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lunedì 14 novembre 2022

Moderna 2

LA STANZA DI ELIODORO
Data 1512-1514 e collocata
sempre all’interno delle Stanze
Vaticane a rescate da Ra aello.

Rapporto architettonico dipinto


che gioca con l’architettura
della stanza. Vediamo che il
papa stesso è ben presente,
assiste alla scena (rapporto tra
scene bibliche è la storia
contemporanea), vediamo la
presenza del papa e viene
sancita in modo inequivocabile. Il papa osserva il ritratto mentre osserva la scena
nel modo in cui potremmo osservarla anche noi, ma anche lui è osservato.

Passaggio di Ra aello richiesto dalla committenza dal punto di vista narrativo, cio
che accade nella stanza della segnatura ovvero gli a reschi non includono la
presenza del papa, queste sono scene rimosse dalla cronaca del tempo mentre
nella stanza di Eliodoro il nostro Ra aello lavora diversamente.

Molto interessante come il committente, non viene inserito per la prima volta in un
dipinto sacro (esempio di Masaccio).

Ra aello qui fa un’operazione che riesce ad amalgamare molto meglio dal punto di
vista narrativo la presenza del committente, guardiamo come diventi una sorta di
variazione sul tema del ritratto di Giulio II, risale a quei secoli li. Riesce a separare il
gruppo nella scena d’azione e sull’altra parte, crea una composizione bilanciata, il
gruppo degli osservatori che come noi ma in uno spazio privilegiato e conservati
nell’eterna essendo nella pittura, vengono inseriti e possono osservare la scena.
Ra aello si pone nella cerchia di coloro che erano molto vicini al papa, viene inserito
nell’afresco. Ci fa vedere che è uno che ha raggiunto gli strati più alti della società.

Delega a dei suoi allievi ma anche ad artisti già formati. Aveva un gruppo di
collaboratori dati, in modo da poter lavorare su più cantieri contemporaneamente.

Contemporaneo a questi a reschi dipinge la volta per i Chigi.

Il papa assiste a questo miracolo che avviene davanti a lui, c’è questo motivo che
torna in tutta la sala e poi vediamo anche
quanto Ra aello esplori nuovi stili e
soluzioni compositive luminaste, che non
aveva esplorato prima.

LA LIBERAZIONE DI SAN PIETRO


Contrasto tra luce e ombre. San Pietro che
viene liberato dall’angelo che distrae le
guardie, emana una gran luce e quando le
guardie se ne rendono conto lui è già
scappato.

Modo per costruire una narrazione


coerente nelle proprie opere.

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LEONE MAGNO E ATTILA
La cosa interessante è che in
questo periodo ci fu un papa nuovo
nonostante l’avesse messa in piedi
con Giulio II tutta la realizzazione
delle stanza vaticane, in questo
caso c’è Leone X (ovvero un papa
Medici) che incontra Attila. Rapporti
che esplodono con i con itti degli
anni 20.

Ra aello è un grande narratore per


immagini di questo tipo, cerca però qualcosa che lo metta in contrapposizione con
Michelangelo che non ha tutto questo interesse narrativo, queste scene bianche
con tanti personaggi in cui c’è un’idea di una trama che emerge. Michelangelo nella
cappella Sistina separa tutte le scene in riquadri e mette pochi personaggi
all’interno delle opere, lui pensa da scultore.

Articolazione corale, con tanti personaggi e invece Michelangelo ha un’idea molto


più legata a gure singole che incarnano momenti della narrazione sopratutto se
pensiamo che oltre le opere della cappella Sistina a questa altezza cronologia il
Giudizio Universale ancora non c’era. Ci confrontiamo con il Michelangelo della
volta. Prendono due strade completamente diverse.

ARAZZI
ERCOLE INAUGURA I GIOCHI OLIMPICI
Datata 1455-70. Gli arazzi dovevano raccontare grandi storie, a questo progetto
viene associata la preziosità dei gradi architettonici più alti, la pittura viene
concepita come una versione a poco prezzo degli arazzi e dimostra che non è una
versione a poco prezzo, ma per Ra aello un eccezione.

Aveva un valore intriseco come oggetto, si tratta di tessuti preziosi e realizzati con
tecniche che necessitavano tecnologia ben sviluppate e una manualità molto
evidente. Poi non si potevano improvvisare, gli arazzi hanno bisogno di una struttura
per cui ci sono dei centri che li producono come Bruxelles, o i Medici a Firenze che
fondarono una arazzeria. Pochi se li potevano permettere , doveva coprire queste
pareti che non potevano essere lasciate nude.

Studia questi arazzi dandogli la sua versione, per la cappella Sistina avevano avuto
un’idea che solo la corte papale poteva produrre. Commissiona il papa a Ra aello
una serie di cartoni che poi sarebbero stati tradotti in arazzo con storie dei vangeli e
di san Pietro per quel registro.

CARTONE PER LA PESCA MIRACOLOSA


Spesso quadrettati per fare in modo che si
potessero selezionare.

Datato 1515. Sono dei dipinti che non dovevano


essere dipinti ma poi trasformati ad arazzi, lui
poteva confrontarsi.

Riesce ad organizzare una bottega.

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PREDICA DI SAN PAOLO
Lo spazio si è complicato tantissimo.
Architetture che erano prospetticamente
funzionati e anche che creavano spazi ben
mappabili, qui invece ci troviamo davanti
un’organizzazione spaziale divisa con
un’architettura, complesso il rapporto tra
un’architettura e un’altra. Scala dove sta
predicando San Paolo, la loggia, vediamo
un edi cio a pianta centrale. Tutto questo ci
crea uno spazio non più facilmente libero.

Gli spazi diventeranno sempre più


complicati.

MARCANTONIO RAIMONDI da
Ra aello
Datato 1514-20. Incisione da parnaso,
realizzata da un’incisore amico di
Ra aello. Questo gli permetterà di
divulgare la sua maniera, il suo stile, ciò
che lui realizza. Si tratta di un’incisione
realizzata con una matrice di rame,
incisa, sulla quale poi viene applicato
l’inchiostro e poi sulla carta lascia
un’impronta.

Qualcosa di innovativo questa


riproducibilità, poi però si arriva alla
stampa di immagini sempre più so sticata, Ra aello si cimenta con l’idea di farsi
riprodurre. La cappella Raimondi ha un catalogo vastissimo di opere che
provenivano da Ra aello, anche dal punto di vista tipologico era molto varia e lo
vediamo bene assieme all’incisione che veda cambiata la composizione in un
formato che si conclude con un pro lo adatto, non è rettangolare quindi vediamo
che questi alberi si allungano mostrando l’intera chioma, quindi non riproduce
semplicemente senza uno spirito critico quello che ha fatto Ra aello, ma si cimenta
con l’opera stessa.

INCENDIO DI BORGO
Datata 1514. Moltiplicazione e in qualche
modo una ricerca delle complessità della
architetture, ci danno uno squarcio
urbano. Piccola piazza con delle rovine, e
si apre su uno spazio più ampio, insieme
ad una scalinata. Non si comprende dove
appoggiano queste architetture, sono
molto complesse (forte ossessione per le
scale).

Vediamo quanto lui non si fermi mai e


come aveva elaborato negli anni
precedenti.

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TRASFIGURAZIONE

Datata 1518-1520. Ultima opera che realizzò prima di


morire, venne infatti esposta. Evoluzione stilistica con
una velocità senza precedenti, se lo paragoniamo alla
staticità di Perugino e lui sembra quasi voler rispondere
a questo.

Opera commissionata in competizione con la


resurrezione di Lazzaro di Sebastiano del Piombo.
Lui è un personaggio intrigante, pittore veneto
(Sebastiano Luciani). Viene a Roma al seguito di
Agostino Chigi e si lega a Michelangelo, così in qualche
modo diventa la longa manus pittorica di Michelangelo
che invece vuole dedicarsi sempre più esclusivamente
alla scultura. Commissione di opere a gara.

Composizione divisa su due registri, quello inferiore è dedicato alla dimensione più
terrena che gli permette di assistere al miracolo, queste gure sono studiate dalla
gestualità retorica e questi gesti torneranno e li vedremo per generazioni successive
invece Sebastiani del Piombo con questa composizione molto simile, si tratta di
gure molto vicine tra loro, sono simili ad un sarcofago antico.

Michelangelo gli realizza dei disegni, che poi lui traduce queste idee in un dipinto.
Provenienza veneta, colori accesi (visti da Giorgione). Figura di Lazzaro che risorge
come scultura, non la realizza lui ma qualcuno che lo conosce.

SEBASTIANO DEL PIOMBO - PIETÀ


Datato 1516. Si tratta di una Madonna vaticana che ha
deposto il Cristo, una variazione su quel tema che emerge
da quelle osservazioni di Michelangelo e l’aver discusso
con lui. Madonna molto mascolina, braccio e corpo molto
possenti. Con la sua sensibilità del colore più veneto, un
colore che si squarcia con queste luci abbaglianti. Legato
alle sacre scritture, notte che cala ed è molto densa.

MICHELANGELO - SAN LORENZO SAGRESTIA


NUOVA
La Sagrestia nuova della Basilica di san Lorenzo si
trova in posizione speculare rispetto alla vecchia,
ovvero in concomitanza del transetto destro. Fu
pensata da papa Leone X per ospitare le spoglie del
padre Lorenzo il Magni co e dello zio Giuliano,
insieme al fratello Giuliano duca di Nemours e al
nipote Lorenzo duca di Urbino, ma venne
e ettivamente iniziata solo nel 1520 per volontà di

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Clemente VII. Michelangelo si dedicò alla sua realizzazione no al 1534, anno del
suo de nitivo trasferimento a Roma. Adottò il modello brunelleschiano della
Sagrestia vecchia costruendo un ambiente cubico sormontato da una cupola
emisferica e impiegando sempre la pietra serena a sottolineare gli elementi
architettonici. Inserì però due monumenti funebri sormontati da gruppi scultorei
animando lo spazio con una nuova concezione plastica.

Sulle pareti laterali si trovano dunque i


monumenti sepolcrali di Giuliano duca di
Nemours (a destra) e di Lorenzo duca di
Urbino (a sinistra), morti in giovane età e
ra gurati nel ore degli anni. Ai loro piedi
giacciono quattro gure allegoriche,
rispettivamente il Giorno e la Notte, l’Aurora
e il Crepuscolo, gure del tempus fugit, che
accompagnano le simbologie della vita
attiva riconoscibile nella ra gurazione di
Giuliano e quella ri essiva, richiamata dalla
rappresentazione di Lorenzo. Lorenzo il
Magni co non ebbe in ne una sepoltura
d’importanza pari alla sua gura, ed è qui
sepolto in un semplice basamento marmoreo
collocato sotto la statua della Vergine, insieme al fratello Giuliano ucciso durante la
congiura dei Pazzi nel 1478.

RAFFELLO - RITRATTO DI BALDASSARRE DA CASTIGLIONE


Il Ritratto di Baldassarre Castiglione è un dipinto a olio su tela di Ra aello Sanzio,
realizzato tra il 1514 e il 1515 e fa parte della collezione di pitture italiane del Museo
del Louvre di Parigi.

Su uno sfondo scuro uniforme Baldassarre
Castiglione è ritratto a mezza gura, di tre
quarti con il volto rivolto verso sinistra allo
spettatore. Ricco è l'abbigliamento, con
una giacca nera sulla camicia bianca,
maniche di pelliccia e un vistoso cappello
scuro, con tagli alla moda.

Baldassarre Castiglione era un umanista,
letterato, diplomatico e militare italiano, al
servizio dello Stato della Chiesa, del
Marchesato di Mantova e del Ducato di
Urbino. 

La sua gura incarna quell'ideale di
perfezione estetica e spirituale della
cortigianeria espressa nel suo celebre trattato che esprime una eccezionale a nità
spirituale e comunanza d'ideali tra il soggetto ritratto e il pittore urbinate.

Ra aello Sanzio e Castiglione erano amici e la testimonianza della stima tra i due è
anche raccontata in un passo del Cortegiano il trattato scritto da Castiglione in
forma di dialogo in quattro libri in cui descrive usi e costumi ideali del perfetto
cortigiano.

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AUTORITRATTO DI RAFFAELLO CON UN
AMICO

L'Autoritratto con un amico è un olio su tela di


Ra aello Sanzio, realizzato tra il 1518 e il 1520, fa
parte delle collezioni del Museo del Louvre a
Parigi. 

Su uno sfondo scuro uniforme, Ra aello, che pur
con la barba somiglia all'autoritratto degli U zi,
guarda lo spettatore presentando il personaggio
davanti a lui, che si volge all'indietro. Non si
conosce l'identità dell'altro individuo ritratto nel
dipinto in primo piano, secondo alcuni potrebbe
essere il suo maestro di scherma, perché appoggia
la mano sull'elsa di una spada o forse invece un suo allievo. La composizione
dell'opera mostra i due protagonisti a mezza gura con la luce proveniente da
sinistra e un gioco di sguardi e gesti che rivela una familiarità tra i due personaggi
ritratti.

SEBASTIANO DEL PIOMBO - RITRATTO DI


CLEMENTE VII

L’opera si data tra il 1523, anno della salita al soglio


ponti cio, e il 1527 del sacco di Roma. Grazie ad
una lettera tra Leonardo del Sellaio e Michelangelo
dove si parla di un ritratto di mano di Sebastiano
terminato in giugno, si propone come datazione il
1526. Il dipinto è un ritratto di papa Clemente VII,
esponente della famiglia Medici (Giulio de’ Medici,
glio di Giuliano).

Il papa siede su di una savonarola di cui si intravede


solo uno dei due braccioli, con il corpo leggermente
ruotato in senso opposto a quello della testa.
Sebastiano lo rappresenta in un atteggiamento di
sprezzante distacco con lo sguardo rivolto altrove e
il volto immobile, allo scopo di mettere ben in risalto
la sua nobile maestà. Il punto di vista è ribassato e
questa scelta aumenta drasticamente il senso di
monumentale incombenza del personaggio.

Tutto il dipinto gioca sui contrasti tonali tipici della


pittura veneta: il verde del fondo, il rosso sangue e il bianco della veste papale.

Nonostante lo sguardo indi erente il ritratto di Clemente VII mantiene il contatto con
lo spettatore che inevitabilmente si sente intimidito dalla visione della nobiltà del
papa.

Nella mano destra, l’unica che ci è permesso di vedere data la particolare


inquadratura, Clemente VII stringe un foglio di carta, forse una lettera: la sua
espressione insieme a questo dettaglio destano curiosità nell’osservatore che
vorrebbe poter conoscere i pensieri del papa Medici, il quale, cupo, sembra
presagire il terribile destino che di lì a poco avrebbe colpito Roma.

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MICHELANGELO - CAPPELLA PAOLINA
La cappella dei Santi Pietro e Paolo, più conosciuta
con il nome di cappella Paolina, derivato da papa
Paolo III, che la fece progettare, costruire e a rescare,
è una cappella del Palazzo Apostolico nella Città del
Vaticano. Aveva funzioni di cappella palatina, cioè
piccola in contrapposizione alla cappella "magna",
cioè la Cappella Sistina.

In un periodo caratterizzato dal costante pensiero


della morte Michelangelo eseguì la sua ultima opera
pittorica, l'a resco della cappella Paolina. I due dipinti
di grande formato realizzati dal 1542 e 1550 hanno per
tema la conversione di Saulo e la croci ssione di San Pietro. La scelta dei soggetti
rimandava duplicemente alla gura del committente, Papa Paolo III: il nome del
Papa era simbolo della sua devozione verso San Paolo, mentre il suo ruolo di
ponte ce massimo rimandava a San Pietro. L'a resco della conversione di Saulo
stabiliva quindi un parallelismo tra l'elezione del Papa ad opera del conclave e la
chiamata di Saulo, avvenuta per l'intervento diretto di Cristo. A ciò si
contrapponeva, con la croci ssione di San Pietro, l'immagine del martirio come
conseguenza radicale della vita apostolica al servizio di Gesù. Realizzato per primo,
l'a resco della parete sinistra rispetto all'ingresso della cappella è ispirato alla storia
della conversione di Saulo narrata negli Atti degli apostoli. Michelangelo ambienta la
scena della folgorazione di Saulo in un paesaggio collinare; oltre la linea
dell'orizzonte, presso il margine destro del dipinto, si riconosce il pro lo sfumato
della città di Damasco.

A VENEZIA

Nel 500, Venezia divenne un importante centro geopolitico che permise di divenire
un punto di riferimento commerciale per i mercanti d’Europa. Questo aveva
innescato un mecenatismo di grandissima elevazione perché Venezia doveva
emergere come un centro al pari delle sue ricchezze, i membri della nobiltà erano
disposti a spendere moltissimo e ad apparire.

Gli artisti veneziani raggiunsero il suo massimo splendore con Giorgione, ovvero un
pittore estremamente attivo. Ebbe una carriera breve perché morì precocemente a
causa della peste.

Dalle fonti sappiamo che fu un artista estremamente in uente e fu colui che permise
a Tiziano di emergere come un grande astro della pittura
cinquecentesca.

I veneziani hanno delle peculiarità nella tipologia di dipinti,


sono a tavola o su tela, ma questo dipendeva da una
questione climatica. L’ambiente era molto umido e la vita
delle opere era una preoccupazione molto viva nella mente
degli artisti e del loro pubblico.

GIOROGIONE

NUDO FEMMINILE

La Nuda è un a resco staccato, databile al 1508 circa e


conservato presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Proviene dalla facciata del Fondaco dei Tedeschi.

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Sotto una nta nicchia si trova una gura femminile nuda, coi capelli raccolti,
sicuramente un soggetto simbolico di cui però oggi non si conosce il signi cato,
anche per la perdita delle parti dipinte con gli eventuali attributi.

Nonostante il pessimo stato conservativo si può ancora apprezzare nella gura lo


studio sulla proporzione ideale, un tema allora molto in voga, ispirato alla statuaria
classica e trattato in pittura in quegli stessi anni anche da Durer. Inoltre è ancora
percepibile la vivacità cromatica, che dava alla gura quel tepore delle carni come
se fossero vive, caratteristica dello stile di
Giorgione.

LA TEMPESTA

La Tempesta di Giorgione è fonte di numerose


ipotesi interpretative. Infatti la celebre opera è
solo apparentemente un paesaggio con gure. Il
suo signi cato nascosto è ancora oggetto di
discussione ma rimane inalterato il fascino
ambiguo e sottilmente inquietante.

Datata 1506-1508, tempera e olio su tela. Ad


oggi collocata a Venezia, nelle Gallerie
dell’Accademia.

È riprodotto un paesaggio campestre. Al suo


interno vi sono dipinte alcune rovine classiche a
sinistra. Si notano infatti un muro parzialmente
eretto e un basamento sul quale si innalzano due
tronchi di colonna. In primo piano sono dipinte
tre gure. A sinistra un uomo in piedi si appoggia ad un bastone esile e lungo. È
abbigliato con vesti rinascimentali. Indossa dei calzoni corti, una camicia bianca e
un gilet rosso. A destra invece si trova una donna seminuda seduta su di un prato
che allatta il glio. Al centro è rappresentato un ume attraversato da un piccolo
ponte. Sull’orizzonte si trova una città. Il cielo è cupo, denso di nubi e un lampo
illumina la zona sopra le case. La scena è incorniciata da grandi alberi e cespugli
che creano delle quinte naturali a destra e a sinistra.

GIOVANNI BELLINI - INCORONAZIONE DELLA


VERGINE (Pala Pesaro)
Bellini era il membro di una famiglia di pittori ( ne 400 e
inizio del 500). Ebbero un grande successo
commerciale, ricevettero commissioni importanti e
riuscirono a legarsi ai committenti.

Viene mandato ad Instambul per ritrarre Maometto II,


gesto di alta diplomazia, quindi questi artisti non
ricevono solo commissioni importanti ma riescono in
queste imprese di grandissima levatura. Riescono
anche a mettere in contatto Venezia con tutti gli altri
centri della dorsale adriatica. Venezia avrà per la
maggior parte del 400, un rapporto privilegiato con i
centri che scendono la penisola italiana e si a acciano
sull’adriatico, per vacanza e prossimità geogra ca.

Datata1474-1476. Sono gli anni in cui Piero della

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Francesca sta lavorano ad Urbino per opere di committenza importante. Lo
vediamo qui essere padrone della prospettiva però allo stesso tempo pensare, ci
mette molto del suo perché la prospettiva dei dipinti centro italiani esauriva e mette
una sorta di cornice del quadro. Vergine come regina dei cieli, incornicia anche un
paesaggio, c’è una soluzione importantissima e ci getta subito verso un approccio
alla pittura molto più legata al paesaggio e al rapporto con la natura, legato alla
sensorialità che alla razionalità astratta del pavimento.

Madonna con bambino e santi (Pala di San Giobbe), sta


guardando cosa avveniva in Italia centrale. Ritorno della
volta a botte cassettonata, rimando a Piero della Francesca,
l’uovo che pende è sostituito da una sorta di copertura per il
trono. I baldacchino avevano una parte costituita dal trono e
aveva una sorta di copertura chiamata il cielo, e che in
qualche modo delimitava lo spazio del sovrano, questo
funzionava sia per i sovrani che per le ra gurazioni sacre.
Messo in rapporto con l’architettura esterna, c’è
un’architettura nta tagliata e la stessa cosa la vediamo
comparire in entrambi i casi. Il nostro sguardo è all’altezza
della Vergine e dei Santi, punto di vista alto che ci permette
di vedere persino il pavimento, ma Bellini adotta un punto di
vista diverso ed ottiene una maggiore monumentalizzazione
delle gure, noi siamo abbassati rispetto al dipinto per cui
vediamo queste gure più vicine rispetto a noi.

SACRA CONVERSAZIONE

Abbiamo questa serie di marmi policromi la cui struttura


architettonica continua virtualmente nel dipinto di Bellini, un
dipinto in cui di nuovo inserisce l’esperimento del centro
dell’arco e che in qualche modo ci da l’idea, la misura
prospettica spaziale dell’abside qui dietro alla nicchia. Parte
integrante dell’opera, qualcosa che permette di leggere
l’opera nella sua completezza è chiaramente si capisce che
il pittore, gli architetti e gli scultori devono lavorare
strettamente a contatto.

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TRASFIGURAZIONE

Bellini era imparentato con Mantegna e si


guardano a vicenda i lavori.

Notiamo il modo in cui lui rende i prati, il


paesaggio in cui è immenso questo dipinto
quando è diverso rispetto ai paesaggi centro
Italiani e invece qui vediamo questo colore,
questi verdi. Vediamo tante intonazioni tendenti
al giallo, tutta una ri essione su come la luce
cambia la nostra percezione del colore, molto
diverso rispetto a quello che stava iniziando a
concepire Leonardo da Vinci in questi anni.

Datata 1480-1485.

Queste opere vengono prese, tagliate e fatti diventare quadri e diventano oggetti
della collezione, sono anni in cui a Venezia tutto questo diventa ancora più forte.
Fatte da un collezionista. A meno che non troviamo un contratto noi capiamo
di cilmente cosa rappresenta questo dipinto, ma ci rendiamo conto che sia un
oggetto che esisteva per la sua valenza estetica, non è un oggetto devozione le e
nemmeno qualcosa paragonabile al 1509-10, con Giorgione le date sono sempre
ballerine. Diventano oggetti da collezione e a Venezia hanno una storia lunga e
molto orente per cui vediamo già con Tiziano che termina questo dipinto.

TIZIANO E GIORGIONE - VENERE DI


DRESDA
L’opera, commissionata da Gerolamo
Marcello in occasione delle proprie nozze
(celebrate nel 1507), presenta la dea
sdraiata su un prato, all’ombra di un
grande cespuglio, sopra una coltre di
morbide sto e di seta.

La dea si gode il calore del pomeriggio


estivo, abbandonandosi al silenzio di una
radiosa giornata in campagna; il paesello
sullo sfondo appare deserto e certamente
nessuno turberà il suo riposo.

Era, questa, una novità iconogra ca molto


importante. Il soggetto evoca, con la sua posa, il tema antico della Venere pudica;
associando il tema del paesaggio al nudo classico; tuttavia, Giorgione propose
un’invenzione artistica semplice, dolce e
castamente sensuale, creando un’immagine
destinata ad avere uno straordinario successo.

Si tratta di un’opera pittorica fondamentale per la


sua originalità: neanche le opere famose
dell’antichità avevano infatti presentato una dea
così intensamente femminile, sdraiata con tanta
sensuale naturalezza, quasi inconsapevole della
propria nudità.

Il paesaggio abbandona il suo ruolo tradizionale di

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sfondo per assumere un signi cato nuovo, di importanza pari a quella che
possiamo attribuire alla scena in primo piano. Questo paesaggio costituisce prima
di tutto un ideale poetico: rappresenta, infatti, la natura amica, con la quale l’uomo
può vivere sereno e in assoluta armonia.

La Venere di Dresda non era stata ancora ultimata alla morte dell’artista; così, due
anni dopo, fu richiesto l’intervento di Tiziano, amico e collaboratore di Giorgione, il
quale avrebbe agito sul paesino dello sfondo e avrebbe aggiunto un Cupido, poi
cancellato in un secondo tempo. Alcuni storici propendono ad attribuire a Tiziano
anche il setoso lenzuolo bianco su cui è sdraiata la dea e il vellutato cuscino rosso
su cui appoggia la testa.

TIZIANO - VENERE DI URBINO


Infatti Tiziano stesso quando lavora da solo
maturo, realizza la Venere di Urbino.

Commissionatagli nel 1538 da Guidubaldo II


della Rovere, duca di Urbino. Questi, per
ragioni politiche, aveva sposato, quattro anni
prima, Giulia Varano da Camerino, all’epoca
di appena dieci anni.

L’antico serve per nobilitare e dare


giusti cazione di un’opera che poteva essere
potenzialmente di cile da guardare.

Si tratta di una donna che conoscevano, una


cortigiana, che viene ritratta completamente
nuda con un cagnolino sui piedi che è
simbolo di fedeltà, in un ambiente so sticato. Non si è ancora vestita, è in questo
letto nel quale vengono cosparse foglie e petali, donna adulta e una bambina che
cercano nei cassoni delle vesti che lei indosserà, come se fosse un risveglio.

C’è la presenta come Venere, ma serve per giusti care il nudo femminile e ci
troviamo di fronte ad un ritratto. Giochi di sguardi,
Tiziano ci ri ette tantissimo infatti lei ci guarda
direttamente e se fosse stata solo Venere, la dea
della natività, di cilmente ci avrebbe guardato così
diretta.

Status tra divinità e persona reale. Lui gioca molto su


questi colori, si sta sempre più sviluppando nella
tecnica che non è mai separata dallo stile, non si
ottengono situazioni formali senza scelte tecniche,
qui guardiamo quanto questa idea di colore si stia
evolvendo e il suo intento è quello di farci vedere le
pennellate. Lontani dalla pittura centro italiana che
cercava di nascondere il gesto dell’artista, la
pennellata.

Qui iniziamo a vederlo sempre più preponderante


anche quest’idea di un modo di lavorare diverso forme che iniziano a sfaldarsi e a
esistere in quanto evidenze cromatiche a prescindere dal loro rigore disegnativo.

Questi arazzi sulla parete diventano di cili da leggere ma sono reali.

Tutto questo diventa una sorta di genere.

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JACOPO DI PALMA IL VECCHIO - VENERE
Ci propone un altro ritratto di donna come Venere
in un paesaggio, mentre Tiziano che lavorerà 20
anni dopo lui cambierà tutto.

Sono gli anni in cui gli artisti a Venezia stanno


cercando di trovare una strada per esplorare
questo paesaggio e si con gura come una sorta
di tratto distintivo di questo tipo di cultura Veneta.

TIZIANO - CONCERTO
Nato da una famiglia agiata, tra il 1488 e il 1490,
a Pieve di Cadore (oggi in provincia di Belluno),
Tiziano Vecellio è stato il più grande artista
veneziano del Rinascimento oltre che uno dei più
celebrati pittori di tutti i tempi. La sua importanza
è confrontabile soltanto a quella di Leonardo,
Michelangelo e Ra aello. Nonostante la relativa
ricchezza di informazioni sulla sua persona, è
sconosciuta la sua data di nascita. Giunto a
Venezia giovanissimo, Tiziano iniziò la sua
formazione presso la bottega di Giovanni Bellini.

Nel 1508 divenne collaboratore di Giorgione, più


anziano di una decina d’anni. Giorgione non fu
l’unico artista di riferimento per Tiziano. Senza dubbio, però, lo stile del giovane
Tiziano fu non poco debitore di quello dell’amico Giorgione e non a caso la critica
ha trovato di coltà ad attribuire alcune opere all’uno o all’altro. Le prime opere di
Tiziano, infatti, sono tutte tese alla sperimentazione della pittura tonale
giorgionesca.

Il Concerto campestre appartenne prima ai Gonzaga, poi, nel XVII secolo, a re Carlo
I di Inghilterra e in ne a Luigi XIV re di Francia. Per questo, oggi si trova al Louvre.
L’opera è stata attribuita sia a Giorgione sia a Tiziano sia a entrambi gli artisti. A
lungo si è pensato che il quadro fosse stato iniziato da Giorgione, cui erano
sicuramente assai congeniali i temi a rontati (la musica, l’ozio pastorale, la
convivenza di visibile e invisibile), per essere poi completato da Tiziano intorno al
1510. Oggi, sulla scorta di considerazioni di ordine formale, l’orientamento è di
attribuirlo al solo Tiziano. Questi, infatti, aveva raccolto in eredità il ricco allegorismo
giorgionesco, aggiornandolo con una cultura molto più ricca e multiforme; inoltre,
riprese la sua fusione coloristica, sviluppandone e accentuandone la morbidezza.

La scena rappresenta un gruppo di personaggi intenti a suonare all’aria aperta,


seduti su un prato ricco di erbe. Un elegante giovane cittadino suona un liuto,
accompagnato da una Musa nuda con il auto, ma è interrotto da un rustico
paesano che gli rivolge la parola, mentre a sinistra una seconda gura femminile
versa dell’acqua in un vascone di pietra. Queste donne sono ovviamente delle gure
ideali, non esistenti, frutto della fantasia o dell’ispirazione dei due uomini. Anche la
loro nudità è solo l’espressione di una condizione divina. Sullo sfondo di una natura
rigogliosa, ricca di alberi frondosi, un pastore pascola il suo gregge.

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In questo periodo i paesaggio sono più lussureggianti con questi verdi che vengono
esplorati dagli artisti e le luci sugli edi ci, qui si ricorda di Giorgione e vediamo
quanto si sta avvicinando a quel tipo di approccio.

Gli artisti stessi iniziano a contrapporsi con due linguaggi che li associano a delle
speci che tradizioni però c’è tantissimo dialogo.

GIORGIONE - FANCIULLO CON LA FRECCIA


Datato 1506. Non sappiamo se è un cupido con la
freccia, ma è un fanciullo. Ci mostra come Giorgione
avesse visto Leonardo nel periodo Milanese.

Vediamo quanto Giorgione con il volto e i capelli stia


studiando il lavoro di Da Vinci, studierà i contorni che
si curvano e si formano con lo sfumato. Di erenza
chiaramente sostanziale tra l’usare la linea per usare
una forma e per modellarla attraverso dei passeggio
formali, qui vediamo chiaramente che suona come la
prontezza di Giorgione nell’a rontare i lavorati dei
orentini.

Tutto questo lo porta ad essere in grado a costruire tutte queste forme senza essere
imbrigliato. Lui riesce a dare uno spessore e una materialità al tessuto che emerge
dalla qualità del colore, se ci pensiamo qui è il momento in cui la pittura ad olio
danno corpo alla pellicola pittorica segnando ormai la distanza più lontana possibile
dalla pittura quattrocentesca che rendeva possibile la di erenziazione tra le materie.

RAFFAELLO - MADONNA DI FOLIGNO


Datato 1511. Collocata all’interno della Pinacoteca
Vaticana. Vediamo un paesaggio dove lui non ci mette
il fulmine, ci mette l’arcobaleno ma comunque
qualcosa che ha a che fare, che nomini, per ordini
luministici questo paesaggio e queste architetture che
interagiscono con la luce di un momento, una luce di
passaggio. Qualcosa di repentino come il fulmine,
voleva rispondere al lavorato di Giorgione.

Qui c’è un dialogo ben evidente e anche messo in un


luogo della composizione che è centrale, esattamente
al centro sotto la Madonna, non c’è via di scampo e
Ra aello ci obbliga a fermarsi lì.

TIZIANO - MIRACOLO DEL MARITO GELOSO


Datato 1511.

La scena è ambientata all’aperto su un terreno incolto, dominato da una rupe


rocciosa dall’aspetto minaccioso in parte ricoperta da una vegetazione di un colore
verde scuro con sterpi agitati da una bufera simile a quella che turbina nel petto del

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marito geloso; il tutto sotto un cielo coperto da nubi
scure attraverso le quali un piccolo sole cerca a fatica di
fare capolino.
In primo piano si vede il cavaliere – il marito, rivestito di
un elegante abito a scacchi bianchi e rossi (i colori della
città di Padova), accecato dall’idea di essere stato
tradito dalla moglie, proteso in avanti con il braccio
destro alzato mentre brandisce un pugnale che già ha
squarciato il petto della moglie, dal quale zampilla un
otto di rosso sangue sul corsetto, che lascia intravedere
le forme muliebri.
La donna è trattenuta a terra con forza brutale dal marito
che le a erra i capelli con la mano sinistra. La moglie,
rivestita di un’ampia gonna di un intenso colore giallo (il
colore della gelosia), si contorce a terra e con il braccio
cerca di schivare gli ulteriori colpi del marito, così
concitato che un ciu o di capelli gli scende quasi davanti
all’occhio su un volto barbuto dai pro li appuntiti.
Tutto si svolge con rapidità. I due corpi sono coordinati fra loro; ma la violenza, la
subitaneità del fatto sono espressi dal divergere delle relative posizioni (la disperata
contorsione della moglie e l’inesorabile determinazione dell’uomo nel bilanciarsi su
una gamba spingendosi avanti con l’altra) e dai contrasti cromatici (l’ampio
panneggio giallo della gonna e la bianca camicia insanguinata di lei; la veste a
scacchi bianchi e rossi del marito). Dall’a resco emerge l’azione, non lap
meditazione.
In secondo piano, molto in piccolo, si vede il miracolo: il marito geloso
inginocchiato innanzi al Santo oramai pentito della propria violenza mentre la moglie
torna sana per intercessione del Santo. 

Venezia inizia una sua storia tipologica in base alle sue decorazioni, gli interni non
sono mai realizzati ad a resco giocando sull’idea del clima ma anche pensando a
quanto l’a resco avrebbe impedito ai pittori di realizzare queste luminosità e queste
rese materiche.

AMOR SACRO E AMOR PROFANO

Datato 1514. Dipinto commissionato in


occasione delle nozze, celebrate nel
maggio del 1514, del nobile veneziano
Niccolò Aurelio (il cui stemma compare
sulla fontana/sarcofago decorata a
bassorilievo).

L’opera viene interpretata come un’allegria


dell’amore coniugale alla luce della teoria dei tre gradi dell’amore. Simboleggia
l’amore carnale con i suoi e etti nefasti (rappresentato sul sarcofago dal cavallo,
simbolo delle passioni e da due uomini che combattono), l’amore umano, ovvero
l’esperienza della ore come contemplazione della bellezza (rappresentato nella
gura della venere terrena ovvero la donna con l’abito bianco), e l’amore divino
portato da Dio (identi cato con la Venere celeste, la gura nuda che innalza una
lucerna verso il cielo).

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Cupido con la mano immersa all’interno della fontana sembra smuovere alcuna per
agitare le due forme dell’amore, ovvero quello umano e quello divino.

La luce viene resa più tenue sulla gura vestita al


contrario della gura nuda che va a rappresentare la
diversa intensità dell’esperienza amorosa.

ASSUNTA

Datato 1518. Si tratta di una delle opere più importanti di


Venezia e fa riferimento ai pittori della terza maniera.
Realizzata per la chiesa di Santa Maria dei Frari a
Venezia, per l’altare.

La Vergine pronta per la sua morte eleva le braccia per


salire in cielo, notiamo lo stupore degli apostoli che la
circondano a quella scena. Nella luce dorata del paradiso
vediamo Dio accoglierla.

Pur essendo articolata in tre registri la composizione


risulta unitaria grazie alla funzione uni cante svolta dal
colore, il rosso per Maria e Dio Padre, che collega coloro
che sono sulla terra e coloro che sono sulla dimensione
celeste.

Tiziano qui può rendere il giallo luminoso come l’oro,


quindi risolve tutto con il colore.

PALA PESARO

Datato 1526. Realizzata per la chiesa di Santa Maria dei


Frari e commissionata dalla famiglia Pesaro.

Vediamo quanto lui inizi a ri ettere, un momento dove la


visione interna inizia a complicarsi, tutta organizzata da
un’architettura che crea un modo ascensionale verso la
donna con il bambino dall’altra parte una composizione
che si sviluppa in diagonale. Invece Tiziano inizia a
ruotare sul proprio asse quella composizione per
mostrarci qualcosa che crea una narrazione ovvia, per i
committenti che sono in adorazione.

Il velo della Madonna che è tutta una variazione sul


tema del bianco, si vedono le pennellate se lo vediamo
dal vicino e si capisce come lui crei i contrasti tra luce e
ombra, anche come padroneggia il pennello.

BACCANALE DEGLI ANDRII


Datato 1525. Presto viene ingaggiato da committenti
anche fuori da Venezia diventando il pittore di Carlo V, ci sono diversi suoi ritratta da
parte di Tiziano.

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Baccanale per Alfonso I d’Este a Ferrara, qui ci
sono scene che parlano dell’antichità di cui si
circondava.

Rappresenta l’arrivo di Bacco nell’isola di


Andrea dove lo attendono gli abitanti ebbri di
vino.

Una gura di una Venere, citazione evidente


dalle opere precedenti. Lui si cimenta molto
con la classicità anche perché ad un certo
punto deve nire altre opere e in seguito alla
morte di Ra ello subentra Tiziano per le sue
opere. Diventa anche il modo per confrontarsi
con quella che era l’antichita e il classico.

BACCO E ARIANNA
Datato 1520-1523. Rappresenta l’incontro e
l’innamoramento di Bacco e Arianna sull’isola di Nasso
dove la fanciulla venne abbandonata da Teseo.

POLITTICO AVEROLDI
Datato 1519-1522. L’opera serve per esaltare i principi
fondamentali della dottrina cattolica, il concepimento di
Maria e la divinità di Cristo dove l’angelo annunciante e
la Vergine vengono collocati nei due riquadri superiori,
poi troviamo dei contenuti della passione e della
resurrezione nella tavola centrale, posizionati secondo
una visione trionfante della fede e l’invito a combattere e
a sopportare so erenze il nome di essa con i santi
martiri Nazaro e Celso a sinistra, con il committente, e il
martire San Sebastiano e San Rocco a destra.

Nonostante la suddivisione in scomparti la


composizione è omogenea perché uni cata dalla luce e
dai toni, la separazione dei personaggi ne esalta anzi la
verità sica come si vede soprattutto dalla gura nuda ed eroica del Cristo risorto, la
cui iconogra a non segue gli schemi tradizionali, più che scendere in cielo sembra
calare dal cielo scuro come un fenomeno celeste inoltre manca il sepolcro e le
guardie non sono addormentate. Tiziano rinuncia al morbido cromatismo Veneto in

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favore di un accentuato chiaroscuro e di un’immensa drammaticità di matrice
michelangiolesca.

MADONNA CON IL BAMBINO, IL


BATTISTA E UN DONATORE
Datato 1514. Si tratta di una madonna con
bambino, commissionata da un donatore
che invece che posizionarla sopra un
altare la inserisce in un paesaggio. Dipinto
che ci porta a pensare al futuro.

JACOPO PALMA IL VECCHIO - SACRA


CONVERSAZIONE

Datato 1517. Vediamo il modo divulghi e si


inserisca esattamente in questo tipo di
tradizione per il quale queste sacre
conversazioni dove Madonne e Sante
avvengano in questi contesti paesaggistici.
Ha dei risvolti nel posizionare Venezia e la
cultura di questa area della pittura italiana
anche nel contesto europeo.

ALBERCHT DURER - LA FESTA DEL ROSARIO

Datato 1506. Ri ette sul colore veneto e vediamo


dei verdi molto intensi nel baldacchino, si tratta di
un colore che suggerisce questa materialità nel
velluto e molto tipico nella tradizione veneziana.

LORENZO LOTTO - POLITTICO DI RECANATI

Datato 1508. Pittore veneto che cerca sempre di


esplorare strade non esattamente battute, è stato
de nito un eccentrico giocando anche sul signi cato
della parola, lui viaggia e opera in centri artistici che
non sono quelli più in vista (come Venezia o Roma),
viaggia in area scendendo sulla costa adriatica, si
ferma a Recanati.

Con questa Madonna con il bambino e Santi, non


abbiamo la cornice ma la lèggiamo lo stesso in modo
frammentario. La volta a botte, le partizioni
architettoniche, ci mettono in una relazione diretta

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con ciò che avevamo visto con Bellini negli anni precedenti.

GIORGIONE - PALA DI CASTELFRANCO

Datata 1504-1505. Opera un cambiamento epocale


nella venezia del primo decennio del 500. Giorgione
sceglie di combinare tanto l’organizzazione
architettonica dello spazio quanto la veduta sul
paesaggio. È interessante quanto per ciò che
riguarda l’architettura, Bellini scegliesse un punto di
vista passato che serviva a monumentalizzare le
gure e le spingeva verso il primo piano.

Pavimento organizzato in modo prospetticamente


rigoroso, oltre a questo ci permette di traghettare
questo sguardo al di sopra del trono e di aprire il
nostro sguardo sul paesaggio

La Madonna in trono fra i santi Nicasio e Francesco.


Venne realizzata sotto committenza di Tuzio
Costanzo, un condottiero che voleva arricchire la
cappella della propria famiglia nel Duomo di
Castelfranco Veneto. La tavola presenta
un’interpretazione assolutamente nuova di un tema sfruttatissimo ovvero quello
della sacra conversazione con la Vergine in trono fra i santi.

La scena è ambientata su uno sfondo aperto da un ampio paesaggio. Si tratta di un


trono marmoreo con la sottostante predella in por do e anche un parapetto che
para la parte pavimentale della natura retrostante (non hanno alcuna caratteristica di
tipo architettonico), ma sembrano dei puri volumi geometrici. La campagna che si
stende all’orizzonte dalla quale possiamo intravedere una nebbia azzurrina, la torre
diroccata che si regge sulla collina di sinistra.

La pavimentazione presenta un sicuro punto di fuga alto che corrisponde al grembo


della Vergine, vestita con i colori delle tre virtù teologali: abito verde smeraldo,
mantello rosso sangue e velo bianco candido. La prospettiva che utilizza Giorgione
non è una prospettiva disegnata ma una prospettiva dipinta, suggerita attraverso i
colori, infatti riesce a costruire una scala di sfumature giustapposte alle altre che
restituiscono all’osservatore l’illusione di profondità spaziale.

I personaggi rappresentati sembrano ciascuno assorto da una propria meditazione,


modellati da masse di colore. Il bambino è rappresentato con grande realismo nel
modo in cui socchiude le palpebre per proteggersi dalla forte luce solare che inonda
la scena alle nostre spalle.

Il colore è importantissimo anche per Lorenzo Lotto. Gioca molto su colori che sono
cangianti, accostamenti di colore che non sono quelli di Giorgione o Giovanni
Bellini. Verdi che tendono ai gialli, aranci accostati al blu, un blu violaceo del manto
della Maddalena. Lui crea dei contrasti che andavano oltre quella che era la norma
della gamma cromatica a cui si identi cano i loro committenti, i rende chiaro perché
lui frequentasse centri artistici meno battuti dalla committenza più alta.

LORENZO LOTTO - DEPOSIZIONE


Datato 1512. Consapevolezza classica, quasi Ra aellesca, rimandi espliciti a quello
che aveva fatto Ra aello ma prende tutto con un tono retoricò ben diverso.

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Problema del trasporto del Cristo morto, le gure sono
molto più patetiche nel loro modo di esprimere le
espressioni, quanto è tutto molto più caricato e in
proporzione di queste anatomie, molto meno
classicheggianti. Sceglie di percorrere strade che sono in
contraddizione, in contrasto, con quello che era il
classicismo e la grazia di Ra aello.

Dolore più composto se viene confrontato con l’opera di


Ra aello. Idea di utilizzare un lenzuolo, dettagli fuori scala e
quindi chiaramente si capisce quale sia la serietà, la grazia
e la prospettiva da cui i due artisti ci mostrano la scena.

Lotto si pone problemi più intensi per ciò che riguarda


l’espressione dei sentimenti sui volti.

CORREGGIO - NATIVITÀ CON SANTA


ELISABETTA E SAN GIOVANNINO
Datata 1512. In uenzato dalla pittura veneta, ma
anche da Mantegna per come ra gura i suoi
panneggi (attaccati ai corpi, qualcosa che
caratterizza questa tipologia di pittura). Si imprime
nell’immaginazione.

Pittore che si evolve.

CAMERA DELLA BADESSA


Datata 1519. Volta coperta da a reschi dove la
pittura con scene monocrome, chiaramente
vuole pareggiare con la scultura antica
(variazione con tema delle tre grazie). Idea di
grazia che si connette a un’idea di tenerezza
sulla quale Correggio deriva il suo nome dal
luogo dove proveniva, grazia fanciullesca una
tematica sulla quale lui ri etterà. Pergolato come
una ri essione sulla Camera Degli Sposi, ma
anche su tutto quello che aveva iniziato a
progettare Ra aello con la Farnesina (architettura
con foglie erranti).

DIANA SUL SUO CARRO, quanto è presente


sulla mitologia e sull’antichità. Si tratta della dea
latina della caccia ed è un evidente riferimento alla sua committente, la badessa
Giovanna Piacenza.

Rappresenta la dea vestita da una semplice veste bianca mentre codice tra le
nuvole del cielo il proprio sontuoso carro, tirato da due cerve delle quali possiamo
vedere solo le zampe posteriori. Il personaggio, con i biondi capelli raccolti dietro la
nuca che scendono uenti sulle spalle e sulla faretra, porta un falcetto di luna
d’argento sulla testa, mentre con la mano destra indica la direzione verso la quale
vuole vuole dirigersi e con la sinistra tende in alto un mantello azzurro gon ato dal

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vento. La strana postura sottolinea la singolarità della visione come se la dea serena
e giocosa ci apparisse all’improvviso fra le nebbie di un sogno.

L’opera consiste nel dipingere sulla volta della sala un nto pergolato di legno
ricoperto da una tta vegetazione, nei quali si aprono sedici ovati da cui si
a acciano vari putti intenti ai loro giochi. Alla base di ciascuni dei sedici spicchi nei
quali il pergolato è diviso sono ra gurate, entro delle lunette concave, alcune gure
allegoriche tratte dalla mitologia classica. Dipinte in monocromia cioè con diverse
sfumature del medesimo colore.

VISIONE DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA A


PATMOS
Datato 1520-1521. Sono due opere diverse,
lavora su due cupole. Correggio ci porta in uno
spazio che non è quello nostro terreno, uno
spazio segnato dalla luce dorata e che
caratterizza molta della sua opera, una luce
dorata che allude al paradiso e che si articola in
questo ampliamento circolare che permette di
ascendere verso la gura centrale (qualcosa, la
struttura, che verrà sviluppato moltissimo. Un
secolo dopo dagli artisti del Barocco).

Al bordo inferiore della cupola a acciati su una densa corona di nubi sono disposti
gli apostoli in atteggiamento solenne intenti a dialogare tra loro. Da dietro di essi le
nuvole vanno gradualmente per diminuire di densità in uno squarcio di luce
sfolgorante coronato da una moltitudine di cherubini festanti. Su questo
luminosissimo sfondo si staglia la maestosa gura del Cristo dell’apocalisse la sua
presenza soprannaturale è percepita solo da San Giovanni Evangelista che dal
limite di imposta della cupola emerge a mezzobusto anche i ra gurati una
prospettiva molto ardita con le mani aperte verso il cielo e lo sguardo rapito dalla
divina visione. Correggio ci rappresenta Gesù come si immagina che lo stesso
Giovanni possa averlo visto, ovvero immerso nella luce e dalla veste agitata da un
vento invisibile.

ASSUNZIONE DELLA VERGINE


Datato 1526-1530. Esercizio più ampio,
composizione che sembra prescindere e legare la
struttura della cupola stessa, una cupola che ha un
suo andamento pittorico mentre qui viene legato
dalla presenza di queste nubi che si aprono sul cielo,
non c’è più l’architettura. Ri essione sugli spazi e
rapporto tra a resco e architettura.

DETTAGLI, vediamo la Madonna che ascende al


cielo e vediamo quanto diventa complessa la
composizione. Cercare la gura della Madonna
insieme ai santi e agli angeli che formano la massa.

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Il pittore dà vita a uno spazio prospettico di incredibile profondità collocando una
serie di ulteriori strati di nubi abitati da una moltitudine sterminata di santi, beati,
angeli e cherubini in atto di muoversi verso la sommità della cupola stessa. I
personaggi sembrano roteare nel cielo immaginario ideato dal Correggio e anche la
Vergine partecipa, con gli occhi le braccia levate in alto al soprannaturale volo che la
porterà al centro del dorato vortice di luce.

L’opera è ormai al di fuori di qualsiasi ispirazione classica e proprio questo fu forse il


motivo della fredda accoglienza che contemporanei le riservarono.

MATRIMONIO MISTICO DI SANTA CATERINA


CON SAN SEBASTIANO

Datato 1526-1527. Fa della ricerca estetica una


sua cifra stilistica molto ben riconoscibile. Volti
femminili sempre sereni, con sorrisi accennati e
questa luce dorata, molto so usa e memore di
Leonardo. Lui si trova in un luogo padano e ci
sono le conseguenze di tutto ciò che accadde a
Milano.

Volto del personaggio di destra, si tratta di una


ri essione su Leonardo per il rapporto tra luci e
ombre, ma anche per i tratti sionomici. I colori
cambiano verso una monocromia che tende ad
un blu, che non ci permette di distinguere cielo
e terra.

Prende una via diversa da quello che avevano


fatto gli artisti veneti.

ADORAZIONE DEI PASTORI (LA NOTTE)


Datata 1529-1530. Luce che diventa non solo un
elemento stilistico, ma sopratutto un elemento
narrativo con una sua carica semantica. Si tratta di
una luce divina.

Si trattano di scelte sulle quali due generazioni dopo


ri etterà Caravaggio.

È uno dei più noti notturni della storia dell’arte. La


scena si compone di due momenti tradizionale
natività e l’adorazione dei pastori, ambientato sullo
sfondo di un paesaggio crepuscolare. Il fulcro della
scena è il bambino che irradia una luce divina
abbagliante tanto da costringere la contadina che
o re il cesto con gli anatroccoli a ripararsi con il
braccio per l’intensità della luce. La Vergine, che guarda negli occhi il Bambino, è
l’unica in grado di contemplare la luce divina.

Tutto in quest’opera è innovativo, dalla composizione asimmetrica all’uso della luce


e del colore no alle pause e alle espressioni dei personaggi che limitano la scena in
un sentimento di partecipazione.

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EDUCAZIONE DI CUPIDO

Datata 1527-1528. Ci sono molto riferimenti a Leonardo. Modo in cui i passaggi di


luce che modellano i corpi diventino un modo per guardare indietro.

ALLEGORIA DELLE VIRTÙ E ALLEGORIA DEL VIZIO


Datata 1531. Divenne uno di quegli artisti, con uno stile riconoscibile già dal secolo
successivo venne copiato, le sue opere divennero subito pezzi importanti.

PARMIGIANINO
Un artista che anch’egli si cimenta con una ricerca
estetica molto approfondita ma con soluzioni
assolutamente diverse. Aveva un talento eccezionale
(AUTORITRATTO), era già un pittore a ermato ed
estremamente so sticato. Ritratto con uno specchio
convesso che ampli ca e deforma la mano, un modo
per mettere in evidenza la mano del pittore, ovvero
quella che permette all’artista di realizzare queste
opere.

L’opera venne donata da Parmigianino a Clemente


VII durante il suo soggiorno romano, venne realizzata
a olio su tavola tonda e convessa (questa tavola è
stata studiata dall’artista per simulare la sfericità deformante di uno specchio
convesso).

RITRATTO DI GALEAZZO SANVITALE


Datato 1524. Si cimenta con ritratti dell’elite dei suoi
tempi. San Vitale visto con eleganza seduto su questa
sedia a mostrarci una medaglia, un vestito di velluto e
seta, il modo in cui ci guarda, direttamente e in modo
molto calmo.

(confronto con quello da Baldassarre da Castiglione)

Vestito di avidi, ra nato e porta i guanti per non


rovinare queste mani che erano oggetto di cura
quotidiana, mani di una persona che non le usa mai per
lavorare se non per indossare anelli preziosi come
questo o per lisciarsi la barba. Idea di mascolinità
diretta e non ostentata. Diventa una sorta di punto di
riferimento.

STORIE DI DIANA E ATTEONE


Datato 1522-1524. Vocabolario visivo che
ispira Correggio nei punti come il
pergolato che si apre, risolti in modo
diverso. Si tratta di una continua
ri essione su ciò che aveva fatto

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Ra aello, dato che aveva segnato è impresso un’intensità senza precedenti per
questo per 12 anni cambiò tutto.

Sono dei putti, ma anche un modo per pensare a cosa aveva fatto Ra aello con la
sua architettura vegetale.

RAFFAELLO - LOGGIA DI PSICHE

Datata 1517. Composizione classicamente ra nata.

VISIONE DI SAN GIROLAMO

Datata 1525-1527. Dobbiamo pensare alla sua estetica


allungata, modello estetico sul quale lui ri ette molto. C’era
stata un’idea molto approfondita su quelli che dovevano
essere i canoni della sicità maschile e femminile, qui lui
inizia una generazione dopo a dare una sua versione di
proporzioni ideale, che sembrano essere quasi sempre più
intensamente distaccate dalla realtà (una maniera).

Maniera, nel 500 signi cava stile. Quando Vasari usa questa
parola, la utilizza parlando di “questo artista che dipinge in
questa maniera”. Nella storiogra a il 500 diventa, sopratutto
dalla morte di Ra aello in avanti, diventa un omento in cui la
ri essione sulla maniera acquisisce un’intensità sempre
crescente per cui gli artisti invece di guardare prima di tutto
la natura, guardano alla maniera stessa. Si imita non la
natura ma Ra aello, Michelangelo e in parte Leonardo, sono
loro che avendo raggiunto l’apice delle arti devono essere
imitati.

Manierismo, il momento più alto delle citazioni.

OPERA

Il San Giovanni Battista che indica, è una citazione al Battista di Leonardo ma per la
posizioni delle mani e delle dita diventa di Michelangelo. Esagera per la proporzione
delle mani, relazione con le altre opere d’arte. Le opere
diventano sempre più di cilmente comprensibili, qui
vediamo tre gruppi di gure che stanno quasi in tre spazi
separati non comunicanti (sono anche di tre scale
diverse).

CONVERSIONE DI SALLO
Figure allungate, del cavallo, si tratta di un cavallo che ha
cambiato la propria anatomia con una gura così
allungata come lo stesso Sallo.

MADONNA DI SANTA MARGHERITA


Datata 1529-1530. Parmigianino spesso fa serpeggiare degli sguardi che non sono
esattamente sereni, un altro degli elementi del 500 che è tormentato, ma anche per
riguarda la pittura religiosa in Europa e tormentata dallo scisma, anche dall’auto
esame che la chiesa di Roma è costretta a fare, decenni particolari e non facili.

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FRA BARTOLOMEO - MATRIMONIO
MISTICO DI SANTA CATERINA
Datato 1512. Ci sono una serie di distanze
complicate. Si tratta di un pittore celeberrimo a
Firenze che quando il centro di sposta a Roma,
Fra Bartolomeo ha grande successo.

Lo vediamo con questo matrimonio mistico,


serve per mostrarci la sua vicinanza a
Leonardo. Riferimenti alla Madonna dal
Baldacchino di Ra aello (datata 1507-1508) e
ci permette in una maniera veloce di scorrere
per tutto il dipinto, gesti pacati e conversazioni
che sono assolutamente paci che, angioletti è
un architettura che contiene tutto in modo
agevole.

Luce fatta di contrasti con delle ombre dense,


per cui il nostro occhio fa fatica a orientarsi è
una fatica accentuata. C’è una moltitudine di gure che dovremmo iniziare a
riconoscere con questa luce, angioletti musicanti non sembrano essere sereni, i
gesti e gli sguardi iniziano ad essere un po’ meno sereni. Il San Pietro con questo
libro, mostra con la postura, si mette in una posa quasi
da culturista (vuole far vedere il proprio sico). C’è tutto
un momento più complicato.

ANDREA DEL SARTO - MADONNA DELLE ARPIE


Datata 1517. I volti diventano sempre più complessi, lui
utilizzava l’equilibrio. Ai volto gli artisti ci giocano molto e
non avrebbe potuto realizzarli così senza l’impegno di
Leonardo.

Quest’opera venne realizzata per le monache della


chiesa di San Francesco de Macci a Firenze e si tratta di
una pala d’altare denominata Madonna delle arpie.

La Vergine si eleva su un piedistallo marmoreo decorato


con strane gure che sembrano alludere al nono capitolo
dell’apocalisse di San Giovanni, al suo anco si
collocano San Francesco e Giovanni Evangelista,
mentre ai suoi piedi inquieti angioletti che sembrano
aggrapparsi impauriti alle gambe della Madonna. Fumo
di nuvoli trasparenti che fuoriescono dalla nicchia di
fondo.

PIETÀ DI LUCCO
Datato 1523. Madonna che prende la mano del proprio
glio, non possiamo pensare a questo senza
Michelangelo. Adornata di emozioni umane rispetto a
questa dove vediamo 26 anni dopo, vicina al Sacco di
Roma.

Le emozioni iniziano ad avere un’altra importanza.

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Andrea del Sarto è anche un grande decoratore, ra gura interi come nel caso della
Santissima Annunziata. (1513-1514). Vediamo quando realizza opere come questa
cerca di adeguarsi a quella tradizione di una narrati vita che deve essere più
possibile leggibile e la narrazione per immagini è molto diversa, per il registro.

PRIMA FASE DEL MANIERSIMO


Pontormo e Rosso Fiorentino arriveranno alle conseguenze più estreme.

Sono coetanei, collocazione vicina a Firenze. In seguito prenderanno strade diverse,


Pontormo resterà in Toscana mentre Rosso Fiorentino andò a lavorare in Francia per
Francesco I, prendendo anche una via più manierista.

I segni di inquietudine che vediamo emergere dal primo decennio del secolo, qui
vanno a evolversi in modo drammatico, c’è una serie di segnali visivi che ci portano
verso un linguaggio gurativo molto diverso rispetto a quello del Rinascimento
maturo.

PONTORMO - DEPOSIZIONE DI CRISTO


Datata 1526-1528. Pala d’altare della cappella nella
chiesa di Santa Felicita a Firenze. Si tratta di una
deposizione su cui abbiamo ri ettuto molto, come
quella di Lorenzo Lotto. Vediamo quanto Pontormo
cambi tutto rispetto ad un’opera come questa,
nonostante ci siano dei riferimenti che rimangono
perché (osservando la gura del Cristo, vista sin da
Ra aello che mette in contrapposizione con quello
della città vaticana), ci sono dei punti fermi in un
soggetto molto canonico e quindi un’iconogra a
molto standard e ci sono dei riferimenti a
Michelangelo che tornano, tornano ancora in modo
più esplicito nel dipinto. Vediamo Ra ello che cita
Michelangelo ma dissimula molto di più la citazione,
ricostruisce un corpo che non è esattamente quello.
Vediamo anche nella capacità di rendere una
citazione tanto evidente, trasforma la postura del
corpo in funzione di una composizione dell’opera
d’arte diversa.

Pontormo è molto più esplicito è vicino a


Michelangelo, viòle dichiarare una sorte di fede.
Vediamo che la maniera di questi artisti, diventa la
norma, diventa ciò che deve essere imitato, ma in una
citazione come questa nella quale si aveva preso la stessa postura (variazione del
volto, che nel dipinto viene posizionato in modo che noi lo possiamo vedere, tutto il
resto è molto più esplicito).

Contesto di ambientazione così chiaramente esplorabile dal nostro occhio viene


completamente cancellato da Pontormo, che include questo groviglio di gure in
uno spazio del quale ogni segnale di misurabilità è completamente cancellato.

Spazio inde nito, c’è una base sul piano di calpestio che vediamo nella parte del
primo piano in basso che è anche poco realistica dal punto di vista materico,
roccioso e inclinato. Pontormo cela tutte queste informazioni, ci possiamo chiedere
se è inclinato perché questo groviglio di gure è compresso verso il primo piano,
con una tridimensionalità poco evidente e porta le gure a seguire un andamento

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che sale verso l’alto. Noi non sappiamo alcune gure dove poggiano i piedi o dove
sono sedute.

La Madonna che sta svenendo, non si capisce se si sta sedendo o se cadrà nel
vuoto. Non che Pontormo non fosse in grado di realizzare delle lievitaizoni spaziali,
ma quando le realizza lo fa secondo una complessità che veramente ha pochi rivali.

Non inserisce coordinate spaziali, si tratta di una scelta che fa.

Qui è tutta una ri essione e una risposta al classicismo di Ra aello, che non esiste
più. Questa lettura così agevole dello spazio viene completamente sgretolata da
Pontormo, così come le espressioni e i sentimenti di queste gure. Ra aello ci
mostra le so erenze seguendo una certa compostezza. Qui invece vediamo le
gure con espressioni di disperazione e preoccupazione, gli sguardi non hanno
preoccupazione verso il contegno ma sono chiaramente tristi e immaginati in un
momento che tende verso la perdita della speranza.

Patto tra narratore e spettatore.

Pontormo disgrega il classicismo Ra aellesco anche attraverso questa tavolozza


che non potrebbe essere più lontana rispetto a quella così paci camente
tradizionale di Ra aello, che anche nei colori che sceglie per questo panneggi,
nonostante c’è li mostri pro lato d’oro e colorati con pigmenti sgargianti,
costruiscono inevitabilmente un equilibrio cromatico che immerge perfettamente le
gure nel contesto spaziale (cosa che invece Michelangelo non riusciva a fare).
Questi colori sono inediti.

Ci troviamo in un momento in cui le coordinate narrative e spaziali, che avevano


costruito questo Rinascimento visivo così equilibrato, simmetrico, leggibile,
razionale, una razionalità che aveva visto la sua origine dal 400 prospettico di
Brunelleschi. Quella razionalità in opere come questa che diventano illeggibili
attraverso quel tipo di approccio e diventano la ri essione sullo stile.

Loro non possono più guardare la realtà, ma devono prendere il migliore da Ra ello
e Michelangelo. Si perde sempre di più il contatto con la realtà, anche dal punto di
vista dei soggetti. Opere che costruiscono narrazioni sempre più complesse,
intellettualizzare, per cui solo l’artista e il committente conoscevano il signi cato,
infatti alcuni dipinti ad oggi sono ancora misteriosi in relazione su ciò che
rappresentano. Arte estremamente concettuale.

Vediamo una gura con una veste attillata, roso,


sbattuta in primo piano. Una veste che non è
più una veste, il corpo non è più l’anatomia di
un corpo nudo tipica di una cultura quattro e
primo cinquecentesca, viene celata sotto
questa veste così attillata. Pontormo gioca con
questa idea.

PANNELLO DELLA NATIONAL GALLERY DI


LONDRA
Pontormo realizza quest’opera molto
assestante. Lavorava con altri artisti, per
realizzare un fornimento ovvero una serie di
pannelli per una stanza da letto, che era stata

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commissionata per il matrimonio di Francesco Borcherini e Margherita nel 1515. Si
vede la carrozza della loro camera, dipinti che ora vediamo separati ma che erano
parte di una copertura di tutta una parete, pensata con tutta una scultura di legno,
anche la cornice stessa era riportata. Con scene dell’antico testamento e Pontormo
realizza alcune di esse.

Circolazione di idee molto accelerate e accentuate. Così come Durer scende a sud
delle alpi e guarda Venezia, allo stesso modo artisti Italiani guardano ciò che
succedeva a nord. Tutti i personaggi sullo sfondo sono presi quasi di peso da
stampe nord europee.

Ci troviamo davanti a costruzioni architettoniche dall’enorme complessità, scale che


tracciano direzioni molteplici e direzioni che si intersecano nello spazio, negano
quella facilità di lettura che avevamo visto negli anni precedenti.

Lo spazio ben evidente ma non più facilmente percorribile, non capiamo dove le
scale niscono. Riprende opere tardo quattrocenteschi come la Cappella Sassetta
del Ghirlandaio.

Ha spazi costruiti attraverso geometrie ortogonali, che si accostano a spazi che


prendono tutta la questione della pianta centrale. Pontormo c’è lo inserisce di anco
a questo edi cio che funge da quinta teatrale, sulla sinistra, a cui non corrisponde
una simmetria sulla destra, ma diventa qualcosa di scivoloso perché corrisponde un
edi cio che ci sfugge perché è curvo.

Pontormo inserisce una colonna per chiudere un’eventuale porta alla nostra vista, lo
fa apposta (quella colonna non ha nessuna funzione strutturale). Colonna svuotata
della sua funzione strutturale così come queste che sono un riferimento romano.

Riceve una serie di commissioni dalla famiglia De Medici, decora una serie di Ville
come quella di Poggio a Caiano. Vediamo quanto lui ri etta sull’operato di
Michelangelo, riferimenti assolutamente ovvi e palesi.

Pontormo ha un momento dove si avvicina molto alla pittura Tedesca, sono


momenti preoccupanti del 500. Si esprime in una serie di a reschi (stato
conservativo precario). Si rifugia alle porte di Firenze per sfuggire alla peste, allora
dipinge queste opere. Lo vediamo molto più vicino alle stampe tedesche ma
riusciamo allo stesso tempo a vedere quanto ci troviamo in un momento molto
vicino alla deposizone di santa Felicita, in uno spazio che si
sta sgretolando.

Molto vicino alla committenza e riceve molte commissioni,


anche in zone periferiche rispetto al centro urbano.

VISITAZIONE DI SANTA ELISABETTA (va a invocare la


Madonna)
Datata 1528-1529. Edi ci una sorta di reminiscenza
quattrocentesca. Edi ci come questi li troviamo in
Masaccio, lui sta tornando indietro e ripensa a Domenico
Veneziano. Sta rispondendo al classicismo dello spazio
Ra aellesco con queste opere quattrocentesche.

Vediamo queste gure isolate da una gura fredda, lui


accentua i colori in una sorta di luce teatrale che non è la
stessa dell’architettura dello spazio. Viene lasciato molto
nell’oscurità di una notte che vediamo materializzarsi in

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questo blu così intenso, vediamo sulla sinistra una strada che sembra scendere e
sulla destra delle scale che sembrano portare ad una porta che salgono,
biforcazione dello spazio dove si trovano queste gure e cancellano molto di quello
che era stato realizzato.

Pontormo era anche un grande ritrattista, infatti lo vediamo negli anni 20 parlare
un linguaggio con un certo denominatore comune con Parmigianino, palesa questo
interesse verso questi colori così accesi, costruiti da una luce che gli da quasi una
consistenza metallica così come il volto stesso. Questa pelle sembra più una
super cie statuaria che una pelle umana che tocchi la carne, in un ritratto come
questo vediamo tutta la distanza rispetto a quello che negli anni 20 facevano a
Venezia. Ritratti costruiti completamente con il colore, anche s e non sono ritratti
autonomi.

Vediamo un certo rigore disegnativo che rende queste super ci di una lucidità quasi
metallica, ne nega la consistenza materica. Rendono una perfezione, un bello
ideale, distillando dalla materia della realtà un’idea tutta concettuale.

I capelli, non ne troviamo uno fuori posto.

Pittore quasi che sparisce, al contrario di quello che succede con Tiziano lui
dimostra sempre il suo pennello. Sparisce il pennello lasciando sempre il disegno
ben presente, anche sicamente e visibilmente in opere come quelle di Rosso
Fiorentino.

ROSSO FIORENTINO

Ci sono alcuni pentimenti come gli occhi di Cristo, panneggi così con parti
anatomiche dive manca uno strato di pigmento. Notiamo il disegno sottostanti, non
come nell’Adroazione dei Magi di Leonardo.

Il orentino Giovanni Battista di Iacopo, detto Rosso Fiorentino (1495-1540) per il


colore dei suoi capelli, si formò con il coetaneo Pontormo nella bottega di Andrea
del Sarto, mostrando una personalità autonoma e originale n dalle sue prime
opere. A di erenza dell’amico Pontormo, che era un uomo introverso e inquieto,
Rosso è ricordato come irrequieto e trasgressivo. Nell’arte, come nella vita, egli
operò sempre con spirito ribelle, mostrandosi come un critico spregiudicato e
irriverente delle consuetudini pittoriche rinascimentali. In pochi anni, Rosso dipinse
opere straordinariamente originali ed inquietanti, dove il senso della realtà è
trasposto in una nuova visione artistica.

DEPOSIZIONE
Vediamo in alcuni punti dove i colori sono ancora chiari, c’è
ancora la gra a di Rosso stesso. Il disegno è ciò che regola
tutto.

Rosso Fiorentino è ancora più inquieto di Pontormo, perché


guardava queste architetture, queste vedute umane che
possiamo riconoscere anche nelle opere di Domenico
Veneziano, Rosso nel suo voler disgregare questa armonia
del Rinascimento maturo guarda un altro grande del 400 che
non aveva rinunciato ad esplorare l’estetica, ovvero
Donatello.

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PALA DI SPEDALINGO
Datata 1518. Ra gurato sempre molto secco, così
scheletrico. Immagina senza pensare ad un’altra che si
con na in un’eredità che distrugge il suo corpo cioè la
Maddalena, che Donatello stesso aveva scolpito
(completamente s gurata). Vediamo che ci troviamo
difronte ad una ri essione su Donatello.

Questo non è ancora il Manierismo.

Madonna con bambino sulla pala d’altare che è una


citazione alla Madonna delle arpie. Gionocchio e modo
di tenere il bambino. Anatomie che si s dano e dita che
si allungano, non come per Parmigianino ma diventano
quasi degli artigli.

In uno spazio compresso regolato nella parte inferiore da


un pavimento è un primo piano dov’è queste gure
stanno a fatica. Si tratta di quattro santi che circondano la Madonna e i, bambino,
contenuti in uno spazio per il quale devono lottare per mostrare il loro spazio.

SPOSALIZIO DELLA VERGINE DI SAN LORENZO


Aggiunge una scalinata che ci viene celata da questa
massa di gure che adibisce l’organizzazione spaziale e
impedisce al nostro occhio di stabilire una traiettoria
razionale all’interno del dipinto (l’occhio non sa dove
andare). Introdotto da delle luci abbaglianti che
colpiscono le gure in basso laterali e quelle centrali, ma
si spegne su queste gure il cui signi cato nel contesto
narrativo inizia ad essere sempre meno chiaro. A cosa
servono tutte queste gure? In Ra aello ogni gura
compie un gesto leggibile e sono parte di una
narrazione, ci sono e compiono delle azioni che lo
spettatore riesce a comprendere anzi, Ra aello ha molto
chiaro quali sono i protagonisti nella sua narrazione.

Qui vediamo i protagonisti ma tutto il resto viene


amalgamato in una visione quale le singole voci non si
riescono a capire.

Tutto emergerà nel Manierismo, un momento di ricerca


estrema su quello che è un canone estetico nuovo. Il
cristo morto compianto da quattro angeli di Boston,
datato 1527, candele e vesti con colori cangianti e
distaccati dalla realtà che si imagina Rosso Fiorentino e
che fanno da contesto così cromaticamente complesso
con una linea sinuosa che viene esposta allo spettatore.
Un corpo studiato nel suo canone di bellezza, diventa una
forma di preghiera e un assunto teologico, visto che è Dio,
ovvero la perfezione (secondo la cultura del tempo). Non è
ne a se stesso, ma viene intellettualizzato.

Un Cristo che è la ri essione su Michelangelo, anche per il

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modo in cui il volto si abbandona a sinistra. Quasi se fosse visto dall’altra parte.

Volti, queste anatomie scheletriche che danno un’idea di so erenza, diventano


sempre più evidenti. Barba rossa del Cristo, vediamo quanto queste opere sono
momento di ri essione assoluta, su quello che stanno facendo, dove si capisce che
c’è la tomba scavata nella roccia. Caverna buia, di un nero penetrante.

Ra aello prima della sua morte creò una sorta di scuola, un’accademia e si creo un
certo seguito insieme a tutti i suoi allievi. Era il suo atelier che funzionava come una
macchina produttiva della quale gli artisti erano maturi che collaboravano con lui e
venivano controllati, ciò gli permetteva di avere una conducibilità ma anche un
vuoto enorme una volta che rimasero senza il loro datore di lavoro ma anche il loro
maestro, il loro mentore. Alcuni artisti rimangono a Roma, il principale Giulio
Romano, mentre altri si sparpagliano. Iniziano a, in qualche modo, esportare l’arte di
Ra aello verso altri centri (Genova, Mantova dove andò Giulio Romano stesso). Da
una parte erano liberi ma divetterò adattare stili propri, si tratta di un momento di
ri essione su ciò che era stato Ra aello.

GIULIO ROMANO - SALA DI COSTANTINO


Terminò lui questa sala, iniziata e progettata da
Ra aello. Lui stende una grande parte di pittura
sulle pareti.

Ci sono una moltitudine di gure, personaggi che ci


guardano in maniera strana. Lui voleva condividere
le risate mentre Ra aello era molto composto.
Vediamo un baldacchino, un trono, dove siede il
papa posizionato parallelamente al nostro piano di
visione, siamo in anni che precedono opere come
la Pala Pesaro.

Giulio Romano dopo la sala di Costantino lascia


Roma e va a Mantova, per lavorare al palazzo te.
Doveva aver trovato una sorta di vuoto che gli
permette di rimontare se stesso, qui trova un’architettura bassa e compressa, anche
organizzata in orizzontale con delle colonne dalle proporzioni regolate della
Farnesina. Vediamo che c’è una certa emissione verso quel tipo di armonia e che
esplode con La Caduta dei Giganti.
Organizzazione degli spazi stessi attraverso
architetture dipinte che regolavano la successione
degli episodi in contesti narrativi e che esistevano
come elementi autonomi in una rete più ampia. Lui
distrugge questa architettura, aveva razionalmente
costruito un assalto e invece provoca un crollo.
Palazzo annientato dagli dei che distruggono il
mondo dei giganti. Tutto ciò si chiude nello spazio
della cupola.

Vediamo come Giulio Romano non solo compie una


evoluzione dopo Ra aello ma addirittura sembra
porsi in netto contrasto con la tradizione di rigore armonia e misurabilità di Ra aello.

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L’idea di spazi percorribili nei quali le gure sono leggibili in modo chiaro. Varietà di
espressioni e di momento, sempre molto regolata da principi di simmetria molto ben
studiati, una simmetria che non è ovvia o schematica ma una simmetria che crea un
equilibrio nella composizione.

Lo vediamo con la sala dei Giganti sembra di trovarci di fronte ad un altro artista, un
artista che ha sia la volontà che la necessità di trovare una strada nuova, era un
artista che era stato tenuto sotto controllo da Ra aello.

Gli a reschi si capiscono se visti solo con approccio critico verso quello che aveva
fatto prima. Visti in questa linea di sviluppo storico.

I giganti che vogliono conquistare l’olimpo e gli dei non essendo d’accordo lottano.
Vengono scon tti. In questa caduta dei giganti, momento di distruzione bellica,
quella che era stato il soggetto principale vuole far crollare la super cie della parete,
crollo quanto narrativo in relazione al soggetto stesso ma anche come meta
pittorica che sta crollando. Un’architettura costruita da colonne che in qualche
modo dialogano con quelle dell’esterno, tozze, con delle proporzioni armoniche
degli ordini classici. L’organizzazione delle pareti si disintegra e l’a resco scorre
senza che il nostro occhio abbia una possibilità certa, misurata, armoniosamente
costruita dell’architettura per potersi fermare.

Il rapporto tra pitture e ambiente, ma anche il modo con cui possiamo interagire,
viene stravolto. Questi mostri dalle espressioni grottesche, caricate dalle proporzioni
deformi diventano l’esatto opposto rispetto a tutto quello a cui aveva teso Ra ello
tutta la sua carriera, la grazia delle proporzioni anatomiche qua viene deformata,
gon ata, manipolata per farla divenire qualcosa di evidentemente fresco. Questo
vortice che creano le pareti torna e viene in qualche modo concluso dalla volta
stessa. La vediamo sulla sinistra con un andamento circolare organizzato dalle
nuvole.

MANIERISMO
Si caratterizza con una ri essione sullo stile stesso e si capisce perché poi gli artisti
complicano la visione, è un momento in cui tutti gli oggetti per esperienza artistica
diventano sempre più complessi e allusivi, sempre più intellettualizzati, un momento
dove la fantasia degli artisti viene coltivata apprezzata e stimolata dai committenti
stessi.

GIULIO ROMANO - PROGETTI PER SALIERI


Propongono forme nuove e rivisitate, il bizzarro. Anche qualcosa che crei la
sorpresa, questo è il momento in cui inizia quell’importantissimo processo di
evoluzione della cultura cinquecentesca verso l’idea di meraviglia. Ovvero qualcosa
che nel Medioevo e nel 400 abbiamo visto con molta sorpresa, qualcosa che
suscitava meraviglia. Sentimento che si sviluppa nel 500, sia i committenti che gli
artisti iniziano a collezionare gli oggetti più strani, conchiglie prese in mari lontani o
che venivano importati dall’America, poi assembleare dagli artisti per crearne
oggetti.

Vediamo che Giulio Romano inizia a sbizzarrirsi in un modo che non si poteva
immaginare, quindi a erodere sempre di più il con ne tra la pittura e le arti
decorative, processo che esploderà più in avanti.

BENVENUTO CELLINI

Artista attivo nella corte di Federico I, poi torna a Firenze. Nasce come argentiere e
cerca di fare tutto l’opposto, si avvicina alla scultura e vuole monumentalizzare,
crescere in scala, perché comunque i grandi artisti erano coloro che realizzavano

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sculture. Nascita e sviluppo di un genere di scultura ovvero quella colossale, dal
David di Michelangelo in avanti, sarà un banco di prova il momento di arrivo per le
carriere di molti artisti. In qualche modo si inserisce in quella traiettoria.

SALIERA

Datato 1540-1543. Realizzato per Francesco I


e gli chiede un oggetto da tavola, una saliera.
Pensa a Benvenuto Cellini come un orafo che
ha una cultura artistica vastissima, pensa da
scultore e si pone anche qui il problema di
creare due allegorie scultoree.

La terra, sulla sinistra, per il pepe e Nettuno,


quindi il mare, per il sale. Dobbiamo
immaginarlo come un oggetto di
rappresentanza. La ritualizzazione dei pasti è
qualcosa che noi diamo per scontato, ma
questo è il secolo dove viene di usa la
forchetta e che viene usata per prendere le
cose dal piatto.

Qualcosa che viene visto come un segno di


distinzione sociale chiarissima, infatti per tutto questo e per il modo in cui lui lo
pensa in scultura, infatti lo de nisce un monumento da tavola.

Nel 1550 esce la prima edizione delle Vite di Vasari. Stabilisce lo sviluppo stilistico.
Sceglie di includere soltanto artisti morti con l’unica eccezione di Michelangelo che
è il divino, l’alice, il punto più alto ma anche il punto di non ritorno, un sentimento
che chiaramente non nasce in quel momento ma si tratta di un’idea che sedimenta
attraverso il tempo per cui gli artisti iniziano a misurare la loro capacità e la loro
qualità nel modo in cui riescono ad assorbire e confrontarsi con quelli che erano i
grandi della generazione precedente. Non è più un rapporto diretto tra pittura e
natura ma un rapporto tra gura e pittura.

MICHELANGELO - CRISTO RISORTO


Datato 1519-1521. Il corpo di Cristo nudo era
un elemento di manifestazione e mania della
bellezza, una sorta di canone. Questione
personale su un canone di bellezza estetica,
qualcosa su cui ri ette e poi diventa anche per
Michelangelo stesso come la memoria che sta
a palazzo Vecchio.

VITTORIA
Datato 1530.Questi corpi che si contorcono,
serpentinata. Soluzione stilistica per la scultura.
Michelangelo propone un canone posturale quindi
compositivo che per molti versi supera il modello di
composizione romano.

Michelangelo non vuole imitare l’antico, vuole


essere il nuovo canone.

Evidenzia i punti dove crea degli sforzi.

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VINCENZO DANTI - ONORE TRIONFANTE
Datato 1561. Arrivano soggetti sempre più intellettualizzanti.
Vediamo quanto quest’idea del corpo, della gura serpentinata,
ma anche di questi corpi che si allungano e si distendono, si
comprimono. Lo studio dell’anatomia viene portato a
conseguenze estreme.

La qualità di un’artista si misura nel modo in cui riesce a


contorcere e distendere, manipolare questi corpi che sono tutti
Michelangioleschi. Vediamo quanto riesce a padroneggiare il
canone Michelangiolesco.

La gura serpentinata porta gli artisti del Manierismo a creare


opere che potessero essere viste da più punti di vista, questo è
un elemento molto importante che viene sopratutto elaborato dopo la morte di
Michelangelo (imponeva con la sua autorità molte regole).

GIAMBOLOGNA - RATTO DELLA SABINA


Datato 1582. Ebbe un’esperienza traumatica con
Michelangelo, personalmente non aveva una grande
considerazione. Si stabilì a Firenze e divenne lo scultore
della famiglia De Medici, mostrò una sua statua in
terracotta a Michelangelo e lui la distrusse.

L’opera deve avere più punti di vista, prospettive multiple.


Sancisce tutto questo con il Ratto della Sabina, collocato
nella piazza della Signoria nella Loggia dei Lanzi.

Arte che diventa una ri essione so sticata dello stile.


Quest’opera venne realizzata perché pensava di non saper
scolpire il marmo e la realizzò come dimostrazione di stile,
stravolge e porta questa visione alle estreme conseguenze,
non ha soggetto e diventa un esercizio di stile.

Viene fatto sul basamento un rilievo per descrivere e


mostrare quale sia il soggetto, ovvero un ratto.

Corpo compresso di un uomo maturo, quest’altro slanciato e il corpo femminile. Ci


sono tre diversi gradi e tipologie di anatomia che poi scoprendo girando attorno si
scoprono ancora di più. L’uomo che alza la donna si contrappone all’anatomia
femminile perché le sue dita si imprimono nella carne della
donna non muscolosa.

BRONZINO - VENERE E CUPIDO


Datato 1540-1545. Pittore di corte della famiglia de
Medici, lavora nello stesso momento di Giambologna.

Momento in cui la pittura e la scultura iniziano a popolare


non solo le chiese ma anche gli interni domestici,
diventano un segno di distinzione sociale altissimo,
momento anche del collezionismo. Utilizzato per la
realizzazione di soggetti oscuri, di cili da comprendere
solo l’artista e il committente potevano.

Vediamo una Venere, nudo femminile.

Tessuto di seta blu cangiante su cui poggia Venere e poi si

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alza, e da cui compare questa gura. Idea di creare tipologie anatomiche diverse,
questi artisti stanno esibendo il loro virtuosismo. Siamo a 120 anni di distanza ad un
mondo opposto.

Spazio che contiene una moltitudine di gure a fatica, le gure si papà stellano
avanti e indietro, le vediamo in stato di frammento. Anatomie nubile e gure che
destabilizzano.

RITRATTO DI ELEONORA DA TOLEDO COL


FIGLIO GIOVANNI
Si tratta della gran duchessa di Toscana, moglie
di Cosimo de Medici I. Ritratto importantissimo
perché diventa un monumento di identità che
stabilisce la preziosità attraverso la veste,
descritta in ogni minimo dettaglio. Anche per la
sua evidenza materica. Idea che ha concepito un
glio maschio, continuità della dinastia e incarna
una narrazione legata a quello che era
l’organizzazione degli stati, un dipinto che
nell’attardarsi sul virtuosismo della resa naturale
della resa mimetica dei materiali, costruisce un
discorso su chi poteva indossare cosa.

Veste del piccolo che brilla, cangiante e


preziosissimo.

Sfondo blu e non c’è più un’articolazione spaziale.


Blu di lapislazzuli che conferiva un’idea di
preziosità senza paragoni alla pittura.

Bronzino glaciale, ci porta e ci mette di fonte ad una donna con la quale non
possiamo interagire facilmente. Ci porta a pensare al ruolo del ritratto e alla
tipologia, (Baldassarre un ritratto da cortigiano), qui ci troviamo davanti una
regnante che deve stabilire il suo ruolo in circostanze politiche e sociali rispetto al
ritratto di ra aello. Siamo nel 1545, periodo di turbolenze politiche. Cosimo I
divenne suo marito, in realtà volevano controllarlo (ancora molto giovane), ma lui
aveva un’intelligenza geniale e non si fece manipolare, stabili un controllo ferreo sul
suo stato che era diventano un sovrano dinastico, nel 1737 morì l’ultimo erede
maschio della famiglia De Medici. Un duca che pur giovanissimo si cimentò in
guerre cruente e si libero dei suoi oppositori esiliandoli da Firenze o facendoli
uccidere. Ruolo di creare una corte, creare un ambiente con un sovrano, una
famiglia regnante è una serie di persone al servizio di questa famiglia, perché
Firenze non c’è l’aveva più. Venivano dai rituali della corte, stai attorno al sovrano
che è ritualizzato e il suo grande compito è quello di creare una grande corte a
Firenze (l’idea di Eleonora da Toledo).

Bronzino è l’unico in grado di fornire questa identità. Crea un dipinto che deve
conferire un’idea, un’idea opposta a quello di Ra aello. Dimostrazione che si tratta
di ritratti meditati, profondamente, per il tipo di messaggio. Oggetto di estremo
valore nanziario, qualcosa che stabiliva la distanza tra lei e gli altri, basato sull’idea
della distanza non colmabile, lei è una regnante, una sovrana.

Programma politico di cui si deve la continuazione, lei ha già compiuto uno dei suoi
principali.

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Immagine politica, non è un ritratto privato che tiene il marito, è un ritratto che una
funzione di conferire l’immagine pubblica della sovrana.

RITRATTO E IDENTITÀ
Si tratta di un genere che prevale, ogni contesto storico ha i suoi parametri. Il ritratto
è sempre un genere che ambisce. I ritratti creano delle narrazioni relative alle
persone, narrazioni che sono spesso negoziate tra il pittore e il committente (spesso
la persona in posa, altre volte no. Sopratutto nel caso dei ritratti femminili). Questo
tipo di negoziato porta alla costruzione di una speci ca identità.

RAFFAELLO, LEONE X CON I CARDINALI


GIULIO DE MEDICI E LUIGI DE ROSSI
1518 copia di Ra aello. 1525 copia di Andrea del
Sarto.

In questo quadro gli espedienti visivi utili a


coinvolgere lo spettatore sono rinforzati: il tavolo di
sbieco sembra proseguire nello spazio esterno al
quadro e la resa degli e etti della luce sul
campanello metallico istoriata e sulle pregiate
sto e degli abiti pali evocano sensazioni tattili. La
distanza dall’osservatore è però aumentata dalla
vista più laterale dello sguardo ero decisamente
distorto del Papa mentre prendono più spazio gli
oggetti indicativi delle sue passioni intellettuali
ovvero la lente d’ingrandimento e la pregiata
Bibbia miniata. Eseguito nel 1518 il quadro fu
trasformato aggiungendo due cugini di Leone X
ovvero Giulio de’ medici, il futuro Papa Clemente
VII e Luigi de Rossi, entrambi dotati del titolo cardinalizio del Papa.

TIZIANO, PAOLO
Datato 1543.

TIZIANO, PAOLO III CON I NIPOTI


Datato 1546. Al centro il Papa, curvo e malandato nel
sico, con il naso a lato e le gote incavate, che rivolge a
Ottavio un vivacissimo sguardo di rimprovero. Questo si
genu ette con nta devozione, per dovere formale più che
perfetto convinzione. A sinistra l’altro nipote ha uno
sguardo distratto quasi non facessi caso avesse alla scena
e stesse seguendo il lo dei propri pensieri, rivolgendo lo
sguardo verso l’osservatore come per catturarne il

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consenso.

le tre gure emergono dalla penombra ovattata di uno sfondo nel quale un pesante
drappo rosso pende da una parete verde scuro. La tecnica mette in evidenza l’uso
di pennellate sempre più rapide e meno precise al ne di abbozzare le forme più che
de nirle dettagliatamente lasciando addirittura alcune zone incompiute. In questo
modo il maestro riesce a costruire un’atmosfera tetra e quasi so ocante.

LORENZO LOTTO, RITRATTO DI ANDREA ODONI


La veste è preziosa, non così messa precisa curata
ma slacciata, deve tenerla con la mano.

TIZIANO, PIETRO ARETINO


Datata 1545. Lui ci restituisce la presenza sica del suo
corpo che è così imponente.

TIZIANO, FRANCESCO MARIA DELLA ROVERE


Datata 1536.

Due personaggi che sono distanti da noi, una distanza


rituale. Duca in armatura, che si pone attraverso tutta la
sua aggressività mascolina del suo ducato, una
mascolinità che emerge dall’armatura e dalla barba.

TIZIANO, ELEONORA GONZAGA DELLA


ROVERE
Datata 1538. Seduta, espressione impenetrabile,
impassibile. Con accanto un cagnolino, simbolo di
fedeltà, due visoni molto diverse da come il ritratto
costruisce il genere.

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PONTORMO, ALESSANDRO DE MEDICI


Datato 1534.

GIORGIO VASARI, ALESSANDRO DE MEDICI


Datato 1534. Con l’armatura, pronto per andare a
combattere e con lo sfondo Firenze.

Alessandro de medici un duca molto controverso, era


per metà di origine caucasica e per metà di origine
africana, era il glio di una schiava. Questa idea del
duca africano fu qualcosa che chiaramente non andava
giù ai orentini, in moltissimi ritratti la sua capigliatura
vengono pesantemente regolati per renderlo caucasico.
Aveva i capelli ricci, pelle scura, naso ampio. Uno dei
motivi del perché lui venne allontanato e ucciso,
accusato di tirannia, fu proprio il frutto delle sue origini.

BRONZINO, COSIMO DE MEDICI


Datato 1545. Aveva preso il potere in virtù di un
assassinio, ed era continuamente oggetto di attentati.
Guardò deciso, armatura aggressiva. Un sovrano che si
deve temere, aveva conquistato Siena in un bagno di
sangue e aveva ucciso tutti i suoi oppositori, ritratto che
parla quel linguaggio.

BENVENUTO CELLINI, BUSTO DI COSIMO I DE


MEDICI

Datato 1545. Deve imparare a fondere e si esercita


con questo busto del duca Cosimo, che è il
corrispondente scultoreo di quello che abbiamo
visto in Bronzino, ancora più ampli cato. Occhi che
sono ancora in strabuzzanti, escono dalle pupille n

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uno sguardo feroce e l’armatura, quello che può dar la scultura e non la pittura
ovvero il rapporto della scala dimensionale, si può anche
paragonare ad una persona, più grande della realtà.

BRONZINO, COSIMO I DE MEDICI


Datato 1538. Lo rappresenta come Orfeo, Cosimo ai
tempi ancora giovane ed era appena salito al potere.
Orfeo ovvero colui che abbagliava gli animali cantando.
Duca ancora giovane, ancora speranzoso, ritratto dal
valore politico ancora più grande, lui giovane che vuole
essere Orfeo e richiama tutti attraverso la poesia,
attraverso le parole e con un’immagine conciliante di se
stesso.

Ritratto strano, vede un capo di stato nudo.

BRONZINO, ANDREA DORIA COME NETTUNO


Datato 1540. Lo vediamo nei panni di Nettuno. La
nobiltà viene in quale modo giusti cata dalla
associazione con la mitologia. Da l’idea di forza,
mascolinità, molto ben chiara, vediamo quanto
esplicitamente lascia cadere questo panno e intravedere
cosa c’è sotto il panno.

TIZIANO, CARLO V ALLA BATTAGLIA DI MUEHLBERG


Datato 1547. Che fa una strage dei protestanti, anni delle
guerre sopratutto nelle aree di lingua tedesca, tra
cattolici e protestanti. Lui non era come Giulio II, li in
quel territorio non ci va volentieri pro Tiziano lo
rappresenta vittorioso, con il cavallo che si impenna, lui
in armatura come i modelli accademici (Marco Aurelio a
cavallo).

SECONDA FASE DELLA MANIERA


Stile che da la nuova immagine a Firenze.

BRONZINO, PAESAGGIO DEL MAR ROSSO


Datato 1540-5. Eleonora da Toledo compra Palazzo Pitti
e lo fa ampliare, però in questo periodo sta ancora a

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Palazzo Vecchio, sta cercando di
educare il marito alla vita di corte,
abbiamo delle testimonianze
interessantissime per noi, ambasciatori
che vanno a Firenze e vedono il duca
che compie i pasti con la moglie e i gli.

Lei comprende il potenziale di Bronzino.


Passaggio del Mar Rosso è una sinfonia
di corpi Michelangioleschi, l’occhio vaga
attraverso tutte queste gure che non si
capisce cosa facciano, diventa sempre
più in sovraccarico di decorazioni. Idea
di tutto spostato verso la super cie.

GIORGIO VASARI, SALONE DEL


CINQUECENTO
Datato 1563. Ducato di Firenze che
lavora per diventare grand’ culto di
Toscana, con una serie di battaglie che
evocano le glorie su questo so tto
cassettonato. Spazio su cui c’erano
state le battaglie come quelle di
Cascina di Leonardo, quello era un altro
mondo politico qui i Medici ci mettono
le loro battaglie, spazio che aveva ormai
già quella associazione attraverso le
vittorie è tutto un altro mondo.

Crea lo spazio della gloria orentina.

Viene incaricato nché palazzo vecchio diventa da Palazzo della signoria a Reggia
Medicea, viene incaricato di decorare le
pareti con scene mitologiche. Realizza una
serie di dipinti, Allegoria degli elementi,
La Terra, diventa sempre più decorativo.

FRANCESCO SALVIATI, TRIONFO DI


CAMILLO
Si tratta di un esercizio sul classicismo,
risolto come un gigantesco rilievo,
compreso verso il primo piano, uno spazio
di cile da percorrere. Dimensioni
monumentali paragonabili a quello che
trent’anni prima faceva Ra aello. Ci mette
una quantità di personaggi che non riescono ad essere contenuti quindi vengono
compressi, mettono una barriera tra noi e il paesaggio.

GIORGIO VASARI e F. BORGHINI, STUDIOLO DI FRANCESCO I

Datato 1560-72. Un’area, una stanza, dove Francesco I ( glio di Cosimo I, nominato
reggente del Ducato di Toscana) si poteva ritirare poteva collezionare le sue

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collezioni all’interno di armadi con dipinti che
evocavano ciò che c’era dentro.

lo studiolo è pensato come un forziere, ovvero una


camera delle meraviglie riservata a selezionati ospiti
che potevano ammirare gioie, medaglie, vetri
intagliati, cristalli lavorati e vasi conservati e suddivisi
per categoria all’interno di armadi nelle pareti laterali.

GIORGIO VASARI, CUPOLA DI SANTA MARIA DEL FIORE


Datata 1572. Prende la grande iniziativa di decorarla, allora Vasari e Federico
Zuccari, realizzano questa decorazione
monumentalizzata.

Il Vasari lavoro dall’11 giugno del 1572 no alla


morte aiutato da un gruppo di collaboratori fra
questi il bolognese e Lorenzo Sabatini. Dopo di
lui vi lavorò e lo condusse a conclusione
Federico Zuccari che vi dipinse a secco.

la storia dipinta è costituita da un insieme di


narrazioni tratte dall’antico e del nuovo
testamento nonché di presenze visionaria e
desunte dall’apocalisse di San Giovanni ma vi
hanno posto anche improvvise citazioni
dantesche. Scandita da fasce concentriche
distribuite sulla super cie delle otto grandiosi
vele la gurazione conclusa al di sotto del vano
della lanterna da un’architettura in prospettiva
che nge otto aperture Trabia te che poggiano su
una cornice a propria volta sostenuta da angeli in
volo che sembrano portarla in alto. Dalle aperture
di questa loggia si a acciano o si protendono i signori
o vegliardi dell’apocalisse.

E la prospettiva architettonica non fa che schiacciare la


cupola stessa, con l’e etto di ridurne l’illusionistica
mente la curvatura a sesto acuto, non rendendo quindi
giustizia allo slancio della struttura brunelleschiana.

La pittura vasariana non tiene conto della distanza dalla


quale il grande ciclo pittorico avrebbe dovuto essere
guardato e si presenta ricca di particolari. I colori sono
cangianti ricchi della varietà e deposti sull’intonaco
fresco con attenzione maestria.

BACCIO BANDINELLI, ERCOLE E CACO


Datata 1534. Si trova al anco del David, vediamo
un’artista che estremizza l’anatomia di Michelangelo.

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Viene deriso a Firenze per essere così tozzo e statico.

Ercole si erge possente e virile trionfante su Caco, inginocchiato ai suoi piedi, ma


nonostante l’esibizione di gigantismo nella modellazione dei corpi e nella resa
anatomica il gruppo scultoreo appare bloccato privo di espressività e vitalità ovvero
delle caratteristiche già rilevati dalla critica dell’epoca anche se l’opera viene molto
apprezzata per presso la corte medicea.

FONTANA DEL NETTUNO, FIRENZE PIAZZA DELLA


SIGNORIA
Datata 1575. Elemento più colossale di questa piazza,
vediamo questo linguaggio Manierista. Statue in
bronzo che popolano il bacino della fontana, utilizzo di
marmo e bronzo insieme, anatomie allungate. Pose
sforzate, vengono posizionate sul bacino.

BENVENUTO CELLINI, PERSEO


Datato 1545-1554. Rappresenta Perseo con la testa di
Medusa, venne collocato a Firenze nella loggia dei
Lanzi e venne commissionato da Cosimo I dei medici.

Benvenuto Cellini per la realizzazione di quest’opera si


cimenta in una fusione a cera persa di grandi
dimensioni, ovvero un’impresa di notevole valore
tecnico e formale.

Qui Perseo è rappresentato nudo con i calzari alati e un


elmo in testa che guarda verso il basso esponendo la
testa di Medusa, la sua posa sbilanciata ne enfatizza la
vitalità e il dinamismo contrapposto al corpo immobile
di medusa che giace sotto ai suoi piedi su un alto
basamento marmoreo modo il modellato da nicchie
contenenti bronzi. (continuo pagina 63)

SCIPIONE PULZONE, CROCIFISSIONE


Datata 1583. Iniziano a porre impressioni più
tangibili, volti a prendere questa traiettoria stilistica
e ideologica, idea di guardare ai sentimenti,
guardare a un’arte che pensi alla sensorialita e a
un’arte che ha una chiarezza di espressione che
serve sopratutto al livello di lettura più legato agli
estratti più bassi della società.

Scipione non è uno che sempli ca, grandissimo


artista che si pone poi un’idea di meditazione sul

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corpo di Cristo e su come la pittura come medium riesce a e
incollare tutte queste sensazioni, il sangue, l’idea del pianto
e le lacrime, gli occhi rossi, sono un grande momento di
virtuosismo.

MADONNA CON BAMBINO


Ritorno alla sintesi delle composizioni tipica di un momento,
che aveva visto il suo apice nel 400. Rapporto molto intimo.
C’è tutta un’altra idea, idea di calma, bambino che ci guarda
con questo sguardo sereno è un bambino già consapevole
del suo destino, anche la Madonna stessa.

SANTI DI TITO, VISIONE DI SAN TOMMASO


Datato 1593. Ultimo periodo del 500 a Firenze, lavora per
San Marco ed è legato a tutto questo lo, alla religiosità.

San Tommaso, ha preso corpo davanti a lui come se uscisse


da questa pala d’altare. C’è una pala d’altare che diventa
una nicchia, e i personaggi che quasi si materializzano di
fronte a lui, si materializzano in una sorta di visione, da la
misura di quale debba essere la funzione dell’arte concepita
in questo momento. Veridicità e rapporto con il naturale
molto sentito. Con il Manierismo abbiamo un distacco dalla
realtà, erano alla ricerca di un canone estetico, qui l’arte ha
nel suo intento principale quello di mostrare un rapporto
tangibile, momento miracolo.

Arte che tende sempre di più verso il vero.

GIOVANNI BATTISTA MORONI, CROCIFISSIONE


Datato 1565. Si trova in provincia di Bergamo, croci sso
che si pone di fronte a noi come una statua che diventa di
carne, sangue e ossa. Panneggio quanto con il suo colore è
così visibile, come qualcosa di vero che si manifesta di
fronte ai due, San Bernardino e San Francesco, in questo
paesaggio che ci permette di fare da sfondo ma non
confonde lo sguardo.

I tre personaggi sono ben isolati e distinguibili.

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DOMENICO PASSIGNANO, RICOGNIZIONE DEL CORPO DI SANT’ANTONIO
Datato 1589. Faceva parte della famiglia Salviati, si trova nella cappella Salviati a
San Marco a Firenze.

Diverse categorie di personaggi che occupano una serie di diverse aree, idee molto
manieriste di questi personaggi che fungono da diaframma tra lo spazio e quello del
dipinto, che ci pone di fronte agli evidenti riferimenti a Michelangelo.

PAOLO VERONESE,
CONVITTO IN CASA DI LEVI
Datato 1573. Paolo Veronese
andò nei guai con la legge,
venne denunciato perché questo
dipinto era stato fatto per essere
un ultima cena e alla ne gli
cambia il titolo per salvarsi la
carriera e la reputazione.
Abbiamo l’interrogatorio che gli
fu imposto durante il processo,
ci fu un processo al tribunale e gli
fecero delle domande che gettavano degli argomenti interessanti. Interrogatorio
molto lungo, ci fa vedere cosa guardavano gli spettatori delle gerarchie
ecclesiastiche che avevano in mente come l’arte dovesse funzionare nel luogo
pubblico, l’interrogatorio ci da la dimensione della prospettiva di cosa i committenti
volevano.

Controllo di ciò che veniva pubblicato (se contenevano qualche eresia non veniva
pubblicato).

La scena è ambientata all’interno di un’architettura classica, un monumentale e


fastoso impianto scenico composto da tre grandiose arcate a tutto sesto che
inquadrano un fondale urbano. L’insieme è popolato dal ritmo vivace di personaggi
che interpretano la ricca nobiltà veneziana, in atteggiamenti e vesti tanto reali
quanto estranei al racconto del Vangelo. La scena sacra con la gura di Cristo e gli
apostoli, si perde una composizione a ollatissima dove si muovono una miriade di
personaggi tra cui bu oni ubriachi nani e altri personaggi.

la tipologia di pittura che utilizza veronese all’interno di


quest’opera viene chiamata una pittura timbrica ovvero accosta
dei colori puri a colori brillanti, rendendo il dipinto più luminoso.

Veronese cambiando alla ne il nome a questa opera lo


trasforma non più in un evento sociale mai un episodio di vita
quotidiana veneziana.

il tavolo taglia in maniera paratattica il dipinto.

BRONZINO, MARTIRIO DI SAN LORNZO


Datato 1565.

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Un 600 nel quale i sensi sono uno degli elementi
principali del modo di leggere le opere d’arte,
non tanto la razionalità quanto l’idea della
meraviglia e gli stimoli sensoriali.

BAROCCO
BERNINI, ESTASI DI SANTA TERESA
Datata 1642-45.

Rapporto sensoriale che diventa sempre più


importante, per gli artisti ma anche per il
pubblico.

Al centro della cappella Cornaro viene collocata


all’estasi di santa Teresa ovvero Santa Teresa che
compie delle espressioni mistiche e in questo caso
Bernini la ra gura nel momento dell’azione ovvero il
momento in cui lievita da terra, noi possiamo
osservare il suo corpo, la sua testa, le sue mani e i
suoi piedi sollevarsi da per terra verso l’alto. Viene
aggiunto un angelo con una freccia dorata.

espresso dal volto di Santa Teresa possiamo notare


diverse sensazioni come quella del dolore ma allo
stesso tempo di piacere, l’intento principale di Bernini
era appunto quello di andare a rappresentare i moti dell’animo.

nelle pareti laterali troviamo delle nte nicchie che vanno a rappresentare una sorta
di spettatori della scena teatrale, si tratta infatti della famiglia Cornaro in persona.

Bernini all’interno di quest’opera aggiunge molto


oro soprattutto sullo sfondo per andare a
rappresentare una specie di raggi di luce.

ANNIBALE CARRACCI, THE BUTCHER’S SHOP


Datatao 1580. Con il Manierismo Annibale carracci
ci porta dentro una macelleria, con il sangue e i
vestiti rovinati. I volti che stanno quasi per
grottesco, ci porta nel mondo reale. Brutalità, ci fa
vedere le interiora del manzo. Personaggi tratti dal
reale.

CARAVAGGIO
In origine chiamato Michelangelo da Merisi si tratta di un pittore milanese e
contemporaneo dei Carracci. La sua prima formazione iniziò dopo i vent’anni
quando andò a Roma. Il suo primo maestro fu Simone Peterzano ovvero un grande
allievo di Tiziano. Durante il suo viaggio a Roma lui andò a lavorare nella stessa
bottega dei fratelli Carracci ovvero la bottega del cavalier d’Arpino. Nel 1606 ucciso
una persona e difatti i suoi ultimi anni di vita furono molto complicati dato che se ne
andò dall’Italia ci furono una serie di spostamenti no alla sua morte.

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NATURA MORTA
Datata 1597-1598. donata dal cardinale Federico
Borromeo alla pinacoteca Ambrosiana di Milano
da lui fondata nel 1618. La canestro di frutta si
staglia su uno sfondo chiaro e luminoso, in lieve
aggetto rispetto al piano sopra il quale è
appoggiata. In modo straordinariamente
verosimile la luce ci restituisce quasi in maniera
tattile frutti e foglie sia freschi sia nel momento in
cui stanno marcendo o appassendo. Nel frutto
bacato e nella foglia accartocciata si è letto un
rimando simbolico al tema della vanitas della
precarietà di tutto ciò che è vivente ovvero un
memento mori.

VINCENZO CAMPI, FRUTTIVENDOLA


Datata 1587-91. Scena di genere, l’artista prende un
pretesto per rappresentarlo.

ANNIBALE CARRACCI, IL MANGIAFAGIOLI


Datata 1584-1585.

Si tratta di una scena di genere ovvero quando


si parla di scene di genere si parla di scene di
vita quotidiana. Infatti Annibale rappresenta un
uomo in vesti da contadino intento a mangiare
una ciotola di minestra con i fagioli in modo
molto famelico. Possiamo vedere con quale
modo tiene con la mano sinistra un pezzo di
pane mentre con la mano destra si avvicina il
cucchiaino alla bocca.

VINCENZO CAMPI, I MANGIATORI DI


RICOTTA
Datato 1580. Gioca sulla dare contro i canoni
classici per generare riso e ironica, per mettere
queste gure in una luce tutt’altro che dignitosa.

Bocche aperte e denti rovinati, si vuole mettere


alla luce il contrario di una gura graziosa.

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BARTOLOMEO PASSAROTTI, MACELLERIA

Qualcosa da cui Annibale Carracci prende le distanze, perché nelle sue opere c’è
una dignità molto diversa. Rappresenta pur sempre contadini, ma la tovaglia resta
pulita e non diventa volgare.

ANNIBALE CARRACCI, PIETÀ CON LA VERGINE E I


SANTI
Datato 1585. Idea di naturalismo, guarda un paesaggio
che in qualche modo mette insieme Venezia e le opere
di Correggio, come ad esempio la luce dorata.

Corpi messi in evidenza da una luce che crea anche


delle gerarchie, sbatto in modo inequivoco sul corpo.
La composizione piramidale, di cui Cristo è incorniciato
da due santi, la Madonna che sviene (gesto molto
eclatante, dolore sovrumano che le fa spegnere il
cervello).

ANNIBALE CARRACCI, PIETÀ


Datata 1599-1600. Donna che lo guarda con
un’espressione di dolore umano il corpo del glio che
le giace in grembo. Distanti dalla Pietà di
Michelangelo dove la Madonna era seria, non
mostrava nessun cedimento al pianto. Qui la vediamo
che lo guarda, gesticola, come se gli stessi ancora
parlando.

Angelo che si punge con una corona di spine e


piange, vuole insistere con quel concetto che fa male
sicamente. Vuole farci sentire il dolore della spina
che si con cca nella carne,

In una luce che isola queste gure.

LUDOVICO CARRACCI, LA CONVERSIONE DI SAN


PAOLO
Datato 1587-89. Qui San Paolo, Saoul, cade da cavallo
per la via di Damasco e vide da un unico occhio la luce
divina e si converte diventando San Paolo. Lui è l’unico
a vedere questa luce, gli altri sono pochi e
completamente ignorano, non riescono. a vederla.
Luce come valore simbolico molto forte, santo che
cade da cavallo.

Ci mette in primo piano il santo e il cavallo, il cuore

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della narrazione.

ANNIBALE CARRACCI, MATRIMONIO MISTICO DI


SANTA CATERINA
Datato 1586. Ci troviamo in un mondo in cui Annibale
Carracci ha quasi del tutto recuperato Correggio.

ANNIBALE CARRACCI,
MADONNA CON BAMBINO
E SANTI
Datato 1588. Grovigli di
corpi che andavano contro a
questa idea della statuaria
monumentale, erano statue
ma complesse e aggrovigliante, compresse in uno
spazio.

San Francesco, San Giovanni Battista, leggibili e ben


isolati, San Giovanni ci guarda e indica il Cristo (è
arrivato il messia, porta il nostro occhi al centro della
composizione).

Composizione organizzata su un’asse che va verso il


lato di un dipinto. La Madonna e il bambino non sono
al centro, c’è un asse parallelo al nostro piano di
visione.

Confronto con la Pala Pesaro.

ANNIBALE CARRACCI, PAESAGGIO CON


LA FUGA IN EGITTO
Datata 1603-04. Paesaggi che diventano
sempre più un genere e autonomi. Ci sono
ancora le gure che giusti cano il paesaggio.

lezione del 5 dicembre

ANNIBALE CARRACCI, GALLERIA FARNESE


Dopo i suoi primi anni a Bologna viene chiamato a Roma dalla famiglia Farnese.
Chiamano artisti della loro nazione, Roma era una città fatta di molte nazioni

(Haskell, uno dei più grandi storici dell’arte del 900. I mecenate si organizzavano
spesso, anche in base di provenienza.)

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Lo abbiamo visto a Bologna
esplorare le vie della
controriforma, attenzione alla
natura, lo abbiamo visto cercare
di trovare vie alternative a quello
che era visto come un
Manierismo che ri etteva su se
stesso. A Roma lui viene
sconvolto dalla città degli antichi.

Fu responsabile di tutta la
decorazione di questo ambiente,
anche delle pareti decorate a
stucco.

Spazio in cui le pareti sono controvate da queste porte, nestre e nicchie che
ospitavano statue, ad oggi ci sono delle copie.

Contorna con cornici questi quadri (realizzati anche da altri pittori). Si tratta solo di
pittura, gli stucchi qui diventano nti e ngendo sulla volta quella che è una galleria
che dovrebbe stare su una parete però lui c’è la mette sulla volta.

Ci da la funzione di quella che è una collezione, anche il modo in cui vengono


esposti i dipinti.

TRIONFO DI BACCO E
ARIANNA
Costruito sfruttando forma, con
queste gure che guardano
attentamente Michelangelo.

Si tratta dell’opera più


importante dove viene
rappresentato il Trionfo di Bacco
e Arianna (uno scritto di Lorenzo
de Medici).

Troviamo degli atleti portati in


trionfo per le nozze. Nella folla
riusciamo a vedere un sileno ubriaco che viene portato via in spalla. I corpi sono
molto simili agli ignudi di Michelangelo.

Equilibrio compositivo, gestisce le


immagini in maniera classica. Pittura
molto luminosa,

ERCOLE AL BIVIO
Quando inizia a lavorare per la
famiglia Farnese non va subito a
lavorare per la Galleria. Per il
camerino di Odoardo Farnese (più
precisamente si trova sul so tto,
crea una griglia compositiva in
stucco che serve per tenere altri
elementi gurati e per sostenerli)
1595-1596, realizza Ercole al Bivio.

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Dipinto installato nel camerino, lo vediamo già che ci troviamo ad un soggetto della
mitologia, Ercole che deve scegliere tra Virtù e Vizio. Tema che allude a quella che è
la ricerca e il percorso di virtù di colui che occupa questo studio, deve essere
ispirato da questa pittura.

Ercole che viene da sculture classiche, corpo estremamente massicciò, spalle


grandi. Postura, con queste gambe dove una è più piegata l’altra meno.

Studio della statuaria antica e un confronto con la classicità. Linguaggio visivo che
non è più quello dei primi dipinti come il Mangiafagioli, sistema completamente
diverso.

Due allegorie della virtù e vizio, che sono due variazioni sul tema dei corpi classici. L
virtù è quella sulla sinistra mentre il vizio quella sulla destra, indica delle maschere
(qualcosa che potrebbe ingannare). La virtù ci indica la via tortuosa, attraverso un
territorio che non è ospitale e piacevole come l’altro, cammino faticoso e privo di
qualsiasi piacere momentaneo.

Stanza nella quale si iniziano a provare una serie di soluzioni che vengono
sviluppate nella galleria.

Lo spazio è funzionale alla narrazione stessa. Organizzazione del dipinto molto


diversa e molto più chiara.

FONTAINEBLEAU, galleria 1522-1540

Spazio di intrattenimento degli ospiti. La galleria diventa uno spazio associato con
le esposizioni dell’arte.

PALAZZO SPADA, galleria a Roma 1575-1590

DANIEL MYTENS, RITRATTI DI LORD E LADY ARUNDEL


Datato 1618. Vediamo quanto lei ha tutta la galleria di ritratti alle sue spalle. Donna
con il compito di continuare la sua famiglia e viene associata alla galleria dei ritratti,
società in cui erano de niti i ruoli.

ROBERT NANTEUIL, CARDINALE MAZZARINO


Datato 1659. Spazio della collezione.

CARAVAGGIO, BACCO
Datato 1595-1596. Commissionato forse dal
cardinal Del Monte.

Il giovane si trova appoggiato ad una sorta di


triclinio, avvolto parzialmente da un lenzuolo per
dar delle sembianze di una veste romana
(comprende anche una ghirlanda di tralci di vite che
cingono a mo di corona la testa dai neri capelli
ricciuti).

Il volto ruotato a tre quarti è leggermente arrossato.


Regge una coppa di vetro colma no all’orlo di
vino.

La cesta di frutta rappresentata davanti a lui


anticipa la tematica della natura morta.

L’atmosfera è fosca così da giocare, grazie anche


alle vesti, e far diventare la scena una sorta di

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rappresentazione mistica. In un’altra ottica lui alluderebbe allo stesso Salvatore
(grazie anche all’insieme di elementi che riconducono alla Passione di Cristo).

AMOR VINCIT OMNIA


Datato 1602. Cupido che ci guarda direttamente, ammiccante,
collocato nella galleria della famiglia Giustignani (veniva coperto
da una tenda, veniva svelato solo dal committente se lo voleva
lui).

Opera so sticata per come si poneva nel contesto della storia,


perché lui torna a guardare Michelangelo (San Bartolomeo).

LE STORIE DI SAN MATTEO


Ottenne una serie di collezioni pubbliche. Datato 1599-1600. Si trova di anco a
Palazzo Madama e venne commissionata da Matteo Contarelli.

Caravaggio realizzò per questa cappella una serie di 3 dipinti con al loro interno le
storie di San Matteo (ovvero uno degli evangelisti).

LA VOCAZIONE DI SAN MATTEO


Vediamo Matteo che richiede le tasse, viene
rappresentato come una sorta di usuraio che
lavora all’interno di un’osteria (non c’è niente di
cristiano,stanno contando i soldi).

Il messaggio divino arriva attraverso un fascio


luminoso, ci sono personaggi che rispondo e chi
no per continuare a svolgere il loro lavoro
noncuranti della scena che si sta svolgendo
davanti a loro.

La scena sacra, ovvero


San Matteo che incontra
Cristo e riceve la
vocazione. I personaggio
intorno sono vestiti con
vesti della Roma di quegli
anni e popolano lo spazio, l’interno di una taverna romana
molto poco raccomandabile.

SAN MATTEO E L’ANGELO

Datato 1602. Di quest’opera abbiamo una prima versione


che venne distrutta durante la guerra. In questa prima
versione rappresenta San Matteo come se fosse un
analfabeta (stupido di saper scrivere). L’angelo al suo anco
gli guida la mano.

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Nella seconda versione San Matteo viene rappresentato in modo più consapevole,
nel momento in cui scrive il vangelo e si ispira alla versione precedente (San Matteo
in ginocchio sullo sgabello).

MARTIRIO DI SAN MATTEO


Datata 1598-1600. In questo dipinto il
martirio avviene all’interno di una chiesa,
notiamo il taglio diagonale della luce che ci
propone uno scorcio di questi personaggi.

Dall’alto arriva un angelo che consegna la


palma, dietro a San Pietro vediamo persone
inorridite dalla scena che gli si sta
proponendo davanti.

Troviamo un autoritratto di Caravaggio.

Le pose diventano più dinamiche e la scena


sembra donarci un e etto più teatrale.

LA CAPPELLA CERASI
Sotto committenza del tesoriere del papa (Tiberio Cerasi), vengono commissionate
una serie di opere e in questo caso abbiamo due dipinti laterali di Caravaggio
mentre quello centrale di Annibale Carracci (L’ascensione della Vergine).

CONVERSIONE DI SAN PAOLO


Datato 1600-1601. Si tratta della vocazione
di San Paolo, uno dei principali persecutori
cristiani che ricevette un apparizione sulla
via di Damasco (in origine San Paolo si
chiamava Saulo, prima della conversione).

Esistono due versioni di questo dipinto, la


prima versione non venne accettata mentre
nella seconda versione (quella che abbiamo
oggi) abbiamo il cavallo molto enorme che
occupa la maggior parte del dipinto,
rappresenta uno stalliere vicino al cavallo.
Mentre San Paolo si trova a terra
abbagliato dalla luce, lui è attratto da
questa luce (lo troviamo ad occhi chiusi e a
braccia aperte).

Capacità di avere il comando assoluto di


di erenti declinazioni espressive.

Insiste sui piedi sporchi di un uomo che


cammina sempre a piedi scalzi, un corpo
del quale si vede l’esposizione di un corpo
vero e di una pelle che è stata esposta al
sole, un volto segnato dalle rughe e
dall’età.

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CROCIFISSIONE DI SAN PIETRO
Datato 1600-1601. San Pietro venne croci sso a
Roma ovvero dove Bramante eresse il Tempietto di
San Pietro in Montorio.

Caravaggio crea un taglio dinamico della scena,


coloro che stavano martirizzando San Pietro
vogliono alzare la croce e lo fanno con fatica (per
decisione di San Pietro vuole essere martirizzato al
contrario sulla croce).

Uno dei tratti distintivi nella pittura di Caravaggio è


che lui tratta i dipinti come se fossero scene
normali, scene di vita quotidiana, molti committenti
non apprezzavano questa cosa ovvero il trattare
così anche scene sacre.

Aguzzìni vestiti con vesti della Roma del tempo,


personaggi scalzi che insistono su quest’idea di una
sporcizia che si incrosta sulla pelle.

ANNIBALE CARRACCI, ASSUNZIONE


Datato1601. Rappresenta la Madonna che sale in
cielo circondata dagli angeli, con le braccia aperte e
gli occhi rivolti verso l’alto. Gli apostoli reagiscono
alla scena con gesti ed atteggiamenti diversi (c’è chi
è sorpreso e c’è chi segue con devozione l’evento
miracoloso).

LA MORTE DELLA VERGINE


Datato nel 1605-1606. In origine doveva essere
collocata a Santa Maria della Scala (a Trastevere) ma
alla ne non venne più messa al suo posto.

Si suppone che sia stata realizzata in seguito ad un


evento di attualità di quei tempi, ovvero una prostituta
trovata morta nel Tevere. Creò grande scandalo dato
che si ispirò con questo donna alla Vergine, inoltre era
anche un corpo veramente morto mentre la Vergine di
solito si rappresenta che ascende al cielo.
Scompostezza del corpo.

Dolore contenuto all’interno di questa scena, gli


apostoli che la circondano e piangono.

Vuole farci vedere questa donna nel momento più


disperato, appena morta. Infatti la Maddalena piange,

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un volto così vinto dal dolore che Caravaggio non ce lo fa vedere.

DAVID CON LA TESTA DI GOLIA


Datato 1609-1910. Faceva parte della collezione
del papa, Scipione Borghere.

David con la testa di Golia in mano, un dipinto


che aveva una lunga storia nell’essere associato
alla giustizia.

Lui si mette come la testa del David, ovvero si


pone come il cattivo. Sta ammettendo di essere
lui stesso in una situazione grave. Autoritratto
disturbante.

Testa non solo il collo perde sangue, ma la


bocca ha perso qualsiasi possibilità di tenersi.

INCREDULITÀ DI SAN TOMMASO


Datato 1602. Vuole un’arte che deve evocare
sensazioni. San Tommaso ha degli occhi che
sono privi di luce, non vuole credere a quello
che ha davanti. Deve toccare con mano.

Idea di quanto Caravaggio insistesse molto


sull’idea della vista, quante volte lui ri ette
sull’occhio.

Tommaso, serie di rughe parallele, sta


guardando attentamente.

DEPOSIZIONE
Datato 1602-1604. Commissionata da Gerolamo
Vittrici, ovvero il guardarobiere del papa, per la
cappella di Santa Maria in Vallicella.

Si tratta di una solita deposizione, solo che vediamo


la Maddalena e una pia donna agitare le braccia
disperatamente.

Si ispira per la posa del braccio di Gesù alla Pietà di


Michelangelo.

Un corpo vero sentito per tutto il suo peso.

RESURREZIONE DI LAZZARO

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Datato 1609. La sua pittura si fa sempre più rapida e
sintetica ma rimane comunque se stesso.

Cristo che sta comandando a Lazzaro di alzarsi e


camminare.

BARTOLOMEO MANFREDI, LO SDEGNO DI


MARTE
Datato 1613. Divenne famoso per essere un
imitatore di Caravaggio.

Rapporto fra luce ed ombra, ma siamo


completamente diversi da Caravaggio, c’è questa
luce che crea dei forti contrasti con l’ombra densa
ma le gure sono molto idealizzate (prese
dall’antico).

Tessuti molto poco de niti.

GIOVANNI BAGLIONE, AMOR SACRO E AMOR


PROFANO
Datato 1602. Lontano da Caravaggio ma guarda molto alla
tradizione, pur in questa idea dic nottasti molto forti tra
luci ed ombre.

ORAZIO GENTILESCHI, RIPOSO DURANTE LA FUGA

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IN EGITTO
Datato 1610. Pittore a ascinato da
Caravaggio.

Utilizzo dei marroni, color ocra,


quanto deve a Caravaggio. Questo
muro che separa la sacra famiglia
dall’asino che li trasporta,
chiaramente è un gesto verso
Caravaggio.

CARAVAGGIO, REST ON THE FIGHT


INTO EGYPT
Datato 1594-1595.

ORAZIO GENTILESCHI, THE FINDING OF


MOSES
Datato 1633. Si trasferisce in Inghilterra
dove vuole lavorare per la corte, il
linguaggio di Caravaggio non era
abbastanza per queste persone di alta
nobiltà. Allontanamento da quello che era
Caravaggio.

ARTEMISIA GENTILESCHI, SUSANNA E I


VECCHIONI

Datata 1610. Vediamo quanto la tavolozza sia molto


vicina a Caravaggio ma anche quanto lei qui capisce
la storia di Susanna, due vecchioni la osservano
mentre si fa il bagno e quando li scopre loro la
minacciano.

Approccio alla realtà.

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GIUDITTA
Datato 1625. Scene in cui i contrasti tra luce ed
ombra stanno diventando un elemento molto
impronte del modo di dipingere. Si iniziano ad inserire
candele che squarciano le tenebre.

Giuditta deriva da una cultura Caravaggesca, la serva


sta mettendo la testa del generale nel sacco.

GIUDITTA E OLOFERNE
Datato 1620.

CARAVAGGIO, GIUDITTA E
OLOFERNE
Datato 1598-1599. Sta tagliando la testa
senza nessuno sforzo.

Scena con molto phatos, l’urlo del


generale quasi si congela e vediamo il
sangue schizzare fuori dal sul collo.

Giuditta è tranquilla mentre compie


questo gesto, va in contrapposizione
con il volto dell’anziana serva che si
trova al suo anco (la luce colpisce la
veste bianca di Giuditta).

La ragazza alla quale è Caravaggio si


ispira per realizzare Giuditta è una cortigiana che il pittore conosce.

Ritornano le tematiche di vita quotidiana su una scena più sacra.

GUIDO RENI, CROCIFISSIONE DI SAN PIETRO


Datato 1604-1605. Emblema del classicismo bolognese, il più grande. Incarna l’idea
dell’arte che guardava al classico.

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Guarda Caravaggio per l’illuminazione, per questi corpi
che stanno osservando Caravaggio. Questi aguzzini
sono anche degli atleti, hanno dei corpi che escono da
una collezione di antichità.

Vecchio idealizzato, dignitoso. Gesto di preghiera al


cielo.

DAVID
Datato 1605. Caravaggesco per un contrasto tra
luci e ombre. David vestito elegante, cappello con
una piuma e con il corpo di un Apollo, che
contrasta con la deformità del gigante (ovvero il
mostro). Manifestazione sica della sua immoralità.

IL RAPIMENTO DI ELENA
Datato 1631. Concezione dell’arte diversa,
arte che deve puri care. Ratto di Elena,
statue che prendono vita ma sono statue.
Retorica dei gesti che costituisce il rito del
dipinto stesso, sembra quasi un passo di
danza.

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RUBENS, SAN GREGORIO CON ALTRI SANTI IN
ADORAZIONE DELLA VERGINE

Datato 1607. I canti di San Gregorio, i santi in


adorazione, centro del dipinto e si tratta della
prima versione, c’è ne sono due di versioni.

In questi anni la volta della galleria Borghese erano


concluse, Caravaggio aveva già lasciato i suoi
principali capolavori a Roma.

Vediamo Rubens arrivare con una sensibilità simile


a quella di questi due artisti, sguardo verso l’antico
è vero il monumentale, vediamo il frammento di
architettura classica che di fatto sullo sfondo si
con gura come un arco di trionfo. Colpito
dall’antico, San Gregorio quanto è estremamente
solenne e monumentale nel suo modo di porsi,
vediamo quanto Rubens stia attento al rendere le
qualità epidermiche delle super ci. Tessuti che
sono ra gurati in modo che noi possiamo avere la
percezione della seta, della lucidità e i velluti, le
vesti di San Gregorio, l’armatura. La di erenza tra
le super ci, attenzione alla realtà, il modo in cui
essa si manifesta.

Colore materico che emerge e lascia emergere le


pennellate, il gesto dell’artista questo lui c’è lo fa
vedere molto volontariamente. Conosceva lui stesso tutti questi termini.

San Gregorio al centro è una gura che materializza la monumentalità attraverso il


panneggio, ora iniziano ad ampli carsi ad avere una sorta di vita propria a
prescindere dal corpo che li occupa. Panneggi molto pesanti che rendono molto
chiaramente l’idea di questi tessuti, spessi.

Ci fa avvicinare le immagini, c’è le presenta dal


basso. Conosce le opere di Agostino Carracci,
conosce le sue opere.

Idea di monumentalità, si capisce quale è la direzione


che prenderanno dopo gli artisti che più
riprenderanno l’idea del Barocco.

(aggiunger martirio di san lorenzo di pietro della


cortona)

MADONNA DELLA VALLICELLA ADORATA DA


SERAFINI E CHERUBINI
Datato 1608. Angeli in adorazione, con gruppo di
creature angeliche che di fatto reggono questa
immagine miracolosa.

Vediamo un punto di vista ravvicinato, i tessuti


vengono studiati nella loro percezione anche
sensoriale. Rubens ci vuole mostrare di che cosa
sono fatti questi tessuti, idea dello stimolare i sensi.

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BERNINI, CATTEDRA DI SAN PIETRO


Quattro Santi colossali, le anatomie sono
ampli cate e corpo che sono ampli cati,
monumentalizzati. Ampli cazione della gura
umana che è radicalmente diversa rispetto a quella
di Michelangelo.

Corpi che mantengono una proporzione e sono un


movimento, molto meno eclatante. Non sono solo
corpi idealizzati, sono corpi che vengono
ampli cati.

Oro che impreziosisce la opera, rende più


luminosa.

I cherubini stanno traboccando da quella che è la


cornice imposta dalla architettura, vediamo anche
un modello di passaggio ovvero quando all’inizio
del secolo guardano la classicità.

Partizioni architettoniche che danno ritmo alla


parete, poi queste gure esplodono dalla parete
con un’insieme di raggi, danno l’idea di qualcosa che non può essere contenuto.
Quello che c’è dentro la cornice è un altro grande problema.

GIAN LORENZO BERNINI


Uno dei più importanti artisti del Barocco, lavorò per molti papi e dato che ebbe una
vita lunga ne conobbe molti (attraversò il secolo).

Il suo primo successo lo ebbe a vent’anni, origini napoletane e suo padre era uno
scultore. Andarono a lavorare a Roma, lui collaborava con il padre (collaborazione
per la Barcaccia). Lavorò per Scipione Borghese.

RATTO DI PROSERPINA
Datato 1621-1622. Quello che Bernini va a
rappresentare è un momento esatto (era anche una
delle principali caratteristiche del barocco).
Rappresenta Plutone che rapisce Proserpina, ma
lo rappresenta in modo come se stesse
succedendo tutto proprio in quel momento e riesce
ad intrappolare questa scena nel marmo.

A onda le sue dita nella coscia di Proserpina,


come se il marmo cambiasse consistenza in quel
momento. Cerbero, cane a tre teste.

Tema ripreso dalle Metamorfosi di Ovidio, che ai


tempi era una delle tematiche più apprezzate. La
storia narra che Plutone si innamora di Proserpina
e la rapisce, portandola negli inferi. Proserpina era
la glia di Cerere che si arrabbia, interviene Giove
prendendo la decisione di far restare Proserpina tre
mesi negli inferi e tre mesi insieme a sua madre,
ciò andò a creare le stagioni.

La struttura è formata da due archi opposti.

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APOLLO E DAFNE
Datato 1622-1625. Commissionata dal cardinale
Borghese. Elabora quest’opera sempre seguendo
una tematica mitologica, delle Metamorfosi, si tratta
di un’inseguimento amoroso.

Apollo si innamora di Dafne, lui a erra lei ma in quel


momento lei si sta già iniziando a trasformare in
albero (vediamo la corteccia), si tratta di un momento
dinamico. Vediamo i suoi capelli diventare foglie (lei
chiede al padre di trasformarla in una pianta di alloro).

DAVID

Datato 1623-1624. Eseguito per il cardinale appretti


Montalto. David viene rappresentato nel momento in
cui scaglia la pietra. Rotazione assoluta del busto,
vediamo che regge la frombola e sta per scagliare la
pietra. Sta raccogliendo in quel momento le energie.
Quello che vediamo, il suo movimento, si tratta di un
meccanismo a molla.

Il marmo presenta delle macchie, Bernini utilizzava


dei materiali non molto pregiati e spesso riportavano
delle piccole imperfezioni.

BUSTO DEL CARDINALE SCIPIONE BORGHESE


Datato 1632. Bernini rinnova il signi cato del
ritratto, ispirandosi principalmente alla ritrattistica
romana.

Bernini cattura un momento ben preciso, ovvero il


momento in cui il cardinale rivolge lo sguardo
altrove e sposta la testa (lo rappresenta come se
fosse distratto). Lui schiude le labbra, modi ca
l’iconogra a e va a rappresentare persino i dettagli
della barba. In testa porta il tricorno asimmetrico.

Ci sono due versioni di quest’opera, nella prima


versione salta un pezzo. Rappresenta un bottone
mezzo dentro e mezzo fuori, come se avesse
indossato qualcosa in modo molto veloce.

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BALDACCHINO
Datato 1624-1633. Si tratta di un ciborio colossale,
ovvero molto grande. In origine il baldacchino si
trattava di una struttura di legno e tessuti, che
sotto nella maggior parte delle volte custodiva
sotto il trono.

Venne realizzato sotto Ubrano VIII Barberini, uno


dei papi più importanti del periodo Barocco.

Notiamo la presenza delle colonne tortili, delle


colonne che girano su se stesse, decorate con
rami di alloro, putti e api. Le api erano il simbolo
della famiglia Barberini.

MONUMENTO FUNEBRE DI URBANO VIII


Datato 1628-1647. Per la sua realizzazione ci
vogliono 20 anni di lavoro e Bernini lo realizza
insieme ai suoi allievi. Sul sarcofago vediamo la
morte con in mano una pergamena e l’iscrizione del
nome del papa.

Giochi di colori, utilizza diversi materiali ovvero il


marmo e il bronzo. Viene collocato all’interno di una
nicchia, presenta una struttura piramidale.

Vediamo due gure di due donne, si trattano di due


allegorie quella della carità (ovvero la donna che
allatta) e la giustizia. Sopra il sarcofago su un
grande piedistallo vediamo il papa che indossa una
tiara popolare.

GUGLIELMO DELLA PORTA, MONUMENTO


FUNEBRE DI PAOLO III
Datato 1549-1575.

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MONUMENTO FUNEBRE DI ALESSANDRO VII
Datato 1671-1678. Monumento funebre del nuovo
papa, realizzato questa volta con il marmo rosso di
sicilia e il marmo bianco, questa volta Bernini decide
di non utilizzare il bronzo.

Vediamo la morte volare con una clessidra in mano,


nella quale al suo interno scorre il tempo. Sotto il
monumento funebre troviamo una porta, simbolica,
che indica il memento mori.

MONUMENTO DI MARIA RAGGI


Ricerca di una scultura polimaterica, qualcosa su cui
Bernini ri ette tanto.

La cartapesta nacque come "prova" per la


realizzazione del monumento funebre dedicato a
Suor Maria Raggi (1552-1600), collocato sul sesto
pilastro della navata sinistra nella chiesa romana di S.
Maria sopra Minerva.

L'opera, realizzata in bronzo e marmo da Gian
Lorenzo Bernini, venne commissionata dai
discendenti della religiosa, Ottaviano, Tommaso e
Lorenzo Raggi. Il medaglione con il busto è sorretto
da due angeli, sovrastato da una croce e applicato
su un drappo nero in cui è incisa l'iscrizione
dedicatoria.

Maria Raggi, discendente da una nobile famiglia
genovese, nacque nel 1552 nell'isola di Chios:
sposatasi a dodici anni, rimase ben presto vedova e si fece
terziaria domenicana. Dopo la sua morte, avvenuta a Roma nel
1600, fu avviato un processo di beati cazione in virtù della
santità della sua vita e dei numerosi episodi miracolosi a lei
ricondotti. Malgrado sul suo corpo fosse stata accertata la
presenza delle stimmate sulle mani e delle ferite della corona di
spine sulla fronte il processo non venne mai terminato.

LA VISIONE DI COSTANTINO
Datato 1654-1670. Opera che ci apre tutto un mondo verso
Bernini attento al teatro.

Nel 1669 divenne Papa Clemente X Altieri sotto il ponti cato del
quale si inaugurò la Scala Regia ai piedi della quale si pose la

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statua di Costantino, nella quale l'artista rappresenta l'imperatore nel momento in cui
ha la visione della Croce: rappresentato con un'espressione di stupore accentuata
dal movimento del cavallo. Sullo sfondo è presente un tendaggio mosso dal vento
che da un senso di profondità spaziale all'insieme.

CAPPELLA CORNARO
ESTASI DI SANTA TERESA
Datato 1642-1645. Descrizione pagina 44.

lezione del 29

GIAMBOLOGNA, MERCURIO

Datato 1580. Realizza questo Mercurio, che parte dal


sistema compositivo di Benvenuto Cellini del Perseo, lui lo
estremizza. Libera ancora di più questi arti nello spazio,
cercare di andare sempre un po’ più oltre della forma
normale.

Pittori e scultori si osservavano, braccio allungato con il dito


che indica (ascendenza di Michelangelo).

Scultura realizzata in bronzo.

IL MANIERISMO A ROMA
È un luogo dove si vede molto del Manierismo. Oratorio di San Giovanni
Decollato, con una serie di a reschi di Francesco Salviati.

Declinazione romana, ci troviamo di fronte ad un linguaggio simile e gli artisti sono


sempre gli stessi.

VISITAZIONE

Datato 1538. Una delle tematiche


che più si ripropone nella Roma di
quel tempo.

Madonna ed Elisabetta che si


incontrano e si stringono la mano.

Francesco Salviati pittore di cultura


orentina e si ricorda della
invenzione narrativa della Cappella
Sassetta del Ghirlandaio.
Invenzione che durante gli anni
manieristi verrà ripresa perché gli

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permetteva di complicare lo spazio.

Due gure che indicano quello che sta succedendo, il soggetto del dipinto è
spostato verso un piano più arretrato. In primo piano vediamo una serie di
personaggi che non si curano e iniziano a complicare la narrazione. Memoria
Ra elllesca.

Figure più libere nello spazio che compiono dei gesti. Salviati inizia a mettere una
serie di mani, dita e gesti che ci portano verso questo spazio urbano.

Dettagli architettonici, che vanno a ricordare episodi come l’incendio di Borgo.

JACOPINO DEL CONTE, PREDICA DEL


BATTISTA
Datato 1538. C’è una massa di personaggi
contenuti a fatica nel dipinto, personaggi che poi
propongono un catalogo vario di cultura e di
turbanti, sono personaggi biblici.

Battista che sta come una statua, simile alle


statue appena viste e disamo anche molto vicini
con le date.

Qualcosa senza una funzione narrativa precisa. Il


Battista di solito vien visto vagare nel deserto, qui
invece è piuttosto popolato con personaggi con
variazioni su tematiche michelangiolesche ma
anche un modo di comporre lo spazio che
distrugge le coordinate della profondità
dimensionale. Massa di personaggi a ollati in
primo piano che si articolano su un andamento
verticale.

Compressione della moltitudine di gure che


prima non vedevamo, uno spazio multiplo con
gure femminili sulla sinistra (più piccole delle altre).

BATTESIMO DI CRISTO
Datato 1541. Dove troviamo Cristo fortemente
reminiscente, gura scocciata che vediamo distesa
e di spalle ed è ovviamente una variazione su temi
michelangioleschi.

Il manierismo dilaga a Roma, sopratutto con Giorgio Vasari. Fa della produzione


massiccia della sua pittura un elemento chiave della sua visione. In questi anni

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stava scrivendo Le Vite, e si vanta di riuscire a dipingere tantissimo in poco tempo,
non gli piaceva Leonardo Da Vinci.

PALAZZO DELLA CANCELLERIA,


SALA DEI CENTO GIORNI
Datata 1546. Aveva capito come
funzionava il cantiere in questo
periodo è si serve di una serie di
pittori che lavorano per lui. Le scale
che complicano tutto, partono da
due rampe che si congiungono e si
allargano di nuovo, spazio che
dialoga con il nostro. Vediamo che
c’è il papa e inserendolo pensa a
chi l’aveva fatto prima di lui negli
a reschi.

Queste colonne tortili che


impediscono al nostro occhio di
muoversi, spazio compresso è
a ollato, non possiamo più percorrerlo. Spazio con una prospettiva e Vasari c’è lo fa
vedere, una prospettiva dov’è le linee del punto di fuga conducono sulla destra.

Figure nelle nicchie che mimano della culture e riescono ad entrare lì dentro solo
perché hanno le gambe piegate.

SALA REGIA, nei Palazzi Vaticani


Momento di dispiego decorativo, i cantieri che si ampli cano e c’è un’idea di uno
spazio che sta diventando di dimensioni molto più imponenti, molto importante per
il dilagare di questa decorazione, sono spazi che per la loro portata timensionale e
per la decorazione sono molto in coerenza con quello che abbiamo visto con il
Salone dei cinquecento.

ALLEGORIA DELLA LEGA SANTA


Datata 1572. L’esercito ottomano è quella che il
papa aveva promosso come lega santa, la chiesa, la
Spagna e Venezia (lo stato della chiesa no aveva una
otta, gli viene data dai medici). Fu una vittoria
importante per l’esercito Cristiano che venne
celebrata tantissimo.

Qui vediamo quanto Vasari è attento alla resa


topogra ca di come si dispiegano i due eserciti
navali nel mare. Vasari si fece mandare disegni delle
navi da Venezia, carte topogra che per capire come
posizionarle.

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Castel Sant’Angelo, qui Perin del Vaga
(viene dalla scuola di Ra aello).
(1545-1547)

A rescata la Sala Paolina, vediamo


quanto è simile nel modo di organizzare
l’a resco nel modo di coprire le pareti e
annienta la parete, la trasforma in una
sorta di continuo narrativo.

Nel registro superiore troviamo una serie


di quadri nti, sono a reschi, inseriti
dentro cornici nte e sono monotoni che
suggeriscono l’idea di scultura, danno
l’idea del bronzo dorato. Si alterna a delle
statue dentro delle nicchie che non sono
statue ma personaggi dipinti.

SALA DI AMORE E PSICHE


Datato 1545. Lo spazio della nicchia
non riesce più a contenere queste
gure che emergono dalle nicchie.
Sala complicata.

Sale con soggetti mitologici, quindi


c’è il problema di trasportare questa
mitologia e della Roma pagana nel
cuore della Roma.

DANIELE DA VOLTERRA, DEPOSIZIONE


Datato 1541-1545. Guardiamo non soltanto la
tavolozza e i colori, che utilizza per creare questa
scena distaccata dall’idea reale ma realizza anche
uno spazio complicato. Le scale non si vede dove
poggiano ma costruiscono uno spazio davanti e
dietro la croce, moltitudine di gesti così concitati.

Corpo che viene fatto accendere molto lentamente,


sguardi nervosi dei corpi e un uomo che si getta
come se stesse per cadere il corpo.

Cristo in secondo piano, quasi di cile da trovare.

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FRANCESCO SALVIATI, STORIE DI DAVID a Palazzo ricci
sacchetti
Datato 1553. Idea della parete trasformata in un supporto per la
pittura viene portata alle sue estreme conseguenze, ci sono gli
arazzi riportati. La pittura nge tutti gli altri media.

Davide e Besbebea, si ricorda di Pontormo. Non si capisce da


dove partono e dove portano, non si capisce quale direzione
prendono, Sinusita delle scale suggerita dalle gure. Figura
chiaramente la stessa vista tre volte, uno spazio che nel
moltiplicarsi permette di creare diversi episodi nello stesso
riquadro.

Palazzo Farnese, Francesco


Salviati
Datato 1560. Idea di una
decorazione che diventa qualcosa
che sovrasta e sovraccarica la
parete, ma anche di informazioni
l’occhio dello spettatore. Ci sono
degli arazzi riportati, un’apertura di
una parete su un paesaggio che ci
dobbiamo immaginare essere più
ampio. Ci troviamo di fronte ad uno
spazio che non è più percorribile e a
una narrazione che non può essere rinchiusa.

DEPOSIZIONE
Datato 1560. Sta pensando tanto alla tradizione come
quella di Rosso Fiorentino.

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PELLEGRINO TIBALDI, ADORAZIONE
DEL BAMBINO
Datato 1549. Dipinto che per molti versi è un
emblema di Michelangelo. Tutte queste
gure sono variazione sul tema di
Michelangelo, ma anche un soggetto che
andiamo a cercare con tanta fatica. Perché
questo dipinto è risolto tutto in un omaggio
è una ricerca della forma pittorica del
soggetto, uno dei modi e caci che
possiamo sintetizzare il manierismo è una
ricerca continua della forma perfetta.

Personaggi con espressioni aggressive.

BRONZINO, MARTIRIO DI SAN LORENZO


Datato 1565-69. Ci troviamo davanti ad uno
spazio ampio, contesto urbano molto grande.

Si tratta di un a resco, San Lorenzo fu arso vivo


sulla graticola e lo vediamo al centro. Va cercato
al centro, un San Lorenzo che è una variazione
dell’Adamo è una sorta di omaggio a
Michelangelo. In questo vortice di gure trovare
San Lorenzo è un problema, è di cile. Una volta
che lo abbiamo trovato, sproporzionato rispetto
gli altri.

Aguzzìni che stanno alzando il fuoco e invece


Bronzino non lo rappresenta mentre so re, c’è
lo rappresenta in tutta la sua bellezza. Inizia a
creare dei problemi (venne collocato all’interno
di una chiesa, con tutte queste immagini).

Spazio in cui ci va il mecenate ma anche i


letterati a pregare, non capivano nulla
guardando questo dipinto. Vedevano un vortice
di uomini nudi in posture ambigue messi in
primo piano davanti a loro in mezzo ad una
chiesa che condannava la sodomia in modo
esplicito, si trovavano a disagio. Allora le gerarchie ecclesiastiche decidono di
scagliarsi contro. Gabriele Paleotti scrisse un discorso riguardo queste immagini.

TOMMASO LAURETI, IL TRIONFO DELLA CRISTIANITÀ

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Datato 1582-1585. In un’architettura vuota, che
nella sua leggibilità spaziale conferisce un’idea
di razionalità e calma, qui il silenzio (meditativo)
di un croci sso in bronzo dorato difronte al
quale giace una statua antica di una divinità
pagana ridotta in frammento, rotta nel
momento in cui la guardiamo.

L’artista insiste sulla super cie candida del


marmo appena rotto, quando non ha assorbito
un granello di polvere.

ORATORIO DEL GONFALONE


Ci sono ancora spazi molto complessi e architetture.
Vediamo anche episodi come La Flagellazione di
Federico Zuccari. Datato 1573. Figure che ci guardano e
uno spazio che sta incominciando a mettere il Cristo al
centro di questa composizione. Pala d’altare che non
funziona tanto facilmente, la Madonna sembra contenta di
essere aggredita dalle persone, mani tese in uno sforzo.
Si mette assieme ai pastori stessi.

Colonne tortili e spazi complessi.

SCIPIONE PULZONE, COMPIANTO


Datato 1593. In origine nella chiesa del Gesù a Roma.
Nella composizione sembra quasi articolare
pittoricamente quello che chiedeva il cardinale Paleotti. Il
compianto avviene quando Cristo è sceso dalla croce,
non c’è più la necessità di movimenti.

Sempli ca la scena, c’è lo mette in primo piano con un


corpo livido in braccio ad una Vergine adorante e San
Giovanni Evangelista con la Maddalena piangono, lacrime
e occhi rossi, volti disperati. San Giovanni che tiene in
mano la corona di spine come se si stesse pungendo.
Idea di evocare la sensorialità della so erenza, qualcosa
che mancava.

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lezione lunedì 12 dicembre

Lezione dedicata alle volte delle gallerie

Volta della Galleria Farnese, Annibale Carracci

Ci porta in questa dimensione di inganno e di meraviglia, con ne tra il vero e il nto.


Cornici dei quadri riportati, simulano un dipinto da cavalletto con la sua cornice ma
che in realtà non sono quadri indipendenti ma sono quadri riportati. Alterna a
stucchi dipinti.

GUIDO RENI, AURORA


Datato 1614. Passa a Roma in
un periodo molto intenso e
produttivo, lascia Roma a
seguito della realizzazione di
quest’opera. Si trova
quest’opera all’interno del
Casino Rospigliosi Pallavicini
(in origine proprietà della
famiglia Borghese).

GUERCINO, AURORA

Datata 1621. Lavora al Casino Ludovisi


(un’altra famiglia).

Cavalli, carro scorciato come la gura di


Aurora. Noi come spettatori siamo posizionati
in basso, in un’architettura prolungata in
modo illusionistico a nché si apra sul cielo (si
tratta di un cielo virtualmente reale). Vediamo
quanto si sta complicando questo rapporto
sulla realtà e sulla nzione.

Alberi, un edi cio, come se noi fossimo


sprofondati in basso e questa architettura
lega la volta stessa, la lega due volte perché è
una volta a botte quindi curva che però viene
raddrizzata da questa architettura nta quindi la sua articolazione architettonica è
stravolta da questa architettura nta e legata in modo più radicalmente semantico
perché deve essere un riparo. Architettura qualcosa che ti protegge, questa invece
è aperta, non è più un’architettura che funge da riparo.

Domenichino (volta della tribuna, 1625-38.


Ogni episodio è leggibile isolato dagli altri,
perfettamente contenuto in ogni cornice e crea
quella che è una scultura molto armonica è
molto classicamente equilibrata nel modo di
orchestrare la parete) che ebbe l’incarico di
a rescare la volta e il catino absidale, anche i
pennacchi della cupola nella tribuna con storie
di Sant’Andrea. I pennacchi della cupola, una
cupola che viene decorata da Lanfranco

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pittore che viene da queste zone dove Parma
vede e studia, assorbe capisce Correggio, però
lo riformula in un’idea di luminosità abbagliante
seicentesca e vortici compositivo che
ampli cano quello che era una lettura molto
razionale nel 500 che nel 600 sovraccarica
l’occhio dello spettatore. Avevano una
grandissima rivalità (Domenichino e Lanfranco).

PIETRO DELLA CORTONA,


ALLEGORIA DELLA DIVINA
PROVVIDENZA
Datato1633-1639. Realizza questo
grande a resco sul so tto.

Soggetto cristiano, siamo nel


palazzo della famiglia del papa,
circondato però dalla mitologia. Al
centro c’è l’allegria della divina
provvidenza, con la sua luce
abbagliante (con questo gesto) ci
indica la famiglia Barberini, o meglio
il loro stemma ovvero le api (qui ne
abbiamo tre). Stemma vuoto, di cui
vediamo solo il pro lo dall’oro cosi
come la corona con tre grandi api
Barberini (ape che sembra un elicottero).

Sovrastate dalla tiara del ponte ce che vediamo da sotto in su. Si tratta dell’unica
persona che può indossare quello speci co oggetto, c’è lo mette in evidenza in uno
spazio.

Apre lo spazio di questo salone aprendolo verso un cielo, ma in tutto questo


l’architettura che dovrebbe servire per organizzare lo spazio interno viene legata in
questa sua funzione organizzativa, ne sfaldano i con ni ad ogni centimetro
quadrato. Architettura che serve da cornice ma viene legata, un’architettura
popolata da grandi gure che si sono ampliate ma sorreggono questa cornice che
non è più una cornice.

Lo stemma funziona con queste corno e d’alloro e la tiara.

Basi delle colonne del Baldacchino, scudo reale con le chiavi di San Pietro e la tiara.

CARLO MADERNO, BERNINI E BORROMINI, PALAZZO BARBERINI


Palazzo Barberini è concepito come un complesso a metà fra residenza cittadina di
rappresentanza e villa suburbana dedicata agli svaghi, con annessi immensi
giardini.

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I progetti di costruzione
di Palazzo Barberini
partirono dal riuso di una
fabbrica della famiglia
Sforza che, per un
improvviso rovescio
nanziario, nel 1625
vendeva l’immobile alla
famiglia.

Sorto tra il 1625 e il


1633, i Barberini misero
all'opera i più giovani e
talentuosi artisti
emergenti nella Roma
dell'epoca, sotto la
direzione del prestigioso Carlo Maderno (1556–1629).

Il primo progetto di Maderno, prevedeva lo schema classico rinascimentale del


fabbricato quadrangolare che inglobava, da un lato, lo stesso Palazzo Sforza.  Solo
dal 1628, l'architetto elabora un progetto ad ali aperte che a ancano il corpo
centrale a formare una acca. Alla morte di Maderno, era già de nito il corpo
centrale, a due piani, con le due ali sporgenti ai lati e nella facciata principale, al
piano terra, un grande porticato dal quale, passando attraverso una sorta di arco di
trionfo, si accedeva al giardino retrostante.

Nel 1629, Gian Lorenzo Bernini, pupillo di Urbano VIII, subentrava nella direzione
dei lavori realizzando la facciata sul giardino con una rampa di accesso.

Borromini realizzò il vano al piano terra, situato dopo il porticato, prima del
giardino, utile ad ospitare le carrozze e la straordinaria scala elicoidale a colonne
binate, una scultura circolare di grandissimo e etto.

La facciata, costituita da sette campate che si ripetono su tre piani di arcate,


presenta le colonne sui tre stili classici, a scalare, di dorico, ionico e corinzio. 

PIETRO DA CORTONA, SALA DI


VENERE
La sala di Venere dà inizio alla
celebre in lata di stanze di
rappresentanza nell’appartamento
d’‘inverno’ del piano nobile di
Palazzo Pitti, le cosiddette sale dei
Pianeti, la cui decorazione ad
a resco e stucchi nel 1641 fu
a data a Pietro da Cortona, per
volere di Ferdinando II de’ Medici.

Il tema decorativo, suggerito da


Francesco Rondinelli, bibliotecario
del granduca, si inserisce all’interno
di un programma iconogra co teso a
magni care la gura del principe e il
percorso educativo che lo conduce

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verso il buon governo, attraverso la costante presenza in tutte le sale di tre
personaggi chiave, ovvero la divinità dell’Olimpo, il principe, ed Ercole, simbolo
delle virtù del principe e protettore della famiglia Medici.

Al centro del so tto della sala di Venere un giovane principe viene strappato dalle
braccia della dea, simbolo del piacere, e condotto da Minerva verso Ercole, simbolo
di virtù. Nelle otto lunette, recanti iscrizioni esplicative in latino, sono ra gurati
personaggi illustri del mondo antico, e negli ovali di stucco bianco i ritratti dei più
importanti membri del granducato, nonché i due papi della famiglia Medici, Leone X
e Clemente VII.

La Sala fu la prima della serie delle sale dei Pianeti ad essere dipinta da Pietro da
Cortona al suo ritorno a Firenze nel 1641 ed è quella dove meno si avverte il
cambiamento dell’organizzazione spaziale rispetto alla costruzione rinascimentale
sottostante: i ritmi delle lunette, delle vele e dei pennacchi, anche se attutito dalla
presenza dei talamoni in stucco dorato e dai medaglioni in stucco bianco, seguono
un andamento che ricorda ancora la sequenza degli interni rinascimentali.

GIOVANNI BATTISTA
GAULLI, LA GLORIA DEL
MONOGRAMMA DI
CRISTO
Datata 1676-1679. Gaulli ha
preso in prestito l’idea della
luce con il monogramma di
Cristo che sovrasta la
cattedra di San Pietro e l’ha
messa sulla volta per cui
abbiamo un altro a resco
che rappresenta qualcosa di
veramente concettuale, la
memoria del monogramma
di Cristo.

Vediamo il sovraccarico di segnale che però si concentra nel punto in cui c’è
qualcosa di assolutamente astratto, non c’è una gura. La pittura che diventa
abbagliante, non è più pittura ma scrittura (idea barocca della decorazione). Pittura
che scon na.

Gaulli responsabile di tutta la volta immersa nell’oro, popolata da grandi gure in


stucco al centro del quale si trova un quadro riportato delimitato da questa cornice
che ha dei grandi lobi (centinata da entrambi le parti) che viene rotta da queste
gure. Queste gure escono dalla cornice diventando reali perché ci sono una serie
di ombre, alcune nere altre dipinte su pannelli di legno per dare l’idea di qualcosa
che si proietta (del tridimensionale però nella pittura).

ANDREA POZZO, TRIONFO DI SANT’IGNAZIO


Datato 1691-1694. Architettura che si trova in mezzo alle nuvole, ci porta verso
l’idea del cielo e dell’in nito.

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la chiesa gesuita dedicata a
Sant’Ignazio di Loyola
costruita nel 1626 su
progetto dell’architetto
gesuita Orazio Grassi
ospita uno straordinario
esempio tardo barocco di
illusionismo prospettico.

Gli a reschi ra gurano la


gloria di Sant’Ignazio, con
quest’opera il Pozzo
raggiunge sorprendenti
e etti di illusionismo
prospettico simulando
un’architettura composta da
archi e colonne su piedistalli che sembra prolungare l’edi cio verso l’alto in
direzione di un immenso e limpido cielo. Al centro si trova la trinità inondata di luce
da qui si dirama un raggio che colpisce Sant’Ignazio, trasportato sulle nubi da una
schiera di angeli. Dal Santo a sua volta si irradiano quattro raggi che accendono la
luce divina nelle quattro parti del mondo redente dalla missione salvatrice dei
gesuiti.

In questo a resco il Pozzo esalta e manifesta la gloria di Dio ma anche il messaggio


teologico dell’ordine gesuitico.

L’artista utilizza un punto di fuga unico leggermente decentrato verso il fondo.

ANDREA SACCHI, ALLEGORIA DELLA SAPIENZA DIVINA


Datata 1629-30. Poche gure delimitate da una cornice, gure che le vediamo come
se fossero una sorta di
visione coerente dal sotto in
su. Mentre con Pietro Da
Cortona dobbiamo faticare
per leggerle, qui vediamo
tutto molto più
razionalmente.

Divina sapienza che regola la


vita su quello che è ormai il
globo terrestre, il centro è
l’europa.

CARLO MARATTI, TRIONFO DELLA CLEMENZA


Datato 1673-75. Stucco, che de nisce il suo status di pittura. C’è lo dice e c’è lo fa
vedere molto bene, la razionalità è molto ben dichiarata è molto ben de nita.

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Siamo negli stessi anni rispetto la chiesa del gesù, ci
mostrano quanto siano scelte che gli artisti fanno e che
corrisposo anche ai gusti dei committenti.

ALESSANDRO ALGARDI, LEONE MAGNO


E ATTILA
Datato 1646-1653. Scultore di Bologna, una
zona della quale (città dei Carracci) venivano
molti pittori classicisti. Con questo incontro
di Leone Magno e Attila, rilievo in marmo e
la pala d’altare viene realizzata così (grande
impegno economico e materiale).

TOMBA DI LEONE X MEDICI


Datato 1634-44. Ci pone difronte ad un
monumento che funziona come una pala d’altare
(deriva da un dipinto di Agostino Carracci). Papa
molto più calmo, gesto ed espressione del volto, la
retorica del corpo.

FRANCOIS DUQUESNOY, SANTA SUSANNA


Datato 1629-1633. Quanto è più classicista,
panneggio quanto è molto diverso rispetto ai

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panneggi di Bernini (che sembravano avere vita propria). Pieghe del panneggio
molto attaccate, come se fosse bagnato. Composta con una postura e una
sionomia da classicismo greco.

BERNINI, SANTA BIBIANA


Datata 1624-26. Santa martire, gesto con questa
mano rivolta verso l’alto come il volto, con
un’espressione dal patetico (sguardo accentuato).

PETER PAUL RUBENS (157-1640)

Uno che lavorò molto a Roma all’inizio del secolo, già prima di arrivare ed essere
Barocco è uno che ha già questa idea, c’era in modo molto di uso questa idea di
una attenzione alla natura e alla qualità epidermica delle cose.

IL GIUDIZIO DI PARIDE
(1599)

Nella leggenda di Troia


Paride, addormentatosi
durante una battuta di
caccia, vide in sogno
Mercurio al cospetto delle
tre dee Venere, Minerva e
Giunone, tra le quali scelse
la più bella a cui destinare la
mela d’oro.

La composizione, tagliata
orizzontalmente, presenta
sulla destra tre dee, avvolte in trasparenti veli: Venere (riconoscibile grazie alla
presenza di Eros che è aggrappato alle sue gambe e un amorino che le cinge il
capo con una corona oreale) tra Minerva e Giunone.

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Sulla sinistra è Paride che o re alla più bella (Venere) il pomo d'oro datogli da
Mercurio, che, appoggiato su un albero in compagnia di un cane, assiste alla scena.
Alle spalle dei protagonisti si apre un incantevole paesaggio ricco di sfumature
cromatiche che lasciano intendere che l'episodio si svolge al tramonto.

I corpi opulenti delle donne rappresentano il pieno trionfo della carnalità, così come
era intesa da Rubens, sempre pronto a ra gurare donne dall'armonica sensualità.
Certamente il suo ideale di bellezza doveva corrispondere a quello della giovane
moglie Elena Fourment che qui posò per il marito assumendo le sembianze di
Venere.

L'opera era parte del ciclo decorativo della Torre della Parada eseguito da Rubens
per Filippo IV di Spagna, con la larga partecipazione della bottega a causa delle sue
precarie condizioni di salute.

MARCANTONIO RAIMONDI, IL
GIUDIZIO DI PARIDE
Lui lavora per Ra aello. Trasforma
statue in gure fatte di carne e
sangue, non solo ossa e muscoli (ci
mette qualcosa di più).

SAN GREGORIO CON I SANTI PAPIA E MAURO


(laterale sinistro) e SANTA DOMITILLA CON I
SANTI NEREO E ACHILLEO (laterale destro)

(1608 - 1609)

Il capolavoro romano del grande pittore


ammingo, nanziato da Federico Borromeo,
decora l’altare maggiore della chiesa ed è
costituito da tre tavole di ardesia. Al centro,
attorno all’ovale per l’icona trecentesca, sono
Angeli e cherubini, mentre ai lati le altre due tavole
mostrano i santi che adorano l’immagine centrale.

CROCIFISSIONE (1610-1611)

Con gli occhi ancora aperti, la bocca socchiusa


come se ne uscisse un lamento, il respiro che gli
solleva la cassa toracica, le mani e i piedi che
paiono contrarsi per cercare di liberarsi dai chiodi,
Rubens evidenzia il dramma sico al quale viene
sottoposto il Cristo, il tutto realizzato con tratti rapidi e senza dilungarsi in
particolari.

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Inginocchiata nell’atto di baciargli i
piedi, gesto di profonda
sottomissione oltre che a
dimostrazione di deferenza, troviamo
Maria Maddalena mentre con
notevole dolcezza abbraccia la croce.

A sinistra, guardando il dipinto, è


stata posta Maria con accanto il
giovane San Giovanni.

Dall’altro lato vi è un gruppo di


soldati, ognuno con espressione
diversa dipinta sul volto, e uno
splendido cavallo bianco che potrebbe
rappresentare l’istinto domato.

Il Cristo Croci sso è “solo” un bozzetto,


realizzato da Peter Paul Rubens nel 1628
nello stile dei pittori veneziani di quel tempo,
in preparazione all’esecuzione della pala
d’altare della Confraternita della Sacra Croce
della Chiesa di San Michele a Gent, opera
che tuttavia fu poi commissionata al suo
allievo Antony van Dyck.

RITRATTO DEL DUCA DI LERMA (1603)

Rappresenta Francisco Gomes de Sandoval y


Rojas, ovvero il duca di Lerme.

Realizzò questo dipinto in un’occasione di un


viaggio in Spagna.

Una sorta di primo ministro in Spagna, aveva in


mano le redini del governo di Madrid. Lo
vediamo qui a cavallo, chiaramente guarda
Marco Aurelio così come lo aveva guardato
prima di lui Donatello e gli altri artisti.

Traduzione pittorica di Giambologna.

Con questo di

into, Rubens ha creato un modello per i ritratti


equestri che si sarebbe rivelato molto in uente in
seguito, soprattutto nelle opere di Antoine van
Dyck e Gaspard de Crayer .

Quando il duca di Lerme cadde in disgrazia alla


corte di Spagna, il dipinto fu conservato nella
collezione reale no a quando Filippo IV lo diede all'ammiraglio di Castiglia. Passò
nelle collezioni di diversi grandi signori prima di essere acquisito dal Museo del
Prado nel 1969.

MARCHESA BRIGIDA SPINOLA DORIA (1606)

Il quadro venne commissionato dal marchese Giacomo Massimiliano Doria e ne


ra gura la moglie Brigida Spinola Doria. Volto incorniciato da questo collare, lo
stacca quasi dal collo. Il ritratto qui non può funzionare.

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Dipinto che venne tagliato per esigenze di mercato, prima di essere venduto. In
origine si vedeva molta più architettura, più paesaggio.

Arricchita dai gioielli che può permettersi, capacità di dare volto a questa
aristocrazia.

ANTHONY VAN DYCK, POTRAIT OF ELENA


GRIMALDI
Quello di Elena Grimaldi Cattaneo è considerato uno
dei primi ritratti eseguiti da Van Dyck a Genova e ciò
sia per ragioni stilistiche sia perché, come si diceva, i
Cattaneo potrebbero essere una delle famiglie
genovesi con la quale il pittore poteva aver avuto
contatti già nelle Fiandre. Il quadro è quindi
generalmente datato tra il 1623 e, al massimo, i primi
mesi del 1624.

Probabile committente dell'opera fu il marito della


dama e giata, come lascia pensare tra l'altro la
circostanza che il Van Dyck, presumibilmente
nell'ambito della stessa commissione, realizzò anche
i ritratti dei due gli bambini di Elena Grimaldi
Cattaneo (Maddalena e Filippo) che erano collocati ai
lati della tela ritraente la donna.

POTRAIT OF CARDINAL GUIDO


BENTIVOGLIO (1622-1627)

(confronto con il Ritratto di Guido Reni, lui


utilizza colori più tenui. Due sguardi diversi sullo
stesso progetto. Modo di rendere la pelle, la
carne e descrivono le temperature dei colori.)

Per la realizzazione di questo quadro trae


ispirazione dal celebre ritratto di Tiziano, ovvero
Paolo III Farnese con i nipoti, l’artista
rappresenta il cardinale mente si volta verso
destra richiamato da qualcosa che lo distoglie
dalla lettura della lettera che tiene in grembo.
L’e giato viene così liberato dalla rigidità di
molte gure sedute impostate secondo un
rigoroso allineamento del capo. Le variazioni
cromatiche del rosso rivelano la grande capacità
del pittore di alternare nella stesura del colore le
velature alle pennellate più densi di materia
pittorica.

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RUBENS, MARIA DE MEDICI
APPRODA A MARSIGLIA (1622-1625)

Quando Enrico IV morì Maria de Medici


si trovò a governare la Francia.

Lei che approda al porto di Marsiglia,


su una grande nave con lo stemma dei
Medici e viene accolta dalla Francia a
braccia aperte. Dei del mar che la
trasportano e ne favoriscono l’arrivo in
Francia.

ENRICO IV RICEVE IL RITRATTO DI


MARIA DE MEDICI (1622-1625)

Vediamo Enrico che l’apprezza e


l’unione viene benedetta dagli dei
dell’olimpo, Giove e Giunone, che
approvano questa unione. Allegoria
della Francia che approva, all’orecchio
di Enrico, la nuova regina di Francia.

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