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BIBLIOTECA STORICA

DI

DIODORO SICULO
VOLGARIZZATA

DAL CAV. COMPAGNONI

TOMO SETTIM O ED ULTIMO

MILANO
DALLA TIPOGAFIA DE* FRATELLI SONZOGNO

l8 2 2

T av ./ .
Diodoro nel corso della sna Biblioteca Storioa rammenta in pi luoghi 1 aso delle antiche testuggini militari, che for * mando coi loro scadi i soldati, ne riparavano la prepria per son procedendo alla scalata d'nna citt. Non riuscir quindi discaro ai possessori della presente edizione di esso storico 1 averne sett occhio nn modello in rame onde pi distinta** * mente conoscerne la forma, l ' uso ed t vantaggi.

7W. T V . n n a T t. .

T av .Il
Il Gronovio nella sua elastica opera : Thesaurus Gracarum mtiquitiumi da cui venne accuratamente tratto il modello della testuggine militare riportato nella Tav. I , un altro ne aggingne che per la sua elegante ed artifiziosa costruitone , e per gli ottimi effetti* i quali derivar ne potevano in moltissi me circotanse, si creduto espediente di renderlo argomento d una seconda Tavola.

BIBLIOTECA STORICA
DI

DIODORO

SICULO

LIBRO VENTESIMO

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ri mo

Considerazioni delV Autore sulle troppo spesse > e troppo prolisse allocuzioni inserite da taluni nelle storie 5 e proposta del tempo che comprenderanno gli avvenimenti narrali in questo libro.

i u s t i s s i m la riprensione che da taluni si fa a fcoloro ? i quali le storie riempiono di troppo pr* lisse concioni, o troppo spesse declamazioni mettonvi. Imperciocch lasciando stare che collimportunamente introdurre nelle storie tante dicerie vengono ad in terrompere il filo del racconto , certo che con ci quelli che bramano seguirlo, e desiderano di cono scere la serie delle cose, per quelle digressioni si

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arrestano. gnun pu a talento suo, e vtile , far mostra della sua eloquenza , e comporre arringhe fatte da ambasciadori, e cos pure discorsi sia di laude sia di biasimo, e simili cose: ch quando con ben acconcio stile abbiano trattato a parte il loro argomento, possono meritare approvazione. Ma non cosi quelli, che soverchiando in ornamenti rettorici, della .storia fanno piuttosto unappendice di concioni. Gh non dispiace soltanto uno scriver cattivo ; ma dispiace eziandio quello scrivere, il quale quantun que per s stesso corrispondente allo scopo suo na turale , non corrisponde poi all ordine domandato dai luoghi e dai tempi. Ed per questo che chi legge storie scritte con tali infarcimenti, o trapassa quelle artifiziate orazioni, tutto che pur sembrino poste in appropriato sito; od annojato dalla lungag gine fastidiosa dello scrittore getta il libro da s. Ch della storia la natura semplice, ed ha le parti sue tutte proporzionate tra loro, simile per avven tura al corpo umano, il quale, se gli togli un mem bro, perde ogni sua grazia. Ond al contrario, che quella scrittura sola , la quale ben composta, ed Jia al proprio luogo le varie sue parti, per larmo nico andamento suo fatta chiara, leggesi gioconda mente. Ci dicendo per non infeudiamo sbandire dalla storia ogni retorico artifizio. Vuoisi la storia ornare di bella variet ; e per questo si rende talora ne cessario interporvi siffatte orazioni ; n di questo intendo ? ove ben cada in acconcio , privare l opera

1 feiia. di fatti, se le circostanza di n ambasciadore j o di un consigliere , o di tale altro simile il traggono a dover parlare, certo che non meriter rimprovero, se cosi parli che affettazione deloquenza non macchii il suo discorso : ch non poche ragioni possono addursi per giustificare una ornati orazione. Oltrecipoi, perch di molte cose dette con felice accorgimento e grande animo, trascurare le pi degne di rimanere nella memoria degli uomini, quando elie colla utilit della storia singolarmente congiungansi ? No, che dove i fatti e i sensi sono per s medesimi magnifici e splendidi , non dee patirsi che dalla grandezza dell7argomento apparisca vinta l1ora zione. Occorre ancora ? che ove alcun avvertimento presentisi di spiegazione difficile ? per renderne piane le cagioni siamo obbligati a fare conveninte discorso. Ma bastino al proposto nostro le cose dette fin qui (i). Ora tirando innanzi la storia che abbiamo preso
\i) S alcun Pedante preade in ftiano il compasso grammaticale, e va a brani a brani paragonando il lesto e la mia tradottone, gri der forse che io no* sono stalo fedele. N la fedelt della mia traduzione sta in riferire parola per parola. Io confesso che Del di sborso di 'Diodoro ho tTovato ttn certo dilagamento nella esposizione del suo pensiere, che pii che altrove mi ha data pena. 1 Greci dilettantisi di sonore circonlocuzioni serrano parecchie volte i con cetti della mente come un secret sotto ^invoglio voluminoso di parole , e toi mettono in fatica se vogliamo afferrarne la connes sione logica. Noi abbiamo diverso guslo. E j>er giustificare il mio fallo non avrei che a mettere qui a sommo rigor letterale (a tradu zione che farebbe il Pedante: ma stimo V opera vana. Se chi legge l mi traduzione afferra tosto il senso di Dicfdoro , ho fatto xjuod erat demnscrandum, E vaglia quest* osservatone per altri casi.

8 a crivere, noteremo i tempi clic vogliamo nella narrazione nostra comprendere. Nelibri antecedenti abbiam detto quanto i Greci e i Barbari fecero* incominciando dalle pi vetuste et sino all* anno che prossimamente precedette la passata di gatocle in Africa, la quale accadde ottocento ottantatr anni dopo T eccidio di Troja. In questo volume diremo le cose avvenute per lo spazio di nove auni, pren dendo il filo da quella passata ; e termineremo in quello j in cui i re collegati insieme di volont e di forze con comune accordo fecero la guerra ad An tigono di Filippo.
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II.

gatocle vuole passare in Africa. Suoi preparativi per tale impresa. Come la eseguisse: quai pericoli superasse. Primi suoi fa tti dopo aver messo a terra V esercito. Essendo arconte In Atene Jeromnemone, e in Ro ma consoli G. Giunio e Q. Emilio, gatocle sbara gliato ad Imera dai Cartaginesi, dove perdette la massima parte dellesercito che formava il pi delle sue forze, erasi rifuggito in Siracusa. E vedendo egli che tutti i suoi alleati P avevano abbandonato , che i Barbari avellisi assoggettata quasi tutta intera la Sicilia , salva Siracusa ; e che in forze terrestri e marittime di gran lunga soprastavangli , form seco tesso un disegno che nissuno avrebbe preveduto

mai, e sopr ogni altro temerario. Imperocch men tre tutti pensavano eh1egli fosse per fare ogni sforzo onde resistere ai Cartaginesi, egli deliber in vece di lasciare in Siracusa un valido presidio, e col fiore de suoi passare in Africa. Faceva egli il suo con* to , che i Cartaginesi per la lunga pace col go duta 'abituati a vita molle, e in niuna maniera av vezzi ai rischi delle battaglie , facilmente dalla sua gente esercitata alle fatiche dogni srte sarebbero vinti. Aggiungevasi ancora la speranza , che gli al leati de1 Cartaginesi in Africa da tanto tempo disgu stati acerbamente del prepotente imperio di coloro , colta avrebbero 1 occasione di sottrarsene. quello, che sopra ogni altra considerazione valeva nell ani mo suo, era che avrebbe potuto ampiamente ed utilmente abbottinare con quell inaspettata invasione in una terra che fino allora non avea sofferto saccheggiamento, e piena altronde. per la prosperit dello stato cartaginese dogni ottima* cosa. In fine poi con tale impresa egli avrebbe tolti i Barbari dal suo nativo paese , e da tutta la Sicilia, e trasportato il forte della guerra in Africa, siccome di fatto succe dette. Senza confidare il suo pensiero a veruno degli amici ,"e dipendenti, costitu governatore della citt suo fratello Antandro, datogli buon presidio: ordin ai pi atti , coscritti gi nella milizia a piedi, che stessero pronti ad ogni ordine , ben provveduti di ar mi; a quelli che servivano a cavallo, che oltre lar matura loro portassero seco anche le bardature op

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portane per quando potesse trovar cavalli al bisogno* E da notarsi che nell7ultima rotta sofferta la massi* ma parte de7 fanti era morta ; e quasi tutti quelli di cavalleria s eran salvati ; ma allora non potevansi trasportare cavalli in Africa. Perch poi durante la sua assenza i Siracusani non potessero tentar no vit , separ luno dall7altro i parenti , e massima* mente i fratelli dai fratelli, e i figliuoli da1genitori j altri lasciando in citt , altri conducendo seco : es sendo per tal modo sicuro, che quelli che rimane vano in Siracusa , ancorch di pessimo umore verso lui 9 non avrebbero fatto verun tentativo a suo dan no, ritenuti dalla carit pe1 figliuoli e congiunti. Sic come poi scarseggiava di denaro ^ obblig i tutori a dargli i valsenti de7loro pupilli, dicendo che meglio d7essi assai tenuto avrebbe la cura e tutela de7 me* desimi, e con maggior fedelt , quando que7pupilli fossero diventati maggiori, avrebbe loro restituiti i loro capitali. Anche da mercatanti si fece dare som me a mutuo ; e lev dai templi alcune ricche sup* pellettili ed offerte ; e alle donne tolse i loro orna* menti. perch vide che i pi ricchi mal soffrivano queste sue misure, ed erano di mal cuore contra di lui , convoc l7assemblea generale, in cui deplorata la rotta dianzi toccata , e le calamit che ne sareb* bero sopraggiunte, dichiar che avvezzo gi a sof frir le disgrazie egli avrebbe facilmente sostenuti gli incomodi dell7assedio ; ma dargli gravissima pena i^ pensiero di quanto potrebbero soffrire i cittadini stretti in citt dai nemici, se gli avvenimenti portassero un*

11 tal caso, berci ordin che provvedesse alla pro pria salvezza e alla sua facolt ognuno d essi, il quale non si sentisse in istato di sostenere la mala fortuna. Ond che poscia si videro uscir di citt tutti i pi ricchi, e i pi accaniti contro di lui ; ed egli mandati loro dietro soldati stipendiati li fece ammazzare, e ne confisc le sostanze. E cos con in colpo solo scelleratissimo ebbe un tesoro, e purg la citt dei suoi nemici. 1 che fatto manomise i servi 1 atti a portare le armi. Allestite per tanto tutte le occorrenti cose, e messe in ordine sessanta navi, andava aspettando oppor tuno tempo di navigare ; e come sempre il suo di segno era secreto, dicevano altri che voleva fare lim presa d Italia * altri che intendeva di andare a dar , guasto alla Sicilia soggetta ai Cartaginesi ; e tutti disperavano della salute di coloro che doveano par tire y e riprendevano la pazza idea del principe. 1 nemici intanto stavano presso con un numero di tri remi assai maggiore: laonde per alquanti giorni Agatocle si vide costretto a tenere imbarcata la sua gen te ? non avendo comodit di porre alla vela. Ora accadde, che andando alla citt in gran fretta certi bastimenti che portavano frumento , i Cartaginesi si mossero dietro a quelli con tutta larmata ; e allora gatocley che daltronde non avea ornai pi speranza di eseguire il disegno suo , vedute le acque vicine al porto libere dalla stazione de nemici ? con grande celerit facendo dare deremi usc fuori. I Cartaginesi che giunti erano gi presso a quebastimenti da trasporr

12 10 ; veduto con quelle tante navi i nemici in al mare , da prima credettero , che volessero accorre; in soccorso debastimenti inseguiti; e ritornati ind, tro si misero in ordine di battaglia. Poi osservane che quelle navi tiravan di lungo , e che gi avea.< preso assai bene il davanti, si mossero ad inseguir' E le raggiunsero infatti, ed attaccarono battaglia : intanto que bastimenti carichi di vettuaglia , cont ogni speranza sfuggito il pericolo , corsero alla c t , la quale dianzi scarseggiando di viveri n efc per essi buona provvigione. gatocle poi, dalle foi maggiori de Cartaginesi ornai oppresso, sopraggiui. la notte, pel favore di questa fortunatamente scapp 1 giorno dopo segu una eclissi del scie s fort<~ 1 che dappertutto si videro le stelle , come se foi* stata profonda notte. Il che i soldati cTgatocle prr. dendo per un prenunzio di grande difficolt dei. impresa sua fatto dal nume, in maggiore esitazio' si misero sopra le cose future (i). Avendo egli navigato sei giorni e sei notti con nue , all1alzarsi dell alba improvvisamente compn non molto lontana la flotta cartaginese. Da una ban. c dallaltra gran forza di remi facevasi a gara. I P< ? pensavano , che rotte le navi di gatocle , o pres te fatti padroni di Siracusa , tolta avrebbero la lo
(i) Abbiamo per da Giustino t che gatocle spieg quetla ecl S suoi soidali 4 e che conchiuse essere essa piuttosto sfavorevole nemici. Frontino sbagli dicendo essere quella stala un* ecS della luna. Il Calvisto * e il Pttauio ci hanno saputo-di^e ch cAccadde visibile in Siracusa il d 25 d agosto a otto ore.

i3 patria a grandi pericoli soprastanti. I Greci vedevano che ove non fossero stati i primi a prender terra , doveano aspettarsi di perir tutti , e a durissima schiavit venir tratti quelli che lasciati aveano a casa. Ed era gi P Africa a vista } e da ambe le parti un gridare, un esortare, uno sforzare incredibile. IBar bari erano svelti in navigare perch di luugo tratto esercitati 5 e le navi loro aveano, sebbene di poco, preso vantaggio sopra quelle -de Greci. Giunte esse adunque prestissimamente presso terra , quasi aves sero a combattere fra loro, sollecitava!)si a gara per approdare. Le ultime di gatocle trovavansi sotto il tiro dei dardi de1 Cartaginesi : ond che dopo es sersi bersagliati a vicenda colle frecce e le frombole , poche essendo le navi de Barbari*, che sos tennero il conflitto , gatocle prevalente per la moltitudine rimase superiore } e i Cartaginesi dando addietro si fermarono fuori di tiro. Egli allora messe a terra lo sue truppe presso le Latomie , tratto da un punto del mare allaltro un vallo, ivi le sue navi assicur.. N si attenne gatocle ad un fatto s temerario : th un altro n esegu pi temerario ancora, e pi pericoloso. Egli consultati i capitani ed altri uffiziali, che nella impresa sua avea consenzientifatto sacrifizio a Cerere ed a Proserpina , chiam lei sua gente in conclone ; e volendole parlare si mise la corona in testa , e si vest di reai manto , e in tale magnifica pompa premesse poche parole convenienti al caso , aggiunse aver fatto voto alle Dee proleggitrici della Sicilia, Cerere e Proserpina, di convertir^

tutte cibante le navi in fiaccole ad esse Dee cense* erate $ e giusta cosa essere che salvati pel patrocinia delle medesime eglino pure concorressero al rito , promettendo loro che valorosamente compor tandosi avrebbero da lui navi in assai maggior nu mero ; dalle vittime sacrificate le Dee avergli gi 'preniniziata vittoria. Nellalto che cosi parlava, uno dei suoi gli reca una fiaccala accesa; ed egli presala, e dat ordine che una pure fosse prestata a ciaschedun capitano delle triremi, invoca le Dee; e salito sullam miraglia pel primo, fermo sulla poppa di quella ordina che seguasi lesempio suo. Tutti nel medesi mo tempo quecapitani delle triremi attaccano il' fuoco, ciascheduno alla sua, e al subito alzarsi delle fiamme i trombettieri intuonano linno della batta glia : 1 esercito grida ed applaude ; e tutti pregano pel felice ritorno alla patria. Ci fece gatocle pria* cipalmente per obbligare i suoi a non pensare a fug gire dai pericoli : perciocch tolta la speranza di ripararsi alle navi > chiaro che non potevano im maginare scampo che nella vittoria. Unaltra consi derazione ancora aggiungevasi, ed era che avendo poche truppe, se avesse voluto difendere la flotta, avrebbe dovuto dividere lesercito : nel qual casa non avrebbe avute forze bastanti per combattere. Che se poi lavesse lasciata senza presidio , essa sarebbe caduta nelle mani de Cartaginesi. Non per, che a tanto incendio , le cui fiamme occupavano grande spazio di cielo, i Siculi suoi non si sentissero presi da paura. Da principia abbacinati

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dai prestigli di gatocle, e dalla rapidit eh1egi mise nel fatto, non avendo avuto tempo da riflettere, tutti acconsentirono. Ma quando v ebbero pensato sopra #lcun poco , incominciarono a pentirsene ; e misurando colla mente la vastit del mare , ebe dividevali dal loro paese, tennero per disperata la loro salvezza. Ma volendo gatocle togliere presto dalla nimo loro tale perplessit, incontinente li condusse verso Megale ( i) , citt del dominio cartaginese. Il paese che doveasi attraversare per giungervi, era pieno dorti e di terreni d ogni ottima cosa colti vati; e tutto irrigato da ruscelli e da canali, abbon dando T acqua d ogni intorno. Ivi numerose erano le villette , belle per edifizii coperti di tegole, ma nifesto indizio della opidenza depadroni. I casamenti erano provveduti di quanto mai pu ricercarsi pei piaceri della vita , avendo una lunga pace messi gli abitanti in agiatissimo stato. La campagna poi parte era piantata di viti, parte di olivi , e d1ogni albero fruttifero ; e v erano in oltre praterie a pascolo di armenti e di gregge; e nelle vicine paludi numerose razze allevavansi di cavalli. JV porrebbesi fine a dire di quel meraviglioso territorio, overa pienissima ab bondanza di tuUi mai i comodi che poteansi desi derare , essendone i fondi ai pi nobili de Cartagi( i) Cos scrive Diodoro , e inopportunamente il Bodoniano tra sduce Magna* perciocch altrimente si camberebbero da lingua a lin gua latti i nomi proprii a non Capire pi nulla. Alcuni Eruditi non hanno saputo in che provincia romana dell1 Africa collocare questa citt , perch non aveano avvertito a questo passo del nostro Autore.

i6 nesi prediletti ; ne1 quali essi n cura , n denarct aveano risparmiato per renderli eleganti, e dilette* voli. Laonde i Siculi incantati dallamenit del paese, e dallaspetto di tante care cose, incomincin.ono a montare in isperanza, veggendo che veramente eravi di che dare degni premii a chi finisse col vincere. gatocle conosciuto come gli animi desuoi soldati cran mutati in meglio, e che abbandonati i tristi pensieri mostravansi pronti a sostenere i pericoli, immanti* nente li condusse ad assaltare le mura della citt. E tra che lassalto fu improvviso, e tra che gli abitanti non aveano uso di guerra, breve fu la resistenza di questi ; ed egli si fece padrone di Megale ; e datala in p re d a all' esercito , questo di roba e di fiducia riemp* Si volse di poi ad Albo-Tuneto (*); distante due mila stadii da Cartagine; e parimente lebbe in sua podest. 1 soldati credevano che fosse per met tere presidio in queste due citt; d aveano gi de posto in esse il lor<> bottino: ma gatocle, pensando in sua mente quanto allo stato delle sue cose con veniva, fatto intendere a suoi non potersi contare stanza sicura in fino a tanto che non si fosse vinto il nemico in giusta battaglia , demol quelle citt, -e colloc in aperta campagna lesercito.
(i) Albo-Tuneto era citt distinta da Taoeto ( Tunisi) ? ed errt P Ottetto a confonderle insieme. La differensa provata dalla di-, versa diuanza dell' una e dell* altra da Cartagine. Poscia appare * che mentre Diodoro dice Albo-TunHo demolita , pone alcun poco dopo 9 coape si vedr * Tune(,o presa da gatocle , e presidiata

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i n.

Pensieri de1 Cartaginesi sullo sbarco di gatocle. Misure da essi prese. Battgliay e vittoria di Agotocle facilitata dalle trame di Bomilcare. Cartagine investita dal nemico : rimorsi, e superstizioni cru deli de9 Cartaginesi. Intanto i Cartaginesi che serano tenuti vicini al luogo, in . cui i Siculi avevano approdato, veduto T incendio della flotta di questi dapprima rallegra* ronsi y credendo che per paura di loro i nimici fossero .Stati costretti a quel passo. Ma poich videro che il nimico esercito marciava in aperta campagna, congetturando ci che era per succedere , capirono che a pregiudizio loro quelle navi erano state distriate. Per lo che stesero sulle loro prore le pelli ; cosa che usayasi fare da loro ogni volta che qualche disgrazia fosse succeduta alla repubblica (i). Poi andarono a levare le ferramenta rimaste nelle navi abbruciate di gatocle, e le portarono sulle loro triremi ; e man darono a riferire a Cartagine quanto era occorso. Ma prima che codesti messi fossero giunti alla citt, alcuni della campagna, i quali veduto aveano ap prossimarsi la flotta di gatocle, erano corsi a darne V avviso ai Cartaginesi. I quali colti da s inopinato
(i) Abbiamo veduto altrove che i Cartaginesi aveano per disastro sopraggiunto alla loro repubblica stesi sulle mura drappi neri ; e le pelli, di coi qui si parla , erano anch esse o nere 5 o tiranti al nero, e simbolo di lutto.

i8 fatto , incominciarono a credere che le loro forze di mare e di terra fossero state distrutte , ragionando che gatocle giammai, se non fosse stato vittorioso, noti avrebbe ardito di abbandonare vuota di presidio Siracusa ; n giammai avrebbe avuto il coraggio di passare con truppe in Africa, tenendo il nimico Firn* peno del mare. Tumultussi adunque e si trepid in citt; e il popolo accorse al foro, e il Senato si ra dun , deliberando cosa fosse a farsi. Non aveasi esercito pronto che potesse affrontare i nimici ; e la moltitudine incapace a trattare le armi, era perdute danimo, tenendo per certo ch i nimici a momenti comparirebbero sotto le mura della citt. Quindi pro ponevano alcuni che si mandassero ad gatocle le gati per trattare di pace , dovendo questi nel tempo stesso esplorare cosa egli facesse : altri volevano che prima si avesse sicura notizia di quanto era avve nuto. Mentre sfavasi in questa perplessit giunsero i messi spediti dal comandante della flotta, i quali diedero giusto ragguaglio delle cose. Fattosi da tutti aniiho, il Senato accus i pre fetti della flotta, perch lenendo la signora del mare avevano permesse che truppe nemiche pones sero piede in Africa 3 e nel tmpo stesso r co mandanti Supremi delia milizia Annone e Bomilcare, tutto che per le paterne discordie fossero tra loro nemici : stimando quei senatori che la diffi denza , e dissensione, in cui que due vivevano , assicurerebbe la salvezza della Repubblica. Ma in ci sbagliaronsi non poco : imperciocch Bomilcare, che

da assai tempo mirava alla tirannide ,. n fino allora aveva trovate circostanze favorevoli alle sue trame , . in questa occasione vedutosi investito del comando ebbe per acconcia a suoi fini P avventura. U motivo poi principale di s mal umore in Bomilcare era la soverchia acerbit che i Cartaginesi mettevano nella inflizione delle pene. Usavano essi in tempo di guerra dare il comando supremo ai pi distinti soggetti per la ragione che pi di tutti gli altri questi doveano avere interesse a gagliardamente combattere per la somma delle cose ; ma quando poi s era fatta pace j trovavano calunnie per accusarli, e con inique sentenze per sola invidia traevanli a crudeli supplizii Quindi avveniva che alcuni chiamati al comando , per la paura di siffatti giudizii, vi rinunciavano, oppure cer cavano di farsi signori. questo fu appunto ci che fece allora Bomilcare , uno dei due comandanti su premi , siccome diremo in appresso. Intanto codesti due comandanti, vedendo che non bisognava metter ritardo nelle cose, invece di aspet tare che dalle campagne e dalle citt alleate venis sero soldati, feeero leva de* cittadini stessi 5 e con dussero fuori non meno di quaranta mila fanti , e mille cavalli, e due mila carri ; ed occupato un certa colle non molto distante dai nemici, spiegarono le loro truppe in ordine di battaglia. Cra nel destro corno Annone , a cui faceva spalla la cos detta coorte sacra (i). 1 sinistro era condotto da Bomilcare, il 1
(i) Questo battaglione sacro era formato di due mila cinquecento de* pi notabili e ricchi Cartaginesi. Yeggasi Dtodoro al libro xvi.

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quale avea condensata assai la sua gente , non per mettendogli la natura del luogo di darle ampio svi luppamelo* Erano poi stati messi alla fronte la ca valleria e i carri coll idea di fare sopra i Greci con questa parte di forze il primo assalto. gatocle considerato 1 ordine , in cui i Barbari si erano posti, diede il destro corno a suo figliuolo &tcagato (i) con due mila cinquecento fanti. Poi schier da circa tre mila cinquecento Siracusani., tre mila stipendiati di Grecia, e tre mila tra Sanniti, Tir reni e Celti. Egli colle sue guardie, e con mille uomini, formando laltro corno si piant allincontro della coorte sacra de Cartaginesi. 1 saettieri p o i, e i frombolieri, i quali erano cinquecento, distribu nellun corno e,nellaltro. Non eravi per tutti i suoi soldati bastante provvigione darmi ; c vedutine molti senza, quelli che mancavano di scudo, fece che supplissero stendendo sopra bastoncelli le coperte di scudi, con che, sebbene di fatto non servissero al l uopo , ingannavasi per il nemico, il quale da lon tano non poteva conoscere la verit, e dall appa renza era condotto a credere che fossero armati bene. Osservando poi, che i suoi mettevansi in costerna zione per la grande moltitudine de Barbari che aveano contro , e spezialmente per la, cavalleria, da molte bande fece uscir fuori civette, dianzi gi al*
(r) Coi Diodoro il chiama costantemente , e con esso lui Giu stino* Per Polibio lo chiama in vece Agasarco. II Valeno siegue .Polibio 5 ma Diodoro, nativo di Sicilia, potrebbe per avventura pa rere autore pi attendibile.

21 V uopo preparate, per togliere la paura a* suol. Ch tali augelli svolazzando per quella gente, e po* dandosi quale sugli scudi, quale sugli elmi', venivano ad infondere coraggio ai soldati , poich ognuno 1 teneva di buon augurio , sapendosi che quell1uc cello era consacrato a Minerva. Godeste invenzioni , quantunque per avventura vane , spesso hanno con tribuito a grandi avvenimenti ; e cos vi contribu* rono allora, poich infusasi fidanza nella moltitu* dine, e crsa voce che il nume apertamente mostrasse vittoria, con pi coraggio presentavansi ai pericoli. * E infetti tosto che i carri corsero contro di loro, una parte ne arrestarono con un nembo di frecce man* date sopra essi , una parte lasciarono passare ] e il maggior numero poi di questi obbligrono a ritor nare indietro , e a dare addosso alla infanteria ne mica. Cos pur fecero de cavalli, che mentre trae* vansi con'impeto'contro d essi, molti ne uccisero, e gli altri volsero iti fuga. Poich di tal maniera andava il primo attacco, tuttaTinfanteria deBarbari si mosse, e incominci a menare le mani. 1 Combattimento fu 1 aspro quanto mai dir si possa. Annone, avendo in* torno a s la coorte di gente scelta, che dicvasi sacra , cercando col suo valore di ottenere vittoria, colla mole di tanta forza buttssi sopra i Greci, ed assaissimi ne ammazz. E quantunque fosse da ogni parte coperto di frecce, pur non cedeva ) ed anche piagato di molte ferite seguit a fare strage de ne mici : se non che in fine perdute le forze cadde. Al*

33 lora i Cartaginesi eh erano a quella parte , e r i der il caso di lui , perdettero animo. All opposto i soldati di gatocle , gi pieni ' di speranza , molto pi confortaroasi. Or venuto in cognizione di quanto ad Annone era seguito Bomilcare ? chera l altro comandante, pen sando dallo stesso nume presentargli 1 occasione di farsi signore di Cartagine , incominci seco a pensare ehe se V esercito di gatocle rimanesse distrutto , egli non potrebbe invadere il principato , poich la po tenza de cittadini avrebbe prevaluto. Ma se gatocle rimanesse vittorioso, gli animi de Cartaginesi reste rebbero abbattuti ; ed egli con facilit sottometterebbe un popolo gi vinto j e debellerebbe poscia, quando Volesse, anche gatocle. Con queste idee in testa egli incominci a ritirarsi co suoi antesignani. dando a nemici cos tacitamente un vantaggio ; e fatta an nunziare a suoi la morte di Annone , ordin che in buon ordine si riparassero sopra cert altura : ch cos giovava. Siccome poi il nemico incalzava, poich quella ritirata avea tutta l apparenza di fuga, gli Africani pi vicini pensando che i primi squadroni tasser gi sbaragliati, si misero in fuga anch1essi. Quelli intanto che componevano la coorte sacra , dopo la morte di Annone da principio gagliardamente resistettero, e passando a traverso de cadaveri dei loro , sostennero tutto il peso del combattimento ; ma quand videro che la massima parte delleser cito era in piena fuga, e si accorsero che il nemico li circondava alle spalle, furono obbligati a cedere.

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Cos sbandandosi tutto l esercito cartaginese, i Bar bari s incamminarono verso Cartagine, e gatocle dopo averli alcun poco inseguiti, ritorn indietro , e diec( il sacco al campo nemico. De1Greci in quella battaglia morirono dugento no mini } de1 Cartaginesi non pia di mille : per alcuni hanno detto che questi furono pi di milleseicento (i) Nel campo de Cartaginesi, oltre le altre cose, trovarousi parecchi carri carichi di pi di venti mila paja di ceppi ; e ci perch stimando quei Barbari di superare facilmente i Greci, s erano accordati fra loro di prenderne vivi quanti pi potessero , e ben legati chiuderli negli ergastoli. Ma il celeste nume , siccome pare a me, quasi espressamente volge in con trario il successo di chi con superbo animo ardisce fare i conti , e ne rompe le speranze (a). gatocle, poscia che ebbe contro 1 aspettazione sua vinti i Cartaginesi, li chiuse entro le loro mura} e la for tuna , ia quale alternatamente solita dopo le stragi recare felici successi , umili i vincitori come i vinti Imperciocch i Cartaginesi in Sicilia, dopo avere vinto gatocle in una grande battaglia, assediavano Siracusa j e in Africa rimasto egli in quel grande combattimento superiore ? assediava Cartagine. E ci,
( 1) Giustino dice , die in (petia battaglia i 'Siculi perdettero da* mila uomini, e tre mila i Cartaginesi. (2) La storia presenta parecchi latti simili ; ed . bello il 350 de* superbi Spartani, ai quali, essendo stali battuti contro loro aspettacione , tocc d essere incatenai i con quelle stesse catene che roano portale seco per legare que di Tegea' Vedi Erodoto lib, k

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che pi mirabile , si che questo principe nella sua isola , avendo intere le sue truppe , avea soc combuto ai Barbari * e sul continente con una por zione del suo esercito prodigato rimaneva superiore. Per la quale cosa i Cartaginesi stimando che tanta calamit venisse loro dagli Dei, si rivolsero al nume con ogni specie di rogazioni * primieramente ad Ercole, protettore della loro colonia, pensando che fosse in collera con loro. Onde mandarono a Tiro gran somma di denaro, e non poca copia di arredi pre ziosissimi, perch come tratti da Tiro netempi passati erano soliti a mandare col ad 'onore di quel Dio la decima parte di quanto raccoglievano o guada gnavano ; ma dappoich s1erano grandemente arric chiti, messa in non cale la religione verso quel dio, non mandavamo pi che assai poche cose. Ora toccata quella rotta , e caduti in afflizione, vennero a ricor darsi di tutti gli dei di Tiro ; e tolsero da1templi i tabernacoli' d ero mandandoli col ad onore delle statue di quegli dei per implorare perdono, sti mando che placata avrebbero pi facilmente l ira dei numi, se mandato avessero pi cospicui doni Dolevansi pure che loro fosse avverso Saturno, dap poich invece dei pi distinti loro figliuoli che in addietro sacrificavangli, aveano preso a sacrifi cargli fanciulli compri di nascosto, e di nascosto allevati ; ed infatti esaminata la cosa trovaronsi di questi ultimi alcuni eherano gi destinati ad es sere immolati. Adunque percossi da queste coflteiderazioni; reggendo i nemici accampati davanti alla

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citt venne loro gran rimorso davere in certo modo abbandonati i riti coi quali i loro padri aveano ono rati gli dei. Per lo che a correggere immantinente lerrore, fecero un grande sagrifizio di dugento fan ciulli tolti dalle pi nobili famiglie ; e non meno di trecento nomini , soggetti a criminali processure , spontaneamente si offrirono alla morte. Avevano i Cartaginesi una statua di bronzo di Saturno, la quale le braccia stendeva s piegate a terra, che metten dovi sopra un fanciullo, questo ne rotolava gi piom bando in una sottoposta voragine di fuoco. Il perch pare che da questo loro rito prendesse Euripide quanto nella tragedia sua egli ricorda del' sagrifizio della Tauride l ove introduce Ifigenia a rispondere ad Oreste. Egli le domanda : Poscia cK io sia ucciso, ove aver deggio La tomba ? Ed essa risponde : ............V*ha caverna ampia sotterra, Che divampa di fuoco ai numi sacro. E pare inoltre che prsso i Cartaginesi si confermi con questo rito la tradizione divulgata da antichis simi tempi presso i Greci, che Saturno toglie di mezzo i proprii figliuoli.

C a p i t o l o IV. Astuzia di Amilcare cogli abitanti di Siracusa. Mi sure che prendono i governatori di 'quella citt Arrivo col de*messi apportatori della nuova della vittoria di gatocle. Amilcare approfittando dell& circostanza fa scalare da suoi le mura di Sira cusa, ma senza frutto. Nuovi acquisti e nuove vit torie di gatocle in Africa. Del rimanente seguita in Africa tal mutazione di cose, i Cartaginesi spedirono in Sicilia ad Amilcare perch al pi presto mandasse loro ajuti; ed ebbero lavvertenza di fargli avere le ferramenta delle navi di gatocle. Amilcare accolti chegli ebbe i messi, or din che tacendosi della. rotta avuta da suoi , si spargesse voce tra i soldati che gatocle avea perduto tutto affatto e la flotta e V esercito \ e mandati al cuni a Siracusa con quelle ferramenta, intim la resa della citt, dicendo che le truppe di gatocle erano state esterminate , e le navi incendiate 5 e se vi fosse chi a ci non prestasse fede, n avrebb egli data la prova mostrando i rostri. La pi parte di quelli eh raoio in citt, udito il disastro di gatocle, vi pcest fede : ma i Governanti cercarono di tenere la cosa nascosta, come dubbia, onde non nascesse tumulto, e sbrigarono presto i legati africani ; e in tanto i parenti, e gli amici degli esuli, e quanti di mal occhio guardavano il Governo cacciarono di citt; n questi furono meno di otto mila. per tanta

moltitudine di gente cos all1 improvviso obbligata a sloggiare , incredibile la confusione , il tumulto e il piagnisteo delle donne ? che si eccit : n v era casa che in quel tempo non fosse piena di pianto, poich i fautori della signoria di gatocle deploravano P infortunio suo e de1 suoi figliuoli*, altri fra i particolari piangevano quelli che dicevansi periti con esso lui; altri erano tristi per quelli che dai focolari loro e dagli dei patrii venivano allontanati : tanto pi, che trovavansi nell1angustia da una parte di non po ter rimanere pel comando avuto in citt , e dalV altra di non poter restare atteso 1 assedio che i Barbari ne facevano. E diveniva anche pi crudele un tale stato, poich erano obbligati a condur seco nella fuga i teneri bambini e le mogli. Amilcare per, essendosi volti a lui que1 miseri fuggitivi 3 li ebbe salvi ; indi messo in ordine lesercito si mosse verso Siracusa, sperando di averla presto in suo potere, contando sullo scarso numero di quelli che v erano rimasti dentro , e sull effetto che dovea fare ai ri masti V accennata funesta nuova. Con tutto ci mand prima legati ad Antandro, e a9 suoi aderenti ; offerendo loro sicurezza, se conse gnassero la citt. Allora si radunarono a consiglio tutti i capitani e principali autorevoli : dove dettesi varie opinioni dagli uni e dagli altri, quella di An tan dro , -uomo di natura effeminato , e tutto fatto al rovescio di suo fratello per quel che fosse ardimento e capacit , fu. di cedere la citt a nemici. Ma Erimnone etolo, datogli per consigliere da gatocle, so

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stenendo un parere contrario persuase a tutti di te n e r fermo' sin tanto clie si fossero avute nuove pi accertate. Allora Amilcare informato della risoluzione in cui erano gli oppidani, deliberato di dar P assalto alla citt fece mettere ai luoghi opportuni le macchine. Intanto gatocle, dopo la battaglia guadagnata, avea fatto costruire due navi da trenta remi; ed una di esse avea mandata a Siracusa, postivi valentissimi remiganti e Nearco , uno de suoi pi fidati, incari candolo di portare alla citt la nuova della sua vit toria. Avendo essi favorevoli i venti, il quinto giorno alla notte furono a Siracusa, e appena fatto giorno con corone in testa , e cantando il peana, accostarnsi alla citt. Le navi cartaginesi, che facevano la ronda, accortesene , prestamente si mossero addosso a co loro ; e come erano alquanto indietro, nacque gara nel vogare ; sicch mentre gli uni e gli altri forzavalisi, e cittadini e assedienti, veduto il caso , ac corsero al porto, solleciti gli uni e gli altri delo ro , e colle grida vicendevolmente incoraggiandoli. Ed erano ornai que della nave mandata da gatocle per soccombere, e ne giubilavano i Barbari, mentre i Siracusani non potendo dar soccorso ai loro, faceano voti agli Dei perch li salvassero. Erano i Car taginesi per afferrare linseguita nave, quando questa, essendo vicina a terra a un tiro di dardo, tocc ; e coll ajuto de1Siracusani salvssi. Amilcare veduti gli abitanti accorsi in folla al porto , per la curiosit m che metteali 1 arrivo improvviso di quei messi , pens che una parte delle mura fosse rimasta senza guardia;

29 ed ordin ai pi risoluti de suoi che andassero a scalarle. Andarono essi in fatti; e trovatele vuote di guardie, senza che nessuno se ne accorgesse salirono sopra. E aveano gi occupato uno spazio frapposto a due torri, quando una ronda di quelle eh erano solite a visitare i posti, sopraggiunta in quel luogo vide il fatto. E quindi un combattimento incominci assai vivo per la folla de cittadini che accorsero, i quali impedendo che glinvasori ricevessero rinforzi, parte d essi uccisero, parte precipitarono gi delle mura. E fu di tanta gravit il fatto che Amilcare contristato ritrasse lesercito dalla citt, e settecento uomini mand in ajuto a Cartagine. Mentre tali cose succedevauo a Siracusa ? gatocle padrone gi della campagna and sottomettendo le castella yicine a Cartagine, e delle citt parte gli di diedero per paura, parte unironsi a lui per odio ai Cartaginesi; e messo buon presidio a Tuneto, sin cammin verso le citt prossime al mare. La prima, che colla forza ebbe , fu Neapoli, acui abitanti non dimeno si mostr clemente : di l pass ad assediare Adrumeto; e fece alleanza di guerra con Elima, re africano. Udite le quali cose i Cartaginesi portarono tutte le loro forze sopra Tuneto, e preso il campo di gatocle, con grande apparecchio di macchine si posero a stringerla fortemente. gatocle informato da messi speditigli da non si sa chi della disfatta de suoi, lasci la pi parte delle truppe sotto drumeto ; e presa seco la sua guardia, e poca altra partita, and tacitamente a piantarsi sopra un certo

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tnoote ? dal quale facilmente poteva essere veduto tanto dagli Adrumetini assediati 7 quanto dai Cartai ginesi assedianti Tuneto ; ed avendo fatto alla notte accendere ampii fuochi, diede grande sospetto ai Cartaginesi che volesse muovere contro loro, e agli Adrumetini fece pensare quelle essere nuove truppe destinate a rinforzare l assedio da cui erano gi stretti. Con tale stratagemma ingannati gli uni e gli a ltri, ebbero gagliardissima rotta : imperciocch gli assediatori di Tuneto ? abbandonate le loro macchine corsero per rifuggirsi in Cartagine 5 e gli Adrumetini sopraffatti da patira si arresero. La cui citt con certi patti avuta, gatocle and a T apso, e colla forza la prese : indi ebbe su quella costa le a ltre, od espugnandole ? o a s traendole col maneggio. Finalmente fatto padrone di oltre dugento c itt, de liber di fare l impresa delle terre della Libia su periore. Postosi danqne egli in marcia } mentre gi cam minato avea per parecchi giorni, i Cartaginesi, messe a canapo di nuovo le loro truppe ? ed aggiunte quelle che di Sicilia erano andate ? ritornarono all assedio di Tuneto ; e molti popoli, caduti in dominazione de nemici, ricuperarono. Laonde giunti ad Agatocle corrieri con lettere di quelli eh erano a T uneto, i quali lo informavano dello stato delle cose di quelle p a rti, egli subitamente diede addietro ; e giunto a dugento stadii lontano dai nemici, accampato chebbe l esercito , ordin* a soldati di non accendere fuoco $ anzi postosi nella notte stessa in cammino, sul far

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del giorno diede addosso a quanti de9nemici fuori del campo sparsi senz ordine andavano mettendo a ruba la campagna ; e il fece con tale imjpeto e forza , cbe j i ammazz pi di due mila, e molti prese vivi, e con ci si pose nel caso di fare colpi maggiori in tempo che i Cartaginesi rinforzati dalla truppa giunta loro dalla Sicilia, e dagli ajuti decloro confederati in Africa, riputavansi superiori a lui. Ma dopo quest' ultimo fatto a lui andato si bene, i Barbari si sconfortarono di nuovo : tanto pi che riusci ad gatocle di vincere in battaglia il re degli Africani, Elima, che lo avea abbandonato ; e lui insieme con grande moltitudine de suoi Barbari uo cise. Questo er allora lo stato delle cose di Sicilia e dAfrica.
C apitolo V.

Imprese di Cassandro. Ostilit, di Tolornmeo contri Antigono. Tentativi di Polisperconte per introdurr in Macdonia Ercole figlio di Alessandro. Assas sinio di JVicocle 3 re de Pqfj in Cipro > ordinato da Tolornmeo, e catastrofe orrenda della famiglia d i qul re. Intanto in Macedonia Cassandro avendo dato ajuto ad tttoeonte, re de1Peonii, che faceva guerra co gli Autariati ; lui tolse d pericolo, e gli Autariati colloc coi loro figliuoli e le loro mogli, che condii* cevano seco , presso il monte Orbelo 3 e fa quella

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gente in numero di venti mil1anime (i). P^r mcntr1egli era occupato in quella impresa, nel Pelopon neso Tolommeo, capitano dAntigono , a cui questi avea affidato un esercito, irritato contro il suo prin cipe perch noi premiasse a proporzione del suo inerito , gli si ribell, e fece lega con Cassandro. Avea Tolommeo per vicegerente nella sua satrapia sull1Ellesponto un fedele amico di nome Fenice; e a costui mand soldati, e gli ordin di tener ferme le castellai e citt del paese , e sopra tutto di non riconoscere pi V autorit di Antigono. Erasi dianzi nella lega fatta tra i grandi capitani di comune ac cordo stabilito che le citt greche si lasciassero li bere ; e perci Tolommeo dominante in Egitto , ac cusando Antigono d1aver messo presidio in varie citt greche , per questo motivo gli faceva guerra ; ed avea mandata gente sotto il comando di Leonida nella Gilicia montuosa a4 impadronirsi delle citt soggette ad Antigono. Oltre ci avea spedito alle citt dominate da Cassandro e da Lisimaco, acci mettendosi dal suo partito impedissero che la po tenza dAntigono crescesse. Dal canto suo Antigono mand all1 Ellesponto il suo figliuolo minore, Filippo, onde facesse guerra a1Fenici, e a quanti altri serano
(i) Alcuni hanno scritto, che gli Autariati furono costretti ad abbandonare il loro paese molestali da nna strabocchevole quantit di rane. Bisogna dire che Didoro riguardasse tale tradizione per favolosa. Per, considerata la popolasione degli Autariati, & da so spettare che avessero nna buona e particolar ragione per abbandonar senza contrastq il loro paese nativo.

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ribellati e Demetrio mand in Cilicia. Questi con gran valore eseguendo gli ordini del padre , vinse i capitani di Tolmmeo, e ricuper le citt che aveano prese. Nel tempo in cui succedevano queste cse, Polispercont , che era nel Peloponneso , accusato di fellonia Cassandro, cerc di ritornare al comando di Mace donia, e chiam a s da Pergamo Ercole, nato di Barsine. Era questi figliuolo di Alessandro, il quale educavasi in Pergamo , ed avea gi diciassette anni. \ Andava adunque Polisperconte tentando con frequenti messi i suoi amici , e quelli che odiavano Cassan dro , onde introducessero quel giovinetto nel regno paterno ; e scrisse anche alla repubblica degli Etoli, affinch ponendosi in armi si unissero a lui, pro mettendo che se lo ajutassero a stabilire nel paterno regno quel principe, avrebbe loro tenuto conto efi tale benemerenza a larga misura. E li persuase di fatto , e cogli Etoli molti altri popoli si mossero per la stessa causa ; cos che si mise insieme un esercito di venti mila fanti e pi, e di uomini a cavallo non meno di mille. Ai quali apparecchi di guerra Polisperconte aggiunse la raccolta di denaro, e nuovi offcii ai Macedoni a lui bene affetti, chiedendo che il soccorressero. Intanto Tolommeo, gi divenuto padrone delle citt di Cipro, avendo saputo che Nicocl^ (i) re de Pafii avea secreta amicizia con Antigono, sped
(i) Questo Nicocle viene chiamato anche JVcocreonte.

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in Cipro Argeo e Caliicrate, suoi capitani , .con or dine di togliere Nicocle di mezzo : imperciocch egli temea fortemente che sull esempio di colui altri ancora voltassero bandiera. Que due capitani giunti nell isola, fattasi dare una partita di soldati da Me nelao , che ivi era generai comandante, circondarono labitazione di Nicocle, e comunicatogli lordine di Tolommeo , gl intimarono cbe avesse a morire. Si mise egli a cercar di purgarsi dall accusa 5 ma non essendo ascoltato, fin colluccidersi di propria mano. La cui morte intesa da Assiotea sua moglie, essa le sue figlie ancor vergini strozz perch non cadessero schiave de1nemici, e persuase le mogli defratelli di Nicocle a morire insieme con lei, tutto che To lommeo niun ordine contro le donne avesse dato ; ed anzi le avesse dichiarate salve (i). Di tante stragi, e disgrazie cos allimprovviso riempiutasi la reggia, i fratelli di Nicocle chiusene tutte le porte, ed attac cato fuoco al palazzo, si uccisero anch essi ; e di tale maniera fin la famiglia dere Patii, oppressa da codeste tragiche sventure. Esposta la serie di queste cose , siccome avevamo promesso, ora diremo i fatti, che dipoi seguirono.
(i) Plieno narra pi& difFusamenle quanto appartiene a questo tratto di storia. Alcuni hanno confusa Assiotea con Brotea. Il di ligentissimo Vesselingio d le ragioni di questo scambio. '

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C a p i t o l o VI. Guerra nel Ponto tra i figliuoli del re Parisoda. Eumelo ricambia i delitti delt ambizione con un governo liberale. Circa quel tempo, morto nel Ponto Parisada, stato re del Bosforo cimmerio , verniero per la suc cessione in discordia tra loro i suoi figli, Eumelo , Satiro, e Pritani. Satiro , eh1era il maggiore di et, avea avuto il comando dal padre , il quale avea re gnato trentotto anni. Eumelo si colleg con alcuni Barbari del confine per muover guerra al fratello^ Del ebe avvisato Satiro, and contro lui con grosso corpo di gente , e passato il fiume Tapsi, poich fit vicino allaccampamento nemico, coi carri delle prov vigioni cinto il suo campo, e messo in ordine di bat taglia Vesercito, si pose alla testa dello squadrone di mezzo, come gli Sciti usano fare. Con lui milita vano non pi di due mila stipendiati reclutati dalla Grecia, ed' altrettanti Traci, ed avea ausiliari pi di venti mila fanti, n meno di dieci mila a cavallo, ed erano tutti Sciti. In ajuto di Eumelo era riofarne, re de9Traci, con venti mila uomini a ca vallo , e ventidue mila a piedi. La battaglia, a cui si venne, fu impetuosissima. Satiro che avea seco la pi scelta gente , attacc il combattimento della cavalleria con Ariofame , che gli stava di fronte nel mezzo deir esercito } e dopo che da una parte e dalT altra molti erano gi stati morti, egli facendo vio

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lentissimo impeto, mise in fuga il re dei Barbari ; e spintosi addosso ai nemici, incominci a trucidare chiunque se gli faceva d avanti. Poi saputo che suo fratello Eumelo era vincitore nel destro corno, e che i suoi stipendiati serano volti in fuga, cess dall inseguire il nemico , e soccorrendo a suoi, gi sbaragliati , anche da quella parte ebbe vittoria, e tutto lesercito nemico ruppe e fug: cos che in fine ebbero tutti a vedere che di diritto spettava a lui Ja successione al regno, tanto a cagione d'essere il pi attempato , quanto per 1 egregio suo valore. Ariofarne ed Eumelo yinti in battaglia andarono a rifuggirsi nella reggia. Era questa situata sul fiume Tapsi (i), il quale girandole intorno , ed essendo ivi assai profondo, ne rendeva l accesso difficilissimo Era poi anche circondata da grandi precipizii e da foltissimi boschi; e due soli ingressi verano praticati dallarte ; uno dequali, che menava dritto alla reggia, era fortificato con alte torri, e con altri propugna coli; laltro dalla opposta parte era fra paludi, mu nito di torri di legno , e di chiostri ; e questi ed altri edifizii ivi piantati sorreggevansi da colonne sorgenti dal fondo dell acque. Di tanta fortezza es sendo il luogo , Satiro da prima si pose a devastare le campagne nemiche, ne incendi i borghi, e mise insieme gran numero di prigionieri. Poi cerc di pe netrare pel primo ingresso j ma perduta molta gente nell assalto delle torri, e delle altre fortificazioni,
(i) Alenai pi voloalieri leggono Psanti.

ritirossi ; e Toltosi all altro ingresso per le paludi, V impadron decastelli di legno ivi eretti. Presi i quali, e passato il fiume, si mise ad atterrare i boschi pe quali era mestieri passare per giungere alla reggia. Mentregli faceva queste cose il re Ariofarne temendo che' la rocca fosse presa a forza, deliber di venire al fatto d' armi, non altro che la vittoria potendolo salvare. Distribu quindi da ambi i lati del passaggio Saettieri, dai quali faceva ferire quelli che tagliavano gli alberi, atteso che questi per la troppo fitta bosca glia erano in tale condizione che n poteano vedere le saette tirate contro loro, n respingere i feritori, n vendicarsi. In tre giorni ad onta di tanti svantaggi i soldati di Satiro demolirono il bosco , e si aprirono la strada; e nel quarto giunsero sotto le mura dlia rocca. Per ebbero gran danno per la continua piog gia di dardi, che cadevano loro addosso, e per 1 angustia de1luoghi ; e Menisco , capitano degli sti pendiati , quantunque fosse uomo di molta intelli genza e di gran coraggio , spintosi per quellingresso gagliardamente sotto le mura, e combattendo cosuoi, da un corpo di nemici che sbuc fuori di gran lunga superiore a quello de1soldati eh egli conduceva, fu obbligato a retrocedere. Tosto per che Satiro il vide in pericolo , fu sollecito ad accorrere in suo ajuto : ma nel mentre che teneva petto a nemici che F assaltavano , un colpo d asta gli trafor un brac cio ; e fu la ferita s grave, che dovette ritirarsi nell accampamento 5 e nella susseguente notte mor, tenuto avendo il regno appena nove mesi dalla morte

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di suo padre. Menisco , capitano degli stipendiati, sciolto Passedio della rocca, condusse l'esercito nella citt di Gargaza ; e di l port pel fiume il cada* vere del re a Panticapeo, overa Pritani fratello del medesimo. Questi fattigli funerali magnifici, e depostene le mortali spoglie nel sepolcro dei r e , senza perder tempo pass a Gargaza, ovebbe e l esercito e il principato. Eumelo gli sped legati proponendo una divisione del regno ; ma egli non lascolt; e lasciato in Gargaza presidio, ritorn a Panticapeo, onde rassodare le cose del regno. Eumelo per assistito dalle forze de'Barbari occup Gargaza, n poche altre citt e castella ; ed essendosi Pritani mosso coll' esercito contro di lui, venuto a battaglia, vinse il fratello ; ed avendolo stretto entro l 'istmo vicino alla palude Meotide , lobblig ad arrendersi, col patto di consegnare tutti i soldati che avea, e colla promessa di parare dal regno. Ma ritornato Pritani a Panticapeo, stata sempre la residenza di tutti i re del Bosforo, ebbe a sostenere col fratello nuova lotta, nella quale essendo rimasto soccombente, mentre cercava di ripararsi fuggendo a certi orti, ivi rest ucciso. Allora Eumelo, morti i fratelli, per assicurarsi meglio sul trono , tolse di mezzo gli amici di Satiro e di Pri tani, e fino le loro mogli e i figliuoli. Per gli scapp di mano Parisada , figliuolo di Satiro, chera ancora giovinetto ; il quale montato a cavallo pot per la somma velocit di questo rifuggirsi ad Agaro, re degli Sciti, Siccome poi i cittadini assai male sof

frivano la strage che Eumelo avea fatta de loro pa renti, egli radunata la moltitudine si giustific dello cose ' commesse , e restitu loro la repubblica dianzi avuta , e dichiar liberi, comerano stati in addietro, gli abitanti di Panticapeo , promettendo inoltre di rimettere loro anche tutti i tributi, e per conciliarsi il favore del popolo disse loro le pi belle cose del mondo. Di tale m^piera coi benefizii richiamati tutti all antica benevolenza, poscia govern giustamente , osservando le leggi ; e riusc uno specchi mirabile di virt. Imperciocch fu costantemente largo d* ogni con cessione a1Bizantini, ai Sinopesi, e ad altri Greci domiciliati sul Ponto. Quando i Callanziani erano strettamente assediati da Lisimaco, e trovavansi in somma angustia delle cose pi necessarie, egli ac colse mille di loro , eh erano scappati dalla citt per la fame ; e non solo diede loro asilo , ma case an cora in citt: indi concedette loro il borgo di Psoa, e tra essi divise a sorte la campagna. Cos ancora a comodo di quelli che navigavano il Ponto, prese a far guerra ai barbari Enochii, e Tauri 3 e agli Achei usi a corseggiare'; e il mare purg da quanti lo in festavano. Onde -non solamente nel regno suo , m a, per dir cos, per tutto il mondo, ebbe fama gloriosa di re beneficentissimo, perciocch la magnanimit sua dappertutto predicavasi, e si commendava dai mercatanti. Aggiunse poi al suo stato un ampio tratto di paese tenuto prima dai Barbari confinanti ; e diede al suo regto uno splendore, che non aveva mai avuto.

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Avea egli stabilito di' debellare tutte le nazioni vi cine * e vi sarebbe riuscito in breve, se non fosse , prematuramente mancato di yita. Mori egli per im provviso accidente dopo aver regnato cinque anni e cinque mesi ; e l accidente per cui mor fu quale siegue. Ritornava egli dalla Scizia al suo regno per fare certo solenne sacrifizio ; ed era portato da una quadriga fornita di quattro ruote, e coperta di una tenda. Era ornai presso la reggia, quando i cavalli spaventati presero violentissimo corso ; e non valendo lauriga a trattenerli, temendo Eumelo dessere tra sportato in certi precipizii, tent di saltar gi del carro ; ma implicatasi la sua spada in una ruota, per queir impeto medesimo, con cui fa strascinato 'a terra,.fu anche morto. Della fine di Eumelo e di Satiro , alcuni oracoli, per avventura vani, ma per creduti dagli abitanti 4el paese , sono rimasti nella memoria degli uomini Dicesi, che a Satiro un dio rispondesse di guardarsi da un sorcio, onde non gli desse morte ; e perci non volle mai seco n servo , n alcun uomo libero tra suoi sudditi, che portasse tal nome. Avea poi gran paura desorci e domestici e campagnuoli ; e a famigli continuamente rinnovava lordine, che aves sero ad ammazzarne quanti pi potevano, e a chiu dere i buchi, da cui sogliono venir fuori. Dopo tutte queste diligenze , per le quali sperava di vincere il destino , termin la vita per la piaga eh ebbe in un muscolo del braccio : dovendosi avvertire che con simile vocabolo si esprme e il sorcio e il musco

lo (i). Loracolo detto ad Eumelo portava, ancora che si guardasse da casa portatile. Perci non entrava mai in veruna casa, se prima non ne avea dai famigli fiotto visitare e fondamenti e tetto; Ma quando si vide, che il coperto del carro avea contribuito alla sua morte , ognuno si avvis che, si fosse veri ficato l1oracolo. Ma basti questo per le cose av* venute al Bosforo. In Italia i consoli de Romani entrati coll esercito nellApulia vinsero i Sanniti in una battaglia se* guita presso il cos detto Talio} ed avendo i vinti preso posto sopra un colle , da essi detto sacro, i Romani, sopraggiunta la notte , ritiraronsi ne loro steccati. Ma il giorno dopo rinnovatasi la. battaglia, assai numero di Sanniti per, e pi di due mila e dugento rimasero prigionieri. Dopo tali vantaggi i Romani erano padroni della campagna, e sottomettevansi le citt ribelli. Quindi misero presidii in Ca taratta , e in Ceraunilia, dopo che Y ebbero espu gnate.
(i) Nella nostra lingua non risalta bene P equivoco , su coi si fonda la verificazione dell*oracolo. Perci bo creduto necessario in serire nel testo le parole: dovendosi avvertire che con simile voca bolo si esprime e il sorcio e il muscolo. Diodoro non avrebbe omessa ma tale dichiarazione se in vece di scrivere greco avesse scritto italiano.

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C apitolo

VII.

Campagna di Tolommeo in Cilicia, e in altre parti. Polisperconte si acconcia con Cassandro, togliendo di vita Ercole d?Alessandro che prima voleva met tere sul trono di Macedonia. I Cartaginesi vanno per assaltare Siracusa, e sono disfatti clla presa e morte di Amilcare. Gli Agrigentini si fanno i campioni della indipendenza dei Siculi. A ffari dei Siracusani. Del rimanente venuta arconte in Atene Demetrio Falereo , e consoli creati in Roma Quinto Fabio per la seconda volta, e Gajo Marcio , Tolommeo che regnava nell Egitto , avendo veduto come i suoi ca pitani aveano perdute le citt in Cilicia, fatte tra sportare truppe con un flotta presso Faselide, espu gn quella citt. Quindi passato nella Lteia prese a forza la citt di Xant tenuta da un presidio di Antigono ; ed approdato a Catino ? ebbe la citt per ispontanea dedizione , e i castelli ben presidiati con quist colle armi, avendo abbattuto V Eraclio , e il Persico essendosi arreso. Di poi ito a G, chiam col Tolommeo , figlio di un fratello di Antigono, che gli avea affidato un esercito, e che non per tanto abbandonato lo zio, erasi messo in lega con Tolommeo. Adunque da Calcide , ove era allora, andato a C, da prima Tolommeo P accolse graziosamente ; ma poi osservando in lui un contegno insolente, e come cercava di obbligarsi con regali, e con parole cor*

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tesi gli ufBziali} per la paura che ordisse qualche tradimento il fece mettere in arresto $ indi il co strinse a ber- la cicuta. In quanto ai soldati che avea , con promesse li trasse a s , e li mischi colle altr sue truppe. In mezzo a questi avvenimenti Polisperconte, ra dunato, un grosso esercito, conduceva al regno pa terno Ercole , che abbiam detto figliuolo di Alessan dro e di Barsine * e mentre egli era accampato presso la citt di Stimfea, gli venne addosso col suo eser cito Cassandro. Come poi i due campi non erano molto lontani l uno dallaltro, n i Macedoni erano indifferenti al ritorno del loro re, Cassandro temendo che proclivi per naturale a nuove cose fuggissero ad Ercole, mand ambasceria a Polisperconte, pres sandolo a ben informarlo intorno al r e , dichiaran dogli che se veramente intendeva dinstallare il r e , egli era pronto a fare quanto gli venisse comandato; che se poi mettendosi dal partito suo avesse tolto di mezzo quel giovinetto, in Macedonia avrebbe avuto lo stato di prima ; e di pi con accrescimento di truppe sarebbe stato fatto comandante supremo darmi nel Peloponneso, e sopra tutti nel principato di Cas* sandro onorato e distinto. E tanto disse, poi e tanto promise, che trasse Polisperconte a fare se creta lega con esso lu i, e lo indusse a far morire proditoria mente il re. Tolto adunque di mezzo il giovinetto, Polisperconte apertamente tratt con Cassandro di tutti gli affari ; ebbe in Macedonia grandi tenimenti, e giusta i patti stipulati quattro mila fanti macedoni,

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e cinquecento Tessali a cavallo. Ed avendo costui reclutati altri volontari! , tent di passare per la Beozia nel Peloponneso. Ma gli si fecero contro Beozii Peloponnesii, e dovette retrocedere,'andando poscia a svernare presso i Locrii. Mentre succedevano queste cose Lisimaco edific nel Gbersoneso una citt dal nome suo chiamata Lisimchia. Mor poi Cleomene re de Lacedemoni, stato in carica sessant anni e dieci mesi ; al quale succedette Areo, suo figliuolo, che tenne il posto quarantaquattro anni. In questo stesso tempo Amilcare, comandante delle truppe in Sicilia, ridotti sotto la signoria cartaginese gli altri luoghi dell1isola , mosse verso Siracusa come se volesse espugnarla per forza. Ed in vero le impedi lintroduzione dei viveri, essendo da lungo tempo padrone del mare , ed avendo devastate tutte le messi del territorio. Adunque si mise ad occupare i luoghi posti intorno airOlimpio in faccia alla citt; ed avea stabilito di spingere a primo tratto le sue truppe presso le mura, fidato nella predizione di un indovino , il quale osservate le viscere delle vit time lo avea assicurato che il giorno appresso senza alcun dubbio avrebbe cenato in Siracusa. Ma gli abitanti, penetrato il disegno del nemico , manda rono fuori la notte tr mila fanti e circa quattrocento cavalli, con ordine che occupassero lEurielo : il quale ordine prestamente fu eseguito. I Cartaginesi intanto tenendo che il nemico nulla sapesse del loro disegno, uscirono a prima notte dal campo.

I}ra alla testa di tutti. Amilcare con tutta la sua guardia : dietro gli veniva Dinocrate , comandante della cavalleria 5 tutta linfanteria era divisa in due falangi 7 una composta di Barbari , 1 altra di Greci che, aveano unite le armi a quelle de Cartaginesi : veniva poi senza alcun ordine una moltitudine di varie genti ingorde di preda, le quali non avendo alcuna disciplina, sogliono spessissimo non far altro che suscitare tumulto, .e mettere paura nellesercito: d nde nascono gravissimi inconvenienti e danni. E in quella occasione , in mezzo a strade anguste ed aspre, i bagaglioni e 1 altra ciurmaglia che seguiva 1 esercito alla rinfusa , incominciarono a contendere per avere il passo; e per glintoppi recati dalla folla alcuni vennero anche tra loro alle mani. In quel trambusto per tutto 1 esercito salz grido e tumulto assai forte ; e i Siracusani , che gi erano appostati all Eurielo , veduto in che confusione i Barbari cam minavano ? siccome. teneano luoghi alti, assaltarono impetuosamente i nemici, chi da quelle alture man dando loro addosso nembi di dardi, chi collocatisi nelle gota della strada serrando loro il passo , chi obbligando i fuggiaschi a precipitarsi dalle rupi. La not turna nebbia ancora, e lignoranza del sito facevano che si credessero ivi i Siracusani venuti con gran forza per sorprendere 1 esercito. Per la qual cosa i Cai* taginesi, stretti dal tumulto de loro , e dalla pre senza de nemici , e pi ancora dal non conoscere le strade, e dall angustia di esse , dopo alcuna esita zione finalmente si posero in aperta fuga. E perch

lo spazio per uscire di quelle strette era poco, una parte ben numerosa venne schiacciata dalla propria cavallera, una parte, in mezzo alle tenebre della notte , prendendo i suoi per nemici, combatteva coi medesimi, e per conseguenza si ammazzavano e si ferivano tra loro medesimi. Amilcare in sulle prime facea fronte gagliardamente all assalto, e andava esortando le sue guardie a sostener con valore il comune percolo. Ma poscia abbandonato dai soldati presi da troppo turbamento e da paura , fu anche assai che cadesse vivo tuttora nelle mani deSira cusani. \ E qui non senza ragione potr notarsi 1 inegua glianza della fortuna, e i bizzarri casi che succedono agli uomini, in tutto contrarii a quanto essi saspet tano. Imperciocch gatocle, uomo per maschio va* lore a nissuno secondo, fornito di grandesercito che combatteva per esso lui ad Intera, non solamente ebbe a succumbere al paragone dei Barbari, ma a perder pur anco colla massima parte dell esercito il maggior nerbo di sua possanza. Qui per lo contrario un pugno di uomini gi vinti, i quali erano stati da lui lasciati in Siracusa, non solo vinsero P eser cito de Cartaginesi, che li assediavano ; ma presero vivo Amilcare , supremo comandante , riputatissimo presso i suoi. ci che sopra ogni altra cosa fa meraviglia, ai che Con uno stratagemma ajutato dalla natura del luogo un piccolissimo numero di pernici interamente sbaragli quaranta mila uomini a piedi, e seicento a cavallo ) onde fia giustificata

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il volgar detto ; clic la guelfa ha i suoi capricci* Dopo quella fuga i Cartaginesi che si erano sparsi qua e l , a grande stento poterono riunirsi il di vegnente. 1 Siracusani intanto ritornati in citt con inerosissime spoglie dogni sorta ? consegnarono A* milcare a quelli eh erano bramosi di martoriarlo ; tanto pi che andavasi ripetendo la predizione fa mosa dell indovino , il quale gli avea detto che allindomani avrebbe cenato in Siracusa ; e la verit del presagio sarebbe dal nume comprovata. Adunque*, i' parenti di tanti Siracusani uccisi condussero per tutta la citt, carico di catene , Amilcare ; e dopo averlo con ogni maniera di crudelissime pene tor mentato , .con estrema contumlia il trucidarono. I Governatori poi della citt, fattogli tagliare la testa , per alcuni messi la spedirono ad gatocle, e mandarongli la nuova della vittoria (i). Dopo quella rotta 1 esercito deCartaginesi, anche quando ebbe saputo come avvenuto gli fosse tanto disastro , pot appena finalmente riaversi dallo spa vento. come mancava il comandante supremo,
(i) Cicerone nel libro x della divinazione parla di questo fatto cosi : Sta scritto nella storia che ad Amilcare cartaginese, mentre assaltava Siracusa parve di udire una voce, la quale gli diceva che la sera appresso avrebbe cenato in Siracusa. Ma giunto giorno nacque nel suo campo gran sedizione tra i soldati Peni e Siculi : del che accortisi i Siracusani alT improvviso piombarono sul campo nemico , e portarono via vivo Amilcare. Cos il fatto giustific il sogno. Valerio Massimo ba ripetuto il raccoulo di Cicerone- Ma quello di Diodoro ha maggior probabilit; ed ognuno sa conte negli eserciti degli Antichi gl indovini ebbero sempre gran posto.

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nacque lite tra i Barbari e i Greci j e questi unita mente ai fuorusciti diedero il comando a Dino era te; e i Cartaginesi ebbero a capi quelli , che in grado venivano dietro al comandante supremo. Fu in quel tempo j che veggendo gli Agrigentini, dallo stato nel quale erano le cose di Sicilia , come fosse facile alzar la testa? presero ad attribuirsi il p rincipato dellisola. Facevano essi il conto che i Cartaginesi non erano in caso di sostenere la guerra contro gatocle ; . che Dinocrate non avendo seco che una ciurma, di fuggitivi, agevolmente soggiogherebbesi ^ e che i Siracusani oppressi da gravissima carestia , meno dogni altro sarebbero stati tentati a preten dere di soprastare. Finalmente lusingavansi che pren dendo eglino le armi per liberare le citt, tutte di buona voglia sarebbonsi acconciate con essi e per F odio che portavano ai Barbari, e pel naturai de siderio dindipendenza , che si. potentemente parla a tutti. Cos ragionando si creano per capitano Senodico j e datogli un buon esercito, il mandano fuori. Egli si port immediatamente a Gela, ed accoltovi di notte da varii suoi amici , si fece padrone della citt , delle forze militari e delle casse pubbliche. Messi pertanto per quel fatto i Geloi in libert, con quanti avevano cittadini istrutti nelle armi si colle garono con esso lui, e gli si unirpno per liberare senz altro indugio le rimanenti citt. Ed infatti sa putosi appena1il disegno degli Agrigentini nelliso la, incontinente in tutte le citt entr la smania di essere libere ; e gli Ennei, pei primi, spedirono le*

gali agli Agrigentini, mettendo la loro citt a devo zione di questi ; e dichiarati liberi gli Ennei, anda rono ad Erbesso presidiata da notabile forza, e ve nutosi alle mani coi soldati che la tenevano, nel che furono utili gli oppidani che agli Agrigentini si unirono, la guarnigione fu vinta, e molti dessa ri masero morti : i rimanenti eh erano da cinquecento , messe gi le armi si arresero. Mentre gli Agrigentini erano occupati in questa im presa , alcuni di que soldati, che gatocle avea la sciati in Siracusa, presa Echetla misero a ruba i territorii leontino e camarinese. E fu gravissimo questo danno per gli abitanti, grande essendo stato il saccheggiamento, e tutte le messi guaste. Perci andato a quella volta Senodico, cacci quanti erano nemici in que territorii, e preso il castello d Ef chetla , quantunque : ben fortificato e presidiato, il governo popolare restitu ai cittadini de due paesi, e mise in forte pensiero i Siracusani. Oltre ci pei varii luoghi scorrendo , quante guarnigioni e quante citt aveano magistrati cartaginesi, tutte sollev , e fece libere. I Siracusani intanto continuavano ad avere gran penuria di viveri; ed avendo saputo che alcune navi piene,di frumento cercavano di approdare alla loro citt, allestirono venti triremi, giovandosi della negli genza dei Barbari, i quali posti in istazione nelle viciqe acque poco stavano all erta ; e non accorgendosene questi, quelle triremi uscirono , e giunte presso i Me garesi, ivi stettero aspettando larrivo demercatanti.

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Non rimasero per a lungo cheti i Cartaginesi: ch an darono con trenta navi addosso a quelle triremi. Que ste da principio presero a misurarsi conemici; se non che poi spinte a terra , gli uomini che le montavano salvaronsi a nuoto ad un certo tempio di Giunone. Ma i Cartaginsi inseguivano quelle triremi, e vio lentemente assaltandole , - e cercando d afferrarle , quantunque fossero gi messe a terra, u presero dieci ; n le altre furono salve se non perch venne gente di citt in ajuto E questo era allora Io stato delle cose in Sicilia.
C apinolo

VOI.

Costernazione de Cartaginesi per la rotta e morte di Amilcare. Grave rischi in cui trvasi gatocle messo in arresto dal suo esercito. Ma se ne libe ra, e batte i Cartaginesi. Guerra de' Romani cogli Etruschi d i Sanniti. Imprese del censore Appio Claudio. NellAfrica gatocle , giuntivi coloro che gli re cavano la testa di Amilcare, egli ricvuta che lebbe, postosi a cavallo corse s presso laccampamento dei nemici, che poteva la sua voce intendersi ; e mo strata quella testa (i) annunci come le truppe loro erano state rotte. Dolore acerbissimo arrec ai Car() Ad imitazione di gatocle, secondo che riferisce Tito Livio il console Claudio fece gittare inoaazi agli accampamenti de* nemici la testa di Asdt-ubale che con assai cara &vea conservata.

tagincsi tal fatto ; e secondo l uso de9Barbari ado rata quella testa, e tenendo per calamit propria la morte del re, niuna lena .sentironsi per continuar* la guerra. Per lo contrario incoraggiato gatocle dai successi avuti, per tanta prosperit di cose alzavasi a grandi speranze, quasi vinti gi avesse tutti i rischi possibili. Ma la fortuna non permise che durasse tal ordine di favorevoli cose; e dal canto deproprii suoi soldati cre a quel principe nuovi e sommi pericoli. E incominci il rovescio dal fatto di un certo Licisco, uno decapitani che avea seco, il quale invitato da lui a cena, ove fu riscaldato dal vino, incominci a dire mille vituperii di lui. gatocle tenendolo in gran conto per gli affari di guerra, cerc di mettere in ischerzo la cosa : ma non cos fu di Arcagato suo fi gliuolo , il quale alle contumeliose parole di colui ri spose con altrettante contumelie, e con minacce. Or finita la cena , e ciascheduno tornando alla sua tenda , Licisco prese Arcagato a parole , ed ingiuriosamente gli rinfacci lincestuoso adulterio colla madrigna: cor rendo infatti voce eh egli avesse nascosti intrighi colla moglie del padre, chiamata Alcia. Allora il giovane tanto pi si riscald , sicch presa un9ala barda di mano d una delle guardie, gli di tal colpo in un fianco, che Licisco cadde subito estinto. 1 1 morto da que che gli stavano intorno fu portato nella sua tenda; e la mattina appresso gli amici suoi, e molti soldati presi da sdegno, misero a ru* more tutto il campo ; e molti tra i capitani , i quali trovavansi avere pul anima non pochi delitti, presi

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da timore per loro medesimi , colta 1 occasione, chef presentavasi , eccitarono grande sollevazione ; cos\ che istigato tutto 1 esercito per 1 odio al commesso fatto , ciascheduno, prese le armi, e si mise a do mandare la morte dellomicida. E fu difatti comune deliberazione quella di toglierlo di vita., dichiaran dosi , che se gatocle non avesse consegnato il fi gliuolo , pagherebbe la pena egli medesimo : indi ag-giunsero la domanda delle paghe dovute ; nomina rono capitani che dovessero comandare nel campo ; e infine occuparono le mura di Tuneto , e misero guardie dappertutto intorno ai principi. Venuta a nemici la notizia di questa sedizione, i Cartaginesi mandarono alcuni deloro a tentare quei soldati sicch volessero passare alla loro parte, pro mettendo pi grosse paghe, e regali cospicui; e molti tra i capitani diedero parola di condurre a loro le sercito. gatocle vedendo ridotta a un filo la sua salvezza, e temendo dessere dato vivo in mano dei nemici, e d avere a finire ignominiosamente, deli ber sec stesso che se avesse a perire, meno male sarebbe perire per mano de suoi soldati. Per la quale cosa deposta la prpora, e vestitosi di plebeo e vile abito, presentossi alla turba, e per la novit stessa della cosa tacendo tutti, e da ogni parte accorrendo, egli tenne un discorso qual con veniva alla circostanza ; in cui ricordato quanto sina allora avea fatto , disse' essere pronto a morire, se a* suoi commilitoni ci paresse dover essere : per ti midit non essere egli mai per f a r e n per amore

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aeiia vita soffrire cosa indegna di s. Ed aggiungendo che della verit di tale proposto suo ne sarebbero eglino stessi testimoni > sguain la spada in atto di trafggersi. Ed era gi sul punto di farlo ? quando. una .voce generale s alz dall esercito , perch ci non facesse , dichiarandosi lui assoluto dall occorso caso. Ed avendogli la moltitudine imposto che rive stisse il regio abito ? egli con grandi lagrime rin grazi tutti y e si copr ancora delle convenienti vesti j e la moltitudine il consol col lieto applauso con cui il rimise nel pieno suo stato di prima. Intanto i Cartaginesi stavano in aspettazione che da un momento allaltro i Greci passassero a loro 5 e gatocle , non perdendo 1 occasione propizia , trasse contro loro lesercit. Fidati essi nello spe rato passaggio di quell esercito alla loro parte, non pensarono, a quanto allora di fatto accadeva 3 ond, che gatocle all avvicinarsi ai nemici ? fatto suonare linno della battaglia, e spintosi contro di loro , di essi fece grandissima strage. Oppressi da questo im* pensato accidente i Cartaginesi ? lasciati molti def loro sul campo , rifuggironsi negli steccati. Di tale maniera gatocle per la inconsideratezza del figliuolo caduto in estremo pericolo, colla virt sua non so lamente salv se stesso dalla m ina, ma sbaragli anche i nemici. Coloro intanto, che eccitata aveano la sedizione, e quelli eh erano di mal animo verso il principe (e furono pi di dugento) vituperosamente disertarono passando ai Cartaginesi. Noi spedite le cose dAfrica e di Sicilia, diremo quanto segu in Italia.

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I Tirreni aveano coll' esercito assaltata Su tr i, co lonia de' Romani * ed essendo i consoli accorsi per difenderla con un grosso corpo di truppe , vinsero i Tirreni in battaglia, e gl1inseguirono fino ai loro trincieramenti. Intorno al qual tempo i Sanniti , ve duto lesercito romano assai lontano dal loro paese, andarono senza alcun timore a guerreggiare 1 Japigii devoti ai Romani. Per lo che i consoli furono co stretti a dividere l'esercito. Fabio adunque rest a far fronte ai Tirreni ; e Marcio ito contro i Sanniti , prese la* citt di Alifa, e liber gli alleati dalla invasione nemica. Fabio frattanto, veduta la gran mol titudine dei Tirreni accorsa contra Sutri 7 senza che , y i nemici se ne accorgessero , passando per le terre de vicini popoli, fece una gagliarda irruzione nella Etruria superiore, paese da lunghissimo tmpo non stato travagliato da incursioni nemiche ; e giunto col improvviso tutto il territorio saccheggi quanto era. lungo e largo, sbaragli gli abitanti che gli si fecero incontro , e molti ne uccise, e molti pure ne fece prigionieri. Indi in una seconda battaglia battuti ancora gli Etruschi, e molti uccisine, quella na zione spavent; e fu il primo fra i Romani che con esercito s inoltr in que1luoghi. Fece poi tregua co gli Aretini^-coi Cortonesi, e coi Perugini; ed espu gnata Fiesole, obblig i Tirreni ad abbandonare 1 assedio di Sutri* * In quell1anno furono creati in Roma i Censori, uno < quali, Ap^io Claudio , secondato ,dal suo ^e collega Gajo Plausi, molte istituzioni antiche abro

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g ; assai favorendo la plebe , e mun riguardo fa cendosi del Senato. Costui primieramente Vacqua d a . lui detta ppia condusse sino a Roma per- un tratto di ottanta stadii, togliendo per questa spesa una gran somma di denaro dall erario 3 senza alcun ordine del Senato. Indi il tratto maggiore della strad a, simil mente detta ppia da ss lui, selci di pietra viva da Roma fino a Capua per la lunghezza doltre mille stadii, con grandissima spesa demolendo tutte le al tu re , che vi s incontravano, e chiudendone tutte 1 cavit, e ^ li scavi. Cos vuot l erario ; e per opere di comune benefzio lasci di s memoria immortale. Temper anche lordine senatorio in quanto non so lamente scelse a formarlo le persone nobili, e per dignit distinte , com" era l uso ; ma introducendovi ancora plebei e libertini : cosa, che coloro , i quali vantavano nobilt patrizia, soffrivano di mal cuore. Oltre ci diede libert a' cittadini di farsi mettere nel censo ovunque loro piacesse p i , e di farsi ag gregare a quella trib che volessero. Pel qual fatto veggendosi presso i nobili venuto in grande odiosit, contro questi si premun col favor della plebe ; n incontr biasimo per parte degli altri cittadini. Nella rassegna de* cavalieri non lev il cavallo a nessuno: in quella de senatori non tolse di posto nessuno degl indegni, come gli altri Censori ebbero costume di fare. Per i consoli per mal animo , e volendo rendersi grati alla nobilt, convocando il Senato, non aveano riguardo alcuno a quelli eh egli avea scelto, ma sivvro a quelli, che seelto aveano i

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Censori passati ; e la plebe intanto a quelli opponen dosi 9 spalleggiava la causa di Appio. Egli poi per dar pi peso alle novit introdotte y alla carica d1edile y la quale era la pi illustre di tu tte , inalz certo Gneo Flavio y figliuolo di un liberto ; e fu co lui il primo tra Romani y che nato di liberto conse gu quella dignit. Finalmente rinunciato al magi strato , temendo l7odiosit del Senato, e fingendosi cieco si teneva chiuso in casa.
C a p i t o l o

IX.

Escursione di Tolommeo sulle coste del Peloponneso. Assassinio di Cleopatra. Nuova vittoria di Agatocle sui Cartaginesi. Sua lega con O ff ella, re di Cirene. Marcia di questo principe. Serpenti delle S itti, e caverna di Lamia. Unione dei due eserciti. Ma gatocle assalta Ojfella che perde la vita, e f a suo V esercito di lui.
*

Era fatto arconte in Atene Carino 9 e il consolato romano era stato conferito a Pubblio Decio , e a Quinto Fabio \ e presso gli Elei celebravasi la centodiciottesima olimpiade , in cui fu vincitore Apollonide tegeate, quando Tolommeo navigando da Mindo coll1armala per le isole, nel passar suo liber An dro y toltone via il presidio che la teneva ; indi ito all1istmo, da Cratesipoli si ridusse a Sicione, ed a Corinto. U perch quelle illustri citt si assoggettasserOj da noi stato detto ne1 libri passati ; n giova

ripeterlo. Tolommeo savea proposto di restituire la lTfert anche alle altre eitt della G recia, sperando che la benivolenza de Greci avrebbe molto avvantag giate le cose sue : ma essendo accaduto , che ordi* nato avendo egli ai Peloponnesii di somministrargli frumento e denaro , nulla fecero di ci } quel pria cipe del loro contegno sdegnato scese a far paee con Cassandro col patto che ognuno di loro ritenesse in poter suo le citt che avesse. Quindi ben presidiate Sicione e Corinto , pass in Egitto. Mentre accadevano queste cose, Cleopatra, nemica ad Antigono , piegssi verso Tolommeo , e parti da S ard i, onde trarsi a lui. Era essa sorella di Ales sandro debellatore de7Persiani, figlia di Filippo di Aminta , e moglie di quellAlessandro, che avea fetta r impresa dItalia. Ond che rimasta vedova, a ca gione della nobilt sua ambivano d averla in isposa Cassandro, Lisimaco , e Antigono, e Tolommeo, ed ogni pi illustre capitano. Imperciocch siccome ognuno sperava che i Macedoni avrebbero avuto pel matrimonio di lei un grande riguardo , e chi la spo sasse sarebbesi in certo modo innestata nella famiglia reale ) cos per tal modo lusingavansi di trarre a s le ragioni dell imperio. Ma il governatore di S ard i, a cui Antigono avea commesso di ritener ivi quella principessa, si opponeva alla partenza sua ; e per ordine dello stesso Antigono , servendosi dell7opera di alcune donne, fraudolentemente la fece morire. Per Antigono non volendo rimanere macchiato di quella morte, alcune di quelle donne fece ammazzare

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coirle ibsidiatrici della vita di Cleopatra, e a questa fece celebrare splendidi funerali con regia magniticenza. Tal fine ebbe quella principessa, a gara am bita in isposa da tanti nobilissimi capitani, prima che le nozze sue si conchiudessero. Noi Esposte le cose dell'Asia e della Grecia, diremo quelle, che riguar dano le altre parti del mondo. In Africa i Cartaginesi aveano mandato un esercito nel paese dei Numidi per richiamarli alla loro signo ria , dalla quale serano sottratti. Laonde gatocle, lasciato il figliuolo Arcagato con una porzione del lesercito presso Tuneto, con un corpo de7 pi valo rosi de suoi, composto di tre mila seicento fanti, ed ottocento cavalli, e con cinquanta carri africani a marcie sforzate insegu il nemico. I Cartaginesi intanto giunti presso que Numidi che chiamansi Sufoni y unirono a s molti di quegli abitanti ; ed alcuni an che de9ribellatisi poterono richiamare alla primiera devozione. Udito poi, che il nemico appressavasi, essi si accamparono sopra un altura chiusa da canali di acque, profondi e difficilissimi da passare ; e cos trincierati si ppposero all1improvvise scorrerie che potesse fare, ed ordinarono che i pi svelti tra iN u midi si mettessero alle spalle de. Greci, e col continuo pizzicarli ne ritardassero la marcia. Ai quali ubbidienti agli ordini, gatocle oppose i suoi saettieri e frofnbolieri ; ed egli colle altre sue truppe and direttamente al campo de nemici. I Cartaginesi veduto il partito* eh egli prendeva, uscirono fuori del cafnpo, e postisi in ordine di battaglia 3 si mostrarono prnti

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i combattimento. Veduto per che i soldati di lui stavano passando il fiume,con un ben ordinato squadron li assaltarono ; e nel s difficile passaggio co gliendoli , ne fecero grande strage. Somma valenta mostravano i Greci insistendo nel passaggio ; e i Bar bari aveano il vantaggio a cagione della moltitudine, in ta n to } mentre da una parte e dall altra assai vi* . vamente e per lungo tempo si combatte , i Numidi si arrestano, aspettando di vedere quale fia l esito della battaglia per correre al campo de1vinti , e far bottino. Finalmente gatocle con quelli che aveva presso di s valorosissimi sopra tutti , pel primo pe netr entro gli squadroni oppostigli, e colla fuga di questi fece che anche gli altri Barbari volgessero la schiena. I soli Greci a cavallo, militanti coi Caiv ta^inesi sotto la condotta di Glinone , sostenevano F impeto gagliardissimo de soldati d gatocle ; e fie ramente combattendo , per la maggior parte ebbero a restare sul campo, e gli altri non si salvarono che per miracolo. Allora gatocle desistendo dall1incalzar questi r si volt con furia contro i Barbari, che si erano ripa* rati ne? loro trincieramenti ; e mentre tentava d1avanzarsi per luoghi aspri e di difficilissimo accesso, egli ebbe tanta perdita d uomini, quanta per avven tura ne cagionava ai Cartaginesi. Non per questo peraltro temper l ardor suo; ch anzi animato dalla vittoria riportata, vie pi vivamente incalz il ne mico , sperando di espugnare gli steccati. Trattanto i Numidi j che stavano a vedere qual fosse il fine

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della battaglia,non poterono gittarsi addosso alle ba vaglie de Cartaginesi perch 1 uno e F altro *esercito combtteva troppo vicino al proprio campo. Presero adunque Y occasione , in cui gatocle erasi distac cato dal suo avanzandosi olire ) e sapendo che questo non aveva difensori, vi si cacciarono dentro con im provviso assalto, e con somma facilit uccisero quanti pur vollero fare resistenza , e fecero schiavi e bot tino enormemente. U che saputosi da gatocle, presto diede indietro, e molte cose delle rubate ricuper : nondimeno i Numidi portarono via il p i , e col fa vore della notte si sottrassero, allontanandosi. Agatocle, alzato il trofeo, le spoglie de nimici divise tra i suoi soldati , onde con minor dolore ognuno sopportasse il danno di quanto aveva perduto ; e i prigionieri greci, i quali aveano combattuto coi Car taginesi , serr in un castello, dove essi temendo che quel principe si vendicasse , di notte assaltarono la guarnigione : ma nel combattimento rimasero su perati } e ritiraronsi in un certo lubgo forte in nu mero non meno di mille, fra i quali erano cinque cento Siracusani. gatocle and coll1esercito col ; e dopo una convenzione giurata, traendoli tdi quel luogo , li fece trucidar tutti. Sbrigatosi di questa battaglia, veggendo che altre misure voleanvi per giungere a soggiogare i : Carta ginesi , mand suo ambasciadore ad Offella in Ci rene Ortone siracusano. Era Offella uno di quelli, che militato aveano con Alessandro, e padrone gi di Cirene, e delle prossime citt ; avendo, un buon

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esercito , mirava a farsi un pi esteso principato. Es sendo adunque pieno di questi pensieri gli capit T ambasciadore di gatocle, dicendogli, che ove unire volesse le sue forse per debellare i Cartaginesi, in ricompensa avrebbe avuto il dominio dell Africa j di che gatocle lo assicurava, tenendosi egli con tento della Sicilia, poich libero dapericoli provementigli per la parte de Cartaginesi, non dubitava di averla tutta in suo dominio. Che se amasie di ampliare di pi la sua signoria,lItalia eragli presso, e in ogni caso sarebbesi volto a questa : tanto pi che l frica era dalla Sicilia separata per un mare vasto e difficile j n , se v era allora venuto , cupi digia di Stato lo (ave va a ci indotto , ma sola ne cessit. Offella, poich tale prpferta acconciavasi pie namente alle sue idee , volentieri annuii j e mand per far lga cogli Ateniesi, attesoch aveva sposata Eutidica ( i) , figliuola di un Milziade, che il nome suo diceva trarre da quello si rinomato capitano de vincitori a Maratona. E per le relazioni di questo matrimonio, e per molte prove date di benevolenza, egli- era sempre stato ben accetto agli Ateniesi in ge nerale , e parecchi dessi propendevano a prendere parte in quella guerra. Non pochi ancora degli altri Greci cercavano d unirsi a lui in questa impresa, pieni di speranza di potere dividersi una porzione floridissima dA frica, e guadagnare le ricche spoglie de Cartaginesi : tanto pi che allora in Grecia sta
ti) Plutarco chiama questa donna Euridice.

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vasi assai male per le tante guerre e discordie dei principi, per le quali ih paese eraridotto in miseria. Combina vasi adunque ad un tempo V occasione tanto di fare fortuna, quanto di togliersi dalle angustie presenti. Offella, messo in ordine quanto alla spedizione occorreva, entr in campagna con pi di dieci mila fanti e con seicento uomini a cavallo j ed avea cento carri provveduti d*oltre trecento tra guidatori ^e sol dati combattenti sui carri. Altri dieci mila uomini ancora avea di straordinarii ; e molti fra questi con ducevano seco figliuoli e mogli e grandi bagagli, a modo che quell' esercito avea V aspetto di una co lonia. In diciotto giorni questa massa di gente fece tre mila stadii di strada ; e and a mettere il campo presso Automala. Ivi incontravasi dna "montagna da ambe le parti scoscesa, ed avente in mezzo una pro fonda valle , dalla quale vedeasi sorgere in forma di acuminato ed ertissimo scoglio una pietra, alla cui radice fuvvi una spaziosa caverna ombreggiata da ellera e da' fogliami di tasso ; e raccontasi, che in quella facesse suo soggiorno la regina Lam ia, donna di egregia bellezza 5 il cui volto per per la ferocia sua in appresso vuoisi che fosse trasformato in sembianze di bestia. della ferocia di lei raccon tasi questo, che mortile tutti i figliuoli, fu presa da inesplicabil dolore- ed invidiando alle altre donne la felicit, di cui essa era stata privata, ne faceva dalle loro braccia strappare i bambini, ed ammaz zare. Ond che anche a tempo nostro rimane presso

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i ragazzi la memoria di quella donna ; e il nome di lei mette in essi terrore (i). Aggiuntesi poi che avendo contratto Fuso di ubbriacarsi, avea data fa*, colta a ciascheduno di fare checch mai volesse, senza timore daverne processo : laonde non ponendo attenzione veruna a quanto nel paese facevasi, fu creduto eh essa non vedesse j e perci favoleggiavano alcuni che gittati avesse gli occhi m un cofano] cosi dalla negligenza sua, per labuso del vino, nelle cose del governo , prendendo occasione di simboleggiare nna specie di ideale cecit. Ohe poi in Africa fosse stata costei9 potrebbe citarsi in autorit Euripide, il quale dice : , Chi fia che il detestato dai mortali Infamissimo nome 9 e t empia stirpe D eir africana Lamia non conosca ? Del resto Offella postosi alla testa dellesercito con grande stento marciava per una strada priva dac que ed infestata da fiere $ e come il paese era priv non solo d acqua ? ma di ogni genere di alimento secco (a), fu in pericolo di vedersi perire tutto le sercito. Aggiungevasi, che i deserti, pei quali pas* sava vicino alle sirti 9 pieni erano d ogni specie
(1) Nulla pi comune presso gli antichi scrittori greci che la menzione di questa Lamia , che i nostri padri credenzoni avrebbero detta la regina delle streghe. (a.) Teofratto conferma il fatto parlando del loto di que* tooghi JT quest* albero , die* egli, ivi frequentissimo 9 e d i motto fru ito : del quale dicesi eke per pi giorni alimentasse il suo esercito O f fella mancando & ogni vetiuagUa , tn occasione che marciava verso _Cartagine*

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di feroci bestie, e innanzi a tutto di serpenti, alle morsicature della maggior parte dequali, essendo esse mortifere, niuno ajuto prestar potea larte demedici, o Ja cura degli amici. E massimamente alcuni ser penti essendo del colore della te rra , ci faceva che non si conoscessero, n per conseguenza si evitas sero : onde venendo casualmente calcati da chi non li distingueva, questi. ne restava miseramente morso. In fine dopo un cammino travagliatissimo d oltre due mesi a gran pena giunsero all accampamento di gatocle, e presero luogo a poca distanza dal me-, desimo. I Cartaginesi avuta notizia del loro arrivo, n ebbero gran paura, vedendo tanta forza contro di loro. Dal canto suo gatocle ito ad incontrare Of* fella , benignamente somministratogli il bisogno, 1 anim a confortare il suo esercito dai passati travagli*. In d i, fatti passare alcuni giorni, avendo ben osser vato quanto ne9vicini .accampamenti succedeva, e come la maggior parte de9soldati era sprsa per la campagna a procacciare pascolo e vettovaglia, ed Of fella starsi senza sospetti, radunati in concione i suoi, querel quel re dicendo che venuto come alleato suo ora gli tramava insidie ; e con ci esa cerbata avendo contro il medesimo la moltitudine, immantinente mosse F esercito addosso ai Cirenei. Colpito da si inaspettato assalto Offella cerc di difendersi ; ma oppresso dalla rapidit dell assalto , non bastando gli avanzi della sua gente a resistere, combattendo perdette la vita. gatocle obblig la ri manente turba a metter gi le armi : indi con larghe

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promesse confortatine gli animi, li ebbe per s. Cos Offella fin nell* atto che volgeva in mente grandi acquisti , stato troppo facile a credere.
C apito lo

X.

Bomilcare tenta di fa rsi signore in Cartagine nel tempo che Agatocle opprimeva Offella; ma rimane oppresso. Agatocle manda a Siracusa le spoglie ne miche , e i Cirenei non atti alle armi. Cose d /talia. Intanto Bomilcare in Cartagine da un pezzo inteso al come giungere ad occuparne il principato , cer cava occasione a ci propizia. Veramente pi volte seglie n era presentata alcuna} ma qualche piccolo accidente l avea sempre arrestato. Sogliono coloro ^ che grandi ed ampie imprese tramano, essere pieni di agitazioni e di rimorsi : ond che inchinano pi al temporeggiare che alloperare,pi al differire che all eseguire} e cos fu di costui. Per quando cre dette giunto il tempo opportuno alle sue mire, quellr che aveva intorno a s cittadini' p i . distinti mand alla impresa contro i Numidi, onde non avere conirario alcuno de nobili: ma poi preso da paura non ardiva comunicare a nissuno il suo disegno. Nel tempo poi in cui Agatocle oppresse Offella j accadde che costui invase in Cartagine H principato j sicch nissuno di questi due ebbe notizia di quello che presso i nemici succedeva: Imperciocch n Agatocle

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avea cognizione veruna del colpo tentato da Bomilc are, e del tumulto eccitatosi nella citt , il quale data gli airebbe facile occasione di soggiogarla , poich Bomilcare sorpreso nel suo attentato avrebbe piuttosto favorito lu i, che esporsi al certo supplizio soprastantegli} n i Cartaginesi ebbero notizia del l'assalto da gatocle dato ad Offella ; ch sapendolo, uniti alle truppe di Cirene facilmente lo avrebbero conquiso, lo penso per che non fosse tale ignoranza di cose nell uno e negli altri senza giusta cagione , quantunque si trattasse di affari pieni di grandi dif ficolt , e quantunque fossero assai vicini tra loro quelli che gFintraprendevano. gatocle infatti, mentre pensava di levar di mezzo Puomo che gli era amico, non dovea curar di sapere cosa presso i nemici ac cadesse } e Bomilcare , intento a togliere alla sua patria la libert, ben altro avea allora a cuore che cercare cosa i nemici facessero neloro accampamenti: ch non coi nemici, ma co suoi avea in quel tempo da misurarsi. Ora cos stando le cose , qui forse al-* cuno riprender la storia, veggendo molte imprese , e d indole diversa, farsi in un medesimo tempo ; e gli scrittori intanto costretti ad interromperne la nar razione , e contro natura dalla necessit condotti a dividere fatti contemporanei. Cos che la verit dei fatti produce, vero, il suo senso ; ma la descri zione d essi, che non pu tan to , comunque imiti le cose, costretta a venire assai dopo P eccitamento di quel senso. Adunque Bomilcare fatta deva di soldati nella citt

detta nuova, che non per lontana dall antica Cartagine , gli altri allora licenzi. Ed implorata la assistenza di cinquecento cittadini messi a parte dei suoi disegni, e di quattro mila stipendiati, si di chiar principe ; e divisa in cinque corpi codesta sua gente invase la citt , trucidando quanti incontrava. Incredibile il fuggire, e il tremare di tutti. 1 Car taginesi da principio sospettarono che fosse entrato in citt il nemico per tradimento : ma quando la cosa fu saputa qual1era, la giovent accorse pronta, e messasi in buon ordine, and contra al tiranno. Costui immolando nelle piazze tutti quelli che incon trava , corse al fo ro , ed ivi pur fece macella di quanti trov disarmati. Ma avendo i Cartaginesi oc cupate le alte case al foro prossime, ed ivi lavorando di saette e di dard i, i congiurati, essendo il luogo troppo esposto, venivano bersagliati: laonde di quella maniera mal accolti, strettisi insieme, e prendendo le vie pi anguste scapparono alla citt nuova, sem pre ben tempestati dalle case, presso le quali pas savano , con nembi di frecce, di sassi, o di checch altro. Avendo poi in fine occupata un9altura, postasi gi tutta la citt in armi, i Cartaginesi andarono ad accamparsi innanzi a loro ; e mandata una deputa zione de pi savii ed accreditati seniori con dichia razione di perdono, tutta quella turba si sciolse pacificamente. I troppo gravi pericoli soprastanti alla citt inclinarono gli animi a porre in dimenticanza il fallo di tutta quella gente ; ma non gi quello di' Bomilcare, il quale, non ostante che gli si fosse

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copie agli altri data sicurt g iu n ta , messo ignominiosamente ai pi crudeli tormenti fu in fine tolto di vita (i). In tal m od ai Cartaginesi, mossi in estre mo pericolo dello stato lo ro , ricuperarono P antece dente forma della patria libert. gatocle intanto emp delle spoglie nemiche al quante navi da trasporto , e messivi: sopra i meno atti alle archi fra i Cirenei, le mand a Siracusa. Ma d esse navi per tempesta insorta una parte s1af fond , un altra fu gittata presso le isole Pitecusie dItalia ; e poche giunsero a Siracusa salve. In Italia i consoli romani, accorsi in ajuto deMarsi , a cui i Sanniti facevano guerra, vinti questi in battaglia ne fecero gran macello. Indi passando pel territorio degli Umbri invasero lEtruria, che ardeva di spiriti ostili ; ed. espugnarono un castello detto Capria. Avendo poi gli abitanti del paese mandati ambasciadori per trattare di tregua, i Romani ne stabilirono una di quarant anni coi Tarquiniesi, e cogli altri Tirreni di un anno solo.
(t) Pel qual delitto, dice di lai Giustino, in mezzo al foro venne crocifisso, affinch quel medesimo luogo che dianzi era stato per lui un trionfo d* onore, fosse allora un monumento d i sup plizio.

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C a p i t o l

XI.

Spedizione di Demetrio ad Atene > eli1egli mette in libert. Onori dagli Ateniesi decretati a lui e ad Antigono. A ltra spedizione di Demetrio a Cipro, ove assedia Salamina. Sua vittoria navale contro Tolommeo. Per essa Antigono assume il titolo di re y e lo conferisce a Demetrio. G li altri principi lo imitano. Finito T anno in Atene f creato arconte Anassicrate, e ppio Claudio e Lucio Volunnio furono in Roma fatti consoli. In quel tempo Demetrio, figliuolo di Autigono , avute dal padre grosse forze terrestri e navali, e provvigione d1armi e di macchine da as sedio assai cospicua, part da Efeso. Eragli ingiunto di ristabilire in libert tutte le citt della Grecia , per prima A tene, in cui Cassandro continuava a mantenere prsidio. Demetrio adunque approd col* Pesercito al Pireo ; e a prima giunta, pubblicato un proclama conforme alle accennate intenzioni, inco minci le operazioni militari. Ma Dionigi, coman dante della guarnigione della rocca, e Demetrio Falereo da Cassandro posto curatore della c itt, colla molta soldatesca che aveano , respinsero il nemico dalle mura. Per alquanti soldati di Antigono avendo violentemente fatta forza , dal lido le valicarono, e diedero mezzo ai loro compagni d armi d entrarvi anch essi ; e di questa maniera il Pireo fu preso, Dionigi, che comandava la guarnigione, rifuggissi

allora nella Munichia; e Demetrio Falereo in citt. Il giorno and dopo questi con altri deputati del popola al figliuolo di Antigono, il quale ragionato avendo della libera giurisdizione spettante alla citta, e della incolumit sua personale , ottenne eh egli insieme colla sua comitiva se nandasse (1)5 e dappoich ve deva non potersi pi ritenere Atene com erasi te nuta sino allora, fugg a Tebe 5 indi poi a Tolom meo in Egitto. Cos dopo aver governata per dieci anni la citt nel modo che per noi si gi esposto, k fu cacciato dalla patria ; e il popolo Ateniese ad onore di chi gli restituiva la libert fece poi ampio decreto. Intanto Demetrio , figliuolo di Antigono ? con baliste ed altre macchine appressate alla rocca la combatteva per terra e per mare 3 e mentre gli assediati assai valorosamente difendevansi dalle mura, in grazia della difficolt ed altezza del luogo rima nevano superiori, poich la Munichia assai forte, non tanto per la situazione sua, quanto per la strut tura delle sue mura. Prevaleva non pertanto De metrio e pel numero de soldati, e per l apparato; delle macchine. Durando l assalto da due giorni, siccome que del presidio, feriti dalle baliste e ca tapulte, non aveano chi loro supplisse, soccombeva no: intanto che la gente di Demetrio si dava la mu ti) Avea infatti bisogno di buona comitiva che il salvasse dalla fria del popolo* Perciocch gli Ateniesi che aveano a lui solo al iate tante statue, quante forse non aveano alzate a cento insieme de1 loro p ii illustri uomini e le statue di lui immantinente rove sciarono , e mille querele gli fecero.

ta , e scambiava le fatiche e i pericoli. Ond che dai colpi delle baliste rovesciato il muro, poterono entrar nella rocca ; ed obbligata la guarnigione a depcrre le arm i, presero vivo il comandante.' Mandata cosi in breve termine al suo fine V im presa , Demetrio demol la Munichia, e restitu al popolo 1 antica libert, e con esso stipul un trat tato d amicizia e di alleanza: laonde per comune de creto scritto da Stratocle (i) il popolo ordin che s ergessero presso rmodio ed ristogitone assise sopra un carro le statile di Antigono e di Demetrio, e queste fossero doro; e alluno .e allaltro si desse una corona di dugento talenti, e che laltare ad essi consacrato si chiamasse 1 altare de Salvadori ; ed in oltre che alle dieci trib altre due si aggiungessero, lAnligonide e la Demetriana ; ed in fine che ogni anno si celebrassero giuochi, solennit e sacrifizio; ed ambedue que principi fossero ornati col peplo di < Minerva. Cos quel popolo, fino dalla guerra lamiaca spogliato del poter su o , dopo venticinque anni riac quist l antico stato di repubblica. Era pure soggetta a guarnigione forestiera la citt di Megara; e Demetrio and a cacciare anche quel la (2), e al popolo restitu la libert : onde n ebbe dagli abitanti grandi onori, e presenti.
(1) Il V esselitigio va in collera eoo questo Stratocle e cogli Ate niesi per 1 esagerazione data al sentimento loro di gratitudine verso * Demetrio ed A n c o n a . Gli Ateniesi misero esagerazione in ogni loro cosa ; ed naturale , che molto pi si abbandonassero alla esage* razione a quell1 epoca / in cui la loro potenza era svanita. (2) Filieoto racconta che 1 impresa di Megara precedette la resa

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7.3 Antigono p o i, essendo andata un ambasceria de gli Ateniesi a presentargli il decreto onorifico , che abbiam detto, udito che quel popolo avea /bisogno di frumento e di legname per fabbricar navi, gli don cento cinquanta mila medinni di grano, e tutto il materiale necessario per fabbricare cento navi. Quindi tolto via il presidio da Imbro restitu agl1indigeni la citt ; e scritte lettere a Demetrio , gli ordin^ che stabilisse un1assemblea composta di deputati delle citt confederate , la quale avesse a trattare le cose di comune utilit della Grecia; e eh1egli trasportando le truppe in Cipro dovesse sollecitamente far la guerra ai capitani di Tolommeo. Fu Demcfio ubbidiente esecutore degli ordini del padre, e senza indgio pass in Caria; e nel frattempo invit i Rodii a far guerra a Tolommeo. Ma essi a ci rifiutaronsi , pre ferendo di stare in pace egualmente con tutti. E questo fu il principio della inimicizia che nacque tra quel popolo ed Antigono. Sbarcato adunque Demetrio in Cilicia ed ivi avute truppe e navi, pass a Cipro, avendo seco dieci mila e seicento fanti, quattrocento cavalli, cento e dieci triremi sottili, e cinquantatr di pi gravi, ma atte alle fazioni militari ; e zatteroni inoltre d ogni ge nere, quanti a tanta moltitudine di fanti e di cavalli occorrevano. 11 primo alloggiamento suo fu col sul
della Municcha. Egli h probabile, che Demetrio mandasse alcune sue truppe col mentr* egli assisteva all assedio della rocca d* Atene. Siffatte diversit sono interamente indifferenti nel complesso delle grandi cose che la slori? abbraccia.

73 lido di Carpasia , ove tratte a terra le navi, si forti fic con vallo, e fossa profonda. Poi voltosi ad espu gnare le vicine citt , prese a forza Urania e Car pasia ; e lasciata buona custodia alle navi, and colT esercito a Salamina. Era in quella citt Menelao , governatore generale dell1isola, messovi da Tolom meo ) ed aveva chiamati a s i soldati eh erano di presidio ne varii castelli. Costui, mentre' i nemici non rano distanti pi di quaranta stadii, usc in cam pagna con dodici mila fanti e ottocento cavalli. Ma appena s impegn il combattimento , incalzato dai nem ici, colla sua gente volt la schiena ; e Demetrio avendolo inseguito sino nella citt, non meno di tre mila uomini fece prigionieri, e ne uccise da mille. I prigionieri, assolti dai loro delitti, distribu egli ne1 suoi corpi ! ma perch lasciate avevano in Egitto le loro bagaglie presso Tolommeo, costoro diserta vano a Menelao: ond che vedutili perseverare con tumaci in quella id ea, Demetrio, poich li ebbe ancora nelle mani, li fece imbarcare, e mandolli ad Antigono. Era allora Antigono nella Siria superiore, dove fabbricava sul fiume Oronte una citt chiamata dal suo nome Antigonia ( i) , facendovi intorno magni

ti) Qnesta citt, se credesi a Maiala , era situata tra un fiume dai Strabane detto Archeu, ed un lago , da cui quel fiume usciva} e Libaio la suppone quaranta stadii distante da Auochia. Antigono vi avea chiamati ad abitarla molti Ateniesi. Del regio il yesselingio promove dubbii assai fondati sul punto, che Seleuco trasportasse a eleucia gli abitanti di Antigonia. Egli pretende ? che se Diodoro

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fiche spese , poich essa avea un circuito di settanta stadii : essendo la situazione sua opportunissima per assaltare la Babilonide , e le provincie superiori, ed anche la Satrapia inferiore e le prefetture fino llEgitto.* Ma questa citt non sussistette gran tempo; poich Seleuco la distrusse , e ne trasport gli abi tanti in altra edificata da lu i, e dal suo nome chia mata Seleucia. Ma queste cose individueremo dili gentemente quando saremo giunti ai tem pi, in cui accaddero. Del rimanente Menelao sbaragliato in battaglia, fece portare sulle mura della citt le macchine, e ogni altra cosa all9uso d esse occorrente; e disposti nelle varie fortificazioni i suoi soldati , si accinse a far fronte a Demetrio, chegli vedeva mirare gi ad assaltarlo. Mand pure a Tolommeo , notificandogli la rotta sofferta, e domandando ajuto, giacch le cse di Cipro erano in grave pericolo. Demetrio intanto vedendo che Salamina era citt da non disprezzare, e molto ben munita pet ogni verso e presidiata , pens di costruire macchine di singolare grandezza, e catapulte e baliste d ogni so rta, e quanto mai potesse incutere timore ai di fensori. A tale effetto chiam dall Asia artefici con ferramenta,e legnami in abbondanza,e con tuttaltro materiale che fosse necessario ; e con somma pre stezza preparate tutte queste cose costru una mactoon ha sbagliato, il suo testo sia stato corrotto j e vorrebbe leg gere Antiochia invece di Seleucia*

china detta Elepoli (i) , cos chiamata perch fatta per espugnare le citt , in ciascheduno decui lati veniva ad essere di qnattrocento cinque cubiti, ed alta novanta , divisa in nove solai, e che movevasi con quattro ben salde ruote , alte otto cubiti. Fece pure arieti Smisurati, e due testuggini atte a portare quegli arieti. Ner solai inferiori della Elepoli mise arie petriere, le maggiori delle quali erano della' portata di tre talenti : ne1solai di mezzo stavano le catapulte massime , che doveano lanciare i dardi ; e negli alti mise le catapulte pi piccole, e gran quan tit di petriere , e pi di dugento uomini intelligenti nel maneggio di queste cose. Avendo pertanto fatto appressare alla citt codeste macchine , tempestan dola continuamente, dove pei colpi delle baliste i merli rompe, dove collimpeto degli arieti conquassa le muraglie. Ma gli assediati coraggiosamente resiste vano , anch essi macchine a macchine opponendo j cos che per alquanti giorni incerto era 1 esito delle cose ; e ne9travagli e nelle ferite le parti erano pari. Finalmente stando la muraglia per rovesciarsi, ed imminente essendo il pericolo che la ci$t fosse presa, la battaglia, che presso il muro facevasi, sul far della notte cess. Allora Menelao chiaramente
f i ) Di questa macchina, a cui manifestamente vedesi dato per eccellenta un nome affatto genetico, hanno copiosamente parlato molti Eruditi di primo nome. E sarebbe certamente meraviglia se non ne avessero parlato. Non meraviglia per, se da tanta massa di loro dottrina non siamo avanzati in alcuna utile cognizione. Cosi per lo pi saccede nelle cose degli Eruditi.

prevedendo, che se non ricorrevasi a qualche nuovo ripiego , la citt sarebbe stata presa, immagin di radunare ivi una grande quantit di materia arida, e sulla inezza notte gittarla sulle macchine de1 ne mici ? e poi dall alto delle mura con quante fiaccole si avessero attaccarvi fuoco. E cos fu fatto ; e le macchine principali vennero incendiate. Alzatesi im provvisamente pel vento che soffiava le vampe , i soldati di Demetrio cercavano in ogni maniera di ri parare al danno \ ma piti spedito essendo nel suo operare il fuoco, le macchine abbruciavansi , e in sieme con esse perivano parecchi di quelli, che erano nelle medesime. Per Demetrio non per questo de sistette dalla impresa, malgrado quel rovescio; ed incalzando gli assalti per terra e per m are, collo perseverare sperava di debellare i nemici. Tolommeo intanto udita la gi sofferta strage dei su oi, con grosso esercito e molta forza navale part dalF Egitto ; e recatosi a P afo, citt di Cipro , prese varie navi dalle diverse citt, e and ad approdare a Cizio, distante da Salamina dugento stadii. La sua armata era composta di cento quaranta navi lunghe, le maggiori delle quali erano a cinque ordini di remi, e le minori a quattro. Dietro a queste venivano pi di dugento pontoni militari, portanti non meno di dieci mila fanti. Spediti quindi alcuni per terra a Menelao, gli mand a dire , che se fosse possibile f gl inviasse subito da Salamina le navi che avea, ed erano sessanta di numero ; sperando egli che se di queste aumentasse la sua annata ? in una battaglia

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JB ied. TiVHTai\UT,

7* 7

c/t yefe se m e d etti?

N omi corrispondnti alle lettere majuscfo espresse nella tavola di contro.


A Gaggia (corhis) da cui trasse origine la voce corbita : grossa nave mercantile. BB Le due estremit delle antenne (cornua antennarum ). CC A lterine, Ksp.<. DDD lbero , U E Calcese , estremit superiore dell* albero per cni ti trapas* savano le corde , K.etp%v<rtr. F Collo o sia parte media di esso albero , Tp*%n\or. G Estremit inferiore o sia piede dU* albero. HHffff Corde di soccorso (funes opiferi). / / Scala di corda. K Sarte ( rudenles). Plauto distingue con questo nome i ca napi coi quali solevansi assicurare le navi giunte a terra detti comunemente dai latini ora, e dai greci jrfvpnr* L Iosegna della nave ( dirimpetto alla prora ) rappresentante qualche animale od altra cosa in rilievo, che dava il nome ad essa nave, Arma del re (dalla parte del mare ) del principe o della repubblica sotto il cui patrocU n io , o per eui ordine la nave veleggiava M Poppa. NN T orri. 0 P rora. P. Occhio della nave, presso il quale apponevasi una cartella^ contenente il nome di essa, Q. S p ro n e della nave. RR R o stri : travi armati di ferro o d i. bronao con cni urta-* vansi le navi nemiche. 555 E potid i : legni sporgenti in fao ri, a guisa di due pic cole orecchie , da ambe le parti della prora onde fortificarla* contro i rostri de* nemici, e renderla anche pi frma al* 1 u rto . * T Cassero con ala e spalliera ( rejectum) Notisi che anticamente solo da poppa e da prora coprivansi le navi. VVV Remi. X X X X C arena, o sia il ventre della nave, rfxt f y L uogo dove si poneva il paliscalmo (piccola nave inventata F en ici ) cyma , Z M anubrio del timone.

E T Timone ( guberuaculum

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data con dugento navi avrebbe ottenuta vittoria. Ma Demetrio, penetrato il disegno di lu i, lasci una parte del suo esercito all assedio , e tutte le sue navi riempi de pi valorosi che avesse} e sulle prore delle medesime colloc petriere, e catapulte, e dardi e sassi ed ogni materia da lanciare, quanta potesse occorrere ; e di tal modo la sua flotta allestita al combattimento, navig intorno alla citt ; e gittate le ancore alla bocca del porto poco pi che a un tiro di freccia, pernott, iv i, tanto per impedire che le navi della citt andassero ad unirsi colle altre, quanto per aspettare l1arrivo del nemico , gi essendo pre parato alla battaglia. Tolommeo infatti recavasi a Sa lamina ; e perch avea seco, le navi da trasporto 7 che chiamano iperetich, la sua armata veduta da lungi pareva immensa. Demetrio veduto V arrivo del nemico , ordin ad Antistene, ammiraglio, di badare , che le navi della citt non potessero venir fuori a combattere 5 e a tal effetto gli lasci dieci quinqueremi ; poich T uscita del porto essendo angusta, quelle dieci quinqueremi bastavano. Intanto poi ordin alla cavalleria di star pronta sul lido onde dar soccorso a chi per avven tura nuotasse, ove accadesse alcun sinistro. Egli intanto schier in ordine le navi dell1armata, le quali erano non. pi di cento o tto , con quelle che nelle dar sene de castelli ivi presi avea trovato arm ate; e le maggiori erano eptere , ma pentere le pi. Cos poi era tutta la flotta distribuita. Formavano il sinistro corno, sette eptere de Fenicii, e trenta quadriremi degli A te-

niesi sotto il comando di Medio. Dietro queste eranvi dieci essere , ed altrettante pentere, per la conside razione di ben fortificare il posto in cui Demetrio stesso combatterebbe. Nel corpo di battaglia furono messe le navi pi piccole , comandate da Tecuisone samio, e da Marsia (i) scrittore delle cose macedoniche. Tenevano il corno destro Egesippo d Alicarnasso , e Pleistio Coo , governatore di tutta la flotta. Tolommeo da principio, fattasi n otte, navigava con prospero vento verso Salamina, intento a pre venire, comegli sperava, il nemico nell ingresso del porto. Ma fatto giorno veduta P armata di Demetrio non lungi di l, e posta in ordine di battaglia, anche egli si accinse al combattimento navale. Ordina egli adunque agli pontoni, che il seguano da lontano , e messe in bell ordine tutte le altre navi si pone egli nel sinistro corno, ov erano le navi pi grosse. Gos disposte le cose , dall una parte e dall altra, secondo il costume il Celeusti (a) intuonarono la
(i) Giova notare che due furono i M arsia, scrittori delle cose macedoniche, uno d Pella , figlio d Periandro , l*altro di Filippi figlio di Cristoforo. Cercasi quale dei due sia l indicato in questo lupgo da Diodoro. Secondo Svida il primo era stato educato eoa Alessandro, ed era fratello di Antigono che poi regn. Del secondo iSvida non acceuna 1 et. Il primo adunque pare dovere dirsi quello * che ebbe parte in questa memorabile battaglia. Don si comprenda come il Vossio abbia potuto dire .che fosse il secondo , ch'egli chiama funtore. ( i ) Codesti Celeusti, detti anche Pertiscoli, aveano un certo ca rattere religioso , appunto per la natura del loro officio. Noi li di remmo i cappellani dell armata. curiosa -cosa che Io ScAligero ,

prece agli Dei , e la moltitudine venne loro dietro colla voce. Erano intanto in grande apprensione i principi a dovere arrischiare vita e fortuna. Demetrio, ch era lontano tre stadii dal nemico , d il segnale della battaglia, alzando com era concertato, il suo scudo doro a varie riprese, onde tutti il vedessero. E co me l istessa cosa pur fece Tolommeo, immantinente si vide occupato lo spazio, pel quale entrambe le flotte dianzi erano separate. Suonarono dunque le trombe : da una parte e dall altra alzssi un grido, e le navi corsero con terribile furia all attacco. Da prima si fece uso degli archi e delle baliste gittanti pietre ; poi pi da vicino dei dardi, e parecchi dei pi esposti ai colpi rimasero feriti. Indi, le navi con grande impeto correndo ad u rtarsi, quelli eh erano sul labbro delle medesime presentarono basse le aste, e i remiganti, eccitati dai Celeusti, con maggior violenza dieder de remi. E gi da s gran forza erano le navi spinte le une contro le altre, che una parte di esse vennero a spezzarsi reciprocamente i rem i, onde rendersi incapaci alla fuga, ed inabili all inse guimento; e se i combattenti durassero a gagliardamente difendersi, l impeto loro nella zuffa s tempe rasse; ed una parte a colpi di rostri nella prora fra cassandoti , erano poi obbligati a ripetere l assalto
e lo Scheffero hanno a lungo parlati de' Celeusti e delle loro fun iio n i, senza dire pi di quello che noi qui accenniamo. Ed & il VeuctinpQ che fa questa osservasene ! !

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rivolgendosi colle poppe. Posti pertanto i combattenti vicinissimi ferivansi con vigoroso scambio di colpi. Alcuni de trierarchi ferivano di sbiescio ; ed attac candosi rostri a ro stri, gli uni saltavano sulle navi degli altri 3 ed era la strage reciproca. Alcuni altri afferrati i fianchi delle navi, andando in fallo il loro tentativo di passarvi sopra ^ precipitavano in m are, e dalle aste de7soprastanti venivano uccisi. Altri avendo potuto salire, chi i nemici trucidava, chi stretti alla persona li gittava in mare. E in ogni an golo vedevasi una zuffa , un combattimento, una bat taglia a parte 5 e fu frequente il caso , che i vinti restarono vincitori perch in alte navi ^ e i vincitori restarono vinti perch in navi basse ? o per alcun altra disparit di condizione ? qual suole darsi in questa sorte di pericoli. Gh ne combattimenti di terra il va lore manifestamente apparisce y e se niun accidente casuase l intromette ? esso ha il naturale suo effetto: ma ne combattimenti navali moltissime cagioni con corrono , e in cento modi divrsi , a fare che chi pel suo valore dovrebbe averle vittoria 9 impensata mente soccomba. Fra tutti gli altri valorosamente combatteva Demetrio stando sulla poppa della sua eptra : e come i ne mici se gli erano conglobati intorno ? egli or da lon tano li uccideva coi d ard i, or da vicino coll4 asta. ' Ei medesimo invero veniva bersagliato in varie ma niere ma si salvava dai colpi ? ora declinandoli, ora ricevendoli innocuamente sull armatura che il copriva. Avea tre combattenti a fianchi, uno de quali cadde

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trapassalo da un colpo di lancia, e gli altri due fu rono feriti gravemente : ma infine quelli che sta vaigli contro , essendo stati respinti 5 pot Demetrio met tere in fuga il destro corno nemico , che trasse in fuga subitamente anche i vicini. Dal canto suo Tolommeo , che avea seco e le navi maggiori* e i combattenti pi robusti, con poca fa* tica sbaragli e mise in fuga quelli che gli stavano contro : alcunfe navi affondando , altre prendendo in* sieme co soldati. gi pieno di questa vittoria spe rava di facilmente superare anche le a ltre, quando vide rotto il sinistro corno, e tutte le vicine navi volle in fuga ? e Demetrio gagliardamente farglisi contro j ond che retrocedette a Cizio. cos ri mase vincitore Demetrio , il quale consegnate le navi militari a Neone e a Bulico ? ordin loro d inseguire il nemico , e di raccogliere i nuotanti nel .mare : ad dobbando intanto le navi sue a,trionfo, e le prese al nemico facendo rimurchiare : indi ritornssi agli Steccati ? e al porto ? ond era venuto. Ma intanto che seguiva juella battaglia navale, M enelao, che comandava in Salamina , le sessanta navi ben provvedute d uomini e d armi mand in ajuto a Tolommeo sotto la condotta di Menoesio navarco (i). Ebbe costui a combattere colle navi da
( i ) Polieno dice, che Menelao stesso usc colle sessanta navi per unirsi a Tolommeo , suo fratello, e che con esso lui fugg. Ma vieu disdetto. Plutarco riferisce che -Demetrio dopo la vittoria ri portata sopra Tolommeo voltssi a Salamina , ed obblig Menelao a rendergli citt e navi.

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Demetrio lasciate alla bocca del porto in istazione 5 e gli riusc, iti fuggendo quelli che glie la contrasta vano , di farsi Jibera strada ad unirsi alle truppe ter restri che assediavano la citt. Ma Menoezio, che pur s era spinto in alto mare , essendo giunto pi tardi di quello che comportasse il bisogno , di di volta y e ritorn a Salamina. Andata l battaglia , siccome si narrato , vennero in potere de1 vincitori cento e pi pontoni, ne quali erano tremila e seicento soldati incirca. Quaranta navi lunghe furono presele circa ottanta furono fra cassate ; le quali poi piene d acqua i vincitori stra scinarono al loro campo presso la citt. Delle navi di Demetrio venti restarono guaste 5 ma ristaurate di poi servirono ancora a varii usi. Tolommeo, veggendo per tal modo disperate le cose di C ipro, veleggi verso Egitto 5 e Demetrio tratte a divozione sua tutte le citt dell isola, i presidii che v 1erano prima, aggiunse all esercito suo : consistevano questi in undici mila e seicento fanti, e all incirca in seicento cavalli. Della ottenuta vit toria mandato avviso (1) per mezzo di una delle mag giori sue navi al genitore * Antigono , insuperbito di tanto felice avvenimento, si mise sulla testa il diadem a, si attribu il titola di re 5 e lo stesso tito la, e l onore stesso concedette a Demetrio. La stessa cosa pur fece Tolommeo , niente sull alto suo anima influendo la rotta toccata ;e cinse diadema anchegli,
(1) L'apportatore della nuova fu. Aristodemo milesio , che dicevi gran cortigiano di Demetrio, e di Amigona^

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e in tutte le sue lettere s intitol re (i). Aircsempio di questi due anche' .gli altri principi, Seleuco che si ra fatto signore delle provincie superiori ? e Lisimaco , e Cassandro, che ritenevano i paesi da principio dati loro in governo, si proclamarono re egual* mente. Delle quali cose avendo noi detto ornai ab bastanza , or diremo a parte quanto accadde in Africa ed in Sicilia, C a p i t o l o XII. gatocle assume ancK egli il titolo di re; e fa Firn* presa di Ulica. Terribile sventura degli abitanti di quella citt. Altre conquiste di gatocle. Genera zioni di popoli allora noti in Africa. gatocle la scia ivi l* esercito, e va in Sicilia gatocle avendo inteso che i principi, de quali abbiamo ragionato, aveano preso il diadema, consi derando di non essere da meno d essi n per forze m ilitari, n per ampiezza di te rre, n per imprese fatte , chiamossi re anch1egli ; ma per non prese il diadema (a) ; imperciocch dal tempo, in cui af

fi) Egli impegn astutamente lesercito a servire alla propria am bizione ; e fu l esercito, che lo salut re al suo ritorno > onde al lontanare da s la macchia d'essere stato vinto. Veggasi Appiano, e Plutarco. (a) Si fatta fino dalla met del secolo scorso quistione, se la storia sia comprovata dai monumenti, o i monumenti sieno com provati dalla storia. Il senso comune abbastanza avvisa ognuno, che qnesta una tesi mal piantata la verit portando che talora

fett la tirannide 3 egli a tenore del rito di non so qual sacerdozio, sempre portava la corona, che poi non depose contendendo del principato. V ha per chi ha detto che da principio egli si mise a portarla per la ragione che aveva pochi capelli. Intanto poi volendo fare qualche impresa dgna del magnifico nome assunto , condusse 1 esercito contro gli Uticesi eh1eransi ribellati ) ed avendo improvvisamente as sediata la loro citt, trecento di que cittadini, che trov nella campagna , e i quali non ebbero tempo di entrare in citt , fece prigionieri. Poi stretta pi da vicino Utica ? dichiar perdonare agli abitanti purch s arrendessero ; e come gli assediati non ac cettarono il partito j costru una macchina , a cui attacc que prigionieri 7 e la fece appressare alle mura. Grande piet per l infortunio di que miseri sentirono gli Uticesi j ma stimando pi del caso di quelli la li* berta comune, disposero soldati sulle mura ) e fu rono pronti a sostenere i travagli dell assedio. Allora gatocle all accennata macchina aggiunse e catasi verifica uno , e talora 1 altro dei due casi accennati. Se la sto** * ria dovesse -comprovarsi coi monumenti , nel presente caso riproverebbesi quanto qui si dice di gatocle , che non fece mai uso del diadema* E la ragione desumerebbesi da una vecchia medaglia, che vedesj presso il Paruta, nella quale egli rappresentato col diadema in testa. Ma quella medaglia , che d1 altronde il fa ben capelluto , quando da certe parti sappiamo eh4 egli era calvo , n V sincroua , n veritiera. cco dunque un caso In cui i monu menti , lungi dal comprovare essi la storia, debbono dalla storia essere comprovati. Farebbesi un grosso volume, se si volesse trat tare largomento in quistione, che noi intendiamo di 3vere soliani* indicato.

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pulte , e frombolieri, e saettieri * e da quella inco* minciando le operazioni, diede principio alT assalto, a tremenda prova ponendo gli animi degli abitanti. Perciocch quelli cbe stavano sulle mura, ben ebbero a ristarsi dal bersagliare i nem ici, vedendo cbe ai colpi loro erano fatti scopo i loro concittadini, al cuni de1quali erano della primaria nobilt. Ma come gli assedianti gagliardamente continuavano 1 assalto, gli Uticesi vidersi costretti a non aver pi riguardo a quelli eh erano sospesi alla macchina ; e quindi tocc loro la dura prova di una inevitabile necessit, posti in mezzo ad una strage impensata, e al ludi brio della fortuna : ch di tal maniera appostati loro contro que1cittadini caduti in mano de G reci, o doveano risparmiando ad essi la vita lasciare che la citt cadesse in mano del nemico , oppure volendo salvarla doveano trucidare senza misericordia colle loro stesse armi tanti loro concittadini sventuratis simi. cos accadde di fatto : imperciocch data man ad ogni sorta d armi per allontanare i nemici, parte degli attaccati alla macchina colle loro frecce ven nero a piagare , pafte ne trafissero, ed alcuni colle catapulte, cme con altrettanti chiodi, in qualunque parte deloro corpi colpiti, secondo che il caso voleva, infissero alla macchina a modo che que miserabili ebbero a un tratto a patire e lignominia latrocit dell orribile supplizio della croce. questo tocc ad alcuni per la mano degl istessi loro parenti ed amici y cos il caso* volendo, e la necessit, la quale non permetteva che le ragioni si udissero della piet umana.

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gatocle vedendo come gli oppidan affrontavano tanto pericolo , sordo ad gni umano affetto cinse tutta all intorno la c itt , e dove ne trov parte non abbastanza m unita, datovi un violento assalto j vi sbuc dentro impetuosamente; e allora, gli Uti* cesi corsero a rifuggirsi chi nelle case, e chi nei templi. Onde pieno d ira tutta la citt egli emp di strage, parte degli abitanti trucidando nella zuffa j parte facendo impiccare ; rendendo vana anche la speranza di quelli , che s' erano rifuggiti ne santua r i , e presso gli altari degli Dei. Quindi saccheggiata ogni cosa , e lasciato un presidio presso la citt , egli port il suo campo ad Ippoacra (i) citt dalla natura stessa munita con uu vicino lago ; la quale dopo vivissimi assalii, e dopo avere vinti gli indigeni anche in una battaglia navale, finalmente egli prese* In questo modo quelle citt sottomesse, la maggior parte de popoli abitanti sulla marina , e molti che tenevansi ne paesi interni, mise in suo dominio, ec cettuatine i Numidi, una parte de quali si fece sua amica , e laltra volle aspettare il fine delle sue im prese. Era a que1 tempi l frica divisa fra quattro gene razioni d uomini ; cio, in Peni che abitavano Carta gine ; in Libo-Peni, cos chiam ati, perch tenevano molte citt marittime , e si erano imparentati per via di matrimonii coi Cartaginesi 5 la parte maggiore
. (i) Questa h Jpponc , la quale ad gatocle dovette ampliazioue , fortezza singolare. Si farebbe u grosso volume delle dotte chiac* biere degli Eruditi sopra I* Ippoacra , di dui qui parla Diodoro,

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degli abitanti , ed antichissima, era quella che chiamavasi degli Africani, che guardavano con mortale odio i Cartaginesi a cagione dell1aspro loro governo 5 e gli ultimi erano i Numidi, che occupavano vastis simo tratto di paese fino ai deserti. AgatocJe per , quantunque per gli ajuti de9suoi alleati, e per la forza del suo esercito fosse supcriore ai Cartaginesi, essendo assai sollecito delle cose di Sicilia, costru varie navi aperte, e di cinquanta remi ; pose in esse due mila soldati ; e lasciato al figliuolo Arcagato il comando nella Libia, coll1armata si diresse verso la Sicilia. C apinolo XIII.

Sertodoco comandante degli Agrigentini rotto dai luogotenenti di Agatocle. Arrivo di questo in Si cilia ; e varie sue imprese contro le citt sicule. Diriocrate gli tien fronte con grosso esercito. Bell* spedizioni in Africa di Eumaco. Le Pitecusse. In mezzo a questi avvenimenti Senodoco, coman dante degli Agrigentini, dopo avere rimesse molte citt nel loro stato libera, ed infusa negli animi der Siculi grande speranza di potere tutta 1*isola ricu perare la facolt di vivere colle proprie leggi, rivolse le sue forze contro i luogotenenti di Agatocle, avendo pi di dieci mila uomini a piedi, e quasi mille a ca vallo. A lui essi opponevano ottomila e dugento dei prim i, e mille: e dugento de7secondi, che era il pi

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che avessero potuto levare in Siracusa e u1 castelli vicini Leptine e Demofilo. Vennero adunque a bat taglia fra loro questi due eserciti ; e Senodoco vinto and a rifuggirsi in Agrigento, perduti avendo da mille e cinquecento uomini. Da questa sconfitta per* cossi gli Agrigentini diffidarono ornai di tirare in nanzi la bellissima loro impresa, e di vedere realiz* zarsi la speranza di libert data da essi ai loro al leati. Era di fresco succeduta quella battaglia quando gatocle approd a Selinunte5 ed immantinente ob blig gli Eracleoti , che s erano messi in libert , a subire di nuovo il giogo : indi in altra parte dell 1sola passato, soggiog i Termiti, la cui citt avea pre sidio cartaginese3 e quel presidio rimand. Poi espu gnata Cefaledio, vi pose governatore Leptine. Quindi internatosi nel paese tent di entrare nascostamente di notte nella citt de Genturipini coll ajuto di al cuni abitanti d essa che tenevano le parti sue j ma scopertasi la tram a, col braccio del presidio che v era, fu cacciato ; e vi perdette pi di cinquecento nomini. Di l si port verso la citt degli Apollon ia tj, chiama lavi da alcuni degli abitanti , che dice* vansi dispsti a dargli in mano la loro patria': ma presi questi, e capitalmente puniti, pel primo giorno in cui si present per combatterla, non avvantaggi per nulla ; e il giorno dopo a stento s impadron dApollonia, ma con assai perdita della sua gente. Molti per degli Apoiloniati fece egli perite j e ne abbandon al saccheggiamento le sostanze.

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Mentr egli era occupato in queste imprese , Dino crate, capo de1 fuorusciti, messosi in testa di prose* girne il disegno degli Agrigentini, e fattosi campione della comune libert, da ogni parte ebbe gran con corso- di gente a secondarlo. Alcuni erano a ci tratti dall innato amore di libert ; altri dalla paura di gatocle; e per queste loro disposizioni volentieri mettevansi sotto la condotta di Dinocrate. Ora costui messo insieme quasi venti mila fanti , e mille e cin quecento cavalli i quali tutti erano gi avvezzi a tutte le miserie, e ai lunghissimi travagli dell1esilio, si pose in campagna ; e provoc gatocle a batta glia ; e come questi vedendosi inferiore di forze noni accett. di far giornata, Dinocrate si mise ad inse guirloj e standogli sempre ai fianchi, spesso riport r come si dice, la palma senza avere avuto l1incomodo della polvere. D a questo tempo le cose di gatocle incomincia rono a voltar m ale, non tanto in Sicilia , quanto in Africa. Arcagato , lasciato da lui comandante supre m o j dopo chr1egli ne p a rt, ebbe molti vantaggi da principio , avendo spinta una porzione delle truppe so tto la condotta di Eumaco nell1interno del paese. A veva questi espugnata Tocca (i), citt grandissima,
(f) Tocca t o Tacca fi citt di Numidia; ed altre ancora di questo nome furono in Africa. Noi non poniamo qui questa nota se non per dire ai nostri lettori ehe un grande erudito * Jacopo Jseo , ha cercata 1 etimologia di Tucca nella parola ebraica Tucciim , che egli crede significare Sciatte, portate la prima volta in Palestina al tempo di Salomone. Bisogoa per eh essi sappiano ancora, che il lotto Pesselingi trova incerta la dottrina dall* eruditissimo A sto ! I

e molti Numidi sottomessi nelle vicinanze della me desima : similmente prese dopo molti assalti la citt chiamata Fettina; e gli abitanti della circonvicina con trada , detti Asfodelodi, e dagli Etiopi nulla diversi pel colore, avea obbligati a riconoscere 1 imperio di gatocle. Una terza citt ancora ebbe in suo potere, assai grande, e chiamata Meschela, la quale antica mente fu abitata dai G reci, col andati da Troja 9 siccome noi raccontammo neMbro in. Poscia soggiog Ippoacra, del nome stesso di quella che avea espugnata gatocle ; e l1ultima fra queste fu Acri , citt che reggevasi da s , la quale diede in preda ai soldati, vendutine gli abitanti allincanto. E cosi onusto di bottino Eumaco ritorn ad Arca gato. Laonde acquistatosi grande rinomanza prese a fare un altra spedizione ne7 paesi dell Africa supe rio re, e trapassate le citt gi dianzi occupate, imprpvvisamente piomb sopra Miltine. Ma i Barbari concentratisi contro di lui ne viottoli interni, pre valsero , c contro ogni sua aspettativa con grande perdita de suoi ne fu cacciato. And quindi a riti rarsi sopra un alto m onte, che si estende per dugento stadii, e eh era pieno di gatti silvestri. Ivi n sugli alberi, n dentro le caverne fa nido alcun uc cello per l inimicizia che hanno con quella specie di bestie. Valicata quella montagna entr in un paese pieno di scimie ; mdi giunse a tre citt che chiaznansicon nome tradotto in greca lingua Pitecusse (i),
(i) Poche ed incerte cose ha potato accamolare il f^essclingio in u m o alle varie citt qui nominate ; in quanti a queste Pincuta*

le cui insti tu zioni per erano assai differenti da quelle degli umini di nostra nazione. Abitano insieme scimie ed uomini; e gli uomini tengono quelle scimie per sacre , coin per sacri si tengono dagli Egizii i cani ; e quelle bestie trovano in camere a ci desti nate preparati i cibi, e se ne prevalgono a lor pia cimento senza che alcuno le impedisca ; e a figliuoli i genitori mettono per lo pi i nomi tolti dalle- scimie, come noi i tolti dagli Dei; e chi uccide uno di quegli animali, vien ucciso come reo di sacrilegio. Perci presso alcuni cadde in proverbio ci che dicesi di chi viene impunemente ucciso : hai pagato il sangue della scimia. Eumaco prese a forza una di quelle citt, e la saccheggi; e le altre due indusse ad assoggettarvisi. Saputo poi che dai Barbari con finanti radunavansi contro lui numerose truppe, a marcie sforzate part di l , risoluto di ritornare verso" i luoghi marittimi.
dopo aver citato Sottace, Possidonio , e Strabone , per far vedere i vaneggiamenti degli Eruditi cita un passo dell* A seo , concernente queste Pilecusse* Il passo h questo : probbile , che queste tre non fossero veramente citt , ma luoghi abitati dalle scimie* N v' i
d a dubitare che non fossero pure caverne , poich dalle scimie citt vere n sogliono , n possono fabbricarsi. Dopo le quali parole il P'esselngio soggiunge : Che ne pensi , lettor mio ? Leggi H resto nella biblioteca bretnese, meravigliati.

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C apitolo

XIV.

I Cartaginsi in Africa mettono in campagna tre esercitij e sconfiggono Arcagato. gatocle che non pu soccorrerlo, sconfigge V armata cartaginese che bloccava Sira&usa; e Leptine sbaraglia Senodo co , obbligato poi a fuggire da Agrigento. Fino a questo tempo in Libia le cose andavano .tutte prosperamente ad Arcagato. Ma intanto presosi dal Senato di Cartagine miglior consiglio intorno al condurre la guerra, tre corpi di truppa si fecero uscire di citt; uno diretto alla marina,. uno aluoghi mediterranei , e il terzo a paesi superiori. Con ci speravano primieramente che sarebbesi liberata la citt tanto dall assedio, quanto dalla carestia d? vi veri. Perciocch essendosi da tutti i luoghi rifuggita in Cartagine una immensa turba di gente, s erano consumate le provvigioni 7 ch altramente sarebbero state per un certo tempo bastanti. N vera pericolo, che la citt si potesse espugnare , avendo essa il mare vicino , e saldissime le mura. Stimavano p o i, che i loro alleati sarebbonsi tenuti ferm i/se si aves sero in campagna parecchi eserciti, pronti a portar soccorso ove il bisogno richiedesse. E quello che valeva di p i , era che con ci avrebbero obbligati i nemici a dividere le loro forze, e a condurle lungi da Cartagine. Ed in fatti cos , come sagacemente pensavano , accadde. Mandati fuori di citt trenta mila soldati, e lasciativi i mercatanti ; non solo re

stava quanto era d uopo , ma rimaneva anche ab bondanza di cose j e gli alleati cbe jper paura dei nemici prima di questo tempo erano costretti a mettersi con loro , fatto al *presente . coraggio ac costar ousi di nuovo ad essi secondo 1 antecedente amicizia. Arcagato vedendo tutta 1 Africa occupata da eser citi nimici ; anch egli divise 1 esercito suo ; e parte ne spedi ai paesi marittimi , parte assegn ad Escrione, e V altra tenne per s , lasciato a Tuneto un presidio. Mentre s numerosi e potenti eserciti andavano qua e l movendo per la campagna, e soprastava gran mutamento di cose , tutti trepi danti stavano aspettando di vedere quali avvenimenti fossero per nascere. Incominci Annone, cbe avea il comando ne paesi mediterranei , il quale tese insidie ad Escrione, mentre questi non s aspettava nulla di ci ; e gli diede addosso, gli uccise quattro mila fanti, e dugento uomini a cavallo , e con questi quel co mandante medesimo. I rimanenti di quell7esercito in parte caddero vivi in mano de1 nem ici, e in parte salvaronsi andando a raggiungere Arcagato, cbe era di l lontano cinquecento stadii. Indi Imilcone messo al comando ne paesi superiori , primieramente si piant in una certa citt contro Eumaco , cbe con duceva un esercito troppo carico de1bottini fatti so* pra molti luoghi ; indi provocandolo i Greci a far giornata , lasci in quella citt buona guarnigione, con ordine che vedendo lui , che finto avrebbe di fuggire ; tosto essa desse addosso ai nemici che lo

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inseguirebbero. Il cbe disposto., colla met de1 suoi trattosi fuori , and ad assaltare i nemici presso ai loro accampamenti ; ed improvvisamente r come se fosse stato preso da terrore , si diede a fuggire. I soldati di Eumaco gotifii della vittoria , rotto ogni ordine di buona disciplina, si misero ad inseguire i fuggenti , confusamente correndo loro dietro. Ma quando furono presso la citt , ecco all improvviso uscirne in eccellente ordine grosso squadrone, cbe l1aria assorda con gran clamore ; ed essi come at toniti s1arrestano. E perch i Barbari li coglievano disordinatissimi, atterriti dalla novit del fatto i Greci voltarono tosto le spalle, dirigendosi ai loro accampamenti. Ma i nemici aveano loro precluso il ritorno ; onde furono obbligati a rifuggirsi in un7al tura disgraziatamente priva d acqua : per lo cbe circondati dai P en i, parte di sete , parte pel ferro denemici perirono, poich di tre mila seicento fanti trenta soli poterono salvarsi , e di ottocento uomini a cavallo, quaranta soli fuggirono. Arcagato colpito da s grande disastro retrocedette a Tuneto , e chiam a s da ogni parte tutti i sol* dati che rimanevangli, ed inoltre mand in Sicilia a dar nuova al padre dell avvenuto , e a domandare prontissimo soccorso. Ma oltre le disgrazie a Greci accadute nelle mentovate sconftto , altro danno sue-, cedette loro , e fu che tu tti, eccettuati ben pochi, gli alleati che aveano, voltarono ad essi le spalle ; e presso a quelli eziandio i nemici radunavano truppe, ed erano poi giunti ad accamparsi loro in faccia in

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minacciosissima positura. Imperciocch Imilcone da una parte vea prese certe strette , e i Greci, distanti di l cento stadii, impediva dallo scorrere la cam pagna; e/ dall1altra parte Adberbale erasi accampato a quaranta stadii da Tuneto ; cos che dominando \ Cartaginesi non solo il mare, ma eziandio la terra, vessavano i Greci tenendoli in penuria di viveri, e spargevano il terrore dappertutto. Stando adunque i Greci in tanto travaglio nellA* frica , gatocle, poich ne seppe le sconfitte patite, avea fatte preparare diciassette navi lunghe , colle quali soccorrere Arcagato ; ma andategli male in Sicilia le cose ove cresceva ognora pi il numero de7fuorusciti che aveano Dinocrate alla testa, lasci la guerra dellisola in cura di Leptine, e degli altri luogotenenti; ed egli, messe gi in tutto punto quelle navi, stava aspettando Poccasione di potere far vela, perciocch non avea libero il mare : ch contro lui stavano appostate trenta navi cartaginesi. Fortunatamnte in quel tempo gli giunsero d Etruria diciotto navi in ajuto , le quali, senza che i Cartaginesi se ne accorgessero , entrarono in porto ; ed egli prese questo contrattempo per deludere con militare astuzia i nemici Ordin egli adunque agli alleati di fermarsi alcun poco , fino a tanto che uscito egli abbia tratto i Peni ad inseguirlo. E di fatti usci subito colle di ciassette navi; e i Cartaginesi, eh erano presso in guardia, gli corsero dietro. Ma egli, veduti gli Etru* schi usciti anch essi, prestamente volt le p ro re, e fattosi contro ai: Barbavi attacc la battaglia : ond1?

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che i Cartaginesi e per la novit del fatto , e per vederci messi in mezzo da nemici, presero la fuga. I Greci guadagnarono cinque navi con tutti gli uo mini che v erano sopra ; e il comandante supremo de' Cartaginesi, veduta la sua nave in procinto di cadere in mano de'nimici, piuttosto che la schiavit 7 scelse la morte ; e s1ammazz da s medesimo. Non fu per altro in ci prudente ; dappoich la nave > secondata dal vento, alzato il trinchetto, si salv. Cos gatocle che niuna speranza avea prima di vincere i Cartaginesi per mare , fuori dell' aspettativa di tutti li vinse , rimase padrone del mare 7 e diede ai mercatanti sicuro passaggio. D onde nacque, che i Siracusani, dianzi afflitti da grande carestia, eb bero improvvisamente abbondanza di tutte cose per la folla degli speculatori che accorsero a portar loro ogni genere di vettuaglia. Animato gatocle da questo buon successo , mand Leptine a saccheggiare le campagne de7nemici , e spezialmente quelle degli Agrigentini, massime che allora Senodoco soffriva in Agrigento molte contraddizioni, e s erano alzate a danno della sua riputazione dicerie e fazioni, tol tone r incontro della rotta di recente patita. gatocle dunque commise, che insieme col guasto che dato si fosse al paese, si provocasse Senodoco a venire a battaglia, tenendo per cosa molto probabile che fa** cilmente si sconfggerebbe un esercito diviso in p ar titi, e dianzi gi rotto. cos accadde : imperciocch mentre Senodoco da principio non si movea, an corch Leptine saccheggiasse tutti i contorni, bei*

veggendo di non avere forze ugiali, i cittadini gli fecero querela di timidit ; e in fine dovette uscir fuori con un esercito invero pel numero eguale ' a quello de7nemici, ma assai a quello inferiore per fortezza d animo ; e la ragione si che i cittadini d Agrigento erano avvezzi a vivere nell ozio e nella mollezza, e gli altri esercitati alle fazioni militari in piena campagna, ed abituati ad ogni fatica. Perci venutosi alle mani gli Agrigentini furono cacciati in fuga dai soldati di Leptine , i quali gl inseguirono sino alla citt. Gli Agrigentini ebbero morti cinque* cento fanti all incirca, e cinquanta uomini a cavallo. Di questa sconfitta, come dellaltra, querelarono Se nodoco 9 quasi ne fosse egli la cagione : onde questi temendo le 'conseguenze di un processo per Pammi* lustrazione della repubblica, and a Gela.

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C a p i t o l o

XV.

Astuzia di gatocle per conoscere i mal affetti a lu i, e misure che prende prima di partire per VA frica. Cattivo stato in cui trova col il suo esercito. Assalta i Cartaginesi, ed obbligato a ritirarsi nel suo campo. Singoiar caso > che scompiglia i Car taginesi , e ruma lui. Vuol fuggire in Sicilia , ed arrestato ; indi messo in libert abbandona V Africa 9 ove i suoi figli sono dai soldati uccisi 9 e gli avanzi delH esercito distrutti. gatocle che in pochi giorni avea vinti per terra e per mare i nemici, faceva agli Dei acrifzii, e splendidamente banchettava gli amici ; e tra le tazze deposta la regia maest teneva un contegno, da meno di qualunque uomo privato : il che egli faceva pri mieramente per conciliarsi la benevolenza del volgo, cbe di questa maniera cercava ; in di, dando ad ognuno libert di dire checch volesse, facilmente cos esploravane F animo, sapendosi che nel vino trapela sempre la verit. Ed avea egli assai garbo per destar confidenza in tali incontri, estendo uomo faceto, e gesticolatore ; e nelle pubbliche assem blee stesse non lasciava di pungere con sottili detti talun i, e di contraffarne i modi e gli a tti, in guisa che soventi volte faceva ridere la plebe, pa rendole di vedere in quel fare un saltimbanco, od un istrione. Usava egli poi di recarsi alle assemblee pubbliche solo e con non altro accompagnamento

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d ie quello del popolo, diversamente da quanto fa* era D ionigi, il quale tanto diffidava di tu tti, che spesso lasciatasi crescere la chioma e la-barba, peu non essere costretto ad esporre le principali parti del corpo al rasojo del barbiere ; e se alcune volte avea bisogno di tagliarsi la zazzera , l abbruciava ? cos comprovando che 1 utica salvaguardia della ti ran n id e la diffidenza. .Del testo gatocle data in mzzo al banchetto mano ad una grande fiala Toro gloriatasi di non avere abbandonato il parimo suo mestiere prima d avere ben imparato a far vasi si mili. Gh non celava egli d aver fatto il vasajo; anzi se h e dava vanto, onde poi dimo&trar come da quel abbietto stato era pervenuto ad altissimo. Ed essendo una volta accaduto, che assediando non ignobile citt i difensori della medesima gli grida* rono dalle mura : o vasajo, cammario , quando par gberai tu gli stipendii ai soldati? egli senza sconcer ta c i per nulla tranquillamente rispose : quando avr presa questa citt. Adunque poich ebbe pptnto nel calore della convivale letizia conoscere qui fissero quelli ohe aveano avversione alla dominazione, pelli egli altra volta banchett a p arte, ed alcuni altri & * racusani di alti spiriti con essi, in numero di cinque cento; poi fattili circondare dai pi gagliardi desuoi stipendiati, tutti ad no per tino li fece uccidere : temendo egli fortemente che quaado fosse ito in Africa , richiamato Dincerate insieme coi fuorusciti, abrogassero il principato. Provveduto di tal maniera alle cose del regno, parti collarmata da *Siracusa.

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Ove poi fa giunto in Africa, trov negli accampa* menti de9 suoi disperazione e miseria : cos che per rimediare alla cosa giudic dover condurre i soldati in faccia ai nemici ; e cerc d incoraggiarli a com battere : nel tempo stesso sfidando i Barbari onde venissero a giornata. Res&svangli in tutto di (and mille seicento G reci, ed altrettanti a un di prsso tra C elti, Sanniti j ed Efrtischi ; e verso dieci mila di Africani : ma erano questi razza d uomini insidio* s a , e ad ogni occasione portata a passare dra un servigio all altro. Oltre questa gente area mille cin* quecento umini a cavallo , e pi di sei mila carri africani. I Cartaginesi intanto, accampati in erto luo go , a .cui era difficile 1 accesso , non volevano ar rischiar vita e fortuna, venendo a battaglia con gente disperata y e speravano che tenendosi nel loro ac*campamento, ove abbondavano di: tutte le cose op portune , colla carestia, e col temporeggiare avreb bero debella to il nemico. Laonde' gatocle vedend di non ; pptere far calare i nemici al piano, e che intanto le circostanze volevano eh1egli tentasse tm colpo, e la necessit gliene faceva una legge , con*dtisse la sua gente all accampamento de1 Barbari. E vennero essi.fuori;.e quantunque per numero, e pel svantaggio de luoghi fossero di gran lunga superiori , gatocle per uri certo tempo sostenne l impeto dei nemici che lincalzavano da ogni, prt : ma aVendb i suoi m ercenari, e gli altri ceduto, fu costretto a ritirarsi ned suo campo. Allora i Barbari gli vennero addosso, con pi violenza ; e non toccando gli friv

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ani , onde rendersgli amici, sui Greci e sili mer cenani , che al modo con cui erano armati y conoseevansi, fecero man hassa finch li ebbero obbli gati ad intanarsi negli alloggiamenti. Tre mila furono gli uomini che in quel fatto gatocle perdette. Nella' seguente notte poi venne contro ogni aspettativa ad opprimere l uno e l altro esercito uno strano ed im provviso disastro. Accadde adunque che mentre i Cartaginesi della riportata vittoria rendendo grazie agli Dei immola vano i pi belli deprigionieri fatti, e una gran fiam ma investiva gi i corpi di questi * di repnte alzossi un furioso vento, il quale port le fiamme prima sul* tabernacolo sacro , vicino all1altare, sicch s1abbru ci ; indi P incendio pass alla tenda del comandante supremo , e poi a quelle de capitani. Facile imma ginare lo spavento, che in tutto- il campo si sparse, mentre e quelli che tentavano di estinguere il fuo co y e quelli che cercavano di porre in salvo armi e suppellettili, venivano colti dalle fiamme.1Brano i tabernacoli dell1accampamento fatti di canne e di strame ; onde apparisce come al guasto che in quella m ateria faceva il fuoco per l impeto del vento ,y ag giunge vasi a rendere l incendio pi spedito e pi. esteso P opera stessa de9soldati nel muovere intorno qufi tabernacoli. Per lo che mentre tutto il campo abbruciavay quelli che trovavansi ne. viottoli praticati tra le file delle tende, presi in dnezzo dalle fiamme venivano abbruciati vivi, puniti di tal maniera per T empiet commessa nel crudel macello che fatte.

IO * aveano de prigionieri. Quelli poi che tumultuari amente , e a grandi strida fuggivansi dagli accampamenti, ivano incontro ad altro pericolo, e maggiore. Moveansi allora quegli Africani , eh1erano stati nellesercito di .gatocle , ed abbandonati i seicento Greci intendevano passare ai Barbari, Or quelli che dal campo de Cartaginesi erano mandati a far ron da , veduta quella massa di gente , credettero che tutti i Greci in ordine di battaglia si avanzassero ; e andarono a portarne la nuova ai loro. A tale an nunzio sbigottimento altissimo e confusione infinita nacque per tutto il campo ; ed ognuno non pens pi che a salvarsi fuggendo , nissun conto facendosi de gli ordini proclamati dai comandanti. E nella fuga uno incalzando l altro, parte per cagione della oscu rit della n o tte, parte per la paura , tutti immagi nandosi d avere alle spalle il nemico , contro i loro usavano le armi credendo di respingere quello San guinosa 6trage di tal maniera facevasi durando ler rore; e mentre tanti petto a petto combattendo rimanevano m orti, altri senz armi scappando sprofondavansi in precipizii, la paura accrescendo 'le te* nebre. Pi di cinque mila uomini perirono per que sto caso ; e la rimanente moltitudine and a ripa rarsi a Cartagine. Gli abitanti della citt ingannati dal racconto de loro credevano che fossero stati vinti in battaglia, e che la massima parte dell eser cito fosse perita^ e in mezzo alla trepidazione natu ralmente eccitata da tale credenza, aprirono le porte, e. costernati accolsero i fuggenti; ma per timida

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mente ; badando che cogli ultimi di quelli non s in troducessero i nemici. Fatto poi giorno , anche cono sciuta la cosa comera , stentarono a de porre la paura de9 mali che aveano creduti imminenti. Ma nel tempo stesso un eguale disastro soffr Agatoele, cagionato da vana paura. Gli Africani disertori, veduto abbruciate il campo cartaginese, ed alzatosi in esso tanto tumulto , non avendo ardimento dinol trarsi pensarono meglio ritornare d1oncT erano venuti. Ma alcuni de Greci che n ebbero sentore 3 s imma ginarono chp quello fosse 1 esercito de1 Cartaginesi y e corsero ad avvisarne gatocle. Died egli ordine im mediatamente che si chiamasse all armi ; e i soldati con gran trambusto uscirono dell accampamento. Ve dendo poi* salire a gran vortici in alto le fiamme dal campo de Cartaginesi , e udendo i loro schiamazzi, tanto pi si confermarono nella idea , che venissero ad assaltarli; e come la paura avea tolto loro di ben ragionare, si misero tutti in aperta fuga. Quindi ad essi essendosi mescolati gli Africani, i quali detto abbiamo che ritornavano indietro, traendo tutti lo scurit della notte ih errore , ognuno si mise a dare addoss a chiunque in cui s abbatteva, te nendolo per nemico. E cos accadde, che da ter rore panico per tutta quella notte trasportati qua e l confusamente, pi di quattro mila rimasero morti} e gli altri a stento , conosciuta poi la verit , si ri dussero agli steccati. E in questa maniera l uno e 1 altro esercito , siccome dicemmo, per una di quelle casualit che in guerra succedono, ebbe s grancfe scacco.

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Dopo un tale disastro, gatocle essendo gi da tutti gli Africani abbandonato , e non potendo colle truppe che gli rimanevano, far fronte ai Cartaginesi , pens di lasciare l frica. Ma come trasportare i sol dati ch egli avea? N si erano preparate navi a ci atte ; e i Cartaginesi, i quali aveano gi ricuperato 1 imperio del m are, non gliel1avrebbero permesso. Ed inoltre prevedeva che i Barbari non -sarebbero venuti seco lui ad accordo, intenti a volere esterminare tutti quelli che stati erano i primi a passare in frica, onde dare un terribile esempio a chi vo lesse mai tentare simile impresa. Adunque pens di imbarcarsi nascostamente con alcuni pochi ; tra quali prese il suo minore figliuolo Eraclide. Ch di Arca gato avea pau ra, sospettando che per lintelligenza che passava tra lui e la madrigna, essendo di carat tere arditissimo gli tendesse insidie. Ma questi , pe netrato avendo i disegni del padre , deliber di farne avvertiti i principali dell sercito eh erano atti ad im pedirgli di partire, tenendo per iniqua cosa chegli, il quale tanti pericoli avea corso guerreggiando pel genitore e pel fratello , fosse abbandonato solo, onde poi venisse in mano de nem ici, e perdesse la vita. Siccome adunque teneva d occhio il padre., e stava allerta onde sapere quando fosse per eseguire il me ditato disegno, giunto il tempo, and a trovare alcuni d capitani, ed espose loro come nella notte seguente' gatocle era per partire colla poca compagnia scel tasi. A tale annunzio si mettono tutti in soqquadro, ed espongono alla moltitudine de soldati quel tratto

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di perfidia ; i quali aspramente punti mettono le mani sopra il principe , il legano, e lo cacciano in pri gione. Ma come per tal fatto mancava' chi comandasse, tutto il campo fu. pieno di tumulto e di confusione; ed essendo imminente la notte si sparse vooe che si, approssimasse il nemico: il che empi di paura tu tti; ed ognuno balz fuori armto senza intanto che vi fosse chi d&se gli ordini opportuni. In mezzo a quel trambusto coloro che facevano la sentinella al prin cipe , non meno attoniti degli a ltri, credendo d es sere da alcuni chiamati presero Agatocle cos le gato com e ra , e il portarono fuori. Ma la molti tudine quando l ebbe veduto in quello stato, cam biata Tira in piet, grid che fosse lasciato libero; ed egli intanto sciolto dalle catene con piccola comitiva sal sopra una barca, e senza che nissuno sapesse n u lla , tramontando allora le plejadi, ed essendo prossimo l1inverno part : della salvezza sua solle cito , e abbandonando i figli, i quali, poich la fuga del padre fu cognita, dai soldati vennero trucidati immantinente, Questi poi creatisi de7capitani ven nero ad accordo coi Cartaginesi a quste condizioni, che ricevendo trecento talenti consegnassero le citt che tenevano; e che quelli, i quali volessero mili tare coi Cartaginesi, ne fdssero presi a stipendio ; e gli altri, trasportati in Sicilia, avessero per abitarvi Solunte. La maggior parte de9soldati che stettero fermi nella capitolazione, ebbero quanto era stato promesso : quelli., qhe^-voller star frmi nelle guar*

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nigioni delle /eitt, in cni erano, sperando dTaver rin forzi da gatocle , furono espugnati j e i Cartaginesi ne crucifissero gli uffiziali, e miser in catene i sol dati semplici, obbligandoli a coltivare di nuovo eoi loro sudore le campagne dianzi da essi devastate,. Cos i Cartaginesi per qnattro anni afflitti dalla guer ra ricuperarono la pristina tranquillit. In questa spedizione di gatocle in Africa non senza ragione noterai eventi meravigliosi, e il sup plizio sopra i figli di lui preso dalla divina Provvi denza. Egli vinto in Sicilia , aveva perduta la mas sima parte del suo esercito ; e in . Africa con nna mano d uomini avea poco prima sconfitti i vincitori, in Sicilia spogliato di tutte le citt aveva sofferto P assedio in Siracusa ; e in frica fattosi padrone di tutte le altre citt , assedi i Cartaginesi. Con cbe la fortuna venne a dimostrare che forte abbia essa anche nelle cose pi disperate. Ma dappoich Agatocle alzato a tanta auge ebbe ucciso Offella , a cui dovea amicizia ed ospitalit, Dio manifestamente di mostr , che il nume dispose quanto in pena di quel misfatto di poi gli accadde. Imperciocch in quel mese stesso, ed in quel giorno, in cui avea ammaz zato Offella, e trattone a s P esercito, nel girare del tempo egli perdette e figli e truppe ; e quello a che principalmente dee badarsi, che D io, come ottimo legislatore, il pun doppiamente, perch per un amico solo , che iniquamente fece m orire, egli fu privato di due figliuoli a un tratto 3 cos che questi diedero mano ai giovani venuti con Offella. ci

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sla detto per coloro che questo genere di code di sprezzano.

C i P i T O L a XVL
Agatocle sbarcat in Sicilia va m Egestc^. Crudelt sue verso gli abitanti di quella citt per averne de nari. Crudelt commesse ad Antandro contro i pa renti de* soldati dell, esercito Africa in vendetta de9 figliuoli col uccisi. Agatocle essendo rapidamente ginnto in Sicilia, chiamata a s una porzione delle sue truppe and ad Egesta y citt sua alleata ; e come gli mancava d en aro , volle da ricchi la massima parte delle loro facolt: ed avea Egesta dieci mila abitanti. Di mal animo parecchi di questi sostennero tale angheria', e si misero a fare insieme conventicole : il che poi preso a pretesto di trame contro Ini ordite, gitt la citt in grandi disgrazie. Imperciocch i pi po v eri abitanti, tratti di citt , fece scannare sulle rive del fiume Scamandro} e quelli che presumevansi pi ric c h i, fece tormentare crudelmente perch dicessero quanto denaro avessero. E cacciava alcuni legati ai raggi delle ruote ; alcuni attaccati alle catapulte faceva slanciare come si fa de1 sassi e dei dardi ; ad altri venivano tagliati i talloni, e ci non bastando ? erano con altri orrendi tormenti martoriati. Ed immagin ancora un alEro genere di supplizio non dissimile dal toro di Fai aride' e fu questo un letto di brnzo y che

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aveva un9imposta di figura di un corpo umano , e fatto in modo che dall una e dall altra parte si po teva serrare. In questo adunque mise egli le persone che voleva tormentare, e fattovi por sotto il fuoco , le abbruciava vive. Codesta macchina da quella del toro veniva ad essere differente solo in questo, che le persone poste in questo letto vedevansi da tutti. Ad alcune ricche matrone i malleoli de piedi spez zava stringendoli con alcune tenaglie, o forbici : ad alcune faceva tagliare le mammelle : a quelle eh erano incinte, faceva porre sassi sui lom bi, onde pel peso compresse n uscissero i feti. Mentre con questi crudelissimi mezzi quel tiranno cercava le .ric chezze , e tutta la citt palpitava di terrore, alcuni presero il partito d attaccar fuoco alle proprie case, e d abbruciarsi in esse : altri si levarono la vita im piccandosi. Cos Egesta infelicissima colla pressura di un giorno solo peri es terminata ^con tutto il fiore dei suoi uomini. Ch in quanto alle vergini, e ai ragazzi, gatocle li fece portare in Italia, e li vendette ai Bruzii j e la citt , onde non rimanesse pi nemmno la memoria del nom e, sotto quellb di Diceopoli die de da abitare a disertori. Avendo poi saputa la morte infausta de figliuoli, adirato contro tutti quelli ch egli avea lasciati in Africa, mand alcuni confidenti a Siracusa a suo. fratello A ntandro, ordinandogli che tutti i pa renti di quelli, che militato aveano in Africa, truci dasse. colui prontamente eseguendo tale ordine venne a commettere tante stragi, quante per lo pas-

lo g tato non erano state commesse mi. Imperciocch fece ammazzare non le sole persone di florida et , fratelli, p ad ri, figliuoli, ma fin anco gli avi , i padri di questi, se per avventura ne restassero nell ultima decrepitezza , tratti gi pdr gli anni a non avere pi Paso de7sensi} e i bambini pare nella crudele esecuzione furono compresi , che portavansi in braccio per nulla consapevoli della imminente ca lamit. Ed anche le donne per qualunque grado di parentela congiunte agP infelici abbandonati in Afnctf} e finalmente ognuno , il cui supplizio a quelli recar potesse tristezza , tutti venivano messi a morte. In* tanto che s grande , e s varia moltitudine di gente strascinavsi al supplizio sul lido del mare , e gli uccisori li scannavano , lagrime, preghiere , lamenti udivansi dappertutto , uscenti e da qulli che fenza piet si ammazzavano, e dagli altri che colpiti dalle miserie de9vicini , pel supplizio a loto stessi immi nente , di nulla, in quanto ai sentimenti, differivano dagli ammazzati. E quel che fu peggio sopra tu tto , che in mezzo a tanta strage , giacendo i cadaveri a mucchi sul lido, n parente, n amico azzardavasi di dar loro sepoltura , temendo ognuno di essere p e r tale pio atto riputato stretto di parentela qua lunque con essi. La moltitudine poi degli uccisi su q u el lido faceva che per lungo tratto- il mare si vedesse tosso di sangue: la grandezza di quella or ren d a crudelt anche da lungi cos manifestandoci.

IO Gi. F I
T 0 2.0

XVII.

Grande spedizione di Antigono contro V Egitto, Ma trovata troppa resistenza per parte di Tolommeo > egli ritorna in Siria,
Jfel seguente anno presero possesso dellarconitato in Atene Cprebo, del consolato in Roma Quinto. M arcio, e Pubblio Cornelio. In quel tempo il re Antigono., essendogli morto P ultimo de suoi figli , Fenice <U nome, gli fece fare mortorio reale} e chia* mato a s da.Cippo Demetrio, ordin cbe si vado* nassero truppe in Antgonia, volendo fare una spe dizione . in Egitto, Prese egli'il comando delle forze terrestri * e pass nella Siria cava y vendo nell1eser cito pi di ottanta mila fanti, otto mila cavalli, e ot tanta tr elefanti. L armata diede da condurre a Demetrio, a cui ordin di levare sulla piaggia schiere di terra ; e questi ebbe in 4mto cento cinquanta navi lunghe, ben allestite, e cento da trasporto. per le eobe m ilitri, nelle quali era provvigione amplis sima d oggi, genere d armi. Perch pi i piloti ere** devapio taecesaario laver riguardo al tramonto delle plejadi, il, quale parpa dover succedere fra otto gior* n i, li rimprover coin gente trppo timorosa} e intanto .and> accamparsi a Gaza} e desiderando ad di prevenire ogni preparativo di Tolommeo , ordin ai soldati die avessero a provvedersi di vettu&glia per dieci giorni. Caric poi sopra cavalli tratti dalP Arabia cinquanta mila medinni di frumento, e

IH grande quantit di fieno sopra altri giumenti, cd armi sopra carri} e con tal convoglio marci pel deserto non senza travagli, perciocch per la pi parte quei luoghi erano paludosi e fangosi, spezialmente presso quello che chiamasi Baratro. I Demetriani dopo che sul far della notte .salpar rono da Gasa, per alcuni giorni ebbero il mar tran quillo , e le navi pi spedile potevano facilmente rimurchiare le altre. Ma caduti sotto l influsso delle piej a d , ed essendosi alzato il vento borea , tool te quadriremi, improvvisamente e con pericolo per forza della tempesta furono trasportate presso la citt di Raffia , difficile d i . approdamento , e mareinmoaa. Delle itavi poi che trasportavano arm i, alcune rimar sero sommerse, altre furono portate a rovescio della loro destinazione verso Gaza. Per le pi, fatto grande sforzo , giunsero a Casio : non distante invero dal Nilo , ma luogo senza porto j e die non d veruno accesso, quando il mare sia travagliato da tempesta. Esse non ostante ci , gittate le ancore a due stadi! all1incirca da ferra tentavano di tenersi ivi ferme ; quantunque in quella parte incalzandosi troppo vio lentemente i flutti v9era gran pericolo che si perdes sero e navi ed uomini ; a di l potea legno in a l cuna maniera salpare, n uomo andare a nuoto, senza gravissimo timore di perder. Quello poi, ohe pi di tutto riusciva grave , era che stilla flotta man cava T aequa da bersi ; ed erano ridotti al punto, che se la tempesta fosse durata anepra un slo gior no ; sarebbero tutti periti di sete. Ma nel mentre che

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tarasi in codesta angoscia di morte, il vento oewy e Antigono capitato col insieme coll esercito , ai accamp non'lungi dallarmata. Ond, < la gente fche dalle navi passata a terra si rifocill nell accampa^ m ento, e intanto si stette aspettando quelle navi, che si erano distaccate dalla flotta. In quella com mozione per del mare perirono tre quinqueren* ; onde alcuni che erano in esse, nuotarono sino al lido. Antigono da quel luogo levando poscia il csm po, lo trasport vicino al Nilo, alla distanza di due soli stadii. Tolommeo intanto avendo con buoni presidii oc* cupato tutti i luoghi pi opportuni, mand alcuni de suoi in navicelli di quelli che reggonsi con ba stoni , i quali navigando vicino alla, riva dicessero , eh egli a quelli die abbandonassero, Antigono, da* rebbe due m ine, se soldato com une, e un,talento a chi fosse' uffiziale ; e tale ,invito port' nel eure de mercenarii di Antigono il desiderio di disertare 5 e tra questi ora la pi parte, de cpitani , per ra gioni particolari a ei tentati. Or come molti diser tavano di fatto , Antigono mi$e suda viva del fiume saettieri e frombolieri, ed anche parecchie catapulte ^ sicch que gridatori de navicelli accennati fossero fatti allontanare} ed essendo stati presi alcuni disep* tori , egli li fece morire - con orrendi tormenti onde togliere agli altri il pensiere d imitarli. Avute poi le navi, che giunte erano pi tardi, and al.cos detta Pseusostomo ( i) , pensando di poter ivi distender
(x) Falsa bocca del Nilo.

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tina parte di suo esercito : riia veduto cbe v era forte presidio, e che con catapulte , e con ogni al tro mezzo veniva impedito d1accostarsi a te rra , av vicinandosi la n o tte, ne part. Quindi ai piloti or din , che tenendo dietro alle fiaccole della nave ammiraglia, seguissero il corso di essa , e portassi alla bocca del N ilo, chiamato fatnitica ; e venuto giorno vedendo che molte navi s erano smarrite', fu obbligato ad aspettarle 7 e a mandare a cercarle per mezzo de legni pi spediti che avesse Mentre egli in queste operazioni perdeva pi tem po che non si doveva , Tolommeo avvisato dell ar rivo de nimici incontanente and in ajuto de suoi; e messe in buon ordine le sue truppe si piant sul lido. Allora Demetrio vedendosi impedito Io sbarc da quella parte , e udendo die la spiaggia attigua era dalla natura fortificata con paludi e stagni 7 ri torn indietro con tutta Tarmata. Ma intanto s alz un fierissimo borea, e per l agitamento tempestoso de flutti tre quadriremi, e alcune navi da trasporto violentemente cacciate al lido 3 vennero in podere di Tolotnmeo : le altre merc l industria somma dei nocchieri? salve giunsero ove Antigono avea il campo. Tolommeo avea messe a tutti gli sbocchi del Nilo grossissime partite di soldati, ed avea in pronto grande quantit di barche da fium e, piene d ogni genere darmi, e provvedute d uomini capaci a ma neggiarle : cos che Antigono si trov non poco im barazzato; perciocch avendo i nemici occupata pri ma la bocca peluftiaca , n le forze sue navali pot-

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vano far nulla , n le terrestri , avendo larghissimo il fiume di fronte, procedere oltre : intanto che poi, essendosi in questo stato di cose passati parecchi giorni, gli uomini non aveano pi frumento, n pi pascoli aveano gli animali: inconveniente gravissimo* Per le quali cose vedendo i soldati disanimati, An tigono tenne consiglio co9suoi capitani, mettendo in deliberazione, se savesse a restar fermi, e guerreg giare ov erasi 3 oppure ritornare in Siria, e con mi gliori misure di poi rinnovare l impresa in tempo in cui lacqua del Nilo fosse nella sua maggiore bas sezza. A questo partito inclinarono tu tti, e si deli* ber che al pi presto s avesse ad andare : laonde si diede ordine che i soldati prendessero le loro ba* gaglie. In fatti cos si fece, e radendo tutta la flotta la spiaggia, con molta celerit si fu in Siria. Listo sopra modo Tolommeo dell andata de ne* m ici, celebr in ringraziamento agli Dei un solenne sacrifizio, e lautissimo banchetto diede agli amici. Quindi scrisse a Seleuco, a Lisimaco, ed a Gassan* dro informandoli del prospero successo , e del gran numero dei disertori venuti a lui. E con quest se conda guerra assicurato dai tentativi de nemici Y Egitto , e parendogli d avere quel paese di s giusto diritto, come se lo avesse comperato all a sta , ri torn ad Alessandria.

C a p i t o l o

XVUI.

Agatocle caduto in trista fortuna rinuncia per accordo con Dinocrate a l regno lasciando Siracusa in li bert. Ma il trattato non si eseguisce per secreti fin i di Dinocrate. Agatocle si accncia coi Carta ginesi. Il paese dei Sanniti rumato dai Romani. Nel mezzo di queste cose Dionigi, signore di Era clea del P onto, cess di vivere dopo aver tenuto il principato trentadue anni. Furongli successori in esso i suoi figliuoli, Ossatre e Clearco , i .quali re gnarono diciassette anni. Agatocle intanto iva girndo per le citt soggette al suo imperio ? mettendovi buoni presidii, ed ^stor cendone denaro; perciocch era entrato in fortissima paura che andategli male le sue imprese , prendes sero le armi per mettersi in libert. Circa poi quel tempo medesimo Psifilo, udita la morte de9figliuoli di Agatocle7 e la grande sconfitta avuta in L ibia, sprezzando quel principe pass ad unirsi a Dinocrate, ed occupate le citt commesse alla sua fede corrompeva con grandi promesse F esercito , di cui aveva il com ando, e lo distaccava dalla divozione del re. Laonde veggendosi Agatocle in tante angustie, n sapendo ornai pi -ove rivol gersi , tanto disper di s , che mand ambasciada a Dinocrate, invitandolo a pacificarsi con queste con dizioni j eh1egli rinuncerebbe al regno; che darebbe Siracusa a1 cittadini; n pi Dinocrate sarebbe esule:

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per che a lui si consegnassero 1 due castelli Terma, e Cefaledio coi loro territorii E qui certamente saravvi chi si maravigli che gatocle j il quale in tutti gli altri casi di sua vita sempre fu ferm o, e nel proposto suo costantissimo, n mai per qualunque estremo pericolo , in cui si trovasse, perdette animo, allora in tanto avvilimento fosse caduto da voler cedere ai nemici il principato, pel quale tante e s acerbe guerre avea sostenute. E quello che pi., che essendo ancora padrone di Siracusa, ed a sua disposizione avendo navi e de naro , e non mediocre esercito , s debole di mente fbsse divenuto da non ricordarsi menomamente di quanto avea fatto Dionigi. Sapea egli pure, che questi caduto manifestamente in s deplorabili strette, che non avendo pi speranza di conservare il principato avea deliberato di fuggire da Siracusa, e gi gi stava jz v *montare a cavallo; Glori, il pi vecchio desuoi am ici, arrestatolo gli avea detto : sul sepolcro , Dio* nigi, la signoria. E a questo simile fu il detto pure allora di suo parente Megacle ( i) , che chi si spoglia
(i) Crede il Fesse tingio , ohe qui Diodoro abbi* errato , paren dogli in aperta contraddisione con qoanto scrisse nel lib. xivs Ma se 1 un passo e 1 altro si considera , facile sar il vedere , he ci * * eh* egli ha messo in bocca a Polisseno allora, alquanto differente da quello che qui rammenta detto da Megacle. Err il Rodomano chiamando Megacle snocero di D ion igi , non badando , che la parola da Ini oos tradotta indica egualmente affitte, genero , a suocero e dee applicarsi secondo la verit de* casi. Cos abbiamo data ragione, perch in luogo di Megacle non abbiamo sostituito Polisseno : il che sensa la notata differensa avremmo potuto fare , e sarebbe stato effetto di diligenza , purgando il tasto da m erroro introdottovi per qualche copista*

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della signora dee andarsene di modo > che lo atra* sminino le gam be, non che si parta egli volontaria mente. Dai quali avvisi colpito Dionigi, con forte animo resistette alle pi terribili avversit che allora H contrariavano : indi amplific il suo imperio ; ed invecchiato nella potenza e nelle ricchezze, lasci ai figliuoli il maggior principato che a que tempi fosse in Europa. Ora gatocle da nessuna di queste cose m osso, n dalla esperienza sua sapendo cogliere frutto per tentare miglior fortuna, un tanto imperio, che pure avea ancora , contratt a miserabilissimi patti. Ci per non ebbe effetto. Perciocch qua* ' tunqne nelle sue proferte egli fosse ferm o, 1 ambi zione di Dinocrate guast tutto is p ira v a costui a farsi monarca;* perci nulla il toccala della demo* oraria di Siracusa ; e godeasi del' magistrato di etti era investito, avendo a disposizione sua pi di venti mila fan ti, e tre mila cavalli, e molte grandi citt i di modo ch quantunque fosse chiamato, il generale de, fuorusciti, avea tutto lo splendere della reai m aest, avendo in mano il sommo potere. Che se fi)ss egli ritornato a Siracusa, aarebbegli toccato.di vivere vita privata, e di confondersi tra plebei, pop ch la libert vuole eguaglianza, e nelle, pubbliche votaztoui da ogni adulatore del popolo sarebbe' po tuto ssere tolto di posto) sapendofii.oM e.il popolo empire affronta chi in vicinanza di grado parla alia* avente. Dirassi adunque con cagione che .gatocle abbandon la dignit della signoria ; ma avr Rmocrate la colpa delle felici imprese di poi fatte da In i

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gatocle con ripetuti messi Y andava sollecitando "sulla esecuzione del trattato , e domandava i due castelli per sostenere la vita ; e Dinocrate trovava ognora pretesti per non venire all adempimento dei patti, ora dicendo che gatocle dovea partire onninamente da tutta l isola, ora chiedendo che desse per ostaggi: i figliuoli che rimanevangli. Ond che gatocle conosciute le intenzioni di colui, mand ai fuorusciti persone che il querelassero come uomo il quale opponevasi al ristabilimento della pristina li-* berta. E Inand pure ai Cartaginesi ; e stipul pace eon essi a patto , die i Peni ricuperassero le citt che dianzi in Sicilia possedevano ; per le quali egli ebbe trecento talenti d o r , valutati a ragione del talento d argento , o cento cinquanta, oome scrisse Timeo; e di pi ebbe -quaranta mila mediani di. frt*meato* In questo stato adunque erano allora le cose di Sicilia. In Italia i Sanniti espugnarono Sora ed Asta d tt alleate deRomani, e ne vendettero i prigionieri. Per lo che i consoli invasa coll esercito la Japigia, an darono a metter campo presso la d tt di Silyio, la quale avendo buon presidio di Sanniti; i Romani as sediarono , e combatterono per alquanti giorni, ed inne presero per assalto, facendovi pi di ernque mila prigionieri, e 'traendone gran bottino. Indi scoi* ero Iti campagne deSanniti/ spiantandone gli alberi, fe facendovi - dappertutto orribil guasto : perciocch avendo Ronca con q a el - pofrlo combattuto tanti e tanti anni* per speravano i Romani ohe

quando que7formidabili nemici fossero rimasti spogli di quanto d la campagna, per necessit avrebbero dovuto j cedere a pi potenti. Cinque mesi impiega rono in minare in ogni parte il paese nemico : ab bruciarono i villaggi , estirparono quante piante poteano dar frutto qualunque, e ridussero la campagna un vero deserto. Poi andarono a far guerra a quei d Anagni per certi torti cbe nr aveano avuti 3 ed espugnata Fresinone , ne vendettero il territorio. C a p i t o l o XIX.

Antigono fa guerra a Rodi , e pr qual motivo. Grande armata che Demetrio conduce ai danni di quella citt. Macchine 9 che costruisce e adopera. Misure di difesa , che i Rodii allestiscono. As~ salti e combattimenti.
Passato quell7anno ebbe Parcontato in Atene Eus senippo , e Lucio Postum io, e Tiberio Miniido fu* rono consoli in Roma. In quel tempo fu guerra tra i Rodii ed Antigono per le seguenti ragioni. Avea allora la citt di Rodi grandi forze marittime , e fra Greci reggeasi molto bene. Quindi i re, e i varii si gnori a gara desideravano di partecipare della-buona fortuna di essa, ed ognuno cercava tutti i mezzi di farsela. artica. Essa per prevedendo da lungi quanto poteva esserle, tile ; con tutti in paitic'iare era ami ca, ma non volle mesdbiarsi nelle guerre ette aveano tra lro ci faceva , efe? da ciasohedutjto fosse

ino onorata con regie largizioni : ond cbe da lungo tempo godendo pace , aveano le *cose sue preso un grande incremento. bisogna dir veramente eh1essa fosse in assai potenza, posciach a sue proprie spe se per comodo de Greci assunse guerra coi Pirati, e purg il mare daladri. Alessandro, s celebre nella, memoria degli uomini, avea sopra tutte le altre citt distinta qnesta, poich in essa avea deposto il testa* mento , in cui disponeva di tutto il regno : con che pare cbe avendola in grande considerazione inten desse di darle una certa magnificenza. I Rodii poi y tenendosi amici di tutti i potenti, guardavansi dal dare a veruno occasione di lamentarsi di loro : per una certa inclinazione in sostanza aveano verso To lommeo ; e ci perch in Egitto i loro mercatanti trovavano buon accoglimento , e facevano utili n* gozii; cos che pu dirsi che tutta la loro citt si alimentasse delle ricchezze di quel regno. Consideratosi ci da Antigono, egli cerc con ogni mezzo di distaccare i Rodii dall amicizia di Tolom meo. E gi dianzi , in occasione che guerreggiava con Tolommeo a cagione di Cipro , avea mandata ad essi per averne a ju ti, e chieste navi per Deme* trio.' E siccome essi le ricusarono, Antigono avea ordinato ad uno de suoi luogotenenti che andasse loro addosso coll arm ata, e che predasse quanti da Rodi navigassero verso l Egitto. Ma avendo i Rodii cacciata quell-armata , Antigono gridando cheglino erano autri di una ingiusta guerra, avea minacciato di assediate co& grosso esercito la lro citt. A llori

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i RodK decretarongH onori magnificentissimi, e spe* di tigli legati il pregarono che non volesse forzare la citt ad immischiarsi , violando la fede dei trattati, dlia guerra contro Tofarnmeo. quando, male Ac colti qe legati y il re mand 'Demetrio colP esercito e con ogni treno d'assedio contro loro, temendo essi la *soverchia sua forza,, fecero dire a Demetrio qual* mente* sarebbero andati in .ajuto di Antigono contro Tolommeo. Ma domandando egK cento ostaggi fra i pi nobili-tra essi, e che inoltre accettassero nel loro porto la sua arm ata, credendo che con ci vo* lesse tendere itvsidie alla loro citt , si prepararono alf guerra* Intuito dalla parte sua Demetrio raditi nate tutte le sue truppe nel porto di Lorima ^ allest la dotta per la spedizione contro .Rodi. Avea egli dugento navi lunghe di diversa grandezza, cenato set-, tanta da trasporto, nelle quali avea imbarcati circa quaranta mila nomini ; ed avea inoltre uomini a co* vajlo, e corsari ; ed immensa provvigione cl armi-, <li munizioni, e di macchine opportune per un asr* sedio ; e seguivalo in non meno di mille pontoni una infinita turba di vivandieri* e d'altra skoil genie^ perciocch siccome da molti anni le campagne di Rodi on aveano sofferto guasto, una gran molti tu dine da ogni lugo sera mossa di quella ciurmaglia che nelle disgrazie di chi soffice la guerra cerca la sua fortuna. Demetrio adunque allestita Tannata con tutto quel treno formidabile che usato avrebbe andando dqr battaglia-, rse iuuaati Je 9ri lunghe am ate ielle

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prore di catapulte di tre spitami , e quelle che trasportavano soldati e cavalli ; fece andar dietro alle prim e, tirate a remurchio da legni che andavano a noni; e in ultimo pose i pontoni de.pirati, * ba stimenti de1m ercatanti, e quelli che portavano la vettuaglia, come si d etto , numerosissima : ond che tutto lo spazio di mare che dall isola si \stenda Ila s p o s ta spiaggia, cjra pieno del naviglio e met teva a chi la riguardava dalla citt r spavento insieme stupore. I soldati de1Rodii,'distribuiti*sulle mura^ aspettavano larrivo de1nemici; e i vecchi e le donne dalle case, ( che la citt era piantata in forma di -teatro ) riguardando al m are, del destino della lro patria erano in forse , colpiti da -s grande arm ata, e percossi dal bagliore di tante anni lucenti. Deme trio approd all7 isola, e messi a terra i suoi soldati w accamp sotto la c itt , in modo per d7 essere fuori di tiro delle balestre. I corsari p o i, T altra siffatta gente che avea seco, mand: fuori, onde per mare e per terra devastassero lisola*, ed egli il tei> ritorio circonvicino 'disalber tutto , e distrutti i vil laggi l accampamento suo fortific, cingendolo di tre fossi, e di grossi e grandi argini^ onde colla ca lamit stessa de7nemici assicurare se medesimo. Indi cli7opera di tutto l7esercito, e degli alleati che avea nell7arm ata, tutto lo spazio oh7era tra la citt e il luogo dello sbarco , emp di un grande rialto*; ed allarg il porto , sicch potesse contenere maggior inumer di navi. J Rodii incominciarono ^a mandar deputati , pr-

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gando che non si volesse imparabilmesete. distrug gere la citt ; e vedendo ogni preghiera rana , per duta la speranza di venire ad accordo, spedirono a Tolommeo, a Lisimaco, ed a Cassandro doman dando . ajuto, trovandosi la loro citt con ai gran, guerra addosso. Proposero poi aglinquilini , oberano iti c itt , e a forestieri tu tti, di poter concrrere eco lo ro , volendo, alia difesa comqne ; e tutta la turba inutile mandarono fuori, tanto per non consti* mare invano' le vettuagKe, quanto per impedire tra tanta gente , a cui l7assedio riuscirebbe grave, di pensare a tradimenti. Quindi fatta la rassegna di quelli, eh7erano atti alle a n n i, trovarono esservi mille seicento cittadini, e circa mille tra inquilini ed ospiti. Fu pur fatto un decreto, che i serv, i quali ne7 pencoli si fossero comportati da bravi uomini, avrebbero avuta la libert, pagatone dal comune il prezzo ai padroni ; ed inoltre sarebbero inscritti tra i cittadini. Pi: che quelli, i quali fossero morti nella guerra, avrebbero avuta sepoltura pubblica, e i loro genitori e figliuoli dall7erario del comune sa rebbero stati' alimentati ; siccome p u re , che l7erario , ne avrebbe dotate le figlie, e che i figliuoli gi adulti sarebbero stati incoronati in teatro nella solen nit de7 Baccanali, armati da capo a piedi. Con tali promesse eccitati gli* animi di tutti a valorosamente incontrare i pericoli ; passarono i Rodii a provvedere anche per le altrie cose. I ricchi mettevano fuori il denaro , giacch il popolo ne faceva sicurt : gli ar tefici .si dichiaravano pronti ad impiegare i lorc .me-

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ftieri per la costruzione delle armi, e di quantaltro potesse abbisognare ; n vera alcuno che non gareg* giasse in mostrarsi impegnato nella difesa comune. Perci chi lavorava intorno alle catapulte, e baliste, chi in allestire ogni altra cosa. Ed alcuni s erano messi a ristauvare le mura nelle parti, che potevano richiedere questa diligenza ; e i pi portavano sulle mura sassi e p ietre, e ne facevano de7 mucchii. Mi sero pure in acqua tre navi speditissime per inqnie tare i nemici, e i mercatanti he ai nemici portassero vettuaglie 7 l e . quali navi, molti bastimenti che cor* * seggiavano per depredare la te rra , mandarono tosto a fondo { e molti tratti al lido abbruciarono , me nando poi in citt quelli de9 fatti prigionieri, che potevano riscattarsi : tanto p i , che i Rodii aveano pattuito con Demetrio il prezzo del riscatto recipro co, che era di mille dramme per ogni uomo libero , e di cinquecento per. ogni servo. Intanto Demetrio fornito abbondantemente d* ogni sorta di materiali per costruzione di macchine, in cominci a far fabbricare due testuggini, una contro le petriere e V altra contro le catapulte ; ed entrambe egli colloc ben ritte , ed unite sopra due navi da trasporto. Poi fece due torri a quattro solai, pi alte di quelle che i Rodii aveano nel loro p o rto , ognuna delle quali era portata d due bastimenti legati insi/eme , e s bene equilibrati, che a qualun que peso , e movimento stessero fermi. Costru an cora un grande argine mobile sopra travi quadrate^ di quattro piedi di grosseaza, ben legate insieme co*

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chiodi j . col quale intender Impedire ai nemici di avvicinarsi alle nari portanti le macchine. Mentre faceransi questi lavori, radunati i pi grossi lem bi, li fortific con taro le, e vi fece finestre che potessero chiudersi ; e tra le catapulte di tre spitami scelse quelle che tirarano pi lontano di tu tte , con uomini attissimi a farne uso $ e vi pose ancora dei saettieri cretesi ; e spinti i legni entro tiro , si mise a bersagliare gli oppidani, che conducevano a mag giore altezza le muraglie del porto. Questi poi ve* dendo che Demetrio metteva ogni sua cura in occu pare il porto j a difenderlo posero ogni possibile in* gegno. Perci collocarono due macchine sullargine, tre altre sopra navi da trasporto alla bocca del porto minore , con catapulte e petriere di diversa grandezza, affinch con tal presidio, quando espo nessero soldati su quelP argine , o vi mettessero mac chine , potessero respingere gli assalti nemici. Poi in altre navi da trasporto, che stanziavano nel po rto , grande provvisione posero di dardi per le catapulte. Erano di questa maniera pronti da una parte e dall a ltra, quando volendo Demetrio avvicinare le sue macchine ai porti 9 una furiosa tempesta sorse ad impedirlo. Ma poi approfittando della calma so praggiunta nella n o tte, mosse chetamente , ed occu pato P argine del porto maggiore , tosto circonvall il luogo , e con tavole e sassi il colm ; indi vi pose sopra quattrocento soldati con ogni genere eT armi. Q uel luogo non era distante dalle mura che cinque jdettr). Venuto poi giorno, a suono di trom be, e

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con grande schiamazzo recarsi al porto le macchine , e coi piccoli dardi volanti dalle catapulte cacciansi quelli che lavorano intorno al muro nel porto ; e colle baliste le macchine degli assediati e il muro condotto sali argine vengono ove conquassati, ove atterrati ; tanto pi che quel muro allora era debole e basso. difendendosi gli oppidani valorosamente, tutta la giornata si pass a fare ed a ricever danno. All'appressarsi poi della notte Demetrio accost le mac chine a forza di rem urchii, per tenendole fuori di tiro. I Rodii allora con battelli pieni di materia secca, e di fiaccole accostatisi alle macchine, a quella secca materia diedero fuoco: ma con queir argine natante, che abbiamo gi accennato , e con frecce e dardi respinti, furono costretti a dare indietro ; e poich P incendio in que1battelli durava, alcuni che pote rono estinguerlo , ritornarono con essi ; ma la mag gior p arte, essendosi i battelli abbruciati, non si salv che a nuoto. Nella stessa maniera il giorno dopo Demetrio diede un assalto dalla parte del mare; e diede ordine che con ischiamazzo e con trombe si desse Passalto anche dalla parte di te rra , onde incutere ne1Rodii paura ed ansiet, distratti a un tempo a pi luoghi. Con questo genere di oppugnazione per otto giorni le macchine degli assediati piantate sullargine Deme trio spezz e distrusse colle baliste che gittavano sassi del peso di un talento ; e rovesci il m\iro frapposto alle to rri, e le torri medesime ; e di pi i suoi sol dati occuparono una parte del muro che stendevasi sul

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porto: dor i Rodii accorsi reimero alle mani col nemico : ed essendo superiori di numero , parte degli assalitori ammazzarono , e parte obbligarono a riti* rarsi. Fu di Vantaggio agli oppidani l asperit del luogo giacente innanzi alla citt, poich facevano una specie di parapetto al muto sassi grandissimi iri ammucchiati ) e siccome non pochi battelli , che aveano portato i soldati, nel sofferto trepidam elo erano stati balzati a quella parte , gli ' assediati con gran prestezza afferravangli, e con fiaccole e fasci* nelle che gittavano nelle n avi, le incendiavano. Ma nel mentre che i Rodii occupavansi di queste cose, i soldati di Demetrio colle navi portati da ogni parte, appoggiarono le scale al muro, e con maggior ardore, ajutati da quelli de loro eh erano in te rra , lo sehia* mazzo, c il trom bettam elo ripetevano. Ivi molti essendo che arditamente esponevansi ai peritoli , e gi gran turba avendo preso a salire sul muro , nacque vivissimo combattimento , facendo gran forza al di fuori gli assalitori, e eop gran forza accorrendo' di den tro gli assediati a difendersi ; e finalmente* gagliar damente adoperando i Rodii, di quelli che salivano il muro , una porzione fu m orta, un altra , per le ferite perdute le forze , venne in mano degli oppi* dani ; e vi si contarono alcuni de9capitani primarii* Per questa sconfitta avuta Demetrio fece trasferire al porto , eh egli occupava , le macchine ; e tanto queste, quanto le navi fece riparare in ci che aveano sofferto. Ai loro morti i Rodi fecero solenni funerali j e le spoglie de nemici, e i rostri delle navi tolte a

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questi consacrarono agli Dei ; e riattaronp quelle parti delle m ura, che dalle petriere de?nemici erano tate guaste. Demetrio, finito in sette giorni di ristaurare mac chine e navi, posto tutto all ordine per 1 assalto, di nuovo si vose al porto ; e metteva ogni sua cura per impadronirsene, e per fare che gli oppidani non potessero ricevere vettuaglia. Or tosto che si fa a tiro , egli fece gittare fiaccole nelle navi qua e l poste de Rodii, avendo fatta di quelle gran provvigione ; e colle baliste tormentava il muro , e colle catapulte feriva qualunque persona si presen tasse alla vista de nemici. Continuando con gran terrore s fiero assalto , i piloti deRodii, pieni di paura dellesterminio delle navi, estinsero le fiaccole, e andarono al magistrato della citt , detto dei Piita n i, dicendo, che soprastando imminente il pericola che il porto fosse preso dai nfemici, era duopo, che ogni buon cittadino volesse esporsi per la salute comune. E a tale proposta jcon ardito animo offe rendosi m olti, tr navi le pi forti di tutte s em piono d uomini sceltissimi, i quali hanno ordine di cercare ad ogni costo di dare coi rostri di cozzo tanto gagliardamente alle navi nemiche, le quali portavano macchine, che quelle abbiano a som* mergersi. Niun caso acbinque fanno que prodi del denso nembo di strali, che loro piove addosso; e con violentissimo impeto giungono a spezzare il valla tutto ch ben guarnito di ferro, e fanno che le navi da molti colpi rotte s empiano dacqua; e due mac-

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chine rovesciano e mandano a fondo. E come la terza dalla gente di Demetrio veniva tratta indietro coi canapi, i Rodii, animati dal buon esito de' primi loro sforzi, con pi audacia che occorresse , si mi sero alla nuova prova. Ond, che molte delle grandi navi nemiche intorno sparse movendosi a rompere coi loro rostri i fianchi di quelle de Rodii, Essecesto , ammiraglio, ed alcuni altri rimasti feriti, caddero in potere denemici 3 e mentre I* altra mol titudine gittatasi in acqua nuotava verso i suoi, una nave fu presa dalla gente di Demetrio: le altre per scapparono. Dopo questo combattimento Demetrio fece fabbri care un altra macchina, la quale superava del triplo la prima , s in altezza che in larghezza ; e gi so prastava essa al p o rto , Quando improvviso sofHo di austro , rompendo le n u b i, con tale/-forza-in vest le navi che la trasportavano , che queste furono som merse , e la macchina rest tutta guasta. Del qual contrattempo ben prevalendosi i Rodii, aperte le porte, assalirono quelli che stavano in quella gran mole 5 onde nacque sanguinosissima lunga zuffa , nella quale non potendo accorrere Demetrio in ajuto dei suoi a cagione della tem pesta, e i Rodii dandosi gli uni gli altri la muta, i loro nemici, poste gi le arm i, in numero di quattrocento furono costretti ad ar rendersi. Ottenuta i Rodii tale vittoria, videro appro dare alla loro citt alquanti ausiliari , centocinquanta Gnossii, e pi di cinquecento altri soldati mandati da Tolommeo, fra quali alcuni di Rodi stessa, eherano

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allo stipendio di quel re. Cosi allora andava las sedio di Rodi C apitolo XX.

gatocle assalta Dinocrate e i suoi fuorusciti, e lo sbaraglia. Indi viene ad accordo ; e si fa amico Dinocrate che guerreggia utilmente per lui. Cam pagna de Romani nel Sannio.
In Sicilia ? gatocle, veduto che non avea potuto accordarsi con Dinocrate e i suoi fuorusciti, mosse contro coloro le truppe eh egli aveva, riputando conveniente un tal passo, e necessario che l sorte infine si decidesse. Non avea egli che seicento fanti al pi , e ottocento cavalli. Dinocrate e i su oi, alle mosse de nemici furono lieti di dover venire a bat taglia , essendo superiori di numero ; giacch aveano pi di venti mila e seicento fanti, n meno di tre mila cavalli. Quindi postisi a campo presso il Gorgio , non si tard il fatto d armi ; e il combattimento fu alquanto vivo per 1 ardore ond erasi animato dall una e dall altra parte. Ma poco dopo alcuni di mal umore verso Dinocrate 7 ed erano questi pi di due m ila, passarono alla parte di gatocle , e furono, cagione che i fuorusciti soccombessero : perciocch per quel fatto quelli eh* erano con gatocle presero pi anim o, e i seguaci di Dinocrate sospettando che i disertori fossero in maggior quantit } si diedero alla fuga. gatocle dopo averli alcun poco inseguiti,

i 3i ordin' che si sospendesse la strage \ e mand apro* porre ai vinti , che posto fine alle discordie ognuno ritornasse alla sua patria : avere gi i fuorusciti per propria esperienza dovuto conoscere che contendendo con esso lui colle armi non possono^ essergli supe riori nemmeno quando abbiano soldati pi valenti. Tutti gli uomini a cavallo erano scappati rifuggendosi nel castello di Ambica 5 ed alcuni de fanti nella sus seguente notte pur si sottrassero. Ma la maggior parte avea occupato un colle 3 e disperando di vincere in battaglia, altronde bramosi di rivedere i parenti , e gli am ici, e di godere della patria , e de suoi benefzii, vennero con gatocle a trattato di pace : i quali per j sulla fede della stipulazione fatta essendo di scesi dal colle ben m unito, egli spogli delle armi y e fatti circondare dalle truppe , tutti ? senza eccet tuarne uno solo ? fece saettare, e distruggere in nu m ero ? secondo che narra Timeo , di due mila sei cento , e secondo altri di circa quattro mila. Imper ciocch codesto tiranno costantemente spregi fede e giuramenti \ e s acquist forze non colle truppe che il seguivano , ma prevalendosi della debolezza dei sudditi : paventando egli pi gli alleati, che i nemici. Distrutto di tal modo l esercito nemico, gli avanzi d e fuorusciti accolse } e Dinocrate prese per capitano d i una parte del suo esercito ; e per guiderdonarlo in appresso alla fede sua commise le maggiori sue imprese. Nel che ben fi a che alcuno ammiri Agatocle j poich mentre sospett sempre di tutti a modo clic a nessuno mai prest fede, al olo Dinocrate

sino al fine di sua vita conserv amicizia. Adunque Dinocrate , traditi i suoi compagni, avendo sorpreso Pasifilo in G ela, 1 ammazz ; e le castella e citt mise a divozione di gatocle , consumando due anni in sottomettere i nemici al dominio di lui. In Italia i Romani debellato avndo i Palinii, tol sero loro le terre 3 e ad alcuni , che aveano seguite le parti romane , diedero il diritto di cittadinanza. Dipoi i consoli andarono contro i Sanniti , i quali saccheggiavano il territorio di Falera ; e fatta batta glia la vinsero , prendendo venti bandiere , e pi di due mila soldati. Ma poich ebbero espugnata B oia, venne fuori improvvisamente Gajo-Gellio , co mandante supremo deSanniti, con mille seicento uo mini; e si fece battaglia pi fiera della prima, nella quale per e Gellio fu fatto prigioniero , e la mag gior parte degli altri Sanniti fu uccisa: gli altri ven nero vivi nelle mani denemici. Andata cos bene at consoli quella campagna, delle citt alleate, che dai Sanniti erano sfate prese, ricuperarono S ora, Arpi* n o , e Serenia (1).
(1) Pare che Tito Livio intenda la stessa citt , dicendo, che in quell* anno furono ricuperate Sora , Arpino e Censenna ehe osen*a . Alcuni per leggono piuttosto C eserna } e v* anche chi mette Cersenna. Veggasi l1utilit di queste miserie degli Eruditi.

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C a p i t o l o

XXI.

Descrizione di una Elepoli di mirabil grandezza fa tta costruire insieme con altre macchine da Demetrio per espugnar Rodi. Ingegno e carattere di questo Principe. Sforzi de Rodii per difendersi. Terribile assalto dato alla citt.
Nel seguente anno Teretle fu arconte in A tene, ed ebbero in Roma il consolato Pubblio Sempronio e Pubblio Sulpizio. Correa poi lolimpiade diciannove sima sopra le cento: e in essa riport la palma nello stadio Andromene di Corinto. In quel tempo Demetrio che assediava R odi, ve dendo che gli assalti che dava dalla parte del mare non corrispondevano a suoi tentativi, stabil di as saltare la citt dalla parte di terra. Onde apparec chiata quantit di legnami dogni sorta, fabbric una di quelle macchine , che dal prendere le citt , al qual effetto si adopera, vien detta Elepoli j e la fece di gran lunga maggiore delle prime. Aveva essa la base quadrata, ciascuno de cui lati correva lungo cinquanta cubiti; ed era fatta di legni riquadrati, e stretti l un laltro a forza di spranghe di ferro. Nel mezzo essa avea un campo fatto con travi poste a un cubito di distanza tra loro , onde vi si allogas sero quelli che dovevano spingerla ; e tutta questa mole veniva strascinata sopra ptto grandi ruote , la grossezza delle cui apsidi era di due cubiti, ed esse apsidi erano cerchiate fortemente di ferro. Per tirarla

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poi secondo l oecorrenza avea alquanti timoni, fatti a modo da poter essere facilmente maneggiati per tutti i versi. Dagli angoli sorgevano colonne poco meno di cento cubiti alte , e tra loro collegate in maniera, che venendo ad avere nove ordini di tra vatura , il primo presentava^ quarantatre aperture , l ultimo nove. Tre lati della macchina al di fuori erano coperti di lastre di ferro ben inchiodate , sic ch non potesse aver nocumento per qualunque ma teria combustibile vi venisse lanciata contro ; e alla fronte i tavolati aveano alcune feritoje di forma e grandezza proporzionate ai dardi, ed altre simili cose che si volevano lanciare ; e v erano appiccati certi ripari a modo di porte , per cui rimaner doveano coperti quelli che dasolai avessero dardeggiato; ed insieme eran apposti sacchi di pelli, ripieni di lana, i quali temperassero i colpi procedenti dalle baliste nemiche. Ogni solajo poi avea due scale assai lar ghe , per una delle quali si trasportava quanto ma teriale per combattere occorreva , e per 1 altra po tevano senza confusione discendere all uopo q u elli,' che davano gli ordini. A tirar quella macchina, ovunque si riputasse necessario eransi scelti da tutto 1 esercito in numero di tre mila quattrocento i pi robusti uomini, i quali, parte stando dentro alla medesima, parte di fuori alla schiena dessa, aveako a spingerla con giusta intelligenza , onde venisse mossa opportunamente. Demetrio costrusse anche testuggini, alcune per fare scavamenti, altre per maneggiare gli arieti; e

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ffeee insieme de porticati, a coperto de* quali stes* sero quelli che operando aveano da andare e venire. Cli ajuto poi della ciurma delle navi appian imo spazio di quattro stadii, pel quale dovevansi condurre le macchine ; e l azione di queste stendevasi a tanto, ehe corrispondeva a sette torri della citt, e a sei bastioni a quelle torri interposti. Gli artefici ed operai impiegati in questi lavori, non erano in numero mi nore di trenta mila uomini. Era dnque fatto ai Rodii terribile Demetrio merc s numerosa moltitudine di operai, e tanto apparec chio di lavori eondotti a fine con una' incredibile prestezza. N erano essi colpiti solo dalla grandio* sita di quelle macchine , e dalla moltitudine ondera composto il nemico esercito ; ma pi ancora dalla insistenza, e dall ingegno , che quel Principe met teva negli assedii intrapresi. Imperciocch nell imma* ginare ogni pi sottil mezzo egli era acutissimo , ed oltre quanto sapevano fare i suoi architetti, molte cose egli medesimo sapeva inventare; cos che.ebbe il titolo di Poliorceta , che quanto dire di oppugna tore di citt. Ed era egli veramente ili questa parte di guerra potentissimo e gagliardissimo, a segno che non si dava muraglia, o fortificazione qualunque, che a chi egli assediava potesse prestare difesa. Era poi anche di grande e bella persona a m odo, che tutta dimostrava la dignit delleroe, e faceva meraviglia a v quanti forestieri il vedeano, presentandosi a tutti pieno del decoro della maest reale ; e quante volte usciva, gli correvano dietro non sazii mai di contemplarlo.

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A queste eminenti qualit univa egli alto animo e magnifico, non che del volgo , de principi ancora spruzzatore ; ed in esso lui vedeasi la singolarit tutta sua propria, che in tempo di pace si dava tutto alla ebriet ed ai banchetti, e .alle danze , e ad ogni tri pudio j e per dir breve , imitava il viver di Bacco , secondo che le favole cel rappresentano quando con vers coi mortali ; e questo stesso uomo in tempo di guerra era svelto e sobrio, e tale , che fra quanti avevano a m oversi, e ad operare , sopra tutti e di persona e di mente vedeasi travagliatore instanca* bile \ e sotto il comando e la direzione sua furono fabbricate armi e macchine d ogni genere, e dogni p ortata, che superarono di gran lunga tutte quelle, che V erano mai fabbricate altrove. Cos dopo 1 as sedio , di cui parliamo, e dopo la morte del padre, egli mise in mare le maggiori navi che si fossero ve dute giammai. * Intanto i Rodii , vedute le opere costrutte dai ne mici , alzarono nell interno della citt un muro cor rispondente a quello, che Demetrio era per combatte re j avendo in tale opera impiegate le pietre che era no nel circuito del teatro, il quale andavano distrug g e v o insieme coi vicini palagii e templi, fatto voto ?gli Dei di riedificarne de7nuovi assai pi belli, se la pitt rimanesse salva. Misero pur fuori nove navi , ordinando ai comandanti delle medesime , che isser scorrendo dappertutto, e con improvvisi assalti i legni presi o affondassero, o conducessero alla citt# questi salparono in tre distinte partite. Demofilo^

i 37 uno di que comandanti / con navi che i Rodii chia mano filacidi ( i) , navig sino a Garpanto j e dando addosso a molti bastimenti di Demetrio, alcuni ne ruppe a colpi di ro stri, molti cacciati al lido incen di, ritenuti delle ciurme i prigionieri, da quali potevasi cavare miglior servizio 3 n pochi bastimenti poi condusse in citt di quelli che portavano via biade dall isola. Menedemo, che comandava a tre di quelle navi, che chiamavansi trieremiolie (3), an dato a P atara, citt della Licia, abbruci una nave sorpresa allancora, mentre le ciurme erano sbarcate a terra 3 e molte , che poetavano viveri al campo , catturate, mand a Rodi. Cattur pure una quadrire me che navigava dalla Cilicia , ed era carica di tutte le vesti, e suppellettili reali, da Fila , moglie di Demetrio, a grandi spese allestita, e spedita al consorte. 11 predatore mand questo bottino in Egit-v t o , perciocch si ricchi e superbi abiti di porpora non convenivano che al re. Tutti poi i marinaj di quella quadrireme, e delle altre navi prese, vendette Aminta ,\ capitano delle altre tre n avi, pass alle isole ; e trovate parecchie navi cariche di quanto occorreva per le macchine , alcune ne affond , altre condusse alla citt ; e con esse gli capitarono
(1) Cos chiamavansi le navi mandate a scoprire.
(a)' Per quanto pu trarsi da Ateneo queste navi erano minori di una quadrireme. Ma 'con ci sappiamo poco. Per dopo avere ben considerato ci che ne dicono il Bai/io , lo Scaligero, il Salmasio il Palmiero , il Vesselingio , ed altri, dobbiamo confessare, che non ne sappiamo di pi. N questa infine la maggiore disgrazia he possa avvenirci.

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in mano undici distintissimi artefici, sommamente abili in fabbricare armi e macchine. In citt poi fattasi pubblica assemblea, fu da al cuni proposto che si demolissero le statue di Anti gono e di Demetrio, ragionando he non si avea da tollerare che quelli che combattevano la c itt , par tecipassero degli onori attribuiti ai benefattori della medesima. La quale proposta fu mal accolta dal po polo j il quale rimprover chi l avea fa tta , come persone inconsiderate ed improvvide : sicch n tolse minimamente ad Antigono F onore che dianzi avea avuto in Rodi ; ed assai bene provvide alla sua glo ria , e al suo vantaggio. Imperciocch codesta ma gnanimit } e codesto fermo e buon giudizio mante nuto nello stato popolare furono presso tutti gli al tri grandemente lodati } e crearono poi pentimento negli assedianti. Ed in vero appariva assai strana cosa, che quelli i quali restituivano la libert alle citt della Grecia, le quali niun titolo aveano a tanta benevolenza, a questa poi volessero porre il giogo della servit ? mentre essa dava si chiaro argomento di costante stima e devozione. E la condotta de Ro dii poteva poi giovare in alcun inopiuato caso di fortuna, poich se mai fosse avvenuto che la citt restasse p resa, rimaneva ancora qualche speranza dimpetrar salute in quella certa prova che sarebbe apparsa, d aver tenuta memoria dellantica amicizia. Cos, guidati da singolare prudenza si comportarono i Rodii (i).
(i) Cicerone ha notato, che di tal maniera i Rodii si comporta-

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Demetrio avea gi traforata con mine la citt, quando un disertore indic agli assediati come i mi natori erano gi entro i pomerii. Per lo che i Rodii scavata una profonda fossa di rimpetto al muro che stava per cadere, altre mine con somma prestezza fecero anch essi ; ed incontratisi sotto terra coi ne mici , a questi levarono i mezzi d inoltrarsi di pi. mentre da ambe le parti custodivansi questi scavi sotterranei ? alcuni di quelli di Demetrio cercarono di corrompere con denaro Atenagora, messo dai Rodii alla custodia del luogo. Era costui milesio di nazione, e mandato da Tolommeo capitano di mercenarii. Ora egli promise di tradire la citt ; e fiss il giorno j in cui dovea Demetrio mandare alcuni de suoi capitani principali a penetrare di notte pel sotterraneo nella citt ; e a rilevare il luogo pi op portuno da fare investire ai soldati. La quale avven tura avendo messo Demetrio in grande speranza , egli radunato il consiglio, gli annunci il fatto; indi incaric della impresa un certo Alessandro macedo ne , eh7era uno de suoi pi distinti famiglia ed amici. Ma appena dal sotterraneo fu colui per isbucare in c itt , i Rodii gli misero le mani addosso ; e Atenagora intanto che s bel colpo ad essi procurono anche con M itridate in circostanze simili. Dione Grisostomo ha rimproverato i Rodii del suo tempo , i quali le statue 9 e le lapicU dai loro maggiori innalzate a4 grandi uomini, mutate le iscri zioni , e gli abiti, dedicavano a persone di basso stato e di niun me rito. Ma allora i Rodii non erano pi uomini liberi: la romana tirannide da lungo tempo li ave corrotti assoggettandoli alla co mune servit.

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i opportunamente avvisandoli, guiderdonarono con una corona d oro ) e per onorario gli diedero cin que talenti dr argento ; n omisero alcuna cosa per rendere benevoli verso il popolo i mercenarii e gli ospiti. Frattanto avendo Demetrio terminate le macchine tu tte , e ben appianato sotto le mura il t e r r e n o , mise in mezzo la Elepoli, e distribu all intorno le testuggini in numero d i.otto , quattro da un canto della macchina, e quattro dall altro ; e ad ognuna d esse aggiunse un porticato, affinch quelli che vi entravano, o ne uscivano, potessero con sicurezza eseguire quanto loro veniva ordinato. Due altre te stuggini poi alzy pi grandi delle altre, come quelle che coprir doveano gli arieti. Era ognuna desse ta le che stendeVasi a dugento venti cubiti, ben ar mata di ferro , ed avente la fronte simile al rostro di una nave ; e poteasi facilmente muovere essendo piantata sopra ruote , e spinta nell atto dell azione con efficace impulso da. non meno di mille uomini. Essendosi adunque sul punto d apprestare tutti codesti ordigni alle mura, sopra ogni solajo della Ele poli furono portate baliste e catapulte quante oc correvano: poi si ordin che truppe navali si schie rassero sul porto, e neluoghi vicini; e l esercito terrestre si distribu presso la rimanente parte del m uro, che poteva permettere l assalto. Finalmente essendo gi ciascheduno al suo posto , al segnale dato salza il grido della battaglia, e con sommo im peto da ogui parte la citt viene assalita. E gi da

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gli arieti, e dalle petriere le mura scotevansi, quando sopraggiunti' i legati de1G nidii, chiesero che si so prassedesse , promettendo di persuadere ai Rodii di cedere , per quanto fosse possibile, alle domande del re. E questi soprastette in vero ; ma dopo molti discorsi da una parte e dall altra non si pot ve nire ad accordo ; e allora l assalto gagliardamente di nuovo incominci ; e Demetrio gitt a terra una fortissima to rre, fabbricata con lastroni quadri di pietra ; e di tal modo sconquass tutto il muro in terposto, che non ebbero pi i Rodii mezzo di pas sare agli altri propugnacoli.
C apitolo

XXII.

Il re Tolommeo manda ajuto ai Rodii, Essi resistono meravigliosamente ad un grande assalto , che De metrio fa dare alla citt. Finalmente Vassedio ces sa > e si fa la pace.
In questo frattempo il re Tolommeo mand a Rodi grande quantit di bastimenti carichi di vettuaglia, essendo in essi trecento mila artabe (i) di fru mento, e molti legumi. Ora accadde , che preso avendo il dritto corso verso la citt, Demetrio spedi
(i) Era 1 arlaba una misura usata dai Persiani, dai Medi, e * dagli Egzii.Presso i Persiani, secondo che dice Erodoto * veniva a comprendere tre chenicii attiri pi del medinno attico. Presso i M edi, se si d mente a Sfida e ad Epifanio , era eguale al me diano attico. Presso gli Egizii, secondo Remnio Fannio , equiva leva a tra modii e a terzo.

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alla Tolta di que bastimenti navi sue perch al suo campo trasportassero quella vettuaglia ; ma quelli approfittando di vento favorevole ? a piene vele ap prodarono al porto a cui tendevano ; e la gente di Demetrio ritorn senza essere riuscita nel colpo ten tato. Anche Cassandro mand a Rodi dieci mila me dinni d orzo, e Lisimaco quaranta mila di frumen to } ed altrettanti d orzo ancora : ai quali soccorsi la citt si confort, e gli assediati che ornai erano scoraggiati, presero animo. E pensando che sarebbe loro giovato assai, se avessero assaltate le macchine de nemici, si provvidero di una grande quantit di frecce incendiarie ? misero sulle mura tutte le bali * stc e catapulte che avevano, e nella susseguente notte , circa la seconda vigilia ? improvvisamente at taccarono con un iteessante nembo di pietre le sen tinelle ; ed altri adoperando d ard i, ed ogni genere di frecce ignifere , quanti de1nemici accorrevano, ferivano da tutte le parti. La gent di Demetrio, cosi contro ogni aspettazione assaltata ebbe per suo primo pensiero quello di salvare le macchine ; ma non ^splendendo in quella notte la lu n a , la sola luce vedeasi delle fiaccole violentemente scagliate, e nel turbine delle saette' tratte dalle catapulte, e dei sassi uscenti dalle baliste, sntivasi ferita senza co noscere il come. Ed erano gi dalla macchina cadute alcune lastre , e sullo scoperto legname incomincia vano a lavorare Ite fiaccole ; laonde Demetrio , per paura che crescendo il fuoo quella gran mole ve nisse tutta consumata ; corse pi che pot presso al

i 43 riparo, e fatta recare ne solai d essa quantit d ac qua cerc d estinguere le fiamme; e per ultima miaura, fatti a suou di tromba chiamare artigiani ed operai destinati al servizio delle macchine , le fece trasportare fuori di tiro. Venuto poi giorno, ai bagaglioni ordin che racco ntassero le frecce e i dardi tratti dai Rodii, volendo da ci estimare lindustria con cui gli oppidani aveano proceduto ; e di frecce ignifere, diverse nella gran dezza, se ne contarono pi d ottocento , n meno di mille cinquecento erano stati i dqrdi scagliati dalle catapulte : cos che al cqnsidejrare tanta quantit di projettili usati in poche ore della notte , ebbe a ri manere meravigliato delle tante provvisioni di cose di guerra, che la citt avea, e della spesa enorme che per queste essa sosteneva. Ripar egli intanto il guasto sofferto, fece dare sepoltura agli uccisi, e ai feriti i soccorsi convenienti. Il che fatto avendo che rimanesse sospeso V uso delle macchine, gli oppidani ebbero tempo di alzare un terzo muro in forma di mezza lu n a , comprendendo nel giro del medesimo quelle parti di muraglie che trovavansi in pericolo. La parte poi d mupaglia, eh era caduta, cinsero di un fosso profondo , onde il re mettendo pure in moto quella sua gran mole , non potesse per qua lunque gagliardo assalto entrare in citt. Mandarono inoltre fuori alquante navi delle pi veloci, datone il comando ad Aminta , il quale ito al continente pi lontano dell1Asia piomb improvvisamente sopra ad alcuni -corsari mandati da Demetrio con tre navi

aperte , e tenuti pei pi valorosi che militassero per quel re. Nel quale incontro non fu lungo il combat timento seguitone ? e i Rodii presero quelle navi in sieme cogli uomini che v erano sopra, fra i -quali trovavasi anche Timocle capo de medesimi. Assalt pure Aminta vani mercatanti, a cui lev non poche barche cariche di frumento j e tanto poi queste 3 quanto quelle de corsari, di notte tem po3 . e senza che i nemici se ne avvedessero 7 condusse in Rodi. Demetrio poi , messo che ebbe in buon ordine le sue macchine , le avvicin ancora alle mura ; e fa cendo scialacquo d ogni sorta di dardi , e di frecce 7 e di sassi , cacci dai propugnacoli i difensori ? e il vicin muro conquassando cogli arieti , rovesci due bastioni ? nel mezzo dequali gli oppidani difendendo con ogni loro sforzo una torre ? fierissimi oltre ogni dire si fecero gli azzuffamenti , gli uni succedendo agli altri senza intermissione , di modo che anche Am inta, comandante dei Rodii, mentre con grande fiducia c ombatteva, rimase m orto, e con esso pa recchi altri soldati. Mentre succedevano questi fatti , Tolommeo re fece una spedizione di frumento 5 e d altri/comme stibili } in quantit non minore dell antecedente , e vi aggiunse mille cinquecento soldati 7 capitanati da Antigono macedone. Nel qual tempo andarono a trovare Demetrio legati degli Ateniesi e d altri Gre ci ? in numero d oltre cinquanta , i quali tutti pre gavamo a finire quella guerra. Laonde fu fatta tre gua ) e molti e diversi parlari s interposero e col

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j 45 popolo rodio , e con Demetrio ; mp nemmeno questa volta si pot venire ad accordo: sicch que legati partirono senza aver fatto milla. Demetrio pens di poi di dare un assalto di notte alla citt r cercando d entrarvi dalla parte in cui il muro era rovesciato Al quale intento scelse mille cinquecento de9pi risoluti e capaci. A questi aduuque ordin d appressarsi quietamente al muro verso la seconda vigilia ; e tenendo disposti tutti gli altri soldati suoi, a comandanti delle varie schiere ordin che subito che da lui fosse dato il segno tutti alzato grande schiamazzo assaltassero la citt per terra e per mare. Fu da ognuno eseguito 1 or dine y ed itfunantinente molti recatisi ove il muro era minato , immantinente , uccise le sentinelle che stavano al fossoy entraron dentro la citt, ed occupa rono i luoghi intorno al teatro. I capitani de Rodii, inteso quanto era seguito , ai difensori del porto e delle mura ordinarono , che ognuno stesse fermo e difendesse il suo p o sto , > respingesse il nemico che e assaltava al di fuori ; ed essi intanto con uno squadrone di sceltissima gente, e coi soldati venuti di recente da Alessandria , andarono addosso a quelli eherano penetrati in citt. Venuto poi giorno, avendo Demetrio alzato il suo stendardo , tanto quelli che aveano invaso il porto y qunto gli altri che circon dato aveano il m uro, con gran clamore cercarono di animare coloro, i quali s erano appostati ne* con torni del teatro. Perci ragazzi e donne y scorrendo a turbe la citt , tremanti facevano gran piagnisteo ,

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credendo che la patria fosse presa. Ma venutosi alle mani tra quelli eh1 erano entrati nella c itt, e i Ro dii , quantunque molti da una banda e dall altra restassero uccisi, durava sul principio ognuno a te nersi fermo nel suo posto : se non che cresciuti es sendo i Rodii pel concorso di molti che venivano a rinforzare i loro , tutti risoluti d'incontrare gni pericolo , poich combattevano per la patria , e per tutto ci che avevano di pi caro al mondo y quelli di Demetrio incominciarono ad essere gagliardamente incalzati; ed Alciino e Man zia caporioni degli altri, furono uccisi ; e de rimanenti parte peri combatten do , parte cadde prigioniera de' nemici ; e pochi sai* varonsi fuggendo verso il re. Anche de Rodii perdet tero la vita parecchi, fra i qupli fu Damotele Pritanio , che si era grandemente segnalato pel suo coraggio. Non ostante per che a Demetrio paresse dalla fortuna levarglisi di mano il soggiogamento di quella citt j preparavasi ad assaltarla di nuovo. Ma aven dogli suo padre scritto che a qualunque patto facesse pace coi R odii, egli aspettava un incontro ppor* tuno onde parlare di pace con certa dignit. Anche per parte de Rodii incominciava a nscere una in* clinazione alla p ace, dappoich Tolommeo, il quale avea scritto loro alquanto prima come era per soc correrli una terza volta con grosso convoglio di fru mento e con tre mila uom ini, di poi li esortava ad un aggiustamento , se fosse stato possibile , di* screto* Erano pure in quel tempo venuti per parte della nazione degli Etoli legati a cercare d'insinuare

la pace (i). Adunque la pace si stipul tra i Rodii e Demetrio a questi p a tti, che la citt de Rodii fosse libera, senza presidio alcuno, e padrona as eoluta delle sue rendite ; che fosse alleata con An tigono , e comuni con esso avesse le arm i, eccetto il caso di guerra con Tolommeo , che desse ostaggi cento de suoi cittadini a scelta di Demetrio , .fuori per di quelli 'i quali avessero magistrato (a).
(x) Plutarco servendo a<l una sua prevenzione d tatto t merita della mediazione agli Ateniesi, e toglie agli Etoli la parte loro do vuta , e 1 influenza assai maggiore eh* ebbero nella oosa. Vero * che agli Ateniesi allora in guerra con Cassandro premeva di ve dere liberi dall* assedio i Rodii, che forse speravano d avere ausi liari : ma pi vero che Demetrio contava sugli Etoli , coi quali pi abbass dicesi che fece lega, per le forse maggiori con cui, secondati dalla situazione, potevano essergli di vantaggio volendo portare la guerra in Macedonia, (a) Non saprebbesi dire su qual fondamento V itrw io lasciasse scritto che 1 architetto Diognclo mettesse tale impedimnto alla * Elepoli di Demetrio , eh* essa non pot n procedere , n retroce dere. N similmente si pu intendere quanto, dice Phuareo non ve ramente nella vita di Demetrio , ma soltanto ne suoi Apoftegm i, cbe D em etrio , fatta la pace co* Rodii a lasciasse loro quella macchina* Quest* ultima supposizione assurda, poich la dignit di qul re , che pur diede le condizioni della pace, n'avrebbe sofferto. La prima sarebbe di tal caraUere da non potere assolutamente essere tata ignorata da Diodoro , che tante parliqolarit diligentemente ha raccolte intorno a questo assedio. Se il fatto di Diogneta fosse vero, converrebbe tenere per romanzo una gran parte delle cose da Dio~ doro esposte, le quali per hanno per s l* autorit di scritteti con* temporanei > o di posteriori di poco agli avvenimenti narrati*

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C apitolo XXIII. / Rodii rimeritano ampiamente quanti aveano loro prestata opera per la salvezza della citt. Demetrio si volge a dare la libert alle citt greche tenute in soggezione da Cassandro. Angherie di gatocle contro gli abitanti di Lipari, e tristi casi a lui occorsi. 1 Ronfani fanno pace coi Sanniti. Di tale maniera dopo lassedio di. un anno 1 Rodii riebbero la pace, e furono g rati, e con degni premii rimeritarono quanti si erano comportati da valenti uomini ) e dichiararono cittadini, fatti in prima li beri , gli schiavi y che si erano nel servigio pubblico distinti. Alzarono parimente statue ai re Cassandro e Lisimaco e a quanti di mene glorioso grado aveano assai fatto per salvare la citt. Rispetto poi a To lommeo per rendergli ampio guiderdone, siccome desideravano, mandarono teori in Libia ad interro** gare 1 oracolo di mmone sul punto , se pensasse * esso che quel re si dovesse venerare come un diQ. Ed avendo l oracolo risposto affermativamente, essi a Tolommeo consacrarono dentro la citt un bosco quadrato, ad ogm lato del quale costruirono un portico lungo uno stadio > e chiamato il Tolom meo. Ristaurarono pure il teatro , e quelle porzioni di m ura, eh1erano state abbattute, e gli altri luoghi dalla guerra o per cagione d essa ruinati ; e con eleganza tutte queste cose ristabilironsi maggiore di quella cqn cui fossero state dianzi fatte.

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Demetrio ratificata coi Rodii la pace , a seconda degli ordini del padre salp con tutta la sua gente; e fatto il giro, delle isole and ad Aulide in Reo-* s ia , mettendo in libert i Greci ; giacch Cassandre Polisperconte sciolti da ogni timore per la lonta nanza del nemico, da aleuti tempo aveano messo a ruba parecchi cantoni di Grecia. Ora Dente trio prn mierament pose .in. libert la citt de'Calcidesi, in cui tenevano presidio i Beozii; e messo neBeozii un grande spavento -, li obblig ad abbandonare 1 atni ci zi a di Cassandro. Poi fatta lega cogli Etoli, si pre-* par, alla guerra contro Polisperconte e Cassandro* Le .quali cos mentre andavano succedendo, ac* cadde che mor dopo sei anni di regno Eumelo re del Ponto ; ed ebbe p er successore Spartaco suo fi* .gliuolo, il quale ne regn venti Or dette per noi le cose riguardanti la Grecia e r Asia , aggiungeremo quelle delle altre, parti del .mondo. In Sicilia gatocle improvvisamente aud sopra i Liparini, che viveansi in piena pace; e senza averne avuta ingiuria alcuna, volle da essi cinquanta talenti d argento. Nella quale Occasione da molti sebbe per miracolo quanto diremo in appresso; p*scia chiarissimamente si vide punita la malvagit scellerata. Pregavano, i Liparini, che fosse loro data un respiro pel pagamento di tanta somma, non aven dola essi tu tta , n , come dicevano, stati Usi mai A porre le mani sulle preziose cose consacrate gli Dei. Ma gatocle volle a tutta forza il denaro eh* trovavasi nel Pritaneo, porzioni dei <juale} cetM

i 5q dalla iscrizione appariva, ersi consacrato ad Eolo j e porzione a Vulcano (i). Avuto adunque in s fetta maniera il denaro fece vela , e part. Ma sorto un v^nto gagliardissimo undici navi cariche di quel de naro furono spezzate. Cos quegli, che in queluoghi dicesi comandare ai venti, parve a molti essersi ven dicato della ingiuria ricevuta* Vulcano p o i, sul fine della vita di gatocle, mediante la stretta unione del suo nome col fuoco, abbruciandolo vivo sopra ardenti carboni, diede al tiranno nella stessa - sua patria il supplizio alla di lui empiet dovuto. Ed apparve aver voluta eguale giustizia e quando salv dall incendio quelli che i loro genitori ricoveravano alle falde del Etna , e quando la, sua forza esercit contro gli empii verso il nume. Ci che intorno al fine di gatocle si qui accennato, vedrassi con fermato quando saremo giunti al tempo conveniente. Del resto dovendo restringere in breve gli avve nimenti succeduti nelle attigue parti d Italia, diremo che i Romani e i Sanniti, dopo avere fatta guerra in sieme pel corso continuato di ventidu# anni e sei mesi, per mezzo di legati fecero pace. P. Sempronio p o i, uno de consoli, ito ad assaltare il paese degli Equi, in cinquanta giorni al pi prese quaranta borgate di quel popolo ; e forzatolo alla sudditanza di Roma,
(i) Il Vcsulin&io vuole, che qui non si trattasse di danaro, come Diodoro suppone, ma di statue consacrate a Vulcano e ad E oloy che in Lipari aveano speziai culto. Fa pi meraviglia, che quel valentuomo solito a mettere nelle sue opinioni grande circospezione, abbia avanzata questa , di ui non allega alcun minimo fondamento.

i 5i al suo ritorno trionfo con grande solennit. I Romani poi fecero lega coi Marsi , coi Peligni, e coi Ma* ruccini.
Capitolo XXIV.

ItnpreSe di Demetrio nell* Acaja. I Tartntini ottengono dagli Spartani per comandante Cleonimo y il quale 'empie tutto di rapine e di scandali. Vicende d i costui. ,
Essendo passato queir anno } venne fatto arconte in Atene Leostrato, e in Roma furono creati consoli Servio Cornelio, e Lucio Genucio. Tenendo pertanto questi il governo della repubblica, Demetriorprese p far guerra a Cassandro, a restituire ai Greci la lib e rt , e pi di tutto a porre le cose della Grecia iu buono stato : la quale impresa egli pigli tanto perch stimava molta gloria dovergli provenire dalla libert data a que1 popoli, quanto per la speranza che avea di distruggere i capitani di Cassandro che .erano uniti con Prepelao. 11 che fatto, sarebbesi pqi rivolto contro Cassandro stesso, e al centro delr imperio. Era allora la citt di Sicione presidiata dalla gente del re Tolommeo $ e vi comandava Fi lippo j che godeva di grande e splendida rino manza. And adunque Demetrio a darle un9 as salto improvviso di notte ) e penetratovi dentro j il presidio si ritir tosto nella rocca. A llora, padrone della citt, Demetrio si appost tra la rocca e le

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case ; ed era per piantare le macchine onde combat tere la rocca , quando atterriti dall1apparecchio quelli che v eran dentro , vennero a p a tti, la consegna rono , e partirono condotti in Egitto. Quindi avendo Demetrio persuaso ai Sicionii di portarsi ad abitare nella rocca, quella porzione della citt che stendevasi verso il porto , la quale era molto fortificata , spian. Nella quale opera egli fu ajutat dagli oppi dani istessi, i quali , essendo stati da lui restituiti all* antica loro libert f onori divini tributarongli per F insigne beneficio ricevutone. Quindi che e la citt loro chiamarono Demetriade, e decretarono che ogni anno gli si dovessero fare scrifizii e radunanze festive, e giuochi, ed altri onori, come a fondatore: ma ttRte codeste cose, per le mutazioni indotte dai tem pi, rimasero abolite. Intanto i Sicionii ottenuto sito per abitare migliore Assai di quello di prima , ivi stettero continuamente 'sino allet nostra. E in fatti il sito della rocca piano e spazioso, ed dogni intorno di difficile accesso pei precipizii che il circondano ; n macchine possono apprestarvisi per travagliarlo. N poi vi manca 1 acqua ) e perci po terono formarvisi degli orti fertilissimi : sicch appa risce la sagacit di quel r , il quale egregiamente provvide ai Sicionii per quanto in pace pu deside rarsi di piacevole , e di difesa sicurezza in occa* sione di guerra. Demetrio cos composte le cose de1Sicionii, con tutto l esercito suo'mosse verso Corinto , tenuta al lora con presidio da Prepelao, luogotenente di Gas-

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sandro. Ivi subitamente per una porticella di notte tempo introdotto da alcuni cittadini, s1impadron delia citt e dei porti ; cd essendosi il presidio ri coverato parte nel cos detto Sisifo ( i) , parte nelT Acro-Corinto , col mezzo delle macchine di guerra , dopo molti stenti, di viva forza prese il Sisifo. Quelli, che presidivano quel luogo forte , non potendo di fenderlo p i , erano iti ad unirsi agli a ltri, che sta vano nell1Acro-Coritoto ; ma Demetrio seppe strin gere anche questi a modo, che li sfott ad arren dersi imperciocch a questo principe, quando assediava alcun luogo, non poteasi in alcun modo resi stere : essendo valentissimo in'trovare ogni pi effi cace mezzo di espugnare qualunque fortificazione. Quantunque-poi egli desse ai Corintii la libert, pur tenne guarnigione nell1Ae?o-Corinto e ci 1 ad , istanza de1 cittadini medesimi, i quali desiderarono di stare .sotto la protezione del re fino a tanto che durasse la guerra con Cassandro. Cacciato adunque vergognosamente di Corinto Prepelao, costui and ad unirsi a Cassandro. Demetrio dal canto suo ito in Acaja s1 impadron a viva forza di Bura (2) ; e mise in Kbert anche i cittadini di questa : cos pochi giorni dopo fece di Sciro , avuta che P ebbe in suo
(1) E ra questo tra monumento consacrato alla memoria di ' Sisifo 9 re aniichisnmo di Conato. () Ricorderannosi i nostri leggitori, che altrote Diodoro ha raccon tato come questa citt fu orribilmente sommersa. d' uopo dunque supporre , che un' altra delle lesse aoaae fesse stala di poi fenduta nelle Tteinanae^

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po tere, cacciatone il prsidio $ e di tale mahiera li ber tutte le altre citt dell Acaja ; e mosso il campo verso Egio> lo assedi, intimando a Strombico , co mandante del presidio , cbe gli consegnasse la citt. Costui per non volle cederla; ed anzi dalle mura .ard gridare contro Demetrio con ogni genere <T in giurie ignominiose. Per lo che Demetrio fatte appres sare le macchine , e rovesciate le mura della c itt, F ebbe poi per assalto ; fece crocifiggere in faccia della citt tnto quello Strombico, che ivi era stato posto per comandante da Polisperconte, quanto gli altri suoi nem ici, i quali furono ottanta : gli stipen diati p o i, eh erano circa due mila , adati prigio nieri di guerra, arruol nelle sue schiere. Espugnata questa c itt, le castella del contorno, conoscendo essere impossibile il sostenersi contro il re, per isfuggirne.lo sdegno,, si misero di buon garbo a sua devozione. E fecero poi lo stesso tutti quelli che presidiavano le altre c itt , veggendo che non rice vevano rinforzi n da Polisperconte, n d a Cassan dro ; e che Demetrio poteva ad ogni momento piom bar loro addosso con tanta forza darm i, e di mac chine eccedenti ogni ordinaria misura. Cos andavano allora le imprese di Demetrio. In Italia i T arentini, guerreggiando coi Lucani e Romani, mandati ambasciadori a Sparta, chiedevano ajuti , e Cleonimo per capitano supremo. Gli Spar tani volentiri accordarono Cleonimo ; e i Tarentini misero insieme denari e navi : ond che Cleonimo radunati al Tenaro di Lacnia cinque mila soldati s

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rapidamente navig a Tarento , ove presi a soldo avventurieri in numero non inferiore ai prim i, e fatta leva anche di oppidani, ebb? venti mila fanti , e due mila cavalli. A questi aggiunse pure Greci ed Itali parecchi, e la nazione de Messapii. Per s nu meroso esercito postisi in gran paura i Lucani , si riconciliarono coi Tarentini > e fecero amicizia di nuovo. I soli Meiapontmi non vollero abbassarsi; e quindi nacque che Glenimo incit i Lucani ad an*dare insieme con esso lui a dare il guasto alle cam pagne di quelli; ed assalitili li gitt in gran terrore; di pi entrato nella loro citt come amico , lev Joro pi di seicento talenti d argento, e volle in ostaggio dugento vergini, non tanto a sicurt di loro fede, quanto a satollamente di sua libidine. Imper ciocch colui, gettato via il sacco laconico , consu mava il tempo in delizie , e rendeva schiavi quelli, che s erano commessi a lui: e mentre poi avea s bello esercito e provveduto dogni cosa opportuna, egli non fece alcuna cosa degna del nome spartano. Vero che avea ideato di fare una spedizione in Sicilia, , quasi, rovesciata la tirannide di gatocle, mirasse a restituire ai Siciliani l antica libert; ma abbandonato poi quel pensiero pass a Corcira, ed impadronitosi della citt, volle per forza una gros sissima somma , e vi pose presidio , meditando di prevalersi di quella citt come di una rocca di guer r a , e di l dar la legge ai Greci. Non tardarono a presentargli*! legati di Demento Poliorceta, e di Cassandro , p tr trarlo in lega eoa

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essoloro : ma non si urti con nessuno. Qindi atfett* do inteso che i Tarentini, ed alcuni altri popoli aveanlo abbandonato, lasciato in Corcira un suffi* ciente presidio, colle altre sue truppe pass in Italia con disegno di punire que contumaci} ed approdato . ad Ora, d vera guarnigione di Barbari, prese quella citt, ne vendette gli uomini all a sta, e ne devast con ampio saccheggiamento la campagna. Cos espu-gnata anche Tripio fece da tre mila prigionieri. Circa il qual tempo i Barbari di quel paese raduna* tisi in un buon corpo investirono di notte il suo a o campamento, e pi di' dugento soldati gli ammazzai rono , e presso a mille ne presero vivi ; e a questo disastro T altro ancora si aggiunse , che nel tempo medesimo una tempesta suscitatasi gli fracass venti navi , le' quali stanziavano quasi presso il suo ac* campamento. Travagliato da tutti questi rovesci Gleo* nimo navig'di nuovo cli esercito a Corcira* C apitolo XXV.

Cassandro non potendo aver pace da Antigono , fa lega contro di lui con Tolommeo, con Seleuco, e con Lisimaco. Spedizione di Lisimaco in Asia. Antigono muove contro di lui y e chiama a s dalla Grecia Demetrio.
Nicocle fu nell anno dopo arconte, ih Atene j e in Roma furono consoli M. Livio, e M. Emilio. In quel texnpp da gravi pensieri era preso Cassandro re di

Macedonia, vedendo come ]e forze de1Greci cresce vano , e che tutto il peso della guerra tendeva a piombare sopra di lui : n sapea come le cose pdr tessero finire. L espediente che immagin, fu di mandare in Asia legati ad Antigono onde, aver pace, E poich Antigono rispose non conoscere via di pa ce , a meno che Cassandro non si rimettesse totale mente a discrezione sua , preso da terrore chiam dalla Tracia Lisimaco per comunicargli un tale stato di cose. Era egli stato sempre solito nelle maggiori sue angustie a ricorrere a lui e per la somma esti mazione in che il teneva, e per essere confinante alla Macedonia. Intrattenutisi questi due principi in sieme intorno a ci che potesse essere di comune vantaggio , mandarono legati a Tolommeo re d Egitto , e a Seleuco che dominava nelle prpvincie superiori dell Asia , esponendo .le superbe risposte di Antigono, e come comune era a tutti il pericolo di quella guerra. Imperciocch se Antigono diveniva padrone della Macedonia, presto avrebbe spogliati gli altri deregni loro. Avere gi altre volte mostrato a che tenda : ch avuto uno stato aspira ad averne un altro; ed in sostanza s arroga limperio intero senza volere compagni. Essere dunque conveniente che tutti gli altri si uniscano insieme ; e tutti fac ciano in comune la guerra contro di lui. Tolommeo e Seleuco, trovando giusto i( ragionamento , aderii yono volentieri, e deliberarono di concorrere con numerose truppe all impresa. Ca^s^ndro intanto pen? non dovere aspettare

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Farrivo del nem ico, ma entrar primo in -campagna, e anticipare le operazioni ohe si credessero conve nienti. Perci nna porzione del suo esercito e il ca pitanato generale con esso consegn a Lisimaco; ed egli col rimanente mosse verso Tessaglia per affron tare Demetrio e i Greci. Lisimaco adunque con quelle truppe dall Europa pass in Asia , dichiar liberi i Lampsaceni e i Parii postisi spontaneamente nel suo partito ; ed espugnato il Sigeo vi pose presidio. Indi consegnati a Prepelao mille seicento fanti, e mille cavalli, lo mand a prendere possesso delle citt della Eolide e della Jonia; ed egli volendo an dar sopra A bido, mise insieme quantit d arm i, di macchine, e d altre cose occorrenti. Ma al soprag giungere per la via di mare nna moltitudine d ar mati atti a difendere quella citt, che li mandava D em etrio, egli abbandon quel pensiero ; ed assog gettata la Frigia fino all Ellesponto, cinse dassedio la citt di Sinada, nella quale erano i magazzini da guerra del re. Era allora ivi Docimo, luogotenente di Antigono ; e pot indurlo a mettersi nel suo par tito , e per mezzo suo ad avere Sinada, e alcune castella, nelle quali erano nascosi i tesori reali. In quel frattempo Prepelao, mandato da Lisimaco nella Eolide e nella Jo nia, di passaggio prese Adram ittio, assedi Efeso , e messo spavento negli abi tanti di questa citt, l'ebbe a devozione, rimandando alla loro patria cento ostaggi de Rodii ivi trovati. Gli Efesii per lasci liberi; ma ne incendi tutte le pavi cheran nel porto., a cagione che allora tenevano

al dominio del mare 1 nemici , e P esito della guerra era totalmente njcerto. Di l pass a Teja e a Co* lofone ; e le sottomise anch esse. Essendo giunti per la via di mare soccorsi agli E ritrei, e ai ClazQjne* n ii, non pot prenderne le citt ; ma ne devast i territori; e siboltr a Sardi, dove lusingato Fenice, luogotenente di Antigono, ad abbandonare il par* tito di quel re , n ebbe la citt, ma non la rocca y la quale era tenuta da Filippo , uno de9parenti di Antigono, il quale grato alla fede, clie il re poneva in lu i, colla fede sua il ricambi; In questo stato erano allora le cose di Lisimaco. Antigono in quel tempo solenni feste, e un grande concorso di gare avea aperto in Antigonia , e pr** posti splendidissimi premii e mercedi, da tutte parti chiamava atleti ed artefici. H a udita la passata di Lisimaco , e .la diserzione de soldati, interruppe i giuochi, e agli atleti ed artefici pag una somma non minore di dugento talenti. Poi prese seco le truppe dalla Siria a marcie sforzate and contro i nemici. Giunto a Tarso di Cilicia pag l esercito per tre mesi col denaro che trasportato avea dal castello di Quindi; ed oltre quella somma avea por tato colP esercito tre mila talenti, onde venendo bi sogno avesse con che fare ogni spesa. Valicato poi il monte T a u ro , s avvi verso la Cappdocia, e i ribelli nella Frigia superiore e nella Lacaonia obbli* g a ritornare a1 suoi stendardi. Nel qual tempo Li simaco avuta la nuova delP arrivo di lu i, fatto eoo* iglio co1suoi venne a ccrcarc che cosa nella ureo*

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stanza dovesse farsi; e fa unanime opinione che nonr si avesse a venire a battaglia fino a tanto che Se-, leuco non fosse giunto dalle provincie superiori; m a che si occupassero i luoghi pi fo rti, e ben muniti con isteccati e con fossa , s aspettassero i nemici. Cos fec egli, diligentemente eseguendo quanto era stato deliberato. Ma Antigono venuto vicinissimo ai nemici, mise in ordine di battaglia le sue truppe, e andava provocando alla pugna; e non uscendo fuori nissuno, egli and ad appostarsi in alcuni luoghi, da quali per necessit i nemici traevano la vettuaglia : cos che Lisimaco temendo che gli fossero in tercettati i viveri, ed egli venisse obbligato a cadere nelle mani dell7emulo, di notte tempo si lev di l , e fatti quattrocento stadii si accamp presso Dorileo ; luogo abbondante di frumento e d ogni altro com mestibile , e in cui scorreva anche un fiume, che serviva di baluardo al campo. Ivi adunque mise gli alloggiamenti, alzato intorno Un vallo, e scavata una* fossa profonda, e tutto coperto intorno con tre or dini di steccati. Udita Antigono la partenza de nemici si pose ad inseguirli ; ed avvicinatosi al loro, campo, vedendo che nissuno volea venire alle m ani, incominci a circondarlo con una fossa, e volendo porvi in to rn o lassedio fece trasportare catapulte e dardi, ed o g n i cosa occorrente. E come poi intorno alla fossa g ira vano volteggiatori, e que di Lisimaco cercavano d i tener lontani colle frecce e i dardi i nemici, in t u t t i que fatti U vantaggio era sempre dallaparte di Ai*-

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tigono. E d era gi passato qualche tempo quando i lavori che Arftigono faceva fare y erano giunti a term ine, e gli assediati incominciavano a mancare di viveri: siceh Lisimacor colta loccasione di una pr* cellosissima notte y si lev da que luoghi, e and a certe alture per isvernarvi. Appena fatto giorno es sendosi Antigono accorto della partenza del nemico, gli and dietro y ma siccome cadevano allora grosse piogge , e il paese per cui marciava , era bassissimo e pantanoso, gli morivano giumenti e umini non pochi y e l esercito era costretto a lottare con,ogni genere di difficolt : ond che tanto per dare alle sue truppe un sollievo y quanto perch gi si appros simava T inverno , Antigono lasci d inseguirlo ; e scelti opportuni luoghi , <per essi distribu le su? schiere. Avvisato poi che dalle Satrapte ulteriori con numerosa gente scendeva Seleuco , mand alcuni in Grecia a Demetrio y onde questi al pi presto an dasse a lui coll esercito y temendo egli soprattutto , nel caso che si unissero a combatterlo tutti insieme colle loro forze i re confederati , d essere costretto a venire con essi a battaglia decisiva di tutto prima che gli giungessero le truppe d'Europa. Anche Lisi* maco poi mise a svernare il suo esercito nelle terre di Salmonia , essendosi procurata copiosa vettuaglia da Eraclea, cogli abitanti della quale egli avea con tratta affinit per la ragione che sposata avea Amestri ? figliuola di Ossiarta 3 e nipote per parte di fra tello del re Dario, stata data dianzi da Alessandro in moglie a Cratero y ed avente a quel tempo in do

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minio suo quella citt. Cos andavano allora le cose dell Asia.
C apitolo

XXVI. *

Demetrio si fa iniziare estraordinariamente in Atene nei misterii eleusini. Libera moke citt greche , e dovendo partire per VAsia fa un accordo con Cas* sandro. Sua -campagna in Asia . Sventurata spedi* wione ili Pleistarco verso Lisimaco. Seleuco in Cap* pqdocia. Tutti a quartieri d inverno
In Grecia intanto Demetrio , stando in A tene, era desideroso di farsi iniziare ne mister) cF Eleusina ' come molto tempo v era ancora prima cbe giun gesse il giorno y in cui secondo le leggi gli Ateniesi erano soliti a celebrare le iniziazioni, domand cbe a riguardo suo volesse il popolo cambiare il patrio costume. Il che essendo stato accordato, egli presentssi inerme ai sacerdoti , ed estraordinariamente iniziato , part poi di quella citt , fatte gi radu nare e la flotta e le truppe di terra presso Calcide nella Eubea (i). Avendo poi inteso, che Cassandro
(i) Questo finto illustrato egregiamente dal Vesselingio. Deme trio , die' egli, era andato ia Alene nel mese di munichione, e i piccoli misterii eleusini si erano celebrati nel mese di auteslerione, e i maggiori rimanevano a celebrarsi in quell* d boedromione. Vo lendo dunque Demetrio essere iniziato n#gli uni e negli a ltri, per un decreto del popolo , suggerito da Stratocle , fu ordinalo che il mese di munichioQe fosse chiamalo anieslerione ; e in esso Dentetrio fosse inizialo ne* piccoli misterii 5 iniziato poi di questa manie-

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avea occupati tutti i passi, non pens di andare in Tessaglia per te rra , ma condottosi coli1esercito ai porto di Larissa, e messe le truppe a terra , al primo suo presentarsi ebbe quella citt ; indi espu gn la rocca , e fece prigioniero il presidio , dando agli abitanti la facolt di reggersi colle proprie leggi. Poi ebbe ancora Proua ? e Pteleo. Cassandro avea ordinato ai presidii di Dio e di Orcomeno di recarsi a Tebe 5 e Demetrio tagli loro la strada. Per lo cbe Cassandro veggendo come tutte le imprese a Demetrio riuscivano b en e, guarn* di pi numerosi presidii Fera e T e b e , e raccolto in un .luogo solo tutto il suo esercito j si accamp in faccia dell7emulo. Ayeva egli in tutto ventiquattro mila e sei cento fanti j e due mila cavalli. Le forze di Deme trio consistevano in mille cinquecento cavalli, in tre mila seicento Macedoni, e in quindici mila stipen diati. Oltre ci avea venti mila e seicento uomini tolti dalle citt greche , e ferentarii , e una massa di pirati d ogni generazione soliti ad accorrere ovunque sia guerra ed occasione di rapine ; e tutta questa ciurmaglia non formava meno di ottomila per sone. Erano gi da molti giorni i due eserciti, V uno in presenza dell1altro , e mssi in ordine di batta glia ; ma nissuno voleva venire alle mani, aspettando F esito di ci cbe farebbesi in Asia. In quel frattempo
n , il mese di munichioiie stato dichiarato essere quello di antelenone, ebbe anche la denotniuaaione di boedromione ; e qon quel titolo pot in esso Demetrio iniziarsi ne mieterli maggiori* Cos la politica seppe guidare la religione.

Demetrio a riehiesta de Ferei avendo mandata n porzione del suo esercito alla loro citt , ebbe que** sta in sue mani ; ed espugnatane poscia la rocca , lasci andare per capitolazione i soldati di Cassandro ; e restitu la libert ai Ferei.. Erano in questa situazione le cose in Tessaglia, quando giunsero a Demetrio altri- messi di Antigono, per dirgli cbe sollecitamente trasportasse in Asia le truppe. Vedendo egli adunque la necessit di con fo rmarsi agli ordini- del p ad re, venne ad accordo con Cassandro , 'salva 1 approvazione di Antigono , punto per non dubitando che questi non fosse per disapprovar tutto , poich, avea stabilito di defi nire la contesa colle armi ma egli veniva ad un accordo , perch voleva che il suo partire di Grecia avesse tutta la dignit di un capitano che muove liberamente, e non F umile apparenza di uno che fugge. Ne capitoli dell accordo avea per speziai* mente stipulato , che le citt di greco nom e, non solo'di Grecia, ma eziandio dvAsia 7 fossero libere. Ci fatto , allestite navi di trasporto pe soldati, e i convogli militari , mise alla vela con tutta Tarm ata, e passando per le isole a dirittura and, ad Efeso , ove messo 1 esercito a campo 7 la citt ridusse al pristino reggimento ; e ne lasci andare tranquillo il presidio , di cui Lisimaco avea dato il comando a Prestelao. Quindi messa nella rocca Una guarnigione di suoi ? portossi sull Ellesponto ? ove . ricuper i Lampsaceni e i Parii ; e insieme con essi le altre citt y clic dianzi aveano voltata bandiera. Dipoi ito

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ftle bocche del Ponto, si trincier presso il tempio deCalcedonii ; e a difesa del luogo lasci tre mila fanti, e trenta navi lunghe ; e le altre sue schiere distribu per le varie citt onde in esse svernassero. Circa quel tempo , Mitridate , soggetto al) imperio di Antigono, credutosi passato alle parti di Cas sandro , fu ammazzato in Ci di M isia, di c u i, co me pure di Arrina, avea avuta la signoria per trentacinque anni. Succedette a lui nel principato suo figlio , di nome anch egli Mitridate, il quale avendo il suo dominio accresciuto d assai , govern poi per treatasei anni la Cappadocia, e la Paflagonia. In quemedesimi giorni Cassandro, dopo la partenza di D em etrio, pose eli nuovo sotto l imperio suo le citt .marittime ; e mand in Asia a rinforzo di Lisi maco Pleistarco con un esercito. Gli si erano aggiunti dodici mila fanti , e cinquecento cavalli. Pleistarco p o i giunto alla bocca del P onto, vedendo , che tutti i luoghi erano occupati dai nem ici, ed impossibiliss i U il passaggio, volt verso O-lesso, la quale citt situata tra Apollonia, e Galazia , in faccia ad Era clea j in cui era una qualche porzione delle truppe di Lisimaco. E siccome egli ivi non ava navi atte a, trasportare i soldati, divise l9esercito in tre corpi. 11 primo arriv sano e salvo ad Eraclea. Il secondo fu preso dalle navi, che guardavano T ingresso del. P onto ; e il terzo condotto da Pleistarco medesimo 9 fu colto da s -furiosa tem pesta, che la massima parte de vascelli, e degli uomini per. Imperciocch rest sommersa Tessera, su cui era il comandante

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supremo ; e di cinquecento nomini, c(ie per lo meno in essa erano, trentanove soli poterono salvarsi, tra quali fu Pleistarco , il quale abbrancato un rottame di nave , per esso fu gittata mezzo morto alla riva* Trasportato poi ad Eraclea , e rifocillatosi da tanto disastro, and a Lisimaco, il quale era a quartieri d* inverno ; ma avea perduta la maggior parte dell* esercito. Nel tempo medesimo Tolommeo uscito d* Egitto con buon esercito, tutte alla ubbidienza sua ridusse le citt nella Siria Cava. Or mentre egli faceva F as sedio di Sidone, alcuni fallacemente riferirono , cbe venuti i re a battaglia , Lisimaco e Seleuco , vinti, cransi ricoverati in Eraclea ; e cbe Antigono vittorioso marciava verso la Siria. Da tale relazione adunque ingannato Tolommeo, poich vi prest fede , stipul coi Sidonii una tregua di quattro mesi; e posta guar nigione nella, citt che avea sottomessa, ritorn col suo esercito in Egitto. Mentre cos andavano da quelle parti le cose , al cuni soldati di Lisimaco, dai luoghi ove svernavano, passarono ad Antigono ; e furono due mila Antarieti7 e circa ottocento tra Licii e Pamflii. Ed Antigono li accolse cortesemente , e pagati loro gli stipendi?, dei quali dissero essere creditori di Lisimaco, v1 aggiunse anche alcuna somma di gratificazione. In quel tempo anche Seleuco col numeroso eser cito che traeva dalle provincie superiori , giunse in Gappadocia ; e mise i suoi soldati a quartieri d* in verno. Avea egli sotto le sue bandiere d* infanteria

167 ventimila uom ini, e di cavalleria dodici mila : poi quattrocento ottanta elefanti} e pi di cento carri falcati. Tali erano dunque le forze dei re , che tutte nella estate prossima doveano venire a battaglia. noi y come da principi ci proponemmo * faremo pri* , mo argomento del seguente libro la guerra che i re $i fecero per la somma delle cose.

V INE

DEL LIBRO XX.

169

C onform e abbiam o {atto a ltro v e , qui a n c o ra , com a

in opportuno luogo, aggiungeremo quanto intorno ai Re macedoni e predecessori e successori di Alessandro il gratide vedesi notato da Eusebio nel suo primo libro, de Canoni cronici, seguendo ledizione gi accennata de* signori Mai e Zorhab; non meno che quanto Fau tore medesimo ha scritto dei Me tessali, e dei Re asiatici, e sirj.
CAPITOLO XXXVH.

Re de* Macedoni
tc Poieh cadde l potenza degli Assirj per la morte di Sardanapallo ultimo loro re , presentaci i tempi de*Macedo ni ( 1 ). Iooansi al(a prima olimpiade bramoso, d* imperio C a -,
(1) Come venga in Usta ad Eusebio di d ire, afre dopo la caduta dell* imperio degli Assirj preaentansi i tempi de1Macedoni, diffi cile intenderlo, perciocch fino ad Alessandro il grande i Macedoni non ebbero n filma n potensa da contrapporre alla fama e potenia degli Assirj, e furono di messo i Persiani ; per lo che vi si oppone anche la ragione de* tempi non congiungendosi in veruna maniera Sardanapallo e Corano , siccome Eusebio stesso ammette nel sua aeoondo libro. Del rimanente per ci che spetta ai primi tempi del regno macedonico d'uopo consultare Giustino, e Solino quando non si sia contenti di ci che ne ha accennate Diodoro^

170 mise insieme un esercito, raccogliendo soldati dal paese degli A r g iv i ^ r da altre parti del P e lo p o n n e s o , e portssi 91 confioi della M a c e d o n ia . Diedesi in quel frattempo il caro , che il re degli Q r e s ta r i avendo gnerra co suoi vicini, gli M o r d e n ti , domand ajnto a C a v a n o , proferendogli la met del do regno acconciate che avesse le cose sue. cosi d fatto fece secondo la promessa; e di tal maniera ebbe Corani il paese, e per trent* anni il signoreggi. Morto poi attempa* tissimo gli fn successore sno figlinolo chiamato C e n o , il qdal regn ventotto anni : indi T i r i m m a , che ne regn quarantatr; poscia P e r d ic c a , che ne regn quarantadue. Costui de sideroso d* ingrandire il dominio mand a D e lfo gente a con* saltare 1 oracolo. L* autor che seguiamo (tj , dopo poche al * tre parole soggiunges cbe P e r d ic c a regn quarantotto anni* e che da lui lo scettro pass ad A r g e o , che lo tenne trent'un anni ; e poi 1*ebbe F ilip p o -, che regn anni trentatr. Succe dette a questo E r o p a , il quale rego venti anni : poi regn per diciotto A l c e ta : poi A n d n ta per quarantanove : indi per quarantaquattro A le s s a n d r o : indi P e r d ic c a per ventidue ; A r c h e la o per diciassette; E r o p a per sei; P a u s a n ia per uno; Tolo m m e o per tre ; P e r d ic c a per cinque ; F ilip p o p*r ventiquat tro. A le s s a n d r o guerreggi pi di dodici anni co* P e r s ia n i . La sohiatta de* R e m a c e d o n i da Storici accreditati si ri* porta ad E r c o le . Ora da C o ra n o , ohe fond pel primo , e
reno

(1) Gli Editori della traduzione del testo armeno suppongono cbe qui Eusebio alluda a Diodora , od a Dessippo , e credono, non senza ragione, questo capitolo mutilato. Sarebbe anche guasto oro Eusebio d quarantadue anni di regoo a Perdicca. II complesso del discorso vieta di crederlo j ma ci obbliga a crederlo il ca talogo che siegue. Non questo il sol caso, in cui trovisi diffe renza d anni tra il testo , e il catalogo. Noi siamo contenti d1avere notata la cosa sul principio, cos risparmiandoci di ripeterne 1 av vertimento.

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tenne il regno macedonico , fino ad A l e s s a n d r o , cbe soggiog Y A s i a , contansi xxiv R e, ed suini ccccliu. Ed eccone parlitameute il catalogo. I. C ARANO regn ann n . CENO . . III. TIRIMMA . IV. PERDICCA V. AHGEO . VI. FILIPPO . TU. EROP A . VIII. ALCETA . JlI tempo di costai C ir o regn in e r s ia . IX. AMINTA . X. ALESSANDRO XI. PERDICCA XII. ARCHELAO XIII. ORESTE . XIV. ARCHELAO XV. AMINTA . XVI PAUSANIA XVII. AMINTA . XVIII. ARGEO , t XIX. AMINTA . . XX. ALESSANDRO XXI. TOLOMMEO ALOR1TE XXII. PERDICCA XXIII. FILIPPO . XXIV. ALESSANDRO di F ilip p o
XXX. XXVIII. XU1I. XLVJII. XXXVIII. XXXIli. XX. XVIII. XLIL XLIY. XXIU. XXIV. III.

ir.
i.

i. vi. li.
x v m .,

1 .
III. VI. XXVII. XII.

172

C A P I T O L O XXXVIII. Re macedoni dopo Alessandro (1).


ce Dopo A l e s s a n d r o , figlinolo di F i l i p p o , i seguenti sone quelli cbe hanno dominato nella M a c e d o n ia * e nell* E l i a d e ; e del regno macedonico , prima che i Romani' lo distrugges sero , questo it quadro. a A r r id e a di F i l i p p o , e di F ilin a tessala, eh* i M a c e d o n i per 1 attaccamento loro alla famiglia filippica dissero F i lip p o , * e dopo A le s s a n d r o fecero re , quantunque fosse nato di altra donna, e sapessero esser matto. Questi succedette nel regno il secondo anno della olimpiade exiv. Se gli danno sette anni di regno, poich tenne il trono fino al quarto anno della olimpiade cxv. A le s s a n d r o avea avuto un figliuolo di nomo E r c o le da M a r s in e (2 ) , figliuola di F a r n a b a z o ; poi un altro chiamato A le s s a n d r o da R o s s a n e figliuola di O s s ia r te re dei S a t t r i a n i (3) : il quale A le s s a n d r o nacque snl punto che A r r d e o incominci a regnare. O lim p ia . y madre di A l e s s a n d r o , ammazz A r r id e o , Lei po scia , che regnava sui M a c e d o n i , ed entrambi i figliuoli di A le s s a n d r o lev di mezzo C a s s a n d r o di A n tip a ta , uno ucci dendo di sua propria mano, 1 altro , che fu il figliuolo di M a r* * s i n e , facendo ammazzare da P o lis p e r c o n te . O lim p ia lasci iosepolta ; e fortemente rassicurassi nel regno di M a c e d o n ia . Da qnel tempo gli altri capitani, estinta la schiatta di A le s s a n (1) Eusebio avvisa di avere tratte le notizie comprese in questo e nei susseguenti capitoli dai libri di Porfirio filosofo , suo eguale ed
avversario .

(a) Comunemente chiamasi S to r tin e . (3) Si veduto altrove, che quest Ossiarte non fu mai re dei Battriani ma semplice governatore.

dfro, si procacoiaron regni. C a s s a n d r o prese a moglie T e s sa -r Io n ic a di F ilip p o e regn diciannove anni, morto poi di c o sanzione. I tempi del tao regno estendoosi , computato Tana* in cai dopo A r r id e o regn O lim p ia , dall* anno primo della olimpiade cxvi fino- al terzo della cxx. c A qaesto succedono i suoi figliuoli F i l i p p o , A le s s a n d r o -, e A n t ip a tr o ; e regnarono dopo il padre loro tre anni , e sei mesi. F i l i p p o , eh* era il primo, mor in Elazia ; e allora A n * t i p a tr o accise T e s s a lo n ic a , che sosteneva no figlinolo A le s * s a n d r o anoor fanciullo ; e rifngiossi presso L is im a c o , dal qua le , quantunque ne avesse per moglie una figlinola, fa noci so ( i ) . A le s s a n d r o poi, presa .in isposa L is a n d r a figlinola di T o lo m m e o , venuto a guerra col minor fratello T o lo m m e o (2 ), chiam in ajnto D e m e tr io di A n tig o n o , soprannominato 1 A s * s e d ia i o r e (3) , da coi fu ucciso ; e cos regn sui M a c e d o n i D e m e tr io . Di tal maniera gli anni, ne* qaali i figlinoli di C a s s a n d r o regnarono , si contano dal quarto della olimpiade cxx fino al terzo della cxxi. r> e D e m e tr io dopo aver regnato sei anni, dal quarto, cio della olimpiade cxxi fino al primo della cxxm fu cacciato per opera di P ir r o , re degli E p i r o t i . Regnava costui il ventesime terzo dopo A c h i l l e s figliuolo di T e l i ; e teneva cbe dalla schiatta di F ilip p o provenisse a lui l'imperio della M a c e d o n ia in considerazione di O lim p ia madre di A l e s s a n d r o , figliuola di N e o t to le m o , e zia sua. P ir r o tenne il regno di M a c e d o n ia ette mesi,, nell* anno primo della olimpiade cxxm. Nell* ot tano mese di quell* anso succedette a lui L is im a c o , figliuolo
(1) Vedremo altrove, che Diodoro il fa morire per mano di Demetrio. (a) Non ben certo questo nome, dagli Editori , com* essi con fessano , trasportato nel teste dai margine del Codice armeno. (3) Poliarceta.

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di g a t o c le , di G ra n o n e teisalo, e guardia del corpe io ar!3etro di A le s s a n d r o * Questi essendo gi re di T r a c ia del C h e r to n e s o con subita irruzione invase la M a c e d o n ia , e se ne fece ignore. Ad istigazione della moglie A r s in o e fece morire suo figliuolo g a t o c le ; e regn dagli ultimi cinque mesi dell*anno primo della olimpiade cxxm fino al terso anno della cxxiv cio cinque anni e sei mesi, fino a tanto cbe nelle pianori di C o ro venne ucciso in battaglia da S e le u c o , re d e liz ia , oprannominato N ic n o r e , a Ma subito dopo quella vittoria T o lo m m e o ^ nato da L a g o , e da E u r i d i c e , figliuola di A n t i p a t r o , detto C e r a tin e , ( cio .fulmine) lev di mezzo S e l e u c o da cui era stato beneficato, .e presso il quale rammingo erasi riparato ; e si fece padrone della M a c e d o n ia . Costui per perdette la vita combattendo contro i G a l l i , dopo aver regnato un anno e cinque mesi. Ond* , cbe i tempi del suo regno corrono dall* anno quarto della cxxiv olimpiade fino al quinto mese del primo anno della cxxv. w et A T o lo m m e o venne dietro M e le a g r o no fratello, a cui i M a c e d o n i levarono la podest dopo due mesi, essendone loro paruto indegno , chiamato al treno A n tip a tr o , nato da un fratello li C a s s a n d r o , cio figliuolo di F ilip p o (i) ; e ci perob non si trov alcun altro di regia stirpe. Questo A n ti p a tr o tenne il regno quaranta giorni, finch fu cacciato da oerto S o s te n e perche si foce conoscere per incapace di condorre l'esercito, venendo .allora con grandi (orze verso il paese B r e n n e gallo. I M a c e d o n i lo chiamarono E f e s ia ( 2 ) per
(1) Questo Filippo, se si erede e G iustino, avea propinato il telino ad Alessandro il grande. (a) Non vogliamo defraudare i nostri leggitori di eoa erudiiione regalataci dai signori M ai, e Zorhab. L'interprete armeno aves tradotto a n u to in Teca di e te s ia 3 e giustamente, quantunque essi

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I
la ragione, che i venti cos detti spirano solamente per altret tanto tempo. S o s te n e poi sbaragli li re n n o ; e tenute le redini del governo dne anni in ponto, mor, allora in M a c e d o n ia mancava il r e m e n t r e , gover nando A n t ip a tto , T o lo m m e o , ed A r r id e o il paese, nissan di loro avea la podest au'prema ; cio da T o lo m m e o sino al fiore dell* interregno, cbe quanto dire dal quarto anno delta xxiv olimpiade fino alla cxxvr. Quindi veggiamo aver regnalo . *T o lo m m e o C erc a m o tra anno e cinque mesi, M e le a g r o due m esi, A n tip a tr o quarantacinque giorni , S o s te n e due anni ; e il rimanente tempo appartenere all* interregno. Essendo poi accadato cbe A n tip a tr o tendeva a minare lo stato, A n tig o n o , figlinolo di D e m e tr io Tassediatore, e di F i l a figlinola di A n tip a tr o , prese le- redini del governo. A cestai educato in G o n a di T e s s a g U a , e perci detto G o n a ta , si at tribuiscono quarantatre anni di regno. Regnava egli* gi dieci anni innanzi cbe si facesse padrone della M a c e d o n ia , biamato re il secondo anno della olimpiade cxxm ; divenuto re delta M a c e d o n ia 1 anno primo della cxxvi. Cosini qnegli cbe con * grosso esercito sottomise l ' E l ia d e ; e visse fino agli ottantatr an n i, e mor 1' anno primo della olimpiade cxxxv. u A Ini succedette il figliuolo D e m e tr io , cbe soggiog tutta la L i b i a , ed occop C ir e n e : i quali paesi aggiunti al domi nio paterno, venne a fondare nna noova monarchia, e regn dieci anni, presa in moglie una certa schiava, a cni mise
dicano di no. lo comprova il passo d*Igino , ch eglino mede simi hanno riportato. "Aristco, dice Igino 9 figliuolo d i Apllo e di Cirene , domand a suo padre ec. e il padre lo mand a pregar Giove , che dai sorgere della Canicola desse per quaranta giorni un. vnto 3 il quale ne temperasse gli ardori. Cosi Aristea fece ; ed ot tenne da Giove che soffiassero le etesie , dette cosi da taluni perch ogni anno spirano in un tempo prescritto. E ci che in greca si d ice etos , in latino annus.

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nome A u r e o l a ; e da lei ebbe mi figlinolo, cbe fa F ilip p o ,9 quegli cio, cbe pel primo.renne a guerra coi R o m a n i, e f cagione della ruma di M a c e d o n ia . te Di F i l i p p o , rimasto privo del padre , prse con assai elo la tutela uno di stirpe regia , sopranoominato il F o s c o (i^, il quale appunto per la eccellente condotta avuta come tutore fu fatto r e , datagli inoltre in matrimonio A u r e o la . Per non enne in vita i figlinoli avuti da A u r e o la ; e oi per conser vare intatto il regno a F i l i p p o , come infatti gliel trasmise morendo. D e m e tr io (2 ) , sopranoominato il B e llo 9 mori nel secondo anno della olimpiade cxxxm. Cosi infine cadeva il regno in F ilip p o , di cui era curatore e custode il predetto A n tig o n o ( il Fosco ) , che mori 1 anno quarto della olimpiade * cxxxix dopo avere tenuta la reggenza dodici anni; ed esserne vissuto quarantadue. F i lip p o , allontanato il custode, assunse il regno nella cx l olimpiade, e il tenne quarantadne anni. Fi nalmente manc di vita Tanno secondo della olimpiade c l in et di cinquant* otto anni. P e r s e o , figliuolo di F i l i p p o , avendo ucciso suo fratello D e m e tr io (3), regn, dieci anni e otto mesi : perciocch L u c io
(1) Vedremo eh egli avea nome Antigono. (a) Gli Editori a questo passo si contentano di dire, che il Co dice armeno ha in margine il figlio di Demetrio, e nulla pi. Noi avremmo desiderato che ci dicessero come entra qui un Demetrio ed un Jiglip di Demetrio , se di sopra detto che Antigono il Fosco lasci morendo il regno a Filippo. Dalle espressioni di Eusebio pare che per la morie di questo Demetrio,9 o del figliuolo di Demetrio 9 Filippo avesse il regno , non per quella del Fosco. Aggiungasi, che dopo aver detto che il Fosjco lasci il regno morendo a - Filippo , dice , che Filippo assunse il regno allontanato il custode, frase, la quale certamente non equivaleva a morto il custode. Tale k l ' Eusebio tratto dalle vecchie carte degli Armeni ! {3) Ognuno sa che Filippo, e non Perseo, fce ammassare D e~> m etrio, comunque Perseo a ci contribuisse, come si vede in Tito Livio.

nel quarto anno delta olimpiade c lii disfece la potenza macedonica a P i d n a ; e P e r s e o , cbe si era prima rifuggito in S a m o tr a c ia , volontariamente si diede in mano de* nim ici, trasferito ad A lb a , ivi visse prigione fin tanto cbe cinque anni dopo moti. ??
E m ilio

*77

Il regno macedonico termin otto di Ini, quantunque i concedessero a* M a c e d o n i di reggersi liberi e colle proprie leggi : il che fu ip considerazione della tanta celebrit, a cui per le gloriole vittorie sne era salito l ' imperio mace~ donico. 99 * Per diciannove anni dopo, che fu il terzo della ci<vii olimpiade , un certo n d r is c o bellamente disseti figliuolo di P e r s e o , prese il nome di F i l i p p o , onde poi fa detto .il f a l s o F i lip p o . Costai sostenuto dalle forze dei T r a c i occup la si gnoria della M c e d o n ia , e la tenne un anno , finch vinto iu battaglia rifuggissi presso- i T r a c i , dai quali essendo stato tradito, fu in catene condotto a R o m a . E allora i R o m a n i a non avuto pi riguardo verono pei c M a c e d o n i , poich essi ' erano posti dalla parte di F ilip p o , li fecero loro tributari! ; il che avveune 1 anno quarto della olimpiade clvii. Pertanto dopo A le s s a n d r o la durata del regno macedonico, fissatone il termine quando fu assoggettato al tributo, e al dominio de R o m a n i, va dall'anno secondo della exiv olimpiade fino al quarto anno della c lv h , e comprende quarantatr olimpiadi, e due anni j e sono in tntto anni
R om ani

CLXX1V.

Ecco adunque i Re macedoni dopo Alessandro figliuolo di Filippo.


I. ARRIDEO, detto anche FILIPPO anni vii. II. CASSANDRO xix.

1 7 8

III. mesi n . IH. I FIGLIUOLI di C n ts a n to . anni 99 VI. ' IV. DEMETRIO V a s s e d ia to r e . . . VII. 99 |V. PIRRO . 99 V 9 . V # VI. LISIMACO. . . . . . . 9 99 V . I. VII. TOLOMMEO CERAUNO . . 99 99 Ile V ili. MELE\GRO............................. IX ANTIPATRO di L is im a c o . . 99 . . . .jgiorni xlv. 11. mesi t X. SOSTENE................................. 99 li. 99 XI. IN T E R R E G N O ..................... 4 XII. ANTIGONO GONATA . . . . 9 X X . 99 9 X IV 99 X 99 . XIII. DEMETRIO . . . . . . XIV. ANTIGONO il FOSCO . . . 99 XII. 9 t X 11. 9 L XV. F I L I P P O ............................... 99 99 X. Vili XVI. PERSEO . .......................... 99 99 x ir . XVII. Di stato libero con leggi proprie. 99 s 99 XVIII. FILIPPO i l f a l s o ..................... 99 i. Dopo i quali dominarono i R o m a n i*

CAPITOLO

XXXIX.

Re dei Tessali*
I T e s s a li e gli E p r o t i lungo tempo ubbidirono a quegli stessi ohe dominavano in M a c e d o n ia . Essi poi dopo che F ilip p o dalle armi di T it o , capitano de* R o m a n i , fu rotto io T e s s a g lia , ebbero dai R o m a n i medesimi la libert, e il diritto di vivere colle proprie leggi. Ma io seguito furono fatti tributari! per la cagione stessa, ohe lo furono i M a c e d o n i. Diciamo adun que A che dopo la morte di A le s s a n d r o regn anche sopra loro A , r i d e o s detto pure F i l i p p o ; e ci per sette anni, A lui succedette C a s s a n d r a , re degli E p i r o ti e dei T e s s a l i ; e tenue U regno diciannove anni. Poscia veoue F ilip p o suo figliuolo

per quattro msi; Indi i fratelli di questo, A n tip a tr o ed A l e s s a n d r o per due anni e mesi sei ; e D e m e tr io di A n tig o n o per anni sei, e sei mesi. Poi P ir r o per quattro anni, e quattro mesi : iodi L is im a c o di A g a td b le per sei anni ; e T o lo m m e o C e n tu n o per un anno e cinque mesi: per due mesi M e l a g r o $ A n tip a tr o di L is im a c o per quarantaoinque giorni ; e S o s te n e per nn anno. Fa dopo costai interregno per due anni e duo mesi : quindi per trentaqoattro anni e due mesi domin A n+ tig o n o di D e m e tr io . In qnesto giro d'anni P ir r o avuto a di vozione sna le truppe di A n tig o n o , ed impadronitosi di pochi luoghi 4 da e m e tr io , figliuolo di A n tig o n o > fu rotto in batta* glia ad Argo ed ucciso* Poco dopo , mancato A n tig o n o re** gn per dieci anni D e m e tr io suo figliuolo; e dopo questo per nove anni A n tig o n o di qnel D e m e tr io che and a C i r e n e , e di O lim p ia , figliuola di P o lic le to di L a r is s a . Questi recando grosso ajuto fegli. A c h e i vinse C le o m e n e , tiranno de* L a c e d e m o n i 3 diede la libert agli S p a r t a n i , e presso la gente degli A c h e i si merit onori quasi divini Dopo lui regn per venti tr anni e nove mesi F ilip p o di D e m e tr io , che vene vinto in battaglia da T i t o , capitano del romano esercito. I T e s s a li, e gli altri .G r e c i , che pagavano tributo a F i l i p p o , ebbero dai R o m a n i la libert, e il diritto di vivere secondo le proprie

*79

leggi*
E nel primo anno dopo queste mutazioni di ofese in non furono Principi di nessuna sorte : ma in se guito incominciaronsi ad eleggere a pubblici voti Principi an nuali. Primo di questi ad essere creato fa P a u s a n ia di E c h e c r a te , fereo poi A m in ta di C r a t i , pierio, sotto il cui governo T it o ritorn a Roma. In Ji E a c id a di C a llia metropolitano : poi E p id r o m o di A n d r o m a c o , larisseo>per otto mesi ; poi P r a v ila di F a s s i a , scotuseo : poi E u n o m o di P o l ic l e to , larisseo , per un secondo anno. In seguito venne A n d r o s te n e d* J d a lio ,
T e s s a g lia

i8 o
di A l e s s a n d r o , atraoid : L a o n to in e n e di fereo : P a u s a tiia di B a in o te n e : T e o d o r o di A l e t s a n d r o , argivo : N ic o c r a te di F a s s i n o , scotaseo : T p p o lo c o di A le s s ip p o t lari ateo : C le o m a c h id e di E n e o t lariseo ; e F ir m o di A r i s t o m e n e , gomfee. In quell* aouo mor in M a c e d o n ia il re F ilip p o s lasciato il regoo a soo figlinolo P e r s e o . Egli area regnalo sai T e s s a l i , cme si detto, tre anni, e Dove mesi, e sai M a c e d o n i quarantadue anni , e mesi nove. Ora dal secondo anno della olimpiade cxiv io cui fu fatto re F i lip p o ( A r r i d e o ) , fino alla morte di F ilip p o di D e m e tr io , la quale cade nel secondo aooo cinque mesi della olimpiade gl , si contano anni cxjliv * mesi v. 99
T r a s im a c o D a /n o ta n e s

girtooio t

Ecco dunque la somma dei te Tessati.


I. ARftIDEO detto anche FILIPPO anni VII. II. CASSANDRO.......................... 99 X| III. F IL IP P O ................................ 99 . IV. ANTIPATRO ed ALESSANDRO * Ile V. DEMETRIO. . . . . . . 99 V I. VI. PIRRO. .................................... 99 HI. VIL LISIMACO............................... 99 V I. VITI. TOLOMMEO CERAUNO . . 99 L IX. MELEAGRO . . . . . . 99 *# X. A N T IP A T R O ..................... 9* XI. SOSTENE............................... 99 I. II. XII. INTERREGNO..................... 99 XIII. ANTIGONO.......................... 99 XXXUI. XIV. D EM ETR IO .......................... 99 X. XV. ANTIGONO.......................... 99 IX. XVI. F IL IP P O ............................... X 111. X mesi * 99 IV * 99 VI. 99 vi* 99 ir. 99 99 vii* li. 99 gior. XLV* V mesi * # 9 9 IX 99 II. 99 * 99

i8 x
xi

Seguono i CAPITANI delle troppe. TRASIMACO. LAONTOMENE. PAUSANIA. TEODORO, t NICOCRATE. IP PO LOCO. CLEOMACHIDE. FIRINO. FILIPPO (i).

PAUSANIA. AMINTA. EACIDA. EPIDROMO. EUNOMO. EACIDA IL PRAVILAr EUNOMO II. ANDROSTENE.

CAPITOLO

XL.

Re degli Asiatici e de -Sirii.


Correndo il sesto anno 3 da che F ilip p o A r r id e o regnava., l'anno terzo della olimpiade cxv A n tig o n o regn pel primo sogli A s ia tic i ; e dor per diciotto anni, finch nell'ottan tesimo di sna et cess di vivere. Qaesti in confronto di tatti i re di qael tempo fa orrendissimo 3 e per in F r ig ia per ir razione .che fecero contro di lui da ogai parte gli eserciti efae il temevano : il che segai 1 anno quarto della olimpia* * de cxix. D e m e tr io , sno figliuolo, salvssi scappando ad E fe s o 3 mentre tutta 1 A s ia era in aperta ribellione. Costai fa tra * tatti i re acerrimo in assediare le citt ; e perci ebbe il so prannome di a s s e d ia to r e . Regn diciassette anni , e ne visse cinqaantaqaattro. Nel primo anno della olimpiade cxx avea regnato per an biennio col padre : il quale spazio di tempo
(1) Perch di questo Filippo non si parlato nel testo ?

i8a
i compaia ne diciassette anni del tao regno. Preso da S e le u c o , fa coadotto ia Cilicia I anno quarto della c x x olim piade ; e elettesi presso di lai trattato da re , sotto liberale cattodia ( i) , fio tanto che nel quarto anno della olimpiade cxxiv mor. Q (testo fa il fine di A n tig o n o e di D e m e tr io . L is im a c o rega sai paesi de' Lidii acoostaatisi alla T r a c ia ; e S e le u c o aelle parti superiori della S i r i a (*) ; e 1' ano l'altro prese a regaare col 1 anno primo della olimpiade cxiv. Ma noi abbandoneremo ^ imprese di L i s i m a c o ; e nar reremo i fatti di S e le u c o . v T o lo m m e o primo re & t\Y E g i t t o , portatosi all' antica Gaza ivi viose ia battaglia D e m e tr io figliuolo . di A n tig o n o : il che avvenuto pose S e le u c o per re alla S i r i a , e ti paesi su periori. S e le u c o poi spiatosi tra i Barbari rassod colla vitto ria il sao regno; e da oi fa detto N ic n o r e , ossia vincitore; e tenne lo scettro trentadae anni ; avendo incominciato nel primo anno della cxvii olimpiade (3) , e finito nel quarto della cxxiv morto di settantacinqae anni per macchi nazione di T o lo m m e o soprannominato il C e r a m i eh' era suo fami gliare. a Gli fu successore sao figliuolo A n tio c o , nato di A p a m e persiana , chiamato poscia S o l e r e , cio salvatore, il quale mor l'anno primo della olimpiade exux j dopo aver vissuto sessantaquattro anni. Egli avea regnato diciannove unni , co minciando dall' anoo primo della olimpiade cxxv fino al terzo della cxxx. Da S tr a to n ic a 3 figliuola di D e m e tr io , ebbe an figli noi maschio, che fu D e m e tr io , e due. figliuole S lr a to n i ( i ) Plutarco dice che fu deportato nel Chersoneso. (a) Cio da Babilonia oltre. (3) 11 principio dei regno di N ic n o r e , cio l anno I della olim piade cxvi, tl principio della famosa era dei Seleucidi* ri putato di-molta importanza quanto ne ha scritto il J S o ris sotto il titolo di Epoche S ir o ^ M a c c d o n ic h c .

i83
on

ed

Apam e ; A pam e

data in ispoia a
M a c e d o n ia .

M a g a to

( 1) ;

S tr a -

to n ic a

D e m e tr io

re di

Morto A n tio c o detto il S o t e r e , ebbe il regno A n tio c o di soprannome D io (2 ). Cominci a regnare \* anno qnarto delia olimpiade c x x ix ,e d n r per quindici anni. Caduto poi amma lato mor in E f e s o nel terzo anno della olimpiade gxxxt dopo aver vissuto quarant* anni. Ebbe due figliuoli, S e le u c o soprannomato C a llin ic o , e A n tig o n o ; ed ebbe due figlinole da L a o d ic e di Acheo ( 3) , nna delle qnali fa sposata a M i t r i d a t e , l'a ltra a A r ia r a te . 99 1 a Mancato lui prese il regno il maggiore de* suoi figlinoli, S e le u c o , soprannominato C a llin ic o ; e ci fa V anno terzo dlia c ix x in olimpiade ; e dar a regnare fino al secondo della cxxxviii. Stette adunque in trooo ventun anno. A lai succedette il figliuolo S e l e u c o , detto C e r a u n o ............. ( 4) E questi sono i fatti ohe li riguardano. 9 9 < Ma vivente ancora S e le u c o il C a llin ic o , A n tig o n o ( 5) fra c tello minore , non soffrendo n la qaiete , n la condizione in cui vedevasi, trov in A le s s a n d r ia favoreggiatore cbe 1 aju* * ta sse, uno cbe teneva la citt di S a r d i , ed era fratello di L a o d ic e sua madre. Si prevalse pare del braccio de* G a lli. l a , due battaglie S e le u c o rest vincitore nella L i d i a ; ma per, non pot prendere n S a r d i ; n E f e s o , la qaale ultima p r e - , sidi ava T o lo m m e o . Poscia sacceduta naova battaglia nella C a p p a d o c ia contro M i t r i d a t e , gli furono uccisi venti mila soldati dai (1) Questi fu fratello di Tolommeo FUadelfo , e re o governa** tore di Cirene. (a) A questo re dedir Ber oso , seondo alcuni, la sua storia. (3) Costui poscia si qualific per re. (4) Giustamente hanno qui gli Editori osservato non sussister^ quanto alcuni'dotti moderni aveano spacciato intorno al Callinico 3 supponendolo caduto prigioniere dei Parti. (5) Questi da tutti gli altri chiamato Antioco Strace $ e dee dirsi essere corso un errore nella traduzione armena.

184
Barbari ; S e le u c o sbaragliato faggi. T lo m th o p o i, cbe chiamasi anche T r i f o n e , oocap D a m a sc o e i paesi della n a , e cinse d* assedio O r to s k i , la qaale fa liberata il terzo anno della olimpiade cxxxiv essendo col approdato S e l e u CO.
99

Intanto Antigono, fratello del Callinico , scorrendo per l Frigia grande gravava di tributi gli abitanti. Ed ohre ci mandava capitani con troppe contro Seleuco : nel qoal frat tempo essendosi aocorto che stava per essere tradito da* suoi stessi stipendiati * eh' erano Barbari ( i ) , scappato dalle loro ibani con piccola comitiva and a Magnesia ; e il giorno dopo fornito degli ajuti di Tolommeo diede battaglia con baon sue desso , indi spos la figliaola di Ziela : ma nell* anno quarto della olimpiade cxxxvii venato due volte al fatto d*armi niella Lidia fu debellato. Nondimeno pugn ancora presso Coloe con Aitalo . Finalmente nel primo anno della cxxxvm olimpiade fuggendo da Alialo sino nella Tracia dopo una battaglia data nella Caria , fini di vivere. Seleuco chiamato Callinico, fra tello di Antigono, moti 1 anno dopo. * i A lui succedette il figliuolo Alessandro , il quale am meglio chiamarsi Seleuco anch'egli, e dall'esercito fu nomi, nato Centuno. Egli ebbe uu fratello di nome Antioco ; e dopo che per tre anni avea governati gli stati paterni, da un certo Nicnore gallo fa ucciso a tradimento nella Frigia circa 1 anno * primo della olimpiade cxxxix. Egli ebbe per successore Antioco , suo fratello j che chia mato da Babilonia dichiar re dell* esercito , e eh* ebbe il so prannome di Grande. Costui regn trentasei anni , cio dal secondo anno della olimpiade cxxxix fino al secondo della cxlviii. Andato in Susa 9 e nelle Satrapie superiori , e venuto
(*) Si presume che questi fossero i G alli, eh erano al suo soldo.

i85
i battaglia cogli' E l i m e i , rimase ucciso, lasciando due fi glinoli , S e le u c o ed A n tio c o .
S e le u c o prese il posto del padre il terso anno della olim piade cxlvjh, e regn dodici anni4 fino, cio, all anno pri mo della olimpiade c li essendo vissuto sessant* anni. 99 A Ini saccedette il (rateile A n t i o c o , soprannominato 1 E * jtifa n e ; e regn undici an n i, cio dal terzo della ctx olim piade fino al primo della olimpiade cuv. 9 Vivente ancora A n tio c o E p i fa n e prendea parte nel regno no figlinolo A n tio c o * avente dodici anni, chiamato E iip a te r e , il quale visse regnando col padre un anno, e sei mesi* Poscia D e m e tr io 3 che S e le u c o padre avea dato in ostaggio ai Ro mani j fuggitosi di R o m a sbarc a T r i p o l i , citt di F e n ic ia , accise L i s i a tutore del ragazzo, e il ragazzo stesso A n t io c o , ed invase il regno l'anno quarto della olimpiade c u v , e il teone fino al quarto della clvii. A costui fa dato il soprannome di S o te r e ; e dar dodici anni ; ma poi avendo dovuto a cagione del regno venire a battaglia contro A l e s s a n d r o , che sostenevano i soldati tolti a stipendio s come pare le truppe di T o lo m m e o , e del re A i t a l o , rimase ucciso, Ora A le s s a n d r o s'impadron della S ir ia 1 anno terzo della * olimpiade c lv ii, e regn cinque anni* finch nel quarto della CLvm perdette la vita combattendo con T o lo m m e o , che recava soccorsi a D e m e tr io 3 figlinolo di D e m e tr io 3 presso la citt di A n tio c h ia ; essendosi ivi combattuto, ed essendovi morto nel trambusto dell4 azione anche T o lo m m e o . 99 e Di poi sostenne la guerra D e m e tr io , che abbiam detto figlinolo di D e m e tr io . Ed essendo venuti a battaglia D e m e tr io Che gingeva da S e le u c ia , ed A n tio c o figliuolo di A le s s a n d r o ohe veniva dalla S i r i a , e dalla citt di A n tio c h ia , rest vin citore D e m e tr io s e prese le redini del regno l ' anno primo della olimpiade clx. Nll* anno successivo and contro ad A r -

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sace a Babilonia , e nelle provinole superiori ; e nelt* altro , che era il terzo della olimpade ch x $ Arsace il fece prigionie re 5 ed ordin che fosse trasportato nel paese de' P a rti , e lennto in prigione. Fa chiamato Nicnore , ( cio vincitore ) per aver vinto Antioco , figlinolo di Alessandro ; e fa detto anche Siripide , perch stretto da catene di ferro fa condotto

via , e tenuto in carcere. 11 fratello minore di Demetrio, di nome Antioco , edu cato nella citt di Sida j onde fa detto Sidete 9 avvisato della rotta e prigionia di lai * abbandonato il soggiorno di quella citt , and ad occupare la Siria 1 anno quarto della olim J piade c lx , e tenne il regno nove anni. Questi soggiog i Giudei 3 dirocc le mura della loro citt 3 ed uccise i mag giorenti della nazione : il ohe fa 1 anno secondo' della olim * piade clxii. Nel quarto anno poi della olimpiade medesima con cento venti mila uomini venne sopra di lai Arsace f il quale per istratagemma mandava in Siria sciolto dalla schia vit Demetrio fratello di Antioco. Antioco mentre nel faror dell' inverno insegne in uno stretto luogo i Barbari, nel tram busto della zuffa vien ferito e muore nella et di trentainque anni. Arsace ne fece prigioniere il figliuolo Seleuco, ra gazzo di tenra et che accompagnava il padre e il tenne sotto custodia 9 per trattandolo da re *> a Antioco avea avuti cinque figliuoli 9 tre maschi e due femmine. La prima e la seconda ebbero comune il nome di Laodice. Il terzo fa Antioco 9 cbe come le due sorelle mor di malattia. Il quarto fu Seleuco caduto in mano di Arsace. Il quinto finalmente fu Antioco 9 detto il Ciziceno , perch essendo in cura dell'eunuco Cratero , per paura di Demetrio fugg in Cizico con Cratero stesso, e con altri famigli suoi cc Ora essendo l'altro fratello insieme colle sorelle morto e rimanendo solo il pi piccolo di tatti questo Antioco 9 che

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a cagione di quella fuga ti chiam C iz ic e n o i di nuovo D e m e tr io fu da A r s a c e lasciato libero 1 anno secondo della olim * piade clxii , e cominci a governare, dopo aver trascorsi dieci anni in (schiavit. Prima sua impresa fu di volgersi alV E g i t t o 9 e mosse verso P e h s i o \ ma trovata resistenza per parte di T o lo m m e o F is c o n e ritorn indietro ; perciocch avea un esercito non troppo ben disposto per lui , ch anzi gli era odioso. T o lo m m e o sdegnato di essersi veduto assaltato, mand per re agli A s i a t i c i A le s s a n d r o figliuolo di A l e s s a n d r o , o per d ir meglio supposto figliuolo di A l e s s a n d r o , il quale ripu tandosi comprato da T o lo m m e o presso i S i r i i , venne chiamato di soprannome Z a b in a ( 1 ). Fattasi adunque giornata presso D a m a s c o y D e m e tr io vinto fugg a T ir o ; e mentre, venendogli negato l ' ingresso, cercava d'entrare in una nave per fuggire o ltre , fu ucciso l'anno primo della olimpiade clxiv. Egli regn prima della schiavit tre an n i, e quattro dopo . A D e m e tr io succedette suo figliuolo S e le u c o * il quale p e r le calunnie della madre fu quasi subito ucciso. Il regno adunque tocc al minor fratello A n tio c o 1 anno secondo della * olimpiade clxiv. Egli lanjio terzo debell Z a b in a , il quale p e r non sopravvivere alla rotta si avvelen. Regn poi A n tio c o nudici anni, cio fino al quarto della olimpiade clxvi ; e in questo numero va compreso anche Tanno solo, in cui tenne autorit suo fratello S e le u c o . Egli fu chiamato G r i p o , cio a d u n c o , ed anche F ilo m to r e . Q uesti, venendo A n t i o c o , il q u a le gli era fratello per parte della madre, e cugino per p a r te del padre ( 2 ) , e come si detto, di soprannome C/z i c e n o , abdicato il potere, ritirossi ad A s p e n d o ; onde fu detto an ch e A s p e n d io , come G rip o e F ilo m e to r e .
(1) (a) q u ale d e te* Che nella lingua siriaca vuole appunto dire comprato. 11 Gripo , e il Ciziceno erano entrambi figli di Cleopatra , la ebbe il primo da Demetrio II , e il secondo da Antioco SiQuesto 3 s Dentrio l i erano fratelli.

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m Andata dunque Antioco ( il Gripo ) ad Aspendo, Antioco Ciziceno tenne il regno ; ed era lanno primo della c l x v i i olimpiade. Ma nel secondo anno della stessa olimpiade Antioco ritorn da Aspendo, ed occup la Siria , eccettuatane nna certa parte soggetta ancora al Ciziceno. Ond* che limperio rest diviso in due ; e il Gripo stette fermo sino al quarto anno della olimpiade c l x x ; e per quindici anni dopo il sno ritorno regn : cos cbe poi venne in tatto a regnare anni ventisei , cio ondici sa tatto lo stato , e quindici sopra nna parte del medesimo. 99 u II CiziceRo poi regn dall anno primo della c l x v i i olim piade , mor nel primo della c l x x i , dopo aver tenuto il trono diciotto anni, e vissutine cinquanta. Egli mor di qaesta maniera. Mancato di vita Anoco Gripo nel tempo da noi in dicato , Seleuco 3 figlinolo di Ini si pose coll' esercito a sotto mettere assaissime citt ; ed avendo voluto Antioco Ciziceno, messo insieme in Antiochia anch* egli an esercito , combatterlo , la cosa gli riusc male, a modo che spinto col cavallo tra le schiere nemiche, reggendosi sai panto d* essere preso, di propria mano sgnaioata la spada si accise. 11 cbe accadato tutto il regno colla stessa citt di ^Antiochia fa all* arbitrio di
Seleuco.

Per contro quest ultimo continu la guerra il superstite figliuolo del Ciziceno, Antioco. Ed in fatti datasi battaglia ia Ciiicia presso la citt di Mopsuestia , ebbe vittoria Antioco ; e Seleuco rifuggitosi in quella citt, e domandando agli abi* tanti se lo conoscessero ; reggendo che lo conoscevano , per non essere abbruciato v,ivo , si ammazz da e stesso. Allora i suoi fratelli, chiamati i Gemelli, Antioco Fi* lippo , venendo coll'* esercito presero la citt per forza, e per vendetta del fratello la distrassero. Ma poi giunse loro addosso il figlino^ del Ciziceno, e li debell ; nella quale occasione

*3$
Antioco ,, fratello di Seleuco , perdalo qel combattimento il

cavallo , volendo mettersi in salvo , inconsideratamente cacciossi nell* Oroute , e vi si affog. Rimanevansi a disputare del regno Filippo , fratello di Se leuco 0 figlinolo di Antioco Gripo , ed Antioco , figlinolo del Ciziceno. Questi incominciarono nell* anno primo della c l x x i olimpiade a regnare non senza scelti eserciti,. tenendo ognano una par{e della Siria , e guerreggiando per averla tutta , fin tanto che Antioco essendo stato vinto foggi ritirandosi presso i Parti. Di l poscia si mise a tentar Pompeo perch il ri conducesse nella Siria ; se non che Pompeo gaadagoato dal denaro degli Antiocheni s non si prese alcun pensiero di la i, e concedette alU citt di viver libera. Intanto gli abitanti di Alessandria, spediti a lui ( Antioco ) ambasciadori Menelao, Lampone s e Colimandro , il pregavano che essendo uscito di quella citt Tolommeo, figlinolo del Dionisio , andasse a procacciarsi il regno di Egitto , e li figlinola di Tolommeo * ma caduto gravemente ammalato , nel frattempo mor. Perdette pare il regno Filippo , di coi parlammo di sopra, figlinolo del Gripo , e di Trifonea, il coi padre era Tolom meo Vili. Desiderava anch egli d* acquistare 1 Egitto , giac * ch Ini pure i cittadini d* Alessandri? chiamarono. Ma ruppe tal maneggio il proconsole Gabinio , legato di Pompeo. Cos ebbe fine la serie dei Re sirii esposta fin qoi.

Ecco uno ad uno i Re degli Asiatici e de* Sirii.


I. Sagli Asatic? regn ANTIGONO anni II. DEMETRIO r ASSEDI ATORE sulle regiooi superiori e sulla Siria regn . . . III. SELEUCO NICNORE . . xvin. mesi * . \

m i.
xxxii.

99

... ...

ANTIOCO SOTERB . anni xix. mesi . ANTIOCO DIO . . . 99 X . 99 V SELEUCO CALLINICO y> X I 99 . X SELEUCO CERAUNO . 95 III. 99 . XV ANTIOCO il GRANDE. 99 X X I, 99 SELEUCO (il Filopaton) 99 XII. 99 . XI. 99 . ANTIOCO EPIFANE . 99 ANTIOCO, figlinolo di qoc8O# . . . 99 I. 99 XII. DEMETRIO SOTERE . 99 XII. 99 . X . 99 . V XIII. ALESSANDRO . . . 99 III. 99 * XIV. DEMETRIO di D e m e tr io 99 IX 99 . XV. ANTIOCO SIDETE. . 99 IV 99 . XVI. DEMETRIO o n a l t r a volta 99 X V 99 X I. XVII. ANTIOCO GRIPO. . . 39 99 xvu. XVIII. ANTIOCO CIZICENO . 99 XIX. FILIPPO del G rip o (i). Sotto il quale ebbe fine il regno siro ; e poscia dominarono i R o m a n i.

*9

IV. V. VI. VII. VIII. IX. X. XI.

Ma poich veduta abbiamo la serie de* varii Re sucJ ceduti ad Alessandro il grande nei diversi paesi da lui dominati in Asia ed in Europa , ragion vuole che quella ancora veggiamo di coloro, i quali regnarono in Egitto, egualmente giovandoci di ci che si vede nel li bro primo de Canoni cronici dell* Eusebio tratto dal gi
(i) Il testo greco porta anni II.

r9 r accennato codice armeno ; ed avvertendo, che ci che intorno ad essi Eusebio ci ha lasciato, il trasse dalle opere di Porfirio. Eccone adunque il suo testo.
CAPITOLO XXII.

A questo Alessandro macedone l'anno secondo della olimpiade cxiv accedette nel regno (d'Egitto e d* Alessan dria ) ArrideOy detto anche Filippo 3 fratello di Alessandro , ma non dal canto di madre , perciocch Filippo k area arato da Filina di Larissa. Costui regn sette anni, finch fa ucciso in Macedonia da Polisperconte figliuolo di Antipatro . Tolommeo, figliuolo di Arsinoe e < Lago , l'anno dopo fi ohe Filippo area preso l'imperio , renne mandato alla prefet tura d* Egitto } e la tenne per diciassette anni ; poi se ne fece re ; e in tale dignit dar ventitr anni : cos che poi innanzi alle saa morte passarono qaarant* anni. Per egli rirente an cora trasfer V imperio in silo figlinolo Tolommeo , detto il Filadefo ; e per due anni regn insieme con esso lui. Onde non reramente quaranta, ma trent otto anni soli si compu tavano gli anni del primo. Tolommeo , cognominato il Solere n . F u dnnqae successor suo il figliuolo T^olommeo Filadefo , che rivente il padre regn per dne anni ; e lui morto per ftrentasei (1) : cos cbe dee dirsi , come di suo padre, aver egli regnato trent* otto anni ?% Terzo nella successione fa Tolommeo denominato Y L Wer* gele , cbe regn venticinque anni ( 2 ) 99.

(1) E osservisi che nel testo greco dicesi treni* otto j e che CU* mente Alessandrino scrire ventisette. Tanto sono fermi i punti della cronologia ! (a) E nel secondo libro Eusebio lo fa regnare ventiquattro anni.

k A lai succedette il quarto Tolommeo, chiamato il jFV/ofatare a cbe regn diciassette ani . Poi il quinto Tolommeo , di soprannome VEpifanes tenne il regno per ventiquattro' anni . Succedettero poi a qoesto i suoi dae figlinoli, Tolommei anch* essi * il maggiore detto il Filometore e 1 Emergete se * condo il pi giovine Gli anni d* entrambi presi in complesso contansi sessant* uno (i). E noi abbiamo sommati insieme gli anni d* entrambi, poich essendosi fatta la guerra, ed alter nativamente cacciati Tuo l'altro del regno, i loro tempi Ten gono ad essersi insieme confusi. Il Filometore regn pel primo ondici anni. Poi Antioco , invaso colle armi l'Egitto, lo spo gli del diadema* Indi gli Alessandrini diedero la regia di gnit al fratello; e cacciato Antioco rimisero il Filometore, cos che dissero dodicesimo anno del Filometore lanno primo dell Evergte. Regnarono poi del pari 1' uno 1 altro sino a!* l'anno diciassettesimo. .Ma dal diciottesime in poi notossi il nome del solo Filometore : perciocch avendo il minor fra tello cacciato dall'imperio il maggiore , questi vi venne rista bilito dai Romani: il quale preso il dominio dell Egitto., ac cord al fratello il regno della Libia. Rimas egli dunque solo regnatore dell'Egitto; e ci fa per diciotto anni. Egli mor ia Siria, che oltre l'Egitto signoreggiava; ed allora V Emergete chiamato da Cirene, fa gridato re; ed avendo incominciato a contare i suoi anni dal punto cbe fa tenato per re* s stim che alla morte del fratello avesse gi regnato per venticinque anni , e che in complesso poi regnasse per cinquanta quattro (2);
(i) Cos il codice armeno: per tanto il testo greco5 quanto il ;ait)logo che siegue segnano sessantaquaUr anni. (a) il calcolo questo. Regn sei anni in Alessandria ce! fratello, diciotto anni solo in Cirene e solo in Alessandria dopo la morte del fratello irenC anni, o per dir meglio ventinovc an n i, ed alcuni mesi.

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i 93
per la ragione che l'anno trentlimo sesto del F i l o m e t o r e , che dove* dirsi il primo di lai, egli volle ohe si dicesse il ao rigesimo qainjo. E cos presi in complesso gli anni di entrambi ., vengono ad essere sessant* ano ; cio trentacinque del F ilo m e to r e (i) , e rimanenti d e l i * S i c c h appa risce cbe quando vogliasi fare una supputazione separata, il conto diventa erroneo . * Al T o lo m m e o E v e r r e te secondo nacquero da C le o p a tr a due figliuolientrambi chiamati T o lo m m e i, ma il maggioro ebbe il soprannome di S o l e r e , e il minore fu detto A l e s s a n d r o . 11 maggiore regn primo 9 avendogli la madre procacciale il trono. Verso la quale vedatosi ossequioso, fa tenuto per cosa certa eh* egli per alcun tempo T avesse per innamorata. Ma nel sedicesimo ( 2 ) anno del suo regno per crudelt;, d'a* nimo uccise i famigliar! del padre e della madre: per lo che d ordine della madre fu deposto> ed ebbe a scappare in Cipro. La madre chiam da Pelusio il minore , e lo fece re in sua compagnia. Il minore adunque regn colla madre # avendo ogrinno ,d essi del pari il nome di, regnanti; e perci 1 anno in cui accadde questo, fu detto 1 anno nndecimo del * * regno di C le o p a tr a (3) , ed. ottavo di T o lo m m e o Y A le s s a n d r o * poich anche questi prese epoca ne* tempi del fratello sino dal quarto anno del medesimo, quando appunta egli (C*AleSr> s a n d r o ) avea incominciato a regnare s?i Cipriotti. questoso
(1) Il calcolo di questi trentacinque si f di questa maniera. Egli regn undici anni solo : poscia sci col fratello : indi dicioao sola un1alita rolla , poich F Emergete not per s il treptesimo sesto del Filometore. (a) Cosi nel margine dei codice armeno: nel testo detto quin dicesimo j e nel lesto greco decimo (3) S intende che Cieopatra area regnato dieci anni coll altro fi gliuolo. E quest uttdecimo anno di lei mostra l errore del sedice* simo e del quindicesimo notati di sopra.

dor finch C le o p a tr a visse x morta la cfuale i segni onori fin comiociaronsi ad applicare al eolo A le s s a n d r o . Questi teone 1*imperio per diciotto anni daocb fo venato ad Alessandria * ma noodinseno veniva detto regnare da anni ventisei. Nel di eiannovetimo anno sdegnatoli contro i prefetti delle troppe, jpd loro addosso colle sae forse ; e qaesti gli fecero fronte avendo alla testa T i r r o n e , nomo de) aeogue reale : per la ohe venutosi a battaglia navale, egli si trov in tanto peri-, colo , cbe dovette colla moglie e coi figli rifuggirsi io Wira, voiit della Licia; e di l fuggendo in Cipro, assaltato da C h e r e a , ammiraglio, per . 9 Intanto dopo la fuga di loi gli Alessandrini, mandati aonbasciadorr a T o lo m m e o S t e r e , fratello dell4 A l e s s a n d r o , 1*invitarono a montare di nuovo sol trooo ; ed egli ritorn da Cipro; e quindi scorrono sette anni e sette mesi: cb per tanti rimase re dopo il ritorno. Tutto il tempo poi, tolto dalla morte del padre , contasi per esjselui ; e s* hanno trentacmque anni e sei mesi. Per da osservarsi, cbe a To** lo m m e o S o ie r e i dovrebbonsi attribuire interpolati diciassette .anni e sei mesi , e ali* A le s s a n d r o diciotto , interpolati anob* essi, avuto riguardo a quelli, ne4 quali il maggiore regn, 0 0 0 potendosi questi diciotto levare dal catalogo, quantunque pur s levassero a forza , malgrado^ gli studi# che vi presta* rono anche i Giudei ( 1 ). Ma non ai tien conto degli anai de ir A le s s a n d r o e ai contano tutti i trentasei del fratello maggiore . I sei mesi cbe avanzano dalla morte del fratello nag giore, e cbe compiono 1* anno trentesimo sesto , non vengono calcolati per C le o p a tr a , figlinola del maggiore, e moglie del ( 1 ) Ad intelligenza di questo passo reggasi G iu se p p e F la tn o nel lb. u contro A p p io n e , e il *it libro S ib illin o pubblicalo in Mila* no nel 1 8 1 7 .

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i < j > minore, Ia quale dopo la morte del padre tenne l redini del regno ; n si calcolano per 1*A le s s a n d r o i diciannove giorni, in coi regn con essolei. Questo A le s s a n d r o era figlinolo del minor T o lo m m e o detto 1 A le s s a n d r o , figliastro di C le o p a tr a , * ed abitava ia Roma ; e mancando in quel tempo in Egitto maschi della stirpe reale , chiamato and in Alessandria, o prete in moglie C le o p a tr a che dicemmo ; e contro voglia di lei si mise alla testa del governo. Poi diciannove giorni dopo la accise ; e per quell' infame suo parricidio fa ucciso aneh* egli 5 assaltato da nna turba* d* armati nel ginnasio . A questo A le s s a n d r o saccedette T o lo m m e o detto il n u o v o D io n is io ( i ) , figliuolo di T o lo m m e o S o t e r c , fratello della predetta C le o p a tr a . Del regno di oostui si contano ventinove anni. C le o p a tr a , figliuola di Ini , fa 1 ultima della stirpe dei * h a f j t i i i e al regno di lei dannosi ventidue anni. Ma d* uopo avvertire cbe le durale di questi regni non contengono una serie continuata di tempi dal principio al fine ; ma che sono alternate, e tra esse a vicenda interposte. Imperciocch sotto il n u o v o D io n is io sono attribuiti tre anni di regno alle figliuole del medesimo* C le o p a tr a , detta aoohe T r ifo n e a , e B e r e n ic e 4 cio un anno ad entrambe unite, e due anni alla sola B e r e * n i c e depo la morte di C le o p a tr a , o vogliaci dire T r ifo n e a . E ci perch essendo T o lo m m e o aodato a Roma, ed ivi fer-

( 1 ) Gli Editori dell* Eusebio armeno riferendo 1 parere del V a il1 dell E ck elt, i quali attribuiscono a para adulazione il so prannome di nuovo D ionisio dato a questo Tolom m eo, preferiscono attribuirne T origine alla supposizione che i Talom m ei prevenissero da B a c co , siccome avea sostenuto un certo S a tiro , di cui parla Teofilo. Ma e non sarebbe stata una pi smaccata adulazione co desta? Non"hanno dunque que9 dotti uomini guadagnalo nulla cer cando 4* infirmare 1 opinione corrente , la quale ebbe, o pot avere per probabile motivo la bellezza, e le graziose maniere di questo T olom m eo, appunto per queste assomiglialo a Bacco $ ohe Bacco a D ionisio fu bellissimo.
imnt

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mitosi alenn tempo s le sue figliuole, non vedendo ritornare il padre, presero le redini del governo : poi alcuni parenti assistettero B e r e n i c e , Q ebbero parte nel governo fin taoto che fa ritornato T o lo m m e o da Roma: il quale poscia messa In non cale la piet t l'affetto verso la figlinola e riguar dando di mal cuore quanto essa avea operato, la feoe morire , Regnando C le o p a tr a , i primi anni del regno Vennero attribuiti a lei e a eoo fratello maggiore T o lo m m e o ; e di poi agli altri per la cagione medesima. Il n u o v o D io n is io mor lasciando quattro figlinoli, cio due T o lo m m e i , C le o p a tr a ed A r iin o e . Egli lasci il regno ai due di maggiore et , ordi nando eh# T o lo m m e o e C le o p a tr a regnassero insieme. Cos passarono quattro anni ; e la cosa sarebbe durata3 se T o lo m m e o , il quale non avuta riguardo alla disposisone del padre volle regnar solo , non avesse perduta la vita in una battaglia navale sostenuta contro G iu lio C e s a r e , che diede ajuto a C le o p a tr a . Dopo la morte di T o lo m m e o , il fratello minore 5 detto T o lo m m e o anch' egli j fa colla sorella C le o p a tr a , per ordine di C e s a r e , a parte del regno: ond' che si notava l'anno quinto di C le o p a tr a , e il primo di T o lo m m e o ; e quindi se guirono altri due anni sino alla morte di qoest' ultimo . Il quale fatto per insidie ammassare da C le o p a tr a nel1' anno quarto del suo regno , e ottavo del regno di lei, il rimanente tempo attribuito a C le o p a tr a sola va fino al quin dicesimo tao. Ma il sedicesimo vien anche detto il primo; e ci perch morto in Siria L is im a c o , re della Calcide., Mar-> e a n to n io , comandante supremo (delle forze romane) diede a C le o p a tr a e la Calcide e le provincia adiacenti. E cos po scia colla stessa norma netaronsi i susseguenti anni fino al vigesimo secondo, che fa l'ultimo di C le o p a tr a 9 per modo che il veotidaesimo sao anno fa anche il settimo t

poi, detto anche A n g u s to , per la bat-* taglia d Azio lev il regno d* Egitto a C le o p a tr a 1 anno se * condo della olimpiade cLxxxiv. Onde .tra. lVanno primo della cxi ia coi A r r d e o F ilip p o succedette oell* imperio, o 1 anno * secondo della c l x x x i v , contanti settanta tr olimpiadi o un anno; cio dugento novantatr anni (i); ed altrettanti anni si com putano dei re d' Alessapdria sino alla morte di C le o p a tr a
O tta v ia n o C esa re

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Ecco adunque come si contano i tempi di Toommei*


ALESSANDRO macedone incominci il regno l'anno primo della centesima nndecima olimpiade. Egli edific in Egitto Alessandria s la dorata del suo regno fu di dodici anni e sette mesi. Dopo di lai regnarono in Alessandria, e sopra tatto 1' Egitto i seguenti : TOLOMMEO di L a g o . . . anni XI tesi * xxxvm 39 4* * 99 TOLOMMEO F ila d e fo . . . 99 TOLOMMEO E m e r g e te . . * 1 x x iv v 99 . . TOLOMMEO F ilo p a to r e . . XXI XXIV (2) 59 A 'TOLOMMEO E p ifa n e . . . * xxx (3) 99 TOLOMMEO F ilo m e to r e . < 99 TOLOMMEO j.uniore , detto anche ' E m e r g e te
. . . . . . . 99 99 X X IX 99

TOLOMMEO F s c o n e , detto S o te r e TOLOMMEO, * A le s s a n d r o , che dalla madre (4) di suo padre fa ' cacciato del regno. . . . .

xvii

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(i) Epifanio dal primo Tolommeo * figliaci di Lago, fiao a Cleo patra ue conta treoentm te i* (a) Cos nel margine del codie armeno * e nel testo greco. Ma nel lesto del codice armeuo xxii. (3) Nel testo greco xxxi.

(4) Questa ara Cleopatra, mogli* AV Eptfane. i l Ale tsandro era

198
TOLOMMEO Filadefo, redace da ehi era stato cacciato da Ales sandria . . ....................... ..... anni ' vili mesi TOLOMMEO il Dionisiot detto anche F ila d e f o ....................... xxx ... CLEOPATRA figlia di Tolommeo xx ... Regnante lei 6 . Giulio Cesare invase il sommo imperio de'Romani. Dopo di lai Cesare Sebasto Ottaviano, detto anche Au gusto , uccisa Cleopatra s distraste il regno de4 Tolommei, che era dorato dagentonovantacinque anni (i)figliuolo deir Everrete , e questi fratello dot Filometore , e figliuolo dell* Epifane 5 e il passo si tiene per erroaeo ; e i dotti Editori lo corregono cos. Tolommeo , detto P Alessandro, cacciato per ordine delta madre. . . . ee. Poi. aggiungono la giusta osservazione, che non fondato il numero dei tre anni cbe aWAlessandro qui si at tribuiscono . (1) Tutto questo catalogo pieno di rrori , e di contraddizioni. Si d al Tolommeo Filadefo reduce un regno di otto anni e qui e nel secondo libro di Eusebio $ e intanto poco sopra Eusebio area detto che al Tolommeo CAlessandro era succeduto il Sotere reduce dall esigilo ; e che a questo era succeduto 1Alessandro secondo fi gliuolo del primo Alessandro, trucidato a cagione del commesso parricidio , poich avea uccisa sul bel principio del suo regno la moglie. A questo Alessandro poi era succeduto il nuovo Dionisio. Qui Eusebio cambia le cose. A questo cambiamento per sembrano dare la loro approvazione i dotti Editri. Ed ecco com* essi ragio nano. certo che il predecessore del nuovo Dionisio mor m esi gilo in Tiro, lasciando il regno ai Romani. Or come potrebbe adun que il nuovo Dionisio essere succeduto al secondo Alessandro m che fu ucciso in Alessandria? questo un grande imbroglio che troTasi nella successione dei Laghi, su cui i Critici hanno detto e ri detto senza persuadere n altri, n s medesimi. Il Petavio and a supporre un terzo Alessandro segnato dai Manutii : il Visconti pen sava che questo Filadefo fosse 1' ottavo Tolommeo regnante la se conda volta 5 e poneva poi che VAlessandro secondo non foss gi , st*io ucciso in Alessaudci; qui oUmeatt cacciato ia esigilo 5 n

da dubitare, che col fat risuscitare motti moltissime cot possono aggiustarsi, come con far venire al mondo gente che non vi fu mai. ^Tale si stata la logica dei dottissimi Petavio e Visconti, umiliante in vero per ohi sa , e per chi non sa egualmente. Opportunamente |>oi i detti Editori dell Eusebio armeno osservanp % cbe in questo catalog non nominato VAlessandro secondo perch avendo re gnato solamente diciannove giorni, gli JEgtsii non lo riputarono sog getto da inserire nel catalogo cronologico dei loro He. Con ci, a parer nostro ssi hanno modestamente accusati d inesattezza e gli Egizii ed Eusebio ad ttn tempo. Ma non crediamo noi inesattezza di Eusebio il sumero de Penti anni in questo catalogo attribuiti al regu di Cleopatra a cui per molte clhsiderasioni competono ventidue, come a lei d il testo greco, com* notato net margine del testo armeno. Il perch gli Editori e qui e in tanti altri luoghi abbiano conservati gli errori di codesto loro testo armeno, cosa che la debole nostra intelligenza don ci d di potere comprendere. Noi abbiamo riguardato per no guadagno' delle lettere il disseppellimento della prima parte dell* opera euscbiana, giacch non ne avevamo che de1 frammenti. Essa non poteva essere cara e a noi e a quanti hanno in pregio i buoni jrtudii, se non per l1 incremento delle utili cognizioni. E v era co modit di presentarla netta da grossolane inesattezze attesa la so lida erudizione de* valentissimi Editori, ai quali potea bastare che noi soffrissimo gli scandali originali, che per le sue prevenzioni, e per quelle del suo tempo, Eusvbio non ha potuto risparmiarci. Di. ranno gli Editori d averci nelle loro Note prestato il cerotto, da mettere su codeste piaghe esotiche : ma noi saremmo loro obbligati assai pi, se ci avessero dispensati dalla noja di veder quelle pia ghe ; e magnificheremmo di buon cuore la loro prudente economia 9 se avessero tenuto il loro cerotto ad altra bisogna. Ma ritorniamo al testo. i dotti Editori sulla somma dei dugento novantacinque anni, qui assegnali alla durata del regno dei Tolommei, ci avvisano della in coerenza che havvi tra questo passo , e 1 antecedente , ove essa b * ristretta a dugento novantatr, con di pi che questa , e non I* ul tra , trovasi tanto nel margine del testo armeno, quanto nel testo greco. Dal che hanno tratta la facile conclusione , che tutto questo passo pieno > errori* Ma sono essi questi errocL_4 Eusebio t o 1

*99

200
de* copisti f Noi non crediamo che quando ano scrittore ci ha di proposito delio che tal cosa dieci, se poscia ci avvenga d* intoppare in un passo di lui ove leggasi tredici, dobbiamo dire' essere P uno e 1* altro numero pensatamente da lui espresso. Uopo dunque purgarlo quando vogliasi esporlo al mondo onorevolmente. Se no , di errori e antichi e moderai avendone noi bastante dovizia , perch farci traboccarne 7 ch tale dovizia ognuno sa essere miseria. I dotti Editori pef ci avvertono , che volendo noi sapere qualche cesa in torno alla cronologia dei Tolommei possiamo consultare Clemente Alessandrino , Tertulliano , Epifanio , i quali molto si diseostano da Eusebio ; e potevano dire che di poco sono concordi tra loro. Ci mandano anche all* Cronografia del Maiala , aggiungendo per di buona fede eh1 essa piena di non mediocri errori, t perch dunque siamo noi mandali o certo che non troveremo'verit P erudizione , dottrina 1 empirci la memoria- d* incertezze e di * eri ori P Ad onta di tutte queste umilianti considerazini noi siamo contenti avere in questa edizione nostra del Diodoro aggiunti anche questi ultimi squarci dEusebio, perch ci hanno risparmiate Icone itoatrazioui che avremmo dovuto apporre a vani passi de Frammenti che sieguono, per conoscere spezjalmente varii ile o icir, o egisii he in qjit? .Frammenti vengono nominali.

E S T R A T T I
CHE RIMANGONO DEGLI ULTIMI VENTI LIBRI

DELLA BIBLIOTECA STORICA


DI

DIODORO SICULO
QUALI SI HANNO NELLA EDIZIONE DEL VESSELZHfGIO

ESEGUITA 1 AMSTERDAM HEL I j f

pi* le stampe di Jaco p o Y cstenio.

a l l o r n a t is s im o

s ig n o r e

D. STEFANO PIRAZZOLI
DOTTORE IH TEOLOGIA

IL CAV. COMPAGNONI

D o p o

avere felicemente navigato per que sto ampio e tranquillissimo mare di rara e squisita erudizione dogni genere, ch tale credo io potersi giustamente chiamare la parte della Biblioteca Storica di D i o d o r o Siculo per me fin qui volgarizzata, or toc caci entrare in basse secche, le quali di quel magnifico e sovrano mare non hanno pi nemmeno lapparenza: e cos io non dubito di chiamare codesti rottami degli ultimi venti libri della medesima. In quella prima navigazione, trapassata una quarta parie di s splendido mare, avemmo a trovarci in bassi fondi e paludosi per al-

2C >4

trettanto cammino, ove non vedemmo clie poche punte di terra, dalcun cespuglio coperte, ed appena mostrantici qualche pregevol fiore ; ma in fine quello squal lido tratto ci condusse al bel largo, ove la nave nostra dispieg lieta le vele, e un orizzonte ognor crescente ci fece correre vago d ogni maniera di gravi e belle cose. Or fa duopo rinunziare ad ogni speranza di simil compenso; n pi c dato che di navigare in rotte acque palustri, e far nostro tesoro di alquante disordinate punte di terra, dal caso seminate qua e l infra pozze limacciose, anzi che in belle acque. N a compiere il viaggio nostro 1 ardita * nave di prima pu pi condurci, ch la stretta e guasta via cel vieta; ma me stieri che usiamo dumile schifo : tanta la condizione miserabile, in cui ci hanno lasciati le ingrate et trascorse! Ed meraviglia veramente, mio caris simo Amico, che dal comincimento del Basso Imperio in poi, tempi infelici invero per gli uomini e pter le lettere, essendoci

io5
pur conservati moltissimi vecchi libri, od essendosene composti tanti, che niun sus sidio danno all intelletto umano, anzi pa recchi dessi lo umiliano piuttosto e lo pervertono, i pi splendidi ed utili sieno stati posti in dimenticanza, o di$trutti! Fra i quali j mentre di parecchi singolar mente ci rattristiamo, che tal .ventura si ebbero, di questi di Diodoro gravemente avr a rattristarsi per certo ognuno, che quelli, che dall unnica ruina si sono sal vati, abbia alcun poco scorsi. E disse bene il Rodomano, quando nell accennare il senso eccitato in lui dai primi frammenti che dei perduti libri di Diodoro gli ca* pitarono sotto gli occhi, lo assiniigli a quello che ad assetato uomo recano al cune poche stille d acqua che gusti. Della grvit degli argomenti, de quali Diodoro avea trattato necinque, che for mavano lultima met della prima sua de cade, ho gi altrove parlato; n dissimulo, che posto io a scegliere tra il sacrifizio di que cinque , e quello degli ultimi venti,

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darei il mio voto per salvar quelli a pre* ferenza di questi, siccome bo gi dichia rato altrove : imperciocch per altri sussi dii pu comporsi, siccome di vero si composta, la storia de tempi ragionati* in questi ultimi venti libri; e per lo contra rio qual supplimento possiamo noi dire di avere per le cose trattate in que primi cin que? Ma nondimno gravissima la pena che soffrasi, quando, finita ia lettura del libro ventesimo, ci veggiamo rotta dinnanzi, e tolta affatto la serie de gravissimi avvenimenti, de quali in quel ventesimo libro da ogni parte veggonsi pullulare i semi. Ed avvezzi noi alla diligenza di Diodoro , alla sua cura di notare tante parti colarit, e tanti casi singolari, che emi nentemente dimostrano il carattere degli uomini, l indole de popoli, e le cagioni speciali de tempi, appena speriamo di tro varne compenso in Autori pure celebratis simi. Ma nella sfortunata combinazione, a cui sono ridotte le cose per la perdita deplo

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rabile di que1venti libri, di qualche con forto debbono esserci i varii frammenti $ che d'essi ci restano, quantunque per s stessi sieno rispetto al tutto scarsissima cosaj e ci sieno giunti assai disordinati, e inonchi per la pi parte adunque di questi, che nelle varie partite, in cui veggonsi pubblicati ' nella bella edizione del TV esterno, mi sono in ultimo luogo occupato. Rispetto ai quali, quantunque per avventura mi paresse da principio che in miglior ordine si potes sero presentare; singolarmente ponendo in serie quanto alle gesta di alcuni partico lari uomini appartiene, od alle vicende di alcune citt, e dalcuni popoli, onde averle tutte ad un tempo sott occhio, gravando il leggerle troppo sconnesse > coni elleno qui appajono; pure me ne sono astenuto, senza per, a dirvi il vero, assolvermene. Imperciocch non avendo esse pi lorigi nai corredo, che ne libri suoi avea Dio doro dato alle medesime, che ragione di diminuirne il pregio con tanto sparpaglia

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mento? E ci principalmente pu appli carsi a quella parte, che il Falesia ha intitolata delle Virt e de* V izii; poich al senso di chi lgge nulla giovando la seguita da lui classificazione departicolari libri, a cui in origine quei varii tratti ap partenevano , e potendosene agevolmente far nota in fine dogni articolo, o para grafo che vogliam dire ; Y ordine, di che io ragiono, e che la natura delle cose riguardava, potea richiedere nna preferenza. Ma ci ch non ho avuto il coraggio io di fare, il far forse altri ad una nuova edizione, che della Biblioteca Storica d i Diodoro si faccia , nella quale principal mente emenderannosi anche gli errori, in cui io possa essere caduto: ch non sono io lontano dal credere daverne commessi pa recchi. Per essi per dalle dotte e discrete persone io non dispero indulgenza: imper ciocch se sovente accade che i valentissimi illustratori di Diodoro fra loro contendano ora sulla intelligenza di un passo, ora su quella di un altro; ed erano essi uomini

consumati nello studio della greca filolo gi#, e lungo, tempo aveano speso in esami e confronti dogni maniera ; sar egli da fare le meraviglie * se con assai minore dottrina, e minor tempo ho potuto io er rare, sia pi alla sentenza di uno di quei valentuomini accostandomi, che a .quella dellaltro, sia da quella d essi allontanane domi per seguitare limpulso del panico-* lare mio senso? buon conto starammi, io spero, ir* luogo .di merito l avere avuto lardimento di pormi a questa impresa ; e 1 aver dato alla Giovent italiana^D/oforo a leggere nella nativa loro favella senza oscurit e senza stento; e parmi anche con certa gra vit di stile, quale di pieno diritto potea un tale scrittore richiedere. N voglio dis simulare, che se a lavoro intrapreso molto animo la qualit eminente dell opera mi diede, ad intraprenderlo molto contribu limportanza e la bellezza della idea con cepita da Giambattista Sonogno, di dare giItaliani la Collana degli antichi Storici

greci volgaritzti. Era Giambattista Son* zogno uomo di acuta mente, e di assai giusto criterio, che il merito de libri , e la, esigenza de tempi ottimamente conob be; e che le speculazioni dei suo mestiere congiunse sempre colla utilit de suoi con cittadini , pi al piacere donando di soc correre agli studiosi, che a quello di gua dagnare. E certamente chiunque osserv il modo suo di vivere, dovette facilmente vedere come ingordigia davere in lui non fu mai, essendo egli stato s temperato nel vivere, che pi astinente uomo pot dirsi che continente; n se alcuna cosa nocque, a suoi affari, altra fu questa che il lasciarsi alcune vlte sorprendere da certi pappagalli di ltteratura, i quali cor rompendone il giudizio, che la natura gli avea dato sicuro, il traevano ad. imprese che poi gli furono fatali. Questo buon uo mo, che langoscia del cuore strascin senza necessit a fine che non avea al certo me ritato , m ebbe principale nell intraprendimento generoso; n voglio negare a me la

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giusta soddisfazione di rammemorare, che se il nome di alcun chiaro uomo e incoraggi lui nella esecuzione del suo divisa mente, e gli procacci fautori; il mio vol garizzamento del D itti, e del D arete, e quelL de primi volumi del Diodoro fe cero abbastanza fede y che non era ciarla tano il libraj o che annunziavasi intrapren ditore di s beiropera, qual' quella della Collana, oggi con assai amore proseguita dai figliuoli di lui. Dovendo per certa convenienza premet tere queste cose, ho voluto indirizzare il discorso a Voi, ottimo mio Amico, per darvi palesemente una testimonianza del tenero affetto, che conservo per la degna vostra persona. Imperciocch in trentasei a n n i, dacch ci separammo, un momento solo non mi usc di memoria n la cistante benevolenza vostra, n l amenit di quegli anni che in compagnia vostra io vissi; e mi sono ognora presenti i generosi sensi del vostro animo, e i prudenti con sigli coi quali dirigevate la inesperta gio-.

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vinezza mia, e i solidi studii a quali col* r esempio vostr voi mi guidavate. Sicch io non credo che in cuore umano giam mai pi dolcemente possano ribollire tanto dolci reminiscenze, congiunte a candida riconoscenza, come nel mio ribollono ri spetto a Voi, ultimo restatomi de miei an tichi amici, e primo di tutti nell ordine de tempi, snza che nel paragone di quelli* di che la mia buona sorte nel placido corso della vita in tanti diversi luoghi condtta, ini grazi, Voi abbiate perduto alcun pre gio. Accogliete adunque benignamente la espressione de sinceri miei sensi di stima, di riconoscenza, damicizia; e continuate a valermi bene come io ne voglio a Voi*
Dal Giardino di p etio li 21 Luglio 1822.

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ESTRATTI DEL LIBRO XXI.


I. ^ C hiunque abbia sano intelletto dee sentire coma egli abbia a fuggire ogni vizio 5 e spezialmente la cu pidigia di aver molto;perciocch mentre per la spe ranza di utilit questa passione strascina molti ad essere ingiusti, diviene agli uomini cagione di mas simi mali ; e perci fatta essa emporio, per dir cos, d ogni genere .d? ingiustizie , molte e gravissime ca lamit versa poi non solamente sui plebei, ma eziandio sui pi grandi monarchi. Cos Antigono re dAsia,facendo guerra ai quattro re fra loro confederali, cio a Tolommeo di Lago , re degli Egizii, a Seleuco de Babilonesi, a Lisimaco de T raci, ed a Gassandro di A ntipatro, re di Ma* cedonia, venuto a giornata con essi, e trafitto da molti d ard i, rest morto : per fu seppellito con reai pompa, Demetrio , suo figliuolo, tolta seco sua ma dre Strabonica, la quale allora soggiornava in Cilicia , con tutti i .suoi tesovi ? navig a Salamina citt d i Cipro, poich egli 1 avea a sua devozione.

II. gatocle , re di Sicilia, incendiate tutte le navi de' Macedoni ? liber Corcira con forze di mare e di terra assediata da Cassandro re de Macedoni ? je gi sul punto d essere presa. In guerra molte imprese riescono vane ? poich l ignoranza e la fraude sovente contribuiscono sugli avvenimenti ? quanto possa contribuirvi il valore. '

III.
gatocle restituitosi, dopo il suo ritorno da Cor cira all esercito ? avendo udito come i Liguri e i Tirreni in tempo di sua lontananza aveano doman dato con baldanza ad Arcagato suo figliuolo (i) le paghe f li fece trucidar tutti in numero non mi nore di due mila. Per lo che essendosi i Bruzii messi di male umore contro di lu i, egli prese ad assediare la loro citt nominata Et (a) ; ma aven dolo que Barbari assaltato improvvisamente di notte con grandi, forze , egli perdette quattro mila uomini; e fu obbligato a ritornarsi a Siracusa.
(1) Polrebbesi facilmente pensare, cbe dovesse con pi ragione leggersi nipote anzi che figliuolo , a meno che codesti Liguri e Tir reni non si supponessero ritornali d* Africa. Ma in questa supposi-, zione come c entrerebbe il mal umore de$ B ruiti f (i) Il Vesselngio non trovando ne Bruiti la citt di questo nome , dubita che debbasi leggere Clatupea.

2l5 IV. Agtocle radunate le sue truppe di mare pass m Italia, ed avendo in animo di andare con tra Cro tone , mand a dire a Menedem , suo amico , di non mettersi in apprensione 5 e volendo assediar la citt insidiosamente diceva di mandare a nozze in Epiro Lanassa (1) sua figlia, accompagnata da una armata reale : colla quale frode sorprese gli abitanti di quella citt, non preparatisi a quel caso. Quindi investitala la circond di mura da una parte del mare all altra } ed avendo coll ajuto di una petriera } e di una fossa diroccata *la maggiore delle case , 1 Cro ton iati spaventatisi aprirono le porte ? e presero den tro Agatocle e 'l esercito. I quali fattisi padroni della citt ne misero a ruba le case , e ne trucidarono gli abitanti. Il re poscia fece lega di guerra coi confinanti Barbari ? i Japigii ? e i Peucezii, e dati loro legni da andare in corso ? >ebbe la sua parte delle prede. fatte. Finalmente lasciato presidio in Crotone , ve leggi a Siracusa. V. Diillo (2), scrittore ateniese , compose ventisei li ft) Codesta Lanassa fu data sposa a Pirro , ed ebbe dal padr6
in dote Corcira , che Agatocle avea fatta di suo dominio. Pirro poi non piacque a Lanassa, ed essa labbandon attaccandosi a De-> metrio , cbe ben valeva di pi. (a) Di lui si parlato al libro XVI. Qui vien nominato nei testo' D ialto, non iscorrettamente. Di Psaone. parlano > Jousio, e il 1 V desio .

!2l6 bri di storie ? comprendenti quanto era seguito per tutto il mondo. Psaone poi di Platea descrisse in trenta libri le cose medesime. VI. Nella guerra degli Etruschi, de1 G alli, de Sanniti, e degli altri alleati, Duri attesta essersi dai Romani sotto il consolato di Fabio uccisi cento mila uomini. VII. ntipatro per invidia tolse di mezzo sua madre} ed insidiosamente ammazz Alessandro suo fratello, che avea chiamato in ajuto il re Demetrio, non volendo averlo compagno nel regno (i). VIIL Agatocle con buon esercito pass in Italia ; avendo in tutto trenta mila fanti e tre mila cavalli ; e date a Stilpone truppe da sbarco? gli ordin di mettere a gua sto il territorio de Bruzii. Ma costui mentre saccheg giava il paese della costa, ebbe tale tem pesta, che perdette la maggior parte delle navi. Agatocle intanto avendo posto 1 assedio ' intorno alla citt degl Ipponiati y a forza di petriere* la p rese, e se ne fece pa(i) Questo ntipatro fu figliuolo di Cassan&ro , c sua madte tra Tcssalonica . Ved. Plui. e Giusi. Noi abbiamo letto il test p i -copvenienleroenle di quello > che presenti.

217 drone. Pel quale fatto spaventati i Brunii mandarono legati per trattare di pace : ond' che avuti seicento ostaggi, e lasciato ivi presidio , ritorn a Siracusa. Ma i Bruzii non istando al giuramento, con tutto il nerbo della loro citt piombarono addosso ai soldati, li misero in pezzi, e ricuperati avendo gli ostaggi si liberarono dall imperio di gatocle. Debbesi al vigor del supplizio preferire la dolcezza del perdono.

IX. Per la massima parte quelli che conducono gli eserciti, quando si trovano nelle strettezze di avversa fortuna lasciansi trasportare dagli stessi affetti del volgo , e ne partecipano i timori. X. Il re Demetrio, essendosi i Tebani per la seconda volta ribellati a lui y rovesciate le mura della loro citt 9 si fece d essa padrona per assalto ; e dieci individui soli, autori della ribellione, mise a motte. XI. gatocle mand gatocle suo figliuolo al re De metrio per fare lega con esso lui ; e Demetrio molto cordialmente accolse quel giovane, lo vesti di stola reale , gli fece magnifici doni ; e con esso lu i, ri

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mandandolo, sped Ossitemi uno de1 suoi fidati, itt apparenza per confermare la lega, ma realmente per esplorare le cose della Sicilia. XIL
*

Il re gatocle f dopo aver mantenuta lungo tempo la pace coi Cartaginesi, si mise a fare grandi pre parativi di cose navali ; ed avea in animo di passare un7altra Tolta coll esercito in Libia, e dimpedire ai Peni il trasporto di frumento dalla Sardegna e dalla Sicilia, giacch per la passata guerra d Africa i Car taginesi fattisi padroni del mare ; aveano assicurato. la loro patria da ogni pericolo. Per , quantunque gatocle avesse allestito di tutto punto dugento tra quadriremi ed essere, non mand ad effetto quel suo disegno; ed ecco il perch. Stava presso lui un certo Menone , egestano di patria ? il quale fatto prigio niere nell eccidio della sua citt , per la bella sua persona era stato preso al servizio del re. Costui per del tempo faceva vista d essere contento dello stato suo a modo che egli era uno de1favoriti , e confi denti del Principe. Ma come tanto per la ruma della sua patria , quanto per P abuso ingiurioso clie il re faceva della sua persona, in cuor suo l1odiava, prese l1incontro che gli si present , per vendicarsi*. Era il re gi ridotto alla decrepitezza; ed avea com messe le truppe che teneva, in campagna, ad Arcagato ? figliuolo di Arcagato* stato sacrificato nella Libia } e perci nipote di gatocle ; daltronde ^opra i pi

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scelti di gran lunga distinto per virile bravura, e per generoso ardimento. Mentre questi era a campo nelle vicinanze dell E tna, il re desiderando di fare suo suc cessore al regno il figlio Agatocle , primieramente rac comand il giovane ai Siracusani , dichiarando che, a lui avrebbe lasciato il comando 5 poscia lo mand al campo con lettere, per, le quali ordinava ad Arcagato, che gli consegnasse tutte le truppe terrestri e marittime. Per la qual cosa vedendo Arcagato che -si voleva far passare ad altri il regno, tese insidie ad entrambi y e per mezzo dun suo confidente eccit Menne a far morire il re di veleno. Egli intanto ce lebrando alcuni sacrifizii in certa isola , avendo ivi ac colto Agatocle, che and ad approdarvi, ed invitatolo a cena , poscia che iL vide pieno di vino, alla notte lo scann. Il cadavere di lui gittato in mare ., fu dai flutti buttato a terra ; e dagli abitanti che il riconob bero , portato a Siracusa. Avea poi il re 1 uso ogni volta che avesse cenato , di nettarsi i* denti con. una penna ; ed alzatosi appunto da m ensa, ne domand allora una. Menone che .ne. teneva una intinta in ve leno potentissimo , gliela present ; e Agatocle non consapevole dell inganno , adoperandola con molta insistenza, and tanto cacciando la carne frappostasi ai denti, che ne tocc le gengive. Il che da prin cipio gli cagion un lento 'm alore, poscia, doglie ogni d pi gagliardi j e in fine venne fuori per tutta la bocca una marcia immedicabile. Vedendosi per tanto prossimo a. morire , chiamato il popolo in concione si mise ad accusare d empiet Arcagato, e ad

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eccitare la moltitudine a voler far vendetta per In i, affermando eh egli aveva fatto pensiero di ridonare al popolo la libert. Dopo di cbe quelFOssitemi, gi mandato dal re Demetrio, vedutolo agli estremi della v ita, il fece porre sopra un rogo ; e l abbruci spi rante ancora, non potendo egli pel gran male, ond era preso nella gola, alzar la voce. ' Tal fine , degno delle scelleratezze sue ebbe Agatocle j cbe tante e si strane stragi regnando com mise , e alla crudelt usata cogli uomini di sua na zione , un F empiet verso gli Dei. Avea egli regnato ventotto anni, e navea vissuti settantadue , secondo cbe riferiscono Timeo siracusano , e G allia, siracu sano anch egli, autore di venti due lib ri, e Antan* d r o , fratello di gatocle , che parimente scrisse storie. I Siracusani acquistato di nuovo lo stato po polare , confiscarono i beni di gatocle , e ne git tarono a terra le statue. Menone frattanto , che avea usata al re l insidia da noi esposta, trovavasi nel campo di Arcagato, essendo fuggito di Siracusa j e dandosi vanto del fatto , come quegli, che veniva ad aver abrogato il regno, in confermazione di ci uccise a tradimento Arcagato \ e fattosi padrone delT esercito , essendosi con. belle parole conciliato il favore della moltitudine , prese a far guerra ai Sira cusani , ed usurp il principato. XIII. I Siracusani mandarono fuori Iceta, loro coman-

dante, perch andasse contro a Menone. Iceta tenne la campagna per alcun tempo ; ma non pot mai co stringere i nimici a venire a giornata \ ch continua* mente vi si rifiutarono. Accadde poi che a Menone si unirono i Cartaginesi ; onde allora prevalendo di forze ? i Siracusani furono obbligati, ' dati quattro cento ostaggi, a desistere dalla guerra, ed a rice vere i fuorusciti. Nacque poi in citt gran sedizione a motivo, che nella elezione de magistrati a1 merce* narii non s ebbe il dovuto riguardo ( i) , sicch' e questi, e i Siracusani presero le armi ; ed a stentp i seniori ; frappostivi inviati, dopo molte preghiere ottennero , che si desistesse dal tumulto a patto, che i mercenarii a certa epoca, trasportano** auanto ave** vano , partissero di Sicilia. Le quali cose dalle parti ratificate, quelli uscirono di Siracusa, ed incanunfc* natisi allo stretto , vennero dai Messenii introdotte in citt come amici e compagni d armi i se non che dov erano stati cortesemente accolti nelle case, co* loro alla notte trucidarono i loro ospiti, e presene per loro le mogli, si fecero padroni della citt 7 eh chiamarono Mamertina (a) da M arte, il quale Ma* merle dicevasi in loro lingua*
( 1 ) Debbesi intendere che que* mercenarii erano gi siati fatti citladini , pel qual titolo pfti pretendevano < aver parte ne* magi T strati. In Siracusa altre volta era succeduta sommossa per la stessa cagione. (a) Negasi dagli Eruditi contro questo passo di Diodoro , e contro Eusebio, che Mussanti siasi mai chiamata Mamertim , ed a m a a h tono per che MaruerUni ne fossero delti ( dopo questo fatto ak><* ramente) gli abilitali. Il giudizio di codesti Eruditi, ameo*. per

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Quelli che non sono a parte del reggimento po polare } dal tribuno della plebe non vengono am messi a votare. XIV. A nem ici. essere terribile quanto mai si possa * questa conveniente cosaJ ed pur conveniente del pari conservarsi contantemente benevolo verso gli amici. XV.
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Poich in quel tempo non sapevate che cosa con venisse fare, vi piegaste a fare secondo che con gra zioso. ragionamento foste persuasi. Ora altra cosa vi si dice, dacch vedete la provincia immersa in di sgrazie. Ignorare alcuna volta ci che accade nella vita cosa da, uomo : ma sulle stesse cose errare pi volte , lo stesso che non aver lume di ragione. E quanti siamo pi che cademmo in errore, di mag gior pena siamo meritevoli. A tale cupidigia alcuni sono tra tti, che non dubi tano punto di rendere pi splendide le loro famiglie a costo della ruina della patria. E quelli che s turpe ,azione commisero contro le
ci che riguarda Diodoro, b inconsiderato : ch non die' egli gi Messana chiamata Mamcrzia, ma Mamcrtina appunto comt gli abitanti.

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persone che ajutarono gli a ltri, come li avrebbero essi mai trattati ? XVI. Debbesi concedere perdono ai peccati ; e non pen* sare pi a quello che stato. XYIL Sono da punirsi non quei che fallarono, ma ibbene quelli che de commessi falli non si pentono. XVIII. L equit e la clemenza fra gli uomini pi antica dell7ira e del supplizio. XIX. onesta cosa , ed opportuna il mettere fine alle inimicizie *e ripristiii&re in luogo loro P amicizia. Per ciocch quando 1 uomo ridotto alla miseria ; suole di sbalzo volgersi all1amico. XX. P e r natura insita essendo negli uomini la cupidigia d acquistare molte 6ose? da tale -effetto non suole essa mai astenersi affatto.

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L albagia superba, e il contegno tirannico ruolsi lasciare a casa} e chi entra in citt libera dee nella sua condotta conformarsi alle leggi del paese. Quando uno ebbe per eredit nascita e regno , dee volere succedere anche nella gloria che v congiunte. Ed in fatti sarebbe turpe, cosa portare il nome di P irro , figliuolo d Achille, e nelle azioni rassomigliarsi poi a Tersite. Quanta j^i gloria alcuno acquist, tanto maggior obbligo dee avere a quelli, che lo ajutarono ad ot tenerla. Laonde le cose che con gloria, e col favre altrui uno pu conseguire , dee guardarci del non voler godere con ingiustizia e con obbrobrio. adunque, o uom ini, bella cosa degli errori altrui trar documento per la salvezza propria. XXI. Non permesso ad ale turo preferire alla propria cognazione il riguardo agli estranei; n lodio dene* mc alla benevolenza degli alleali.

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ESTRATTI DEL LIBRO XXII.


I. massima propria degli Epiroti non solo combat tere per la sua patria 3 ma porsi anche a parte dei pericoli> in cui possono essere e gli am ici, gli alleati nostri. IL Decio tribuno de* soldati di Roma , essendo co mandante del presidio posto in Reggio y in grazia del re Pirro ne trucid i cittadini, e se ne appropri i beni e le donne. Erano quei di quel presidio Cam pani , e fecero con quelli di Reggio ci che fatto aveano i Mamertini trucidando i Messenii. Dopo che colui ebbe iniquamente diviso il peculio di que mi seri , perdette Reggio , e da suoi Campani stessi fu mandato in esilio. Aveanlo all7impresa ajutato i Ma^nertini, i quali trovandosi ancora in denaro , sei fecero loro capitano. Accadde poi che fu preso da nialattia d occhi * e chiamato a s un medico di grande rinomanza , costui per vendicare la sua pa tria ? gli mise sugli occhi un empiastro di cantaridi, e lo acciec interamente, salvandosi col fuggir ratto da Messenia. Intanto tiranneggiavano la Sicilia ceta in Siracusa, Finzia in Agrigento', Tindarione in Tauromenio, ed altri in citt minori.. Finzia ed Ic e ta , guerreggian

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dosi, vennero al fatto d anni all Ibleo ; ed* ebbe vittoria Iceta. Empiendo poi costoro tutto il paese di scorrerie , rapivano quanto veniva loro sotto le m ani, e per tal maniera rendevano le contrade in colte. Iceta gonfio dlia sua vittoria, affront i Car taginesi % e vinto presso il fiume Teria fepe gran perdita d1uomini. Finzia fabbric una citt 7 da esso lui chiamata Finziade } e fatti uscire della loro pa^ tria i Geloi , li pose ad abitare in quella. Essa situata sul mare. Avea distrutte le mura e le case di Gela * e in Finziade inalz m ura, e templi , ed un foro degno di essere rammemorato. . . . Onde fattosi reo di strage cadde in odio di tutte le citt a lui soggette, le quali ne cacciarono anche i soldati che vi teneva a presidio* E la prima 4 far questo fu quella degli AgirioU (i). n i. H ve Tolommeo fu trucidato da Galli 3 e tutte le truppe macedoni vennero estermiu#te. IV. . La vittoria cadmea caduta in proverbio ; e si applica alloccasione clje chi vince ha sofferta grande strage ; n i vinti corrono pericolo d essere rumati > ritenendo un grande imperio.
() Questo fytot troppo iarero tronco, si riferisce i Fimi .

V.

Finzia, fondatore di Finzide , e tiranno d Agri gento, ebbe un sogno, che gli dimostr come dove* finir di vivere. Parvegli , che mentre cacciava un cinghiale , gli venisse addosso un porco , lo ferisse co7denti in ua fianco y e per la gravit della piaga egli morisse VI. Iceta dopo aver tenuto per nove anni il principato di Siracusa, ne fu caociato da Tinio&e figliuolo di Mammeo. VII. Tinione e Rostrato furono successori d Iceta ; e questi chiamarono un7 altra volta in Sicilia il re Pirro. VUL I Mamertini ohe proditoriamente uccisero i Mes semi , stipulata alleanza coi Cartaginesi, stabilirono con pubblico decreto di vietare a Pirro il passaggio in Sicilia. Ma Tindarione, tiranno di Taurameoio, inclinava a l u i , ed era disposto di ricevere nella citt le truppe che Pirro conduceva.

IX.
I Cartaginesi, fatta alleanza coi Romani 7 presero nelle loro navi cinquecento uomini, e passati a Reg gio , ne incominciarono l assedio ; ma dovettero ab bandonarlo ) ed abbruciando quanti materiali aveano ivi per fabbricar navi, non si arrestarono col che per guardare lo stretto, e per invigilare sul passag gio di Pirro. X. Nel tempo che Timone dominava l isola , e. So strato Siracusa , guerreggiavano fra lo ro , avendo dieci mila uomini in armi. Ma stanchi poi della guerra ambedue, mandarono legati a Jirro.

XI.
Pirro fece guerra in Italia due anni e . quattro mesi. Nel mentre eh egli accingevasi a partirne , i Cartaginesi stringevano Siracusa con assedio per mare e per terra, avendo in istazione nel porto maggiore cento navi, e cinquanta mila uomini dell esercito terrestre sotto le mura di quella citt : sicch chiudevano i Siracusani a non potere uscire , e devastavano il paese all intorno colle loro scorre rie. Per lo che stanchi i Siracusani di quella guerra, ogni loro speranza ponevano in Pirro 7 a cagione di Lanassa consorte di lui, figlia di Agatocle, e che a Pirro dato avea un figliuolo, di nome Alessandro.

229 A lui dunque andavano ' essi mandando ogni gior no uno dietro V altro legati per sollecitarlo. Sicch egli imbarcati soldati, elefanti, ed ogni attrezzo di guerra 3 salp da T arento, e prese terra il decimo giorno a Locri : di dove, passato lo stretto, essendo approdato nell isola si port a Tanromenio. Ivi poi essendosi alleato con Tindarione principe di Tauromenio , ed avuti da lui soldati, and a Catania ? ove dagli abitanti magnificamente accolto, e fregiato di auree corone schier le sue tru pp e, s incammin verso Siracusa, dalla sua armata pronta a combat tere fiancheggiato. Allapprossimarsi di queste forze a Siracusa, i Cartaginesi, avendo dianzi spedite al trove per servizio trenta navi, con quelle , che trovavansi allora avere , non ardivano di tentare la for tuna delle armi. ci fu cagione che Pirro , senza esporsi a cimento veruno , giunse a Siracusa } e ne fu padrone , poich Tinione gli cedette V isola 3 e la rimanente citt gli cedettero gli abitanti stessi, e So sia tra to. Avea gi in dominio suo Agrigento, e molte altre citt, ed un esercito di oltre dieci mila uomini. In quella occasione egli rappacific tra loro Tinione, Sosistrato e i Siracusani 7 e li ridusse a concordia : cosa che gli acquist molto favore. Ebbe con Sira cusa armi d ogni genere , e macchine , e provvigioni j e furono centoventi le navi coperte ? e le scoperte venti j che trov in quella citt} ed oltre ad es*e la nave reale. Cos adunque compresi i bastimenti che vea condotti seco ? tutta I* armata sua era d1oltre dugento legni. Mentre occupavasi nell ordinamento

aSo di queste pose , giunsero depistati de Leontini spe diti da Eraclida loro signore , i quali annunziarono essere disposti a consegnargli la c itt, i presidii, e quattro mila fanti con cinquecento cavalli : ed in Siracusa erano allora parecchi altri, che promette vano a Pirro di dare a divozione sua la c itt, e pre stargli ajuti. Egli accolse tutti con molta cortesia , e rimandolii alle loro patrie, Sperando di potersi far signore anche dell1Africa*
XII. Il porto di Corinto chiamasi Lecheo. ! XIII. Brenno, re de7 Galazi, ito con cento cinquanta mila uomini armati di scudo , con dieci mila a ca vallo , e con molta altra turba unitaglisi per v ia , e moltissimi mercatanti, e con di pi due mila carri, in Macedonia, attacc guerra con que popoli ; e fece s grande perdita di gente, che niuna forza con veniente rimanevagli pi nell'invadere che fece la Grecia , e 1 oracolo di Delfo, che pure bramava di mettere a ruba. Imperciocch pei,frequenti combatti menti che dovette sostenere a migliaja rimanevangli morti gli uomini 3 ed egli stesso rimase in pi parti del suo corpo ferito. Trovandosi adunque sul punto di m orire, convocati i suoi Galati, li consigli ad uccidere tanto lu i, quanto tutti gli altri de loro ,

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cliVran feriti, ed abbruciati i carri a ritornarsi sciolti da ogn7imbarazzo al paese , ed a togliersi per suo re Gicorio. Poscia Brenno empiutosi ben bene di vino si ammazz da s stesso 5 e come Cicorio gli ebbe data sepoltura, quanti erano nell7 esercito o feriti, o dalla intemperie , o dalla fame estenuati, fece uccidere ; e questi furono da venti mila : dopo di che con quelli, che gli rimanevano , volt verso il suo paese per la stessa strada, che aveano fatta prima. Se non che a7 luoghi di difficil passaggio appostatisi i Greci, e dandogli, addosso all improvviso , la gente che gli rimaneva, di molto gli decimarono, e gli tolsero tutto il bagaglio* Giunto poi alle Termopili, ed, essendo privo d7 ogni vettuaglia, ivi lasci altri venti mila uomini ; e finalmente inoltratosi nel paese dei Dar* d an i, egli e tutti gli altri perirono a modo che uno solo non rim ase, che portasse a casa la nuova di quanto era avvenuto (1). XIV. Del rimanente Pirro, dato ordine alle cose di Si~ racusa, e de7Leontini and verso Agrigento; e mentre era in cammino gli vennero incontro per la via del mare uomini di quella c itt, dicendogli d7aver caccialo il presidio postovi dai Cartaginesi, onde non
( 1 ) Giustino ha esagerato dicendo, che di tanto esercito noti rest nemmeno uno che contar potesse la storia d i tarilo ecidio. Imperciocch certo , che molti furono traili in Asia 9 e molti In Egitto. Onde la verit quella, che espone Diodoro che uno soU
non rimase che portasse a casa ta nuova di quanto era avvenuto t

perch realmente rissano d essi ritorn a casa.

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avere a signore Finzia ; e promettevangli di mettere s medesimi e la citt a devozione sua, e di farsi a lui alleati nella guerra. Tirando adunque innanzi col suo esercito , giunto cbe fu ad Agrigento, ebbe da Sosistrato e la citt , e un esercito composto di tre mila seicento fanti , e di ottocento cavalli, gente tutta scelta, n per nulla inferiore agli Epiroti. Ebbe pure a divozione altre trenta citt, a cui avea dianzi comandato Sosistrato. Dopo di che mand genti a Sira cusa onde ne menassero macchine da espugnare citt, e quantit grande darmi d ogni specie. Delle quali cose provveduto si volse al paese tenuto dai Carta ginesi avendo un esercito di trenta mila uomini a piedi, e di mille cinquecento a cavallo, ed alquanti elefanti ; e per prima citt sottomise Eraclea presi diata da Cartaginesi ; indi occup Azone ; poi a lui si aggiunsero i Selinunzii , e gli Aliciei , e gli Egestani, e parecchie altre citt. Ericina allora avea unaguarnigione de Cartaginesi non dispregiabile ; ed al** tronde era ben m unita, e difficile da espugnarsi. Pirro avea deliberato di assaltarla* e per questo fece apprestare le opportune macchine alle mura della medesima* Adunque dopo molti e molti tentativi, con grande forza sostenuti da una parte e dallaltra, volendo egli procacciarsi gloria, ad imitazione di Ercole, postosi alla testa degli altri si spinse alle m u ra, e battagliando da eroe mise in pezzi quanti Cartaginesi .gli si presentavano; e di poi fiancheg giato da tutti i suoi amici , con somma forza entr dentro y e la prese. Messo ivi presidio, and alla

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citt degl Ietini insigne per la sua fortezza , e posta in ameno sito presso Panormo ; e come gl* letini di buona grazia si acconciarono con esso lui ? si volt subito ad assaltare la citt de9 Panormitani y la quale tra le citt di Sicilia ha un porto bellissimo , dai quale essa citt trae appunto il suo nome. Ora egli sottomise colla fona anche questa ; ed avendo forti ficate alcune isolette vicine , venne ad essersi fatto padrone di tutto il paese che diafazi i Cartaginesi tenevano , eccetto che di Lilibeo. Era stata questa citt fabbricata dai Cartaginesi dopo che Dionigi ebbe espugnata Mozia, ehessi tenevano; e vi aveano po sti ad abitarla i residui de Moziesi. Starasi Pirro inteso nell1 assedio di Lilibeo quando i Cartaginesi venuti d7Africa vi sbarcarono una quantit notabi- lissima di truppe 3 e poich aveano l imperio del mare , vi recarono vettuaglia abbondante , e mac chine da guerra, ed armi in gran numero. Per la maggiore sua parte quella citt guardava il mare ; ed essi V aveano mirabilmente fortificata dalla parte di terra con lunga fila di to rri, e con una gran fossa. Mandarono poi al re legati per venire ad accordo , pronti anche a sborsargli una somma: ma il re non volle intendere tale profferta ; sebbene fosse nell9interno suo disposto a lasciare ai Cartaginesi quella citt. Se non che i suoi parenti ed intimi 7 che trovaronsi nel suo consiglio, non meno che i deputati. delle c itt, assai dissero per distoglierla dal pensiero di lasciare ai Barbari un piede in Sici lia ; insistendo che avesse anzi da cacciare ,i Peni

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da tutta l1isola, e da porre limiti al dominio, cbe essi pretendevano sul mare. Per la qual cosa, posto il campo presso le mura , con ispessi assalti inco mincio a combattere la citt; ma i Cartaginesi il re spingevano, sostenuti dal numero grande de guerrieri, e dal treno stupendo delle macchine: atendo essi e catapulte e baliste tante, cbe per la incessante piog gia di dardi e di sassi., gl1impedivano di por piede sulle mura. Ond7 che bersagliati gli assalitori per ogni m odo, e molti essendo tra loro quelli che ve nivano o m orti, o feriti, Pirro rimaneva in isvantaggio. Nondimeno anch egli fece fabbricar macchi ne, oltre che da Siracusa alquante glienerano state condotte , e procur di rovesciare le mura scavane dovi sotto : ma resistendo sempre i Cartaginesi con grande gagliardia , ed essendo il terreno ' pietroso , dopo due mesi di continui assalti, perdendo la spe ranza d avere quella c itt, ne lev l assedio. E mentre avea risoluto di allestire una grande armata, e con essa farsi padrone del m are, e trasportare in Africa lesercito, fin col volgere ad altra parte lim peto suo. XV. Essendo i M amertini, abitanti in Messene, ere* scinti di forze, molte castella presidiarono ; e con un corpo di truppe, che aveano messo in ordine , andarono prestamente in ajuto del territorio. Intanto Jerone mosso il campo, avendo espugnata Mila; con che fi fece padrone di mille cinquecento soldati ;

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ben presto sottomessi altri luoghi and ad Ameselo, citt che giace tra i Centoripni y e gli Agirinei. Era Ameselo forte, e provveduta di molto presidio ; e con tutto ci la espugn , e la demol3 e dato per dono ai soldati y che v erano dentro , li aggiunse alle sue truppe : del territorio poi una parte ne diede agli Agirinei , V altri ai Centoripini. Dopo di che veggendo d avere un buon esercito ; si volt contro i Mamertini, ed ebbe tosto Alesa 5 e fu ben accolto dagli Abacenini, e dai Tindariti y delle quali citt cos fu padrone ; e i Mamertini serr in confini as sai stretti. Imperciocch sul mar Siculo possedeva T&uromenio, vicinissima a Messene, e sul mar Tir* reno avea la citt dei Nudariti. Fece poi una inva sione sul territorio di Messene ; e piantossi sul fiume Lctano , avendo sotto di s dieci mila fanti, e mille cinquecento cavalli. I Mamertini gli opposero le loro truppe , le quali consistevano in tre mila seicento uomini d1infanteria, e in quaranta di cavalleria, comandati da Gione. Ora costui chiamati gli aruspici al sacrifizio , domandava loro dell esito della batta glia ; ed essi risposero , che per le viscere delle vit time gli Dei annunziavano chegli avrebbe pernottato negli accampamenti nemici. D che egli fu lieto y pensando che sarebbe padrone del campo del re ; e perci messe in buon ordine le sue truppe , imman tinente prese a volere passar il fiume, Jerone , che avea seco dugento Messemi fuorusciti ? per valore, e per belle azioni illustri, ad essi, e a quattrocento de1pi scelti de suoi ordin, che andassero a cip*

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condare un colle, detto Torace, ove i Mamertini si erano appostati, cos che venivano ad essere alle loro spalle : intanto che egli col grosso dell' esercito li assalse di fronte. Attaccatasi dunque la battaglia ad un tempo e dalla cavalleria e dalla infanteria, nell1atto che il re avea presso il fiume occupata una certa altura , e per la opportunit deL luogo preva leva , per qualche tempo l esito della battaglia parve incerto. Ma quelli che erano passati oltre il colle, avendo all'improvviso assaltati alla schiena i Mamerti ni, freschi di forze* quando i Mamertini erano gi stan chi , facilmente li ammazzavano ; e poich si videro da ogni parte circondati, finirono con darsi alla fu ga. I Siracusani inseguendoli con quanta forza avea no , li uccisero tutti ; e il capitano loro , valorosa mente combattendo, poich coperto di ferite perd lena f cadde vivo nelle mani de nemici ; e spirante ancora fu portato nel campo del r e , e dato in cura .a medici : di tal modo avverandosi la predizione de gli auguri, i quali gli aveano d etto , che passerebbe quella notte negli alloggiamenti nemici. Mentre poi assai valutava il re che Gione ricuperasse la sua sa nit , giunsero alcuni, i quali venivano a presentare a Jerone de cavalli presi dopo la battaglia ; fra i quali veggendo Gione quello di suo figliuolo, con gettur facilmente , che il giovine fosse morto ; di che gagliardamente addolorato, ruppe con impeto le fasciature delle ferite estimando ben meritare la morte del figlio eh7 ei medesimo morisse. I Mamer tini poi avuta nuova che con Gione loto capitano

^37 erano periti anche tutti gli altri soldati loro, delibera rono di mandare genti supplichevoli al re. Ma la for tuna non permise che le loro cose fossero irrepara bilmente perdute. Ch allora appunto era avvenuto, che Annibaie, capitano de Cartaginesi, fosse andato a fermarsi nell*isola di Lipari: il quale udita la rotta inaspettata de Mamertini, quanto pi presto pot corse a Pirro, in apparenza per congratularsi con esso lui, ma in sostanza per circonvenire il re con alcuna astuzia militare. E il re di fatto prest fede al Peno; e non si mosse oltre : intanto che Annibaie andato a Messene, e trovati i Mamertini sul punto di dare la loro citt a Jerone, loro persuase il contrario ; e fece lega con essi, e nella loro citt introdusse a rin forzo quaranta soldati. Cos quando i Mamertini per la sofferta rotta aveano perduta ogni speranza di sal vezza , rimasero salvi ; e Jerone, ingannato dal ca pitano de Cartaginesi, non isperando pi di espu gnare la citt, ritorn a Siracusa, fattosi per celebre dappertutto per le felici sue imprese. Quindi, poich i disegni de Cartaginesi andarono a vuoto sopra Siracusa, come erano andati a vuoto sopra Messene quelli di Jerone , vennero gli uni e T altro a parla mento insieme ; e fatta alleanza stabilirono di espu gnare Messene colle forze comuni.

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ESTRATTI DEL LIBRO XXIII.


L La Sicilia la pi bella di quante isole si cono* ftcano ; e molto atta a primeggiare. II. A nnone, figlinolo di Annibale , Tenuto in Sicilia, radunato eh egli ebbe 1 esercito a Lilibeo, mosse fino a Selinunte ; e presso quella eitt posto avendo gli alloggiamenti y ri lasci le sue truppe di terra ; ed egli intanto and ad Agrigento, e ne fortific la rocca, nel tempo stesso il popolo agrigentino traendo all9amicizia de Cartaginesi, e ad aiutarli colle sue armi. Restituitosi poscia al suo campo , il raggiunsero commissari! di Jerone, incaricati di trat tare seco lai quanto apparteneva ai comuni vantaggi Imperciocch aveano concertato insieme di far la guerra ai Romani, se non fossero partiti presto di Sicilia. Ora avendo gli uni e l altro condotte le truppe a Messene, Jerone si accamp sopra un colle che chiamasi il Calcidico ; e i Cartaginesi il loro esercito terrestre posero nel luogo detto Eune , e colle genti di mare occuparono la rocca di Peloro ; e cos incominciarono a combattere Messene. Del che portata la nuova a Rom a, il popolo ordin ad uno de consoli 9 Appio Claudio, che con buon esercito si mettesse in campagna ; ed egli immanti-

a 3g nent and a Reggio. Mand poi anche ambasciadori a Jerone ed ai Cartaginesi, onde fare sciogliere l assedio di Messene, facendo dire per a Jerone che a lui non avrebbe mossa guerra. Rispose Jerone a giusto diritto farsi la guerra ai Mamertini si perch aveano distrutte le due citt, Gamarina e G ela, s perch aveano iniquamente occupata Messene. Per* ci non dovere i Romani, giacch tanto usavano essi celebrare il nome di fede, difendere e proteg gere uomini sanguinarli, che a sprezzo vile tenevano la fede. Che se per s empia canaglia imprendessero tanta guerra , avrebbero fatto vedere a tutto il mon do , che soltanto p er mettere un velo alla loro in* gordigia avrebbero affettato d1essere tocchi da piet verso chi era in pericolo} e che veramente miravano a farsi padroni della Sicilia.

in.
I Romani da prima portavano in guerra scudi quadri. Poi veduto che i Tirreni ne aveano di bron* z o , provvedutisi di simili giunsero a vincerli.

IV. Quando Jerone vide il console passato a Messene, sospettando che ci fosse stato per tradimento dei Cartaginesi, and a ricoverarsi a Siracusa. Vinti poi che furono i Cartaginesi, dacch scoppi la guerra, il console and a mettere l assedio ad Egesta} ma avendo perduta molta gente ; torn indietro.

24o
V.
Avendo i due consoli iti in Sieili assediata la citt' degli Adraniti ? la presero per assalto. Indi stand alle cosi dette corti di bronzo, assediando la citt de1Centorpini, andarono ad essi prima i legati degli Alessuii, poi postesi in paura anche le altre citt 3 queste mandarono legati anch esse per ottener pace; ed erano disposti tutti a dare le loro castella ai Ro mani. Furono esse. sessaatasette : colle truppe delle quali i consoli andarono a Siracusa per combattere Jerone. Ma reggendo che i Siracusani di mal animo soffrirebbero le molestie di un assedio, mand ai consoli per far cessare la guerra: i quali tutti intenti, a debellare i . Cartaginesi 1 volentieri accettarono il partito j e fecero seco lui tregua per venticinque anni, ricevendone centocinquantamila dramme (i) ) e poich egli avesse loro restituiti i prigionieri, gli permisero di ritenere il dominio tanto di Siracusa, quanto delle citt dianzi ad essi sottomesse, quelle cio degli Acri y dei Leoniini ? de Megaresi ? degli Eloriti j dei Netini y dei Tauromenii. Mentre seguiva questo accordo era giunto con truppe da sbarco a Sifonia Annibaie in ajuto del re ; ma se ne ritir subito che seppe quanto erasi concluso. Avendo i Romani per molti giorni combattuto il castello dAdranone , Macella ; ne partirono senza alcun effetto.
(i) Il Vessclngio con buone ragioni crede che si debba leggero seicento mila dramme, somma che si avvicina ai cento talenti men tovati in propsito da Foliiio.

m Gli Egestani da prima soggetti all1imperio deCartaginesi , inclinarono ai Romani. Cos fecero gli Alienei. Espugnarono poi Ila ro , e Tirinlo ed sulo. I Tindari , tsto cbe si videro abbandonati a s stessi, presi da paura volevano arrendersi anch essi ; ma i Peni entrati in sospetto di ci , presero in ostaggio le persone pi nobili ; e le condussero a Lilibeo con grande quantit di frumento, di vino e d altre provvigioni. Filemone poeta comico scrisse novantasette com medie. Egli visse novantanove anni. Quelli che assediarono Agrigento , e scavatevi in torno fosse vi alzarono il vall , uniti ai Romani formavano una moltitudine di cento mila uomini (i). In fine dopo avere i Peni gagliardissimamente com* battuto per Agrigento ? diedero la citt ai Romani*

Vili.
A nnone, il seniore, dopo l assedio di Agrigento, condusse dall Africa in Sicilia un grande esercito , composto di I33D fanti, (li ia>. co cavalli, e di lx elefanti. Filino d Agrigento storico, lo descrisse. Annone poi con tutte le truppe movendo da Lilibeo ;
(i) Vuoisi qui 9 come ia molli altri luoghi corrotto questo nu mero, Il Causarono lo prova dicendo, che ammessi due eserciti consolari compiuti, e quante truppe ausiliari possano mai unirvisi, non si pu avere pi di tremolio mila uomiai.

2 3

and ad Eraclea : nel qual tempo fu rotivi alcuni, che gli offrirono di dargli in mano Erbeso. Adunque tirando innanzi la guerra in due battaglie egli per dette tre mila fanti , e dugento cavalli \ ed ebb^ quattro mila de7 suoi fatti prigionieri. Accadde pure^ che trenta elefanti morirono , e tr$ rimasero feriti, IX, , , . Eravi anche la citt di Entellina . , . Adunque Annone , prudentemente considerata la cosa, con uno stratagemma tolse di mezzo ad un tratto i privati e i pubblici nemici. E poich erano stati cos per sei mesi all assedio , 1 ebbero in po * tere , e tutti deportarono i cittadini come mancipi* f i quali furono venticinque mila. I Romani per vi perdettero dal loro evinto trenta mila fanti, e cin quecento quaranta cavalli. Del rimanente i Cartagi nesi avendo sostituito un altro nel comando ad An none ; lui degradato condannarono a pagare sei mila monete d oro ; e in vece sua mandarono in Sicilia Amilcare. I Romani aveano allora assediato Mistrato, e fatte molte macchine per combattere quella citt ; ma dopo sette mesi di tentativi dovettero partirne senza aver fatto nulla, e soltanto avendo perduti molti uomini. Amilcare dal suo canto and ad in contrare i Romani a Terma ; e venutosi al fatto 4 armi rest vincitore ? avendo loro uccisi mille sei* cento uomini ; e manc poco che non ne distrug gesse tutto l esercito. I Romani aveano preso anche

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il castello di Mazarone. In compenso Amilcare ajutato da tradimento ebbe Gamarina; e pochi giorni dopo anche Enna per egual modo. Ivi cinse di mura Drepano , e ne fece una citt j e vi trasport ad abitarla gli E riceni, avendo demolita E rice, salvo il luogo , che circondava il tempio. I Romani poi assediarono di bel nuovo M istrato, e la spianarono , vendutine gli abitanti all incanto. Dopo di che il console and a Gamarina, e messovi campo intorno tent y ma non giunse a prenderla, finch non ebbe fatto venire le macchine da guerra, che gli sommi* nistr Jerone : gli abitanti di Gamarina ebbero la stessa sorte di quelli di Mistrato. Per tradimento ebbe poi Enna , del cui presidio parte fu trucidata , parte fuggi agli Alleati. Quindi posta guarnigione in altre citt , s incammin a Gamico, castello degli Agrigentini, per tradimento ebbe anchesso ) e vi mise buon presidio. Erbeso fu circa quel tempo ab bandonata da suoi abitanti. Il fiume Alico . . . l ultimo degli altri , . . X. Gli uomini buoni debbono o vincere, o cedere ai superiori* XI. Nelle avversit tutti gli uomini sono soliti a ri cordarsi di Dio pi e pi spesso. Ma nelle prospe-

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rit , e sideri!, quando rimedii quando tutto va loro a seconda deloro de riguardano gli Dei come cose favolose. E vengono minacciati di danni, ricorrono a naturali. XII. pi facile che alcuno diventi superiore anemici, se avendo chi ben lo concigli, a lui ubbidisca. So gliono essere conetti colla riprensione degli altrui delitti quelli che sono intaccati delle colpe mede sime. Al .contrario gli animi dim oiti colla onesta laude tratta dall esercizio de' buoni studii si eccitano grandemente alla virt. Ond , ~ che non potendo con disinvoltura sostenere la benignit della fortuna, quasi fosse un grave peso, venne a privarsi di somma gloria, e precipit la sua patria in grandi calamit. XIII. Avendo i Ronfani mandato in Africa un grosso esercito sotto la condotta del console A ttilio, da principio erano superiori ai Cartaginesi, e prende vano molte citt e castella ; e grande quantit di soldati ammazzarono. Ma dopo che col giunse dalla Grecia Santippo spartano, condottiero preso a sti pendio , i Cartaginesi vinsero potentemente i Ro mani , e ne trucidarono un esercito numeroso. Facevansi poi battaglie navali ; e molta perdita di navi e d uomini i Romani soffrirono ; a tal che 3 im* mero degli ultimi di questi fu di veitfimilfiU

a 45

La gloria che tanta in prima s avea acquistata, mut in ignominia e in obbrobrio ; e con ci cbe a lui avvenne insegn agli altri come quando si in eminente podest fa d uopo essere modesto. E ci che pi j trovossi costretto a soffrire i ludibrii , e la pesante mano di quelli, la cui miseria superba* mente avea insultata ; essendosi tagliata la strada a quella indulgenza e misericordia, che altronde s usa ai vinti Imperciocch quelli che realmente erano 1 Vinci** tori y realmente fece vinti ; e quelli, che dalla rotta avuta s aspettavamo gi l ultimo eccidio9 colla gran* dezza della vittoria fece che avessero a sprezzo i nemici. Non v qui nulla da meravigliarsi y se clla pru denza degna del capitano , e colla esperienza delle cose super quanto parea impossibile da superarsi. Che coll ingegn 9 e la diligenza tutte le cose pos* sibili si eseguiscono 9 1 arte somministrando le forze occorrenti* Siccome il corpo servo dellanima, cos 1 grandi eserciti reggansi dalla prudenza di chi alla loro testa. Il senato dirigeva tutto al pubblico vantaggio. In quel tempo Filisfo scrisse la storia (i).
( 1) Avvertasi, che il tempo in cui Fitisi quello a cui appartengono gli avvenimenti nel libro XL1II ma un tempo antecedente, a P A. qui .alludesse. Egli parl della morte di scrisse la storia, non trattati da Diodoro cui convien dire che Filifito nel lib. XVK

XIV.
1 Romani eh erano passati in Africa , ed aveano combattuto colle navi de Cartaginesi, ed essendo ri masti vincitori, eransi impadroniti di ventiquattro navi de P eni, presi quelli di loro nazione , i quali erano restati dalla battaglia campale , essendosi tra sferiti in Sicilia, ebbero un incontro di gran procella alle alture di Camarina , e vi perdettero trecento quaranta navi lunghe , e cento altri bastimenti di varie specie $ cos che da Canterina sino a Pachino si vider sparsi i cadaveri degli uomini e delle be stie , e i rottami delle navi fracassate. Quelli che scapparono da tanto infortunio, furono benignamente accolti da Jerone, forniti d abiti, di cibo, e dogni altra cosa necessaria ; e feceli condurre sani e salvi (ino a Messene^ Cartaio cartaginese dopo il naufragio de Romani, assediata Agrigento, la prese , Y incen# di , e ne demol le mura. Que che rimasero , si rifuggirono all Olimpio. Intanto i Romani dopo il naufragio, messa insieme un altra armata con dugento cinquanta navi andati a Cefaledio, 1 ebbero per tradimento. Quindi voltatisi a Drepano, e ten tando d averla per assedio, ne fall loro il disegno, perciocch quella citt fu soccorsa da Cartaio. n* darono dunque a Panormo; nel cui porto ancoratisi; e messe a terra le truppe , le accamparono sotto le mura * e la citt circondarono con vallo e fossa ; e perch il terreno sino alle porte era coperto d ai* beri, essi tirarono dal mare al mare degli argini con

fossa e tallo. Continuando poi a Combattere la citt, e facendo uso delle macchine gettarono a terra il muro , e colla morte di molti difensori impadroni* ftmsi della citt estrna. Gli a ltri, che si erano ri tirati nella citt vecchia, mandati araldi ai consoli domandavano salva la vita ; e fu pattuito , che pa gando due mine per testa fossero liberi; i Romani occuparono la citt* Per dieci mila fu* pagata la somma ; e sarebbonsi riscattati gli altri , se alcuno trovato avesse il denaro. Tredici mila per, insieme don tutto il treno di guerra e colle spoglie , furono condotti via. Gl Ietin i, cacciato il presidio dePeni ^ diedero la loro citt ai Romani.: cosi fecero ache i Soluntini } i Petrini j gli Ennaterini, e i Tindariti. I consoli, dpo queste cose, lasciata guarnigine in Panormo andarono a Messene. Nell anno susseguente avendo di nuovo navigato in Africa , ed i Cartaginesi impedendoli di appro* dare , tornarono a Panormo ; e di l volendo ve leggiare verso Roma ? ebbero a soffrire per nuova tempesta insorta un naufragio , per dui perdettero centocinquanta navi con tutti i bastimenti da tra sporto , e le spoglie acquistate. In quel frattempo accadde ? che 1 esercito de ftomani prese l ufGziale che presiedeva alla guardia della porta di Terma^ in occasione chegli si et allontanata dalla citt pei1 affari : il quale per fidata persona fece dire al co mandante dell' esercito } che se lo lasciasse libero , egli gli avrebbe aperta di nottetempo la porta di quella citt * Il comandante avendo concertato il
i

348 tempo opportuno, lo lasci andar libero ; indi la notte mand mille uomini col } i quali furono sol leciti a marciare; ed egli allora fissata apr la porta. Ora i principali , e i nobili di quella schiera entrati che furouo, ingiunsero al custode della porta che la chiudesse , n permettesse d entrare ad altri ; e fe cero questo perch volevano essi soli portar via quanto di ricco e prezioso fosse nella citt. Adunque furono tagliati a pezzi tutti ; e cos ebbero quella morte che colla loro cupidigia s aveano meritata. In altro tempo poi i Romani si fecero padroni di 7 erm a, e di Lipari. Avendo poi assediato con qua* rantamila fanti e mille cavalli il castello <TErta,.noi poterono ottenere. Intanto Asdrubale , comandante deCartaginesi ? venendo rimproverato dai suoi perch non venisse a battaglia, partitosi con tutto lesercito, e superate le difficolt che il territorio di Selinunte opponeva 7 giunse a Panormo ; e passato il fiume vicino ; mise il campo presso le'm ura della citt , senza trincerarsi n con fossa n con vallo } poco caso facendo del nemico. Accadde intanto y che avendo varii mercatanti portata quantit di vino, i Celti si ubbriacarono a modo, che riempirono tutto il campo di schiamazzi e di confusione. Ond che il console Cecilio gagliardamente scagliatosi adosso a coloro li sbaragli compiutamente, e s impadron di sessanta elefanti, i quali mand a Roma ; e furono pel popolo di quella citt uno spettacolo di me raviglia.

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ESTRATTI DEL LIBRO XXIV.
L 1 Cartaginesi trasferirono a Lilibeo- gli abitanti di Seimunte da essi . demolita. I Romani con dugtnto quaranta navi lunghe, con sessanta barconi, e con ogni altro genere di bastimenti approdarono a Panonno ; e di l andarono a Lilibeo, incominciandone F assedio. Posero il loro campo a coperto tirando una fossa dal mare al m are; e fabbricandosi cata pulte , arieti, e testuggini, e tutt altro opportuno all uopo ; indi otturarono con quindici barconi pieni di sassi la bocca del porto. La gente che i Romani avevano, saliva a trenta mila uomini; e alla difesa della.citt stavano diciassette mila fanti, e settecento cavalli. Oltre questi furono da Cartagin mandati a rinforzo quattro mila uomini, e quantit di. frumento: O nde insieme, con Aderbale presero animo. Quando i Romani videro, che codeste truppe erano entrate in citt, colmarono ancora di pi la bocca del porto, e con -grandi travi, e con ancore ne rendettero im praticabile. il fondo. Ma il vento, che soffiava ga gliardissimo , e il mare tempestosissimo, rovesci tutti que lavori. I Romani fecero ancora una mac china da scagliare pietre : se non che i Cartaginesi nella citt alzarono un secondo muro. I Romani colmarono con terra .anche la fossa della citt, la quale era larga sessanta cubiti, e profonda qua** ranta; e venutosi al fatto < armi, essi nascosero genti T

alla parte opposta presso le mura dietro il mare ; questi, mentre tutti erano iti ov era la zuffa , avendo preparate le scale salirono il primo muro , e se ne resero padroni. 11 che udito, il comandante de Car taginesi, dando gagliardamente addosso a quella gen te , in un luogo solo ne ammazz dieci m ila, e mise in fuga gli altri. Oltre ci fece abbruciare tutte le macchine da guerra de Romani, le testuggini, le pe triere, gli an eti, ogni altra macchina, colta locca sione di un vento assai forte. Vedendo poi i Carta-* ginesi, che i cavalli, eh essi avevamo , per le diffi colt de luoghi non erano loro di alcun giovamento, li mandarono a Drepano. Vennero loro anche de rin forzi. Al contrario i Romani furono a molto cattivo partito per labbruciamento delle macchine da guerra, per la penuria di vettuaglia, e per una lue pest fera , da cui furono attaccati ; ed essi soli avevano carne da mangiare; e i loro alleati sammalarono per m odo, che in pochi giorni ne perirono dieci mila , ond1 che tutti bramavano di veder sciolto quell1 as sedio. Ma Jerone, re di Siracusa , avendo loro spe* dita grande1quantit di frumento, venne ad animarli vie pi a continuare 1 assedio. Intanto i Romani fe cero nuovi consoli, e a quello che assediava Lilibeo sostituirono Claudio, figliuolo di Appio ; il quale preso il comando delle truppe, di nuovo cerc di colmare il p orto , siccome fktto aveano i suoi anje-* cessori : se non che di bel nuovo il mare guastfr tutto. Codesto console poi fortemente fidato di s allest dugento die^j navi, le migliori che aver-p*

a5i
te is e , e and ad approdare a Drepano per dar bat* taglia ai Cartaginesi : ma rimase vinto, perdendo cento otto aliavi e venti mila uomini. Facilmente ognuno vedr , che circa i. tempi che qui si discor rono, non accadde alcun battaglia navale pi forte, ii fuvvi vittoria pi illustre ; e ci che fa maggior meraviglia , che quantunque i Cartaginesi doves sero sostenere tante forze nemiche, e non avessero che dieci navi, nessuno di loro fu morto 7 e pochis simi ancora furono i feriti. Dopo quel fatto Annibale mand a Panormo un trierarca con trenta navi, le quali a Drepano condussero la vettuaglia che ai Ro mani intercettarono ; e prese ancora altre cose oc* correnti, ritornarono a Lilibeo ? e d ogni specie di provvisioni fornirono gli assediati. Era anche Tenuto da Cartagine Cartaio con settanta navi lunghe 9 ed altrettanti bastimenti da trasporto, il quale, dato ad dosso anchegli ai Romani ? alquante loro nari som? mcrse 3 e di quelle, eh erano a stazione cinque ne spinse a terra. Ed avendo poi saputo che l armata de Romani avea fatto vela da Siracusa, avuto 1 as senso de suoi colleghi , con cento venti buone navi and contro loro. Ed erano gi in faccia entrambe le armate verso il Hdo di Gela, quando i Romani spa* V e n ta ti ritiraronsi a Finziade ? lasciate prossime a terra le navi che portavano la vettuaglia, ed altre. Ma siccome i Cartaginesi pur gl investirono , s at tacc un vivissimo combattimento, nel quale i Peni conquistarono loro cinquanta navi grandi, ne som mersero diciassette lunghe } e tredici ne rendettero

inutili affatto. Poscia i Cartaginesi andati al fiume Alico , ristorarono i loro feriti. Intanto Giunio con sole, nulla sapendo dell accaduto, con trentasei navi lunghe , e non poche da carico si parti da Messene, e trapassato il Pachino , and a ricoverarsi nel porto di Finziade , pien di paura avendo inteso per via la sorte toccata al suo collega. Questi p o i, saputo che Cartaginesi con tutta Tarmala loro movevano con tro lu i, spaventato abbruci quelle tredici navi che erano rimaste inutili ; e veleggi verso Siracusa spe rando che Jerone gli avrebbe dato sicuro rifugio. Ma colto, presso Camarina , si ripar in terra ; e and a mettersi in luoghi aspri e vadosi. Ivi eoi favore di gagliardo vento , i Cartaginesi girato il Pachino gittarono le ancore in mare tranquillo. Or qui venuti i Romani in grandi strette , perdettero tutte le navi cariche di viveri, e cento cinque di lunghe 9 di modo che appena ne rimasero due sane ; e quasi tutti i marinai perirono. Prese adunque Giunio quelle due navi co soldati e i remiganti che gli rimanevano, e and a ripararsi negli accampamenti che stavano sotto Lilibeo. Egli assalita di notte Erice, loccup; e cinse di mura Egitallo , or detta Acello ; e vi la sci a presidio del castello ottocento uomini. Cartaio p o i, tosto che ebbe saputo .pjbe il nemico teneva i luoghi vicini ad Erice , di nottetempo trasport col in navi un grosso numero di soldati, e dato lassalto al presidio di Egitallo s impadron del castello , ed essendo superiore di forze parte della guarnigione ammazz , parte mise in fuga verso Erice (). Era*
(i) Zonora dice che Cartaio non solo sTimpadron d Egiull*

253
questo luogo difeso da tre mila armati. Nel primo combattimento navale perirono trentamila e seicento Bomani, n fu minore il numero de caduti prigiomeri. Nel territorio di Catania era un castello, detto Italio , che Barca cartaginese and ad espugnare . . . I consigli e gli stratagemmi de1 capitani manife stati ai confidenti, vengono riferiti ai nemici da di sertori , e mettendo timore ne1soldati, mettono questi in aspettazione di gran pericolo. Barca poi meisso piede a terra di n a tte , ed ordi nate le sue schiere , salito ad E rice, eh1 distante trenta stadii, per primo occupa la citta, ed ammazza una gran parte degli abitanti, e i rimanenti fa con durre a Drepano. In ogni tempo, e in ogni affare suol succedere che il tenere buon ordine produce gran bene. III. Calatiuo console con trecento tra navi lunghe, ed altri bastimenti, e con settecento zatteroni, i quali legni tutti insieme venivano ad essere mille pass in Sicilia, e and ad approdare all9emporio degli Ericeni. Similmente Annone da Cartagine pass alma ohe ivi prese anche il console romano Giunto. Non so quanta autorit possa darsi a Zonata> ma avverte ehe a correggere la pi parte dell inesattezze, che trovansi in questi frantemi duopa consultare spesialmente Polibio . 8iccome Polibio eotrn nella Collana degli antichi storici greci volgarizzati, ci dispensiamo di andarla qui citando ad illustmiaae del testa.

*54
F isola Jera con dugento cinquanta tra navi lunghe f e da carico ; e di l and ad Erice anch egli. Ivi Tenendogli contro i romani si diede una grande bat taglia, nella qnale i Cartaginesi perdettero cento di ciassette navi, e fra queste venti con tutta la gente che Vera sopra. I Romani ne presero ottanta, trenta delle quali serrarono per le spese, e cinquanta fufono spartite. Filino racconta che i prigionieri cartaginesi furono mille seicento , o come dicono altri quattromila quaranta. Le altre navi, avendo favore vole il vento, corsero a rifuggirsi a Csfrtagine. Non pu farsi uso di fortezza quando fracassata la nave , non avendosi ove tare col pi sicuro, dal mare istesso, per cos d ire, si vien dato in mano del nemico. Adunque dopo essere durata la guerra ventiquat tro an n i, e dieci l assedio di JLilibeo, i Romani fe cero pace coi Cartaginesi

ESTRATTI DEL LIBRO XXV. I


1 Epicuro filosofo, nel libro intitolato Opinioni si cure , dice, che la vita condotta con giustizia im mune da perturbazioni ; e che di perturbazioni assai grandi piena quella che si mena coll9ingiustizia : cos con brevi parole annunziando una sentenza ve r a ; e per dirlo in compendio, annunziando ci che pu correggere ottimamente la cattiva inclinazione

a'55
degli uomini. E 1 ingiustizia dei fhtti la madre di tutti i mali , e non solamente per gli uomini di de bole condizione , ma per comprendere tutto .in una volta, essa produce calamit massime a popoli, an cora delle citt, ed ai re. Imperciocch erano im* pegnati nella guerra insieme coi Cartaginesi gl Ispani, i G alli, i Balearii , gli Africani, i Libii, i Liguri, e i Greci servi e bastardi. I quali tutti si ribellarono. Allora T esperienza fece vedere quanto pi valga la diligenza del supremo comandante, che l imperi zia del volgo , e il tirocinio temerario del soldato gregario. Tanta la forza che ha la modestia anche in quelli che sono incolpati di delitti, e quel non al zarsi oltre lo stato dell uomo ! Dopo la partenza della Sicilia , i mercenari dei Cartaginesi insorsero contro loro per la seguente ragione. Essi domandavano compenso eccedente tanto pe cavalli morti in Sicilia, quanto per gli uomini che v erano rimasti uccisi. E fecero una guerra ac canita , la quale dur quattro a n n i, e quattro mesi. Ma finalmente vennero trucidati da Amilcare Barca, supremo comandante , il quale avea in Sicilia ga gliardamente combattuto contro i Romani, n.

Amilcare poi, tenendo il supremo magistrato presso i Cartaginesi, in breve tempo accrebbe lo stato delta

a56
sua patria, cos cbe condusse Tarmata fino alle co lonne d Ercole , e a , Cadice. Codesta colonia dei Fenicii*, posta presso V Oceano agli estremi confini del mondo. Avendo egli domati in guerra gl1Ibert , e i Tartessii insieme con Istolazio, capitano deCelti, e un suo fratello , li ammazz tutti. E insieme con que9due fratelli > ebbero la stessa sorte altri nobilis simi capitani ; ed avendo avuti vivi nelle mani tre mila uomini, li ripart fra le sue scb iere. Indorte p o i, messo insieme di nuovo un esercito di cinquanta mila uomini, postosi in fuga prima cbe si attaccasse la battaglia , and a porsi sopra una certa altura, ove circondato da Amilcare di nottetempo fugg di nuovo, ma colla strage della massima parte de1suoi: fin poi col cadere vivo nelle mani de9 nemici. 11 quale Amilcare fece accecare, e di poi , fatto ludi brio del suo corpo-, crocifiggere; Asdrubale intanto, genero di Amilcare, mandato dal suocero a Carta gine per far la guerra ai Numidi, cbe si erano ri bellati ai Cartaginesi, ne ammazz otto mila, e due mila ne prese vivi ; e gli altri ridotti sotto il giogo della servit,- furono obbligati a pagar tributo. Amil care nel frattempo avendo sottomesse molte citt, una assai grande ne fond, cbe dal sito suo chiam Acra-Leuca. Quindi facendo egli 1 assedio d Elice , mand la maggior parte dell1esercito, e gli elefanti a svernare nella citt da lui edificata $ e col rima nente egli fermossi ivi Ma essendosi mosso il re Qriscone per recare soccorso agli assediati, servitosi astutamente del pretesto d'amicizia, quasi a rinforzo

a57

di Amilcare stesso tendesse contro quelli, mise Amilcare in fuga; il quale prese le convenienti misure per mettere in salvo i figliuoli e gli am ici, declin poi per altra strada ; ed accadde , che mentre Oriscone lo inseguiva, entrato egli in un grosso fium* col cavallo, da questo gittato g i , per affogato. Annibale, ed Asdrubale suoi figliuoli giunsero salvi a Leuc-acra ossia Rocca-bianca. Cos dunque Amilcare , quantunque morto assai ! tempo innanzi alla et nostra, abbiasi dalla storia la meritata laude a foggia di epitaffio. Asdrubale poi, genero di Amilcare, udita la rotta del suocero, messo subitamente in cammino lesercito eh egli comandava, giunse a Leuc-acra , avendo pi di cento elefanti. Dichiarato comandante supremo dall esercito e dai Cartaginesi scelse cinquanta mila fanti de pi esperimentati, e sei mila cavalli , e con queste forze, e con dugento elefanti prima and ad dosso al re Oriscone, e lo sbaragli ; indi trucid tutti quelli eh erano stati cagione della fuga di Amilcare; e ne prese le loro citt, che furono dodici: indi si fece padrone di tutte le altre, eherano nella Spagna. E come per nuovo matrimonio contratto , avea sposata la figliuola del re degl Ispani, da tutti questi fu gridato comandante, con pienissima podest; e eli poi edific una citt sul mare , che chiam Cartagine nuova; e di poi un altra ; intendendo di voler superare la potenza di Amilcare. Ebbe nel suo esercito sessanta mila fan ti, tre mila e seicento ca valli , e dugento elefanti. Ma finalmente per insidia

di un suo ministro venne scannato ? dopo aver tenuto il comando per nove anni* III. I Celti postisi insieme coi Galli in guerra contro i Romani , misero in campagna un esercito di du gento mila uomini ; e al primo fatto d armi furono vincitori. Lo furono pure anche al secondo , nel quale rest morto un console de1Romani ; e questi aveano sotto le loro bandiere settecento mila (i) uomini a piedi, e settanta mila a cavallo. Quantun que per avessero avute ne primi incontri quelle due rotte y nel terzo essi ottennero una insigne vit toria; avendo uccisi ai nemici quaranta mila uomini ^ e fatti prigionieri gli altri ; cos che il maggiore dei loro re si tagli di propria mano le canne della gola (a) ; 1 altro si diede vivo in mano de nemici. Per s bel fatto d insigne valore creato Emilio con sole, si pose a devastare i paesi deGalli e deCelti, e molte loro citt e castella prese : per tal maniera le cose de Romani avvantaggiando.
(i) inutile dire che questi numerir sono sbagliali, e che il testo
h corrotto.

(3) Questo re chiamossi Anooresto. L* altro, di cui si parla io appresso , fu Concolitano. Questa notzia pu essere opportuna a qualched* uno.

IV.

* 59

Jerone re di Siracusa per ajutare i Romani nella guerra celtica mand loro frumento , pagatogli poi quando la guerra fu finita. Y. ssendo dopo la morte di sdrubale vuoto il posto di comandante supremo nell' esercito cartagi-' nese, i soldati crearonsi capitano il maggiore deuoi figliuoli, Annibaie ; ed assediando egli la citt dei Saguntini, i cittadini di questa presero tutte le loro cose sacre 9 e tutto Y oro e 1 argento , ed ogni cosa cbe aveano nelle case , e tutti gli ornamenti delle donne , e fattane una m assa, v attaccarono fuoco , facendo liquefare rame e piombo insieme coi metalli preziosi, onde ogni cosa rimanesse inutile: indi usciti di citt assaltarono i nemici, ed eroicamente com battendo rimasero tutti spenti 9 dopo avere per fatta anch essi un grande macello degli assedianti. Le donne p o i, avendo uccisi i loro figli9 da s stesse s impiccaronoj e cos Annibaie fu padrone della citt senza aver fatto verun guadagno. Del qual fat to ; perch contrario alla pace, chera fra i due po poli y avendo i Romani domandata ragione inutil mente y essi vennero alla guerra chiamata Annibalica.

260

ESTRATTI DEL LIBRO XXVI.


I, I N poeta, n storico , n alcun altro scrittore di qualunque sorte pu in tutto e per tutto piacere ai lettori. N possibile y cbe la mortale natura y an corch pur giunga allo scopo che si prefssa, ot tenga l approvazione di tutti senza rimprovero al cuno. Imperciocch n Fidia tanto ammirato nel la vorare figure in avorio, n Prassitele s eccellente in dare anima ai marmi ; n Apelle ? n Parrasio , che spinsero a s alto grado l arte deUa pittura, tanto poterono fare nelle loro opere 7 che contro 1 effetto della loro perizia non fossevi chi trovasse pecca. chi pi illustre poeta di Omero ? chi tra i retori di Demstene ? E tra i ben costumati uomini chi pi distinto di Aristide e di Solone ? Eppure non manc a fronte della gloria ? e della eccellenza di tutti questi ehi alcuna cosa in essi non ripren desse. Erano uomini, e non ostante che a grande eminenza conducessero le loro azioni ed opere , caddero in alcuna debolezza umana. Alcuni ingegni d uomini sono tratti ad invidia, e poco intendono , e lasciano da parte le cose che dovrebbero toccarli di pi; e s attaccano poi alle meno valenti. E da ci nasce che credono daccrescere il proprio merito col trovar difetto in altrui , non sapendo intanto che il talento, qualunque sia, non divien manchevole per la passione degli altri, ma bens per la propria abi*

261, lit. Ammiri dunque clii .vuole l industria di tale stoltezza intesa a cercare il m ale, e cercante la propria gloria nel vituperare gli altri. E sonovi alcuni naturali nocivi per la loro stupidit quanto le brine e le nevi lo sono alle migliori frutta. Imperciocch come la vista abbacinata dalla bianchezza della neve rendesi incapace di contemplar bene le cose ; cos le menti di certuni, che n vogliono, n possono fare alcun che degno di memoria, calunniano il fatto da altri. Perci coloro che hanno retto senso , deb bono dar laude a chi per industria sua tocc la meta della virt in alcun genere. N poi , se taluni ebbero pi rari successi, dee credersi, che per que sto sia tolta di mezzo la debolezza della ' natura umana. Ma abbastanza sia detto degl invidiosi,
i

II. Come il buono atleta, dappoi eh egli abbia unto il corpo , scende alla lo tta , acquistatasi prima e grande esperienza, e forza. . . .

m.
Menodoto (i) di Perinto descrisse le cose greche in quindici libri. Sosilo d ilio comprese i fatti di Annibaie in sette.
(i) Questo Menodoto da alcuni stato detto d Corinto; e presso i nostri Eruditi di oscura fama In quanto a Sosilo ? egli stato screditato assai da Polibio : ma non rimanendo le sue opere, non possiamo giudicarne. ;

*6

IV.
Presso i Romani la legione comprende cinquemila uomini. y. Gli uomini per natura accorrono a chi in buona fortuna : ma insultano cogli altri alla sorte de ro vesciati. . . . Perch l anima, che immutabile, induce mutazione contraria. VI. Avendo un gran tremuoto conquassata R odi, Je rone siracusano contribu pel rifacimento delle mura sei talenti dargento, ed oltre questa somma in con tante , don eziandio alcuni vasi d argento di gran prezzo , e alle navi che caricassero frumento diede esenzione di gabella (i). m La citt che ora chiamasi Filippopoli, anticamente era distinta in Tessaglia col nome di Tebe Ftiotica.
(i) Il tremuoto di Aodi, di coi qui parla D iodoro , & quello, in cui cadde a terra il famoso colosso. N fu Jerone solo, che ajui i Rodii in quella occasione; ma lo stesso fecero i re Seleuco Calli* n ico , e Antigono Dosane. Dee supporsi, che di quell avvenimento Diodoro parli qui ricapitolando le azioni di Jerone all* occasione di parlare della sua morte, giacch il tremuoto di Aodi era succeduto assai tempo prima.

a63

Vili. Avea dileguata la fortezza , e la tolleranza soste nitrice demali luso delle delizie continue, e quello del letto molle, e lapparato costoso degli unguenti, e delle vivande d ogni squisito genere ; e tanto i corpi , quanto gli animi preso aveano un indole di femminil lusso. Ch la natura umana con difficolt si adatta all esercizio delle fatiche , alle quali non sia avvezza, e al frugai vitto: al contrario tosto si affa all ozio ed al lusso (i). Cos Annibaie con grandi travagli acquistate avendo le citt di Roma, e la terra de Bruzii , di poi prese anche Crotone ; ed era per assediar Reggio. Avendo incominciata la sua spedizione dalloccidente, e dalle colonne d r cole , assoggettossi tutta la terra de Romani fino a Crotone , toltene Roma e Napoli (2).
(t) Questo tratto apparisce allusivo alla corrasione dell* esercito africano nelle d elisie di Capua. Ma d uopo avvertire essere questa una delle tante false prevenzioni pervenutaci dagli antichi, i quali poco esaminarono le cose. 8e per alcuna cagione quelPescrcilo potea corrompersi, sarebbe stato per la mancante di disciplina; n An nibaie era tal uomo da essere su questo punto negligente. Sensa I*. invidie cartaginesi, e la diversione di Scipione , Annibaie , anche dopo che i suoi soldati s erano ben nodriti ne* pasi della bassa Italia, avrebbe combattuto colla forsa di prima. Fatti succeduti sotto i nostri occhi confermano questo ragionamento* (a) Si conosce qui apertamente la mano di qualche sciolo grechetto, che ha volto il testo di Diodoro a sua fantasia, nulla es sendo di pi falso per cento prove, che a* Romani tutte fossero tolte da Annibale le citt , che diium dominavano, eccettuato queste due sole.

ESTRATTI
de

LIBRI

CHE

MANCANO

D ELLA ' B IB L IO T EC A STORICA


DI

DIODORO SICULO
COKE SI HANNO NELLA BIBLIOTECA DI F0Z10

/
PATRIARCA. DI COSTKTIHQPOM

ESTRATTI DEL LIBRO XXXI.


i. Caso dei Rodii in Roma.

]V Ientre queste cose accadevano , eccoti giungere a Roma legati de Rodii per giustificare la loro citt^ sui delitti appostile. Imperciocch parea che durante la guerra con Perseo i Rodii avessero favorito quel r e , e tradita lamicizia de1Romani. Ma non essendo potuti riuscire in ci per cui erano venuti, trova* vansi grandemente abbattuti d1animo , e con molte lagrime ivano raccomandandosi ai principali soggetti della dominante. Finalmente Antonio, imo dei tri* buni della plebe , gP introdusse in Senato \ e primo a parlare di ci per cui erano spediti, fu Filofrone; poi Astimede. I quali dopo che ebbero detto quanto a pregare e a supplicare occorreva, e cantato, co me suol dirsi, la canzone del cigno, appena ricevei tero una risposta, per la quale, sebbene in sostanza venissero liberati da una paura per le apposte ac cuse, dovettero per udirsi dire acerbe e contarne*

a68 liose parole. Perci deesi osservare ( i) , che presso i Romani uomini chiarissimi contndono tra loro in gloria ? e rettamente amministrano pel popolo i pi importanti affari ; laddove presso gli altri nelle cose pubbliche , l invidia mette 1 uno incontro all altro : e i Romani tra loro scambievolmente si lodano. Onde , che mentre questi gareggiano per accrescere il ben pubblico, operano bellissime cose ; e gli a ltri, mentre cercano gloria per male vie, uno incagliando le imprese dell altro , recano danno alla patria.
II. Perseo prigione in Roma. Perseo, ultimo re de Macedoni, che spesso era stato amico de Romani ? e spesso ancora con grande esercito avea fatto ad essi la guerra, finalmente fu sconftto da Emilio, e condotto in trionfo. Per quel re ? quantunque fosse precipitato in tante sventure, che le disfatte sofferte da lui pareano favole di cose non mai accadute } non voleva intendere di finir la vita. E bisogna sapere che prima che il Senato de liberasse sulla sorte di, quel re } uno dei pretori ur bani il cacci in prigione in Albano , insieme coi suoi figliuoli. quella prigione una caverna profon(i) Per cavar netta e spontanea questa osservazione morale dalle premesse cose vuoisi qui un sacrifizio di logica, lo penso dunqae che il testo sia guasto, per non far torto a due uomini valentissimi quali furono Diodoro e Foio,

{{amente scavata sotto te rra , dlia grandezza di un cenacolo capace di dieci letti; e quanto mai si possa immaginare piena di caligine e di fetore ? per la mol titudine degli uomini, che ivi tengonsi, condannati gi per delitti capitali : ed a 'quel tempo molti di tal fatta ivi chiudevansi. Ed accadeva ? che pel tanto numero in s angusto luogo serrato; i corpi loro pa ressero di bestie ; e confondendosi insieme e gli ali menti ed ogni altra cosa , che pur ove sono uo mini , s acuto fetore n7uscisse, che faceasi intolle rabile a chiunque vi si avvicinasse. Per sette interi giorni Perseo stette in s miserabile condizione, e videsi ridotto ad implorare soccorso da infelicissimi, a quali era dato ben misurato il cibo : cosa che al tamente li commosse , e per la commiserazione di s grande calamit , di cui anch essi erano a p arte, 1agri man do gli diedero umanamente di loro porzione; e di pi gli offerirono una spada con cui trapassarsi, ed una corda per istrangolarsi , fatto arbitro della scelta. Ma ai disgraziati niuna cosa pi dolce che il tirare innanzi la vita pi che possano, quantunque soffrano mortali angosce. vrebbegli per in mezzo a tante angustie finito di vivere , se M. Emilio, principe del Senato , riguardando alla dignit di Perseo, e alla equit della sua patria con certo senso di sdegno non avesse rimostrato ai senatori, che se non avessero avuto timore degli uomini j dovessero averlo almeno di Nemesi ? vindicatrice di coloro che baldanzosamente abusano del potere. Laonde passato Perseo in carcere meno crudo, mentr egli andava

'*70
pascendosi di nuove speranze , fin la vita in modo non dissimile dalle antecedenti sciagure : impercioc ch dopo due anni di vane lusinghe, toccatigli cu stodi barbari ? che gl* impedirono il conforto del tonno j dov morirsi (i).

III.
Origine e genealogia dei re di Cappadocia, I re di Cappadocia riferiscono l origine di loro stirpe fino dal tempo di Ciro re de1 Persiani ; ed affermasi provenire da uno di quepersiani che tol sero via il Mago. Della cognazione loro poi tratta da Ciro danno la serie di questa maniera. Dicono che fu sorella di Cambise, padre di Ciro , Atossa; che da essa e da Farnace , re di Cappadocia , nac que Gallo : da questi Smerdi 7 e da Smerdi Artamne 3 che fu padre di Anafa, per fortezza ed ardi mento distintissimo , ed uno de sette uomini per siani. Di tal maniera adunque riferiscono i gradi di cognazione a Ciro , e ad A nafa, a cui dicono che a cagione della fortezza sua fu conceduto il principato
(i) Del crudel modo con cui i Romani trattavano i re v inti, quando nen li scannavano a piedi del Campidoglio, ognuno dee essere informato. Vellejo Patcrcolo dice che Perseo mor quattro anni dopo la sua cattivit stando in Alba in libera custodia : il che non molto facile intendere; e Mitridate nella sua lettera ad A rta c e , che trovasi nei frammenti di Sallustio , espressamente dice che mori d* infamia.

2 *]1'

di Cappadocia onde non pagasse tributo a9 Persiani. Morto Ini ebbe il regno un suo figliuolo dello stesso nome ; e dopo che questi usc di v ita, avendo egli lasciati due figliuoli, Datarne , e Arimaeo , Datarne ebbe il regno , e fu uomo lodatissimo e per la guer ra ; e per* le altre parti dellimperio. Fin morto sul campo in una battaglia ayuta coi Persiani, nella quale avea valorosamente combattuto. A lui succe dette il figliuolo Ariamne , da cui nacquero Ariara te , ed Oloferne. Ariarate regn cinquant a n n i, e mor senza aver fatta cosa degna dessere ricordata: dopo il quale ebbe il principato il maggiore de suoi figliuoli , di nome Ariarate anch egli : il quale viva mente amando suo fratello, dicesi, che di onori e di dignit splendidissimamente il decorasse. i confe der poi co Persiani nella guerra che presero a fare agli Egizii ; e dopo essere stato da O co , re di Per sia , amplissimamente onorato a cagione della sua fo rtezza, ritorn in patria da quella impresa; e cess di v iv e re , lasciando due figliuoli dopo di s , Aria rate e d Arisa. Suo fratello p o i, il quale regn an eli egli in Cappadocia, essendo- senza prole, adott A riarate , il maggiore de figliuoli del fratello , e ni pote suo. Circa quel tempo Alessandro macedone distrusse colla gueira la potenza persiana ; e di poi m or ; e Perdicca, che preso avea il governo supre mo , mand in Cappadocia capitano generale Eume ne 9 il quale debellato Ariarate, ed uccisolo in batta glia , la Cappadocia, e i paesi confinanti co Mace d on i sottomise. A riarate, figliuolo deJP antecedente

72 re 3 non avendo per allora speranza di regnare 7 pass con pochi de1suoi in Armenia. N guari and, che morti Eumene e Perdicca, e distrutti Antigono e Seleuco , con esercito avuto da A rdoato, re degli Armeni ? uccise Aminta, capitano de Macedoni j e cacci i Macedoni dal paese, di tal maniera ricupe rando il regno gentilizio. Avea egli tre figliuoli, il pi attempato de quali , Ariamne di nome } assunse il regno. Egli si fece parente di Antioco chiamato Dio , avendo ottenuta per isposa di A riarate, suo figliuolo maggiore , Stratonica, nata da Antioco ; e perch assai amava il figliuolo, gli pose sulla testa il diadema, e i l . mise a parte seco lui di tutti gli onori , e di tutto il potere di re. Morto poi questo Ariam ne, Ariarate regn solo ; e venuto a morire lasci il regno al figliuolo suo Ariarate ? il quale era ancora in et tenerissima. Men costui in moglie Antiochide, figliuola di Antioco detto il Grande, donna eccellente in sagaeit ; la quale non avendo prole, al marito, che nulla seppe dellinganno, sup pose due figliuoli, Ariarate ed Oloferne : ma qual che tempo dopo , fatta feconda , fuori d ogni spe ranza partor due figliuole, ed un figliuolo, che ebbe nome Mitridate. Poscia manifestato al marito quanto riguardava i due supposti figliuoli, fece in modo che il maggiore d essi fosse spedito con di screto treno a Roma } e il secondo fece mandare nella Jonia; e questo artifizio us perch non aves sero a muovere contrasti pel regno al vero erede. Dicono che questi, nominato anch egli Ariarate ?

273

latto uom o, e bene istruito nelle discipline greche , e pieno d ogni bella virt, s acquist gran concetto. Il padre vedendosi dal figliuolo mirabilmente amato, desiderava ardentemente di dargli un pegno di sua corrispondenza affettuosa ; e la reciproca loro bene volenza giunse al segno , che il genitore volle ce dere tutta r amministrazione del regno al figliuolo ; e il figliuolo sostenne essere impossibile che tanto benefizio s accettasse da lui mentre il suo geuitor era ancora vivo. B ens, succedette al padre nel re* gno , poich questi fu morto ; e in quell alto posto diportossi in maniera perfettamente conforme alle virt che avea dimostrate, e molto attese agli studii filosofici : cos che la Cappadocia, dianzi ignota ai Greci , present agli Eruditi un grato ed onorato soggiorno. Egli rinnov coi Romani l alleanza, che in addietro sussisteva. Ma, basti fin qui l aver nar rata la discendenza di quelli che fino ad ora regna rono in Cappadocia, rimontata la serie di loro stirpe sino a Ciro, IV. Simulacri de Romani, , , , Conciossiach de Romani per nobilt della schiatta e per la gloria de maggiori distinti, fannosi i simulacri, similissimi di fisonomia , e di tutto landamento del corpo; avendo essi per tutto il corso della loro vita chi le mosse lo ro, e tutte le pr-

74
priet deloro sembianti osservi ed Imiti f per quanto possono cadere sotto gli occhi. Di simile maniera ogni loro antenato rappresentasi di tale abito ed qjv namento, che chi lo guarda per la verit delle cose espresse conosce evidentemente a quali gradi donore sieno stati elevati, e quanto de beni, e delle dignit delta repubblica abbiano partecipato. V. Leggerezza degli ArevacU Era stato mandato in Ispagna Memmio pretore. I Lusitani rivolgigli contro, essendogli andati addosso mentre sbarcato appena non si era ancora messo in ordine , il vinsero nella battaglia, e gli ammazzarono la massima parte dell esercita Londe divoratosi dappertutto il felice success^ deglIberi, gli Arevaci, credendosi pi valorosi degl Iberi, sprezzarono i ne* mici \ e la*moltitudine, che era accorsa alta cour cione, massimamente per questo nativo preste * farp (a guerra ai Romani.

3^5

EGLOGE DEL UBRO XXXII,


i.

IH un P'asmutamento d i sesso, Alessandro fuggendo dalla battaglia con cinque cento persone che lo accompagnavano si mosse , erso una citt dell* Arabia, detta Aba (i), a Diocle prncipe della medesima, presso il quale area prima depositato suo figliuolo Antioco, fanciullo di ancora tenera et. Poscia unitisi i capitani di Eliada a quelli eh1erano con Alessandro , cercarono di potersi pre sentare a lui in qualit di avere segreti affari da trat tare riguardanti il comando suo ) promettendo obe F avrebbero fraudolentemente ucciso. La domanda dei quali avendo Demetrio accolta, coloro .diventarono non i traditori soltanto,ma anche gli uccisori del re. E sarebbe indegna osa , se quanto avvenne prima della morte dAlessandro, e che per la sua strana na tura forse non si crede, noi lasciassimo sotto silenzio. Dicesi adunque, che consultando Alessandro, poco pi (ma di questi tempi, un oracolo di Gilicia, ove il tempio di Apollo Sarpedonio, il nume rispondesse, che si guardasse dal luogo , jond era sorto il Dio di doppia forma. Cotesto responso divina allora s ebbe per un enimma : ma poscia morto quel re, se ne co
( l ) Alcuni ftift voleslicri lfggen* Saia e qui* e pi tona*

276

nobbe i) vero senso, ed ecco come; nella citt dA rabia , detta Aba , abitava certo Diofonto , di na zione macedone ; il quale avendo preso in moglie una donna araba , n avea avuto un maschio nomi nato anch egli Diofonto , ed una figliuola chiamata Eraide. Gli mor il maschio prima ohe giungesse a matura et ; la femmina, divenuta nubile, con dote diede in moglie ad un certo Samiade. Costui, vis suto un anno colla sposa intraprese un lungo viag gio; e intanto dicesi che Eraide oadesse ammalata di un portentoso male ed incredibile.- Il male fu una infiammazione gagliardissima con tumore al basso ventre ; ed ognor pi gonfiandosi la parte , ed aggiun tesi febbri assai forti, i medici dichiararono essersi fatta una esulcerazione intorno al collo della matrice. Laonde avendovi applicato medicamenti, coi. quali essi speravano di reprimere quegli ardenti tumori, al settimo giorno di quella cura si vide dalle pu* denda di Eraide uscir fuori, rotta la superficie, ci che costituisce la virilit ; e vuoisi che il gettito le cagionasse un certo piacere. Non fu presente al fatto il medico ; ma la sola madre e due ancelle. Piene esse di stupore , e colpite dalla stravaganza della cosa, si tacquero allora \ e chetamente prestaronsi, come poterono, alla cura, che ad Eraide ancora occor* resse ; la quale liberata dalla malattia, seguit a portare gli abiti di donna, e a fare quanto nella vita domestica conviene a femmina soggetta al ma rito : Per alle persone consapevoli del fatto venne sospetto che Eraide fosse uq. ermafrodito} parve cbe

a77
ai a<coihoaasse familiarmente agli abbracciamenti maschili, c parve loro , che foss1ella per vivere col marito nella stessa intimit di prima, e per adattarsi famigliarment agli abbracciamenti maschili , comune que la naturale congiunzione vi ripugnasse. Or men> tre pissuno degli estranei sapeva la cosa , giunse a casa Samiade , e com eira naturale , domand la mo^ glie ; e perch per verecondia essa non ardiva ve nirgli innanzi, egli se ne dolse ; ed tostando vie pi, e volendo pure la sua consorte , il padre di lei noi perm ise, e come temeva di dime il perch, nacque gran discordia ; sicch in fine il marito cit il suocero per averne sua moglie ; e dosi 1 accidente venuti * a svolgere quel portentso caso come succede nelle commedie, dandogli Paspetto di reit; Andarono d u n que le parti dinanzi i giudici , e dissero da un canto e dall1altro quanto credettero opportuno ; e fu pre sente anche la persona che dava motivo alla causa. Il primo dubbio che venne ai giudici, fu se maggior podest competa al marito sulla moglie ; o sulla fi* gliola al padre* E poich. in fine opinarono, che la moglie debba seguire il m arito, Eraide manifest l cosa qaP era > e con risoluto animo scigliendo la V este , che fino allora avea portata , mostr a tutti il viril sesso ; e Con forte tuono di voce domand ; se vi fosse chi obbligasse uomo a sposare un1 uomo. Allora stupefatti tutti , e con parole di meraviglia additando la singolarit del caso, ordinarono che dappoich Eraide avea fatto vedere quaP e ra , abban donato il vestir da donna ; gli abiti prendesse con

278 venienti ad un giovine nomo. E i medici > fitta att cV essi la debita ispezione , riconobbero che la n<* tura del maschio sotto la forma d uovo m i tenuta nascosta nel sito della natura femminile ; e che in nna pellicola contornante la natura era stato contro ci che d ordinario , un foro , pel quale le super-* fluita aveano avuta uscita. Ond , che il luogo in cavato a biodo di fistola, dopo la sopraggiunta e sul* cerazione sarebbesi cicatrizzato ; e poscia che la vi* ril natura era stata restituita al proprio suo decoro* nuli9altro rimaneva a fiirsi che curare la parte che era ancora offesa* Eraide poscia, preso il nome di Diofonte ) ed entrato nel corpo de1 guerrieri a ca vallo j essendosi trovata eoi re alla battaglia i con lui ancora si ricover in ba* Cosi il senso dell* oracolo non compreso- prima , allora si foce chiaro } poich il re and in Aba, ove appunto era nata quella creatura biforme Del rimanente aggiungevasi che Saniade vinto dall9amore e dall* intimit j in cni era dianzi vismto con Diofonte f e pnto pur di pndore per un matrimonio tanto alieno dalla natura* lasciati a lui tutti i suoi beni, si lev la vita. Per ld che vi desi apertamente ardire duomo e gloria (ritenutasi da chi prima era stato donna, e peggior di donna per debole animo essersi addimostrato 1 nom a Un simil caso trent* anni dopo accadde iit Epi* dauro. Era di quella citt nna fanciulla f siccome al* lora credevasi? priva di genitori, e chiamata Callo Avea essa lapertura dalla natura data alle femmine senza foro ; e presso al pettignone fino dalla M e tta

hve a modo di fiatata un ergano^ pet cui gitUva fuori l acqua. Giunta essa all'et nubile fu data per isposa ad un Contadino j col quale pe* uU biennio risse per cos cb non ti trov capace d accoglier P uomo siccme proprio delle femmine, fe fu co stretta a soffrire che il marito le i accostasse fuor de modi segnati dalla natura. Non afid pi guari ehe circa il pettignone le ncque ima infiammazione) che le cagionava orrendi dedori ; e Chiamati molti medici, niisuno d1 essi seppe dare speranza di Cu rada. Ma un farmacista vi fu ehe si proffer di gua<* rida ; il quale altro non feeC che una incisione del tumore che appariva j per la quale vennero a prentarsi le pudenda virili j salvo che la verga non ave* foro. Ebbero meraviglia del fatto tutti; ma rimaneva a rimediare al difetto osservato; Ora il valentuomo unltra incisione fece alla sonfmit del glande ^ spin< gendola per lungo fino kll uretra ; ed adattandovi una cannuccia d argento j per quella via fece uscire le urine; In quanto poi al fo ro , che a mode di fistula era ,al pettignone j gli lo esulcer, indi il ci catrizz. E avendo cos felicemente operato $ e re** stituita la sanit alla persona ammalata, doppia mer* cede addomand della c ita ; perciocch disse d a * < Vere avuta a guarire Una donna inferma , ed invece presentare bello e sano un giovane; dallo abban don il teiajo le altre faccende di donna, e.presi gli abiti di Uomo j fu indi iti poi chiamata Gallone. Alcuni hanno ciotto, che prima di qtyeto suo tra* mutamento in maschio fosse stata sacerdotessa di

280 C erere, e che per aver veduto ci che gli nomini iloti debbono vedere, aveste avtito un processo di profanata religione. Narrano in simil modo casi di questa specie essere nati a Napoli 7 e ut altri Inogiti : non che il sesso di maschio e femmina per pera di natura passasse alla figura dell una e del* Y altra forma * cosa impossibile ; ma in quanto per far meraviglia < sorprendere gli uomini, la na e tura talora d una falsa apparenta alle membri del corpo. Perci siffatti avvenimenti abbiamo noi giudicati degni d'essere scritti e tramandati alla me* moria de1posteri, non per cetto vezzo di volutt, ma per utilit* Imperciocch m olti, tenendo tali cos* per mostri di pessimo augurio , lasciansi sorprendere da superstizione j n ci accade solo uomini privati, ma eziandio a nazioni e a citt. Prova di che quanto avvenne ai Romani sul principio della guerra Mis sica. Imperocch essendosi riferito al Senato die u certo Italico presso Roma avea sposato tm ermafrodito simile a quelli che abbiamo accennati y preso da su perstizine ,'e persuaso dagli aruspici etruschi* quel l ermafrodito fece abbruciar vivo, e colui che lo ave sposato, perch il teneva come partecipe di un sesso degenerato in mostto ? il cir non e ra , eira bens ignoranza della imperfezione, contr Ogni ragione mand in esilio. simile pena di fuoco, diecsi non molto dopo essere stt proferita dagli Ateniesi per un tai caso y *ttbii eMetdsi capita la vera natura delle cose: Alctiiit raccottatto che le iene sono ma schi e femmine ad un tenipo} e che Ogni anno *

a8i scambiano alternativamente le funzieni ne loro con giungimenti : ma ci non vero. Vero bens , che quantunque l uno e l altro sesso abbia la costitu zione sua naturale semplice, e distinta , accade al cune volte che- si presentino con certe false appa renze a chi osserva. Imperciocch le'femmine hanno nella' natura loro alcuna cosa che si rassomiglia alle parti virili, e qualche cosa i maschi a guisa del sesso femminile. E lo stesso avviene in tutti gli altri ani mali , mentre nascono infatti molti portenti di di verse maniere , i quali per n allevansi, n giun ger possono al perfetto loro incremento. E queste cose siano dette per correggere la superstizione (i).
\

(t) Di questi tramutamnti di sesso s hanno nelle amiche storie assai casi. Sotto il consolato di P , L icin io e G. Conio Longino > io' Cassino una fanciulla divent maschio solto gli occhi del padre della madre \ e la superstizione lo fece trasportare in un* isola deserta. Licinio Muoiano afferm avere veduto in Argo un certo Arescunte che prima avea conosciuto sotto forma di donna, e chiemat^ allora Arescunta. Credendosi donna si marit : poi mise la barba, divent maschio , e prese moglie. Dice ino^re d aver veduto'a Smirne simil fatto nella persona di un giovinetto. Plinio essendo proconsole io Africa , ed assistendo a banchetto di botte fu testimonio del Catto anche pi bisxarro per la circostanza, poi* chi mentre applaudivasi dai convitati alla felice sorte degli sposi a un tratt la giovinetta sentissi tramutata in uomo, e fu poi L . Cossitio pel rimaneste di vita sua. 8 farebbe nn volume volendosi riferire simili casi. Veggasi Piegante Tralliano nel suo libro della Cose M irabili, il Mercuriale nelle Lettoni varie , il Vive* e Coquen ne*omenti all opera di s* Agostino della Citt d i D io , Giovanni Giviano Pantano delle Cose celesti , il Burnet, che un tal caso riferisce succeduto in Roma mentr* egli viaggiando per Italia trovassi in quella citt. Quelli che si dilettano di adire erottiti e filologi^

IL
b ette mura d i C*rt*gm. Dicono cbe le mora di Cartagiae ionro d te (f* fanta cubiti, e larghe ventidue ; m q ia n tm fie al forti} le macchine de9 Romani, e gli additi levo in* traprendimenti, superarono s robusti bastioni ) e lft citt venne presa e demolita IH

l)i Mossrssa.
Massinissa cbe regn in A frica, e fu alleato p# petuo de9Romani, viss iti pieno vigore di forze no* Vfat1anni, e morendo lasci dieci figliuoli, cbe af* fid alla tutela deRomani. Era egli di complessione robusta, e d ragazzo assuefatto alla fortezza alle fatiche : tome avea presa una posizione y in essa ri*
Hon avranno discaro die aggiungiamo cosa d etti dal pik riputato' traduttore di Diodoro. I! Rodntano ci attcsta H sgucote fatto che' baciamo sulla sua coscieoia. Egli dice 4he utf cartof Dmnieie Hur* ctmer, tdesc, ermafrodito di conformaiiorie, avea sposata una donaa^ on cui era vissuto iinpotente, ma che di poi trovando*) nel 160* bel Belgio e lasciatosi accostate la uno spinganolo, eratfi ingravi dato, nel mese di maggioavea partorita u'fc bambina, che al battesimo avea atuto il nome di Etisabdtta : ohe p#r da una jm o * fella ocn pot aver latte (W alimentare la fanciulla par li' ragione* eie dalla part di quella avea il sesso tirile. Egli riferisce quel latto in prova che don si verifica che gli ermafroditi Steno Steri}#*' ^bbiaaao riportate fedelmente U sa# parole/.

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tnaiievasi immoto tutta la giornata * sedendo uou ai* za vasi fino a notte ; consumando tutto il giorno m esercnii faticosi. Una volta montato a cavallo, an corch cavalcasse giomo e notte di seguito , non si stancava mai. E di buona salute e robustesza fu m a nma prova che quasi di novantanni ebbe Un fi gliuolo, che visse quattro anni, ma th pure era ben complesso. Fu egK molto studioso d1agricoltura ; vi si applic tanta che lasci ad ognuno de anoi fi gHuoli una campagna di dieci mila plettri, fornita inoltre di ogni cosa necessaria. Egli govern egro giaanente 1 tao regno per sessant anni* 1 IV* Empiet d i Nicomed* Nilomede dopo avere sbaragliato colle armi Pro* sia suo genitore, essendosi qnesti rifuggito nel tem pio di Giove j ivi lo ammkz} e si pose in possesso del regno della Bitinia con questo assassinio sedia* ratissimo/

V.
Di Pinato*
Mentre i Lusitani nl principi della guerra man* cavano di valente capitano; facilmente erano dai R* mani battuti; ma quandi tbbei* trw*t9 Yiriato/ iif*

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clero ai Romani non pochi danni. Era Vinato di quel Luitai che soggiornato hanno sulla oosia dell' ocea* no j e dalla sua fanciullezza era stato sempre pastore j ed assuefatto a vivere tra i m onti, e la natura gli aveva anche data particolare complessione. Imper ciocch in robustezza y in velocit, in agilit di mem bra superava tutti quanti gllberi. Erasi poi avvez zato a poco cibo e a molto esercizio 9 e dormiva sol tanto quanto la necessit esigeva ; e portando sempre indosso armatura di ferro , e battendosi colle belve ^ e coi ladroni , presso la moltitudine si fece gran nome. Creato finalmente capitano supremo, chiam a se immantinente una schiera di corsari ; e nelle guerre ottenendo grandiosi * successi ebbe Fammira ' zione generale , non tanto per altre virt , quanto perch fu stimato possedere tutte le arti degne del capitano. Era giusto nella distribuzione delle spoglie nemiche, e premiava a proporzione del loro merito quelli che s erano distinti per valore. Poi salito in maggior fortuna non pi ladrone si dichiar, ma sivvero Principe. Guerreggi coi Romani, e in molte battaglie rimase vincitore , di modo che debell Vetilio j comandante de Romani, coll esercito suo , e presolo il trucid. Molte altre imprese in guerra fece felicemente, fin tanto che venne mandato contro di lui Fabio. Dal qual tempo incominci a declinare. Ma raccolte le forze avendo sostenuta contro Fabio la guerra con grande anim o, l obblig a capitolare in maniera indegna del nome romano. Per Gepione ^ a cui'fa data il comando supremo deir esercito con*

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tro V aiato, quella capitolazione .ruppe ; ed avendo pi duna volta vinto Viriato, e postolo ia tali estre* me angustie, che incominciava ad inclinare alla pace, corrottine i domestici, e tesegli insidie , giunse ad ^ammazzarlo. U qual Gepione avendo trovato modo di atterrire Tautamp successor di V iriato, e le sol datesche che colui avea seco, li trasse a que patti ch egli voleva; e loro concedette campagne e citt da abitarvi.

ESTRATTI DAL LIBRO XXXIV. I:


Del re Antioco e d* Giudei. IL re Antioco faceva l assedio di Gerosolima; e i G iudei per un certo tempo resistevano. Ma avendo consum ata tutta la vettuaglia, furono obbligati a spe d ir legati per trattare di pace. 1 suoi ministri e cor tigiani per la pi patte insistevano perch tirasse in nanzi in ogni maniera 1 assedio, ed esterminasse la * nazione de G iudei, esponendo come costoro erano tra tu tte le nazioni la sol^i, che abbonisse lunirsi colle a ltre , e che riguardasse tutti gli uomini come nem ici ; ed aggiungevano che gli antenati di costoro erano stati cacciati da tutto lEgitto come empii, ed invisi agli Dei. Imperciocch essendo i loro corpi in fe tti di scabbia e di lebbra, erano stati espulsi dai co n fin i per purgare il paese da s nefanda razza;

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che cos banditi aveano occupati i luoghi vicini a Gerofolhna, e ridotti i l corpo di nazione aveano poi propagato di padre In figlio l odio loro verso gli nomini. I*er ci s erano latte leggi nemiche dell u mano consorzio, di non avere mai mensa comune con altra nazione, n di mai augurare bene ad al cuna. Aggiungevano poi al re che i suoi maggiori tempre aveano detestati i Giudei: imperciocch n tioco detto l Illustre, soggiogati i Giudei entr nel Tempio di Dio, non stato mai accessibile ad alcuno fuorch al sacerdote, cos a lui permettendo la leg ge : nel quale avenda trovata una statua di pietra , rappresentante un nomo di lunghissima b arba, ca vaicaute un asino, giudic che fosse la statua di Mos, fondatore di Gerosolima, ed istitutore della nazione, il quale con legge ordin i nefandi costu mi , spiranti l odio pel genere umano. Quel re adun que detestando una tanta nemist oontro tutti i po* p o li, procur che s empie leggi si abolissero. Per* ci alla immagine del fondatore, e allaltare a cielo scoperto del num e, immol una grassa tro ja , e del sangue dessa cosperse luna e l'altra; e delle carni della medesima ordin ehe s imbrattassero i sacri libai, i quali contengono le leggi piene d odia con* trQ i forestieri. Egli inoltre estinta la lampada, da es chiamata immortale , e che perpetuamente arde nel Tempio ; e finalmente forz il pontefice, e gli altri Giudei a cibarti di quelle carni Allegate queste cose, erano cqloro tutti con sommo impegno intesi a fare eh egli erteruinagt* quella rz*a j od a lm a *

2187 ehc s t abrogasse le leggi, e la costrngesse a nu? tare il tenore di vivere y e le istituzioni. Ma il re , cbe era d alto anim o, e d indole placida, riscosso cb9ebbe il tributo cbe gli si dovea, diroccate le inura di Gerusalemme, e tolti, ostaggi, perdon agili fallo a quella nazione,

IL Della guerra degli Schiavi. Essendo le cose de9Siculi per sessantanni dopo la mina di Cartagine andate prosperamente, in fine Tenue presso di loro a scoppiare la guerra de servi, nella maniera cbe siamo per dire. Dacch i Siculi ebbero amplificate le loro facolt saliti a grande rie* chezza si misero a comprare una enorme quantit di servi ; e questi usavano, lattili uscire a turbe dai luoghi in cui da prima li chiudevano, bollarli a fuoco con certe marche. Servivansi poi d essi, se erano giovani, per pastori 5 gli altri adoperavano a qualunque altro uso. Ma con durezza e vigore trat* tavanii; n cura alcuna prendevansi del loro vitto e del loro vestito : cos che la maggior parte di quei miseri andavasi le cose necessarie procacciando col ladroneggiare ; e tutto perci era pieno dassassinii, non altramente che se un esercito di corsari, e de* predatori fosse qua e la sparso per le campagne. I governatori de9paesi andavano in vero cercando di

reprimerli; ma siccome non ardivano di punirli centi

a88 occorreva, a cagione de ricchi e potenti padroni, che aveano sui loro servi assoluta podest; cos avveniva eh1essi erano costretti a chiudere gli occhi opra tanti saccheggiamenti e tanti delitti. Tanto pi poi, che la maggior parte di quepadroni erano ca valieri rom ani, e giudici dei delitti che apponevansi ai governatori delle provincie : sicch tenean questi in altissima soggezione. Essendo adunque in s mi serabile stalo i servi, e sottoposti spessissimo igno* miniosamente e senza ragione ad essere con grande barbarie b attu ti, vennero in risoluzione di non sof frir oltre s iniquo trattamento. Per lo che fatto eonciliabolo insieme , come prima n ebbero comodit , vennero a parlare del modo di scuotere il giogo della servit, finch poi giunsero ad effettuare il loro di segno. Era tra loro un certo Siro , servo di Anti gene A nneo, nato nella citt di Apamea, nomo pratico dell1arte magica e degl incanti ; il quale dava ad intendere d avere per visioni , e rivelazioni degli Dei la virt di conoscere in sogno le cose future, e l'ordine nel tempo stesso di predirle; con che molli animava a credergli. Poi procedendo oltre non si content di trarre i suoi oracoli dai sogni \ ma finse di vedere in piena veglia gli Dei, e di udire da essi le cose future. E quantunque molte delle cose che diceva non fossero che ciance , l accidente pur fece che alcune predizioni sue si avverassero: ond, che mentre delle non verificate Bissano teneva co n to , per le verificate veniva applaudito ; e cresceva cos di estimatone, T iqt costui in ultimo questo artift-

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zio, che metteva fiamme di fuoco dalla bcca pren dendo aria di furente ; e come se fosse invasato dallo spirito di F eb o , vaticinava le cose avvenire. Dicesi che in ci adoprasse una noce , o tale altra cosa vuota per di dentro , ili cui chiudeva alcuna materia infiammabile (i). Ora costui prima che se guisse la rivolta vantavasi che gli fosse apparsa la, Dea Siria , e gli avesse predetto che avrebbe regna* to : la qual cosa andava dicendo non sol agli altri servi, ma eziandio al proprio padrone. E come que sti suoi detti facevano ridere, An ti gene di queste ciarle prendendo spasso, Euno , che cos, chiamavasi colui , conduceva seco ai conviti, e mosso discorso del futuro regno di lui molte domande gli andava facendo, come, per cagione d'esempio, avrebbe trat tato ognuno di quelli eh erano presenti. E npn per dendosi punto d animo colui, seguitando a parlar francamente del suo regno , rispondeva che sarebbesi comportato verso i padroni con clemenza; e da una in altra cosa passando , merc- le molte strava ganze che andava dicendo , tutti, i convitati faceva
( i) Presso noi la cosa da ridere : pare ohe gli amichi n ab biano fatto qualche caso $ e n abbiano parlalo eoa poca gattesca. Floro che racconta la storta di E u n o si esprime cosi : Uu, cerio Siro d i nome Euno fingendo furore^ fanatico , mentre si vantava d i avere le chiome della dea Siria , quasi avesse ordine dai numi ec
cit i servi alla libert e alle armi ; e per provare che parlava ispi rato dagli di, tra una parola e V altra gettava fu o ri fiamme : il che faceva tenendo nascosta in bocca una noce piena di solfo e di fuoco , in cui mandava il fiato. Fu detto che cos us fare anefie il celebre Barcocheba per sedurre i G iudei. Ma nou voleavi ohe G iudei e schiavi per non capire il miserabile artifcio.

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ridere; ed alcuni di loro giungevano anzi a dargli grosse porzioni di quanto era sulla tavola , aggiun gendo che quando fosse divenuto re volesse ricor darsi delle buone grazie avute. Ma il fatto che le stravaganti sue ciarle finalfnente mutaronsi in verit; ed egli giunse ad avere la potenza di re , e quelli che in que conviti l1areano trattato benignamente pot guiderdonare. Il principio della rivolta fu come siegue. Eravi un certo Damoflo diE una, nomo per le grandi sue ricchezze di alto animo, ma d indole superba. Costui trattava i suoi servi in s crudel modo , che non saprebbesi dir di pi; ed avea una moglie, di nome Megaliide, la quale faceva a gara col marito nel trovare con ogn inumanit i pi squisiti supplizii. Ond che per tanta sevizia inferociti i miseri che n erano il bersa glio , concertarono tra loro ,d alzarsi, e di trucidare i padroni. Vanno essi adunque da E uno, e il doman dano, se permettano gli Dei quanto essi hanno di segno di fare. Costui mettendosi dal loro partito ri sponde coi soliti suoi prestigi cfee il permettono ; e fa loro animo onde alla prima occasione opportuna effettuino il loro disegno. Immantinente adunque rac colgono una partita di quattrocento servi ; e colta buona occasione , ben armati irrompono nella citta dEnna, avendo Euno alla testa, spirante fiamme dalla bocca con que soliti suoi prestigli ; ed entrati nelle case vi fanno orribil m acello, cos che non perdo narono neppure ai bambini lattanti, ma strappati dalla poppa li schiacciarono sul pavimento. Alle ma-

frotte poi , veggenti gli stessi mariti , quanti insulti, quanta libidinosa violenza facessero, non pu colle parole spiegarsi; e a que primi sera presto aggiunta una moltitudine de1 servi stanziati nella citt: i quali dopo aver crudelmente trucidati i loro padroni, an darono a trucidare anche quelli degli altri. Intanto Euno avendo saputo che Damofilo e sua moglie erano in un orto vicino alla citt , mand alcuno de suoi, i quali li traessero in citt colle mani legate dietro la schiena, e per istrada dogni contumelia venissero oppressi : con che per alla figliuola savesse ogni ri guardo, perciocch s era sempre dimostrata umana e compassionevole verso i servi, e, come dichiararono, piena di volotit di ajutarli. Il quale loro contegno era una evidentissima prova, che quanto facevano non procedeva da indole crudele, m\a da vendetta de barbari trattamenti avuti. Que messi adunque con dotti Damofilo e Megallide in citt IT esposero nel teatro , ove la moltitudine de rivoltati era concorsa; come Damofilo con accorto ritrovato andava cercando di salvarsi, e il parlar suo moveva gi molti, Ermia e Zeusi pieni di odio contro di lu i, dettegli contu meliose parole , non aspettando che il popolo pro nunciasse sentenza, uno il trapass colla spada, e l altro gli tagli la testa. Poi Euno fu gridato r e , non per eccellenza di fortezza, o di scienza in co mandar# ; ma soltanto per la bravura sua negl in cantesimi , e per essere stato autore della rivolta ; c per avere un nome di buon augurio a sperarlo benevole verso i sudditi. Messo egli adunque, alla

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testa de rivoltosi, chiamatili a conclone fece che gli Eunesi rimasti vivi fossero trucidati , salvi soltanto quelli che sapessero fabbricare armi ; e questi ob blig ai lavoro. Diede poi Megallide in bala delle serve, onde ad arbitrio loro me prendessero vendet ta : le quali dopo averla in varie guise torm entata, la cacciarono gi di un precipizio ; e Antigene e Pitone, suoi padroni, di sua propria mano ammazz*. Quindi postosi il diadema in testa , e vestitosi di tutti gli ornamenti reali, dichiar regina sua moglie, la quale era siria anch essa, * sua concittadina ; e scelse a consiglieri quelli che conobbe essere pi prudenti ; fra i quali v era un cert uomo Acheo di nome e di nazione, eccellente tanto in ben pensare, quanto in operar prontamente. Nello spazio di tre giorni ebbe mille settecento uo mini armati come meglio pot, ed altri pure ne rac colse aventi mannaje e scur, o frombole , o falci, o grossi bastoni appuntati col fuoco, o spiedi da cu cina ; e si pose ad infestare rubando tutto il paese : e di p o i, come un infinita moltitudine d altri servi gli si u n , ebbe il coraggio di affrontarsi in guer ra coi comandanti e gli eserciti romani y e nelle battaglie poich prevaleva di numero, spesso ottenne vittoria, avendo seco pi di dieci mila uomini. Infrattanto un certo Gleone cilice incominci unal tra rivolta di servi : perloch si concep speranza che divisi i rivoltosi in partiti differenti, venissero in guerra tra loro ; e cos a vicenda ammazzandosi sol levassero la Sicilia da tanto tumulto. Ma contro ci

che speravasi and la cosa, perciocch i due partiti si congiunsero insieme e Cleone al primo comando 7 di Euno se gli sottomise ; come a r e , prendendo da lui gli ordini per operare co9suoi cinque mila uomini che aveva seco : e non erano allora pi che trenta giorni , dacch la rivolta era succeduta. N guari and che venuti al fatto d armi con L. Ipseo, il quale venuto di Roma aveva raccolti in Sicilia tre mila settecento soldati, ebbero vittoria, essendo al lora in numero di venti mila ; ed in breve tempo cresciuti di poi fino a dugento mila. I quali} quan tunque di poi spesse volte venissero coi Romani a battaglia, assai spesso ne uscivano con gloria, e rarissimamente rimanevano rotti. Di che sparsasi la fama , anche in Roma , ove cento cinquantamila con* giurarono insieme , scoppi la rivolta de Servi ; e nell' Attica se ne alz pi di un migliajo, e cos in D eio, e in altri luoghi. Ma que che sulla faccia dei luoghi governayano, e pe pronti rinforzi che ebbero, e pei crudeli supplizii che usarono, presto li tolsero di mezzo ; e ridussero a meglio pensare quanti per avventura non mossi fino allora , avessero avuto di segno d insorgere. Ma in Sicilia il male cresceva ognor pi, poich a? andavano prendendo le citt coi loro abitanti, e molti eserciti dai rivoltati venivano confitti, fin tanto che Rupilio , comandante de Romani ricuper Tauromenio , avendo coll assedio ridotti quelli che v erano dentro a tale carestia, che per la cruda fame non ebbero ribrezz di divorare le carni de proprii

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figli, e fino quelle delle mogli, giunti in ultimo all9or ribile necessit di divorarsi lun laltro. In quell asse-* dio fu preso Amano, fratello di Cleone, mentre fuggivasi dalla citt ; e in fine avendo Serapione Siro a tradimento consegnata la rocca , tutti quelli che in essa eransi rifuggiti, vennero in mano del coman dante de Romani, il quale fattili prima tormentare, li condann ad essere precipitati. Quindi andato ad Euna in simil modo l assedi, e tanto strinse i ri voltati , che lev loro ogni speranza di scampo. Quindi avendo ucciso Cleone, supremo capitano, il quale uscito di citt con eroico valore avea combat tuto , e fattone vedere il cadavere agli assediati , tro vato anche ivi un traditore ebbero quella citt , che per la natura del sito , e per la qualit delle forti ficazioni in diverse maniere non sarebbesi mai po tuta prendere. E uno, P prcse seco seicento guardie, siccome egli era uomo poltrone, fuggi a certi scoscesi luoghi j ma quelli eh erano con lu i, reggendo la mala sorte, che loro soprastava, poich erano inseguiti da Rupilio, si scannarono l uh l altro j e colui' prestigiatore e re , dopo aver per paura cercato rifugio in certe ca verne, fu tratto di l insieme con quattro altri, ed erano il cuoco, il panettiere, quello che nel bagno il fregava, e per quarto quello, che mentre man giava gli faceva il buffone 5 e cacciato in carcere mor corroso da1 pidocchi in Morgantina : tal fine avendo avuto degno di sua temerit. Rupilio poscia con scelto drappello di soldati scorrendo tutta la Si*

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cilia, pi presto di quello che si sperasse la liber da ogni ladra ciurmaglia. Eun<? , re de rivoltati, erasi posto il nome di Antioco ; e chiamava Sirii tutti quelli che con essolui erano insorti.

ESTRATTI DAL LIBRO XXXVI.


I. Delle ribellioni degli Schiavi. Nel tempo in cui Matio debell Bocco e Giugurta, re d Africa entram bi, e innumerevoli migliaja d A -* fricani uccise, e poscia condusse prigioniero Giugurta datogli in mano da Bocco, onde impetrare dai Romani perdono della guerra ad essi mossa ; e troavansi i Romani assai spaventati per le grandi stragi recate dai Cim bri, che dilaniavano con guerra la Gallia ; giunsero dalla Sicilia alcuni riferendo che molte migliaja di migliaja di Servi eransi rivoltati. A siflatta nuova tuU la repubblica de1Romani trovasai in grandi angustie , perciocch avendo gi perduto nella Gallia^ combattendo i Cimbri, ses santa mila uomini elettissimi, non avea modo di levare per nuova spedizione gente idonea. S aggiun geva di pi che anche prima del tumulto suscitatosi in Sicilia per la ribellione de Servi, in Italia pure erano scoppiate parecchie rivolte, quantunque n di lunga durata fossero state , n grandi, ma tali che parea per esse volersi dal nume predire la grandezza

296 di quella che dovea succedere in Sicilia. La priina er stata presso Nocera, <>ve trenta Servi sacconciarono insieme ; ma furono presto castigali. La seconda fu in Gapua } quando ribellaronsi in numero di dugento 3 e presto anch essi sterminati. La terza accadde in modo meraviglioso. Un certo Tito Minuzio detto ancora Vezio, cavaliere romano , figliuolo di padre ricchissimo, si innamor di un altrui serva, donzella bellissima, ed avutala alle sue voglie} s gli crebbe la passione per lei y che ne addava matto. Onde trovato duro il pa drone di lei a concedergliela, finalmente si accord di pagargli sette talenti atlfci, e si fiss il tempo, del pagamento: faceva per esso lui sicurt il suo patrimonio. Ma venuto il giorno deffettuare lo sborso, egli nbn si trov pronto ; e chiese una dilazione di trenta giorni Per venuti a termine anche questi, e non avendo trovato come pagare , e 1 amor suo per la donna crescendo sempre p i , s appigli a strano misfatto ; e fu di levar di mezzo chi solleci-* tava il pagamento ; e di mettersi in aria 'di potente monarca. A tal effetto compr cinquecento armature da pagare a un dato tempo ; e fattogli credenza egli le trasport in certa campagna : indi eccitati ac} insorgere i suoi servi in numero di quattrocento, preso diadema e porpora , ed ogni altro distintivo di regio potere, e coll ajuto de servi chiamatosi r e , per prima cosa fece mozzare dopo averli fatti ben bene battere colle verghe , quelli che domandavano il prezzo della donzella : . indi con quei suoi armati si mise ad invadere le vicine ville : e chi presto po

nevasi dal suo partito, armava ; d ii vi si mostrava avverso,, metteva a morte. Ed avendo in breve tempo messi insieme pi di settecento uomini, li di stribu in centurie ; e fatto un campo , dava asilo a quanti servi disertavano dai loro padroni. Ond9 , che notificata al Senato questa ribellione con pru- dente consiglio accorse ad estinguerla; e cos felice mente avvenne. Fra i capitani eh9erano allora in Ro ma , il carico di dare la debita pena ai fuggitivi, venne commesso a L. Lucullo , il quale nello stesso giorno, in cui avea fatta la leva di seicento soldati * scese a C apu, ove lev pure quattro mila fanti, e quattrocento uomini a cavallo. Minuzio, saputo, che egli ebbe la spedizione di Lucullo, occup un certo colle ben munito avendo in tutto tre mila e cinque cento uomini ; e nel primo fatto d9armi i fuggitivi, perch combattevano in quell9 altura, rimasero vincenti. Ma poi avendo LucuHo sollecitato Apollonio, cornane dante suprmo delle forze di Minuzio con regali, e colla giurata promessa d9im punit, a tradire i com pagni ; costui fattosi ligio ai Romani, arrest Minuzio , il quale per timore d9esser mandato al suppl* z io , si ammazz da s stesso ; e subitamente eoa esso lui morirono i compagni della ribellione, eccet tuato il traditore ' Apollonio. Fu questo come il pre ludio di quella che avvenne in Sicilia ; la quale ecco come principi. ' Nella spedizione di Mario contro i Cimbri il Se nato diede, facolt a quel capitano di chiamare gli ajuti delle nazioni d oltre mare ; ed egli mand a

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tal fine legali a Nicomede re di Bitinta : il quale ri spose j che la pi parte de Bitinii era stata dai pub blicani trasportata schiava; e trovarsi sparsi qua e l nelle provincie. Per lo che il Senato decret, cbe nissun uomo ingenuo di nazione alleata del popolo nomano dovesse in provincia essere ridotto a condidizioiie servile j e che fosse cura de1 pretori , o dei proconsoli che que tali venissero liberati. In forza di che Licinio ' N erva, allora pretore in Sicilia , in ub bidienza di quel decreto, portato il caso ai tribunali, fece liberare moltissime persone, cos che in pochis simi giorni se fc ebbero pi. di ottocento dichiarate libere. D 'onde venne che quanti erano nell1isola in condizione di servi, si mettessero in isperanza di ottenere la libert. La qual cosa veduta da uo mini di speziai credito ? casi presentaronsi al pretore y consigliandolo a desistere dall'im presa3 ed o Cosategli allettato da d enaro, o volesse procacciarsi favore, sospese P esame ulteriore de* tribunali, e chiunque di poi presentavasi per ricuperare la libert, obbli gava eoa rimprveri a ritornarsi al padrone. I servi adunque congiuratisi fra lo ro , dopo essersi da Sira* cusa rifuggiti al bosco de' Palici (1), si misero a ra gionare insieme sul modo di ribellarsi; ed essendosi dilatata s ardita idea per molti luoghi, i primi a porsi in libert furono trenta servi di due ricchissimi fratelli del paese degli Ancilii, fattisi capo un certo Oario. La prima cosa che costoro fecero, fu quella
( 1 ) Gli Dei, od eroi Palici, erano i protettori dei serri ; e A tempio era per *si un arilo sicuro.

di trucidare di notte i loro padroni mentre dormi* vano. Poi andati nelle vicine ville predicarono agli altri schiavi di mettersi in libert; e in quella stessa notte $e ne unirono loro pi di cento venti. Occuparono poi un luogo, di sua natura fo rte, e pi forte ancora industriosamente da essi ridotto, a ci ajutati da altri ottanta, che serano aggiunti ben ar mati. Licinio N erva, pretore della provincia fu sol lecito* ad accorrere ed assalirli : ma avendo preso a combatterli, ogni suo sforzo riusci vano. Per lo che veduto il sito inespugnabile ricorse al tradimento: nel che pot servirse di certo Gajo Titnio, chiamato per soprannome il Gadeo , a cui promise la impu nit , trovandosi costui condannato da due anni ca pitalmente , ma sfuggito alla pena, e postosi a la droneggiare nel paese con uccidere ad ogni occasione uomini liberi ; e sempre avendo avuto riguardo di non molestare alcun servo, o d essergli grave. Co stui adunque con un drappello di servi a lui fidi re cossi al castello , ov era il G adeo, come se inten desse di fare insieme* con que rifuggiti guerra i Romani y e ne fu accolto con lieto animo, e ben trattato ; e di pi fatto comandante, perciocch sti* mavasi valoroso uomo. Ma costui ponsegn il castello ai Romani. Una parte de ribelli mor nel combatte re ; una parte si precipit dalla rupe preferendo un tal fine a quello che venendo presi potevansi aspet tare; e cos rimase estinta quella prima ribellione di servi. Ma ritornati alle loro stazioni i soldati, che il

a"

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pretore atea condotti a quella im presa, alcuni an* darno a riferire che circa ottanta servi, suscitato tum ulto, avevano scannato P. G onio, uomo dell or dine equestre, e che ornai erano in grosso numero. E intanto quel pretore sedotto dai consigli d a ltri, avendo anche con piena formalit dato congedo alla massima parte della soldatesca, procrastinando venne a dar tempo ai ribelli di meglio fortificarsi. In fine tolti i soldati che avea presenti s incammin verso loro ; ma accadde che passato il fiume Alba se li lasci alle spalle, poich essi s erano* stanziati sul monte Capri ano ; e giunse ad Eraclea. U che fu ca gione che que disertori spargessero voce, che il pre tore non avea avuto coraggio di assalirli ; con ci animando 'altri servi ad unirsi a loro. Ed in fatti fu cos; e ne primi sette giorni pi di ottocento furono col ben armati ; disposti tutti in ogni maniera a venire a battaglia spiegala. Delle quali cose avvertito Licinio , e fatto certo che que disertori ogni giorno pi crescevano, . mand .contro di essi M. Titnio, datogli il grado di capitano, ed aggiuntigli sei cento uomini del presidio di Euna. Titnio venuto a batta glia , perch i disertori e per la moltitudine della gente, e per la difficolt deluoghi aveano gran van taggio , si diede, olla fuga insieme co su o i, de quali molti rimasero morti; e gli altri per andar salvi fug gendo , gittarono le armi. Le quali in gran copia cos all improvviso acquistate , maggiore spirito infusero ne* ribelli ; ed anche con pi animo sollevossi nella massima parte de servi l ardore dunirsi ad essi. E

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ome ogni giorno un gran numero disertava, in breve crebbero tanto, cbe nissuno l avrebbe creduto giam m ai, a modo che in pochi giorni trovaronsi essere pi di sei mila. Nel qual tempo consigliatisi insieme sul come comportarsi, prima di tutto si crearono un re , che fu un certo Salvio , tenuto per valente nelr arte degli aruspici, e s bravo sonatore di tibia negli spettacoli e nelle pompe delle donne , che le faceva andar matte. Ottenuto costui il regno , declin dalle citt, come fomentatrici d'inerzia e di delizie ; e diviso in tre squadre V esercito suo , ed altrettanti capitani messi ad ogni squadra, ordin che scorres sero il paese , e di poi tutti si traessero *insieme nello stesso tempo in un determinato luogo. Da quel saccheggiamento acquistato avendo grande quantit, come d'altri ammali, cos ancora di cavagli, in poco tempo misero insieme pi di due mila cavalieri, e non meno di venti mila uomini a piedi, gente tutta che avea pratica delle cose di guerra. Ond' , che forti di quella m aniera, improvvisamente portaronsi con grande impeto addosso a M organtina, citt ben m unita, e con ripetuti assalti la travagliavano: Ora il pretore volendo accorrere in ajuto della c itt , marciando di notte verso essa coh circa dieci mila uomini raccolti dalla Sicilia e dall'Italia, giunse ad* dosso ai ribelli occupati nella espugnazione della cit t ; e violentemente entrato nel loro campo , da po chi armati custodito , e pieno di un gran numero di donne schiave, e di bottino d'ogni specie, con fa* cilit se ne fece padrone ; e dopo averlo spogliato

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and verso Morgantina. Ma i disertori di repente voltisi indietro, e perch erano in* luogo alto , e perch assalirono il nemico con molto impeto , eb bero tosto propizia la sorte delle armi ; e le truppe de Romani si diedero alla fuga. Allora il re 'ordin che non si ammazzasse nissuno di quelli che gittayano gi le armi : onde la maggior parte abbando nando le armi provvide alla propria salvezza, e con tale stratagemma Salvio , Tinti i nemici ricuper il suo campo, ed ottenuta una vittoria nobilissima ebbe ssai grosso bottino. Degl1Italici , e de Siculi non morirono nel combattimento che circa seicento persone : cosa che fu dovuta alla clemenza dell ordine da lui dato ; e si fecero prigioni quattro mila. Dopo tal fatto cos felice , Salvio, concorrendo a lui sem pre pi gente, ebbe lesercito duplicato; e pot m et tersi liberamente in aperta 'campagna. Perci ripigli lassedio di Morgantina; e mand bando che avrebbe data la libert agli schiavi che in essa trovavcnsi. Ma come i loro padroni aveano offerto lo stesso patto , se fedelmente si fossero uniti loro in soste nere 1 assedio , quelli contando miglior partito que sto, con tanto coraggio combatterono, che fu duopO a Salvio abbandonare l assedio. Siccome poi il pre tore dichiar poscia che considerava nulla la pro messa fatta , ci fu cagione che i pi andarono ad unirsi ai ribelli. Allora il contagio della diserzione si estese nei territorii degli Egestani, e de Lilibei, e vicini, ove la turba de servi venne a sollevarsi anchessa, sotto

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fa condotta di tenione, uomo d gran fortezza e cilice di nazione. Costui essendo fattor generale di due ricchissimi fratelli, e molta perizia avendo dellastrologia, primieramente trasse a s quelli, ai quali soprastava, e furono circa dugento; poi anche i vicini, cos che in cinque giorni ebbe intorno a s pi di mille persone. Dalle quali essendo stato proclamato r e , postosi il diadema sul capo, pens di tenere una condotta differente da quella degli al tri. Imperciocch non accett egli tutti indifferente mente i disertori ; ma trascelse i soli valorosissimi ; e gli altri obblig a starsi ne primieri loro ufficii, e a diligentemente, ciascuno al suo posto, eserci tare gl impieghi che aveano : con che larga copia di vettuaglia procacciarsi. Fingeva poi che gi da prima gli Dei per mezzo degli astri gli avessero an nunziato di dovere acquistare il regno di tutta la Sicilia. Laonde voleva che si avesse rispetto e al p aese, e agli animali, e alle produzioni di esso come cosa propria. Finalmente messi insieme dieci e pi mila uom ini, ebbe 1 ardimento di assediare Li* lib e o , citt inespugnabile : se non che riuscendo vani i suoi sforzi, abbandon quella im presa, di cendo cos comandargli gli Dei ; e che se avessero perseveralo in quell assedio, sarebbe potuto succe dere loro una certa grande calamit. E diedesi il caso che mentre accingevasi a levare il cam po, entra rono nel porto di Lilibeo alcune n av i, che porta vano in soccorso. degli assediati alcune scelte coorti di M auri, sotto la condotta di certo Goraone, il

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quale avendo di notte assaltate all9improvviso le truppe di Atenione stanti tu tto ra negli steccati deir assedio ? molti uomini ammazz , e molti fer ; indi si ritir in citt. U qual fatto i disertori mise in al tissima meraviglia, non dubitando che il loro re non ayesse veramente la prescienza delle cose, secondo che la rilevava dalla comtemplazione degli astri. La Sicilia allora era caduta in una estrema con fusione , e in una vera iliade di disgrazie. Ch non gli schiavi so li, ma gran numero d'uomini liberi af flitti dalla miseria traevansi a commettere ogni ge nere di rapine e di.delitti; e qualunque incontrassero, libero, o 'schiavo, onde non aver testimonio delle scelleratezze loro , senza ritegno trucidavano. Perci quanti abitavano nelle citt appena potevano far conto delle cose situa t entro le mura ; e quelle eherano fuori d'esse guardavano come fatto bojttino di violenza, n pi tutelate dalle leggi. Cos molti altri misfatti da molti commettevano audacemente contro ogni nome della equit e della umanit. In tanto, quel Salvio conquistatore di Morgantina, pieno avendo delle incursioni sue tutto il paese fino al territorio Leontino , ivi radun un esercito di scel tissima gente, che sommava non meno a trenta mila uomini; e fatto sacrifizio agli eroi palici , per dimo strarsi loro grato della conceduta vittoria , ai mede simi consacr una stola di porpora ; e da ribelli, poich si era dichiarato re, veniva chiamato col no me di Trifone. Fatto poi pensiero di occupare Triocala , e di porre ivi ia sua residenza , mand ad

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teniooe, e come re lui capitano generale chiam : onde tutti allora sospettarono, che tenione vo lesse sostenersi nella dignit principale , cos ehe nata tra. gli uni e gli altri ribelli fierissima discordia, facilmente -poi avesse da vedersi estinta la guerra. Ma la fortuna quasi a bella posta volesse accrescere le truppe de fuggitivi, fece che i loro principi si ac cordassero insieme. infatti videsi Trifone rapida mente giungere coll' esercito a Triocala , dove si rec pure tenione con tre mila desuoi, ponendosi sotto gli ordini di colui cbme un capitano sotto quelli del monarca ; mentre le altre sue schiere avea mandate a scorrere!le campagne saccheggiandole, e a suscitare dappertutto i servi. alla ribellione. Per altro Trifone sospettando la possibilit che tenione gli voltasse le armi contro, non tard molto a farlo imprigionare. Il castello poi di Triocala, altronde gi forte , fortific di pi, e vi fece magnifiche fab briche , chiamato di quel nome , secondo che vo c e , per contenere, in s tre % a , o sieno bellezze. La prima labbondanza di fontane dacqua di dol cezza squisita; la seotida davere campagne intorno coperte di vigne, e di oliveti, e sommamente atte a dare mediante la coltura. ogni maniera di frutti ; e la terza di essere luogo fortissimo , quanto mai possa dirsi^ poich stassi sopra una gran rupe, dalla natura fatta inespugnabile. Intorno a questa adun que Trifone edific la c itt , di un circondario di otto stadii ; e . la cnse di una profondissima fossa ; ed ivi colloc la sua residenza , essendo il luogo

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pieno di tatti i comodi della vita. Vinalz pare un palazzo reale, e vi costrusse un foro capace di gran moltitudine di gente. Poi un numero sufficiente di persone pi distinte per prudenza /trascelse , e l costitu suoi consiglieri, dell1 opera loro servendosi nell7amministrar la giustizia ; e quando egli era in quest'officio vestiva la toga pretesta, e la tunica del latoclavo ) facevasi precedere dai littori armati di verghe e scuri ; e tutte le cose che costituiscono, e rendono splendida la maest reale diligentemente Volle osservate. Il Senato romano finalmente scelse L. Licinio Lentulo per comandante supremo contro i disertori, dandogli un esercito di quattordici mila tra Romani, e Italici, a cui si aggiunsero di Bitinii, di Tessali, e di Acamani ottocento , e seicento di Lucani, ai quali comandava Clepzio , uomo distintissimo per scienza militare e per valore; ed altri infine seicento nov amente coscritti : cos che in tutti erano dicias sette mila. Con questo esercito adunque Lucullo oc* cup la Sicilia. T rifone, essendosi gi Atenione discolpato, ado perava quest'uomo a consigliere sopra la guerra che doveasi fare coi Romani. Suo intendimento era di atarsi fermo in Triocala, e di l ribattere il nemico 5 per lo contrario pensava Atenion? non doversi essi lasciar chiudere ivi per assedio ; ma piuttosto com* battere in aperta campagna. E questa sentenza come migliore fu adottata, onde si and a porre gli afe* campamenti presso Scirtea con non .meno di qua*

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ranta ipila uomini. Gli accampatoenti deRomani non erano discosti che di dodici stadii Da prima adun . que gli scorridori d ambi gli berciti si abbaruffa vano insieme continuamente: poi si venne a formale battaglia, nella quale come le cose andavano bilan ciandosi , e morivano molti dall una parte e dal laltra, tenione con una schiera di dugento uomini a cavallo de pi scelti intorno a s fece de nemici gran macello; ma essendo rimasto ferito in entrambe le ginocchia, non pot combattere oltre: per lo che i suoi abbattuti d animo si diedero alla fuga. Egli poi si mise tra morti come se fosse veramente estin to ; e quando fu venuta la not(e salvossi fuggendo. Ebbero dunque i Romani una illustre vittoria, avendo obbligato alla fuga anche Trifone insieme coll eser cito suo; ed uccisi molti defuggiaschi si trov non meno di venti mila essere rimasti sul campo. Gli altri col favor delle tenebre si ripararono a Triocala ; quantunque, se il comandante romano avesse voluto inseguirli* avrebbe, potuto ^facilmente stermiuarli af fatto. In tal frangente scoraggiati fu tra loro proposto di ritornare ai loro padroni, e di porsi alla discre zione loro : per prevalse 1 opinione di q uelli, i quali stimavano,doversi combattere sino all ultimo fiato 9 n abbandonare 1? propria salute all arbitrio de nemici. Il comandante romano giunse il nono giorno sotto Triocala per assediare la piazza; d onde dopo molti fotti < armi in cui ora gli uni ora gli J altri perdettero gente, egli infine parti scornato. Con

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ci il coraggio crebbe ne9ribelli, non avendo Lucullo fatto contro loro nulla di ci che pur far dovea, fosse desidia s u a , fosse effetto di doni avuti. Per la qual cosa poi gli fu imposta la multa per risarei'mento ; e G. Servii io , suo successore nella impresa nulla pur fece anch egli che fosse degno di memo ria ; onde , come Lucullo , processato , fu mandato in esiglio. Morto in quel frattempo Trifone , gli era nel regno succeduto Atenione, il quale ora espu gnando la citt , ora saccheggiando il paese , senza paura di Servilio, che non resisteva -, mise insieme ricchissimo bottino. Finito l anno , fu per la quinta volta creato con sole G. Mario insime con Aquilio; ed essendo stalo questi spedito contro i ribelli ; col valore suo dopo una grande battaglia li vinse; e venuto a misurarsi petto a petto collo stesso re dei" disrto ri Atenione , combatt da eroe , e Y uccise, riportandone egli una ferita nella testa che gli lasci il segno. Poscia si pose ad inseguire gli avanzi de servi ridotti a dieci mila; i quali bench andassero a ripararsi ne'luoghi forti , non sostenendone 1 impeto in campagna aper ta , in fine per la costanza 6ua, che nulla intralasci onde conquiderli, caddero nelle sue mani. N era ri masto un migliajo ancora condotto da S atiro, ed Aquilio da prima pensava di soggiogarli colle armi ; ma siccome essi si erano 'arrendati per mezzo di le gati , sul momento rimise a questi la pena ; se non che condtti a Roma li destin a combattere colle fiere. I quali , secondo che Yie. ricordato , yollero

309 m nobilissima maniera finir la vita: imperciocch nulla si mossero contro le fiere ; ma dispostisi presso gli altari > a reciprochi colpi d armi s1ammazzarono tra loro , e come Satiro ammazz Y ultimo d essi che rimaneva vivo , con animo eroico volt il ferro contro s stesso \ e. dopo tutti gli altri cos valoro samente mori. Tale tragico fine ebbe la guerra ser vile y che in Sicilia avea durato quasi quattro anni. II. Della superstizione de9 Romani. Un certo chiamato Battace sacerdote della gran madre degli Bei da Pesinunte , citt della Frigia , venne a Roma. Costui dichiarando esservi venuto per ordine della Dea y presentassi ai magistrati e al Senato dicendo : il tempio della Dea contaminato; ed necessario che a nome di Roma se ne faccia pubblica espiazione. Portava egli indosso abiti ed or namenti inusitati affatto, e dalla moda deRomani alie ni : imperocch avea Ih testa una corona d'oro di straor dinaria grandezza, e una stola sparsa come di fiori, intessuti di fili d1oro , la quale ricordava la dignit reale. Ed essendosi messo a ragionare al popolo dai ro s tri, e gli animi del volgo avendo ripieni di sensi religiosi j fu decorato di ospizio pubblico , e lauta mente trattato. Ma . Pompeo, uno de'tribuni della plebe voleva che dimettesse quella corona ; e da un altro dei tribuni condotto sui ro stri/m en tre ve-

3io
di render conto della espiazione cbe predicava , non rispondeva cbe cose piene di superstizione. Accadde adunque cbe dalla fazione di Pom peo ne fu cacciato non senza vilipendio: laonde trat tosi al suo ospizio non si faceva veder pi. Andava per dicendo, che non egli solo , ma la Dea stessa infamemente era stata con que9 ludibrii ed iniqui modi vilipesa. In quel frattempo ecco che allimprov viso Pompeo vien colto da febbre ardente, e op presso da angina perde la voce, e il terzo giorno muore. Fu opinione del volgo, ch egli venisse pri vato di vita per certa provvidenza divina, atteso che avea tanto offeso e quel sacerdote e quella Dea. N di d meraviglia, poich i Romani sono dediti alle superstizioni quanto mai possa dirsi. Laonde di poi a Battace fu conceduto di portare e l'abito reale e gli rammenti sacri, che ambiva; e fu onorato con doni splendidissimi * e quando gli parve di partire da Ro ma , fu accompagnato fuori da moltitudine d* uomini c di donne. IH. D i un uso degli eserciti romcrni. Usavano 1 soldati vrom ani, se in nna battaglia data ai nemici di questi credessero essere restati morti pi di mille seicento uomini, gridare il coman dante del loro esercito imperadore, titolo che equi vale a quello di fimviXtv* ossia re usato dai Greci (i).
( i ) Abbiamo in Tito Livio, che agl* Ispani, i quali salutavano
n iv a - domandato

3if ESTRATTI DAL LIBRO XXXVII.


t Della guerra Morsica,. La guerra Marsica ebbe tal nome dai primi che ribellaronsi ? vero essendo che tutti gli Italiani fecero quella guerra 3 Romani. La prima cagione della medesima dieesi estere stata questa, I Romani ab bandonato il modesto , frugale e temperato modo di vivere , il quale a tanta grandezza li avea inalzati, si erano dati perdutamente ad ogni eccesso di lusso, di protervia. E questa corruttela avea fatto, che na scessero gare e discordie tra .la plebe e il Senato e come poi questo sollecitava gl'italici a prestargli ajuto y promise loro in ricompensa, cfye li avrebbe dichiarati partecipi della cittadinanza, cosa da e$si vagheggiata j e fino allora in vano desiderata, ag giungendo che l'avrebbe anemie fatta confermare per legge. Ma non fu poi loro mantenuta la promessa ; e perci da essi scoppi l'incendio della guerra coi Romani. Erano consoli di Roma L. Marcio Filippo , e G. G iulio; e correva l'olimpiade settantesima so
re Scipione , quel grand umo rispose massimo essere per lai il ti tolo dimperadora, eoa cui i suoi soldati lo arcano salatalo! cha il come di re era graode altrove, ia Roma era intollerabile. Del rimanente i Greci chiamavano Stratega , autocratore 9 quello cha i soldati romani dicevano imperadore; e nqn fa che al tempo degli Augusti, che osarono il titolp di bastiti, re. E q u i, come ia molti altri luoghi di questi Estratti si veda la mano di Foo.

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conda dopo la cento; e varie stragi d'ogni maniera, e prese di citt dall'ima parte e dall altra de'belli geranti seguirono in quella guerra, inclinando ora da un canto , ora dall altro come a posta la vittoria n mostrandosi mai costante .per un partito. Tardi per , dopo T esterminio di una moltitudine infinita, i Romani con grande difficolt rimasti vittoriosi, si videro assicurato limperio. Erano contro loro in armi i Sanniti gli Ascolani, i Lucani, i Picentini, i Nolani, , e le altre citt e genti : tra le quali era Corfinio, citt comune a tu tti, e di talita eccellenza, che dianzi gH Italici l aveano fatta il loro belvedere chiamandola -Colofone ; poich oltre le altre cose che stabiliscono grande una citt , e ne assicurano l imperio, v aveano costruito un foro amplissimo e una curia ; e un immenso deposito di ogni cosa appartenente alla guerra e gran tesoro di denaro, e vettuaglia amplis sima. Oltre ci vi aveano stabilito un Senato di cin quecento soggetti, da cui cavavansi quelli che fossero degni de sommi magistrati della patria, ed aver do vessero a consigliare sulla comune salvezza. Perci sono essi quelli ai quali raccomandata la direzione della guerra , e a que' senatori affidano la somma podest sopra tutti. Ora da questi fu sancita la leg ge , che ogni anno si creassero due consoli > e do dici comandanti dell'esercito. Erano allora consoli Q. Ponipedio Silone, di nazione inarso, uomo prin cipale tra i suoi, e l'altro era sannite, di nome G. Aponio MotuJo , primo aneli egli nel suo paese per gloria, ed imprese. Avendo questi divisa tutta Tlta-

3i3
Ila in due p a rti, ne fissarono ciascheduna ad un console. A Pompedio diedero il paese dai cos detti Cercoli (i) fino al Mare Adriatico, e i tratti volgenti all occaso e al settentrione gli attribuirono con sei capitani. Il rimanente d Italia verso mezzod e le* vante diedero a M otulo, assegnatigli altrettanti pre fetti delle truppe. In questo modo saviamente dispo ste le cose, e per dir tutto, ordinato il loro imperio come quello de Romani, con Intenso impegno attesero indi alla guerra ; e quella citt dichiararono comune a tutti gli Italici. In quanto poi alla guerra essi la fecero con tale polso ed ingegnoche per la massima parte furono superiori a7nemici, fin tanto che Gneo Pompeo fatto console} e supremo capitano in essa, e Siila, legato di Catone , che era 1 altro console , sconfitti parecchie volte gl Italici, li strin sero a modo che tolsero loro tutte le forze. Per kr guerra pur durava ancora ; se non che mandato G. Osconio comandante generale in Japig ia , tjue che la sostenevano parecchie volte furono sconfitti. Per lo che da tanti danni oppressi, e ri dottisi a pochi abbandonarono la loro citt comune, Corfinio , poich i M arsi, e le genti vicine erausi gi acconciate co Romni, e di consenso comune
(t) Sarebbe difficile farsi una retta idea del paese che qui si voluto descrivere. Nissuno sa dove fossero questi Cercoli. L . Ortelio lo suppone nella Gallia togata : ma con qual fondamento P e con qual proposito? bene ricordassi, che F'otio scriveva la sua Biblioteca cercando le poste. Quindi ne derivarono le molte inesat tezze che trovansi ne*suoi Estratti, e spezialmente il molto i suo che affibbia agli autori, della cui opere parla.

3i4
trasferitisi a soggiornare in E sernia, citt de San niti , si crearono cinque pretori, ad uno de' quali principalmente, cbe fa D. Pompedio Silone, per la virt e gloria acquistatasi nel condurre la guerra, affidarono il comando supremo. Questi adunque di aecordo coi pretori mise insieme un grande esercito, clie compresi i veterani fu di trenta 'mila uomini ; oltre questi chiamati a libert gli schiavi , e come l opportunit chiedeva, armati, di questi radun un coipo non minore di venti m ila; ed ebbe ancora mille umini. a cavallo ; e con tali forze venuto a battaglia coi Romani comandati da Mamcrco, po chi ammazz di questi, * e de suoi perdette pi di mille seicento. Nello stesso tempo anche Metello nellApulia espu gn Venosa, citt di chiaro nome , nella quale era grosso presidio, e fece pi di tre mila prigionieri. E gi le cose de Romani ivano sempre pi guada gnando entro i nem ici, quando gl Italici, spediti legati a Mitridate, re di Ponto, allora salito in gran nome pel grosso esercito che avea, e per lampiissima provvigione d ogni cosa opportuna alla guerra , in vitarono ad invadere l Italia per opprimere i Ro mani : poich di tale maniera appunto avrebb egli potuto rovesciare la loro fortuna. Mitridate rispose che cos avrebbe fatto subito che gli fosse riuscito di sottomettere l'A sia, che era ci a cui egli allora era inteso (i). Ond , che gli Italici caduti di spe(i) notabile cosa ohe nessun altro scrittore ci abbia lasciata notizia di questa particolarit* Ed sta poi notabilissima se si lega

3i5
ranza e di forze trovaronsi in grande afflizione. Ri manevano per anche pochi Satiniti, e Sabollii, riti ratisi in Nola y ed oltre questi Lamponio e Clepzio ? che comandavano agli avanzi de Lucani. Laonde sopita quasi affatto la guerra marsica, le sedizioni intestine di Roma , nate prim a, di nuovo scoppiarono , poich molti fra i nobili ambivano a gara il comando contro Mitridate y allettati a'ci dai grandi guadagni che ne speravano. Imperciocch G, Giulio (i) , e G. Mario che era stato sei volte con* sole, sei contendevano a vicenda ; e la plebe era divisa fra le due parti. Ma fermentavano intanto se* mi d'altre discordie. Imperciocch Siila console, par titosi di Roma portossi alle truppe congregate presso N ola, e messo avendo spavento in molti de vicini popoli, li obblig ad arrendere s stessi e le citt. Ed avendo preso egli il carico della spedizione in Asia contro Mitridate, e Roma essendo piena di tu multi e di stragi , M. Aponio e Tiberio Clepzio , ed aggiungasi Pompedio, pretori dei rimanenti Ita^ lic i, che allora stavano nel paese de1Bruzii, misero P assedio a Tisia (2) citt forte. Ma essi vi stettero
con quanto nelle meno antiche storie italiane reggiamo rammemo rato. Ci che fece Lodovico il Moro eccitando Carlo V i l i a con quistar Napoli non k di molto diverso da quello che tentarono I caporioni della lega italica invitando M itridate . (1) Questo G. Giulio fu Cesare Sirabone , il quale essendo pu ramente Edile, senza passare per la pretura , voleva essere console. Gli si eppose il tribuno della plebe Sulpitio , gran partigiano di M ario. Lo Strabane fini coll essere ammazzato. (2) Nel nome di questa citt ho seguito il Vesselingio , n Aiat n Isia citt conoscendosi nell1 antica Italia per alcun altro scrit tore 5 e il testo di Diodoro essendo sospetto.

3i<5
sotto lungo tem po, n potevano pigliarla : lasciatavi una parte dell esercito , coll altra andarono ad as saltar Reggio , sperando che se potessero imposses sarsene , trasportate facilmente le loro truppe di l in Sicilia j avrebbero ridotta in loro dominio quellisola, fra quante sono sotto il sole beatissima. Ma il pretore di Reggio G. U rbano, fattosi coraggiosa mente' innanzi con grand esercito, e con ogni treno di guerra , in tanta apprensione pose gl' Italici, che venne a liberare dal pericolo la sua citt. Poi scop piata la discordia tra Siila e . Mario , altri all uno , altri all altro aderivano. I pi nella guerra perdet tero la vita , e quelli che rimasero si aggiunsero a Siila ; e cos la guerra m arsica, la quale fu vera mente grandissima , rest insieme colla interna sedi-, zione finalmente estinta affatto. IL Guerre civili de9 Romani. Era gi la guerra marsica finita totalmente quando di nuovo nacque in Roma una grande sedizione do mestica , gli autori della qnale erano Siila , e G. Mario ancor giovine , figliuolo di Mario che sette volte era stato console, fri quel moto molte migliaja d uomini perirono; ma finalmente la vittoria fu di Siila , e fatto dittatore , chiamossi Epafrodito, che vuol dire, caro a Venere; n s ingann dandosi un tal nome quantunque pieno di arroganza superba:

3i 7
irrfperciocch dopo aver vinte tante gueiTe mor pia-* cidamente. Mario al contrario, quantunque con ge neroso animo combattuto avesse da par suo* contro Siila , sconfitto in fine , dovette ripararsi in Preneste con dieci mila e seicento uomini; ove chiuso ,per lungo tempo sostenne in vero l assedio, ma final mente abbandonato da tutti, non veggendo pi strada alcuna di salvarsi, onde togliersi a tanti mali che il pressavano, si vide costretto ad implorare la mano soccorrevole di uno de suoi servi pi fedeli. Il quale a gi ande stento acconsentendo al tristo officio , con un solo colpo di spada lev il suo padrone di vita ; indi ammazz s stesso. Allora fin Juella guerra ci vile. Gli avanzi poi della fazione di Mario combatte rono ancora per qualche tempo con S iila, sinch terminarono distrutti come gli altri. Ma tolti di mezzo questi, tra Pompeo, a cui la grandezza delle imprese fatte pei Romani, parte sotto la condotta di Siila, parte per disposizione propria, fece acquistare il nome di G rande, e G. Cesare, tanta discordia nacque, che i Romani trovaronsi di nuovo costretti a stringere le armi contro s stessi, e ad involgersi in crudeli stragi e carni6cii*e. E poi ch Pompeo , toccata insigne ro tta , perdette quante forze avea, e mor trucidato presso Alessandria, il potere amplissimo de consoli, gi ridotto in ultimo a stretti term ini, tutto pass nella dominazione del solo Cesare; e cos ebbe allora fine la sedizione. Ma trucidato esso , nuova civile guerra si mosse contro Bruto e Cassio, uccisori di Cesare, guerra che fe

3i8
cero congiunti insieme i tre consoli L epido, ed Antonio 9 ed Ottaviano. poich. vinti Cassio e Unito y e tolti di v ita, per la forza con cui si com batt , quella guerra fu finita, un1altra non molto dopo ne sopravvenne, scoppiando aperta per la gara di primeggiare, che Augusto e Antonio aveano in loro secreto conceputa. Finalmente 1 imperio rest ad Augusto dopo essersi sparso assai sangue dalluna parte e dallaltra: e il supremo potere conserv egli per tutta la sua v ita, avendo gi il magistrato con solare perduto il suo grado e il principato suo (i).

ESTRATTI DAL LIBRO XXXVIII.


L Accordo tra Cirma e Mario. Cinna e M ario, Congregati i principali capitani, esaminarono insieme come potessero venire a pace ;
(i) Apertamente si vede, che Fozio ha messo del suo in questo articolo., essendo certo che Diodoro non condusse le sue storie se non fino alla olimpiade eentottantesima. di mal garbo poi fece qui Fozio raggiunta di ci che riguarda ]e cose seguite sino alla morte di Augusto, mettendole in un Estratto del libro XXXVII quaudo nel seguente parla di cose seguite assai prima, siccome Ognuno pu vedere. Si vede di pi che ha scritto con molta ine sattezza , poich certo , che quantunque Augusto traesse a s il sommo potere, non tolse per al magistrato consolare il suo grado: cb ansi fu sua furberia lasciare gli ordini di Roma , almeno in apparenta, quali erano dianzi, onde non mostrare U moltitudine eh* egli rovesciasse la repubblica.

3i9
e in fine fa convenuto di togliere di mezzo i pi nobili de nem ici, i quali avessero potuto muovere pretensioni di avere il supremo comando ; e a tale risoluzione inclinarono onde con tale operazione si curamente e ad arbitrio loro governare insieme cogli amici la cosa pubblica. Quindi non avuto alcun ri guardo alla fede *e ai patti giurati innanzi a titolo di riconciliazione fecero dappertutto eseguire il macello di quelli cbe aveano proscritti. Accadde allora che Q. Lutazio G atulo, il quale aVea splendidamente trionfato de C im bri, ed era carissimo ai cittadini, da un tribuno della plebe fu chiamato dinanzi al popolo in giudizio capitale. E veggendosi egli in sommo pericolo d essere calunniato, and da Ma rio , pregandolo che volesse soccorrerlo. Mario gli era stato dianzi amico ; poi per qualche sospetto gli si era alienato. Secca fu la risposta: bisogna morire, gli disse. Per lo che Gatulo , perduta ogni *speranza di salvezza, cercando di morire senza ignominia, scelse un modo di finir la vita , singolare affatto ed inusitato. Imperciocch si chiuse in una casa di fre sco incrostata, ed ivi fatto avendo col fuoco e col fumo maggiore lo svaporamento della calce, perduta la respirazione mor soffocato.

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EGLOGHE DEL LIBRO XL.


i. Origine de Giudei. Essendo noi per iscrvere la guerra contro i Giu dei , pensammo essere del debito nostro , prima di tutto esporre compendiosamente F origine di quella nazione, e le leggi loro. Nota essendo in Egitto una certa malattia pestilenziale, la maggior parte degli bitanti disse che la cagione di tanto male sicura mente era l offesa del nume. E come un miscuglio di molti forestieri abitavano nel paese, aventi nei ministerii delle cose sacre e ne1sacrifizii liti singo lari e stram i, era accaduto che 1 antico culto degli Dei sofferta avea presso d essi diminuzione. Quindi gl indigeni si trassero a sospettare, phe se non dis cacciassero quella ciurmaglia di forestieri , essi non sarebbonsi pi liberati dai mali che soffrivano. Adun que furono solleciti di cacciare quanti erano nel paese daltre nazioni. Una parte di questi nobilissi ma , e sopra le altre per bravura prestante, sotto la condotta di egregii capitani and* secondo che dicesi, in Grecia, e in altri luoghi, spintavi da va rie vicende ; ed erano tra que capitani Danao , e Cadmo fatti di chiarissimo nome. Un altra parte , e la maggiore, fu cacciata^uella terra* oggi chiamata Giudea, non molto in vero lontana dall Egitto ; ma a que9 tempi deserta affatto. Di questa colonia fu

Sar
capo un certo Mos, cos chiamato; uomo eccellen tissimo per sapienza e fortezza. Costui occupato quel paese, vi fond molte c itt , e fra le altre quella che oggi chiarissima, Gerosolima ; e vi edific un tempio , in somma venerazione presso loro : poi in* egn con che riti e cerimonie doveasi onorare il nume; ed inoltre ordin con leggi tutto lo stato della repubblica. In dodfci trib egli divise la moltitudine, perch riteneva un tal numero perfettissimo come quello che corrisponde ai mesi che costituiscono Fin ter anno. Ma non fabbric egli veruna immagine o statua degli D e i, giudicando, non potersi Dio espri mere sotto umana form a, e Dio solo essere code sto cielo che da ogni parte abbraccia e circonda la te rra , ed ha in poter suo tutte le cose. Cosi poi istitu i riti -de sacrifizii, e i costumi della vita, che volle i suoi differenti da quelli di tutti gli altri po poli ; perciocch per quella relegazione che la Sua gente soffr, le ordin un certo genere di vivere inumano ed inospitale affatto ; e a governarla , poi ch l ebbe ridotta in corpo di nazione , scelse^ uo mini valentissimi, e li cre sacerdoti. L incombenza loro di essere continuamente applicati alle funzioni di culto , e ai sacrifizii ; e diede pur loro d essere i giudici (li tutti i litigi : ed alla fede loro commise di custodire le leggi,, e le instituzioni. Perci dico no , che i Giudei non ebbero mai re ; ma tutta la cura e 1 autorit di governare la moltitudine essere sempre stata affidata a quello tra i sacerdoti1, che per prudenza e virt fosse pi riputata degli altri.

022
Hanno poi questo come nunzio ed interprete dei comandi di Dio; lui nelle concioni pubbliche, e ne* gli'altri congressi proclamarne gli ordini; dicesi a questo riguardo cosi essere educati i G iudei, che al comparir del pontefice immantinente prostrati a ter* ra 9 mentre rivela loro gli oracoli di Dio , profonda mente adorano. In testa poi delle leggi scritto : M osi , UDITORI DI Dio , Dicy AI GlQDEl QUZSTB COSE. Il legislatore molta penetrazione, e prudenza insigne pose intorno alle cose della guerra; e i giovani mi rabilmente istru ond essere tolleranti, valorosi, e costanti in sofferire ogni specie di miseria. Fece pure varie imprese contro le nazioni circonvicine; e molti tratti di paese colla guerra acquist, lasciati da pos sedere per eredit a suoi : cos per che ai privati distribu porzioni uguali ; ma le assegn maggiori ai sacerdoti, onde ne traessero pi abbondanti proventi, e cos potessero senza distrazione alcuna assiduamente attendere alle cose di culto. N potevano i pri vati vendere la porzione del patrimonio toccata loro, affinch non vi fossero tra il suo popolo quelli, i quali fatti pi ricchi per l acquisto delle eredit al trui , sopraffacessero i poveri, e riducessero la na zione alla miseria. Fece pure che si educassero bene i figliuoli ; e come con poca spesa i fanciulli apipunto si mantengono, la nazione de Giudei sempre ebbe moltitudine duomini. In quanto concerne a mfttrimonii e a m ortorii, differenzi pure d assai coHe leggi i suoi dagli altri. Sotto gl1im perii, che nella susseguente et torsero, nella quarta dominazione"

3 a

de1 Persiani, e in quella de M acedoni, che la dominazione de7Persiani rovesciarono, essendosi i Gi* dei frammisti colle nazioni forestiere } molte cose delle leggi avite mutarono (i).
(1) Uoa folla di Mrudki ha io varii modi ragionato sapra quasi Estrailo di D iodoro . La prima cura loro quella di avvertirci che nel riferire le institnstoni e leggi giudaiche Diodoro lia cm* messa grande confusione, inesattezza, bugia. N a fanciulli nostri che di leggieri conoscano la storia dellaatico Testamento ci sfugge Discendono poi a* particolari ; ed incredibile il nnmero degli scrii? tori che citano, e delle cesa che dicono e disdioono. Ma baan omessa cosa , la qturie parer mio principalissima, e cbe pi di tutte importerebbe chiarire. Essa la seguente* Diodato comp-* land questa sua Biblioteca mise a contribuzione quanti antichi s rici conoscevansi a* suoi tempi. Il vediamo p. e. sfiorare a CVarfa* e Maneten* , ed JEomtoo > e SamonitUore $ e .Bereo ed Erodoto , a Tucidide , e Sonofofue , ed Annusimene t e Teopompo , ed Aimni , e Clitarco , e Tim eo , e Callia , e D illo , e Sosilo , e Poitidmnio* e milanta, de' quali lunghissimo sarebbe il catalogo, se qui volesse darsi. Di pi sappiamo, che and espressamente in Egitto, non solo per consultare i sacerdoti di quel paese, che aveano archi vii pieni di antichissime notizie, ma per frugare nella famosa Biblioteca alessandrina , s ricca , dicesi, di libri d1 ogni maniera. Ebbene : ha voluto parlare de Giudei ; e non erano essi al certo indegni di entrare per argomento in una storia universale : perciocch aveano una grande citt; erano vicini allEgiuo; e soprattutto notati da tutti per le singolari loro institusioni j e non era molto tempo che Pompeo avea combattuto, preso, e condotto in Roma uno dei loro r e , Arisiobolo. Ma per parlare d'essi aveva un'ovvia e pienissima comodit consultando la loro Storia , la quale certissimamenfe era depositala nella Biblioteca alessandrina, dacch Tolommeo Filadefo ne fece fare la traduzione a tutti nota sotto il titolo dei Settanta. Ora come egli, cbe Diodoro non ha consultati per nulla i libri dei Giudei? Bisogna confessare che questo fatto ha in s una certa sin golarit, la quale merita attenzione. Non trattasi di un iracondo e superbo romano, come Tacito , che pu avere sdegnato- di cercare

3a4
libri greci compilando sotto il nome di Annali le sue satire eontre i Cesari : il quale quantunque avesse pur avuto bisogno di cono scere e la traduzione dei Settanta , fe le opere di Giuseppe Flauto, per esattamente parlare de* Giudei ruinati da Vespasiano , e da T ito , si couieni di fermarsi a tradizioni informi e' contradditorie', quando volle toccare Porigine loro* Ma d altro carattere fu Dio doro , d* altra diligenza il veggiamo preso ; e mentre per le strade e (Mazze d* Alessandria trovasi ogni giorno in necessit d'urtarsi con migliaja di Giudei, cbe in pi di cento mila abitavano quella citt; mentre visitando gli scaffali della Biblioteca ha sotto le mani i vo lumi , che comprendono la storia di quel popolo ; per parlare d'essi, dlie origini, e delle institozioni e leggi loro, finisce col riposarsi chi meno li avea conosciuti. Potessimo almeno d ire , che rigett come una screditala leggenda quel codice*. Sapremmo almeno eh*egli lo aveva veduto ; e del giudizio suo sul medesimo giudicheremmo come meglio ci parrebbe. Ma niun leggerissimo indizio ci dato eh* egli il conoscesse. E come noi dovesse conoscere forma il sog getto della quistione che promoviamo. Noi ci siamo limitati ad ac cennarla . A ltri , eh4abbiano pi tempo di noi It risolveranno. di ci basti.

FRAMMENTI
CHE RIMANGONO DEI LIBRI POSTERIORI AL XX

DELLA BIBLIOTECA STORICA


DI

DIODORO SICULO
I QUALI IN ALCUNE EDIZIONI TANNO SOTTO IL TITOLO DI

r ig u a r d a n t i

LE VIRT E I V IZ II.

FRAMMENTI DEL LIBRO XXL


L Di Antigono re. Antigono di uomo privato tratto alla condi* ^ione reale ^ quantunque fosse giunto ad essere po* tentassimo fra i principi della et su a , non pot te nersi contento dello stato acquistato, ma volle senza ragione alcuna occupare anche il principato degli altri ; e fin con perdere il regno proprio y ed inoltre la vita. II. D i Agatocle. Agatocle avendo saputo che 1 Liguri e i Tirreni in assenza sua aveano sediziosamente domandato a suo figliuolo Arcagato gli stipendii, li fece trucidar tutti in numero circa di due mila.

I l re

328.
n i. Prudenza dei Traci. I Traci ; eli e preso aveano in battaglia Agaftocle figliuolo del re Lisimaco , lo rimandarono con pre senti al padre : col qual fatto vollero procacciarsi un presidio per gl incerti casi della fortuna, e sperando insieme di ricuperare senza altri sacrifizii per quellatto cortese il loro territorio da Lisimaco occupato. Aveano essi gi perduta la speranza di potere mai essere vin citori , vedendo tanti e s potenti re collegati insieme ajutare Lisimaco. IY. Prudente generosit di Dromicaete. Dromicaete , re de T raci, avendo fatto in batta glia prigioniero Lisimaco, lo tratt con ogni genere di umanit, l abbracci , il baci ; e chiamandolo padre , il condusse co figliuoli nella citt chiamata le..... come i Traci affollatisi in turba gridassero e domandassero che il re preso' in battaglia fosse con dotto in presenza lo ro , e venisse uceiso, preten dendo essere giusto che il popolo che avea sostenuti i pericoli della battaglia , disponesse de nemici presi a suo talento ; Dromicaete fattosi innanzi disse loro essere dell interesse pubblico il conservare sano e salvo quel re : perciocch quando fosse stato ucciso

329 ubilo gli altri re avrebbero occupati gli stati di Lisi maco; e pi d lui sarebbero stati forse da temersi. Al contrario essendo stato conservato in vita sarebbesi veduto obbligato del benefizio ai Traci ; e cos sarebbonsi senza pericolo ricuperate le castella che state erano del dominio'de Traci. Delle (piali ragioni essendosi i Traci capacitati, . Dromicaete fece ricer* care tutti gli amici e ministri di Lisimaco quanti tro* vavansi fra i prigionieri, ed a Lisimaco li condusse. Poscia celebrato agli dei un sacrifizio solenne , Lisi-* ' maco con tutti gli amici suoi3 ed insieme i princi pali fra i Traci invit a cna ; e preparate due mense, i letti di quella eh era destinata a Lisimaco, appar con reali coperture prese nella battaglia , e per s , e pe suoi serb uno strato vilissimo. si milmente alle tavole di Lisimaco fece servire lautis sime e delicate vivande d ogni genere in vasellame d argento ; e pei Traci e per s destin erbaggi, e carni parcamente condite, presentate sopra nude tavole di legno. Finalmente a Lisimaco e agli altri eh erano con lui ? fece dar vino in tazze d argento e d oro ; ed a s e a suoi in vasi, secondo il co stume de G eti, di legno e di corno. Inoltrato poi che fa il pasto emp di vino un gran corno , e vol tosi a Lisimaco il padre ? il domand quale paresse a lui cena pi reale , la tracia, o la macedone. Ed avendo Lisimaco risposto piacergli pi la mace- ' done .. . (i).
(i) Il reto perduto ; e dal solo libro VII* di Strabono pu rac cogliersi qualche idea della risposta di Lisimaco. Questi poi fu man-

33o
y.
Clemenza generosa del re Demetrio. Demetrio avendo obbligate ad arrendersi anche tutte le altre citt, tratt i Beozii con clemenza t magnificenza insieme: perciocch fuor di quattordici, i quali erano stati i capi della ribellione, a tutti gli altri perdon. VI. D i Agatarco. Agatarco era forte ed ardito sopra quanto P e ti sua comportava ; essendo egli assai giovine.

m
Perch Timeo scrivesse male di A gatocle, e Callia bene. Timeo , che degli antecedenti scrittori di storia fu censore acerbissimo nelle altre parti della storia sua fu j non v ha dubbio, diligentissimo. Parlando per di Agatocle, siccome assai P odiava, molte cose gli attribu da lui supposte. Era egli stato da Agatocle esigliato dall isola ) n pot vendicarsi di quel si
dato libero tosto che renne formata la pace, per la quale Lisimaco accord a quel re la parte di Torcia che posta al di l dell* Istxo, a una saa figliuola in isposa.

33*
gnore finch vivea : ma poscia che fu morto con ogni genere d impvoperii ne lacer la fam a, calun niandone la memoria presso la posterit. Ch ai vizii, che quel re ebbe , molti n aggiunse di sua invenione ; e in generale cerc di ridurre a niente le belle imprese di lui ; e le disgrazie, che gatocle ebbe, volt a colpa su a, non eccettuandone nem meno quelle che .furono pure effetto del caso. E mentre manifesto a tutti che gatocle fu valenti** simo di consiglio nelle cose m ilitari, e che nesommi pericoli ebbe industria ed ardire mirabile 5 egli in tutta la storia non cessa di chiamarlo ad ogni tratto insensato e poltrone. E intanto chi non sa niuno mai esservi stato che con s pochi mezzi, quali erano quelli di gatocle, giugnesse a procacciarsi tanto dominio ? Il quale fin da ragazzo per lo stato suo poverb ed oscuro avendo dovuto fare P artigianello , poscia colla sua virt non la signoria sola di tutta la Sicilia acquistassi, ma colle armi sottomise la massima parte d Italia e d Africa. Ma ognuno no ter la leggerezza di Tim eo, il quale mentre quasi ad ogni pagina lza al cielo con laudi la fortezza de Siracusani, afferma poi tm inettissimo uomo es sere stato colui che i Siracusani dom. Da codeste cose pertanto fra s contrarie di tal maniera mani festamente apparisce, che Ttmce trad per privata passione la verit, di cui ogni storico dee essere cultore diligentissimo. Per lo che gli ultimi suoi cinque lib ri, ne quli comprese i fatti di gatocle,

33a
a giusta ragione non saranno mai applauditi da nissuno (i). Ma di simile rimprovero degno giustamente an che Callia siracusano ; il quale. essendo stato da Agatocle arricchito, e con grande baldanza avendo spacciato essere la storia fedele riportatrice della ve r it , nella storia sua non fin mai di lodare il suo donatore.' Imperciocch mentre si sa che Agatocle in molte cose fu violatore manifesto d1ogni diritto di* vino ed umano, Callia lo dice prestantissimo sopra tutti in piet e in umanit. E siccome Agatocle i beni violentemente tolti a1cittadini , senza alcuna ragione regalava a codesto scrittore, cos codesto scrittore di annali ne suoi libri accumulava tutte le possibili lodi di quel re. intanto mio parere, che non sarebbe stato difficile corrispondere colle lodi a benefizii che s erano ricevuti.

Vili.
Ospitalit de Messemi tradita. I soldati conduttizii essendo per convenzione fatta partiti da Siracusa, furono dai Messemi accolti come amici e sodi. E mentre dai cittadini vennero presi ospitalmente nelle case, di notte gli ospiti loro tru cidarono , ed occuparono quella. citt , toltesi per loro le mogli di quelli.
fi) Ci che di Timeo dice qui Diodoro, autenticato da Polibio* Glie Diodoro sembra avere voluto seguire.

333
IX.
Generosi sentimenti di Seleuco verso Demetriof Mentre Demetrio tenevasi imprigionato in Pella , Lisimaco mand legati a Seleuco per dirgli , che non volesse fargli levar dalle mani un uomo ambi ziosissimo, i r quale avea tese insidie a tutti i re 5 e promise di dare due mila talenti, se taluno lo fa cesse uccidere. Ma il re Seleuco aspramente rimpro ver que legati, come quelli che venivano a solleci tarlo non solo a rompere la fede d a ta , ma anche a commettere tanta scelleraggine contro un uomo che gli era strettamente congiunto. Per scrivendo ad Antioco suo figliuolo, il quale era nella M edia, il consult su quello che s avesse a fare di Demetrio \ avendo seco stesso deliberato di levarlo di prigione e d i ricondurlo splendidamente al regno che dianzi avea. Del qual benefizio volea che in parte si dovesse grazia ad Antioco stesso, come quello che avea in isposa Stratonica figlia di Demetrio, e dalla q u ale avea figliuoli.

FRAMMENTI DEL LIBRO XXII.


Perfidia di Decio tribuno Campano. -Essendo stato dai Romani mandato presidio a Reg g io , Decio tribuno , Campano di razza, uomo di audacia ed ambizione singolare, volle imitare la per-

334
fidia de Mamertini. Imperciocch come quelli accolti amichevolmente dai Messemi, ne occuparono la citt, e scannatine tptti i cittadini entro \ proprii la ri, si presero a mogli le donne de1loro ospiti, e si fecero padroni dei beni de medesimi ; cos i soldati cam pani , a quali insieme con Decio era stata dai Ro mani affidata la custodia di Reggio, con perfidia si mile , tutti di quella ciit uccisero ; e divisine tra loro i beni ne occuparono la citt ancora, non di versamente che se l avessero presa in giusta guerra. Ma il comandante del presidio, Decio , avendo ven duti i beni di que miseri , e diviso avendo di mala fede la somma che se n era cavata, fu dai Campani suoi complici nella scelleraggin cacciato di Reggio. Tutti poi in fine pagarono il fio della loro perfidia: Decio , preso da gravissimo mal d occhi, chiamata a curarlo un medico assai celebre , nativo di quella c itt , costui per vendetta della ingiuria fatta alla sua p atria, gli mise sugli occhi un cataplasma di canta ridi , e cos accecatolo si fugg quanto pi presto pot a Messana. II.

Conversione di Fintia.
Fintia opprimendo con acerba dominazione i suoi concittadini, ed ammazzando molte ricche persone, incominci per la crudelt sua ad essere in odio ai suoi sudditi. Quindi trovandosi tutti dispostissimi a sollevarsi, poich si vide in imminente pericolo,

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prese un diverso modo di governare, e datosi ad essere clemente, contenne i sudditi in divozione. III.

Di Tolommeo re di Macedonia.
Tolommeo re de9Macedoni era assai giovale di e t , e per nulla esperto nelle cose della milizia : oltre ci era d7indole leggero e temerario n pro , vedeva a nissuna delle case, a cui pur era d uopo* provvedere. Perci consigliandolo gli amici ad aspet tare le soldatesche ausiliari, che non erano per anco giunte , trascur quel suggerimento (i). IV.

Di jpollodaro tiranno.
pollodoro affettando la tirannide, e volendo con solidare la congiura, chiamato a s un giovinetto dei suoi cortigiani per pretesto di un sacrifizio, lo im mol agli D ei, e ne diede le viscere a mangiare ai congiurati ; e diede pur loro a bere il sangue di lui gioito nel vino. (2)
( 1) Questi Tolommeo Cercamo, il quale ucciso Selento fu dal gridato in Lisimachia re di Macedonia; ed avendo per due anni regnato con assai crudelt , fu dai Galli T i n to in battaglia e d ucciso.
(a) Il giovinetto immolato da Jpollodoro chiamavasi Calamela.

l 'e s e r c i t o

336
Il medesimo avendo armati i G alli, e fattiseli amici a forza di grandi d o n i, ebbe in coloro satel liti fid i, e per la naturale loro fierezza ministri pronti ad ogni mal fare ; e confiscati i beni dei ric ch i, mise insieme una grande quantit di denari. Poscia voltosi a sevizie e a cupidigia, incominci a strappare de naro dai cittadini, e parecchi uomini e donne forz con tormenti a portargli tutto largento e Toro. Servivasi costui per indicatore e fattore nelle sue ribaiderie di Gallifonte Siculo , il quale aveva praticato nella corte di molti tiranni della Sicilia. V. Sacrilegio de G alli lasciato impunito da Pirro. Pirro avendo saccheggiato E gea, la quaV era la residenza dei re m acedoni, vi lasci un presidio di G alli, i quali avendo da alcuni udito come ne1 se polcri de9m onarchi, secondo l uso antico , erano state riposte grandi ricchezze, scavate tutte le tombe, se ne divisero i tesori trovati ; ma ne dispersero le ossa e le ceneri. Il qual misfatto dispiacque a Pirro ; ma lo lasci impunito perch avea bisogno dell opera di que7barbari.

33 7 FRAMMENTI DEL LIBRO XXtIL


I. D ell9arroganza di A ttilio Regolo* Io penso essere debito dello Storico il notare di ligentemente gli studii e i costumi , -qualunque sieno buoni o cattivi, di coloro che hanno il coniando militare. Perciocch nel rimprovero degli altrui de litti gli altri ritraggonsi da quelle colpe ; ed all9op posto per la lode delle belle azioni gli animi soglionsi eccitare alla virt. chi non biasimer fortemente l imprudenza arrogante di Attilio Regolo , il quale la prospera fortuna non potendo sostenere , come se fosse un peso gravissimo ? s stesso priv del frutto di gloria splendidissima, e la patria mise in gravis simi pericoli ? Imperciocch, potendo costui procac ciare al popolo romano una pace gloriosa, e obbligare a vergognosi e vili patti i Cartaginesi, ed acquistarsi presso tutti massimo vanto di clemenza e di uma n it , cont per nulla tutte queste cose ; ed insul tando superbamente alla calamit degli afflitti, tali condizioni di pace impose , da muovere a sdegno il num e , e forzare i vinti colla implacabile acerbit sua a richiamare tutte le loro forze. Perci per colpa di costui tosto videsi tale mutazione di cose , che i Car taginesi i quali dianzi per la rotta toccata percossi d a pau ra, perduto aveano il coraggio, in un subito confortati misero in pezzi le truppe nemiche ; e i Ro-

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mani ebbero tale strage e n a n a , che qpando prima riputavansi nelle battaglie pedestri i pi valenti di tutti gli uom ini, pi non arrischiatomi di combat** tere di tale maniera col nemico. Laonde di tutte le guerre a memoria d1uomini ricordate quella fu la pi lunga ; e li si dovette venire a combattimenti navali, ne quali perirono navi innumerabili tanto del popolo romano , quanto degli alleati, e da pi di cento mila uom ini, senza contare quelli cbe rimasero morti negl1incontri di mare. E tanto denaro poi si spese quanto da credere che potesse bastare ad armate composte di quella sterminato numero di le gni cbe vi s1impiegarono pel corso di quindici anni continui. N per fu minima la parte di calamit che cadde sull1autore di tanti mali: conciossiach la glo ria che si era acquistata prim a, egli oscur colla maggiore ignominia ed infamia che glie ne Tenne; e colla infelicit-' sua fu di documento agli a ltri, onde nelle prospere cose non insuperbiscano insolentemente. E ci che pi grave d1ogni altra co sa, fu costretto a soffrire gli strapazzi, e la licenza di quelli, alle cui disgrazie avea insultato, quando se usato avesse riguardo piet agli afflitti, come dee farsi, al caso suo proprio avrebbe provveduto. Ma Santippo colla sua virt non solamente liber i Cartaginesi dai mali presenti, ma volt tutto affatto in contrario la condizione delle cse, sconfiggendo interamente i Rom ani, che senza controversia erano vincitori ; e ricreando con s felice evento i P en i, i quali dopo la disfatta aspettavansi ornai V ultimo esterminio, cbe

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indi poi pressarono il nemico. Per lo che quando la nuova deH acaduto si sparse per quasi 1 universo mondo, tutti ammirarono e lodarono la virt di quel* l uomo. E parca in fatti un miracolo , che aggiun tosi a Cartaginesi un uomo Solo , tanto mutamento d i cose ad un' tratto fosse seguito , che quelli che dianzi trovavansi strettissimamente assediati, i ne m ici all improvviso assediassero ; e che questi che p e r la loro virt prima signoreggiavano terra e mare, in picciola citt chiusi y s aspettassero da un mo mento allaltro d essere espugnati. Ma tutto questo non dee far meraviglia quando v et un capitano, che seppe colla perizia e la prudenza sua superare ogni difficolt. IL D i Amilcare Barca , e di Annibale, suo figliuolo. Amilcare peno , soprannominato Barca , ed Anni baie suo figliuolo, capitani suprem i, di tutti quanti furono mai condottieri deserciti stimansi senza con troversia i massimi ; e . per le imprese loro l impero .de Peni fu grandemente amplificato.

34o FRAMMENTI DEL LIBRO XXIV.


L

Stolta petulanza di P. Godio.


P. Clodio passato in Sicilia, avendo preso il co mand dell esercito che allora assediava Lilcheo, convocati i soldati, prese ad aspramente accusare i consoli, dai quali avea ricevute le legini, dicendo avere eglino amministrata assai negligentfcmefite la guerra, abbandonatisi al vino, al libertinaggio ed alle delizie. E comegli era di assai fervida fantasia, e di mente nn troppo ben sana, molte cose poi faceva egli stesso inconsideratamente , e da uomo furioso. Imperciocch primieramente emulando la frenesia di coloro , la cui condotta vituperava, si mise a gittar in mare immensi macigni ^ e a voler chiudere con grande bastione il porto , tanto pi grave imprudenza in ci addimostrando , quanto maggior fatto si il non emendarsi alla vista dell altrui fallo e pericolo , che il cadere in errore quando si stato il primo ad eseguire una cosa. Costui essendo nel punire crudele, procedeva contro i soldati romani secondo gli usi antichi senza luogo a speranza di perdono; e faceva battere con verghe i sodi del nome latino. Finalmente per lo splendore di sua prosapia , e per la dignit de suoi maggiori gonfio di superbia disprezzava alteramente tutti.

n.
Della virt, di Abdicare.

34*

E ra gi nota la grandezza d'animo di Amilc&% prima che fosse fatto comandante : ond1 che, con-* seguita tale dignit non si mostr per nulla inferiore alla maest del popolo cartaginese, mirando in ogni cosa ad acquistar gloria, e sprezzando i pericoli. .............Avea egli nelle cose militari singolare in dustria e fortezza congiunte con esimia prudenza; e si vide in esso lui 'perfettamente quello che dice Omero, e un ottimo rea ed un capilano valorosissimo HI. Di Annone. Annone fatto dalla natura per tutte le grandi cose, ed infiammato di ardentissimo desiderio di gloria f avendo* ozioso l'esercito, lo trasse a campo, ondo p er tal modo e tenere i soldati in esercizio, ed alimentarti a spese del nemico. In tale maniera sol levava da gravissimo peso i suoi cittadini, e alla repubblica cartaginese procacciava somma gloria, e sommo vantaggio............... Costui avendo espugnata Ecatompilo ( i) , e iti es
(i) Questa fa una citt d frica, da Annone il grande conqui stata alla repubblica di Cartagine. Diodoro disso sei lib. IV cha essa era stata fondata da Ercole.

34
Sendo a lui 1 vecchioni di quella citt iofulati, pre gandolo a volere essere umani con quelli che gli erano caduti in mano ; egli avido di gloria, ante ponendo la benignit alle sevizie , prese tre mila staggi, e la citt e gli averi de cittadini lasci ihtatti e salvi. Gol qual tratto da essi riscosse lode e gratitudine. I suoi soldati poi dagli oppldani furono lautamente e liberalmente trattati, e largamente si ebbero vettueglie d* ogni maniera. IV. Della moglie di Affilio Regolo. Ma la madre de1giovani, non sapendosi dar pace della morte di suo marito , stimando che per la ne gligenza ed incuria loro quegli fosse trapassato , i figliuoli suoi indusse ad incrudelire fieramente coi prigionieri. E prima di tutto serrati in un angustisi simo camerotto, trovaronsi obbligati per la strettezza del luogo a stare coi loro corpi aggomitolati come le bestie :. indi per cinque giorni privarti dP ogni alim ento, Bodostare per la tristezza d animo e per la fame mori. Amilcare, il quale era di grande animo, bench niuna speranza avesse, pure andava soste* nendosi ; e sovente con pianti pregando la donna, le narrava la ctup che avea preso pel marito di lei, n pot piegarne il cuore ad alcun sentimento umano: A tal che la crudel donna, tenne ivi. per lo spazio di cinque giorni chiuso con Amilcare il cadavere di

343
Bodostare ; e andava ad Amilcare dando Vnto cibo, quanto bastasse a tenere in lui vivo il sen^ della sua calamit. Amilcare vedendo perduta ogni 8pe, ranza che le sue preghiere avessero qualche effet^ ^ incominci a scongiurare Giove ospitale, e gli.Dei che hanno in cura le umane cose , e a gridare ben. dure pene dargli si in guiderdone della buon7opera he avea fetta* N per in s tormentoso stato mor) fosse' misericordia degli Dei, fosse, sua buona* fortuna che infine gli recassero non imperato sowegno. Im* perciocch mentre si trovava agli estremi, tanto per lorrenda puzza che il cadavere tramandava, .quanto per le altre miserie di quella prigione, avvenne che alcuni servi della casa raccontarono il fatto a persne estrnee, e queste irritate di s crudel fatto andarono immantinente a denunziarlo ai tribuni. Ond1 cbe verificata la caca, chiamati gli Attilli dai magistrati, manc poco che non fossero condannati a pena cam pitale , come quelli che di tanta infamia di crudelt macchiato aveano il nome romano. Per di gravisi sima pena i magistrati li minacciarono , se di buona fede non avessero in appresso curati i prigionieri. Essi pertanto dando l colpa alla madre di quanto era occorso, il cadavere di Bodostare abbruciarono , e ne mandarono le ceneri alla sua patria; ed in quanto ad Amilcare a poco a poco lo andarono rifocillando, finch dai patimenti sofferti si riebbe (i).

(0 importantissimo per la veri l della storia questo passo di Diodoro. La donna crudele , di cui qui si parla la moglie di At tilio Regolq. Essa lamentasi che non si fosse avuta ctira di suo m*-

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FREM EN TI DEL LIBRO XXV.


L
De Cartaginesi, e loro disettori

I Cartaginesi che per ventiquattro^ anni sostennero la guerra coi Romani pel possesso della Sicilia, non soffrirono in essa, tanti m ali, quanti n ebbero a sof frire nella guerra coi soldati mercenarii, eh essi aveano s ingiustamente oltraggiati. Imperefoeeh avendoli defraudati delle paghe che loro dovevano, poeo manc che non perdessero insieme e Y imperio e la patria^. Quesoldati punti di tanta; ingiuria, tosto abbandonarono il servizio, e posero i Cartaginesi in grandi pericoli............... 1 Cartaginesi spediti legati a disertori, demanda rono che fossero loro dati i cadaveri degli uccisi (1), onde seppellirli. Ma Spondio, e gli altri capitani dei
rito, che manifestamente essa tenea per morto di malattia naturale. Ben altrimenti avr-ebb* essa periato, fed operato, se Audio Regol* fosse stato martoriato* come volgarmente,ai creduto sulfa fede dei Sommarti di Tito-Livio, e delle poetiche esagerazioni di Silio Ita lico. Polibio nulla disse,di ci; e il silenzio del prudente Polibio Tale certamente assai pi delle leggende, chq abbiado abeeonate. Ma a vie pi confermare il. valore -del allenato di qoU* egregio sto rico s'aggiunge lautorit di Diodoro,, uomo diligentissimo che sapea quanto era stalo scritto dinanzi, e quanto dal volgo, e dai prudenti credevasi. () Polibio racconta che settecento furono a quella volta i Carta ginesi mulilati, scarnificati, e crudelissimameute fatti morire*

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disertori 5 da maggiori barbarie e crudelt spinti, non solamente negarono quanto dom andatasi, ma di chiararono di pi , che non si ardisse di mandare altri legati n per quello, n per alcun altro affare: altrimente chiunque fosse , comparso, sarebbe. stato ucciso nella stessa maniera di quelli. Fecero indi un decreto, per cui ogni cartaginese che cadesse prigio niero, avrebbe avuta, la medesima,sorte ; ed ognuno degli alleati de7Cartaginesi sarebbe rimandato a Car tagine con ambe le mani tagliate. Per codesta scel lerata . sevizie di Spondio accadde che Amilcare, sde gnato di tal crudelt, si allontanasse dalla usata umanit sua \ e si vedesse forzato ad usar crudel rappresaglia. I prigionieri adunque, fatti prima acer bissimamente martoriare , esponeva agli elefanti, e conculcati da questi miseramente morivano. II. Degl Ip f aerini e Uticesi. G l Ippacrini e gli Uticesi eransi ribellati ai P eni, e d aveano trucidato il presidio de9Cartaginesi, cac ciandone gi delle mura i cadaveri j n lasciando ai Cartaginesi di poterli seppellire, quantunque essi ne Incester istanza.

346

IH .
D i Amilcare Barca. Amilcare soprannominato Barca bella ed utile opera prest alla patria combattendo tanto in Sicilia contro i Romani, quanto in Libia contro i soldati mercenarii gli Africani, i quali essendosi ribellati ai Peni as sediavano la stessa citt di Cartagine. E come nelFuna e nellaltra guerra avea egli fatto mlte azioni di mirabil valore e di prudenza, giustamente da tutti i suoi concittadini veniva venerato. Finita poi la guerra libica reclut una schiera di uomini dispe rati , ed avendo dalle prede di costoro messe insieme grandi ricchezze, e per le imprese fatte avendo acqui stato assai credito ? col favor della plebe ottenne di avere il governo della provincia d Africa.

FRAMMENTI DEL LIBRO XXVI.


I. Di Annibaie. Era Annibaie di m tura bellicso, e tn da fanciullo esercitato nelle cose m ilitari, ed essendo stato per molti anni in compagtia di eccellentissimi capitani ; aveva acquistata grande cognizione delle cose di guerra. Cosi che e fonito dalla natura di una certa distintissima solerzia, e fortificato da continuo eser cizio , avea conceputa di s grande speranza.

IL
D i Minucio e di Fabio.

Vinto da Annibaie Minucio, l evento chiaramente dimostr, che Minucio eolia sua imprdensa ed im perizia avea rovesciate le cose, Fabio col consiglio e col valor militare avea salvata la repubblica. IH. Empiet d i Dorimaco. Dorimaco, pretore degli Etoli, imprese un nefando attentato. Imperciocch avendo spogliato il tempio di Giove Dodoneo , celebre per l oracolo, lo incendi tu tto , eccettuatane la cella. IV. Delizie di Cpua, Le truppe di Annibale avendo lungo tempo di guazzato nelle lautezze de Campani, si mutarono affatto , poich le delizie continue , i morbidi le tti, e tutto il corredo d1 unguenti e di vivande vennero a distruggere la fortezza lo ro , e la costanza a cui dianzi erano abituate in sostenere le fatiche , e il corpo insieme e 1 animo.indebolirono , abbandonati alla femminile mollezza ^ e alla lussuria dogni genere.

348

v.
Crudelt di Annibale contro i Romani. Annibale, dopo aver dette molte cose contro la crudelt malizia , anzich contro V arroganza , dei Romaniy t figli de senatori e parenti, trascehi dal numera dei prigionieri, diede a morte, con' tal pena contraccambiando il Senato. Il medesimo, sempre adente dodio contro il po polo rom ano, scelti da tutti i prigionieri quelli che gli parvero pi atti .combattere in.duello , ne or din le coppie in tal modo , che furono obbligati a combattere tra s fratelli con fratelli, padri coi figli, parenti coi parenti. Nella quale occasione, ognunogiustamente detestando la sevizie del capitano peno, avrebbe al certo ammirata la piet e costanza dei Romani. Imperciocch non ostante che s adoperasse e feiT O e fuoco in ogni pi spietata maniera , e durissime flagella ture per muovere quegli uomini a mettersi reciprocamente le mani-addosso , non vi fu < iso d indurli a ci; ma con invitta grandezza da nimo fatti come impassibili, stettero frmi sotto ogni tormento, serbando le mani pure da si malopera (i). i t. *
(i) Valerio Massimo, che per piccare la criosR de* Romani di suo.tempo raccolse quanto di vero, e di veriatile storie e tradi zioni som m inistravanofa torto a suoi per inutilmente volgerne r odio alla memoria di Annibale, come che laute volte avea fatto tremare la superba Roma. Diodro impaniale avea ragionato me glio $ d anche in questa occasione' ha Polibio in appoggio. Certa-

T. I
D i Jeronimo re d i Siracusa. - Morti Gelone e Jerone in Sicilia , il principato di Siracusa toco a Jeronimo , giovine assai, n atto a governare il regno che avea acquistato. Quindi cor* ro tto dall adulazione di quelli che gli si approssi mavano , al lusso declin, alla intemperanza, e alla sevizie propria del tiranno. Stuprar le matrone, am mazzare gli amici che gli parlassero liberamente , confiscare i beni di molti condannati, e darli' a suoi cortigiani in regala, furono le cose ch egli faceva. Per lo che da prima il popolo 1 odi : poi gli si tramarono insidie , e in fine ne venne la ruina che suole incontrarsi dai tiranni............. Dopo la uccisione di Jeronimo i Siracusani con gregatisi in assemblea decretarono che si ammazzas sero tutti i parenti del tiranno, e che lo stesso. pur si facesse delle donne come degli uomini ; onde, non rimanesse alcuno della stirpe reale (i).
nenie ebbe Annibaie molla fieretta; dovea partecipare del crudo ed avere il genio, deCartaginesi ; ma ragioneremmo noi ben male acco gliendo contro que$lp grand* uomo tutte le esagerazioni disseminato dal terrore, dalla invidia, e dall'animosit. La regola di giusto criterio in questa sorta di cose consiste in questo avvertimento. Guarda chi parla. (i) Gelone mor prima di Jerone suo padre, e lasci bambino Jeronimo , avuto da lYerefde , stata prima moglie di Pirro. Jero nimo non avea pi di quindici anni quando succedette all'avo. Po libio parla temperatamente de ih di quel giovine principe; p i ri-

35o
TU.
'Magnanimit di Annibale. Avendo Magone mandato ad Annibaie il cadavere d Sempronio G racco, i soldati gridarono che bisognava farlo a b ran i, e Sperderlo. Ma Annibaie con siderando le varie vicende della fortuna, e facendo .giustizia al valor mirabile di quell uom o, disse ne fanda cosa essere il rompere in collera con un ca davere privo di senso ; e con ogni sorta di onore fece a Gracco i funerali ; e l ossa e le ceneri di lui chiuse in un urna mand al campo de Romani, YIIL Dichiarazione di M. Marcello ai Siracusani. Presa Siracusa essendo i cittadini con palme do livo andati incontro a M. M arcello, questi disse perdonar egli bens a tutti gl ingenui * ma doverne tutti i beni essere preda del soldato. IX. Crudelt cartaginese. I Cartaginesi mandata a fine la guerra libica, gra*
peto le esagerazioni di Eumaeo napoletano , scrittore delle gesta di jinnibalc, il quale lasci scritto che tolse dal bordello ud pub blica prostituta, e la dichiar sua sposa e regina.

35i
Temente incrudelirono contro i Micatani num idi, le loro mogli e figliuoli , perciocch tutti insieme coi prigionieri che aTeano nelle m ani, crucifissero. La onde i .discendenti di quelli che scamparono allora tanta ruina, ricordando latroce crudelt usata contro i loro maggiori, furono nemici infensissimi del popolo, cartaginese. X. D i Asdrubale. Del rimanente non dee tacersi della virt .di Asdru? baie. Essendo egli figliuolo di Amilcare soprannominato Barca, il pi Tloroso tra i capitani del tempo suo ,.il quale solo nella guerra di Sicilia spesso, avea Tinti i Romani, e primo de1su o i, finita la guerra civile, era passato con esercito in Ispagna ; della gloria di tanto padre si mostr figliuolo non indegno. ' infatti fuori d ogni dubbio che dopo suo fratello Annibaie era il migliore di tutti i capitani peni : la onde da Annibale fu posto al comando delle truppe di Spagna; e dopo avere sostenute molte e grandi battaglie in quel paese, e rifatto Y esercito sbara* gliato da rotte antecedenti, soventi volte si trov in sommi pericoli. Finalmente poi obbligato a fuggire lungi dalle spiagge marittime, colla virt sua seppe m ettere insieme validissime truppe ; e fuori dell* aspettazione di ttti venne in Italia.

35a XI.
D i Nabi tiranno. N abi, tiranno de Lacedemoni, fece uccdere Pelope figlio di Licurgo dianzi re; ed ancora fanciullo. E temea colui, che giunto che fosse Pelope, alla giovinezza, animato dallo splendore di sua stirpe y rendesse alla patria la libert. Nab fece anche mo rire i pi distinti tra i Lacedemoni ; ed a guardie sue prese da ogni parte a soldo gli uomini pi di sperati. Per ci accorsero presto a Sparta da tutti i paesi sacrileghi, la d ri, assassini da strada, condan nati a morte. Gh soltanto coll appoggio di simile feccia d uomini poteva egli sperare di conservarsi una signoria*, gi acquistata col delitto. XII. De* Rodii e de9 Cretesi. I Cretesi postisi a corseggiare con sette n avi, spogliarono quanti naviganti, incontravano : laonde trovandosi i mercatanti ruinati, i Rodii credettero toccare a loro il vendicare tali ingiurie ; e perci dichiararono ai Cretesi la guerra.

353 X1IL
Di Pleminio. Pleminio, legato di Scipione , lasciato eia lui coi presidio in L ocri, essendo uomo d empiet sommar aperti violentemente i tesori di Proserpina, ne port via tutto il sacro denaro che v1era. Dolendosi di ci' i Locrii, ed essendo ricorsi ai Rom ani, due tribuni militari fingendo d essere commossi per tanto mi sfatto , acremente rimproverarono Pleminio , non perch veramente ne fossero sdegnati ; ma perch non aveano avuta parte del denaro rubato. A tutti per in breve fece il nume pagare il fio della loro scelleraggine. Dicesi che quel tempio fosse celebratisi simo per tutta Italia ; e che per la ciira che n aveano sempre avuta gli abitanti , per tutti gli ante cedenti secoli fosse rimasto intatto. E dicesi di pi che tessendo Pirro, nel tempo che di Sfcilia pass a Locri, per le istanze che i suoi soldati gli facevano, ond7essere pagati, stato costretto a mettere le mani su quel denaro sacro, nel ritornarsi poi fosse da fierissima burrasca insieme con tutta T armata sua gettato in grande pericolo ; e che tocco da rimorso placasse la Dea , n essere poscia salpato prima di avere restituito quanto avea tolto. Ora que tribuni fingendo , 1come si disse , d essere irritati pel fatto di Pleminio , presero le parti' dei L ocrii, e quere landolo il minacciarono di punizione. Crescendo in tanto il contrasto, come accade, finalmente si venne

354
alle vie di fatto , cd avendolo que1tribuni gettato a terra, co'morsi gli tagliarono le orecchie, e il naso, e gli lacerarono le labbra. ' Pleminio si rifece sopra di loro, avendoli fatti legare, e battere colle verghe fino a che fossero morti. Intanto il Senato e il po polo romano ebbero gran paura pel misfatto sacrilego commesso da Pleminio j e i nemici di P. Scipione da quell1avvenimento presero occasione di calun niarlo , dicendo che Pleminio avea fatto tutto quanto per consiglio ed ordine di lui. Ond che in forza di un decreto del Senato due tribuni della plebe, ed un Edile furono spediti in Sicilia, affinch scoperto che quel sacrilegio fosse stato commesso per ordine volere di P. Scipione , lui immantinente condu cessero a Roma: diversamente che lo lasciassero tra sportare in frica 1! esercito. Essendo essi ancora in viaggio, Scipione fece imprigionare Pleminio ; e in fanto non cessava di esercitare continuamente i suoi soldati. Di che meravigliati i tribuni della plebe sommamente il lodarono. Pleminio poi condotto a Roma incatenato , per ordine del Senato fu tosto cacciato in prigione, dove non molto tempo dopo mor ; e i suoi beni furono -consacrati al tempio di Proserpin ; e decretato che quanto mancasse dal Conto del denaro rubato venisse supplito dall erario pubblico; e che fosse reo di pena capitale ogni sol dato , che avendo presso, di s alcuna som m a, od effetto dei tesori di Proserpina, di buona fede non ne facesse la restituzione. Fui inoltre aggiunto che i Locrii fossero liberi.

355
XIV.
Come P . Scipione trattasse Siface. P. S cip io n eessen d o g li stato condotto dinanzi posto in catene Siface, da prima pianse rammen tando seco stesso qual fosse stata in addietro la fe licit , e fortuna di quel r. Poco dopo , avendo ri soluto di temperatamente reggere la fortuna propria, ordin cbe si sciogliessero a Siface le catene ; e gli concesse la sua tenda , tutta* la sua corte reale. Poi tenendolo sotto custodia libera spesso benigna mente parlava seco lu i, ed anche il convitava. XV. D i Sofonisba. Sofonisba, che prima era stata moglie di Massinissa poi di Siface, e finalmente fatta prigioniera di guerra venuta era di nuovo nelle mani di Massoni*s a , era donna di belt superba, e con vane a rti, ed allettamenti potea facilmente impetrare qualun que cosa. Essendo essa amantissima della patria sua, non lasciava di tentare ogni giorno il marito perch abbandonasse la parte de Romani. 11 che essendo ottimamente cognito a Siface, questi ne inform Sci pione ? avvisandolo di stare con quella donna all er ta ; e le medesime cose confermandogli L eleo, Sci pione ordin che gli fosse condojtta innanzi. Il che

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ricusando Massinissa di fare, Scipione il rimbrott aspramente : onde poi pien di spavento Massinissa propose che da lui si mandasse chi l allontanasse. Ma frattanto andato egli nella tenda forz Solonisba a bere il veleno. XVI. D i Scipione e di Massinissa. Scipione per misericordia e clemenza verso quelli eh1 erano stati presi in guerra , sempre conserv in seguito salda e costante amicizia con Massinissa (i). XVU. D i Annibaie e de suoi alleati. Annibaie convocati gli alleati , disse loro come ne cessit voleva che passasse in frica ; e se alcuno d essi volesse andar seco , gli diede facolt di farlo. Alcuni non ricusarono di seguire le sue bandiere ; ma in quanto a quelli, ai quali era pi caro lo starsi in Italia , egli fattili circondare dall esercito, a suoi soldati diede libera facolt di condurne in ischiavit
(i) Questo passo dee essere mutilato. Il yesselingio dice: intendo i Numidi, che erano stali nell* esercito di Sifmce, i quali Scipione in grasia di Matsinista tratt bene, e che il Senato finalmente ri mise a quel re. Il testo di Diodoro, quale qui abbiamo, dice poco meno che il contrario. Ho avuta la tentazione di escluderlo: ma ho tenuto d essere dai dotti querelalo di sacrilegio

5j
quanti volessero , e gli a ltri, che furono circa venti mila fanti, e tre mila a cavallo, trucid ; e con essi una quasi infinita moltitudine di giumenti (i). XVIII. Giustizia di Annibaie, Quattro mila uomini a cavallo passarono ad An nibale di quelli che dopo la rotta di ^Siface aveano trasferite le loro bandiere a Massinissa. A questi ne micissimo Annibaie, li fece cingere dalle triippe ; e poich furono caduti morti sotto un diluvio di dardi, i loro cavalli spart tra suoi soldati. XIX. Magnanimit di Scipione. Avendo Scipione mandati legati a Cartagine , manc poco che non venissero dalla moltitudine ammazzati. Se non che i pi prudenti della citt li trassero dal presente pericolo , e fattili imbarcare sopra triremi li rimandarono al campo di Scipione. Ma quelli cbe
(i) Questo trailo veramente africano d'inumanit, che pot con* srgliare la politica, onde non si dessero alla parie romana subito che egli fosse partito, viene rammemoralo anche da Appiano. notabile p er, che Tito L ivio , il quale non fa molta grazia alla memoria di A nnibale , non ne parla punto. II che notiamo a con forto di que' leggitori, c h e , come noi mal soffrono che i grandt omini si disonorino con grandi scelleranie.

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in Cartagine erano popolari, e tenuti in molto con cetto dalla plebe , diedero ordine al comandante dei triremi che quando quelle triremi fossero per dar di volta, assaltassero quei legati , e li ammazzassero tutti : il che egli esattamente fece. Accadde per che essendosi quei legati ajutati col nuoto, poterono giungere sani e salvi a Scipione. Ma coloro che tanta scelleratezza avevano pensata, presto ebbero a pro vare la forza del nume. Imperciocch ritornando ap punto allora da Roma i legati de* Cartaginesi, dalla tempesta furono tratti ov era ancorata 1 armata dei Romani. Laonde condotti a Scipione , tutti gridarono doversi rendere la pariglia agli scellerati. Per altro Scipione neg che si dovesse commettere una cosa eh eglino medesimi rimproveravano ai Cartaginesi. Adunque rimandati liberi giunsero salvi a Cartagine, ammirando grandemente la piet de Romani. XX. D i Dicearco, Filippo , re de Macedoni, avendo persuaso a Di* cearce etolo, uomo di singolare ardimento, di met tersi a corseggiare , gli diede venti navi, e gli or din che levasse tributi dalle isole , e desse ajuto ai Cretesi nella guerra contro i Rodii. Colui a norma degli ordini avuti spogliava i m ercatanti, e deva* stando le isole , esigeva denaro da esse.

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XXI.
D i Eraclide Tarantino. Era alla corte di Filippo ira certo Eraclid* di T a ranto , distintissimo briccone j il quale nascostamente sussurrando calunniava presso il re i principali suoi amici j e tanto fece che indusse- Filippo alla empiet di Ammazzare cinque de principali suoi consiglieri. Il che fece che gli affari di Filippo a poco a poco incominciassero a tracollare ; e manc poco che non venisse spogliato dai Romani del regno ? avendo egli iutraprese guerre in niun senso necessarie. Del ri manente niuno de1 suoi amici ardiva pi parlargli li beramente , ed avvisarlo, paventando tutti linso lenza sua. Fece poi la guerra ai D ardani, quantun que quei popoli niun atto ostile avessero fatto contro di lui ; e in una battaglia, rimasto vincitore , am mazz dieci mila nimici. XXII. Tristi esiti dei re Filippo ed Antioco. Filippo, re de Macedoni, oltre P innata cupidigia sua , nelle cose prospere era di tal baldanza, che faceva ammazzare gli amici senza processo ; e minava i templi e i sepolcri. Similmente Antioco avendo preso a spogliare il tempio di Giove in Elimaida, fin nel modo che s era m eritato, essendo stato ucciso eoa

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tutto il suo esercito. Ed entrambi questi re ap punto , mentre credevano di avere eserciti invinci bili , debellati in una sola battaglia, furono costretti a ricevere leggi da altri. E a loro colpa veramente dovear* imputare la loro disgrazia, ed essere grati alla umanit de vincitori , che concedevano ad essi il perdono (i). Costoro a misura della loro condotta videro i lord stati afflitti. Al contrario i Romani e allora, e di poi non facendo che guerre giuste, e rispettando i giuramenti e i p atti, non senza ra gione furono nelle imprese loro sostenuti, dagli Dei. XXIII. Devastazioni del re Filippo presso Pergamo. 11 re Filippo oppresso da mancanza di vettuaglia non cess di devastare tutto il paese di Attalo fino alle porte della stessa citt di Pergamo j e min per fino i tempii eh erano ne* subborghi di quella citt, specialmente il Niceforio (a), pieno d ogni pi splendido apparato, ed altri edifizii di non meno mirabile lavoro. Il che fec egli per 1 odio grande,
(1) Anche questo un discorso, che alquanto zoppica; n pare che troppo s verifichi di Antioco che dovesse essere grato a suoi vincitori sia che si voglia credere finito come qui Dfodoro pone, sia che si voglia supporre morto di malattia, come affermano i libri de* Giudei (2 ) 11 Niceforio era un bosco piantato da Eumene , e pieno di templi degli Dei, fra quali uno singolarmente dislinguevasi consecrato a Giove.

36i
che portava ad Attalo ; sicch non avendo potuto sorprendere lui in que luoghi, sfog il suo furore sulle cose a quel re appartenenti. XXIV. Devastazioni dello stesso Filippo presso Atene. Filippo entrato sul territorio deirAttica , piant gli accampamenti al Cinosargo (1)5 indi incendi F ac cademia , rovesci i sepolcri, e devast i tempii de gli Dei immortali y ed avendo oltrepassati i confini dell1ira e del furore pi di quello che fosse per messo , quasi incrudelisse piucch contro il popolo ateniese, contro gli stessi Dei y incorse nelF odio di tutti gli uomini, presso i quali gi era in mal con cetto , e in breve pag il fio agli Dei y rumato dalla propria imprudenza, e salvato dalla clemenza sola de1Romani. XXV. Risoluzione di Pilippo riguardo ad Eraclide tarentino.
f

Filippo veggendosi esposto all odio di quasi tutti i Macedoni a cagione delP amicizia sua per Eraclide, fece imprigionare costui. Era Eraclide tarentino di patria 5 uomo pieno di particolari iniquit , il quale CO Questo era un tempio di
Ercole ,

36*2
condusse Filippo ad essere acerbo e crudele tiranno, quando dianzi era un re moderato. Perci e Mace doni e Greci tutti V odiavano profondamente. XXVI. Fama di Annibaie. Annibale per la fama del nome suo era per tutto il mondo celebre e considerato 5 e tutti per ogni citt e borgo , per cui passasse, correvano a gara per vederlo. XXVII. Tolommeo f a morire Aristomeo , e perch. Tolommeo, re d Egitto , per alcun tempo dipor tassi egregiamente , e si ebbe gran laude. In seguito poi corrotto dagli adulatori, Ari stamene , stato suo tutore j e ministro prudentissimo ; da lui dinanzi ri verito come padre , incominci ad odiare perch gli parlava liberamente 5 ed infine 1 obblig a fnorire, facendogli bere la cicuta (1). Quindi infierito ognora
( 1 ) Phumrco racconta , che Aristomen vedalo avendo il re To lommeo addormentato iu presenza di un legato, non si sa di chi 9 egli lo svegli; e che questo diede occasione agli adulatori d irritare fl re contro s valentuomo, dicendo essi, che se dopo tanti e s gravi affari, e dopo tante vigilie spese nella cura dello S tato , qualche volta fosse stato preso dal sonno pon doveasi al certo rimproverar alla presenza d uomini di tante nazioni straniere. fu per questa maligne osservazioni che montalo in collera quel re obblig sul fililo Aristomen a ber la cicuta*

633
pi, ed esercitando il potere di tiranno , e non quello di re , venne in odio agli Egizii ; e manc poco che non fosse balzato dal trono. XXVIH. Perch imputato Antioco di aver dato principio alla guerra coi Romani. Presso la citt di Galcide vha un tempio che chiamasi il Delio. Ivi trovaronsi in qualche numero soldati degli alleati del popolo rom ano, condottivi dalla curiosit di vedere e quel tempio e le cose del contorno. Non era ancora dichiarata la guerra ; e non ostante ci que soldati furono improvvisamente as saltati ed oppressi dall Esercito di Antioco. Della qual cosa i Greci incolparono il re , come quegli che avesse dato incominciamento alla guerra con simile scelleratezza. Perci Flamiuino , il quale era allora presso Corinto , richiamossi agli Dei e agli uom ini, dichiarando il re solo avere dato alla guerra e mo tivo e principio. XXIX. Nozze inopportune di Antiocf , e cattive conseguenze delle medesime. Antioco svernando in . Demetriade, abbandonata ogni cura depreparativi di guerra, acceso d amore per certa fanciulla pens di celebrare le nozze, quan*

364
tunque egli avesse pi di cinquant anni ; ed ordin magnifici spettacoli. Gol qual latto non solamente s indebol egli di corpo e di animo ; ma diminu an* cora T impeto e 1 ardore nesuoi soldati. Perci questi cbe passarono l inverno nel lusso e nelle delizie , quando furono stati tratti dai quartieri , non pote rono pi sopportare n la fame , n la sete , n al tro travaglio simile : ond che una parte fu presa da m alattie, un altra fu abbandonata sulle strade lontana dalle bandiere (i). XXX. Ravvedimento di Antioco* Il re Antioco veggendo la citt di Tessaglia pas sare al partito de Romani, e tardando a giungere le truppe eh egli aspettava dall Asia ; con di pi che gli Etoli andavano lenti a moversi, ed ogni giorno anzi trovavano pretesti, era in grande perplessit. Perci amaramente rimproverava quelli cbe lo aveano indotto alla guerra prima che vi si fosse preparato 7
(i) Il V a lt sio ha notato che Antioco fece quelle nozze , non in Demetriade, ma in Calcide ; e il P esse litigio conferma questo fatto coll'autorit di Appiano. Se ci sia per correggere il testo di Dio doro , parmi fuor di proposito, perciocch Diodoro non dice diver samente , notando soltanto la circostanza , che Antioco sf innamor della fanciulla nel tempo che svernava in Demetriade. Questa fe la ragione per cui non ho cambiata Demetriade in Calcide il che sarebbesi dovuto fare supponendo, come Valrsin , che non per errore di Diodoro , ma per quello del copista siasi scambialo quel nome.

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e coll7appoggio solo degli Etoli. Ed allora somma mente ammirava Annibaie ; il quale era stato di pa rere diverso e tutte le sue speranze metteva in esso lui. Cos lui teneva per fedelissimo amico, e consi gliere in ogni cosa, quando innanzi lo riguardava come persona sospetta. XXXI. Imprudente abbandono di Lisimachia fatto da Antioco. Antioco per la rotta toccata (i) trovandosi sbara gliato e depresso, pens di partirsi d1E uropa, e di ridursi a difendere soltanto l7Asia : ond7 che diede ordine ai Lisimachesi di abbandonare la citt ? e colle loro famiglie passare in Asia. 11 che tutti riputarono da lui farsi con poca prudenza, atteso che quella citt era opportunissima a tener lontano il nemico , onde almeno senza travaglio dall7Europa non ten tasse di fare in Asia passar truppe : altrimenti con siderandosi eh7egli quella citt desse in mano ai ne mici senza rompere una lancia. E le cose seguite di mostrarono questo giudizio fondato : imperciocch Scipione vedendo vuota Lisimachia se ne impos sess } e cos aggiunse alle sue forze un grandissimo appoggio.
(i) Questa fa la disfatta della sua armata, sacceduta presse il Mionneso.

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XXXII.
M> Furio punito d i sue violenze verso i Cenomani. M. Furio pretore, avendo* commesse nella Liguria molte violenze a danno degli a l l e a t i f u punito co me meritava. Aveva egli tolte a Cenomani le armi quando che da essi era stato accolto come amico; n poteva dolersi che commessa avessero la minima ostilit. Il qual fatto di lui giunto a notizia del con* sole , questi ordin che a Cenomani fossero resti tuite le loro arm i; e condann Furio ad una mul ta (i).

xxxin.

Sacrilegio di Antioco. Il re A ntioco, trovandosi senza denari, avendo udito che in Elimaida era un tempio di Giove-Belo 7 pieno d oro , d argento , e di preziosissime offerte, pens di spogliarlo. Adunque entrato in Elimaida col pretesto che gli abitanti del paese gli avevano fatta la guerra , saccheggi quel tempio ) e mise in(i) Tito-Livio racconta il fatto cos: Nella Gallia M. Furio pretore quasi in mezzo della pace cercasse la guerra, a Cenomat innocenti affatto ,, lev le armi. Se ne querelarono essi presso il Senato in Roma; e furono rimandati al console Emilio . . . . Dopo molto contrasto sostenuto col pretore, vinsero la causa : le armi furano restituite ai Cenomanij e al pretore fu comandato d i partire dalla provincia. Il testo di Diodoro porta Fulvio in luogo d i Furio', e dovea emendarsi.

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sieme gran denaro. Ma in breve pag agli Dei il fio che meritava. XXXIV. D i Filopemene. Filopemene } capitano degli A chei, fu uomo ec cellente in guerra e in pace. In tutta la vita sua fu retto e giusto ; e stato in carica pi volte, e per quarant anni avendo governata la repubblica, molto accrebbe lo stato degli Achei ; e sempre dimostra tosi di cortesissimo tratto co1 privati, fu e da Greci e da1Romani ammirato per la sua virt. Non ebbe egli per un felice fine : ma per per certa provvi denza divina P ultima infelicit di quel valentuomo fu compensata dopo morte cogli o n ori, che ai soli eroi si tributano. Imperciocch oltre quanto ad ono rificenza sua fu pubblicamente decretato dalla nazione degli E toli, i cittadini gli eressero una statua ; ed ordinarono che ogni anno si facesse ad onor suo una fe s ta , e si recitasse la serie delle sue belle azioni, che da giovinetti si cantassero 'inni. XXXV. Della disciplina militare di Annibale e suoi buoni effetti. A nnibaie, primo assolutamente tra i Peni per la pratica delle cose di guerra, e per la grandezza delle

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sue imprese , mai non ebbe sedizione di soldati j e sempre tenne colla sua prudenza nel debito conte gno e concordi tutte le,sue truppe, quantunque e per indole e per lingua fossero elleno assai diverse tra loro. E sebbene il soldato urtato per le pi fri vole cagioni fosse solito a passare al nimico , niuno sotto il comando suo ardi giammai di tentare tale cosa. Similmente, sebbene egli conducesse sempre eserciti numerosissimi , giammai non manc n di denaro n di vettuaglia ; e quello poi cbe pi di tutto mirabile , si cbe in essergli affezionato il soldato straniero non cedette in alcun tempo al soldato ur bano ; ed anzi il super. Perci reggendo s bene i soldati, pot ancora fare eccellenti imprese. Egli por tata guerra a nazioni potentissime per diciassette anni devast F Italia. Egli invitto in tutte le battaglie, tan te, e s gravi rotte rec ai signori del mondo , che per la moltitudine degli uccisi niuno v era che ardisse in aperta campagna venire a giornata con lui. Molte citt colla forza delle armi prese incendi ; e F Italia , che prima fioriva di giovent numerosa , ri dusse a solitudine. Tutte le quali cose egli fece, sic come a spese e colle forze della sua c itt, cos pure con soldati tolti a stipendio , e con grandi rinforzi prestatigli dagli alleati ; e super colP astuzia, e la perizia militare, uom ini, che la concordia parea' do vere rendere invitti ; e a tutti manifestamente dimo str che come la mente nel corpo , cos nell eser cito il capitano solo quello che fa tutto , e che d la vittoria.

3 6g
XXXVI.
Prodezze di Scipione. P. Scipione ancora assai giovine bellissime imprese, oltre la comune speranza, fece nella Spagna; e vinti i Cartaginesi liber la sua patria da pericoli gravis simi. Egli col consiglio suo senza combattere obblig Annibaie, capitano invitto in battaglia, a partire dI talia; e finalmente colla fortezza e virt sua militare, avendo in una gran battaglia vinto Annibaie stesso, ridusse Cartagine sotto il dominio del popolo romano.
*

XXXVII.

Perfidia di Leocrito > capitano d i Fornace. Leocrito, capitano del re Farnace , fortemente con frequenti assalti premendo la citt di Tio , i soldati mercenarii che la presidiavano, obblig ad arrendersi col patto che fossero con sicurezza con dotti ovunque ad essi fosse piaciuto. I quali mentre uscendo della citt venivano, secondo i capitoli con venuti , condotti per via, Leocrito, a cui Farnace avea ordinato di ammazzarli tutti perch in addietro la aveano offeso , contro la giurata fede assaltatili, li fece perir tutti sotto un nembo di saette.

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XXXVIII.
D i Seleuco. Seleuco radunato un buon corpo di truppe per recar soccorso a Farnace , stava gi per valicare il monte Tauro. Ma pens poi fra se medesimo che l alleanza fatta tra il popolo rom ano, e suo padre, non gli permetteva una tale mossa. . . . . XXXIX. Gastigo degli uccisori di Demetrio, figliuolo del re Filippo. Ma quelli che si grande misfatto aveano commesso, ed ammazzato Demetrio, non poterono scampare dalla vendetta degli Dei. Imperciocch que1medesimi che da Roma aveano fabbricate le calunnie, essendo poco dopo incorsi nella disgrazia del re , furono am* mazzati. Filippo poi per tutto il tempo che in ap presso visse, agitato da perpetua inquietezza, e di vorato dal rimorso di aver fatto perire un figliuolo d indole eccellentissima, non pot durare un bien nio 5 e dal continuo dolore maceno, fin i suoi giorni. Ma Perseo autore di tutto , poscia che dai Romani fu sconfitto, fuggendo in Samotracia, per l atro cit del commesso fratricidio 3 non fu difeso dalla re li gione del tempio, che pure in pgni tempo era s ta ta santissima.

XL. D i Tiberio Gracco. Tiberio Gracco, mandato pretore nella Spagna, col guerreggiava valorosamente. Fino dal primo fiore della et tutti i suoi coetanei superava egli gi nella industria e nella prudenza ; ed ispirando a tutti spe ranza di grandissima riuscita, per la virt sua ve niva celebrato con non ordinaria ammirazione e fama* XLI. D i Paolo Emilio. Paolo Emilio, console , il quale fu ancbe protet tore della nazione macedone , essendo uomo insigne per lo splendore del casato , per la dignit della persona, e per la sua prudenza, dal popolo romano fu decorato di tutti i titoli di onore. Finch visse veiine celebrato colle laudi di tutti gli uomini ; e morto , god di una fama, la quale riusc anche in utilit della repubblica. XLII. Condotta stravagante di re Antioco. A ntioco, avendo di recente acquistato il regno della Siria, adott un tenore di vita, nuovo affatto#

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e diverso da quello degli altri re. Primieramente usciva di nascosto dal reale palazzo , senza cbe i suoi ministri se ne accorgessero , ed inconsiderata mente giva vagando per la citt con uno o due com pagni. Poscia tenevasi ad onore il conversare e bere con plebei, e con pellegrini e forestieri d infima classe; e se per caso sapeva che alcuna partita di giovani banchettasse di giorno, correva con bicchiere, e con suoni a mettersi con essi a mensa; onde poi dalla novit del fatto colpiti, per la pi parte fug givano , e gli altri stavansi muti per la paura. Infine toltasi d i dosso la veste reale, e copertosi di una to g a , come avea veduto usarsi in Roma, dai candi dati , salutava e prendeva per le mani chiunque della plebe incontrava, ed ora domandava d essere nomi nato edile, ora tribuno. Ed avendo infine pei suf fraga del popolo ottenuto il magistrato , ad uso ro mano , fatta portare la sedia d*' avori* rendeva ra gione ; e sentiva le informazioni sulle cause forensi} e sulle liti de7cittadini, con tanto studio e diligenza, che le pi prudenti persone non sapevano capire, cosa egl intendesse di fare. E finivasi poi conchiu dendo che quella sua era o semplicit, o impru denza ; o pazzia. XLIIL Generosit di Eumene. Dopo le insidie tese ad Eumene, recata a Per gamo la nuoya chegli era morto ; Aitalo con troppo

37^
Sollecita vivacit corse nelle braccia della regina. Tuttavolta Eumene , che non tard a ritornare y dis simul il fatto; ed amichevolmente baciato il fratello, il tratt poi colla stessa benevolenza di prima (i). LXIV. Del re Coti. C o ti, re de T raci, fu uomo valoroso i guerra, saggio ne9consigli, e nelle altre cose industriosis* simo ; e quello che p i , di una sobriet e tempe ranza unico, ed alienissimo dai vizii proprii deTraci. XLV. {galestrini traditi. Perseo avendo espugnata la citt di Galestri am mazz tutti quelli j eh9erano giunti alla pubert ; e come cinquecento incirca } ben armati y si erano ri fuggiti in luo o abbastanza forte, e domandarono la g vita; il re ordin che deposte le armi si lasciassero andar salvi. Vero per, che partitisi di citt y i Macedoni fosse di loro spontaneo m oto, fosse per ordine del re y corsero ad inseguirli y e li trucidarono tutti.
(i) Phuareo mette il fatto quale qui Diodoro lo accenna, cioV he celebr il matrimonio colla cognata. Tito Livio dica chi Attui* non fece altro che proporre a Strattonici le noiao^

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XLVI. Malignit di Caropo epirota. Garopo epirota, nipote di quel Caropo, il quale nella guerra di Filippo avea mandato a T. Flaminio un servo, che lo conducesse per certi sentieri di montagne assai stretti ; onde poi nacque che i Ro mani fuor dogni loro speranza di tal maniera pas sati occupassero i luoghi angusti; quei Caropo ni pote , educato in Rom a, contrasse amicizia ed ospi talit con parecchi nobilissimi personaggi romani ; in contemplazione de meriti dell avol. Ed essendo per natura uomo di singolare audacia e malizia, con false accuse presso il popolo romano querelava i principali tra gli Epiroti coll oggetto, che atterriti ed oppressi tutti quelli, che nella loro repubblica potevano opporsegli, rimaness egli come il tiranno di tutto l Epiro. Ond che Cefalo, ed altri. dalle calunnie di colui oppressi, furono costretti a porsi in alleanza con Perseo ; e per persone frapposte pro misero di dare al re lEpiro. XLVII. D i Pitone traditore della sua patria, IL re Eumene assediando Abdera 7 'e disperando affatto di poterla prendere y nascostamente tent un certo Pitone, principale degli Abderiti; il quale per

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mezzo di dugento tra servi e liberti suoi custodiva la maggior parte di quella c itt , onde gliela desse in mano. Ed in fatti avendolo guadagnato colle grandi promesse fattegli, venne introdotto nelle porte , e 4 impadroni della citt. Ma Pitone considerato come poca era la mercede avuta pel tradimento, e vedendo Teccidio della sua patria, fu colpito da tanta tri stezza - e pentimento che a poco a poco cadde in consunzione. XLVIII. Della spensieratezza di Perseo. Essendo dalla fortuna presentata, a Perseo una bellissima opportunit di esterminare tutto lesercito romano , egli stavasi ne contorni di Dio in Mace donia , non lungi da que7luoghi, e in momenti di tanta importanza scioperato e spensierato. Ed certo che il solo schiamazzo , e suono di tromba era bastevole per prendere le truppe nemiche, le quali allora trovavansi chiuse in siti scoscesi e pieni di ru p i, e di strette. Ond pi che come il re usava tanta negligenza , anche i Macedoni 7 i cui presidii egli avea collocati su quelle vette montuose, cou filmile negligenza facevano le guardie.

XLIX. Consigli disperati di Perseo. Perseo tenendo per rumate le cose sue, e caduto in profondo avvilimento d anim o, ordin a bicone suo tesoriere che quanto tesoro, e denaro trovava in Faco (i) gittasse in mare; e cos mand Andronico, uno delle sue guardie a Tessalonica , affinch im mantinente abbruciasse l arsenale. Ma questi usando di pi prudente consiglio , differ di eseguire un tal ordine, sperando di fare cosa grata ai Romani. . . . Ei medesimo (Perseo) intanto tolte via da Dio le statue d oro , ordin agli abitanti che con tutte le loro famiglie il seguissero in Pidna. Di che ognuno con ragione dir niuna pi imprudente cosa essersi potuta fare da Perseo in quella guerra. L. Misfatto de Cidoniati. In questi tempi i Cidoniati commisero u n empio misfatto alienissimo pienamente daglistituti d e Greci. Costoro in tempo di pace , accolti dagli Apolloniati come amici y ne occuparono la citt ; e n e uccisero
(i) Tito Livio dice che il tesoro dei re macedoni era ia PeUa ; e pu aver ragione , mentre noa siegue da ci cbe non ne avessero uno anche in Faco, nominalo da Polibio come luogo d i Macedo nia. Per era un Facio in Tessaglia,

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tutti gli adulti ; e divisene tra loro le mogli e i fan ciulli si fecero padroni del paese. LL Generosit di Antioco verso gli Egizii. Il re Antioco sbaragliati e messi in fuga gli Egizii; potendo esterminarli tu tti, girando a cavallo qua e l proib cbe si uccidessero, ed ordin che piuttosto si prendessero vivi. Del qual consiglio in breve rac colse buon frutto ; perciocch massimamente per questo suo tratto di umanit ebbe Pelusio , e poco dopo tutto quanto l Egitto in suo dominio.

LII.
Della ignavia di Tolommeo. Or questa ignavia di Tolommeo 1 istituto nostro non permette che lasciamo senza ragionarvi sopra alcun poco. E chi non dir fatto duomo pienamente effeminato questo, che essendo egli lontano da ogni pericolo, e per tanto spazio diviso dal nemico, pure senza combattimento alcuno abbia ,abbandonato un regno s grande e s ricco ? La quale mollezza d anim o, se Tolommeo avesse avuta insita per natura , forse, sarebbe degno di scusa. Ma come da quanto fece di poi abbondantemente apparisce che per costanza e industria in operare egli fu un re non ia*

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feriore ad alcuno ; di questa sua ignavia forza ro vesciare la colpa addosso all Enamo che lo avea educato ; come quello che fino dai primi anni aven dolo tenuto nelle delizie, e nelle faccende donne sche , avea snervata la mente di lui (i).
(i) Il Valerio rischiara egregiamente questo passo di storia, sa cui molti scrittori hanno portata assai confusione. Filometore , dice egli, udita la strage de suoi , e la resa di Pelusio e di altre citt, preso da paara, e fors* anche esposto alla sedizione del popolo di Alessandria, fuggi da quella citt , e caduto in mano di Antioco, questi perdon al fanciullo, fece con lui un trattato, e finse di pren derne cura* Intanto per ito a Memfi si fece incoronar re secondo i riti del paese, dicendo che avrebbe provveduto alle cose del fan ciullo; e di tal maniera con poca gente soggiog tutto lEgitto. Ora vedendo gli Alessandrini tal cosa , dichiararono re Tolommeo , che poi chiamossi Euergete, e Fiscone, fratello del Filometore, e valo rosamente resistettero ad Antioco. Ma Antioco vinti gli Alessandrini in battaglia navale presso Pelusio, e sopra un ponte fatto passare il Nilo al suo esercito, stabil di assediare Alessandria, fingendo di ri cuperare il regno al Filometore. Bisogna per a perfetta intelligenza delle cose premesse aggiugnere per qual cagione si fosse suscitata tra Filometore e Antioco quella guerra. Eccola. Si disse a Tolommeo Filometore che i suoi maggiori erano sempre stati signori della Celesiria , e come allora essa era dominata da Antioco pifane , a suggestione di Eulco suo ajo, e di Ztico, capitano dell* esercito , i quali dopo la morte di Cleopatra governavano il regno Tolommeo mand ambasciadori per chiedere la restituzione di quella provincia/ e come Antioco non si mostr inclinato a quella restituzione, 7'olommeo cominci a fare de preparativi di guerra. Allora Antioco spedi a Roma un suo legato , onde riferisse al Senato che contro ogni diritto gli si faceva guerra da Tolommeo. Intanto per con som ma prestezza egli mise iosieme truppe $ e come i capitani di Tolom meo prendevano le cose con comodo , e tardavano ad invadere la Siria; egli and ad incontrarli-; ed essendosi venuto a giornata tra il mare Casio e Pelusio, Antioco li sbaragli. Fu in quella occasio ne , che come ha riferito Diodoro, egli non volle che si ammazzas sero gli Egizii, ma solamente che si facessero prigionieri. Bla di ci basti.

LUI.
Elogio del re Antioco..

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Il re Antioco a tutti parve molto industrioso in operare , e diligentissimo in ogni cosa, e se si ec cettui quanto fece presso Pelusio, non era egli in degno del grado e della maest di re (i). LIY. Avarizia f i Perseo. Perseo avendo udito che uno sceltissimo squadrone di G alli, passato V Istro, veniva in suo ajuto, tutto lieto sped a Medica gente , che lo sollecitasse a marciar presto. Ma il capitano de7Galli domandava, che a tenore de7patti gli si contasse sul momento la somma convenuta, la quale era di circa cinquecento talenti. La qual somma, promessa da Perseo, non avendo egli per la naturale sua avarizia , pagata , i Galli ritornarono verso il loro paese.
(i) da credere che Diodoro non attenda gi qui al non arer* A ntioco voluto che si ammazzassero gli Egizii ; ma piuttosto al* P aftu tia, falsit con cui oper Terso il Filomeiort*

38o
LV. Elogio di Paolo Emilio. Paolo Emilio avendo ricevute le legioni , convocati a conclone i soldati, gl1 incoraggi : perciocch egli avea acquistata presso i Romani una somma autorit, tanto per la et sua, avendo egli allora sessan t anni, quanto per 1 ampiezza delle sue imprese. E molte cose in quella guerra affatto nuove, e non facili ad inventarsi, avea egli escogitate; e col suo consiglio, e la costanza sua debell i Macedoni.

LYL
Contrapposto di Prseo e di Alessandro il grande. Perseo volendo allettare pili gente ad accompa gnarlo nella fuga e navigazione propostasi, gitt in mezzo preziosi effetti del valore di sessanta talenti, onde ognuno cercasse di guadagnarne quanta por zione potesse. Indi approdato a Galepso disse , che tra le cose esposte a quel parapiglia V erano alcuni vasi di Alessandro il grande ; e chiese che se restituissero promettendo di dare lequivalente in de naro. U che fatto essendosi da tutti volentierissimamente 7 egli li defraud del prezzo promesso. Di assai differente ndole fu Alessandro. Il quale dotato di assai grandezza d animo , acquistossi un regno corrispondente agli alti suoi spiriti. Quandi

38i
cbe Perseo per la sordida sua tenacit trascurati i soccorsi de G alli, e con uguali principi regolatosi in tutte le altre cose, mand a male un regn ricco d antico. LVIL DelV amore di L. Emilio per P. Scipione. Dopo la fuga di Perseo L. Emilio incominci a cercare di P. Scipione 1suo figlio minore , il quale essendo figliuolo naturale di Em ilio, per adozione era nipote di quello Scipione che avea vinto Anni* baie. Era egli allora assai giovine, non avendo che diciassette anni y e militando nel quartiere , e sotto la disciplina del padre in s difficile e pericolosa guerra, divent di poi un capitano per nulla infe riore all avo. Ora avendolo Emilio finalmente ritro vato , e sano e salvo ridotto al cam po, il console rimase libero dai pensieri e dal travaglio, che navea avuto. Perciocch quel giovinetto non gli era caro soltanto per comune benevolenza paterna ; ma per un certo ampio e fervido amore LVIIL Di una bella massima de9 capitani romani. Emilio umanissimamente accolto Perseo 9 e chia matolo ta n to .alla m ensa, quanto al consiglio , pub blicamente dichiar essere egli armato in campo di

58a
battaglia nemico grave e temibile ; ma coi Tinti pla cido e* mite. La quale massima seguita ancbe dagli a ltri, fatto aTea cbe il popolo romano acquistasse fuori dinvidia P imperio del mondo ; e che il con servasse fino a tanto che ebbe impiegati capitan simili............... di fatti negli andati tempi , quando i Romani ebbero superati in guerra i re potentissimi Antioco e Filippo 7 non solo a veruna p en a, vinti quali era no , li sottoposero ma lasciarono che si godessero i loro regni, e strinsero con essi alleanza. E in questi tempi avendo avute tante battaglie con Perseo , e sostenuti molti e gravissimi pericoli, dopo essere rimasti padroni di tutta la Macedonia , contro V aspettazione comune , le citt eh essi aveano prese , dichiararono libere. La quale umanit certamente Macedoni, non diremo poi alcun a ltro , erano ben lontani di pensare che il popolo tornano fosse per usar verso loro , sapendo ottimamente con che in giurioso modo essi lo aveano trattato : che essendo loro stati gi perdonati i delitti antecedenti, a giusto ragione capivano non potere rimaner luogo per essi a commiserazione e a venia. 'Nondimeno il Senato, messe in dimenticanza tutte le ingiurie diportossi con essoloro con generosit e clemenza. Imperciocch il re Perseo, che legato era cl popolo romano in do mestica confidenza, e che contro la fede dellamicizia gli avea fatta una guerra ingiusta, poich Pebbe preso, il tenne sotto libera custodia ; pena al certo molto pi mite di quella che meritasse; e la nazione

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derMacedoni, che con pieno diritto potea ridurre in servit j dichiar libera e cos presto e con tanta magnanimit le fece questo benefzio, cbe non aspett nemmeno desserne dai vinti pregato. Ed anche agli lllirii per la 'guerra pur sottomessi , permise di reg gersi colle leggi loro ; e ci pi perch stimava alla maest del popolo romano convenire essere altrui benefico, e nelle prospere cose non alzarsi superbo, che perch giudicasse degni di tal grazia que- bar bari............ Il Senato dichiar liberi i Macedoni e gl1lllirii ; e contentossi che pagassero al popolo romano la met de tributi che pagavano ai proprii.

FRAMMENTI DEL LIBRO XXXI.


I. Di Perseo in carcere. Perseo cacciato in carcere avrebbe finiti i suoi giorni in s miserabili angustie, se Emilio , principe d e l Senato, ec. Peggasi il rimanente negli E s t r a t t i d ella Biblioteca di Fozio. II. Ferocia di un capitano de' Galli. XI capitano de Galli ritornato dall avere inseguiti

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i nemici, fatti radunare i prigionieri commise un empio e superbo misfatto. Imperciocch scelto avendo tra la massa di quelli ogni pi bella persona e della pi florida e t , la immol agli D ei, seppure vero cbe gli Dei immortali ammettano tali sacrifizii ; gli altri poi fece saettar tutti : tra i quali molti essendo pienamente a lui cogniti perch per lungo tempo avea vissuto con essi, a niuno per in grazia dell antica amicizia ebbe riguardo. Tanta superbia sogliono usare i barbari nella prospera fortuna ! III.

Liberalit di Eumene.
Eumene a soldati mercenari pag lo stipendio corrente, e di pi fece' a ciascheduno de regali, promettendone inoltre de maggiori: con che ne gua dagn la fede e l amore : ben diverso in ci da Perseo , il quale avendo pronti a dargli ajuto venti mila G alli, per risparmiare il denaro li ricus. Ma Eum ene, sebbene non tanto ricco, era liberalissimo con tutti i soldati che poteano giovare al suo partito. Cos quegli alla magnificenza reale anteponendo la sordida tenacit, le ricchezze che con tanta diligenza avea custodite , vide cadere insieme, col suo regno nelle mani del vincitore : laddove questi preferendo ad ogni altra cosa la vittoria , non solo liber il regno suo da sommi pericoli, ma giunse ancora a sottomettere al suo dominio tutta la nazione deGalli.

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I. V
Qualit contradditorie di Antioco. Avea Antioco certe idee, e certe cose faceva, ve* ramente da re , e degne d ammirazione : altre all opposto s abbiette e vili, cbe gli traevano addosso il disprezzo di tutti. Sia di ci prova che celebrando spettacoli solenni, primieramente fece tutto al con trario degli altri re , i quali cercando di ben assicu rare il loro regno con truppe e con denaro, per la paura che aveano de Romani andavano nel procac ciar queste cose operando naseostamente. Antioco invece da tutte le parti del mondo gli uomini pi celebri invit agli spettacoli 3 e tutta la reggia sua appar con estrema magnificenza; ed avendo raccolte in un luogo solo tutte le ricchezze del suo regno , e postele come in iscena onde fossero da ognuno contemplate , fece che delle sue cose niuna restasse nascosta ai Romani. Egli poi nell apparato di tanto spettacolo super di gran lunga tutti i principi stati innanzi a lui. Per il complesso di tutto quello spettacolo, chegli stesso avea voluto ordinare, riusc vile e indecoroso. Im perciocch collocato sopra una piccola carretta si' pose a correre su e gi per la processione a quelli ordinando d andare innanzi, a questi di fermarsi ; e come pareagli a proposito gli uni o gli altri or met tere in fila , ora del pari : di modo che se gli si fosse tolto di testa, il diadema, nessuno 1 avrebbe

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riconosciuto pel re : che anzi non avea nemmeno la figura del pi meschino ministro. E se parliamo di ci che riguarda il baucbetto pubblico, egli postosi sul vestibolo gli uni introduceva , gli altri facea se dere , e poneva in ordine quelli che portavano le vivande. Di tratto in tratto accostavasi ancora ad alcuno de convitati } ed ora sedevagli accanto ? ora ponevasi giacente sul pavimento ; e spesso ancora o metteva la bocca sulla mensa, e lavando un bicchiere \ 7 scappava, e correva qua e l. Talora girando intorno al triclinio, stando in piedi bevea un bicchiere datogli da questo 3 ed un altro datogli dall altro ; e prolun gato gi sino a sera il convito , e molti essendone p artiti, egli coperto di un pannolino , si fece alzare in aria daMimi, indi deporre sul suolo; e poi come svegliato dalla orchestra sorse nudo , e gongolando coi Mimi incominci a far salti e danze scherzose c ridicole ; cos che per pudore tutti scapparono via dal convito. Ma tutti quelli eherano venuti a vedere lo spettacolo , quante volte ponevano gli occhi sulla grandezza e pompa dell apparato, e sulla disposi zione che data si era al complesso delle cose, non potevano contenersi dall ammirare sommamente e il re, e la potenza sua ; e se poi gittavano lo sguardo sul re medesimo , e sulle miserabili cose , di che si occupava , stentavano a credere , che in un solo c medesimo ingegno potessero combinarsi tante virt e tanti vizii (1).
' (1) Questi spettacoli furono da Antioco dati io Dafne , siccome si

ha dai frammenti di Polibio presso Ateneo .

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Finito poscia lo spettacolo giunse il legato Tiberio Gracco , spedito a visitare le cose di Siria; il quale da ntio^p fu accolto con tanta cortesia, cbe non pot formare il minimo sospetto dei disegni del re ; n in lui vide segn minimo d7animo aleun poco scontento di' ci che era accaduto in Egitto ; quan tunque tutt7altro fosse Antioco nell7animo suo ? e dal popolo romano alienissimo affatto. V. Modestia di Tolommeo. . Tolommeo cacciato dal regno ? mentre movea versa Roma facendo a piedi la strada, fu conosciuto da Demetrio , figliuolo di Seleuco , il quale da quello strano caso commosso diede illustre prova della sua magnificenza, e del suo animo veramente reale. Im perciocch immantinente apparecchiata una veste reale con diadema , ed un cavallo ornato di finimenti di o ro , ed accompagnato da7suoi servi} and iucontro a Tolommeo per ventisei miglia fuori della citt ; e poich cortesemente F ebbe salutato, prese ad esor* tarlo che volesse mettersi le insegne di r e , ed en* trare in Roma coll'accompagnamento che conveniva* g li, onde non cadere in disprezzo. Ma Tolommeo assai lod la cordialit di Demetrio ; ma tanto fu lungi che volesse accettare alcuna delle cose che gli si offerivano, che anzi preg Demetrio, che volesse

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fermarsi in alcuna delle borgate vicine insieme con rchia (i).
' (i) Ad intelligenza di questo passo gwra riferire qaaoto al mede simo ha apposto il V aie sia. < Dopo che Antioco Epifane , die'egli, 4 non avendo potute prendere Alessandria ritorn io Siria, Tolommeo Filometore, eh* egli avea lasciato iu Memfi, capiti i disegni di quel re, che fingendosi amico mirava a levargli il regno, mand persone a no fratello minore , e alla sorella Cleopatra 5 ed ottenne d essere restituito nel regno, con che il minor fratello regnasse insieme con lui. Ed infatti negli atti pubblici cominci a notarsi Tanno dodice simo del Filometore, e primo dell Emergete. Dur la concordia del fratelli fino al diciassettesimo anno del Filometore. Poi venuti a con tesa fra loro, Filometore fu sconfitto, e cacciato del regno. Ed in questa occasione appunto che si volse a Roma per cercar soccorso , facendo il viaggio a piedi con pochissima comitiva , senza diadema Sn testa , e tutto coperto di squallore. In questa figura lo incontr Demetrio , e gli fece le offerte accennate, ch'egli ricus. In Roma poi Tolonuneo and ad abitare presso un pittore alessandrino : la quale cosa riferta al Senato , questo , chiamato il giovine , gli fece scusa che il questore, comera antico oso, non gli fosse andato incontro, n dato gli avesse pubblico ospizio : la qaal cosa non a negligenza, del questore doveasi attribuire, ma soltanto al suo essere venuto nascostamente j e lo esort a lasciare i cenci, di cui era coperto, e a domandare l udienza, secondo la pratica , che lo avrebbe ascol tato n. Un errore corso nei codici e nelle edizioni di Valerio Massimo , che por narra questo fatto 9 ma parla di un Tolommeo spo gliato del regno dal fratello maggiore, non dal minore, ha porlata confusione nella storia. Ma essa cessa tosto che si avverta, vero es sere bens che and a Roma anche 1 Emergete in tempo che pure era col Demetrio , ma v* and non per invocare ajuto contro it Filometore perch lo avessse spogliato del regn* ma per far broglio onde non fosse approvata la divisione del regno gi pattuita. Inoltro F Emergete and a Roma non nella figura di pitocco , in cui abbia mo veduto che v'and il Filometore , ma corredato da re. Ci ri-* mane a dire alcuna cosa di Demetrio . Egli trovavasi in Roma coma ostaggio j e trov poi modo di fuggirsene Ma questa sua fuga ac cadde 1* anno terzo della olimpiade 154, e il Filometore era andato a Roma 1 anno primo della medesima.

389
VL

Astuzia crudele di Timoteo*


Essendo Antipatro morto netormenti, fecero uscir fuori Asclepiade governatore della c itt, gridante che 1 scendi di tutto quel fatto era opera di Ti ^ moteo , e che ad istigazione di costui il giovinetto era stato indotto ad assassinare il fratello in quella empia ed ingiusta maniera. Ed avendo i magnati in cominciato a subodorare la serie di tutta quella ini quit, ed esprmendone lorrore che in essi destava, Timoteo preso da paura gli altri, eh erano stati gi imprigionati, liber dai torm enti, ma poi nascostamente li fece morire. VII.

Piet e buona indole di Ariarate.


Ariarate, soprannominato Filopatore, avendo preso possesso del regoo a titolo di eredit, prima dogni altra csa celebr al padre esequie magnifiche. Indi tanto buon sentimento dimostr per gli am ici, i capitani, i sudditi tu tti, che $i concili la bene volenza di ogni ordine di persone (i).
( i) Questo Ariarate h il figlio vero di Anliochide, la quale di sopra si detto che non avendo prole avea supposti al marito du figliuoli, mandali poi uno a Roma* e 1* altro nella ionia..

3go
Vili. Integrit di Ariarate.
Avendo Ariarate ricondotto nel regno paterno Mitrobazane , Artassia re di Armenia (i) , non abbandnando il cupido pensiere conceputo innanzi per legati esort il re ad accordarsi seco lui di ammaz zare P altro de1due fratelli, e dividersi insieme la Sofena. Ma Ariarate , che molto era alieno da tale scelleraargine , gravemente rimprover que legati ; e scrisse ad Artassia che ben si guardasse da s enorme misfatto. Con che Ariarate sacquist nuovo titolo di laudi. Mitrobazane poi per hi egregia fede e virt del monarca , a cui era ricorso , si godette il regno di suo padre. IX.

Elogio di L. Emilio.
L. Em ilio/che trionf di Perseo, uomo consolare e censorio , e principale fra tutti i suoi contempo ranei per ogni genere di virt, mor in questi tempi. Per la cui morte , quando si seppe, e nel tempo massimamente del suo funerale , tanta fu la mestizia di tutta la c itt, che non solo gli artigiani, e tutta' T altra turba forense ; ma il Senato stesso, e tutti i
(i) Era stalo primo satrapa di Antioco il grande, poi violo que sto , essendosi buttato al partilo de*Romani, da questi fu proda maio re. Ma poscia fu viulo e fatto prigione da Antioco Epijane.

3qi magistrati chiusero gli officii. dai municipii cir convicini di Roma tutti que1che poterono, accorsero con grande affetto alia funzione del mortorio, tanto per vederne la pom pa, quanto per onorare il de funto . . . . Quante ricchezze veniva egli dal volgo creduto possedere vivendo , tante ne furono trovate dopo la sua morte. Mentre era stato al tempo suo il solo , che dalla Spagna avesse portato nell erario trasmo data quantit d1oro ; e in Macedonia si fosse impa dronito d1immensi tesori, e nell* uno e nell1altro paese trovato avesse somma licenza ; mima minima porzione fece sua. Per modo che i suoi due figliuoli y che avea dati da adottare , quando ne adirono l1eredit, venduti all1incanto i m obili, non poterono cavarne tanto da restituire la dote alla moglie ; e bisogn che per pagarla interamente vendessero al cune possessioni. Ond che alcuni dissero doversi P astinenza di quel. valentuomo preferire a quelle di Aristide e di Epaminonda , che i Greci per tal ri guardo grandemente ammirano. Imperciocch quelli si astennero dal denaro , che oftrivasi per vantaggio di chi lo dava ; e questo , mentre avea trovata mas sima licenza di prendere quanto mai si voleva , non ne avea conceputo il minimo desiderio. Che se ad alcuno per avventura parr incredibile , egli dee pen sare , che F astinenza degli antichi Romani non deesi gi misurale dall1avarizia e dalla cupidit di quelli che vivono al giorno d1oggi. Egli pur troppo vero che al nostro tempo i Romani sopra ogni altro po

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polo sono strascinati da ingordissima bramosit di avere. Del rimanente giacch ci accade di dover far menzione di un ottimo personaggio, poche cose di remo della condotta e disciplina di L. Scipione, suo figliuolo , il quale dipoi demol Numanzia: onde per avventura ignorandosi la cura e diligenza, con cui da giovinetto si applic agli studii delle buone arti, non paja nuova e strana cosa il tanto progresso suo in ogni virt. P. Scipione adunque fu figliuolo na turale di L. Emilio, che trionf di Perseo, .siccome ho gi innanzi detto. Dato egli in adozione a P. Sci pione figliuolo di Pubblio , quello che debell An nibaie e i Cartaginesi, divenne nipote di Scipione P africano, uomo della et sua eminentissimo. Di tali maggiori Scipione n a to , e succeduto alla dignit e allo splendore di tanta famiglia, si rend non cer tamente indegno della gloria de suoi maggiori. Im perciocch fino dalla pi tenera et istruito nelle lettere greche, giunto al diciottesimo anno si applic alla filosofia sotto il magisterio di Polibio Megapolitano scrittore di storia. Col quale lungamente convi vendo , ed esercitato in ogni genere di virt non solamente i suoi eguali, ma i pi adulti ancora di gran lunga super nella continenza, nella benignit, nella magnanimit , e nelle altre virt. Quantunque debbesi notare che prima di mettersi a studiare la filosofia passasse presso tutti per giovinetto di assai tardo ingegno , e poco atto ad essere erede di tanta famiglia. Ma egli , come alla et conveniva, prima di tutto cerc di rendersi commendevole per la co-

39S
tinenza : cosa che allora era molto difficile. Atteso ch fa meraviglia il pensare con che impeto i giovani di quel tempo si strascinassero alle turpi libidini, e al colmo d1ognintemperanza, altri i delicati garzoni, 1 altri le meretrici seguendo, e conviti e suoni e canti, ed ogni maniera di mollezza, e questo perch tratta troppo in lungo l guerra di Perseo, i Romani pre stissimo aveano assaporata la mollezza de Greci ia tali generi ; ed avendo acquistate copiosissime ric chezze , aveano quanto occorreva per alimentare e saziare la loro lussuria. Ma Scipione preso avendo un tenore di vita contrario, e combattendo con tutte le cupidit della natura come fatto avrebbe colle pi feroci bestie , entro cinque anni acquistossi una co stante e ben fondata* laude di modestia e di conti nenza. La quale venendo meravigliosamente celebrata per la bocca, e testimonianza di tutti, fece che indi passasse a procacciarsi la gloria di magnificenza e liberalit nell uso del denaro. Intorno a che a Sci pione era toccato l'esempio domestico di Emilio suo padre , sotto la cui disciplina essendo stato lunga mente, avea potuto egregiamente ricopiare in se una tale virt. Ma contribu a ci anche la fortuna , e non poco , somministrandogli singolare occasione di addimostrare liberalit. Imperciocch essendo morta Em ilia, moglie del maggiore Africano , e Sorella di L. Emilio , che vinse Perseo , Scipione andato a possesso della ricchissima eredit di quella donna, da tale accidente ebbe modo di dare il primo saggio di quanto in questo proposito era capace. E fu cos.

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Sua madre Papiria , da un pezzo ripudiata da L. Emilio, Vivea sola da s in assai pi ristretta fortuna di quella che convenisse allo splendore del casato ; ed intanto Emilia madre del padre suo adottivo , oltre le altre facolt? avea posseduto un insigne cor rdo da ricchissima donna, ed un treno di servit elegantissimo ; poich era stata moglie del maggiore Africano e partecipe dello stato di lui. Tutte^queste cose adunque , che sommavano a pi talenti , egli diede a sua madre. La quale ? quando di tutti quegli abbigliamenti comparve corredata nelle solenni pompe delle matrone , fu cagione che prima fra le donne, poscia in tutti i ceti degli uomini altamente si cele brasse la benignit, e magnanimit del giovine, e la piet sua verso la madre. E se un tal fatto potea dappertutto far senso ? assai pi dovea eccitar mera viglia in Roma, dove nissuno facilmente dona altrui del suo. Inoltre, come alle figliuole del maggire Africano doveasi ancora un residuo di dote 7 e se condo le leggi romane la dote soleasi pagare al giorno che compiva. 1 anno, e il secondo e il terzo j Scipione pag a quelle donne quanto rimaneva verso loro di debito tutto ad un tratto. Dopo queste cose, morto L. Emilio , suo padre naturale , ed istituitone erede insieme col fratello Fabio, un'altra azione fece bellissima, e degna di m em oriale fu, che veggendo egli come Fabio veniva ad avere un patrimonio mi nore del suo ? gli rinunzi la sua porzione de beni paterni, la quale non era stimata meno di sessanta talenti ; e cosi fece il frateUo Fabio ricco al pari di

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s. mentre tutti grandemente esaltavano questo fatto , egli ne aggiunse un altro degno di ammira zione maggiore. Imperciocch avendo Fabio stabilito di dare ne funerali di suo padre lo spettacolo dei gladiatori ; n potendo facilmente sostenere una s grossa spesa, Scipione contribu della propria cassa la met del denaro necessario. poco dopo , es sendo morta sua madre , non solamente non volle ricevere le cose eh egli le avea donate ; ma quelle tutte , e lintera eredit della madre concedette alle sorelle ; quantunque per legge niuna parte di quei beni appartenesse alle medesime. Cos P. Scipione per consenso di tutti gli ordini predicato per la be nignit e magnanimit sua, vide crescere ogni giorno pi chiaro il suo nome : il che consegu egli anche pi per la opportunit, ed accortezza, con cui con feriva i suoi benefizii, che per 1 importare de me desimi. La lode poi di continenza non acquist con veruna spesa, ma sivvero colla sola astinenza ; dalla quale egli trasse inoltre ottima complessione, e sanit del corpo ; di cui avendo goduto per tutto il tempo del viver suo , venne a guadagnare mercede amplisi sima di sua temperanza, congiunta a dolcissima sod disfazione. In fne, come la fortezza sommamente Stimasi, in ogni paese , e massimamente in Roma ; ebbe Scipione da poterla esercitare ampiamente , of ferendogliene la fortuna una massima opportunit , poich essendo i re macedoni pi degli altri aman tissimi della caccia, Scipione li super di gran lunga tutti.

X.
Di Caropa.
Dopo la guerra di Macedonia , i Romani rispetto

a quelli che aveano seguite le parti de1 Macedoni ,


molti fecero morire , molti mandarono a Roma a difendersi. Nell Epiro intanto trovato avendo allora Caropa una grande licenza, passando egli per fautor principale del partito del popolo romano , da prin cipio con qualche riguardo vessava gli Epiroti ; poi crescendo linsolenza sua tutte le cose di quel paese ruin. Imperciocch fatti calunniare i pi ricchi, gli uni mandava in esiglio , gli altri condannava al supplizio 5 e confiscava i beni di tutti. N dagli uomini soli ; ma eziandio dalle donne pi ricche estorceva denaro per mezzo della madre di Filota ; donna piena d iniquit e di crudelt pi che star possa in cuor donnesco. E finalmente m olti, che erano accu sati di essere avversi ai Romani, costui diede a giu dicare al popolo y il quale li condann con sentenza capitale. XI.

Di Orofeme.
V

Cacciato il fratello A riarate, Orofeme ( i ) , che


(i) Uno de figliuoli supposti da Autiochide. Costui cacci del regno Ariarate , spalleggialo da Demetrio. Demetrio poi era nemico 41 Ariarate perch questi avea ricusato di sposarne la sorella, e

avrebBe dovuto amministrare le cose con somma prudenza, e conciliarsi il favore della moltitudine colla buona . grazia e coi benefizii , nulla fece di questo ; ma intento ad ammassar denaro , scellera tissimamente uccise molte persone, diede a Timoteo cinquanta talenti, a Demetrio ne diede settanta , e promise di darne in breve quattrocento , e di ag giungerne inoltre seicento. Per lo che veggendosi in viso ai Gappadoci, prese a spogliar tu tti, e a con fiscare i beni deprincipali. Laonde di questa maniera raccolta un1 immensa somma, quattrocento talenti depose presso gli abitanti di Priene per gl incerti casi di fortuna che potessero sopravvenire ; e quella somma gli fu poi fedelmente restituita (i).
XII.

397

ont di Tolommeo Filometore.


Tolommeo Filometere provveduto di grandi truppe, avendo ridotto il fratello entro le angustie di una sola citt , e per l assedio, con cni il premeva, spinto alla necessit estrem a, gli perdon: il che egli fece e per linnata clemenza sua , e pel vincolo di san gue , e per timor de Romani. N solamente poi gli perdon ; ma fece seco lui una transazione, per la
rifiatata la costai alleanza. Eumene proteggeva Ariarate. Ma questi fu vinto , p rifuggissi a Roma. (i) da dire per che gli abitanti di Priene per quella loro fe dele restituzione del deposito, ebbero a sostenere u ia guerra , che loro fecero Ariarate re di Cappadocia, ed Aitalo.

39B
quale gli accordava il regno di Cirene , e una certa quantit annua di frumento. Cos quella guerra tra fratelli, la quale Avea tanto allontanati gli anim i, e messi entrambi in gravissimi pericoli , a un tratta fin con umanissime condizioni. XIII.

Fatto sacrilego di Orofeme*


Orofeme veggendo le cose sue assai declinare , sta bil di dare al pi presto le loro paghe a mercena rii 3 onde col pretesto di non essere pagati non ec citassero qualche sedizione. Quindi stretto allora as sai da mancanza di denaro and a spogliare il tempio di Giove posto a piedi del monte Ariadne, che fina da rimoti tempi era stato smpre inviolato ed intatto; e cos pag tutti gli stipendii che dovea a soldati. XIV.

Empiet c castigo di Prusia.


Prusia ? re di Bitinia, non avendo potuto avere nelle mani A ttalo, n sperando pi di riuscire in tale suo disegno, prese a devastare il Niceforio , si tuato sotto le stesse mura di Pergamo , e mise a soqquadro anche il tempio ? portando via le statue e le immagini degli Dei immortali, e fra queste il si mulacro celebre di JEsculapio ; di cui dicesi artefice

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Piromaco ; e tutte le altre cose sacre rap. Della quale empiet in breve dagli Dei fu punito ; essen dogli morta la maggior parte de suoi fanti , tor mentati dalla dissenteria. N diverso accidente pa tirono le truppe eh gli avea sulle n av i, poich nata improvvisa tempesta nella Propontide , la mag gior parte di quelle navi rimase sommersa insieme coi soldati e remiganti ; ed alcuni dei naufraghi fu rono cacciati a perra. Questa fu la prima p en a, che per l empiet sua ebbe Prusia. XV.

Perfidia dei Cretesi a Sifno .


I Cretesi approdati a Sifno assaltarono quella citt, e parte col terrore , parte colle promesse, ottennero d esservi accolti dentro , giurata fede in prima che non avrebbero fatta ingiuria a nessuno. Ma poi usando della perfidia solita ad essi, fecero schiavi i S ifn ii? e spogliati i templi degli D ei, ritornarono in C re ta , messo sulle loro navi tutto il bottino. Ma di questa perfidia non istettero molto 'a pagare il fio , 'essendo sopra loro piombata la vendetta degli Dei quando meno se 1 aspettavauo. E la cosa and cos. Essi erano stati costretti a salpare di notte per la pfftira de nemici> le navi de quali erano pi grandi delle loro 5ed improvvisamente alzatasi gran procella, furono inghiottiti dal mare: alcuni gittati verso terra, e sbattuti contro gli scogli morirono miseramente : po-

400 chi che a quella perfidia non avevano dato il loro assenso , furono i soli, che salvaronsi dal naufragio.

FRAMMENTI DEL LIBRO XXXII.


I.
Politica di Filippo , di Alessandro, e de* Romani coi popoli vinti.
Filippo , figliuolo d minta , avendo ricevuto il regno soggetto agl 111iri , e tributario , colla svel tezza e fortezza sua il ricuper , e il rendette il pi grande di tutta Europa, usando ai vinti singolare clemenza. Imperciocch avendo vinti gli Ateniesi in una sanguinosa battaglia , quando gli. contrastavan il primato della Grecia 5i cadaveri dei loro morti in battaglia da loro lasciati insepolti ? egli con grata diligenza fece seppellire y e pi di due mila prigio nieri rimand alla loro patria senza pretendere ri scatto. Ond che quelli, i quali del primato aveano seco lui combattuto, udita tanta umanit del re verso i loro concittadini, spontaneamente ' gliel cedettero $ ed egli quello che con fanti pericoli e combattimenti non |tveva potuto ottenere, 1 ottenne senza invidia danemici col solo essersi dimostrato clemente. Lim perio suo egli poi conferm colla paura e il terrore, quando demol O linto, citt popolatissima. Con pari consiglio suo figliuolo Alessandro distruggendo Tebe ritrasse dal pengiere di tentar cose nuove gli Ateniesi e

Lacedemoni. Ma nella guerra persiana, usato avendo somma umanit coi prigionieri concili al partito suo gli Asiatici non tanto colla fortezza , quando colla singolare sua clemenza. Ma negli ultimi tempi i Ro mani bramosi dell' impero del mondo , il consegui* rono , vero colla loro militare virt ; e colla clemen za che usarono ai vinti, alle cose loro diedero amplisi simo incremento. Ed erano essi tanto alieni da ogni sevizie , e dal supplizio de vinti, che parvero trat tarli non come nem ici, ma come amici, e gente be nemerita ; imperciocch mentre i vinti s aspettavano dai vincitori ogni estrema ruina, essi vincitori con incredibile umanit temperavano la vittoria loro me desima , a chi concedendo i diritti di citt, a chi quelli concedendo delle nozze, ad altri restituendo la libert, a nessuno facendo sentire P acerbit della vittoria pi di quello che convenga. Per ci a ca gione della singolare loro benignit r e , citt , na zioni , tutti concorrevano a mettersi sotto la prote zione del popolo romano. Ma dopa che s impadro nirono delF imperio di quasi tutto il mondo., col teiv ro re e coir eccidio di citt celebratissime* fortifica-* rono la loro dominazione.. Cos nell9 Acaja demo lirono Corinto , cos dalle fondamenta rovesciarono Numanzia nella Spagna; cos estinsero i re di Ma* cedonia , come Perseo ; e furono a molti altri di terrore.

n.
Condotta de Romani circa il fa r guerra*
I Romani badano sommamente ? e fanno singola? stadio dintraprendere guerre giuste ) e di non or* dinare in esse alcuna cosa n leggiermente,. n ift0nsiderata mente, III,

Della fede di P. Scipione.


P. Scipione j cbe fu poi detto Africano , allora tri buno , avvegnach quasi tutti gli altri Romani eoa facilit violavano i patti e giuramenti fatti co ne mici ? egli all opposto con massima religione mante, neva la fede data agli assediati , e quelli che si ar-* rendevano, trattava con clemenza, e con grande umanit. Laonde co testa sua equit dalla fama es sendo diffusa per 1 Africa , niuno di quelli che fbs sero assediati si arrendeva ai Romani, se Pubbli.Q Scipione non interponeva la fede sua.

IV, Umanit di Annibale fa tta cagione di gloria per Scipione*


Non essendo morti nel combattimento che tre soli Romani y e quelli essendo rimasti insepolti * tutti

4< 3 >
erano di tal cosa travagliati. Ma Scipione, avutone permesso dal console , chiese con lettere ad Anni bale che volesse far seppellire que*cadaveri. Il quale avendo ci fatto prontamente, e dopo il mortorio mandate al console le ceneri di que tr e , Scipione ne fu glorificato, come avente sommo credito ancie presso i nemici.

V .
Crudele condotta del falso Filippo.
Il falso Filippo vinti in giusta battaglia i Romani, e voltosi alla sevizie ed insolenza propria del tiranno, ammazz chiunque fosse uomo opulentissimo , con somma scel leraggine fabbricando calunnie contro i medesimi. E lev di vita anche parecchi dei suoi am ici, essendo uomo fiero e sanguinario di natura $ e iiel conversare famigliarmente superbo ; e conta minato in fine dogni genere di cupidigia e di mal fare. VI,

Amore del popolo romano per Scipione.


Il popolo romano amava tanto Scipione, che quan tunque n l et di lu i, n le leggi il comportassero, pure volle ad ogni moda co1 suoi suffragi dichia rarlo console *

44

yii.
Perfidia di L, Calpumio Pjsone.

L. Calpumio Pisone console, avendo prese per dedizione alquante citt , rotta di poi ogni fede, tutte le rovesci da capo a fondo. Laonde tutti i suoi disegni di poi andarono a vuoto , come se avesse contrarii gli Dei. Ed infatti avendo incomin ciate molte imprese , non pot mandarne ad effetto riissima.

Vili.
Prusia odiato dai Bitinii.
Il re Prusia, essendo brutt daspetto, e di corpo molle ed effemminato, era odiato dai Bitinii. IX.

Generosit di Scipione verso i Siculi.


Scipione, espugnata chebbe Cartagine, fece che i legati de Siculi, i quali erano allora al suo campo, osservassero quali nel radunato bottino fossero i bei capi d opera delle loro citt , gi in addietro dai Cartaginesi portati via ; ed ordin loro di ricondurli alla loro patria.. E trovaronsi in vero molte imma* gini, e molte elegantissime statue d illustri valenti uomini 3 e molti lavori offerti gi agli D ei, parte di

4o5
o ro , parte d argento, cbe 1 Sculi ben riconobbero. Tra le quali cose fuvvi quel celebre toro d Agri gento , di Perillo, il quale avendolo fabbricalo a servizio del tiranno Falande, pel primo poscia ebbe a sperimentare pel suo* stesso supplizio. X.

Elogio di G. Giulio Cesare.


*

Alla et no stra, dopo circa cent a n n i, G. Giulio Cesare , cbe per la grandezza delle imprese fu so prannominato il Divo, contemplando i rottami e le ruine di Corinto fu tocco da tanta piet, e insieme da tanto amore di gloria, che prese con sommo impegno a volerla ristaurare (i). Perci a cagione di sua benignit, -cbe in quel grand1uomo fu somma, egli merita infinita laude ; ed giusto cbe la virt di lui a sempiterna memoria sia registrata nella sto ria. Imperciocch dove i suoi maggiori contro quella citt acerbissimamente comportaronsi , egli colla man suetudine sua vi emend il crudo rigore, alla sevizie anteponendo la clemenza. Nel medesimo tempo colP ampiezza delle sue imprese tutti di gran lunga su per quanti erano prima di lui vissuti; e per la sua
(i) Fa nell*anno di Roma 910 , che Cesare, essendo console per la quinta volta con M* Antonio mand a Corinto Una colonia di gente di condizione libertina. Fu questo titolo che chiam non po che satire su que nuovi Corinti. di vero non ebbero altra rino mania che quella che venne loro dalle Lettere di S. Paolo.

4o6
virt giustamente merit SI soprannome di Divo, ln -4 fine c. per lo splendor del casato * e per la forza della eloquenza, e per la scienza militare , e pel disprezzo del denaro 9 fu il pi celebre nomo della et sua. XL

Elogio di Viriati
Viriato lusitano era giustissimo iti ispartir il bot* tin o , e quelli che valorosamente s1erano comportati nel combattimento * secondo i meriti di ciascheduno onorava con grandi doni. N poi toglieva nulla dei denaro eh era di ragion pubblica* Per lo ch i Lu sitani riguardandolo come salvatore e benefattore della loro repubblica, lui duce e compagno , nessun pericolo rifiutarono mai d incontrare* XII,

Di G. Planzio*
G. Pia tizio , prfctor tornano , govern assai mal la provincia (i). Ond che per giudizio popolare venne condannato, e and in siglio , per avere di* minuita la maest del popolo romano*
( i) Cio la Spagna# e fece la guerra a Viriato con imprudenza & negligenza*

XIII. Del re Alessandro.


Fu nella Siria il re Alessandro (i) , il quale pl* la sua pigrizia non atto a tanto carico, diede il g* Verno di Antiochia a Jerace e a Diodoro. XIV,

M isfatti del re Demetri..


' Volto al basso il regno di Siria , Demetrio, sol Superstite ornai della stirpe reale ^ credendosi sicuro da ogni pericolo, invece di seguire il costume dei re antecedenti, i quali colla cortesia, ed affabilit cercarono di procacciarsi il favore de popoli, egli si fece ogni giorno pi intollerabile con ordini pesan tissimi , a tal che in fine divent crudel tiranno , e si diede a misfatti d ogni maniera di scelleraggine. Del che per la colpa dee darsi non tanto alla prava indole sua , quanto al ministro (2) , che pose alla testa di tutti gli affari del regno. Costui scellerato e temerario del p a ri, ed autore di tutti i m ali, quel
(1) Cosini fa quegli ch ehhe il Soprannome di Baia * eccitato A far guerra a Demetrio da Tolmmeo e da A italo. (1) Il cattivo ministro, di cui qui si parla, fa il cretse Lastente4 il quale giov molto a Demetrio nel ricuperare il r#-fjr>o. Questo Demetrio fa il JYicatore f figliuolo di Demetrio soprannominato
m e.

4o 8 giovine re guast colle sue adulazioni, e spinse a pi nefandi delitti. Incominci dal far morire in mezzo ai pi atroci tormenti tutti quelli , cbe nella guerra erano stati di contrario partito. Indi siccome gli Antiocheni, secondo il loro costume, lo satireg giavano (1), mosse contro loro soldati mercenarii t ed ordin , che li spogliassero delle armi. Le quali non volendo gli Antiocheni consegnare , ed essen dosi messi in punto di ribattere la forza colla forfca , altri nell1atto della zuffa uccise , altri trucid nelle proprie case colle mogli e co1figli. E come per tal rosa tumulto gravissimo nacque in citt , egli incendi la massima parte della medesima j e condannati capitalmente molti che dicevansi capi della sedizione, i loro beni confisc. Per queste cose un buon numero di cittadini d Antiochia, per odio e paura di Demetrio fattisi profughi, andavano va gando per ogni luogo della Siria aspettando tempo opportuno per vendicarsi. Intanto Demetrio inviso a tutti non cessava n dalle stragi , n dai bandi, n dalle confiscazioni de'beni, superando di gran lunga l crudelt di suo padre } il quale niuna benignit da re usando , ma invece lasciando il freno all' im peto della tirannia di acerbissime calamit avea i sudditi oppressi a modo , che i re di questa famiglia per la loro inclemenza vennero in detestazione a
(t) Non piace al Vetselingio ehe s parli pi& del satireggiare degli Antiocheni, che della loro leggerezza, cd impeto per la novit. Ma egli doveva ricordarsi del carature di quegli abitanti uno al tempo di Giuliano imperadort

4<>
ta tti; alPopposto i re dell altra stirpe per la eie* tnenza loro furono da tutti amati (i). Quindi, poich i prncipi dell una e dell altra s insidiavano a vieenda , continue erano nella Siria le battaglie ; e la plebe stessa corrotta dalle arti dei re succedenti godeasi d ogni novit che avvenisse. XV.

Perfidia degli Aradt.


Gli Aradii divenuti alteri e prosuntuosi, fecero violenza ai legati de M aratensi, i quali iti a chie dere soccorso , ed invocando la religione de suppli chevoli , e reclamando il sacro diritto delle genti, da alcuni audacissimi giovani furono uccisi. E gli autori di tale misfatto, iti immantinente alla pubblica assemblea, aggiungendo male a male, macchinarono empia trama contro i Maratensi ; e fu che. tolti agli uccisi gli anelli pensarono di mandare una lettera, come se fosse stata scritta da que legati, al popolo maratense, nella quale dice vasi che gli Aradii avreb bero in breve spediti ajuti ; e ci* col di segno che i Maratensi , accogliendo i soldati degli Aradii sulla fede che realmente fossero andati per ajutarli, in gannati da ci rimanessero sorpresi. Ma gli Aradii
(t) Le -d stirpi reali della hria , di cni qui parla D io d o ro , fa* rono quella di A ntim o Epifimm cui proveniva Alessandro Baia \ ed era stata di r elementi5 l'altra quella di eleuc^ F ih patan noia per superbia c miaia*

4>o
non poterono riuscire in tal perverso disegno. Impera ciocch mentre aveano tolto ai privati ogni qua-* lunque legno, affinch nissuno potesse avvisare i M a-* ratensi dell'inganno r favvi un pescatore non avverso ni Maratensi, che avendo piet d essi 7 poich era solito a frequentare il prossimo stretto , essendogli stata tolta la barca , di notte si gitt a nuoto ? e arditamente pass lo stretto, eh1era largo circa otto stadii y e scopri ai Maratensi le insidie degli radii. Ond1 che questi vedendo svelata l loro trama 9 si astennero dal mandare quella lettera.

xvi*
Di Tolommeo Fiscone.
Tolommeo Fiscone fratello del Filometore, avendo preso a regnare , incominci il suo governo dai pi grandi misfatti. Molte persone fece morire sotto cru delissimi snpplizii , calunniandole di avere attentato alla sua vita : altre esigli sotto varii falsi pretesti y confiscandone i beni. Per le quali cose in breve in corse la detestazione e Podio di tutti i sudditi. Non ostante regn quindici anni (i).
(i) Avvertasi che Diodoro qui non intende dire che Tolommea Fiscone regnasse solamente quindici anni: ch ne regn ventinove j jna bens che gli Egizii soffrirono le su crudelt, e il tirnnico suo governo sino al quintodeeimo anno del, suo regno. Ch allora ap-* pnnto j messo fuoco al palazzo gli Alessandrini 1 obbligarono afug<* * gire: ed in fatti si port nascostameni* in Cipro.

4it
XVII.
bella temperanza di Viriato.
Viriato , vedendo nelle feste delle nzze esposto taolto Vasellame d oro e d1argento , e drappi , e stoffe dogni singoiar lavoro, colla lancia rovesciando tutte quelle cose y non d ammirazione le diceva de gue , ma bens di disprezzo. E mlte altre sapienti massime pronunci , e fini con una risposti sola ; cbe comprendeva molti e profondissimi sensi; Imper ciocch primieramente col suo detto signific essere imprudenza massima porre sue speranze ne1beni della fortuna che sono incertissimi : indi che tutte quelle dovizie di suo suocero erano soggette alle armi e alla lancia : poi in ultimo , che piuttosto il suocero dovea essere grato a lu i, poich nina cosa di pro prio gli donava, essendo egli il padrone di tutto. Del rimanente Virito allora n si lav n si assise , a tavola, bench molto pregato ; mentre la mensa era imbandita di cibi squisitissimi, fegU a suoi com pagni non distribu che pane e carne. Quindi preso egli colle mani un poco di cibo, fece Venire la sposa, e fatto , secondo l uso degli Spagnuoli, il sacrifizio , mise la donzella sopra un cavallo, e tosto la con dusse al suo quartiere, che aveva nemonti. Stimava egli la sobriet per massima ricchezza , poneva la patria nella libert , e nella fortezza la possessione pi sicura. Ne* patti , e ne discorsi era egli ancora li somma fede ; e pieno di urbanit : parlando egli

4**
semplicemente e sinceramente, come nomo , che era d incorrotto ingegn ; e in ninna disciplina istruito. XVIIL

Del mal talento di Demetrio.


Demetrio fermatosi in Laodicea, consumava il suo tempo in banchettare, in procacciarsi ogni pi squi sita volutt , in oziare pigramente in ogni maniera di lussuria. E non pertanto non si ristava egli dal far male di tratto in tratto a molti : n le 4isgrazia lo avevano fatto pi prudente. . XIX.

Pretensioni de Gnossu.
I Gnossii contendevano sul principato JeflP isole , che dicevan essi loro appartenere s per 1 antico splendore della loro citt, s per la fama che durava ancora de loro maggiori fino dai tempi eroici. Rife riscono in fatti che Giove fosse presso d essi edu cato ; e che Minosse , il quale fu il primo ad avere T imperio del mare , originario di Gnosso , era stato disciplinato da Giove ? c in virt avea superato di gran lunga tutti gli altri mortali.

4i3
XX. Confronto tra i Tolommei, filometore e Fiscne.
Ma in Egitto il re Tolommeo per la sua crudelt e pe suoi misfatti era in odio a tutti : imperciocch i costumi suoi messi a paragone di quelli del Filo-* metore suo fratello , non aveano ombra di rassomi glianza. Il Filometore era di una esimia mansuetu dine j ed egli di una sevizie somma. Ond che la moltitudine avida di cose nuove cupidamente aspet tava tempo opportuno per ribellargli XXI.

Crudelt di Fiscone.
Nel tempo cbe Tolommeo secondo il costume degli Egizii solennemente inauguravasi nella reggia di Menfi (i), gli nacque un figlio dalla regina Cleo(i) Non dispiacer avere qualche idea di questa funiione in Egitto antichissima. Copiamo perci un passo di s. Girolamo ne* suoi Conunenti sopra Daniele Egli dice : Tifone viene fulminato da

Apollo nel tempio d* Egitto in Mertfi, dove fu uso di decorare sul regio soglio i re che dominavano. Ivi primieramente venivano iniuati nelle cose sacre , vestiti con molta religione di una candida tonaca. Poi dovevano recare il giogo al toro, che chiamano api s ed esservi condotti per un lungo vicolo, cos esperimentando le fa tiche della umana necessit, onde non abusare crudelmente dei soggetti. Il re veniva anche condotto dal sacerdote <* Iside in aerto 2 adito , ed obbligato a giurare, che n giorno 9 n mese avrebbe in tercalato ec. Ed erano qui esposte tutte le cose che il re dovea
rispettare e lare.

44
patra. Di che sommamente lieto il chiam M enale, appunto perch gli era nato in Menfi nel corso di quella solenne funzione. Ma nel mentre che celebrata la nascita di quel fanciullo, non cessando dalla solita sua crudelt, ordin che fossero ammazzati alcun Cirenei, i quali lo accano condotto in Egitto;* e ci perch lo aveano alquanto liberamente rimproverata di tenere per concubina Irene. XX 1L

Atrocit di Diegili trace,


Diegili, re de1T rac i, dopo che fu asceso in tro no , insuperbito per le prospere cose, che sopra I suoi desiderii gli avvenivano , incominci non a reg gere i suoi sudditi come amiei e compagni, ma a signoreggiarli aspramente come tanti schiavi e pri gionieri. Cos molti Traci 7 uomini per bont eccel lenti ? dopo averli fatti passare per crudeli tormenti, fece morire ; ed assai pi oppresse d* ingiurie e di contumelie estrem e, infatti costui non rispettava la bellezza e il pudore di nessuna donna, o di ingcr nuo giovinetto;niun bene altrui era che non rapisse violentemente ; e tutto il suo paese empiva di seebleraggini, e di sopraffazioni. Anzi le greche citt con Guanti collo stato suo metteva a ru b a , e le per- sone che ne prendeva, o violava, o facevaie morire sotto torture raffinatissime. Ed avendo presa la citt di Lisimachia, la quale era del dominio di Attala^

4i5
la fece incendiare, e de prigionieri che vi fece , tra scelti quanti erano nobilissimi, li scarnific con inau diti supplizii. Tal era la barbarie di costui, che le tronche teste , e le mani e i piedi de figliuoli faceva attaccare al collo de genitori ; e scambiava le mem* bra degli uomini e delle donne , ad alcuni, mutilati prima delle mani , tagliava per mezzo la schiena ; e alcune volte le tagliate membra rizzava sopra pali; cos che infine nella crudelt superava Falaride stesso e Apollodoro , tiranno de Cassandresi. E l atrocit di costui, per lasciar altre cose f da questo sol fatto abbondantemente si comprender. Celebrando egli le nozze secondo le antiche usanze ed instituzioni de T raci, mise le mani addosso a due giovani greci che insieme viaggiavano ; i quali erano del regno di Attalo , fratelli, ed ambedue bellissimi di persona, uno di prima langgine , Y altro giunto ornai al fior della et. Ora Diegili si fece venire innanzi l uno e 1 altro con in testa le infule (if a modo delle vit time y e allatto che stava per tagliarlo per mezzo fece da suoi satelliti distendere in terra il pi gio vine } a un tratto esclam non dovere i re usar le vittime come i privati. Alle quali parole postosi lal tro giovine a gemere, e per l amore del fratello of ferendosi egli al colpo 5 Diegili ordin che anche questo si stendesse 3 terra come il primo 5 e duplir cando la crudelt entrambi tronc di un colpo solo,
(sodo

(1 ) Cos antico l'uso delle mitre, che fino ai nostri tempi si vedute usare a Lisbona, a Madrid, a Goa, al Messilo

tremendi Aut-dafv \

41(5
applaudendo a tenia ma destrezza gli spettatori. A, gaissimi altri fatti di tale maniera, iniquissimamente, colui com m ise.............

xxrn.
A ltri tratti di atrcit di Diegili.
Attalo reggendo cbe Diegili per avarizia e crudelt sua era detestato da sudditi, adott una contrria condotta': onde avendo egli liberalmente rimandati al loro paese assai Traci ? dianzi fatti prigionieri, si procacci altrettanti panegiristi di sua mansuet dine y essendo poi accaduto cbe molti principali fra i T raci, per 1 odio a Diegili rifuggtvansi presso di lui ,* e n erano ben accolti, Diegili, saputa la cosa, gli ostaggi di quei fuorusciti gravissimamente tor* mento la maggior parte de9quali essendo ancora in tenera e t , parte ne fece mettere in b ran i, parte fece mozzare di piedi , di m ano. di capo $ alcuni attacc a croci, altri sospese ad alberi/ N poche donne ? di quelle eh erano strila pelle ornate di pun ture colorite (i), che presso i Traci sono le prima
( 1) Fu questo costume delle donne di Tracia, che da prima certe linee,.e figure pajono avere usato, a ci dagli uomini condannate per la strage che fecero di OrfeQ. Ma tale origine ognun vede do ver essere favolosa. Presso Ateneo trovasi data altra ragion* di tal uso. Noi vorremmo che gli Eruditi, i quali perdono il lor tempo a dicifrare le sigle de* ceppi mortuari! di persone oscurissime , che non interessano nessuno, volgessero il loro ingegno a ricercare come quest uso, sino dagli antichi tempi pratioaio fra le nazioni barbare

4?
rie y prima d essere condotte al supplizio prostituiva alla libidine di tutti , cos con barbara superbia cor rendo ad ogni genere dingiuria. Le quali cose, come palesemente dimostravano in colui una certa sver gognata sevizie ; cos nella pi parte degli spettatori, e in quelli che avevano qualche senso di umanit , destavano somma compassione. XXIV.

Perfida vilt de Lagnitani , e pena portatane.


Q. Pompeo avendo preso ad assediare la citt di Lagno, i Nu man tini in grazia de1 loro popolani, mandarono loro di ntte un soccorso di quattrocnto soldati, i quali i Lagnitani sul principio volontieri ricevettero, ed anche regalarono come se fossero i loro salvadori. Ma pqchi giorni dopo spaventati delr assedio vennero a proposizioni darrendersi a Pom peo , chiedendo Soltanto dr essere salvi ; e Pom peo non volle ascoltare condizioni, se prima non gli si consegnassero i Numantini. Parve a Lagnitani scel leratezza usare quel tratto con uomini verso loro si benemeriti j n avendo ardimento di farsene rei, sta bilirono di sostenere P assedio. Ma ridotti poscia ad estreme angustie, mandarono a dire a Pompeo d es sere disposti a redimere la loro salvezza col sacriti* ci de loro socii. Il che avendo gli ausiliari NumandelP antico continente # trovati s frequente presso tante nasioni sel vagge d* entrambe le Americhe t e nelle pi remola isole del grande ceano.

4i 8
tini penetrato, sbucati fuori di notte allimprovviso fecero orribile strage di quegli abitanti. Pompeo in* teso il tumulto fece subito mettere le scale alle mura, e prese la citt, passando a 41 di spada tutti i Lagnitani , e benignamente mandando via i Numantini ausiliari, cb erano in pumero di dugento : con tal fatto avuta compassione del cimento, a cui era stata tratta la virt d'uomini indegnamente traditi alle estreme angustie 5 e nel tempo stesso con tale suo operare tirando i Numantini a certo benevole af fetto verso il popolo romano. La citt poi di Lagno demol interamente. XXV.

Elogio di Arsace re de Parti.


A rsace, re de P a rti, essendo stato sempre eie* mente e mansueto, ebbe dappertutto prospera for tu n a , ed amplific grandemente i limiti del suo im perio. Imperciocch andato sino a llln d ia , ove anti camente avea regnato Poro, tutto il paese facilmente conquist. E quantunque a tanta ampiezza di regno fosse giunto, n lusso 9 n superbia il macchiarono , diversamente da quanto suole avvenire alla maggior parte de principi : ma fu sempre clemente verso i sudditi , e forte contro i nemici. Avendo poi assog gettate all imperio suo assaissime nazioni, da cia scheduna d esse tolse quanto trov di ottim o, e ne fece altrettanti capi distruzione pe suoi Parti.

XXVI, Elogio di Viriato


Al cadavere d Vinato furono dai Lusitani cele brati funerali magnifici, ordinando cbe sulla sua tomba combattessero dugento coppie di gladiatori, in onore della fortezza esimia di quel valentissimo uomo. E fu egli, coni1 noto a tu tti, bellicosissimo nepericoli j e sagacissimo in provvedere quanto alla cir costanza occorreva ; e ci ch il principale di tutti i suoi pregi alla testa dell* esercito fu amato da' soldati, come nissuno dianzi lo fu. E ci perch nella divi sione del bottino nulla prendeva di pi degli altri ; e di quanto era su o , regalava i valorosi uom ini, e soccorreva i soldati pi bisognosi. Era inoltre di una sobriet, e di una vigilanza incredibile ; n si sot traeva mai a fatica ed a pericolo qualunque : fatto di ferro contro ogni genere di volutt. E della sua virt sono le prove manifestissime: perciocch avendo governati i Lusitani per undici a n n i, non solamente si tennero tutti tranquilli senza sedizione alcuna; ma le sue truppe furono , pu dirsi, invitte. Morto lu i, l esercito de Lusitani, privati di .tanto condottiero, in breve fu dissipato.

XXYU.

Meriti di Jcroce, ministro di Fiscorte. ' Tolommeo era invisa a tutti a cagione della sua Crudelt, delle stragi sue, delle sue turpi libidini y d anche per la deformiti della persona, per questo appunto chiamato Fiscone. Ma lo sostenne nel regno il prefetto Jerace 7 uomo intendentissimo delle cose di guerra, molto popolare nelle adunanze, ed inol tre di esimia magnanimit. Imperciocch trovandosi Tolommeo scarsissimo di denari, e i soldati per non aver le lor paghe essendo disposti a disertare a Gale ste , egli di borsa sua sald le loro partite, e di ta l maniera sed la sedizione.
XXVIII.

Del Fiscone ancora.


Gli Egizii disprezzavano affatto Tolommeo veden dolo e puerile ne9discorsi, e perduto nelle fogne delle pi vili libidini, e per la intemperanza di coipo affatto effemminato. XXIX.
\

Di M. Emilio. M. Emilio console essendo troppo grasso, per la

4^i
soverchia grassezza grave e tardo di corpo , non era per nissun conto atto alle cose della guerra (i).

FRAMMENTI DEL LIBRO XXXIV.


A ltra ribellione degli schiavi in Sicilia.
Ne medesimi tempi fu eccitata in Sicilia una sedizione di servi, molto maggiore di tutte quelle che fossero accadute avanti ; colla quale moltissime citt furono turbate , ed innumerabile moltitudine di per sone d entrambi i sessi cadde in orribili calamit f essendo mancato poco che tutta F isola non restasse sotto il dominio de fuggitivi, i quali aveano per ulti mo di loro potenza fra se stabilito d infierire con tutta mai 1 atrocit contro i loro padroni. E cosi avvenne a m olti, che tal ruina certamente non saspettavano. Ma quelli che le cose sogliono attentamente consi derale 3 videro tal infortunio non a caso essere suc ceduto. Imperciocch per la smisurata abbondanza di tutte le cose, delle quali gli abitanti di quella isola opulentissima godevano , ogni ricco uomo si era dato al lusso, indi alla superbia ed alla petulanza; e per questi vizii crescendo di giorno in giorno, e la sevi* zie de padroni verso i servi, e la malevolenza dei servi contro i padroni , finalmente venutane occa sione opportuna, 1 odio scoppi ; e molte migliaja
(i) Costai dal popolo romano era chiamato M. Emilio Lepida PTeina. Per testimonianza di Cicerone fu buon oratore.

422 di serri senta che n fsse dato segnale aldino al* r improvviso alzaronsi per ruinare i padroni. E un fatto smile nel medesimo tempo accadde pur nel* l A sia: perciocch essendosi Aristonico (i) senza alcun diritto arrogalo il regno dellAsia , a .lui unirousi i servi per la sevizie con cui dai loro padroni erano trattati, e molte citt e borghi empirono di stragi. Del rimanente convien sapere che tutti quelli i quali in Sicilia possedevano latifondi! per ararne le terre compravano ergastoli interi ; e parte de servi tenevano in ceppi, parte aggravavano di pesantissimi lavori ; e tutti poi bollavano ; ed era di tanta mol titudine di questi miserabili piena tutta lisola , che appena potrebbe credersene il numero ; perciocch Ogni pi ricco uomo di Sicilia soleva pareggiare ia superbia, in avarizia e in perversit cogl1Italici. D i questi appunto la pi parte allora manteneva grandi famiglie di servi, e a tale iniquit e licenza aveano assuefatti i loro pastori y che quando non davano loro di che alimentarsi , permettevano che si met tessero a rubare. Ora permessa una volta siffatta li cenza a tali uomini, che per la robusta complessiobe erano capaci deseguire ogni attentato, che ne avean tutto il tempo possibile, e che verano eccitati dalla
(i) Questo Aristonico dicevasi figliuolo di Eumene, Egli occup Leuca ; poi in una battaglia navale vinto dagli Efesii si ritir nelr interno, e chiamali alla libert i servi, ed armata una grande quantit di poveri , mise insieme un grande esercito. Egli chiama** quei servi Eliopoliti.

4a3 necessit di cercarsi il vitto , in breve quel perverso saccheggiamento prese piede. Da principio erano so liti ad ammazzare chi o solo, o con qualche com pagno viaggiasse per le strade maestre. Poi passa* rono ad assaltare di notte i villaggi piccoli, rapendo quanto vi trovavano, e trucidando quelli che voles sero oppore forza a forza. Poi crescendo in audacia ? non pi erano sicure di ntte le strade ai vianc&nti> n V asilo delle loro case a quelli che solevano vi vere ne1villaggi: tutto essendo pieno di rapine, di latrocini , e di uccisioni. que1pastori in s mal fare prendeano ogni giorno pi coraggio , essendo armati alla foggia de soldati, e vivendo a cielo sco perto ; portando mazze , e lance , e grossi bastoni ; ed essendo vestiti di pelli di lupo, al solo farsi ve dere erano divenuti terribili. Aveano poi seco conti nuamente una caterva di, grossi cani 5 e come al tronde di latte , di carne ? e di ogni cibo ingorda mente si riempivano, e d animo e di corpo eran feroci. Di tal gente, divisa in frotte qua e l sparse era'adunque piena Pisola tutta, come se fosse stata milizia ; e correva dappertutto questa gena di servi armati, audacemente baldanzosa, come quasi ci dai padroni medesimi cos le fosse permesso. I pretori cercavano, vero, di reprimere quella canaglia ; ma non aveano coraggio di punirla a cagione del credito e della potenza de1padroni: onde a loro mal grado soffrivano che la provincia fosse da que ladroni in festata. Imperciocch essendo la pi parte depadroni di coloro cavalieri romani ; da avvertile, eh tssi

424
erano quelli, presso i quali a quel tempo erano i giudizii in Roma, e che dal loro ordine solevansi trarre a sorte i giudici nelle cause depretori e de1proconsoli, che venivano dopo il governo delle provincie citati a render conto della loro condotta : onde erano for midabili a que magistrati. XXIL

Come

Italici possidenti in Sicilia trattassero gli schiavi.

GlItalici, che aveano in Sicilia grossissime tenute, componendo gran numero di servi, e tutti bollandoli in volto, li defraudavano della cibaria, e li aggra vavano di lavoro. XXIII.

Condotta di certo Damofilo verso i suoi schiavi.


Bravi un certo Damofilo, dEnna, uomo di grandi facolt, ma d indole arrogante, il quale possedendo lina vastissima campagna, e gran numero di bestiame avendo , si pose ad emulare nel lusso, e nella cru delt verso i servi gl Italici che vivevano in Sicilia. Imperciocch facevasi vedere a scorrere il paese strascinato sopra un cocchio da cavalli generosis simi , e accompagnato da una caterva di servi armati. Conduceva parimenti seco di continuo e bei ragazzi, e adulatori , e parassiti moltissimi ; e in citt e in yilla usava Tassellami dargento egregiamente lavorati

4^5
n rabeschi e figure , e padiglioni e copertoi tinti di porpora di gran prezzo : poi dava cene lautissime e di una magnificenza da r e , nelle sue spese supe rando lo stesso lusso persiano. Similmente andava innanzi a tutti nell arroganza 5 poich essendo uomo idiota ed ignorante d ogni disciplina, possedendoricchezze grandissime , e libera licenza , prima per la saziet proruppe in insolenza ; e finalmente tir addosso a se stesso la ruma e alla patria gravissime calamit. Impercioech avendo comperata una grande quantit di servi , d essi per massima contumelia abusava ; poich mentre erano p erson e nate civil mente nel loro paese , e fatti prigionieri di guerra , sulla, faccia li segnava a forza di. punture di stili ; poi gli uni incatenati faceva serrar negli ergastoli, altri destinava a pascolare i bestiami ) n di vestito, n d altre occorrenti cose dava lor# il bisogno. Oltre ci non lasciava scorrere un giorno , che QOn facesse i suoi servi battere senza che in alcun modo lavessero meritato: tanta era la crudelt sua, il protervo suo genio. N diversamente comporta vasi la moglie di lui Megallide di nom e, la quale godendo con atroce animo del supplizio de7 m iseri, le sue ancelle trattava crudelmente , e cos i servi che le capitavano sotto. Ond che esasperati per gli strapazzi e la sevizie d entrambi contro loro que servi, i quali videro nulla di pi grave poter loro avvenire di quanto gi soffrivano , all improv viso insorsero. Avea Damofilo una figlia, verginella ancora tenera

4^6
di et , ma di dolci costumi , e di animo compas sionevole. Questa i servi quando erano stati flagellati dai loro padroni era solita caritatevolmente a curare e soccorrere, e quando erano in prigione a rpcar loro di che nudarsi : ond che da tutti era gran demente amata ; ed allora per la usata di lei carit Terso tutti y a cui avea fatto b en e, a riguardo suo veramente commossi , non solo non vi fu tra loro chi alcuna ingiuria le facesse ; ma tutti ne custodi rono puro ed illibato il pudore ; e scelti de loro compagni alcuni de9pi le sti, a capo di qual fd E rm ia, la mandarono ad alcuni suoi parenti a Ca tania............ Dopo che Euno fu dai fuggitivi dichiarato re ? molti ammazz ; e risparmi que soli, che lui a ca gione del vaticinio aveano lodato ne conviti, aquali il suo padrone Antigono per divertire s e la brigata era solito a condurli, e che erano stati usi a dargli di buona grazia qualche porzione delle vivande che erano in tavola. Sicch facea meraviglia che da servo fosse a uu tratto passato ad essere re ; e tanto ri cambio disse per piccoli benefizii ricevuti. . . . * XXIV.

Di un capo degli schiavi sollevati, di nome Cleone


Nel medesimo tempo altra grave cospirazione di schiavi fuggitivi scoppi. Un certo Cleone, nato in Cilicia j non lungi dai monte T auro, assuefatto da

ragazzo ai latrocini! , preposto al pascolo di armenti di cavalli in Sicilra, non cessava d1 ingombrare le strade, e di tratto in tratto d ammazzar gente. Avendo costui udita la fortuna di Euno , e le pro spere avventure de7fuggitivi eherano col medesimo, eccitati alquanti de servi vicini, a un tratto disert; e diede il sacco alla citt di Agrigento , e a tutto, quanto il territorio di essa (i). XXV.

De pessimi costumi del re Aitalo .


Ma in Asia Attalo , di recente asceso in tro no , prese a seguire un tenor di vita diverso dai re, che 1 aveano preceduto. Essi clementi e benigni, lunga mente regnarono felicitando 1 loro popoli ; e costui crudele e sanguinario con calamit gravissime , e con carni fici ne i suoi sudditi torment 5 e come ebbe sospetti, quasi gl insidiassero la vita , i principali e pi nobili tra gli amici di suo p adre, stabil d toglierli di mezzo tutti. Per lo che scelti tra i bar bari , che teneva al suo soldo, alcuni pi sanguinari!, ed avidissimi di denaro, li nascose in certe celle del palazzo, indi chiamati nella reggia di tutto il numero
(i) Non contenendo questo Estratto se non ci che abbiamo ve duto conservato da Foo e pi copiosamente e pi ordinatamente, satebbesi potato qai tralasciare. Ma gli Eruditi avrebbero gridato alla empiet, credendo essi cosa sacra ogni reliquia. Il trionfo della ragione la pi diffcile , e pur troppo la pi rara cosa rhe veggasi al mondo in ogni argomento* -

4*8
degl a o id quelli sol quaK area pia sospetto, li (tee da que" barbari trucidare ; ed mWdlatamente dopo ordin ehe lo stesso si facesse de' loro figliuoli e delle loro moglL Rispetto poi agli altri am ici, che arcano grado od officio tanto nelT esercito , quanto nelle citt, parte d*essi fece uccidere proditoriamente, porte latti arrestare trucid con tutte le loro lamiglie. Laonde per la sua crudelt Tenne in odio non solamente a' suoi sudditi, ma eziandio a tutti i po poli confinanti; e quelli del paese erano sommamente desiderosi di vedere qualche mutazione di stato (i). XXVL

Elogio di Tiberio Gracco.


Era Tiberio Gracco figliuolo di Tiberio stato con sole due Tolte, uomo eccellentissimo nelle cose della pace e della guerra , e nipote dal canto di sorella di P. Scipione che Tinse Annibaie e i Cartaginesi. Per l1una e l altra parentela nobilissimo, in pru denza e in eloquenza andava innanzi di gran lunga a tutti i suoi eguali; ed era negli studii delle buone art eminente , che poco paventava il credito dei suoi avversarti.
(i) Per buona ventura costui non regn che cinque anni: me mori pacificamente; e fu 1*ultimo de*re di Pergamo. Gli scrittori che notano la crudelt sua, dicono ancora cbe si dilett di agricoltura3 e lasci alcuni libri intorno alle piante. Oltre Strabone, Ginstinof PJuiarco t parlano di lui Varonc 4 CobuncU k e Plinio. a

XXVIL

429

Atroce crudelt degli schiavi ribelli.


I Sirii fuggitivi (1) le mani di quelli cbe pren devano , non tagliavano alle articolazioni y ma le strappavano insieme colle stesse braccia. XXVHI.

Foto del Senato romano.


II Senato paventando Tira degli D ei, consultati i libri Sibillini, pens di dovr mandare in Sicilia alcuni del collegio dei Decemviri. I quali avendo girato per tutta 1 isola , consacrarono con certe ce rimonie e con sacrifizii gli altari dedicati a Giove Etneo ; e fattavi intorno una muraglia, ne chiusero T adito a tu tti, eccettuati quelli che dalle singole citt erano soliti ad essere mandati a quegli altari > onde farvi secondo Fuso deloro maggiori i sacrifizii patrii. XXIX.

Di Gorgo murgentino.
Gorgo era murgentino, Cambalo di soprannome, uomo per ricchezza e rinomanza principale nella sua
(i) Si parla degli schiari di Sicilia. Altrove si veduto perch ai dicessero Sirii.,

43o
citt. Costui uscito per andare a caccia , essendosi imbattuto in una truppa di ladroni , cerc di rifug girsi correndo in citt. Lo incontr per avventura suo padre, che veniva montato a cavallo ) e discesone immantinente il figlio esortava a servirsi di quel ca vallo per sottrarsi al pericolo, e sicuramente guada gnare la citt con sollecitudine. Ma il figliuolo npn sostenne che si preferisse la sua salvezza a quella del padre : n poi il padre veduto morto il figlio sostenne di sopravvivergli. Perci mentre l uno pia gnendo pregava l altro , e contendevano di piet insieme fra loro , venuti a lotta 1 amor del padre y e la carit del figliuolo, giunti loro addosso i la droni li uccisero ambedue. XXX.

D i Zibehnio figliuolo di Diegilide.


Zibelmio , figliuolo di Diegilide , seguendo le ve stigi del padre nella sevizie, ed offeso per ci che i Traci avevano fatto , giunse a tale crudelt, che ammazz con trte le loro famiglie quanti gli erano infensi per leggierissime cagioni or questi met teva a b ran i, or quelli faceva crocifiggere, ed ora altri faceva tagliare vivi a mezzo con una sega. E giungeva pur anco a trucidare i figlinoli in co spetto e nel grembo stesso de genitori ; e le loro carni tagliate a fette faceva apprestare ai parenti, rinno vando in certo modo le antiche cene di Tereo e di

43t
Tieste. Finalmente essendo stato da1Traci imprigio nato ?n potendo essi fargli scontare la pena a pro porzione di quanto meritava ; perciocch in che modo un corpo solo avrebbe potuto sostenere la pena della scelleraggine commessa a danno di tutta una na zione ? non ostante ingegnandosi il tormentarono con ogni acerbit di strapazzi e di suppliziL XXXI.

Parricidio atroce di Tolommeo Fiscone.


Tolommeo Fiscone avendo veduta sua sorella Cleo patra danimo da lui s alienata, n potendo egli in altra maniera farle m ale, immagin una scelleratezza nefanda. Imperciocch imitando 1 atrocit di Medea il comune loro figlio , di nome Memfite , fanciullo ancora, uccise nell isola di Cipro. N contento di questo misfatto, un altro ne aggiunse pi grave. Ch tagliatene a pezzi le m em bra, e riposte entro un paniere, per uno de suoi satelliti le mand in Ales sandria ;, e com era assai vicino l anniversario della nascita di Cleopatra, diede ordine al satellite che nella notte precedente la festa, ponesse quel paniere nel vestibolo della reggia. U che fattp secondo il pre scritto j immenso fu il lutto di Cleopatra, e contro Tolommeo il furore della moltitudine.

XXXIL Di Ateneo capitano di Antioco.


Ateneo , capitano di Antioco, essendosi pe vani ospizii comportato con assai grave petulanza , in breve ne pag il fio. Essendo egli stato il primo a fuggire, ed avendo abbandonato Antioco in mezzo -al combattimento,giunto ad alcnni villaggi,cbe ospitando presso i medesimi aveva angariati, fu escluso da ogni casa, e tutti gli negarono vettuaglia : cos he vagando qua e l disperato pel paese, ebbe fi nalmente a morirsi di fame (c). XXXIII.

Tratto clemente del Fiscone convertito.


Egeloco, capitano di Tolommeo Fiscone, spedito -contro M arsia , capitano degli Alessandrini, prese costui vivo ,e l esercito di lui interamente distrusse. Condotto poi Marsia in cospetto del r e , mentre tutti credevano di averlo a veder tosto morire tra tormenti acerbissimi, Tolommeo contro ogni spe ranza di Marsia , e contro 1 aspettazione di tu tti, 'gli perdon. Imperciocch Tolommeo avea allora in cominciato a pentirsi delle passate sue crudelt, e
(i) Questo fatto riguarda la spedisione di Antioco Sidere contro i Parti. Leggasi ci cha ne scrisse JPosudonio presso Acanto.

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desiderava di conciliarsi con clementi fatti di questa maniera il volgo che lo detestava. XXXIV.

Della sevizie Intero ircano.


Imero satrapa de Parti ( i ) , ircno di patria, vin cendo in acerbit tutti i tiranni ; non tralasci alcun genere di sevizie. Egli assaissimi Babilonesi per cagioni lievissime ridusse in servit, e con tutte le lo?o famiglie mand in M edia, facendoli qua e l distri buire. Egli fece incendiare la gran piazza , e parec chi templi di Babilonia ; e tutti i pi belli edifizii di quella citt rovesci. XXXV.

Della magnanimit di Alessandro Zabina.


Alessandro, chiamato Zabina, essendo desertati da lui A ntipatro, Glonio ed Eropo , suoi princi pali capitani ; ed avendo questi occupata la citt di L<aodicea, finalmente li ebbe in potei* suo. Ma egli con magnanimit d animo singolare perdon a tutti.
(i) Il Valesio eon buone ragioni ha dimostralo questo , e non ve mero come comunemente si legge, esser l1 uomo di cui si tratta. 11 FesseUngio poi ha perfezionata la correzione del Valesio mutando 1 appellativo di re in quello di Satrapa. Fraete re de Parti avea lasciato Imero suo luogotenente nel regno all occasione che and* coll' esercito contro gli Scili.

Era uomo dindole dolce e placidissima 5 e nel con# versare e ragionare di cortesia mirabile: onde da tutti veniva amato non mediocremente (i). XXXVI.

Bel tratto di G. Sestio.


G. Sestio avendo presa la citt de Galli (2), e venduti all asta tutti gli abitanti della medesima, un certo Oratone, che oegli altri prigionieri veniva in catene condotto via , accostassi a lui che sedeva in tribanale, e disse al console com egli sempre avea nella sua citt sostenute le parti del popolo romano, e per ci sofferti da suoi concittadini ingiurie e battiture. In grazia di ci Sestio sciolse subito lui e tutti i suoi parenti dalle catene, e restitu loro i beni. Di pi a riguardo del suo buon affetto verso il popolo romano il fece arbitro di liberare dalla servita novecento de suoi concittadini, quali egli vo lesse. Cos Oratone fu dal console trattato con pi abbondante munificenza che mai potesse sperare, poich Sestio voleva far vedere ai Galli quanto il po polo, romano poteva e punendo e favorendo.
( 1 ) Zabina vale lo stesso che comprato 5 ed alludeva ad avven tura taccata a questo principe. . (2 ) Si crede che questa fosse la citt de S&Wii, chiamata poi Jcque Sestie , ed oggi Aix*

XXXVII. Sciagura incontrata da Alessandro Zabina 9 e perch.


Alessandro fidandosi pooo della moltitudine tanto per limperizia del volgo nelle cose di guerra, quanto per la leggerezza del medesimo , e l inclinazione fa* cile alle cose nuove , non volle venire a giornata j ma raccolti i tesori regii e spogliati i templi delle preziose offerte, pens di fuggirsi di notte tempo in Grecia. Se non cbe essendosi servito del ministe r o di alcuni barbari per ispogliare un tempio di Giove j preso manc poco che con tutta la gente sua non fosse ammazzato. Per riuscitogli di scap pare y portossi verso Seleucia , gli abitanti della quale citt informati dianzi del tentato sacrilegio , gli chiu sero le porte. Onde non essendosi potuto ivi rifugi gire and a Pisidio, non discostandosi dalla spiaggia del m&re. XXXVUI..
\

Vigliacca e crudele avarizia di un L. Vitcllio .


Poich G. Gracco mor per la mano di un suo servo y- L. Vitellio , ch era stato uno de suoi amici, vedutone pel piimo il cadavere, non solo non si -commosse al caso dell amico, ma tagliatane la testa 9 e recatala a casa s u a , diede un turpe esempio di crudelt e di avarzia insieme. Perciocch avendo L.

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Opimio console con editto dichiarato che avrebbe pa gata Ja testa di Gracco a peso doro , Vitellio forata la cervice di quella testa , e toltene le cervella , vi mise in vece piombo liquefatto 5 e presentatala p oi, ebbe in vero il premio promesso, ma fin che visse ebbe a sostenre linfamia, che gli venne, essendo stato riguardato da tutti come traditore dell amicizia. Dei resto anche i Fiacchi furono uccisi. XXXIX.

Acerbit crudele di Giugurta.


Aderbale, re di Numidia, vinto in battaglia da suo fratello Giugurta , fugg in C irta, nella quale citt essendo da Giugurta assediato spedi legati a Roma pregando che ad un re alleato ed amico, il qua le trovavasi in estremo pericolo, volessero i romani porgere soccorso. Il Senato mand subito in Numidia legati a Giugurta per intimargli che dovesse abban donare l assedio : ai quali non avendo egli dato mente unaltra legazione pi solenne il Senato sped, che come la prima non ebbe alcun effetto ; poich Giugurta avendo con trincieramenti cinta la citt, la forz colla fame ad arrendersi, e il fratello Ader bale , che infulato u sc, e cedette il regno al solo patto di essere lasciato andar salvo, uccise, nulla mosso dai diritti che pur riclamavano le ragioni della cognazione e del, sangue , e la qualit de9supplicanti. Di pi /tutti gl Italici, che seguito aveano U partito di Aderbale, fatti battere colle verghe, uccise.

V>1
LX.

Di P. Scipione Nasica, e d i molti ScipionL


P. Scipione Nasica , cnsole, fa uomo eminentiV simo per virt e per isplendore di prosapia ; percioc ch egli nasceva da quella famiglia dalla quale erano usciti gli fricafai j g! Asiatici, e glIspali ( i ) , il primo soggiogatore dell Africa , il second dell Asia * e il terzo domatore della Spagna, e ciascheduno da tali sue imprese di tale maniera soprannominato. Ma oltre codesta gloria gentilizia , il padre e 1 avo di lui erano stati celebratissimi fra gli altri nella citt; poich entrambi furono principi del Senato (2), e primi a dare la loro opinione siilo -al fine di loro vita. L avo inoltre < dal Senato fu giudicato uomo t timo : imperciocch essendosi trovato ne libri sibil lini un carme , per cui ordina vasi ai Romani che fab bricassero un tempio alla madre Id ea, che ne tra* sportassero da Pescimente, citt} dell Asia, la statua y
(1) La famiglia Cornelia godeva anche di questo soprannome * ehe pro Seneca scrive Ispano (a) Anche Valerio Massimo ha detto che questi due Scpioni furono principi del 8eoato ; ma Vierio Massimo & convinto dai 1 Critici di aver bruttamente confusi insieme varii JYasichi. Il V cs selingio osserva di pi che al tempo del Nasica dichiarato V uomo ottimo erano principi del Senato Q- Fabio Massimo, Scipione A fricano , L . Valerio Fiacco 9 e M . miiio Lepido } ed aggiunse che non potea quel Nasica nemmeno' esserlo * non essendo stato censore. Bens lo fu suo figlio Coreulone succeduto in quella di gnit a Emilio Lepido

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e andassero tutti gli ordini di persone a riceverla, con alla testa degli uomini F uomo ottimo , e a quella delle matrone 1 ottima donna 5 il Senato eseguendo quanto il carme prescriveva, giudic per l ottimo uomo P. Nasica, e Valeria (1) per l1ottima donna. E quel Nasica non era soltanto di piet esimia verso gli D ei, ma eziandio nel governare la repubblica, e nel dare i suoi pareri era pieno di singolare pru denza. Di cbe prova il fatto , cbe essendo M, Ca tone , cognominato il Demostene, ogni yolta cbe in Senato ragionava di qualche affare 9 solito d ag giungere che doveasi distruggere Cartagine , ancor ch di ci non si trattasse , ma ben d altre cose il Senato fosse consultato, P. Nasica (a) sempre era di
(1) Diodoro solo quegli cbe parla di questa Valerla. Tito Livio nomina in vece una Claudia, e cos Plinio, Il che dimostra come ne* fasti di Roma le memorie erano confuse. (a) La quistione pi forte, a coi presta luogo questo passo di Diodoro, sembra quella eccitata dal Ruperto } cio, se l'oppositore di Catone sulla sorte di Cartagine fosse Scipione N asica, l'uomo ottimo, o veramente il Corculone. Ebbe anche questi credito e glo ria , e Lipio attesta di lui, e il conferma Vellejo Patercolo 9 che ottenne la distruzione del teatro che i censori aveano gi affittato. Dice poi il Ruperto 9 che il dichiarato l'uomo ottimo sul principio della tersa Guerra Pnniea dovea essere ottuagenario. II Vesselingio, ftiun peso dando all osservazione dell essere stato quel Nasica ot tuagenario , giacch, die egli , a quel tempo servirono Catone , Massinissa ed altri pur vecchissimi, allega un passo di 1. Agostino nella Citt d i D io , il quale dice : Ma quel vostro Scipione, ponte Jioe massimo , per giudiz io d i tutto il Semaio proclamato uomo ot timo t temendo per poi questa disgrazia, non voleva che Cartagine emula allora delP imperio remano , fosse distrutta, e combatteva Catone che ne insinuava la distruzione Ed osservando il Vesselin-

parer contrario y dicendo che Cartagine dovea con servarsi. Parea invero al Senato ardua a sciogliersi per F una parte e per P altra quella proposta ) ma
gio che per questo passo di s. Agostino quel Nasica viene qualifi cato pontefice massimo ; n pot esserlo cbe dopo la morte di 3 f.\ Emilio Lepido ; il che fu sotto il consolato di T . Quintio Flottimih n io , e di Adito Bulbo, ossia P aano di fioma 6o3 , siccome nel dialogo della vecchiaja Cicerone fa dire a Catone ; giustamente a r r gomenta il P> Nasica, di cui si tratta , essere appunto V uomo otti mo. Ma non sembra per vro che il Nasica ammazzatore del Gracco fesse figliuolo dell* uomo ottimo ; ma bens del Corculone , come attestato da Cicerone e da VeUtjo Patercolo. Se non che potrebbe essere, come dice il Valesio 9 che fosse stato adottato dall* avo. Del resto vogliamo osservare che Diodoro, molto ammiratore de ' gli Scpioni, e de* potenti > si lasci da qualche prevenzione sua sorprendere sul giudizio dell* assassinio dal Nasica commesso im pudentemente nella persona del Gracco Giovava certamente al par tito de* nobili dare ad intendere che il Gracco mirava a farsi re d Aoma, perch altrimenti come temperare la giusta indignazione del popolo , che in s vile e violenta maniera vide ucciso il (difensore della sua libert dai Patrizii allora conciliata. E il narrare quel pretesto era debito dello storico. Ma come la verit era diversa * non dovea lo storico farsi adulatore di s turpe perfidia. Noi per doniamo a Cicerone quando lo veggiamo nelle sue aringhe or de primere i Gracchi e Mario , ora inalzarli alle stelle; perch Fora* tore ha da guardare in che tempo, e a chi parla ; e tutto ci eh dice, fatto per la cosa che vuole persuadere al momento , e non per 1' universit degli uomini, n' per la posterit. Ma lo storico ha un dovere sacro di non tramandare a questa che la sola verit*! Egli per questo che stato detto %essere desiderabile che lo sto* rico non avesse n religione, n patria comune con quelli, dei cui felli si fa narratore. Ma se ci non* facile ad ottenersi , almeno certo cbe gli storici i quali si lasciano dalle loro prevenzioni stra scinare, infine non ingannano che gl*ingannati. Gli nomini che leg gono le storie con riflessione , sanno giudicarli severamente ; ed giusta la severit perch necessaria : poi necessaria perch 1 er * rare sempre funesto.

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ogni pi prudente uomo preferiva il parere di Na sica : che non credevano essi la maest del popolo romano doversi estimare dalla ruina delle altre citt ; ma piuttosto dal comandare a citt potentissime. Pi : mentre Cartagine durava , sul timore di quella citta, i Romani contenevansi nei loro doveri , e nella unio* ne cittadinesca ; ed erano obbligati ad esercitare sui sudditi F imperio con moderazione, e con civilt : cosa che suole consolidare sommamente ed ampliti* care gli stati. Al contrario tolta via quella citta em ula, cosa rimaneva ai Romani se non ch la guerra civile, e l odio di tutti gli alleati per la cu pidigia e T insolenza de magistrati ? le quali cose tutte dopo la ruina di Cartagine succedettero al po polo romano. Ed infatti, come P. Scipione aveva predetto, seguirono ben tosto e le fazioni turbo lente , e le congreghe sediziose , e le leggi agrarie, e le diserzioni degli alleati gravissime , e finalmente le guerre civili disastrosissime e lunghe. Ora il figlio di lui y Nasica , divenuto adulto, uccise di sua mano, fattosi seguitare dagli ottimati , Tiberio Graeco che cercava di farsi r e . 11 qual fatto essendo mal *sof ferto dalla plebe ? ed ssa esacerbata cpntro gli au tori di quella morte, ed interrogando i tribuni ad un per uno i Senatori chiamati in pubblica assem blea per sapere chi quella strage avesse commessa , medtre tutti per timore della moltitudine furibonda con vaghe ed equivoche risposte negavano d avervi avuta m ano, Scipione Nasica solo dichiarssene di sua propria mano l uccisore. Ed aggiunse di pi ^

44 11 clie ildisegno di Gracco per farsi re era stato ignorato da tutti; ma .che era stato ottimamente noto a lui e al Senato. La plebe poi, quantunque fosse dolente del fatto , colpita dall1 autorit e dalla costanza del per sonaggio , di poi si tacque. Ma il figlio di questo , Scipione Nasica anch egli, morto console in questo anno, non si allontan per nulla dalle virt de1 suoi maggiori. Ch viss egli con somma religione ed in tegrit , non. corrotto mai n da officii, n da pre senti ; e pienissimo de precetti della filosofia, pro fessata da lui non con vuote parole ma con fatti.
XLI.

F izii di Antioco Ciziceno.


Antioco Ciziceno ( i ) , appena ebbe ottenuto il re gno della Siria, he si diede alla crapula, e al lus so, tuttaltro facendo che quello che conviene ai re Costui non s'applic ad altro che ad ascoltar mimi, istrioni, giocolieri, e ciurmatori di mille specie per impararne le loro arti. Si applic parimente alla mu rospastica (2), ponendo il massimo suo studio in mo vere da se stesso animali alti cinque cubiti, e coperti d oro e d argento 3 e cos dicesi d altre macchine.
(1) Fu figliuolo dAntioco Side te , e chiamato Ciziceno perch educato nella citt di Ciuco presso Cratero che ne fu V institutore sfortunato. (a) 1 arte di movere con cordicelle statu e, 0 figure Citte con * certo meccanismo.

44*
Ma non sintendeva poi per nulla delle macchine di guerra , delle testuggini, delle elepcdi, V apparato delle quali suole ai principi recar gloria , insieme, ed utilit somma nell1 adoperarle opportunamente. Cos anche smoderatamente e fuori del debito tempo perdevasi in vane cacce ; e sovente con uno o due iamigliari, nascostamente usciva di nottetempo per andare a cacciare cinghiali , leoni e pardi. N manc molte volte d azzuffarsi colle bestie feroci esponendosi a grave pericolo d esserne divorato. XLII.

Del re Micipsa.
Micipsa , re de Numidi, figliuolo di Massinissa , ebbe parecchi figli : ma fra tutti gli furono cari Aderbale, il maggiore d et , e Jempsale e Micipsa, il quale ultimo, essendo stato sopra tutti i re numidi clementissimo, chiamati a s dalla Grecia parecchi uomini dotti, ad ogni disciplina, e spezialmente alla filosofia si applic, convivendo con essi; ed invecchi insieme nel regno e nella filosofia. XLIII.

Di Contornato.
Contornato , principe di una citt delia GaUia chiamata Jontora, era eccellentissimo per prudenza

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e per scienza militare; ed avendo nerprimi anni vis* ito in Roma 7 e trattane assai civile educazione, e
coll1ajuto poi del popolo romano avendo ottenuto il principato, era alleato ed amico de Romani. XLIY.

Di G. Mario.
G. Mario essendo nel numero delegati di Metello, veniva dal proconsole sprezzato come P ultimo di quelli. Gli altri erano da lui grandemente onorati, perch nati di casati illustri, e splendidi: e niun ri guardo avea per questo, perch dcevasi essere stato pubblicano, e a grande stento avere potuto ottenere i magistrati ultimi. Gli altri poi tutti quanti scansa vano ogni fatica di guerra , e si davano alP ozio e alla pigrizia : laddove M ario, che spessissimo veniva mandato ov* erano pi forti i pericoli della guerra , mostrava soffrire di mal animo questa ingiuria ; ma per eseguendo diligentemente tutte le incumbenze che gli si davano , venne acquistando una gran pra tica dell arte della guerra ; ed essendo anche di na tura bellicoso e manesco, in breve venne in fama d'uom o fortissimo. Inoltre procedendo sempre verso .quelli ai quali soprastava , con singolare umanit e munificenza, becongressi con assai cortesia e gen tilezza ? si concili la benevolenza di tutti i soldati. Perci cercando ognuno di corrispondergli con rico noscenza r sotto la condotta sua combattevano con

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pi forza ed alacrit, onde accrescere la gloria del loro capitano. se per avventura veniva spedito le* gato contro il nemico alcun altro, esi a bella posta in mezzo al pericolo stesso stavansi pi pigri. Ond*, che poi succedeva, che sotto la condotta' degli altri le cose per lo pi andavano male ; e stto Mario i Romani sempre erano vittoriosi.

FRAMMENTI DEL LIBRO XXXVI. I.


Di uomini liberi fa ttisi devastatori della Sicilia.
non i soli servi ribelli devastavano la Sicilia ; ma gli stessi uomini ingenui 7 che non avessero n piccoli n grandi poderi, scorrevano a schiere il paese volti a latrocinii e alle rapine; e conducevano via araienti, e rubavano le biade nascoste ne vil laggi , e chiunque o servo o libero incontrassero, ammazzavano , onde nissuno potesse fare testimo* nianza del loro furore e de1loro misfatti. siccome in Sicilia erano chiusi i tribunali , perch nissun pre tore del popolo teneva ragione 7 tutti *abbandonati alla, licenza impunemente e arditamente facevano a loro modo ; e perci non v* era luogo, in cui non si commettessero rapine e ladrocinii ; e la pi di- sperata canaglia con ogni sorta di violenze invadeva i beni d ogni uomo ricco. Ond che quelli che dianzi aveano rinom anza e stato fra i cittadini opu*

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lenti', allora, mutata' fortuna in un subito, non so** lamente dai fuggitivi 'con somma contumelia venivano derubati, ma erano loro malgrado obbligati a soffrire le ingiurie e linsolenza degli uomini ingenui. Per lo cbe erano tutti ridotti a far conto appena di quello d i era entro il pomerio della citt $ ch in quanto alle cose poste fuori delle mura , doveansi stimare come d a ltri, e soggette alla violnza' de1ladroni. Finalmente nelle citt stesse, e in tutti i borghi era gran confusione, e imbarazzo s di diritto cbe di giudizii 7 perciocch i ribelli occupando colle loro ' squadre ogni campagna , pieni d odio contro i loro padroni, ed accesi d insaziabile cupidigia, tenevano impedite tutte le strade. I servi poi eherano rimasti per anche nelle c itt , malinconici, e spiranti dap pertutto la defezione, erano di terror continuo ai loro padroni. IL Esempio d'uomo ridotto a buon costume. L. Apuleo Saturnino, essendogli toccato il governo della provincia detta F Ostiense (1), parendo che si comportasse da negligente e desidioso uom o, fu dal Senato rimproverato j e le funzioni sue vennero af fidate ad altri. Per avendo in appresso abbandonato il primo tenore di vita, e alla lussuria dogni genere
( 1) Chiamavano provincia ostiense i Romani 1 officio di far ve nire al porto <T Ostia le amplissime provvigioni di framtfllo per alimentare la dootintpte.

fatta succedere la tempetfaifenza , merit d essere fatto tribuno della plebe. HI. Della piet d i Q. Metello figliuolo. Tenendosi nelle assemblee continuamente per due interi anni proposito di richiamare Q. Metello ; e non concludendosi mai nulla, il figlio di lui Q. Me tello in barba e capelli sordidamente sconcii, e ia abito squallido si mise a girare pel foro ., e pian gendo , e buttandosi alle ginocchia di ciaschedun cittadino, pregava che richiamassero il padre dalF esigilo. Ma il popolo, sebbene non volesse contro le leggi proporle speranza agli^ esuli di ritorno; pure tocco dalla compassione e dalle preghiere del gio vine richiam Q. Metallo, e al figliuolo, per la sin golare piet sua verso il genitore diede il sopran nome di Pio. IV. ComeHn Roma i costumi si corrompessero. Il popolo romano reggendosi anticamente con ot time leggi ed instituzioni, a poco a poco progre dendo si acquist il maggiore e pi celebrato imperio, di cui s abbia memoria. Ma negli ultimi te m p i, quando debellate moltissime nazioni godeya di lunga pace 9 dall1 antica disciplina declin a pestifere cure.

Imperciocch i giovani } non essendovi pi guerra da fare 7 e non mancando con che: soddisfare alle passioni , cominciarono a darsi al lusso cd alla intemperanza y poich nella dominante prepone va si il lusso alla frugalit , c la desidia ^all esercizio delle cose di guen*a * e per comune opinione estimavasi beato non quegli, che avesse virt , ma quegli che consumava tutto il suo tempo ne piaceri. Per ci crebbero smoderatamente dappertutto e i sontuosi apparati delle cene , e gli unguenti spiranti odore meraviglioso ? e le vesti preziose , e dipinte a colori varii, e gli ornamenti de triclinii ; e i lavori d oro } d argento , e d1avorio ? ed altre cose di tal fatta travagliate con grande artifizio. Ogni vino che fosse di sapore mediocre, veniva ripudiato : voleasi soltanto falerno , e chio , ed altro siffatto : cosi di pesci, e dogni altra vivanda s apprestava solamente quello che potesse essere pi squisito e pi raro. Inoltre i giovani nel foro portavano vesti di lana morbidissima, leggiere 3 e diafane, similissime affatto alle stole delle donne. come tutti questi strumenti di lussuria e di volutt con massimo impegno prcacciavansi da tu tti, in breve avvenne, che i prezzi di queste cose crebbero immensamente. Imperciocch un'anfora di vino di falerno vendevasi cento denari: un' orca di salumi del Ponto cinquecento $ i cuochi valentissimi nell9 arte della cucina quattro talenti, i delicati ragazzi, .di elegante figura, vendevansi una somma spropositata. E come massimo era in tutti l impeto a questa lussuria y alcuni governatori di

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provincia, che vollero tentare di correggere s pesti feri costum i, la vita loro proposero in esempio di virt , e del giusto vivere, come- quelli che erano collocati in posto eccelso , d* onde poterne essere veduti dagli altri. Fra i quali singolarmente si di stinse Q. Muzio Scevola , inteso a richiamare colla sua virt gli altri da s cattiva strada. In fatti es sendo egli stato spedito proconsole in Asia , scel tosi a legato l ottimo fra suoi amici , P. Rutilio , del consiglio di lui nel governare la provincia , e nel far giustizia si prevalse sempre. Poi ogni spesa , e per se e pe compagni volle fare di sua propria borsa e praticando una grande parsimonia e fru galit , e serbando integrit incorrotta , la provincia sua ricre dalle antecedenti disgrazie. Imperciocch i precedenti proconsoli dell Asia , fatta lega coi Pubblicani, presso i quali allora stavano in Roma i giudizii, aveano empiuta la provincia d ogni genere di scelleraggini. Ma M. Scevola, esercitando la giuri* sdizione sua con somma integrit e diligenza, non solamente fren tutte le calunnie, ma represse an cora le ingiustizie dePubblicani. Ch ogj volta che alcuno dei Pubblicani angariato ricorreva a l u i , as segnando giudici integerrimi dappertutto faceva con dannare lavidit di coloro, e li costringeva a pagare le multe aggiudicate a risarcimento degli offesi. Con eguale giustizia dava corso alle sentenze eapitali. narrasi di certuno, principale tra i dispensieri della societ, il quale avea pattuita co suoi padroni una somma ond* essere manomesso, che condannato a

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ijiorte prima d avere avuta la libert, lo fece croci- figgere. Cos i Pubblicani per sentenza de1giudici condannati , abbandonava ai loro avversami. Per 'lo cbe coloro che dianzi pieni di petulanza e di cupi digia permettevansi ogni genere di violenze e di mi sfatti , vedeansi allora contro loro aspettazione da quelli che aveano m altrattati, strascinati in carcere. come poi tutte le pi grandiose spese de procon soli , e della loro corte egli faceva del suo proprio d en aro , in breve tempo rend i saci benevoli al popolo romano.
V*

Buon governo fatto in Sicilia da L. Asello. L. sellio, eh1ebbe il padre questore, mandata pretore in Sicilia , avendo trovata la provincia de*. Tastata, con buone discipline ben presto la rialz al suo pristino stato. Egli ad esempio di Scevola inco-, min ci dallo scegliersi per legato , tra tutti i suoi am ici, un ottimo uom o, qual fu G. Sempronio Lungo ; e si procacci suo consigliere P uhblia, cavalier romano chiarissimo, >1 quale dimorava in Si racusa. Era questi uomo oltre che ben fornito di beni di fortuna, pieno di grandi virt , delie quali buon testimonio rendeano la sua piet verso gli Dei, e i sacrifizii e le preziose offerte , e i templi jda lui fatti rifabbricare. In quanto poi .alla temperanza sua basti dir questoy ch tutti i sensi del corpo sani ed intatti egli conserv sino al fine della sua vita. Qi che

45o dottrina po i, e di che umanit fosse dotato abbondai** temente il dice F avere egli sempre non mediocre* mente stimati gli uomini nelle scienze e nelle lettere eccellenti, e tutti quelli cbe dati erano ai buoni studii, liberalmente beneficava. Laonde avendo Asellio seco e conviventi 7 ed assessori nel giudizio delle cause codesti due uomini, assai fece a ristoro della provincia. Egli nel render ragione alla sola pubblica utilit, riguardando, bandi dal foro la calunnia ; e prineU palissima cura mise in sovvenire ai pi deboli. Im* perciocch dove gli altri pretori a pupilli e alle ve* dove non aventi agnati erano soliti ad assegnar tu* tori; egli assumeva la tutela di tali persone, e tutte le loro cause con sommo impegno e diligenza giudi cando , venne a dare grande ajuto agli oppressi. Cosi del resto avendo * finch govern la Sicilia, assidua* mente atteso a, punire i privati e i pubblici delitti , restitu in fine alla provincia la pristina sua felicit^
VI, Elogio di M. Livio Drusa, M. Livio Druso, era veramente giovane danni, ma ornato di tutte le belle qualit e del corpo e della spirito. Era egli nato di chiarissimo padre , che per lo ? splendore del casato e per la virt il popolo ro* mano avea amato con predilezione Tra suoi eguali quel giovane distinguevasi eminentemente e per la

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eloquenza, e per la ricchezza ; e ti era acquistato ommo credito per la costante sua fede : ch* non manc mai verit in nissuna sua parola. Aggiungeva eziandio magnanimit incredibile, a modo che parea cV egli fosse per essere il solo capace d essere il pr* lettore del Senato (1).

FRAMMENTI DEL LIBRO XXXVII,


I.
Come G. Domizio liberasse Roma d gravissima pericolo. Ne medesimi tempi Pomp^dio Silone , capitano de'' M arsi, intraprese cosa grande per se stessa, e di un ardimento precipitoso. Costui trascelti dieci mila uomini tra quelli, su oui pendeva giudizio capitale , e data a ciascheduno una spada nascosta sotto Pabito, and verso Roma collintenzione che quella masnada duomini circondasse la curia chiedendo che fosse data la cittadinanza romana a tutti i Latini 5 e in
(i) Non dee parere esagerata questa espressione d D iodoro. Ci cerone dice nella Milomana : In casa sua quest* uomo nobilissimo % difensore del Senato , e in que1 tempi direi quasi protettore , M. Druso, tribuno della p leb e , fu ucciso. Ma prima di M . Livio I)ruso , sao padre IH. Dmso , figliuolo di Gajo , avea sostenute le parti del Senato contro G . Gracco, essendo tribuno; e dal Senato era stato proclamato suo protettore. Cosi ancora Cicerone nel Bruto. In Svctonio , io A ppiano , in Plutarco, in Valerio Massimo trovasi data anche ad altri questa nobilissima qualificazione.

45*
diverso caso mettessero a fuoco a ferro la citt. R caso volle che sincontrasse per istrada G. Domizio, il quale avendogli domandato ove andasse con tanta turba ; e rispostogli da Pompedio che andava a Roma, chiamatovi dai tribuni per avere la cittadinanza: ri sp o se che pi onestamente e pi facilmente 1*avrebbe ottenuta non andando al Senato in maniera s ostile ; volendo il Senato fare quella grazia agli alleati di nome Latino, eccitato e pregato, e non violen tato. Per le quali parole di Domizio rattemperato Pompedio. e il consiglio di lui estimando fedelis simo e saluberrimo ritorn tosto a casa, E cos con parlar prudente egli liber la patria da gravissimQ pericolo. Ed ebb egli certamente pi destrezza cos parlando a Pompedio di 'quella che avesse il pr-* console Servilio coi Picenti. Imperciocch costui f<* cendo conto di parlare a tanti schiavi, e non a uo mini liberi e ad alleati, con ogni genere di conta* melia gl1insult , e tanto li minacci e cerc di at terrirli ? che quegH alleati spinse alla ruina sua e degli altri. Laddove Domxzio con mite discorso re presse il furare e l impeto di una moltitudine con,- citata.

n.
D i un Agamennone itice* Era vi un certo Agamennone di Cilicia y il quale per misfatti ed uccisioni parecchie commesse a danna degli alleati y da1 Romani era stato preso , e chiusa

453
nelle carceri <T Ascoli. Costui liberato da Picenti, in grazia del ricevuto beneficio valorosamente com batteva in loro favore ) e com era fin da ragazzo esercitato ne ladrocinj , fattisi compagni altri uomini di egnal furore ed audacia , prese a devastare il ter* ritorio de? nemici. III. Esempio d i grande fedelt, I Pinnesi per la costante loro fedelt verso il p polo romano incontrarono grandi calamit : e come non vollero sciogliersi dall1 alleanza con esso , spo gliatisi da ogni sentimento ed affetto, si ridussero a dovere vedersi ammazzare sotto gli occhi i loro figliuli. IV. Favore del popolo romano vrso L, Siila. L. Siila ^guerreggiava con valore e con gloria ; onde assai parlavasi, e con grande ammirazione di lui nella citt. Perci il popolo romano lo riputava de gno del consolato, essendo salito in tanta eccellenza di fortezza e di scienza m ilitarej e gi appariva che egli avrebbe ottenuto la pi alta dignit.

454

v.
Tratto magnanimo del re M itridate.

Mitridate vinti nell1Asia i capitani romani, avendo fatti moltissimi prigionieri, li rimand tutti alla loro patria dopo averli provveduti d ab iti, e di viveri* La quale sua umanit celebrandosi ne1discorsi di tutti , immantinente tutte Je cjjtt a gara si misero al suo partito. Era perci da vedere come i legati di cia scheduna citt merc pubblici decreti lo invitavano, e lo proclamavano Dio e Salvatore. E quando egli avvicinavasi tutti uscendo delle jitt lo ro , vestiti di abiti bianchi andavano con grande letizia a riceverlo. VL Slealt de* Lesbii , e grande fatto di Aquillio, Prevalendo nell1Asia il partito di M itridate, men tre tutte le citt con certo meraviglioso impeto ab bandonavano i Romani, i Lesbii non solamente pen sarono d affidare al re se medesimi, ma delibera rono dargli nelle mani Aquillio, il quale erasi rifug gito in Mitilene, ed ivi si faceva curare da malattia# Per ci mandarono all abitazione di lui alcuni gio vani a tale opera scelti, e robustissimi di persona. Costoro entrati d assalto in casa erano per prendere Aquillio , e legarlo , sperando d1ottenere da Mitri date un gran premio col 'presentargli un regalo cbe

455 credevano dovergli essere gratissimo. Aquillio quan tunque assai giovine fece cosa veramente eroica : perciocch prevenendo quelli 9 che il doveano condur v ia , e pensando pi sopportabile la morte che la contumelia, e i tormenti degni degli schiavi, si ammazz da s. L ardimento del qual fatto atterri tanto tutti quelli eh erano per condurlo via , eh1eglino non s attentarono d avvicinarglisi. Ond* poi th essendosi senza'pericolo tolto alla vita e ai te muti . torm enti, per opinione di tutti fu tenuto uomo di massima fortezza d animo.
VII. Rodii > e Cappadoci. j" * I Rodii erano inferiori per la sola moltitudine delle7navi} e superiori poi di gran lunga in tutte le altre cose. Ch nell arte di governare le navi , in quella di costruirle , e nella perizia de remiganti, e nella fortezza de soldati , ed infine nella scienza e virt de prefetti ? i Rodii prevalevano. Al contrario i Cappadoci imperiti del combattere per mare y e pi di tutto senza ordine , il che suole essere ca gione di ruina , per la presenza d animo e l1alacrit toon cedevano ai Rodii : potendo in essi assai 1 es sere per combattere sotto gli occhi ed in cospetto del re , a cui desideravano di comprovare con questa insigne testimonianza l benevolenza loro. E come appunto erano superiori soltanto pel numero delle

456
navi, cercavano di circondare 1 armata de1nemici, e d interromperla. Vili*
Vtrt di G. Mario. G. Mario j uomo della et sua sopra tutti gli altri celebratissimo . fin da giovane acceso dal desiderio della lode e della gloria , pratic l astinenza , e fatto s in Africa che in Europa meravigliosissime imprese, acquistossi somma dignit e rinomanza. In et poi avanzata avendo desiderato i tesori di Mitridate ; e le ricchezze delle citt dellA sia, e volendo contro le leggi trasferire a s la provincia; gi decretata 4 S iila, cadde in gravissime disavventure ) n sola mente rimase privo delle tante ricchezze che vea desiderate, ma perdette ahebe le sostanze sue , es sendo stati appresi i suoi beni dai questori a cagione della immensa sua avarizia* Essendo poi stato dal popolo condannato capitalmente , scampato per grano de ventura quel pericolo , dopo avere errat per Italia senza avere nella sua fuga un compagno, fugg in Numidia povero e spogliato d ogni cosa. In ap presso essendosi in Roma eccitata la guerra civile si un compagno a quelli eh erano stali dichiarati ne mici della patria , ed ^vuta vittoriay non contento d essere ritornato in Roma y mise in commozione tutta la repubblica. Finalmente ottenuto per la set tima volta il consolato dalle sofferte (calamit istruito della incostanza della fortuna ; non, volle pi fam e

457
prova ) e perci prevedendo la guerra gravissima che Siila avrebbe fatta alla p atria , spontaneamente si diede la morte j e lasciato dietro d se fermento gran* dissimo di guerra, gitt il figlio e la patria in or ribili sciagure. Imperciocch avendo il figlio da con*" battere con un nemico pi potente di lu i, per mi seramente , essendosi, presa la citt, rifuggito entro una chiavica ; e il popolo romano , e i municipii di Ita lia , caduti in guerra assai lunga, rimasero op pressi da gravissime calamit. Due principi della citt .Scevola e Grasso, senza processo furono immolati in Curia , i cui assassini! ^atroci abbastanza vennero ad indicare la grandezza demali soprastanti alla citt e all1Italia: perciocch Siila fece uccidere la mas sima parte de senatori, ed ogni pi distinto perso naggio ; de9soldati poi, il numero' che perdette la vita , parte nelle sedizioni, e parte nelle battaglie, somma a cento mila. tutte queste cose succedet tero per la cupidigia; e l avarizia di Mario.

IX.
Fede d i L. Cornelio Menila, L. Cornelio M enila, il quale era stato sostituito a Ciana nel consolato, avendo L. Cinn domandato a condizione di pace che fosse tolto di magistrato, si dimostr cittadino ottimo ed amantissimo della ma pattia* Perciocch ragionando al Senato ed al po polo dello itato delia repubblica; prgieramente

458
chiar di Voler essere Paritore della concordia, indi r com era stato fattoi console a sno malgrado, spon taneamente P officio di console rinunzi a L. Cinna; ed abdicato il p otere, immediatamente si trasse a condizione privata. Il senato adunque sped legati a Cinna , i quali conchiuso con Ini il trattato di pace lo introdussero in citt. X. D i L. Siila spogliatore de'tem pli, L. Siila stretto da bisogno di denaro prese a spo* gliare tre templi pienissimi di offerte in oro e in ar* gento; e furono quello di Apollo a Delfo,'quello di Esculapio in Epidauro , e quello di Giove , tanto ce lebre, in Olimpia, dal quale egli port via una somma immensa , poich in nissun tempo mai era stato tocco da veruno : laddove per ci che spetta alle ricchezze di quello di Delfo, una gran parte ne aveano tolta i Focesi al tempo della guerra sacra. tu Siila adunque una quantit grandissima d oro e d argento , e d ogni altra preziosa materia , accu mul ; ed ebbe cos tanto denaro quanto gli occor reva per fare la guerra dItalia. Per mentre pur mostrava di non avere n p au ra, n rimorso per quel ladrocinio di cose sacre, assegn un territorio 7 coi fratti del quale si avessero a fare solenni sacrifisii agli Dei ; e soleva dire scherzando usciqp egli vincitore da tutte le battaglie perch avea ausiliari

459
gli Dei , avendo essi tanto contribuito alle spese della guerra. XL D i G. Flavio Fimbria* G. Flavio Fimbria , avendo di molto tratto pre venuto L. Valerio Fiacco, e trovata opportunit per turbare le cose , oofie affcvonarsi i soldati permise loro che mettessero a sacco le campagne degli al leati come se fossero di nemici, e che quanti in contrassero , facessero schiavi. Della quale licenza approfittandosi i soldati, in pochi giorni misero in sieme doviziosissimo bottino. Quelli che di tale ma niera erano stati spogliati, andarono incontro al con sole Valerio, e dei danni loro dati con tale violenza altamente si lamentarono : sicch di ci il console sdegnato , ordin che il seguissero , onde ognuno potesse ricuperare i suoi averi ; e a Fimbria intanto intim , che di quanto violentemente era stato ra pito avesse a farne la restituzione ai padroni. Egli incominci a dar la colpa dell1avvenuto ai soldati, come senza saputa sua avessero operato ; e di sop piatto fece avvertire i soldati che non badassero alF ordine , e che non si lasciassero torre quanto gua dagnato aveano per diritto di guerra. Da ci venne che mentre con alte minacce Valerio ordinava che si restituisse il mal tolto , e i soldati non ubbidi vano , un tumulto grandissimo sorse nei campo.

XIL
A ltri fa tti di quel Fimbria, Poich Fimbria ebbe passato 1 Ellesponto, ecci tando i soldati alle rapine e ad O gni sorta di mis iatti , cominci ad estorquere denaro dalle c itt , e 10 divise tra i legionarii, i quali acquistata si sfre nata licenza , 'ed allettati dalla speranza di mettere insieme roba ? lui amavano come benemerito di tutto F esercito j e tanto pi che espugnando le citt reni tenti a metter fuori denari, le abbandonava al sac cheggio de soldati. E cos infatti fece di Nicomedia (i). 11 medesimo essendo entrato in Gizico come anuco^ intacc i pi opulenti abitanti di quella citt di varii delitti $ e due de principali fra tutti fatti sentenziare capitalmente , battuti prima colle verghe , decapit per incutere terrore agli altri; e confisc i loro beni* Di tal maniera avendo gli altri spaventati, JU ob* blig a dargli tutto il loro patrimonio. XUL D i Gneo Pompeo. Gneo Pompeo, datosi alla milizia, ed avvezzatosi
( 1) Questo accadde quando Fimbria ebbe preso ed uccisoJRaccfy 1 quale crasi rifulgilo in quella citut. 1

46 i
sostenere con somma costanza le fatiche della guerra 7 in breve acquist un grand uso delle cose* della guerra. E di vero cacciata da se ogni mollezza e desidia y notte e giorno sempre faceva qualcuna delle cose che nella guerra possono essere utili. Im perciocch prendeva cibo assai scarso, e si asteneva afftto da bagni, e da ogni imile delizia , tenendosi seduto -quando mangiava. Poco ancora nella notte dormiva y e nella notte vegliando provvedeva a quanto dovea farsi nella giornata. Cos dall assiduo operare e dal meditare sui casi della guerra , divent nell arte della medesima peritissimo : onde poi in minor tempo che quello in cui un altro avrebbe appena preso possesso di un esercito gi ben allestito, egli radunava i soldati', e li armava , e li conduceva alla battaglia. E come giunse a Roma la fama delle .cose da lui operate y tutti mirando alla et di lui y non alla virt y sul principio mostrarono disprezza del giovine y tenendo ohe quelli che davano notizia de fatti suoi y inconsideratamente esagerassero. Ma quando la fama precorsa videsi dall evento verificata^ il Senato gli mand contro Grumo Bruto y che Pomi peo ; battutolo ; obblig a prendere la fuga. XIV. rD i L. Siila , e di L. Scipione.
V

Corrotto e passato dalla parte di Siila l esercito di L. Scipione, questi trovandosi solo e della sai-

4 6*
vezza sua disperando, Siila mand alcuni uomini a cavallo y cbe lo conducessero sicuro ovunque egli volesse andare. Adunque costretto a deporre al mo* mento le insegne consolari, e postosi in abito d a privato y celermente fu condotto ove egli aveva ri chiesto , cos concedendogli Siila benignamente. Dove giunto, e ripigliate le insegne del magistrato, co minci di bel nuovo a comandare ad un esercito non ispregevole. (i). XV. D i Muzio Scevola. Intanto in Roma, uccisi per falsa imputazione no* mini nobilissimi, anche Q. Muzi Scevola, pontefice massimo y e personaggio di somma virt e dignit * fu messo a morte indegnissimamente : nel che fuvvi pe Romani questo di bene , che non mor in sacra-, tissimo santuario. N certamen^ stette per la ctck deit de1sicarii, che non fosse scannato sa focolari di V esta, e col suo sangue non estinguesse la fiam ma per sempiterna religione custodita.
fi) L* elogio che Diodoro fa gai eli Pompeo sembra attutir alte prime impreca di quel romano quando essendo partigiano di Silim faceta la guerra nel Piceno a Carbone M e Ila fazione di Mario*

463
XVI.
D i un solenne briccone romano. Esposta nel foro la tabella delle proscrizioni, corse immantinente a leggerla immensa turba d1uomini, la pi parte de quali commiserava la sorte de dannati* Ma fuvvi un non so chi perverso ed infame a segno, che insultando alla calamit degli afflitti, molti in** properii contro loro sfacciatamente a gran voce per* xnettevasi. Per costui fu a un tratto colpito dalla vendetta di un qualche nume ; perciocch avendo in calce di quella tabella finalmente letto anche il no me suo , copertosi colla toga il capo cominci per mezzo alla immensa calca a fuggire ; ma conosciuto ' da uno che stvagli vicino , e divolgatoue il caso , In presole con somma letizia di tutti ammazzato(1). XVII, Virth di Gneo Pompo giovine. Essendo Stati in Sicilia per lungo tempo chiusi i tribunali, Gneo Pompeo si applic a render ragione, <*d esaminando'le questioni pubbliche e private, con tan ta diligenza e integrit esercit la sua giurisdi* 2 io n e, che non ne riscosse laude minore d alcun altro. E mentre non avendo che ventidue anni dalla (i) fecondo die apparisce da Orctio , costui fi un certo f*oUio,

* 64 . . . et pareva chiamato a pi sfrenati piaceri, con tanta gravit e continenza egli diportossi in Sicilia, che tutti gli uomini del paese ebbero a sommamente ammirare la virt di quel giovine.

ESTRATTI DELLE LEGAZIONI.


L D i Albani a Romani, e d i Romani ad Albani Regnando Tulio Ostilio, gli Albani vedendo come le cose de Romani metlevansi assai b en e, finsero che quelli avessero abbotinato sul loro territorio, e mandarono legati a Roma per avere la restituzione delle prede ; o altrimenti per intimare la guerra. Ostilio conoscendo che gli Albani cercavano 'de1pre testi , ordin a1 suoi ministri che tenessero a bada i legati, trattandoli in ogni pi cortese maniera; e declinando dal dar loro udienza, con somma spedi tezza mand ad Alba persone che facessero per parie sua ua1ambasciata simile. Ci fu fatto dal re secondo T antico costume , in forza del quale diligentemente badavasi a non intraprendere guerre che non fossero giuste. Egli in oltre temeva,. se non avesse potuta trovare chi avea fatto il danno 9 o se avesse, ricusato di consegnarli a que1che li domandavano , di com parire quale intraprenditore di guerra non pia. Fu* rono primi i legati di Roma ad esporre in Alba la commissione 3 a chiedere la restituzione, e in caso

465
di negativa a dichiarare la guerra da cominciarci fra trenta giorni. Poi a legati degli Albani, quando eb bero udienza , Tulio rispose che i Romani aveano gi intimata la guerra a quelli dA lba, perch n aveano sprezzati i legati iti a domandare le cose tolte. Per tale maniera popoli dianzi uniti per amicizia e per parentadi vennero fra loro in guerra. IL D i Africani e Cirenei a Cambise. Essendosi Cambise , re di P ersia, impadronito di tutto l Egitto, gli Africani, e i Cirenei , i quali erano andati in ajuto degli Egizii , gli mandarono doni ; e promisero di fare ogni suo comandamento.

IH.
Del tiranno Nabi 9 e d i Flannino a l Senato romano. Vennero a Roma legati del tiranno Nabi , e di Flaminino, i quali avendo esposte al Senato le loro commissioni > piacque ai padri che la pace fatta fosse ratificata , e che si levassero via da tutta la Grecia e gli eserciti e le guarnigioni. Udite le quali cose Q. Quinzio, i principali tra Greci chiam a s da tutti i paesi, e radunatili in assemblea con un editto cominci ad esporre i benefizii, che i Romani aveano fatti alla nazione greca ; indi aggiunse die il

466 popolo romano voleVa tutti gli abitanti della Grecia liberi , e senza guarnigioni ; e quello che valeva di pi , che vivessero secondo le loro proprie leggi. Di una cosa sola poi contentarsi, ed era, che i cittadini rom ani, se alcuni ne fossero presso i Greci in con dizione di servi, si cercassero, ed entro trenta giorni si mandassero a lui. 11 che i Greci fecero.
IVDella Grecia P del re F ilippo, e del re Antioco al Senato romano. Essendo per iscoppiare la guerra di Antioco, il Senato ai legati speditigli da tutta la Grecia per di chiarargli che tenesse la nazione per preparata gi a' quella guerra , e pronta a quanto occorreva, diede benigna risposta. Agli ambasciadori venuti per parte di F ilippo, fu d e tto , che rimanendo quel re fedele ai tra tta ti, i padri gli restituivano il figliuolo De metrio, e gli rimettevano i tributi. Rispetto a quelli, che spediti avea Antioco, il Senato scelse dieci per* sone, le quali udissero quanto aveano a dire, e quali fossero le commissioni date dal re. Il capo di quella legazione, Menippo , disse venire a domandare ami cizia , e a fare alleanza : meravigliarsi poi il suo re che gli s intimasse di non immischiarsi nelle cose d Europa , di astenersi da alcune citt , c di non ricevere i debiti tributi da altre. Siffatte cose non usarsi quando potenze pari in guerra vengono a pace

467
con equo trattato : e tal contegno tenersi solamente fra vincitori e vinti. Non pertanto s\ dure intimazioni iinperiosamente essersi fatte al re dai legati, che andarono a trovarlo in Lisimachia. Niuna guerra, avere avuto Antioco ei Romani , coi quali , se i Romani volevano y egli era pronto a stringere amicizia. A queste cose rispose Flaminino, che delle due 'condizioni una i padri ne concedevano afre: che si astenesse da tutta Y Europa; e che del rimanente i Romani non prendevansi nissuna cura di ci che appartenesse alle citt dell Asia. Che se poi tale condizione non gli piacesse, piacere ad essi soccor rere gli oppressi amici. Avendo i legati di Antioco risposto non volere n potere obbligarsi a cosa che portasse diminuzione al regno del loro principe , il giorno dopo i padri dichiararono ai messi de Greci che i Romani, se Antioco avesse voluto far novit dalla parte d Europa, avrebbero fatto ogni sforzo perch le citt di greco nome nell* Asia fossero libere. L e quali cose mentressi con sommo piacere udirono, i legati di Antioco pregarono il Senato a non risol vere precipitosamente , ma considerasse piuttosto che queste cose sarebbero state per l una parte e per l altra motivi di una guerra assai grande: che desse a l re, e prendesse esso medesimo tempo per pensare opra affare s grave.

466

v.
Degli Etoli al Senato romano. Agli Etoli, i quali erano venuti per chiedere pace ed amicizia, il Senato impose due condizioni ; e fu* rono che o si abbandonassero interamente alla di screzione de Romani, oppure pagassero immediata mente mille talenti. Per le quali proposte esasperati n fecero quanto veniva intimato, n si liberarono dal terrore, in che li metteva la situazione loro di sperata. Essi aveano con ogni loro forza ajutato An tioco; e non aveano intanto alcun mezzo di togliersi dai mali > che li premevano. YL Del re Antioco al console romano. Antioco tosto che seppe che i Romani erano pas sati in Asia, mand al console Eraclide di Bisanzio con commissioni per la pace. Prometteva di pagare la met delle spese della guerra; e di dare Lampsaco , Smirne, ed Alessandria della Troade, citt che pareano essere state la cagione delle ostilit ; p e r ciocch queste citt dell7Asia di greco nome e ra n o state le prime a ricorrere al Senato, e a dim andare che si restituisse loco la libert.

469 VII.
Dei re Antioco a Scipione, principe del Senato romano. Il re Antioco fece in suo nome per mezzo di Era* elide promettere a Scipione, principe del Senato che gli avrebbe senza riscatto restituito il figliuolo fatto prigioniere presso E ubea, e per soprappi una gran somma d oro , se per mezzo suo avesse ottenuta la pace. A cui Scipione rispose $. che avrebbe tenuta per sommo dono di reale munificenza la restituzione del figlio j che d oro non abbisognava, e che poi per tanta generosit del re verso lui gli dava il con siglio di astenersi dal venire a battaglia y essendogli gi cognito il valore de7Romani.

vin.
A ltra degli Etoli al Senato romano In occasione, che non essendo ancora stato vinto Antioco ? furono introdotti in Senato i legati etoli ; questi non motivarono parola sulla condotta crimi nosa tenuta dai loro ; ma bens vmolto si diffusero sopra quanto in addietro gli Etoli con grande im pegno e valore aveano fatto a pr de1Romani. Sic come poi domandati que1legati da uno de* senatori , se gli Etoli fossero in caso di mettere se medesimi? e tutte le loro cose a discrezione del popolo romano,

47
essi non risposero nulla ; i padri conobbero eia ci7 cbe le speranze degli Eloli dipendevano unicamente (da quanto era per avvenire ad Antioco ; e cos li rimandarono in Grecia senza avere conchiuso nulla., IX. A ltra d i Antioco al console. Antioco, rigettato il pensiero della guerra, mand legati al console chiedendo perdono del suo errore, e pace ed amicizia a condizione qualunque. Il con sole nulla deviando dalla pratica della patria, e la sciatosi placare da suo fratello Pubblio, accord la pace a queste condizioni, che Antioco non s inge risse nelle cose d Europa, che abbandonasse tutto il paese , tutte le citt, e tutte le nazioni che sono di qua del monte Tauro ; che consegnasse tutti i suoi elefanti, e tutte le sue navi lunghe 5 che per le spese della guerra fatte dai Ro.mani sborsasse quindici mila talenti euboici, che desse in mano dei Romani Annibaie, Foante etolo, e alcuni altri ; ed inoltre venti ostaggi, che i Romani indicherebbero. Il re per amor della pace accettando tutte queste condizioni, si liber dalla guerra.

Ai
X.
Delle citt e dei principi d A sia al Senato romano. Quando il re Antioco fu vinto , da tutte le cit t j e principi dell Asia vennero legati a ^ Roma per ottenere o la libert , o la debita rimunerazione per quello che a favor de1 Romani ciascheduno avea fatto nella guerra di Siria. A quali tutti i padri : dando speranza dissero eh essi avrebbero spediti in Asia dieci commissarii , i quali di concerto coi pro consoli avrebbero messo in buon ordine le cose. Ri tornati que9legati ai loro p aesi, i dieci commissarii romani si unirono con Scipione ed Emilio (i) \ e prese in esame le cose dichiararono che ad Eumene si dovesse dare la contrada al di qua del Tauro , e gli elefanti ? eh,erano di Antioco. Ai Rodii furono date la Caria e la Licia. Le citt eherano state tri butarie di Eum ene, furono obbligate a continuare a pagarglielo ; e quelle che lo pagavano ad- Antioco 9 furono dichiarate esenti.
(i) A questo passo il Vesselingio si affanna molto non trovando chi fosse VEmilio , di cui qui si parla, mentre Tito Livio non parta che di L . Emilio Paulo come uno dei dieci. Io non dir che avrebbe potuto ingannarsi Tito Livio mettendo quel L . Emilio Paulo tra dieci invece di accennarlo come uno de proconsoli. Non proporr nemmeno il dubbio, se per avventura il testo di Diodoro non fosse guasto , e non potesse meglio lecersi Scipione Emiliano , e ritenere un proconsole solo, non sapendosi altronde il perch se ne am mettano due. Mi limito ad osservare che il Vesselingio soffre con rassegnazione che si lasci Scipione in Asia in un tempo , in cui gli crede che fosse gi ritornato a Roma.

472
XI.
De Galati al proconsole Gneo Manlio, Il proconsole Gneo Manlio agli ambasciadori dei Galati j i quali erano andati a domandare fine alla guerra e pace, rispose che aiTebbe trattato di paee e di amicizia quando i re loro fossero andati spon taneamente a lui. XIL D i Antioco a quel proconsole. Lo stesso Manlio ito nella Licaonia riscosse da Antioco il frumento e i mille talenti, che per trat tato quel re dovea pagare ogni anno. XIII. De Romani al congresso generale degli Achei. 1 legati de'Romani andarono al congresso generale degli Achei nel Peloponneso ; e dichiararono non piacere al Senato che le mura di Sparta rimanessero rovesciate : che gli Achei le aveano di tal maniera guaste quando si erano impadroniti di quella citt , ed aveano i cittadini lacedemoni tutti arruolati alla loro repubblica. Dopo di loro furono introdotti gli ambasciadori di Eumene , recaudo seco il dono di venti talenti, che il re era solito a dare come una

47 3
specie di stipendio , per le spese di quelli che con correvano a far parte del congresso. Ma gli Achei rifiutarono il denaro (, e il dono. Vennero anche le gati di Seleuco per rinnovare lamicizia stata tra gli Achei ed Antioco j e 1 amicizia fu confermata ; e furono accettati i doni che proferivansi. XIV. Dei re d e lt A sia al Senato romano. Essendo giunti a Roma i legati dei re dell1A sia, quelli eh1erano con Attalo, furono accolti con grande onore : perciocch s and loro incontro con treno magnifico, e furono albergati con isplendore, e trat tati assai lautamente. E la ragione si fu che quere erano divotissimi al nome romano, ed ubbidienti ad ogni comandamento del Senato. Altronde poi essi aveano fatto eccellente accoglienza a tutti i Romani capitati nei loro regni. I padri , data udienza ai le gati, per gratificare Eumene, risposero benignamente ad A ttalo , che il Senato spedirebbe commissari! coll incarico di por fine alla guerra con Farnace. XV. D i Perseo al Senato romano. Nella Etoli a , nella Tessaglia, e nella pi parte delle citt, la speranza di fare nuoyi catasti avea

4;4
messo sossopra ogni cosa. La quale confusione giu dicando i padri che fosse pata da P erseo, a9legati di lui dichiararono, assolverlo essi da tutte le altre cattive cose commesse , ma volere ad ogni modo che correggesse il fatto della recente cacciata di Abrupolide trace dal proprio regno.

xvr.
D i Perseo al Senato romano. Non rispondendo nulla rpalo, ambasciadore di Perseo , il Senato rimand in Asia Eumene , gi onorato di sedia curale , e distinto con tutti i pi insigni onori. XVII. D i Perseo al Senato romarto.
\

I padri immantinente decretarono la guerra contro Perseo , e quantunque ammettessero i legati di quel ve in Senato, non per diedero loro alcuna risposta. Fu poi commesso ai consoli che tutte queste cose dichiarassero al popolo in concione ; e fu intimato agli ambasciadori di Perseo , e a tutti i Macedoni di uscire immantinente fuori delle mura di Roma e dentro trenta giorni dall7Italia.

XVD3.
D i Antioco ed Senato romano. ToloVnmeo , re d E gitto, sapendo che 1 Siria Cava (i) era stata sotto il dominio desuoi maggiori, {atto grande apparecchio di guerra, cominci a petisare di occuparla : perciocch sperava, che se era stata perduta per una guerra ingiusta , poteasi con una giusta guerra ricuperare. Di che essendo avver tito Antioco mand legati a Roma a denunziare Tolommeo (a) come quello, che stava per incomin ciare una guerra iniqua. Anche Tolommeo avea mandati i suoi per giustificare quella guerra, e per informare il Senato , che Antioco contro il giusto occupava quel paese stato gi de9suoi maggiori. Avea poi data incombenza a suoi ambasciadori di rinno vare coi Romani V amicizia, e di cercare' che si desse fine alla guerra con Perseo.
(i) Avendo noi spesse volte sul volgarizzamento nostro ritcnuU questa denominazione, giusto prevenire chi legge , essere questa parte di Siria la medesima che od altrove da Diodoro ? o da altri scrittori chiamasi Celesiria. (a) bene avvenire che Tolommeo allora era giovinetto sotto tutela ; e che maneggiatore di tutto era Jerace di cui altrove si b parlalo.

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XIX. De* Rodii al Senato romano. Erano venuti a Roma i legati de Rodii per giu stificarsi contro le accuse, che sapeano correre con tro di loro : imperciocch dicevasi che nella guerra macedonica si fossero addimostrati troppo propensi per Perseo, trascurata l amicizia de Romani. Or ve dendo tutti gli amici ad essi avversi s intimorirono ; e quando uno de pretori propose al popolo di far la guerra ai R odii, costernati pel pericolo , di che vedevano la loro patria minacciata, messisi in abito mendico, nelle congreghe degli amici non usarono parole sole di esortazione , e di preghiera, ma alle preghiere unirono copiose lagrime altamente scongiu rando che non si volesse la ruina della loro patria.Poscia introdotti in Senato , tenuto discorso atto a procacciare misericordia', da uno de tribuni, che avea fatto calar gi de rostri il pretore , il quale avea voluto eccitare i Romani alla guerra contro i Rodii, ebbero una risposta, per la quale vennero bens liberali dalla paura della guerra, ma fu piena di aspri e durissimi rimproveri.
/

XX. Di molti principi e citt al Senato romano. Iu quel tempo medesimo da ogni parte erano ve-

nuti a Roma legati per congratularsi di quanto i Romani prosperamente aveano fatto : i quali tutti i padri accolsero con assaissima cortesia , onorarono di benigne risposte , ed in breve rimandarono alle patrie loro. XXI. J )i Eumene , di Prusa, dei Galati al Senato romano. Essendo in quello stesso tempo venuti parecchi legati, di diede udienza ad ttalo ? il cui fratello Eumene -era caduto in gran sospetto a cagione di lettere trovate , per le quali pareva che avesse voluto confederarsi con Perseo contro i Romani. E varii legati dell7 Asia accusavano quel re 5 e spezialmente quelli eh9 erano stati spediti dal r Prusia e dai Galati. Ma Attalo la maggior parte delle accuse svent j e non solamente pot purgare il fratello dai delitti imputatigli , ma ottenne anche d essere con sommo onore rimandato al suo paese. Per rimase ne9padri un grave sospetto sopra Eumene ; e fu mandato Gajo ad esaminare la condotta di quel re. XXII. D el Senato romano in A sia 9 e al re Prusia. Prusia, uomo indegno del nome e della maest di re , era stato in tutto il tempo di sua vita solito

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fare turpemente l adulatore de9pi distnti perso naggi. Essendo stato una volta visitato dai legati dei Romani, egli depoSc le insegne di re ? il diadema, e la porpora, postosi il pileo in testa, essendosi prima fatto radere , e vestita la toga e le calze, si present lo ro , dicendo : eccomi liberto del popolo romano. Di cbe non troverai al certo pi bassa espressione. E molte cose simili fece dianzi e disse; ed ito alla Curia ^ fermo in sulla porta colle mani basse, in presenza de padri ne ador il limitare , e il consesso de senatori, dicendo loro : siate salvi., o miei Dei salvadori! eccedendo di gran lunga tutte le blandizie femminili , e tutte le adulazioni. Di si mile tuono fu la sua orazione ai senatori, che il riferire e trascrivere sarebbe vergogna. I padri sto macati dai detti di quel r e , diedero all adulatore ima risposta quale egli si meritava : perciocch i Romani preferiscono di' vincere nemici dalto animo, che i vili. XXIIL Dei Tolommei, il Filometore e il Fiscone al Senato romano. Erano venute a Roma ambascerie mandate dal minore , e dal maggiore de Tolommei, le quali in trodotte in Senato ed udite , poich i padri ebbero esaminate le cose delle quali trattavasi, diedero questa risposta. Che i legati spediti chi maggiore Tolommeo fra cinque giorni partano d Italia, e ri

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feriscano rotta F alleanza che sussisteva col re. De cretarono poi di mandar legati a Tolommeo il mi nore , i quali gli esponessero la volont del Senato, e la risposta data al fratello. XXIV. D i Ariarate al Senato romano, NeUa olimpiade centocinquantacinquesima vennero legati spediti da Ariarate r di Cappadocia ? portando una corona di dieci mila denari d oro , e la dichia razione che il re avea rinunziato al parentado e alP amicizia di' Demetrio , secondo che i padri aveano voluto (i). .Le quali cose venendo attestate da T. G racco, il Senato lod A riarate, ed accettata la corona, per ricambio mand al re in dono parecchie cose j che in Roma pregiavansi sommamente. XXV. D i Demetrio al Senato romno. Circa quel tempo s introdussero nella Curia i le gati spediti da Demetrio ? recanti una corona di dieci
(i) Demetrio Solere per fortificarsi nel regno avea proposto ad Artarate d* imparentarsi seco lui sposandone la sorella ; i Romani noi permisero. Il dispetto di tal rifiato mosse Demetrio a favorire O rofem e , che aspirava ad occupare il regno del fratello. C oti Giustino .

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mila denari doro, e stretti in catene gli autori della morte di Ottavio. I padri stettero lungo tempo esi tando sulla deliberazione che doveano prendere, la fine accettarono la corona ; ma noti vollero ricevere Isocrate e Leptine eh erano stati condotti (i). XXVI. Dei Celtiberi al console romano. I Celtibri ottenuta chebbero la vittoria (a), pen sando a ci che potea poscia succedere , mandano al console ambasciadori a trattare di pace. Il console rispose loro , volendo conservare la maest del po polo rom ano, che doveano mettere se stessi e le cose loro onninamente all arbitrio deRomani, op pure s aspettassero pi gagliarda la guerra. XXVII. Dei Cartaginesi al Senato romano.
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Scoppiata la guerra punica, i Cartaginesi udendo


(i) Leptine .avea ammassato Gn. Ottavio lo Laodicea; ed Isoarate , grammatico, avea giustificato quell omicidio. (a).Questa vittoria i Celtiberi riportarono sopra M . Fulvio N o bilione ; e il console , a cui proposero la pace, fu M. C laudio M arcello. I Romani non facevano mai la pace dopo essere stati rotti. Per Marcella accord ai Celtiberi di mandare upa legazione a Roma.

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che V armata de9 Romani era approdata al Lilibeo, ed avversi ad entrare in ostilit , spedirono legati a Roma} onde cedessero a9 Romani le cose. loro e quelle della patria. I padri accettata la resa del paese punico, risposero ai legati, qualmente, poich i Cartaginesi aveano preso il miglior partito, conce devano loro le leggi, il paese, le cose sacre, i mo< m unenti, la libert , tutti i possedimenti, e la risina, stessa di Cartagine, eh1essi aveano gi. risoluta , coprendo tutto questo coll1 apparenza di umanit ; purch per dessero in ostaggio trecento figliuoli di senatori , e prontamente facessero quanto i consoli avessero loro imposto. I Peni credendosi liberi dal timore della guerra, mandarono, non senza gran pianto 9 gli ostaggi. In quel frattempo i Romani ar rivano ad litica. Nuovi ambasciadori vengono allora da Cartagine per domandare quale altra cosa i Ro mani vogliano. I consoli rispondono , che doveano consegnare di buona fede tutte le armi e le cata pulte. Da prima con grande contrastamento udirono quella proposta, a cagione della guerra che. facevasi contro Asdrubale (i). Non ostante i Romani ebbero tutte le armi d ogni gener che sommarono a du gento mila, e duemila catapulte. Allora furono man dati alcuni a Cartagine ad intimare al Senato della citt che spedisse gete ad udire l1ultimo comando

<0 Per intelligenza di questo passo -bene ricordare, che avendo i Cartaginesi condannato a morte A&lruhaU per essere staio pria cipale astore della guerra fatta a Massinissa , egli avea volle le ar mi contro d essi.

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de7 consoli. Furono trenta i deputati ad andare e tutti persone scelte dai pi nobili : a cui Manilio, il maggiore de consoli, disse, volere il Senato romano che abbandonino la citt ora abitata , e ne fabbri chino un altra ottocento stadii distante dal mare. Udita la qual cosa i legati, dati in un dirotto (Manto m prostesi a te rra , 1 intero consesso empirono di * commiserazione ; e poich da quella costernazione poterono alquanto rilevarsi, uno dTessi, di nome Blannone ( i) , preso a favellare, con tanta fidanza e libert si espresse nel frangente in cui trovavasi, che tutti gli astanti mosse a compassione. XXVIII. Dei Cartaginesi a l Senato romano. Stando i Romani ostinati nel volere distrutta Car tagine , ed avendo ai legati cartaginesi ordinato di ritornar tosto a casa, e riferire ai loro concittadini il comandamento fatto , alcuni d essi, ricusando di ritornare alla p atria, fuggironsi ove poterono , gli altri fecero ritorno a Cartagine da quella fatale le gazione , e alla moltitudine che gl1incontr, nulla risposero; ma battendosi il cap o , e stendendo al cielo le m ani, scongiurando gli Dei , andarono di-* rettamente al foro , ed al Senato riferirono quanto i Romani aveano stabilito/
(t) Appiano lo chiama Annone G illa.

483
XXIX.
Degli A radii ad Ammonio. Gli Aradii tenendo d avere 1 occasione opportuna per rumare i Marateni, spediscono di nascosto messi ad Ammonio, che allora presiedeva al regno ( i) , e gli promettono trecento talenti se loro d in mano la citt. Costui mand Isidoro, in apparenza per altro negozio } ma in sostanza per tradire la citt , e consegnarla agli Aradii. I M arateni, bench nulla sapessero della concertata ruiua della loro citt, ma reggendo gli Aradii in molto favore presso il re , stabilirono di non ammettere in citt i soldati regii, ma di ammollire gli Aradii. Per ci scelsero imman tinente dieci de1pi vecchi tra i nobili loro , onde colle infule, e colle statue antichissime, eh1erano nella loro citt, andassero ad Arado , sperando di vedere temperata lira degli Aradii e per la commiserazione verso parenti quali essi erano , e per la piet verso* gli Dei. Quegli ambasciadori, come loro fu imposto, acesi dalle navi a terra , cercarono colle preci dr placare la moltitudine. Ma gli A radii, fieramente superbi, niun conto fecero n delle preci de supplii c a n ti, n della religione degli D e i, n della piet verso le immagini ricordanti la parentela. Anzi le
( O Era reggente del regno, e come curatore di Jlle$sandto Baia . M a come spiegare un fatto, che riguardato il grado di costui, b anch* pi assurdo -di quello che apparisca scellerato mentre pura scelleratissimo?

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statue degli Dei spezzarono, e conculcarono empia mente , e corsero con pietre addosso ai legati. Il qual impeto della moltitudine a grave stento represso da quei vecchioni, per riverenza alla <et si asten nero dal lapidarli, ma per ordinarono che fossero, cacciati in carcere. XXX. De Numantini e Termestini al Senato romano. A Numantini e Termestini, che aveano spediti le* gati ai Romani per ristabilire l ' amicizia , fu conce duta pace a questo patio , che 1 una e 1 altra citt dessero al popolo romano trecento ostaggi, nove cento saghe 3 tre mila pelli da tnde , ottocento ca valli da guerra, e tutte le armi. Fu fissatto a quelle citt il giorno, in cui doveansi eseguire queste con dizioni ; e le citt F eseguirono tutte. Si venne poi alla consegna delle armi; ed ivi alzossi un generoso lamento ; e la moltitudine senti pi che mai vivo T attaccamento alla sua libert ; querelandosi tutti N a vicenda di lasciarsi spogliare delle armi come se fos- v sero donne.. Ond1 che pentiti de patti accettati si accusavano reciprocamente, i figli i loro p a d ri, i padri i loro figli, e le mogli i mariti. Infine negano di consegnare le armi ai Romani ; e ripigliando il primo coraggio rinnovano la guerra.

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XXXI.
D i Trifone al Senato romano. Trifone di uom privato divenuto re ? cerca che gli sia confermato il principato con decreto del Senato romano.' A questo intendimento fatta fare una vitf tona d o ro , del peso di dieci mila denari, manda legati a Roma perch la portino al popolo. Pensava egli che i Romani non 1 avrebbero ricusata , s pel valore intrinseco, s pel buon augurio , che recava seco, -e che lo avrebbero riconosciuto per re. Ma fuori di sua aspettazione trov il Senato pi accorto ; e dovette sperimentare pi prudenti di lui quelli che coir astuzia sua avea pensato di potere deludere. Im perciocch i padri accettarono il dono e il buon augurio non senza utilit loro ; ma in vece che da Trifone , riconobbero quella vittoria come prove niente loro dal re , che Trifone scelleratamente avea ucciso; e vi feeero scrivere sopra il nome def me desimo. Con che manifestamente comprovarono la detestazione loro per la morte del re fanciullo , e pei regali degli empii (i). v
(i) Diodoto , di poi chiamatosi T rifone , era tutore del re di Siria, figliuolo di Alessandro . Il giovinetto avea dieci anni, ed era malato. Trifone corruppe i medici, onde si credesse eh' egli era infermo di pietra, e gli fece fare 1 operai ine per farlo morire. *

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XXXII.
'Del Senato romano ai re cE Egitto > e deir A sia. A legati, alla testa de1quali era Scipione Emi liano ( i ) , andati ad Alessandria per vedere lo stato del regno, il re Tolommeo and incontro con nu merosa comitiva, e con gran pompa. Furono e w accolti onorificamente, e lautamente banchettati; poi vennero condotti intorno per tutto il reai palazzo, ond* essi, i tesori vedessero. I legati rom ani, es sendo uomini di egregia v irt , ed usi a poco e sa lubre cib o , sprezzarono le lautezze del re come quelle che indebolivano il corpo e l animo ; e le eose che Tolommeo stimava assaissimo, appena de gnavano di uno sguardo, riputandole vili. Alle altre cose poi degne di considerazione badavano diligen tissimamente , come fu la situazione, e la ricchezza della citt , e la singolarit del Faro. Iti poscia na vigando a M enfi, ben consideravano e la bont del territorio, e le opportunit del fiume N ilo, e la moltitudine delle citt, e linnumerabile numero degli abitanti, e il paese ben munito , e F eccellenza sua, giudicandolo tale da condurre comodissimamente al possesso di un grande imperio ; perciocch mera vigliati di quella grande quantit di gente, e dei tanti vantaggi de luoghi, non senza ragione concludevano
(i) Giustino nomina tra gli altri, olire Scipione, S p . Mummia e Metello. bene dire che que' Romani condussero jeco alcuni ubmiai di lettere , c filosofi tra i quali furono Possidonio , t Panezio.

4*7
potersi ivi stabilire un imperio potentissimo, quante volte fosse in mano d uomini degni di tante forze. Veduto l Egitto andarono poscia a Cipro , indi in Siria ; e visitate quasi tutte le provincie del mondo rom ano, senza essere stati d aggravio a nessuno, ma per la mirabile loro continenza dappertutto spmmamente stim ati, con applauso infinito , e con rin graziamenti de provinciali ritornarono a casa. Imper ciocch in questa loro legazione aveano prudentissi miamente messo termine alle 'controversie , e posti in concordia molti litiganti ; persuasi altri a prestarsi a quanto era equo e giusto ; e i pi pervicaci colla forza e coll autorit ridotti al.dovere; le questioni pi astruse rimesse al Senato ; i re inoltre e i popoli umanissimamente richiamati a rito rn a i* amici; e indotti tutti a fortificare l imperio con benevolo affetto. Nelle quali disposizioni entrati principi e nazioni, vennero dagli uni e dalie altre spediti ambasciadori a rendere lode a Scipione e a colleghi suoi y e a ringraziare per tali legati spedici. XXXIII. Del re Bocco a M ario, e al Senato romano* Bocco, re di M auritania, accusando acerbamente gli autori della guerra intrapresa contro i Romani, mand legati a M ario, i quali chiedessero perdono dei delitti, ed alleanza ed amicizia ? e dichiarassero che il re non avrebbe prestata ai Romani opera

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inutile. Mario rimise al Senato i legati di Bocco. Vengono essi adunque dal re spediti a Roma ; ai quali i padri risposero che Bocco avrebbe ottenuto quanto desiderava purch si procacciasse il favore di Mario. Questi allora poneva ogni suo studio unica mente in avere nelle mani Giugurta 5 e il re eccitato a contribuire a quest opera, vi si prest, invitando Giugurta ad un congresso , onde trattare de comuni interessi, e di quanto era da farsi ; e in quella oc casione facendolo arrestare , carico di catene lo con segn al questore L. S iila, spedito a tal effetto. Cos Bocco compr la sua salvezza colla ruina di Giugurta 5 ed evit il gastigo che s aspettava dai Romani. XXXlV. D i M itridate al Senato romano. Erano giunti a Roma legati spediti dal re Mitri date con grossissime somme di denaro per corrom pere il Senato. Ora L. Saturnino, cercando occa sione d insultare ai p ad ri, gravissimamente offese que* legati, i quali eccitati da uomini senatorii, che loro promettevano di sostenerli, accusarono Satur nino , cme reo di violazione e d ingiuria verso di essi. Grande fu e pubblica la contesa insorta, a ca gione che i legati riputavansi inviolabili , e che era antico costume presso i Romani di vendicare le in giuria a tal sorta duomini fatte. Venne adunque

Saturnino in imminente pericolo , essendo reo di de litto capitale ; ed accusato da senatori, che presie devano eglino medesimi a tal genere di giudizii ? onde salvarsi si diede ad implorare misericordia, questo essendo il porto comune degli afflitti. Per lo che dimessa la toga candida y una sordida ne in doss , e fattasi* crescer la barba 7 cominci a pre sentarsi in tale figura ai varii gruppi . della plebe , pittandosi alle ginocchia degli u n i, stringendo forte mente le mani agli altri , e pregando supplichevole che volessero soccorrerlo nella calamit sua, mentre egli veniva oppresso dai senatori contro ogni giustizia ed equit y per niun altro motivo che per sostenere le loro parti ; e nella sua causa essere i nemici suoi e accusatori e giudici. Si commossero i plebei alle preghiere di Saturnino \ ed in gran numero anda rono ad assistere al giudizio. E la cosa fin di tal modo ? che il reo fu strascinato via , e per la vo lont risoluta dfclla moltitudine fu di nuovo' creato tribuno della plebe. XXXV. De Cretesi al Senato romano* I Cretesi per alcun tempo mantennero ferma la pace che aveano fatta con M. Antonio (i). Essendosi
(i) Questo M . Antonio fu padre dal Triumviro e fece la guerra ai Cretesi con poco buona fortuna.

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4go
poi convocata la loro grande assemblea per provve dere agli affari della repubblica > mandarono a Roma i pi anziani e quanti aveano pratica sperimentata degli affari, tanto per ribattere le accuse che veni vano loro fatte , quanto per mitigare a pr loro con lusinghevoli parole i padri. Trenta furono i soggetti scelti, e i pii nohili di tutti , i quli in Roma pri vatamente girando per le case de* senatori, e ado perando ogni genere di preghiere, giunsero a placare i principali di quell ordine. Poscia furono introdotti in Senato : i delitti, de1quali i Cretesi venivano in colpati., molto industriosamente diluirono, ; ed enu merati diligentemente i loro benefizii verso i Romani e l antica loro amist y chiesero d essere ricevuti nell7amicizia di prima, I padri udito benignamente il discorso de1legati, fecero un decreto, in virt del quale i Cretesi furono chiamati alleati ed amici de1Romani ; il qual decreto per Lentulo Spintere fece che rimanesse senza effetto (i). 1 legati ritorna rono adunque al loro paese senza essere riusciti nel loro intento. Di poi in Roma spesso presso il Senato parlavasi de Cretesi come di compagni, e complici de1Pirati: ond che i fece un decreto . per cui si ordinava che i Cretesi mandassero a Roma tutto il loro naviglio , compresivi quattro scalmi, e di pi trecento ostaggi tolti dalle pi nobili famiglie. Oltre ci si comand loro che consegnassero le persone
(i) Era tribuno della plebe, ed rea tale prerogativa. Fu grande amico di Cicerone , che molto lo ajut con consigli nel consolalo.

diL& stene e di P anari, e pagassero di soprappi quattro mila talenti d argento ai Romani. Udite le quali cose i Cretesi fecero tra loro consiglio sopra ci cbe convenisse risolvere. I pi prudenti suggeri rono cbe s avesse a fare quanto era ingiunto ; ma Lastene e Panari ? rei di gravi delitti, temendo d i1 essere mandati a Roma y ed ivi essere puniti, ecci tarono la moltitudine, esortandola a conservare la libert avuta dai loro maggiori.

?IB E DEB VOLUME

ED ULTIMO.

49* I N D I C E
DLLE MATERIE CONTENUTE IN QESTO TOMO

LIBRO

VENTESIMO.

Cip.

dell*Autore sulle troppa spesse e troppo prolisse allocuzioni inserite da taluni uelle storie ; e proposta del tempo che comprenderanno gli avvenimenti narrali in questo l i b r o ......................................... Pa. 5 II. Agatoele vuole passare in Africa. Suoi pre parativi per tale impresa. Cometa eseguisse: quai pericoli superasse. Primi suoi fatti dopo aver messo a terra P esercito . . 8 III. Pensieri de*Cartaginesi sullo sbarco di Aga toele. Misure da essi prese. Battaglia e vittoria di Agatoele facilitata dalle trame di Bomilcare. Cartagine investita dal nemico: rimorsi 9 e superstizioni crudeli de Cartagi nesi ......................................................... ...... 17 IV. Astuzia di Amilcare cogli abitanti di Siracusa. Misure che prendono i governatori di quella citt. Arrivo col de* messi apportatori della nuova della vittoria di Agatoele. Amilcare approfittando della circostanza fa scalare dai suoi le mura di Siracusa ma senza frutto. Nuovi acquisti e nuove vittorie di Agatoele in Africa
I. O o n s id e k iz io v i

493
Cip. V* Imprese di Cassandre. GstiUt di Tolom.meo contro Altigooo. Tentai ivi di Polisperconte per introdurre in Macedonia Ercole figlio di Alessendro.'- Assassinio di Nicocle , re de* Pafj in Cipro, ordinalo da Tolommeo, e catastrofe orrenda della famiglia di quel re Pag. VI. Guerra nel Ponto tra i figliuoli del re Parisada. Eumelo ricambia i delitti 'dell* ambisione con un governo liberale . . . . VII. Campagna di Tolommeo in Cilica , e in altre parli ; Polisperconte si acconcia con Cassandio, togliendo" di vita 'Ercole d* Ales sandro cbe prima volevaf mettere sul trono di Macedonia. 1 Cartaginesi vanno fk t as saltare Siracusa , e sono disfatti colla presa e morte di Amilcare. Gli \grigratini si fanno i campioni della indipendenza dei Sicnli. Affari dei S iracusani................................. V ili. Costernazione de Cartaginesi per la rotta e morte di Amilcare. Grave rischio- in cui trovasi Agatocle messo in arresto dal suo esercito. Come se ne libera, e batte i Car taginesi Guerra d Romani oogli Etruschi ed i Sanniti. Imprese del censore Appio C l a u d i o ................................................... IX . Escursione di Tolommeo sulle cosle del Pe loponneso. Assassinio di Cleopatra. Nuova . vittoria di Agatocle sui Cartaginesi. Sua lega con Offella , re di Cirene. Marcia di questo principe. Serpenti delle S irti, e ca verna di Lamia. Unione -dei due eserciti. Ma Agatocle assalta Qffella', che perde la vita , e fa suo 1* esercito di lui . X . Bomilcare tenta di farsi signore in Cartagine nel tempo che Agatocle opprimeva Offella j ma rimane oppresso. Agatocle manda a Si racusa le spoglie nemiche e i Cirenei non atti alle armi. Cose d Italia . . . . -

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4o4
C if . X I. Sfwdisloae di D a ta rio ad Atene oh* egli'mctte in libert. Onori dagli Ateniesi decretati a lui ad AntigOao. Altra spedizione di De metrio a Cipro ore assedia Salamina. Sua Tlfcotta navale contro Tolommeo. Per essa Autigeno assona il titolo di re e lo confe risce a Demetrio. Gli altri principi lo* imi tano .............................................. * Pag. 69 XII. Agatoele assume anch egli il titolo di re; e fa r impresa di Ulica. Terribile sventura degli . . . abitanti di quella citt. Altre conquiste di Agatoele. Generai ioni di popoli allora noti in Africa. Agatoele lascia ivi I*esercito, va ia Sicilia ........................................ ..... 83 X11.I. Senodoco, comandante degli Agrigentini h rotto .dai luogotenenti di Agatoele. Arrivo di que sto in Sicilia; e varie sue imprese contro le citt Sicule. Dinocrate gli tien fronte con g ro s s o esercito. Belle spedizioni in Africa di Eumaco. Le P ite cu sse....................... 85 XIV. I Cartaginesi in Africa mettono in campagna tro eserciti e sconfiggono Arcagato. Aga toele cbe non pu soccorrerlo sconfigge l f armata cartaginese che bloccava Siracusa ; e Leptine sbaraglia Senodoco obbligalo poi a fuggire da Agrigento . . . . . 9 XV. Astuzia di Agatoele per conoscere i mal affetti a lui e misure che prende prima di partire per PAfrica. Cattivo stato in cui trova col il suo esercito. Assalto i Cartaginesi, ed obbligato a ritirarsi nel suo campo. Singoiar caso , che scompiglia i Cartaginesi e ruioa lui. Vuol fuggire in Scjilia ed arrestato; indi messo in liberl. Abbandona P Africa ove i suoi figli sono dai soldati uccisi , e gli avanzi dell esercito distrutti . . . 9$ XVI. Agatoele sbarcato in Sicilia va in Egesta. Crudelt sue verso gli abitanti di quella citt per averne denari ~ Crudelt commesse ad

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Antandro contro i parenti de* soldati dell'e sercito d* Africa in vendetta de9 figliuoli col uccisi . . . . . * . . . Pag. XVII* Grande spedizione di Antigono contro l ' E gitto. Ma trovata troppa resistenza per parte di Tolommeo egli ritorna in Siria . . XVIII. Agatocle caduto in trista fortuna rinuncia per accordo con D inocra te al .regno , lasciando Siracusa in libert Ma il trattato non si eseguisce per secreti fini di Dipocrate. Aga tocle si acconcia coi Cartaginesi. Il paese .dei Sanniti . minato dai Romani . . . XIX. Antigono fa guerra a Rodi e per qual mo tivo. Grande armala cbe Demetrio conduce ai danni di quella citt. Macchine, che co struisce e adopera. Misure di difesa, che i Rodii- allestiscono. Assalti e combatti menti ................................... . . . . n XX Agatocle assalta Dinocrate, e i suoi fuoru scili, e lo sbaraglia. Indi viene ad accordo; e si fa aqniQp Dinocrate^ che guerreggia utiU mente per lui. Campagna de* Romani nel Sannio .............................................. . . XXI. Descrizione di una Elepoli di mirabil gran dezza falla costruire insieme con altre mac chine .da .Demetrio per espugnar Rodi. In gegno e carattere di questo principe. Sforzi de-Rodii per difendersi* Terribile assalto dato alla citt ' ...................................- . XXII* Il re Tolommeo manda ajuto ai Rodii. Essi resistono meravigliosamente ad un grande assalto, che Demetrio fa dare alla citt. Finalmente l*assedio cessa, e si fa la pace XXHI. I Rodii rimeritano ampiamente quanti aveano loro prestata opera per la salvezza della citt. Demetrio si volge a dare la libert alle citt greche tenute in soggezione da Cassandre. Angherie di Agatocle contro gli io j

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abitami di L iplri, e tristi (iati a lui occorsi. I Romani fanno pace coi Sanniti . . Pag, 148 Cip. XXIV. Imprse di Demetrio nell Acaja. I Tarantini ottengono dagli Spartani per comandante Cleonimo, 11 quale empie tutto di rapine e di scandali. Vicende di costui . . . i5x XXV. Cassandro non poteudo aver pace da Anti gono , fa lega contro di lui con Tolommeo , con Seleuco 9 e con Lisimaco. Spedizione di Lisimaco in Asia* Antigono muove contro di lu i, e chiama a se dalla Grecia De metrio ......................................................... *56 XXVI. Demetrio si fa iniziare estraordinariamente in Atene nei misierii eleusini. Libera molte citt greche, e dovendo partire per 1 Asia * fa un accordo con Cassandro. Sua campa gna in Asia. Sventurata spedizione di Plei starco verso Lisimaco. -Seleuco in Cappado cia . Tutti a quartieri d inverno . . . 1Ga Estratti che rimangono degli ultimi venti libri deila Biblioteca Storica di Diodoro Siculo, quali si hanno nella edizione del Vesseliogio eseguita in Amsterdam nel 17f i , per le stampe di Jacopo Vesienio . . . - ............................. a i 3 Estratti de' libri che mancano della Biblioteca Storica di Dio doro Siculo , come si hanno nella Biblioteca di Fozio patriarca di Costantinopo'i . . . ............................. 267 Frammenti che rimangono dei libri posteriori al xx della Bi blioteca Storica di Diodoro 8iculo, i quali in alcune edizioni vanno sotto il titolo di riguardanti le Viriti e i Vizii........................................ ..... ....................................... i v j

49

FINE DEIX IWDIGE.

INDICE
DELLE TAVOLE IN RAME E CARTE GEOGRAFICHE
CONTENUTE NE SETTE TOMI DELLA BIBLIOTECA STORICA

DIODORO

SICULO.

Tomo L
99 99 99 99 99 99 99 99 99 99 99 99 99

99 99

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Frontispizio della Collana degli antichi Storici Greci. Ritratto dell* Aatore. 99 Tav. I. Osiride . . Pag. 2 & 99 99 99 2 $ 9? II. Iside . . . . 99 99 III. Osimandu^a. 99 **9 99 2 6 5 99 9# IV. Mennone 99 99 I l 8 I. Aminone n. m 99 i 5 5 9$ 9f II. Bacco * * 99 160 99 99 III. Ercole. . . . 99 99 i 6 5 IV. Centauro . . 99 99 12$ III. Carta del passaggio delle Termopili 39 99 del Piano della Battaglia di Salamina 9 1a 9 99 99 della Battaglia di Platea 99 164 IV. Tavola unica. Rovine del Tempio di Giove Olimpico in Agrigento. 99 1 2 ( 99 V. 9 Navi antiche 5 99 99 I. Delineamenti di Alessandro come OSVI. servansi in antichissimi mono menti. 99 S 99 99 I I. Topografia della citt di Tebe. 9 16 9 99 .J3 III. Carro funebre d* Alessandro il t> 99 212 grande . 99 1 e II. Testuggini militari * 99 VII. 5 99 99 III. Naviglio di 6ette remi detto E - * 99 ptera 77

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