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Il Rinascimento maturo

(modulo 29 TESTO*)

Leandro Ventura
Universit di Venezia

Maria Giovanna Sarti


Universit di Roma La Sapienza

* Nota di Redazione:
le immagini citate nel modulo sono contenute in due file pdf aggiuntivi,
raggiungibili dai link sottostanti a quello utilizzato per scaricare il testo.

Ultima revisione 11 luglio 2006

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L. Ventura, M.G. Sarti Il Rinascimento maturo

Presentazione del modulo


Questo modulo tratta delle figure di artisti che universalmente sono considerati i maestri indiscussi
del Rinascimento: Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti, Raffaello Sanzio e Tiziano
Vecellio. Questi maestri rappresentano lapice dellevoluzione dellarte rinascimentale; le loro
opere mostrano, cio, quelli che sono gli esiti delle sperimentazioni artistiche del XV secolo e
contemporaneamente gettano le basi per ulteriori innovazioni e sviluppi nel campo delle arti
figurative.
Per comprendere meglio questi artisti, vengono presentati anche i due centri principali della
produzione artistica del primo Cinquecento, ovvero la Roma dei papi e Venezia.

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Guida al modulo

Scopo del modulo


Scopo generale del modulo la conoscenza dell'opera dei principali maestri del primo Cinquecento
nei principali centri artistici italiani, ovvero Roma, Firenze e Venezia.

Lista degli obiettivi

UD1 - Leonardo da Vinci


Obiettivo di questa unit didattica conoscere l'attivit di Leonardo da Vinci nei suoi vari aspetti
artistici e scientifici.
Sottoobiettivo: conoscere le varie fasi della carriera artistica di Leonardo.
Sottoobiettivo: individuare i motivi di novit della pittura di Leonardo nel panorama
dell'arte fiorentina del secondo Quattrocento.
Sottoobiettivo: comprendere il rapporto che si crea nel pensiero e nell'arte di Leonardo tra la
produzione artistica e la ricerca scientifica.
Sottoobiettivo: individuare i caratteri principali dei ritratti leonardeschi.

UD 2 - Michelangelo Buonarroti
Obiettivo di questa unit didattica conoscere gli aspetti principali della poliedrica attivit di
Michelangelo Buonarroti.
Sottoobiettivo: conoscere le varie fasi dell'attivit di Michelangelo.
Sottoobiettivo: conoscere i caratteri della scultura michelangiolesca, dal periodo giovanile,
fino alle opere della maturit, con particolare riguardo al non finito.
Sottoobiettivo: conoscere alcune delle sculture principali di Michelangelo e in particolare la
Piet di San Pietro e le tombe medicee.
Sottoobiettivo: conoscere i caratteri della pittura michelangiolesca, con particolare
attenzione alla decorazione della Cappella Sistina.

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UD 3 - Raffaello Sanzio
Obiettivo di questa unit didattica conoscere l'attivit artistica di Raffaello Sanzio.
Sottoobiettivo: conoscere i caratteri generali dell'opera di Raffaello Sanzio.
Sottoobiettivo: comprendere il significato della scelta dei modelli di riferimento nella
formazione dell'artista.
Sottoobiettivo: conoscere il ruolo svolto da Raffaello nella Roma del secondo decennio del
Cinquecento.
Sottoobiettivo: conoscere i temi principali della decorazione della stanza della Segnatura.
Sottoobiettivo: conoscere la posizione di Raffaello nei confronti dell'antichit romana.

UD 4 - Roma, da Giulio II a Clemente VII


Obiettivo di questa unit didattica conoscere la produzione artistica della Roma dei papi nei primi
tre decenni del Cinquecento.
Sottoobiettivo: conoscere le linee tematiche fondamentali della committenza di Giulio II,
Leone X e Clemente VII.
Sottoobiettivo: conoscere il cosiddetto stile clementino.
Sottoobiettivo: comprendere le conseguenze del Sacco di Roma del 1527 sulla produzione
artistica.

UD 5 - Firenze, tra repubblica e principato


Obiettivo di questa unit didattica conoscere lo sviluppo artistico a Firenze tra fine Quattrocento e
primi decenni del Cinquecento e metterlo in relazione alla situazione politica contemporanea.
Sottoobiettivo: conoscere la produzione artistica in relazione alla situazione politica a
Firenze durante gli anni della repubblica e del ritorno dei Medici.
Sottoobiettivo: conoscere le opere di Piero di Cosimo e Filippino Lippi.
Sottoobiettivo: conoscere le opere di fra' Bartolomeo e Andrea del Sarto.
Sottoobiettivo: conoscere le prime opere di Pontormo e Rosso Fiorentino.
Sottoobiettivo: conoscere e saper confrontare la Pala Pucci di Pontormo con la Pala di
Santa Maria Nuova di Rosso Fiorentino.

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UD 6 - Venezia nel primo Cinquecento


Obiettivo di questa unit didattica conoscere la produzione pittorica veneziana nei primi decenni
del Cinquecento e il percorso dei pi importanti pittori attivi in citt e in provincia in quegli anni.
Sottoobiettivo: conoscere la situazione artistica a Venezia nei primi anni del XVI secolo.
Sottoobiettivo: conoscere la Pala di San Zaccaria di Giovanni Bellini.
Sottoobiettivo: conoscere la produzione di Giorgione.
Sottoobiettivo: conoscere l'attivit di Sebastiano Luciani, detto del Piombo, durante la sua
permanenza a Venezia.
Sottoobiettivo: conoscere le opere di Palma il Vecchio e Cima da Conegliano.
Sottoobiettivo: conoscere le opere di Lorenzo Lotto.

UD 7 - Tiziano Vecellio
Obiettivo di questa unit didattica conoscere la vita, il percorso artistico e le opere di Tiziano
Vecellio.
Sottoobiettivo: conoscere le prime opere di Tiziano.
Sottoobiettivo: conoscere la produzione di pale d'altare di Tiziano.
Sottoobiettivo: conoscere la produzione di ritratti di Tiziano.
Sottoobiettivo: conoscere l'attivit di Tiziano al servizio dell'imperatore Carlo V e di papa
Paolo III Farnese.
Sottoobiettivo: conoscere i dipinti mitologici di Tiziano e le sue ultime opere.

Contenuti del modulo


Il modulo composto da:
1. testo delle lezioni;
2. corredo iconografico;
3. schede e voci di approfondimento:
- Cappella Suardi di Lotto a Bergamo
- Drer in Italia
- Interpretazioni dellAmor sacro e Amor profano
- Invasione francese del 1499 e sue conseguenze in Italia
- Medici, Lorenzo de'
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- pittura murale
- Policleto
- sfumato
- Sistina, cappella
- Storie di Giuseppe ebreo
- Studi di fisiognomica di Leonardo
4. un glossario di sussidio allUD 2.6:
- Glossario - elementi architettonici

Attivit richieste
Lettura e studio dei materiali che compongono il modulo, compresa osservazione, analisi e
riconoscimento delle opere d'arte riprodotte. Svolgimento degli esercizi di autovalutazione.

Materiale facoltativo di approfondimento


Lettura di schede e voci di approfondimento:
- Lutero, Martino
- Neoplatonismo
Lettura di alcune pagine tratte dai seguenti moduli:
m00007 [La pittura a Venezia nel Rinascimento II]: 1.1, 4.4, 5.3, 6.6, UD 7
m00015 [La pittura a Venezia nel Rinascimento I]: 2.2
m00026 [Il mondo antico e larte rinascimentale]: 6.5
m00032 [Il Quattrocento: le persistenze tardogotiche e le novit rinascimentali]: 2.6, 4.5, 5.5, 7.5,
7.6
m00078 [Larchitettura del Rinascimento]: 5.2, 5.4
m00230 [L'arte gotica in Italia]: 4.3
m00325 [Storia delle tecniche artistiche]: 1.4, 4.7, 6.3

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Indice delle unit didattiche

UD 1 - Leonardo da Vinci
Lunit didattica esamina lopera di Leonardo da Vinci.
1.1 - Leonardo da Vinci. La sicurezza del genio
1.2 - Le opere giovanili
1.3 - Leonardo a Milano
1.4 - I dipinti milanesi
1.5 - I ritratti
1.6 - Tra ricerca scientifica e utopia progettuale

UD 2 - Michelangelo Buonarroti
Lunit didattica presenta lattivit di Michelangelo Buonarroti.
2.1 - Michelangelo. Il dramma del genio
2.2 - Michelangelo e la classicit
2.3 - Il non finito
2.4 - Le sepolture medicee
2.5 - Michelangelo pittore
2.6 - La Cappella Sistina

UD 3 - Raffaello Sanzio
Lunit didattica segue le vicende della breve e intensa attivit di Raffaello Sanzio.
3.1 - Raffaello Sanzio. Larmonia della classicit
3.2 - Raffaello e i suoi modelli
3.3 - Raffaello e Giulio II
3.4 - Raffaello e l'antico
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3.5 - I ritratti
3.6 - Le pale d'altare

UD 4 - Roma, da Giulio II a Clemente VII


Lunit didattica presenta il grande fervore artistico sviluppatosi a Roma nei primi decenni del XVI
secolo.
4.1 - Giulio II il grande ricostruttore
4.2 - Leone X. Lapice della mondanit
4.3 - Verso la crisi
4.4 - Il Sacco di Roma

UD 5 - Firenze, tra repubblica e principato


L'unit didattica esamina l'arte a Firenze, tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento.
5.1 - La repubblica fiorentina
5.2 - Sul crinale del Cinquecento: Piero di Cosimo e Filippino Lippi
5.3 - La nuova maniera: fra' Bartolomeo e Andrea del Sarto
5.4 - Il rientro dei Medici
5.5 - La nuova maniera: la prima attivit di Pontormo e Rosso Fiorentino

UD 6 - Venezia nel primo Cinquecento


L'unit didattica analizza la pittura a Venezia nei primi decenni del Cinquecento.
6.1 - I primi anni del Cinquecento
6.2 - Giorgione
6.3 - Gli anni veneziani di Sebastiano Luciani, detto del Piombo
6.4 - Tra Cima da Conegliano e Palma il Vecchio
6.5 - Ai margini della pittura veneziana: Lorenzo Lotto
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UD 7 - Tiziano Vecellio
L'unit didattica esamina il percorso artistico di Tiziano Vecellio.
7.1 - Tiziano: la nascita e le prime opere
7.2 - Le grandi pale d'altare
7.3 - I ritratti e gli autoritratti
7.4 - Al servizio dei potenti
7.5 - Le poesie mitologiche e l'ultimo Tiziano

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UD 1 - Leonardo da Vinci
Lunit didattica esamina lopera di Leonardo da Vinci.
1.1 - Leonardo da Vinci. La sicurezza del genio
1.2 - Le opere giovanili
1.3 - Leonardo a Milano
1.4 - I dipinti milanesi
1.5 - I ritratti
1.6 - Tra ricerca scientifica e utopia progettuale

1.1 - Leonardo da Vinci. La sicurezza del genio


Uno dei caratteri pi significativi dellopera di Leonardo da Vinci (1452-1519) sicuramente la
tensione dialettica che si stabilisce tra la sua produzione artistica, la ricerca scientifica e la continua
sperimentazione.
Tra le principali innovazioni portate da Leonardo nella rappresentazione pittorica dello spazio vi
lintroduzione della prospettiva aerea (vedi il modulo Il Quattrocento: le persistenze tardogotiche e
le novit rinascimentali, 4.5). Grazie all'applicazione del procedimento tecnico dello "sfumato"
(vedi la voce sfumato), infatti, la prospettiva di Leonardo tiene conto non solo della riduzione
progressiva delle dimensioni delloggetto, ma anche della quantit di vapor dacqua che si frappone
tra loggetto e losservatore e che aumenta con la distanza, rendendo sempre pi indistinti i
contorni. Tale tecnica si pu gi notare nella giovanile Annunciazione [fig.1], un dipinto in cui lo
straordinario paesaggio marino si perde in un chiarore accecante, mentre nel primo piano le erbe e
le essenze denunciano gli approfonditi studi botanici del pittore.
Gi grazie a questo esempio possiamo comprendere latteggiamento di Leonardo nei confronti
dellarte (e della pittura in particolare): lo studio empirico e sperimentale della natura trova nelle
arti figurative una sua forma di dimostrazione scientifica, cos che il disegno o il dipinto diventano
strumenti privilegiati di conoscenza. Attraverso lapprofondimento continuo della ricerca, Leonardo
cerca di infondere alle sue figure quella vivezza naturale che i pittori contemporanei non riuscivano
ancora a rendere pienamente; Leonardo, attraverso la ricerca delle cause fisiche, tenta inoltre di
spiegare i "moti dellanimo", ovvero le emozioni, che trovano espressione nel volto o nei gesti dei
suoi personaggi. Tra gli atteggiamenti utilizzati dal pittore va ricordato senzaltro il contrapposto,
ovvero la disposizione dei vari settori del corpo nello spazio secondo orientamenti differenti, cos
da dare alla figura maggiore vivacit e naturalezza.
Il rapporto con lesperienza diretta della natura d cos a Leonardo la sicurezza di poter dominare la
realt attraverso la pittura, consentendogli di indagare scientificamente e quindi comprendere le
cause dei vari fenomeni che appaiono allocchio.

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1.2 - Le opere giovanili


I dipinti del primo periodo fiorentino di Leonardo mostrano un costante perfezionamento della
capacit di rendere la naturalezza. Questo si nota, per esempio, nella Madonna Benois [fig.1]. La
tradizionale iconografia si anima di una forza espressiva nuova: le due figure ruotano
figurativamente ed emotivamente intorno al fiore che la Vergine porge al piccolo Ges, attivando
una serie di atteggiamenti naturali, come il sorriso della Madre, lo sguardo incuriosito del Bambino
o il gioco delle mani di entrambi, che testimoniano uninedita capacit di resa pittorica della realt.
Il capolavoro di questo periodo lAdorazione dei Magi, commissionata a Leonardo nel 1481 dai
monaci del convento di San Donato a Scopeto, presso Firenze [fig.2]. Questopera conferma come
lartista a Firenze fosse praticamente escluso dalle commissioni importanti legate all'ambiente
mediceo e come lavorasse solo per conventi periferici o per privati, per i quali realizzava piccole
opere devozionali.
La grande tavola, lasciata incompiuta da Leonardo per limprovvisa partenza per Milano (1.3),
rappresenta il punto di arrivo di questa prima fase dellattivit del pittore e si pone in rapporto
critico con la pittura fiorentina contemporanea, come dimostra il confronto con l'Adorazione dei
Magi di Botticelli conservata agli Uffizi [fig.3]. Lemotivit contenuta e raffinata della Madonna
Benois si trasforma in un concitato gioco psicologico che rappresenta la meraviglia per la
manifestazione di Cristo al mondo: intorno alla Vergine si agita un gruppo di personaggi che
mostrano i risultati dei profondi studi di fisiognomica condotti da Leonardo (vedi la scheda studi di
fisiognomica di Leonardo), perch le espressioni dei volti e gli atteggiamenti dei corpi sono le
manifestazioni esteriori di cause profonde individuate dal pittore nei "moti dellanimo". Nella
complessa concezione del dipinto, i ruderi nello sfondo sono allegoria della caduta del paganesimo
alla nascita di Cristo, mentre i cavalieri in lotta simboleggiano lumanit ancora alloscuro della
rivelazione.
1.3 - Leonardo a Milano
Nel 1482 Leonardo abbandona Firenze per trasferirsi a Milano e porsi al servizio di Ludovico
Sforza il Moro. La partenza del pittore fu repentina (tanto da lasciare incompiuta lAdorazione dei
Magi) forse perch, ormai trentenne, Leonardo non vedeva possibile il suo inserimento nel circuito
della committenza medicea, dato che la sua ricerca tesa a rendere le sembianze naturali secondo
lesperienza sensibile era distante dallimpostazione culturale della cerchia medicea, legata al
Neoplatonismo (vedi la voce Neoplatonismo); la pittura di Leonardo non si conciliava, cio, con la
ricerca di una bellezza ideale, superiore e astratta, tipica dei pittori come Botticelli (vedi il modulo
Il Quattrocento: le persistenze tardogotiche e le novit rinascimentali, 7.5), pi vicini alla filosofia
neoplatonica.
La partenza di Leonardo fu preceduta da una lunga lettera allo Sforza, nella quale lartista,
proponendosi pi come ingegnere militare che come pittore, presentava le sue capacit nei settori di
maggiore interesse del signore di Milano: l'arte militare, l'architettura, l'ingegneria idraulica, legate
alla gestione del potere e all'organizzazione del territorio, ma anche la scultura e la pittura,
necessarie a una politica di magnificenza culturale.
Giunto a Milano, Leonardo si inser agilmente nella vita di corte, sia per la sua attivit artistica, che
veniva messa in pratica anche nella realizzazione di apparati effimeri per feste o cerimonie, sia pi
in generale per le sue doti di cortigiano. Uno degli incarichi di maggiore impegno tra i molti
assegnati a Leonardo fu la progettazione di un monumento equestre a Francesco Sforza, il fondatore
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della dinastia. Lopera non fu mai realizzata a causa dellinvasione francese del 1499 (vedi la
scheda Invasione francese del 1499 e sue conseguenze in Italia), ma rimane testimonianza del
processo ideativo nella straordinaria serie di disegni del 1483-1484 a Windsor [fig.1], nella quale si
nota la carica innovativa dellopera leonardesca rispetto alla tradizione dei monumenti equestri
quattrocenteschi. I disegni rimasti mostrano uninedita vitalit nella concezione della statua, con un
movimento intenso del cavallo che rinvia allo studio diretto della natura.

1.4 - I dipinti milanesi


Poco dopo larrivo a Milano Leonardo fu incaricato dalla confraternita dellImmacolata Concezione
di dipingere la Vergine delle rocce [fig.1] per un altare della chiesa francescana milanese di San
Francesco Grande. La Madonna immersa in uno straordinario paesaggio roccioso ed
accompagnata dal Bambino, da san Giovannino e da un angelo che indica allosservatore il piccolo
Battista. La descrizione dellambiente, dai pi minuti fili derba fino alle rocce strapiombanti in
precario equilibrio, dimostra la grande abilit di Leonardo nella resa della natura. Limmagine
presenta diversi motivi simbolici che ruotano intorno ai temi della maternit di Maria (la grotta che
ricorda la nativit) e del battesimo di Cristo (il gesto di Maria e langelo che indica Giovanni
Battista). Tutto lapparato allegorico poi basato sui testi di san Bonaventura, una delle fonti della
devozione francescana.
La seconda opera fondamentale del periodo milanese lUltima cena (1495-1497), commissionata
da Ludovico il Moro per il refettorio del convento milanese di Santa Maria delle Grazie [fig.2]. La
vasta opera, realizzata con una tecnica a secco sperimentale (vedi la voce pittura murale), risult
subito assai fragile creando gravi problemi di conservazione.
La struttura prospettica integra perfettamente il grande dipinto nello spazio reale, creando
unillusoria prosecuzione del refettorio. Leonardo, inoltre, introduce nella tradizione iconografica
della scena almeno due varianti significative: non sceglie listituzione delleucaristia, ma lannuncio
del prossimo tradimento di Giuda, e colloca Giuda insieme agli altri apostoli e non in posizione
defilata e ben riconoscibile, come di solito. Lannuncio del tradimento attiva unonda emotiva che
investe tutti gli apostoli, e lascia Cristo sereno nella sua consapevolezza. Gli apostoli mostrano
un'ampia gamma di espressioni che denunciano la sorpresa dubbiosa descritta dai Vangeli, mentre
Giuda, il quarto da destra, guarda Cristo con il volto immerso nellombra del peccato.

1.5 - I ritratti
Lo studio empirico della natura, delle emozioni (i "moti dellanimo") e delle conseguenti
espressioni conduce Leonardo a introdurre nel ritratto un'inedita vivezza naturale, ampiamente
riconosciuta dai contemporanei.
La cosiddetta Dama con lermellino, forse ritratto di Cecilia Gallerani, amante di Ludovico il Moro
[fig.1], un buon esempio delle innovazioni che il pittore introduce nella ritrattistica. La struttura
dellimmagine abbandona la rigidit dei ritratti quattrocenteschi: la giovane donna si volge
repentinamente verso la sua sinistra come per rispondere con un sorriso accennato a un richiamo. I
tenui passaggi del chiaroscuro nel volto e nel collo della dama dimostrano i risultati delle ricerche
condotte da Leonardo sullincidenza della luce. La grande naturalezza del ritratto relega in secondo
piano i motivi allegorici connessi allermellino, simbolo di virt e purezza.
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Altro celeberrimo ritratto leonardesco la cosiddetta Gioconda del Museo del Louvre [fig.2].
Dubbia rimane lidentificazione della donna, anche se Vasari la identific in monna Lisa, moglie
del mercante fiorentino Francesco del Giocondo. Grande fu, comunque, linfluenza che questo
dipinto esercit sui pittori contemporanei e, in particolare, sul giovane Raffaello (3.5).
La donna si affaccia da un parapetto sul quale poggia con disinvoltura un braccio; lo sguardo rivolto
allosservatore e il tenue sorriso, segno visibile delle emozioni, rimangono i motivi di maggior
fascino del dipinto, insieme allo straordinario paesaggio montuoso nello sfondo. Lindefinita
espressione della donna ottenuta grazie alluso dello sfumato (1.1), che attenua i contorni di bocca
e occhi e fonde la figura con il paesaggio attraverso graduali passaggi cromatici e luminosi. Il
paesaggio ricco di acque in rapporto con la figura non solo per questioni tecniche e stilistiche, ma
anche per motivi allegorici, legati al continuo trasformarsi della natura e delluomo simboleggiato
dallacqua.

1.6 - Tra ricerca scientifica e utopia progettuale


Il vastissimo corpus di disegni e appunti di Leonardo (oltre quattromila fogli) ci fornisce ancora
oggi ampia testimonianza degli interessi scientifici e dellattivit di ricerca del maestro. In tutti i
taccuini di appunti, ma anche nelle raccolte pi organiche di studi, limmagine diventa uno
strumento di approfondimento e dimostrazione scientifica, considerato pi valido addirittura del
testo, perch attraverso la vista che l'uomo riesce a conoscere la realt esterna.
Il ruolo privilegiato della visione, nello sviluppo di una conoscenza empirica del mondo sensibile
(l'unica possibile, secondo Leonardo), porta con s come conseguenza che attraverso l'occhio si pu
giungere alla conoscenza della natura. Lo studio analitico della natura era s finalizzato a fornire
materiali per la realizzazione dei dipinti, ma la ricerca portava Leonardo anche a proporre soluzioni
tecniche innovative e, spesso, irrealizzabili per la tecnologia quattro-cinquecentesca [fig.1].
Per questo motivo la fama di Leonardo come genio universale legata in buona parte alla sua
attivit di inventore e progettista di macchine sorprendenti: un'attivit molto appariscente ai nostri
occhi, anche se minoritaria rispetto alla grande quantit di studi condotti dallartista in ogni campo
del sapere scientifico, dalla fisica alla meccanica, dallottica allanatomia, dalla biologia alla
botanica [fig.2].
La ricerca e la capacit progettuale conducono l'artista anche a confrontarsi con problemi di
urbanistica e architettura, proponendo soluzioni per chiese a pianta centrale [fig.3] o ipotesi di
utopiche e modernissime citt su pi livelli destinati a diversi usi e tipi di traffico (veicolare,
pedonale, etc.).

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UD 2 - Michelangelo Buonarroti
Lunit didattica presenta lattivit di Michelangelo Buonarroti.
2.1 - Michelangelo. Il dramma del genio
2.2 - Michelangelo e la classicit
2.3 - Il non finito
2.4 - Le sepolture medicee
2.5 - Michelangelo pittore
2.6 - La Cappella Sistina

2.1 - Michelangelo. Il dramma del genio


Michelangelo Buonarroti (1475-1564) uno dei pi grandi artisti del Rinascimento e forse colui
che, pi di ogni altro, incarn l'ideale umanistico dell'artista universale. La sua formazione oscilla
tra la tradizione fiorentina, dalla quale apprende la serena monumentalit di Giotto (vedi il modulo
L'arte gotica in Italia, 4.3) o di Masaccio (vedi il modulo Il Quattrocento: le persistenze
tardogotiche e le novit rinascimentali, 2.6), e la conoscenza della scultura antica (vedi 2.2). Vicino
all'ambiente culturale di Lorenzo il Magnifico, Michelangelo sviluppa la consapevolezza della
necessit di imitare l'antico, una posizione presto abbandonata a favore di una ricerca tesa al
confronto con i grandi maestri del passato, fino al loro superamento.
Tema centrale di riferimento dell'opera di Michelangelo sar sempre il corpo umano in movimento,
spesso rappresentato in pose complesse ed estreme, come nella giovanile Centauromachia [fig. 1], e
tradotto in pittura ma principalmente nella scultura. Quest'ultima fu la tecnica privilegiata
dell'artista, perch pi simile all'atto di Dio che plasm le sue creature. Gi questo aspetto consente
di comprendere come l'ansia di conoscenza, che Leonardo assegnava al fare artistico, in
Michelangelo lasciasse il posto a una ricerca di bellezza tutta spirituale e ideale, dovuta sia alla sua
profonda e tormentata religiosit, sia alla sua formazione intellettuale e filosofica.
Cresciuto nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, l'artista fu infatti profondamente segnato dalla
filosofia neoplatonica (vedi la voce Medici, Lorenzo de). La bellezza fisica, che sar scopo finale
della sua concezione estetica, risente infatti della concezione neoplatonica secondo cui la bellezza
esteriore riflesso di quella dell'anima. Ma il corpo anche materia che imprigiona l'anima e da
questa visione discende nell'opera di Michelangelo sia quella singolare, immane fatica che le sue
figure sembrano compiere per mantenere le posizioni che l'artista assegna loro, sia anche il "non
finito" (vedi 2.3), inteso come visualizzazione del contrasto drammatico tra l'idea dell'artista che
cerca di emergere dalla materia bruta e la materia stessa.

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2.2 - Michelangelo e la classicit


La formazione di Michelangelo si concentr in gran parte sullo studio e sullimitazione delle
sculture antiche, raggiungendo livelli di assoluta eccellenza, grazie alla possibilit di visitare il
giardino di San Marco a Firenze, dove era collocata la raccolta antiquaria dei Medici.
Il Bacco ebbro del 1496 [fig.1] la prima scultura a tutto tondo che ci sia pervenuta. In essa si nota
chiaramente il ruolo che ebbe il modello antico nel periodo giovanile di Michelangelo. La bellezza
ideale della scultura, ispirata a moduli proporzionali derivati dal Canone di Policleto (vedi la voce
Policleto), coincide con una finitura accurata della superficie del marmo. Questa vicinanza ai
modelli antichi era ben chiara ai contemporanei, tanto che il Bacco fu acquistato dal banchiere
Jacopo Galli che lo sistem tra i reperti della sua collezione antiquaria.
La stessa cura per la pietra e per la ricerca di perfezione formale si ritrova nella celebre Piet
commissionata dal cardinale francese Jean Bilhres nel 1498 e terminata l'anno successivo, oggi
nella Basilica Vaticana [fig.2]. La resa del panneggio, per il gusto pittorico del chiaroscuro, rievoca
la pittura di Leonardo, ma i giochi di ombra e luce servono a Michelangelo anche per far risaltare a
contrasto il corpo levigato, anatomicamente perfetto, del Cristo morto.
L'opera che chiude questa fase iniziale dell'attivit di Michelangelo scultore il David,
commissionato dall'Opera del Duomo di Firenze nel 1501 ma poi collocato davanti a Palazzo
Vecchio nel 1504, come simbolo della libert repubblicana fiorentina [fig.3]. La grande statua
rappresenta l'eroe biblico colto nel momento di massima concentrazione che precede il lancio della
pietra fatale per Golia. L'impostazione della figura di derivazione classica, ma nei contemporanei
era presente la convinzione che questa scultura fosse la prova dell'avvenuto superamento del
modello antico da parte degli artisti moderni.

2.3 - Il non finito


Nellopera di Michelangelo spesso visibile una scarsa finitura del marmo. Talvolta questa
condizione fu determinata da cause contingenti, come nel caso della tomba di papa Giulio II, la cui
complessa evoluzione formale port alla realizzazione di un certo numero di sculture (come la
straordinaria serie dei Prigioni) che non vennero mai completate, perch era nel frattempo mutata la
volont degli esecutori testamentari del pontefice.
Il progetto originario per Giulio II era grandioso: una struttura architettonica ricca di statue
allegoriche e rilievi con la figura del pontefice alla sommit [fig.1]. Il papa, inoltre, aveva scelto per
il suo monumento funebre la nuova basilica di San Pietro e, per la precisione, aveva pensato di
innalzare la sua tomba direttamente sopra la tomba di Pietro, una scelta ovviamente simbolica che
rilanciava con forza lidea della successione dei papi dallapostolo. Dopo molti anni di rinvii, la
sepoltura fu realizzata in forme molto pi semplici in San Pietro in Vincoli a Roma (1545).
Nei Prigioni destinati a questa grande e sfortunata impresa possiamo trovare vari gradi di finitura
del marmo. Alcuni, come il Prigione che si desta [fig.2] si presentano solo allo stato di abbozzo,
mentre altri, come il Prigione ribelle [fig.3], sono completi o, almeno, Michelangelo li ha lasciati in
uno stato di finitura ritenuto soddisfacente per la qualit estetica e di contenuto dellopera.
Dallosservazione di queste statue possiamo comprendere pienamente lidea che Michelangelo
aveva della scultura, come arte che si realizzava "per via di levare" (vedi il modulo Storia delle
tecniche artistiche, 6.3). Lartista riteneva cio che la figura nella sua perfezione ideale si trovasse
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gi entro il blocco di marmo e che lo scultore avesse semplicemente il compito di togliere via il
materiale superfluo. In questa concezione si nota una forte influenza del pensiero neoplatonico: se si
paragona la statua finita allidea dellartista che imprigionata dalla materia, da cui deve liberarsi,
si pu istituire un parallelo con lardua lotta tra lanima che aspira al divino e il corpo materiale che
la tiene prigioniera.

2.4 - Le sepolture medicee


Su incarico di Leone X e del cardinale Giulio de' Medici, tra il 1520 e il 1534 Michelangelo fu
impegnato a Firenze nella realizzazione di due importanti interventi nell'area della chiesa "medicea"
di San Lorenzo, ovvero la Biblioteca Laurenziana, costruita per conservare la biblioteca della
famiglia, e la Sagrestia Nuova destinata ad accogliere le tombe dei Medici.
Il progetto originario prevedeva che la sacrestia Nuova accogliesse le sepolture di Lorenzo il
Magnifico e del fratello Giuliano, nonch di Lorenzo duca di Urbino e di Giuliano duca di
Nemours, ma solo queste ultime due furono realizzate [figg.1, 2].
La struttura tradizionale della cappella funeraria gentilizia viene completamente rinnovata da
Michelangelo con l'adozione di un'architettura monumentale e nettamente contrastata, in cui i vari
elementi portanti assumono un rilievo e una visibilit del tutto nuovi. L'artista inserisce le tombe dei
principi entro nicchie ricavate quasi a forza nella possente architettura. Le statue dei principi non
sono giacenti, come di tradizione, ma sedute su una sedia gestatoria (cio la sedia mobile sulla quale
il papa veniva trasportato in circostanze solenni) all'antica, in armatura come se fossero imperatori
antichi: si tratta di ritratti ideali che assumono un senso ideologico come affermazione simbolica del
potere mediceo sulla citt.
L'allegoria funebre si sostanzia invece di un pi tradizionale riferimento al tempo che passa
inesorabilmente. Le statue sdraiate sopra i sepolcri sono infatti personificazioni delle quattro parti
del giorno: il Giorno [fig.3] e la Notte sulla tomba di Giuliano [fig.1], il Crepuscolo e l'Aurora sulla
tomba di Lorenzo [fig.2]. Le poderose figure che ruotano su se stesse visualizzano lo scorrere del
tempo e costituiscono alcuni dei pi straordinari brani di non finito michelangiolesco.

2.5 - Michelangelo pittore


Nel 1504 si colloca il pi antico dipinto (vedi il modulo Storia delle tecniche artistiche, 4.7) a noi
noto di Michelangelo, la Sacra famiglia, meglio nota come Tondo Doni per essere stata realizzata
per le nozze tra il ricco mercante fiorentino Agnolo Doni e Maddalena Strozzi [fig.1]. Il primo
piano del dipinto prepotentemente occupato dalle tre figure principali, ovvero Maria, il Bambino e
san Giuseppe, colti in un complesso gioco di flessioni e torsioni. Un muro separa lo sfondo dallo
spazio privilegiato della sacra famiglia. Solo il piccolo san Giovanni Battista, il precursore di
Cristo, si volge verso l'osservatore, attratto dal Bambino. Pi in fondo il paesaggio trascurato a
tutto vantaggio di una serie di figure maschili nude, simbolo del mondo ancora ignaro della
rivelazione divina.
Fin da questa prima tavola Michelangelo mostra quelli che saranno i motivi delle sue opere
pittoriche pi impegnative. Le pose complesse, rese con virtuosismo, testimoniano la ricerca
michelangiolesca di bellezza ideale del corpo umano in movimento. Il moto bloccato tipico delle
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sculture dell'artista si ripresenta cos anche nella pittura, con una caratteristica ricerca di plasticit
che accentua il rilievo delle figure. Tutto ci poi accompagnato da alcuni elementi che rinviano
alla tradizione fiorentina, come il brillante colore smaltato che assume toni cangianti nei giochi di
ombre e lascia emergere l'elemento lineare del disegno di contorno. Si tratta, come sembra chiaro,
di motivi del tutto differenti da quanto troviamo nella pittura di Leonardo, pi attenta alla fusione
tra figure e sfondo, alla naturalezza delle pose e delle espressioni e allo studio del paesaggio. Sono
tuttavia i motivi stilistici che attireranno di pi i pittori contemporanei, fornendo spunti di
meditazione per il prossimo sviluppo della pittura manierista.

2.6 - La Cappella Sistina


Nel 1508 papa Giulio II affid a Michelangelo l'incarico di decorare ad affresco la volta della
Cappella Sistina (vedi la voce Sistina, cappella). L'imponente impresa impegn l'artista fino al
1512. Michelangelo illustr la storia delle origini dell'umanit come viene narrata nel libro della
Genesi, per ricollegarsi tematicamente alle vicende di Mos e di Cristo, gi presenti sulle pareti
affrescate per Sisto IV da alcuni pittori fiorentini, tra i quali Perugino e Botticelli, tra il 1481 e il
1482.
La superficie della volta [fig.1] fu divisa in settori con finte strutture architettoniche dipinte in
prospettiva. Lungo l'asse centrale si susseguono nove grandi riquadri con altrettante storie, dalla
Creazione fino ai primi eventi successivi al Diluvio Universale. Ai lati dei riquadri sono coppie di
ignudi che sorreggono medaglioni con storie bibliche, mentre nei settori triangolari tra i pennacchi
si vedono grandi figure di profeti e sibille che preannunciarono la venuta di Cristo. Nei pennacchi e
nelle lunette, infine, i vari personaggi appartengono all'albero genealogico di Jesse degli antenati di
Cristo (consulta anche il glossario - Elementi architettonici).
Tutta la struttura figurativa mostra quindi un complesso sistema di rinvii allegorici alle storie delle
pareti e in particolare alle scene della vita di Cristo, in cui si compie l'opera redentrice di Dio. Dal
punto di vista tecnico e stilistico, poi, va riconosciuta a Michelangelo la capacit di cimentarsi con
straordinario successo in una tecnica per lui inedita come l'affresco (vedi il modulo Storia delle
tecniche artistiche, 1.4). Come si vede nella Sibilla libica [fig.2], per esempio, nella volta della
Sistina l'artista dispiega su vasta scala quelli che sono i caratteri gi consolidati della sua pittura:
monumentalit e tridimensionalit accentuate, movimenti e pose complesse, colori brillanti e
cangianti che Michelangelo usa anche per far risaltare le sue immagini all'interno della vasta e poco
illuminata cappella.
Verso la fine del suo pontificato, Clemente VII commission a Michelangelo la realizzazione del
Giudizio Universale [fig.3], completato nel 1541, sotto Paolo III. Il grande affresco rappresenta
l'epilogo della storia dell'umanit e chiude le vicende decorative della cappella.
La composizione a fasce sovrapposte tradizionale ma Ges, alzando il braccio in un gesto
imperioso, d avvio a un lento moto circolare che vede i dannati, a destra, scendere con terrore
verso la bocca dell'Inferno, mentre a sinistra i beati salgono verso il cielo. Cristo attorniato dalla
madre e da una moltitudine di santi che, tenendo presente la controversia religiosa che opponeva la
Chiesa di Roma alle Chiese protestanti, diventano altrettanti intercessori verso l'umanit. I colori
brillanti della volta lasciano spazio a toni pi crudi che ben si adattano all'epilogo non pi narrativo,
ma apocalittico e drammatico dell'intero ciclo decorativo della cappella.

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UD 3 - Raffaello Sanzio
Lunit didattica segue le vicende della breve e intensa attivit di Raffaello Sanzio.
3.1 - Raffaello Sanzio. Larmonia della classicit
3.2 - Raffaello e i suoi modelli
3.3 - Raffaello e Giulio II
3.4 - Raffaello e l'antico
3.5 - I ritratti
3.6 - Le pale d'altare

3.1 - Raffaello Sanzio. Larmonia della classicit


Tipico dellarte di Raffaello fu il continuo processo di studio e assimilazione di grandi modelli, con
il fine dichiarato di elaborare un linguaggio artistico personale, improntato a un classicismo
armonico e senza drammi. La ricerca di una classica armonia figurativa e la capacit di rielaborare
le pi disparate istanze figurative e culturali port il pittore a creare autentici capolavori e a
diventare un modello di riferimento costante, in quanto punto di arrivo del classicismo pittorico
rinascimentale.
I suoi legami con i circoli artistici e culturali pi importanti dei primi decenni del XVI secolo
mostrano quanto vaste fossero le sue conoscenze e i suoi interessi. Dalla citt natale, Urbino, e dalla
sua corte, luogo cardine dellelaborazione di una forma del vivere cortigiano, si avvicin a Perugino
(vedi il modulo Il Quattrocento: le persistenze tardogotiche e le novit rinascimentali, 7.6), dal
quale apprese una pittura dolce e sentimentale, per passare poi a Firenze nel 1504, dove vide
allopera Leonardo e Michelangelo, e infine a Roma, dove si pot confrontare con il grande modello
antico.
Raffaello attravers tutte queste esperienze mostrando sempre eccellenti doti di assimilazione e
rielaborazione personale dei modelli. Ci si nota gi nel primo capolavoro noto dellartista, ovvero
lo Sposalizio della Vergine dipinto nel 1504 per la chiesa di San Francesco a Citt di Castello e oggi
a Brera [fig.1].
Il modello diretto la pala del medesimo soggetto realizzata da Perugino per il Duomo di Perugia
nel 1503-1504 e oggi a Caen [fig.2], ed proprio nel confronto tra queste due immagini che si
possono apprezzare le caratteristiche della pittura di Raffaello, pi attenta a un ordine armonico
superiore basato su leggi geometriche ispirate a Piero della Francesca(vedi il modulo Il
Quattrocento: le persistenze tardogotiche e le novit rinascimentali, 5.5), ma anche a una maggiore
naturalezza delle figure che si allontanano dagli stereotipi perugineschi.

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3.2 - Raffaello e i suoi modelli


Le opere del soggiorno fiorentino mostrano con chiarezza i legami tra Raffaello e i grandi maestri.
Probabilmente il ruolo pi importante fu giocato da Leonardo da Vinci, i cui studi fisiognomici
costituirono sempre un riferimento per il giovane pittore. Cos, per esempio, nella Madonna del
prato del 1506 [fig.1] la composizione geometrica del gruppo richiama ancora l'ambiente urbinate,
ma l'intensit del rapporto emotivo tra le varie figure di ascendenza leonardesca.
Il riferimento a Leonardo si articola e si arricchisce nel Trasporto di Cristo realizzato nel 1507 su
commissione di Atalanta Baglioni per San Francesco al Prato a Perugia [fig.2]. Se ancora una volta
lo studio fisiognomico rinvia all'insegnamento leonardesco, le pose complesse delle figure
richiamano l'opera di Michelangelo, ripresa in maniera diretta nel gruppo delle Marie a destra. Ma a
questi due grandi modelli si accosta lo studio dell'arte antica, dichiarato sia nel giovane portatore al
centro della scena, sia nell'anziano barbuto pi a sinistra, che sembra riecheggiare il gruppo
ellenistico del Laocoonte, scoperto a Roma nel 1506.
La ripresa di modelli illustri viene sempre sottoposta da Raffaello a un processo di rielaborazione
che costituisce il carattere pi evidente della sua pittura ed il nucleo della sua evoluzione stilistica.
Il punto di arrivo di questa prima fase la Madonna del baldacchino, dipinta nel 1507-1508 [fig.3]
e lasciata parzialmente incompiuta. La struttura architettonica, monumentale e innovativa, ospita la
Vergine con il Bambino al centro, su un trono, attorniata dai santi tra i quali si instaura con estrema
naturalezza un discorso fatto di espressioni e sguardi, che rende pi umane le figure sacre. Questi
caratteri di novit trasformarono quest'opera in un punto di riferimento per la pittura fiorentina.

3.3 - Raffaello e Giulio II


Tra le grandi iniziative artistiche avviate da Giulio II (vedi 4.1) si deve annoverare la decorazione
delle stanze del nuovo appartamento papale, di cui vennero dapprima incaricati vari artisti, tra i
quali Pietro Perugino. Nel 1508 per, forse su indicazione di Bramante, il papa assegn il lavoro a
Raffaello.
Il pittore, ormai unico responsabile dell'impresa, inizi l'opera con la stanza della Segnatura,
destinata a ospitare la biblioteca privata di Giulio II [fig.1]. Gli affreschi di questa stanza
rappresentano l'ideale e armonico confronto tra cultura antica e dottrina cristiana, entro una struttura
che richiama la tradizionale suddivisione del sapere: le quattro pareti sono infatti dedicate alle
discipline delle quattro facolt delle universit medievali, il Diritto, la Filosofia, la Poesia (che
sostituisce la Medicina) e la Teologia. Il percorso simbolico rappresenta il Vero (razionale e
soprannaturale), il Bene (la giustizia, le virt) e il Bello (la poesia), e si completa nelle immagini
della volta, in un ideale itinerario di perfezionamento spirituale che va dal peccato originale,
attraverso l'esercizio della giustizia e delle virt, il sapere filosofico, le arti, la teologia, fino alla
conoscenza del sommo bene.
I due affreschi pi noti della stanza sono anche i pi emblematici dell'intero ciclo, sviluppato nelle
quattro stanze dell'appartamento che comprende, oltre quella della Segnatura, le stanze di Eliodoro
(1511-1513), dell'Incendio di Borgo (1514-1517), eseguita in gran parte dalla bottega, e infine di
Costantino, terminata dagli allievi dopo la morte del maestro (1520-1524). Nella Scuola di Atene
[fig.2] viene rappresentata allegoricamente la verit razionale della filosofia antica: in un vasto
edificio sono riuniti intorno a Platone e Aristotele i pi grandi sapienti dell'antichit.
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La Disputa del Sacramento [fig.3] rinvia a sua volta alla verit rivelata e alla conoscenza della
teologia. Le figure sono disposte a formare un grande emiciclo che ricorda l'abside di una chiesa: in
alto la Trinit con angeli, santi e martiri che simboleggiano la Chiesa trionfante; in basso altri
santi e membri delle gerarchie ecclesiastiche si dispongono intorno a un altare con un ostensorio
eucaristico, allegoria della Chiesa militante e della presenza tangibile di Cristo in terra.

3.4 - Raffaello e lantico


La villa romana di Agostino Chigi alla Lungara, progettata dall'architetto senese Baldassarre
Peruzzi (1481-1536), uno degli esempi pi interessanti di residenza allantica di primo
Cinquecento (vedi il modulo Larchitettura del Rinascimento, 5.4). Raffaello vi realizz nel 1511 il
celebre affresco rappresentante il Trionfo di Galatea [fig.1]. Si tratta di uno dei pi compiuti casi di
rievocazione dell'antico nell'arte rinascimentale: il soggetto tratto dalle Imagines del retore greco
Filostrato, mentre l'immagine costituisce un repertorio di motivi desunti da modelli antichi, come
sarcofagi o sculture, e testimonia l'interesse di Raffaello per il colore delle pitture romane (il rosso
del manto, per esempio).
Ma un caso di pi ampia e organica ripresa della pittura antica lo possiamo trovare nelle logge del
palazzo Vaticano [fig.2]. Qui Raffaello, coadiuvato dalla sua vasta e specializzata bottega, mette in
scena una vera e propria rievocazione del sistema decorativo romano a grottesche (vedi il modulo Il
mondo antico e larte rinascimentale, 6.5), non solo riprendendo i caratteristici motivi fantasiosi,
ma recuperando anche la tecnica "compendiaria" romana e integrando l'affresco con lo stucco, la
cui tecnica venne riscoperta e riportata alla ribalta proprio per le decorazioni ispirate all'antichit.
Nel 1519 Leone X assegna a Raffaello un incarico prestigioso e di assoluta importanza nel contesto
della politica di immagine del papato improntata alla renovatio imperii, incarico che forse il pi
significativo episodio del rapporto tra Raffaello e l'antichit: una pianta della Roma imperiale,
basata sul rilievo degli edifici sopravvissuti al naturale degrado e alle spoliazioni che ancora si
verificavano in quegli anni. Prima di avviare il lavoro, Raffaello invi una lettera a Leone X in cui,
con l'aiuto del letterato amico Baldesar Castiglione (1478-1529), tracci le linee metodologiche del
lavoro, esortando il pontefice a proteggere le vestigia dell'antichit per tramandarle alle generazioni
future. La conoscenza dell'arte antica, ormai, non pi solo fondamento del confronto con i grandi
maestri ma, secondo un punto di vista molto moderno, diventa strumento necessario a sviluppare
l'esigenza di tutelare le opere del passato.

3.5 - I ritratti
Raffaello eccelse anche come ritrattista. Tra i primi ritratti sono quelli dei coniugi Agnolo Doni e
Maddalena Strozzi Doni [figg.1-2], vicini tanto ai realistici ritratti scolpiti a Firenze nel corso del
Quattrocento quanto alla tipologia leonardesca della Gioconda (1.5) ma senza la stessa capacit di
penetrazione psicologica.
Ma Raffaello evolve in questa direzione, come dimostra il ritratto di Leone X con i cardinali Giulio
de Medici (il futuro papa Clemente VII, a sinistra) e Luigi de Rossi [fig.3]. Il gioco degli sguardi
dei protagonisti di questo magnifico ritratto di gruppo dichiara la politica nepotistica del papa
evidenziando le relazioni tra i personaggi. La cura estrema dei dettagli lussuosi (i preziosi tessuti, il
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codice miniato, il campanello doro) contribuisce alla definizione psicologica dei personaggi, grazie
allindicazione di qualit come lamore per i prodotti artistici raffinati e lussuosi che distingueva
effettivamente Leone X.
3.6 - Le pale d'altare
Nel periodo romano Raffaello raggiunge una crescente umanizzazione dei personaggi sacri nelle
pale d'altare, per lo pi grazie alle sue esperienze leonardesche. Nella Sacra conversazione, dipinta
nel 1513-1514 per la chiesa benedettina di San Sisto a Piacenza [fig.1], ogni elemento di
riferimento al mondo naturale scompare e rimangono solo le tende aperte a segnare il limite tra il
luogo dell'apparizione miracolosa della Vergine e lo spazio reale dei fedeli. I santi creano un
legame tra queste due sfere e San Sisto richiama addirittura l'attenzione di Maria verso l'esterno del
dipinto: si crea cos un rapporto umanissimo che avvicina emotivamente il devoto osservatore
all'immagine.
Lultima grande opera di Raffaello la Trasfigurazione, commissionata nel 1518 per San Pietro in
Montorio a Roma [fig.2] e terminata da Giulio Romano dopo la morte del maestro (1520). Il dipinto
rappresenta il miracolo del monte Tabor (Matteo, 17, 1-18), quando Cristo apparve a Pietro,
Giovanni e Giacomo in un alone di luce tra Mos ed Elia, mentre ai piedi del monte un indemoniato
attendeva la guarigione dagli apostoli. La composizione presenta una nuova complessit che trover
i suoi naturali sviluppi nella pittura del Manierismo. L'immagine si articola infatti in due zone
giustapposte ma unificate dalla composizione prospettica: quella superiore dominata
dall'apparizione di Cristo e quella inferiore con l'indemoniato, due zone distinte non solo per i
contenuti ma anche per la qualit delle fonti luminose.

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UD 4 - Roma, da Giulio II a Clemente VII


Lunit didattica presenta il grande fervore artistico sviluppatosi a Roma nei primi decenni del XVI
secolo.
4.1 - Giulio II il grande ricostruttore
4.2 - Leone X. Lapice della mondanit
4.3 - Verso la crisi
4.4 - Il Sacco di Roma

4.1 - Giulio II il grande ricostruttore


Durante i primi anni del suo pontificato, Giulio II Della Rovere (1503-1512) fu impegnato in lunghe
campagne militari per riconquistare al controllo della Chiesa i territori della Romagna, ma si dedic
anche a un'assidua attivit diplomatica internazionale per contrastare il potere crescente di Venezia,
prima, e della Francia poi.
La sua politica, tesa integralmente alla riaffermazione del potere e del prestigio della Chiesa e del
pontefice, si attu in campo artistico e culturale sulla base dell'idea umanistica di renovatio imperii
(la restaurazione ideale del potere imperiale romano). Tale impostazione trova un terreno
favorevole nel fervore culturale che interessa Roma nei primi decenni del XVI secolo. Infatti
l'Umanesimo maturo, sull'orlo della profonda crisi culturale e spirituale del Cinquecento, realizza a
Roma alcune delle sue sintesi pi felici. La citt dei papi, inoltre, come culla della cultura
umanistica per le sue memorie ideali e per le sue vestigia reali, doveva paragonarsi con la citt
antica, in una contesa di emulazione e superamento di cui i papi erano i principali artefici, perch
successori di Pietro e, idealmente, degli imperatori romani.
L'attivit di committenza artistica di Giulio II si inser nel contesto di questa pi ampia politica
culturale e, grazie alla scelta felice degli artisti pi adatti ai suoi scopi (soprattutto Bramante,
Raffaello e Michelangelo), ottenne rilevanti risultati. Mentre Raffaello e Michelangelo furono
incaricati di decorare le stanze dell'appartamento del pontefice e la volta della Cappella Sistina
(vedi 2.6 e 3.3), Bramante fu incaricato di ampliare il palazzo del Vaticano (vedi il modulo
Larchitettura del Rinascimento, 5.2), unendolo con due ali di fabbricato alla villa estiva costruita
da papa Innocenzo VIII (1484-1492) sulla collina del Belvedere, creando un grandioso cortile
ispirato a modelli antichi [fig.1].
Ma l'impresa pi eclatante del pontificato di Giulio II fu sicuramente la ricostruzione della basilica
di San Pietro (vedi il modulo Larchitettura del Rinascimento, 5.2), che fu affidata allo stesso
Bramante nel 1506. La grande chiesa paleocristiana, simbolo della cristianit e dell'autorit del
pontefice, dato che vi si trovava la tomba di Pietro, fu demolita per realizzare una nuova, vasta
chiesa a croce greca con una cupola centrale: un edificio che risentiva, nella struttura, del modello
delle antiche strutture termali romane [fig.2].

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4.2 - Leone X. L'apice della mondanit


Il cardinale Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, fu eletto papa nel 1513 con il nome
di Leone X. La sua elezione fu celebrata dai letterati come l'inizio di un'era di pace e di unit della
Chiesa. Leone X, prudente nella condotta, aveva esperienza diplomatica e, per tradizione familiare,
era un colto amante delle arti e della musica. La sua corte svilupp caratteri di grande fasto e
mondanit, tanto da diventare il principale bersaglio delle invettive di Martin Lutero (vedi la voce
Lutero, Martino), ma anche uno dei pi significativi contesti di produzione artistica del pieno
Rinascimento.
Il prestigio della curia pontificia e del pontefice stesso si basa ora sul fasto mondano e sulla
celebrazione personale, per cui la produzione artistica e culturale diventano strumenti fondamentali.
L'imponente mole di interventi promossa dal papa porta Roma all'ultima fase del suo splendore,
prima della crisi religiosa e politica che culminer nello scisma luterano, prima, e nel sacco del
1527, poi. La Roma di Leone X sembra cos realizzare il sogno umanistico, riportando in vita lo
splendore della Roma antica, creando le condizioni per l'affermazione di una nuova et dell'oro.
Principale artefice di questa fase splendida della cultura romana Raffaello, che viene nominato
maestro della fabbrica di San Pietro dal 1514 e "prefetto delle antichit" dal 1515. L'artista,
operando ancora nella quieta e distaccata fiducia umanistica nel mondo antico, realizza sotto Leone
X alcuni dei pi interessanti tentativi di celebrazione cortigiana e di rievocazione del mondo antico
di tutto il Rinascimento. Per esempio, nella terza stanza dell'appartamento papale, decorata tra il
1514 e il 1517 con l'ampio intervento dei collaboratori, tutte le immagini rinviano alle vicende di
Leone I, Leone III e Leone IV, riprese con l'intento di celebrare Leone X. Nell'Incendio di Borgo,
l'affresco che d il nome all'ambiente, si vede cos Leone IV che spegne miracolosamente un
incendio scoppiato nel rione di Borgo [fig.1], con l'allusione al compito di pacificatore di Leone X.
La scena concitata ricca di riferimenti all'arte antica e coinvolge lo spettatore dal punto di vista
scenografico ed emotivo.

4.3 - Verso la crisi


La morte improvvisa di Raffaello (1520) port alla ribalta artistica romana i suoi migliori
collaboratori, a partire da Giulio Romano (circa 1499-1546) che eredit la poliedrica bottega e i
numerosi lavori che Raffaello stava conducendo in quel periodo. Dopo il breve e austero pontificato
di Adriano VI (1522-1523), l'elezione al soglio pontificio di Giuliano de' Medici con il nome di
Clemente VII (1523-1534) fece tornare l'entusiasmo per la ripresa delle iniziative culturali e
artistiche. Roma divent la meta di numerosi giovani artisti, principalmente fiorentini, desiderosi di
trovare fortuna in citt. Michelangelo era a Firenze in quegli anni e cos attorno ai collaboratori di
Raffaello si and formando un gruppo piuttosto omogeneo di artisti, caratterizzati da un'attenzione
per il modello antico, ormai divenuto una sorta di moda, e soprattutto per uno stile prezioso e
raffinato che stato definito "stile clementino".
Tra i pi interessanti esponenti di questa corrente si possono citare Rosso Fiorentino (1495-1540) e
il parmense Francesco Mazzola, detto Parmigianino (1503-1540). Nelle loro opere sono chiari i
segni di un virtuosismo tecnico spesso sostanziato dai modelli michelangiolesco o raffaellesco,
sempre rielaborati in maniera del tutto personale. Questo il caso della Madonna con i Santi
Giovanni Battista e Girolamo, dipinta da Parmigianino tra il 1525 e il 1527 per la chiesa romana di
San Salvatore in Lauro [fig.1], dove la forte spinta verticale libera e innovativa, al punto da creare
un vero e proprio paradosso compositivo.
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Nell'elegante Cristo morto di Rosso Fiorentino [fig.2], invece, l'allegoria religiosa rinvia sia alla
passione che al mistero dell'eucaristia, e l'impostazione stilistica fa riferimento alle opere di
Michelangelo (gli "ignudi" della volta della cappella Sistina, vedi 2.6), interpretate con un senso
estetico estremamente raffinato.
Contemporaneamente il veneziano Sebastiano Luciani, detto Sebastiano del Piombo (circa 14851547), sviluppava una pittura austera e solenne, profondamente religiosa, in cui sono chiari e
documentati gli apporti dell'insegnamento di Michelangelo. Opera dell'artista la Resurrezione di
Lazzaro che, pur non appartenendo cronologicamente all'et clementina, fu commissionata da
Giulio de' Medici quando era ancora cardinale per la cattedrale di Narbonne [fig.3]. La
composizione rinnova la struttura tradizionale della pala d'altare quattrocentesca, utilizzando una
scena narrativa basata su alcuni disegni preparatori di Michelangelo.

4.4 - Il Sacco di Roma


Il profondo dissidio sorto tra l'imperatore Carlo V d'Asburgo e papa Clemente VII, per la politica
filo-francese di quest'ultimo, fu la causa principale della decisione di mettere a sacco la citt di
Roma. L'episodio, oltre a chiarire definitivamente il ruolo ormai predominante dell'impero di Carlo
V e della Spagna in Europa, fu determinante per le sorti dell'arte non solo italiana, ma anche
europea. L'ingresso dei lanzichenecchi a Roma nel maggio del 1527, e il saccheggio che ne segu,
causarono una stasi nella produzione artistica e la conseguente partenza dalla citt di un gran
numero di artisti che giocarono un ruolo fondamentale nella diffusione della grande maniera
romana di primo Cinquecento.
Giulio Romano era gi partito per la corte dei Gonzaga a Mantova (1524), mentre dopo il Sacco
Perin del Vaga, altro allievo di Raffaello, si trasfer a Genova e Rosso Fiorentino alla corte di
Francesco I re di Francia a Fontainebleau. Solo Sebastiano del Piombo rimase a Roma,
interpretando la profonda crisi morale e religiosa che aveva investito Roma e la curia pontificia
dopo il Sacco, con una pittura carica di austerit e di un forte senso di piet. Nel Cristo portacroce
del Prado, del 1530 [fig.1], anticipa alcuni dei caratteri propri della pittura devozionale del secondo
Cinquecento, grazie al suo stile severo che non lascia spazio a virtuosismi o a dettagli decorativi. Il
raffinato "stile clementino" era ormai un ricordo e Roma si preparava ad accogliere gli ultimi
drammatici capolavori di Michelangelo, come il Giudizio Universale della cappella Sistina (2.6).

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UD 5 - Firenze, tra repubblica e principato


L'unit didattica esamina l'arte a Firenze, tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento.
5.1 - La repubblica fiorentina
5.2 - Sul crinale del Cinquecento: Piero di Cosimo e Filippino Lippi
5.3 - La nuova maniera: fra' Bartolomeo e Andrea del Sarto
5.4 - Il rientro dei Medici
5.5 - La nuova maniera: la prima attivit di Pontormo e Rosso Fiorentino

5.1 - La repubblica fiorentina


Quando nel 1492 mor Lorenzo il Magnifico, il vuoto politico lasciato dalla sua scomparsa fu solo
in parte colmato dalla breve esperienza della repubblica savonaroliana. Nata nel 1494 in seguito alle
difficolt generate alla discesa in Italia di Carlo VIII, essa era stata acclamata sull'onda
dell'entusiasmo e del fervore religioso procurato dalle prediche del frate domenicano Gerolamo
Savonarola; ma si era conclusa drammaticamente nel 1498 con il rogo che lo vide ardere in piazza
della Signoria.
Un clima di intensa spiritualit caratterizz questi anni, e la produzione artistica contemporanea ne
fu di conseguenza profondamente influenzata, in forme anche molto distanti tra loro. Se, nella
parabola conclusiva della sua attivit, Sandro Botticelli proponeva una dolorosa meditazione sul
destino umano nell'intenso Compianto di Cristo del Museo Poldi Pezzoli di Milano [fig. 1],
mostrando una drammatica sensibilit e tutta l'inquietudine del momento, altri protagonisti della
scena fiorentina, come Piero di Cosimo o Filippino Lippi (5.2), sembrano consapevoli di come in
definitiva una stagione, quella del Magnifico, era definitivamente tramontata, cedendo il posto a una
nuova.
Nel 1502 Pier Soderini venne nominato confaloniere della Repubblica. Lo sforzo di pacificazione
intrapreso nel sedare le fazioni cittadine favor un momento di grande fervore culturale. A Firenze
convergono Leonardo, Michelangelo e Raffaello: il momento in cui le esperienze dei grandi
maestri generano un nuovo linguaggio artistico.

5.2 - Sul crinale del Cinquecento: Piero di Cosimo e Filippino Lippi


Testimone di una nuova epoca fu Piero di Cosimo (1461-1521), allievo di Cosimo Rosselli e
artefice di una pittura di grande originalit. Continuamente alla ricerca di un difficile equilibrio tra
fantasia compositiva e attenzione naturalistica, visibile in particolare nella stesura dei paesaggi che
fanno da delicato sfondo alle scene principali, Piero dimostra di meditare sulla pittura fiamminga,
nota a Firenze anche attraverso numerose opere inviate dalle Fiandre, come ad esempio il celebre
trittico Portinari di Hugo van der Goes (visita il museo virtuale alla voce van der Goes, Hugo,
trittico Portinari) giunto in citt nel 1483. soprattutto negli anni Novanta che il pittore mette a
punto il suo linguaggio, personalissimo, lavorando principalmente per una committenza privata.
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Le cosiddette Storie dell'umanit primitiva furono realizzate intorno al 1505 probabilmente su


richiesta di Francesco Del Pugliese per decorare la propria residenza fiorentina. Nei tre pannelli,
ovvero la Caccia primitiva [fig. 1] e il Ritorno dalla caccia, conservati al Metropolitan Museum di
New York, e l'Incendio della foresta [fig. 2] dell'Ashmolean Museum di Oxford, sono raffigurati
momenti di un'umanit allo stato primordiale, precedenti la scoperta del fuoco e, dunque, della
civilt.
Li caratterizza una sfrenata passionalit, laddove bestia e uomo non si distinguono, e un gusto del
primitivismo e del fantastico che corre come un filo rosso nell'opera del pittore, a segnare il
passaggio verso il Cinquecento.
Reduce dal soggiorno romano che lo aveva visto lavorare nella cappella di Olivero Carafa in Santa
Maria sopra Minerva (1488-1493), Filippino Lippi (1457-1504), cresciuto nella bottega del padre
Filippo e in quella di Botticelli, si faceva interprete a Firenze di nuove tendenze.
Tra il 1495 e il 1503 portava a termine l'impresa della Cappella Strozzi in Santa Maria Novella con
gli affreschi dedicati alle Storie dei santi Filippo e Giacomo, un incarico assunto con Filippo Strozzi
gi dal 1487. Come si pu vedere in maniera esemplare nell'episodio di San Filippo che caccia il
demonio dall'idolo di Marte [fig. 3], le azioni, a volte convulse, dei personaggi sono poste contro
uno sfondo costituito da scenari fantastici e complesse architetture, dense di citazioni antiche e
modellate secondo una classicit completamente rivisitata: una bizzarria compositiva che anche
indice di una volont di trasgressione dettata dall'incertezza del momento.

5.3 - La nuova maniera: fra' Bartolomeo e Andrea del Sarto


L'esperienza leonardesca, il clima politico pi rilassato, la presenza di Raffaello sono alla base del
linguaggio di Bartolomeo della Porta (1472-1517), detto anche fra' Bartolomeo. Le sue opere
costituiscono la risposta alternativa alla ricerca formale che muove gli artisti fiorentini a questa
data. Alla trasgressione e al fantastico egli contrappone un ricercato effetto di equilibrio tra maest e
grazia. Questo molto chiaro nel Dio Padre tra le sante Maria Maddalena e Caterina da Siena
[fig. 1], realizzato nel 1509. In esso, un'arcaica ed essenziale composizione piramidale la struttura
entro la quale si manifesta un'intima ma solenne spiritualit nell'atteggiamento dei personaggi,
accanto a un inedito accento naturalistico nel paesaggio che si apre sullo sfondo, quasi
giorgionesco, forse memore di un suo viaggio a Venezia nel 1508.
Alla morte di fra' Bartolomeo, nel 1517, Andrea del Sarto (1486-1530) era gi un pittore nel pieno
della sua maturit artistica. Dotato di una straordinaria vena disegnativa, si era formato all'interno
della tradizione fiorentina. Lo dimostrano le Storie di san Filippo Benizzi, realizzate tra il 1509 e il
1510 nel chiostrino dei Voti della Santissima Annunziata. Gli episodi si collocano su sfondi
paesaggistici di sapore nordico, e sono ancora profondamente imbevuti della cultura artistica di fine
Quattrocento. Al contrario, quando nel 1514 torn a dipingere sulle pareti dello stesso ambiente la
Nativit di Maria [fig. 2], la monumentalit d'impianto, un posato classicismo delle figure, i
richiami all'antico (si veda la decorazione del camino) denunciano un cambiamento della sua arte,
in direzione di Raffaello e, nell'uso attento dello sfumato, di Leonardo.
Vertice indiscusso di una tale ricerca la Madonna delle arpie [fig. 3], cos detta per la presenza di
due creature mostruose, erroneamente identificate come arpie, sugli spigoli del piedistallo sul quale
posta la Vergine che, con il figlio, si erge tra i santi Francesco e Giovanni Evangelista.
Commissionata nel maggio del 1515 dalle suore del terz'ordine francescano del monastero
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fiorentino di San Francesco de' Macci per l'altar maggiore della chiesa annessa al convento, oggi
conservata agli Uffizi, e costituisce una delle opere pi famose del primo Cinquecento fiorentino,
fondamentale punto di riferimento per l'evoluzione del "manierismo".

5.4 - Il rientro dei Medici


Fin dal 1510 il pontefice Giulio II aveva promosso una rete di alleanze per cacciare i Francesi dalla
penisola. Solo nel 1512 ci fu possibile. La Repubblica fiorentina ebbe vita brevissima e il primo
settembre di quell'anno il gonfaloniere Piero Soderini fu costretto alla fuga. Quello stesso giorno i
Medici rientrarono definitivamente a Firenze per ristabilirvi il proprio governo. Il segno tangibile
della potenza raggiunta fu l'elezione del figlio di Lorenzo il Magnifico, il cardinale Giovanni de'
Medici, al soglio pontificio l'11 marzo 1513 con il nome di Leone X.
Grazie alla nuova condizione politica, la citt conobbe decenni di grande fervore artistico. Da un
punto di vista architettonico il punto focale degli interventi medicei fu la chiesa di San Lorenzo, con
il concorso per la facciata promosso da Leone X, la costruzione della Sagrestia Nuova quale
mausoleo familiare, e l'edificazione della Biblioteca Laurenziana. Ma i signori di Firenze si fecero
committenti anche di grandi imprese pittoriche.
Leone X, con il tramite del cugino Ottaviano de' Medici, aveva promosso lavori di rinnovamento
della villa medicea di Poggio a Caiano. Furono impegnati i migliori artisti per mettere in opera il
programma iconologico messo a punto da Paolo Giovio, teso alla celebrazione della casata dei
Medici attraverso una serie di episodi tratti dalla storia romana e dalla mitologia. Alla decorazione
delle pareti del grande salone centrale si succedettero Andrea del Sarto, Franciabigio e Pontormo.
A quest'ultimo spett realizzare la lunetta ad affresco raffigurante Vertumno e Pomona [fig. 1],
sovrastata da un'iscrizione tratta dalle Georgiche di Virgilio relativa alla nascita dell'et dell'oro. Il
soggetto del dipinto dunque la rinascita della natura in primavera, e simboleggia il rinnovamento
della dinastia medicea all'interno della nuova "et dell'oro" instaurata da Leone X.
Dopo il sacco di Roma (1527) una breve parentesi repubblicana port, nel 1531, all'elezione a duca
di Firenze di Alessandro de' Medici per concessione dell'imperatore Carlo V: assassinato nel 1537,
gli succedette il diciottenne Cosimo. Il suo ducato fu davvero considerato una nuova "et dell'oro",
e almeno in questo modo fu celebrato dai numerosi artisti attivi presso la sua corte.

5.5 - La nuova maniera: la prima attivit di Pontormo e Rosso Fiorentino

Dopo una prima formazione nelle botteghe di Leonardo e di Piero di Cosimo, Jacopo Carucci, detto
Pontormo (1494-1557), era passato in quella di Andrea del Sarto (vedi 5.1), e con lui aveva
collaborato alla decorazione del chiostrino dei Voti alla Santissima Annunziata, realizzando tra il
1514 e il 1516 la Visitazione [fig. 1]. L'esecuzione di questo affresco, dove la monumentalit delle
figure e della struttura architettonica denuncia la forte influenza dell'arte di Michelangelo e
Raffaello, seguiva di poco l'intervento sulle stesse pareti del piccolo ambiente di un pittore
coetaneo, detto Rosso Fiorentino (1494-1540). Egli infatti tra il 1513 e il 1514 portava a termine
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l'affresco con l'Assunzione della Vergine, dove sono gi chiare le sue straordinarie novit
coloristiche.
Tra il 1517 e il 1518 tre pale comparvero sugli altari di altrettante chiese fiorentine, segnando un
momento di grandissima importanza all'interno di un processo artistico che trover compimento
negli anni immediatamente successivi. Alla Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto del 1517
(vedi 5.3), Pontormo e Rosso risposero nel 1518 rispettivamente con la cosiddetta Pala Pucci [fig.
2], dal nome del committente Francesco Pucci, ancora oggi in San Michele Visdomini, e con la
Madonna e santi [fig. 3], detta anche Pala di Santa Maria Nuova dal luogo di collocazione
precedente al suo ingresso agli Uffizi, dove oggi conservata. La replica al posato classicismo di
Andrea del Sarto per Pontormo l'occasione di sperimentare novit espressive entro la tradizionale
struttura piramidale; per Rosso costituisce invece la spinta a innovare e stravolgere completamente
uno schema, eliminando all'interno del gruppo qualsiasi ordine gerarchico e costringendo i
personaggi in uno spazio angusto.
Il secondo decennio del secolo si chiudeva con un'altra importante commissione per Pontormo. Nel
1515, in vista delle nozze del figlio Pierfrancesco, Salvi Borgherini aveva commissionato a diversi
artisti la realizzazione di alcuni pannelli raffiguranti storie della vita di Giuseppe (vedi la scheda
Storie di Giuseppe ebreo). Ad Andrea del Sarto spett eseguirne due, mentre il contributo di
Pontormo previde l'elaborazione di tre pannelli, conclusi nel 1519 con il dipinto gi "manieristico"
di Giuseppe in Egitto.

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UD 6 - Venezia nel primo Cinquecento


L'unit didattica analizza la pittura a Venezia nei primi decenni del Cinquecento.
6.1 - I primi anni del Cinquecento
6.2 - Giorgione
6.3 - Gli anni veneziani di Sebastiano Luciani, detto del Piombo
6.4 - Tra Cima da Conegliano e Palma il Vecchio
6.5 - Ai margini della pittura veneziana: Lorenzo Lotto

6.1 - I primi anni del Cinquecento


All'aprirsi del nuovo secolo Giovanni Bellini stava ormai conquistando il ruolo di autorit
indiscussa della pittura veneziana: pittore e ritrattista ufficiale, lavorava in palazzo Ducale e la
produzione della sua bottega dettava il gusto in laguna. Ci vero naturalmente per i piccoli
quadretti di devozione privata, per i teleri di storia, per la ritrattistica e per le pale d'altare.
Il modello sperimentato con la Pala di san Giobbe (vedi il modulo La pittura a Venezia nel
Rinascimento I, 2.2) si afferm nel 1505, quando Bellini firm la grande Pala di san Zaccaria [fig.
1] (vedi il modulo La pittura a Venezia nel Rinascimento II, 1.1). Sul trono, in posizione
sopraelevata, si erge la Madonna con il Bambino. Ai lati, in perfetta simmetria, si dispongono a
sinistra i santi Pietro (con le chiavi e il libro chiuso) e Caterina (con un frammento della ruota,
strumento del martirio, e la palma), mentre a destra sono santa Lucia (che porta i segni del martirio,
gli occhi e la palma) e san Girolamo, con gli abiti cardinalizi, intento nella lettura del libro. I
personaggi si collocano all'interno di uno spazio pensato come una cappella che si apre al di l del
muro su cui la pala effettivamente si trova. Infatti, la struttura decorativa e architettonica dipinta
riprende quella reale della cornice che inquadra la tavola (si vedano specialmente le paraste
decorate a grottesche). Quando Vittore Carpaccio, nel 1510, realizzer la Presentazione al tempio
[fig. 2] per l'altare Sanudo in San Giobbe, non potr fare a meno di questo modello.
Nonostante a Venezia si potesse lavorare su modelli cos solidi, questi primi anni del secolo
coincisero anche con un momento di sperimentazione formale. Resta ancora da chiarire la reale
portata del passaggio di Leonardo in citt nel marzo del 1500. Tuttavia, le novit stavano entrando
nell'arte lagunare, ad opera non tanto dei grandi maestri, quanto dei giovani pittori che si stavano
affacciando sulla scena.

6.2 - Giorgione
Le notizie documentarie relative a Giorgione sono scarse, e ci ha costituito un problema per la
messa a punto di un catalogo delle sue opere. Svolse la sua prima attivit nella citt natale,
Castelfranco Veneto. Qui realizz nel 1502 una pala, la Madonna e santi, commissionata dal
condottiero Tuzio Costanzo per la sua cappella nel Duomo e, contemporaneamente, un fregio a
monocromo di carattere astrologico che si estende sulla parete est del salone dell'antica casa Marta.
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Unica fonte attendibile, perch di poco pi tarda, per affrontare il problema del catalogo costituita
dal taccuino marciano di Marcantonio Michiel, che a partire dal 1525 vi annot brevi descrizioni
relative ai quadri veduti nelle raccolte private veneziane. Dalla lettura di queste carte si ha notizia di
alcuni dipinti che si dicono di Giorgione: i cosiddetti Tre filosofi, la Venere, la Tempesta.
Probabilmente appena giunto a Venezia realizzava i Tre Filosofi [fig. 1] oggi a Vienna. Tre
personaggi sono rappresentati in un paesaggio: due sono in piedi, e uno, seduto a terra, guarda verso
un punto imprecisato. Il pi anziano abbigliato come un sacerdote ebreo, e mostra una carta
astrologica. Il secondo, in piedi, di media et, vestito all'orientale, mentre il terzo pi giovane
impegnato in calcoli geometrici. Alle loro tre et corrisponde la successione dei tempi e delle
religioni; l'ultimo personaggio sembra dunque simbolo del cristianesimo (o della sua decadenza).
Nel 1506 Giorgione era certamente a Venezia. A quella data l'iscrizione posta dietro la Laura (vedi
il modulo La pittura a Venezia nel Rinascimento II, 4.4) lo dice "collega" del pittore Vincenzo
Catena. Tra il 1507 e il 1508 sono registrati pagamenti per un telero in Palazzo Ducale di cui non si
ha poi altra notizia, mentre nel 1508 documentata la sua presenza al Fondaco dei Tedeschi. Nel
1507 eseguiva la Venere [fig. 2] sulla quale qualche anno dopo intervenne Tiziano.
Sono anche gli anni della Tempesta [fig. 3] oggi presso le Gallerie dell'Accademia, cos densa di
significato da offrirsi a ogni tipo di interpretazione, nessuna provabile. Come una meteora, la vita di
Giorgione termin con la peste, scoppiata a Venezia nel 1510.

6.3 - Gli anni veneziani di Sebastiano Luciani, detto del Piombo


Sebastiano Luciani nacque intorno alla met degli anni Ottanta del Quattrocento a Venezia, dove si
form forse presso la bottega di Giovanni Bellini, e comunque all'insegna della sua arte. Tuttavia
gi le prime opere note di Sebastiano mostrano un pittore in piena sperimentazione formale.
Lo dimostra molto bene il grande telero incompiuto di Kingston Lacy con il Giudizio di Salomone
[fig. 1], eseguito per il patrizio Andrea Loredan, forse intorno al 1506-1507. evidente una ricerca
di monumentalit, sia nelle figure che si dispongono in maniera simmetrica ma non statica attorno
ai gradini su cui sta, nella posizione pi alta, il sapiente re, sia soprattutto nello scenario
architettonico, costruito con rigore antiquariale.
Erano molti i riferimenti per un giovane pittore a questa data, a Venezia. Intanto, c'erano le prime
opere di Tiziano; di qualche significato dovette anche essere la comparsa nel 1506 della Festa del
Rosario di Albrecht Drer nella chiesa di San Bartolomeo (vedi la scheda Drer in Italia); ed era
inoltre attivo in citt Palma il Vecchio. Eppure anche il linguaggio di Bellini era in trasformazione,
e gli esiti di sfumato raggiunti da Sebastiano nelle sue prime opere, imputati ora all'influenza di
Giorgione (6.2), ora a quella di fra' Bartolomeo (di passaggio in citt nel 1508), sono presenti nella
pittura del maestro. Basti soltanto mettere a confronto la Pala di San Zaccaria (6.1) di Bellini con la
prima opera pubblica di Sebastiano, le ante eseguite tra il 1508 e il 1509 per l'organo della chiesa di
San Bartolomeo di Rialto, sede religiosa dei mercanti tedeschi attivi a Venezia [figg. 2-3].
All'interno di nicchie in penombra risaltano le figure dei santi: Ludovico da Tolosa [fig. 2], a
ricordo di Alvise Ricci, vicario della chiesa in quegli anni; Bartolomeo, in riferimento alla
titolazione della chiesa [fig. 3]; Sebastiano, tradizionale protettore in tempo di peste [fig. 3];
Sinibaldo, patrono della citt di Norimberga, di cui faceva parte la maggioranza della comunit
tedesca di Venezia.
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La pala con San Giovanni Crisostomo tra le sante Caterina, Maddalena e Lucia, e i santi Giovanni
Evangelista, Giovanni Battista e Teodoro [fig. 4] fu eseguita per l'altare maggiore della chiesa di
San Giovanni Crisostomo tra il 1510 e il 1511 (vedi il modulo La pittura a Venezia nel
Rinascimento II, 5.3). Caratterizzata da un'inedita impostazione laterale, funzionale per raffigurare
il santo nell'atto di scrivere, fu l'ultima opera pubblica veneziana di Sebastiano. Subito dopo, nel
1511 e al seguito del ricco banchiere Agostino Chigi, and a Roma, dove trascorse il resto della sua
vita.

6.4 - Tra Cima da Conegliano e Palma il Vecchio


Nel corso del secondo decennio del Cinquecento alcuni dei protagonisti degli anni precedenti
scomparvero: morto Giorgione nel 1510, partito Sebastiano nel 1511, la scena era dominata
dall'ormai celebre Tiziano che, alla morte di Bellini (1516), assunse la carica di pittore ufficiale
della Serenissima. Altri pittori intanto si affacciavano sulla scena artistica veneziana.
All'inizio del Cinquecento, Giambattista Cima da Conegliano (1459 circa-1518) era saldamente
attivo tra citt e provincia, al lavoro per le Scuole locali e per committenti privati.
Tra il 1509 e il 1510 realizzava l'Adorazione dei pastori con le sante Caterina, Elena, Tobiolo e
l'arcangelo Raffaele [fig. 1] per la chiesa veneziana dei Carmini su commissione del mercante
Giovanni Calvo, per l'altare della propria famiglia e a ricordo della moglie Caterina, defunta nel
1508, alla quale fa riferimento la santa eponima. Calvo stesso si fece rappresentare in veste di
pastore, in atto di adorare il Bambino, sotto lo sguardo vigile di Elena, con la croce, e di Raffaele,
medicina di Dio.
Il bergamasco Jacopo Negretti, detto Palma il Vecchio (circa 1480-1528), dal 1510 risulta
documentato a Venezia, dove trascorse praticamente tutta la vita. Il suo stile, tranquillo e gradevole,
e una sintonia con gli schemi e le tipologie cari alla tradizione veneziana e belliniana ne fecero uno
degli artisti pi richiesti del momento nell'ambito delle committenze private. Vasta infatti la sua
produzione di ritratti, specialmente femminili, e di dipinti religiosi destinati alla devozione privata.
Tuttavia anche chiese e scuole si avvalsero della sua attivit.
Il suo capolavoro, il Polittico di santa Barbara, fu commissionato dalla Scuola dei Bombardieri, di
cui la santa patrona, ed eseguito, probabilmente tra il 1523 e il 1524, per l'altare della scuola nella
chiesa di Santa Maria Formosa. Qui, come si vede nello scomparto centrale [fig. 2], il pittore
dimostra di essere in linea con la produzione pittorica contemporanea, specialmente tizianesca.

6.5 - Ai margini della pittura veneziana: Lorenzo Lotto


Lorenzo Lotto (circa 1480-1557) fu veneziano di nascita, ma mai di adozione. Nei primi anni della
sua attivit, fino al 1506, infatti documentato a Treviso, al servizio del vescovo Bernardo de' Rossi
che gli commission il ritratto suo e della sorella Giovanna con le relative coperte allegoriche e
alcuni quadri di devozione privata. Come si desume da questa sua prima produzione, Lotto dovette
formarsi nel pieno della tradizione belliniana, assumendone finanche schemi compositivi. Ci si
nota in particolare nella Pala di Santa Cristina [fig. 1], realizzata tra il 1505 e il 1506 per la chiesa
parrocchiale di Santa Cristina a Quinto, presso Treviso, dove ancora oggi si trova (si confronti con
la pala di San Zaccaria, in 6.1).
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Nonostante una tale sintonia con l'arte dominante, Lotto decise di prendere la strada per le Marche,
dando inizio a un girovagare tra Roma, le Marche e Bergamo, che solo in poche occasioni, e per
pochi anni, lo vedr tornare a Venezia. Il suo esordio in terra marchigiana fu il Polittico di Recanati
[fig. 2]. Firmato e datato 1508, fu eseguito per la chiesa cittadina di San Domenico. Negli scomparti
di cui si compone si attua la celebrazione dell'ordine e l'esaltazione del governo cittadino, attraverso
una calibrata scelta dei personaggi da rappresentare, che si dispongono contro un fondale
architettonico concepito come uno spazio unitario.
Due pagamenti del 1509 attestano la presenza di Lotto a Roma, tra le maestranze attive alle Stanze
Vaticane. Rimane ancora difficile stabilire in che modo e dove il pittore intervenne. Certo che ben
presto dovette lasciare la citt dei papi, ancora alla volta delle Marche. Per la confraternita del Buon
Ges in San Floriano a Jesi nel 1512 Lotto esegue la Deposizione [fig. 3], dove dimostra di aver
assimilato alcune tipologie raffaellesche, rifiutando per l'interpretazione classicheggiante ed
estetizzante che le caratterizza.
Nel 1513 Lotto si trasfer a Bergamo dove rimase fino al 1525, portando a termine tre pale d'altare,
la decorazione dell'oratorio Suardi (vedi la scheda Cappella Suardi di Lotto a Bergamo), ritratti e
dipinti destinati a privati, e settanta, tra disegni e cartoni, tutti perduti, per le tarsie a soggetto
veterotestamentario del coro ligneo della chiesa di Santa Maria Maggiore a Bergamo realizzate da
Francesco Capoferri (per un approfondimento su Lorenzo Lotto vedi il modulo La pittura a Venezia
nel Rinascimento II, UD7).

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UD 7 - Tiziano Vecellio
L'unit didattica esamina il percorso artistico di Tiziano Vecellio.
7.1 - Tiziano: la nascita e le prime opere
7.2 - Le grandi pale d'altare
7.3 - I ritratti e gli autoritratti
7.4 - Al servizio dei potenti
7.5 - Le poesie mitologiche e l'ultimo Tiziano

7.1 - Tiziano: la nascita e le prime opere


Tiziano Vecellio nacque a Pieve di Cadore tra il 1480 e il 1485. Una delle sue prime opere, Jacopo
Pesaro presentato a san Pietro da papa Alessandro VI [fig. 1], celebra la vittoria di Santa Maura
del 30 agosto 1502. Le flotte papali, comandate da Jacopo Pesaro, nobile veneziano e vescovo di
Pafo, unite a quelle della Serenissima, avevano sconfitto in quella localit i Turchi. Eseguita tra il
1503 e il 1506, la paletta conservata ad Anversa ci offre direttamente le informazioni stilistiche sul
giovane pittore: Tiziano guarda a Gentile Bellini per la figura un po' arcaica del papa, a Giovanni
Bellini per quella pi aggiornata di san Pietro, alla pittura nordica, gi filtrata dal talento personale,
per l'entusiasmante ritratto di Jacopo.
Tra il 1508 e il 1509 Tiziano fu attivo al Fondaco dei Tedeschi. Il suo affresco (conservato in parte
a Venezia nella Galleria Franchetti) venne integralmente riprodotto nelle incisioni settecentesche di
Anton Maria Zanetti. Rappresenta un'allegoria di Venezia come Giuditta/Giustizia che calpesta la
testa di Oloferne, pronta a difendere la citt dalle insidie dell'imperatore Massimiliano, cui rimanda
il soldato tedesco posto in primo piano, che proprio in quegli anni si schierava con la lega di
Cambrai contro la Serenissima.
Dopo aver eseguito la Pala di san Marco per la chiesa di Santo Spirito in Isola (oggi in Santa Maria
della Salute), un'opera votiva di grande equilibrio compositivo e contenutistico, il pittore cadorino
realizz nel 1511 tre affreschi per la Scuola del Santo a Padova, tra cui il Miracolo del neonato [fig.
2], dove gli episodi miracolosi rimandano alle finalit politiche della committenza ed ostentano un
pittore ormai gi solidissimo, capace di gestire le storie con assoluta sicurezza.Tre anni dopo
Tiziano inizi a dipingere il celebre Amor sacro e profano [fig. 3] (vedi la scheda Interpretazioni
dellAmor sacro e Amor profano), traducendo in immagine, in occasione delle nozze fra Niccol
Aurelio e Laura Bagarotto, una splendida allegoria di persuasione amorosa, dimostrando tutto il suo
virtuosismo pittorico.

7.2 - Le grandi pale d'altare


Il 19 maggio 1518 venne collocata sull'altar maggiore della chiesa veneziana di Santa Maria
Gloriosa dei Frari la pala dell'Assunta [fig. 1]. Capolavoro supremo di Tiziano, commissionato nel
1516, essa rappresenta, seguendo le indicazioni dottrinarie francescane, l'ascesa di Maria
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Immacolata verso il Padreterno, che sta per incoronarla Regina del Cielo. Il pittore mette da parte i
tradizionali riferimenti iconografici, si concentra sullo straordinario evento, utilizza il formato
verticale per dar vita all'azione, esalta l'intensit dei colori per ottenere il pi alto effetto visivo (vedi
anche il modulo La pittura a Venezia nel Rinascimento II, 6.6).
Subito dopo, nel 1519 e nella stessa chiesa, Jacopo Pesaro commissiona a Tiziano per l'altare della
sua famiglia, dedicato all'Immacolata Concezione, una grande pala, detta Pala Pesaro [fig. 2],
compiuta in sette anni. Jacopo, ritratto sulla sinistra, rivolge lo sguardo a san Pietro, a Maria e al
Cristo bambino. Sulla destra una straordinaria galleria di ritratti degli altri componenti della
famiglia Pesaro, accompagnati da san Francesco e sant'Antonio. Lo spazio organizzato con una
perizia assoluta; Tiziano considera attentamente la collocazione laterale del dipinto e attraverso il
rigore compositivo ottimizza il punto di vista dello spettatore.
Nulla ci rimane purtroppo della grandiosa pala con l'Uccisione di san Pietro Martire, dipinta da
Tiziano per la chiesa veneziana dei Santi Giovanni e Paolo tra il 1528 e il 1530. Ma la copia che la
riproduce basta a dimostrare che anche in questo caso il pittore cre un'opera rivoluzionaria,
utilizzando la forza espressiva del dramma in atto.

7.3 - I ritratti e gli autoritratti


Intorno al 1508-1509 Tiziano ritrae il cosiddetto Ariosto [fig. 1], dimostrando immediatamente di
non avere rivali in questo genere. La posizione del ritrattato misura in profondit lo spazio, il suo
sguardo penetra l'osservatore, la sua veste esalta l'abilit tecnica dell'artista. I volti dei
contemporanei si mettono in fila per avere l'onore di essere resi immortali dal pennello del maestro
che, ad esempio, raggiunge vertici formidabili nel Ritratto di giovane della Frick Collection di New
York (circa 1515) o nel presunto Vincenzo Mosti (Firenze, Galleria di Palazzo Pitti, circa 1514).
Il pittore cadorino utilizz pi volte il modello del "ritratto di stato", volto ad evidenziare il ruolo
politico e sociale del personaggio rappresentato. Intorno al 1529 Tiziano ritrae Federico Gonzaga
marchese di Mantova (Madrid, Museo del Prado) nel suo elegantissimo "giuppone" azzurro
ricamato d'oro; tra il 1536 e il 1538 la volta di Francesco Maria della Rovere duca di Urbino e di
sua moglie Eleonora Gonzaga (Firenze, Uffizi).
Ma il ritratto poteva anche essere una carta di presentazione volta ad ottenere il favore dei potenti,
come sapeva bene Pietro Aretino, "compare" del Vecellio. Il Ritratto di Pietro Aretino dipinto da
Tiziano nel 1545 [fig. 2] coglie con spietatezza il carattere iroso e aggressivo dello scrittore.
Certo Tiziano fu anche pienamente consapevole della propria grandezza, come dimostrano il suo
motto "Natura potentior ars" (l'arte pi potente della natura) e i suoi splendidi autoritratti: quello
di Berlino (Staatliche Museen, circa 1560-1565) dove mostra la catena d'oro che gli aveva donato
l'imperatore Carlo V, e l'Autoritratto di Madrid [fig. 3] che lo raffigura di profilo, ormai vecchio,
ma ancora fiero e con il pennello in mano; in queste opere emerge l'intensit della riflessione del
pittore sul proprio ruolo, sulla propria vita, sulle potenzialit dell'atto creativo.

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7.4 - Al servizio dei potenti


Basta un semplice elenco per dare un quadro delle relazioni che Tiziano intrattenne con i potenti a
lui contemporanei: gli Este di Ferrara, i Della Rovere di Urbino, l'imperatore Carlo V e sua moglie
Isabella, il re di Spagna Filippo II, il re di Francia Francesco I, il grande elettore Giovanni Federico
di Sassonia, papa Paolo III, i dogi Andrea Gritti e Francesco Venier, senza dimenticare una schiera
di politici, funzionari e militari al loro servizio.
Intorno al 1532 Tiziano esegu il Ritratto dell'imperatore Carlo V (Madrid, Museo del Prado), che
lo ricompens con 500 scudi, lo invest del titolo di Conte Palatino, di Cavaliere dello Sperone
d'oro, ma soprattutto lo nomin ritrattista cesareo, riattualizzando il topos classico della relazione
tra Alessandro Magno e Apelle. L'imperatore propose pi volte a Tiziano di trasferirsi alla sua
corte, ma il pittore non accetter mai un ruolo cos subordinato e soggiorner ad Augsburg soltanto
nel 1548 e nel 1550-1551. Torner per di nuovo a ritrarre Carlo V. Nel 1548 lo rappresenta nel
Ritratto di Carlo V a cavallo [fig. 1], rievocando la statuaria imperiale romana: Carlo V vincitore a
Mhlberg contro i protestanti, condottiero invincibile, esempio di miles christianus.
Nello stesso anno esegue il Ritratto di Carlo V in poltrona [fig. 2], raffigurando l'imperatore in
atteggiamento meditabondo, e poi tra il 1551 e il 1554 tra i protagonisti della Gloria (Madrid,
Museo del Prado), una grande opera con complessi significati teologico/politici.
Nel dicembre del 1545 Tiziano inizi il Ritratto di Paolo III con i nipoti [fig. 3], che rappresenta
Paolo III con Alessandro e Ottavio Farnese. Il pittore era giunto a Roma carico di speranze,
convinto di ottenere numerosi benefici dal papa. Non ottenne molto, ma a noi resta un dipinto
formidabile, dove l'ambizioso pontefice, che si aggrappa al pomello sinistro della sedia a braccioli,
viene ritratto nella sua dimensione nepotistica, nel pieno dei suoi progetti politici e religiosi, volti a
consolidare il potere della famiglia Farnese.

7.5 - Le poesie mitologiche e l'ultimo Tiziano


Nei primi anni del terzo decennio del Cinquecento, Tiziano si cimenta per la prima volta con
soggetti mitologici, tratti dalle fonti classiche e rielaborati dagli umanisti. Bacco e Arianna (Londra,
National Gallery), la Festa degli amori e Gli Andri [fig. 1] (entrambi Madrid, Museo del Prado)
furono commissionati da Alfonso d'Este, signore di Ferrara, per i suoi camerini privati. Dopo questi
tre capolavori, Tiziano non dipinger soggetti mitologici per trent'anni.
Soltanto intorno al 1554 (Venere e Adone, Madrid, Museo del Prado) il mito torner ad essere
protagonista nei suoi dipinti, che Tiziano stesso definisce poesie. Nessuna di queste opere era
destinata a Venezia; esse venivano infatti eseguite o per il re di Spagna Filippo II, o per lo stesso
pittore. In Diana e Atteone [fig. 2] o in Diana e Calisto (Edimburgo, National Gallery of Scotland),
i due protagonisti sono eroi negativi, che per aver offeso gli dei verranno severamente puniti. A
Tiziano interessa il significato negativo della storia tratta sostanzialmente dalle Metamorfosi di
Ovidio, storia che diventa metafora della vita umana soggetta alla ruota della fortuna e al giudizio
implacabile degli dei.
Tutto ci viene confermato dalle ultime poesie, la Morte di Atteone (Londra, National Gallery) e il
Supplizio di Marsia [fig. 3], del 1570-1576. Nel primo caso la dea scaglia la freccia sul povero
cacciatore, che sta gi subendo il terribile processo di imbestialimento; nel secondo, Apollo scortica
il presuntuoso satiro che ha osato sfidarlo in una gara musicale. Sulla destra di questo dipinto il
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pittore inserisce il suo autoritratto come Mida, colui che ha espresso un giudizio stolto sulla contesa
musicale, dichiarando vincitore Marsia. Tiziano-Mida comunica direttamente il giudizio stesso
dell'artista, che ingenuamente ha creduto alla secolare fiducia di trasformare la materia in un'opera
preziosa. La pittura di Tiziano ormai totalmente mutata dal suo esordio, il tessuto pittorico
totalmente smembrato d vita ad una forma frammentaria, scintillante di materia colorata.
Il 27 agosto del 1576 Tiziano, ormai vecchissimo, muore e il giorno dopo viene sepolto in Santa
Maria Gloriosa dei Frari.

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Letture consigliate
Andr Chastel (1983), Il Sacco di Roma 1527, Torino, Einaudi.
Pierluigi De Vecchi, Valerio Guazzoni e Alessandro Nova (1987), Michelangelo pittore, scultore,
architetto, 3 voll., Milano, Rizzoli.
Firenze e la Toscana dei Medici nellEuropa del Cinquecento (1980), catalogo della mostra
(Firenze 1980), Milano, Electa.
Martin Kemp (1982), Leonardo da Vinci. Le mirabili operazioni della natura e delluomo, Milano,
Mondadori.
La pittura in Italia. Il Cinquecento (1988), a cura di G. Briganti, 2 voll., Milano, Electa.
L'officina della Maniera. Variet e fierezza nell'arte fiorentina del Cinquecento fra le due
repubbliche 1494-1530 (1996), catalogo della mostra (Firenze 1996-1997), a cura di A. Cecchi e A.
Natali, Venezia.
Giovanni Mariacher (1987), La scultura del Cinquecento, Torino, UTET.
Konrad Oberhuber (1982), Raffaello, Milano, Mondadori.
Manfredo Tafuri (1985), Venezia e il Rinascimento, Torino, Einaudi.
Harold Edwin Wethey (1966-1975), The Paintings of Titian, 3 voll., London, Phaidon.

Sitografia
- Molto interessanti sono le tavole cronologiche, nel nostro caso centrate sul XV e XVI secolo,
reperibili in:
http://www.artonline.it/timeline_400.asp
e
http://www.artonline.it/timeline_500.asp
- I siti su Leonardo da Vinci sono molti. Tra gli altri si consultino il sito del museo reale:
http://www.museoscienza.org/leonardo/Default.htm
e di quello virtuale:
http://www.museoleonardo.it/
e anche:
http://www.artonline.it/biografia.asp?IDArtista=10
- Le opere di Sandro Botticelli sono visibili in:
http://www.artonline.it/biografia.asp?IDArtista=9
- Per Raffaello:
http://www.artonline.it/biografia.asp?IDArtista=11

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- Su Giorgione:
http://www.artonline.it/biografia.asp?IDArtista=80
- Un approfondimento su Cima da Conegliano si trova in:
http://www.cimadaconegliano.com/
- Per informazioni su biografia, opere e collocazione cronologica di Tiziano si veda:
http://www.artonline.it/biografia.asp?IDArtista=8

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