quanto l’essenza oggettiva.
Nel dipinto in questa pagina, la montagna domina con il suo
profilo la pianura a est della città di Aix. Le case sono dei vo-
lumi senza finestre, gli archi dell’acquedotto definiscono una
linea orizzontale che divide il dipinto in due metà.
In quelli a pagina seguente, eseguiti dieci anni dopo, i con-
torni appaiono più sfumati e le macchie di colore accennano
solo sommariamente agli oggetti reali: l’insieme della super-
ficie è quasi divenuto astratto, ma tramite le linee orizzontali
rende un senso di vastità dello spazio e, seguendo le verti-
cali, la sua profondità.
Dato il cupo senso della morte che accompagnò Cézanne
Una veduta della Montaigne Sainte-Victoire.
tutta la vita, associato alla difficoltà di relazioni interpersonali
affettive, nelle vedute della Montaigne Sainte-Victoire esegui-
Paul Cézanne,
te negli ultimi anni della sua carriera si è talvolta osservato un Montaigne Sainte-Victoire, da sud-ovest, 1892-1895.
segno del suo anelito alla solitudine e della sua tardiva con- Olio su tela, 72,8x91,7 cm.
versione religiosa. Merion (Pennsylvania), The Barnes Foundation.

22 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


A lato:
Paul Cézanne,
Montaigne Sainte-Victoire,
1905. Olio su tela,
63,5x83 cm. Zurigo,
Kunsthaus.

Sotto:
Paul Cézanne,
Montaigne Sainte-Victoire
vista da Les Lauves,
1904-1906. Olio su tela,
66x81,5 cm. Zurigo,
Collezione privata.

Col passare del tempo le


forme della Montaigne Sain-
te-Victoire si disgregano, ma
allo stesso tempo si solidifi-
cano in piccoli cubi. Queste
opere, esposte alla mostra
retrospettiva di Cézanne do-
po la sua morte, nel 1907,
colpirono molto Picasso.

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Paul Gauguin
“A forza di vivere si finisce per sognare una rivincita e bisogna accontentarsi del sogno”. Così
scrisse Paul Gauguin (Parigi 1848 - Isole Marchesi 1903), che della fuga dalla civiltà occiden-
tale verso il sogno, il misticismo e i mondi lontani fece la regola della sua vita incostante.
Se Seurat aveva cercato di superare l’Impressionismo naturalistico attraverso la scienza, Gau-
guin intraprese una strada del tutto opposta. Le loro personalità erano agli antipodi: Seurat bor-
ghese, con regolari studi accademici, meticoloso, scarsamente incline all’avventura e affascina-
to dalla logica; Gauguin educato alla libertà più completa, autodidatta, impulsivo e teso verso
verità mistiche.
Cresciuto in Perù, ritornò in Francia per poi imbarcarsi come marinaio a diciassette anni: de-
siderava viaggiare soprattutto per poter vedere il mondo. Nel 1872 trovò un posto in Borsa e
in poco tempo divenne abbastanza ricco da potersi permettere di acquistare molte opere im-
pressioniste. Sposatosi con una giovane danese, ebbe una schiera di figli. Fu durante questo in-
Paul Gauguin. termezzo di vita borghese che incominciò a dipingere. Nel 1882 il crollo finanziario dell’Union
Générale lo gettò improvvisamente sul lastrico: aveva 34 anni, una famiglia numerosa e il de-
siderio di cambiare strada. Decise di darsi totalmente alla pittura, cosa che determinò anni di
povertà e l’abbandono della moglie, ritornata alla casa paterna. Ciò non scalfì la sua determi-
nazione e le sue idee in anticipo sui tempi: la pittura doveva rifuggire ogni naturalismo, dove-
va essere uno specchio del mondo interiore piuttosto che di quello esteriore e il primo mezzo
che consentiva questo scavo dentro gli stati d’animo era, a suo avviso, il colore.
Il periodo di Pont-Aven
Occorreva liberarsi completamente della tradizione. Per avere la giusta ispirazione sentì ne-
cessario il trasferimento in un ambiente vergine: trovò un paradiso incontaminato nella località
di Pont-Aven sulla costa della Bretagna. Questa era allora considerata la regione francese più
restia ad accogliere le idee moderne, legata com’era alle sue tradizioni religiose e al folklore te-
stimoniati nei dipinti di questi anni (vedi a pag. 9 il ritratto della Belle Angèle). Grazie al suo na-
turale carisma, qui Gauguin riuscì a farsi una piccola corte di amici, tra i quali anche il dician-
novenne Émile Bernard che, nel 1888, dipinse Bretoni in una prateria verde (vedi pag. 26): un
quadro che, per le sue campiture piatte di colore e i contorni marcati, sembra la trascrizione
in pittura delle teorie di Gauguin, tanto che in seguito nacque una disputa tra loro sulla prio-
rità dell’invenzione stilistica che fu chiamata “Sintetismo”.
Nel 1889 il pittore si trasferì in un piccolo villaggio di pescatori, Le Poldu, dove dipinse ca-
polavori come il Cristo giallo, ispirato a un Crocifisso policromo dell’artigianato locale.

Paul Gauguin,
Autoritratto
(I miserabili), 1888.
Olio su tela, 45x55 cm.
Amsterdam,
Van Gogh Museum.

24 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Verso l’esotismo
Cominciò a raccogliere consensi soprattutto
nell’Avanguardia letteraria parigina, ma il suo
bisogno di ignoto lo spinse nel 1891 a partire
per Tahiti, dove rimase per due anni e dipinse
i suoi quadri più noti. La tavolozza si fece sem-
pre più ricca di colori accesi, con gialli, blu,
rossi accostati in modo luminescente.
Nel 1895, ormai stanco, ammalato di sifilide,
ripartì di nuovo per Tahiti e poi verso le Isole
Marchesi, dove sperava di trovare un universo
vergine. Il suo libro Memorie di un selvaggio te-
stimonia quanto egli tenesse a identificarsi,
malgrado le delusioni offerte dalle sue fughe,
giacché quegli angoli coloniali erano già stati
contaminati da alcool e prostituzione, in un
estraneo alla civiltà occidentale.
Anche attraverso i numerosi autoritratti, del
resto, Gauguin non mancò di sottolineare co-
me vedesse se stesso nelle vesti di un profeta
visionario, portatore di valori alternativi rispet-
to alle consuetudini sociali, fondate sul profitto
e sul materialismo.
Per questo, anche quando l’artista non si de-
dica a scenari di carattere religioso, descrive
una vita quotidiana semplice e perciò buona,
fatta soltanto di cose necessarie come cibo, ri-
poso, amore e la spiritualità stessa; non impor-
ta, a questo proposito, se il culto da seguire sia
cristiano o locale, se le credenze si ibridino tra
loro: questo spiega le molte reinterpretazioni
del Vangelo attraverso protagonisti tahitiani e la
frequente presenza, in queste stesse scene, di
simboli non cristiani, come accade in Ia Orana
Maria (Ave Maria), che mescola scene sacre e
stili artistici.
Il dipinto è il frutto dell’interpolazione tra
scene sacre dell’Occidente, l’Annunciazione e
l’Adorazione dei pastori, ma la visione è am-
bientata tra fiori, palmizi e caschi di banane;
inoltre le due donne che avanzano, in pre-
ghiera, sono derivate da figure di danzatrici di
un rilievo del tempio buddista di Borobudur,
nell’isola di Giava, di cui l’artista possedeva fo-
tografie: le mani giunte non rappresentano
dunque una preghiera, ma il gesto di benve-
nuto, tipicamente orientale.

Sopra a sinistra:
Paul Gauguin, Il Cristo giallo, 1889.
Olio su tela, 92x73 cm.
Buffalo, Albright-Knox Art Gallery.

A lato: Paul Gauguin,


Ia Orana Maria (Ave Maria), 1891
Olio su tela, 114x89 cm.
New York, Metropolitan Museum of Art.

Quadro complesso, ma allo stesso tempo particolarmen-


te armonico per i suoi felici accordi cromatici, viene in-
terpretato insieme alla produzione oceanica da Octave
Mirbeau come un “miscuglio inquietante e saporoso di
splendore barbaro, di liturgia cattolica, di sogno indù,
d’immaginazione gotica, di simbolismo oscuro e sottile”.

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Analisi dell’opera
Paul Gauguin, La visione dopo il sermone
“Ho appena finito un quadro religioso assai malfatto – scrive- sonanza mentale, vengono ridotte alle sole ombre proprie con
va nel 1888 Gauguin a van Gogh – che mi ha molto interes- l’abolizione delle ombre portate.
sato e che mi piace. [...] Un gruppo di bretoni prega in costu- Il processo di scavo nella forma in questi anni coincide infat-
me nero intenso. Le cuffie a destra sembrano due mostruosi ti sostanzialmente con un problema di traduzione: come può
elmetti. Un melo attraversa la tela, viola scuro con il fogliame essere raccontata la natura? Come può essere dipinta la
disegnato a masse simili a nuvole verde smeraldo con gli in- realtà? Gli Impressionisti avevano fornito risposte immediate
terstizi verdi e giallo sole. Il suolo vermiglio puro. In corrispon- con la registrazione fedele della pittura en-plein-air, con la
denza della chiesa scende e diventa rosso bruno. L’angelo è trasmissione diretta della visione dall’occhio al pennello, una
vestito di blu oltremare carico e Giacobbe di verde bottiglia. catena che appariva ora troppo fugace e meccanica.
Credo di aver raggiunto in queste figure una grande sempli- “Un consiglio:” – scriveva Gauguin nell’agosto 1888 a Schuf-
cità rustica e superstiziosa. Il tutto è molto severo. Per me in fenecker – “non copiate troppo dalla natura. L’arte è astra-
questo quadro il paesaggio e la lotta esistono soltanto nel- zione: spremetela dalla natura sognando di fronte a essa, e
l’immaginazione della gente che prega dopo il sermone: ecco preoccupatevi più della creazione che del risultato”.
perché c’è contrasto tra la gente, che è reale, e la lotta nel
paesaggio, che è innaturale e sproporzionato”.
Dipinto al tempo del secondo soggiorno in Bretagna, La vi-
sione dopo il sermone contiene già gli elementi essenziali del-
la poetica di Gauguin. L’artista voleva dare una forma al sen-
timento della gente, che la induceva a credere di poter vede-
re la lotta di Giacobbe con l’Angelo all’uscita dalla chiesa, do-
po averne ascoltato il racconto in un sermone. Un gruppo di
contadine ‘vede’ la scena della lotta, che Gauguin trasse da
un disegno del grande maestro giapponese Hokusai, predili-
gendo un lottatore di Sumo all’iconografia occidentale del-
l’angelo. Di origine giapponese è anche l’idea della visione
dall’alto e il segno definito dei contorni. L’albero in diagonale
separa simbolicamente la sfera della realtà da quella dell’im-
maginazione, con due prospettive diverse; questa bipartizio-
ne è suffragata dall’aspetto cromatico del dipinto, risolto at-
traverso la coppia di complementari rosso-verde e quella di
bianco-nero, senza curarsi di una resa naturalistica. Le om-
bre, che Gauguin definiva “inganno del Sole” senza alcuna ri-

Sopra:
Émile Bernard, Bretoni in
una prateria verde, 1888.
Olio su tela, 74x92 cm.
St. Germain-en-Laye,
Collezione Denis.

A destra:
Paul Gauguin, La visione
dopo il sermone, 1888.
Olio su tela, 73x92 cm.
Edimburgo, National
Gallery of Scotland.

Per la ricerca di una sintesi


delle forme questo stile fu de-
nominato “Sintetismo”.

Sotto:
Hokusai,
I lottatori, 1815.

26 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Analisi dell’opera
Paul Gauguin, Da dove veniamo? Cosa siamo? Dove andiamo?
Poco prima di morire, Gauguin dipinse il quadro più gran- viamo più avanti un idolo orientale con le mani rivolte al cie-
de della sua vita. lo, di un azzurro complementare al colore della carnagione
Ricco di forme, di colore e di simboli, dal punto di vista sti- dei corpi. Forse raccoglie frutti dall’albero della conoscenza
listico non aggiunse nulla di nuovo alle sue tele preceden- o più semplicemente prega indicando l’assoluto, l’eterno, l’e-
ti; l’autore, però, accentuò in questo caso l’approccio sim- quilibrio simmetrico e immobile che ci aspetta, nonostante
bolico e la riflessione sulla natura dell’esistenza. Scrisse lui l’apparenza dinamica e accesa del nostro vivere.
stesso: “È un’opera filosofica su un tema paragonabile a La composizione generale ha lo stesso andamento sineste-
quello del Vangelo”. E ancora: “Sognando il mistero della sico, alogico, evocativo dei versi di un poema simbolista.
nostra origine e del nostro futuro destino, collegato a tutta Le tre domande del titolo non hanno alcuna risposta: ven-
la natura, ho dipinto uno scenario senza nessuna allegoria gono poste in un cartiglio in alto a sinistra e restano so-
comprensibile”. stanzialmente inevase. Anche per questa via, il quadro sot-
Il quadro è concepito come un grande palcoscenico sul cui tolinea l’enigma appassionante della vita, anziché svelarne
fondo domina una natura lussureggiante. la soluzione.
I personaggi sono collocati su piani diversi, anche se man-
ca una costruzione prospettica classica.
Sembrerebbe di poter leggere l’opera come un passaggio
dalla nascita alla morte, cioè dalla piccola figura stesa a
destra all’immagine di persona anziana, sull’estrema sini-
stra, che ricorda la posizione di mummie peruviane preco-
lombiane.
Accanto a quello che interpretiamo come un neonato ve-
diamo tre donne accovacciate; forse non è irrilevante che
in francese, la lingua madre del pittore, la parola parto (ac-
couchement) sia letteralmente traducibile con l’italiano ac-
cucciamento. Una simile posizione, peraltro, si trova anche
nella figura-mummia, suggerendo la ciclicità della vita.
Al centro, un personaggio tahitiano coglie un frutto, divi-
dendo con il suo corpo giallastro il grande quadro in due
parti asimmetriche. L’allusione sembra essere a un paradi-
so tropicale e forse a ogni sorta di pardes (giardino in
ebraico), culla naturale concepita per l’uomo. Di qui il rap-
porto della figura centrale, seduta, con frutta e animali, con
la cultura bucolica, e in generale la ripresa della tematica
delle bagnanti in varie rappresentazioni di donne: l’artista
insiste sul legame uomo-natura.
Alla fine del primo piano, una giovane sensualmente
sdraiata sembra ascoltare dalla figura anziana esperienze Paul Gauguin,
D’ou Venons Nous? Que Sommes Nous? Où Allons Nous?
di vita delle quali fare tesoro. (Da dove veniamo? Cosa siamo? Dove andiamo?), 1897-1898.
Nel piano retrostante, sempre leggendo da destra a sinistra, Olio su tela, 141x376 cm.
troviamo una coppia che passeggia, come ad alludere al Boston, Museum of Fine Arts.
Particolare delle due figure all’estrema sinistra
viaggio che uomo e donna compiono insieme nella vita; tro- del dipinto e veduta generale.

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo 27


Vincent van Gogh
Nessun artista come Vincent van Gogh (1853-1890) ha esercitato sugli artisti e sul pub-
blico del Novecento un’impressione tanto forte e duratura: le sue opere, che emanano lu-
ce, forza vitale, ma anche disperazione, sono divenute a tal punto il segno del disagio in-
teriore del XX secolo da avere provocato un apprezzamento senza precedenti tra i colle-
zionisti occidentali e giapponesi. 
Come mai questo ragazzo massiccio, facile all’ira così come al misticismo, morto mentre
fumava la pipa alcune ore dopo essersi sparato nella pancia, ha saputo raccogliere un con-
senso tanto unanime? 
Una  componente  importante  va  senza  dubbio  cercata  nella  sua  stessa  vicenda  esisten-
ziale, che interpreta il topos del genio incompreso, ma anche il tema specificamente mo-
Vincent van Gogh 
in una foto del 1871.  derno della solitudine nell’epoca dell’uomo-massa. 
Sofferente per una malattia mentale e continuamente alla ricerca di pace, fu spinto dal
desiderio di intraprendere la medesima via di suo padre, pastore protestante. 
I suoi tentativi però non andarono a buon fine per i suoi eccessi di zelo che lo portava-
no a voler condividere fino in fondo la vita dei minatori del Borinage, in Belgio, presso i
quali predicava. 
Nei primi anni Ottanta cominciò a dipingere, realizzando opere come I mangiatori di pa-
tate (1885), con una tavolozza cupa e bituminosa che racconta contadini dai “visi rudi e
piatti, dalle fronti basse e labbra grosse, non affilate, ma piene e simili a quelle dei quadri di
Millet”, come l’artista stesso scrisse al fratello Theo. 
La svolta parigina
La svolta avvenne nel 1886, quando raggiunse Theo a Parigi; qui ebbe modo di conosce-
Vincent van Gogh, re Toulouse-Lautrec ed Émile Bernard presso l’atelier del pittore Cormon ed entrò in con-
I mangiatori di patate, tatto con il gruppo impressionista, con Seurat e Gauguin. L’iniezione di energia si rivelò più
1885. Olio su tela, che fruttuosa, spingendolo ad abbandonare i colori scuri e i temi sociali. 
81,5x114,5 cm.
Amsterdam,  Nacque allora la sua tipica tavolozza chiara, accesa dai contrasti tra i colori complemen-
Van Gogh Museum. tari, modulata sulla luce del mattino e ispirata a un divisionismo non scientifico e nacque la

28 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


pennellata allungata e scissa che segue il verso della cosa dipinta: la prova più evidente che
il punto cruciale nella pittura di van Gogh sia l’incontro tra la sfera emotiva e la realtà, ri-
flessa nell’opera attraverso una tecnica fatta di tratti simili a una scrittura automatica. Tecni-
ca pienamente compiuta in opere come l’Autoritratto del 1887 (vedi pag. 30).
La prospettiva viene rinnovata anche sulla base delle stesure piatte caratteristiche delle stam-
pe giapponesi, che van Gogh raccoglieva con passione. Da queste, e in particolare da ripro-
duzioni di Hokusai, l’artista apprese anche la tecnica grafica del disegno a ‘punto e tratto’. 

Fuga ad Arles
Nel 1888 una nuova svolta e una nuova fuga, a cercare rifugio nel Sud della Francia, so-
gnando di fondare l’atelier du Midi, una comunità di artisti in reciproco accordo: la “casa gial-
la” di Arles avrebbe dovuto accoglierli tutti. Qui (dove dipinse Il ponte di Langlois ad Arles, ve-
di pag. 9) attese Paul Gauguin, che vedeva come un maestro. I due convissero solo un paio di
mesi con frequenti litigi, soprattutto causati dalle diverse visioni sullo scopo e sui metodi del-
l’arte: van Gogh non ammetteva i contorni tracciati con il nero, le pennellate piatte, non ge-
stuali e soprattutto il simbolismo appariscente nelle opere di Gauguin. Il disaccordo portò a una
rapida rottura e alla nota automutilazione del lobo dell’orecchio da parte di van Gogh.
Gli ultimi due anni di vita li passò tra il vicino manicomio di Saint-Remy e Auvers-sur-Oi-
se, dove morì suicida nel 1890.

L’opera matura
L’opera matura di van Gogh si snoda dunque in meno di quattro anni, durante i quali, mal-
Vincent van Gogh,  grado ammetta di lavorare spesso “come un sonnambulo”, l’artista dimostra una assoluta co-
La notte stellata, 1889.  scienza riguardo alle proprie intenzioni e innovazioni linguistiche. 
Olio su tela,  Tra i vortici terrorizzanti del cielo notturno ne La notte stellata (1889), solo gli astri si pre-
73,7x92,1 cm. 
New York, Museum  sentano come punti fermi e, dunque, come elementi attorno ai quali possano gravitare il co-
of Modern Art. lore e il pensiero.

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo 29


Analisi dell’opera
Vincent van Gogh, Tre autoritratti
L’autoritratto come genere pittorico è nato solo dopo che, nel corso del Quattrocento, la figu-
ra dell’artista si è diversificata da quella dell’artigiano e ha assunto una sua dignità accanto a
quella di pensatori e letterati.
L’elaborazione teorica di questo cambiamento avvenne soprattutto presso la corte medicea, a Fi-
renze, grazie alla cerchia neoplatonica di Marsilio Ficino che conferì all’artista non soltanto la carat-
teristica di “nato sotto Mercurio” (il pianeta del fare e del comunicare), ma anche di “nato sotto Sa-
turno” (il pianeta del conoscere e del pensare). Questo itinerario filosofico trova il suo apice nel pen-
siero romantico ottocentesco di Schelling: la figura dell’artista diviene quella di un profeta capace
di rivelare verità superiori attraverso la sua attività, ma anche attraverso la sua persona e la sua vi-
ta. Dunque, se i primi autoritratti si perdono, di solito, tra una folla di altri personaggi, a partire dal
XVI secolo compaiono rappresentazioni di sé in veste di guida e di messia: questa tradizione scor-
re in modo continuo dall’autoritratto in cui Albrecht Dürer si rappresenta nelle vesti di Gesù Cristo
all’immagine dell’artista-sciamano che di sé volle dare Joseph Beuys negli anni Sessanta.
Gli autoritratti di van Gogh sono forse la massima rappresentazione del modo in cui l’artista
concepisce il suo ruolo: un personaggio marginale rispetto alla società, non integrato in essa,
ma proprio per questo capace di vedere più lontano; un generatore di energia e di verità, pure
con tutti i limiti di un’esistenza profondamente umana.

Vincent van Gogh, Autoritratto con cappello di feltro, 1887. 


Olio su tela, 44x37,5 cm. Amsterdam, Van Gogh Museum.

Sotto: Albrecht Dürer, 


Autoritratto con pelliccia,
1500 circa. 
Olio su tavola, 67x50 cm.
Monaco, Alte Pinakoteck.

In basso:
Joseph Beuys (1921-1986),
La rivoluzione siamo noi,
1972. Multiplo fotografico.

30 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Van Gogh dipinge tanto spesso se stesso perché considera corda quello delle stampe giapponesi a cui l’artista si ispira-
la sua persona non laterale, ma centrale rispetto alla propria va. La cravatta, segno di integrazione sociale, è scomparsa
pittura. Perciò ogni passo della sua evoluzione artistica è sot- a favore di un medaglione simbolico.
tolineato da almeno un autoritratto.
Nell’Autoritratto con cappello di feltro, del 1887, eseguito ap- Nell’Autoritratto del 1889 l’aureola è stata sostituita da un an-
pena dopo l’incontro con gli Impressionisti e lo schiarimento damento turbinoso della pennellata, a testimoniare la perdita
della tavolozza, utilizza un divisionismo non scientifico, ma di orientamento successiva a quattro gravi crisi nervose du-
pur sempre mutuato da quello di Seurat. Si presenta negli rante le quali, come scrive alla sorella Wil, “non mi rendevo
abiti composti di un parigino (cappello, giacca e cravatta), assolutamente conto di cosa dicessi, volessi o facessi.”
benché gli occhi guardino oltre la sua condizione presente e L’artista non sente più l’energia dell’assoluto come qualcosa
verso una missione da compiere: lo testimonia il fatto che la che sta in suo dominio, ma piuttosto come un labirinto che
testa è circondata da una sorta di aureola, che ricorda quel- lo sovrasta. Così il Divisionismo, la capacità di dominare “tut-
le dei santi, ma anche le volte stellate delle chiese. ti” i colori, è scomparso a favore di una pittura fatta di varia-
L’aureola parte dal suo corpo, con gli stessi colori della giac- zioni solo sui toni del blu-verde e del rossiccio. Anche qui
ca, per estendersi verso l’alto. fondo e giacca hanno lo stesso colore: in tutte e tre le opere
“Faccio un fondo semplice col blu più intenso che posso con- l’individuo non è nel mondo, ma è il mondo.
fezionare, e per questa semplice combinazione la testa bion-
da illuminata su questo fondo blu ricco ottiene un effetto mi- Nella sequenza di questi e altri autoritratti l’artista si manife-
sterioso come la stella nell’azzurro profondo”, scrive a Theo. sta, dunque, come un individuo dalla personalità multipla,
che oscilla tra la coscienza di sé come pastore dell’umanità
Il medesimo effetto aureola è presente nell’Autoritratto dedi- e la paura di essere un incompreso.
cato a Paul Gauguin, del 1888, eseguito ad Arles e, dunque,
mentre il pittore pensava di dover iniziare una missione sal- Sotto a sinistra:
Vincent van Gogh, 
vifica come sacerdote di una nuova, mai realizzata comunità Autoritratto dedicato a Paul Gauguin, 1888. 
di artisti. Olio su tela, 62x52 cm. Cambridge, The Fogg Art Museum, 
Vincent scrive al fratello: “Ho concepito questo ritratto come Harvard University. 
quello di un bonzo, di un adoratore dell’eterno Buddha”: vi si
Sotto a destra:
notano i tratti somatici resi orientali e la rinuncia ai capelli, in Vincent van Gogh, Autoritratto, 1889.
segno di essenzialità monacale. Il verde acceso del fondo ri- Olio su tela, 65x54 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

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Analisi dell’opera
Vincent van Gogh, La camera dell’artista
A proposito della sua stanza di Place Lamarti- re simbolico, sforzandosi di differenziarne lo sti-
ne ad Arles, che prima allestisce e poi dipinge le, il carattere. Le sedie di van Gogh possiedo-
come fosse un autoritratto, van Gogh dice di no un’indubbia potenza evocatrice: l’autore –
avere usato “una semplicità alla Seurat; a tinte che si rappresenta tramite pipa e tabacco la-
piatte, ma date grossolanamente senza scio- sciati sull’impagliata – sceglie per sé il giallo, il
gliere il colore [...] avrei voluto esprimere il ripo- colore diurno, citato anche attraverso i girasoli
so assoluto attraverso tutti questi toni così di- nella scatola a sinistra che reca la sua firma, a
versi”. Nella sua descrizione il contenuto si as- contrasto con il pavimento rosso e il fondo az-
socia alla tecnica, dal momento che il “riposo” zurrino. La stesura è pastosa, densa, materica,
mentale viene espresso dalla “semplicità” del- mentre sono più piatte, unite nella giustapposi-
l’inquadratura e dalle “tinte piatte” diverse, cioè zione dei complementari verde e rosso, le pen-
nettamente separate tra loro, stese in maniera nellate che ritraggono Gauguin – o almeno la
quanto più chiara e distinta, con pennellate pri- sua sedia – nell’altro quadro. Un dipinto a lume
ve di curve tormentate e compenetrazione tra i di notte in cui van Gogh compie una citazione
colori. Così come è dipinta, la stanza diviene dello stile di Gauguin abbassando i toni, sem-
dunque il riflesso dell’ordine mentale in cui van plificando i piani, e fornendo una visione nottur-
Gogh vorrebbe poter vivere ad Arles. na, criptica del lavoro dell’amico: così ne sug-
Negli stessi mesi l’artista esegue altri ritratti per gerisce anche la natura mentale, il senso della
“sottrazione”: si tratta di due sedie vuote, ri- concentrazione all’interno di se stesso piutto-
spettivamente La sedia di Vincent e La sedia di sto che sulla ispirazione della natura.
Gauguin, che divengono protagoniste delle due In alto a sinistra: Vincent van Gogh, La sedia di
scene. Due oggetti inanimati, ma rappresentati Vincent, 1888. Londra, National Gallery.
con forte evidenza, tanto da occupare l’intero A sinistra: Vincent van Gogh, La sedia di Gauguin,
centro del quadro, cui l’artista conferisce valo- 1888. Amsterdam, Van Gogh Museum.

Vincent van Gogh, La camera dell’artista ad Arles, 1889. Olio su tela, 72x90 cm. Amsterdam, Van Gogh Museum.

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Focus: Musei e gallerie
Van Gogh in Olanda: i musei di Amsterdam e Otterlo
Il patrimonio di opere di van Gogh è custodito oggi in due grandi
collezioni olandesi, entrambe di origine familiare, divenute proprietà
di Stato. Si tratta della maggiore concentrazione di dipinti e grafica
esistenti al mondo, per questo ogni anno sono oggetto di un vero
e proprio pellegrinaggio da parte di migliaia di visitatori.
Il Van Gogh Museum di Amsterdam nasce nel 1973, ultima tappa
di un lungo percorso collezionistico nato già presso Vincent e il fra-
tello, Theo van Gogh. L’insuccesso di vendite dell’artista aveva da-
to origine infatti a un nucleo di opere cospicuo che, passato prati-
camente intatto attraverso gli eredi fino a Theo van Gogh, attivo e
acuto bisnipote del pittore, fu acquistato dallo Stato olandese (1962)
e divenne il cuore dell’attuale museo. L’edificio, fatto di spazi dilata-
ti, lineari e luminosi, fu progettato da Gerrit Rietveld, e custodisce
l’ingente collezione van Gogh insieme a quella di numerosi altri arti-
sti a lui legati come Gauguin, Monet, Toulouse-Lautrec. Esposizioni
temporanee vengono allestite nella nuova grande ala coperta da la-
stre di titanio dell’architetto giapponese Kisho Kurokawa.
La collezione di Helene Kröller-Müller, la maggiore dopo quella del-
la famiglia van Gogh, fu creata a partire dal primo decennio del No-
vecento e sistemata in un edificio, una casa-museo, come richiesto
dalla collezionista, progettata da Henry van de Velde in uno dei luo-
ghi più incantevoli del mondo: il Parco Naturale De Hoge Veluwe vi-
cino a Otterlo. Il Museo Kröller-Müller, nato nel 1938, è oggi uno
dei punti di riferimento per l’arte visiva moderna e contemporanea,
con autentici capolavori dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri
e una straordinaria collezione di sculture all’aperto che include ope-
re, tra gli altri, di Hepworth, Fontana, Dubuffet, Moore, Penone, Fa-
bro, Merz, Serra, Andre, Graham, Oldenburg.

Otterlo, Kröller-Müller Museum www.kmm.nl Sopra: Vincent van Gogh, Girasoli, 1889. 


Olio su tela, 95x73 cm. Amsterdam, Van Gogh Museum.
Amsterdam, Van Gogh Museum www.vangoghmuseum.nl

A destra:
Vincent van Gogh, 
Terrazza del caffè in Place du Forum ad Arles la sera, 1888. 
Olio su tela 81x65,5 cm. Otterlo, Museo Kröller-Müller.
Sotto:
Paul Gauguin, 
Van Gogh che dipinge i girasoli, 1888. 
Olio su tela, 73x91 cm. Amsterdam, Van Gogh Museum. 

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Henri de Toulouse-Lautrec
Mentre la maggior parte degli Impressionisti e dei loro prosecutori era di origine medio-
borghese,  Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Monfa (1864-1901)  proveniva  da
una famiglia aristocratica la cui genealogia risaliva al Medioevo. 
Ciò influì sul suo gusto raffinato, ma anche sul desiderio di contraddirlo attraverso la fre-
quentazione dei bassifondi metropolitani privi di formalismo. 
Di salute cagionevole, riportò da bambino una frattura alle gambe che gli impedì di cre-
scere. Raffinato, ma claudicante e di aspetto grottesco, avvertì come i più sensibili tra i suoi
Toulouse-Lautrec  colleghi il desiderio di fuga dalla Parigi degli affari. Preferì intrufolarsi nella vita notturna del
in una foto di  quartiere di Montmartre, di cui effettuò uno speciale reportage grafico e pittorico. 
Paul Sescau, 1892. Il suo spirito arguto lo condusse a una visione caricaturale degli ambienti che frequentava.
Dietro i velluti rossi di un teatro di varietà come il Moulin Rouge vide seduzioni dozzinali,
tristezze, vecchiaie, ma anche amicizie sincere. 
Au Moulin Rouge (1892-93) è probabilmente il suo dipinto più noto: sullo sfondo, al cen-
tro del quadro, si vede l’artista attraversare la scena in compagnia di un suo cugino. Al cen-
tro del dipinto, leggermente a destra, la ballerina La Goulue, stella del momento, si pettina
davanti a uno specchio e viene ritratta di schiena. In primo piano a sinistra, intorno alla ta-
vola, all’epoca erano riconosciuti alcuni personaggi parigini. In primissimo piano a destra sta
il viso di un’altra star del locale, la cui ombra verdastra ha i toni esasperati dell’illuminazio-
ne artificiale e anticipa i colori acidi della pittura fauve. In questa livida atmosfera tutti assu-
mono un’aura inquietante e un aspetto grottesco che ricorda le maschere di Ensor. Il tono
esasperato dell’immagine è reso più appariscente dal brusco taglio prospettico del quadro,
in cui il bancone spinge l’occhio su una diagonale alla Degas. 
Attraverso le sue linee sinuose, ottenute con un tratto molto sicuro e continuo, Toulouse-
Lautrec interpretò il gusto dell’Art Nouveau senza eccessivi compiacimenti ornamentali. 
Caratteristico della sua adesione agli aspetti più avanzati di quell’estetica, ponte tra il mondo
della decorazione e quello della produzione industriale, fu il suo lavoro come grafico pubblici-
tario; incaricato di disegnare i cartelloni teatrali da stampare in migliaia di copie, fu l’interpre-
te più ambito da intrattenitori di grande popolarità come La Goulue, Jane Avril, Yvette Guilbert,
Aristide Bruant, che con i suoi tratti sintetici e graffianti trasformò in icone indimenticabili. 
Muore nel 1901, a trentasei anni. 

Henri de
Toulouse-Lautrec, 
Au Moulin Rouge, 
1892-1893. 
Olio su tela,123x141 cm.
Chicago, 
The Art Institute.

34 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Analisi dell’opera
Le donne di Lautrec
Nel 1896 Toulouse-Lautrec realizza per l’editore Gustave Pellet un al-
bo di dieci litografie a colori dal titolo inequivocabile Elles: “quelle lì”.
Un album concepito come una serie completa, conchiusa, che però
si rivelò un fiasco commerciale: visioni incomprensibili sia per il mer-
cato erotico che per quello delle gallerie. Le litografie traducono lo
sguardo originale, limpido, ma obliquo, in tralice, di Toulouse-Lautrec
all’interno della casa chiusa di rue des Moulins a Parigi. Coglie inti-
mità femminili, gesti rituali e segreti, mai in posa, mai ostentati, ma
piuttosto rapiti, colti quasi con empatia verso la modella.
La toilette e il ritratto della celebre contorsionista e pagliaccia Cha-u-
Kao appartengono a quello sguardo e, come le altre, le donne ci vol-
gono la schiena, sono assorte nelle loro occupazioni: la ragazza si ar-
rotola una calza e Cha-u-Kao si allaccia il corsetto. Gesti quotidiani,
banali, immagini private di donne pubbliche che qui vengono spiate
senza alcun compiacimento, come se l’occhio dell’autore fosse l’o-
biettivo di una macchina fotografica. La partecipazione dell’artista la
troviamo nella traduzione squisitamente pittorica delle scene. Un dif-
fuso impasto di toni chiari, traslucidi, appena contraddetto dalla testa
color ruggine della modella de La toilette, toni scuri che si illuminano
nell’onda frusciante di giallo che avvolge il costume della pagliaccia.
Pennellate veloci e pulsanti, potenti direttrici disposte a raggiera, e
ancora linee spezzate, incrociate, parallele e ruvide, sulla superficie
grossa del cartone.
Cha-u-kao, che posa anche per Elles, nella prima litografia dell’albo,
doveva il suo nome alla trascrizione fonetica delle parole Chahut
(baccano) e caos, a definire l’energia travolgente che la donna mo- Henri de Toulouse-Lautrec, Elles: la pagliaccia Cha-u-kao
strava nei suoi numeri al Moulin Rouge, dove si esibiva. seduta, 1896. Litografia, 52,7X40 cm. Collezione privata.

Henri de Toulouse-Lautrec, La toilette (Rousse), 1896.  Henri de Toulouse-Lautrec, La pagliaccia Cha-u-kao,


Olio alla trementina su cartone, 67x54 cm. Parigi, Musée d’Orsay.  1895. Olio su cartone, 64x49 cm. Parigi, Musée d’Orsay. 

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Henri Rousseau, il “Doganiere”
Henri Rousseau (Laval 1844 - Parigi 1910) occupa un posto di rilievo nella storia dell’arte
moderna, ma il modo in cui vi si è inserito appare del tutto anomalo. Era infatti un artista naïf,
intendendo questo termine come sinonimo di spontaneità, ingenuità, estraneità ai dibattiti cul-
turali ed estetici che avevano assunto toni drammatici nell’ultimo scorcio del XIX secolo. 
Privo di ogni formazione, Rousseau sapeva che l’arte era la sua vocazione: quando, a 41
anni, si pensionò dal suo incarico di impiegato presso il dazio parigino (da cui gli venne il so-
prannome  “Doganiere”),  era  determinato  a  diventare  un  pittore  professionista.  Le  stilizza-
zioni per le quali divenne celebre in realtà non erano desiderate: la sua ambizione sarebbe
stata  imparare  a  dipingere  come  un  artista  accademico.  Voleva  essere  un  pittore  realista,
Henri Rousseau,  malgrado l’improbabilità dei suoi soggetti. 
il Doganiere. L’ambizione di fare un grande quadro sulla scia di Delacroix lo condusse a dipingere la sua
opera più impegnata: La guerra (1894), che ha come sottotitolo “passa in modo terrificante,
lasciando dappertutto disperazione, lacrime e distruzione”. 
Il soggetto, preso da una caricatura dell’epoca, è un’immagine apocalittica. La furia della
discordia balza con il suo cavallo nero su un campo pieno di cadaveri. Ogni elemento è al-
legorico: i rami spezzati, le foglie che cadono, i corvi neri, la fiaccola incendiaria. L’insieme
del dipinto suggerisce affinità stilistiche con Paolo Uccello, ma i corpi visti da diverse pro-
spettive sembrano anticipare il Cubismo. 
I suoi dipinti più popolari appartengono alla serie delle giungle, dove una quantità inesau-
ribile di piante, foglie e fiori stilizzati riempiono la superficie della tela sotto l’effetto di una
sorta di horror vacui. Appaiono belve e prede, serpenti e uccelli esotici e solo in alcuni casi la
figura umana. Così nel suo ultimo dipinto, Il sogno (1910), una giovane donna nuda è molle-
mente sdraiata su un divano, mentre tra le foglie un mago suona per lei note di flauto. 
Rousseau morì di setticemia, povero e solo, nel 1910. Gli artisti delle Avanguardie rico-
nobbero nel suo lavoro la possibilità di fuggire dalla civiltà moderna attraverso l’immedia-
tezza e l’interiorità, senza ricorrere a mondi esotici. Il Doganiere è un primitivo geniale che
solamente la sensibilità del Novecento, minacciata dall’impersonalità del mondo tecnologi-
co, ha saputo scoprire veramente. 

Henri Rousseau, Il sogno, 1910.


204,5x298,5 cm. New York, Museum of Modern Art.

36 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Il rinnovamento della scultura
La forma che si scioglie: Medardo Rosso
Se la pittura e la grafica, alla fine dell’Ottocento, risentono di forti innovazioni
tecniche e stilistiche, la scultura – come è avvenuto anche successivamente – ha
raggiunto più lentamente e più tardi novità formali, un ritardo dovuto alla na-
tura rappresentativa della scultura che la teneva allacciata a una figurazione
realistica.  
Esiti di grande interesse raggiunge l’italiano Medardo Rosso (Torino 1858 -
Milano 1928) che però ha goduto fortune alterne, ora accusato di bozzetti-
smo aneddotico, ora esaltato per l’abbandono di tematiche e tecniche retori-
che. I suoi temi ricorrenti furono appunti di vita quotidiana e spesso urbana,
frammenti della sua stessa esistenza difficile e avventurosa.
Nelle sue teste di cera, lasciate volutamente non finite nelle parti periferiche,
sono visibili i gesti del modellato e le colature del materiale, trattato in manie-
ra simile a come il colore veniva utilizzato nell’ambito impressionista. 
Memore di una formazione milanese ma a contatto con il mondo di Parigi, Ros-
so cercò di trasporre il simbolismo della luce dalla pittura alla tridimensione. 
La sua scultura è segnata dalla consapevolezza che la luce può raggrumar-
si o diffondersi in superfici distese, può animarsi fino a creare volumi, ma mai
venire afferrata e definitivamente trattenuta.

Medardo Rosso, Ecce puer, 1906. Intonaco, gesso e vernice, 


46x43x32 cm. Edimburgo, National Gallery of Scotland.

Medardo Rosso,  Medardo Rosso, 


Bambina che ride, 1889-1890. Cera sopra intonaco,  Il cantante a spasso, 1882. Bronzo, altezza 28 cm. 
25,5x18x19 cm. Kanagawa (Giappone), Kamakura Gallery. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna.

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo 37


Auguste Rodin
Il programma di Auguste Rodin (1840-1917), il massimo scultore francese di fine secolo, è
riassunto nella sua frase “Il corpo è un calco su cui si imprimono le passioni”.
Dopo l’École des Beaux Arts a lungo dovette impiegarsi per altri scultori e per una produ-
zione di carattere commerciale, attività che però gli permisero di sviluppare una straordina-
ria abilità manuale. 
La sua biografia fu segnata da un tormentato legame sentimentale e professionale con la
sua allieva Camille Claudel, che rivendicò la paternità di soluzioni formali da lui adottate. 
In ogni caso fu Michelangelo, che ebbe modo di ammirare nel corso di un viaggio in Italia
Auguste Rodin.
nel 1875, il principale ispiratore, il vero maestro di Rodin, come dimostra, ad esempio, il rap-
porto stringente della figura del Pensieroso, scolpita per la tomba di Lorenzo de’ Medici nel-
Michelangelo, Tomba la Basilica di San Lorenzo a Firenze, con il Pensatore di Rodin. 
di Lorenzo de' Medici.  Nel 1880 gli venne commissionato il prospetto di una porta ornamentale per il Musée des
Firenze, Basilica 
di San Lorenzo. Arts Décoratifs:  lo  scultore  concepì  un  portale  monumentale,  alto  più  di  quattro  metri  e
mezzo, ricoperto di bassorilievi ispirati all’inferno dantesco, giacché di Dante ebbe a dire:
“non è solo un visionario e uno scrittore, ma anche uno scultore”. Proprio l’autore della Di-
vina Commedia occupa nel portale la posizione centrale, raffigurato nelle vesti del Pensa-
tore (1880). 
La Porta dell’Inferno non fu mai compiuta: Rodin vi lavorò a lungo, apponendo e toglien-
do figure e gruppi scultorei, realizzati dapprima come bozzetti e poi come sculture autono-
me in gesso, marmo e bronzo. Come scrisse il poeta Rainer Maria Rilke, amico dello sculto-
re, “Rodin in centinaia di figure appena più grandi delle sue mani portò la vita di tutte le pas-
sioni, il fiorire di tutti i piaceri e il peso di tutti i vizi”. I sensi, anima dello spirito decadente,
furono dunque al centro di una poetica che avrebbe voluto essere monumentale come quel-
la di Michelangelo, ma che, non avendo valori certi da celebrare, fu segnata da un tormen-
to ideale intrinseco: lo testimonia la stessa incapacità di condurre a compimento la Porta,
opera tanto amata.

Auguste Rodin, Il pensatore, 1880.  Auguste Rodin, Il bacio, 1888-1889.


Bronzo, 180x98 cm. Parigi, Musée Rodin.  Marmo, 181,5x112x117 cm. Parigi, Musée Rodin.

38 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Analisi dell’opera
Auguste Rodin, I monumenti pubblici
Ultimi monumenti pubblici di Rodin furono I borghesi di Calais e Balzac,
entrambi modelli moderni di squilibrio, disarmonia e incertezza. I primi,
commissionati dalla città di Calais, dovevano celebrare le gesta di un eroe
locale della guerra dei Cent’anni, Eustache de Saint-Pierre, offertosi vitti-
ma, e seguito poi da altri cinque nobili cittadini, al re inglese Edoardo III
purché ponesse fine all’assedio della propria città.
Rodin modifica il primo progetto, che era stato giudicato positivamente, an-
nullando l’enfasi posta sulla figura del protagonista, e decidendo invece per
un gruppo compatto come un cubo ideale e disordinato da gesti di sconfor-
to, paura e perfino follia. Lo scultore aveva seguito i racconti del cronachi-
sta trecentesco, Jean Froissart, che descriveva i sei cittadini mentre lascia-
vano case, affetti e certezze “a testa e a piedi nudi, con le corde intorno al
collo, con le chiavi della città in mano”. Chiavi pesanti come il fardello di tri-
ste consapevolezza che trascinavano, tutt’altro rispetto all’esaltazione di vi-
rilità e onore che i moderni borghesi di Calais richiedevano per i loro illustri
antenati. Due aspetti poi erano aspramente criticati: il rifiuto della disposi-
zione a piramide, tipica per ogni monumento celebrativo tradizionale, e la
volontà dell’artista di collocare il gruppo non su piedistallo, bensì diretta-
mente nel terreno, accentuandone un’interpretazione antiretorica. Una vi-
sione eccessivamente moderna che non fu rispettata e così gli infelici bor-
ghesi, dopo alterne vicende, furono innalzati su decoroso basamento.
Ugualmente moderna e antiretorica fu la concezione del monumento dedi-
cato allo scrittore Honoré de Balzac (1898), un volume massiccio che si al-
lontana dalla verticale e suggerisce imponenza, ma anche un senso di peri-
coloso bilico. Non a caso la statua, commissionatagli su pressione del raffi-
nato Émile Zola, fu rifiutata dalla Societé des Gens de Lettres.

Auguste Rodin, Monumento a Balzac, 1898. 


Bronzo, 270x120,5x128 cm. Parigi, Musée Rodin.

Auguste Rodin, I borghesi di Calais, 1889. Bronzo, 217x255x177 cm. Parigi, Musée Rodin. 

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Il Simbolismo
La realtà attraverso l’intuizione
Descrivere il Simbolismo è come attraversare una foresta molto fitta dove si aprono innu-
merevoli slarghi e sentieri rivolti in direzioni differenti. Il movimento ebbe, infatti, sfaccetta-
ture diverse e coinvolse non solo le arti visive, ma anche la letteratura e la musica degli ulti-
mi due decenni del XIX secolo. Gustave Courbet, il grande realista, diceva che non avrebbe
potuto dipingere gli angeli perché non li aveva mai visti, mentre Gustave Moreau esclama-
va: “Credo solo a ciò che non vedo e unicamente a ciò che sento”. 
In queste poche citazioni si riassume il conflitto fra Realismo e Simbolismo. 
Più che un movimento artistico stilisticamente unitario il Simbolismo si propose come un si-
stema gnoseologico, cioè di analisi della conoscenza, ed etico, oltre che estetico, dai forti le-
gami con le correnti filosofiche della seconda metà del secolo, da Schopenauer a Nietzsche
e Bergson. Quest’ultimo, in particolare, sosteneva che si poteva raggiungere la verità non at-
traverso la percezione del reale, ma per mezzo dell’intuizione, termine dalla lunga e tormen-
tata storia, ma che in sostanza indica una comprensione delle cose istantanea e non mediata
dalla logica. Il movimento prese appunto le mosse dalla fine della certezza riguardo all’affi-
dabilità dei metodi conoscitivi connotati dalla razionalità.
Il Simbolismo, insomma, si propose come una forte reazione a quella poetica realista e na-
turalista che, legata a una concezione prima razionalista e in seguito positivista della vita e
Sotto a sinistra: della scienza, aveva lungamente dominato la cultura francese ed europea.
Odilon Redon, 
Il ciclope, 1914.  In Francia vi erano stati grandi precursori, debitori dell’idealismo classicista di Ingres, co-
Olio su tela 64x51 cm. me Gustave Moreau (1826-1898), Pierre Puvis de Chavannes (1824-1898) e Odilon Redon
Otterlo, Museum  (1840-1916). 
Kröller-Müller.

Sotto a destra: Il Gruppo dei Nabis


Gustave Moreau,  In Francia, nel 1899 venne fondato il gruppo dei Nabis, la cui concezione del ruolo del-
Orfeo, 1865. l’artista era implicita già nel nome, che in ebraico significa “profeti”. Il gruppo, che ebbe un
Olio su tela, 
154x99,5 cm. Parigi,  portavoce in Maurice Denis e fu costituito tra gli altri da Paul Sérusier, Ranson, Bonnard,
Musée d’Orsay. Vuillard, Vallotton, si dichiarava erede di Gauguin, aveva infatti una forte impronta mistica,

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tanto che si riuniva in una casa di Montparnasse chiamata “il tempio”, do-
ve gli accoliti indossavano abiti cerimoniali. 
Tra le opere principali di questo gruppo è Il talismano, dipinto quando
Sérusier ha poco più di vent’anni. Una tavoletta di risulta – larga appena
ventun centimetri per ventisette – ma una vera miniera di idee. Maurice
Denis  ne  avrebbe  fornito  una  lettura  significativa:  “Fu nell’autunno del
1888 che il nome di Gauguin ci venne rivelato da Sérusier, appena tornato
da Pont-Aven. Questi ci mostrò, con un certo fare misterioso, il coperchio
di una scatola di sigari su cui si distingueva un paesaggio divenuto informe
per l’esasperata formulazione sintetista, eseguito in viola, vermiglione, ver-
de veronese e altri colori puri, così come escono dal tubo, quasi senz’ag-
giunta di bianco. Così, per la prima volta, ci venne presentato, in una forma
paradossale e indimenticabile, il fertile concetto della superficie piatta co-
perta di colori accostati secondo un certo ordine. Così apprendemmo che
ogni opera d’arte è una trasposizione, una caricatura, l’equivalente appas-
sionato di una sensazione percepita”.
Sérusier traduce i suoi sentimenti di fronte alla natura in un intrico cro-
matico ormai del tutto astratto che diventa il talismano della nuova pittura.
Maurice Denis (1870-1943) fu in seguito un importante innovatore del-
l’arte sacra. Ne Le muse nel bosco sacro (1893) definisce il luogo ideale in
Maurice Denis,  cui nasce l’arte come un mondo incontaminato dal tempo, a se stante e
Le muse nel bosco sacro, 1893. Olio su tela, popolato da divinità ispiratrici. 
171,5x137,5 cm. Parigi, Musée d’Orsay.
Pierre Bonnard (1867-1947) seppe interpretare il rapporto tra materia e
memoria, tra cosa vista e ricordo della cosa, che andava indagando il filo-
sofo Henri Bergson. 
L’impianto spaziale dei suoi quadri non privilegia mai l’oggetto ritratto,
Sotto a sinistra: ma la posizione spesso casuale dalla quale lo vede l’osservatore. Così l’og-
Paul Sérusier, 
Il talismano, 1888. Olio su tavola,  getto non si staglia in modo netto sul resto del campo visivo e vi si mesco-
27x21,5 cm. Parigi, Musée d’Orsay. la addirittura in termini cromatici. La schiena di Marthe, moglie e modella
del pittore, in La toilette du matin (1914), contiene lo stesso azzurro e lo
Sotto a destra: stesso rosa del pannello decorativo sul fondo. Il posto centrale è assegnato
Pierre Bonnard,
La toilette du matin, 1914 circa. Olio su tela, a uno stipite e nessuna enfasi è posta su particolari narrativi come la broc-
119x79 cm. Parigi, Musée d’Orsay. ca o la sedia. 

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo 41


Focus: Arte, musica e letteratura
La sintesi di arte, musica e
letteratura nel clima simbolista e decadente
I presupposti della pittura simbolista furono suffragati in let- “constatazione d’un mondo nuovo, d’una regione dello spi-
teratura da autori decadentisti come Stéphane Mallarmé, rito inesplorata e basilare per ogni conoscenza e per ogni
Paul Verlaine, Arthur Rimbaud e in musica da compositori morale” (W. Binni).
come Claude Debussy e Richard Wagner. Charles Baudelaire aveva del resto già steso nella poesia
Più in generale, nel clima decadentista si incrociarono, in mi- Correspondances una sorta di manifesto di tale sinestesia,
sura maggiore che in altri movimenti culturali, molte diverse di quel momento primario in cui i dati percettivi non sono an-
discipline. cora stati messi in ordine dalle funzioni logiche.
Il pittore Odilon Redon è l’eroe di Des Esseintes, il protago- In questa visione del reale divenne protagonista il subco-
nista del romanzo A Rebours di Huysmans, ossessionato sciente (prima e comunque a prescindere dalla formulazione
dai sensi e dal loro rapporto con l’immaginario. freudiana del concetto di inconscio) e quindi anche le rela-
Il poeta Mallarmé partecipò alla Blanche, che fu un punto zioni inconsapevoli tra segnali che provengono da diversi or-
d’incontro tra i letterati e i pittori del circolo dei Nabis ed è lui gani di senso. I sensi, primo contatto con la materia, nel
che, nella poesia A noir, assegna un colore e una sensazio- contempo erano vissuti come la fonte di ogni elevazione spi-
ne a ogni lettera, come se anche gli elementi originari della rituale e l’elevazione spirituale, ovvero l’arte che la esprime,
lingua avessero una risonanza sensibile. come l’unico mezzo di salvazione.
Opere letterarie come Il Trionfo della morte di Gabriele d’An- Per questo l’estetica decadentista privilegiò ogni soggetto
nunzio e il Tristan di Thomas Mann sono incentrate sulla mu- che potesse esaltare la vita dei sensi, giungendo fino a te-
sica. matiche scabrose quali l’incesto, la malattia mortale, la per-
A fondamento di questa doppia compenetrazione, tra molti dizione morale: di qui la presenza nella pittura simbolista di
settori creativi e tra i dati di sensi differenti, stava il comune temi che spaziano dalla decorazione ossessiva di William
riconoscimento dell’importanza della componente alogica Morris ai testi religiosi, dalla purezza dell’annunciazione al
nelle arti. L’atmosfera che veniva condivisa era quella della sadismo di donne distruttive come Salomé.

Aubrey Beardsley,  Pierre Puvis de Chavannes, 


La ricompensa, disegno  Fanciulle in riva al mare, 1879.
per il dramma Salomé di Oscar Wilde, 1893.  Olio su tela, 61x46 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

42 Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS


Giovanni Segantini,  Il Simbolismo in Italia: il Divisionismo
Le due madri, 1889. 
Olio su tela, 157x295 cm.
Milano, Galleria  In Italia il messaggio simbolista venne fatto proprio da un novero di pittori che, dal punto
d’Arte Moderna. di vista tecnico, trassero ispirazione dal Puntinismo di Seurat e Signac, ribattezzato Divisio-
nismo, e dal punto di vista tematico si allontanarono dal messaggio freddamente scientista
dei colleghi francesi, privilegiando la natura e i problemi sociali legati alla civiltà contadina.
Il patron dell’intero gruppo divisionista fu Vittore Grubicy de Dragon (1851-1920), galle-
rista oltre che teorico e pittore egli stesso. 
I suoi contatti frequenti con il Belgio, l’Olanda, la Francia e la conoscenza della stampa ar-
tistica straniera lo misero in condizione di importare in Italia la tecnica del Puntinismo. In ef-
fetti riuscì a trasmettere la tecnica a molti giovani pittori, che però, non avendo potuto co-
noscere l’Impressionismo, diedero del Puntinismo una versione derivante dal disegno natu-
ralista ottocentesco, con un taglio tradizionale delle immagini. 

Giovanni Segantini (1858-1899), trentino di nascita ma in tempi in cui la regione era anco-


ra di dominio austriaco, fu segnato da un’infanzia infelice trascorsa in buona parte a Milano
presso il riformatorio. Fu proprio il direttore dell’Istituto a indirizzarlo verso gli studi artistici al-
Gaetano Previati, l’Accademia di Brera. Fondamentali furono l’incontro con Grubicy, che lo condusse verso il Di-
Maternità, 1890-1891. visionismo, e la conoscenza di Millet attraverso una monografia. Sulla sua scorta approfondì il
Olio su tela, 174x411 cm.
Novara, Banca  desiderio di una vita lontana dai rumori cittadini e vicina allo spirito religioso. Dipinti come Le
Popolare di Novara. due madri (1889) testimoniano un interesse preciso per l’esistenza contadina. 

© ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS Parte 1 CAP. 1 - Il Postimpressionismo 43


Stabilitosi nelle montagne dei Grigioni, iniziò a dipingere con una tecnica divisionista che
privilegiava gli effetti luminosi, spesso spettacolari, rispetto a qualsiasi regola troppo stretta
sui rapporti tra colori complementari. Durante i suoi ultimi anni eseguì opere in cui nel rap-
porto con la natura e con la luce si riflette la ricerca del divino, come ne La Morte, del Trit-
tico delle Alpi (1896-1898).

Anche Gaetano Previati (1852-1920) si era formato a Milano, nell’atmosfera della Scapi-


gliatura lombarda. Nel 1889 incontrò Grubicy e da questi apprese la tecnica divisionista, che
reinterpretò in modo ancora più sottile e filamentoso di Segantini. Ciò conferì alle sue ope-
re una luminescenza fortissima, che avrebbe suggestionato in modo fondamentale il giova-
ne Umberto Boccioni. 
La sua grande Maternità (1890-1891) suscitò nell’ambiente milanese le polemiche dei Na-
turalisti, a causa del suo impianto simbolista che conduce le figure dalla visibilità all’evane-
scenza. Nelle parole dell’autore, sulla tela “non vi devono essere né colori né forme – né cie-
lo né prati – né figure d’uomini né di femmine, ma un fiat che dice: adorate la madre”.

Il piemontese Angelo Morbelli (1853-1919) è colui che, del gruppo, ottenne i maggiori ri-


conoscimenti all’estero, tra cui ricordiamo una medaglia d’oro alla Esposizione Universale di
Parigi. Interessato al tema dei miserabili e alle difficoltà di una vita antieroica, dedicò una se-
rie di dipinti pregnanti alla vita nel Pio Albergo Trivulzio, ricovero milanese per anziani, il cui
disegno egli traeva sovente da immagini fotografiche. Le sue opere moderano il realismo gra-
zie all’uso in chiave simbolica di simmetrie e centralità.

Simbolista a suo modo fu anche Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907), formatosi


presso le Accademie di Milano e di Bergamo. 
Abbandonò l’impianto verista soprattutto attraverso l’amicizia con Morbelli, abbracciando
un Divisionismo che si sarebbe espresso al meglio nel grande dipinto Il Quarto Stato, iniziato
nel 1896: le tre figure in primo piano simboleggiano le componenti che sorreggono l’intera
società, la forza lavoro intesa anche come maternità, e guidano una fila orizzontale di conta-
dini  da  cui  si  staccano  creando  un  effetto  aggettante,  tale  per  cui  la  folla  sembra  spingersi
avanti. La linea retta delle ultime teste si contrappone a quella curva dei piedi; prima ancora
dei particolari narrativi (gli abiti, le posizioni delle mani), è l’assetto di onda calma ma poten-
te a investire lo spettatore, descrivendo l’avanzata inevitabile delle masse lavoratrici.
Giuseppe Pellizza Desideroso di esprimere il prossimo riscatto sociale della classe più povera, con questa
da Volpedo, immagine Pellizza coniuga il realismo con la monumentalità, grazie a un drappeggio scul-
Il Quarto Stato, toreo degli abiti dei personaggi, e con l’elevazione spirituale, rappresentata dagli effetti di
1896-1901. Olio su tela,
283x550 cm. Milano,  una luce più chiara al centro, in primo piano, simbolicamente nata dalla terra e anch’essa
Galleria d’Arte Moderna. volta in avanti. 

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