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CESARE DE BELLO GALLICO

Nella introduzione del Libro I del De Bello Gallico, Cesare descrive e analizza le caratteristiche geografiche e
le popolazioni della Gallia, egli riferendosi ai Galli utilizza le espressioni inter se differunt per sottolineare la
diversità nella lingua, nelle istituzioni e nelle leggi (lingua, institutis, legibus  che sono ablativi di
limitazione). 

Nei territori della Gallia i romani svolgono le operazioni militari.


Il testo è strutturato ad anello, si individuano due parti, una di carattere geografico, in cui la Gallia viene
suddivisa in tre grandi macroregioni, e la seconda di natura politico-sociale in cui Cesare trae alcune
considerazioni, lodando la virtus  delle popolazione belghe ed elvetiche, intesa sia in senso morale sia come
dote fondamentale per affrontare il nemico in combattimento.

La forma metrica è trascritta adoperando un linguaggio semplice e privo di ornamenti retorici ed ha come
effetto una narrazione pulita, asciutta e molto chiara. Il testo rappresenta una sorta di resoconto militare
composto di un numero esiguo di termini che spesso vengono ripetuti.
La posizione del narratore nelle opere di Cesare. Verosimilmente Cesare ebbe modo di rielaborare questo
“diario di guerra” privato facendone un’opera destinata al pubblico solo dopo essere tornato trionfante
dalla Gallia: rese gli appunti omogenei sotto il profilo stilistico, li arricchì di particolari, di riflessioni e anche
di una certa retorica a suo favore, allo stesso tempo nascosta ed enfatizzata dalla scelta di  parlare di sé in
terza persona. Questo artificio permette infatti al Cesare “scrittore” di scindersi dal politico e condottiero
militare, presentandone i grandi trionfi nella maniera più sobria ed “oggettiva” possibile, senza negare i
propri meriti ma anche senza autocelebrarsi in maniera esplicita (attirandosi quindi possibili antipatie,
soprattutto da quella classe senatoria che mal sopportava la sua ascesa politica).

Nella sua opera Cesare vuole far percepire la verità dalla descrizione ordinata e precisa dei fatti. E quindi
non solo è preciso ma anche molto dettagliato. Si hanno, infatti molto spesso citati nell’opera nomi di
soldati (cosa che non era mai accaduta prima nella letteratura latina). Quando parla di se stesso lo fa in
terza persona, per convincerci della verità dei fatti narrati. In particolare però l’opera ha un forte significato
politico.

La prosa limpida mira a convincere il lettore. I critici hanno sempre oscillato tra la verità e la falsità
dell’opera. Ma Cesare essendo uomo politico e personaggio principale, racconta i fatti non obiettivamente.
L’opera si apre con la precisa definizione dei luoghi. Cesare non è mai freddo nella descrizione dei fatti ma
dall’opera traspare il suo atteggiamento umano, oltre che la sua posizione politica. In particolare quando
parla della strage degli Elvezi, giustificandola come qualcosa di necessario. Oppure quando loda i suoi
soldati, affermando che è riuscito nell’impresa solamente perché i suoi uomini sono stati leali, compatti e
coraggiosi.

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