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D I ZOSIMO

CONTE ED AVVOCATO DEL FISCO

D E LLA N U O V A ISTO R IA
JAltri gei con Noie
TRADOTTI
PER LA PRIMA VOLTA NELLA ITALIANA LINGUA

DA GIUSEPPE ROSSI
ED

AGGIUNTAVI UNAPPENDICE SOPRA GIULIANO


l a v o r o d e l c h ia riss im o

SIGNOB SP1RIDIOME FETHETT1NI.

MILANO
DALL A STA MPERIA DI PAOLO ANDREA MOLINA

in Con t r ada d e llA g n e llo , N. 963.

DI

ZOSIMO

CONTE ED AVVOCATO D EL FISCO

DELLA NUOVA IST ORIA


oQoQp M itilo jp jw rm o

P0L1BI0 d a Megalopoli p r ima d i narrare ai se* coli futu ri gli avveniment i d ellet sua meritevoli d i ri* cordanza, estim saggio consiglio il dimostrare co fa t ti che i Romani, d opo la fondatione della citt loro guer reggiando secento anni i confinanti, non giunsero a pos sedere un grande impero. Ma soggiogata parte dell'It a lia e perdutala novamente dopo la comparsa di A nni b aie e la sconfitt a a Canne, minacciandone i Car tagi nesi le st esse cit tadine m nra, si portarono a tanta elea te u a di fortuna che in cinquantatr anni a pena vi gersi padroni d ellItalia e dellAfrica tutta. Signoreggia rono di pi la Spagna, n paghi ancora vinsero, tra versato il seno Ionico, i Greci, privarono i Macedoni del reame (1), ed imprigionatone il monarca, lo con
ti) C aTTenne sotto Perseo, e ne trionf P. Emilio.

Zosmo. Della nuova Istoria.

2 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, dessero vivo a Roma. Delle quali vicen de la ragione n om certo at t ribui re non vorr ad um ane forze, bens piut tosto a fatale necessit, ovvero ai rivolgimenti degli astri, e mglio ancra dii arbitrio del Nume stsso favoreg giatore delle on este imprese. Poich formando esse tal foggia di serie colle susseguenti da pjrefre le ime sequele delle altre, destasi in chi rettamen te ne giudica il pen siero dnna provvidenza d ivina reggi(rice delle bisogne di qua gi, onde collaiuto di lei, quasi fonte ubertosa dintelligenza, invigoriscano g|i animi, ed a) suo venir meno discadano come ora si vede. qui mestieri che dagli eventi s tessi tr agga pruova di quanto espongo. Dalla fine della troiana guerra insino alla battaglia di Maratona (4) si pare che i Greci n entro n i furi della patria nulla operassero degno di ritefttfaranza. Assaliti in allora dai prefetti e dalle in* finite schier e di Dario, otto mila Ateniesi (2) animati da incitamento divino ed impugnate armi comunque v enute loro alla mano, di grain cuore movendo contro al nemi co , riportaronne s gloriosa vittoria che giunsero, fat tane strage di cinquanta mila, a discacciarne dalle pro prie frontiere il resto ; cos i Greci crebbero in fama, tonando jpi, morto Derio, Serse con troppe assai mag giri , conducendo Asia tutta a guerreggiarli, empiev di navi il mare di cavalli e fanti la terra, e quasi gli
(i) Questa guerra co ntro Dati, prefetto d Dario, capi tanala era da Milziade. (a) D ieci m ila, dice Giustino, oltre i mille auHlwri di PkKe.

LIBRO BRIMOl 3 tementi stessi:, al ' valicar devesercito p Ecusop a bastevoli non fo ssero a d accoglierlo sema usurparsi:*, vi cenda i lofo d iritti, eresseun pon}eop r a lEUesp^nfc* a d agevolare il trans it o- delle genti pedestri, e ttafoh} 4Atoo nde r icevesse col inare le navi; spaventata laG**r eia dalla sola voce del formidabilissimo' appresi a*i culo, -di, con ogni sua possa di pglio alle arati. Venuta ^uiadi a battaglia navale presso Artemisie ed in s eguila non lunge da Saiainina (4), consegua assai pi illustr e1vittoriadiellaatecedentpy mettendo il-re in precipitosa Ioga i^ep perduta la massima p ar te delle trippe^ e la sconr fitta delle altre a Platea (2) pose il oeimo allo splendore della Orecia; merc d i che ella ridon la libert .aspoi nazionali dimoranti nellAsia, e di quasi tutte | le. isole acquist l impero. Cbe se di continuo rimasi fossersi * t k i / e ^ m della presente-loro fortuna, n gli Ateniesi* gli)Spatv tani pigliato avessero1a sep ararseli uni dagli altri on-trastandosi a vic enda'la capitaoanza de Greri, e' teai -pi obbedito avr ebbero a stranieri fpbdronL Ora dalla -guerra del Peloponneso! (9) menomataneteseroito ridotte all indigenza le cittadi, apriroasi le porte a Fi lippo voglioso di aggtaidire con aitile Furberie a re(} Sotto gli anspicj di Temistocle. (?) Da Paasaoia ed Aristide sbaragliate Mrdonio satrapa reale. (3) Guerra dorata vnti anni, pretestando gli Spartani essersi dagli Ateniesi riolata la greca libert, Perike 'eia blo eccitando i suoi alla guer ra.

4 Z0S1M0, DELLA NUOVA ISTORIA gno der ivatogli per successioni ben inferiore di forze * quanti lo avvicinavano. Allettando egli dunque col da Bare s ue truppe e quelle seco de1confederati, pot da piccolo farsi grande, e venire cogli Ateniesi a bat taglia p resso Cheronea. Uscitone vittorioso e mostrandosi a tutti piacevole e benigno, volgea di gi il pensiero ad assalire la persiana monarchia, se non ch e nell apprestarvisi fu da morte spento. Alessandro, asceso il trono e subito dato ordine alla Grecia nel terzo amio del suo impero con poderose milizie p ass in Asia. Vinti assai di leggieri i satrapi suoi avversar] corse a rintracciare Dario, il quale p reoc cupato avea con oste senza namero i luoghi appo Isso. Quivi appiccatavi battaglia ed inalzato un trofeo supe riore ad ogni espressione, costrinse il re a voltare le spalle. Visit poscia la Fenicia-, la Siria e la Palestina ; le sne geste presso Tiro e Gaza trovanti nelle opere di coloro che ne trasmisero alla posterit le imprese. Pr o ceduto oltre nell Egitto vener Aminone, e stabilito vi l'occorrente alla fabbricazione d'Alessandria, fecesi in dietro a terminare la guerra persiana. Rinvenuti ogni dove segni di amicizia, viaggi nella Mesopot am ia, ove ndito che Dario trovavasi alla testa di genti molto pi numerose delle prime and colle truppe allora seco ad inco ntrarlo, e sopra il campo d'Arbela tanto lo vinse, quanto voleavi per distruggergli quasi l'intiero esercito e scompigliare, foggito il re con pochi, queir impero. Da Beso quindi ucciso Dario, Alessandro pur egli, tornato dalle Indie in Babilonia, soggiacque allestremo fato. Divisosi allora il macedonico regno in satr apie ed

LIBRO PRIMO. 5 affievo lito dall continue intestine guerre, la fortuna soggett ai Romani le reliquie d'Europa, i quali poscia spedite genti nellAsia a guerreggiare i re del Ponto, Ant ioco e da ultimo i principi dellEgitto, ogni anno aumentarono, sino a che l autor it senatoria fu in vi gor e, il dominio loro, gareggiando i consoli a superarsi vicendevolmente con gloriose azioni; ma posta in se gnilo a soqquadro la repu b blica dalle guerre civili di Siila e Mario, di Cesare e Pompeo mettono in ab? bandono il governo degli ottimati per creare ditta tore Ottaviano, e fidatone al suo arbitrio tutto il reg gimento, non considerano di aver posto a ripentaglio le universali speranze, ed assoggettata la sorte di cos vasta dominazione al potere ed alla cupidigia di solo un nomo. Poich l'eletto se brama reggere con rettitudine e giu stizia lo stato, non bastevole tuttavia a compiere le molte bisogne della sua magistratura, avendoveue di quelle assai lontane, cui non pu speditamente provve dere , n rinvenire tan t i ministri di conformit al fat tone giudizio, n accordarsi tampoco con talmente va riati costumi; se p o i, violando i limili della conferita gli autorit, aspira alla tirannide, sconvolgendo le fun zioni de' suoi officiali, trascurando i delitti, col danaro acquistandosi un venale diritto, schiavi estimando i sud diti ( come praticarono molti imperatori, o meglio an cora, di pochi all infuori, tutti), il costui importabile governo per necessaria conseguenza addiverr pubblica sciagura. Mentre gli adulatori, colmi di largizioni e di onoranze, occuperanno i pi elevati impieghi, ed i mo desti e tranquilli cittadini, disamando sim ik tenor di

6 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA ha, non comporteranno molestamente di andarne pri ti. Quindi le citt empierannosi di sedizioni e tumulti vedendo inalzat e a civili e militari Cariche persone avi de del guadagno; r ender ssi la togata vita ai pi di^ scteti spiacevole ed acerba, e veTr meno nelle guerre il militar valore. Che tale corrano gli avvenimenti la stessa esperienza' lirro e quantedisnbito accad d e o tto lim perodOtttoi aflO lo comprovano assai bene. Di fatti e la danza potatomi mica, sconosciuta p e r lo avanti, cominci in qse iempi comparire, essendone frinii autori Pilade e Batillo, ed altre n ovit ancora introdotto vennero, le quali infino ad oggi proseguono con molto danna E si pare nondimerio che Ottaviano governasse moderata mente ta repubblica obbedendo ai consigli deilo stoico Atenodpro. >ll successore Tiberio datosi ad una estrema crudelt, e discacciato dai sudditi (1), addivenuto lor o ifetoMerabile, atad :a fewre i suoi giorni ascoso entro mrfsoJa. Caio Caligola, cos tui spento, superandolo in ogni maniera fi Scelleraggini, fu morto da Cherea, liberando cos limpero da inumanissima tirannide. Dopo che Clau d i o ebbe commesso ad eunuchi libertini le sue faccende

(i) Z osi 000 io questo Juogo ducordanle da Sfel o nio , jjj quale die? ( lib. I l i , cap. 4 p ) : Tiberio si trasfer a Capri sommamente dilettatosi d i queir isola, n fa menzione alcuna < ^ h egli fsse cacciato dal pp olo, e d i subito , prosegue, con preghiere contnue venne dai sudditi richiamato. I quali dobViam creder non sarebbohsi ver lui cosi diportati se Io 'avessero 4a prmd violentemente fatto partire.

LIBRO MUMO. 7 e posto One turpemente alla vita, Nerone ed. altri, se* guendosi, ascesero il t raino. Di questi per verit ho d i' visato non dir verb o, disdegnando che rimanga memo* ria delle inique e mostruose lor o azioni. Vespasiano e Tito, sua prole, inalzati allimpero con assai pi mode* razione ressero i popoli. Domiziano, specchio senzapari di lussuria, dj crudelt e di avarizia, manomessa la re- pubblica per la dura t a di quindici anni intieri, ed alla fine ucciso da Stefano liberto, ebbesi.con tal mor te il gastig o de' suoi misfatti. Uomini probi .di poi, vo' dire Nerva , Traiano, il p io Antonino ed i due germani, Vero e Lucio, ottenuto il supremo coman d o , ripararono a molte calamitadi, tornando al possesso non solo del perduto dai lorq antecessori, ma eziandio aggiungendovi qualche nuovo acquisto. A Comodo, figlio di Marco, inclinato cos alla tirannide come alle pi orribili sceUeraggini, e spento dalla concubina Marcia, armatasi d'animo virile, tenne dietro Pertinace; se non che i pretoriani soldati, mal comportandone il rigore nellesercizio e nella d isciplina militare, lo trucidarono. Poco manc allora non andasse Roma in isconvolgiment o , poicfc le trup p e destinate alla custodia del pretorio usurpandosi il diritto di no* minare il monarca, ne toglievan forzevolmente la slcelta al senato. Messo pertanto l ' impero in vendita, Didio Giuliano, istigato dalla consorte, anzi per balordaggine che per saggio consiglio a contanti ne fa mercato, dando uno spettacolo mai pi veduto per lo innanzi, condotto essendo al pretorio non preceduto dai senatori n da qualunque legittimo corteo; accompagnato bens da quei

8 Z0S1M0, DELLA NUOVA ISTORIA soli militi che eletto aveanlo, vennegli da loro stessi di forza consegnato il palazzo con qua u to eravi entro. Pu r egli non di meno, addivenuto vittima de' suoi elettori medesimi, regn, a mo' di notturno sogno, brevissimo tempo. Ricorsi novamente al senato per deliberare cui porre in capo l ' imperiale corona, Severo fii il trascelto. Ma usarpatosi ad nn tempo il trono da Albino e Negro, sursero infra loro guerre civili n di poco momento (4), le citt reciprocamente discordi parteggiando chi per l' uno e chi per laltro. Suscitatosi dunque nell'oriente e nell' Egitto non lieve scompiglio, i Bizantini favoreg giatori ed albergatori di Negro si esposero ad estremo pericolo. Ucciso costui trionfarono gli aderenti a Seve ro , il quale, morto a simile Albino, senza competitori govern la repubblica. Questi rivolse ogni sua cnra ad emendare il male operato, ed innanzi tutto pun rigoro samente i militi che ucciso aveano Pertinace e messo in trono Giuliano. Ordinato quindi con senno l esercito ed assaliti i Persiani, occup di subito Ctesifonte e Ba bilonia. Fattosi poscia in quel degli Arabi nomati dalle tende loro Sceniti, ridusse in poter suo l'Arabia intera, e compii valorosamente altre non poche geste. Era di pi implacabile contro ai malfattori, le cui sostanze, giudi cati rei, metteva nel fisco. Ornate a simile di magnifici edifizj molte citt, de stin a succedergli Antonino sua prole, e pervenuto agli
(i) Delle quali guerr e e di quanto all'uno ed all* alt ro duce avvenne parla Erodiano in Severo.

LIBRO PRIMO. 9 ultimi della vita gli di a co mp agno G eta, altro figlio, dichiarando loro tntore Papiniano, uomo giustissimo e superiore a quanti fnronvi e sono giureconsulti nella scienza ed esposizione delle leggi. Questi, mentre eser citava lufficio di prefetto del pretorio, osservando An tonino avverso a Geta, e postosi del suo meglio ad al lontanarne le insidie cadde, senza poterne addurre al tro motivo , in sospetto dell' imperatore germano, il qnale volendo liberarsi da tale impaccio ne commise alle truppe l'uccisione. Colta inoltre la opportunit pri v della vita il fratello, non riuscita essendo neppure l'accorsa madre a strapparglielo dalle mani. Non guari dopo Antonino port la pena del fraticidio, rimanendone sempre occulto l'ucciditore, ed i soldati a dimora in Roma surrogarongli Macrino, pre f etto del pretorio (1), e quelli nell oriente innalzarono allimpero un giovinetto Emiseno, stretto alla genitrice di Antonino con legami di parentela. Fermi entrambi gli eserciti nel sostenere le proprie elezioni, surse ci vile discordia; le truppe dell Emiseno Antonino av viansi a Roma col protetto loro, e la soldatesca di Macrino esce d 'Italia ad incontrarli. Si viene alle armi presso Antiochia della Siria, e Macrino, tocca una compiuta sconfitta, abbandona, fuggendo, il campo, ma nello stretto infra Bizanzio e Calcedone, arrivatolo, sog giacque per le molte ferite a morte (2).
(i) Diooe ed Erod iano asseriscono conferito I' impero a Macrino dimorante nell oriente , ed averlo egli perdalo col mettersi tardi in viaggio per entrare in Roma. (a) M ollatogli il capo, dice Erodiano.

Z0SIM0, DELLA NUOVA ISTORIA Il vittorioso Antonino (4) vendicatosi di coloro , quasi nemici, che seguito aveano le parti d Macrino, pi* gli a menare turpe e ribalda vita in mezzo a cerretani e maghi. I Romani pertanto mal comportandone la sfrenata licenza e l'alterigia dierongli m orte, e smembratone il cadavere posero in trno Alessandro discendente pur egli dalla famiglia di Severo. Questi, ancor giovinetto, d'ot tima indole ed animante ognuno a sperar bene sotto il suo governo, cre prefetti del pretorio Flaviano e C ri sto , personaggi sapevoli di strategia e capaci di ammi n istrare ottimamente le civili bisogne. Se non che dalla imperiale genitrice aggiunto loro a soprantendente e quasi compagno Ulpiano, sommo giureconsulto ed assai profondo;nel dirigere gli affari della gior nata, e prov<vedere agli eventi futuri, le truppe adiratesi tramangli clandestina morte. Mamea, informatane, a prevenire tali macchinazioni fa torre la vita agli autori di s malvagi consigli, e quindi la prefettura del pretorio soltanto a lui commessa. Ma venut o pur egli in uggia agli eser citi ( n posso indicarne la precisa cagione variando in proposito gli scrittori) e congiuratogli contro, giace spen to , l'imperatore sl esso adoperatosi indarno a recargli soccorso. I militi quindi, a poco a poco disaffezionata la persona d'Alessandro, lenti mostravansi a farne i co mandi, e nel timore non fosse castigata lor codardia provocavano a tumulti; ammutinatisi finalmente, inai ti) questi 1' Eliogabalo, nomalo dalla romana plebe
Tiberino , T rattio , Im puro. V. Lampridio.

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; LIBRO PRIMO. 44 Earotoo >11 i mper o i*n Antonino, il quale sapendo i suoi om eriinetti a t an to peso, di fretta scomparve. Scelto allora.u n Uranio d i servile cond izione e presentatolo colla porpo r a. ad* Alessandro) era fomite d'odio contro all imperiale persona. La quale titubante ne1 pericoli c be da :ogni parte attorniavanla, rasi affatto cangiata d i corpo e di m inuii facoltadi, e datasi in preda al morbo delt'avariti* , s olo peiuava ad ac cuidulare da naro depositandolo presso alla madre (4), , Tali essendo i non ottimi suoi diportamenti, gli eserciti di stanca nella Pannoftia e nella Misia, gi mal disposti verso di lui, ora vie meglio allettati seativansi alla ribellione. Rivoltavi dunque torm ente aitaro n o Massimi no, duce allora della Pannouica legione, alTimr pe ro. Questi, fatta massa di tutte le sue genti, cam min alla volta d'Italia, persuas o di assalire con minor disagio l1imperatore non postosi ancora sulla dif esa. Alessandro trovavasi colle truppe, soggiornanti al Rem, donde, nanziatogli quanto avveniva , corse viaggiando seguitamente a Roma, e promsso avendo t a nto a Mas* simino quanto alle sue genti il perdono se ritraessersi dall'impre s a, n riuscito a richiamarli al dovere, espose, a certo modo, al suo fine l prop r ia vita. Mamea intanto e di pr efetti usciti' del pretoria per sedare i tumulti, in centrane mor te. Venuto Massimino al possesso del gi destinatogli impero, surse grande generale pentimento,

(i) Delitto a ttribuito a lla madre da Erodia no (lib. VI, terso la fine).

42 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA cambiato avendo un moderato governo con acerba tiran* nia. Poich Massimino, di basso legnaggio, ammantatosi non a pena di porpora, fidando nel potere ed oscurando le virt ricevute dalla natura in dono (4), rendeasi insop* portabile non solo co' suoi ingiuriosi modi verso i per sonaggi in dignit costituiti, ma eziandio col trattare crudelissimamente gli affari e coltivare, ad eccezione di ogni altr o, li talunni atori dinunzianti que'vogliosi di quiete come in debito verso al fisco imperiale. Passato in fine alle stragi dichiarava in proprio tutte le citt per i spogliarle de loro beni municipali. Laonde i popoli ai Romani soggetti comportavanne assai a malincorpo le sevizie, e de' manifesti usurpa menti non poteano a meno di attristarsi. Il di che i Libici, nomati ad imperatori Gordiano ed il figlio, spe dirono a Roma, unitamente ad altri ambasciatori, Va leriane), uom consolare e poscia salito in trono. Il senato, di ottimo grado approvate le antecedenti cose, apparecchiavasi a discacciare il tiranno, eccitando le truppe alla ribellione, e rammentando al popolo le villanie dai sin goli in privato e da tutti pubblicamente sofferte. Avu tosi concorde il generale parere, e cerniti dal corpo se natorio venti personaggi valenti nelle imperiali funzio ni , costituisconsi intra di essi due con sommo potere, Balbino e Massimo (2), e speditili a Roma pronti si ten gono alla difesa.
(i) Erodiano ed il Silborgio taon ammettono vestigio al cuno d virl& in Massimino. (a) Dello eziandio Pnpieno.

LIBRO PRIMO. 13 Massimino fat to sapevole di ta li rum ori, corre ancb' egli la via di Roma colle Maurit ane e Galliche truppe, ed essendogli da militi difensori d'Aquilea chiuse le porte, cingeli d'a ssedio. Osservando in seguito c he i suoi parteggiatori alla per fine abbracciato aveano la causa d ella prosperit pubblica e consentito al vo lere di quanti addimandavano la sua morte, ridotto ad e s tremo pericolo present alle truppe il figlio suppli chevole , qual mezzo idoneo a trarlo dallo sdegno alla compassione. Quelle in cambio addivenute pi irose uc cidono la pr o le e quindi il genitore. Fuvvi in seguito chi avvicinatosi al cadavere e spiccat one dall' imbusto il capo, portollo a Roma in piena testimonianza della vit toria. Ma spenti in mare da veementissima burrasca gli inviali a Roma (1), fu dal senato conferito il supremo comando a Gordiano (2) figlio d'uno di essi, e lui im perante la cit t diede bando alla trist ezza de' tempi an dati, il monarca divertendone il popolo cogli scenici e ginnastici ludi. Allorch poi tu t t i riavuti furonsi quasi
(i) Fa meraviglia la grandissima discrepanza infra Zosimo ed Erodiano, il quale asserisce morti i Gordiani pr ima dell'assdio posto da Massimino ad Aqoilea, il padre, cio, perseguitalo da Capelliano, spento di laccio, ed il figlio uc ciso di ferro innanzi alle cartaginesi mora. (a) Secondo Erodiano al nipote per parte della figlia del vecchio Gordiano. I bramosi poi di correggere queste discrepante consultino la Musa settima di Erodoto, nella quale presso che tutto il filo della narrazione trovasi ben diverso da quanto Zosimo scrive.

U ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, da profondo letargo, si apprestano cbntro'al monarca clandestine insidie, Massimo e Balbino mandandogli sotto mano parecchi soldati, per la cui presura sog* giacquero a morie cos gli autori stessi come non po chi altri complici della trama. Non gnari dopo i Car* taginesi anch eglino disaffezionatisi dal prncip e inal zano Sabiano (1) all impero; ma le truppe africane, ri chiamatele e tornate a prestargli obbedienza, consegnane gli laspirante alla tirannide, e della commessa fellonia impetrato il perdono, liberami dai sovrastanti perigli. Gordiano spos intra t taato la figlia di Timesicle, addottrinatissimo personaggio, e ponendohe il genitore alla prefettura del pretorio f mostra di puntellarsi, a motivo della troppo verde et sua, nella pubblica ah*4 ministrazione. Consolidato l'impero, temevasi non i Per siani ad assalire le orientali nazioni attendessero la ve n ata di Sapore al trono dopo Artaserse, che toltolo ai -Parti riunit o avealo novamente ad essi. Imperciocch dopo Alessandro di Filippo ed altri saccessori del ma cedonico regno, comandando Antioco tutte quelle pi elevate satrapie, il Parto Arsace, a motivo delloltraggio {alto al germano Tiridate, mossa guerra1 al- satrapo idi lai , appian la via a suoi naz ionali di1 cbfaquiirtare quel trono* Gordiano adunque compiuti i ncessa rj appreiamenti si dirsse a combttere i Persiani. Ora nel primo aringo, mentre si parea essere p er uscirne vitto riosi i Romani Ifi morte di Timesicle prefetto de| pre tori o, pollo diminu l imperiale fiducia int^rop alU ai () Altri leggono Sabiniano.

LI BRO PRIMO. 45 ca r ezza del suo reggimento, poicb surroga t o Filippo al defunto, la benivolenza dall esercito portatagli a poco a poco scomparv e -, essendosi egli nativo dell'A rabia, iniquissima gen t e , nell'ascendere con pari malvagit a pi grande fortuna lasciato sovverti re, appena ricevuta la magistratura, dalla cupidigia dell' im pero, iva isti* gandn cdn blandimenti ciaschedun milite ad impren dere novitadi. Vedendo inoltre mettere alla vela navi cariche di vittuaglia per le truppe, dimorando tuttavia l ' imperatore alla testa loro presso i Carri e Nisibi, co* mand chfe il marittimo convoglio trasferito fosse nel* l ' interno, onde qoe' soldanieri travagliati dalla fame e dalla penuria de' bisogni della vita spinti venisser o a garbugli. Il divisamento non diede in fallo. Le t ruppe dalla 'mancanza del fodero pigliata occasione assalgono, di mentiche affatto del proprio onore, Gordiano come per sua colpa elleno perissero di fame, e datagli morte ve<atono Filippo , gius t a il convenuto , di porpora. Questi mediante giuri amicatosi ' con Sapore e sopita la guerra, viaggia a Roma', aescando gli animi de' militi con ge> > nerose largizioni, e spedisce inessi alla citt o d e an*nunziaasero la morte di Gordiano per ma lattia. Giun tovi di poi egli e con modesta allocuzione guadagnati gli annui de' personaggi conscritti nell'ordine senatorio, stabil conferire le pi insigni magistrature a' suoi mag giori bentvolenli. Elesse pertanto il germino Prisco alla capitananti degli eserciti nella Siria, e prepose il ge nero Severiano alle coorti della Misia e della Macedonia. Ritenendosi di tal modo ferma mente stabilito in

46 Z0S1M0, DELLA NUOVA ISTORIA trono, pose mano alla spedizione contro de' Carpi gi predatori de' luoghi prossimani all' Istro. Venuti a bat taglia , n potendo i barbari far petto ajl' impeto dei n o stri, riparano colla fuga in un castello, ove poscia vengono assediati. Ma vedute lor genti qna e l disperse novamente riunirsi, pieni d'animo uscendone attaccano i nemici. Se non che inetti a respignere lurto de' Mauri, cominciano a parlare d'accordi, e Filippo volentieri con sentitovi abbandona quel luogo. Suscitatisi intrattanto nella repubblica tumulti, altr e delle orientali provincie gravate essendo, n poco, dalle riscossioni de' trib u ti, ed in altre addivenuto Prisco, a motivo del commesso gli rigido comando, incomportabile a tatti, scelsero Pa piano (4) a loro capo, ed i Misj ed i Pannonj dichiararonsi ligi d' Marino. Filippo conturbatosi, udendone, pregava il senato che volesse o aitarlo ne' sovrastanti mali, o, disappro vando il suo impero, accettarne la rinunzia. Non aven done risposta, Decio, fregiato di tutte le virt, e di san gue ed onoranze illustre: indarno, dissegli, abbando narsi al timore, poich ogni tumulto da s stesso recherebbesi a nulla, i ribelli non potendo in conto al cuno resistere lungamente. Ma sebbene a tali congetture in effetto corrispondessero gli eventi, duratasi po chissima fatica a togliere di mezzo Papiano e Marino, Filippo non cessava da suoi tim ori, nota essendogli l'avversione dalla soldatesca portata ai tribuni e coman danti di que luoghi. Scongiurava pertanto Decio che si
(i) Nomato d a altri Jorapiaao.

LIBRO PRIMO. 17 mettesse a capitanare le coorti site nella Misia e nella Pannonia; questi vi si rifiut, estimando l'offerta n a lui n a s stesso conveniente. Filippo allora ricorso ad una Tessala persuasione, come suol dirsi, non iscompagnata da costringimento, lo manda nella Pannooia a gastigarvi i fautori di Marino nella congiura. Se non che le truppe al mirar Decio coll'ordine di punire i colpe voli risolverono, estimandolo miglior consiglio, rimo vere il pericolo innanzi ai loro piedi, scegliendosi un imperatore pi adatto al reggimento della repubblica, e molto esperto nelle militari e civ ili faccende, onde con minor disagio vincere il regnante. Vestito adunque di porpora lo stesso Decio, obbligaronlo, suo malgrado e molto di s stesso paventando, a trattare le redini del governo. Filippo sditone e messi in punto gli eserciti, muove a dargli la stretta. I Deciani, quantunque conoscessero di aver che fare con avversar] molto superiori di numero, fidavano tuttavia nella pe rizia e generale prudenza del comandante loro. Venuti alle armi gli eserciti I' uno pi forte di gente e l'altro per la militare bravura del condottiero, molt i del primo caddero, infra cui Filippo stesso ed il figlio (1), dal ge nitore inalzato all'onoranza di Cesare. Non altramente Decio pervenne all'impero. Surti del resto, colpa la codardia di Filippo, da per tutto scompigli, que della Scizia,valicato il Tanai, ivano tempestando con iscorrerie i luoghi prossimani
(i) D'animo, giusta varj scritto r i, cos perverso, da me ritare il titolo di brutalissimo.
Z o s im o .

D ella nuova Istoria.

18 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA alla Tracia. Il perch Decio, assalitili, e vincitore mai sempre ne' combattimenti, lor toglie la fatta preda, e ad impedirne il ritorno alle proprie case tenta ogni mezzo, chiudendo i passi, di affatto sterm inarli, o nd 'e ' non avessero in seguito a rivenire con nuove troppe. Al qual uopo consegnato a Gallo sufficiente m ilite, e postolo a guardare la ripa del Tanai, egli, condottiero delle rimanenti legioni, vie pi avvicina il nemico. Pro* cedendo giusta i suoi desiderj la impresa, Gallo rivol tosi a macchinar novitadi, invia messi ai b arbari esor tandoli a seco unirsi per tendere insidie all imperatore. Queglino, cupidissimamente accogliendone la proposta, n abbandonando il traditore i margini dell' antedetto fiume, divisi in tre schiere, pongono la prima attelata laddove il luogo presentava di fronte la palude. Qnivi, dopo molta strage di essa fatta dalle genti Deciane, sopraggiunge eziandio la seconda, e similmente f ugatala compariscono pochi militi della terza lunghesso la pa lude. Ora Decio, consigliato dal fellone d'investirli l entro, imprudentemente, non conoscendo il suolo, inoltratovisi colle truppe avviluppato rimane dalla melma^ gli Sciti allora saettanlo da ogni parte dando cosi morte ad esso ed a tutte le sue genti, nessuno affatto riu scito essendo a togliersi da quell' impaccio. Decio, retto egregiamente l'impero, soggiacque a tal fine. Non a pena salito in trono Gallo e dichiarato au gusto il figlio di Volusiano, per indnrlo a tacere le su e. insidie contro alla vita di Decio e delle truppe, gli Sci tici affari pigliarono a correre prospera fortuna. Imper ciocch oltre all'accordar loro qualche annuale somma

LIBRO PRIMO. 19 d pecania (1) ed il retrocedere nelle proprie frontiere colla preda, toller che seco trasportassero i pi illu stri personaggi rinvenuti in molto numero, conquistata Filippopoli della Tracia, nella caterva de prigionieri. Terminate nell'antedetto modo queste faccende, G allo, a grandi speranze elevatosi per gli accordi sti pulati co' barbari, entr in Roma, e nel principio del suo governo con onore e benevolenza rammentava Pe d o , ad ott andone eziandio l'unico sopravvivente figlio; ma quindi pigliato da timore non gli avvezzi a macchi aare tum ulti, dirizzando qualche volta lor menti alle regai paterne virt, mettesserne la prole in trono, ap prestale, smenticando la fattane adozione e l'onesto, in sidiosa morte. A cagione poi del suo trascurato reggimento gli Sciti, da prima ricolme di terrore le prossimane genti, e poscia inoltratisi pian piano, guastavano le regioni poste vicino allo stesso mare ; cosicch nessun popolo della Romana signoria andava esente dai costoro ladro neggi * anzi tu tte , sarei per d ire , le citt non murate ed anche la maggior parte di quelle aventi mura, veni vano da loro assalite. N meno della generale guerra un contagioso morbo (2) quindi sopraggiunto consu m il resto della umana stirpe, recando strage mai pi udita ne' secoli trascorsi. In t ale condizione di cose i monarchi, impossibile
(i) Annuale t ribolo di cento dramme. (a) Derivalo dall Etiop ia , e per anni quindici menato a vendo strage in latte le contrade.

20 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA vergendo il difendere tutta la repubblica, trascuravano per intiero ogni luogo posto fuori di Roma. Laonde i Gotti novamente, i Borqni, gli Urngundi e li Carpi, sac cheggiando le citt dell' Europa spogliavate di quanto vi rimanea. I Persiani invadevano lAsia, ed occupata la Mesopotamia, procedevan oltre nella Siria medesima insino ad Antiochia. Espugnata alla perfine questa me tropoli di tutto 1' oriente, uccisa parte de' suoi abita tori , parte condotta in ischiavit, e distr u tti gli edifizj di privata e pubblica ragione senza incontrarvi ostaco lo, riparavano pieni di ricchissimo bottino alle proprie case. E certo riusciti sarebbero ad impadronirsi del l'Asia tutta se allegri della fatta preda e bramosissimi di conservarla , divisato non avessero di trasferirsi con essa in patria. Gli Sciti poi, quanti erano a dimora in Europa, m enandovi sicurissima vita, messo ora piede anche nel l'Asia , portato aveano lor armi devastatrici nella Cappadoeia, in Pisinunte ed Efeso. Il di che Emiliano im perante le Pannoniche legioni, animatele come seppe il meglio, poco disposte essendo a cimentare la prospera nemica fortuna, diedesi improvviso ad assalirli; fattane grandissima strage, ne travalic i confini, e data morte a quanti raggiunsene,.fuor d'ogui speranza torn al Ro mano impero i giacenti sotto al barbarico furore, ed in premio dell'operato i suoi militi lo innalzarono al trono. Ragunate poscia le schiere di que' luoghi, addivenute merc la ottenuta vittoria pi coraggiose, mosse alla volta d'Italia per ch iamarvi a battaglia lo sprovveduto Gallo. Costui, affatto all'oscuro delle orientali faccende,

LIBRO PRI MO. 21 iva fortificandosi del suo meglio, e deputava il duce VaIrria no a condurre le Galliche e Germane legioni. Emi* liano con prestezza somma trasportato avendo in Italia sue genti, all' avvicinarsi degli eserciti le truppe di Gallo vedendosi molto inferiori di numero, ed in pari tempo considerand o la infingardaggine e negligenza del comandante loro, nccidonlo insiem col figlio, ed una parte di esse corre ad unirsi allesercito d'Emiliano; il fatto si parea dare stabilit allimpero. Valeriano passato in Italia colla soldatesca in gran numero raccoltaci l dalle Alpi, ritenea vincere pron tamente Emiliano; le costui genti allora mirandosi co mandate meglio alla foggia militare che a quella impe riale, come disadatto al trono mettonlo a morte. Valeriano con generale approvazione asceso al su premo potere, dedicavasi a comporre idoneamente le comuni b isogne. Gli Sciti a q ue' di oltrepassarono i pro pri confini, ed i Marcomanni anch'eglino, guastando con iscorrerie i luoghi presso alle Romane frontiere, sospin sero Tessalonica ad estremo periglio. Se non che li suoi abitatori animosantente e con grandissima fatica resi stendo al nemico, obbligarono, abbandonato l'assedio, a ritirarsi. Tutta la Grecia era sottosopra. Gli Ateniesi ristauravaao lor mura, trascuratele affatto dopo l'epo ca in cui furono da Siila rovinate. Que' del Peloponnso circondavano anch'essi l'istm o di muro, ed in tutta la Grecia a veanvi pubbliche guardie a difesa della regione. Valeriano, osservat o il pericolo minacciante ovun que il proprio d o m ini o, associasi nellimpero Gallieiid, sua prole, c, da.ogni banda incalciandolo g lia ifari, pi-

22 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA glia la via d' oriente per tenere indietro i Persiani ; consegna gli eserciti d'Europa al figlio, esortandolo a guerreggiare con essi i barbari approssimantisi ostilmen te da per tutto. Gallieno esperimentati li Germani pi nocivi d'ogni altro, molestando con maggiore asprezza le Galliche nazioni non lunge dal Reno, attende a proteg gere le costoro frontiere. Ordina parimente a' snoi duci cogli eserciti per l'Italia, l'illirico e la Grecia di combat tere chiunque procacciasse raccorre preda in que' Ino* ghi. Egli poi, custodendo i valichi del Reno, ora impe diva del suo meglio ai barbari il passo, ed ora oppo neva ai tragettanti le truppe in armi. Con tutto d , fornito di assai p oca milizia contro a s numerose scor rerie , le cose ridotte erano di gi alle strette; legatosi allora con tal principe della Germ ania, parve in qualche modo il pericolo scemato, vietando questi al nemico il continuo valicare del fiume, e respingendo chiunque ' armata mano procedeva innanzi. Tale era la condizione degli abitatori presso a quelle acque. I Borani similmente, i G o tti, i Carpi e gli Urngundi (nomi delle nazioni a dimora presso l'Istro) non lasciavano luogo veruno dell' Italia e dellillirico esente da molestia, ponendone tutta la regione, senza incon trare oppositori, a ruba. I Borani adoperavansi altres nel metter piede in Asia, e riuscironvi aiutati dagli abitatori del Bosporo, i quaii, anzi da timore indotti che da buona volont, fornironli di navi, e fecersi loro guide nel tragitto. Imperocch eglino durante il governo de* proprj regi ed al padre succedendo il figlio, stretti cos di amicizia e commerciali vantaggi al popolo Ro-

LIBRO PRIMO. 23 mano, come per le annue largizioni ricevute, impedivan sempre gli Sciti dal recarsi in Asia ; ma spenta la regale schiatta, e vili ed abbietti personaggi postisi al governo loro, dottando per s stessi, consentivano ai barbari lo entrare pel Bosporo in Asia, tra s portan d o celi di pi coi proprj vascelli, e quindi riconducendo questi indietro. Laonde gli Sciti, predatori di quanto paravasi loro innanzi, eran cagione che i domiciliati ne' lidi maritti mi del Ponto abbandonassero il suolo nativo per trasferirsi in quello mediterraneo, dando la preferenza ai luogh i fortificati. Da principio eglino tentarono Pi tiunte circondata di muro grandissimo ed avente assai comodo porto. Ma Sucessiano, ivi al comando, assalitili colle sue truppe costrinseli a retrocedere, e queglino te mendo, al divulgarsi la fama dell'awenuto parimente net gli altri castelli, non tutti que' popoli unitisi alle mili zie di Pitiunte cercassero disterminarli, pigliata ovun-r que ne rinvennero immensa copia di navi con so mmo percolo e ben minorati di numero per la strage tocca nella Pitiuntina guerra, tornarono alle terre natali. Per verit gli abitatori del Ponto Eussino, salvati dal condottiero Sucessiano, fiduciavano che mai pi i ne mici accingerebbonsi ad attraversarlo, stati essendo nell'indicato modo battuti. Se non che da Valeriano richia matosi il duce per nomarlo prefetto del pretorio, e seco lui combinare gli affari ed il ristauramento d'Antioch ia, i barbari novamente , provveduti dai Bosporani di vascelli, tragittano quello stretto. Ritenuti quindi i legni, n (giusta l'operato innanzi) concesso ai pa-

24 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA droni di rimenarli seco, navigano lungo il Fasi dove raccontano sorgere il tempio intitolato a Diana Fasiana e la reggia di Eeta; indarno accintisi ad occupare il primo, corrono direttamente a Pitiunte. Vinto il castello e discacciatene le guardie procedon oltre. Favoriti da propizia stagione, tutta quasi la state, e ricchi di navi e mancipj periti nel trattare il rem o, batton la via di Trapeznnte, grande e popolata citt, la quale a rinforzo del consueto presidio ricevuto avea altri dieci mila guerrieri, ed avvegnach cinges s e r o d'assedi il doppio muro, e' neppure in sogno speravanne la dedizione; viste impertanto quelle truppe amanti della infingardaggine ed ubbriachezza, n pi sollecite a difenderlo, immerse ognora nelle gozzovi glie e beverie, accostanvi dalla parte accessibile di gi preparati alberi, e con tal mezzo nelle ore notturne pian piano superatolo conquistano la citt. Molti del presidio allora spaventati dalla improvvisa comparsa l entro del nemico metton lor vita in salvo fuggendo per altre porle, ed il resto cade vittima del {erro. I barbari venuti al possesso di Trapezunte raccolgonvi immense ricchezze e molti prigioni, tu tt' i confinanti essendovisi ricoverati come luogo munito. Distrutti finalmente i tem pli, gli edificj e quanto aveavi di elegante e son tuoso, travagliata inoltre con iscorrerie nel suo interno t utta la contrada, tornano, sopra copiosissimo naviglio alle abbandonate loro sedi. I popoli di permanenza alle costoro frontiere, ve dutone l'opulento bottino condotto in patria, ed incitati dalla cupidigia di fare altrettanto, posti eransi a fab-

LIBRO PRIMO. 25 bricafre navi coll'opera degli schiavi e di altri, dall in digenza costretti, giuntivi ad aiutarli. Stabilirono tut tavia di non curarsi del suolo visitato colla navigazione dai Borani, poich lunga e malagevole riuscirebbe lan data per luoghi messi gi a ruba. Aspettato dunque il verno lasciano a sinistra il Ponto Eussino accompagnati celeremente dalla soldatesca a piede lungo, quanto me glio da lei si *potea , i margini, ed oltrepassato l ' Istro, Tornea ed Anchialo, riescono al lago Fileatina, il quale, verso il solstiziale occiden te di Bizanzio, giace presso del Ponto. Qui fatti sapevoli che i pescatori del lago ascosi eransi colle barche loro nelle vicine paludi, mediante promesse ottengonne l amicizia, e locate le pedestri coorti sopra que legni, avviansi a tragittare lo stretto infra Bizanzio e Calcedone. Ora sebbene da questa sino al tempio costruito alla bocca del Ponto avessevi una guernigione assai pi forte de barbari l diretti, parte nientemeno di essa abbaudon il luogo, pretestando farsi ad incontrare il duce spedito dall imperatore, e parte fu da cos grave timore sorpresa, che alia prima voce di quanto era per succedere si volse con fretto loso passo in fuga. Laonde i barbari, trapassato senza opposizione lo stre tto , ed occupata Calcedone, predaronvi armi, d anaro ed altre doviziosissime suppel lettili. Di l camminano a conquistare Nicomedia, vastis sim a citt , avventurosa ed assai celebre per le sue ric chezze e copia di tutto. Ma quantunque, precedutone il grido, i cittadini fossersi gi colle amovibili sostanze al lontanati, pur eglino, maravigliati di quanto rmaneavi,

26 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, trattavano Crisogono con ogni maniera d'onoranza tf rispetto, perch da pezza indotti aveali ad intrapren dere quel viaggio. Scorrazzate poi coll'egnal metodo e Nicea, e Ci, ed Apamea e P rusa, avviaronsi a Cizico. Qui rinvenendo il fiume Rindaco gonfiato dalle piogge e corrente carichissimo d'acque, e' tentatone vanamente il trapasso fecersi indietro; mandate quindi a fiamme e fuoco Nicea e Nicomedia, e posta la preda sopra carra e navi, risolveronsi tornare in patria, mettendo cos fine al secondo scorrimento. Valeriano uditi gli sconci della Bitinia, non osava per diffidenza commetterne la difesa contro de' barbari ad alcun duce ; spedito dunque Felice a guardare Bizanzio , egli, abbandonata Antiochia, in o ltr infino alia Cappadocia, e solo di passaggio visitando le cittadi retrocedeva. La peste messo piede negli eserciti e spentane la maggior p a rte , Sapore assalito 1' orien te appropriavasi il tutto. Valeriano intanto, colpa la sua effeminatezza e codardia, disperando sollevare la repu b blica da tante e cos gravi angustie, pens col danaro terminare la g u erra, e spediti all' uopo amba sciatori, il re accommiatolli senza conchiuder nulla, chiedendo che lo stesso imperatore si recasse a favellar seco intorno ad affari di sua pertinenza. Egli privo af fatto di senno consentendo alla proposta, e sconsiglia tamente direttosi con assai ristretto corteo alla volta del nemico per trattare di pace fu subito arrestato dalle re gali truppe, e costretto a terminare la vita prigioniero in Persia con disonore sommo, presso ai posteri, del nome Romano.

LIBRO PRIMO. 27 Cos andando le orientali faccende, aveavi generale bisogno d'ordine e difesa. Tutti gli Sciti, gente e nazio n e , formato di comun accordo un sol corpo, ivan con parte de' loro militi predando l ' Illirico e guastandone le citt; entrati col resto nell'Italia procedevan oltre di* rigendosi alla stessa capitale. Il senato, in assenza di Gallieno tutto intento alle Germaniche guerre di l dalle Alpi, vedendo la citt espo sta a gravissimi disastri, fatte impugnare le armi alle troppe ivi di stanza, ed ai pi valorosi della plebe, mise in assetto un esercito maggiore dello Scitico, ed il ne mico intimoritosi abbandon Roma, non cessando impertanto di maltrattare da ogni banda, quasi dissi, lIta lia. Ridotto agli estremi l'Illirico dalle costoro vessa zioni, ed il Romano impero sconvolto in modo che pi non sapea se fosse tuttavia per sussistere, fecevi com parsa tanta grave pestilenzioso morbo quanto giammai per lo addietro, a memoria d'uomini, stalo era, il quale rendea meno penose le barbariche scelleraggini, repu tandosi gli incolti da esso beati, e pur beate le cittadi infette e addivenute per la grande m ancanza di abita tori deserte. Gallieno, turbatosi all' annunzio di tante m iserie, tornava a Roma onde respignere le Scitiche armi por tate contro all' Italia; quivi macchinavangli insidie Cecrope M auritano, Auriolo, Antonino e molti altri, pa gandone quasi tutti il fio; Auriolo solo proseguiva a contradi are l ' imperatore. Postumo, comandante della milizia presso ai Celti, rivolse anch'egli in appresso I'animo a ribellione, e

28 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA colle truppe disertate seco batt la via tendente ad Agrippina, vastissima citt sita al Reao, assediandovi Salonine figlio di Gallieno, e minacciandolo che non partirebbesi di l prima di averlo in sue mani. Costretta la guarnigione dall'assedio a rassegnare il duce e Sil vano destinatogli dal padre a governatore, il fellone, uccisi ambedue, si fe' padrone dei Celti. Mentre gli Sciti (1), espugnata la stessa Atene, ivano disastrando in funestissima guisa la Grecia, Gallieno divis combattere que' venuti gi al possesso della Tra cia, e perduta ogni speranza intorno agli affari d'orien* te|, addimand soccorso a Odanato, nativo di Paimira, ed onorato grandemente infin dal tempo de'suoi ante nati dagli imperatori. Questi, unito avendo le numero* sissi me sue truppe ai Romani eserciti quivi a dim ora, affront valorosamente Sapore, ed impadronitosi di molte citt ligie della Persiana monarchia r distrusse, vinta colle armi, la stessa Nisibi dal re soggiogata ed unita al resto del suo dominio. N solo una volta, ma due.inoltratosi a Ctesifonte chiusevi, rincacciati entro le munizioni loro, i Persiani, felici se con la prole e le donne riuscir potessero a campare la vita. Quindi riordin del suo meglio, come oprar solea, la gua stala regione.
() Meritevole di ricordanza il c onsiglio d on barbaro, il quale vedendo i suoi compagni insistere perch si dessero prima d'ogni alt ra cosa alle fiamme i libri: Risparm iamo , diceva loro, un tale smacco a questi codici, ne' quali mentre i G reci pik studiano, meno idonei rendonsi alla guerra.

LIBRO PRIMO. 29 Odanato ritiratosi poscia in Emisa, e serbandovi tal qua l e nativa rinomea, fuvvi insidiosamente ucciso. Zenobia, sua donna e d'anim o virile fornita, assunse al lor a il maneggio degli affari, ed assistita dai famigliari del consorte appalesavasi non meno esperta nel con durli a buon fine. Tale addivenuta la condizione dell oriente, giunge avviso a Gallieno, sempre avvolto nella Scitica guerra, che Aureliano (1), comandante delle milizie in arcione e destinato a tener d'occhio presso la citt di Milano il p assaggio nell'Italia di Postumo, brogliava cercando ap p ianarsi la via del trono. Conturbatosi, udendone, corre alla volta d 'Ita lia , fidando il proseguimento di quella guerra a Marciano, espertissimo duce nelle belliche im prese. Intanto che questi felicemente capitanava le trup p e, Gallieno, battendo sempre il cammino ver 1 Italia, cadde in insidie. Eracliano, prefetto del pretorio, asso ciatosi nella trama a Claudio, il quale si parea governar dovesse la repubblica spento Gallieno, studiasi dargli morte. Avendo all'uopo trovato nel condottiero delle genti Dalmate un prontissimo esecutore, commettegli la stabilita uccisione. Presentatosi costui all'imperatore stante al desco cenando, e dettogli che una spia riferito avea prossimo larrivo d'Auriolo colle truppe, bast a spaventarlo. Fattesi dunque portare le armi e salito in
(i) Quanto leggiamo in Treb. Poli ione ci fa affertil do terai al nome Aureliano sostituire quello di A uriolo , due volle costai dichiaratosi ribelle, come a sufficienza chiarito dalle seguenti parole del nostro autore.

30 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA i ella, accennava ai militi di tenergli dietro armati, n attese tampoco le sue guardie, diede degli sproni al ca vallo. Il sicario pertanto, osservatolo senza difesa, to sto l'uccide. Le milizie, per comandamento de'loro capi, rimase immobili, Claudio ottiene l'impero, stato essendogli per comun voto anche da prima co nsentito. Auriolo a ba stanza' lungamente guardatosi dal cadere in potest di Gallieno, mand ambasciadori a Claudio con proposte di pace; arrendutosi, ha morte dalle milizie circondanti il principe, fervente in esse tuttavia lo sdegno a motivq delloltraggio fatto, disertando, alle imperiali bandiere. In questo tempo tutti gli Sciti sopravviventi, bal danzosi per la buona riuscita delle intraprese spedi zioni, pigliati a compagni gli Eruli, i Peuci ed i Gotti, fecero massa appo ii fiume Tira, versante le sue acque nel Ponto ; di l , fabbricate sei mila navi e postivi so pra trecento e venti mila guerrieri, mettono alla vela dirgendosi al Ponto; assalita quindi Tomis. citt mu ra ta , foronne respinti. Proceduti oltre pervengono a Marcianopoli, della M isia, n giunti a conquistarla sempre pi inoltrano favoriti da propizio vento. Navi gato in seguito allo stretto della Propontide le mollis sime navi inette a reggere alla celerit del flusso, e dis ordinatamente in moto, non avendovi pi ai timoni pi loti, urlavansi a vicenda, cosicch numero di esse af fond, e parte colle genti sopravi, parte vuote, raggiun sero i lidi con perdita d'uomini e di naviglio. Laonde ritiratisi da quello stretto navigarono a Cizico. Pur da quivi partili a man vuote, dirizzarono le prore lunghesso

LIBRO PRIMO. 31 l ' Ellesponto ; arrivati al monte Ato e racconciativi i legni, assediarono Casandria e Tessalonica, alle cui mura condotte le macchine, erano per addivenirne posses sori. Ma udito l'avvicinamento del principe con truppe indirizzaronsi ai luoghi mediterranei saccheggiando tut to il suolo presso Dobero e Pelagonia. Nel quale scorri mento, sopraggiunti allimprevista dalla Dalmata caval leria, giuntarono tre mila guerrieri. Appiccatasi dal re sto battaglia collesercito imperiale, e molti dall'una e dall altra parte spenti, i Romani erano per voltare le spalle; se non che pe' sentieri non vedendo impresse mortali orme assalirono di sorpresa i barbari, ucciden done da cinquanta mila. Qualche numero di Sciti pas satisi nella Tessaglia e nella Grecia poneano dapper tutto a sacco le contrade, n potendo espugnarne le citt, munitesi accuratamente di muro e d'ogni neces saria difesa, menavan seco le genti rinvenute ne' campi. Mentre i dispersi Sciti ivano errando siffattamente e perdendo gran quantit dei loro, Zenobia, mirando a pi nobili geste, spedisce Zabda (1) nell' Egitto, un Timagene di l signoreggiare volendo I* Egiziaca Pai mira. Ih duce pertanto raccolto un esercito di Palmireni, Sirj e b arbari, e venuto alle armi con cinquanta mila Egiziani esce dall'arena di gran lunga vincitore, e po sta nella citt una guernigione di cinque mila combat tenti , volge indietro i suoi passi. Probo (2), mandato dall' imperatore a purgare il
(i) Saba, P oli.; Zaba Vobisco . (a) Probaio, fecondo P oli ione.

32 Z0S1M0. DELLA NUOVA ISTORIA, mare dai pirati, alla nuova che i Palmiren i occupavano l ' Egitto combattei*! colle sue truppe unitamente agli stessi Egiziani loro aw ersarj, e ne discaccia il presi dio. Ricomparsi non di meno i vinti con esercito, e Probo a simile raccolte Egiziane ed Africane milizie, la vittoria dichiarassi novamente per queste,, le quali fugarono dai loro confini i Palmireni. Dopo di che il Romano duce occupato avendo un poggio vicino a Babi l onia, e di l postosi ad impedire ai nemici il transito nella Siria, Timagene assai pratico di que' luoghi, ascesa con due mila Palmireni la sommit del monte, piomb addosso agli imperiali, col pensiero ben lunge da tale sor presa, e ne fe'strage. Infra costoro egli s'impadron dello stesso Probo, il quale diedesi morte colle proprie mani. Addivenuto l ' Egitto conquista de' Palmireni, tu tti i barbari campati dalla battaglia tra Claudio e gli Sciti disputata a Naisso, nell'awiarsi provveduti di carra in Macedonia, oppressi dalla fame per mancanza di vittuaglia, uomini e quadrupedi, giacean morti. I Ro ma n i cavalieri proceduti oltre, e raggiuntili, molti ne uccisero, e costrinsero gli altri a calcare la via d'Emo. Quivi circondati interamente dal Romano esercito incontravan nuova e non lieve perdita. Surte poscia contese infra' pedoni ed i cavalieri, l'imperatore estim spedire i primi contro ai barbari ; passati a battagliare, i Ro mani abbandonavano il campo, n basso era di gi il numero de' loro m orti, quando arrivata la cavalleria si pot in gran parte rimediare allo sconcio per la mala condotta de' fanti sofferto (1).
(i) / soldati d i Claudio, dopo conseguita una piena vii'

LIBRO PRIMO. Allontanatisi gli Sciti perseguitati sempre dai^ Ro m ani, quelli che sopra navi trasferiti erami a Creta e Rodi si partirono senza inprende r e nulla meritevole di ricordanza. Tutti poi stati essendo incolti dalla moria^ gli nni uscirono di vita in Tracia, e gli altri in Mace donia , ed i pochi sopravvissuti o militarono sotto i Romani vessilli, o rinvenuto su lo da coltivare dedicare m i all agricolt ura. Dopo che il pestHenzioso morbo cominciato avea parimente a menar str age de Romani, estinguendone alto numero in ispecie nell esercito, Claudio pur egli termin sua v ita, personaggio quanto dir si pu ricol m o di virtndi, lasciando gran desiderio di s pres so l'universale. Fu quindi elevato all' impero Quintili^ gem ano del defont, ma vissuto pochi mesi e nulla fatto da traman darsi aliar posterit, vien conferito ad Aureliano il tro no. Intorno poi alla morte di Qnintillo riferiscono al enai istoriografi che i suoi affini stessi persuaso aven dogli, non a pena divulgatosi il coman voto per l'in a lz i mento di Aureliano allim pero, di apprestarsi la arte) p er cederlo volontariamente a chi avea meriti di gran lunga maggiori, egli v'acconsentisse, e tagliatagli la
t rta , inorgoglititi d i lor prospera Jbrtuna bbandonarotin talmente a raccorre preda , che pi non pensavano d i p o ri ter essere da pochi tormentati. I l d i che mentre coir animo e crpo attendevano a l bottino , nella vittoria stessa truci dati furonne quasi due mila d que' barbari, i quali testi dati eransi alla fu g a. T reb. Poli.
Z o s im o .

Della nuova Istoria.

U ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA. vena da ho medico lasciasse correre il Bangne infine alla estinzione della vita (1). Jtoreliaae rassicurato l'im pero osc* di Itama, e pervenuto ad Aqailea accostasi quindi alte tfannencke na zioni, sapend o ch elle andrebbero tra poeosaggette alle Scitiche scorrerie. Mand poscia esplo ratori osi* l avviso < li portare nelle citt le vitt uagli e , i quadra* p e d i, e quant'altro esser potea profittevole ai nemici; e' pensava rendere di qu esta guisa operando maggiore la. f eline che travaglia va di gi gli Sciti. Valicatasi da co storo il fintile e battagliato nella Paaaoaia con dubbia srte, il calar delle tenebre lasci ad entrambi incerta la vitto ria. Nella, ntte medesima i barbari tornati a tragittare il fiume, comparsa non a pena l'au ro ra in* Piavano essi per tr attare di pace. L imperatore informato cke gli Alamanni, legatisi eolie (pi remote nazioni confinanti, stab ilito aveano di molestare con isearreri e l'Italia, pose nella Panno nia un gros so presidio, curante a bnan diritt o assai pi Roma ed i vicini Woghi, viaggi a quella volta, e nei confini di ilei presso l'istro cimentata la sorte delle armi distrusse molte migliaia di barbari, in Roma frattanto
(i) P ollione d iversament e narra il fatto: Q uintillopoi a %m olivi della breve Aurata d el suo reggimento nulla pot * Operare -che Jo dichiara/se m eritevole delTim pero. E gli nel * dciottelltsim o giorno d i sua elevazione 'al trono meni/'etUm d o ti vero .principe coi suo ferm o e rigoroso contegno verso le tntppe, f u d i vita tolto nella stessa guisa d i G ali* e Pertinace.

LIBRO PRIMO. 36 accusati fisroM sklcuni senatri siccome partecipi delta insidie tese al principe, e condannati al supplizio estre mo (1). La citt venne que' di cinta di mura , non avendone per lo tananai, ed iriceavineiatesi a Ini eb bero compimento sotto I7impero di Probo (2^. All'epoca stessa caddero in sospetto -di- congiure Epitimio, Urbano e Domiziano; messi fletto fatto agli arresti soggiacquero al dorato gastigo* Condotti non altramente gli affari dIlata detto Paunonia, l'imperatre divisava por mano ad una spe dizione contro <Je Palmirem conquistatori de popoli Egiziani e di tutto l'oriente issino ad Aneira de lla G alazia; costoro di pi erano per estendere il proprio do* m inio alla stessa Calcedone della Bitinia, se quettegenti, alludire l ' innalpamento dAurdiano ai trono, rigettate non avessero la Palmirena dominatone. Il principe don que inoltratosi coll' esercito occup Tiana (5) e tutte le citt infiao ad Antiochia, ove trovata Zeeobia -alla testa di numerose genti, apparecchiatosi par egli alta pu t) A ragione ttice - siccome insidiatori - siati essendo anche parecchi n o tili d el corpo senatorio incolpati imita* mente,, da una testimonianza d i nessun momento e rifa di qualche lieve indizio, che un pi m ilatprincipe disdegniti* potea . Vopisco. (a) Dice Vopisco: Consigliatosi col senato dilat le mura d Roma. (3) Dove que di m ea il famosissimo e celebre, per la rnomea anzi di prestigie, che di Yeri miracoli, Apollonio T iaeeO, al quale devesi, narra Vopisco, la conserrzione1di T iana, minacOMtfl d i sterminio da Annettano.

36 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, gna, cobae era di ragione, movea ad incontrarla. Se non che osservando i cavalieri Palmireni coperti di greve arm atura, quindi invulnerabili, ed anche assai pi valenti de' suoi nel cavalcare, loc in disparte la fanteria di l dal fiume Oronle, e commise ai militi in sella di non venire eglino stessi a battaglia con tutta la cavalleria nemica, b ens alla costei impetuosa affrontata fingerebbero mettersi in foga, continuandola finattantoch la,m irassero, fiaccata dal caldo e dal peso delle arm i, cessare dal perseguitarli. I Romani cavalieri, ob bedienti i comando, non a pena osservati gli avversar) stanchi e fermi sugli affaticati cavalli, volto il corso investironli, ed al cader gi darcione di lor posta ne fe cero strage, gli uni avendo morte dal ferro, e gli altri tanto dai proprj destrieri, quanto da quelli Romani, ed i ;pochi sottrattisi dallo sterminio -fuggendo si ridussero iu Antiochia. Zabda, condottiero de' militi di Zenobia, pa ventan do non gli Antiocheni cittadini,.al divulgarsi il tristo esito della battaglia, prendessero ad inveire contro de' su o i, avvenutosi ad uom mezzo canuto, ed avente in certo qual modo l imperial volto ed aspetto, vestito a simile come solea Aureliano battagliando, In conduce nel centro della c itt , quasi pigliato avesse vivo l ' im peratore. Con quest' arte ingannati gli Antiocheni e di notte tempo col resto dell'esercito abbandonata la citt, giunse, menando seco Zenobia, ad Emisa. Aureliano pro postosi di scacciare da tutti que prossimani luoghi, al1' alba del seguente giorno, i vinti e fugati nemici, ri chiamava le pedestri coorti, ma informato della scom-

LIBRO PRIMO. 37 parsa di Zenobia entr in Antiochia, accoltovi con mas simo giubilo dalla popolazione. Udito poi che molti segnaci della fuggitiva allontanati ernsi da quelle mora per tema di soggiacere a qualche infortunio., mandati d a per tutto bandi esortavali a tornare, attribuendo lor passate vicende meglio a costringimento e necessit, che a d arbitrio e proprio volere. L'imperatore accolse benignamente costoro al resti tn irs i, in virt degli annanz j , nella citt, ed accomo date le urbane faccende pass ad Emisa. Conosciuto in seguito che alcuni Palmireni occupato aveano un colle a cavaliere del sobborgo Dafne, estimandolo per la grande ertezza impedimento al transito d e'suoi, egli aaimlli ad ascenderlo tenendo insiem congiunti gli scudi e ser rate le file, di questo modo se per avventura lanciati fossero dal nemico dardi o sassi, ributtati verrebbero dall' addensamento della falange; tutti mostraronsi di buon grado pronti ad eseguire il comando. Saliti il ri pido monte giusta le pr efte istruzioni, e livellatisi af fatto co' nemici li posero in fuga, nella quale molli al cadere per que' dirupi fracassaronsi le membra, ed il resto, quanti lass ricoverati eransi, cadde sotto il ferro de' persecutori. Dopo la riportala vittoria Aureliano, apertosi un valico libero da timore ed opposizione, mettea piede in Apamea, Larissa ed Aretosa. Vedendo poi l'esercito de' Palmireni a campo davanti Emisa, e sapu tone il numero, compresi gli aiuti, ascendere a settanta mila combattenti, steccossi loro di contro co' Dalmati, Misii e Pannonj a cavallo, aggiuntivi parimente i Norici ed i Rezii, Celtiche legioni. Eranvi inoltre i guerrieri

38 ZOSIMO, DEL LA NUOVA ISTORIA, pi cospicui, e sopra tutti ebbrissimi per nome di va lore, della pretoriana coorte. Di pi avea seco i Mauri tam cavalier i e le Asiatiche milizie di Tiana, deila Me* sopotamia, Siria, Fenicia e Palestina coraggiosissimi di verit nelle pugne. I Palestinesi finalmente alle consuete armi univano mazze e bastoni. Venuti aH aringo gli eserciti, parve ripiegasse la Romana cavalleria per non rimanere occultamente e fuor d'agni aspettazione cir condata dalla moltitudine de' cavalieri Palmireni supe riori di numero e posti all' intorno dell'imperiala ordi nanza. Costoro, al ritirarsi del nemico abbandonate le file per incaciarlo, travolserne affetto i divisament i , poich trovandolo ben inferiore di numero assai le tem pestavano. Dopo molta strage in fine l'esito di tutta la zuffa si ridusse a dipendere dalla bravura de' pedoni, i quali osservato Io schieram ento de' Pahnireni r o tto , dati essendosi i loro cavalieri a perseguit are i fuggitivi, pigliar ono ad assalire i disordinati qua e l sparsi. Ebbevi allora eccidio, gli uni colie armi consuete mole stando gli avversar), ed i Palestinesi colie mazze e ba stoni menando colpi ai coperti di metalliche o ferree loriche, foggia di combattere cui uopo attribuire gran parte della vittoria, sbigottirono gli avversar) colte percosse di nuovo conio. I Palmireni fuggendo preci' pitosamente calpestavansi a vicenda, e riportavan morte dal nemico. Apparve di poi il campo delia battaglia pieno di cadaveri d'uomini e cavalli, ed i sottrattisi dallo ster minio ripararono in Emisa. Zenobia afflittis sima, n a torto, per la tocca scon fitta, iva consultando premurosamente in t orno al da

39 farsi nelle attuali faccen de. T utti da ultimo convennero di abbandonare ogni .speranza rapporto alle bisogne Emisene, i cittadini stessi, ora avversi a lei, segpencfo le p arti Romane. Volers i dunque occupare Pabnira, e r i posta .la propria aalveeza in quella munita citt, volgere con maggior quiete il pensiero aHe presenti urgenze. Detto fatto, non-avendovi chi si opponesse a tale deli berazione. Aureliano, udita la fuga di Zenobia, entr in Emisa lietamente accoltovi dalla cittadinanza, .ed impadroni tosi delle ricchezze che la fuggitiva potuto non avea trasportar seco, di subito avviassi coll'esercito.a Pai mira. Giuntovi e circondatala di trincee p ersisteva nel l'assedio postovi, fornite essendo le truppe d i yiituaglia dalle vicine genti. I Palmireni fra questo mezzo beffa vano il nemico, inespugnabili estimando le difese a u ra ; se non che mentre da taluno era svillaneggiato con ol traggiose dicerie l ' imperatore stesso, un Persiano lo av vicina dicendogli: Comandami, o Sire, e tosto mirerai privo di vita il m aldicente. Rip ortatone limperiale con sentimento, ^gli, fattosi riparare da alcuni militi onde non dar ne llocchio, tende l'arco ed assettatovi un dardo lo cocca; questo di subito andato a conficcarsi in chi girando tuttavia gli occhi fuori de' merli prose guiva negli ingiuriosi cicalamenti, lo gitt cadavere gi dal muro, spettatori essendone il principe e le truppe. Gli assed iati p erseveranti nella difesa, pieni di Spe ranza che ,il nemico per diffalta d annona scioglierebbe l'assedio, nel durar saldi in essa vidersi pur eglino in difetto di alimenti- ILagunatisi dunque a consiglio

LIBRO PRIMO.

40 Z0SIM0, DELLA NUOVA ISTORIA, statuiscono ritirarsi alf Eufrate, e di l chiedere aiuto ai Persiani per cominciare nuove imprese contro degli imperiali. Venuti a tale partito, Zenobia montata su d5un camello femina (quadrupede velocissimo e supe riore nel correre agli stessi cavalli) esce della citt. Aureliano, dispiacentissimo della costei fuga, non rallentando il naturale suo impeto, ordina tosto a genti in sella di seguirne le tracce. Questi raggiuntala in pro cinto di valicare l ' Eufrate, la conducono, trattala dalla nave, all' imperatore, il quale a cos inopinato spetta colo abbandonossi ad una somma esultanza ; non di meno ripensando, ambizioso di natura, che presso ai posteri sarebbe per derivargli poco splendore dalla ot tenuta vittoria sopra una fem ina, provavane qualche rincrescimento (1). ' Parte degli assediati Palmireni voleano si difendes sero ad ogni rischio e pericolo quelle mura, ed a tutto potere andasse avanti la Romana guerra; parte in cam bio dai merli facean supplichevoli gesti addimandando perdono dellavvenuto, ed essendo accolti lor pri eghi dall'imperatore, incoraggiandoli a deporre ogni tema, usciti fuori delle porle recavangli vittime e doni. Egli, prestato il debito onore alle prime e ricevuti gli altri, accommiatavali sani e salvi (2).
(i) Aureliano per Io contrario scrivend o a Mucapore, chiaramente mostra di non aver tenuto si tanto a vile questo trionfo onorando Zenobia col degnissimo elogio d i aver com battuto non da fem m ina , quasi paventando la morte. (a) La lettra da Aureliano mandata a Ceionio Basso co-

LIBRO PRIMO. 44 Impadronitosi della citt, di tutte le sue ricchezze, delle suppellettili e de' sacri b ronzi f' ritorno ad Emi* s a , ove intraprese il giud izio di Zenobia e di quanti parteggiato aveano seco lei. Questa perorando la prop r ia causa discolpava s stessa e molti accasava di averla, femina essendo, tradita, non perdonando neppure a Lo n gino, scrittore di opere utilissime a tutti coloro che bra mano addottrinarsi; e'convinto delle accuse prodottegli contro soggiacque ad imperiale sentenza di morte, sof fertala con tale coraggio da confortare i suoi compas sionevoli per tanta sciagura. Altri parimente chiamati in colpa dall'accusatrice non poterono sottrarsi dal me ritato gastigo. Qui mette conto narrare le vicende che precedet tero lo sterminili de' Palmireni, quantunque, giusta il progetto della nostra opera, da me riferito nel proemio, si parrebbe mio ufficio lo scrivere in compendio la pre sente istoria. Laonde espostosi da Polibio come i Ro mani vennero in brevissimo tempo al possesso dell' im pero, io dovr ei ora palesare in qual modo susseguentem ente, pe' loro delitti. e' ridussersi in pochi anni a perderlo. Ma di tale argomento occuperommi quando la istoria fornirammene pi acconcio luogo. Dai Pal mireni , per tornare ad essi, conquistata non piccola parte del Romano impero, molti divini annunzj prono sticarono loro la sopravvegnente distruzione, e quali si
macia nel seguente nodo : Non uopo che le spade dei mi liti vadati olire , si gi fe rita ed uccisa bastevol quantit d i Palm ireni.
Z o s im o .

Della nuova Istoria.

5*

43 ZOSIMO, D ELL! NUOVA ISTORIA, fosser o aceingomi a raccontare. In Seleuria, nobile citt della Fenicia, aveavi un tempio d Apollo , nomato Sarpedonio, ed oracolo in esso. Quanto riferito del Nume, ch'egli accordasse a tutti gli aggravati da innondamento di locuste le Selencidi (uccelli dimoranti presso del tem pio e de stinati a volare all'intorno ove hannovi tali in setti, e, beccateli, a disterminarne quqsi in un batter di ciglia immensa quantit, liberando le popolazioni da 'si penosa molestia) lascio alla buona ventura di quelle genti, rinunziato avendo a questo divin benefici let n ostra (1). I Palmireni del resto consultato l'oracolo se foasersi per ottenere il Romano im pero, ebbero in ri s post a dal Nume : F rodolenti, m alvagi e tem pre in c rtsn v o li agli im m ortali Id d i, partitevi da i nostri abituri. V oracolo a simile richiesto intorno alla Romana spedizione contro de' Palmireni, pr o ffer le seguenti parole : Solo un fa lc o precede con lutto detestabile moka colombe, che tuttavia non cessano d i temere il nemico. Altro che parimente d d legual tenore intervenne ad essi. In Afaca, sita fra Eliopoli e Biblo, ew i un tempio intitolato a Venere Afacitide, con da presso un lago si mile ad artifiziale cisterna. Mirasi poi nou lunge dal pri mo e dalle sue ad iacenze un* fuoco, quasi di lampada o
(i) Nulla di meglio attendersi potea da un pagano, il quale fornito daniato alienissimo dai cristiani dogmi, al pceseolar* glisi l'occasione, molto facondo nelloliraggiarli.

LIBRO PRIMO. 43 globo allorquando, in epoche determinate, vanno a ria* nirvisi le assemblee, fenomeno anche a' nostri tempi os* servato. I visitatori del lago recavano alla Dea offerte d 'o ro , di argento, ed anche tessuti di lino, di bisso e d 'a ltra materia di maggior valore; se gli ultim i, alla f oggia de' primi addivenuti gravi, calavano al fondo, riteneasi accetto il dono; ma se questo riusciva discaro ed immeritevole di ricevimento, vedevansi galleggianti sopra l'acqna cos li tessuti come i lavori d'oro e d'ar gento o di simigliante specie comunque, i quali di lor natura stare non possono a fior d'acqna, ma debbono af fondare. Dai Palmireni dunque l'anno avanti al rammen* tato sterminio, col pervenuti all'epoca dell' adunanza, messi nel lago presenti d'oro e d'argento e di tessuti, -ogni cosa venne sommersa, ma nella riunione di quello successivo i doni gettativi galleggiar ono, accennando cos la Dea quanto sarebbe loro per accadere. Non altramente per verit mostrassi il Nume beni gno verso de' Romani infinattantoch rispettate forano le sacre cerimonie. Ma quando perverremo a que' temp i, in cui il Roncano imp ero a poeo a poco dando qnat che saggio di barbarie (1), restrinse di molto i suoi con fini , e cadde in generate aftievolimento, non tacer al lora le cagioni delle sue disgrazie e adopererommi, se condo le mie forze, nel rammentare gli oracoli annun ciatori delle future vicende. tempo ornai di tornare a bomba, onde non resti
ti) Fratta maldicenu da respingersi meritamente contar l'autore.

44 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, no imperfette le fila della storia. Al partire di Aureliano verso l'Europa conducendo seco Zenobia, il figlio e gli altri tutti avvolti nella ribellione, corse il grido che la prima sia per malattia, sia per astinenza dai cibi, si morisse ; il resto , eccettuatone il figlio (1), sommerso fosse nel mezzo dello stretto infra Galcedone e Bizanzio. Aureliano di p o i, mentre viaggiava alla volta dEu ropa, ebbe a sapere che taluni a dimora presso Paimira abbattutisi in Apseo, promotore delle passate loro fac cende, scoperto aveanlo tentare Marcellino, prefetto della Mesopotamia e capo della orientale ammin istrazione, a farsi ornare della imperiale veste, e lento mirandolo nel risolvere non cessavano d'insistere onde v' acconsen tisse; ma egli sempre temporeggiando con ambigue ri sposte appalesare volea ad Aureliano quanto erasi pr o posto di operare. I Palmireni tra tanto, vestito Antioco di porpora, non dilnngavansi dalla citt loro. Aureliano, uditone, part di lancio, come si trovava, prendendo la via d'oriente. Arrivato in Antiochia e pre sentatosi al popolo intento ai giuochi equestri, lo inti mor colla sua repentina comparsa ; di l condusse le truppe a Paimira, e conquistatala senza por mano alle armi 1' atterr , n curassi punto d'Antioco, non esti mandolo tampoco degno, a motivo della vilt s u a , di gastigo. Fatto quindi con prontezza rinsavire eziandio gli Alessandrini rei di eccitamento a sedizioni, entr
(i) Accordatagli, dice P o llione, da Aureliano la fila, che pau coi figli di Romana matrona, ed una possessione vicino a Tifoli nomata por oggi Zenobia.

L IBRO PRIMO. 45 in Roma trionfante , ed ebbevi onorificentissima a cco glienza dal popolo e dal senato. Inalz allora un ma gnifico tempio al Sole, or nandolo de' sacri tesori portati seco da Paimira, e locandovi i simulacri del Sole e di Belo. Dopo queste cose ed assai di leggieri vinti Tetrico (4) e gli altri congiurati, giusta lor meriti castigolli. Distribu parimen t e al pubblico una nuova moneta, or dinandogli ad una di consegnare tutta la falsificata di cui era i n possesso, onde togliere nel commercio ogni abuso; fatta inoltre al popolo Romano largizione di pane (2), e regolati tutti gli affari abbandon Roma. Intrattenutosi a Periato, ora detta raclea, forca gli tramate le seguenti insidie. Aveavi nella sua corte u n Eros (3) di nome e referendario delle imperiali ri sposte. Aureliano minacciato avendolo per qualche man camento lo intimor , e costui, ad evitare che dalle pa role si venisse ai fa tti, strinse lega con alcune guardie conosciute da lui temerarissime, ed, appalesando loro varie lettere finte a norma delle auliche (versatissimo gi da pezza in tale ribalderia ) postele in sospetto d'una imminente morte (contenendone esse chiari indizj ) le persuase a tentarne l'uccisione. Gli assalitori
(i) Tetrico non solo ebbe grazia della tils, ma venne da Aureliano eletto a governatore di tntla l'Italia. P ollione. (a) In Roma accrebbe d'un'oncia il pane co* tribali Egi ziani ; del che non poco gloriasi nella lettera mandata al pre fetto dell'annona. (3) Vopisco narra che un Mnesteo si valesse dellopera di Musicapore nell'estinguere Aureliano; in lutto il resto non differisce da Zosimo.

46 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, dunque osservato il principe fuori delia citt seguito da pochi militi del corpo, vannogli addosso e trafig gono a morte. Fu di poi magnificamente sepolto nello s t esso loogo dallesercito, memore delle sue geste e dei pericoli a favore della repubblica incontrati. Tacito, asceso il trono, vedendo que9 della Scizia, valicata la Palude Meotide, proceder oltre per l'EussinO Ponto nella Cilicia mettendovi da per tatto a sacco la regione, li assale e, riportatane vittoria, parte egli stesso ne distermina, e del resto commette a Floriano, pre fetto del pretorio, l'a b battimento; dopo di che nel trac ferirsi in Europa viene da insidie ridotta agli estremi la sua vita. Egli commesso avea il governo della Siria al parente Massimino, il quale trattando con asprezza somma i principali della repubblica mosseli a sdegno e timore, donde generatosi odio, si passa i n fine alle tra m e , e chiamativi in societ gli uccisori di Aureliano1 , questi mettnlo a morte; datisi quindi a pe rseguitare Tacito, mentre levava il campo, rendonlo cadavere (1). Qui tornarono le civili discordie, altri nell'oriente inalzando al trono Probo, ed altri in Roma Floriano. Il primo trovavasi al governo della Siria, della Fenicia, della Palestina e dell'intero Egitto; il secondo ammini strava le regioni tutte della Cilicia infino all'Italia; obbedivan gii inoltre le transalpine genti, i Galli e gli Spagnuoli, coll isola Britannica e la universa Africa u n i tamente alle Mauritane popolazioni.
(i) Secondo alcuni autori tracidato fu insidiosamente dai militi nel sesto mese del suo impero. Vopisco.

LIBRO PRIMO. 47 Ambedue p reparatisi alla guerra, Floriano calcata la via di Tar so stabil piantarvi il campo, lasciando compiuta per met la vittoria sopra gli Sciti nel Bosporo; il pe r ch, mentre gi erano da ogni int orno assediati, apr loro il varco di retrocedere alle proprie case; Probo intanto mandava per le l u nghe la guerra, avendo as sa i minori truppe. Sopraggiunto poi nella state nn gran caldo in Tarso, i militi di Floriano, Europei essendo i p i , non assuefattivi, percossi da fiero morbo usci* vano di questo mondo. Probo allora stabil profittare della opportunit cimentando il nemico. I militi di Fio* riano anch'eglino, meglio di quanto lor forze compor tassero, abbandonate le trincee venivano a sckernragi d avanti alla citt , non esegnendo tuttavia gesta meri* t evole di ricordanza; separati quindi gli eserciti, alcuni guerreggianti sotto i vessilli di Probo inoltratisi e tolto a Floriano l ' impero, t engonlo qualche tempo in guar dia; ma fatto osservare dal nemico non essere nell'ope rato concor so il volere di Probo, egli veste novamente la porpora; se non che i messi retroceduti colle risolu zioni del rivale procuraronne la morte valendosi delle s tesse truppe da lai capitanate (1). Probo insignoritosi de ll'im pero, andando oltre, diede principio al suo reggimento con azione per ve rit meritevole di lode, volendo poniti gli insidiatori di Tacito e quelli di Au reliano. Non fece tuttavia ese*
(i) Fa spentola Tarso dai soldati, ud ii avendo l'inoa l umento d P robo, dett o dall1i ntero esercito , i treno. Vopisco.

48 ZOSIMO, DELLA N UOVA ISTORIA, guire pubblicamente le sue risoluzioni per tema di qual che tumulto, ma scelto un numero di soldati e commes sane la impresa alla fede loro, invita a banchettar seco i promotori della carneficina. Convenutivi speranzosi di p artecipare la imperiale m ensa, Probo, ritiratosi nella parte superiore del palazzo, donde veder potea ogni cosa, fe segno d'operare ai trascelti m iliti, e questi assa lendo gli inermi recano a tutti morte, ad eccezione sol tanto d 'u n o , il quale poscia caduto nelle sue m ani, come autore della scelleraggine, soggiacque al supplizio del fuoco. Dopo queste faccende, Saturnino, di schiatta Mauritano (1) e famigliarissimo di Probo, il perch stata eragli confidata l'amministrazione della Siria, mancgli di lealt col volgersi a pensieri di ribellione. L'impe ratore stabilito avendo reprimerne i conati, fu preve nuto dalle orientali truppe, le quali spensero con Satur nino stesso la congiura. Acquet eziandio altra sedizione, suscitatasi nella Britannia, per colpa di Vittorino traente origine dalla Mauritania, alla cui esortazione dichiarato avea reg gente dell' isola il ribelle ; merc di che addimandato Vittorino stesso e ripresolo del consiglio da lui ri cevu to, lo diputa ad emendare quel mancamento. Questi recatosi nella Britannia con sagace tratto uccide il se dizioso.
| i j Originario delle Gallie lo fa Vopisco, dichiarandone gli abita tori la pi iniqoa gente che dir si possa, ed avida sempre o di eleggere il principe, o d imperare.

UBAO PRIMO. 48 Condotte a fine, giusta il narrato, le preced enti cose, Probo riport vittorie sopra i barbari in due gnerr re, 1 una capitanata dalla sua p erso n ale commessa m un duce l ' altra. Estimando pei necessario il soccorrere le cit t in vicinan za del Reno ed infestate dai barbari^ dirizz il spasso con truppe a quella volta. Gontinciata la guerra e da p er tutte opprimendo la fame, una di rotta pioggia rec insiem coll'acqua frumento in copia tale che ia molti luoghi formavansene di per si muc* chj. Sorp reso ognuno da cotanto incredibile miracolo, noa aveavi da principio chi ardisse toccarlo^ e val ersene contro alla fame. Se non che fattasi la necessit supe riore a qualsivoglia temenza, cotto il pane e mangian dolo e'ristoravaasi, e terminavano, p er la buona ven tura del comandante, quasi dir ei s e n a fatica, al mon do vincitori, que ' marziali cimenti ; ad altre imprese ancora pose di leggieri fine. Di pi, forte pvgn co Logidai, popolo della Ger mania; rottili, fatto prigio niero il duce Sennone col figlio, e addivenuti quindi supplichevoli accord loro la sua pro t ezione^ ricupe rati di questo modo i mancipi e tatto il bottino di die erano possessori, accommiatolU, mediante alcuni patti, unitamente al d uce stesso col figlia Guerreggi in seguito i Franchi, e superatili vatorosamente col mezzo de suoi capitani, si dispose ad assalire i Burgundi e Vandali, ma vedendosi minore di forze pensava come distaccarne qualche parte dai ne mici e contr'essa tentare da prima la sorte delle armi. Propizia, nel secondare il divisamene roostrugliai la for tuna , poich occupate dagli eserciti le ripe del fiume, Z o s i m o . Della nuova Istoria, A

50 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, e dai Romani chiamati a battaglia i ba r bari, di contro a campo sulla opposta riva, quanti di. essi' ebberne mezzo valicarono il fiume, e venuti atte prese molti' sog giacquero a m orte, ed altri caddero in poter del ne ofico. Il resto addimandata pace, ed ottenutala colloh* bligo di restituire per intiero il bottino ed i prigio nieri, non consegn il tutto. Laonde Probo montato ra collera (1) mentre si ritiravano fu loro addosso $ ed a buon diritto ne pigli vendetta, molti uccidendone ed impossessandosi del comandante Igillo. Mand poi n ella Britannia i rimasi m vita e caduti nelle sue m ani, ove giunti a stabilir s i , ogni volta che tramate eranvi sedi zioni rendeano utili servigi all' imperatore. Narrate le guerre da Probo sostenute lungo il Reno, uopo non passar con silenzio neppnr quelle dagli Isanri cagionate. Lidio (2 ), Isauro di stirpe e cre sciuto ne' ladroneggi, raccolta gente dell'egual sno ca libr o dava il guasto a tutta la Panfilia e la Liria. Riu nitesi le troppe onde toglier di mezzo que' ladroni, egli, conoscendosi nella impossibilit di far petto al Romano esercito, si trasfer a Crimna, citt della Licia in dirupato luogo, ed in parte da altissima fossa mu n ita. Rinvenuti di molti ivi a ricovero come in luogo forte e cinto-di mura, ed osservato che il nemico intento allassedio stringeva fortemente il sito, ridussene, atter(i) In ispecie p o i, consentendovi gli stessi cap i, ebbero punigione ( j n a D t i non restituirono con fedelt la preda. Vopisco. (a) Vopisco nomalo Palfurio, aggiungendo che Tenne ar restato ed ucciso da Probo.

LIBRO PRIMO. 51 rati gK edifizj, il terreno a coltu ra, e col grano deri vatone alimentala la popolazione. Al mirare col tratto successivo l entro somma dis fatta d'annona, fecene partire tutti coloro d'ambo i sessi: che per et recargli non poteano alcun prefitto. Ma i Romani, accortisi della nemica risoluzione, tornavano a respignere nella1citt que' miseri , ed allora egli or din di precipitarli entro le fosse all' intorno delle mura. Formato quindi un condotto <T ammirabile co s truzione) e dall'interno della citt al di fu ore. prolun gandolo oltre le nemiche trincee, inviava i suoi a pre dare bestiame e cibo, provvedendo cos trattotratto gli assediati di copiosa vittnaglia, infinattantoch la truppa da una donna, mediante in d i*}, ebbede contezza. Lidio tuttavia neppure allora disanimossi, ma iva togliendo; a poco a poco agli assediati il vino, e sottraendo loro parte del consueto frumento. Al crescere non di meno ognora i bisogni della v ita , fu costretto a spegnere qdanti aveanvi l en tr o , eccettuati gli n omini .a lui oc** correnti e idonei alle funzioni del presidio, e poche donne capaci di. attendere ai comuni e generali serv igj . O ra, determinatosi a s u perare costantemente ogni pericolo, dopo tutto il fin qui rammentato, gli occor*; sero le seguenti vicende. Ava seco taluno esperto nel comporre macchine di assai grande utilit per av ventare dardi colla massima esattezza, di maniera che essendogli ordinato di colpire qualche nemico, il proiet tile indubitatamente dava in brocco. Laonde accenna togli altro degli avversarj perch lo colpisse, egli, vuoi a caso, vuoi a disegno, fall il colpo. Lidio allora, spo-

52 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, girat olo delle vesti, lo vergheggi crudelmente, minac ciandolo anche di morte. I l meschino dunque montato' in coller a a m otivo delle battitu r e , e spaventato dalle peggiori minacce, fogge, colta l ' opportu nit, da quelle mura. Avvenutosi quindi ad im periali militi, e fatti con sapevoli del suo operato e del gastigo sofferto, mostra loro una finestra nel mur o donde Lidio solca indagare qnanto p assava nel campo; mentre questi pertanto , non dipartendosi dal suo costume, irebbe aoochian do al di fuori, gli prometteva colpirlo di dardo. Dal co mandante'delle truppe, a tale riferta, accolto costru la macchina, e postosi innanzi qualche soldaniero per teners i occulto ai nemici, vedendo Lidio attento a spiate dal consueto luogo, scoccato il dardo mortalmente lo pihga. I l ferito, dopo tale sinistro, diportatosi con bar barie verso alcuni de' suoi, e st retto il resto con giuro a non cedere agli assediatoli, trasse in fine l ultimo spiro. Allora tutti i rinchiusi l entro pi comport ar non potendo l'assedio, si arrenderono ai Romani. Tale ebbe fine quella ladronaia. Tolemaide, sita nella Tebaide (4), ribellatasi anoh ella dall' imperatore ed intrapresa piccolissima e breve guerra, Probo col mezzo de? suoi duci ridusseia insiem coi Blemmj allobbedienza. Permise inoltre ai Ba stam i , gente Scitica, di stabilirsi, accordando loro

(i) Copto e Tolemaide, leggiamo in V opisco, da lui libe rate furono dal barbarico servaggio ed aggiunte alia Romana giurisditione.

LIBRO PRIMO. 53 sedi nella Traci*, o t' eglit costantemifte seguirono le Romane leggi e costumanze. IFranchi parimente dati essendppi alP imperatore ed ot tenuti luoghi per fermarvi dim ora, parte di essi tramata poscia una sedizione c fatto grande acquisto di navi, mand tutta la Gr ecia sozzopra. Apportata po scia in Sicilia ed assalitavi Siracusa vi commise grande strage. Venuta da ultimo a riva nellAfrica e respinta, riusc senza tffcaBortinuao atornare pressa de' suoi colle truppe condotte seco da Cartagine. Sotto l'impero di Probo altres ottanta gladiatori , congiuratisi insieme ed uccise le guardie, mettean a r u b a , inoltrando nella c itt , quanto presentavasi ai loro s g n a r d i , molti, come suole avvenire, parteggiato avendo con essi; ma l'imperatore comand che fossero dalle t ru ppe disterminati. Dopo le narrate geste d i Pro bo^ il quale egregiamente e con giusti** resse timpero M anca il fin e d i questo libro ed i principi del seguente.

DI

ZOSIMO

CONTE ED AVVOCATO DEL FISCO

DELLA NUOVA ISTORIA


0Q0Q 0 M A M B M O & E C O IU D O

(2) * * * * * * perch una lunghissima nostra vita gin* gne a pena ad a bbracciare l ' intervallo di tempo tra
(t) Perdutesi alcnne pagine di qoesfopera, a riparare alla m e n u loro (m b trovandomi paro la di Caro e della sna p ro le), onde.il filo della is toria non rimanga interrotto, sup p lir compendiosamente il difetto riportando qaanto leggiamo in altri autori. A P robo successe Caro, il qual postosi in cammino per guerreggiare i Persiani, ed arrivato tosino a Ctesifonte renne impaurito dallo stesso nome di qoel monar ca. Per malattia io seguito, o, come alcuni pretendono, col pito dalla folgore, pass di questa vita. Ebbe due figli, Numeriano ( giovine di ottima indole e dal coi reggimento la repubblica potuto avrebbe sperare grandissima prosperit se Apro non avesselo morto), e Carino (bruttatosi dell infamia di adnlterj, di libidini, di lussuria e d ogni altra maniera di vizj. Spento fa da Diocleziano dichiarato precedentemente Angusto. T . S. () Intorno al tempo destinalo alla celebrazione de gioo

ZOSIMO, DBLL A NUOVA ISTORIA, LIB. SECONDO. 55 queste solennit, chiamandosi dai Romani secolo, il Greco !*. Giova poi a guarire dalle pesti, dalle epi demie e da varj altri morbi; eccone la origine. Un Valeso Valesio, stipite della famiglia Valeriana, era perso naggio illustre presso de'Sabini. Egli avanti la sua casa avea un bosco di altissimi alberi, i q uali tocchi dal fulmine e ridotti in cenere dvangli a pensare che pro no s tico si fosse la combustione loro. Ammalatasi quindi la sna prole, oltre all'arte medica ricorrea pure a quella degli aruspici, e questi dalla foggia del caduto fuoco presunto avendolo segno della indignazione de' Numi, non male a proposito Valesio, collopera loro offerendo' vittime, st udiavasiplacarli, e p oich unit amente alla con sorte assai paventava non fosse per avvenire la morte degarzoncelli, prostratosi innanzi a Vesta promettevate in cambio di essi dne perfette anime, la propria e quella di lei che ebbeli generati. Rivolgendo p oscia lo sguardo alla foresta percossa dalla f olgore parvegli sen tire da una voce il comandam ento di condurre a Tachi secolari fu da noi esposto quanto si po desiderare nella vita d Severo trasmessaci da Erodiano. L accennato qui da Zollino panni indicare che l'intervallo dall'una all'altra ri correnza demedesimi comprendesse la pi lunga et dell uomo, rale a dire come se unicamente scritto avesse : darsi tali giuochi ogni cento an n i, o in qael torno. E uopo inol tre qui avvertire che il nostro Autore non tralascia occasione di far comparire il culto Gentile, opposto al Cristiano, quale causa del celeste favore accordato alle Romane imprese, e collaverlo posto in non cale essere andato l'impero di male in peggio ; il che vedremo pi oltre . T. S.

56 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA ranto i malati, ed ivi scaldata lacqua del Tevere col fuoco d el Padre Pliitone e di Proserpina, ler dessela b ere. Alludire tafi parole tanto pi disperavane la sa lu te, non ignorando ,essere Taran t o in remoto luogo dell Italia, n avervi col acqua Tiberina ; non davar gli' parimen t e buono augurio la prescrizione di scal dare lacqua sopra lara degli Iddii infernali; scoratisi per tanto' anche gli aruspici, egli tuttavia ad un secondo eguale avviso determinossi ad obbedire. Posti dun q ue sopra nave fluviale i figli, navigava a seconda della cor rente portando seco il fuoco. Ma vedendo i suoi infer mi semispenti dal caldo facea volgere la prora a quella parte del fiume ove lacqua pi mite acorrea. Avvenut osi quindi a una capanna da pastore ebbe a sapere che p renderebbe terra in Tar anto, avendo il luogo nome cor m u se col Taranto vicino al promontorio Iapigio. Laon de Valesio, adorato il Nme, ordina al piloto di venire a riva, e soeso d alla nave racconta ai pastori tntte le sue bisogne; scldata quindi pocacqua bratta/dal Teire nd un fuoco da lui acceso in quel luogo la porge ai figli. Qikesti non a pena bevutala, abba n donatisi al Sonno , risanar ono, e dormendo conobbero per una visione che nere vittime sacrificar doveano a Plutone ed a Proserpina, e passare tre d in canti e balli. Dest atisi riferirono al padre esser loro apparso in sogno un gran personaggio simigliante a Nume, per ammonirli che immolassero nere ostie nel campo d Marte, l dove il vacuo terreno destinato agli esercizj de cavalli. Valesio dunque pr-, postosi di ergervi nn a r a , gli operai nell' eseguire lo scavamento trovaronla bell'e fatta coll' iscrizione : - A

LIBRO SECONDO. 57 PLUTONE e PROSERP1NA. Laonde pi manifestamente compreso il voler degli Iddii sacrificwi sopra nere vit time, ed ivi celebr le veglie notturne. Donde poi quest'ara e tal foggia di sacrifcio derivasse prendo qui a narrare. Venuti a guerra Albani e Romani e l'una e l'altra fazione essendo gi in armi, presentossi agli eserciti figura di prodigioso aspetto, vestita di nera pelle e divulgante con sonora voce che il padre Pluto ne e Pr oserp ina ordinavano loro di sagrificare sotterra pri ma di venire a battaglia; cos parlato scomparve. I Roma ni spaventati dal fantasma scavato il suolo alla profon dit di venti piedi inalzarono l'ara e sacrificatovi occultaronla, perch, ad eccezione di essi, a tutti rimanesse ignota. Valesio dunque rinvenutala, fa ttovi sopra il sacrificio, ed eseguite le noturne veglie ebbesi a nome Manio Valerio Tarantino, gli Iddi infern ali dai Romani ap pellandosi Mani, Valerio dalla voce latina Valere (essere sa n o), ed aggiuntogli dai Taran tini il soprannome Taran tino per essere stato il sacro rito pressodi loro compiuto. Ne'consecutivi tempi, correndo il primo anno dopo la cacciata dei re, la mora travagliando Roma P. Vale rio Poplicola immolato avendo sopra quest'ara un bue nero a Plutone ed a Proserpina liber la citt dal malore, e scrisse nellara: Io P. Valerio Poplicol ho dedi cato il fuoco del Campo Marzo a Plutone ed a Proserpina , e fa tti i giuochi ad onore di Plutorre e d i Pro serpina per la liberazione del popolo Romano. Al sovrastare in appresso malattie e guerre, l anno dalla fondazione di Roma trecencinquantadue(l), il popolo Ro
ti) Se ci alleniamo ai Fasti Capitolini, che il Silburgio

Zosnto. Della nuova Istoria,

4*

58 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, mfrop bramoso di allontanare s gravi infortuni mediante g li oracoli Sibillini ordin ai diputati alluopo di consul tarli, e costoro annunziarono che terminerebbe il male coll'offerire vittime a Plutone ed a Proserpina. Ricer cato il luogo sacrificarono a norma dei contenuto nei libri Sibillini, console essendo M.Potitoper la la quarta volta e compiuto il rito ed affrancatisi dagli immi nen ti mali ascosero novamente l'ara ponendola sotterra all'estremit del Campo Marzo. All'essersi di poi ommesso durante qualche tempo questo sacrificio soprag giunti altri sinistri, Ottaviano Augusto ripet i giuochi da prima fatti, consoli essendo L. Censorino e M. Manlio Puelio (1), ed in allora sotto i consoli L. Censorino e
diedesi la pena di prepor re ai minori Greci {storiografi delle cose Romane, questi giuochi non vennero celebrati sotto conso lato veruno, rammentandosi in quellanno i tribuni militari L. Valerio P olito e L. Giulio, o Giulo, ornati della potest consolare. (i) Anteate e Livio narrando che i giuochi secolari ese guiti furono per la seconda volta 1 anno qnattrocensei dalla fondazione di Roma sotto i consoli M. Popillio per la quarta volta e M. Valerio, pu congetturarsi errato il nu mero che leggiamo in Zosimo e cambiato il nome Popillio con Potilo. Il nostro ommise la lena celebratone di tali ginochi nell' anno dalla fondazione di Roma cinquecentocinqne, secondo Anteate e Livio, e sotto i consolati di L. Censorino e M. Manilio, di maniera che sembrerebbe avere scritto Zoimo Marco Manlio in cambio di Manio Manilio. Non si comprende poi che abbiavi da fare il Pnelio, essendo a pena nome di Romana derivazione, se par usurpato non ab-

LIBRO SECONDO.

59

Caio Sabino, esposte avendo Ateio Cap itone le leggi de'giuochi, ed i quindici diputati alla Custodia degli oracoli Sibillini rinvenuto il tempo in cui sacrificare doveasi e dare gli spettacoli. Dopo Augusto, Claudio ce lebr i giuochi senza verun riguardo allo stabilito nu mero degli anni. Domiziano poi, nulla curante Claudio, numerato il giro degli anni trascorsi dai giuochi di Augasto, Sembr volesse conservare la legge da prin cipio stabilita. Severo in seguito, passati di gi anni cendieci (1), configli Antonino e Geta l rimise novamente sotto i consoli Chitone e Libone.
bi a il posto di Pelilio, sotto il co ncolato del quale, come vedremo in segnilo, celebrati furono i secondi giuochr. T . L. Consoli essendo, giusta Dione, C. Fa mio e C. Giunio Silano, Tanno di Roma sellecentrentasetle, poich ai con solati di Censorino e Sabino Viene assegnato Iranno setteeenquindici. ~Con queste annotazioni, che il Silburgio pi diffasamente raccolse dai Fasti Panviniani, abbiamo in com pendio lotto l'occorrente per intendere Zosimo, e soddisfare 1 nostro proponimento. { ) Acciocch il lettore abbia presente lo scritto da varj autori intorno ai giuochi secolari poniamo qui 1' ordine te nuto dai Fasti Panniani, ne' quali i primi giuochi rappor tatisi all' anno dugennovantotto, consoli essendo M. Va lerio Massimo Lattucino e Sp. Virgilio T ricosto Celimontauo. 1 secondi all'anno quattrocentotto , sotto i consoli M. V. Corro II. e C. Petelio Libone Visolo. I terzi all' anno cinqaecendiciotto sotto i consoli P. Cornelio Lent ulo Caudino e C. Lic. Varo; i quarti all'anno seicenrentotto , consoli Emiliane Lpido e Lucio Aurelio Oreste; i qninti stto l ' impero d'Augusto, consoli Lucio Censorino e Manio Mani!'

ZQSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA. Il tenore di essi chiaramente riportato dagli scrit tori. I banditori andando in giro invitavano tutti ad uno spettacolo mai pi veduto da loro, n poter vivere tanto da intervenirvi una seconda volta. G iunto in ap presso il tempo della mietitura, pochi giorni prima di cominciare i giuochi, quindici diputati assisi in rin ghiera nel tempio palatino del Campidoglio distribui vano al popolo le materie espiatorie, fiaccole, intendomi, solfo e bitume, participandole soltanto i liberi, ma non i servi. Ragunatasi quindi la gente, provveduta di grano, orzo e fave, neprefati luoghi e nel tempio di Diana eretto sul colle Aventino compieva onestamente le ve glie noturne. Avvicinatosi poscia il tempo de'giuochi nel Campo Marzo, duraturi tre giorni e tre notti, oflFrivansi in sacrificio vittime agli Iddi presso alla ripa del Tevere conducente a Taranto. I Numi cui fannosi olo causti sono Giove, Giunone, Apollo, Latona e Diana; le Parche inoltre, le Lucine, Cerere, Plutone, e Proserpina. Correndo la prima notte degli spettacoli, allora secon da, erette sul margine del fiume tre are, limperatore coi quindici diputati vi sacrifica tre agnelli, ed asperse le are del sangue v'abbrucia per intiero le vittime. Co struita poscia un'orchestra senza teatro ed accesi i lumi ed i fuochi vi si canta un inno di recente composi zione, dopo di che principiano i giuochi dicevoli ai sa cri riti, ricevendo gli esecutori per mercede le pri mizie de'frutti, o sia del frumento, dellorzo e delle fave, essendo esse, conforme al narrato, a tutto il po polo distribuite. Nel prossimo secondo giorno asceso il Campidoglio ed offertevi le consuete vittime, di l

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LIBRO SECONDO. 64 v olgendo il p asso ad un apparecchiato teatro si cele brano i giuochi ad Apollo e Diana. Il terzo d nel tem pio Palatino dApollo vensette illustri fanciulli con pari numero di pulzelle fiorenti gli uni e le altre, aventi, dir voglio, ambo i genitori in vita, cantano, usando Greca e Romana lingua, inni e Peani, mediante cui salve rendonsi le citt ligie all'impero. Eranvi inoltre eseguite pi cerimonie portate dal rito divinamente prescritto; le quali pratiche infinattantoch rimasero in vigore la Romana repubblica non soggiacque a de trimento vernno. A rendere poi il narrato meritevole di maggior fede riporter lo s tesso Oracolo della Si billa, prima di noi riferito similmente da parecchi autori.
A s t ubi m ortais longissima venerii eelas V itee certenis denis redeunlibus annis

Sis, Romane, memor, rtec te ulla oblivia fa lla n t: Sis memor ut fa c ia s D iis immorlalibus ilio Rem sacram in campo quem Thybridis adluil unda, N ox brevior tenebris terras ubi texerit atris , Solque suum jubar abdderit : tum vidim a Parcis Agnorum atque ovium pariter cadat Oceaninis. Postea ccerulece placantor et llithyce , Lucina, quibus has sacris decet. Inde feraci T elluri porcus mactetur, cum sue nigra. Inde boves albi Jovis adducantor ad aram , Idque die, haud noctu. Nam D iis coelestibus una Sacra diurna placent. Sim ili ralione juvenca Junoni nitida et labis mactabitur expers.

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ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA B ine et sacra ferel paria abs te Pheebus. Apollo, Latona genitus, quem Solem nomine dteunt, Paanasque canent sublata voce L atini JEdibus in sacris pueri, innupteeque puellee .* Sic tamen ex alia ut consistant parte puellee, Eoe alia pueri dicant sua carmina : quorum V ivai uterque parens, superis veseatur et auris. A t qua nuptarum fuerint numeroque locoque, AdsideantJlexis genibus Jitnonis ad aram Divam exorantes, cunctorum ut vota secum kt. Vota quidam et marium, magis at muliebria vota, Quilibet e domo secum fe ra t omnia, queeJa s Mortales superis, ceu prim itias epularum M itibus et D ivis, D ivis ofltrre beatis. Omnia Ceelitibus sint hcec cumulata per aras E x h it suppedites utfem ellis maribusque, Q ui sacris aderunl. Elenim noctesque diesque V is hominum prcesens ad pulvinaria Zfvm Ingens sit numero, ludrica ed seria tractans. Hcec adeo libi sint memori bene condita mente. Itala sic tellus omnis, tellusque Latina JEternum tua sceptra co/et, tua jussa capesset.

Or bene che mediante la convenevole osservanza, se condo il prescritto d all'Oracolo e richiesto dalla ra gione stessa, di tutti questi riti la Romana signoria mantenuto avrebbe la sua integrit ed assoggettato, quasi dissi, in perpetuo tutto il mondo conosciuto da noi al suo dominio, e quindi trascurati i secolari giuo chi, dopo la rin u nzia al trono dell' imperatore Diocle-

LIBRO SECONDO. 63 ziano (4) ella decadesse a poco a poco e chetamente ri dotta fosse a prendere in qualche modo barbariche fogge gli avvenimenti medesimi ehbonlo dichiarato. A pr ovare poi la nostra asserzione fondata sulla verit sienmi di guida le vicissitudini de' tempi. Dal con* solato di Chilone e Libone, dorand o il qnale Severo diede al pubblico i giuochi secolari, infino ai consoli Diocleziano per la nona volta e Massimiano p er 1' ot tava corsero anni cento e nno, ed allora appunto Dio* cleziano torn da imperatore a vivere privatamente, imit ato in seguito da Massimiano (2). Compitosi poi sotto i consoli Costantino e Lieinnio per la terza volta l'intervallo d'anni dieci, era mestieri di aver gi ese guiti i giuochi, non dipartendosi dalla costumanza , ma trascuratili cominciarono di giustizia gli affari a declinare lentamente, ed immergere la repubblica in quelle calamit da cui siamo gravati. Tre anni appresso Diocleziano manc ai vivi; Co* stanzo e Massimiano Gallerio, pervenuti antecedentemente all'impero, nominarono cesari Severo e Mass i mi no, nato costui dalla sorella di Gallerio, accordando al primo l'Italia ed al secondo le provincie orientali. Stabilite di questo modo bene le cose ed i barbari a motivo de'rovesci sofferti ne'tempi andati vivendo pi

(i) Abbandon la porpora in Nicomedia, e visse poscia da privato io Solona recandogli diletto l'amenit di quelli orti. (a) Discese dal trono in Milano ; se non che, inetto di emulare nella costanza Diocleziano, presto ebbene pentimento.

64 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA che volentieri in quiete, Costantino, tratti i natali da vituperoso commercio di donna capitata non legitti mamente nelle mani dell' imperator Costanzo, da pezza ravvolgendo nell' animo pensieri tendenti alla monar chia, e tanto pi cresciutogliene il desiderio vedendo Severo e Massimino elevati alla cesarea onoranza, ri solv, abbandonati i luoghi ove dimorava, trasferirsi appo Costanzo suo padre, il quale soggiornava infra popoli di l dalle Alpi, vivendo il pi nella Britannia. Temendo poi non venisse nella fuga arrestato, a molti nota essendone la bramosa di regno, non a pena abbattevasi in qualche stalla ove fossero cavalli dalla repubblica alimentati, collo storpiamento rendeali disutili, solo ri tenendo per s il numero di essi occorrente a prose guire il viaggio. Ora perseverando in tale opera zione impediva a quanti seguivanne le tracce il proce der oltre, ed ognor pi awicinavasi a quepopoli tra cui aveavi il genitore. Accaduto intrattanto per voler del fato la morte delP imperatore Costanzo (1), i pretoriani militi non riteneano veruno de' suoi legittimi figli idonei al regno , osservandovi per lo contrario in Costantino att itudine, ed animati insieme dalla fiducia di magnifiche largi zioni conferivangli l'onoranza di cesare. Espostane dunque in Roma, secondo la consuetudine, P imagine, Massenzio, figlio di Massimiano Erculio, di mal animo .tollerava che le mire di Costantino, generato da cosi ignobile femmina, dessero in brocco, mentre egli, prole
\i) Mori in Eborace con fama di principe moderato.

LIMO'SECONDO. 65 di tanto imperatore, ozioso rimanendo nel palazzo ad altri vedrebbe concessa la paterna signora. Rislu tosi ad im p rendere e tratti al suo partilo Mareelliano e Marcello, tribuni de'soldati, Luciano (dispensatore della carne porcina dal pubblico erario donata al popolo) e gli aulici militi, nomati pretoriani, venn 'da essi collocato sotto il regai trono, promettendo egli splen dido guiderdone a tutti coloro pel cui mezzo ottenuto avesse Cos grande beneficio. Questi cominciarono l'o pera coll'uccidere Abellio, il quale .occupando la pre fettura della citt mostrato er asi contrario ai loro divi samente Massimiano Gallerio avutone sentore manda Severo cesare a guerreggiare Massenzio. Il duce partito da Milano ed avvicinatosi al nemico colle truppe Mauritane fu di leggieri vinto da Massenzio, il quale sedotto aveagli col denaro la maggior parte dei m iliti, e tratto a parteggiar seco Anullino prefetto del pretorio. Severo fuggendo corse a Ravenna, citt forte, molto popolosa ed avente copia di vittuaglia, bastevole ai suoi bisogni ed a quelli delle truppe seco. Massimiano Erculio a tale avviso ragionevolmente sollecito del figlio Massenzio abbandonata la Lucania, facendovi allora soggiorno*dirizz frettoloso il passoaRa* venna, ove osservalo he non potea cacciare Severo a malincorpo da un a citt munita, e ricca d'annona, chrconvenqtplo con giuri persuasegli di andare a Ro ma, e quegli incamminatovisi, al metter piede nel luoo nomato L e tre Taverne, caduto nelle insidie postevi da Massenzio fu ucciso, rottogli con laccio il collo. Zosixo. Della nuova Istoria, 5

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA. Del rimanente Massiipiano Gallerio, comportar non po tendo senza molestia i macchinamenti contra Severo cesare, stabil dalloriente viaggiare a Roma onde re care il meritato gastigo a Massenzio. Presa terra in Italia e vedendo gli animi de' militi poco alla sua per sona fedeli, senza far pruova delle armi ricalc la via d oriente. Massimiano Er culio di poi comportando mai volen tieri i torbidi che travagliavano la repubblica, direttosi a visitare Diocleziano a dimora in Carnuto (Celtica citt) studiavasi persuaderlo a riprendere le redini delli m pero , non tollerando che, per s lungo tempo e con tante fatiche da loro conservato, pericoli ora di essere sconvolto da forsennata giovent e dalla pazzia di coloro, i quali ne avrebbero il reggimento. Diocle ziano rifiut di condiscendere alla proposta, antepo nendo la quiete al maneggio degli affari (forse perch, religiosissimo essendo, prevedeva i torbidi prossimi a succedere). Erculio fallitogli il colpo ed inoltratosi in fino a Ravenna cammin di nuovo alle Alpi, volendo quivi dimandare consiglio a Costantino. Ma, per na tura cupido e mancator di fede, promessagli la figlia Fausta in isposa e seco lui adempiuta la parola, era tutto nell ingannarlo, assicurandolo che perseguite rebbe Gallerio Massimiano alluscire dell Italia, e tra merebbe insidie a Massenzio. Riportatone il consentimento intorno a quanto esposto avea, di l partendo procacciava ricuperare l'impero colla speranza di pro durre scambievoli odj infra il genero Costantino ed il figlio Massenzio.

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LIBRO SECONDO.

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Mentr' egli attende a qusti maneggi Massimiano Gallerio, non allontanandosi dalla costumanza de'tra scorsi tempi, crea imperatore il suo famigliare Licitin io , pensando mediante costui perseguitare Massen zio. Ma colpito, intanto che iva ruminando tali di visamente per grave ferita da morte, Licinnio eziandio si fe'a pretendere limpero. Intento poi'anch'egli Mas simiano Erculio a tornarne al possesso, come detto ab biamo, cercava rimovere le truppe dallaffezione portata a Massenzio. Riuscito con doni e meschine suppliche a condurle al suo partito si brigava di tendere insidie a Costantino adoperandovi gli stessi militi di lui. Se noa che da Fausta prevenuti essendone i tentativi, e mani festati per intero al consorte, Erculio, uscito affatto di ogni speranza, viene da malattia spento presso Tarso(l). Massenzio liberato d alle macchinategli insidie, e di gi ritenendosi fermo possessore dell'impero, spediva in Africa ed a Cartagine messi portatori in giro del suo ritratto. Ma oppostevisi le truppe di que'luoghi per la benivolenza professata a Gallerio Massimiano, sempre di lui ricordevoli, e persuase che Massenzio per t ale ribellione guerreggiate avrebbele, batterono la via d'Alessandria, ed avvenutesi nel percorrerla ad assai mag giori nemiche forze, n resister loro potendo, sopra navi tornarono a Cartagine. Laonde Massenzio turbatosi ri*
(i) Zosimo confonde Massimiano E rculio con Massimiano o, pi correttamente, Massimino, dichiarato cesare ad nno con Setero da Gallerio, poich ad Ercnlio tocc la morte di laccio in Marsiglia, cotale abbiamo da Anr. Vittore. T . S.

68 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA solv navigare alla volta d 5Africa col? intendimento di punirvi gli autori della sedizione. Ora sacrificatosi dagli aruspici e detto non essere propizie le vittime , egli paventando mettersi in mare tanto perch le vi scere presentato non aveano fausti indizj, quanto per 10 timore di essere contrariato da Alessandro, il quale copriva in quella regione la prefettura del pretorio, si rivolse a costui, . onde liberare da ogni sospetto 1 1 suo valico dall'Italia in Africa, addimandandogti per istatico il figlio. Questi essendo giovincello e di bellissimo sembiante, il genitore insospettitosi avervi nella dimanda ingan no, ed in cambio si volesse perfida mente abusarne, ricusa di consentire all'inchiesta man datagli sotto il prelato titolo. Avendo poscia Massenzio spedito altri coll'ordine di morirlo iirodolentemente, e conosciutasi per rivelazione la scelleraggine, le troppe giudicandolo idoneo motivo di ribellarsi vestono della porpora Alessandro, originario della Frigia, deb ole, ti morosa, pigro ad ogni fatica, ed anche maturo d'annL Un incendio a que'd surto in Roma, n giun t i a scoprire se derivante dall'aere o dalla terra, mand a fiioco e fiamma il tempio della Fortuna. Accorsivi tutti ad estinguerlo un soldato proferito avendo ingiuriose parole contro al Nume fu dalla plebe, spinta da reli gioso zelo, assalito ed ucciso. Destatasi pertanto una militare sedizione, poco manc di vedere la citt dalle truppe ridotta allo sterminio, se Massenzio riuscito non fosse a, mitigarne il furore. Questi di poi rintracciava occasioni di muover guer ra a Costant ino, simulatamente incolpandolo dlia

LIBRO SECONDO. 69 morte del genitore. Al qual uopo escogitava correre la via che mena ai Rezj, popoli vicini alla Gallia ed alle regioni Illiriche, sognando occupare la Dalmazia e V Illrria assistito dalle truppe ivi di stanza e da quelle di Licinnio. Se non che, fermo in questi divisamenli, volle innanzi tutto ordinare le Africane faccende. Rac colte dunque genti e dato loro a duce Rufo Volusiano, prefetto del pretorio, lo manda ih Africa, aggiunt ogli a compagno Zena, uomo celebratissimo cos per espe rienza nella bellic arte come per la sua piacevolezza. Al primo affrontamelo le truppe d'Alessandr o in qualche numero sottratte essendosi dal periglio colla fuga, egli stesso tenne lor dietro ; ma vinti i fuggitivi anche il duce fu preso e strangolato. Terminatasi non altramente la guerra s' apr un vasto campo agli ingan n atori per dinunziare poco men che tutti i dimoranti in Africa, di stirpe e di ric chezze cospicui, come seguaci delle parti d'Alessandro, n aveavi affatto chi sperare potesse mercede, gli uni venendo uccisi e gli altri spogliati delle proprie sostanze; si men di pi nella stessa Roma trionfo pe' delitti commessi in Cartagine. Cos correano gli affari di Massenzio dopo i riferiti avvenimenti, e mentre non solo per la Italia, ma in Roma stessa il tu t to procedeva con somma crudelt ed arroganza. Costantino, avutolo gi in sospetto ed ora vie meglio, preparavasi a guerreggiarlo; ragunate dunque genti tra' barbari caduti in su potere, tra Germani ed altre Celtiche nazioni, compresavi la Britannia, e formato un esercito di novantamila fanti ed ottomila cavalieri pas-

70 ZOSIMO, DELLA. NUOVA ISTORIA, sava dalle Alpi in Italia, senza recar danno alle citt che non iaceangli resistenza e soggiogando le accintesi a contradiarlo. Massenzio capitanava truppe assai pi numerose composte di Romani ed Italiani, seco lui strettisi in lega di guerra, pari il numero ad ottanta mila combattenti. Conduceva eziandio seco i Tusci della intiera marittima piagga, ed i Cartaginesi anche glino fornivanlo d 'u n esercito di quaran t amila guer rieri ; ainti a simile mandvangli i Siculi, di maniera che il suo esercito ascendea a censettantamila pedoni e diciottomila cavalli. Ambedue provvedutisi di numerosissime truppe, Massenzio costruiva un ponte sopra il fiume Tevere, non del tutto insiem connesso dalla sponda verso la citt insino alla opposta ; ma tale diviso in due che i legni donde componevansi le sue parti congiunti veni vano in qualche modo tra loro con arpioni di ferro, agevoli a togliersi quando si bramasse dividerle. Comandava inoltre ai fabbri che non a pena vedes sero l esercito di Costantino co' piedi sulla congiun zione del ponte, ritirandone le spranghe,lo disunissero, facendo cos affondare nell' acqua quanti eranvi sopra. Massenzio non altramente operava. Costantino pervenuto coll esercito infino a Roma, piantava il campo avanti la citt, in luogo assai vasto ed acconcio alla cavalleria. Massenzio assediato entro quelle mura offeriva ostie agli Iddii, ed interrogava gli aruspici intorno allesito della guerra, consultando in pari tempo gli oracoli Sibillini. Trovatone uno il quale ammoniva essere nei destini che perirebbe di

LIBRO SECONDO. 71 miserabile morte chiunque osasse danneggiare il po polo Romano, consideratalo avvertimento propizio alla sna persona, quasi l 'Oracolo indicasse eh egli respin gerebbe gli assalitori di Ho ma tutti solleciti a procu ram e la conquista; ma gli eventi consecutivi mostraronne il veritiero significato. Imperciocch uscito egli della citt colle tr o ppe e valicato il ponte da lui fitto ese guire, nna smisurata moltitudine di civette dall alto volando empievane le mnra. Costantino osservato il fe nomeno ordinava a' suoi di attelare l ' esercito, e, po stesi le fazioni dall*nna e dallaltra parte di fronte, mand i cavalieri innanzi; questi affrontate le nemiche genti in arcione le misero in rotta; la fanteria pur ella, avutone il comando, in perfetto schieramento avviossi alla pugn a. Venuti a fiera battaglia, i Romani ed i con federati Italiani, bramosi di scuotere un acerba tiran nia, appalesavansi molto neghittosi a pericolare; le al tre milizie poi toccaronvi grandissima strage, parte di esse conculcata rimanendo dai cavalli, e parte uccisa dai fanti. Per verit finattantoch i militi in sella pote rono resistere si parea avervi qualche spranza in fa vore di Massenzio, ma vinti costoro, egli colle residue truppe datosi alla fuga retrocedeva alla citt valicando il ponte del fiume. Le travi di esso allora, inette a so stenere cotanto peso, rottesi, fu con tutto il seguito dalla impetuosa corrente portato via. Divulgatasi la vittoria in Roma nessuuo ardiva ma nifestare segni di gioia, molti opinando falsa la nuova. Se non che tradotto entro le mura il capo di Massen zio in un'asta infisso, il popolo deposto ogni timore

73 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA diedesi a giubilare d'allegrezza. Dopo tale vittoria Co* stantino gastig ben pochi famigliarssimi di Massenzio. T oki poscia di mezzo i pretoriani, atterrati i castelli ove dimoravano, e poste in assetto, le urbane fac cende cammin alla volta de'Celti e de'Galli^ ma chiamato in prima Licinnio a Milano lo ammogli con la sorella Costanza per lo innanzi promessagli, quand o bramavaio a compagno nel guerreggiare il nemico Massenzio ; dopo di c h e volgeva il passo verso de'Celti. Animatesi del resto le guerre civili inira Lcihnio e Massimiano e ve nute le fazioni a battaglia presso gli Illirici, al princi pio di essa parve la vittoria dichiararsi pel secondo, nondimeno subito, rinnovata la pugna, egli fp costretto al la fuga, e per l'oriente avviatosi .nell'Egitto, fid ucioso di raccogliervi militi sufficienti a proseguire la guerra, manc in Tarso ai vivi (4). Laonde pervenuti all' impero Costantino e Licinnio dopo brevissimo tempo la discordia penetr infra loro, datole avendo impulso Costantino (2) col mostrarsi, giusta la sua consuetudine, poco esalto nell'osservare di buona fede le convenzioni, preteso avendo il pos sesso d'alcuni popoli spettanti a llim p e r o di Licinnio. Il perch ambedue prorompendo in aperte nimicizie facean leve di soldatesca per venire alle armi. Licinnio
() Rileggasi il narrato precedentemente intorno a Massi miano Ercolio, ot* riportata da Zosimo con errore la morte di lai. T . S. (a) Presto si addurranno fatt i idonei a purgar Costantino dall'apposlagli macchia di uisleanxa. T. S.

LIBRO SECONDO. 73 quindi ragnnava sue genti presso Cibali, eitt della Pannonia sita in monte, ove ascendesi calcando una via stretta e cinque stad j lunga. Al pi di essa va contigua profonda palude, il resto montagna, nella quale hawi il colle con sopravi, come detto abbiamo, la citt. Pre sentasi quindi u n aperta pianura vastissima di vero e senza limiti allo sguardo; qui Licinnio piantato avea il campo stendendo sotto del colle in lunghezza la sua falange, onde non apparisserne deboli i corni. Costan tin o attel i suoi vicino al poggio, e messavi di fronte la cavallera sem bravagli con tale ordinanza vie meglio i m pedire al nemico di ratlenere nel proceder oltre i pe doni, impetuoso attaccandoli onde venissero pi a ri lento alle prese. Disposto cos lo schieramento e riuscito superiore nel primo scontro avventasi di colpo, fatti inalberare i vessilli, sopra l' avversario, dando principio ad un certame frse pi ostinato di altro qualunque. Imper ciocch dopo uno scambievo le trar d'arco si pugn lungamente con le aste e spade. Combattutosi dall' au rora infino al calar delle tenebre vinse il corno destro comandato da Costantino. A tale sconfitta i legionari di Licinnio vedendo il proprio duce montare in sella e disporsi alla fuga, pi non vollero sapere di far per manenza col, eporvisi a cena; ma lasciato il bestiame, i giumenti ed il resto delle bagaglie, e solo portando seco la vittualglia necessaria ad estinguere la fame , giungono durante la notte, levato ogni indugio, col lo stesso Licinnio a Sirmio, citt della Pannonia ba gnata all'intorno da un fiume, il quale versa le sue aZosimo. Della nuova Istoria. 5*

74 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, eque nell Istro. Il duce trapassatala di corsa e rottone il ponte avvissi nella Tracia pensando assoldarvi truppe. Costantino occupata Cibali, Sirmio e gli altri luoghi abbandonati nella fuga dal nemico, spedisce cinque mila legionarj sulle traoce di esso, ma costoro ignoran done la battuta via indarno procurarono di raggiugnerlo. Egli poi, racconciato il ponte assai guasto da Licinnio, seguivane coll esercito le orme. Arrivato nella Tracia s* avvenne alla pianura scelta dal rivale per mettere il campo, e durante la notte medesima della sua venuta, poste in ordinanza le troppe, fa loro comandamento di tenersi pronte col primo aggiornare allaringo. Li cinnio al mattutino osservato in armi Pawersario schie ra pur egli i suoi, avendo a compagno di guerra Va lente, nominato da lui cesare nella fuga da Cibali. Ve nuti alle mani, gli eserciti, da principio a qualche di stanza tra loro, valeansi degli archi, ma consumati gli strali diedero di piglio fieramente alle aste e spade. Ora, mentre a furore egli combattevano, i mandati da Costantino ad incalciare i fuggenti, ascesi, durando tut tavia la pugna, un luogo donde rimirar potansi gli eserciti ed aggirato u n colle, da erta e pi elevala po sizione statuiscono di soccorrere ai loro, circondando il .nemico. I militi di Licinnio evitato s grave pericolo ed animosamente facendo a tutti petto, dopo grandissima strage da ambe le parti, riuscirono a rendere indecisa la sorte di quella campale giornata; in seguito le trup pe, sonato a raccolt a , separaronsi tornando entro agli steccati.

LIBRO SECONDO.

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II giorno appresso fatta tregua parve loto di venire a patti e strjgnere lega, dichiarando Costantino impe ratore degli Illirj e de'popoli quanti aveanvene di l da essi, e Licinnio della Tracia orientale e delle provincie ul-> ten ori; torrebbesi als di mezzo Valente, creato cesare da Licinnio, come autore (se mal non m'appongo) di tu tti gli accaduti sinistri. Convenutisi di questa guisa, e da entrambi giurata la pi esatta osservanza de'pre lati accordi, per vie meglio legarsi nell' adempimento loro Costantino cre cesari Crispo, nato da una con cubina di nome Minervina, uscito di pubert, Costan tino , pochi d prima venuto al mondo nella citt di Arles, e Licinniano, prole di Licinnio ed en trato nel ventesimo anno. Cos ebbe termine la seconda guerra. Costantino poscia udito avendo che i Sauromati abitatori presso alla Palude Meotide, valicato sopra navi l ' Istro, malmenavano i suoi dominj, sped truppe ad infrenarli. I barbari a simile col monarca Rausimodo mossagli guerra, principiarono ad assalire una citt guardata da bastevol presidio ed avente il muro da terra insino a qualche altezza costruito di pietre, e la parte superiore di legno. Eglino dunq u e opinando agevole impresa tale conquista incendiandone il fabbri cato di legno, v' apportavan fuoco e dardeggiavanne i difensori; ma questi con istrali e sassi avventati dall alto mettevanli a morte. Sopraggiunto in seguito Co stantino ed impetuosamente investit ili da pi elevalo luogo, molti ne uccise, pur molti ne f'prigioni e pose il resto in fuga. Rausimodo allora colle poche truppe rimasegli montato sopra nave tragitt l ' Ist ro, avendo

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ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

nell' animo di mettere novamente a soqquadro il Ro mano impero. Costantino scopertane la fuga trapassa anch' egli il fiume per seguirne le orme, e raggiuntili vi cino ad un selvoso colle, ove pervenuti erano a corsa, ne replica la strage, avendovi Rausimodo infra gli uc cisi ; raccolta parimente quantit di prigioni e concessa grazia al resto, chiedentegli mercede, torna al pretorio menando seco grande caterva de'primi. Distribuiti costoro nelle cittadi pass a Tessalonica, e terminato il porto, mancandone per lo avanti, ordi nava l'apparecchio necessario ad altra guerra contro di Licinnio. Laonde costruivansi navi di trenta remi ognu na, e da carico meglio di due mila. Apprestava di pi n n esercito di cenvenlimila pedoni e diecimila tra gente in sella e navale. Licinnio, uditone, mandando qua e l messi per le nazioni comandava leve di fanti e cavalli, e che si preparassero navi adatte alla guerra. A tale annunzio furongli di colta spedite dagli Egizj ot tanta treremi,dalla Fenicia egual numero, dagli Ionii e Doni sessanta, dai Ciprii trenta, dalla Caria venti, dai Bi* tinii trenta e dagli Africani cinquanta. Avea deipari da un cencinquantamila pedoni e quindicimila cavalieri in viatigli dalla Frigia e Cappadocia. Teneasi da Costantino l'arm ata di mare nel Pireo e da Licinnio nell'Ellesponto. Disposto cosi il tutto, in riguardo alle terrestri e marit time truppe, da ambe le fazioni, Licinnio steccossi in vi cinanza d'Adrianopoli della Tracia, e Costantino, fatte venire dal Pireo le sue navi, raccoltone il maggior nu mero in Grecia, ed inoltratosi coll'esercito da Tessalo nica alla riva del fiume Ebro, il qnale da sinistra bagna

LIBRO SECONDO. 77 Adrianopoli, vi ergeva lo steccato. Licinnio egualmente poneva a campo i suoi da nn monte a cavaliere della citt insino a stadj dugento l dove il fiume (4). . . . scarica le sue acque nell'Ebro; gli eserciti molli giorni tetterai immobili ne' loro steccati l'u n o di contro al l'altro. Costantino allora osservato dove il fiume correa strettissimo si vale dello stratagemma seguente. Com mtte all' esercito di trasportare legname e legarlo con fun i; simulando costruire sopra il fiume un ponte per agevolarne il valico alle sue truppe. Ingannato cos il nemico ed asceso un colle da folta boscaglia coperto, quindi agli aguati acconcio, vi occulta cinquemila pe destri arcadori ed ottanta cavalieri (2). Fattosi di poi accompagnare da soli dodici militi in sella e trapassato l'Ebro l dove, minore essendo la corrente, facile addi veniva il guadarlo, improvviso cade sopra al nemico; il di che molti soggiacquero a morte, non pochi a fu ria voltarono le spalle, ed altri per lo terrore della ino pinata sorpresa rimasero a bocca aperta, stupiditi del repentino tragetto. Il resto de'cavalieri intrattanto col l'intero esercito passati liberamente all* opposta riva menarono gkande strage di nmane vite, portandosene il numero a trentaquattromila, ed al tramonto del sole occuparono il vallo nemico. Licinnio colle poche
(i) Leunclavio opina essere questo fiume il T enaro, che depone, a non dubitarne, le sue acque nell' Ebro. T . S. (a) Il Silburgio , sospettando errato il numero, di pa rere doversi scrvere (ottocento) in vece di < i m (ottanta).

78 Z0S1M0, DELLA NUOVA ISTORIA truppe, che a stento potuto avea raccogliere, pigli la v ia di Tracia mirando unirsi allarmata di mare. La dimane allalba tutti i Licinniani militi che fug* gendo campato aveano lor vita o nel monte, o nelle vi cine convalli, si rimisero alla discrezione del vincitre unitamente a quelli tardi nella fuga. Arrivato Licinnio in Bizanzio, Costantino, seguendone le pedate, assedi la citt, la sua flotta dal Pireo di gi messo avendo alla vela, come narravamo, ed apportato nella Macedonia. Chiama tine dunque i capitani presso di s ingiunse loro di tro varsi pronti colle navi alla foce dellEllesponto. I duci, obbedito al comando, con sole ottanta velocissime navi, fornita ognuna di trenta remi, incapace essendo lan gusto luogo di contenerne quantit maggiore, divisaro no cimentarsi alla pugna. Abanto in questa condottiero della flotta Licinniana, vi compariva con dugento legni, e forte spreggiando il picciol numero di quelli nemici estim poterli ben di leggieri circondare. Inalberati dalle fazioni i vessilli ed i piloti navigando contro al nemico di fronte, quelli di Costantino governavan le navi in guisa di assalirlo idoneamente. Abanto per lo contrario affatto all' avviluppata investendo i Costantiniani faceva urtare insieme i suoi legni, stipati in grande numero entro men che spazioso luogo, quasi presentando mezzo al ne mico di sommergerli, o come si voglia fracassare. Alla per fine, molti de'suoi guerrieri cadnti orribilmente nel l'acqua, e l'annottare troncato avendo la mischia, il vinto afferr ad Eieunte della Tracia, ed il vincitore fece ab bassare le ncore nel porto Eantio. Il d vegnente spiran do forte vento Aquilonare Abanto di l uscito preparavasi

LIBRO SECONDO. 79 a navale pugna. Ma spaventato dalla moltitudine delle navi mosse da cinquanta remi gi condotte dallavver sario ad Eieunte, awolgevasi nella incertezza se doves se pigliare a combatterle. Verso il meriggio un galiardo Austro succeduto al vento Aquilonare gett parte del1 * Asiatica flotta di Licinnio contro alla spaggia, parte con violenza spinsene di scoglio in scoglio, ed altre ne af fond coi naviganti. In tal frangente perirono cinque m ila guerrieri centrenta navi co marini, sopra cui Li cinnio mandato avea dalPAsia nella Tr acia porzione del1' esercito, ad impedire che gli assediati seco in Bizanzio patir dovessero .strettezza di luogo nel-ricettare cotanto numerose truppe. Dopo cosi terribili marittime vicende Abanto con sole quattro navi ripar in Asia, ove perve nute da prima all'Ellesponto le navi apportatrici di va* rie merci e di copiosissima vittovaglia all esercito vitto rioso, qnesto con tuttala flotta partiva per unirsi agli assediato di Bizanzio, e cingere anche da mare la cit t. I militi di Licinnip allora incapaci di reggere nep pure alla vista delle marittime forze nemiche, torna rono sopra navi ad Eieunte. Costantino proseguendo con vigore l'assedio, eretto un terrapieno a livello dell' altezza di quel muro e lo catevi sopra torri di legno a dominarla, da esse avven tava dardi alla guarnigione per trasportarvi senza pro pria offesa le arieti ed altre macchine onde averne com piuto il possesso. Licinnio da tali apprestamenti ridotto a mancanza di consiglio stabil, abbandonando Bizan zio alla pi debole parte dell esercito, e pigliando seco i maggiormente idonei e sperimentati suoi favoreggia-

80 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, tori, avviarsi a Calcedone della Bitinia,cl divisamente, raccolte che avesse truppe nell' Asia, di ritentare la sorte delle armi. Giunto dunque per mare col ed ac compagnatosi con Mart iniano, creatolo cesare, duce delle palatine guardie (nomato dai Romani maestro degli nlficj) lo spedisce a Lampsaco per contrastare al nemico il passaggio dalla Tracia neU'Ellesponto; egli poi colloca le sue truppe ne'colli e nelle strette presso a Calcedone. Mentre Licinnio cos operava Costantino avendo a sua disposizione alto numero di navi da carico e da guerra, brama valicare all' opposto- lido non fidando in quelli del Bitinico mare inaccessibili particolarmente alle navi da carico; fatte pertanto costruire a fretta veloci barche ed aggiuntevene altre naviga al promontorio no mato Sacro, vicino alla foce del Ponto e lunge da Cai* cedone dugento stad j ; quivi sbarcate le truppe ed ascesi alcuni colli sceglievi il luogo da ordinarle a battaglia. Licinnio uomo assuefatto ad ogni pericolo, quantunque vedesse il nemico entrato nella Bitinia, manda tutta via chiamando Martiniano da Lampsaco, ed esortate le milizie, col dir loro ch'egli precederebbele, forma lo schieramento, ed uscito della citt muove ad incontrare il suo competitore gi in armi. Datosi principio a san guinosa battaglia ne'luoghi posti infra Calcedone ed il tempio, Costantino, avendo assai maggiori forze, affron tata di gran cuore la contraria fazione recolle cotanto eccidio che da centrentamila combattenti a pena tren tamila ebbero salva la vita. Dopo questo aringo i Bi zantini aprirongli tosto le porte, imitati in seguito dai Calcedonj. il vinto Licinnio col resto de' cavalieri e delle poche milizie pedestri dirizz il passo a Nicomedia.

LIBRO SECONDO. 84 U n Persiano frattanto, nomato Ormisda e di stirpe regale, presentossi all'imperatore Costantino, ed eccone il perch. Mentre suo padre monarca della Persia cele brava, giusta l ' usanza del paese, il proprio natalizio giorno, Ormisda entr nella reggia portando seco molta cacciagione. I convitati astenutisi affatto dall' onorarlo, n surti, come doveano, egli montato in collera profer che avrebbeli colla morte di Marsia gastigati. Da mol ti quel parlare in gergo non fu compreso ; ma un Per siano, che dimorando in Frigia udito avea la istoria di Marsia , spieg loro il significato delle udite minac ce. Eglino allora scolpitele ne loro animi e non a pena spento il monarca ricordevoli dell' avvenuto, mettono sul trono il minor fr atello, quantunque fossevi. legge che imponeva d'inalzare al supremo potere infra la re gale maschile discendenza il primogenito, e rinchiudono Ormisda coi ceppi ai piedi in carcere posta sopra un colle rimpetto alla citt. Passato qualche tempo la con sorte accingesi a liberarlo nel modo seguente. Pigliato nn grosso pesce introducegli nel ventre una lima, e cu citane la pelle consegnalo ad un fedelissimo eunuco perch lo porti ad Ormisda col avviso di non mangiarlo che trovandosi affatto solo, e di profittare ad un tempo di quanto rinverragli nel ventre. Manda poscia camelli carichi di vino e cibi alle guardie del prig ioniero, onde pur eglino diensi a gozzovigliare. Mentre poi costoro sedeano consumando que' cibi Ormisda trinc iato il pesce e vedutavi la lima rompe con essa i ceppi de'suoi piedi, e vestita la veste delleunuco, esce passando in mezzo agli avvinazzati carcerieri, ed accompagnato da altro Z osimo . Della nuova Istoria . 6

82 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, degli eunuchi arriva presso al re degli Armeni silo amico ed ospite, il quale di poi gli somministr mezzo di ripa rare appo Costantino, da cui ricev ogni dimostrazione di amore e benevolenza. Cos avvenne il fallo, come nar rato lo abbiamo. Licinnio, assediato anche in Nicomedia dal nemico esercito, vedendosi pienamente in difetto di abili ed a bastanza copiosi militi per combattere, privo d'ogni speranza, uscito di quelle mura, si present suppliche vole a Costantino; e recatagli la porpora nomandolo si gnore e monarca, gli addomandava perdono delle pas sate faccende, ben sapevole di ottenerne la vita, pro messa fatta con giuro alla consorte, a suo nome venu tagli innanzi ad implorarla. Costantino poi consegn Martiniano a suoi militi coll' ordine di ucciderlo, e re leg Licinnio a Tessalonica; non di meno poco dopo, rendutosi spergiuro (facile a cadere in simili colpe (i)), tolsegli di laccio la vita.

(i) Segli vero il narrato da altri autori intorno a Co stantino, Zosirao a torto gli oppone il delitto di spergiuro, poich si pare non cos da lui violalo il sacramento come da Licinnio stesso, il quale, per le continue sofferte disfatte an date di male in peggio le proprie cose, non tralasci con giuntura di occupare tulio limpero, sebbene toltogli dal giu stissimo diritto delle vittorie. V . Eusebio Vita di Costantino lib. I , c. t,3; Teod. ; lib. / , c. 7 . Arroge inoltre essere stato Licinnio contrarissimo ai cristiani, Costantino in cambio, proteggendoli sommamente, comportar non potea il vederli, quantunque in possesso del suo favore, esposti alle ingiurie

LI BRO SECONDO. 83 Tornata la Romana signoria in maino del solo Co stan tino egli non pi studiavasi celare quella malizia in retaggio avuta dalla natu ra, e tolto il freno alla cupidigia del suo animo tutto adoperavasi per giugnere all' asseguimento d 'u n assoluto dispotismo. Ricorrea dunque ai paterni riti (1) non tanto colla volont di onorarli, quanto da necessit costretto, prestando fede agli indovini, se eranvene di esperti, siccome a coloro, i quali predetto aveangli il vero intorno alle sue felici imprese. Calcato poscia il suolo di Roma, fattosi arro gantissimo, dalla stessa propria famiglia opin dar principio alla empiet sua, morendo, senza riguardo veruno, il figlio Crispo, eletto cesare, in ordine al nar rato, e cadutogli in sospetto di avere famigliaritadi colla matrigna Fausta (2); se non che a malincuore compor tando sua madre Elena la uccisione del giovine, mostran*
altrui. N dicausi immerileToli di fede questi autori per amore di parie, non andando lo stesso Zosimo esente da tale ceusura, dichiaratosi nemico implacabile del nome cristiano ed affezionatissimo alle superstizioni de* gentili. T. S. (i) Sebbene allora non avesse per anche abolito i pa terni riti, con qualche probabilit lo riterremmo assai pi favoreggiatore de'cristiani, accordala avendo loro una libert di cui siati erano privi sotto quasi'tutti gli antecedenti capi deirimpero. T . S. (a) Tedor., lib. I, c. 5, riferisce Crispo mancato ai vivi nell'anno vigesimo dell* impero dopo aver fatto insiem col pa dre molte leggi in favore della cristiana libert, adducendo la testimonianza de'tempi, ne'quali venivano sottoscritte, per t ogliere alle sue parole ogni sospetto d'inganno. T. S.

84 ZOSIMO, DELLA. NUOVA ISTORIA dosene addoloratissima, quasi a consolarla r ipar ad un male con altro peggiore, ordinato avendo lo scal dare oltre misura una stu fa, e rinserratavi Fausta di l trassela morta (1). Rimordendogli poi de' commessi delitti e della spregiata santit de'giuramenti la co scienza presentatosi ai flamini (2) addimandavane la espiazione (o). Rispostogli da costoro non avervene al cuna per lavare cos turpi nefand igic, un Egizio di nome ed originario della Spagna, trasferitosi a Roma e stretta colle palatine donnicciole amicizia, per mezzo di esse ottenne licenza di presentarsi all'imperalore, e seco lui ragionando chiarirlo come la religione d e' cristiani avesse facojt di cancellare qualunque misfatto, pro mettendo ai colpevoli che abbracciandola ne verrebbon tosto assoluti. Costantino, uditone piacevolmente il discorso, ponendo in non cale i paterni r ili, e gu state le speranze offertegli da Egizio, diede principio alla sua empiet coll' avere in sospetto la divinazione.
(i) Cos operando il cristiano imperatore segui l'esempio di Cesare, il quale perfino un sospetto d'adulterio volle ri mosso dalla consorte. T. S. (a) Riferisce Teodoro nel precedente luogo che venne da Costantino consultato Sopalro. T. S. (3) Qui Zosimo loda a malincorpo Costantino asserendolo di tenero sentimento ad ogni sospizione di male. Riferisce inoltre Zonara (Tom. II, Iib. i3, ediz. Parig. de'Biz. St.) che Silteslro, r omano vescoTo, da Ini addimandato non gli pro pose la sacra piscina del Battesimo ad espiazione de' com messi falli, ma per mondarlo della lebbra, che bruttato areagli il corpo. T. S. ,

LIBRO SECONDO. 85 Imperciocch sebbene a lei ricorrendo predette fossergli molte sue avventurose geste, avverate in seguito dagli eventi, dot t ava a un tempo non pronosticasse ad altri, consultandola, quanto di sinistr o accadergli po trebbe; laonde stimolato da tal pensiero deliber abo* lirla. Al qual uopo giunto un d, secondo la paterna ' esercito montar dovea consuetudine festivo, in cui 1 sul Campidoglio, pervenutovi pur egli, con oltraggiose parole insultandolo, e conculcando i sacri riti si f' odioso al popolo ed al senato. Dopo di che pi comportar non potendo le impre cazioni, quasi dissi, mandategli dall' universale, iva in traccia d'altra citt non inferiore a Roma ove stabilire, costruitovi un palazzo, la sna dimora. Trovandosi per tanto infra la Troade e l ' antico Ilio, e rinvenutovi luogo idoneo alla divisata fabbricazione, s'accinse all' opera innalzandovi qualche parte di muro, visibile anch 1oggi navigando verso I Ellesponto. Se non che , avutone ben presto pentimento ( 1), abbandonolla ini

fi) Cominci a porre le fondam tnla iT urta citt in Sardica, quindi nel Sigeo, da ultimo in Calcedone. Ma le aquile, quasi pronostico < T un futuro impero , pigliate le funicelle ( rwipT* ) llegli artefici ed oltrepassato il mare gittaronle presso Biianiio. I l che avvenuto pi volte , f imperatore fattone sapevole e ritenendolo meritamente divino presagio, re casi a Bizanzio , osserva il luogo ed approvatol muta consiglio, e trasferitivi da Calcedone. gli artefici vi costruisce la citt nomandola Costantinopoli, e dichiarandone protettrice la Madre divina. (Zonara, tom. I I , lib. 13 , edit. Parig.).

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA perfetta, e condottosi a Bizanzio, maravigliandone la posizione, risolv ampliarla grandemente e renderla sede non immeritevole d'un monarca. La citt sorge in colle sopra la parte dell' istmo formato dal co siddetto Cera o Corno, e dalla Propontide ; altre volte aveavi col una porta, ove appunto finiscono i portici eretti dallimperator Severo, dopo calmato il suo sde gno contro de' Bizantini per avere ospitato Nigro suo nemico. Dalla banda occidentale lungo la china del colle cravi un muro che terminava al Tempio di Ve nere ed al mare dirimpetto a Crisopoli. Altro muro a simile dall' Aquilonare colle in iscesa toccava il por t o, nomato Darsena, e il mare che in linea retta bagnane l'entrata e donde.mettesi alla vela per l'Eussino Ponto, la quale area di terreno, certamente angusta sino al Ponto, agguaglia forse in lungo stad j trecento (1); non maggiore da prima era la grandezza della citt. Ma Costantino laddove un tempo esisteva la porta fattovi un rotondo foro (2) con portici all' intorno, vi co stru due amplissimi archi di marmo Preconesio, l 'uno di prospetto allaltro, e conducenti cos ai portici di Severo come fuori della pristina citt. N pago ancora della estensione datale attorniolla di nuovo muro lon tano dal vecchio oltre quindici stadj, racchiudendo con
(i) Qui si rammenta la descrizione fallane da Dione in Severo, ore* oltre la posizione della citt, leggonsi molle no tizie meritevoli di considerazione. (a) Zonara non a il foro lastricato avendo il suolo di pietre.

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LIBRO SECONDO. . 87 esso tutto l'istmo da mare a mare. Rendutala con tale mezzo molto pi vasta di quanto fosse per lo addietro fabbrcovvi il suo palazzo ben poco inferiore al Roma no. Abbell eziandio sommamente l'Ippodromo aggiu*. gnendovi il tempio intitolato ai Dioscuri (1), i cui si* mulacri ritti in piedi veggonsi tuttora ne' portici; loc in altra parte il tripode ed il simulacro d'Apollo Del fico. Vastissimo poi essendo il foro e da quattro por* tici rinserrato, all'estremit dell' uno, ove per giugnere salir devonsi non pochi gradi, eresse due templi met tendo nel primo il simulacro di Rea, madre degli Id di ( situato ab antico, da coloro che nella navigazione accompagnarono Giasone, sul monte Didimo, a cava liere della citt di Cizico), e narrano essere stato da lui, spreggiatore alla impazzata delle cose divine (2), muti lato, levandogli da ambe le parli i leoni e cangiandone 1' atteggiamento delle mani. Conciossiach per lo ad dietro si parea tenesse quelle belve, ed ora lo vedi sup plichevole osservare, dirizzativi gli occhi, la citt. Nel secondo tempio loc il simulacro della Romana For tuna. Oltre a ci seguito, abbandonando Roma, da pa recchi senatori, provvideli di nuove abitazioni. Trasan-

(i) Castore e P olluce. (a) Zosimo qui parla acconciamente, il cristiano impera tore inalzato avendo qnesti trofei solo per dimostrare abbat talo il gentilesimo. Volle impertanto si conservassero altre statoe d meraviglioso lavoro intendendo non renderle oggetto di culto, ma concedere qualche onoranza alla sublime loro esecuzione. V. Sozotn., lib. II, cap. 4 . T. S.

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA dato fra questo mezzo ogni bellico pensiero, i Taifafi , scitica nazione, con cinquecento cavalieri assalito avendo le imperiali frontiere egli non ischier lor contro milizia veruna, ma perduta eziandio la maggior parte dell'esercito, ed osservando i nemici s pintisi a guastare da per tutto infino al suo vallo, p rovvide sollecitamente colla fuga alla propria salvezza. Messe da banda le cure guerresche e datosi a vo luttuosa vita distribu al popolo Bizantino la pubblica annona di conformit alla costumanza fin qui sempre in vigore, e consumando il pubblico dan aro in disutili edificj eressene parecchi ben presto andati in malora, poich, stati essendo frettolosamente condotti a termine vano era lo sperarne durata. Travolse di parit gli anti chi ufifizj de' magistrati, ed eccone pruova : in prima due erano i prefetti del pretorio, eseguendone di concordia le funzioni, ed al potere ed alla soprantendenza loro soggiaceano cos i militi palatini, come queglino a guardia della citt, e quanti aveano stanza in tutti li confini. Questa magistratura inoltre, tenuta la pi autorevole dopo limperatore, distribuiva l'annona e con opportuni gastighi ammendava le trasgressioni della militare disciplina. Or dunque Costantino, sovvertitore delle buone or dinanze (1), diviso tale ulfizio, uno essendo, in quattro
(i) 11 nostro attribuisce a Costantino 1 odiosaggine pro dotta dalla decadenza a passo a passo del Romano impero. Con riguardo*maggiore non di meno addossato aTrebbegli tal colpa ripensando quauto sia luomo inchinevole, ottenuto

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LIBRO SECONDO. 89 governi, assegn a un prefetto del pretorio tutto l'Egitt o con la Pentapoli della Libia, l'Oriente infino alla Mesopotamia, ed inoltre i Cilici, i Cappadoci, gli Armeni e tutta la maritt ima piaggia dalla Pamfilia a Trapezunte ed ai castelli vicini alla Faside, unitavi a simile la Tra cia e la Misia, circoscritta dai confini de'monti Emo e Rodope e della citt Doberi; aggiuntovi di pi Cipro e le isole Cicladi, eccettuate Lemno ed Imbro e la Samo t racia. Diede al secondo il governo de1Macedoni, de* Tessali, de'Cretesi, della Grecia colle isole circostanti, d ambo gli Epiri, degli lllirj, e Daci, e Triballi, e Pannonj insi no a Valeria ed alla Misia superiore. Pose il terzo al reggimento di tutta l'Italia, della Sicilia colle prossimane isole, della Sardegna, della Corsica e dell'Africa dalle Sirti fino a Cirene. Il quarto in fine ebbe i Celti di l dalle Alpi, e gli Ispani coll' isola Britan nica. Scompartita non altramente l'autorit de' prefetti applicossi con diligenza a scemarla vie pi in altre guise. Conciossiach per lo innanzi avuto avendo in ogni
il pi ampio potere dopo quello imperiale, a cercare io tolti li modi possibili di conciliarsi gli animi della soldatesca, per quindi mettere in {scompiglio, eccitato dalla speranza del limpero, ogni cosa. E di vero giunto una volta a presiedere cos alla militare disciplina, come alla dispensagione degli atipendj, corresi pericolo non egli, colta I'opportuni l , val gasene ad ascendere il trono, di nulla manchevole per con seguire l ' intento, costringendo le milizie o col timore degastighi, o coll allettamento de' premj a secondarlo. Egli dun que riparovvi col solenne proverbio de'politici: Dividi e co manda. T. S.

90 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA luogo le truppe a comandanti non solo i centurioni ed i tribuni, ma pur anche i duci (tale nomavansi coloro destinali ovunque a far le veci de'pretori), ora istituili i maestri de7militi ed a chi di essi fidata la presidenza de' cavalieri, a chi de' fanti colla facolt di ammae strarli e punire, anche da questo lato minor d' assai tali magistrature. Quanto poi fosse il danno recato dalle antedette novit, in tempo cos di pace come di guerra, incontanente dalla mia narrazione addiverr palese. Allorch i prefetti del pretorio col mezzo dei loro subalterni riscuotevano da per tatto i tributi e paga vano con essi le truppe aveau le sommesse alle punigioni, comunque giudicato le avessero espedienti, di cui eransi fatte meritevoli; poich giustamente riconoscendo in colui dal quale riceveano vitto e soldo il diritto di reprimerli, guardavansi assai bene dalle azioni con trarie alla militare disciplina per timore non venisse loro tolto il cibo o dato altro gastigo. Differenti ora es sendo il pagatore ed il soprantendente alla osservanza delle militari leggi, tutti la fanno da padroni; n tacer che la maggior parte dellannona va a riempire le scar selle del comandante e de'suoi ministri. Egli permise inoltre ai barbari di calcare il suolo della Romana signoria. Imperciocch sotto Diocleziano ) state essendone prudentemente le frontiere ovunque afforzate, come narravamo, di citt, castella e borgate, ed avendovi in ciascheduna di esse guernig ione, i barbari non poteano mettervi piede accorrendo le truppe da ogni parte a respignerli. Ora toltivi que'presidj per trasferir ne il pi in cittadi affatto libere da ogni timore, e por-

LIBRO SECONDO. 91 t arvi ad uno il contagio della milizia, lasci senza difesa quelle molestate dai nemici; di maniera che hannovene gi molte abbandonate dai loro abitatori, e gli stessi militi da t isi ai tea tri ed ai piaceri addivennero fievoli ed effeminali. A parlare schietto, forn principio e sementa alla rovina degli affari, trascinati di continuo sulla via del peggioramento. Egli nomato cesare il figlio Costantino, unitamente ad esso ed a Costanzo e Costante, ambo sua prole ed ancor questi fregiati dell'egual titolo, riusc cos bene ad accrescere la magnificenza di Costantinopoli, gran dissima citt, che, lui spento, molti principi, stabilitavi Jor dimora, attirar nvi gente in numero assai pi alto d i quanto porta l'usanza, la quale da ogni parte v' ac corse per dedicarsi alla milizia, alla mercatura, ovvero sia ad altre occupazioni. Laonde e nuove mura a mag giore intervallo di quelle gi inalzate la circondarono, e tale dffoltaronsi i contigui fabbricati che i cittadini trovano di soverchio anguste tanto le proprie cose quanto i crocicchi, non essendo loro permesso il camminarvi senza pericolo a motivo dello sterminato numero degli uomini ed animali. N piccola porzione del vicino mare dov cedere il suo letto, ove, sopra pali conficcativi,sursero edifizj bastevoli dispers a for mare una vasta citt. Spesse fiate di vero non ho potuto a meno di restar maravigliato come avvenisse cot anta dilatazione della citt Bizantina, altra non avendovene cui agguagliarla vuoi per la. prosperi l sua , vuoi per ampiezza, senza che vaticinio alcuno predicessene ai nostri antenati

92 ZOSIMO, DELLA N UOVA ISTORIA l'aggr andimento e la miglior fortuna. Il qual pensiero, mentr e da pezza occupava la mia mente, indussemi a svolgere molti storici libri e pur molle raccolte di Oracoli. Passato qua lche tempo in questa dubbiezza , m avvenni alla per fine ad una profezia riteuuta della Sibilla Eritrea , o della Epirotica Faellone (correndo fama che pur ella, inspirata dal Nume, proferisse Oracoli, ne'quali confidatosi Nicomede, figlio di Prusia, interpretandoli a suo favore e seguendo i consigli di Attalo, mosse guerra al padre. Eccone la divinazione: (1) Accipies T hracum rex in balantibus urbem, Unguibusatqueuncismagnum, horribilemque leonem Augebis, patri quondam cimelia te rr a , Qui rapiet, terra potietur et absque labore. Sed non aio diu le sceptris perfruiturum (Quippe canes urgent utrimque), sed his spoliandum. Sopitumque lupum uncunguem dirumque ciebis. Namque vel inviti cervices sub juga mittet. Tunc quoque Bithynos vexabit turba luporum, Consilio Jovis ; et mox regia sceptra tenebunt Magna qui veteris habilant Byzantis in urbe. Felix Hellesponte, et moenia condita divis. Imperio superum , ..............
(i) Alcuni rifer iscono quest'Oracolo ai T urchi, la cui prima sede imperiale fu in Asia occupandovi Prusa citt della Bilinia. Di l passata D ell'E uropa fu stabilita in Adrianopoli cit^ della Tracia, e finalmente venne tradotta a Co stantinopoli, ove ancora esiste. T . S.

LIBRO SECONDO. 93 Quam lupus ille gravis tamen invitus trepida bit. Norunt me, nostris habitant qui sedibus. Haud jam Amplius ipse animum celabo parentis, aperte Mortali generi divina oracula pandens. Thressa malum tellus ingens parit, et prope par t us: Usu nempe malam sobolem pariter feret il li. Ad latera adjunctae ponto telluris et ulcus Pralumidum crescet, cito ruptum sanguine manans. Quest'oracolo certamente comprende, valgami il dirlo, tutto quanto si pu bramare in proposit o , con oscure voci indicando i mali sovrastanti ai Bitinj per la gravezza de'tributi loro imposti ne'consecutivi tempi, ed il trasferimento di quel dominio a coloro, Magna qui veleris habitant B yzantis in urbe. Dall'essere poi trascorsi non pochi secoli prima dell' avveramento delle antedette predizioni a torto fan tasticheremmo volersi l'Oracolo ad altri eventi riferire. Poich ogni tempo breve pel Nume, il quale mai ebbe principio, n va soggetto a fine ; ci quanto raz ioci nando ho potuto raccogliere. Ma se ad alc uno paia in terpretare differentemente la sentenza racchiusa nelle parole dell'Oracolo, nulla ho da opporgli. Costantino del resto compiute le antedette faccen de incessantemente dava fondo alle rendite dello stato col dissiparle in largizioni agli indegni e disutili, non gi ai meritevoli, rcndulosi ai tributarj molesto di ricchezze colmando inutile gente, c colla prodiga-

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORI A lit scambiando la munificenza (1). Assoggett pari mente ad un balzello d'argento e d oro (2) gli impie gati in ogni maniera di traffico, ed i rivenduglioli della citt, non eccettuatine que'pi vili, n da esso andavan tampoco esenti le cenciose meretrici. Laonde all 'avvicinarsi d'ogni quarto anno, epoca destinata al pagamento della imposta, l'intera Costantinopoli non presentava che lagrime e pianti; arrivato poi il tempo della riscossione con isferzale e tormenti cruciavansi le membra di coloro che, oppressi da estrema povert, inetti erano a sostenere c o t a D t o peso. N basta; le ma dri vendevano la prole maschile, ed i padri prostituivano ior pulzelle, costretti colloro e l'argento rica vatone a soddisfare gli esattori della gravezza. An* noiava infine i pi doviziosi nominandoli pretori, e sotto coperta della conferita onoranza pretendevane moltissimo danaro. Ogni volta pertanto che i dipu(1) Non pu negarsi lo scialacquamento nello spendere fatto da Costantino, dond1 ebbe origine l arguto motto di Giuliano nel libro intitolato 1 Cesari, dove nella scena lo presenta interrogato da Mercurio: Ma tu che reputi onesto? I l possedere molla pecunia, rispondi, per largamente donare. T. S. (2 ) Evagrio, lib. Ili, c. 3 9 della St. Eccl. loda a cielo Anastasio perch, lui imperante, fu tolto l'infame balzello. Inveisce poi coDtro a Zosimo per averne attribuito l inven zione a Costantino : Ma chi si fa r maraviglia di queste ingiurie, dir, nelle prime fasce della cristiana religione, men tre il santissimo pa/za vvi esposto , fa tta si di gi adulta e provetta. T. S.

LIBRO SECONDO.

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tali a questo uflicio mettevan piede nella citt, riparavan tulli presso straniere genti, ciascheduno pa ventando essere inalzalo ad onorevole magistratura con detrimento della propria sustanza. Egli notato avendo i patrimonj de pi illustri personaggi, pose loro un tributo chiamato da lui (1); e con lutte queste gravezze dispopol le cittadi. Imperciocch du rate essendo lungamente ancor dopo sua m orte, a poco a poco venutane meno la opulenza, molte ab bandonale furono dagli abitatori. Costantino dopo aver danneggiato la repubblica nelle antedette guise da malattia fu spento. I suoi figli succeduti all'im pero, tre solamente di numero e non generati da Fausta (2), prole di Massimiano Erculio, ma da altra , che d'avollerio incolpata fatto avea morire, ben poco attendevano, giusta la consuetudine giovenile, agli affari, anteponendo i piaceri del corpo ai pubblici

(i) (Follia) borsa o sacchetto di danaro, onde nato il proverbio: In fo lle aliquid o ff erre, cio, senza spie gazione, confusamente. Questa voce significa altres una spe cie di moneta d'oro avente il valore della dodicesima parte della siliqua (altra sorta di moneta,. Vita de'SS. PP. II, z i a. Ogni giorno faceva dare al maschio una certa moneta che si chiamava siliqua , ed alla fem m ina due. La significazione dell'una e dell'altra moueta. V. nelle f f . e C. T it. de auri lustralis colini. (a) Era certo quella Fausta condannata a morte da Co stantino per sospetto di adulterio , poich dalla concubina Minervina ebbe il figlio Crispo. T. S.

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ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

vantaggi. Eglino a prima giunta si divisero le nazioni, e Costantino anzinato con Costante ultimo di essi eb bero in sorte i luoghi posti di l dalle Alpi, l ' Italia e l'illirico; di pi quelli a confine del Ponto Eussino e quanto in Africa perliene a Cartagine. I possedi menti poi nell Oriente, nell'Egitto e nellAsia tocca rono a Costanzo. Erano a simile in qualche modo par tecipi deHimpero Dalmazio, nomato cesare da Costan tino, ed il fratello Costanzo ed Anaballiano, i qua li vestivano purpurea veste con aurei lembi, dallo stesso imperatore stati essendo fregiali, in riguardo alla pa rentela, dell'onoranza delta Nobilissimato (1). Diviso in questo modo l'im pero, Costante quasi a bello studio spiando tutte le occasioni per non mo strarsi inferiore al padre nella empiet, dalla propria famiglia cominciando lo spargimento del sangue ren der volle generale testimonianza dell' animo suo virile. Da prima coll opera de'soldati procur la morte del paterno zio Costanzo ; tese quindi eguali insidie a Dalmazio cesare, uccidendo unitamente a costui Olialo, promosso alla dignit di patrizio da Costantino, il quale introdotto aveala, promulgando legge che gli ornati del rispettabile titolo sedessero al di sopra de' prefetti del pretorio. In allora fu pur tolto di vita Ablabio prefetto del pretorio, giustissima vendet ta per aver egli tramalo la morte al filosofo Sopatro, invidiando
(i) Aveanvi al tempo d'Angusto due titoli di onoranza. illustrit e Clarissimus. Regnando Costantino vi fu aggiunto il terzo: Spectabilis. V. Speculum juridicum, T . S.

LIBRO SECONDO. 97 la dimestichezza usatagli da Costantino; e come se trasportato fsse agli impeti dell'ira contro di tutto il suo parentado, aggiunse a costoro Anaballiano, sedotto avendo le troppe a gridare ch'elle comportar non poteano l'impero in al tre mani salvo quelle de figli di Costantino. Tali furono le azioni di Costanzo. Ebbevi quindi contesa infra Costantino e Costante per rispetto all' Italia ed all' frica di Cartaginese per tinenza. Costante dunque opprimer volendo il malac corto germano (1) dissimula un intiero triennio la nimicizia, attendendo ch'egli metta piede nella sua fedele e benivogliente provincia, e manda intanto milizie sotto fls' om bra di porgere aiuto a Costanzo nella Persiana guerra, ma in realt coll' ordine di morire Costantino, ed elle obbedendo ai comandamenti dannogli morte. Costante libero dall' impaccio del fratello inveiva crudelissimamente contro ai sudditi, oltrepassando i li miti della pi incomportabile tirannide. Imperciocch at compri barbari di avvenente aspetto ed agli altri seco in qualit di statichi, siccome persone dalle quali, mirandole, aescato veniva alla impudicizia, data facolt di commettere qualunque eccesso a danno de' suoi po poli, precipitava le soggette provincie in estreme scia
ti) Nella foggia medesima narrato il fatto dal Metafr. dEotropio pia vicino di Zosimo ai tempi di Costanzo. Ma nel Breviarium Eutropii corrispondente al testo Greco nella edizione del Silburgio havvi qualche mitigazione : Fu op presso da una fazione militare, Costanzo piuttosto perm ei tendo che ordinandone la uccisione. T. S.
Z o simo.

Della nuova Istoria.

96 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, gure, Merc di che i pretoriani, tollerandone a.malin corpo le azioni e vedendolo dedito ai piaceri della caccia, ebbero ricorso ai duci Marcellino prefetto dell 'erario ed a Magnenzio cui obbedivano i Gioviani e gli Erculiani (pomi di legioni), i quali insidiaron id nel modo seguente. Mar cellino sotto colore di sole nni* zare il di natale del figlio invitava a banchettar seco, unitamente a motti distinti personaggi dell' esercito, Magnenzio stesso. Protratta infino alla met della notte la commessazione, Magnenzio levatosi dal desco, quasi a motivo di urgente bisogno, e brevissimo tempo as sentatosi dai convitati comparve loro novamente ad dobbato, cme in iscena, di regale stola. 1 commensali salutato avendolo re, anche tutta la cittadinanza dAugustoduno (ove operaronsi di tali cose) fece eco alle acclamazioni loro; vulgatasi poi maggiormente la fac cenda eziandio la rusticana plebe a dimora fuori della citt in folla, accorreavi entro. In pari tempo alcuni Illirici cavalieri, spediti aiutatori delle Celtiche truppe, poserai a parteggiare co'sollevati. A parlar chiaro, tutti i comandanti delle milizie all' udire le gr ida mandate dai capi della congiura alzarono concordemente la voce attribuendo a Magnenzioil titolo d'Augusto. Costante vedutosi mal parato cerc salvezza volgendo il passo ad una citt, presso del monte Pireneo, nomata Elena; se non che arresta t o, privo d' ogni soccorso, da Gaisoae speditovi con iscelta gente, fu tosto ucciso. L'impero unitamente alle nazioni di l dalle Alpi ed all' Italia venuto m poter di Magnenzio, Vet ranio condottiero dei Pannonici eserciti conosciutone l ' in-

LIBRO SECONDO. 99 nalzamento al trono fu mosso da egual desiderio, e pre conizzato col voto delle sue legioni imperatore stettesi di pi fermo presso Mursia citt della Pannonia. la mezzo poi a tali sconvolgimenti i Persiani malmena* vano con iscorrerie le Orientali citt ed in particolare quelle poste nella Mesopotamia. Costanzo, avvegnach men forte per guerreggiarli, risolv tuttavia opporsi alle fazioni di Magnenzio e Vetranio. Ora mentr'egli rimestava nel suo capo il concepito pensiero, dimorando fin qui Magnenzio nella Celtica,' Nepoziano, prole d'Eutropia sorella di Costanzo, ac cozzata quantit di gente data s i ai ladroneggi ed agli eccessi d'una scioperata vita, si accost a Roma presen tandosi agli sgnardi altrui con imperiali vestimenta. Laonde Anicezio , elevato alla prefettura del pretorio da Magnenzio, armati parecchi plebei e mandatili fuori della citt p er combattere Nepoziano, vennero da lui chiamati a sanguinosa pugna, ma costoro non aapevoli di guerra ed inetti a mantenere alcun ordine, senza gran de fatica costretti furono a voltare le spalle; il prefetto del pretorio allora, osservatane la fuga e temendo non pericolasse la citt serr le porte, ed i militi di Nep o ziano mirati i nemici fuggenti e manchevoli d'ogni mezzo di salvezza dal primo all'ultimo trucidavonli. Trascorsi non molti giorni Magnenzio spedito avendo contro al ribelle un esercito capitanato da Marcellino, cui erano suggette le palatine truppe ( il coi duce, no mato dai Romani maestro degli uffici) fu da esso rag giunto ed ucciso. Costanzo parlilo dallOriente per mover guerra a

100 ZOSIMO, DELLA N UOVA ISTORIA Magnenzio pens convenirgli da prima l amicarsi Ve t r a r i o combattere non volendo insiememente due ribelli, ma uno. Magnenzio a simile con tutto il suo potere procacciavasi la costui amicizia, onde averlo a compa gno d'arm i nel venire alle prese col nemico. Amenduni 1p erta n to inviarono dmbasciadori a Vetranio, il quale preter di aiutare il primo. Fattisi indietro, per duta l'acconciatura, i legati di Magnenzio,1 Costanzo addimandva che, di tutte le truppe formato un sol corpo, si tenesse pubblico consiglio intorno alla maniera di condnrre hi guerra, Vetranio illuso dallb udite pa role seco Ini scese una ringhiera a bella posta preparata.. Costanzo, in riguardo alla nobilt del san gue avuta la preminenza nell' aringo, non fece in tutto e per tutto che rammentare alle milizie i paterni larghi favori e que'giuri ond elleno cost antemente promesso aveangli di portare affezione alla sua prole, e ad un'ot ta addimandava loro di non lasciare impunito Ma gnenzio uccisore del figlio di Costantino, col quale ter minato aveano molte guerre e da lui ricevuti amplis simi guiderdoni. A queste rimembranze le truppe, gua dagnate da prima con molto danaro, sciamarono do versi toglier di mezzo i bastardi imperatori. Spogliato dunque all istante della porpora Vetranio e cacciatolo dalla ringhira lo obbligano a riprendere la sua privata condizione. Costanzo opinando poi non sommetterlo a pi gravi pene assegngli durante la sua dimora in Bitinia l'occorrente ai bisogni deliavita. Ove prolungata qualche tempo la propria esistenza libero da cure e brighe abbandon questo mondo.

LIBRO SECONDO. 401 Costanzo, rius citogli, come narrata abbiamo, l'in ganno teso a Vetranio, prima di guidare le tr uppe a combattere Magnenzio nomina cesare Gallo figlio del zio e fratello di quel Giuliano addivenuto poscia im per atore , e. disposagli la sorella Costanza o per in* durlo ad opporsi ai Persiani, o (pretta verit ) per tramargli la morte. Imperciocch della propria stir* pe sol questi col germano rimanea, gli altri tatti, con* forme all'esposto, gi da lui uccisi. Ornatolo pertanto de'contrassegni di cesare e commessa a Lucilliano la guerra Persiana, egli muve a combattere Magnenzio colle sue truppe e quefle di. Vetranio. Magnenzio a si mile, divisando presentargli con maggiore appresta* mento guerresco, crea cesare il parente Decenzio inca ricandolo di proteggere i popoli di l dalle Alpi. Rag* natisi, gli eserciti nella Pannonia e vie meglio avvi* cinata la citt di Mursa, Magnenzio, poste insidie nelle gole prossime alle Adrane, manda spie ai duci di Costanzo, per ritardarne il cammino, annunziando loro che i nemici giugnerebbono a Siscia, nel qoat luogo,. diceano, Magnenzio proponessi di venire alle armi avendovi aperta pianura. Costanzo portovi orec chio ed allegratosi non mediocremente della notizia, sapendo che dovca battagliare in lu oghi acconci alla cavalleria, avendone, copia maggiore del nemic , dire s sevi l'esercito. I militi allora posti in aguato per qaelle strette assalendone con impeto le truppe, che procedevan oltre inermi e senza ordine .veruno (non temendo onninamente insidie) e qu asi tutte lapidatele, impedirono loro di venire avanti.

402 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA Magnenzio (atta di esse strage, vanaglorioso al sommo d'impresa tanto bene condotta, e pigliato seco l ' esercito camminava alla volt a della Pannonia ; ar ri vato ai campi altre volte siti inn anzi a Ci , e divisi nel mezzo dal fiume Drao, il quale, t rascorrendo i Norici ed i Pannonj mette foce nell'Istro, guidava press o quest i ultimi l'esercito divisando chiamare a batt aglia il nemico in vicinanza di Sirmio. Corre poi voce che Magnenzio non desse alla madre ascolto, ja quale dissnadevalo dal battere quel sentiero e dal metter piede nell' Illiria, sebbene per le molte predizioni de' tempi andati ritenessela indovina. Ora, ment r'egli stavasi deli berando (4) se, getta t o un ponte sopra il fiume Sao, vali carlo dovesse, o con barche insieme unite procurarne il transito alle milizie, Costanzo mandagli Filippo duce prudentissimo ed uno de' pi elevati in grado, onde sotto finta di pacifici colloquj ed accordi osservassene accuratamente le tr oppe, indagasse i divisamenti di lui intorno al governo della guerra, e quali strade e' pen sasse calcare. Filippo, non dilungatosi ancor molto dal campo, s'avviene a Marcellino, personaggio autorevolis simo appo il rivale, ed avviansi di compagnia ad ese guire la mandata. Magnenzio, ragunato l'esercito, or dina a Filippo di manifestare il motivo di sna venuta, e questi allora voltosi alle truppe: Non convenire, disse, a Romani sudditi l'im prender guerra contro de' Ro
ti) Poco manc che non venisse fatto a pezzi dalle t roppe. Vedi Zonar a , tomo I I , edizione parigina. Pii* di Costanzo.

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mani stessi, e vie meno imperatore essendo il figlio di Costantino, sotto il cui reggimento eretto aveano molti trofei per vittorie sopra de barbari conseguite; quindi a Magnenzio dirizzando la parola, aggiugneva: Voler giu stizia ch'ei veneri la memoria di Costant ino, e ram menti i beneficj da 1 C0SI a^a sna persona come ai parenti derivati, il possesso di quellamicizia Stato essen dogli sorgente di grandissime onoranze. Dopo tali os servazioni esortavalo a partire dall' Italia ritenend o i popoli di l dalle Alpi, ed avendo sopr'essi tutta la im periale giurisdizione. Il costui ragionamento per poco non turb l'in tero esercito. Laonde Magnenzio intimorit osi e durando molta fatica ad ottenere che la commossa truppa consentissegli dare qualche risposta, dichiar essere pur egli amante della pace, e , tosto comand che si ritirasse radunanza, volendo- inlrattant o ponderare le avute pro poste, riserbandosi a far pales nel seguente giorno la sua det erminazione. Separatisi tut t i. Marcellino accoglieva Filippo siccome quegli che albergarlo dovea. Fra questo mezzo Magnenzio iva nel suo capo ravvolgend o se convenissegli accommiatare il legato senza decidersi a nulla, o pure, violando il diritto de' nunzj, ritenerlo. Estim dunque invitare a cena i prefetti delle coorti, i decu rioni e quanti altri aveano comando sopra le milizie, e seduti al desco renderebbeli par t ecipi della sua in tenzione. Eseguito il fatto divisamente Magnenzio col nuvo giorno tornato a ragunare I' esercito ricordgli tutte le vessazioni sofferte da Costante nello stato d'eb brezza. Di pi aggiugnoa che le stesse truppe mal com-

404 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, portando le indegnit colle quali per iscelleraggine ed oltraggio molestava la repubblica, venute erano ad un parere spediente all' uuiversale , quello, intenden domi , di liberare le citt dalla crudele belva, ed of frire a lu i, sebbene renitente, l ' impero. A tali parole fu unanime lo schiamazzo di pro seguire la guerra, ed impugnate subito le armi di re carsi a tragittare il Sao. Ma gli esploratori nemici an nunziato avendone la venuta, l'intera guernigione della citt di Sisci, occupata la ripa del fiume, avventava quadretta a chi tentasse approssimarvisi o valicare il ponte ^ di maniera che molti giuntaronvi la vita, o di per s o dal nemico spinti, precipitando in quelle acque. Dopo gravissima strage tali cadendo, nel fuggire, dal ponte, e tali venendo con assai forte impeto dal1' avversario perseguitali ; Magnenzio ridotto ad nn male estremo, col seguente artifizio evit il gravissimo pericolo. Conficcata l'asta nel suolo ed accennando colla destra ai nemici quasi la intenzione di fare pacifiche proposte, allorch vide pronte le orecchie ad ascoltar lo, narra di essersi accinto, coll' imperiale consenso, a trapassare il ponte, avvisato da Filippo che, abbando nata l ' Italia ed i Norici, trasferirsi dovea nell'illirico, e col trattare degli accordi. Costanzo allora, chiamati indietro i suoi dall'incalciarne le truppe, accord a Ma gnenzio di condurre l ' esercito ne' campi tra il Norico, la Pannonia , la Misia e la Dacia , pensando libe rarsi dagli ingombri luoghi ed espugnarlo sopra ter reno pi adatto alla cavalleria, possedendone egli copia maggiore. Per mandare poi ad effetto questo suo divi-

LIBRO SECONDO. # 100 samenta ritenne opportunissima Cibali, dove anch' egli Costantino, venuto a battaglia con tutto l'esercito, vinse Licinnio. Poich la citt situata essendo come nel rac-* contare gli eventi* di quel tempo ho esposto, racchiu deva nelle sue mura parte delle truppe, e formata u oa circonvallazione tra il colle sopra cui ella sita e la pianura infino al Sao, tutto lo spazio non cinto dal fiume munito lo avea di profonda fossa e di fitto palan cato; nell'intervallo inoltre circondato dal Sao form, con navi insieme unite, un ponte, da guastarsi all'uopo e ricomporre senza fatica veruna. Quivi da per tutto eresse le militari tende, e -propriamente uel mezzo inalzovvi langustale; campo nulla inferiore a grandi citt ed as sai e legante. Quando l ' imperatore invitava alle cene i condottieri degli ordini e delle coorti, i soli Latino e Talasso ( 1) non partecipavano la imbandigione, per Fi lippo dolenti, il quale inviata a Magnenzio sotto pre-. testo d'ambasceria, era presso di lui ritenuto. Mentre costoro intrattengonsi a deliberare, giuntoin Roma Tiziano, dell ordine senatorio , prorompe in superbe voci, cos da Magnenzio comandato, offendendo Costantino e la prole di lui con mille vituperj, ed at tribuendo la rovina delle citt alla infingardaggine cui egli abbandonossi nel suo reggimento; ordinava quindi a Costanzo di cedere l'impero a Magnenzio chiaman dosi per contento se questi permettessegli di menare. vita;

(i) Uomo d i maravigliosa libert, per non dire petulan za , nel favellare. V. Marceli, lib. VI, in principio, t omo S.

400 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA tranquilla. Costanzo rispondea che, invocato il Nume e la Vendetta, onde punissero gli autori della mrte di Costante, con siffatti aiuti intraprenderebbe la gurra; cos parlato accord a Tiziano la facolt di partire, seb bene Filippo ritenuto fosse tutt ora dal nemico; Ma gnenzio dnque uscit o a campo collesercito, e col pri mo assalimento impossessatosi di Siscia la distrusse. Scorrazzata di poi tutta la regione prossiiUa al Sao, e raccoltovi immenso bottino calc la via di Sirmio, esti mando occuparla senza versamento di sangue. Ma fal litogli il colpo e ributtato da quelle mura ( difese da gli abitatori, numerosissimi, e dal presidi) incamtninossi colle truppe a Mursa. Pur quivi i cittadini chiu segli le porte e rinserratisi nelle bastie, Magnenzio non sapea risolversi alla scelta del mezzo per conquistarla. Imperciocch mancante affatto di macchine, non potc-a in altro modo vie pi avvicinarne le m u ra, il ne mico dall'alto scagliandogli contro dardi e sassi. Perve nuta intanto a Costanzo la nuova di qnetl'assedi v'accorrea coll'intero esercito, premuroso di recar soccrso alla pericolante citt, oltrepassato gi avendo Cibali e tutto il suolo bagnato dal fiume Drao. Magnenzio frattanto appressatosi maggiormente coll'esercito a Mursa ne incendiava le porte, sperando, consumato il ferro sovrapposto al legno, aprirvisi un'en trata , ma pur troppo indarno ; i difensori delle mura col gittarvi acqua in grande abbondanza estinguendone le fiamme. Allorch poi riseppe essere Costanzo ben poco ltinge di l inventa nuovo stratagemma, che prendo a narrare. Avanti ad essa eravi uno stadio

LIBRO SECONDO.

407

fatto in ogni sua parte otnbroso da boscaglia e desti nato altre volte agli wercizj de'combattimenti 1 in armi'. Egli, ascosevi entro quattro schiere di Celli, comand loro che, arrivata l'oste nemica e datosi principio al laringo innanzi alle mura, improvvisamente l'attaccas sero, e , toltala in mezzo, ne menassero grandissima strage. Costanzo avuto ne cenno dagli assediati vi m an d i tosto i duci Scolidoa e Mnado, i quali, dall' intera milizia sotto i loro ordini scelti i pi coraggiosi in fra gli armati alla greve e gli arcadori, chisero tutte le porte dello stadio, ed ascesine i gradi superiori co minciarono a balestrare co dardi quanti stavahsi in aguato l entro. Taluni dei rinserrati allora, cogli scudi riparate le testeforzavansi di romperne le porte, ma investiti anch'eglino da incessan ti quadrello e spade, tutti giuntarufavi la vita. Riandate a nulla, con si oppo sto artifizio, le insidie di Magnenzio, e venuti gli eserciti a tiro d'arm i nella p ianur a sita avanti Mursa le due fazioni battagliarono con tale accanimento da non averne prima di questa guerra altro esempio , m olti da ambe le parti: cadendovi speti (4). Costanzo dunque -considerando tratta rsi d una guerra civile, dalla, quale non potea con propr ia sod disfazione riportar vittoria, e vedendo ridotto l'esercito, prla gravissima strage sofferta, alla condizine din on essere pi idonea a raffrenare i violenti assalti de' bar(i) La perdita di Costanzo ascese a trenta mila guerrieri, e quella di Magnenzio a rentiqaattro. Pugna sanguinosissima ialCuha e daITaltra patte. T . S.

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA accolse il pensiero di metter fine alla guerra con p ad* fiche proposte. Mentre poi v' applicava sua mente gli eserciti proseguivano la battaglia, quello di Magnenzio, trasportato da maggior furore, non volendo far tregua neppure sopraggiunta la notte, postisi gli stessi d a d a compiere le funzioni del soldato, ed animare i loro subalterni a vincere di forza il nemico. I comandanti a simile delle truppe di Costanzo rammentavano ad esse l ' antico valore e la gloria Romana. Era gi notte ben avanzata, ed impertanto non cessavano dal ferirsi a vi* cenda con aste, spade o arma comunque presentatasi loro alla mano; n le tenebre, od altro che. solito a pro durre quasi un riposo dalla pugna, riuscivano ad impe dire che le truppe scambievolmente infierissero stermi nandosi, e ritenendo felicit somma l'essere per intiero, distrutte. Molti degli stessi duci, dopo chiarissime geste caddero, ed infra questi Arcadio, comandante degli Abulchi, e Menelao, condottiero degli Armeni arcadori in sella. Qui uopo non passar con silen zio quanto vien detto intorno a Menelao. Egli, con il pubblico grido, caricava ad^nn tempo il suo arco di tre strali, e con solo un tiro non gi unicamente un corpo, ma tre ne colpiva; e di tal mdo non basso numero de' nemici ebbe m orte, e son per dire a Ini soltanto doversi la fuga del resto. Romolo eziandio vii periva, il quale seb bene da Menelao trafitto di dardo non si rimase con tutta la piaga dal combattere infinttanto che giunse ad ucddere il suo f eritore. Dichiaratasi la vittoria per Costanzo, al dare leser106

LIBRO SECONDO. 40 cito nemieo le spalle ebbevi grande sterminio d'nomini, cavalli ed altri giumenti. Magnenzio, privo affatto di speranza e temendo essere dalle reliquie de' suoi con segnato af rivale, stabil, abbandonati que'luoghi della Pannonia4 correre in I t alia, ed ivi raccolte nuove trnppe ritentare la sorte delle armi. Se non che avuta notizia odio del Rgomaao. parteggiare a pro di Costando, o per 1 verso alla saa pe rsona, o perch vulgato si fosse l'evento della, battaglia, risolv passare le Alpi e procurarsi qualche: soccorso tra quelle nazioni. Ma poscia intes' che l ' avversario mediante splendidissimi dono renduti aveagli nemici, i barbari vicini al Reno, edergli inoltre chiuso 1 ? accesso aUe Galliche genti'da parecchi duci bramosi di: meritare p r esso Costanzo, impossibile addi il passaggio dagli Ispani ai Mauri, venutogli similmente 1 cercando pur eglino^ federati de' Romani, guadagnarsi l ' imperiale favore, prefer, come il miglior de'partiti, una volontaria morte ad nna turpe salvezza, anzi di pro pria mauo ( 1) levandosi di vita che dal nemico atten dere la sua fine. Magnenzio cos termin la mortale carriera dopo na regno di tre anni e;sei mes i. La stia prosapia ori ginava dai barbari e soggiorna t o- vea presso Leti, g al lica nazione. Appli cossi lleltin e 1ltter e , fu audace arridendogli l fortuna, timido nella contraria, ed ar tefice maravigtioso nel celare per modo la Sua connatu( 1) Non volle morir (alo ma, facendo egno dlia rendella con tro al nemico i suoi, fer il fratello Desiderio, quan tunque non mortalmente. V. Zonara, 1. c. T . S.

HO ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, rale mali zia che semplice e btOuo appariva ignoran done lind o le ed i costumi. Tali notizie intorno a Ma gnenzio si opin conveniente d i qui riferire, parata es sendo altrui la durata del suo impero alla repubblica vantaggiosa) onde sappiasi non ater egli fatto. d i pro posito bene alctno. Decenzio, chiamato in aiuto da Magneazk e gih in cammino alla volta d'Italia, non a pena uditine sinistri , all'incontrale compagnie e turme di militari uscito d'ogni speranza di salvezza, attortosi un laccio al co|lo si f'cadav ere. Costanzo per. queste vicende giunt al possesso d i t utto l'im pero , n potendo moderatamente usare d i cos: prospera fortuna, crebbe in arroganza. Laonde aunfeptavansi le officine de calunniatori (4), i quali mai sempre circondando t ali personaggi tendono insidie spe cialmente a coloro che sembrano vie pi dalla sorte fa voriti, opde, cacciatili dal posssso della goduta feli cit, riportarne le onoranze col rivlgersi a macchinare lor contro imposture (2). Eglino dunque legatisi con al ti) Infra de'quali Eusebio occupava senza dubbio il pri mo luogo. Zonara T . S. (a) Colpevoli di questo vizio meglio i cortigiani che non l imperatore, come ab antico ebbe a profferire Dioclexiaoo. Ragunansi in quattro o cinque mirando solo ad ingannare il principe coir esporgli quanto egli debba approvare. Questi, chiuso nella propria reggia e pienamente all'oscuro della ve rit , non pu a meno di attenersi alle false ri/erte loro.
Vopisco) T . S.

LIBRO SECONDO. Ili tri malfacenti aulici ongebi, ponendo mano ad assalire Gallo persuadono a Cost anzo che suo zio dal paterno lato, celare di opora^za e npp ceuten tp .d el no grado cercava mezzo di ascendere il trono. Del che assicurando l'augusto, come di pretta verit, spingonlo ad insidiar gli la vitfe. Gli aalri dy questo, ^adyn efito furono Din amio e Picenzio, uomini di bassa condizione, i quali sforzavansi non altramente di sorgere ad uno stato migliore. Parteggiava con casi m |a li mene anche Lampadio prefetto del pretorio, sempre desideroso di ottenere presso l ' imperatore autorit e potenza supe riore a magistrato qualunque. Costanzo, reputata verit l'inganno, manda p?r G^lio (1) ignaro affatto di quanto vorrebbesi da lui, ed al presen t argli^ spoglialo dell'ono ranza di Cesare ; quindi ridott o a menare vita pri vata lo consegna ai carnefici perch abbia m orte; non primo delitto commesso verso il sangue de' suoi > m a da.aggiugnersi alla serie di altri non pochi.
(i) M*mM to%K Straniano (Marceli., lib. XIV ^ l*enfatiio> notajo, ed> Apodemio, h amdmn a. mrte. T . 5

DI ZOSIMO
CO NTE ED AVVOCATO DEL FISCO

DELLA NUOV A ISTORIA.


TKKZO

Cstanzo ftt eseguire la morte di Gallo, dalla Pannonia pass in Italia. Ove ossrvando tutte le pro vince air impero soggtte infestate dalle scorrerie dei barbari; occupate dai Franchi, dagli Alemanni e dai Sas soni quaranta citt presso' al Reno, guastel affatto e condotta via sterminata moltitudine di abitatori con immenso bottino ; i Quadi co Sarmati gir scorrazzando per la Pannonia e la Miaia superiore; i Persiani, avve gnach da prima cheti' per tema non Gallo cesare si face&se ad assalirli, addivenuti ora pertinaci nello scom buiare l'Oriente ; pigliato dunque a considerare tutti questi sinistri e dubbiando intorno alle determinazioni per mettervi riparo, estimavasi da solo insufficiente a riordinare s mal andate faccende; n osava daltronde scegliersi un compagno tanto per la sfrenata cupidigia di essere unico nell imperare, quanto per avere tutti in sospetto, opinando vano il riposare onninamente sulla fedelt di alcun de' suoi, motivo questo della

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, LIB. TERZO. 143 sua incertezza. I n tate congi un t ur a la consor te Eusob ia , eruditissima donna e d una prudenz a superio re al femminile sesso, veduto il pericol o gravi ssimo del Romano impero Io s ovvenne di cousiglio esortan dolo a fidare il gove rno delle genti oltra le Alpi a Giu liano cesare, fra t ello germano di Gallo e prole del figlio di quel Costanzo creato cesare da Diocleziano ; e sa pendo ella che il consorte non avea fidanza in ver uno de cognati, lo sorprese nel seguente modo : giovane, dicevagli, non fornito di molto ingegno, speso avendo to lta la sua vita nell add o ttrinars i ; il di che inesper tissim o essendo e privo d ogni cognizione fa meglio d o gni altro al nostro proposito. Laonde se nel maneg gio degli affari verr secondato da propizia stella tu; ne avrai meriti, se poi ci far contro non eviter la m o rte , n saravvi pi alcuno, quasi membro della im periale fam iglia, il quale possa chiamar si al supremo governo della Romana signoria. Coslanzo approvatone il consiglio manda in Atene p e r G iuliano, col vivendo alla domestica tra1 filoso fanti , e superando in ogni maniera di dottrina i suoi m aestri. Arrivato, giusta il comando, in Italia, riceve il titolo di cesare, sposa Elena imperiale sorella, ed ot tiene H reggimento de popoli di l dalle Alpi. Ma il diffidente Costanzo per n a tu ra , non patendo in verun conto ritenerlo fedele suo benivolente , gli d Marcello, e Sallustio a compagni, loro commettendo, non al ce sare , il governo di quella regione. , Disposte cosi le faccende in riguardo a G iuliano, Coslanzo batte la via della Pannonia e della Misi,
Z o s im o .

Della nuova Istori(t.

414 ZOSIMO, DELLA. NUOVA ISTORIA donde, sedatevi le ribellioni de' Quadi e Sarm ati, va netl' O riente, le persiane scorrerie trascinandolo cun dispiacere alla guerra. Giuliano, valicate le Alpi, recasi infra le Galliche nazioni assegnategli; ove.perseveran do i barbari a dare il guasto liberissimamente, Eusebia, tornando ai primi ragionari, induce il consorte ad accor dargli l'amministrazione di queNuoghi. Ora, quanto Giu liano da tal epoca e successivamente in tutta la sua vita op erasse, narrato con prolissit nei libri degli istoriografi e de' poeti, quantunque nel numero di coloro che ne trasmisero ai posteri la memoria nessuno riuscito sia ad agguagliare la grandezza di quelle imprese. Il voglioso potr eziandio conoscerle applicandosi alla let tura delle orazioni ed epistole, da lui medesimo scritte, e contenenti in ispecie il suo operato per l'orbe intero. Ma poich a noi si conviene di non interrompere l'or dine Iella storia , verr anno p u r qu'r ad una ad una ed in compendio esposte, dando specialmente la preferenza alle ommesse dagli altri scrittori. 1 Costabzo , fidato avendo al cesare generale auto rit sopra quanto la pratica soggerirebbegli profitte vole alle nazioni da lui governat e, si diresse allOrienle p er combattere i Persiani. Giuliano dunque rinvenuta n e'C elti la disciplina militare in gran parte corrotta e r ovinata ; i nemici, senza opposizione al m ondo, vali cato il Reno, spingere il saccheggiamento infili quasi alle Citt prossima n e al mare ; volto il guardo alle re liquie dell'esercito, osservale le truppe Col di stanza al solo nme de' barbari cadere in ispavento; i militi inoltre consegnatigli dall'im p eratore, trccensessan t a n

LIBRO TERZO. 445 pi di nume ro, non saper e, come egli st esso narra, ch e orare ; scrisse ne ruoli qua nti pot rinvenir e , aggiugnendovi ancora di molti prigioni. Standogli parimente a cu o re le armi ne trov di vecchie ascose in una citt, e fattele racconciare ne suppl i b isogni della soldat esca. Riferitogli poscia dagli esploratori che presso la citt A rgentorato, sita alla riva del Reno, trap assato avea il fium e un immenso stuolo di nemici, egli, di subito ra c colte all'avviluppata le milizie, mosse a quella volta, e, b attu to lo , inalz amplissimo trofeo, morti avendo nella pugna sessantamila barbari, ed altrettanti precipi tati nel Reno vi giacquero sommersi. Laonde quest* trionfo messo a paragone con qu ello di Alessandro cootra Dario, non si riterr nudamente inferi or e. Qui non uopo ta cere un che avvenuto dopo cor t anta vittoria. Egli avea un corpo di secento cavalieri esercitatissimi nelle belliche imprese; il perch fidando n e l coraggio e nella esperien z a loro, n piccola parte di d un prospero successo fondatavi sopra, venivan da lui m essi alla pruova. Cominciato l'aringo e mostratisi tutti prontissim i ad operare del miglior animo, gettansi eoa impeto sopra i nemici rimanendo al prim o scontro su periore il Romano eser cito ; unicamente que seeento cavalieri, dandosi alla fuga, colla maggior turpez za ab* bandonano il campo, e sordi mostransi alle voci dello steaso cesare, il quale con pochi in sella correva lor dietro esortandoli a partecipare il merito della vittoria. Giuliano dunque a ragione preso da sdegno mirandoli pronti a tradire, per quanto stava ad essi, i proprj cit tadini ai ba rb a r i, non li condann al gastigo portato

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA dalle leggi, ma volle si conducessero in femminili vesti pel campo, e quindi trasportati fossero altrove, pen sando che valorosi militi reputato avrebbero tal pena e supplicio molto pi grave della morte ; ed in effetto quella correzione riusc di gran vantaggio cos a lui come alle truppe. Imperciocch nella seconda guerra contro de Germani, soli eglino, son per d ir e , conser v ando memoria della sofferta ignominia, acquistaronsi lode, sopra tutti i commilitoni, di aver sostenuto con sommo valore gli aringhi. T erminata questa impresa egli disponevasi, in t empo di pace assoldando molte truppe, a guerreggiare l intera Germanica na zione ; sapendola quindi provve duta di numerose genti, non aspettatone l'attacco pass il Reno, est imando vie pi van t aggioso il combattere anzi sopra nemi ca terra che sulla Romana, onde libe r are le citt da nuovi danni al compr.rirvi de barb ari. Pur quivi di fierissima battaglia vincitore con distermi nata nemica strage, perseguito infino alle selve Ercinie (1) il resto , e fatto prigione Vadomario, figlio del barbaro capitano, torn a condurre l'eserci to, lieto per le conseguite vittorie e celebrante le imperiali geste del cesare, alle sue stanze. Dopo di che sped Vadomario a Costanzo colla nuova del suo felice operato. I barbari giunti agli estremi e solleciti di lor prole e donne, per tema non il cesare coll'inoltrare l dove elle dimoravano sterminassevi dal primo all'ultimo ogni

(i) Selva di Boemia lunga sessanta giornate e larga nove.

LIBRO TERZO. U7 vivent e , inviang li legati con proposte di pace, le quali confermate promettevano di astenersi mai sempre dora innanzi dal guerreggiare i Romani. G iuliano rispose, che non verrebbe giammai seco loro agli accordi quando a on fossero disposti alla restitu zione di tutti i prigio nieri condotti via negli anni precedenti dalle occupate citt. Ed eglino obbligaronsi al rendimento dell intero a m e r di quelli ancora in vita. Laonde il cesare allaopo di prevenire le frodi nella consegna di essi, chia m ati a s tutti i fuggitivi di ciascheduna citt e bor g ata ove dimoravano, si fa manifestare nominatamente le persone tolte da que luoghi , e dichiar atisi da ognuno per singulo i conosciuti a motivo di paren te la , di vicinanza, di amicizia, o in altro modo co munque, ordina agli imperiali scrivani di registrarli, e quindi impone all'ambasceria, nulla sapevole del fatto ele n c o , di ripassare i l Reno, attendendola di ritorno co prigioni. Qu cglino trascorso breve tempo novamente presentatisi collasserire di aver rimenati, in obbedienza del comando, tutti i m ancipi, Giuliano siede in seggio, e postivi dietr o gli scrivani -si fa dai barbari condurre in nanzi, giusta le convenzioni, i prigionieri. Costoro al lentrare ad uno ad uno appalesano i propr j n o m i, e gli scrivani collocati vicino al cesare vanno cercandoli sopra i fatti registri, e confrontati insieme cogli scritti in essi, giusta le riferte de cittadini e borghigiani, os servano mancarvene gran copia, del che danno avviso, accostandoglisi da tergo, al cesare. Questi allora minac cia guerra ai legati se non restituiscano pur quelli, sug gerendone i nomi gli scrivani, dalle citt e dai paesi

118 ZOSIMO , DELLA NUOVA ISTORIA, tuttavi a richiamati, ed i barbari, pensando cbe indicale venissergli per qualche segno divino eziandio le pi occulte ed ignote cose dannogli p a ro la , accompagnata da giuramento eseguito di conformit ai patrj riti, ch e renderebbono dal primo all' ultimo tu t i rim asti ia vita. Dopo di che fu da loro consegnata tala co pia di m ancipj, quanta conghietlurare poteasi tolta dalle quaranta citt di forza occupale. Giuliano allora steltesi un momento pensieroso intorno alla maniera di ricettarli, essendo le citt dalle fondamenta distrutte, restalo il suolo assai tempo incolto, ed i tornati dalla schiavit bisognevoli di non poca villuaglia, che in vano addimandata sarebbesi alle prossimane genti, op presse pur elleno dalle barbariche ruberie, n provve dute di abbondante annona. Non sapendo pertanto come riparare alle costoro bisogne, prende il p a r lo se guente : Agli estremi confini della G erm ania, l dove hanno sede alcune Galliche popolazioni, il Reno depone le sue acque nell'Atlantico, e da quel littorale haw i non pi di novanta stadj lontana l ' isola de' Britanni. Rac colto dunque il l egname dalle , selve in vicinanza del fiume costr u ottocenlo navi maggiori delle b a rc h e , e mandatele nella Britannia ordina ai piloti di retroce* dere portandole cariche di frumento; con tale naviglio da fiume rinvenuto avendo mezzo adatto a trasferirlo di qua dal Reno. Il qual tragitto pi volle rip e tu to , breve essendo la navigazione, forn abbondevolmente di grano i ripatriati onde farne con parie seminagione, e col resto la propria vita sostentare infin alla matnranza

LIBRO TERZO. 149 del le biade; cos egli, non tocco ancora il vigesimoquiuto anno dell'et sua, governava le fidategli genti. Acquistatosi quindi laraor delle truppe mirandoli frugale nel vitto (1), coraggioso negli aringhi, ri serbato nell'aramassare danaro, e pieno finalmente d'ogni virt, superando in esse, il dir pure, tutti i mortali di quei tempi; Costanzo mosso da invidia per le chiarissime di lui g e ste , e pensando volersi attribu ire ai talenti di Sallustio, ubo dei consiglio datigli, la gloria ottenuta in guerra e nel reggimento de1popoli, mabd chiat m ando costui sotto colore di promoverlo a governatore dellOriente. Giuliano di buon grado vi condiscese, pr postosi di secooda re in tutto gl imperiali voleri ; se non che dopo eziandio la partenza del duc niente m eno prosperavano, di giorno io giorno quasi di ssi, ognor pi gli affari di col, crescendo il numero de militi e la cognizione tra essi dell arte bellica; le cittadi a si* inile gio ivano della p ace e dei beni a lei dovuti. In que luoghi tutti i barbari usci t i g i erano d'ogni speranza, e riput avan i poc h i avanzi loro n on pi che salvi da una totale distruzione. I Sassoni allora^estimati fortissimi sopra ogni alti4 abitatore, di tali re^ gioni cos per coraggio come per robustezza di u e m r b r a e tolleranza nelle guerresche fatiche, mandano ostil mente i Quadi, schiat ta di lor nazione, contro all e Re* mane frontiere, ma rinvenutivi i confinanti Franchi dir
(i) Gioliano maravigliosamente affettava queste inezie di fr ugalit, g iun to essendo a licenziare il barbi ere ed il coooo perch tro p p o dispendiosi aeW'abbtgKarsu V Zouara. T -.S.

430 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA sposti a combatterli, temendo porgere al cesare giusto motivo di assalirne le terre, e', fabbricate molte navi e sopravi tragittati dal Reno nel paese de'Franchi, si di ressero a molestare le Romane frontiere; apportati colle navi a Batavia, fatta isola dal bipartito Reno e mag giore dogni altra prodotta da fiumi, cacciaronne i Salii partitisi dal tenere de' Franchi, e dalle proprie sedi ri b attati in q u est'iso la, che da prima interamente ligia ai Romani posseduta era a que' giorni dai Salii. Giu liano, uditone, cammin ad assalire i Qoadi, ordi nando in prima all'esercito di combatterli fieramente, e di non uccidere nom de' Salii, n impedirli dal tran sito nel Romano suolo, poich non entrerebbonvi come nemici, ma di forza spinti dai Quadi. I Salii, osservata cotanta um anit nel cesare, calcavan, altri col proprio re la Romana te rra , ed altri ar res ta vansi fuggitivi ai confini di essa; ma tutti suppli chevoli fidavano di per s stessi nelle sue mani lor vite e beni. Giuliano mirando ora i barbari non pi audaci e presti ad impugnare le arm i, datisi in cambio alle oc culte scorrerie ed ai ladroneggi con grave seapito della regione, stavasi nella incertezza sulla scelta d 'u n prov vedimento, quando alla fine risolv con giudizioso stra tagemma vendicarsi delle arti loro. Aveavi taluno di vastissimo corpo senza p a r i, ed alle sue grandi mem bra un virile animo corrispondea. In costui, di nazione barbaro ed avvezzo colla sua gente alle ruberie, destassi il pensiero di passare dalla sua terra natale ai Celli sudditi dell' impero. Fa t to pertanto qualche soggiorno

LIBRO TERZO. 121 in Treviri, metropoli nobilissima de popoli di l dalle* Alpi , al mirare i predatori che di stanza nell opposta piaggia del Reno, tragittato il fiume, travagliavano con iscorrerie le citt, abbottinando liberamente le general i fortune ( Giuliano ottenuto ancora non avendo il po tere annesso al titolo di cesare), iva escogitando la ma niera di camparle da tanta sciagura. Ma guardingo dal venire ad intraprendimenti non autorizzatovi da legge veruna, p r incipi solo e celato entro foltissime selve ad attendere gli assalimenti debarb ari per uscire di notte tempo loro addosso m entr e stavansi avvinazzati dor mendo; spiccati allora a quanti potea i capi daglimbusti, e portandoli nella citt faceane mostra alla popolazio ne. Il di.che, proseguendo nella sua costumanza, met t eva non poco indugio e timore ne' predoni, ignorando eglino come ci avvenisse , ma ben conoscendone il danno allosservare quasi ogni d scemate lor truppe. I n seguito unitiglisi altri ladri e giunti a qualche nu mero , avvegnach ad uno ad uno c ap itati, Carietton e (nom e di colui che prim o dato erasi a cosiffatte insi die contro ai predatori ) venuto al cesare palesgli l arcano per lo innanzi ignoto a molti. Gioliano per tanto, mal disposto a frenare collesercito i notturni ed occulti scorrazzamene de barbari (soliti in picciol nu mero ed in molti luoghi ad eseguire le ru b erie, e sull aggiornare ad ascondersi ne boschi vicini alle cam pagne , ove i furti commessi fornivan loro i bisogni delta vita), e rammentando quanto malagevol si fosseit dom arli, trovossi dalla necessit costretto alla riso-

422 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA fazione di far perseguitare i ladri non solo dallesercito, ma eziandio da gente ladta p u r ella. Accolto dunque infra suoi militi Cariettone e molti Salii insiememente, inviavali, addestrati essendo nei furti, a combattere i foratori Quadi, e di giorno tenea alla scoperta corpi di militi, i quali trucidavano tu tti i sottrattisi dalle mani de notturni per secutori. N desi* stette dall impresa i nfinattan t och i nem ici, ridotti nelle maggiori angustie e di molti addivenuti pochi, si arresero col dace loro alle armi Romane, le quali nei preceduti assalimenti raccolto aveano quantit di pri gionieri , annoverandovisi lo stesso figlio del re, pigliato da Cariettone. Ordinato poscia lo ro , cambiatisi in luttuosissimi supplichevoli , di consegnargli alcuni ragguardevoli personaggi per istatichi, ed in ispecie lo stesso figlio del r e , il quale di presenza dato sfo go a diro t t issim o pianto giurava di avere anchegli, insiem col resto, perduto il figlio. Giuliano allora mosso a compassione da tante lagrime fecegli'v edere la prole salva e delicatamente nutrita , dichiarandogli in pari' tempo che proseguirebbe a ritenerla come ostaggio, ed avutine parecchi altri di nobili famiglie, accord pace alla gente a condizione di astenersi per l avvenire dall inquietare colle armi i Romani. Stabilite queste faccende, il cesare scrisse ne m oli i S alii, parte de Quadi e qualche abitatori dell' isola Batavia, le cui schiere anche a d nostri militano sotto ai Romani vessilli. L imperatore Costanzo intanto dir geva tutti i suoi pensieri alla guerra Persiana, imper* ciocch bene governati erano i popoli di l dalle Alpi

LIBRO TERZO. 423 com m essi alla prudenza di Giuliano, ed in Italia e nella Illiria tu lli vivean sicuri dalle molestie de' barbali abi ta to ri oltre l'Istro , i quali, temendo non il cesare, tra versata la Gallia e valicato l'antedetto fiume, venisse a com batterli, teneansi ne limiti della moderazione. Costazzo adunque piena la mente della guerra de Per sia n i, che dal re loro Sapore comandati infes tavano la Mesopotamia scorrazzandola, e manomesso in ogni sua p arte il territorio di Nisibi, assediavano la citt stessa coll'intero esercito, spedito aveavi Lncilliano, il quale attento a difenderne accuratamente le m ura, valendosi ora delle occasioni offertegli dalla fortuna ed or a di ac conci stratagemmi, salvolle da cos imminente pericolo, quantunque ridotte agli estremi. Quali poi fossersi i m ezzi prati cati ond e riuscirvi parmi superfluo di qui ram m entare , lo stesso cesare fatto avendo argomento d 'u n particolare suo scritto le geste di quel tem po, e se h a w i bramoso di leggerlo vi ammirer la sublime eloquenza dellautore. Le bisogne orientali del resto parendo ora in quiete e levandosi ovunque a cielo i gloriosi imprndimene d el c e sare, destossi in Costanzo forte invidia, il per ch , mordendogli lanimo tanta felicit delle cose da lui operate nel suolo Celtico ed Ispano, andava in traccia d' opportuna occasione per iscemarne a poco a poco e senza dare il menomo so spetto, le fb rz e , cos atte nuarne la buonissima fama. Laonde mandagli ordine d inviare alla sua persona due legioni di Celti, quasi uopo avesse del costoro aiuto. Giuliano esegu il co m and o, vu oi perch ignofasaene i divisamenli, vu oi per

124 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA allontanare qualunque pretesto di collera ; poneva tot* tavia massima cura e diligenza nell attendere ai Celtici affar i , di giorno in giorno levando tru p p e, ed i barbari, spavento in prima degli abitatori confini, pi non mostrandosi loro neppure in sogno. L'imperatore frat tanto continuo addimandavagli altre g e n ti, e ricevu tele, molto non tardava l'ordine di far partire alla sua volta quattro compagnie, ed egli ratto ad esse imponea di prepararsi all'andata. Ora, essendo il cesare vicino a Parigi (cittadetta della Germania (1)) e le richieste compagnie, ap parec chiatte al viaggio, cenando a notte ferma presso il pretorio di quel luogo senza pensare affatto alle trame che ordivansi contro del capo loro, parecchi tribuni, scoperte veritiere le insidie per lo in nanzi tesegli, vanno ascosamente gittando qua e l in fra seduti al desco libelli d'ig n o ti autori, ed annunzianti gravissimo pericolo sovrastare a quel Giuliano, il quale co suoi stratagem mi, e non dissimile punto nel fervore delle battaglie ad un semplice fantaccino, renduti aveali trionfatori quasi di tutti i barbari, l'im pe ratore a poco a poco tentando involargli le tru p p e , quando elleno, levatesi a rom ore, non si opp onessero alla partenza. Molti de' militi letto avendo gli sparsi libelli, ed istruiti i compagni del contenutovi, de starono generale indegnazione , e surti con grande strepito dal luogo ove sedeano, tenendo ancora nelle mani i calici, si diressero al pretorio, e rottene tumul tuariamente le porte menan fuori in pubblico Giuliano;
(i) In questo nome comprendo la Galla Celtica. T . S.

LIBRO TERZO. 425 a lzatolo quindi sopra uno scudo e cintogli, suo mal* g ra d o , il capo di diadema (1) , acclamanlo imperatore august o . Il c e sa re , sebbene mal volentieri comportasse l av venuto, pur non potealo con sicurezza stornare, quan d o, in cambio, di forza veruna erano per Costanzo e giuram e nti e p a tti, od altra osservanza di fedelt sa crosanta infra mortali. Speditagli impertanto ambasce ria , informavalo di essere stato dai militi contra il vo ler suo dichiarato impera tore ; ma proteslavasi ad u no tta , se tale fosse il parere di lui, pronto a dimet tere il diadema ritenendo la sola onoranza di cesare. Costauzo invece, lasciatosi trasportare da fortissimo sdegno, rispose con burbanza ai legati: Dover Giuliano, se portava amore alla sua vita, deporre unitamente alla im periale dignit i cesarei distintivi, e tornato alla condizione privata addivenirgli in tutto obbediente, m erc di che non soggiacerebbe ad ulteriori molestie o punigioni meritevoli dellaltentato commesso. Giuliano, ricevuta dagli ambasdadori la tremenda risposta, dis vela seni' ambage i sentimenti dell'animo suo, dicendo chiaro alla presenza dell'universale bram ar egli fidare sua vita piuttosto ai Numi che alle parole di lui, e da que sto momento nessuno pi ignor le intenzioni di Co stanzo verso Giuliano. Il primo intanto preparavasi ad
(i) Nel parapiglia le troppe, non avendo in pr onto nn diadema da circondargli il capo, erano per supplirvi con femminile benda, ma egli noi permise ritenendolo cattivo au gurio. T . S.

426 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA una civile guerra, dispiacevulissi ma , in considerazio ne delle passate vicende, al cesare, pensando che l'armarsi contro di chi innalzalo avealo a s grande autorit pr* caccerebbegli appo molti la riputazione d ingrato. Ora m entr'egli seco stesso va ripensandovi, e da quinci e da quindi volge sua mente in grande perples sit nel risolversi ad una guerra civile, apregli il Nume nel sonno i futuri avvenimenti, parendogli, durante il soggiorno latto in Vienna, che il sole mostrasse le stelle pronunciando i seguenti versi :
P arte J o v e m fe r e t exlrem a p r fu r o r u t undae , P arsque a Saturno fu e r it vigesim a quinta V ir g in is u t ja m tacta; A sia e C onstantius o m n is , p 'itam m orte g ra vi tn o x fn iet induperator.

Appoggiata a questo sogno n dipartendosi dalla propria costumanza diligentemente badava agli affari, e poich cessato non era il verno tenea l ' occhio come si convenia alle barbariche mene p erch , ove distolto ne fosse da nuove im prese, non pericolassero in conto veruno quelle de' Celti ; n ad un tempo smenticava, Costanzo dimorando ancora nell Orient e, di apparec chiarsi a prevenirne i tentativi. Giunta poscia la state alla met del suo corso , e messo fine di l dal Reno alle cose dei b a rb a ri, costrettane parte colle armi a tem perarsi, e fatto accorto il resto dall' esperienza dei preteriti avvenimenti essere di suo vantaggio meglio la pace che non la guerra, dispose tutto l'esercito quasi fosse in procinto d intraprendere lungo cammino. Fi* dato da ultimo il governo d elle citt e frontiere a civili

LIBRO T ERZO. 427 e mi litari duci, piglia la via delle Alpi. Arrivato presso de Reti, donde nato il fiume Istro , traversa i Notici, l intera Pannonia, i Daci, i Misi della Tracia e gli Sciti p e r m etter foce nel Ponto Eussino, e costruite navi da fiu m e , e g li, con tremila guerrieri, ne segu per acqua la corrente, ordinando ad altri ventimila d indiriz zarsi per terra alla volta di Sirmio. E poich ad un assiduo remeggio univasi lo scorrimento del fiume e d il soccors o de'venti nomati Etesii, n ell undecimo giorno approd pur egli col. Ove annunziatosi l'arrivo dellimp eratore tutti opinavano di vedere Costanzo, ed altaccogliere in cambio Giuliano ognuno, per la sor presa attonito, ritenea quasi port ento l'avvenuto. Non guari tempo dopo arrivato anche l esercito che segnivaio dai Celti sped , come imperatore, letter e al senato del popolo Romano e d agli Italiani duci, im ponendo loro che guernissero le cit t. Divulgatosi p oi che il cesare tragittato avea le Alpi e messo piede nella Pannonia, i consoli di quellanno, Tauro e Florenzio , partigiani di Costanzo, dati essendosi alla fuga da Roma, egli comand si nomassero nello estendere i pub blici istromenti consoli fuggitivi. Piaggiava inolt r e blan damente le citt valicale a corsa, empiendole di buon e speranze intorno al sno governo. Scrisse in fine agli Ateniesi, ai Lacedemoni ed ai C o rin tii, significando loro i motivi del suo viaggio, e nella dimora fatta in Sirmio ricevea ambascerie quasi dall universa Grecia ; alle quali risposto in dicevo! modo e distribuite le con suete largizioni, continu colle Celtiche milizie ed altre raccolte dalle coorti di presidio in Sirmio, nella Panno* nia e ne Misi l'interrotto cammino.

128

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

Pervenuto a Naiso iva cogli aruspici indagando le operazioni avvenir e , e le viscere m ostrandogli di non sollecitare la partenza , obbediva. Datosi intanto ad os
servare il tempo indicatogli dai sogno, quando esso parve accordarsi coi movimenti degli astri ecco arrivare, m entre ancora soggiornava col, una moltitudine di ca valieri venuti -da Costantinopoli con la nuova della morte di Costanzo, e la volont degli eserciti addim andanti Giuliano all impero. Laonde conosciuto il celeste dono ripiglia il so speso viaggio, ed accostatosi a Bizanzio da tutti con giulivi applausi accolto, chiamandolo cittadino ed al lievo, perch nato presso di loro e pur ivi educato. Ri volte quindi le sue cure all esercito ed a ristaurare la citt, per m ise a questa di avere un senato simigliante al Roman o ; fabb r icovvi parimente un vastissimo porto a difesa delle navi battute dallAustro, nn portico, anzi della figura d 'u n greco sigma ( s ) che rettilineo, donde si arriva al porto; costru eziandio in-quello della reg gia nna biblioteca deponendovi lutti i libri portali seco; dopo di che fece gli apprestamenti necessari ad intra prendere la Persiana guerra. Trattenutosi dieci mesi in Bizanzio e creati comandanti Vittore ed Ormisda con segnando loro tribuni ed eserciti, calc la via dAntio chia. Ommetto di esporre, la tranquillit ed il buon o r dine osservato dalle trupp nell' andare da luogo in luogo, sapevoli che mal addicevasi a militanti sotto l ' imperatore Giuliano il comportarsi arrogantemente e eontra il proprio decoro. All enlrare in Antiochia ebbevi dalla popolazione

LIBRO TERZO. 129 affabile accoglienza , ma essendo questa di sua natura appassionata pe giuochi e pi dedita ai piaceri che non alle serie occupazioni, di mal animo, come avvenir suole, tollerava limperiale prudenza e modestia in ogni azio n e , tenendosi egli lontano dai teatri e rade volte, n i per tutto il d, comparendo nel circo; il perch la plebe ivalo pugnendo con misteriose voci. L i asperatore vo glioso di ribeccarli, ne volendo ricorrere a gastigo ve runo, profer un urbanissimo discorso (i) forte morden dovi i suoi biasimatori e la citt. Discorso racchiudente, c on ischerno s grande asprezza che fu bastevole a di vulgare ovunque i vituperj degli Antiocheni ed a farli ben presto pentire della garrulit loro. Soccorso non d i meno alla citt in quanto giustizia addi mandava, e concedutole alto numero di decurioni succedentisi da padre in figlio nell esercizio della m agistratura, ed ammessivi p u r quelli generali da prole femminile di de curioni, privilegio in vero, a nostra cognizione, di ben pochi municipj. Poste finalmente in vigore molte giu s te ed ottime ordinanze accingevasi alla guerra Per siana.

(i) Il coi ttolo M irtw tiyitt, come d ira Odiatore della barba, o Tntiocheme. Ammiano lappella Discorso della riconcilimione. Eccone l'argomento: Gli Ad-. tiocheni vedendo partire della citt i vivandieri tatti, perch Giuliano diminuito avea i prezzi delle mercatnzie in vndita, prendono, tosto a mordere la sua barba, portandola molto lunga, ma egli ribeccane le villanie col divulgare uno scritto, in cui nota col marchio dell'infamia l'effeminatezza loro. T . S.
Z o sim o .

Della nuova Istoria.

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA Passato il verno, messo in punto l ' esercito e con bell'ordine speditolo innanzi, egli usc cPAntiochia senza p oter da prima sacrificare agli Iddii (4), ed il motivo, sebbene a mia cognizione, bramo tenerlo segreto. Nel quinto d pervenuto a Gerapoli ove prescritto avea la riunione di tutte le navi, cos le destinate al trasporto de' militi come quelle da carico provenienti da Samosata e da altri luoghi di agevole navigazione per le acque dell' Eufrate, e conferitone il comando a Ierio, duce delle militari coorti, mandolle avanti. Egli ferma tosi tre soli d in Gerapoli procedette oltre a Batna, cit tadet ta della Osdroena (2), ove tatto il popolo Edesseno recatosi ad incontrarlo presentavagli corona, e con f au ste acclamazioni faceagli invito di venire nella sua citt. L'im peratore accettato il d o n o , messo il piede entro quelle mura e decretatovi l'occorren t e si dires se a Carra. Quivi proposte furongli da seguire due vie : l ' una che pel fiume Tigri e Nisibi, citt, mette nelle Diabeniche sa(j) Zosimo io qnesto luogo a s stesso impone silenzio per non rendere disaggradevole servigio al paganesimo. Ecco dunque il perch non fu da Giuliano sacrificato. Nel sob borgo di Antiochia nomato Dafne molti anni addietro Seleuoo, padre di Antioco, donde do mossi la citt, posto aveavi nn simulacro dApollo , il quale consoliate da Giuliano non pot dargli risposta, la vicinanza d'un buslo del martire Babila vietando al Dimonio di profferire verbo. Sozom., lib, P , c. 8 deila Storia ecclesiastica. T . S. (a) La descrizione di questo guerresco viaggio merita di essere confrontala con qaella che leggesi in Annoiano Mar cellino. Lib. XIII. T . S.

450

LIBRO TERZO;. 131 trapie, e laltra per l Eufrate e Circesio (castello di ta l nom e, circondato dal fiume bora, dallEufrate stesso e contiguo alle Assirie frontiere). Limperatore intanto che stava deliberando a quale dare la preferenza, ri ceve notizia che i Persiani, osti lmente entrati nel ilo mano suolo, ponevanne a guasto ovunque i luoghi ; al qnale annunzio levossi qualche tumulto negli accampa menti. Ma Giuliano chiaritosi costoro esser ladri anzi che no , e 'dopo il saccheggio postisi in fuga, risolv di la s ciare assai forte presidio nelle campagne presso de l fiume T igri, onde i Persiani, mentre con tutto l eser cito battendo altro sentiero passava nel tener loro, non molestassero di celato Nisibi e lattigna regione sprov veduta di truppe ed aiuti. Opin dunque farvi rimanere diciottomila armati alla greve sotto la capitananza di Sebastiano e Procopio. Egli poi con l intero esercito inoltrando per l Eufrate divise le truppe in due corpi, acciocch al mirare del nemico lo. rispingessero, onde impedirgli di travagliare con isfrenatezza somma il suolo ovunque s avvenisse. Compiuti questi provvedimenti presso i C a r ri, la c oi citt separa i Romani dagli Assirj , volle da elevato luogo, gittando lo sguardo sopra lesercito, osservarne cos le pedestri legioni come le torme dei cavalieri, ascendendo il numero di tutte le milizie a sesSantamila. Partitosi a fretta dai Carri, passato per glinterposti castelli infno a Callinico, e da quivi all' antedetto Cir cesio, donde, tragi ttato il fiume Abora, solc in nave le acque dellEufrate. Seguivanlo i militi con seco la vittu ag lia , imbarcatisi quanti di essi ricevu to aveanne

ZOSIMO, DELL! NUOVA ISTORIA il comando, pervenuta essendogli l flotta composta di navi secento di legno e cinquecento di cuoio. Eranve ne di pi cinquanta militari ed altre per formare p o n ti, occorrendo, acci potessero le pedestri milizie valicare i fiumi. Bastimenti ancora trnean lor dietro in parte ca richi di annona per l'esercito, in parte di legname ido neo alla costruzione di macchine, ed in parte di mac chine bell e fabbricate per .assedj ; ammiragli di tu tte erano Luciano e Costanzo (1). Ordinate non altramente le truppe Giuliano da elevato luogo arringolle come portava il suo ufficio, e terminata la conclone d istri buiva a ciaschedun soldato trenta nummi d 'arg en to ; dopo di che inviossi contro ai Persiani, eletto a duce dei fanti Vittore, e guidati da Ormisda e Arinteo i ca valier i. Di Ormisda prima d'ora parlato abbiamo facen dolo d i Persiana schiatta e figlio del re ; se non che dal germano oltraggialo died esi alla fuga riparando presso l ' imperatore Costantino, il quale avutene ma nifeste pruove di fedelt e benivolezza lo inalz alle maggiori onoranze ed alle pi cospicue magistrature. Giuliano adunque al valicare ostilmente le Per siane frontiere comandava il sinistro corno della caval leria lunghesso la riva del fiume , e parte delle genti pedestri accompagnavalo a d estra , tutto il rimanente poi in estesissima ordinanza seguivalo all' intervallo di
(i) Mentre aringa costoro, cio le truppe, alla foggia di quel potentissimo re Serse, arriva la flotta capitanata dal tri buno Costanziano unitamente al conte Lucilliano. Ammiano Marceli., lib. cit. T. S.

LIBRO TERZO. 433 settanta stadj, ove riuniti erano cos li giumenti carichi della salmeria, ci delle pi grevi armi e dogni altro bellico appre stam ento, come il servidorame, onde allon tanarlo dai pericoli, difeso in ogni lato dall esercito. Nel proceder oltre di questo modo egli risolv spedire innanzi mille e cinquecento militi sotto il duce Lucilliano ad esplorare se all'aperta od in agnato si avvenisse a qualche nemica schiera. Fattosi innanzi sessanta stadj arriv ad un luogo appellalo Zaita ( i ) , quindi a Dura in altri tmpi citt ed ora deserta, solo del primiero suo stato rimanendo alcune vesligia, tra coi mostravasi il sepolcro dell im peratore Gordiano. Quivi le truppe osservati numerosis simi cervi ed uccisili coi dardi mangiavanne le carni. D i l inoltratosi quattro stazioni pervenne ad un borgo Fatusa detto. Di contro, nel fiume, aveavi un' isola mu nita di castell con molti abitatori; speditovi Lucilliano con mille in armi ad assediarlo, durante la notte uom di l non ebbe punto ad accorgersi della costoro venuta; del mattino uno di essi uscitone ad attigner acqua osservolli, e contale riferta pose in grande scom piglio tutti li castellani, che, asceso immediatamente il muro, videro arrivare l imperatore con le macchine ed il resto delle truppe, annunziando i futuri loro destini se, pronti ad arrendersi col castello, incontrar non bra(i) Ove fieri il nostro sguardo un elegantissimo tumulo

deir imperatore Gordiano; cos Marcellioo. Erroneamente dun


que *ien posto in Dora da Zosimo, il qoale d* altronde in questa descritione calc le pedate del prefato astore. T . S.

434 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA massero manifesta ed indubitata morte. Accettatasi da> gli assediati la proposta, egli mand gli nom ini, le donne e la prole entro i Romani confini sotto la vigi lanza d ' un militare presidio : creato quindi tribuno il duce loro Puseo e sperimentatolo fedele, giudicollo me rite vole di occupare un posto tra ' suoi famigliari. Dopo di che maggiormente inoltrando pervenne ad altra isola del fiume con assai forte castello; indarno assalitolo, da per tutto essendo inespugnabile, addimandavane agli abitatori la dedizione anzi che esporli ai pericoli d'una sconfitta, ed avutane da loro, animati dall'altrui esempio, promessa, continu il cammino la sciandosi indietro, dopo ottenute eguali assicurazioni, varj cas telli, opinando convenirgli, senza perder tempo in cose di poco momento, correre allorigine stessa della guerra. Trapassate adunque alcune stazioni mise piede in Dacira (4), citt sita alla destra dei naviganti per lEufrate, e le truppe, rinvenutala pressoch disabitata, predarono gran quantit di frumento ivi in serbo e p ur molta copia di altre robe; trucidate poscia le femmine rim asevi, atterraronne per modo gli edfizj, che al di rigervi il guardo si parea non esservi unque mai stala citt. Nella riva poi rimpetto a quella tenuta dall' eser cito aveavi una polla sgorgante bitume. Giunto di l a Sita indi a Megia, accostassi in seguito a Zaragardia (2), c itt , ov' era un magnifico tribunale di pietra , solilo dagli abitatori appellarsi di Traiano. Le milizie, di leg(i) D iacira (Marcellino). T . S. (a) Ocogardana (Marcellin o). T . 5.

LIBRO TERZO. 135 gieri post ala a sacco ed a fuoco e fiamme, diedersi il resto di quel giorno ed il seguente a ristorare lor corpi. Ora Giuliano considerando che I esercito in cosi lungo viaggio non erasi avvenuto n ad ostili insidie, n a palesi nemiche schiere, invia Ormisda, peritissimo delle Persiane faccende , con truppe ad esplorar paese, e tanto il duce quanto sua gente per poco non caddero m estremo pericolo, debitori soltanto ad impreveduto caso di lor salvezza. Poich Surena ( vocabolo di magi strato persiano (1) ) posti aguati altendeali co militi seco (2), proponendosi combatterli allimprevista passati e h ' e fossero; n avvenir potea altramente se un canale dell Eufrate, di mezzo alle due fazioni, gonfiatosi, im pedito non avesse a que di Ormisda il passo. Diffe r ito dunque il tragitto al di seguente, questi veduto Sarena con le genti locate da lui nelle insidie, risolve rono attaccarli e parte messane a morte, parte costretta alla fu g a , tornarono ad unirsi al proprio esercito. Di l giunsero ad un canale derivante dall Enfirate, e tale lungo da bagnare lAssiria e la Tigride regine. Quivi le truppe abbattutesi in tenace melma ed in palustre suolo, e vedendo singolarmente i cavalli travagliati da co tanta malagevolezza di via, n capaci eglino, per la grande elevazione dellacqua, in conto veruno passarlo in armi a nuoto, il ftngo colla sua umidit occultando
(i) Dignit presso ai Persiani che rende secondo al re, ed ottenata in premio di grandissimi servigi. T . S. (a) Aveavi tra essi Maleco, Podosace e Filarco rinomato ladrone. T . S.

m ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA loro ogni valico, ridotti furono a mancanza estrema di consiglio. Maggiore poi addiveniva il pericolo aocchian dosi all opposta riva nemiche schiere pronte cogli a r chi e colle frombole a scagliar quadretta e pietre con tro a chiunque ardisse cimentarne il tragitto. Laonde inetto ognuno a suggerir qualche spediente onde torsi d'im paccio, Giuliano valentissimo, per acume d 'in g e gno ed esperienza delle belliche faccende, nel vincere ogni impedimento, stabil che ai mille e cinquecento mandati col duce Lucilliano a spiare i sentieri venisse annunziato d'investire il nemico da tergo per attirarne la ioga sopra s stessi, procurando cos all' esercito di tragittare liberamente quelle acqne , ed a tal uopo de puta il duce Vittore fornitolo di bastevol truppa. Laond e costui, ad occultare ai Persiani la sua par t enza dall e sercito, di nottetempo incamminatosi, e corso tanto spa zio quanto era mestieri perch il nemico neppure col nuovo d venisse in cognizione dello stratagemma, supe rato il fiume iva in traccia di Lucilliano. Allontanatosi vie pi senza incontrare um de Persiani con grida e suono di trombe chiamava que suoi commilitoni accennando loro di accostarglisi maggiormente. Osservato quindi che Lucilliano venivagli incontro, giusta il suo desiderio, lo fe sapevole con indubitati segni delloccorrente, e questi, unite alle proprie le truppe di Vittore, va da tergo ad assalire i nem ici, che. non apparecchiati ad una sorpresa e quindi esposti ad essere di leggieri scon fitti, o caddero spenti, o come meglio ebbono il destro si fuggirono in rotta. L imperatore, udito il buon esito del suo slrata-

LIBRO TERZO. 437 gem m a, trapass ava senza timore il fiume, e fattolo va licare dalla cavalleria sopra un ponte formato di bar che, e sopr' altro naviglio, raccolto lungo il canale, tra-i gittati i fanti, awicinossi franco da ogni nemica offesa alla citt nomata Bersabra (4) per esplorarne cos la grandezza. come la posizione ed il fortificamento. Ella avea doppio mnro all' intorno con rocca nel centro pa rim ente circondata di m uro, in apparenza simile a seg m ento di circolo, e conduceavi un sentiero, di malage vole salita, dall interna cinta della citt. Oltre di che alla parte occidentale, verso il meriggio, eravi tortuosa e d obbliqua uscita. Da settentrione difendeala un largo canale tiratovi dal fiume, della cui acqua i cittadini valevansi pei bisogni della vita. Un terrapieno infine con sovrappostovi palancato di forti stecconi tra loro incro cicchiati e profonda fossa circuivanne la banda orien tale. Vicino poi alla fossa aveanvi grandi torri dal mezzo infino al suolo costruite di cotti mattoncelli insiem rat t enuti da bitume, e dalla met alla cima di eguali mattoncelli e gesso. Giuliano fermo nel proposito di conquistarla esor tava i militi a por mano all' opera $ se non che inol trando costoro, prontissimi al ricevuto comando, il po polo addimandava la imperiale protezione, ed ora chiedea che inviato fes segli Ormisda per venire agli accordi, ora con villanie ed oltraggi denigravane la riputazione appellandolo fuggitivo, esule e traditore della patria. Il di che Giuliano ragionevolmente adiratosi ordin al
ti) P ir isabora (Marcellino). T . S.

438 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA lesercito di procedere allesp ugnazione e valorosamente darvi fine; questo, troncato ogni indugio , e memore delle istruzioni per singulo ricevute, si fa coraggioso innanzi. A tal vista i difensori della citt, non creden dosi a bastanza forti per salvarne le mura , ripararono entro la rocca. Giuliano allora mand truppe ad occu pare la deserta citt, ove introdottesi, piantate sopra delle abbassate mura le macchine ed incendiati gli edi fici , principiarono a trar dardi e sassi contro ai rin chiusi nel forte ; ma il presidio con incessante lanciar di pietre e dardi rigettando gli assalitori mentre assoggettavali a gravissima strage ricambiato erane con egual misura. L imperatore adunque fattosi a considerarne la p o stu ra , vuoi per acume d ingegno, vnoi per la molta sua esperienza in guerra, escogit la macchina qui de scritta. Legate con ferro altissime travi e formatavi una quadrangolare torre di contro al forte a poco a poco crebbela in convenevole altezza da agguagliarne le mura. Ordinato quindi ai frombolieri ed arcadori di ascenderla prescrisse loro di scagliare sassi e dardi. I Persiani da ogni lato battuti e dagli assediatori e dai militi sopra la macchina, dopo qualche breve resistenza promette vano di cedere la rocca se moderate condizioni venissero offerte dallimperatore. Si convenne pertanto datl'una e d allaltra parte che tutti i Persiani l entro franchi da ogni oltraggio passerebbero nel mezzo del Romano eser cito, e ricevuto danaro e vesti menta in quantit deter minata consegnerebbero il castello. Merc di che uomini cinquemila col proprio duce Mom osiro ebbon facolt di

LIBRO TERZO. 139 p a rtire , non compresivi m o lti, cui riuscito era sopra lunghe navi pel canale derivante dal fiume di l sot trarsi (1). Occupata la rocca, le trnppe andando in cerca del contenutovi trovarono abbondantissimo frum ento, arm i di tutte le fogge, macchine e magazzini colmi di suppe llettili e di apprestamenti comunque. La quantit m aggiore della granaglia, destinata ad alimentare leser cito, fu messa entro navi, ed il resto diviso tra la sol datesca. Distribuite furono ai militi le armi solite dai Romani adoperarsi in g u e rra , e quelle soltanto di uso Persiano si diedero alle fiamme o gittaronsi nel fium e, onde riraanesservi sommerse, ovvero fossero dalla cor* rente portate altrove. Tale conquista accrebbe non poca gloria al nome Romano, essendo Bersabra, dopo Ctesif on te , la pi grande e forte citt di tutta l'Assiria. Il di che Giuliano piacevolmente solleticando le truppe, lodavate con dice vole aringa, e guiderdonavane ogni milite con cento nummi d'argento (2). Cos passarono quelle faccende. Surena di poi alla testa di molt gente sortito da non so che Assiria citt assal qualche esploratori del Romano esercito, precorsi imprudentemente i loro coni

li) Cos Marcellino segnilo a ritroso dal Nostro: Due mila e cinquecento furono gli arrendutisi, poich il retto di quella moltitudine preveduto rassedio erosi partito , sopra pic colo naviglio trapassando il fiume. Lib. ciU (a) Giuliano accortosi che le truppe andavano a rumore per la pochezza d i quel dono*, aringandole m biasim fo rte mente le pretensioni. Marcellino. T. S.

140 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA militoni, ed uccise uno dei tre tribuni con parecchi mi liti da lui comandati ; messo di pi in fuga il resto pigli un vessillo con figura di drago, slita dai Romani portarsi in guerra. L 'im peratore alla nuova non seppe frenare lo sdegno, ed ito presto, come trovavasi, ad in contrare quelle schiere, costrinsele, quanti in esse pote r ono campare la vita, a dare le spalle, e ricuperato lo stendale caduto in lor mani, accostossi alla citt, ove il nemico, poste insidie, vinto avea gli esploratori, ed en tratovi l ' arse. Al duce poi che abbandonato avea il vessillo, anteponendo la propria salvezza alla magnani m it Romana, tolse il cinto, ed unitamente ai fuggitivi compagni notollo d'infam ia. Proseguito di l in barca il cammino giunse ad un castello non lontano dalla citt nomata Fissenia. Vicino al suo muro aveavi grande fossa dai Persiani empita d'acqua coll'introdurvene abbondevolmente derivandola dal prossimo fiume nomato Naarmalca (1). Trapassatala, non destando vernn timore di moleste sorprese, avviossi per un sentiero fatto ad arte pal ude, credend o i Persiani col canale e coll'acqua mandata per la regione di aver posto insuperabile ritegno all'approcciare del ne mico; egli non di meno a corsa precedendo alle truppe, queste teneangli dietro coll' acqua infino alle ginoc chia, il pudore non permettendo loro di mostrarsi re nitenti a seguire l'imperiale esempio. Tramontato il sole

(i) Tal nome di conio in ebraico significa fiume regale. T . S.

LIBRO TERZO. 141 Giuliano ordin all'esercito quivi dimorante ed agli artifici di calcare sue o rm e , e tagliati alberi e travi for mava ponti sopra de canali, gittava terra nel suolo pa lustre, empieva le alte fsse ed allargava tanto o quanto le anguste vie ; tornato poscia comodamente indietro mosse oltre coir esercito arrivando a Bitra citt, ov era la reggia con edifici sufficienti ad ospitare l imperatore e le truppe. Di l partito ed assiduo nelle cominciate fatiche andava innanzi all esercito per agevolargli il passo. In questo modo condusselo ad altro luogo privo totalmente di fabbricati, ma ingombro d un palmeto in cui nate eranvi di molte viti che ascendevano co tralci alle cime di quelli alb e ri, e facean mostra di lor uve mescolate di datteri. Quivi pernottato, riprese col unovo giorno il cammino, ed avvicinatosi di soverchio ad un castello (1) per poco non venne ferito da un Persiano, il quale a corsa uscito da quelle mura di gi menavagli la spada contro al capo. Ma egli preveduto il colpo e riparalo collo scudo invanivalo, ed i militi a lui dintorno ucci-, ser l'assal itore insiem cogli altri suoi commilitoni, ad eccezione de' pochi datisi alla fuga in mezzo ai nemici, ed avventurosi tanto da poter riparare nel castello. Giu liano montato in collera per cosi audace imprendimento osservava quelle mura girandole intorno per trovarvi lato suscettivo di espugnazione. Or mentre diretti eranvi i su o i pensieri Surena di repente investi li militi ri masi nel palmeto, mirando impadronirsi de' giumenti e
(i) Citt Vieti detto da Marcellino e nomata Majozaualca.

142 ZOSIMO, DELLA NUOTA ISTORIA della salm eria, ed impedire ad un tempo all' impera to re , uditone, l'attacco del castello; ma non corrispo sero i fatti alle concepite speranze. Giuliano poi dava gran peso alla espugnazione di quel forte non (unge da una citt nomata Besuchi, popolatissima ed avente al l'intorno molti castelli, i cui abitatori disertatili perch non bastevolmente idonei a procurar loro salvezza, riu niti eransi appunto nel luogo da lui assediato, o corsi a Ctesifonte, ovvero celatisi laddove foltissimo era il men tovato bosco di 'palme. Tali motivi persuadevano l'augusto a spignerne ga gliardamente l'assedio. Le truppe intanto distaccate dall ' esercito per una generale esplorazione onde riferire come stessero le cose ai loro commilitoni, al presen tarsi di qualche nemica forza non solo ributtaronla in dietro, ma gli uni spenti ed incalciati gli altri in preci pitosa fuga rendeano le intraprese operazioni affatto li bere da temenza. E poich taluni degli awersarj provve dendo a s stessi acquattati eransi ne' padnli sottoposti ai palmeto, gli esploratori delle vie non lasciarono illesi neppur questi, morendone parte e conducendo il resto prigioniero. Quanto agli assediati, eglino coll'avven tar dardi e proiettili d 'o g n i foggia repulsavano gli ostili assalimenti, e venuti meno i sassi gittavan accese zolle di terra impastate con bitum e, le quali in mlto numero e da maggiore altezza scagliate di leggieri davan nel segno. I Romani militi avvegnach superati fos sero a cagione di lor pi bassa p o stu ra , teneansi non di meno fermi rispingendoli con tutte le forze e le arti d^lla bel lica scienza, e faceanne vendetta gittand o nel

LIBRO TERZO. 14 castello grosse pietre e d a rd i, con archi ed ingegni co struiti in gnisa che ferir potessero co' loro tiri non solo un corp o o due o tre , ma eziandio numero maggiore. Indecisa tuttavia la sorte delle armi locato essendo il castello in su d un colle, difeso da doppio muro con sei to r r i , e circondato da profonda fossa, che traman dava l entro acqua potabile ai difensori, Giuliano im pose alle trappe di agguagliarla al suolo con terra altronde condotta , e di costruire una bastite pari in elevazione all e torri. Ordin similmente di scavar, terra in altra parte sotto le mura e verso la met di quello interno, divisando per tali sotterranei cuniculi assalire il nemi co. Se non che dal presidio con assiduo dardeggianiento molestati essendo nella esecuzione i militi, limperatore stabil di venire ad aperto conflitto valendosi di varj mezzi a schermo degli ostili dardi e di fuoco. Prepose dunque Nevita e Dagalaifo allo scavo dei cuniculi ed alla costruzione deterrapieni (1), e conse gnate a Vittore le troppe di greve armatura e la caval leria , prescr8segli di esplorare la regione infino alla stessa Ctesifonte, acciocch spiando qualche nemica schiera capace, giusta il par er su o , di stornarlo dal l espugnazione, reprimessene colle truppe i conati, ed insieme rende s se con ponti meglio praticabile, tanto per s stesso quanto per lesercito, la via, lunga novanta stadj, che alla nominala citl fa capo.
(i) Nevita e Dagalaifo attendevano alla costruzione dei cuniculi e delle gallerie tessute di vimini a difesa dei lavo ratori, e rAugusto presiedeva ai conflitti) e proteggea dagli incendf e dalle scorrerie le macchine. Marceli. T . S.

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA , Distri buite in questo modo tra' duci le (azioni, l'augusto approssimate le arieti ad una porta non solo scossela, ma eziandio sclolsene il serrarne. Veduto poi eseguirsi con lentezza il lavoro dagli operaj del sotter raneo sentiero levolli- di l, vituperatane la negligenza diedene a nuovi il proseguimento. Condusse qaindi un ariete ad altra porta, la quale a simile dovea cedere all urto ; ebbe intanto avviso che le genti ordinate di prolungare i cunicoli dalla fossa insino alla citt, per venuti al termine dell' opera, teneansi pronti ad una sortita, ed eran tre queste coorti, nomate i Mattiarj (4), i Laccioarj ed i Vittoriani. Vietato impertanto loro di nulla imprendere pel m om ento, comand si traspor tasse di colpo la macchina con tutta loste ad una terza p o rta , volendo {gabbare il nemico persuadendogli che nel giorno venturo con tal ingegno conquisterebbe la c itt; ed egli cos operava per distorre i Persiani da qualunque sospetto della espugnazione divisata me diante la sotterranea via. Laonde mentre tutta la popo lazione rivolgeva sue cure a fracassare l'ariete, que' dei cunicoli, fiorata la terra infino alla superficie, compar vero nel mezzo duna casa abitata da non so che mu gnaia , la quale, a notte ben avanzata levandosi, maci nava il frument o. Il primo entratovi, senza accordarle, agio di mandar gridarla uccise. Nomavasi costui Supe(i) N questo, n il seguente nome leggonsi in Marcellino, rinvenendovi in cambio scritto: Aperte queUe latebre ne sfugge Essuperio, soldato del numero de' Vittoriani, seguito poscia da Magno tribuno e Giovniano notaio. T . S.

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LIBRO TERZO. 145 ranzio , milite non volgare della coorte deVitloriani ; se guito fu da Magno e questi da Gioviano (1) tribuno de l lordine de1 notai, coi altri in copia tennero dietro. Al largatasi a poco a poco l uscita pervennero tutti nel mezzo della c itt , donde camminati al muro ivan ad do s so ai Persiani che fuor dogni aspettazione profferi vano cantilene, giusta la consuetudine del natfo paese, cele brando il valore del proprio re, e schernendo i vani c onati del monarca Romano, col dire sarebbegli di mi n o r pena lo impadronirsi della reggia di Giove che della citt assediata. Coloro frattanto in qoanti abbatt evansi davan mo rte o di ferro o pittandoli abbasso dal muro, non perdonando tampoco n a fanciulli, n a donne, salvo un basso numero destinato alla prigionia. Ebbevi' tra questi Anabdate (2) comandante del presidio, il quale sorpreso mentre correa qua e l pel castello, e legategli le mani fu presentato ad uno con ottanta sa telliti all imperatore. Conquistata non altramente di forza la citt, spentine tutti gli abitatori, non et, non sesso ottenendo mercede, e sol piccolo numero prodi giosamente sottrattosi dalla strage colla fugo, la truppa corse a far preda. Abbottinatosi ovunque si atterr da sommo a imo colle macchine il m uro, e d jstrutti gli edifizj cos dai militi come dal fuoco, pi non parea che quivi unque mai una citt fossevi esistita. Proceduti oltre giugneano, passando per alcune citt di poca rinom anza, ad una chiusura detta II Parco
(i) Forse Gioriniano. V. nota precedente. (a) Nabdate, maestro de' presidii (Marcellino). T . S.
Z o s im o.

Della nuova Istoria.

10

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA regale, e formata da muro intorno a vastissimo suolo con alberi di variata specie. Le asserragliatevi fiere prov vedute erano di bastevol cibo portato loro dall'esterno, avendo cos il r e , a suo beneplacito, agio di cacciarle . G iuliano, m iratala, comand che si rompesse in pia luoghi quel muro, ed ?I fuggir delle belve i soldati fer ivanle di quadrella. Non lunge di l vide la reggia co struita magnificamente alla Romana usanza, e tale rico nosciutane larchitettura sparagnolla, e viet ai tribuni il farvi gua sto veruno, mossovi da rispetto verso la fama cjie a Romani au tori ascriveane la fabbrica. Lesercito poscia oltrepassati varj castelli perveone a Sab at a , citt dell Armenia (4), lontana stadj trenta dalla nomata in prima Zocasa (2) ed ora Seleutia. L'au gusto con seco la maggior parte delle truppe arrestatovisi da vicino spedisce l entro punta di esploratori, i quali a forza rendonsene padroni. Il d Seguente egli gi randone le mura aocchi avanti delle porte corpi attaccati a patiboli, e narravano que paesani essere degli affini d 'u o m che tradito avea all imperatore Caro una citt del Persiano regno. Qui Anabdate comandante dell an tedetto presidio comparve in giudizio per avere asseti tempo ingannato il Romano esercito colla vana promessa daiuto nel guerreggiare i Persiani, e per ingiuriose pa role proferite alla presenza di molti contro ad Ormisda, appellandolo traditore ed autore dell'intrapresa guerra 146

(i) Armenia, o Media. T . S. (a) Cache, preMo MaNcelJ.

LIBRO TERZO. 147 co'Persiani, e convinto di tali colpe soggiacque a pena capitale (1). Spintosi vie pi innanzi l'esercito, Arinteo frugando in quelle paludi rinvennevi e trascin seco di molt i pri gioni. Ora per la prima volta gH esploratori precedenti all'esercito investiti furono da nemiche truppe , ma di colta messele in fuga, cupidamente corrono alla prossim ana citt. Se non che dall'opposta riva del fiume le reali truppe assaliti i saccardi, i guardiani degli armenti e gli altri tutti col di permanenza, parte ne uccisero, e p arte menaronli via prigionieri. Tale sinistro, il primo dai Romani tocco, produsse qualche smarrimento d'ani* mo nella soldatesca. Levato da quivi il campo eccoli ad un canale del fiume, costruito da T raiano, se vere le asserzioni di quella gente, nel portare in Persia le ostili sue armi, il quale fium e, ricevute le acque del Narmalache, va a sboccare nel Tigri. L'imperatore adunque comand che purgato e scandagliato vi si fabbricassero ponti, aven dovi in qualche luogo il d e stro , sopra cui traghettare il numero maggiore dell' esercito. Mentre da questa banda tale operavasi, nemici fanti e cavalieri in gran copia dalla riva di contro procacciavano tenere indietro con assalimenti chiunque osasse tentarue il trapasso. Giuliano, spettatore della nemica resistenza, sentendosi vie pi animato a vincerla esortava adiroso i duci ad entrare nelle barche ; ma costoro osservando la riva op posta pi a lta , e format avi una maniera di siepe, in
(i) Viro fa gittata nel faoco. T . S.

148 ZOSIMO , DELLA NUOVA ISTORIA origine a difesa de regali giardini ed a valersene qual muro acconcia, dicevano paven tare e dardi e fuochi divi lor contro scagliali. Laugusto imper t anto perseverando nel far buon cuore all im presa, due legni (1) pieni di legionarj si accinsero al varco, i quali aocchiati non a pena dai Persiani arsi vennero col Irarvi grande quan tit di roventi dardi. Aumentatasi alla orribil vista nel lesercito la trepidazione, Giuliano ad emendare il com messo errore con iscalt ra inventiva : Ecco, disse, riu scito loro il tragitto, ed or son padroni della riva, aven done conferma dal fuoco nelle barche acceso, come egli no ebbero da me comando nello spedirli, onde annun ziarmi il prospero successo del tentativo. Bast la men zogna, perch tatti come trovavnnsi, chi montati nelle b arch e, e chi immergendosi nelle acque dove cim en tar poteano il guado, andassero, valicato il fiume, ad appic car ba t taglia da vicino co Persi an i , ed uscitine vitto riosi non solo impossessaronsi della riva, ma ricupera rono ben anche i du e semi-abbruciati legni salvandovi que legionarj che rinvennero tuttora in vita. Azzuffatisi poscia i due eserciti combatterono dalla mezzanotte in fino al meriggio, quando i Persiani, cedendo, a preci pizio fuggirono, datovi principio i d uci stessi. Erano costoro Pigrasse (2), di schiatta e d onoranz soltanto al re secondo, A n a re o * ^ e Murena medesimo. 1 Romani
(ij Cinque, secondo Marcellino. T. S. (a.) Cos il testo, ma parrebbe doversi leggere Tigrane. T . S. (3) Leggasi Narsete. Con questi nomi ambo i duci ri portati vengono da Marcellino. T. S.

LIBRO TERZO. 149 quindi unitamente ai Gotti pigliato ad incalciare i faggitivi, molti ne spensero, oltre di che predarono quan tit d'oro ed argento, gueruimenti d* uomini e cavalli, letti, mense pur elle d'argento, dai capitani abbando* nato il tutto e rinvenu to nella fossa. Caddero nella bai* t aglia due mila e cinquecento Persiani, n pi di set* ta n t acinque imperiali ebbonsi a lamentare. Venne tu t tavia la gioia dell esercito per cos nobile vittoria in qualche modo scemata vedendo il duce Vittore offeso da una catapulta. Il d appresso laugusto fece condurre in piena si curezza l esercito di l dal fiume T ig ri, e correndo il terzo giorno dopo l aringo pur egli passa vaio in com pagn ia di tutta la sua guardia, ed arrivato ad un ca-r stello ( Abuzata dai Persiani detto ) , vi dimor cinque giorni. Ripensando poi alla maniera di proseguire il viaggio estim conveniente che l'esercito, abbandonato il sentiero lungo la riva del fium e, conducesse il piede fra terra, non avendovi pi motivo alcuno da supporre espediente l'u so delle navi. P re se n ta ta g li alla mente questa varianza di consiglio e fattene partecipi le truppe ordin di mettere fuoco ai legni, che subito andarono in fiamme , eccettuatine diciotto Romani e quattro ne m ici, i quali posti sopra carra accompagnar doveano lesercito per valersene, come volea prudenza, ne ioturi emergenti, essendo ora mestieri di terminare l'an d a ta sopra del fiume. Arrivali ad un luogo appellato Noorda pigliarono ed uccisero molli Persiani quivi di stanza. Inoltratisi quindi al fiume Duro ed eretto vi un ponte lo tragittarono; osservarono poscia che il nemico arso avea

450 ZOSIMO , DELLA. NUOVA ISTORIA tu tti li pascoli di quel terreno per ridurre i giumenti Romani alla m ancanza di pasciona, e stare egli stesso, ragunate assai g e n ti, in attesa de' loro awersarj, esti mandone basso il numero ; se n on che miratili di gi riuniti dirizzavasi alla riva del fiume. Gli esplorator i adunque prcedenti all'imperiale esercito impugnando le armi contro d'un Persiano drappello, Macaibeo, tale di nome e velite d 'a r m a , cedendo a coraggioso impulso andatogli addosso quattro ne accise, ma contempora neamente, corsi molti ad investirlo cadde pnr egli semi* spento. Il germano Mauro aocchiatone il quasi cadavere in mezzo de'Persiani, va, lo toglie, muore colui che dato aveagli il primo colpo, ed avvegnach nella lotta piagato intrepido torn all' esercito col fratello ancora spirante. Camminati a Barofta (I), citt, trovaronvi abbru ciato dai barbari il foraggio. Comparve poscia una Per siana punta mista di Saracini, la quale non compor tando tampoco da lontano l'aspetto dell'imperiale eser cito dilegoossi immediatamente dagli altrui sguardi. I primi q u in d i, gli uni dopo gli altri, raccoltisi in poco numero e formata una squadra presentaronsi quasi avessero ad affrontare giumenti. L' augusto allora ve stendo a fretta l'usbergo a gran passo precorrea les er cito, ma il nemico ad evitare la pugna divis battere la ritirata in luoghi a lui noti. Giuliano poscia indirizzossi al borgo Simbra posto in mezzo a due cittadi
(i) Non leggesi questo nome in Marcellino, qnantunqne abbiari il fatto. T . S.

1BR0 TERZO 151 nomate Nisbara e Niscanabe, alle quali divise dal Tigri un ponte forniva mezzo di esercitare insieme pronto e tnolto tra dico. I Persiani lo incendiarono per togliere al nemica, venendogli in fantasia , ogni opportunit di motestarle. Quivi gli esploratori usciti a foraggiare ed av venutisi ad alcune Persiane coorti fngaronle, e lesercito fatto bottino dannona bastevole a suoi bisogni, avendovene gran copia, ne sconci tutto il resto (1). In seguito recatisi infra le citt Danabe e Sinca eb bero a sostenere una zuffa coi presid iar^ del retroguardo Pe rsia n o , giuntandovi molti com battenti, ma pur egli il nemico sofferta grave p e rd ita , n cantando al certo vittoria, diede le spalle. Imperciocch nella mischia cadde s pento un illustre satrapo di nome Dace (2), e mandato a ltre volte in ambasceria allimperatore Costanzo per1 t ra tta re seco lui di pace e met t er fine alla guerra. Av vicinatisi in appresso i Romani ad Acceta, c itt , il ne m ico incendiava quanto era ne l le campagne, ma i Ro m ani scorrazzatovi ed estinto il fuoco guardarono ad u so proprio i salvati prodotti.
() Intoni* aHespftsto Zosino segue Marcellino, arregnach riscontriamo infra loro disparit nell' indicare i luoghi cagione forse la simigliane* de' nomi Arrivati ad Ecumbra , villa cosi appellata, dice Marcellioo, e raccoltovi in due giorni tutto it bisognevole, rinvenutavi di pi quantit d ifr u mento superiore ad ogni nostra speranza, racconsolali ne par tim m o , avendone in prima trasportato quel tanto permessoci d a l tem po , e dato alle fiamme il resto. (Lib. a5 priiic.'. T . S.
(a) Adace, Marc. T . S.

452

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

Continuato il viaggio arrivarono al borgo Ma* ronsa (4), ove Persiane turine assalita la patte del retro* guardo lasciatavi di presidio, uccisero unitamente ad altri militi Brettanione lor comandante, mentre pien di valore combatteva, ed impadronironsi a simile delle navi, che a molta distanza seguendo l'esercito sorprese furono da essi. Di l con celere passo corse molte bor gate giunsero a Tummaro, ove tutti mostraronsi dispia centi della combustione del naviglio non essendo bastevoli i giumenti, malandati per cos lungo cammino e per le gravi fatiche durate nel percorrere il nemico snolo, a condurre la vitluaglia. Poich i barbari mietuti ovun que i loro campestri prodotti e rinchiusili in luoghi assai torti imped vanne il godimento ai Romani, i quali, tra queste faccende, osservate le nemiche legioni, chia mate a battaglia e fattane molta stra g e , vincitori ab bandonano il campo. Il d seguente, mentre aveavi gran concorso di po polo nel foro, il nemico raccoltosi va precipitoso ed all ' imprevista addosso al relroguardo imperiale donde le truppe, avvegnach disordinate e sorprese da timore al repentino attacco, non ricusan coraggiosamente larin go , girando il principe, sempre a s stesso conform e, loro intorno per animarle a dar saggio del proprio va lore. Cominciata la mischia Giuliano ora presentavasi ai capi delle turm e ed ai trib u n i, ora locavasi prom i scuamente infra le spesse file de combat tenti, quando

(t) Maranga, Marceli. T . S.

LIBRO TERZO. 153 Del bollore della battaglia ferito di spada (1) vien so pra uno scudo portato nell' augustale, ove giunta la notte a met del suo corso mandava l'ultimo spiro, la sciando, sua merc, il Persiano reame quasi agli estremi. Ignota per anco essendo la morte di lui riusc al Romano esercito di avvantaggiare per gui sa nel conflitto gli avversar) che rec morte a cinquanta potentissimi satrapi e ad innumerevole gente. Addivenuto quindi palese il trapasso dell'augusto e raccoltesi gi le truppe vicino alla tenda ove giacea il cadavere, proseguiva tu t tavia in parte il conflitto, persistendo parecchi Romani a battagliare e vincere. Alcune Persiane coorti allora sorti te dal castello assalito avendo i militi coma udati da Ormisda, rinnovossi fiera battaglia, durante la quale usc di questa vita Antonio (2), duce dlie palatine le gioni, o sia, con Romana favella, maestro degli uffizj. Sallustio a simile caduto da cavallo e sovrastandogli i nem ici correa gravissimo rischio di essere trucidalo, se u n a delle sue guardie smontata d'arcione non avessegli p o rto mezzo di fuggire unitamente a due compagnie s olite a circondare l'imperatore e nomate degli scutarj. Del resto non pi di sessanta guerrieri, tra quelli che
(i) Da equestre landa , che perforatagli la cute delbrac ci ed inoltratasi nelle coste, si tem e a ir ima parie del f e gato. Marcellino. (a) Mentre da per tutto non altramente vanno le cose, dopo la partenza del comandante lassatosi il corno destro dell* esercito, viene ncciso Anatolio, maestro in allora degli oflGtj . Marcellino, lib. XXV.

154 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA dato aveano le spalle in altra pug n a , ramment ando il'proprio valore e la dignit del nome Romano, per* vennero con grande risico al possesso di quel castello, donde il presidio fattosi ad investire gli imperiali si pa rea che battuti li avesse. Assediate in seguito prestamente quelle mura dal nemico, la naova gnernigione di esse dopo tre giorni di chiusura lanciatasi addosso in qual che numero agli ssediatori, pot condursi a salvamento. Dopo di che venuti a consiglio tutti gli ottimati insiem coll esercito, si consult a chi fosse uopo conferire il supremo comando (1); vano giudicando lo sperare sal vezza e viver franchi da funeste sciagure, in mezzo ad ostile esercito, senza nn monarca. Il di che ad una nime voto sinnalza all impero Gioviano profe di Varroniano tribuno dei domestici (2). Gli avvenimenti occorsi infino alla morte di Giu liano passarono come si qui riferito. Gioviano vestita la porpora e cintosi il capo di diadema camminava a tutto andare ver la patria. Giunto al castello Suma (3) la cavalleria Persiana ben provveduta di elefanti pigliato ad investire i Romani travagliavane il destro corno, ove

(i) Non volle Giuliano eleggere i l successore al trono per tema d escludere qualcnno meritevole dell* impero, o di esporre allinvidia altrui il suo promosso. (V. lora*, di Giul. presso Marceli., lib. cit.). (4) Non senza opposizione d partiti, Vi ttore ed Arin* Ito chiedendo uno dei lro, e gli ottimati de Galli addmaudando persona sco iu lega.
(3) Sumere. Marceli.

LIBRO TERZO. 155 ordinati erano i Gioviani e gli Erculiani; nomi posti alle legioni da Diocleziano e Massimianp, i quali assun tisi l uno il soprannome di Giove, e d'rc ole l altro, vollero fregiarne anch'esse le truppe. Da principio per verit queste non teueansi ferme al gagliardo impeto di quelli animali, e molti, fuggendo, perivano; ma quando i Persiani spinsero ad un tempo elefanti e cavalleria, gli imperiali ascesero in erto suolo, ove per ventura tro varono i loro bagaglioni; quivi allora facendo tu t t i co mune i l periglio, e da elevato luogo avventando al ne mico quadrella, pervennero a ferire alcuni elefant i, che oppressi dal dolore, n obbliosi di loro usanza, postisi con forti barriti in fuga scompigliarono tutta la cavai-* Iena; di maniera che non solo molti di essi fuggendo uccisi etno dai Rom ani, ma ben anche non pochi nel battagliare inoottavan la medesima sorte. Perironvi a simile tr imperiali tribuni delle legioni valorosamente p u g n a n d o , e sono G iuliano, Massimiano e Macrobio. Nell esaminare dappoi sai campo di' battaglia i morti rinvenutovi il cadavere di Anatolio, diedongli onorata sepolt ura come permetteva il tem po, avendovi da ogni banda nemici pronti a travagliarli. Proceduti oltre quattro giorni e sempre bersglio delle Persiane molestie, seguendone questi ben dap pres s o le orme nel camminare, ed investiti fuggendo a rott a , perv enuti infine a pi largo suplo risolverono valicare il Tigri, form ate all uopo quasi sa Ite con otri insieme avvinti, sopra di elsi tragitUrottlo y e non a' pena impadronitisi i militi dell'opposta riva fu rono an che dai condottieri con tutto il resto, liberi d gni te-'

456 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA menza raggiunti. Ma neppure col il nemico allontanan dosi, anzi vie meglio con p oderosa oste minacciandoli ovunque dirigevano il passo, e' forte pericolavano stretti cos da molestie all' in to rn o , come dalla mancanza di vittuaglia. Or dunque sebbene tale fosse la condizione dell'im periale esercito, il re tuttavia, facendogli proposte d'ac cordi, inviava Surena ed altri autorevolissimi personaggi della monarchia (i). Gioviano consentitovi deputa Sal lustio prefetto del preto rio ed Arinteo a stabilirne col nemico i patti. Dopo scambievoli parlari adunq u e si conchiuse una tregua d'anni tre n ta , gli nni e gli altri aderendovi, a condizione che i Romani cederebbero alla Persia i Babdiceni, i Gardueni, i Remeni ed i Zaleni; oltracci i castelli, quindici di num ero, spettanti alle nominate regioni, compresivi gli abitatori, i campi, i giumenti e tutte le suppellet t ili locate in'essi. Conse gnerebbero a simile Nisibi senza la popolazione, accor dandosi a questa di trasferirsi ove piacesse allimpera tore. I Persiani occuperebbero eziandio gran parte dell Armenia, solo brevissimo tratto lasciandone in pos sesso dell' impero. Approvati da ambe le parti gli arti coli ed estesi per man di notaio, i Romani ebber o fa colt di ripalriare col patto di non importunare meno(i) Chieder il re per la nostra liberazione il possedi mento di cinque provincie, e sono la Trastigrana, IArianeaa, la Moxoena colla Zabdicena, la R e imena e la Corduena, uni tamente a quindici castelli, a Nisibi, a Si ngaraedaUa r occa de' Mauritani, opportunissimo forte. (Marceli.) T . S.

LIBRO TERZO. 157 inamente le Persiane frontiere, obbligandosi in pari modo le reali genti a rispettare quelle del Romano impero (1). Qui giunto, mi viene in pensiero di far ritorno alle precedenti cose per indagare se in alcnnepoca i Romani poteron o a s stessi imporre di consegnare altrui il pr* prio, o comportare la menoma cessione di quanto stati erano p ossessori. E di vero da quando Lucullo, cacciato dal regno Tigrane e Mitridate, primo fu ad acquistare all impero le regioni tntte insino allestremit dellArmen i a , ed anche Nisibi co' suoi confinanti castelli ; da q u ando Pompeo il Grande, mettendo fine a quelle nobi lissime geste colla pace da lui dettata, ne rend stabile ai Romani il possesso ; avvegnach p o i, tornati alle arm i i Persiani, Crasso, eletto a pretore con supremo p o te r e , lasciato abbia infino al presente giorno turpe n o ta d'infam ia alle armi Romane, fattosi imprigionare nella battaglia per essere poscia condotto in Persia ed ucciso (2). Avvegnach, ripeto, Antonio mandato in se g u ito a capitanare l esercito ed invaghitosi di Cleopa tra, per negligenza e pigrizia nel proseguire la g u e rra ,

(i) / Persiani al contrario facevano un ponte per valer sene, sottoscritta la pace unitamente alle stipulatevi condizioni, e sedato il turbinio della guerra , a scorrere le campagne e predarne Vaffaticato bestiame, ma osservate lor trame sco perte desistettero dal nefando attentato. (Marcellino, lib. XXV).

T. S.
(a) II coi capo, dall' imbasto riciso presto de' Ca rri, ve niva dai nemici schernito. T . S.

158 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA e per azioni del nome di sua gente indegne, siasi ve* duto costretto ad abbandonarne il comando, i Romani tuttavia, sebbene da tali sinistri incolti non perdettero alcuna delle conquiste loro. Pervenuto di poi l'im pero nelle mani del spio Augusto ed avendone egli fissato i limiti al Tigri ed all'Eu f rate, neppure allora partironsi i Romani da quella regione. Trascorso in ap presso lungo tempo, datosi Pi operatore Gordiano a guerreggiare no* vameute i Persiani ed uscito di vita in mezzo ai ne mici (1), questi nemmeno dopo cos illustre vittoria svelsero dalla Romana giurisdizione un .tte (felle ante* riori conquiste, e tarilo pur dicasi di Filippo , il quale suc ceduto all'impero sobcrisse una turpissima pac e con essi., Dopo non guari tem po, il costoro incendio p ro pagatosi nell'oriente e di forza occupata la grande An tioch ia , penetratene le armi infino alte porte de' Ci lici, l'im perator Valeriano pigliato a combatterli cadde bens in poter de' nemici, ma non permise gi eh'e' tor* nassero ad occupare que luoghi. Bast la sola morte di Giuliano a perderli, e per modo che infino ad ora i Romani imperatori non poleronne ricuperare alcuno, vedendosi ben anche a poco a poco tolte via molte altre g e n ti, chi di esse postesi di per s in lib ert, chi ab(i) Marcetliaa pi diffasan eate ne parla : Imperocch riandati gli annali, mio divisamente non abbiavi altro fiuto daltorigine di Roma per cui o dall'imperatore o dai consoli si concedesse al nemico parte di suolo; n i mai certo per lo ricupera/nonio del tolto, ma per nuove conquiste o ff impero, si ottennero le glori* trionfali. V. anche Entropio, i ib. I . T .S .

LIBRO TERZO. 450 bandonalesi ai barbari, e chi ridotte al massimo squaU lore ; e che tale sia la verit lo dimostreremo nel pro gresso della istoria, adducendone a pr uova i fatti stessi. L im peratore Gioviano stabilita la pace ai riferiti patti colla Persia nel retrocedere senza tema collesercito, avvenutosi ad alpestri e pal u dosi luoghi, e costr etto nel trascorrere il nemico suolo a giuntarvi molti sol* dati, ordin al tribuno Maurizio di portare d a Nisibi la vitt u aglia per le truppe, e con essa al pi presto possibile verrebbe ad incontrarle. Spedi parimente in Ita lia ad annunziarvi la morte di Giuliaaq e la sua promo zion e al tr no. Accostatosi di poi con grandi stenti e fatiche a Nisibi non volea mettervi p iede, come luogo ceduto al nemico ma pernottato a cielo scoperto in u n campo avanti la p o rta , il di appresso riceveavi co rone e suppliche, la cittadinanza pregandolo che non ('abbandonasse, n assoggettasse a far pruova delle co stum anze Persiane chi gi da tanti secoli obbediva alle Romane leggi. Essere in vero turpe a rammentare, che Costanzo in tre guerre sos tenute contro d e'P ersiani, ed in tutte vinto, protesse impertanto mai sempre Ni sibi, ed assediata e ridotta agli estremi ebbela premurosissimamente salvata, ed egli non costrettovi da nepp u ru n a d i tali urgenze, cedendola, metta innanzi agli occhi de Romani un giorno prima d'ora mai pi pre sentatosi alla vista lo ro , tale ridotti da porre sotto il nemico trono cotanta citt e s vasta regione. L'im peratore, ascoltatili, adducea i fatti ac cordi, e Sabino, capo dell or dine decurionale, alle parole iu via di supplica proferite dal popolo risponder : Non bi-

460 ZOSIMO , DELLA NUOVA ISTORIA sognare eglino di pecunia n di esterni aiuti a prose guire la guerra Persiana, forniti di truppe e danaro per respignere chiunque osasse guerreggiarli. Quando poi uscissero della lotta vittoriosi tornerebbero novamente sudditi de Romani adempiendone i voleri nella stessa guisa di prima. Al soggiugnere quindi che non era lecito violare'le stipulate convenzioni, ognor pi i cittadini supplichevolmente insistevano, perch spogliato non venisse il Romano impero di questo baluardo; ma frmo limperatore nel rifiularvisi ed iroso anzich no abbandonolli. I Persiani accintisi ad occupare, giusta il trattato di pace, i castelli, i popoli e N isibi, alcuni de gli abitatori, privi di mezzi onde ascosamente fuggire, dichiararonsi pronti a farne i comandi. Que di Nisibi, impetrata grazia d una tregua per m utare stanza, nel maggior numero si diressero ad Amida e pochi risol verono stabilirsi in altri castelli. Da per tutto in vero non udivansi che pianti ed urli, ogni citt estimandosi colla cessione di Nisibi esposta alle Persiane ruberie. I Carreni provarono s gran dolore alla nuova della morte di Giuliano, che giunsero a lapidarne il nuncio ammon ticchiandogli sopra immenso cumul o di sassi. Cotan ta varianza nella repubblica al morir d'un sol uomo venne prodotta. Gioviano del resto trascorrendo a fretta le citt oppresse da lutto e m estizia, i loro abitatori pi non potendo, come solcano, mostrarsi lieti e giocondi, av vi ossi, da tutte le sue guardie scortato, ad Antiochia, e l'intero esercito accompagnando il cadavere di Giuliano condusselo nella Cilicia, ove fu sepolto in tal bo rgo di

L IBRO TERZO. 164 Tarso entro r egale avello, sovrappostovi l'epigramma se guente : (4) Tigride Julianus jacet heic post fata relieto Rex pariter bonus, et bellator acerriinus idem. Gioviano datosi al reggimento dell'impero mand, passando con silenzio molte altre disposizioni, alleser cito della Pannonia il suocero Lucilliano, Procopio e Valentiniano, eletto in seguito imperatore, partecipandogli la morte di Giulian o ed il suo innalzamento al trono. A ques ta riferta i Batavi lasciati di presidio in Sirmio d i colpo morirono Lucilliano come ambasciadore di co ta n to sinistro, a nulla valendogli lalTm it imperiale, c rim anda rono sano e salvo Procopio, rispett andone la parentela col defunto. Valentiniauo pot, fuggendo, sot trarsi da imminente morte.

(i) Questo epigramma vien riportato da Zonara in quat tro versi. Ora vediamo qual si fosse Giuliano, attenendoci anche al giudizio de' pagani, poich Zosimo nulla tralascia cosi per disonorare il nome cristiano, come per estollere le azioni dell' idolatra ed apostata imperatore.- Presso Marcellino vien detto uomo di ben poco ingegno, di copiose parole, e vie meglio superstizioso che non legittimo osservatore della rligione. Lo stesso inoltre, sebbene dica Giuliano celebrato dalla fama per la sua giustizia, opina tuttavia disumano rater proi bito ai maestri di rettorica e gramatica V insegnare ai cri stiani, per tema non abbandonassero il culto de' Numi. Vedi Zonara, tomo III degli Annali, cap. di Giul.; e Sozomeno, lib. Y, cap. 1 7 . Ist. Eccl. Z o s im o . D ella nuova Isto ria . 41

402 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, LIB. TERZO. L Augusto partito da Antiochia per alla volta d i Costantinopoli e sorpreso da repentino morbo ne Dadastani della Bitinia, dov cedere all'estremo fato, dopo retto limpero otto mesi (4), n avuto campo intorno alla pubblica amministrazione di stabilire cosa alcuna, come di usanza. Tenutosi dunque consiglio per eleggere il successore, varie furono le proposte cosi dellesercito come degli stessi duci; tutti non di meno alla (ine con sentirono di nominare Sallustio, prefetto del p re to rio , ed allegandosi da costui 1' avanzata et (2) e quindi la insufficienza sua a riparare le malandate bisogne, addimandavano salisse in trono il figlio; ma egli dissuadevali adducendone la giovinezza e l'incapacit di reggere cosi grave m ole, avuto particolarmente riguardo al tempo, in cui se non elevassero all impero il pi eccellente uomo del secolo, forvierebbero. I voti dun que unironsi a favore di Valentiniano, originario di Ci bali , citt della Pannonia, e nulla sapevole di guerra n di pace, ed affatto privo di coltura. Lo chiamavano tuttavia, essendo lontano, e cos la.repubblica non si rimase che pochi giorni priva di monarca. Venuto egli allesercito di Nicea, citt della Bitinia, e pigliate le re dini dellimpero, seguit l intrapreso cammino.
(i) Intorn o alla morte di Gioviano non sono deU'egaal parere gli autori. V. Eotrop., lib. X.; Marceli., lib. XXV. (a) Scusa da Ini addotta anche dopo la morte di Giu liano.

DI ZOSIMO
CONTE ED A VVOCATO DEL FISCO

DELLA NUOVA ISTORIA


JL M B tlO Q U A R T O

]N eL precedente libro raccolte abbiamo le geste in fino alla morte di Gioviano ed allinalzamento di Valentiniano al trono, e l'operato da lui nello accingersi al governo della Romana signoria. Infermatosi egli nel viaggio e spinto dal morbo, uom per natura inclinevole alli r a , a maggior crudelt ed estrema demenza, falsa mente sospettava derivare lattuale suo stato da malie con frode apparecchiategli dagli amici di Giuliano. Il d che promoveansi accuse contro illustri personaggi, le quali venivano dal prefetto del pretorio, esercitan done tuttora Sallustio gli ufEcj, con iscaltrimento e prudenza dissipate. Al cessare della malattia partitosi da Nicea si rec in vicinanza di Costantinopoli, ove le sercito ed i famigliari esortavanlo a scegliersi un col lega cui ad ogni evento fidare la repubblica, liberan doli cos dalle sofferenze tollerate alla morte di Gi-

164 ZOSIMO, DELLA. NUOVA ISTORIA liano (1). Egli accetta il consiglio, e seco stesso pensan do e ripensando, alla fine detenninossi eleggere a com pagno, intra tutti coloro presentatiglisi alla m ente, i l germano Valente, reputandolo pi d'ogni altro affezio natissimo alla sua persona; merc di che destinalo a partecipar seco l'impero. Or dunque mentre ambedue in Costantinopoli dimoravano, gli insidiatori di conti nuo tartassavano i benaffetti a Giuliano in presenza de'sovrani per danneggiarli, ed eccitavan la rozza ple be a fare altrettanto. Laonde i m onarchi, gi di mal occhio vedendo coloro, vie pi concepivanne a b o r rimen t o, immaginando anche lamentanze affatto prive di ragione. Valentiniano poi disdegnava al sommo il filo sofo Massimo, ricordevole dunaccusa da lui datagli ai tempi di Giuliano, colpandolo d'avere empiamente mancato ai sacri riti in favore della cristiana religio* ne (2) ; ma le militari e civili cure distornavanli per al presente da tali cose. Laonde rivolgevano i loro pensieri alla distribuzione delle prefetture ed a mettere idonei suggelti alla custo dia dellimperiale stanza. Levarono pertanto di carica tutti quelli che da Giuliano ricevuto aveano governo di
(i) Egli iuterrogando gli ottimati per sapere chi scegliere dovesse a collega dell' impero, Dagalaifo coraggiosamente risposegli ; Se ami i tuoi, ottimo imperatore, non dimenticare il/ra te ilo ; se la repubblica eleggi quello, che ora cercando vai. T . S. (a) Valentiniano fu privo dei tribunato da Gioliano come favoreggiatore della cristiana religione. T . S.

LIBRO QUARTO. 165 popoli ed altre m agistrature, compreso nel numero eziandio Sallustio, ed eccettuati unicamente Arinteo e Vit tore, che proseguirono a ritenere come duci il mili tare comando. Gli altri uffizj poi furono a sorte confe riti a chi seguiane le p a r t i , e si parea da retta consi derazione addimandato questo spediente, acciocch s e avessevene alcuno convinto per giuste querele re o , su bir dovesse il meritato gastigo senza fiducia di perdono. Dopo i riferiti ordinamenti Valentiniano diviso col fratello l'impero deliber cedergli lorientale governo, sino all'Egitto, alla Bitinia ed alla Tracia, ritenendosi oltre il reggimento delle citt Illiriche, passato in Italia, le costei citt ad [uno colle nazioni di l dalle Alpi, colla Spagna, coll'isola britannica e l'Africa. Partito di questo modo l'impero egli principi ad amministrarlo severissimamente , distribuendone con saggezza le m agistrature, e richiedendo col massimo rigore i tributi e la militare annona provenienti da que' luoghi. Ri solutosi quindi alla promulgazione di nuove leggi co minci le riforme dalla stessa reggia proibendovi le cos dette notturne sacre funzioni, mirando a repri mere quelle che sceller atamente por t avanne il nome (1). Pretestato nondimeno, governatore della Grecia in qualit di proconsolo e specchio dogni virt, esponendo che renderebbesi alle popolazioni fastidiosa e dispiacente
(i) T raiano a simile proibito avrebbe queste ragnnanze istituite con miglior fine dai cristiani, se Plinio, conoscendo la costoro innocenza, non avessevi frapposta la sua interces sione. T . S.

466 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA la vita se avesse effetto il divieto de misteri santissimi introdotti a raffre n a m e lo delluman genere, perm ise, cessando la forza della promulgata legge, lo eseguirli a norma de*riti, e non trascurando veruna delle patrie costumanze nella istituzione loro praticate. Tra questo mezzo que barbari oltre Reno, i quali durante la vita di Giuliano paventando il nome Romano teneansi paghi di non essere importunati nelle proprie sedi, all'annunzQ della morte di lui, valicati a fretta i confini apparecchiavansi a guerreggiare limpero. Ma Valentiniano conosciutene le disposizioni apprestava fanti, cavalli ed armati alla leggiera, comera il bisogno, e guerniva delle necessarie truppe le citt site alla riva del Reno, n privo affatto di belliche discipline tanto operava. Affollavansi in questa da ogni banda presso a Valente molti s tu r b i, poich menato avendo in prima oziosa vita e dimprovviso partecipato limpero trovavasi inetto a sostenerne il grave peso. I Persiani di pi vedendo migliorata lor condizione per la tregua stabilita sotto il defonto imperatore e per essere addivenuti padroni di Nisibi, postisi a predare sfrenatamente e sconvolgere le orientali citt provocarono contro di s l'augusto, al cui uscir di Costantinopoli suscilossi una ribellione essendo ne Procopio autore. Giuliano, per legami di sangue con segnato avendogli parte delle truppe coll ordine di avviarsi unitamente a Sebastiano nell Adiabene e ve nire ad incontrarlo m entr egli battendo altro sentiero iva a combattere il nem ico, fregiav alo della imperiale veste senza che nessuno congetturarne potesse il mo-

LIBRO QUARTO. 467 tivo {4). Ma poscia cangiatosi dal Nume il turno de gli eventi, ed asceso, morto Giuliano, limperial soglio Gioviano, Procopio tosto comparvegli innanzi, e depo nendo in sue mani il prefato distintivo fecegli confes sione del perch ricevuto lo avesse. Pregavalo ad unotta istantemente che lo sciogliesse dal giuro addimandato dalla milizia, bramoso di passare a tranquilla vit a e de dicarsi allo studio dellagricoltura ed alle domestiche faccende (2). Graziato di quanto chiedea recossi, in com p agnia della consorte e della p ro le , a Cesarea, citt de Cappadoci, risoluto di farla sua stanza , posse dendovi campi di molto prezzo (5). Ora mentre col dimorava, Valentiniano e Valente saliti in trono,'aven dolo anche da prim a per sospetto, mandano di lancio messi ad arrestarlo. Egli senza opposizione si d loro per essere tradotto ovunque abbiano divisato, implo rando soltanto licenza di parlare alla moglie e vedere i figli. Riportatone il permesso invitali a banchettare, e non a pena avvinazzati, di corsa incamminasi con tutta
(i) Marcellino si fa a darne ragione dicendo : Ch al venir meno de' soccorsi alle Romane faccende, egli procurasse tostamente di essere eletto imperatore. T. S. (a) Costai, secondo Marcellino, per non soggiacere a morte senza condanna in forza del motivo precedentemente addotto, estim sottrarsi dagli altrai sguardi. T . S. (3) Ben altramente riportato il fallo da Marcellino, il qaale scrive che P rocopio soggiornando in Calcedone recavasi tratto tratto di ascoso in CoslanliDopoli per darvi orecchio alle voci, onde cercare occasione, presentandosene alcana, di macchinare novitadi.

468 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA la famiglia al Ponto Eussino, ove montato in nave mette alla vela dirigendosi verso la Taurica Cherroneso. Ma dopo qualche tempo conosciutine gli abitatori di nessu na fede, preso da timore non lo tradissero a coloro che giuntivi ne farebbon ricerca, al passar oltre un legno da carico, tra le notturne tenebre andatovi a bordo con tutti li suoi arriva a Costantinopoli. Quivi ospitato da un antico famigliare (4), e datosi a considerare lo stato della citt dopo l ' imperiale partenza, forma il pensiero [di aspirare al tro n o , dandovi principio coll ' impadronirsi di quelle mura.' Aveavi in Costantinopoli un eunuco di nome Euge nio, n da gran pezza discacciato dalla reggia per se gni di poca affezione ai monarchi. Procopio stretta seco amicizia sapendolo in ispecie doviziosissimo, gli appalesa chi eg li sia, perch trovisi in Costantinopoli, e come poter giugnere al divisato scopo. Promessagli da costui assistenza ed anche, all'uopo, danaro, studiaronsi innanzi tutto sedurre con larghi doni la guernigione della citt, due corpi di truppe formandone il totale (2). Armati inoltre di leggieri molti schiavi, e non pochi offerendo loro volontariamente s stessi e le proprie facoltadi, a notte bene avanzata guidarono le raccolte forze in quelle m ura, scompigliandovi tutti
(i) Nomato Strategio, e da palatino milite addivenuto senatore. T . S. (a) 1 Divilesi ed i Tung rilaoi, da Procopio sedotti colla speranza di larghissimi premj. D i Eugenio nulla si legge io Annoiano Marcellino. T . S.

LIBRO QUARTO. 109 gli a b itato ri, i quali abbandonate le case miraron Pro copio d'improvviso addivenuto re da scena. Surse allora nella c itt grandissimo tumulto, n eravi uom di quelli che p o tu to avrebbero salvar la rapubblica nella repen tina congiuntura di questo tentativo. Procopio intanto ritenea immaturo il tempo di aprirsi a molti, e che vie meglio riuscito sarebbe a mettere stabil piede sul trono proseguendo a rimanere occulto il suo disegno. Impa dronitosi poscia di Cesario, nominato dagli imperatori alla prefettura della citt, e di Nebridio, succeduto a Sal lustio in quella del pretorio; costrinseli a scrivere ai lo ro suggetti quanto reputava di suo maggior profit to (1). Oltre di che in separati luoghi custodivali ad ev itar loro ogni comunicazione di consigli. Fatte que ste disposizioni calc pomposamente la via del pretorio, e sa lita la ringhiera innanzi ad esso empi gli ascolta to ri di speranze e magnifiche promesse; quindi ent r ow i per soprantendere al resto. Egli di pi vedendo che le truppe, non ancora som messe ad imperiale comando, essendosi Valentiniano e Valente partiti di fresco l ' esercito, ivano alla rinfusa qua e l a zonzo stabil, mandar loro gente per trarne il maggior numero possibile al suo partito, agevole riu scita distribuendo cos ai militi come ai duci molta pe(i) Merc di che il conte Giulio chiamato in Costanti nopoli, come per comando imperiale., da premurosa lettera di Nebridio, in carcere tuttora, per discorrere seco intorno ai commovimenti de' barbari, ? rimanea sotto rigorosa custodia. Marceli., lib. xxvi.

Zosmo. Della nuova Istoria.

11*

170 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA cunia (1). Acquistata siifattamente non dispregevol quantit di armati allestivasi ad affrontare il nemico. Spedisce dunque Marcello con milizie in Bitinia ad ar restare Sereniano ed i cavalieri imperiali condotti seco, sperando abbatterli. Ma queglino ritirandosi, fuggendo, in Cizico, Marcello con battaglia navale e colla terrestre soldatesca riportatane vittoria conquist la citt (2), donde partito giunse ad arrestare ed uccidere Sere niano campato in Lidia. Procopio, elevatosi a grandi speranze pel felicissimo avvenimento e per la vittoria, accumulava a poco a po co truppe, e gi da molti lo si contava tale cresciuto in forze da poter venire alle armi coll'imperatore, tanto le Romane legioni quanto le milizie debarbari corren* do sotto le sue bandiere. Oltre di che lo splendore della parentela coll imperatore Giuliano e lo averlo ac compagnato in tutte le guerre da lui sostenute era di molto eccitamento a seguirne le parti. Mandata in oltre ambasceria al principe degli Sciti di l dallIstro, aveane a confederati di guerra diecimila robusti com battenti, ed altre barbariche nazioni addimandavangli elleno pure di partecipare l impresa. Escogitando poi che non converrebbegli portar le armi ad un tempo
(i) Imperciocch, varie turine di soldatesca passando, al trove dirette, per la Tracia, con lusinghe e liberalmente ac coltevi giurarono sotto imprecazioni orrende fedelt a Procopk. T . S. (3) Questa citt fa presa mediante uno stratagemma del tribuno Alisone. Marcellino, lib. cit.

LIBRO QUARTO. 171 contro ambo gli imperanti, divis affront are da p rima il p i vicino, lasciando alla sua mente il pensiero delle susseguenti operazioni. Procopio queste fila ordiva. Valente di stanza nella Frigia Galazia alludire lav venu t a sommossa impauritosi cadde in grave turba men t o danimo ; se non che esortato da Arbizione a far cuore apprestava le milizie di cui poteva al momento d isp o rre , onde accingersi alla guerra, annunziando in p a ri tempo al fratello Valentiniano i gravi tentativi da P rocopio macchinati. Ma questi rifiutavasi al tutto di spedire aiuti ad uno che stato era incapace di vegliare alla difesa e custodi a del fidatogli impero. Valente poi ordinandosi alla pugna conferito avea la capitananza dellesercito ad Arbizione, il quale, non ancor venute le truppe allarm i,usando qualche imperatoria destrezza insidiava alla temerit del ribello (1), aescando moltis sim i di quelli seco lui militanti per antivederne, po n endoli ad esame, i concepiti disegni. Entrambi gli eserciti da ultimo venuti a battaglia presso Tiatira, nel-

(i) Mentre Procopio andava attorno in lettiga eolia figlinolina di Coslanzo e colla madre, ponendo in questo divisa mento la massima importanza della guerra, Arbizione pi avanzato di et e grado , appalesando insieme una veneranda canizie, al vedere molti disposti alla fellonia , dava a Procopio il no

me di pubblico assassino ed alle truppe sedotte dal costui er rore. quello di fig li e di partecipi delle sue antecedenti fati che, e pregavate seguissero anzi lui quasi padre e conosciuto per le sue fe lic i geste, che uno scellerato impostore , prossi mo ad etsere sconfitto ed ucciso. Marceli., lib. XXVI.

172 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA lo scontro per poco i seguaci di Procopio, ottenuta v ittoria, non portaronlo al tro n o , quantunque Ormi sda figlio del Persiano avente l'egual nome parato fosse nell'aringo vincitore. Volle non di meno fortuna che Gomario (1), altro dei comandanti di Procopio e ad uno imperiale favoreggiatore, nella foga della pu gna con alta voce proferisse il nome dell' augusto , al cui grido, come a predisposto segno, fecero eco tu tti li suoi commilitoni, e quindi l'intero numero de' Procopiani pass nelle file di Valente. Questi dopo la vittoria entrato in Sardi e di l bat tuto il sentiero della Frigia conobbe esser campato il ribello in Nacolia, citt, ove Aplone (2) comandante il presidio, ma dall imperatore tenendo, combinato avea le cose in modo acconcio a favor irl o. Valente di forza conquistatene le mura pervenne ad impossessarsi del rivale, n trascorso lungo tempo ebbe in sue mani an che Marcello, condannando allora entrambi a morte (3). Rinvenuta in seguito presso Marcello una veste impe riale da Procopio consegnatagli, mont in grandissima collera, ed aspramente inveiva contra tutti, non solo an dando in traccia di quanti aiutato aveanlo coll opera, ma di quelli ancora che parteciparonne i consigli e
(i) Gom oar io, Marceli. (a) Agitone. Venuti alle armi presso Nacolia , e dubbio essendo Fesito della battaglia, il duce Agitone con una repen tina scorreria decise Taringo. Marceli. (3) Proc opio soggiacque al supplizio, col quale i n , altri tempi Dario poni il tradit ore Besso. V . Zooara.

LIBRO QUARTO. 473 trascurarono appalesarne di lancio i macchinamenti. N ricorrendo aifatto a legale giudizio incrudeliva ver so ognuno, estendendo la sua indignazione tanto sopra i consapevoli del misfatto, quanto sopra i legati di pa ren tela o di amicizia col r e o , avvegnach non mac ch ia ti di colpa veruna. Tale andando le bisogne delle provincie commesse a V alente, il fratello Valentiniano a dimora presso de popoli oltrAlpi era pur egli esposto a gravissimi ed ino p in a ti sinistri. Poich i barb ari rammentando il sofferto d a Giuliano, dopo conferitogli il cesareo potere, non a p e n a ndironne la morte, scossa ogni temenza dagli ani m i e tornati dii antica naturale audacia, mettevano a s oqquadro senza eccezione i luoghi suggelli al Ro m a n o impero. Valentiniano adunque ito lor contro chiam olli a sanguinosa battaglia, ed i barbari vinci t o r i dellaringo seguivanne colle armi in pugno le or m e. Egli tuttavia determinossi a non evitare colla fuga il pericolo, e tollerato pazientemente lo scacco ricevuto, ne chiese gli autor i, coloro intendomi che primi volta rono le spalle. Avutene esattissime notizie comprovanti della rotta in colpa la Batavica legione, comand fosse ragunato in armi l'esercito, quasi profferir volendo alla truppa in ascolto parole, che dette pubblicamente riusc ir potessero vantaggiose all universale. Ma la sua favella diedesi ad imporre vergogna ed infamia per l intera vita ai giudicati rei della sconfitta, comandando che spogliati delle armi locati fossero da banda, messi all ' incanto come fuggitivi m ancipj, e consegnati per es sere tradotti, spettatrici le m ilizie, altrove, a chi ne

174 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA offerisse prezzo. Alla quale sentenza t u t t i , prostratisi in terra, supplichevoli pregavanlo che liberasse l'e se r cito da tanta ignom inia, promettendo insiememente di mostrarsi per lavvenire meritevoli del nome Romano. Laonde ordinato dall' augusto che le dichiarazioni loro venissero dai fatti comprovate, eglino snrti da terra ripigliarono, come d'uso, le armi, bramosi di rinnovare laringo. Usciti pertanto del vallo cos animosamente presero a battagliare che della sterminata barbarica moltitudine ben pochi tornarono salvi alle proprie case. Non altramente giunse a termine questa guerra contro ai Germani. Limperatore Valente, dopo la morte di Procopio condannati a pena capitale altri non pochi, e di alto numero applicate al fisco le sustanze, era in imbarazzi ritardanti la Persiana guerra , un grosso corpo di Sciti a dimora oltre il fiume Istro mandando sossopra le Ro mane frontiere. Laonde inviate a combatterli sufficienti milizie li arres t , e costrinseli a cedere le armi e ad abitare, fattone scompartimento, nelle sue citt site presso quel fiume, comandando che venissero custoditi in carcere, ma liberi dai ferri. Erano costoro gli spediti dal principe della nazione a Procopio per essergli con* federati in quella impresa. Lo Scita dunque dimandatane all' imperatore la restituzione, asserendo trasm essi, mediante ambasceria, a chi aveane allora pieno di ritto , l augusto non volle saperne, rispondendogli non essere mandati alla sua persona, ed imprigionati nqn come amici, bens come ostili; ripulsa donde trasse origine la Scitica guerra. Valente in seguito udito aven-

L IBRO QUARTO. 475 do che il nemico apparecchiavasi a molestare le Romane frontiere ed alluopo avea di gi ragunate frettolosa mente le sue tru p p e , colloc l'esercito presso la riva deU'Istro, e trattenendosi egli in Marcianopoli , princi palissima citt della Tracia (1), attendeavi del suo me glio alla istruzione de'militi nelle arm i, ed in ispecie a provvederli di tutti i bisogni della vita. Nom inoltre a prefetto del pre t orio Aussonio sollevatone in riguardo alla sua molta et Sallustio, comprendone per la seconda volta la magistratura. Ora il nuovo prefetto, avvegnach fosse per iscoppiare la tremenda guerra, se guiva non di meno giustizia nella riscossione de' tri buti, non permettendo si aggravasse alcuno oltre il do vere e le somme di che tenuto era al pagamento, e pro curando il trasporto della militare annona sopra grande copia di navi da carico alle bocche dellI s lro , e di l con barche fiumali alle cit t vicine ad esso, rinserrandovela, perch non avessero le truppe a difettarne. Durante ancora il verno provveduto in cotal modo ai bisogni della m ilizia, al cominciare di primavera l ' imperatore fatta vela da Marcianopoli ed arrivato co' pres idiarj allIstro assal nel campo loro i barbari, che non osando cimentare un pedestre aringo prestamente occultaronsi ne' paduli donde tramavano clandestine scorrerie. Egli allora comand alle sue genti di non muoversi, e raccolta la turba de' bagaglioni promise loro, unitamente ai difensori della salm eria, che pre
ti) Marcellino, lib. XXVIF, nota che sei prorineie costi tuivano la Tracia.

476 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA mierebbe con determinata somma d oro chiunque presentassegli la testa d'un barbaro. A tali parole ani matisi tutti per la speranza del guadagno, penetrano in quelle selve e paludi uccidendo quanti imbroccar possono. ed al mostrare i capi degli spenti ricevono lo stabilito guiderdone. Morto cos gran numero di ne mici , il resto con prieghi addimandava pace , e ripor tat one il sovrano consentimento si pass ad accordi per nulla disonorevoli alla maest romana (4). Impercioc ch dall una parte e dall altra si convenne di lasciare agli imperiali affatto salvo da molestie il possesso dogni bene avuto in proprio per lo addietro, e di rima nere mai sempre vietalo ai barbari il valico del Re n o, e lo scorrazzare le romane frontiere. L'imperatore fermata la pace prende la via di Co stantinopoli, ove, passato di questa vita il prefetto del pretorio, sustituisce Modesto nella vacante magistratura, ed ordinatevi le altre faccende corre a guerreggiare i Persiani. Ora mentregli volgea sue cure ai necessarj appre stamenti contro del nemico, l'imperatore Valentiniano^

(i) Atanarico, dace supremo delle Sc itiche genti, s tre tto asserendosi dai pi esecrandi giuri e comandi paterni a non mettere piede nnquemai sopra il Romano suolo, ris olTeni non potea ad an'azione vile e biasimevole col passare a quell'imperatore. Il perch osservando le navi spinte da re meggio nel mezzo del fiume ed aventi a bordo il sovrano e giadic* di quel popolo, deliber venire unitamente a suoi ad una pace seco lai ed alleanza. T . S.

LIBRO QUARTO. 177 stabiliti in acconcia gnisa gli affari de Germani, estim di provvedere eziandio al la futura sicurezza delle Cel tiche nazioni. Al qual uopo fatta leva di moltissima giovent, cosi infra debarbari abitatori lungo il Reno come t r a conladini de popoli sommessi al romano im pero, e scrittala neruoli militari, addestr i nuovi sol dati p e r m odo alle arm i, che nessuna delle geuti oltre Reno, paventandone il molto esercizio e la grande sperie n ia, o s per l'intero spazio di nove anni danneggiare le c itt suggette all'impero. Un Valentiniano (1) frat tanto bandito nellisola Britannica sotto accusa di aspi rare alla tirannide vi perd con essa la vita. Laugusto poi assalito da morbo per poco non pose termine a suoi giorni. Al risanare, i cortigiani di alto grado raccol tisi in con s iglio esortavanlo alla nomina d'un successore onde al sopraggiugnergli dellestremo fato la repubblica non avesse a patire sinistri. Egli dalle costoro parole commosso dichiar imperatore e collega nella signoria il figlio G raziano giovincello ancora, tocco non avendo compiutamente gli anni della pubert (2). Intanto che nelloccidentale impero cos andava la bisogna, P imperatore Valente all'orto apparecchiavasi, giusta i suoi primi divisamenti, a guerreggiare i Per(i) Valentino, tra queste cose , dimorando nella Britannia fu incolto da morte, prima di occupare la tirannide. Paolo Diac., lib. I I . (a) Intanto che Valentiniano era travagliato dal morb o altri addimandavano all'im pero Rustico Giuliano, ed altri Severo. T . S.

Zosmo. Della nuova Istoria.

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178 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA siani. A lento passo dunque procede olire, ed al rice vere le ambascerie delle citt soccorre, in quanto fa di mestieri, alle giuste loro dimande. Messo quindi piede in Antiochia attende con diligenza somma ai bellici apprestamenti, ed in quella reggia passato il verno, al gingnere di primavera calca la via di Gerapoli, don de nel guidare l'esercito contro al nemico appros sima tosi novamente il verno ripara altra fiata in Antiochia, venendo cos ritardata la persiana guerra. Nel soggior no fattovi accaddero non comuni vicende, che propon gomi ora di esporre. Un Teodoro annoverato infra gli imperiali notaj, di nobile schiatta, accuratamente cre sciuto, giovine tuttavia e quindi facile ad essere trasci nato a disoneste azioni dagli adulatori, cadde negli in ganni d uomini perfidissimi, i quali protestandosi ec cellenti nelle lettere persuadongli di essere al tutto am maestrati in una particolar foggia divinatoria, di ma niera che al mezzo di essa congetturare poteano i fu tu ri umani destini. Aggiugnevano di pi che bramosi di conoscere il personaggio cui assegnerebbesi dopo Valente il trono istituito aveano un tripode, il quale , accennasse loro con rito arcano le contingenze avveni re. Apparvero allora in esso scritte le lettere, . B o e di pi A. bastevoli ad indicare, quantunque non esprimenti la parola in te ra , la successione di Teodoro, morto Valente, all'im pero (1).
(l) Questa foggia divinatoria da Zonara chiamata Alectromantia. V. a simile Sozomeno, lib. V I , cap. 35; Marceli, lib. XXIX.

LIBRO QUARTO.

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Il giovinetto imbaldanzito per tali ciance mettesi a frequentare con soverchia cupidigia i cerretani e pre stigiatori, seco loro studiando come por mano a cos ardno i m prendimento. Se non che in questo mentre ac cusato delle sue trame all' imperatore soggiacque al me ritato ga stigo. Dopo la costui punigione ebbevi altro fatto d i memoria degno. Fortnnaziano, prefetto dellimperial fisco, giudicando reo di sortilegio uno de suoi dipendenti, Io condanna alle verghe, e quegli stretto da tormenti appalesa nuovi complici, come a lui noti; il perch vien trasferito il processo al tribunale di Mo desto prefetto del pretorio, avendovi tra dinunziati al cuni esenti dalla giurisdizione del primo che proferito avea sentenza. Tornansi dunque a chiamare in giudizio tu t t i , ed il principe incitato eccessivamente allira, pren de sospetto di quanti aveanvi celebri nelle filosofiche discipline ( l) ,o comunque scienziati, compresivi pur di quelli in onore presso la corte, e rappresentati ora in sidiatori. A tale evento non udivansi da ogni banda che p i anti e gem iti, essendo piene le carceri d innocenti vittime, e qua e l vagando quantit di gente superiore alla rimasa nelle cittadi. Oltre di che i guardiani dei prigionieri al capitarne di nuovi protestavansi insudi cienti a vegliare il numero de gi rinchiusi, e paven ta r e , aumentandolo ognor pi , e' non istudiassero nel
( 1 ) Valente non a (orto cos operava, tale addivenuta essendo in allor a la demenza <le' filosofi che reputavano dal voler loro dipendente il tor via un imperatore, ed il metterlo io tron o . V . Sct omeno, cp. citi1

480 ZOSIMO , DELLA NUOVA ISTORIA rinvenire un varco alla fuga. Ai calunniatori per lo con trario, franchi da qualsivoglia pericolo, al tro carico non era imposto salvo quello di accusare, e degli incolpati chi riportava mortale condanna senza legittime prnove, e chi veniva privo di sue facultadi, lasciando la con s o rte , la prole ed i congiunti al colmo della m iseria, non mirandosi che ad arricchire grandeme nte con tali vituperi. Primo degli illustri filosofi condotti a morte fa Mas simo, cui tenne dietro llario dalla Frigia, per aver e con maggior chiarezza interpretato un dubbio oracolo. Ad egual pena soggiacquero Simonide, Patrizio Lido, e An dronico originario della Caria, tutti pervenuti all'apice del sapere, ed anzi per invidia che per giuste ragion sentenziati. Permelteasi inoltre, tanta era la generale confusione, ai delatori, accompagnati da chiunque offerivasi loro, lentrata nelle case, l'arresto de' primi cui avveniv ansi, ed il farne consegna ai carnefici anche senza un precedente giudizio. Festo, a veruno secondo in co* siffatte ribalderie e pronto ad ogni maniera di crudel t, spedito erasi dall' imperatore nell'Asia col titolo di pro consolo, acci non rimanessevi scienziato veruno, e di spoticamente ne compiesse la distruzione. Laonde co stui, itone in traccia, quanti ne riscontrava, non calen* dogli punto di sommetterli ad esame com unque, pri vava della vita, e forzava il resto a spontaneo bando. A questo modo ebbero fine le sciagure che malme narono a cagion di Teodoro le cittadi. Valentiniano, quantunque si paresse di aver governato con modera zione la Germanica g u e rra , addivenuto era increscevo-

LIBRO QUARTO. m lissimo ai sudditi col porre eccessivo rigore nella riscos sione de' trib u ti, strappandoli con violenza mai pi in addietro praticata , ed a colorirne le molestie adducea s grave essere stato lo spendio per lacquisto della mi litare annona, che stretto da necessit dovuto avea spo gliar e il fisco della pcnnia tenu tavi in serbo. Il d che tira t o si addosso l'universale odio menava fierezza oltre il consueto, n vegliava punto i maestrati onde non si dessero ad illeciti guadagni, giunto a guardare con ci piglio cui fosse derivata gloria da irreprensibile vita. A p arlar schietto, ne vedevi i costumi ben diversi da quelli manifestati al principio del suo reggimento. Gli Africani poi mal comportando l avarizia di Romano (1), scelto all'ufficio di prefetto de'm iliti press i M anritani, ve s t ito della porpora Fermo proclam arono imperatore. Valentiniano all'annunzio turbatosi ,>n fuor di propo silo, comand tosto a varj corpi della milizia c h e , ab b andonate le guernigioni della Pannonia e della Misia superiore, navigassero alla volta dellAfrica. Dopo la co storo partita i Sarmati ed i Quadi, gi per lo innanzi di mal animo verso il duce posto a guardare que' luoghi ( ed erane il nome Celestio ), al solcare delle troppe le acque Africane assalgono i Pannonj ed i Misi. Poich Celestio sorpreso con frode, mancando alla promessa av(i) II quale confidando nella parentela d Remigio, mae stro in quel tempo degli ufficj, adoperalo erasi crudelmente in molte congiuntare ; ma Remigio travisando le sue riferte, come abbiamo da Marcellino, Valentinian o lungamente ignor i lagninosi Africani dispendj.

482 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA vaiorata da giuramento, il principe loro, ucciso avealo non levatisi ancora dalla mensa i convi tati. Laonde i Pannonj esposti furono alle barbariche scorrerie senza sperare aiuto dalle milizie che difendeano ezian dio negligentemente i luoghi m u ra ti, e non meno dei Sarmati e de Quadi travagliavano la regione sita di qua dal fiume. La Misia per converso in tale scompiglio non ebbe a patir danno, resistendo Teodosio maestro de lle milizie con grande animo al'nem ico, e forzandolo a cercare colla fuga salvezza ; rendutosi per s bella vit toria glorioso, pot nel tratto successivo conseguire lim pero; di ci terremo a suo tempo discorso. Valentiniano fremente ai ricevuti annunzj pass dai Celti nell' Illirico deliberando mover guerra ai Quadi e Sarmati ; d all uopo la capitananza dell esercito a Merobaude, riputato ad ogni altro superiore nell arte delle armi. Durando pi del consueto il verno, i Quadi col mezzo di legati rivolgongli contumeliosi discorsi, ed egli, udendone, corrucciatosi, e ridotto da soverchia ira quasi alla demenza, fu spento da sanguigno afflusso in bocca ostruendone le arterie vocali. Dimor nellillirico mesi nove meno pochi giorni, e termin la mortale car riera principiato l'anno dodicesimo del suo impero. Lui morto un fulmine caduto dal cielo in Sirmio arse la reggia insiem col foro, prodigio ritenuto di cat tivo augurio per la repubblica da coloro che interpre tano sinistramente cosiffatte vicende. In parecchi luoghi tremuoti scossero il suolo, e Creta ed il Peloponneso colla rimanente Grecia ebbero vie pi a p a tirn e , ove

LIBRO QUARTO. 183 molte citt rovinarono (1), la sola Atene e l'Attica re gione ite immuni dal flagello, ed eccone il perch. A quel tempo il pontefice Nestorio ebbe in sogno comandamento di tributare pubblici onori all eroe Achille, ed in gui derdone la citt p er l ' avvenire non soggiacerebbe a danni. Egli dunque partecipa ai magistrati la visione, ma costoro credendolo, per lavanzata et sua, delirante, nulla curarono l'avviso. Il pontefice allora tutto dubite vole intorno al partito da prendere fu da consigli di vini soccorso, obbedendo ai quali trasport l imagine delleroe, venerata in piccolo oratorio domestico, sotto il simulacro di Minerva locato nel virginale conclavio, ed ognora che sacrificava, giusta la consuetudine, alla Dea, p u r vittime aggiugnea , come portate dai riti, all'eroe. Di questo modo per lui adempiutosi col fatto al av viso ricevuto dorm endo, gli Ateniesi andarono esenti dal tremuoto che men da per tutto rovine, godendo la sola Attica del favore d'Achille. Che poi ci acca desse ne fa pruov a l inno scritto ad onore delleroe dal filosofo Siriano. Tanto a noi piacque aggiugnere, estimandolo non alieno dal nostro argomento. Morto Valentiniano Merobaude ed Equizio, tribuni delle legioni, sapendo Valente e Graziano di stanza in lontanissimi luoghi, l'uno essendo nelloriente e laltro dal genitore lascialo presso gli occidentali G a lli, per tema non i barbari di l d all' l stro al mirare i pubbli
ci) Marcellino all a fine del lib. X.X.VI narra che sotto il consolato di Valentinian o col fratello ndironsi orrendi tra muoli per tutta la circ onforenta dellorbe.

484 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, ci affari privi d'u n capo tramassero scorrerie, chiamato i f minor figlio di Valentiniano avuto dalla consorte (4) in prime nozze unita a Magnenzio, n lunge di l a dimora colla madre; inlroduconlo abbigliato di porpora nella reggia, contando a pena l'et sua un lustro. Dopo di che Graziano ed il piccolo Valentiniano partitosi l ' im pero, come opinarono i loro vicereggenti (addimandando cos la tenera et d'entram bi), il primo ebbe le Celtiche nazioni con tutta la Spagna e l'isola Britannica, ed il secondo, l'Italia, l'illiria e l'Africa. A ll'Im perator Valente poi sovrastavano da molt e bande guerreschi flutti. Gli Isauri (nomati dagli antori vuoi Pisidi, vuoi Solimi o Cilici montanari, serbandoci noi a fare qualche cenno di tali varianze allorquando la istoria presenter migliore occasione di parlarne), guastavano le citt della Licia e della Pamfilia, ed inetti ad impadronirsi di quelle m u ra te , ponevanne a sacco le camp agne; al che mandando l'imperatore , fermo in Antioehia, idonee milizie a combatterli, eglino con tutta la preda ripar avano sopra alpestrissimi poggi, e le infingardissime truppe spedite lor contro rifiutavansi dall' incalciarli, o dal rimediare in guisa comunque alla trista condizione delle cittadi. Tale operando gli Isauri una barbarica popolazione assal le scitiche gen t i olire il fiume Istro. Popolazione,
() La cui bellezza Tenendo lodata dalla consorte di Va lentiniano questi la spos, come narra Paolo Diacono, ed in grazia di lei pnbblic legge accordando a qnanti lo bramassero, di potere contrarre impunemente due matrimonj. T . S.

LIBRO QUARTO. 185 rip eto, fin qui sconosciuta e d'improvviso comparsa. Il volgo appellavali Unni, se poi abbiansi a dire Sciti re gii , o abitatori dell Istro con E rodoto, descrivendoli camusi e non atti alla guerra, o che fossersi al postutto dallAsia trasferiti in Europa, a noi poco monta. Rife rir solo di aver letto nelle istorie che dalla melma deposta dal Tanai il Bosporo Cimmerio, pigliata forma di terra, forn loro mezzo di passare dallAsia in Euro* pa. Checch ne sia, eglino partitisi colle donne, colla prole, co cavalli e con le suppellettili di proprio uso giunsero a sorprendere gli abitatori a confine dell'Istro. E' p er verit non potevano affatto n sapeano pedestri guerreggiare il nemico (e come accingervisi inetti per fin o a stampare co' piedi orme ferme sul terreno (1), tu tto il giorno tenendosi in arcione e dormendovi la notte?), ma gli uni cavalcando all'intorno, scorrazzando gli altri ed opportunamente ritirandosi menavano con assiduo trar d arco immensa strage infra gli,Sciti. Que sti adunque per tali frequenti scaramugi ridotti furo no, quanti ebbero mezzo di campare la v ita , a cedere le proprie abitazioni al nemico, fuggendo sull' opposta riva dell'Istro, ove arrestatisi addimandavano suppli chevoli all imperatore che volesse rice t ta r li, promet tendogli fedelt e costante alleanza. I prefetti de'presidj
(i) I loro calzari, cos Marcellino, lib. XX.XI, non forma veruna impediscono di stampare liberi passi. II riescono poco adatti alle pedestri battaglie, ma quasi cali ai cavalli e tal volta in arcione alla foggia delle eseguiscono i consueti ufficj T i S.
Z o s im o .

aventi perch attac doune

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186 ZOSIMO, DEIX NUOVA ISTORIA a guardia delle citt presso il fiume tardarono risp o n dere alla proposta infinattantoch fosse nota loro la volon t del principe, il quale permise, spogliatili d elle a rm i, di secondarne la inchiesta. I tribuni legionari pertanto ed i comandanti delle truppe traghettarono il fiume per menare i barbari disarmati sopra le r o mane frontiere. Ma che? eglino per lo contrario attesero unicamente a scegliere il sesso femminile di avvenen tissimo aspetto; a far caccia de' pi avvistati fanciulli per nefando uso , ed a provvedersi di bagaglioni.e di agricoltori ; ponendo cos ogni lor cura in simiglianti nequizie, mettevano compiutamente in abbandono gli ordini di comun vantaggio. Laonde molti barbari di ascoso nel trapasso dell* Istro portarono seco le armi, e calcata la Romana terra affollar on si, dimentichi ai fatto delle precedenti suppliche e degiuri, in tutta la Tracia , nella Pannonia e nelle Macedoniche e Tessale regioni, predando quanto appariva agli sguardi loro. Gravissimi perigli conseguentemente sovrastando a que' luoghi, presentansi messi al principe collannun zio di siffatte bisogne, ed e g li, combinate alla me glio le persiane brighe, parte da Antiochia, e pigliata la via di Costantinopoli, a gran giornate si fa nella Tracia per guerreggiare gli Sciti. L esercito, postosi in cammino, seguito dal principe stesso, fu spettatore del portento che sono per narrare. Vide giacente in su la strada uman corpo allintutto privo di moto e simile da i capo ai pi ad ucciso a colpi di bastone, avente bens gli occhi aperti e rivolgendoli a quanti andavangli dap presso. Interrog ato chi si fosse, di qual p a tria , e da

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cu i in tanto mala guisa concio egli non rispondea verbo.


Il perch ritenutolo un vero prodigio vien m ostrato, col di passaggio, al principe. Questi eziandio ripeteagli le stesse dom ande, ma indarno ; talch non esti* mavasi pi in vita osservandone affatto privo di mo to il corpo, n all' in tutto morto apparendone gli oc chi nel pieno loro esercizio. Dileguossi finalmente a un tratto il prodigio. I circostanti adunque nella incertezza d i consiglio, ebbero ricorso ad uomini maestsevoli nell ' interpretare di tali eventi , i quali asserivanlo presa* gio di quanto accadrebbe alla repubblica; e che sarebbe p er durare l'aspetto delle parti ammortite e logore dalle battiture e simili ad imminente morte infinat* tanto non rimanesse pi segno veruno delle iniquit de' magistrati e degli ammiuistratori ; n a torlo vera giudicheremo la spiegazione, mettendo per singulo ogni cosa ad esame. L'im peratore Valente osservando tutta la Tracia oppressa dagli Scitici guasti risolv mandare in prima contro alla cavalleria loro i condotti seco dall' oriente peritissimi delle pugne in scila. Questi pertanto avu tone il comando, gli uni dopo gli altri ed in poco nu mero alla volta, uscirono delle porte di Costantinopoli e lanciottando il nemico allontanatosi da suoi commili toni recavanne ogni d molti capi. Gli Sciti allora esti mando assai diificile impresa il superare la velocit dei Romani cavalli ed i colpi delle aste de'guerrieri in sella risolverono tranellare la saracenica gente. Laonde, ascose insidie in bassi luoghi, tre di essi tentarono sorprendere un turco, ma la prestezza ed agilit de'saraceni cavalli ed

488 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA il sottr arside'cavalieri a piacimento allessere da m ag gior copia di avversarj assaliti renderonne vane le conce pite speranze.I turchi allora a spron battuto scagliandosi contro depi lenti alla corsa feronne s grande s tra g e che ridottili alla disperazione e'bramato avrebbero o n de evitare un totale sterminio, valicato nova mente il R eno, darsi agli Unni. Ritiratisi quindi per lungo tratto dal suolo presso Costantinopoli fornirono mezzo all'imperatore di spignere vie pi innanzi le sue tru p pe. Mentre l'augusto, rivolta la mente a disporre il go verno della guerra sovrastandogli cotanti nem ici , an noiato era della nequizia d e'm agistrati, n osava nel correre s gravi disturbi levarli di carica, dubbioso nella scelta di nuovi, non avendovi a parer suo alcuno adatto a compierne i doveri, ecco venirgli innanzi Se bastiano, il quale partitosi dalloccidente, vedendovi gli imperatori, colpa la tenerissima et d'entram bi, inca paci di comprendere da s stessi le bisogne dello stato e mai sempre secondanti le calunnie degli eunuchi pre fetti cubi cu la ri, stabil calcare la via di Costanti nopoli. Valente pigliata di tutto lingua e noti essendogli i lumi di questo personaggio cos nelle belliche im prese come in ogni ramo della pubblica amministra zione, fidagli, nominatolo pretore delle truppe, la capi' taneria, con piena autorit, di quella guerra. Sebastia no adunque considerata leffeminatezza ed infingardag gine somma de'Bizantini militi e duci, esperti gli uni e gli altri unicamente della fuga e de meschini donne schi amoreggiamene, addimand soli due mila gner*

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r ie r i , ma da lui scelti infra le schiere. Imperciocch difficile opinava il comandare a molta gente avvezza a trascurata disciplina, n presentare cotanta malagevo lezza il presiedere a pochi, e dalle morbide consuetu dini disporli ad ornarsi di virili; tornare daltronde a m iglior conto il mettere a ripentaglio scarso numero' di combattenti, che non l'intero esercito. Persuaso con tali parole Valente ed ottenuta la fattagli inchiesta non t r a s ceglie i cresciuti nel timore, ed esercitati nella fuga, bens gli scritti recentemente ne' r u o l i e dalla natura forniti di ottime corporali d o t i , aventi in o ltT e l appa renza, ad un occhio perito nel conghietturare, di riu scire acconci a qualunque impresa venissero animati. Principia dunque tosto ad esaminarne per singuln i naturali doni e col frequente esercizio supplisce il di pi. Loda e premia i d o c i l i ai comandi, e c o n t r o ai di sobbedienti veste le sembianze di austero ed inesora bile duce; addestratili cos ad ogni arte guerresca ri para in citt murale, mirando innanzi tutto alla sicu rezza loro. Di l con assidue insidie strignesi improv visamente addosso ai barbari usciti per foraggio, e tro vandone di quelli p o r t a n t i preda li muore recando in p o ter suo il bottino; uccide gli avvinazzati, ed altri lavanti i loro corpi nel fiume. Distru t ta con tali rappresaglie quantit di Sciti e dalla tema represso il resto dal foraggiare destoglisi contro invidia, natone quindi astio, e non tardarongli querele appo il monarca, autori essendone i tolti di carica, incitando alla infame azione gli aulici eunuchi. Indotto di questa guisa malvagiamente qualche so-

490 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA spetto nellim peratore, Sebastiano lo avvisa di nod abbandonare la sua dimora, n cimentarsi a proceder oltre, facile non essendo con tanta moltitudine di gente il venire a dichiarata guerra col nemico, ma far uopo con rigiri ed impreveduti assalimenti accattar tempo onde la diflalla di vittuaglia lo forzi, per dispera zione, o alla resa, ovvero a retrocedere dal suolo Ro mano , e piuttosto sommettersi agli Unni che a mi serande stragi solite compagne della fame. Se non se mentr egli cos ammonivaio i favoreggiatori d un contrario partito eran tutti nell eccitarlo a d . uscire a campo alla testa dell' intero esercito ( 1), come se fatto gi eccidio della maggior parte de'barbari, il principe fosse per riportarne compiuta vittoria. Seguit osi da Va lente il consiglio peggiore, il destino anch'egli vi corri spose, ed alle universe truppe guidate senza ordine ve runo alla pugna i barbari di colpo iti incontro e rimasi vincitori di gran lunga nell' aringo quasi pienamente giunsero ad annientarle. Ritiratosi poscia l ' Augusto a corsa con piccola scorta de' suoi in una borgata non cinta di muro, fu il luogo attorniato da combustibile materia, ed appic atole fuoco quanti aveanvi l entro

() Adduco la principale cagione motrice di Valente: Da Melantlade, imperiale villa presso Costantinopoli, fa lle partire le insegne affrettavasi di agguagliare con egregia im presa il gioviti figlio del germano , gelosissimo addivenuto delle costui virtudi, il quale fren per modo i feroci Alemanni oh' e' volontariamente addimandarono il permesso di retroce dere alle proprie cote. Marcel., lib. X X X I.

LIBRO QUARTO.

militi e borghigiani caddero vittime delle fiamme, n fuvvi chi rinvenire potesse l imperiai corpo (1). In questa pressoch disperata condizio ne delle im periali faccende Vittore comandante deRomani cavalieri campato con altri pochi dal massacro avviossi nella Macedonia e Tessaglia e di l nella Misia e Pannonia, ove espose a Graziano, quivi di stanza, loccorso, insiem colla m orte di Valente e colla distruzione dellesercito. Quegli non molto addolor udendo la perdita del zio, surta fra loro essendo qualche ruggine, e poich vedevasi non sufficiente al governo di cos malconce po polazioni, occupata essendo la Tracia dai barbari, la Misia e la Pannonia travagliate anch elleno dai con finanti Sciti, molti de quali a dimora presso Reno dati eransi, franchi da impedimento comunque , a turbare le genti, elesse a collega dell impero Teodosio origina rio di Canea, citt della Ispanica Callegia, guerriero non privo di cognizioni per sostenere un militare co m ando. Posti dunque sotto il costui reggimento gli affari della Tracia e dell Oriente, egli incamminossi agli Occidentali Galati p er assettare, potendo, le occo renze di que luoghi. Durante il soggiorno dell imperatore Teodosio in
(i) U imperatore al primo calar delle tenebre essendo infra m iliti, come supponeasi ('poich nessuno attesta d i aver lo veduto), cadileferito gravemente di saetta, ed esal quindi lo spirito , n in alcun luogo f u pi rinvenuto. Marcel., il quale poco dopo aggingne essere pi T erisim ile che Valen te ascisse di vita nel modo riferito dal Nostro. T . S.

192 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA Tessalonica ebbevi grande concorso di forestieri ad esporre pubbliche e private distrette, ed im petrato quanto era conforme a giustizia ritrassero da quelle m ura il piede. Trapassato poscia il fiume da immenso stuolo di Sciti abitatori oltre Istro, di Gotti, intendomi, di Taifali e di altre razze solite in prima a vivere insiem con essi, e per forzati a gravare la romana signoria, grande quantit di Unni occupate avendone le te r r e , l'im peratore Teodosio apparecchiavasi a guerreggiarli con tutte le truppe. Ora questi barbari sparpaglia tisi per l'intera Tracia, le guernigioni di quelle citt e castella non osavano uscire neppure a brevissima di stanza dai luoghi forti e molto meno combatterli in campo. Modare tuttavia di stirpe regale presso gli Sciti, n da lungo tempo disertato ai Romani e mostrato s i fedele ai loro servigi conseguito avea la prefettura de m iliti, condotte sue genti in su dun colle piano alla cim a, quasi colto, ed assai esteso, ivi si tenea, il nemico affatto ignorandone l'operato. Inteso poscia d a gli esploratori che tutti gli Sciti, fatto mal uso d e lla vittuaglia, giaceansi in istato d'ebbrezza cos nel piano sottoposto al colle ed altrove, come nelle borgate priv e di munizioni, comanda a suoi che tacitamente impu gnate le sole spade e gli scudi, n curantisi di maggiori o pi grevi armi e del condensamento, giusta l'usanza, degli sc u d i, assalganli menti- e' sono dall'eccessivo stravizzo indeboliti. Corso brevissimo tempo dall' or dine ricevuto i militi caduti sopra d e barb ari uccidonli dal primo all'ultim o, ferendone alcuni affatto involti nel sopore, chi tra la veglia ed il so n n o , e chi

LIBRO QUARTO. 195 in altre variate guise. Non avendovene pi di viventi spogliano i cadaveri, ed impadronitisi delle donne e de fanciulli addiveng o no possessori di quattro mila c a rr i, non voiemlovene meno pel trasporto di tanti prigioni. Menano a simile in servaggio coloro , i quali seguivano pedoni le carra ed a vicenda, giusta l'u sanza d i que* luoghi, stanchi dal camminare e bisognevoli di riposo montavanli. La Tracia, da prima in estremo pericolo di rovina, dopo tale avvenimento, andandone i Romani debitori a lla buona fortuna, racqni st fuor d'ogni speranza colla nemica strage la sna quiete. L'imperiale dominio neH'Oriente, per tornare ad esso, in fo rz a di eguali sinis tri poco manc non soggiacesse all'ultima delle sciagure, quando gli Unni preso a combattere gli Sciti d i l d a ll'Istro, costoro, incapaci di respignerne gli a tta c ch i, pregarono Valente a que' d seduto in trono che volesse accoglierli nella Tracia promettendogli vas sallaggio e lega, come pure obbedienza a tutti li suoi comandamenti. L'imperatore persuaso delle udite pro teste v' acconsente, e divisando avere idonea guaren tigia della fedelt loro crescendone la prole tuttora n on giunta agli anni della pubert sotto altro cielo , manda g r an numero di que' fanciulletti nell' Orien t e, destinando a vegliarne la educazione e la custodia Giu lio, la cui avvedutezza ed attitudine pareangli pi che sufficienti a compiere entrambi gli uffici. Costui di viseli per le citt, ond'eglino trovandosi in molta copia riuniti non avessero mezzo di tram are novit adi, n, lnnge dai parenti, accordassersi all'uopo. Se non che i Z o si m o . Della nuova Istoria. 13

194 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA piccoli barbari pervenuti alla giovent, udendo assai a malincorpo entro le citt il racconto delle vicende sof ferte nella Tracia dlia propria stirpe, infra loro abboccansi, quanti erano a dimora nello stesso luogo, e di celato annunziano ai soggiornanti altrove eh' e divisa vano assalendo le romane citt vendicare le offese tol lerale dal proprio sangue e dalla nazione. Giulio cono sciutene le mene e privo di consiglio per guastarle, te mendone altres i pronti conati ovunque d ire tti, ri solv tuttavia di non farne verbo all imperatore s per essere questi a dimora nel paese de Macedoni, e s an cora per averne ricevuta la soprantendenza da Valente e non da Teodosio, inalzato di poi al supremo coman do, il quale lrse ignorava chi e si fosse. Fattone per tanto avvertito con lettera il senato Costantinopolitano ed avuta da esso facolt di por mano a quelli provvedi menti che ritenesse pi acconci, allontan dalle cittadi il sovrastante periglio come prendo a narrare. Chiamati a s i militari prefetti delle truppe e richiestili del giu ramento partecipa loro le sue intenzioni. Eglino, por tovi orecchio, spargono voce tra'barbari di ciascheduna citt che l ' imperatore largheggiar volendo seco loro non solo di pecunia, ma ben anche di cam pi, onde amicarli alla sua persona ed al popolo Romano, invitavali a convenire in determinalo giorno entro le me tropoli. I giovani da s belle speranze animati differi scono, reprimendo alcun poco lo sdegno, l'imprendere la rovina di que'luoghi, ed al giugnere il d stabilito corron tulli dove indicato avea il comando. I militi a si mile non dimentichi degli ordini ricevuli, ascesi li tet ti

LIBRO QUARTO.

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al di sopra de fori, a colpi di sassi e dardi percuotono


la barbarica moltitudine ivi raccolta , proseguendone la strage infinattantoch pervennero a farne to tale ster m inio, liberando cos le Orientali popolazioni dal mi nacciato disastro (1). Finite in tal gn isa, merc l'accorgimento dei mili tari prefetti, le calamitadi cui soggiacquero la Tracia e l Oriente, l'imperatore Teodosio, fermo ancora in Tessalonica, mostravasi accessibile a quanti addimandavano u d ienza; ma principiato il suo governo dalla volutt e t rascurataggine perturb gli uffici de' magistrati messi Ila direzione delle pubbliche faccende portando il nu mero de comandanti l'esercito al di l di quello per l'addietro statuito. Pruova ne sia che avendovi da pri ma un solo maestro della cavalleria ed un prefetto delle milizie pedestri, le stesse magistrature distribuite fu rono da lui a pi di cinque personaggi, donde per la . molta vittuaria ebbe aggravio il fisco. Imperciocch non P' a due soli duci ma a cinque ed anche ad un maggior numero veniva per intiero somministrato quel tanto che antecedentemente ricevea ognuno dei due. -Espose di parit le truppe allavarizia di cosi molteplici m agistrati, volendo ciaschedano di essi non una par te, ma il totale, come se due unicamente fossero, ed esercitava altres quasi la professione dello ste , dalla militare annona ritraendo gnadagno. N tuttavia pago aument s grandemente il numero dei prefe t ti delle
(i) Ques to fallo riportalo in compendio anche da Mar cellino verso la fine della sua opera. T . S.

496 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA ale e dei comandanti le turmc che laseiollo d d dop pio maggiore di quanto fosse per lo addietr o , ed infrattanto i militi nulla prendeano delle sommi n istra zioni fatte loro dal fsco. L'enorme avarizia dunque e la negligenza dell' imperatore a tate ridusse le cose. Egli a simile fn il primo a scialacquare copiosissimo da naro per la imperiale mensa, istituiti avendo a cagione della quantit de' cibi e della squisitezza nell' appr e starli numerosissimi cuochi e mescitori, die se d acci n gessimo ad enumerarli dovremmo p or mano a ben lunga narrazione. A che pr inoltre estendere i nostri detti nellannover are la immensa caterva degli eunu chi a servigio di l u i , molti de' quali, i pi avvenen t i soprattutto d d la persona, destinati erano ad in tro durre i meritevoli del buon voler loro, padroneggiando eglino tutto l'im p e ro , ed aventi il potere di volgere a norma d d proprj desiderj l'anim o del monarca ? Sn di essi, ripeto, a che pr intrattenerci pi a lungo per dimos trare derivata da s cattivo reggimento la pub blica, rovina? Mentre poi cos alla spensierata consu mava le sustanze del fisco a beneficio degli immerite voli era in continuo bisogno di molto danaro, ed a prov vederlo esponeva in vendita le prefett ure delle provis ele a chiunque presentavasi, non curando punto di esa minare la riputazione e la costumatezza de'candida t i, ma giudicandone acconcio chiunque offeriva maggior somma d 'oro o di argento; il perch vedevansi ban chieri, cambia t ori ed altri esercenti vilissime profes-# sioni passeggiare nel foro adorni delle ins egne dei ma gistrali, e le provincie governate dai pi danarosi.

LIBRO QUARTO. 497 Voi la la repubblica al peggio da queste innova zioni, ben presto vennero anche meno le forze militari e quasi ridotte a nulla. Era nelle citt m ancante il da naro esa uritane parte dalle eccessive grav ezze e parte dallavarizia demagis trati pronti ad opprimere con frodi chiunque non sapea ricorrer e ad ogni maniera di sommessione per conciliarsi gli insaziabili animi lor o, e ra t t enuti a pena dal serbare in proprio quel tanto di cui eran costretti a render conto per le occorrenze d ello stato. Laonde gli abitatori delle citt, afflitti dalla miseria e dalla indiscretezza degovernatori, conducendo infelice e lamentabile vita dirizzavansi umilmente al Nume pregandolo che volesse liberarli da tante gravi s sime calamitadi. Imperciocch vietato ancora non era. il frequentare i tempj, e coi patrii riti placarvi le Di vinit (4). L imp eratore Teodosio poi osservando m olto sce mati gli eserciti permise ai barbari oltre Istro di ve nire, chiunque bram asse, a lui, promettendo loro di scriverli ne ruoli m ilitari , ed eglino, consentendovi, al passare in quel de Romani posti erano al soldo. Ma considerato in seguito che aumentandone di sover chio il numero potuto avrebbero a bell agio assalire la repubblica e addivenirne padroni ; anzi mirando gi la costoro moltitudine superiore a quella delle sue g en ti, e ripensando che non avrebbevi mezzo, datisi a trasgredire i p a tti, di tenerli a fren o , estim pi
(i) Facolti poco d opo tolta, come abbiamo da Sozomene lib. V II, c. 1 0 , e da T eo d ., lib. V. T . S.

198 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA vantaggioso di unirne parte a' suoi militi di stanza nell'Egitto, richiamando in cambio presso di s qual che numero degli esistenti col sotto i vessilli delle complete legioni. Venuti allopera, viaggiavano, a norma dellimperiale comando, cosi quelli di ritor no dallEgitto come questi in cammino per surrogarli, se non che i primi traversando le citt quietamente prowedeansi a giusto prezzo i bisogni della vita; gli altri al contrario, privi affatto di ritegno, nel passaggio loro dispotica mente carpivano le cose in vendita ne* mercati. Con corsi ad un tempo entrambi in Filadelfia, citt dei l i d i i , gli Egizj di numero assai inferiori ai barbari obbedivano agli ordini de loro capitani, ma gli Sciti nsurpavansi maggiori diritti. Ora tale dei venditori nel foro addimandato avendo a uno di essi il prezzo sta bilito della consegnata merce, il barbaro ferivalo di spa d a , minacciando insiememente egual sorte a chi osasse farsi aiutatore dell offeso. Gli Egiziani quivi presenti, compassionando il piagato, esortavano con placidezza gli Sciti a moderarsi da cosi turpi azioni, dicevoli non es sendo a truppe che stabilito aveano di menar vita con forme alle Romane leggi. Queglino allora impugnate le spade gridavano altamente vendetta , ma gli altri, sfo gato lo sdegno, appiccanvi zuffa uccidendone pi che dugento; il resto allora costretto a fuggire nelle cloa che mettevi fine alja propria esistenza. Gli Egiziani dopo la tremenda lezione data loro in Filadelfia onde moderassersi nell' a vvenir e , persuasi avendoli col fatto che non mancherebbe chi li tenesse in dovere, proseguivano l'in tra p reso cammino, e gli altri dirizzavano il passo

199 alla volta dellEgitto, capitanati da Ormisda, originario della Persia e figlio dell' omonimo, il quale intervenne a quella guerra coll' imperatore Giuliano. Arrivati in vicinanza della Macedonia uniti furono alle prefate le gioni, formando un campo ove non aveavi ordine al mondo, non distinzione tra Romani e Sciti, tutti pro miscuamente vivendo, non differenza tampoco infra ve terani ed i nuovi militi aggiunti ai ruoli. Concedevasi infine a costoro, la facolt di ripatriare, mandando altri a su p p lirli, per rivenire quando che si fosse ai Romani vessilli. Ora gli Sciti fatti sapevoli del gravissimo disordine tra quelle schiere, avendone dai fuggitivi esatte notizie per la molla liber t dun a scambievole comunicazione, estimarono propizio il tempo di cader sopra a popoli con tanta negligenza difesi. Valicato dunque liberamente il fiume e giunti infino ai Macedoni ( franchi da ogni ostacolo , ed aiutati in ispecie dai militanti co'Romani, solleciti ad agevolar loro il passo ovunque diretti) ebbero sentore che il principe con tutto l'esercito cam minasse ad incontrarli. Poich veduti a notte buia gran di fuochi, congetturaronli ardenti a servigio dell'impe ratore e delle sue truppe. Avuta poscia conferma dei fatti pensamenti da militi disertori col rip a ra ti, e' di carriera insiem con essi avviaronsi al padiglione del monarca scorgendoli nella via il chiaror delle fiamme. I soli Romani uniti ai rimasi barbari nelle imperiali file studiaronsi respignerli, ma contro ad un nu mero assai maggiore non bastando il coraggio loro, po terono tuttavia fornire all' augusto sufficiente agio per

L IBRO QUARTO.

200 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA volgersi in fuga , dopo la quale proseguirono *a com battere infinattantoch, fatto sterminato eccidio de ne mici, tutti rimasonvi spenti. Che se gli Sciti, tratto van taggio dalla vittoria, posti si fossero ad incalciare i fug genti coll'imperatore, di subito al primo grido sarebbonsi di essi impadroniti. Ma contenti de riportati van taggi ed impossessatisi della Tessaglia e della Macedo nia prive affatto di tru p p e , lasciarono libere le c itt senza recarvi danno alcuno, sperando poterne avere q ualche tributo. Teodosio alla nuova che il nemico partitosi da que luoghi camminato era verso la patria, guern di mi lizia i castelli ed anche le citt morate; di ritorno q uindi in Costantinopoli partecip, scrivendo a Graziano im peratore, l'avvenuto, e che trovandosi le cose agli estre m i era mestieri colla massima prontezza ripararvi. Spe dili li corrieri con tali annunzj, egli, quasi nnlla di si nistro fosse accaduto ai Macedoni e Tessali, istitu s e verissimi collettori per la riscossione de pubblici t r i buti , e fu ben tristo spettacolo il vedere tutto, il non tocco dalla barbarica umanit ingollato dal censo. Impercioch non il solo danaro, ma eziandio i femminili ornamenti, gli abiti, quella veste infine che serve, quasi dissi, a coprire il voluto occulto dal pudore, contribuivasi a soddisfacimento delle imposte gravezze, non uden dosi per le citt e ville che pianti e lamentanze, bra mando ciascheduna di esse novamente la comparsa de gli Sciti, ed implorandone laiuto. Di questo modo nella Tessaglia e nella Macedonia venivano le popolazioni b istrattate, mentre Teodosio

L IBRO QUARTO. 90! con grande pompa e , dir vorrei , trionfante della sna gloriosa vittoria, mette piede in Costantinopoli , ove nulla standogli a cuore le pubbliche faccende, pone ogni suo pe nsiero a rendere l'eccessivo uso dei piaceri e de' sollazzi non inferiore alla grandezza di quelle m u ra (i). G raziano al ricevere la scritta di Teodosio non poco tu rb ato si, mandavi baslevoli truppe capitanate da Ban do n e avente Arbogaste a compagno. Entrambi Francesi d i s c h ia tta , amantissimi de Romani ed affatto abborr e n t i dall'avarizia e dal porgere la ma no ai doni, erano d i parit prudenti al sommo nelle belliche imprese e di grandissima robustezza. Giunti collesercito nella Ma c edonia e nella Tessaglia, i barbari quivi di stanza in fin dal principio conosciutene le risoluzioni e I ardi m ento ritiraronsi, abbandona ti que luoghi, nella Tra c ia , e titubanti sul partito da prendere, hanno da ul tim o ricorso ad una frode non diversa dall' antece dente , colle stpsse arti studiandosi gabbare l imperato r Teodosio. Al qual uopo inviangli gente di abbiettis s ima condizione con promesse di amicizia, di confede-

(i) Vediamo ora il narrato in proposito da P. Diacono, lib. X II. a Egli non di meno cos detestava i difetti cui sog li giacque la riputazione di Traiano, la vinolenza vo dire e la brama de'trionfi, che non mosse giammai guerre, bens trovolle, e proib con legge ne' banchetti i disonesti tra tulli e le cantatrici. > Ma perdoniamo a Zosimo, siccome a colui che ritenea valere per tutte le scelleraggiui Tessere stato cristiano. T . S.
Z o s im o .

Della nuova Istoria.

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209 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA ramento ed obbedienza a quanto fosse loro comandato. Egli persuaso da cos belle parole accoglieli, non avendo ancora dal primo saggio compreso il nuovo inganno. Di seguito a questi altri presentanglisi, ed in pari guisa vengon da lui ricevuti. Cos operando ogni cosa torn, colpa l imperiale s toltezza , in potere di que' r ib a ld i, l abuso de passatempi e delle volutt alimentando in lui tanta demenza. E di vero, seduto egli in trono quanto havvi di pi idoneo a corrompere i costumi e la vita, giunse tant'ollre che quasi l ' intero popolo, da tosi ad imitarlo, stabilito aveavi l'umana felicit. Imper ciocch eranvi mimi e saltatori, che i Numi perdanne la raz z a , come pure sua vita durante e poscia iu sempre in voga tu tta la moltitudine delle oscenit di quella infame e dissoluta m usica; donde la repubblica soggiacque a s enorme corruttela che aveanvi infin emuli delle costoro turpi azioni. Assalivansi inoltre per le citt e campagne gli stessi tempj e sacrati de'Numi; laonde non avendovi alcuno esente da pericoli chi tenea per fede la esistenza degli Iddi, volgea soltanto lo sguardo al Cielo adorandone i sublimi prodigi. Tale essendo il reggimento di Teodosio limpera tore Graziano manda al governo d elle troppe Illiriche il duce Vitaliano, personaggio non idoneo a riparare quelle malandate bisogne. Mentre costui eravi in carica due frotte delle Germaniche nazioni oltre Reno, capi ta nate luua da Fritigerno e l'altra da Alloto (1) e Safrace,
(t Da Marcellino appellato Alateo, il qnale eoo Safrace comandava la cavalleria nell ultima guerra coatra Valeste.

LIBRO QUARTO. 205 coll* opprimere i Celti obbligarono l imperatore Gra ziano , premurosissimo di liberarsi dalle continue bar bariche scorrerie, ad accordar lo ro , purch si ritiras sero dalle occupate regioni, di pas sare, valicato lIstro, nella Pannonia e Misia superiore. Eglino dunque avendo nell anim o, intrapresa la navigazione per. detto fiume, di recarsi nella Pannonia, nell Epiro e, traghettato l Acheloo, di assalire la G recia, estimavano da prima necessario il provvedere abbondante vittuaglia, e lo avere lontano Atanarico (1), principale di tutta la regia scitica prosapia, onde rimovere ogni impedimento da tergo ai loro conati. Sorpresolo quindi armata mano di leggieri cacciaronlo da que'luoghi. Egli allora incamminossi a Teodosio di corto risanato da malattia che rendevane dubbiosa la vita. L augus t o andatogli incontro a non breve intervallo da Costantinopoli affet tuosa mente lo accolse insiem colle genti che formavangli c o rte o , ed alla morte di lui poco dopo accaduta, ne ordin i mor t ori con tanta pompa da farne i barbari slessi le maraviglie* Gli Sciti di pi ammirandone luma nit somma tornati alle proprie sedi rattennersi nel tempo seguente dal molestare i Romani , e coloro che accompagnato aveano il defunto principe, veglianti
Z osimo poi coll'asserire eh 'eglino disastravano i Celti molto si allontana da Marcellino , in cni leggiamo che i Lenitesi Alemanni saccheggiatori del paese Celtico fiironsi gli sba r agliati da Graziano, come rammentammo, prima della morte di Valente. T . S. (i) V. Socrate, Ist. Eocl., lib. V, cap. io.

204 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA alla difesa della riva dell' Is tr o , liberarono per molti anni l'im pero dalle nemiche scorrerie. In pari tempo nuovi prosperi eventi allegrarono la vita di Teodosio, pervenuto essendo a respiguere gli Sciri ed i Carpodachi uniti agli U nni, e vinti in batta glia costrinseli a tragittare P Istro e retrocedere alle pri mitive stanze. Il perch videsi tornato il coraggio alle truppe, mostrandosi quasi dimentiche de' sinistri per l ' addie tro sofferti; e rendu t o franco da ogni pericolo agli agricoltori l'esercizio delle campestri fatiche, e'po terono senza tema condurre al pascolo i giumenti ed il gregge; laonde si parve che Teodosio in tal modo ri parasse alle precedenti sciagure. Oedoteo poscia eletto a duce delle pedestri milizie della Tracia raccolto avendo grossissimo esercito non solo infra gli abitatori dellIstro, ma ezia ndio presso rimoti e sconosciuti popoli, giunto eravi, e trapassato il fiume colle pedestri milizie e con barche fiumali apportowi tanta strage che le stesse acque soprabbondarono di cadaveri ; n si age volmente poteron si numerare quelli sopra il terreno. Intanto che di questo passo correano gli affari della T racia, avvenimen t i non mediocri n di facile soluzione circondavano G raziano, il quale porgendo orecchio a coloro che nelle reggie pervertir sogliono i cost umi de' monarchi, diede ricetto ad alcuni fuggitivi Alani e posti infra le proprie schiere ed onorati di son tuosi doni, repu t avali m eritevoli di fidar loro le pi gra vi cure senza riguardo veruno agli altri suoi duci (I).
() Taula era la prelazione da lui accordata ai militi

LIBRO QUARTO. ( 205 Or bene, cos operando spargeva nelle rimanenti mili zie semenze di odio, il quale a poco a poco cresciuto ed ito in fiamme, spinse a brame di novitadi cos il re sto delle truppe come in ispecie quelle a quartiere nelle isole Britanniche, essendo esse principalmente inchine voli alla disobbedienza ed allo sdegno; venivano di pi stim olate da Massimo originario della Spagna e stato commilitone dell' imperatore Teodosio nella Britannia. Egli comportando assai a malincorpo il vedere Teodo sio inalzato al trono e s stesso privo di qualche orre vole m agistratura, sempre pi stimolava le milizie ad astiarlo, e quelle, incitate di leggieri alla ribellione, ac clamano imperatore Massimo consegnandogli ad uno col diadema la porpora, ed all istante, in navi solcato I' Oceano, furono alle bocche del Reno. Gli eserciti al lora di stanza nella Germania e gli altri lunghesso quel s uolo approvando con. benevolenza somma il ribello, Graziano lo con tradiava minacciandolo di battaglia, avendo ancor seco molta p ar te dell'esercito. Accostatesi maggiormente le truppe, durante cinque giorni ebbonvi soli schermugi infra loro. Graziano quindi allosservare che tutti i cavalieri Mauritani alla bella pri ma abbandonatolo acclamato aveano Massimo augusto, e d anche i rimanenti andavano a passo a passo unen d osi al contrario p a rtito , uscito dogni speranza fugg
A l an i, che talvolta viaggiava indossando abiti fatti secondo la costumanza loro, donde acquistossi l'odio delle sue truppe. Stato del rimanente sarebbe un ottimo principe se ammini strato avatje con maggiore accuratezza la repubblica. T . -S.

206

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA

a tutta carriera, scorta t o da trecento cavalli, prendendo


la via delle Alpi. Se non che rinvenutele sguernite af fatt o di soldatesca cammin alla volta de Reti, de Norici, della Pannonia e dellalta Misia. Massimo a llo ra , tenendogli addosso gli occhi, mandonne sulle tracce Andragazio maestro della cavalleria , originario del Ponto Eussino, il quale pareagli suo intrinseco amico, ed avente cavalli tollerantissimi della fatica ; questi perseguitando senza posa Graziano e raggiuntolo in Si* giduno, al valicar del ponte l uccide , rendendo colla morte di lui pi fermo nel ribellato l impero. Qui non dobbiamo passar con silenzio una storica notizia non disdicevole al nostro argomento. Ne col legi sacerdotali di Roma i pontefici godeansi della mas sima autorit, e la denominazione loro traslatata in greco equivarrebbe a Gefirei, come dire pontali (1). Ven nero poi cos appellati dal fatto che prendo a narrare. Allorquando l'uomo ignorava tuttora che si fosse cu lto rappresentato da im agini, i primi simulacri de Numi comparvero nella Tessaglia, n avendovi a que d sa crali (sconosciuti pur essi) locaronsi le scolpite divine figure sul ponte del fiume Peneo, derivando a coloro i quali compierne doveano i sacri riti il nome di Gefirei, dal luogo ove tali raffiguramenti ebbro da principio sede. 1 Romani poscia dai Greci ricevuto avendo siffat ta pratica nomarono anch'eglino pontefici i presidenti de collegi sacerdotali^), statuendo insieme di annoverarvi,
(i) TiQvfm, ponte. (a) Eglino da una delle opere loro, quella di rislaurare ti

LIBRO QUARTO. 207 in considerazione della sublime dignit, gli stessi loro monarchi; Numa Pompilio fu il primo a possederne la onoranza, che pass, lui morto, a tu tti i regi successo ri , de' qaali terminata la serie pervenne eziandio ad Ottaviauo ed agli altri che di seguilo inalzati furono al Romano trono. Laonde non a pena elettosi il nuovo im peratore e' ricevea dai pontefici la sacerdotale veste ed il titolo di pontefice massimo. N forse andremmo er rati d icendo che tutti que* principi accettarono con pia cere sommo il religioso primato e si valsero dell' uni tovi nome. Costantino p u r e g li, sebbene deviasse in materia di culto dalla retta via coll'abbracciare la fede cristiana, all'ascendere limperial soglio ne fu decorato, e di parit quanti per ordine gli succedetlero nel su prem o comando seguironne lesempio infino a Valenliniano e Valente. Il solo Graziano all'essergli offerta dai pontefici, giusta la consuetudine , la sacerdotale veste non volle saperne, disd icevole reputando a un cristiano il farne uso ; rendutala pertanto ai flamini voce che il regolatore di quel collegio proferisse : Se il principe disdegna appellarsi pontefice, corso assai breve tempo addiverr pontefice massimo (i).

ponte Subllcio nomanti pontefici, e gioiscono somma autorit.


Dionigi d'Alicarnasso, lib. II. Imperciocch questo ponte es sendo tutto di legno, n insiem commesso da bronzo o ferro, estimato er a sacro, e per andandone a male qualche parte, a ripararla doreasi prima uccidere una vittima e compiere il sacrificio. Alex, ab Alex, genia!, dierum, lib. II, cap. 8 . (i) Queste parole, secondo il Silburgio, hanno d oppio sigai

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA L impero di Graziano giunto nel prefato modo alla fine, Massimo, opinandosi gi in possesso del trono , invi ambasceria all imperatore Teodosio non per addimandargli perdono dell' operato contro a G raziano , ma per notificargli serie proposte. Capo della m andata era il prefetto degli augustali cubiculi, non eunuc o (il ribello comportar non potendo che la custodia del pretorio si commettesse a castrati ), ma uomo rispetta bile per l'e t s u a , ed uno di quelli rimasi ognor seco infin dal principio di lor vita. Chiedeva poi il legato a Teodosio alleanza, concordia e societ di guerra contro a qualunque nemico de Romani, e non consentendo alle inchieste denunziavagli nemicizia e guerra. Teodo sio accordava a Massimo la imperiale dignit e reputavalo ad uno meritevole di partecipare seco lui le statue e l'im periai nome, intanto che di occulto prepamva s i a guerreggiarlo, e con ogni guisa di adulazione e di ri verenza studiava tendergli insidie ; e cos oltre proce duta erane la impostura che tra le altre cose ordinate a Cinegio prefetto del pretorio, spedendolo nellEgitto a proibire generalmente il culto dei Numi cd a chiu derne i tem pj, aveavi quella di mostrare agli Alessan drini 1 imagine di Massimo locandola in pubblico sito, e concionando al popolo dichiararlo suo collega nel206
ficato, potendo cosi esprimere che Graziano dispregiatore del nome di pontefice massimo dopo breve'tempo lo addiverrebbe, coi proprio sangue imbrattando il ponte; come annunziare tra poco la morte di lui e l inalzamento di Massimo all'impero ed al pontificato.

LIBRO QUARTO. 209 P impero. Ciliegio in adempimento d e ricevuti comandi serr p er l'oriente, per tutto lEgitto e nella stessa Ales sa n d ria le porte dei tem pli, e viet i sagrifizj mai sem pre coi pairii riti celebrali. Gli avvenimenti cui da quindi innan zi infino ad oggi il Romano impero soggiacque v erranno a parte a parte espos ti dalla intrapresa loro menzione. Verso i medesimi tempi comparve oltre lislro sci tica gente, sconosciuta per lo addietro da tutti gli abi ta to ri di l e nomata da essi Protinghi (1). Costoro pre sentatisi in inulto numero, ben provveduti delle neces s arie armi e d'una eccellente robustezza di corpo, senza fatica al mondo camminato il suolo degli interposti bar b ari, pervennero alla ripa stessa dell' Istroaddim andando licenza di tragittarlo. Promoto comandante delle truppe ivi di stanza fatlo inoltrare gli eserciti, tutlo quel mai che pot, lunghesso la minacciata riva, impediva al ne m ico di valicare il fium e, e mentre cosi operava rin venne all' uopo altro spediente che prendo a narrare. Chiamati a s alcuni sapevoli di quell' idioma, e nei qnali stabilito avea di porre tutta la sua fidanza in tale faccenda, inviali a tener discorso infra loro di tradimento. I messi adunque esibisconsi, mediante lar ghissimo premio, a renderli padroni del Romano duce insiem coll esercito. Risposto dal nemico che la gran dezza del guiderdone richiesto oltrepassava sue forze,
(i) G ralunghi, presso altri autori. Il qual nome travasi parimente in Marcellino tra le varie barbariche denominasi ooi quivi da lui riportate. T . S.
Z o s im o .

Della nuova Istoria.

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210 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA eglino per vie meglio accreditare i proprj detti riget t a vano ogni scemamento delladd i mandala somma. Ac cordatisi da ultimo gli uni e gli altri sul prezzo della tradigione combinano i mezzi onde riuscirvi,e d isb o r sare allistante ai traditori u D a parte della pecunia, ed il resto dopo conseguita la vittoria. Convenuti i segnali ed il tempo di por mano all'opera, gli inviali, di ri to rn o , manifestano al duce il patteggiato con essi, e che a notte ierma queglino accingerebbonsi all'opera trapassando il fiume per opprimere d ' improvviso le Romane truppe. I barbari dunque locato in molti paliscalmi il ner bo dell'esercito, ordinarongli di principiare l'azione col sor prendere le imperiali milizie nel sonno gi immerse; co mandarono similmente ad a l t r i , i quali per la vigoria dei corpi teneano il luogo di mezzo, che porgessero aiuto,cominciato l'attacco, ai primi. Quindi tutto il resto della et disutile terminalo l'aringo, iarebbesi innanzi. Il duce Prom oto, pienamente informalo di queste arti dai finti suoi tra d ito ri, preparasi ad invanire i consi gli del nemico disponendo le navi per modo che le prore delle une stessersi rimpetlo alle altre. Compone quindi l ' attelameuto dell' armata navale di tre legni in largo, ed avuto special e riguardo alla estensione occupa per lo spazio di venti stadj la ripa dell' Istro , vietandone cos allo Scita il tragelto, ed agevolando il mandare a fondo i paliscalmi che tenterebbero for zare il passo. Coloro traendo vantaggio da una notte priva di lana, e non sapevoli affatto del Romano appre stamento, pongonsi aU'imprcsa entrando silenziosi nei

LIBRO QUARTO. 211 preparati legni e certi che di tali insidie non abbiano sentore alcuno i difensori delloppo 6la ripa. Fatti quindi i se g n ali, notificati appuntino dagli autori della tradi* gione al duce, questi appressatosi pi da vicino al ne mico apparecchio, ed andandogli contro con grandi navi da fortissim o remeggio spin t e sommergevane i paliscalmi a cui awenivasi, nessuno de barbari nel fiume r ovesciati campar potendo la vita a motivo della pesante arm atura. Oltre di che tutti i paliscalmi riusciti ad evi tare gli imperiali in giro sopra le navi, abbattutisi in quelle disposte per lungo tratto presso alla riva, a qua lu n q u e di esse accostavansi ricevuti erano a colpi di d a rd i e ad uno colle genti in armi affondati, di m a niera che, andato in vano lutto il cimento, nessuno pervenne a superare il broccato de Romani legni. Tanta poi fu la strage da mancarne esempio in al tr a battaglia navale, mirandosi il fiume coperto di ca daveri e di quelle arm i, le quali per la materia donde componevansi eranvi galleggianti. sia pure che ad al cuno torn alo fosse bene il valico notando, egli era certo accost andosi alle truppe di guardia sulla riva del fiume d inconlrarvi morte. Distrutto in questa guisa il fiore del barbarico esercito le truppe diedonsi al saccheggio, trascinando seco le donne ed i fanciulli unitamente agli ostili arredi. Quindi Promoto condottiero delle milizie presentossi all' imperatore Teodosio, non lontano di l, testimoniandogli col fatto il prospero evento del suo stratagemma con s grande bravura condotto a fine. Langusto ammira la moltitudine de prigionie r i e lim menso bottino; ordinato poscia s i mettessero in libert i

212 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, primi, diede loro congedo aescandoli eziandio con d o ni, speranzoso di trarli spontaneamente, in virt di tanta clemenza, a seguire le sue parti; opinava d'altronde va lersene con profit to nel guerreggiare Massimo. Promolo dunque conservando la prefettura della Tracia teneasi di celato pronto alla guerra da noi ri cordata. Qui giova riferire nuovo caso avvenu to in quel tempo. Nella Scizia contigua ai Traci haw i citt di -nome Tomos, ove Geronzio, uomo robustissimo di mmbra ed atto ad ogni bellica fazione comandava il p residio; fuori dalle sue m ura soggiornavano parec chi barbari collocat ivi dall' imperatore, fatta scelta dei valentissimi, e donde i corpi dalla natura consegui to aveano assai pregevoli doti e gl\ animi e ra n o , senza p a r i , di gran coraggio forniti. Costoro, merc dell' im periai favore vie meglio nutriti e guiderdonati della ri manente soldatesca, anzich ricompensare le molte cor tesie ricevale mostrandosi benivolenti, ivm o dispre giando il prefetto e vilipendendo le Romane troppe. Laonde Geronzio conosciutone il mal animo e le p ra tiche formate entro quelle m ura per isconvolgere lo stato della repubblica, determinossi a punirne l 'i n solenza e le villanie, palesando i fatti concepimenti ad alcuni prudentissimi suoi militi. Se non che al m irarli per lo timore titubanti, paventandone landatura stessa, egli impugna le armi ed apprestatosi con pochi segnaci a com batterli, spalancate le p o rte , esce di Tomos. Le Irnppe o assonnate ancora, o quasi da ceppi ai piedi strette, ovvero montate sulle m ura aocchiavano l esito dejlimprendimento; i barbari poi schernivano la paz-

LIBRO QUARTO. 213 zia di Geronzio, ed estimandolo bramoso di morte, in viano a combatterlo una mano duomini balios\ssimi. I l' duce venuto alle prese col primo inoltratosi a comin ciar la m isch ia, destramente maneggiando lo scudo, regge c on valor sommo all aringo infinattantoch tale de suoi compagni, vedendo la terribile affrontata, per cuot e d i spada l omero dello Scita, precipi t andolo gi di sella. Sorpreso il nemico della fortezza e valentia del suo rivale, questi va ad incontrare nuovi cimenti. I mi lit i allora spettatori di su le mura delle gloriose geste del p r o p rio comandante, e rammentando il nome Romano corrono ad investire i barbari, che atterrili dai com p a rsi a guerreggiarli di leggieri vengono uccisi; i fug gitivi riparano entro un edificio in venerazione pres so de cristiani e ritenuto asilo. Geronzio liberata la Sci zia dagli imminenti pericoli, vincendo con bravura somma e grandezza danimo i b a r b a r i assalitori, altendea qualche premio dal monarca. T eodosio in cambio, forte sdegnatosi per la strage di q u e suoi prediletti da lui si tanto onorati avvegnach dannosi alla repubblica, di colpo ne lo riprende e chiedegli ragione delloperato valorosamente a pr de Ro. mani. Il duce accusali di ribellione contro all im pero, ed insieme rammentane i ladronecci e le molestie re cate a quelli abitatori. Teodosio non consentendogli punto, ostinasi nel dire eh e non mirando al pubblico vantaggio, ma preso dalla cupidigia di usurpare gli im periali doni mandati loro, determinato erasr a privarli della vita on d e pi non avessevi mezzo di convincerlo del commesso delitto. Geronzio rispondeagli di aver

214 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA mandato eziandio qne' presenti ( auree collane offrte loro dal principe), morti eh'e' furono, al fisco. Distri buiti poscia i suoi averi agli eunuchi ebbe a pena tem po di sottrarsi dai sovras tanti m ali; degno guiderdone, convien pure tale nomarlo, di sua fedelt verso la Ro mana signoria ! Sotto l impero di Teodosio ile cos in rovina le pubbliche f accende, n avendovi un che di bello, ten dente a v irin e meritevole di lode, ma cotidianamente vie pi crescendo ogni maniera di sollazzi e di lusso, i cit tadini di quella grande Antiochia in Siria annoiati dalle tante accumulate gravezze, tu tti li giorni esco gitate da chi erane alla direzione, ribellaronsi, dan dovi principio col giltare turpemente abbasso le sta tue degli a u g u sti, ed a tram andar grida e motteggi convenevoli all' operato ed alla popolaresca galante ria loro, il principe aontatosi di questi procedimenti minacciavali di punire come ci volea tanta scelleratezza. L'ordine decurionale pertanto dottandone lo sdegn o d i' vis inviare legati a scusare la colpa incorsa dalla p lebe. Manda all uopo Libanio d 'n n a rinomanza bandita da' suoi libri, ed llario di specchiatissima famiglia, ed assai valente in ogni genere di er ndizione. Il prim o, orando alla imperiale presenza e del senato intorno alla sedizione giunse a calmare l astio del principe con tro agli Antiocheni ed a riportarne, smenticata ogni nimicizia verso la c itt , l ' incarico di proferire altre parole sul riconciliamento (1). l lario, commendevole
(i) Z onara seri Te che Teodosio perdon agli Antiveleni d inte rcessione del Cris ostonoi T . S.

LIBRO QUARTO.

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p er v irt som m a , ebbesi la prefettura di tutta la Patestina. A ta le ridotti gli affari dell'O riente, della Tracia e dell illiric o , Massimo reputando sconvenevole alla sua persona il comandare a que' soli popoli da prima suggetti a G raziano, mulinava spogliare del regno Valenti* ni a no, s e dalla fortuna assistito, o almeno, deluse quanto alla to ta lit le concepite speranze, della parte maggiore che d a to fossegli conquistare. Dominalo da questo de sid erio apparecchiasi al passaggio delle Alpi ed a met te r p ie d e in Italia; ma notando che necessariamente cal care doveansi angusti sentieri e disastrosissimi poggi confinanti con laghi e p a d u li, unicamente d accesso a len ti e con grande agio v iatori, non gi ad eserciti, an d a v a in traccia, sospendendo la partenza, di miglior consiglio, Valentiniano frattanto da Aquilea mandagli c h ied e n d o maggior sicurezza duna stabile pace, ed egli co n dissimulazione accoglie d'ottimo grado la dimanda. L ao n d e il principe spedisce col Donnino originario d e lla Siria, di molla intrinsichezza e poter sommo presso di l u i , ritenendolo per fedelt e maneggio degli affari superiore ad ogni altro; il perch, senz'aprirsi con per sona, stabilito avea di fidare in ispecie a costui le fatte deliberazioni. Donnino, presentatosi a Massimo ed espo stagli brevemente la sua mandata, riceve graziosissima accoglienza, prodigati venendogli sublimi onori e s lar ghi presenti da persuaderlo non avesse l imperatore Valentiniano amico eguale a Massimo ; questi infine spinse tan toltre linganno che cedettegli eziandio qual* che num ero delle sue tru p p e , onde l imperatore vie

216 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA meglio potesse combattere i barbari minaccienti la Pannon ia all'im pero sugge t ta. L ambasciadore, terminata la sua missione, retrocedendo lietissimo per la copia ed il pregio dei ricevuti doni e pe soccorsi accordatigli, agevol imprudentemente a Massimo la via di far ri torno dalle Alpi ne proprj Siali. Merc di che il ribel lo , prevedendo quanto era per succedere, disposto loc corrente, lo segu collintero esercito preceduto da pa recchie guardie in silenzio, ed aven t i ordine di porre ogni cura nell impedire che nessuno di corsa inoltr a tosi annunziassene ai compagni di lui la venula in Ita lia ; vigilanza di ben facile esecuzione, rimanere occulto non potendo chi dalle strettissime gole delle Alpi at tenta proceder olire. Inteso poscia che Donnino colle sue genti penetrato era in quelli rinserrati poggi ed inaccessibili passi, come pure nel contiguo palustre suolo di assai grave imbarazzo al transito di molta soldatesca, senza tema di oslililadi m e!lesi in cammino, ed entrato in Italia conduce le truppe ad Aquilea. Valentiniano per cos repentina sorpresa non avendo pi nulla a sp erare, anche i suoi famigliari comincia rono ad intimorirsi non Massimo, addivenuto p ad rone, lo morisse. Laonde montato in nave pigli la via di Tcssalonica, unitamente alla genitrice G iustina, con sorte in prima di Magneuzio, come narrato abbiamo, e lui morto passata a seconde nozze, per le sue eleganti forme, con Valentiniano;ella menava seco la figlia Galla. Dopo cos lunga navigazione afferrati a Tessaionica in viano ambasceria a Teodosio pregandolo che almen o ora punisca tanta insolenza verso tutta la famiglia di

LIBRO QUARTO. 217 Valentiniano. Teodosio, all' udirne, da maraviglia sopp rappreso, mette in obblio alcun poco il soverchio lusso ed il folle correr dietro alle volultadi. Tenuto quindi consiglio, fuvvi deliberato ch'egli con parecchi senatori b a tte sse il sentiero di Tessalonica. Giuntovi, si consult d i nuovo intorno alle rimanenti operazioni, ed unani m e f u il voto di punire Massimo delle reit commesse; m a le addicendosi il mirare tuttora vivente il carnefice d i Graziano e l'usurpatore di quel regno, privalo avendo il germano, quasi non pago ancora, di quanto gli com pelea. L imperatore avverso a queste reminiscenze per quella sua naturale effemina t ezza ed infingardaggine d i vila in lui fin qui dominanti, mostrasi poco dispo s to a cimentarsi colle a rm i, adducendo i mali cagio nati dalle civili guerre, e le mortali piaghe che neces sariamente ne proverrebbero da ogni banda alla repub blica ; divisava in cambio di far precedere un'ambasce ria, e se il ribello contenesse restituire a Valentini ano i iralerni dominj ed ottenere la sua quiete si divide rebbe , non dipartendosi dalla primiera form a, infra tntti l ' impero; ove poi dall'avidit si lasciasse vincere, e'procederebbe di colpo a guerreggiarlo. Contro a sif fatta proposta nessuno de consultori osava profferir suggerimenti in qualche modo pi vantaggiosi all' uni versale. Giuslina allora, non priva di esperienza negli affari, n i mancante di lumi per dar loro migliore andamento, e conoscendo 1' animo di Teodasio propenso ad amo rose passioni, mettegli innanzi Galla sua prole, don zella di avvenentissim e forme, ed abbracciandogli le gi-

218 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA nocchia supplichevolmente lo esorta a non volere im punita la m orte di Graziano cui dovea l'im p e ro , n a permetterne l'avvilimento della famiglia scaduta d'ogni speran za; e cos favellando presentagli la fanciulla co spersa di lagrime e deplorante i suoi destini. Teodosio portole orecchio e preso insieme dalla bellezza della giovinetta, non pot a bastanza occultare i delineamenti del suo volt o pi che idonei a rendere palese la ferita da quella gr aziosissima sembianza ricevuta ; differiva tuttavia il decidersi animandole intrattan t o a non di sperare. Se non che sentendosi di giorno in giorno vie pi ardente d'amore per Galla, visitando Giustina addimandale in matrimonio la figlia, passata gi di que* sta vita Placida sua prima consorte. La genitrice rispondeagli che solo consentirebbe all'inchiesta quando e', por tata la guerra a Massimo, vendicato avesse la morte di Graziano e restituito a Valentiniano l ' impero del genitore. A tali condizioni egli impetra le addimandate nozze e pone ogni suo pensiero nell' apparecchiarsi ad impugnare le armi. Eccitato inoltre da colei si conciglia l'affe t to delle truppe coll'accrescerne l'annona ed am menda , cos volendo la congiuntura, le sue negligenze a t tendendo eziandio a tu lli que' provvedimenti che potrebbero occorrere dopo la sua partita. Il d che morto in sulla strada, al tornar dall E gitto, Cinegio, prefetto del pretorio, iva pensando al nuovo magistra t o , ed a molti personaggi ravvolgendo pi e pi fiate la sua m ente, rinvenne da ultimo lidoneo a coprire il vacante posto. Mandato dunque in Aquilea per Taziano, il quale stalo era in altre cariche sotto Valente, no*

LIBRO QUARTO. 219 strandosi peritissimo in tulli gli ailari., lo nom ina , essendo in patria, allantedetla prefettura, e speditegli le insegne di essa, inalzane ii figlio Procolo alla urbana p re tu ra . N v a ridire che . operasse allora egregia m en te fidando cotanto elevati uificj a coloro dai quali ognuno potea ripromettersi, lontano il principe, ottimo g o verno delle pubbliche cose. Diede altres a Promoto la capitananza delle truppe in sella ed a Timasio la condotta de pedoni. Ritenendo ora il tu tto all ordine per mettersi in cammino, riceve annunzio che i barbari mescolati nelle Romane legioni erano da Massimo eccitati, colla pro messa di grandi prem j, alla ribellione. Ma costoro accortisi che andavane gi intorno la voce, fuggiti verso i paduli e laghi della Macedonia, occultansi in quelle fo reste, ove perseguitati e con ogni arie cerchi, nel mag gior nnmero incontranvi morte. L imperatore dunque libero dalla barbarica tema si prepara con diligenza somma a guidare l ' intero esercito contro al nemico. Messa pertanto Ginstina eoa seco il figlio e Galla so pra navi e fattane consegna ad esperti e fedeli p ilo ti, ordina loro di volgere le prore ai Romani lidi, persuaso che la popolazione di l accolti avrebbeli col massimo piacere sapendola al ribello avvrsa. Egli poi alla testa dellesercito avea nell'animo di camminare per la Pan nonia ed i monti Apennini ad Aquilea, bramoso di sorprendervi Massimo all' imprevista. Intanto che Teodosio batteva quella v ia , Massimo, infor malo che la genitrice di Valentiniano colla prole stava per valicare il seno Ionico,raccolte veloci e pronte

220 ZOSIMO, DELLA NUOVA tSTORlA navi e dichiaratone condottiero Andragazio invia lo quasi ad attorniarla con rete. Costui naviga to dappertutto videsi fallita l ' im presa, avendo gi il convoglio di Giu stina superato lo stretto. Ragunate quindi sufficienti milizie iva solcando le acque in que' dintorni, speran zoso di costringere Teodosio ad una battaglia navale. Ma questi intanto che Andragazio attendeva a com piere i suoi divisamenti, proceduto oltre per la Pan* nonia e le gole degli Apennini, sorprende, allorch meno se lo pensavano, i non guardinghi Massimiani. Al qual uopo lesercito con impeto prontissimo accost atosi alle mura dAquilea e sforzatene le porle (il basso nu mero delle guardie non potendo opporvi resistenza) trae violentemente gi dal trono Massimo nell' atto di com partire lo stipendio ai militi, e spogliatolo delle vestimenta imperiali lo scorge innanzi a Teodosio. Questi, annoveratine a mo'di rim proccio tutti i mancamenti a pregiudizio della repubblica, lo d in mano a l carnefice onde abbiane il meritato gastigo. Cos giunse alla fine la tirannide e la vita di Massi mo, il quale vincendo con astuzie Valentiniano sognato avea d'impossessarsi a bellagio e per intiero della Ro mana signoria. Teodosio di poi, sapevole che il ribello nel passaggio delle Alpi fatto avea rimanere il figlio Vittore, inalzalo alla cesarea digni t, presso de Tran salpini mandovvi a fretta Arbogasle, maestro delle mi lizie, cui riusc di torgli il comando e morirlo. Andragazio, per venire a l u i , mentre guardava tuttora colle navi lo stretto Ionico, avvisato di tali eventi ed argo mentando sovrastargli infiniti mali, non aspettato far-

LIBRO QUARTO. 221 rivo de' nemici si f' esecutore del proprio supplizio gittandosi in mare, preferendo cedere il corpo anzi ad a d esso che non a fierissimi awersarj. Teodosio allora consegn a Valentiniano tutto l'im p e ro in addietro posseduto dal genitore, atto per ve r it di giustizia verso de' suoi benemeriti. Il fior delle tru p p e inoltre che militato aveano col ribello scrsse ne* proprj ruoli, ed accord a Valentiniano il disporre degli affari spettanti all Italia, ai Celti e ad altri del s u o dominio. Il giovinetto assistito era dalla genitrice, la quale del suo meglio suppliva, donna essendo, il m anco di prudenza nel figlio a motivo della tenera et sua. Tornato in Tessalonica rinvenne grande sconvolgi mento nelle Macedoniche faccende, poich i barbari ne' paduli e nelle vicine selve rin tan atisi, onde cam pare la vita, nel primo assalimento de' Romani, al sen tire Teodosio applicato alla guerra civile, non perduta l'occasione, ivano malmenando con piena liber t le for tune de'Tessali e Macedoni. Quindi venuti in notizia della imperiale vittoria e del ritorno di Teodosio correano di nuovo l entro per novamente Uscirne al pri mo spuntar dellaurora e furare quanto si presentava ai loro sguardi, ritirandosi poscia ne' consueti luoghi; per modo che deslossi nellaugusto il sospetto non uo mini fossersi que rq b ato ri, ma spettri. Laonde nella incertezza e schivo di manifestare altrui li fatti divisamenti, pigliati seco non pi di cinque cavalieri ordina loro di condurre, ciascheduno a m ano, tre o quattro cavalli, acciocch il milite, stancatosi quello sopra cui

222 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA sedea, potesse un fresco montarne ed avere cosi de strieri alti ad ogni disagio cui esporrebbelo il tentativo dalla sua mente concepito. Di tal g u isa , non destando al mirarlo ombra veruna, percorreva allintorno i cam pi , e sentendosi colle sue genti in bisogno di cibo, ne andava in cerca presso de contadini. Avvenutosi final mente ad assai piccolo ostello abitato da femmina di et senile dimandale permissione d entrarvi e qualche bevanda. La donna, consen t itovi graziosamente, offre loro vino e tutto quel poco di che era per caso in allora posseditrice, onde attutassero la fame, ed al calar delle tenebre il principe chiedete istantemente di passar quivi le ore notturne. Secondatone da colei il desiderio, egli, mentre stavasi l entro coricato nel luogo assegnatogli, vedevi taluno affatto silenzioso ed avente brama di te nersi occulto. Rimanendone attonito chiama la vecchierella per sapere chi si fosse colui e donde venuto. Ella rispondea nulla di ci esserle noto; ma confessava che da quando si vulg la voce del ritorno di Teodosio coll esercito il forestiero trovavasi quivi di stanza, cotidianamente pagando i bisogni della vita, e quindi nel correre della giornata si raggirava fuori dellabita zione a suo buon grado, n prima di sera miravaio ri* comparire, come da lavorio, per cibarsi e dormire nella guisa test osservala. L'im peratore ascoltatala, ed opi nando volersi chiarire gli avuti indizj, sorpreso l'ospite imponegli di appalesare chi egli siasi; ma eccitatolo in darno ad aprir bocca, ripeteagli con le spade in pu gno le stesse interrogazioni; se non che nulla ottenendo neppur colla forza, ordina ai cavalieri seco di punger-

LIBRO QUARTO. 223 gli colle spade il corpo ed annunziargli lui essere l'im peratore. Il ribaldo allora dichiarossi prezzolato dai b a rb a ri ascosi ne' paduli a spiar loro i luoghi, le re gioni e gli uomini da investire ; s detto ebbe inconta n e n te mozzato il capo. Dopo di che retroceduto all' esercito, non lunge di l a campo, menalo dov'erano i barbari, ed avventatosi lo r contro, ne fa immensa stra g e , non perdonando all ' e t , parte cacciandone fuori dalle paludi e trucidan do n e parte in quelle acque. Il duce Timasio di p o i, am m irato l ' imperiale coraggio , pregalo che degnisi conceder tempo di cibarsi alle truppe ancora digiune, le quali mancherebbero altramente di lena per con tinuare in cos gravi fatiche entro que' luoghi. Ade ritovi dall' augusto e chiamate a raccolta dalla tromba e lle cessano dal travaglio e dal perseguitare il nemico. Ritiratesi prendon cibo a saziet , e vinte dalla s t an chezza e dal vino assonnano profondamente. In que s to i barbari campati dall' eccidio osservatele bria che e dormenti cadon lor sopra mettendone colle a s te , colle sp ad e, o con altro adatto strumento assai gran numero a m orte; fato che per poco non colp l'au g u sto ed il suo corteo, se alcuni di quelli an cora digiuni frettolosamente reca t i non fossersi al suo padiglione coll' annunzio dell' avvenuto ; egli allora e quanti eran seco turbatisi risolvono di evitare colla fuga l'imminente sinistro. Promolo intanto (chiamato antecedentemente dal monarca ) venuto loro innanzi esortali a provvedere alla propria salvezza, pigliando sopra di s il gastigare condegnamente la nemica arr o-

224 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA ganza ; cos favellalo parte ad affrontare i b a rb a ri, e trovatili diretti ad uccidere un Romano tuttora nel sonno immerso, ne mena cotanto eccidio che o nessuu di essi o ben p o c h i, da capo acquattatisi in que pan tani , giunsero a salvamento. Tanto accadde all'imperatore Teodosio dopo la ucci sione di Massimo. Tornato quindi a Costantinop oli piena la mente di grandi speranze per la nobile vittoria sopra il nemico riportata, ed in pari tempo recandogli cagione di mestizia gli imprendimenti eseguiti dai barbari ascosi nelle paludi, risolv di pi non pensare a batta glie e guerre (1). Commesso dunque a Promoto sif fatte cure, egli rammentando il suo primo tenor di vi ta , lautamente banchettava, iva con passione rintrao ciando piaceri e prendea gran diletto nel frequentare teatri e circhi. Laonde non posso a meno di ammirarne la vita pieghevole a due s disparate condizioni, poi ch, dedito per natura alla poltroneria ed ai ricordali vizii, quando angustiato non era da triste e spavente voli calamitadi allentava il freno alle inclinazioni portate seco nascendo; se poi urgenti casi dato avessero a te mere lo sconvolgimento dei pubblici affari, metteva in tacere la pigrizia, e posti in obblio i sollazzi mostravasi d'animo virile, e tollerante delle fatiche e degli scon forti. Cos appunto egli essendo, come venne dal1 esperienza ch iarito , liberatosi ora da ogni tedio

(i) Socrate n a rr a diversamente il fatto. V. Slor. Ecd., lib. r, c. 1 4 .

L I BRO QUARTO.

225

secondava i cattivi abiti in retaggio avuti dalla na tura (1). In fra il ceto de'm agistrati egli onorava somma mente Rufino di Celtica stirpe e maestro degli ordi n i palatini, avendo piena confidenza in lui senza fare gran conto degli altri. Procedere in verit che punse gli anim i di Timasio e Promoto, mirandosi dopo cotante fatiche sostenute a pr dell' impero posti da sezzo. Ru fino, c ompiacendosi di sua riputazione presso del mo n arca ed inorgoglitosene, parla arrogantemente in pub blica adunanza contro a Promoto, e questi montato in collera lasciagli andare un tempione. L'offeso presen tatosi al principe e mostratogli il ricevuto olt raggio lo eccit a s for te sdegno che proruppe colle seguenti parole: S'eglino non deporranno il concepito astio verso Rufino vedranno tra poco chi mi sia. Rufino, a tu tti avverso per la soverchia brama di primeggiare e p e r la sua ambizione, uditele, persuade all' imperatore d i mandare Promoto a dimorare in luogo lontano dalla corte, ove ammaestrerebbe le truppe nell'arte guerre sca. Approvatone il consiglio, mentre colui avviasi alla Tracia e colloca in agguato parecchi barbari, i quali giusta l'ordine avuto alla sprovvista uccidonlo; uo mo per verit dispregiatore delle ricchezze e sempre mantenutosi fedele i governanti e governati; n altro guiderdone di certo attendersi doveano i suoi consigli
(i) Notato abbiamo pi sopra, giusta la testimonianza di

altri autori, esser e egli stato commendevolissimo per la sua


continenza. T . S.
Z o s im o .

Della nuova Istoria.

15

226 ZOSIMO, DELLA N UOVA ISTORIA ed il suo buon volere da chi presiedeva con tanta em piet e negligenza alle pubbliche faccende. Corsa ovunque la fama di ques ta scelleraggine, t utti parlandone ed anche i pi modesti comportando assai di mal animo tanta enormezza, Rufino vien dichiarat o con solo, in premio, quasi diremmo, donesta azione. Quindi senza fondamento al mondo pigliati sono di mira Taziano ed il figlio Procolo, non avendo altra colpa verso il ne mico loro salvo quella di mostrarsi (il primo nella pre fettura del pretorio ed il secondo nella urbana) incor ruttibilissimi dai doni ed esemplarissimi, come.addimandava il dovere nelle sostenute magistrature. Oltre d i che a compiere le trame contro ad essi citato in giudizio Taziano, privatolo innanzi dellnffizio e no mato in sua vece a prefetto dellaula Rufino; sebbene poi altri in apparenza destinati fossero a giudicarlo, solta n to al rivale serbata era lautorit di profferir sentenza. Procolo accortosi delle insidie e provveduto alla propria salvezza fuggendo, colla sua attitudine recavagli ombra e timore non isconvolgesse, macchinando novitadi, i fatti divisamente Laonde con frodi e giuri piglia di sorpresa il genitore Taziano, consenziente lo stesso mo narca , destando grandissime speranze cosi nel padre come nel figlio. Trattolo di tal guisa da un reale so spetto a vani sogni lo anima da ultimo a richiamare con lettera Procolo, che al momento di sua comparsa viene arrestalo e condotto in prigione, ord inando a Ta ziano di abitare in patria, ov di frequente costretto ad assistere alla causa del figlio. I giudici finalmente, a norma defatti accordi col traditore, comandano che

LIBRO QUARTO. 227 s ia trasportato il prigioniero in Sica, nome di un borgo, ed ivi morto. Il principe, informatone, spedisce a sal vargli la vita, se non che il messo, obbedendo al com andam ento di Rufino, indugiata la partenza, giunsevi. q u a n d o il capo era gi dallimbusto spiccato. In fra tali vicende perviene lannunzio della morte di Valentiniano ucciso a un dipresso come prendo a n a rra re . Arbogaste, nativo della regione deFranchi ed aggiunto alla capitananza conferita al duce Bandone d a ll imperatore Graziano, venuto questo a morte, con fidando ne suoi artifizj e senza riportarne limperiale assentimento, occup il magistero delle truppe, e da quelle sotto di lui ritenuto idoneo a tanto carico, esperi menta to avendolo coraggioso, perito nell arte b ellica e dispregiatore del danaro, videsi in possesso, d u n poter sommo; il perch usando col principe di m o l ta libert impedivane gli ordinamenti contro a giu stizia, o meno all uopo dicevoli. Valentiniano dunque comportando a malincorpo siffatto procedimento pi e pi volte lo contradiava, ma sempre indarno, rendendosi il duce forte colla benevolenza di tutta la soldatesca.; Intollerante alia per fine di essere a lui soggetto, allav vicinarglisi mentre sedeva in trono, lo guarda con mi naccioso volto e porgegli lo scritto in cui dimettevalo dalla magistratura. Quegli attentamente lettolo indiriz zagli queste parole: Tu non mi hai conferito il magi stero, n riuscirai a tormelo; dopo di che straccia il fo glio, gettalo in terra e parte. D'ora in poi non pi di ascoso fomentavansi sospetti, addivenute essendo le nimiciz ie loro ad ognuno palesi. Valentiniano trattanto

228 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA con ispesse lettere indicava al suo collega Teodosio la costui alterigia verso la maest imperiale, pregandolo insieme che volesse recargli assistenza, e dichiaravasi con giuro eziandio pronto, non ricevendone sollecito aiuto, ad aggiugnerlo di corsa. Arbogaste mentre considerava qual si fosse il mi glior partilo da seguire concep nella sua mente un con siglio di tal natura. Frequentava la corte un Eugenio di nome e cos addottrinato che professava l'arte ora toria e tenea scuola. Ricomeri affezionatoglisi, trovan dolo graziosissimo ed urbano, lo raccomanda all'amico Arbogaste chiedendogli di annoverarlo infra de'suoi famigliari, certo che non addiverrebbegli disutile in qualche affare addimandante il servigio d'una vera ami cizia. Allorch dunque Ricomeri dimorava presso l ' im peratore Teodosio, l'assiduo conversare insieme un con legami di strettissima benivolenza Eugenio ad Arboga ste, il quale anche gli affari di maggior rilievo a lui partecipava. Ora nella presente congiuntura sovvenutosi di qnesto amico ed estimandolo per la molta sua dot trina e prudente condotta pi che idoneo a compiere gli ufficj d 'u n a elevata magistratura gli comunic i suoi pensieri; e quantunque osservasselo offeso dalla pro posta continuava a blandirlo ed esort are a non la sciarsi fuggire di mano i doni della fortuna. Riuscito da ultimo a persuaderlo opin espediente il togliere di mezzo imprima Valentiniano per quindi innalzare Eu genio al supremo comando. All impensata dunque af fronta l'augusto dimorante in Vienna, citt della Gallia, rinvenutolo presso le mura intento con alcuni soldati

LIBRQ QUARTO. 229 al giuoco, mortalmente lo ferisce ed uccide (i). A tale azione rimane ndosi tutti silenziosi in ossequio della di gnit e del bellico valore di chi aveala commessa; e le tru p p e mostrandosi at taccatissime a duce nulla cu ran te il danaro, egli nomina Eugenio imperatore, ani m a t osi l universale a concepirne buone speranze fon dandole sopra gli eminenti pregi donde sapealo adorno. Fatto contemporaneamente d ogni cosa rapporto all imperatore Teodosio, Galla sua consorte lamentando il germano conturb l intera corte. Anche lo stesso principe erane dolentissimo ed in travaglio, mirandosi privo d 'u n collega nel fior dell et ed avente seco vin coli di parentela; non ignorava di pi essere incap p a lo in personaggi suoi contrarj, e cos per la bravura, m es colata con temerit di Arbogaste, come per le su blim i virt, unite a dottrina, di Eugenio, malagevolis sim i a vincere. Non di m eno, avvegnach si i fattamente parlasse e le molte volte a quanto si passava dirizzas se il pensiero, determinatosi alla perfine ad arrischiare il lu tto fece gli oppor tuni e generali apparecchj per mo vergli guerra. Laonde escogitava consegnare la milizia equestre a Ricomeri, esperimentatolo prode in molti aringhi,e ad altri duci la capitananza delle rimanenti le gioni, ma infrattanto avvenuta la morte di Ricomeri, pass, non fuor di proposito, alla scelta di nuovi co m andanti. Se non che mentre la fatta risoluzione era tuttavia nella sua mente, si annunzia l ' arrivo di amba(i) Zonara scrive. Al tramarsi da Eugenio scombugli Valentiniano, sopraffatto da timore, di laccio pose fine alla vita.

230 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA sciadori spediti da Eugenio per chiedergli se disposto fosse a riconoscerlo suo collega nell' impero, ovvero ne rigettasse, come aifatto vana, la proposta; ed erane capo l'atteniese Rufino, il qnale non port seco lettera di Arbogaste, n proffer verbo di lui. Allorch poi l'augusto intrattenevasi deliberando, e ritardava rispondere ai legati, fn scosso da altro avve nimento che vuoisi qui riferire. Teodosio non a pena sa lito in trono accordato avea ad alcuni barbari la sua ami cizia ed alleanza in g u e rra , solleticandoli eziandio con isperanze c doni. Aveane parimente a suoi commensali, trattandoli con ogni distinzione, i duci, qualunque fossene la patria. Al nascere tuttavia tra essi contesa pe netr la discordia negli animi loro; gli uni asserendo conveniente il reputare un vero nulla que'giuri fatti assoggettandosi al Romano potere, gli altri per lo con trario sostenendo non doversi in conto veruno allonta nare dall' osservanza delle sacramentate convenzioni. Priulfo era quegli che esortava i suoi nazionali a concul care la data fede: Fraustio, in cambio, stavasi fermo nel difenderla da oltraggio comunque, e queste vicendevoli dispute rimasero lungo tempo ignote. Ma tal fiata am messi all'imperiale mensa col prolungarsi molto il ban chetto, datosi da entrambi sfogo al mutuo astio, ciasche duno svel i proprj sentimenti. L'imperatore, conosciuto com'e'la pensassero, pose tosto fine al convito e queglino usciti del pretorio portarono s oltre il concepito odio, che Fraustio pi non potendo moderarsi trafisse, nu data la spada, a morte Priulfo. A tale evento i militi dell'uccis o apparecchiavansi ad investire il feritore, ma

LIBRO QUARTO. 231 -le g u a rd ie imperiali, postesi di mezzo, non permetteano d u ra s s e maggiormente la rissa; Teodosio in cam bio, c o m p o rta n d o con indifferenza il fatto, lasci che i di s c o r d a n ti si togliessero lun l'altro col ferro la vita. Q u in d i accommiat lambasceria schernendo la con do n a t ivi e parole colme apparentemente di moderazione d u m an it, ma partita che fu tutto si volse a fare gli a p p r e s t i delle armi. Estimando pertanto, n a torto, do v e rs i in ispeeie attendere alla scelta decomandanti, diede 'la capitaneria del Romano esercito al duce Timasio, ag g i u ntogli secondariamente Stelicone consorte di Serena p r o le del germano di Teodosio. Volle a simile che i bar b a r i confederati obbedissero a Gaine e Saul, dividen t i l aut o rit loro con Bacurio di stirpe Armena, donestis s im i costumi ed anche sperto delle guerresche imprese. il principe, nominati di questa guisa i duci e mentre sollecitava la sua partenza, ebbe a perdere di parto la consorte Galla, sgravandosi a un tratto del fanciullo e della vita. In grazia di lei versate, omericamente, diurne lagrime, si pone coIlVsercito in cammino per aggiugnere il nemico, lasciando in Costantinopoli Arcadio gi di chiarato imperatore. Ma, giovane ancora essendo, a sup p lire, quasi dissi, la prudenza di cui manchevol era in forza dellet sua, rim aner fecevi Rufino col doppio uf ficio di presiedere alla reggia, e di esercitare autore volmente un assoluto dominio in tutto il resto, di ma niera c he egli racchiudeva ih s quanto viene di mo narca attribuitb dalleminente suo grado. Posto fine a tali ordinam enti pass d i corsa, avendo seco il minor figlio Onorio, tra le nazioni di mezzo, ed occupato for

232 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA di speranza il valico delle Alpi accost ossi al ribello, spa ventandolo col suo repentino arrivo. Fatto al t o ed o p i nando convenirgli mandare innanzi ad seguire i p r i mi ass alti le barbariche legioni, commise a Gaine di af frontare colle sue genti la contraria oste tenendogli die tro gli altri duci alla testa de'barbari cavalieri, degli arcadori in sella, e de pedoni. Eugenio anchegli ordin asuoi di procedere oltre; vennti alle prese gli eserciti accadde nel bollor dellaringo s forte ecclisse del sole che detto sarebbesi durante il maggior tempo di esso non giorno, ma notte. Ambe le parli dunque espost e a quella foggia di notturno certame soggiacquero a tanta strage quanta erane mestieri per ispegnere gran dissimo numero deconfederati imperiali unitamente al duce Bacurio, il quale, impavido nepericoli, mostrossi nella mischia, combattendo innanzi a suoi, valentissimo capitano. Il resto inaspet t atamente pot fuggendo sal varsi. . Al calar delle tenebre tornati gli es erciti ne loro campi, Eugenio, lietissimo per tanta vittoria, distrib u iva premj a que militi renditisi famosi nel cim ento, ed accordava alle truppe licenza di prendere cibo, quasi dopo la terribile strage terminalo si fosse il b atta gliare. Voltisi pertanto costoro ad attutare i bisogni dello stomaco, l'im peratore Teodosio al comparir del l'au ro ra va con tu tte le truppe loro addosso, trovan doli per ancora sopra il terreno coricati, ed uccideli prima eh'epotessero di lor sorte avvedersi. Trascors o quindi al padiglione del ribello combatte le truppe ivi dappres so , a molte recando m o rte ; a ltre, destatesi

LIBRO QUARTO. 255 al r omore, mentre tentan la foga sono arrestate, aven dovi nel numero Eugenio stesso. Imprigionatolo vien decapitato, e la sua testa infilzata sulla punta di lun ghissimo palo condotta all'intorno dell'accampamento per m ostrare a coloro che seguivanne tu t t ora le parti essere ornai tempo, se bramassero il nome di Romani, ed avendo innanzi agli occhi la fine del tiranno, di tor nare sotto le imperiali bandiere (i). Laonde quasi tutti qe' rim asi in vit a dopo la vit t oria corsi a fretta lad dove Teodosio dimorava, acclamanlo augusto, addimandandogli contemporaneamente merc delloperato loro. Egli di buon grado li accoglie, ed il solo Arbogaste, disdegnandone la um anit, ripara sopra dirupa t issimi poggi, ove osservandosi poscia circondato da chi man dati erano a rintracciarlo, di per s mette fine alla pro p ria esistenza , reputando per lo migliore anzi incon tra re volontaria morte, che abbandonarsi al nemico. Teodosio dopo cos prosperi eventi entra to in Roma innalza all'impero Onorio sua prole e crea Steli cone comandante delle milizie di stanza in quelnoghi, dandogli insiem la tu t ela del figlio. Ragunato poscia il senato, seguace fin qui della p aterna ed avita credenza, n potendosi ancora indurre ad imitare coloro che im(i) E uepo ascrivere a manifesto duin o aiuto de1 Nomi la vittori a riportala da Teodosio. V . Socrate. Che poi ci fosse ne abbiamo altres testimonianza dai seguenti versi di Claudian o :

O nimium dtkcte Da, cui m ilitai JBler, E t conjurat venirnt ad Classica venti. T . S.

234 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA preso aveano a dispregiare i Numi, arringolli esortandoli a ritrarsi dallerrore (cosi appellando i paterni riti) in* sino ad ora professato, e ad abbracciare la cristiana fede, promettendo questa la remissione di tutte le com messe colpe e nefandezze. Ma nessuno consentendogli, risoluti di perseverare nelle patrie costumanze, adottate dai primordj stessi della citt, senza abbracciarne irra* gionevolmente di nuove (dicendo che osservate le prime durante il correre di quasi mille e dugento anni abi tato aveano linvitta Roma, e col mutarle non sapeaao quali ne sarebbero i destini (1)). Teodosio allora sog giunse che riuscendo quelle di aggravio al fisco per le spese desagrificj e delle vittime, intendea che si abo lissero n on approvando tampoco quanto vi si operava, e d altronde la militare strettezza addim andando pi copioso danaro (2); rispondeagli il senato non potersi legalmente immolare vittime se le spese loro non ven gano dal pubblico eseguite. In forza di che cessando per abolizione la legge desagrifizj, e p u r altre cose dai nostri maggiori a noi raccomandate poste in obblio, mi rammo ristrignersi a poco a poco limpero e addiv enire

(>) A questo argom ento, cui trib u ta n o grandissima fona i gentili, f u risposto da Arnobio e da S. Ambrogio, coetaneo di Teodosio, nella sua apolegia io favore de'cristiani contri Simmaco. T . S. (a) Richiamo sofficienteMente giusto, gli stessi idolatri caduti poco avanti in timore non venissero a mancare i buoi pesagrifiij, al tornare di Giusti* Lano dalla guerra Persia na. T . S.

LIBRO QUARTO. 235 sta n z a d e barb ari (l); o meglio ancora, a tale ridursi, d ise rta tin e affatto gli abitatori, da non avervi pi trac cia d e luoghi ove sorgevano le cittadi. Che poi a si tr is ta condizione tendessero le Romane faccende verr da n o i chiaramente a parte a parte dimostrato. L imperatore Teodosio del resto consegnati ad Ono rio , s u a prole, i popoli dellItalia, della Spagna, della C eltica regione e di tutta lAffrica, nel far ritorno a Co stantinopoli, termin di malattia sua mortale carriera. Im balsam atone quindi il corpo e trasportatolo nella c itt regale diedongli sepoltura nelle imperiali tombe ivi esistenti.
(i) Qui accenna a' Gotti non acristiani, come egli soole. N cerio da maravigliare che il Nume riducesse ad estrema b arbarie il popolo R om ano, da Macedonio, Entichete e N estorto stato essendo cosi malmenato, col propagare ovunque il conteggio di dottrine contrarissime a lui ed a ' suoi dommi c h e le genti pi non credeanne la esistenza. Convien pertanto ritenere dentassero le sciagure del Romano impero non dall avere i cristiani monarchi tolto il culto delle antiche divi nit, ma dall'essere quasi tutto il popolo addivenuto ingiu r i oso verso Punico e vero Iddio. T . 8 .

DI ZOSIMO
CONTE ED AVVOCATO DEL FISCO
I

DELLA NUOVA ISTORIA

MAMBHO QWJt&TO

A r c a d io ed Onorio, pervenuti ai supremo comando, s i pareano di solo nome imperadori, essendo in ef fetto il principato Orientale nelle mani di Rufino e quello d'Occidente abbandonalo all' arbitrio di Stelicone. T u tte le controversie a simile venivano da lo ro con grande licenza diflnite, ri u scendone vittorioso c h i mediante danaro comperava il giudizio, ovvero in forza di tal quale amist conciliavasi il buon volere del g i u dice. Di questo modo eglino rendeansi possessori d e i beni di coloro che la comune degli uomini reputa for tunati. Altri parimente allettandoli con doni evitavano le calunnie, ed eranvi p ur di quelli, i quali da lor po sta cedeano il proprio alluopo di ottenere m agistra tu re, o di promovere sinistri alle ciltadi. Moltiplicatasi ne popoli, senza eccezione, ogni maniera di scelleraggini, le ricchezze da ovunque si fosse riboccavano i n copia negli abituri di Rufino e Stelicone, i principi non attendendo un vero nulla agli affari, e qualunque

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, LIB. QUINTO. 257 ordinam ento dei loro governa t ori tenendolo per non iscritta legge. Rufino dunque, accumulale uni tamente al collega immen se facultadi, gi sognava farsi via in fino all' impero, unendo al principe in matrimonio sua figlia nubile, come opportuno mezzo di conseguire l'in tento. Si vale imper con segretezza di gente al servigio della corte onde proferiscanne parola ad Arcadio; se non che, m entr'egli supponea occultissimo il suo divisa m ente, la fama avea propagato anche tra la plebe sif fatti maneggi, argomentando ognuno dalla stessa cre scente di lui superbia, e dalla tracotanza di giorno in giorno appalesantesi maggiore, i concepiti suoi disegni, e q u in d i vie meglio era il bersaglio dun generale sde gno. Egli poi, quasi volendo a bello studio con pi gravi scelleraggini occultare i minori delitti, ebbe ricor so alla seguente fellonia. Fiorenzo, prefetto del pretorio appo le genti di l dalle Alpi quando il gran Giuliano fregiavasi della ce sarea dignit, avea un figlio nomato Lucian o, il quale crasi privo delle sub campagne di assai valore ad otte nere con tal dono il patrocinio di Rufino; laonde questi m ai sempre dichiaravasi grato verso del giovane, e con lode parlandone all' imperatore Arcadio gli procacci l'onoranza di conte dell'O riente, m agistratura che al suo possessore conferiva autorit sopra tulli gli am m inistratori di quelle provincie, potendone correg gere il male operalo. Ora Luciano mostrandosi ai subalterni ricco d 'o g n i virt degna d ' un presidente, per la sua giustizia, temperanza e tutte le altre doti atte ad illustrare un m agistrato, riscuotea celebrit

5238 ZOSIMO , DELLA NUOVA ISTORIA somma; n presso a lui aveanvi personali differenze, il suo animo nulla curando salvo il prescrit t o dalle leggi; di maniera che giunse talvol t a a rigettare una inc h ie sta fuor di ragione avanzatagli da Eucherio zio dell'ioiperatore. Al quale atto di rettitudine il chiamatosi offeso calunniollo, vampante d 'ir a , presso del trono. Arcadio pertanto accagionando Rufino dell'averlo inalzato a s grande potere, il m inistro, colta l'o p p o rtu n it , quasi offeso della riprensione, senza comunicare ad alcuno il proprio divisamento avviasi con pochi seguaci ad Antio chia, ed a notte ben ferma entrato nella citt v'arre sta il conte e costringelo, privo affatto di accusatori, a pro durre le sue difese, comandando infine che percosso vengagli il capo con isfere di piombo. Rendutolo cada vere procura sia trasportato entro coperta lettiga, in ducendo il popolo a credere che potes s e il meschino, ri manendogli tuttora un resto di vita, addivenire merite vole di q ualche umanit. La stessa Antiochia poi assai molestamente comportando cos altiero procedere, egli a cattivarsi la plebe costru nella citt un regai porti co superiore in magnificenza ad ogni edificio ivi eretto. Di ritorno quindi a Costantinopoli tende a conseguire l'affinit imperiale, e con fervore mai pi per lo avanti s eccessivo studiasi collocare la figlia in matrimonio col principe. Ma intrappostisi nuovi garbugli, fuor do* gni aspettazione, a travolgerne le p ratich e , cadde af fatto di speranza. Due figli di Promoto dal tempo in cui vivea Teodosio cresciuti erano ad una coll'imperiaje prole. Altri di essi avea seco una vergine di maravigliosa bellezza. Eutropio, tale degli eunuchi all'im*

LIBRO QUINTO. 230 perial servigio, esorta il principe, celebratagli l avve nenza della fanciulla, ad impalmarl a, ed osservandolo non mal volentieri udirne parlare mostragliene il ri tra tto , eh ' ebbe possa di invaghirlo m aggiormente; persuasegli inGne di sposarla. Rufino' ignorante di queste faccende rilenea in breve compiersi le impe riali nozze con sua figlia, e tra poco addivenire egli stes so collega del principe nell impero. L eunuco poi con dotte a term ine le sue pratiche ordina al popolo di tri pudiare, e cingersi il capo di ghirlande, giusta la usan za nelle imperiali nozze. P igliate in seguito dalla reggia le vestimenla convenevoli alla principessa ed femmi nili ornam enti consegnali agli imperiali servi ; quindi preceduto dal popolo attraversa con essi la citt. Tutti, nella credenza che fossersi arnesi destinati alla figlia di Rufino, unisconsi al convoglio. Venuti, col proceder oltre, alla casa di Promoto, e da t e queste arre sponsalizie alla vergine donzella educata presso di lui, appa lesano qual sia per essere la imperiale sposa (1). Rufino al m irare il principe contrarre matrimonio con altro s uggetto, conoscendo le sue speranze deluse, escogita nuova impresa tendente a levar di mezzo Eutropio. Tale andando gli affari sotto limperatore ArCadio, Stei icone, posto al governo dell Occidentale im pero, sposa al principe Onorio la figlia avuta da Serena, prole di altro Onorio fratello di Teodosio genitore dei principi. Consolidata pertanto ip grazia della olteno(i) Eodocia, al cui incitamento fa sbandeggiato il Cri sostomo dopo cinque anni di pontificato in CataalioopoU. T .S .

240 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA ta affin it la sua possanza, il comando avea po c o meno di tutte le imperiali milizie. Poich, rimosso d a l trono Eugenio ed avvenuta in Italia la morte d i Teodosio, egl i, capitanando tutto l eserc ito, riten u te erasi le pi robuste ed agguerrite genti, e spedito avea neH'Oriente le disagiate e da purgarne i ruoli. Stabiliti questi affari e mal comportando che Rufino preten desse in que luoghi potest eguale alla sua, pen sava indirizzarsi ad Arcadio, bramoso di governarne a volere gli stati, dicendo travarj comandi avuti da Teo dosio in punto di m o rte, esservi anche quello di assistere diligentissimamen t e ambo i monarchi. Rufino ac cortosi delle costui mire studiavasi impedirne la par tenza ver lorientale im pero; n cessava infrattanto di sparpagliare le truppe d Arcadio a renderle cosi-pi de boli. Fermato dunque di menare sagacemente ad ef fetto i concepiti disegni trov per la esecuzione loro uomini assai pi malvagi di quanto desiderava, ca gionando con essi al Romano impero gravi sciagure; ed ecco il come. Musonio, di greca stirpe e giunto all apice del sa pere, ebbe tre figli, Musonio, Antioco ed Assioco. Il p ri mo ed il terzo gareggiava no nel superare cos in dottrina come in probit le pa terne virtudi. Il secondo lieto an dava di ben contrarie inclinazioni, essendo stiuma d i ribaldi. Or bene, Rufino conosciutolo adatto asuoi d i visamene gli d, nella qualit di proconsolo, la Greca amministrazione, procurando in pari tempo agevolare alle barbariche scorrerie la rovina di quello stato. Fida inoltre a Geronzio il presidio delle Term opili, p ro n to

LIBRO QUINTO. 241 o c h e questi a secondarne ,i consigli dannosi alla re p u bblica. Fatti cos turpi regolamenti, allorch vide Ala rico propenso a sedizioni ed alla disubbidi enza delle leggi ( p erch non iscelto a duce supremo delle mili zie , lasciatigli qne' soli barbari da Teodosio ricevuti q u a n d o seco distrutto avea la Eugeniana tirannide), in se g re to lo avvisa che se inoltrasse co'suoi barbari, o con a ltre collettizie truppe raccol te da varie genti, rendere b b e si di leggieri padrone della Grecia intera. Alarico avvalorato da tali detti abbandona la Tracia e messo p ie d e nella Macedonia e nella Tessaglia sperpera quan to aveavi di mezzo (1). Avvicinatosi quindi vie pi alle Termopili manda occultamente annunziando il suo arriv o al proconsolo Antioco ed a Geronzio preftto d ella guernigione postavi a difesa. Questi ritiratosi col p residio libera, da impedimenti il passo nella Grecia ai b a rb a ri, che lo valicano guastando a bell'agio le cam p agne e sfolgorando affatto le ci t tadi. Uccidonvi ezian d io il sesso virile arrivato alla pubert, e menan v ia in fro t te, quasi conquistata preda, e fanciulli e donne col rimanente bottino. Tutta la Beozia di parit ed il resto delle Greche popolazioni, ovunque i barbari pe netrarono dopo l'ingresso dalle Termopili, giaceansi av vili te, e da quellora inGno ad oggi presentano agli oc chi degli osservatori il sofferto disastro. 1 soli Tebani andarono da s gravi mali esenti cos per le fortifica zioni della citt loro, come perch Alarico, sollecitar
(i) Toccando p ar egli qualche strage. V. Soer., lib. della .St. Eccl., cap. io.
Z o s im o .
ti,

Della nuova Istoria.

16

242 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA volendo la occupazione di Atene, risoluto avea di non perdere tempo in quellassedio. Egli d u n q u e , rispar miando ai Tebani tanta sciagura, cammin ad Atene sperando insignorirsene agevolmente, essendo per la sua interna grandezza incapace di resistenza. Possessore inol tre del contiguo Pireo confidavasi presto rid u rre gli abitatori per mancanza di fodero allarrendimento. Da questa fiducia senza dubbio egli sentivasi ani mato. Ma la vetust di quelle mura non potea a me no di conciliarsi una divina provvidenza in s tremen de congiunture, onde essere preservata dalle nemiche vessazioni. Giover quindi riferire il prodigio, al certo divino ed inspirante piet negli u d ito ri, che appor t salvezza ad Atene. Alarico, pervenutovi collesercito, nel lo spiarne all intorno le mura vedevi alla difesa Mi nerva sotto le forme rappresentateci dai simulacri, dir vogliamo in armi, come pronta a respignere gli assali to ri; m ira eziandio avanti esse leroe Achille, quale ap puntino Omero mostravaio ai Troiani, allorch vampante di sdegno combattevali per vendicare la m orte di Patroclo. Egli allora non comportando la terribile vi sione, sospeso ogni tentativo contro della citt, mandow i entro banditori collofferta di pace. Consentitosi alla proposta dal popolo e giurati da ambe le fazioni gli accordi, il barbaro scortato da pochi si fa in Atene. Urbanissimamente accolto, dopo essersi lavato, aver banchet t ato cgli ottimali della cittadinanza ed anche ricevuto doni, part di l e da tutta lAttica non com mettendovi guasto veruno. Atene dunque fu la sola citt rispettata dal t remuoto, che sotto l'im perator Va-

LIBRO QUINTO. 243 lente scosse la intera Grecia, come narravamo nel pre cedente libro , ed in questa occasione dal nem ico, il quale minacciavaia di estrema rovina. Alarico impaurito dalle visioni apparsegli, lasciata lAttica libera interamente dalle sue rap in e , dirizz il passo alla Megaride e di subito impossessatosene, corre alla volta del Peloponneso non rinvenendo lungo quella via opposizione alcuna. Accordatogli po scia da Geronzio il valico dell' istmo pot senza fatica e battaglie impadronirsi di tutte le citt prive affatto di m ura, provvedu t o essendo alla sicurezza loro colla guernigione dell istmo. Laonde prim a Corinto e le p r ossimane cittadi arrendonsi tosto alle sue arm i; dopo lei Argo unitamente ai luoghi di mezzo infino a Sparta, p u r ella soggiacendo allegtfal sorte della rimanente Grecia, non provveduta, colpa la Romana avarizia, n d i arm i, n di gente adatta alle pugne ( 1); m a subordi nata a m inistri traditori e studiosissimi nel secondare, in ogni cosa funesta alla repubblica, la cupidigia di coloro che aveano il comando. In Rufino spasimante limpero, alla nuova delle Greche disavventure, vie pi crebbene la bramosia, sperando, turbato lordine pub blico, non incontrare ostacoli nesuoi conati. Ma Stelicone, imbarcate le truppe, mette alla vela per soccor rere la disgraziata Acaia. Afferrato nel Peloponneso co strinse i barbari a fuggire in Foloe, e distrutti avrebbeli agevolmente per mancanza di annona, se dato non
(i) Gli Spartani volevano ch e la citt loro non fosse difesa da mnro, dal valore heasl della popolazione. T . S. ,

244 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA si fosse ai piaceri, alle buffonerie de' mimi ed alle in vereconde zambracche; n conceduto avesse ai militi il predare quel poco lasciato dai barbari, ed al nemico l'a gio di uscire del Peloponneso col fatto bottino, tragit tare nell'Epiro e porvi a sacco quelle genti. Al porgere quindi orecchio alle notizie delle costoro vessazioni, perduta l'acconciatu ra, volge le prore agli Italiani lidi, recato avendo maggiori e pi gravi sinistri ai Greci colla sfren atezza de' militi condot t i seco. Presa terra in Italia macchin di subito la morie di Rufino, ed eccone il modo. Riferisce al principe Ono rio il bisogno di spedire al fratello Arcadio alcune coorti di militi a difesa delle nazioni per mala ventura in quella parte dell'impero travagliale. Riportato l'or* dine di eseguire i menzionati divisamenti, appresta le troppe da mandare col, e conferitane a Gaine la capita n anza lo fa consapevole de'suoi progetti verso Ru fino. Pervenuti i soccorsi in vicinanza di Costantinopoli, G aine, precedutili, ne partecipa l'arrivo ad A rcadio, annunziandogli essersi mossi col desiderio di aiutarlo in que' trambusti. L 'im peratore, all'udirne, allegratosi, da Gaine esortato ad incontrarli nell'entrare in citt, onore di consueto alle truppe concesso. Il principe, non rifiutandovisi, cammina ad incontrarli, ed avutene ma nifestazioni di rispetto p u r egli cortesemente li acco glie; ma to sto , ad un segno di G aine, tutti ad un tratto circondando Rnfino di spada ferisconlo, e chi gli tronca la man destra, chi la manca, e chi spiccagli il capo dal collo, profferendo le ovazioni solite cantarsi nelle vittorie. Oltre di che, a m aggior vitupero dell'uc*

LIBRO QUINTO. 245 cis o , p o rtanne da per tutto nella citt in giro la mano, ad dim an dando a quanti avvenivansi elemosina per lo in c o n te n tabile. R u fi no di questa guisa, dopo into l lerabili mali re c ati a molti, pag il gius to fio decommessi delitti alle in fe r n ali Furie. Compiute in ogni lor parte le trame di Stelicone contro a Rufino, Entropio con assoluto potere so p rantende a quanto nella reggia era ponderato. Con v e rti a simile in proprio il pi de'beni spettanti alluc ciso, concedendone pur altrui quel tanto ehesi parean o averne qualche diritto. Alla consorte poi ed alla figlia d i lui, rifuggitesi per lo tim ore nella chiesa de cristiani a d evitare egual morte, e g li, obbligata la sua p a ro la , p erm ise di navigare alla citt di Gerusalemme, domi cilio una volta de giudei, ma poscia sotto limpero di Costantino abbellita con edifizj dai cristiani, ov elle passarono il resto della vita. Determinatosi finalmente a d allontanare tutti gli autorevoli personaggi, onde n o n avessevi altri, da s in fuori, che sapprossimasse in potenza al monarca, tende insidie, senza veruna legit tim a causa a Timasio, infno dallimpero d i Valente fre giato, dell onoranza di maestro delle milizie, e che in p i guerre prestato avea il suo aiuto; era la calunnia appostagli del tenore seguente. Bargo, originario della Siriaca Laodicea e venditore d i salsicce nel foro, campato per delitti commessi in Laodicea deS ard i, comportandosi da quel che e ra , acquistossi colle sue malvagit rinomanza. Timasio ito col ed osservandolo faceto e di maraviglioso artificio nel conciliarsi facilmente, adulando, ogni ceto di gente

246 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA in cui abbattevasi, annoveratolo infra suoi famigliati, t o sto lo prepone ad una coorte di m iliti , n pago ancora seco lo piglia nel battere la via di Costantinopoli. T al procedere dispiacque ai m agistrali, poich interdetto aveano a Bargo per alcune sue turpi azioni di vivere in quella citt; non di meno Entropio rinvenutolo snggetto di cui valersi, come strumento idoneo a calunniare Timasio , induce sottomano questo accusatore ad allegare falsi libelli, onde incolparlo di avere aspirato all im pero; ed egli stesso, presente al giudizio ed a veruno secondo necubiculi augnatali, possedea la facolt di p ro nunciare sentenza. Ora tutti di mal animo tollerando che il salsicciaio movesse querele contro ad nn per sonaggio per< tante cariche e dignitadi illustre , il principe, ritiratosi dal giudizio, commette a Satur nino e Procopio di ultimarlo. Il primo di e ssi, pi avanzato di et e chiaro per grandi m agistrature s o stenute, non era interamente libero da piagenteria, solito ne giudizj a secondare i desiderj e le m ire de potentissimi dopo il sovrano. Procopio in cambio, suocero dell imperator Valente, si parea in alcune con giunture franco nel dichiarare la verit, cosicch allora nel processar Timasio contradi Saturnino, dicendo es sere sconvenevolezza lo ammettere le accuse di Bargo contro al duce, ed il fare opprimere dalle calunnie di vile ed affatto immondo omicciatto nn personaggio cotanto distintosi nellesercizio di cos numerose magi strature e ricolmo di sublimi onoranze; come p u r e (as surdit somma a dirsi) il comportare che il beneme rito pericoli mediante l opera del beneficato ; ma egli

LIBRO QUINTO. 247 colla sua liberissima favella nulla ottenne , e la molto com m endata sentenza di Saturnino vinse il partito. Timasio conda nnato al bando ed a menar sua vita nell' Oasi (1), w i da pubblici satelliti condotto; luogo in v erit sterilissimo e donde ninno, messovi una volta piede, sperar pu di sottrarsi. Poich ai trasferi t i l entro u n s nolo arenoso, vastissimo e deserto, vieta ogni comu nicazione collesterno. I venti inoltre distruggono, em piendole d'arena, le orme impresse da viandanti, n vi r in v ieni albero o casa donde trarre qualche indizio p e r non ism arrirti. Corse non di meno voce generale che Timasio ne uscisse per opera del figlio Siagrio, il q u ale evitando i suoi persecutori ed assistito da qual che predoni, giunse a ritraimelo. Ma se il grido fsse v erit o sparso nel volgo dai favoreggiatori di Eutro p io , non fuw i alcuno pronto ad asserirlo con certezza, n pi da quel tempo comparvero cos Timasio come Siagrio. Bargo, il quale campato avea dal timore d'ogni pericolo Eutropio, dile g uatosi in costui il sospetto della nimicizia di Timasio, riceve la prefettura duna coorte m ilitare donde avere facile guadagno, e deluso nella speranza di maggiori doni p a rte , ignorando che En tropio, dopo l ' indegna sua azione contra il benemerito Timasio, pagato avrebbelo dell'egual moneta. Obbligato dunque dall' officio conferitogli ad allontanarsi dalla eitt, quegli persuadene la consorte, non senza motivo gi in discordia col m a rito , d i presentare al principe
(i) Ore, per decreto di Teodosio, fu anche Nesloro con finalo . E ragrio, lib. I , c. 7 .

248 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA libelli, accusandolo di gravissimi delitti. Eutropi o , let tili, ordina tosto di chiamarlo in giudizio, e lo sentenz ia , convinto, al meritato gastigo. Dopo di che tu tti incessantemente ammiravano e celebravano l occhio d i Adrastia (1), il quale non pu in modo veruno a n d a r gabbato dai malfattori. Eutropio, ebbro di sue ricchezze ed estimandosi elevato sopra le nubi, avea poco meno che presso tu t t e le genti esploratori solleciti nello spiarne con diligen z a le azioni, e quali fossero di ciaschedun cittadino i pos s edimenti , nulla ommettendo per accumulare tesori. Invidia anchessa ed avarizia lo istigano contro di Abondanzio. Era costui originario della Scizia, par t e della T racia, ed infino dai tempi di Graziano col m ilitato avea, ottenendo in seguito dall imp eratore Teodosio grandissime onoranze, compresavi eziandio la p retu ra ed il consolato. Ma volendo Eutropio privarlo de beni e delle onorevoli cariche, non a pena fattone il co mando per iscritto dal principe, vien discacciato dalla reggia ed impostogli di abitare nella Fenicia Sidone, ove pass il resto di sua vita. Dopo di che il perfido ministro, non avendovi pi in Costantinopoli chi osass e affisarlo, dirigeva tutti i suoi pensieri a Stelicone, go vernante di proprio arbitrio le occidentali provincie ; e ad impedirgli lo avvicinarsi alla citt regale escogita mezzo per chiudergliene lentrata, persuadendo al p rin ( i) Nemesi altramente delta. Abbiamo da Strabone deri vatole questo nome da Adrasto, che dedicolle il primo tem p io , addncendone a proora alcnni versi di Anlimacot T . S .

LIBRO QUINTO. 249 cipe il dichiararlo in pien senato, con pubblico decreto, avverso al l' impero. Si lega poscia col duce Gildo, co m andante le truppe dell'Africa uni ta a Cartagine, e tolta la p rovincia coll'opera di lui all'impero di Onorio, ponela sotto quello di Arcadio. Se non che sopravvenne a Stelicone fortuito caso m entr'egli a malincorpo sof friva P Africana p erdita, ed il suo animo forte aggira-* vasi nella incertezza. Gildo pigliato ad insidiare con b arbarico furore il fratello nomato Masceldelo (4), co s i n o s elo a navigare verso l'Ita lia per abboccarsi con Stelicone e partecipargli le offese dal germano ricevute. Laonde Stelicone mandalo con truppe e sufficiente na viglio a guerreggiare il suo persecutore. Arrivato dunque laddove udito avealo a dim ora, e la t t oglisi repentina m ente addosso coll'esercito, riusc dopo fiera batta glia p er modo vincitore, che Gildo risolv darsi morte di laccio, preferendo l'uscire di vita al cadere in ostili m ani. Masceldelo, ricongiunta ('Africa al regno di Ono rio , pass di nuovo in Ita lia , ove Stelicone, quantun que punto da invidia per l ' ot t imo successo dell' im presa, finge non di meno con belle speranze onorarlo. Ma in determinato giorno camminando per un sobbor go della citt accompagnato da altri e dallo stesso Ma sceldelo, giunti a non so che ponte del fiume, i satelliti, obbedienti al segno da lui ricevuto, gittan costui gi

( i) Altri nomatilo Mazescele, o Mascelzele, come Diacono. T. S .

5250 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA nellacqua, facendone gran risa il traditore, e quel me* schino, trascinato dall impeto del fiume, rimanendovi affogato. Le nimicizie di Stelicone -ed Eutropio addivenute manifeste, vanno per le bocche di tu tti, ed infra gli scambievoli odii degli animi loro, e scherniscono licen ziosamente al sommo le popolari calam itadi, il primo unito gi avendo in matrimonio la figlia Maria al prin cipe O norio, e l altro governando quasi gregge i sud diti d'Arcad o. Poich se aveavi qualche ottimo posse dimento, egli, spogliatone il pro p rietario , lo annesta vano al patrimonio loro; di pari guisa ove trovavasi oro ed arg en to , a s il traevano senza riguardo veruno ai legittimi p adroni, fidata essendo a copiosa tu rb a di calunniatori la difesa di tali vituperj. A questi andamenti di entrambe le monarchie, tntti gli ottimati dellordine senatorio con isdegno soffrivan o loppressa e misera condizione de governati, ma Gaine particolarmente, il quale non riportava lonoranza do vutagli come pi anziano duce, n la insaziabilit dnn barbarico animo esser potea sbram ata con doni; vie peggio infine travagliato dal vedere tanto danaro scorrente nell'abituro d'Eutropio, n moderare potendo la sua ira a cosiffatto procedere, strigne lega con Tribigildo, uomo pronto ad incontrare perigli, dispostis simo ad ogni cimento e comandante non delle equestri coorti Romane, ma delle barbariche di stanza nella Frigia, ricevutone dal principe il grado. Questi finge di volersi avviare col per rassegnarvi le sue truppe, e cos pretestando abbandona Costantinopoli. Quindi, postosi

LIBRO QUINTO. 254 in cam m ino co suoi m iliti, assale ovnnque mette piede lungo la .v ia , di maniera che facendo scempio d n o m in i, donne e fanciulli, gu astando tu tti i luoghi a cni aw enivasi , e radunando in brevissimo tempo ste rm in a to numero di saccardi ed altra consimile gen te , rid u c e agli estremi lAsia universa. Il perch tra vagliatissim i i L id ii, fuggendo nella totalit, quasi di r e i, alle marittim e piagge, navigavano colle proprie fa m iglie alle isole o altrove, paventando lAsia medesima col m a re a confine di partecipare l imminente scon fo rto . Arcadio allu d irn e , punto non curando le pub bliche sciagure (n esser potea altramente a cagione della ana balordaggine fuor di m isura) consegn il ge n e ra le governo dellimpero ad Eutropio. Questi sceglie a d u c i Gaine e Leone, divisando spedire 1 ultimo in A sia per assalirvi gli usurpatori barbari o lo ragunaticce milizie; ed il prim o inviarle nella Tracia e nelle s tre tte dell'Ellesponto per combattervi le nemiche tru p p e , ove sieno quegli abitatori oppressi dalle mole stie loro. Leone , destinato a soccorrere l A sia, era intiera m ente privo d ogni virt di assoluto bisogn o ad nn capitano, n avea altra dote comunque, salvo la molta dimestichezza con Eutropio, per meritare il fortunatis sim o inalzamento. Gaine spedivasi nella Tracia onde im pedire alle milizie di Tribigildo il passo per l Ellesp-onlo, e chiam arle, se lo addimandasse la pratica di g a e rra , ad una battaglia navale. E ntram bi, avutone i l comando, muovono colle truppe a norma della propria de s tinazione. Gaine allora, sovvenutosi degli accordi

252 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA fatti con Tribigildo, all'osservare propizio il tempo d i p o r mano ai concepiti disegni, ordinagli di condurre l e milizie all'Ellesponto. N v'ha dubbio ch'egli tenen d o occulti i suoi pensame n ti contro alla repubblica riuscito sarebbe, quetamente partitosi co' barbari da Costanti nopoli , ad effettuare le preparate novitadi, o sia la occupazione dell' Asia ; n incontrato avrebbe pi osta colo veruno ad impedire che la perdita di lei seguita fosse da quella di tutto ('Oriente. Ma la fortuna conser vare volendo tuttavia salve le cittadi col poste al Roma no im pero, egli, trasportato dallimpeto e fervore inge nito negli animi de' b a rb a ri , si allontana da Costanti nopoli, fornitogli quasi il generai potere di condurre la g u e rra , ed a pena messo piede in Eraclea annunzia a Tribigildo qnanto uop'era imprendere. Or questi ri solv di non avviarsi allEllesponto, paventando incon trare le troppe ivi di stanza; guastata in cambio pres soch in ogni parte la Frigia, invest la Pisidia, e d a t o ovunque, senza impaccio alcuno, il sacco, ritrassene il piede. G aine, alla notizia di tali eventi, e memore degli accordi fatti con Tribigildo, punto non badava ai po poli travagliati dalla guerra. Leone intanto sempre fer mo ne luoghi presso all Ellesponto, non osa venire a battaglia col ribello pretestando temere non costui p er mala sorte, battendo altro straniero, mettesse improv visamente a ferro e fuoco le campagne in vicinanza d i quello stretto. Laonde volle il destino che, nu l la ostan do a Tribigildo, citt qualunque cedere dovesse alla fo rz a , e tutti gli a b ita to ri, compresi gli stessi m iliti,

LIBRO QUINTO. 253 soggiacessero a morte ; nessuno de barbari porgendo a iu to a ll a imperiale fazione, anzi negli stessi aringhi, s o c c o rre n do ai combattenti lo ro, avventavansi contro de R o m a n i vessilli. G a in e poi, avvegnach si paresse a malincuore tol le ra n te le Romane disavventure, finge ammirare gli stra ta g e m m i di Tribigildo, celebrandolo insuperabile nella p r u d e n z a , e meglio co suoi accorgimenti, che n o n c o lla forza vincitore del nemico. Passato quindi nellAsia senza recare la minore offesa ai te rrie ri, alle c itt e d ai cam pi, detto lo avresti unicamente correr d ie tro ai ribelli, ed essere in certo modo spettatore de gli eventi. Attende poscia linoltrare di Tribigildo nellO rien te , inviandogli con segretezza milizie per averle q u in d i cooperatrici dei proprj disegni, e le sue deter m inazioni rimaneansi per ancora sconosciute. O ra, se T ribigildo penetrato nella Frigia tosto diretto si foss, n o n curante la P isidia, nella L ibia, nulla rattenulo avrebbelo dal conquistare a suo bellagio e lei e la Io nia; donde in seguito fatta vela per le isole e messa in p u n to unarm ata navale, forte quanto si vorrebbe, navigar potea fuor fuore per l Oriente, e libero da grandi ostili sc o n tri, saccheggiare tutto il suolo in fino all Egitto. Ma non volto l animo a cos nobile im p re sa , e determinatosi a condurre le truppe nella Pamfilia contigua ai P isid i, capita in sentieri difficili e non praticabili dai cavalli. Qui, avvegnach non avessevi esercito veruno ad arrestarli, un Valentino, abita tore d i Selga, piccola citt della Pamfilia ed a cava liere dnn clle, uomo passabilmente istrntto n i p rivo

254 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA di qualche bellico sapere, assembrata quantit di m an cipi e di agricoltori, esercitati negli assidui schermugi co vicini predoni, locolli ne poggi sovrastanti laddove tragittar e doveano perch tenessero loro d occhio, e fo ssersi eglino onninamente invisibili, sebbene il ne mico battesse di giorno quella via. Tribigildo co suoi barbari per istrade men disagevoli cavalcato al suolo pi basso della Pamfilia, e di notte giunto ne Inoghi sottoposti a Selga, investilo fu da continui tiri di frombe scaglianti sassi da empire la mano ed anche di maggior volum e, facile essendo il gitto di assai g r osse pietre da pi elevata posizione. N v era spe ranza di scampo ( terminando il sentiero da un lato con prof ondo marese e paduli ; dall* altro con an gustissime salite capaci a pena di fornire il transito a due passeggieri di costa; la montata poi di orbic o lare figura nomavasi dai p a e sa n i, per la simiglianza sua all anim ale, chiocciola ; il luogo inoltre gnernito e ra di gente comandata da nn Fiorenzo, tu tta in a r m i , e tale copiosa da resistere a chiunque tentassene il valico); di maniera che i barbari quivi sorpresi ed oppressi dalla moltitudine e grandezza de proiettili, vi giunta rono in altissimo numero la vita, non potendo a meno in quelle ristrettezze le pietre loro avventate di ucci derne qualcheduno. Manchevoli dunque sommamente di consiglio, molti ad uno coi destrieri calaronsi nei padnli, evitando cos la morte dai sassi, ma rim anendo netle acque spenti. Tribigildo allora con trecento m iliti ascesa la chiocciola ed a forza di danaro corrotto Fio renzo e le truppe ivi di g u ard ia, comper il passo.

L IBRO QUINTO. 255 Cam pat o di l non diedesi pensiero alcuno della totale rovina d e ' suoi, e ritenendo cessati i pericoli, and a precipitare in altri non minori de' primi. Conciossiach q u asi tutti gli abitatori delle c itt , impugnate le arm i venute loro alla m ano, rinserraronlo co' trecento seguaci in tra ' fiumi Melane ed Eurimedonte, lano scor ren d o oltre Sida, e l'altro per mezzo ad Aspendo. Ridot to p e rta n to alle strette, n sapendo come torsi da quell ' in tr ig o , mandane avviso a Gaine. C ostui, dolentis sim o dell'avvenuto ed occultando sempre 1 ' animo suo in to rn o alla ribellione, spedisce Leone, duce aggiunto gli, a soccorrere i Pamfilii, ed assalire con Valentino le m ilizi e di Tribigildo, non permettendo loro il transito d e ' fiumi. Leone, qu antunque stolido per natura ed in clinato ad ogni riprovevole passione, obbedisce agli o r d ini ricevuti. Ma Gaine, d'altronde, paventando non Tri b ig ild o , allessere da tutte le parli combattuto n aven do m ilizie da pareggiare il nemico, venisse interamente d i s t r a t t o , invia contro al campo Romano pi e pi coo rti dei barbari da lai capitanati per consumarlo a p oco a poco, e cosi procurare al suo fido lopportunit alla fuga. Costoro dunque spediti da Gaine ad aiutare Leone, affrontati parecchi Romani e fattane strage guastano la regione perseverando nel dare un gene rale saccheggio, finattantoch non ebbero quasi tutto il paese rovinato e d iserto, avvenendo cos quanto Gaine ardentemente bramava. Tribigildo, egli stesso, nell abbandonare la Pamfilia, diedesi a malmenare vie p i di prima i popoli della Frigia. Gaine poi estol lendo im m ens amente al m onarca le imprese del ribello,

256 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA reselo s tanto spaventevole al senato ed ai cortigiani t che infino dicevano essere per arrivare all' Ellesponto, ove metterebbe ogni cosa in iscouipiglio, quando il principe non si degnasse farne le inchieste. Egli con questi artifizj cercava di occultare ad Arcadio i suoi disegni e compiere, mediante il venire agli ac cordi con Tribigildo, i proprj desiderj, mordicandolo non tanto il dispregio in cui era tenuto, quanto linal zamento di Eutropio ad immenso potere, vedendolo in fra de consoli annoverato, conservandone assai tempe il nome, e da ultimo ascritto alla onoranza de patrisj. F a tti, dtrnd' egli ebbe fuor di misura forti stimoli di usurpare la repubblica, e trovandovisi di gi f* anim# suo apparecchiato stabil da prim a tendere insidie alla vita dEulropio. Al qual uopo, dimorando costui tut tora nella Frigia, mand all' imperatore dicendo : esser egli scorato dal sublime ingegno di Tribigildo nelle belliche im prese, e cimenterebbesi indarno a vincerne il fu ro re, ovvero a liberare l'Asia dai sovras t anti peri coli, quando e non si disponesse ad accordargli la di mandata consegnazione di Eutropio, autore principalis simo di tutti i m ali, assoggettandolo pienamente ai voleri di lui. Arcadio portovi orecchio manda per Eutropio, e , digradatolo, gli d licenza. Questi corre al tempio dei cristiani, avendo il luogo ricevuto da esso ampio diritto d'asilo. Ma Gaine insistendo che Tribigildo rifiulavasi tuttavia di cessare menomamente dalle sue violenze, quando non si discacciasse lontano Eutropio, fu questi allora, in opposizione della stessa legge concedente il

LIBRO QUINTO. 257 diritto d asilo alle chiese, tolto di l e spedito in Cipro sotto la custodia di fidate guardie. Se non che Gaine, m ettendo Arcadio alle s trette, incitavalo a dargli morte. Alla p er fine gli amministratori dell'impero, deludendo con sofismi il giuro tatto al prigioniero nel ritrarlo dalla chiesa, ordinano di ricondurlo da Cipro, e quasi sacramentato avessero di non sentenziarlo a m or te do ran te la sua dimora in Costantinopoli, tradottolo a Calcedone comandanne la uccisione. La fortuna per verit comportossi ver lu i, si net prospero che nell'av verso sta to , in estraordinaria g u isa , inalzandolo a quella sommit di onoranze cui nessuno degli eunu* chi era unquemai pervenuto, e dannandolo a morte p e r l'odio col quale i nemici della repubblica davans i lagno d'essere da lui perseguitati. Gaine del resto, avvegnach i suoi pensieri diretti a novitadi fossero generalmente noti, opinavali sempre occulti. Possessore inoltre dell'animo di Tribigildo vie* ne, rappresentandolo, col principe agli accordi, e giu rate da entrambi le convenzioni, retrocede per la Fr gia e la Lidia. Tribigildo seguelo dagli omeri senza volgere neppure Io sguardo a Sardi, metropoli di quella regione. Riunitoglisi poscia vicino a Tiatira c itt , de stassi pentimento in lui di non aver messo a ferro e fuoco Sardi, potendola, priva d'ogni soccorso, con fa cilit grande occupare. Stabili duuque, tornandovi con G aine, di espugnarla; ma volendo accingersi all'opera, cadde grossissima pioggia che, inondando il suolo, gonfi talmente i fiumi da impedirne il valico e quindi le minacciate ostilitadi. Egli di l, per differenti sentieri Z osimo . Della nuova Istoria. 17

258 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA guidando le truppe , avviasi alla Bitinia , e Tribigildp ali'Ellesponto, concedendo ai loro barbari il sac cheggio ovunque mettevan piede. Arrivato l'uno a Caicedone ed occupato dall altro il terreno a frontiera di Lam psaco, tanto Costantinopoli quanto il Romano impero aggiravansi in estremo pericolo, Gaine doman d ando che andasse a lui Arcad io stesso, risoluto di non voler favellare con altro qualunque. Il monarca p ur ora consentitogli, ambedue convennero ad uq luogo prim a di Calcedofte, ove sito era il tempio della pia (1) m ar tire Eufemia, in venerazione pel culto da lei tributato a Cristo. Quivi stabilirono di consegnare a Gaine e Tri b igild o, passa t i d all'Asia in Europa, i pi eminenti per sonaggi dell'impero onde venissero spen t i; ed eran co s t oro Aureliano, console di quellanno; Saturnino, con so lare, e per terzo Giovanni, partecipe di tutti i se greti del principe e da molti creduto padre del supposto figlio di Arcadio. Il monarca pieg anche a questa sebbene t irannica domanda, e Gaine. im p ossessatosi degli an tedetti perso naggi , e fat t e loro appressare le spade solt anto alla cute, si conten t sbandeggiarli. Passato quindi nella Tr ci a , collordine a Tribigildo di seguirlo, giunse

(i) Zosimo cos parla giusta lintendimento de' cristiani,

a nessuno di essi accordare solendo con tanta liberalit il


nome di pio. In quant o ad Eufemia , dobbiamo ad Eragrio (lib. I I , c. 3 ) la descrizione del tempio, i miracoli ed altre siffatte cose. In questo tempio fu celebrato sotto Marciano il Concilio Calcedonese. T . S.

LIBRO QUINTO. 259 l'Asia rspir&re, mirandosi in qualche modo liber d cos gravi pericoli. Nella stia dim ora poi in Costantino poli sparge qua e l i militi destina t i a difenderla, spogliando la citt d elta stesse guardie pretoriane, ea eso rta di ascoso i barbari ad iittpadrbnifsede, ricevati all o o p o il segnale partite le trop p e- rhnasa non U tra m en te priva di soccorso gliene conferireb b ono trasse/lu to potere. Fatti questi cotiandametti lle coorti seco, esc di qnelle m ora, protestando il soo corp inferm per le sostenete belliche itiche e bisognevole di riposo, del q u ale spererebbe indarno godere se non quando abbati-* d o nato si fosse ad una vita scctr da cure. Laonde Ia4 sciate nella c itt barbariche schiere, mollo superi trid t n u m ero ai discacciati prelofi&ni, ritirossi in un borgt lo n t ano di l quarailta stdj per attendere il inomentd d i Tiveilirvi doti a petd i barbari nttovi, giusta il cil* v e n u to , accinti foSstsi all'opera. Egli si vvea cori tale fiducia , e se prfevenutb non avesse , stimolato dat barbarico furore, il tempo idoneo all' im presa, nulld potea eontradiargli il possesso di quelle miira. Md 'con dottivi i suoi militi senZattder lo stabilito Segnale; que del presidio, spaventati, mandano forti grida; Sii1 scit alosi allora grave ed universale tu m u lto , e postesi le donne a piangere ed urla re corne a gi fossevi pe netrato il nemico, tutti gli abitatori: pigliano a combat tere le truppe del,ribello esist enti nella c itt , .e dopo averne con spade, pietre d al t re armi presentatesi loro fitto eccidio , montano di corsa in sa delle m ura, ed insiem colla guernigione aw entan dardi e proie t tili

260 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA comunque capitati loro alle mani ai militi di G ai n e , perch non fossero di forza espugnale. Liberata la citt dall'urgentissim o pericolo, i b a rb a ri, sette mila e pi di numero, sopraffatti dalla po polazione ricovrarono entro la chiesa de cristiani vici na a lla reggia, cercando per loro salvezza questo asilo. Ma l imperatore comandane l eccidio in quello stesso l uogo, non giudicandolo a bastante idoneo a renderli esenti dalla giustissima punigione de commessi delitti. Ad un tal ordine del principe nessuno tuttavia osava strapparli di l , temendo non eglino facessero pruova di resistenza. Laonde si risolve di abbattere il tetto so prapposto alla mensa del sacrario (cosi denom inata), acciocch gli esecutori-dellimperiale comando gittassero dall alto legni ardenti (i) lor contro, e di tal m o d o , operando senza posa, tu tti venissero dalle fiamme co n sunti. L impresa di vero consegu l intento, i barbari dal primo all ultimo rimanendovi uccisi, ma ne pi fervorosi cristiani destossi lo scrupolo di essersi n el mezzo della citt effettuato enorme sacrilegio. Gaine, fallitogli questo gravissimo tentativo, pass a guerreggiare manifestamente la repubblica, ed assa l ile le campagne della Tracia, vi osservava murate le
(i) Socrate, nel lib. V I della Storia Eccl., c. 6 , riferisce che la chiesa incendiata apparteneva ai Go tt i , e narra il come pervenne a salvamento Costantinopoli, ridotta ad estre mo pericolo se una turba d'angeli, in sembianza di guerrieri, non avesse all' improvvisla empito di spavento i T artari. T . S.

LIBRO QUINTO. 261 citt e difese dai m agistrali e dagli abitatori, i quali dalle precedenti scorrerie ammaestrati nell arte delle a rm i, con tutte le forze loro uscivano a combattere. Egli pertanto, mirando fuori delle mura la sola grami gna, portativi entro i varj prodotti, il bestiame ed ogni altra provvigione da bocca, stabil , abbandonata la Tra cia , inviarsi al Cherroneso, e per le strelte dell Elle sponto retrocedere a fretta nellAsia. Mentre poi cos la pensava, il monarca ed il senato concordemente ri solverono di scegliere a combatterlo il duce F raiuto, barbaro costui di sc h ia tta , e Greco in tutto il re sto , non di costumi semplicemente e dindole, ma d'animo determinatissimo a non abbiurare il professato culto de Numi. Egli dunque gi illustre pel governo di molte preture, e liberatore di tutta lorientale regione sita in fra la Cilicia, la Fenicia e la Palestina dai guasti delle barbariche scorrerie, riceve lesercito da opporre al ri b ello, onde chiudergli il passo nell'Asia per lEllesponto. Apparecchiasi quindi alla guerra, n comportando intrattanto la disoccupazione delle truppe, le istruisce tenendole in continuo esercizio delle arm i; e di tal modo aveale s forte incorag giate, eh elle, dato bando alla poltroneria ed infingardaggine de' tempi addietro, comportavano molestissimamente gli indugi del nemico nel venire alla pugna. Di p i , mentre nell'Asia rivolli erano i suoi pen sieri a tali bisogne, di notte e di giorno visitando il campo ed indagando le nemiche insidie, non trascu rava l ' armata di mare avendo legni sufficienti per ci m entarsi ad lina battaglia navale. Questi legni nomati

262 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA so no Libur n e da una citt d'Italia dove principios si fabbricarne di simigliante forma, e si ritengono veloci al par di quelli mossi da cinquanta rem i, sebbene di gran lunga inferiori alle trir emi; ora assai t empo che la costruzione loro and in disusanza. L'istorico Poli bio narra anche di navi a sei ordini di remi, e si par e che i Romani ed i Cart agine si , guerreggiantisi, di so vente ne profitt assero. Gaine del resto apertosi di frza uno scampo per lo muro lungo nel Cherroneso, loc i barbari in tu tta la pi elevata piaggia della Tracia ed estendentesi di contro ai luoghi aventi principio da Pario infin o a Lampsaco, Abido ed ai di l eziandio, giugnendo lad dove rendesi pi angusto il mare. F rausto, condot te vi le navi, giorno e notte va esplorando i conati dei b a rb a ri; se non che il duce loro stret t o finalmente dalla scarsezza di vittuag iia, com port an d o a malincorpo una maggior dilazione, taglia t i nella selva del Cherr o neso travi, li un accuratissimamente insieme e ren d ati cos acconci al trasporto duomini e cavalli vi soptoppose gli uni e gli altri, lasciandoli in balia delle onde, non potendosi governare co remi o don arte comun que de piloti, costruiti essendo in fretta, senza veruno studio e di conformi t alla barbarica esattezza. Il duce, fermo sul lid o , sperava on n inamente sua la vittoria, quasi che nell'aringo gli aw er 6arj non fos sero per mos t rarsi pari alle genti di lui ih valore. Ma I accorto Romano condottiero ben conoscendone i pensamenti e congetturat o il tentativo, commette ai pi loti di allontanare un poco le n?vi d terra, e vedendo

LIBRO QUINTO. 263 l e nemiche zattere a libito de' fiulti, ne assale quella precedente le altre della prima serie; col suo vascello, avente ro stro di bronzo e superiore in t utto il resto alla b arbarica zattera, lanciogliesi con violenza addosso rispignendola in un subito, e dardeggiandone i militi sopra affondala insiem con essi. In questa i condot tieri delle rimanenti nav i, osservata la prodezza del com andante lorp, ed imitatone l esempio, uccisero coi d ard i quanti aveano di co p trp , e se alcuno dalle zat tere cadea in mare trascinato era via dall acqua, nes suno potendo evitare la morte. Gaine avvilito dal tre m endo sinistro e perduto gran numero de suoi guer r ie r i, trasportato, privo di consiglio, il campo a breve d ista n za dal Cherroneso, pass di corsa nella Tracia, F ra iu to , determinatosi a non tenergli menom amente d ietro , e conte n to della vittoria largitagli d alla fortuna, r accolse presso di s , ove si trovava, le t ruppe. Qui so rse ro parecchi ad accusarlo d'essersi astenuto dall'in calciare il fuggente, liberando cosi ed esso ed i barbari seco in grazia della nazionale comunanza. Egli nulla di ci sapetvole torna alla reggia, lietissimo della con seguila vittoria, asser endola favore dei Numi da lui ve nerati. N arrossiva dichiararsi anche alla presenza dello stesso principe veneratore, giqsta i p at erni r i t i , degli I d d ii, n oe potendo in conto veruno risolversi ad ab bracciare in siffat to argomento 1 opinione del volgo. Accolto dall imperatore vjen nomato console. , Gaine perduti molti guerrieri, di conformit al l'esposto, diriga si a f retta co' rimanenti a ll' l stro, ed al rinvenire la Tracia di gi saccheggiala dalle prim e scor-

204 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA rerie, la spoglia del poco restatovi. Temendo in segnilo la comparsa di qualche imperiale esercito ad assalirlo, e sospettoso insieme de Romani seco metteli a m orte, affatto ignari della trista lor fine. Valica qoindi cor barbari l Istro per tornare in patria e passarvi gli a i timi giorni di sua vita. Se non che, mentregli va eseguendo i concepiti di segni, Uldes, a que d principe degli Unni, estim pe riglioso il concedere ad un barbaro accompagnato dalle proprie milizie l abitare oltre quel fiume ; reputava a Simile, discacciandolo, gratificare all imperatore. Il di che prepaparatosi a movergli g u e rra , assembra le rac colte milizie per chiamarlo a battaglia. Gaine allora, chiusagli la via di riparare nel suolo Romano e co stretto a battersi col nemico esercito, conduce i suoi ar mali alla volta degli U n n i, e venutovi pi e pi fiate a battaglia, giunge, mediante il cor aggio delle sue trnp pe, ad opporgli valida resistenza ; non di men o manca tagli poscia molta g ente, egli stesso da forte e valo roso combattendo incontravi morte. Terminata la guerra colla vita di Gaine, Uldes p rn cipe degli U n n i, mandatane ad Arcadio la testa e ri portati per la sua impresa larghi premj, legossi co Ro mani. Ma nulla tuttora avendovi di stabile sotto un imperatore manchevolissimo di prudenza, la Tracia sog giacque a nuove sciagure cagionatele dai fuggiaschi p ri gioni ad uno coi d isertori, i quali affermandosi Unni ivan predando quanto eravi a cielo scoperto ne cam pi. Laonde Fraiuto speditevi le milizie e spentili unita mente ad ogni altro reo di ostilitadi, fe* liberi da

LIBRO QUINTO. 265 tem a gli agricoltori (1) .........paventando cattivi tra t tam e n ti. Dop d i c h e , pigliarono terra nell'E piro, e nel consultare intorno alla propria salvezza, incerta per l e n o r m it d e l m isfatto, accordarono mezzo alla fuga de lo ro prigioni; h aw i parimente chi vuole fossero con d a n a ro accommiatati; comunque sia, questi entrati fu o r d ogni speranza in Costantinopoli mostraronsi a l p r in c ip e , al senato ed a tutta la popolazione. Crebbe in appresso l odio portato dalP augusta (2) a Giovanni pontefice de cristiani ; ella ben anche pre cedentemente disamavalo, solita nelle pubbliche adun a a z e ad esser punta da lui concionando alla plebe. N on di meno solo in allora dopo il ritorno di esao

(i) Indarno si cercher di supplire tal vano ve non ri c orrasi a congetture. 11 senso dunque che si pu ricavare da gli antecedenti questo. Da pezza G aine addimandato avea che fossongli consegnati, onde p un irli, Aureliano, Saturnino e G iovanni. Costoro, com ' ragionevole di supporre, messi furono da Gaine in carcere pe r gastigarli quindi a suo pia cimento. Ora F rain to , dopo 1 uccisione di G aine, datosi a perseguitarne le poche troppe rimase, i custodi accordarono di proprio arbitrio la fuga,ai prigioni lpro consegnati, per tema di capitar male cadendo nelle mani del itomano duce.: T . S. (a) Eudossia, per la coi opera fu sbandeggialo il santo veamfo Giovanni Crisostomo, richiamato poco dopo da Ar cad io , vedendo il popolo t umultuante a difesa del proprio pastore. Se non che, proseguendo questi di poi, armato dell ' egnal ( d o , a riprendere l augusta di colpe a lei ben noie, fu notamente mandato in bando nel Caucaso. T . S.
Z o s im o .

Della nuova Istoria.

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266 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA e degli altri esuli cominci a mostrarglisi aper tam ente iro sa , ed operando mai sempre a caprccio, stimolava tutti li vescovi a discacciarlo dalla pontificale se d e , in fra de' quali primo e sommo era Teofilo (1), pontefice della citt dAlessandria in E gitto, da cui fu mossa guerra agli antichi, sacri ed eterni riti. Proposta la d isputa, Giovanni, osservando la sua caus a con ingiu s t izia trattata, si allontan spontaneamente da Costan tinopoli. Sollevatasi per tanto la plebe ( signoreggian done costui con mirabil arte gli animi ) tratto avea in iscompiglio l in tero popolo, ed erasi di gi con insidie sorpreso il tempio de 1 cristiani dai nomati monaci. G uardam i costoro dal contrarre legittime nozze, e cos nel le citt come nel le borgate formano copiosissime adunanze di celibi, disadatti alla guerra ed ai bisog n e voli uffizi dell3 repubblica. Sospintisi quindi avanti d a quel tempo insino ad oggi trasferirono in proprio gran p ar te delle campagne, e pretestando quasi dividerne i prodotti cogli indigenti, ridussero poco meno che ognuno alla miseria. Eglino di pi occupato avendo le chiese (2) impedivano alla plebe di farvi le consuete
(i) Cosini nimicava il Crisostomo per ch non atea po t a t o inalzare Isidoro, sacerdote della sna chiesi, al vescovato Co stantinopolitano. V. Socrate, Ist. Eccl., lib. V, c. a. (a) Su rse, promotore essendone Teofilo, nna forte disputa infra i lunghi monaci ( Dioscoro, Ammnio, Eusebio ed E ntimio , nomati lunghi a motivo della magrezza de' loro eorpi. Socrate, lib. V I, c. 7 ). Teofilo dunque fomentandone i par titi si un a que monaci detti antropomorfiani, perch attri buivano umana forma al Nome; gli altri, avendovi tra e o i

LIBRO QUINTO; . 267 preghiere. Il volgo e le truppe altera, m al comportando n n ta l procedere, addim andarono. il raffrenamento della monacale audacia. Dopo di che ad. un convenuto segno dieder&i con ; isfrenatezza somma a farne gene rale s tr a g e , empiendo le chiese di cadaveri e tra-, figgendo tu tti i fuggenti c perti di nere : vesti, lira quali perirono eziandio molti di quelli che per lutto od a ltro fortuito caso indossavano panni di tal colore. Del r e s to , Giovanni richiamato .alla sua vescovile s e d e , proseguiva a suscitare nella citt scompigli non m eno di prima. Cresciuta di pi l'infam e razza d e'ca lunniatori , e tenendosi continuamente ai fianchi degli eunuchi p alatin i, se qualche dovizioso partiva di que s to mondo e* correvano a dinnziarne il patrim onio, com e se prole o pa r enti .non avesse a succedergli nella e re d i t ; producevahsi, quindi rescrit ti del monarca por t a n t i lordine di trasferire i benf d i Tizio a Sempr onio^ cedendoli, vogbam d ip ela chi fatt o aveagliene istanza, senza dare ascolto! alle sospirevoli preghiere de pre senti figli ed affini. Qunbo, in breve, operavasi empiva le citt di lagni e recava immenso scapito ad ogni cit tadino. Poich la consorte dello stolidissimo principe

Dioscoro, opponendom i, appellati erano Origenti da Ori gene, dngento anni prima fierfe impngnatore d tal dottrina. Dioscoro ed Isidoro venuti a Costantinopoli manifestano ad Arcadio e Giovanni le insidie lor tese da Teofilo, il qnale mirandoli accolli benignamente da Giovanni, stabil persegaitarli. Cagione questa dell' odio vicendevolmente portatosi da que monaci. V. Socrate, I. c. T . S.

208 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA al di l del femminile sesso presuntuosa e signoreg giata dalla insaziabile avarizia tanto degli eunuchi quanto delie donnicciuole di sua confidenza e d 'n n po t e r sommo presso le i, ad ognuno rendeva penosissim a la vita, al punto di ridurre le oneste persone bram ose, meglio di tutto il resto, della morte. Siffatte sciagure quasi non bastassero, fu Costan tinopoli esposta ad un pericolo maggiore di altro qua lunque gravissim o, ed eccone il motivo : G iovanni, co me narravamo, rivenuto d all'esilio, e nelle consuete sacre concioni sommovendo gli ascoltanti contro alr augusta , vedutosi in procinto d* essere cacciato di s b o v o d alla sede vescovile c da quelle- mura, m onta so pra nave e parte. I suoi favoreggiatori a llo ra, mentre impedir tentano col massimo zelo che venga in luogo di lui sostituito altro vescovo, divisano d'incendiare la citt. Di notte adunque appicca t o fuoco alla chiesa (A) e verse l'anrra di l ritrattisi onde rim aner e occulti, al l'aggiornare la popolazione m ira lo spettacolo di Co stantinopoli in tremendo pericolo , andando la chiesa ed i vicini caseggiati in fiamme; n basta; venti p ro cellosi levaro nsi a rendere pi lu tt uoso il disastro. L'incendio non sparagn tampoco il palazzo destinato
( i ) D i questo incendio non, vien fatta menzione dagli scritto ri della istoria ecclesiastica , limUaudwi eglino a rife rire qaello pertinente alla chiesa de' G olii, a gi d a do* rammentato. Accaddene altro assai, pi terribile sotto 1' n pcro di Leone, ma esso non pii? assoluta mente rapportarsi a questi (empi. T . S.

IfBRO QUINTO. 26 alle adunanze desenatori. Questa fabbrica sorgente rimp etto alla reggia era magnifica e vistosa al som m o, ricca altresi di statue, la cui maest colpiva lo sguar do , e d il colorito de' suoi marmi non soggiacque fin q i a d alterazione veruna. Gorre di pi la voce che eziandio le imagini delle Muse ollocate nn tempo sull Elic o n e , e posci a , regnando Costantino, tolte violen tem en te di l con tutto il resto e quivi locate, di s tr u tte fossero dal fuoco. Avventura, per verit, donde pronoeticavansi contrarie le Muse, destando il predicau e n lo serii pensieri nell universale. Egli pure spediente (fi non passar con silenzio un m iracolo osservato in allora. Abbeliivan le porte di que s to senatorio edilizio i simulacri di Giov e di Minerva e re tti sopra hasi di p ie tra , e quale avessero figura si p u anche oggid vedere. Corre v ooe a simile che fossevi altra statna di Giove Dodoneo da prima consacrata; in Lindo. Dalle fiamme dunque 1per intiero cinto, il pibm bo a coprimento del tetto,, lique&ttosi, goccio lava sopra d e' mentovati sim ulacri, e venivano eziandio a cadere in su di easi le pietre, se aveanvene di quelle n on resistenti alla violenza del fuoco. Ridotto ad u n a mora s nobile abituro, il volgo opinava fatte simil mente in polvere le statoe. Ma purgato e disposto alla ristaurazione il luogo, soltanto i simulacri de prefitti Numi apparvero salvi dalla generale rovina. Il perch la pi istrutta popo lazione concep miglio r i spe ranze i ntorno alla citt, quasi, vogliam dire, i mentovati Id di risoluto avessero di non privarla giamm ai del patro c in o lor o; ma compiasi in tatto il voler del Nume.

ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA Ognuno poi di m al animo comportando il danno alla citt recato, n rinvenendone cagione meno l'o m bra dell'asino (proverbio n o to ), i fa m igtiari del p rin cipe volgean la mente a riparare i sofferti guasti. Ecco intanto avviso ai palatini che grande caterva d 'Is a n ri dimoranti al di sopra della Pam 6 lia e della CiKcia ne gli alpestrissimi ed inaccessibili gioghi del T au ro , di visi in compagnie di predatori mettevano a soqquadro la bassa regione. N danneggiare potendo le munite citt, straziavano con iscorrerie le borgate prive di m ura ed ovunque meltevan piede; questi saccheggi poi addivenivano pi agevoli dall' essere quel suolo non guari prima caduto in potere de' nemici, datosi Tribi gildo co' suoi barbari a sediziosi movimenti. Giuntone lannunzio mandasi Arbazacio a porgere aiuto agli op pressi Pamfiliesi. Il duce fornito di acconcia milizia perseguitando que' ladroni fuggenti m mezzo de poggi occup molte citt loro ed uccise quantit di arm ati; ben di leggieri inoltre ridotto 1 avrebbe il resto sotto la sua obbedienza e procacciato agli abitatori delle citt stabile sicurezza se per l'abuso de piaceri e delle tu r p i voluttadi non si fosse molto affievolito, ed allargando la mano al danaro anteposto non avesse lo arricchire al pubblico bene. Laonde in forza di tale prevaricazione richiamato alla reggia, niente meno attendevasi che di essere tradotto in giudizio. Ma, offerta allaugusta parte delia pecunia dagli Isauri a v u ta , riusc ad evitare il processo e profondere le male acquistate ricchezze in urbani diletti. Fin qui gli imprendimenti degli Isanri limitavansi 270

LIBRO QUINTO. 271 a d ocealti ladroneggi, assalito non avendo per ancora alla scoperta le prossimane genti. Alarico, per tornare a l u i , p artito si dal Peloponneso e dalla rimanente re gione, c o me riferivamo, divisa per mezzo dal fiume Acheloo (fo rm atosi nell'E piro laddove abitano e Molossi, e T esp r o ti ed altri infino ad Epidanno ed ai Taul anzj ), attendeva l esito degli accordi fatti con Stelicone, ed erano del tenore seguente: Questi vedendosi avversi gli anim i de' reggenti l Arcadiano im pero, legatosi con Alarico escogitava unire alla monarchia d'Onorio tulle le nazioni Illiriche, al qual uopo seco lui unitosi spiava 1 occasione di eseguire prontamente il concepito dise g n o . O ra , mentre Alarico tende a compierne le brame, Rodogaiso (1) ragunati intr a le Celtiche e Germaniche nazioni di l dai fiumi Istro e Reno quattrocentomila c o m b attenti, si dispone a passare in Italia suscitando, al prim o annunzio, maraviglioso generale stupore. Di speratesi le c itt , e Roma stessa in grande ambascia alla minaccia d 'u n estremo pericolo, Stelicone muove co n tutte le truppe di stanza in Ticino e n ella Liguria (agguagliandone le coorti il numero tre n ta ) e con altre

(i) Radagaso nomalo da Paolo diacono, il quale cos narra di lui : Radagaso, divinamente sconfitto, viene assedialo neir alpestre sommit del Fiesolano poggio , d' ogni intorno sovrastandogli tim ori, e mentre le sue truppe, cui sembrava or ora angusta rIta lia , sospinte nella piccola cima iT uh monte, costrette sono a morire'di fa m e e sete, egli, lo re ,

da solo sperando salvezza nella fuga, posto in carcere dai Romani, e dopo breve prigionia spento

272 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA schiere di confeder ali inviategli dalle genti Alane ed U ane, e senza a t tendere il nemico, tragittato coll' eser cito l ' Istro , d' improvviso lo assale , molli e molt i uccidendone, per modo che ben pochi giunsero a cam pare la vita, i quali annoverati vennero infra'Romani aiuti. Tronfio, n a torto , per la riportata vittoria , quasi da tutti ricevendo corone, tornava colle milizie, libera t o avendo, fuor dal comune pensamento, l'Ita lia dai temuti sinistri. Di l camminato a Ravenna (metro poli della Flaminia, vetustissima citt e colonia de' Tes sali nomata R ene, main per essere stata edificata da Remo germano di Romolo, come scrive il Tebano Olimp iodro, che dovuto avrebbe lasciare siffatto racconto a Quadrato, il quale nella storia dellimperatore Marco tale parl di lei), di l, rip eto , avviatosi a Ravenna onde coll' esercito volgere di subito il passo alle c itt Illiriche per distaccarle, insieme con Alarico, dallim pero d'Arcadio e unirle a quello di Onorio, incon tro v ri due ostacoli, vogliam d ir e , la vAce propalatasi della morte del suo alleato, ed una Metter del principe Ono rio, portata da Roma, con entravi la nuova che il ribello Costantino, uscito dell' iso la Britannica, erasi avvicinato alle transalpine genti usurpando nelle citt prerogative imperiali. Parve tuttavia dubbia la morte di Alarico infinat tantoch persone arrivate palesarono qual fosse la verit; il grido poi diffuso all intorno sopra i divi s a m e li di Cos tantino merit generai fede. Stelicone pertanto, impedito dallo accingersi alla spedizione Illi rica , avviasi, a Ro ma per consiglio sopra quanto fosse di convenienza operare.

LIBRO QUINTO. 273 Terminato l'autunno, al cominciar del verno Basso e Filippo eletti furono consoli. Ora l'imperatore Onorio, passata di questa vita molto prim a la consorte Maria , addimandava in matrimonio Termanzia sorella di lei. Stelicone mostravasi non favorevole a queste nozze, Se rena, al contrario, insisteavi indotta dal seguente motivo: Allorq u ando Onorio spos M aria, Serena, costei ma dre, vedendo la pulzella lunge ancora dallet maritale n, potendo risolversi a indugiare le nozze, n ad esporre la immatura prole alle coniugali funzioni, pens non avervi altro rimedio salvo quello di fare oltraggio alla natura. Trovata dunque una femmina sapevole di tali faccende, collopera di essa r iusc a far convivere la figlia col principe ed a parteciparne il let to nuziale, senza chegli volesse o potesse adempiere il fine dal matrimonio proposto. Morta quindi vergine la donzella, Serena, giustamente bramosissima di pro curare l imperiale figliuolanza, per tema non venisse meno la sua tragrande autorit studiavasi nell unire ad Onorio laltra figlia}ma, conseguito lintento, la don zella non guari tempo dopo manc ai vivi, rimasa sterile pur ella non meno della germana. Un messo quindi capit a Stelicone coll annunzio che Alarico partitosi dellEpiro e superate le strette di ritegno al passaggio dalla Pannonia ai Veneti, erasi stec cato vicino ad Emone citt posta infra la pi alta Pan nonia ed il Norico. Qui giova riferire le notizie perti nenti a questa citt ed in qual modo avveoissene da principio l'edificazione. fama che gli Argonauti per seguitati da Eeta afferrassero alle b ocche dell'Istro, donZ o sim o . Della nuova Istoria. 18

274 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA de il fiume s caric a le sue acque nel Ponto, stimando o p portuno il navigare breve tratto contro acqua sp in ti da remeggio e da propizio vento, infinattantoch vie me* glio si accostassero al mare. Cos fatto ed arrivati a questo luogo costruironvi per memoria della venuta loro Emone. Condotta poscia la nave Argo sopra m ac chine per lo spazio di quattrocento stadj al m are, a p prodarono alle piagge d e' Tessali. Non altramente scriveasi dal vate P isandro, il quale sotto al titolo delle Eroiche divine nozze comprese poco meno che tu tta la presente istoria. Alarico da Emone proceduto oltre v a lic il fiume Aquili, e trapassati gli Apennini avvicinossi ai Norici. Questi poggi agli estremi confini della Pannonia forniscono strettissimo sentiero ai viandanti, alla cui difesa basta piccola guernigione, dato pur g ran de il numero delle genti ostinatesi di forza a valicar lo. Egli non di meno tragittatolo spedisce messi a S teli cone per averne danaro, protestando fatta a persuasione di lui cos la sua permanenza nellEpiro, come la gita in Italia e presso de' Norici. Stelicone, alla costoro giunta lasciatili in Ravenna, p r ende la via di Roma onde consultare, unitamente all'imperatore ed al senato intorno agli affari del giorno. Radunatisi nel palazzo i senatori per discutere se convenisse intraprendere la guerra, molti dichiararonsi dun tal parere. Il solo Ste licone con altri pochi, vinti da t imo re aderendogli, erano ad essa conlrarj, esortando la raduuanza ad appaciarsi col nemico. Qui li bramosi anzi di guerra che di pace, addimandavano a Stelicone il perch, data la preferenza alle arm i, con disonore della maest Romana

LIBRO QUINTO. 275 s ostenesse di volersi comperare mediante danaro gli accordi. Egli r ispondea, essersi Alarico interlenuto nellEpiro per vantaggio del pri ncipe, onde congiunta m ente colla sua opera mossa guerra ad Arcadio e tol tegli le provincie Illiriche unirle all' impero d' Onorio. E ta n to in realt avvenuto sarebbe qualora impedita non si fosse per lo addietro la partenza verso l'oriente della scritta dal principe, nella cui attesa quegli per d u to avea col s lungo tempo. Mentre poi tale ragiona m ostra la prefata lettera chiamando in colpa della contram m andata spedizione Serena, la quale desiderava non venisse punto meno la concordia degli imperanti. Approvate dalla generalit siccome giuste le udite considerazioni, piacque al senato di trasmettere ad Alarico, a titolo di pace, quattromila libbre d'oro, sot toscrittosi da molti il senatoconsullonon di moto proprio, m a da temenza indotti. Lampadio allora, di chiarissima prosapia e d ig n it , profer nel paterno idioma le se guenti parole: Non p a c e q u e s t a , b e n s c o n v e n z i o n e d i s e r v a g g i o . Dopo di che, scioltosi il senato, egli, paven tando per rosi libero iavellare non avvenissegli qualche disgrazia, ripar ad una vicina chiesa de cristiani. Stelicone, fatti di tal modo gli acco rdi con Alarico, apparecchiasi alla p a rt enza, risoluto di mettere ad ef fetto i suoi disegni. Onorio poi statuito a vea da Roma passare a Ravenna per rassegnarvi l'esercito e be n igna mente aringarlo, stimolato in ispecic dallavere s forte nemico messo piede in Italia. Aggiugneva in oltre di secondare nella presa determinazione meno la propria volont, che i consigli di Seren a, bramosa mirarlo vi-

270 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA vere in pi sicuro luogo, onde Alarico, violata la p a c e ed occupando Roma, non avesse in poter suo ancora il monarca, d esiderandone ella sommamente la conserva zione come se dalla costui salvezza dipendesse eziandio la sua. Stelicone tra tta n to , poco disposto a consentir e al divisamente del principe, escogita molte difficolt ad im pacciarlo, e quegli in cambio, ognor pi fermo nel suo proposito, va sollecitando l'andata. Saro allora, barbaro di stirpe ed in Ravenna comandante delie barbariche milizie, animato da Stelicone, piglia a t um ultuare, mi rando non gi a sconvolgere l ordine pubblico, ma in forza del timore a distornare l'augusto dallo stabilito viaggio. Allosservarsi im perlante sempre pi os t inato nel suo proposito, Giustiniano, chiaro in Roma nel Col legio degli avvocati ed eletto da Stelicone assessore e consigliera, pervenne collacume del penelrante sno ingegno, n forse andremmo errali cos dicendo, a ri porre il motivo di quell imperiale disegno nelle trup pe a guardia di Ticino, le quali male affette a Steli cone, giuntovi appena il monarca, ridotto avrebbonlo a pericolosissima ventura. Egli dunque non cessa di esortarlo a cangiare consiglio, ma in fine avvedutosi tra r via la fatica, e dottando per la nota famigliarit sua coll'opponente di parteciparne le triste conseguenze, la scialo in pace. Per tu tla Roma correa di gi la voce della morte di Arcadio, confermatasi dopo la partila d'Onorio alla volta di Ravenna, ove di quel tempo soggiornava Steli cone. il principe quindi recossi a Bologna, citt dell'Emi lia lontana da Ravenna settanta m iglia, vocabolo col

LIBRO QUINTO. 277 in nsot Arrivatovi manda per Stelicone, volendo eh' ei raffrenasse con gaslighi le t ruppe venute nel viaggio infra lo ro a cont esa. Laonde quegli ragunati li sedi* ziosi, ed appalesando loro il ricevuto imperiale comando non solo di p u n irli, ma eziandio colia decimazione di me t tere i pi colpevoli a morte, dest in essi tale per tu rb am en to che, lutti con dirotto pianto riusciti a farlo pieto s o , n ' ebbero promessa di ottenere dalla sovrana clemenza il perdono, ed Onorio confermatane la data parola, intrattennelo seco a consultare intorno alle pub* bliche occorrenze. Imperciocch Stelicone desiava farsi nelPOriente per mettere in assetto gli affari di Teodosio, figlio di Arcadio, ed in bisogno di tutela; ed anch'egli Onorio avea intenzione di calcare quella via e dispor re il tu ito onde assodarvi l'im pero del pupillo. Se non c h e Stelicone p u r ora conlrariavalo, e adducendo la m olta spesa dell' imperiale gita pervenn e a dissua d erlo. Mostravagli inoltre non convenire assolutamente, ribellatosi Costantinopoli , che il principe si allonta nasse cotanto dall'Italia ed abbandonasse le urgenze di Roma stessa, quando il ribello Costantino, trascorsa d a ll'u n capo a ll'a ltro tutta la Gallia, trovavasi ora in Arelate. Aggiugnea di pi a tali osservazioni, avvegna ch bastevolissime a richiedere la presenza ed i prov vedimenti del monarca, la venuta di Alarico, barbaro, a non dubitarne, disleale, con seco numerosissime bar bariche truppe, il quale, rinvenendo l ' Italia senza di fesa , tosto la occuperebbe. Essere dunque ottimo con sig lio il commettergli una spedizione contro al sedizioso composta d'un a p art e delle schiere da lui comandate e

278 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA di Romane legioni co loro duci, onde tutti insieme p a r tecipassero i pericoli di questa guerra. Egli poi andrebbe ncIl'Oriente, avutone dal principe il comando, m unit o di lettera colle i struzioni di quanto doveavi operare. LAugusto, pronto a reputarne conforme a giustizia ogni parola, scritto all'Orientale imperatore e ad Ala rico, part da Bologna. Stelicone trattanto soggiorna tovi omise l'andata nellOriente ed il recare ad effetto verona delle convenute deliberazioni, trascurando pure di mandare a Ravenna o altrove le milizie a quartiere in Ticino, ond'elle, colta l'opportunit di presentarsi, nel passaggio, al principe, non lo stimolassero ad in traprese di nocumento alla sua persona. Egli consapevole, per verit, a s stesso di nessun cattivo consiglio verso l'im peratore e le truppe, cos ope rava. Un Olimpio in cambio, originario del Ponto Eussino, elevato ad illustre grado nella palatina milizia, covando nel suo interno, sotto colore di cristiana piet, grande fellonia, spesso nel praticare col principe, fin gendo probit e m odestia, dava fiato, omericamente esprimendomi, a molti imprudenti ragionari per ren derne 1' animo avverso a Stelicone, dichiarandogli che questi brigato avea 1 andata in Oriente per insidiare alla vita del minorenne Teodosio, e mettere in trono il proprio figlio Eucherio; n altramente la discorrea coll imperatore, offertoglisi acconcio tempo nel viaggiare insieme. Arrivato di pi a Ticino, egli, visitando i mi liti infermi ( altro principale scopo della m entila sua modestia ) spargeva eziandio infra essi eguali calun-

LIBRO QUINTO. 279 nie (I). Scorso a pena il quarto giorno dall'imperiale en tra ta in quella citt, l 'augusto, chiamate al pretorio le tru p p e , si mostra loro ed eccitale a guerreggiare il ribello Costantino. Quindi perfetto silenzio osservatosi rapporto a Stelicone, parve a molti che Olimpio accen nasse palesemente ai congregati di rammentare i parlari da lui sottom ano fatti. Le truppe allora addivenute quasi furenti uccidono Limenio, prefetto del pretorio appo le nazioni di l dalle A lpi, e Cariobaude, ivi maestro de' m iliti, sfuggito avendo entrambi per ventura il ti ra n n o , ed in Ticino raggiunto l'imperatore. Tolgon di vita a simile Vincenzo e Salvio, l'uno maestro de' cava lieri e l ' altro prefetto dei domestici. Cresciuta la sedi zione, ritiratosi l'augusto nel pretorio ed alcuni magi strati messa in salvo colla fuga la vita, le truppe spantesi p er la intera citt fanno strage di tutti que' magi s tra ti che rinvenir possono, cavandoli dalle case ove speravan salute, e pongono a sacco le generali sustanze. Si tan to propagatosi il male da non avervi pi fiducia di sanarlo, Onorio, indossata una piccola tunica, senza paludamento e diadema comparso nel mezzo della citt,

(i) Sozomeno (lib. IX , c. 4 ) cos parla d'Olimpio. Steli cone con t utte le sue forze aspirando agli imperi, Olimpio, scopertane la frode, avverte Onorio delle costui pratiche ten denti a trasferire in s stesso la signoria e prendere a collega il figlio Euchotio, gentile a non dubitarne ed avverso ai cri stiani. Non maraviglieremo dunque vedendolo cou tali colori dipinto, estimando Zosimo che la sola professione del cristia nesimo sia il compendio di latte le scelleratezze. T . S.

280 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, giunse con grandissima fatica a comprimere l im p e lo militare. Furono poscia eziandio spenti que m ag istrati presi dopo la fuga, vo dire Nemorio, maestro delle p a latine coorti, e Patronio, prefetto del fisco e conte d e l privato patrimonio del monarca. In seguilo ebbe m o rte Salvio, del t atore degli imperiali ordinam enti, ed ai tempi di Costantino elevato alla questura, indarno e g li sperando, collabbracciare le imperiali gambe, dim pe trare la vita. Protrattasi la commozione fino a n o tte , Onorio forte paventando qualche oltraggio alla sua persona, ritirossi. Longiniano intanto,prefello del preto rio d Italia, caduto in poter e de sediziosi, vien fatto anch'esso cadavere. Questi, senza replica, furono i per* sonaggi colpiti dal ferro della militare demenza. Peri rono di pi tutti coloro che per mala sorte abbatteronsi in lei, e tanta ne fu la moltitudine che malagevole sa rebbe il num erarla. All annunzio di cosi triste nuove, Stelicone, dimo rante a l lora in Bologna (cit t, come detto abbiamo, del l'Em ilia) non poco lurbossi, e ragunati li comandanti de barbari seco in lega, invitali a decidere che sia da fare. TuLti di concordia statuirono, che ove nella strag e compreso trovisi il principe ( mancandone sin qui cer tezza) agirebbero con retti t udine se anche i barbari al leati dellimpero si avventassero colle unite lor forze contro de Romani militi per ridurre in tal modo allor dine i sopravviven ti. Se poi chiaro apparisse non offeso il principe, limitatosi leccidio ai m agistrali, gastigherebbero i soli autori del commovimento; cos vien ri soluto da Stelicone e dai barbari duci nell intrapresa

LIBRO QUINT O. 281 d eliberazione.' Conosciutosi quindi salvo Onorio da le sione comunq u e, Stelicone divin convenirgli non d i proceder .oltre , a punire lesercito,' ma di andare a R-, venna. Imperciocch rammentava la moltitudine di quei soldanieri e, peggio ancora, osservava limperiale anim verso d i Ini mal fermo; reputava al postut t o n pio n sicwro lo spedire barbari contro'alle'Romane truppe. Egli poi, mentre inquieto va titubando intorno ai proprj disegni, vede i barbari seco bramosi ,di effettuare: il convenuto-nelle p recedenti consult azioni ed 1 intenti'a distorlo , dagli ultimi fatti proposit i. Or questi mvamvtentato il persuaderlo, stabiliscono concordemente d arresta rsi in alcuni luoghi attendendovi che >il' principe meglio palesato: abbia le disposizioni dell anim o sufr verso Stelicone. Saro intanto', fortissimo di membra e superio r e in grado agli'altri confederati, col mezzo dei militi a lui sommssi, uccisi, mentre drmivano, tu tti gli Unni, costante guardia di Stelicone, impadronitosi delle bagaglie che lo sgnivano, e pervenutone al padi glione lo trova considerando i futuri eventi. Quegli dunque al losservare *anche i suoi barbari discordanti gli uni dagli altri, camminato a Ravemia; esorta le citt ove dimoravano lor donne e prole a non permettere l'entrata a veruno di essi presentandosi alle prte. Olimpio allora, in possesso dell'animo d'Onorio, spe disce alle truppe di Ravenna lettera del principe coll ord ii di fermare Stelicone e custodirlo in li bero carcere; questi, avutone sentore, a notte scura ri par ad nna chiesa de cristiani. Vulgatosi il comando, ZoSimo. Della'nuova Istoria. 184

283 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA i barbari suoi favoreggiat ori e gli altri fmigliari, dato di piglio alle armi pongonsi ad aspettare l'esito di cosif fatte mene. Aggiornatosi, le truppe entrano, presente il vescovo, nella ch iesa, e con gioro asseriscono al rifug gitov i che non aveano mandato di ucciderlo , ma solo di custodirlo. Uscito non di meno della chies a, mentre era dai militi guardato, i porta tori del primo foglio ne prt* ducono altro colla sentenza di morte per delitti com messi verso la repubblica. Encherio, sua prole, intrattanto si diresse, (uggendo, a Roma. Quando poi doveasi condurre il prigione a subire la capitale condan na , i barb ar i , quanti professavangli benivolenza ed in addietro fam igliarit, n basso erane il numero, statuito aveano con pronto impeto di liberarlo, ed accinti sarebbonsi all' opera s'egli, usando mioacce ed intimorendoli, riuscito non fosse ad impedirne l'atten tato ; dopo di che in certo qual modo present al fer ro il collo, uomo per modestia superiore a tu tti coloro surti allora al sommo potere. E di vero avvegnach u ni to in matrimonio alla nipote del maggior Teodosio, fidati alla sua cura gli imperj d'ambo i costui figli) ed anni ventitr ritenuto il comando supremo delle mi lizie, non videsi mai accordare, mediante danaro, m agistrature, o trarre guadagno dalla militare an nona. Padre inoltre d 1unico figlio prefissegli a limite d'ogni elevazione di grado l'uffizio di tribuno de' no tai (nome della m agistratura) seni*andare in cerca di altra pi eminente onoranza. Acciocch poi i bramosi di tutto conoscere non ignorino anche il tempo della sua morte la riferiamo avvenuta dieci giorni prim a delle

LIBRO QUINTO. 283 calende di settembre sotto i consolati di Basso e Filip p o , epoca similmente in cui l'imperatore Arcadio sog giacque all'estremo fato. Spento Stelicone tutte le palatine faccende subor dinate erano all arbitrio d'Oimpio, Jiregiato ad una dell' autorit di maestro ; oltredich il principe di* slribuiva le altre magistrature ai dichiarati dal suo la* vorito meritevoli di ottenerle. Rintracciati di pi ovun que i famiglia dello sp en to , e quelli che si pareano seguito averne le parti, assoggettati erano ad un giudi* zio, infraquali ebbonvi Deut erio prefetto dell'augustale cubiculo e Pietro tribuno della scuola d e 'n o ta i; ambo so t toposti ad un pubblico esame costretti furono a ma nifestare le proprie notizie riguardanti Stelicone, ma nulla potendosene ritrarre a danno cos di lui come di loro stessi, Olimpio, delusi mirando i suoi avvisi, c om an d a vergheggiati sieno a morte. Pi altri di parit in q u is iti, quasi consapevoli di simiglianti fatti, e for zali a palesa re se accorti fossersi che il morto aspi rasse all'im pero, tutti protestandosene ignari, desi stettero i solleciti di queste ricerche d a ogni u lte riore investigazione. L'im peratore O norio, scacciata dal trono la con sorte Termanzia, sebbene libe ra d'ogni sospetto, coman d venisse consegnata alla genitrice; volle ad un tem po si cercasse ovunque Eucherio, prole di Stelicone, per metterlo a morte; rinvenuto, sottrattosi colla fuga entro una chiesa di Roma, per rispetto di quell'asilo ebbe al lora salva la vita. Nella stessa citt di Roma Eliocrale prefetto del fisco ricevuta lettera dal principe di ven-

284 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA dere alla tromba i beni di chiunque, vivente Stelicone, ottenuto avesse m agistrature, occupavasi tutto nellaccumulare danaro a vantaggio del pubblico teso ro. E come non baste^ olj cotante dovizie a satollare il demone che incatenava colloperade malvagi, e nel* l'abhandanqmento del N o me scompigliava le um ane cose, un che di pggio. ancora sopraggmnse ad accre scere le presenti sciagure. Le truppe di presidio nelle citt, udita la tn rte di Stelicone, to lgo di vita donne e la prole de bar bari , e quasi ad un convenuto segno trucidatele raettofine a sacco le case. I parenti delle accise, avu t one avviso, accorsi da ogni luogo e gravemente commossi per la : fede, chiamatone a testimone il N om e, in csi,empio modo violata dai Romani, statuiscono di confederarsi con Alarico e d 1intraprendere insieme la guerr a contro all?impero. Il di che ragvnati da tre n tamila com battenti, pot o pi, recansi tosto ovunque cade loro in pensiero. Alarico non di meno, quantun que stim ola Lo da essi, rifiutasi dall impugnare le armi anteponendo per ora la pace ai bellicosi aringhi, me more della tregua, vivente Stelicone, conchiusa. Al qual uopo, mandali ambasciadori, chiede, che< si passi me diante non molta pecunia a ratificare gli accordile diensi per ist alichi ezio e Giasone, quegli prole di Gi ovio e questi di Gaudenzio, promettendo p u r egli spedire sotto guai titol o p arecchi de suoi illustri personaggi, ed a tali p attiy osservando fedelmente la pace, ritirerebbe litroppe dal Norico nella Pannonia.' Ma l im peratore disdegnatalo consentire alle proposte fattegli

LIBRQ QUINTO. 286 videji obbligato ad appigliarsi al luqo dei due partiti), onde provved ere acconciamente alle occorrenze della giornata ; poich gli co nve niva o differire la guerra, oli tenendo con poco danaro una t r egu a, o ragunar tulle le s parte milizie e porle ne' luoghi saggetti i passag gio del nemi co per impedirgli di venire pi olire, tra* gli di necessit phrimenle.it conferir e a Saro il comando supremo della guerra, idoneissimo ad intimorire colsuo valore e perizia nell'arte delle armi gli av v ersa^,, e capitanando moltitudine di barbari sufficiente ad! una valida resistenza. Se non che trascurala la pace, l'ami* cizia di Saro ed i l ragunamento de' Romani eserciti, posta in cambio Ogni s oa speranza nei divisamente di Olimpio, fu cagione di tante calamitadi alla repubblica. E di vero, mettendo a duci dell'esercito coloro i quali sarebbero di leggieri teouli a vile dai nemici, fid la cavalleria a T urpilliooe. i fanti a Varane e la coorte dei domestici a Vigiland o. Laonde ognuno, disperali- do, crede essere di gi spettatore della italiana rovina^ tali furono gli imperiali ordinamenti. Alar ico , befiato l'apparecchio d'Onorio, intraprese la romana spedizione, e divisando accingersi a tanta impresa non solo con eguali forze ma ben anch e mag giori , chiam dalla superiore Pannonia, desiderandolo sco, Ataulfo,-germano di sua consorte, cui obbrd rva* no le non di spregevoli t r uppe degli Unni e de'G otti. N attesole l'arrivo precedendo innanzi trapass d fretta Aquilea e le citt per ordine sile oltre il fiumeEridano, appellate Concordia, Aitino e dopo lei Crmona. Valicato poscia il fiume quasi in festiva pompa, in-

286 ZOSIMO, DELL\ NUOVA ISTORIA contralo non avendo uom de nem ici, giunse ad bn Bolognese castello nomalo Icubaria. Di l trascorsa l Emilia ed abbandonata Ravenna si accost a Rimini, grande citt della Flaminia. Quindi lasciatala p r o nta mente colle altm della stessa provincia entr nel Piceno a confine del seno Ionico. Direttosi in seguito alla volta di Roma saccheggia, passando, e cittadi e ca stelli, di maniera che se gli eunuchi Arsacio e Teren. z io , prima della comparsa de barba ri in qne luoghi, non fosserst a precipiz io sottratti conducendo a Roma Encherio di Stelicone per morirlo giusta il comanda mento del principe ed ivi eseguita avessero.la sentenza, il giovane capitato sarebbe nelle mani d'Alarico e rimaso in vita. Gli eunuchi, latti i comandamenti del monarc a e consegnata Termanzia, imperiale consorte,' alia geni t rice, n potendo per la stessa via tornare all'augusto, montata una nave dirizzaronne la prora alla volta de Celli e de' G alli, ove tuttora il principe soggiornava. Questi, giunti che fu ro n o , estimando assai vantag gioso alla repubblica il rimunerare entrambi dei gran di servigi prestatigli, procurando l'uccisione dEucherio e restituendo Termanzia alla m ad re , inalz Terenzio alla prefettura dellauguslale cubicolo ed Ar sacio al susseguente posto. Messo in fine a morte Baianano maestro de mitili nella gran Libia e consorte della germana di Stelicone, diedene la provincia ad Eracliano uccisore colle proprie mani di quel misero, ed in premio di ci salito a cotanta onoranza. All'avvicinarsi di Alarico a Roma e cingerla d asse dio il senato cominci ad insospettire di Serena, quasi

LIBRO QUINTO. 287 tratto avesse col il nemico. Laonde si propose, unita mente a Placid i.-, sorella uterina del principe, la morte di lei come autrice de presenti ntali. opinando che toltala di mezzo Alarico ritirerefebesi dalla c ill , non avendovi pi nessuno dal cui tradimento egli sperar potesse lentrata in Roma, il sospetto era tuttavia fal s o , ella giammai rivolto avendo la mente a tali ri balderie. Pagava non di meno il giusto fio delle com messe violazioni divine che prendiamo qui a narrare. Quando il maggior Teodosio, invanita la fcugeiiiana tirannide e messo piede in Roma, dest generalmente negli animi il dispregio del sacro culto, negando som minis t rare le spese occorrenti pe' sagrifizj, discacciati eranne i sacerdoti d'ambo i sessi, n pi immolavansi vittime ne' templi. Serena dunque facendone beffe si port a visitare quello intitolato alla Madre degli Iddi, ed osservata la collana pendente intorno al cnllo del si* mulacro di Rea non immeritevole di quella divinit, spiccola per ornarne s stessa. A tale nequizia una vecchierella, unica vestale rimasavi, riprendendola di pre senza delloperato, venne da lei con s gravi oltraggi schernita al punto di comandare al suo codazzo che fosse di l cacciata, e la vestale partendo fa contro ad essa, al consorte ed alla prole imprecazioni dicevoli a tanta enormezza. Ma Serena estimandone le parole nn vero nulla e compiacendosi del suo misfatto usciva del tem pio; spesso tuttavia, cos dormendo come veglian do, apparivate qualche visione , anche da altri veduta, collannunzio d'una imminente morte. La Vendetta im> pertanto persecutrice de' malvagi s rettamanle compi il

288 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA suo officio, che sebbene-colei sapess iproprj futuri de stini, vano le addivenne il guardarsene; anzi present al laccio quel collo, iutorno al quale posto avea gli or namenti della Dea (1). Narrasi eziandio che Stelicone per altra consimile nefandezza non evitasse la segreta pun izione della Vendetta. Raccontano di fatto che egli ordinasse togliere dalle porte del Campidoglio romano le pesantissime auree lame di cui trano coperte, e di pi che gli esecutori del comando rinvenissero da altro dei lati loro impressovi: SERBANSI AD UN MISERABILE GOVERNATORE; alla scrittura-l'evnto rispose, infelice e miserabile stato'essendo il termine della: sua mortale corriera.

(i) Quale fosse la cagione della costei morte non trovo negli altri storici che ho per le mani. Stupirei tuttavia se Zosimo non riferisse fatti di tal natura al dispregio verso gli D ei, non avendovi patrocinio pi acconcio ad un falso culto di quello tratto ilalle favole. Pu credersi dunque che Serena finisse di laccio la vita spintavi da ben altre conside razioni, dal tradito suo fasto e dall'inatteso ripudio della figlia, vedendo cosi terminato per lei ogni speranza d 'im pero , ed invanito l'impulso dell' animo, suo tendente a sa lire pi io alto. DuH'egual tempra sono le cose dal No stro fantasticale rapporto a Stelicone, potendosene la morte ripetere da cause a bastanza patenti, avellilo egli eccitato a prendere le armi gli Alemanni, gli Svevi , i Vandali ed i Borgognoni per rapire al genero l'impero e darlo ad Eucherio sita prole. P olo D iac., lib X III, cosi parla di lui : Per

ornare deita porpora il figlio vers il sangue di tutta tu Mann schiatta. T . S.

LIBRO QUINTO. 288 Alaric o imperlante, morta Serena, proseguiva, cir c o n d a n d o tutte le porte, l'assedio, ed occupato il fiu m e T evere impediva l'entrata della viltuaglia dal por to. I Romani a tal vista risolverono di non perdersi d ' a n i m o , aspettando quasi di giorno in giorno aiuti d a Ravenna. Miratisi quindi privi d'agni soccorso e c a d u ti dalle concepite speranze op inarono diminuire la m is u r a dell'an nona facendone cuocere la met di quella s o lita distribuirsi cotidianamente; aumentatone poscia il caro , venne ad un terzo ridotta. poich vano era il cercare al male rimedio , pres t o mancarono tutti li conforti ai bisogni del ventre? .Alla fame in seguita sopraggiunta la mora l'intera citt ridondava di c a d a v e ri , n potendosi fuor delle ipura seppellire, avendovi nemici ovunque, Roma stessa, ridotta quasi deserte, addivenuta era il sepolcro dei morti; cosicch 'suppostavi eziandio quanta si vuole abbondanza di fo d e ro il solo fetore esalato dai cadaveri stato sarebbe suf ficiente a contaminare e corrompere i corpi. Leta, un d consorte del principe Graziano, e sua madre Pissamena somministrarono lunga pezza a molti il cibo. Imper ciocch il pubblico erario, per liberalit di Teodosio, f ornendole di regai mensa, non pochi valendosi della benevolenza loro avean mezzo di acquetare gli stimoli della fame. Giunto in fine il male agli estremi, fatta pruova de' pi abbominevoli cibi, e temendo non gli uni divorassero gli altri, statuiscono mandare amba sceria al nemico annunziandogli disposti gli assediati alla pace, quando i palli non oltrepassino i limiti della mediocrit ; ed anche, in caso contrario , alla guerra,
Zosim o .

Della nuova Istoria.

19

290 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA avendo il continuo esercizio delle armi dato al popolo Ro mano attitudine di presentarsi in campo. Basilio origina rio di Spagna fu eletto a quest 'ambasceria insiemementc con Giovanni, prefetto in altri tempi degli imperiali notai, detti tribuni, siccome personaggio noto ad Ala rico e valente pacificatore. I Romani poi non erano ben certi che Io stesso Alarico proseguisse a cingere dasse dio la citt , racconsolati qualche poco da voce per lo innanzi propalatasi di aver egli spedito a far sue veci un favoreggiatore delle parti di Stelicone. Gli ambasciadori venuti al nemico presero vergogna della ignoranza in cui il popolo Romano s lungamente stato era, e manifestatogli ad una le proposte del se na to. Alarico ascoltavali, e giunti alle parole che il po> polo Romano trattando le armi era pronto ad usarne, rispose : Il fieno pi spesso, pi agevolmente vien se gato ; e poscia con fortissim o sghignazzare motteggi i legati. Rivolto quindi il discorso agli accordi, profer termini eccedenti ogni barbarica insolenza, dichiarando che porrebbe soltanto fine all assedio quand o impos sessato si fosse di tutto loro ed argento, di qualunque suppellettile e de barbari mancipj entro quelle mura. Qui addimandatogli da uno de legati, che mai rimar rebbe ai cittadini privandoli s compiutamente del pro prio? Le anime, fu la risposta. Gli ambasciatori, udi tene le intenzioni, chiegongli licenza di abboccarsi co gli assediati per le opportune deliberazioni. Ottenuta una tregua e manifestano al senato i ragionari fatti da ambe le parti durante lambasceria. 1 Romani al lora persuasi che Alarico non altri molestasse la citt

LIBRO QUINTO, 291 colla guerra, e disperanti appieno delle umane risorse, rammen tano quelli aiuti in precedesti simili congiun t ure da loro sperimentati, confessando ora che la viola zione dei paterni riti tratti aveali.in rovina. Mentre volgean la mente a queste considerazioni, Pompeiano, prefetto della citt, imbattesi in alcuni ve* n u ti dalla Toscana a Roma, i qoali asseriscongli di aver liberato la citt di Neveia (1 ) da sifaiglianti calamita d i col porger voti e promettere il paterno culto al Nume, dopo di che nn tremendo strepito di tuoni e folgori cacciato avea i barbari minaccianti d'entrarvi. Parla to a costoro osserv ne libri pontificali tutte le pratiche da eseguirsi all'uopo, suggerendogli l'opi nione a qued predominante, cmnnica loccorso, per mandare ad effetto con maggior sicurezza i suoi divisam enti, al vescovo di Roma. Questi era Innocenzo, il q uale anteponendo ai proprj sentimenti la salvezza della citt, di ascoso consent eh' e ponessero mano a tutto quel mai da loro saputo. Ma queglino rispon dendo che indarno spererebbonsi tali riti giovevoli a Roma, quando i sacrifici duso non venissero in pub blico f a tti, il senato, asceso il monte Capitolino, e cosi quivi come in qualunque altro foro della citt de bitamente compiendoli, nessuuo ardi comparire al|a celebrazione giusta il paterno rito di essi. Mandali al
ti) Detta Narni dal Sigonio con poca differenza da Sotomeno (cap. 6 , 1. c .), ebe stirire Lam i a. Ognuno poi ben s'accorge che tutto questo favoloso miconto opera d Zo llino. T . S.

292 ZOSIMO, DELLA NUOTA ISTORIA lora con Dio qne' Toscani, gli assediati cercan mezzo di raddolcire del mglio loro il bar baro. Tornano per tanto ad inviargli ambasciadori, e d ambe le parti molto quistionatosi, elle da ultim o convennero, che la citt somministrasse cinquemila libbre d 'o r a , trenta mila d'argento, quattromila tu niche di seta, tremila di lana chermisina e tremila libbre di pepe. Se nota d ie , l'erario trovandosi affatto ruoto di pecunia, la necessit volea che i senatori possidenti supplissero del proprio con giusta proporzion e tale mancanza. Datosi a Palla dio il carico di stabilire la quota parte sopra i patri moni de'singuli, n potendo egli compiutamente rinve nire detta somma vuoi per la mala fede usata da alenai nel dichiarare i loro beni, vuoi per essere la c itt , in forza delle continue ed avide imperiali riscossio ni , ri dotta alla miseria, lo scellerato genio, disgraziatamente i n allora al maneggio delle umane faccende, spinse gli incaricati di questo affare al colmo de'guai. Poich ri solvono di procurare il resto co preziosi ornamenti dei simulacri divini, riducendo in cotal modo quelle imagifci, sebbene dedicate coi sacri riti e colle debite cerimonie onde conservassero in perpetuo felioe la citt, del tutto inanimate e di nessun profitto. Acciocch poi ogni mezzo concorresse alla rovina delle assediate m ura, n on solo privaronle de'guernimenti, ma ne fusero eziandio pareo chie composte d oro e di argento, ed infra le altre quella della Fortezza', dai Romani appellat a V irt, distrutta la quale scomparve dal popolo tr accia comunque di virt e tortezza. Quanto inoltre iosse per avvenire da

LIBRO QUINTO. $93 quinci innanzi pronosticaronlo uomini esperti nelle ma terie divine e ne paterni riti. Raggruzzolat o adunque nella prefata guisa il da naro, ai convenne mandare unambasceria al princip e , la qnale seco lui conferisse della futura pace , manife standog li ad un tempo volersi da Alarico non solo per conia, ma di pi per istatichi i figli de'jpobili, promet te n d o , fermi questi palli, dargli pace, essergli canfe derat o in guerra, e presentarsi iti campo unitamente ai Romani contro chiunque avesse animo, di guerreg* giarli. II.monarca-venuto di parere che si conchiudes sero gli accordi alle prpposte condizioni, fu contalo il dana r o ai barbari. Alarico quindi per tre giorni conr cesse ai cittadini il mercato, loro permettendo l'uscita da varie porte, ed ancora la introduzione d ella villuaglia dal. porto. Merc di che respir la cittadinanza, e col vendere il sopravanzatole o cambiandolo con altri generi provvide ai bisogni della vita, li nemico poscia r itiratosi dalla citt and a oste in lnoghi di qna dalla Toscana. Allora quasi tutti gli schiavi entro Roma cort idianamente, o poco meno, fuggendone, passavano ai barbari, giuntane la moltitudine campata di questa guisa al numero di quarantamila. I barbari di poi mentre ivano all* intorno vagando assalirono i Romani condottisi al porto e retrocedenti con lacquisto di qual che vittuaglia; ma Alarico, fattone sapevole, per mo strare non concorsavi la sua volont, gastigati li colpe* v o li, ne viet per lavvenire con singolare accuratezza i l rinnovamento. Si parvero alla per fine arrivati a go dere d un mediocre sollievo dalle molestie; a que d

294 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA l'imperatore Onorio cominci il suo ottavo consolato in Ravenna, e Teodosio augusto il terzo in Oriente. Il tiranno Costantino (1) manda in seguito eunuchi ad Onorio chiedendogli perdono della sua elevazione a) trono, e adducendo che ben lunge dall'usurparlo di moto proprio, offertogli dalle sue truppe stato era costretto violentemente ad accettarlo. Il principe ascoltatili e con* siderando che non di leggieri penserebbe ad altra guerra infinattantoch i barbari militanti sotto Alarico fossersi cos dappresso, rammentando inoltre i suoi parenti ((2) Vereniano e Didimio) ritenuti in q uelle carceri, consentito alla dimanda, inviogli di pi nna im periale veste. Ma indarno pur troppo curnvasi depri gioni spenti prima della inviatagli ambasceria ; licen zi quindi gli eunuchi. Del resto fin qui rimasa in penden te la pace con Alarico, l'imperatore consegnati non avendo gli staticbi n soddisfatto ad altre condizioni, il senato manda a Ravenna gli ambasciadori Ceciliano, Aitalo e Massimia no , i quali , avvegnach deplorassero le sciagure della citt ed amplificassero in tragico modo la copia dei m o rti, nulla otten nero , Olimpio sconvolgendo il tallo ed impedendo la esecuzione dei giusti provvedimenti. Dimessi dunque i legati scnz'aderire allo scopo di lor
(i) Dai mliti eletto senza merito di virt, i quali fonda vano loro speranze soltanto nel nome. T . S. (a) Paolo diacono (lil). XI I I ) nomalo Veridiano. liq u id e con Didimo, pigliati i propriifamigliar! e servi, tent liberares stesso e la patria dai tiranni. T . S.

LIBRO QUINTO. 295 missione , confer la urbana pr efettura , cacciatone Teodoro, a Ceciliano, ed inalz Atlalo a quella del fisco. Olimpio fittosi in capo di attendere unicamente alla ricerca dei riputati consapevoli di notizie intorno a Stelicone, chiamati furono per cosiffatta calunnia in giudizio Marcelliano e Salonio fratelli, militanti infrano* tai del principe, e rinchiusi nelle carceri del pretorio, ove, sebbene con ogni maniera di battit ure tormen tatine i corpi, e nulla proferirono di quanto il perfido bramava grandemente sapere. In Roma gli affari non procedendo meglio di pri ma , Onorio levate dalle stanze loro nella Dalmazia cinque militari coorli le diresse col di presidio. Tra queste, seicento guerrieri cos per coraggio come per vigoria di membra, dir si poteano quasi il nerbo delle Romane truppe. Valente, lor duce, prontissimo ad ogni cimento estim vilt il marciare per istrade non occu pate dal nemico, ed Alarico, attesone il passaggio, strettosi loro addosso con tutte le sue genti feceli per intiero cadere nelle proprie mani. Soli cento riuscirono a sottrarsi colla fuga, avendovi nel numero lo stesso d u ce , il quale insiem con Attalo, mandalo in addietro dal senato al principe, incamminatosi alla volta di Roma pervenne a salvamento. Ognor pi crescendo i mali presenti colla unione di altri maggiori, Aitalo, en trato in Roma, libera Eliocrate dall officio ricevuto, a persuasione di Olimpio, dal principe, ed era di rintrac ciare le facoltadi spettanti ai proscritti in forza della fjmigliaril avuta con Stelicone e metterle nel fisco. Ma poich, fornito d'un animo secondo giu stizia , rilenea

298 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA certamente empiet somma l'inveire contra gli oppressi, n attendea a rig orose investigazioni, avvisando ben an che in segreto molti di occultare tutto qael mai potes sero , g iudicato venne privo aifatto di meriti, e con dotto a Ravenna, onde portare la pena dell umanit accordata agli sventurati stato sarebbevi, a non dubi tarne, condannato a morte dalla barbarie dominante in que tem pi, se ritir ato non si fosse in una chiesa de cristiani. Massimiliano caduto nelle mani de nemici fa redento dal genitore MarinianO collo sborso di trentamila anrei. Sospesa trattanto dal principe la confermagione della pace e non soddisfacendosi ai convenuti p a tti, li Romani pi non aveano libert di uscire delle mura. Laonde il senato inviagli novamente ambasciatori aven dovi tra essi il Romano vescovo ed alcuni barbari da Alarico ricevuti per guardarli dai nemici che rendeano pericolose le vie. Arrivati costoro presso l'imperatore, Ataulfo chia mato da Alarico, di conformit allesposto preceden temente, valic le Alpi estendentisi dalla Pannonia verso Venezia. Laugusto a tale annunzio, saputo il basso numero di quelle truppe, ordin a tutte le milizie, ca valieri e fanti, a dimora nelle citt di muovere coproprj duci ad incontrarlo. Olimpiocomandante delle palatine coorti in Ravenna aggiunsevi trecento Unni. Costoro al grido che le genti di Ataulfo approssimate eransi ad nna citt di nome Pisa, uccisero in ostinata battaglia mille e cento Gotti, e perduti soltanto diciassette loro commilitoni arrivarono sani e salvi a Ravenna. I palatini eunuchi accusato avendo appo il sovranno

LIBRO QUINTO. 297 Olimpio come antore delle calamitadi srvente alla repubblica, tanto insisterono che fu rimosso dal suo p oeto, ed egli paventando maggior disgrazia si tra sfer colla fuga nella Dalmazia. Onorio, diligentissimo nel p rocurare che nnlla di spettante al fisco detratto fosse, mandato a Roma Aitalo prefetto della citt, mette in luogo di Ini e cogli stessi ordini Demetrio. Fatti di pi molti cambiamenti, cos nelle magistratu re come nel resto, privandone i possessori per conferirle a nuovi p ersonaggi , prepose anehe Generido alle Dalmatine truppe aggiugnendogli la soprantendenza di tutte quelle sparte nella Pannonia superiore, nelle Noriche e Retiche regioni e nepresidj infine alle Alpi. Questo Ge nerid o , quantunque barbaro, contratto avea dalla na tu ra eccellenti disposizioni ad ogni virt ed abboni m ento sommo all'avarizia. Fedele inoltre ai paterni riti aon volea in conto alcuno rinunziare al culto degli Id&ii; al promulgarsi per tanto la sovrana legge proi bente il comparire nella reggia a qualunque milite non seguace della cristiana religione, egli avendo in qued la capitananza delle truppe Romane, scintosi il militare cingolo ritirossi in sna casa. Laonde ammonito dal principe che magistrato essendo intervenir dovea alla reggia, e prendervi regolarmente il suo posto, risponde agli essere da legge vietato il cingere la spada o il ritenere magistrature a chiunque non professasse cri stiani dogmi. Soggiuntogli dal principe esistere di' fatto lordine, ma riguardare altri non lui, il quale sof ferto avea tanti disagi a pr della repubblica; egli re plicava che non accetterebbe giammai l ingloriosa 19* Zosuto. Della nuova Istoria.

39 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA ooram a , stante il pubblicato divieto a tatti li pagani duci. N torn al suo ufficio infinattantoch l'im perar t ore, spinto da lla vergogna e necessit, non ebbe con* cesso, annullato il decreto, ad ognuno, comunque fes sene il culto, di proseguire nfelle cariche della milizia, e nelle magistrature. Generido, con questa magnanimit d ito principio alla sua capitananza, esercita di continuo le truppe ne'lavori, e somministrando loro i bisogni della vita non permette il sottrarne, giusta la consuetudine, parte ve runa. Col danaro a simile ricevuto dal pubblico t esoro guiderdonava in equa misura i pi operosi, rende dosi di tal modo tremendo ai vicini barbari e difen sore invitto delle governate genti. Le troppe intan to di Ravenna sollevatesi occupano il porto , e con turbo* Retiti gridi chieggono la imperiale presenza. Giovi allora, patrizio e perfetto del pretorio, mentendo t i more della sedizione, fattosi innanzi e finto ignorarne il motivo .( sebbene corresse voce esserne egli stesso l'autore in compagnia di Ellebko conte de'cavalieri do mestici) addimaDda loro il perch indotte fossersi alla, sommossa. Rispostogli di voler nelle mani i dn c Turpillioue e Yigilanzio, ad ima con Terenzio prefetto de' reali cubicoli ed Arsacio a lui secondo in grado ; il principe, dottandone il tumulto, condanna i due prefati duci ad un perpetuo esilio, il primo neHoriente e l'al tro in Milano, ma non a pena entrali nella nave p ongonsi a morte dai mar ini p er ordine del medesimo Ghwo, onde tornali e scoperte le insidie tese loro non istimalasscroil m ona rea a dargli il meritatogastigo. L'im-

LIBRO QUINTO. 299 paratore quindi iorrog in luogo di Terenzio alla pre fett ur a del cubicolo, Eusebio, mise al posto di TurpiIlione Valente, ed alla prefett ura di Vigilanzio Ellebico, peroratilo cesi in qualche modo a sedare quel comm nvi mento. ' Giovio prefetto del pretorio, fattosi il solo autore* vomissimo presso del sovrano, mand lettere ad Alarico eso rtandolo ad avvicinare Ravenna, ove conchiudereb' ber i l pace. Ilbarbaro assentendo alla proposta con tenut a nelle scrittegli dal principe e da Giovio , part alla volta di Rimini, lontana trenta miglia da Raven* n a , e presto accorsovi anche Giovio, addivenuto negli Epiri ospite ed amico di lui, si d principio alla colla* rione degli accordi. Alarico addimand ava annualmente otoa determinata somma doro, ed alcune misure dan nona ; di pi il dimorare con tutti i suoi nell nna e nellaltra Venezia , infraNorici, e nella Dalmazia. Gio vio scrtte, lui presente^ queste condizioni allimperatore inviagli dispersi altra lettera in cui animavaio a dichia ra re l avversario maestro dambe le milizie, acciocch d a tale onoranza aescato, raddolcendo alcun poco lafretza delle sne pretensioni, venisse con pi moderati e tollerabili patti ad una pace. Onorio ricevuti i due fogli condanna la temerit di Giovio, e riscmegfi tro var g iusto chegli, prefitto del pretorio e conosci tore della copia e della possibilit de pubblici tributi, determini il quantittivo delloro e della vittuaglia; quanto al resto non accorder giammai ad Alarico ed' afte genti seco lafficio di comandant e delle tru ppe. - tio v io avuta la risposta lessda non da solo, ma-

300 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA porgendovi orecchio Alarico stesso, il quale, con mo derazione comportato il resto, all'udire negato cosi aUa sua persona come alle sue genti il magisterio delle mi lizie, tosto montando in collera ingiunse ai barbari di calcare la Romana via , quasi in vendetta della ingiuria ed a s stesso ed a snoi fatta. Giovio quindi, merc la imperiale risoluzione ridotto a mancanza di consiglio, torn allimperatore, cni giur, bramando purgarsi da ogni colpa, inviolabile promessa di non venire in tempo veruno agli accordi col barbaro e di guerreggiarlo senza posa* .Il principe a capo scoperto di parit sacramenta e comanda che tutti i possessori di magistrature esegui* scano il medesimo giuro. Terminate queste faccende Onorio per muover g oer* ra ad Alarico legossi con decimila Unni, e volendo che al gingner loro non mancassero le vittovaglie ordin di provedere nella Dalmazia il minuto bestiame, i buoi ed il frumento. Invia parimente esploratori ad indagare in qual modo il nemico accingerebbesi al viaggio, e chia ma da per tutto le sue truppe. Se non che Alarico pen titosi della intrapresa spedizione contro di Roma, man da i pontefici delle citt ambasciatori ad Onorio per indirlo a non permettere che quella Roma la quale da pi di mille anni comandato avea a gran parte del mondo al presente disastrata venga, per sua colpa, dai barbari, e dalle fiamme distruggansi gli amplissimi edificj entravi contenuti; procurasse in cambio ottenere a moderate condizioni la pace. E tanto pi rinunziandosi da loro ad ogni onorevole magistratura ed al godimento delle provincie da prima dimandate, onde stabilirvisi, bra-

LIBRO QUINTO. 301 mando soltanto ambedue i Norici situati alle estremeparti dellIstro, esposti a continue scorrerie e di pochis simo p rofitto allimperiale tesoro ; come pure annualmente quel ta n to dannona chegli stesso di proprio arbitrio statuirebbe. Non pi in fine dovrebbesi contribuire ad essi danaro comunque, riducendosi ogni loro desiderio a strignere amicizia e lega in guerra co Romani per com battere chiunque si movesse, impugnate le armi, ad assalire limpero. Da Alarico in urbana guisa e modestamente pro postisi tali accordi t utti ammiraronne la moderazione; Giovio non di meno e gli autorevolissimi dopo il prin cip e asserivano doversi rigettarli, avendo con giuro pr* testato di non appaciarsi giammai seco. Poich se la fa tta solenne dichiarazione riguardasse il Nume forse p o tuto sarebbesi non osservarla, dalla bont divina spe ra n d o il perdono di cos enorme delitto; ma giurato avendo per limperiale capo non aveavi pi mezzo di man carvi. Tanto era guardinga la mente di coloro, i quali, nulla curando il Nume, governavano a qued limpero.

DI ZOSIMO
CONTE ED AVVOCATO DEL FIS C O

DELLA NUOV A ISTORIA.


U H K O H K fiT O

Alarico dunque vedendo indegnissimanenle scher nite le giustissime sue doman de corre alla testa dellitjtero eser cit la via di Roma^ fermo nel proposito di con tinuarne l'assedio. Costantino usurpatore de lla Celt ica tirannide mand intrattant o ad Onorio l'ambasciatore Giovio, personaggiodi gran sapere e modello d'ogni virt, chiedendogli la conirma della pace d H per* dono, della morte data agli imperiali congiunti, Didimio e Yereniano, purgandosi di tal colpa col negare avve nutane l'uccisione per voler suo. L'ambasciatore quindi al l'osservare Onorio assai gravemente commosso prope segli quale ottimo partito, occupato essendo nelle Ita liane vicende, il piegar l'animo a qualche concessione; di pi assicurollo che s'egli potesse, di ritorno a Co stantino, renderlo consapevole di quanto in Italia si pas sava, non guari dopo riverrebbe con tutte le Celtiche, Ispaniche e Britanniche truppe in aiuto dell'Italia e Roma. A tali condizioni ebb'egli licenza di partire.

ZOSIMO,DELLA NUOVA ISTORIA LIBROSBSrO. SOS

Del resto intralasciata fin qui nna regalare narrativa Mie Celtiche faccende crediamo di ragione il riferire in questo l uogo ed a lla spicciolala l andamento loro iafino dagli anni trascorsi. Regnando tuttora Arcadio; e sotto il consolato di Onorio per la settima volta e d i Teodosio per la seconda, le Britanniche troppe solleva* test collocano Marco in trono , prestandogli come so vrano obbedienza. Uccisolo poscia, mostratosi disadatto alle costumanze della nazione, sutrogangli Graziano e ad dobbato di prpora e diadema lo corteggiano non altra mente che imperatore. Ma dopo quattro mesi disappro vatone il reggimento levangli impero e vita, conferendo il primo a Costantino, ed il naovo principe, data la capitananza delle Celtiche milizie a. Giustiniano e Nevigastio parte dalla Britannia. Messo piede in Bologna* ( cit t della inferiore Germania e la prima vicino al mare ) dimorovvi alcuni giorni, e conciliatisi tntti gli, eserciti sparti dalle Alpi infino alla Gallia ed allItali rilenea assicurata la stabilit del suo impero. Stelicone frattanto mandagli contro l'esercito datone il comandor al duce Saro, il quale raggiunto Giustiniano e spentolo, ad una colla maggior parte demiliti conquist ricchis sima preda. Udito poi il ritiramento di Costantino in Valenza, citt idonea a difenderla, stabil assediarla! Nevigastio, laltro comandante, volendo seco parlare' di pce ebbe amichevle accoglienza, m a, quantun que sacramentatosi da entrambi, fu di colpo ucciso, Saro violato avendo la santit del giuro. P a Costantino allora supplita essendosi la costoro

304 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA morte col Franco Edobinco (1) e col Britannico Geronzio, Saro paventandone la perizia ed il valore nellarte bel lica, dopo sette giorni d'assedio abbandon Valenza. I d uci di Costantino allora con poderosissime forze awentatiglisi contro Io vinsero, lasciandogli agio a pena di sot trarsi con gran fatica dalla prigionia. Tutto il bottino accordato fa ai Bacandi (2), venuti col dalle Alpi, onde ottenere da loro il passo alla volta d Italia, suolo anche da Saro in perfetta salvezza ricalcato. Co s t antino poi, ragunato l'intero esercito determinossi a mettere acconci presidj nelle Alpi. Tre di numero elle sono, che dai Celti ed eziandio pi oltre chiudono i sentieri conducenti in Italia, vo'dire le Cozzie, le Pennine e le Marittime, e di questo imperiale divisamente propongomi narrare la cagione. Negli anni addietro sotto il consolato di Arcadio per la sesta volta e di Probo, i Vandali cogli Svevi ed Alani superati detti poggi diedero il guasto alle poplezioni Transalpine, e fattane orrenda strage addiven nero formidabili anche agli eserciti de'Britanni, i quali pigliati da gravissimo timore del nemico avanzamento
(i) 11 quale nel recare aiuti a Costantino sorpreso insi diosamente da Ulfila, dace di Cosiamo, a pena solo ripar, fuggendo, presso un F-cdici, da lui conosciuto per autieo diritto di ospitalit. Questi non di meno troncatogli il capo lo port ai duci d 'O oorio. (Socom., lib. IX , c. 1 4 ). T . S. Chitimiamo ribelli e scellerati coloro da noi sedotti (i)

md essere malvagi; per quale altra cagione i Bacaudi bili addivennero se non se per le nostre iniquit e per le ngiustitie de'giudici, (Salviauo, lib. De gnb. Dei). T t S.

LIBRO SESTO. 305 elessersi dei tiranni, Marco, Graziano e poscia Costan tino. 1 Romani venuti a fiera battaglia contro all' ultimo riportaronne manifesta vittoria, spento rimasovi il pi d e 'b a rb a ri, ma trascurando incalciare i fuggenti ( ch di tu tti sarebbesi fatta strage) diedono loro tempo di riparare alla tocca sconfitta e ragunata numerosa oste pareggiare altra fiata le imperiali forze. Costantino adunque loc presidio in que'luoghi onde impedire ai nemici il valico nelle Gallie. Mise parimente al Reno, dai tem pi del principe Giuliano negletto, idonee truppe. Cos disposti gli affari della universa Gallia invia nella Spag n a il suo primogenito Contante ornato de'cesarei distintivi. Imperciocch bramava pure col ridurre sotto la sua giurisdizione tutte le genti, estendere i limiti dell' im pero, ed anche abbattervi la potenza della impe riale famiglia, paventando non ella assoldasse ivi truppe onde, superato il monte Pirene,assalirlo,ed Onoriodall'Italia, menandogli contro gli eserciti e circondandolo da ogni lato, non lo privasse della tirannide. Costante dunque con seco il duce Terenzio ed Apollinare pre fetto del pretorio, date agli ordini palatini le magistra tu re cos militari come urbane, si trasfer in Ispagna, ed assistito dai prefati duci muove contro ai prossimi per affinit di stirpe al principe Teodosio e conturbanti la regione. Questi da principio co'Lusitani militi pigliaro no a guerreggiarlo, ma osservandosi da lui vinti, con mol titudine di servi e di agricoltori cadutigli sopra per poco nonio ridussero agli estremi;se non che, pur ora dalle concepite speranze delusi, falli sono da Costante Zosimo. Della nuova Istoria. 90

306 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA prigioni, salvatisi colla fuga i loro germani, Teodosio (1) e Lagodio, luno in Italia, nelloriente l altr o. Cos tante, dopo tali vittorie nella Spagna, torn presso il genitor e seco recando Vereniano e Didimio, e lasciando Geren d o a custodire colle Galliche milizie il sentiero che dai Celti mette in Ispagna, quantunque gli SpagnnoK eser citi offerti si fossero a guardarlo, giusta la consuetu dine, eglino stessi (2 ), bramosi di evitare che gli estra nei avessero la difesa della propria regione. Vereniano e Didimio arrivati laddove soggiornava Coistantino eb b ero prestamente morte. Costante in seguito accompagnato dal duce Giusto passa novamente, per ordine d el genitore, in-Ispagna. Geronzio offesone amicasi quelle truppe ed instiga i barbari nella regione de'Celti a ribellare da Costa n tino, manchevole di forze per reprimerne il commovimento, avendo la maggior parte delle sue milizie in Ispagna, ed eglino, oltre al Reno impadronitisi di tutto, sospin* sero gli abitatori dellisola Britannica insiememenle con alcune Celtiche popolazioni a sottrarsi dal Romano im pero, nulla curandone le leggi, ed a vivere secondo il proprio volere. Costoro dunque impugnate le arm i ed espostisi ad ogni pericolo, bramosi di evitare le imminenti sciagure, liberarono le cit t dalle ostili miaacce. Tutta

() T eodosiolo (Sozom., lib. IX, e. t a). (a) Gli Spaglinoli non avendolo potuto impetr are, P . Dia cono scrive: Date ai barbari da custodire le gole del monte

Preneo, tutte le feroci genti che infuriavano per le Gallie introdotte vennero nelle provincie Spagnuot.

LIBRO SSTO., 307 la regione,dell'Armorico di parit e le ahre Galliche provincie imitaronne. l'es empio cacciando i Romani ma gistrati, e da lor posta formando una foggia di repub blicano governo. Qties ta ribellione della Britannia e delle Celtiche popolazioni avvenne mentre Costantino sedea in t rono, datisi i barbari alle devastazioni colpa la negligenza del' suo i m pero. Alarico in Italia, non ottenata la pace me diante le fatte proposizioni n ri cevuti gli staticbi, as sale d i nuovo Roma dichiarando espugnarla colla forza seia cittadinanza ricusasse di parteggiare seco e di met- 1 tersi in campagna contro ad Onorio angusto, ma' vedendo ind ugiare la risposta cinge la citt d assedio. Incam m inat osi quindi at porto e consumat ivi nel combatterne il presidia alcuni giorni perviene finalmente ad impadro nir s ene^ trovandovi inoltre ascosa tutta la vittuaglia d e lia citt protest valersene a beneficio delle prprie mali-zie, s e. gli. assediati adempiuto non avessero con prestezza alle sue inchieste. Laonde il senato, raccoltosi,' p igli adiscutere quale si fosse il miglior p artito da' seguire, ed a pieni voti convenne di prestare obb* dienza ad Alarico, pia non avendovi mezzo di campar tesita al. non ricevere dal porto annona veruna* Prsa qnesta risoluzione mandano al nemico1 legati chi*' mandolo entro le mura, ed accomodandosi agli ordini da lui avuti callocanoAttalo prefetto della citt ed ornato d i porpora e diadema in alto ed augusto t ron ; il quale di colt inalzi Lampadio alila prefettura del pretorio e Marcialo quella d Rma. Consegn in p ari tempo le militairi prefetture ad Alarico ed a Yaferte che per lo

508 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA innanzi capitanato avea le palatine legioni, e ad altri per ordine il resto delle magistrature. Avviasi poscia con reale corteo, ma con poco fausti presagj al palazzo. Il d appre sso entrato nel senato, con discorso pieno di singolare iattanza, millantossi ampollosamente che as soggetterebbe ai Romani lorbe intero; di s proffer eziandio vanti maggiori, somministrando cos al Nu me cagione di forte sdegno e di ben presto atterrarlo. Grandissimo fu il giubilo deRomani allosservare lottima scelta di magistrati sperti nel governo della repubblica, e vie pi crebbe per lo inalzamento del console Tertullo. Se non che l operato cui plaudiva la generalit siccome profittevole a tutti, incresceva soltanto alla famiglia dei nomati Anicii, i quali, unici trse pos sessori di molte ricchezze, comportavano di mal animo le altrui pr osperita di. Alarico poscia giustamente consi gli Attalo di spedire acconce truppe nellAfrica ed a Cartagine per togliere limpero ad Eracliano, temendo non costui, seguace delle parti dOnorio, sopponesse in qualche modo ai fatti divisamenti. Quegli nulla curando si di tali esortazioni e pieno delle speranze pronosticate gli dai vaticinanti, quasi certo di occupare senza guerr a Cartagine e lAfrica intera, non manda Druma, il q uale di leggieri avrebbe cosuoi barbari cacciato dalla tiran nia Eracliano; ma sprezzatone il consiglio fida le truppe destinate a combattere gli Africani militi ad un Co statino, mescendovene ben anche di quelle inferiori all uopo ; intanto essendo le Africane imprese tuttora avvolte nella incertezza, egli intraprende una spedizione contro all imperatore , che da temenza sopraffatto

SESTO LIBRO. 309 offragli per via di legati societ d'impero1 . Ma Givit, inalzato da Attalo alla prefettura del pretorio, rispose Che non lascerebbe ad Onorio augusto neppure senza offesa il corpo, ris oluto avendo, sbandeggiatole in isola, troncargliene alcuna parte. All arrogantissima risposta piglia t o ognuno da spavento ed Onorio apparecchiatosi alla foga, pronto avendo' in quel porto non istarso na viglio , ecco afferrarvi sci coorti, d i militi attesivi da quando Stelicone ra in vita, e soltanto allora capitati daJlOriente, montandone il numero* a > quattromila, per legarsi in guerra coll imperatore; questi', ri avutosi al l arrivo loro quasi-da profondo letargo, consegna a /d essi la custodia delle mra, e stabilisce di non partire da Ravenna se prima ricevuto non abbia.pi esatte no* tizie delle Africane geste. Poich riuscito Eracliano vit torioso , cessando ogni timore d aco l, egli gerregg?rebbecon tutto lesercito Aitalo ed Alarico, e quegli vinto irebbe, con tutte > le navi al: suo comando nel porto, in Oriente presso Teodosio, rintnziand all ' impero delle Occidentali regioni. Tale correndo gli affari dellaugosto, Giovio-spedi togli ambasciatore, come test narrava, e dal principie coll altrui opera corrotto, prese a macchinare tradi menti; protesta dunque al senato, accompagnando il suo dire con disconvenevoli parole, che pi non intraprende rebbe legazioni, e riuscendo a mal fine i conati delle truppe combattenti nellAfrica , sarebbe mestieri din viare i barbari contro ad Eracliano, poich, morto Z o s im o . Della nuova Istoria. .2 0 *

310 ZOSIMO, SELLA NUOVA ISTORIA Costantino (1), le speranze loro in quella parte volge* rebbero allincertezza. Disdegnatosi Aitalo, e per altr ui mezzo indicati i necessarj imprendimnti, si manda n d l'Africa danaro in soccorso di que lle popolazioni. Alarico, scopertolo e di mal animo comportan do loperato, comin ci a disperate di Ini vedendolo con tal quale bessaggine e fuor dogni ragione presuntuosamente por mano ad imprese nessun profitto. Rivolta quindi la mente allarvenuto, e sebbene propostosi in addietro di spignere lassedio oontro a Ravenna sino allentrarvi, ne ipartire le truppe. Gonfermavanlo poi in questo suo proposito le.esortaz ioni di Giovio, il qnale sentendo che gli sfarzi del dote inviat o da At talo nellAfrica sortito non aveaao vantaggio alcuno, t utto si diede a favorire la causa d^Onorio, ed a sparlare continuamente <FAttalo presso Alarico, mettendo anima e oorpo a persuader lo che ta l snggetto una volta rassicura to nellimpero mac chinerebbe tosto insidie a lui stesso. Or mentre Alarico serbava tuttavia le snb prom esse ad Attalo venne ucciso Valente, maestro de'militi in sella, accusate di tradigione. Alarico poscia visit con troppe ad una ad una le citt deAl Em ilia, che rifiutate spacciatamente erans id i sottostare all impero d Attalo, e moke senza fatica preatarongli obbedienza, ma non pervenne a conquistane lassediata Bologna, che dur pi e pi giorni a respigneme con valore gli assalti. Laonde io
ti) Cos legge Lennclario e non Costante, come troviamo nel testo, argome ntandolo dal contesto della precedente narra zione sall'argomento stesso, ore lanto re scri ve Co stantino T . S.

LIBRO SESTO. MI cam m inatosi verso i Liguri costrin se pur essi a rico noscere la signoria d 'Attalo. Onorio, per ternane a Ini, animava con lettere le Britanniche citt a provvedere alle faccende loro, e scom p a rtito a m o'di premio infra le truppe il danaro in viatogli da EracUano conciliavasi ovunque, menando vita q uietissima, la militare benivdlenza. Eracliano poi munito avendo con numerose milizie tutti i porti occupati nell'Africa impediva che approdassero a quelli Romani p rovvigioni di frumento, di 0 U0 e di vittuaglia comun q u e indis pensabile ai bisogni della vita, per lo che in Rom a ebbevi fame pi grave di prim a, ed i rivend u g li oli occultando ogni commestibile, fiduciosi di trarre a s i tutto il danaro, mercanteggiavano a prezzi dal la stessa loro ingordigia stabiliti. Donde s tanto crebr b e ro l entro le angustie, che gli spasimanti di vedere infino i corpi degli nomini assaporali udiransi neginochi Circensi dar fiato alle voci:.Sferri il fbkuo aia* VMUt CUOIE, Aitalo all'udirne passato a Roma vi convoca il senato e proposta la consultazione si sb raccia unanimer mente il consiglio di mandare in Africa.Romane truppe e b arb ari, fidandone a Drnma il com ando, a quel Druma, ripeto, della cui buona volont e lede avute per lo passato aveansi luminosissime pruove. Il solo Attalo con altri pochi non consentiva al giudizio dei pi, vo lendo non si spedisse uom de* barbari colle Romane truppe. Il d che Alarico tendea a privarlo dell'impero^ spintovi gi molto prima dalle continue accuse di Gio* vio. Volendo pertan t o compiere il suo/livisain entolo con:

512 ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA duce furi della citt di Rimini, ove allora soggiornava, e spogliatolo del diadema e della porpora, mandando luno e laltra al;principe, lo ritorna, presente il popolo, dlla' privata condizione, tenendolo non di meno seco insiem col figlio Ampelio infintantoch, stipulata la pace con Onorio, impet rato non ebbe ad entrambi la sal vezza della persona (1). Placidia (2), imperiale sorella, dimorava in allora presso Alarico, facendovi per verit quasi l e veci di statico, ma godendovi tuttavia degni regale onoranza e trattamento. N pi n meno a que d era il tenore delle Italiane faccende. Costantino, ornato del diadema il figlio Co stante, in cambio di cesare nomollo augusto. Levata di pi ogni giurisdizine ad Apollinare inalz aHa prelet tura del pretorio altro personaggio. Alarico poi direttosi colle truppe a Ravenna, quasi certo di venire ad una sicurae stabile pace con Onorio, ebbe contraria la for tuna, che procedendo oltre, come per battuta via, esco git nuovo imbarazzo ai futuri esiti depubblici affari. Poi ch mentre Saro, non segnace n di Onorio n di Ala rico, intrattiensi con pochissime truppe di barbari nel Piceno, Ataulfo avversandolo, stimolato da qualche precedente nimicizia, avvicin con tutto l'esercito quei

(1) Attalo inalzato dai Golii all im pero, fallo poscia prigionero da Costanzo e mandato ad O norio, ebbe ia grazia, mozzatagli la mano, di rimanere in vita. ( P .Diacono, lib. XIV.) T . S. (2 ) Sposala quindi a Costanzo gli partor Valentiniano, addivenuto sussegueotemenle imperatore. T . S.

LIBRO SESTO. 313 luoghi. Ma Saro nell'approssimarvisi, spiatolo e cono scendosi meno forte per chiamarlo a battaglia, avendo a pena trecento militi seco, risolv, fuggendo, passare ad Onorio e strignervi lega per venire alle armi contro del suo nemico.

UPPLIMENT0

DELLA NON COMPIUTA NARRAZINE

DI

ZOSIM O

F o z i o nella sua Biblioteca attesta che fa istorie di'

Zosimo terminano Colla conquista di Roma fatta da Alarico. I l perch, risultando Topera in' questa parte manchevole, n altronde rinvenendosi la serie e t or dine d e fitti riguardanti la prigionia de Romani, aggiungonsi le seguenti notizie tratte da Batista Egnazio.

E r a n due anni che Alarico assediava Roma, d Onorio, neghittoso in Ravenna, o potuto o ardito non avea soccorrerla, essendo T ultimo de1 suoi pensieri la sa.lvez.za di quella citt. Morto Stelicone, egli affatto trascur il dare un comandante aW esercito, ingiugnendogli di guerreggiare i Gotti. Laonde venne ad Alarico in mente di circondarne le mura osservando le Romane truppe oJuggenti o con pigrizia accingersi alla difesa, ma indarno accintosi alVoperanon po lendo colla forza espugnarle, volgesi ad uno strata gemma. Finge di ripatriate, e scelti trencento giovani

316

SUPPLIMENTO EC.

di sorprendente corpo e valore mandali in dono ai pi cospicui cittadini, se non che ammonito avea preceden temente questi suoi comilitoni di rendersi accetti colla pratica tfogni urbanit ai nuovi padroni, onde riuscire in determinato giorno verso il meriggio, quando i Ro mani abbandonati Jbssersi al sonno o alla quiete, a correre alla porta Asinaria , ed uccisine con repentino assalto i custodi, a spalancarla perch egli, pronto al di fuori, potesse valicarne la soglia; i Gotti frattanto col mentire il bisogno or d'una, or d'altra cosa prolungato avendo il ritorno in patria. Quey trecento giovani) dunque, valendosi ottimamente duna opportuna congiuntura, nello stabilito giorno disserrano la porta, ed entrali i barbari nella citt meUonla da per tutto a sacco. Taluni opinano apertosi Tadito al nemico mediarne l'opera di Proba, matrona illustre, doviziosissima e compassione vole di quella popolazione da fam e e morbi a foggia di bruti cadente. Hannovi duefa tti non immeritevoli di ricordanza, ed il primo un decreto di Alarico proibente il molestare in conto alcuno i rifuggitisi n1 templi de1 Numi e soprattutto in quelli di Pietro e di Paolo, come fu religiosamente osservato. L'altro si ri ferisce ad Onorio in Ravenna , costui alP annunzio della perdita di Roma , estimando trattarsi d un bel licoso Gallo nomato auch'egli Roma fece maraviglie assai grandi come fosse il meschino da s pronta morte colpito, di corto giuncato avendo con sommo di letto seco.
f in e ;

APPENDI CE
DI

SP1R1DI0NE PETRETTINI CORCIRESE


INTORNO

ALLIMPERATORE GIULIANO

L E D I T O R E

signor Spirdio ne Petrettini n el dare in luce volgarizzate dalla sua dotta pen na alcune delle opere di Giuliano (1) facea prece dere a questo lavoro molti cenni biografici e pur molte storiche notizie intorno alle geste del chiarissimo imperatore, l e quali di molt o profitto riu scir possono ai bramosi di formarne spassionatamente un retto giudizio, e con severa crtica sen tenziare sul merit o degli encomj prodigatigli, e delle accuse da cui and, colpa la varianza de* p a rtiti, la molta sua gloria offuscata. Io dun q ue osservato avendo che sebbene Zosimo abbia dili gentemente atteso, a formarne uno dei pi accu rati argomenti della sua NUOVA ISTORIA, pure a maggiore illustrazione di esso non ho potuto rattenermi dallJu nirvi anche la prefata dissertazione, sperando che molti lettori sieno per accogliere di buon grado questa piccola mia diligenza.
(i) V. Edizione dei fratelli Sonzogno. Milano, t8aa. Prefazione di S. P. all Op. te. di Giuliano. i

L ERUDITO

W uUum in g tn iu M t i i u m ix tu r a tU m tn tim .

LiHE in ogni nobile impresa, in ogni glorioso pro posto , tanto l ' umana sufficienza non valga che al riuscimento di quello * tutto il potere ne tolga alla fortu na, egli questo antico e comune dettato. Ma che pur degli estinti una s capricciosa Diva governi l'estimazio ne e la fama, e che il suo imperio ella stenda sino alla pi remota posterit, invisibile giudice e sospirato dei men lieti de' suoi favori, ci non si pu certo conside rare senza maraviglia e cordoglio gravissimo. Non mai per avventura sorti niunO nascendo un cos ardente desiderio di gloria, n facolt d'anim o e d'ingegno s straordinarie per acquistarla, non mai niuno far seppe di queste facolt un uso tanto maravi* glioso , e tuttavia non mai forse niuno pervenne alla nostra cognizione con pi dubbia fama del principe di cui imprendo a tradurre le Opere. Tanto egli vero che la virt stessa riceve la sua ragione dai tempi e dalla fortuna, e che men solleciti delle altrui virt che degli erro ri, un solo traviamento basta a farci obliare una vita gloriosa!

Avvegnach da noi si porli ferma credenza che le azioni ed i sentimenti dun uomo nella scenica rappre sentazione del mondo, discordino assai spesso da quelli della privala sua vita, non pertanto con grande curio sit cerchiamo sempre di questa instruirci, sia che da noi sami conoscere le cagioni che l'una valsero l'altra a produrre, o giudicare si voglia del quanto elle dis convengano o n o , o pi veramente che con non avver tito, ma neppure innocente piacere cerchinsi da noi le vestigia dell'uomo nelle azioni private di colui che pi che uomo, a cos dire, s'ebbe ad ammirar nelle pubbli che. Ma se questi fu gran principe, illustre guerriero, sapiente magistrato, arguto filosofo; se ristor un si stema religioso, se questo sistema regol le sue azioni e vive ancora nelle opere sue, se finalmente, ci che pi importa, la fortuna gli sfrond lalloro che .verdissimo pervenire doveva alla posterit, la sollecitudine allora di ben conoscerlo si trasforma in dovere, e quella dim parzialmente giudicarlo in giustizia. gi un s ampio corredo di doti segnerebbe per avventura allo scrittore de* gesti di Giuliano la traccia della sua narrazione, nel tempo stesso che ne stancherebbe la diligenza. Non per nostro avviso far qui imperfettamente ci che per altri si fece, se non con animo affatto libero da pre venzione, certo con ingegno e capacit non comune (1 ), ma poich egli pur necessario conoscere in qualche guisa prima luomo, poi lo scrittore, e le Opere di Giu liano in singoiar modo s' innestano colle sue azioni, baster a noi qui offerire quella pi generale imma gine della sua vita e del suo pr incipato, che solo al-

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I uop presente soddisfaccia. 1 fatti essendo propriet com une degli scrittori, e la guisa di scorgerli partico lare a ciascuno, noi li considereremo con quella onesta fiducia che lontana del pari dalla pusillanimit e dal larroganza, e seguiteremo il nostro autorene'suoi tra viam enti con la libert che a noi rende esente da peri colo una cos grande distanza d opinioni e di tem pi, e con quell imparziale sentimento, che norma essendo d ' ogni giustizia, non pu non essere in singoiar modo accetto a chi d'ogni giustizia fonte ed autore. i l mondo romano che con soiferente obbedienza , m a con viva sollecitudine veduto avea alcuni anni pri m a sei prncipi disputarsi ad un tempo la signoria di lui (2 ), abbandonare finalmente potevasi alla speranza, che una lunga domestica pace, procacciato gli avrebbe la stabile successione della numerosa prole di Costan t ino. Senonch questo principe guerriero astuto, privato s enza virt, e di pubbliche virt simulatore, carattere vario, bugiardo, di parti ripugnanti composto, fond una nuova capitale, diffuse una nuova religione, perfe zion nuovi ordinamenti politici, il tutto per pi in teso ad appagare ia personale sua vanit ed a rendere il principato assoluto, che a rassodare la vacillante mole della romana potenza. La stessa sospettosa politica, di cui fu primo institu t or Diocleziano, che persuaso avealo ad assicurarsi dell' obbedienza delle provincie col ren dere in esse permanenti gli eserciti, a creare le -divine gerarchie dello Stato, a scemare il nerbo e la forza delle legioni, a rendere comuni a barbari le pi illu s tri dignit della repubblica, la colpevole arte in somma

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d'indebolire ogni intermedia potest nella gradazione sociale, e di ogni cosa dividere onde ogni cosa tiranne scamente signoreggiare, pot altres determinarlo a creare, vivente ancora, ne* tre suoi figli e due suoi nepoti, la rappresentanza di cinque Cesari (3), che con dipendente, ma fermo poter e , un' immagine recassero del principe a contenere le estrem e provincie dell' ira* pero, ed a deludere o blandire col fasto, o coi favori d'una corte, l'ambizione de' sudditi. Avvegnach i principi romani non avessero nna legge di successione, n si fosse per anco disposto dello stato come di privato patrimonio, tuttavia non avrei)bono mancato esempi a Costantino ne' suoi antecessori, se uopo aver poteva egli d'esempli, che gli dessero au torit a disporre dell' impero per testamento, onde in tal guisa premu nire gli eredi da domestici tradimenti, assai consueti in quella stagione, e risparmiare allo stalo le calamit della guerra civile, che l'eguale titolo de' figli e l'eguale de' nepoti, da ambe parti pressoch da pari forze sostenuto, rendere dovea inevitabile. Ben presto in fatto dopo la sua morte manifestaronsi i primi, n and guari che divamp la seconda. Niuno erede la sciava egli dell'inquieta ambizione e d e 'p olitici e guer rieri talenti dell'autore della loro fortuna, ma ben pot il mondo ravvisare in Costanzo, principe dell'Oriente, un imitatore delle sue colpe, ed un emulo della fredda e tranquilla feroci che distinsero gli ultimi anni del regno suo. Ornato di qualche qualit di privalo cava liere ma non di veruna che degno il rendesse della por pora , schiavo degli eunuchi, e tiranno orgoglioso dei

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pop ol i , sospett oso e crud ele per debolezza, simulatore astu to , quan t unque, tranne che nel nuocere, instabile ne piop ositi, fece ministra delle sae colpe quella spe cie di Fede che allora prfessavasi, e sperando nella ca ri t della Chiesa nna pace a rimorsi, imbratt il mondo d i delitti, intanto che il riempi di scismi e d i concilj (-4). Non proprio di questa scrittura la narrazione dei fa tti che precedettero la ruina della casa Flavia, n il d ire come Costanzo violasse la fede con coi giurata n avea la salvezza, e nn ministro degli altari offerto siasi a complice dassassinio, e lesercito mosso a sedi zione dalle arti del suo signore, ed impaziente di farsi u n principe grato 1 in una promiscua strage abbia involti s ei cugini e due zii d i Costanzo (5). Basti a noi solo d ire , che l infantile e t , ed i teneri nffizj dell amici* zia (6 ), poterono a gran fatica rendere sicura la fuga, ed obliato lasilo di due unici superstiti di s numerosa famiglia, Gallo cio e Giuliano, nati da Giulio Costanzo fratello di Costantino (7). Sottratti al furor militare; e poich intanto la cessata sedizione deU'esercito involava a Costanzo I opportunit della colpa, specie di virtft ne tiranni, avvis che se in appresso uccidere non po* teasi con atto di pensata ferocia quella tenera et ed innocente senza Tompere ogni verecondia, spegnere per in essa potevasi di leggieri quella miglior vit a d nn magnanimo spirito e di una generosa amb izione. I reali fanciulli t ratti prima luno in Ionia, l'altre, Giuliano, in Nicemedia, poscia custoditi nella forte rocca di Ma cella, antica e solitaria residenza de re della Cappadocia, ai piedi dellArgeo, lontani da ogni libera sociale

comunione, privi d'ogni studioso ammaestramento, sot t oposti ad ogni pi sevra e minula pratica della fed e, a quell austera disciplina di vita s ebbe rara d insti* tuirli, ed a quelle massime di cristiana umilt e solfe* renza, che tanto pi atte sembrar possono ad infiam marci del desiderio delle palme celest i, quanto pi sanno divellerci da quello d'ogni terrena grandezza. Il vescovo Eusebio, colpevole cortigiano e campione astuto dellArianesimo, principale autore dell' eccidio della casa Flavia, assunse l incarico d instituire Giuliano nel sa cerdozio, e l'apostata fu o pubblico lettore di sacre Scritture nella chiesa di Nicontedia (8 ). Ma Costanzo far non poteva che questo principe vi vendo non avesse a sorgere un uomo straordinario: tale creato l'avea la n atu ra, e la fortuna in quel giusto mezzo di presenti sciagure e di luminose speranze avealo collocato, che, pi presto che opprimere, con pi ard ore sprigiona un animo vigoroso dagl'intoppi delle une. per lanciarlo al conseguimento delle altre. Le avversit che fransero, e guastarono il debole spirito di G allo, fortificarono, siccome far doveano, quello robusto di Giuliano. Pot egli alla loro scuola apprendere la per nn alto animo malagevole arte, ma necessaria virt sotto un tiranno, di nascondere i proprj sentimenti, e pot in essa ammaestrarsi a provvedere senza vilt alla propria sicurezza, rispettando il principe nella persona di Costanzo, senza omettere t uttavia di detestare il car nefice della sua casa. Fornito dalla natura di un r obu stissimo corpo (9), conveniente domicilio di un gagliar dissimo ingegno ; pales sino dall' infanzia quel gene

ro s o disprezzo de' piaceri, quellavidit d'apprendere, quel nobile amore della fatica, quella rapidit nel con cepire, nel deliberare, nelloperare, e quella varia e pie ghevole tempra di spirito, per cui nell'et nella quale il p i degli uomini fanno le prime lor pr ove di vita p u b b lica, pot egli apparire gran principe, illustre guerriero, magistrato, oratore e filosofo. Un tenero amico per del pari che saggio maestro, confortava la sua solitudine di Macella. Di tut ta la pa te rn a 'eredit, Costanzo non eragli stato largo che del solo eunuco Mardonio (10), antico famigliare della ma d re sua. Incauto ! eh' ei non previde ch'ella ne sarebbe st ata la pi pregevole p arte, e quella a' suoi consigli fatale, se de' precetti di lui dovea fortificarsi l ' animo di Giuliano. Con raro esempio fra quella asiatica genia, celebre, anche allora che l ' animo governando de* prin cipi romani contribuito avea alla decadenza dell'im pero, solo per inique fro d i, o per femminili arti e co stumi , sembra che l'eunuco Mardonio accoppiasse alle doti di un colto ingegno ed elegante, ogni pi bel fiore di morale virt. Con atten t a e paterna cura adopera vasi egli a formare i costumi del reale suo allievo, ad inspirargli l'abborrimento del vizio, l'amore della virt, l'osservanza del d ecoro e della modestia, intan t o che con lo studio della greca lingua, e de Greci scrittori iva instrueado la sua ragione e rischiarando il suo spi r it o. Ma il discepolo preveniva di gi la sollecitudine del precettore. Quell' insaziabile curiosit che palesato aveva sino dall'infanzia, naturalmente ora conducevalo ad abbandonarsi allo studio della filosofa, che quasi

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sola in que tempi nelle scuole signoreggiava, e siccome essa tutta contenevasi nelle opere de Greci, o da Greci viventi insegnavasi 0 , cos ben p resto poterono divenire le une la sua prediletta e cotidiana lettura, e formare gli altri l 'oggetto del suo amore e della sua riverenza. Nella consuetudine e nelle colpevoli arti di questi, noi dobbiamo cercare altres le prime cagioni di quegli er ro ri che in appresso s miseramente il travagliarono, e come non a dubitarsi che sino dalla sua prima ado lescenza mettessero in lui radice i principj delfo sua apostasia , voglia a noi concedersi di tutto a questo luogo riunire, quant intorno ad essa dire ci Testa. Il pio e moderno cristiano, che gode del benefizio d'.nna religione, lontana s lungo corso di secoli dai pe ricoli e dagli errori, che accompagna rono la sua culla, aoeeso dun santo fervore per la morale eccellenza d'una dottrina che raffrena la sua curiosit senza avvilire la sua ragione, e soccorre alla sua presente debolezza col prospetto d'un consolante avvenire, intendere non pu che a fatica com' ella non confonda la sua origine con quella della creazione, e come possa essere stata pre ceduta dalle follie e dalle stravaganze del politeismo. Quindi non pu non a grande ira commuoversi se vede ehi noto per sua ventura nella via della salute, di pro pria mano accecarsi per torcere in quella delle tenebre e dellerr ore. Avventurosi di poter dividere con lai i sen timenti della sua piet, noi osiamo invitarlo ad alcune
(*) Che scrvevano cio ed insegnavano grecamente, bench non latti i platonici fossero greci.

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considerazion i che richiamino il sno sdegno a pi cri stiana moderazione. L'apostasia di Ginliano riceve senza dubbio un par ticolare car attere d'odievoiezza da quello splendore di verit che proprio della religione eh' egli ha abban do n ata , d in tal caso ogni umano ragionamento confondesi nella sublimit della causa. Ma l'osservatore im p arziale che vorr giudicare di quest* azione in s me desim a considerata, mentre egli avr a deplorare la miserabile cecit del traviato, tanto pi vedrassi indotto a riputarla innocente rispetto alla morale, quanto che la stssa Chiesa cristiana se forzar non deve a suo fa vore , pu vedere almeno con compiacenza ricoverar so tto il vessillo della fede i fuggitivi delle altre reli* gioni. Sciagurato, s certo, appelleremo coloi che nel- 1 l'errore vede n tesoro di scienza e di verit, ma se per innocente abbaglio della sua mente, e per intima con v i n zione dellanimo suo, spera ivi trovar la salute dove altri non dubita della dannazione, in qual guisa il chia-' meremo colpevole ? Egli vero che il pi degli uomini av endo in matrie religiose pi un convincimento dabitudiue che d'intelletto, noi possiamo non a torto rite n ere che l'atto violento di svellere le affezioni, che quasi seconda natura con noi crebbero, proceda assai spesso da motivi di privato interesse e di mondana ambizione, e che colui il quale disconosce in maturit i principi di quella fede che la passata su a vita devono aver guidato, palesa abbastanza eh'essi non mai guidaronia, e ch'egli sar per essere tanto vacillante novizio quanto fu falso e sleal veterano. Ma siffatte cagioni che possono in ap

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presso aver confermata l'apostasia di Gioliano, non possono averla determinata nel primo aprile dell ' et sua. Una religione che pel corso di venti e pi secoli avea sola, o con lieve differenza di riti, governato le coscienze del mondo antico (14), che con assidue pra tiche guidando il credente da' pi minuti e giornalieri negozj della vita domestica, sino a gravissimi della pub blica e civile, quella particolar forza esercitare dovea su gli, spiriti che di costante e cotidiana abitudine pro pria, che ai sensi specialmente rivolta, personificava le passioni nel tempo stesso che lusingavaie, e priva di un regolare sistema di dottrina, una gradita libert di pen siero e di credenza lasciava (1 2 ) , svelta s di leggieri essere non poteva da un'altra, non pi che un mezzo secolo innanzi divenuta fede dello Stato (45), e che tutta racchiusa nella sublime oscurit delle sue speculazioni, ordinava una illimitata sommessione, un semplice callo, ed il generoso sacrifizio de proprj affetti come la sola Ostia propiziatoria di un Dio misericordioso. E vera mente, n 1 efficace ed illuminato zelo di Costantino, n i proibitivi suoi editti, n il pio furore od i pi ge nerali divieti di Costanzo, aveano potuto far s che aperti non fossero tultavia i tempj nelle citt e nelle campagne, ed il cullo degli. Iddii non venisse ancora pubblicamente esercitato (14). Il tempo che distrugge ogni cosa, fortifica le opinioni religiose, e l abituale usanza di un errore, per grossolano ch'ei sia, cresciuto in noi coll'infanzia e da tanti prestigj sostenuto, si con verte nella nostra mnte, direi quasi, in una innata

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verit. Considerazioni di tal fatta, potuto avrebbono, vero, nel pieno trionfo della Chiesa disporre degli animi moderati e tranquilli ad una recipr oca ed egoal tolleranza, ma il tempestoso periodo che scorre tra il confine d' una nascente e di una cadente re ligione, dovea essere di sua natura fecondo non meno di falsi ed incerti credenti ( e parr questa cosa seco stessa! ripu gnante ) , che di persecutori e di martiri (15). Or dun q u e , s'egli vero, siccome certamente, che i nostri errori acquistano qualit e ragione dalle opinioni e dalle dottr ine che nella et regnano iu cui vennero commessi, se le stesse idee del giusto e dell'ingiusto, dell'onesto e del suo contrario, comech per s stesse immutabili, ricevono da queste opinioni e da queste dottrine turbazione e cangiamento gravissimo, giudicare con le norme presenti dell'apbslasta di Giuliano, sarebbe estrema in giustizia. Non gi clle attuali sue sembianze presentavasi il cristianesimo al mondo pagano. La sua dottrina era ancora materia di controversia, e la sua novit un sacrilego attentato contro l'antica religione dellimpero. Se l anzianit della fede era la misura dell apostasia , poteva un pagano rinfacciare a miglior diritto cotale macchia a' Cristiani, e pio e meritorio riputar poteva Giuliano il ritorno atlantico culto della sua patria, ch q uello dire poteva de suoi maggiori, dal solo suo pa dre e dal fratello di lui interrotto (16). N i domestici esempli che nellet prima le nostre affezioni determinano, atti erano per avventura a con ferm are Giuliano nella sua fede. Un avo che senza im pietosire a' nomi di congiunto, di marito e di padre,

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fa scorrere il sangue d" un figlio, d un nipote e d'una moglie innocnte, corre poi in grembo agli altari a patteggiar la salute (47), un {rateilo a cui la pi fervida religione mansuefare mai non seppe la naturai crudel t (18), un cugino che giura solennemente il suo patro cinio ad una numerosa famiglia a lui stretta con ogni pi caro vincolo di cognazione, solo per esserne in si curt maggiore il carnefice, e uccide a s lo zio , e il padre a Giuliano, e colle pratiche del tradim ento, e colla morte d 'u n delinquente spegne a quello un fra tello , ed a s stesso nn cugino ed un collega all' im pero (19), nel tempo stesso che edifica chiese, convoca concilj, e col fervore d 'u n teologo, e colla sottigliezza d'un sofista presiede a religiose controversie, documenti invero erano questi di cristiana piet i quali anzich persuadere, trarre potevano di leggieri la vivace fantasia di un giovanetto ad attribuire ad imperfezione della dottrina, ci che altro non era che colpa e fralezza di chi esercitavala. se nel pi maturo stato della nostra ragione noi possiamo a gran fatica premunirla contro quella strana mescolanza ch'ella far suole della persona de' nostri nemici colla natura delle loro opinioni, non da dubitarsi che una grande avversione pel cristiane simo non s'ingenerasse nell animo di Giuliano, anche per questo solo che la fede esso era di Costanzo, cio del personale nemico sao, e del carnefice del promiscao parentado. Vedeva egli inoltre la religione eletta a ministra della sua servit. Il vincitore de Franchi e de' Germani* l'emulo di Marco e di Alessandro a languire destinavasi

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nella santa oscurit del sacerdozio. Un reai giovinetto, che dovea portar seco 1*ambizione e la speranza della sua n a s c ita , non potea senza indignazione considerare cbe q uel veseovo di Nicomedia postogli ai fianchi da C oslanzo, dopo essere stato il principale strumento del 1 eccidio della sua famiglia , non tanto assumeva ora 1 incarico di fare di lui un campione della Chiesa, q u an to una vittima della gelosa ambizione del principe, e nella giusta sua ira non poteva non essere indotto a confondere di leggieri la persona del maestro colla fede che per lui insegnavasi. N per avventura gli austeri obblighi d'un candidato, le pie, ma severe pratiche dei digiuni, delle veglie, delle preghiere, a cui venia sot toposto , o gli ardui precetti di umilt ed abbiezione cristiana, supremo essi conforto di un animo a Dio chiamato, ma contro cui spesso avviene che temeraria mente ritorcasi chi oppresso dallingiustizia aspira a li ber ar sene , pi alti erano a confermare una vacillante volont, ed a trasfondere in lei quella dolce non co mandata persuasione, che solo sembra propria dun li* bero spirito ed indipendente (2 0 ). Offerivaglisi d'altra parte il politeismo con false s, ma tuttavia lusinghiere sembianze. Esso traeva un prin cipio di forza dalla sua stessa debolezza. Naturalmente il nostro spirito a tutto ci che supera i limiti della sua intelligenza assegna una causa soprannaturale, ma tanto pi contenta questa causa la sua vanit, quanto che di cos mista natura ella sia, che divina pur essendo, af fatto per non si sottragga alla sua conoscenza, ma il faccia a cos dire assistere e partecipare alla creazione.

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Con piacere ia fantasia accoglie la presenza di un Dio visibile nell' astro che crea e svolge ad un tempo sotto gli occhi nostri le maraviglie della natura, e un giovane eroe s' abbandona con piacere alla speranza che il Dio stesso delle battaglie nella corporea sua forma, scender nella mischia, scorrer le file de' suoi soldati, e gui der il suo b raccio alla vittoria. Un altro ancora assai pi singolare prestigio seguitava quel culto, per chi cresciuto in mezzo alla filosofica vanit, e tutto acceso d amore e di riverenza per gli antichi, aspirava ad emularne la gloria : gl Iddii del paganesimo animato avevano gli eroi di Platea e di Maratona, e protetto le aquile romane sino; a' confini del.mondo, intantoch, sebbene per cagioni d'assai diversa natura, le calamit e la decadenza dellimpero proceduto aveano dun passo eguale coll ingrandimento della Chiesa cristiana (21). Tutto questo per non sarebbe stato per avventura ancor sufficiente a far abbandonare a Giuliano il ves sillo della nativa sua fede, se nel non breve soggiorno ch ei fece nellAsia minore, dove recossi dopo f innal zamento di Gallo suo fratello alla dignit di Cesare, due cagioni non si fossero ivi riunite capaci singoiar*, mente, l'una ad indebolire lo splendor della nuova, l'al tra a f ortificare in qualche guisa la debolezza della vec chia fede. Era quella provincia la principale stanza non meno degli scismi della Chiesa, che della platonica filo sofia. I primi suscitando al cristianesimo i pericoli <li una profana dottrina, ed avviluppando di quistioni In natura stessa della di vin it , smarrir e facevano al pio seguace la stabile mela della sua cred enza, e lo scisma

\1 Ariano n egando la divinit del Verbo, crollava da car dini la fede; l altra ritenendo le verit della religione n atu rale, adoperavasi a scemare le stravaganze del gen tilesim o, col lassegnare a tutte le favole unallegoria. Ma poich n atte esse erano ad ordinarsi in un regolare sis tem a teologico, n potevasi senza una mediazione so stenere una fde, ricadevasi insensibilmente al culto degli Idoli, avvegnach si affermasse non ritenerli che come simboli della divinit a cui erauo consagrati. Era questa per una parte, e la pi semplice della dottrina. La filosofia, collegatasi coll' impostura, prometteva di rivelarne la pi recondita col mezzo dell'iniziazione (2 2 ). La moderna Teurgia nelle gi celebri caverne di Efeso e di Eieusi, conciliava il personale commercio cogl' Id di, procacciava il dono di presagire il futuro, e sospen deva le leggi della natura. Gli Edesii, i Massimi, i Cri santi rappresentavano allora la scuola di Porfirio e di Plotino, ma poich ed i principi antecedenti, e Costanzo proibita avevano severamente qualsivoglia spezie di ma g ia , povera di clienti e perseguitata dall'im peratore, languiva la platonica scuola nelloscurit e nel mistero. Un giovane della fama di Giuliano, e d 'u n erede pre suntivo del trono poteva rialzare il suo credito, e nel l'incertezza degli eventi procacciarle altres un giorno patrocinio. Con piacere awisaronsi i-segreti sentimenti del principe, e con piacere fu colta l'occasione di fare acquisto d'un imperiale proselito. Ogni pi astuto ar ti fizio fu posto in opera a sedurlo, e V incauto Giuliano con animo pronto troppo e inconsiderato inciamp nella rete. Egli iniziossi solennemente prima in Efeso e pi
Prtfazioiu di S. P. alle Op, tt. di Giuliana. a

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tardi in Eieusi, ed in tal guisa col culto degli Dei venne eziandio a consentire ai delirj della teurgia. Fino dalla prima sua infanzia la volta de' cieli sparsa d'innum e revoli m ondi, colpito avea gagliardamente la sua fan tasia. Pi volte immerso in una cara ebbrezza di sensi, fu veduto solitario ed immoto contemplarne 1 ineffa bile abisso. Quindi anche ne suoi traviamenti quella parte d'errore per s togliendo che ottenere pu qual che grazia, siccome quella che pi alta sembra, a d ab bagliare un grande sp irito , la sua magia altro non fh che una specie d'astrologia (25), e per grande ch e debbi dirsi il rumore che di essa fecero i nemici di l u i , age vole cosa sarebbe, noi crediamo, provare d i egli noa ebbe orecchj pe suoi prognostici che quando furono a quelli della politica e della ragione di stato conformi. Non pertanto mostr egli talvolta di prestar fede a stra vaganze siffatte, e del suo errore parteciparono tant'aftri grand'uomini dell'antichit. Diremo noi che fortifi cato essi non avessero il loro spirito con ogni specie di virile abi t udine e di virile disciplina? e ia m aravigliosa natura di Germanico e di Giuliano, indocile sarebbe stata alle squisite dottrine della perfettibile umanit? Ma non s'obbli gi di rivelare in quella iniziazione l arcano che pi tornare potea vantaggioso ai settarj, n al principe per avventura s ingrato qunt egli af fermar seppe in appresso: gl'Iddi prometlevangli lim pero, ma questa promissione annodavasi aHa causa stessa degli Iddi ; egli doveva altres ristabilire il lor colto. Per luminose che a noi si offrano le apparenze dell' innocenza di Giuliano nella tumultuosa sua eie-

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zione d i Parigi, e comerh non possa rivocarsi in dub bio ch'egli in appresso per semplice smarrimento della ] sua r agione ogni confine di superstizioso zelo eccedesse, allora p u re che i pi gravi interessi della repubblica a m oderati consigli persuadere il dovevano, tuttavia noi non possiamo^ credere che a pienamente determinare la sua a p o s tasia, concorsi in qualche guisa non sieno an che i com uni, ma efficaci motivi della politica e del lam bizione (24). Difficile cosa immaginare che un ni* pot di Costantino aspirar non dovesse al trono degli avi s u o i, e il sangue fraterno di cui questo circondato avea suo cugino, maggiori .spiriti onde pervenirvi ag giungere doveva ad un animo vigoroso. Come la pale stra l atleta, un grand ingegno ama il teatro dove far prova delle sue forze, e la vita di questo principe pa le s a abbastanza che tanto non aveagli fortificato il petto la filosofia, da produrre in lui quel magnanimo disprezzo degli uom ini, che considera la natura delle cose indi-' pendentemente dall opinione di quelli. Il fanatico zelo di Costanzo dichiarava nemico del suo principe chi ne mico era della sua religione, e Giuliano pot osservare con opportunit che questi nemici che nei numerosi se guaci del paganesimo la imprudenza di suo cuginoformavasi, assai volentieri seguitata avrebbono la causa d un principe che la mancanza di figli in Costanzo e luccisione di Gallo dovevano far riguardare come l'erede presuntivo dell impero, ma che non pertanto sino a che Costanzo regnava, sicuro tener non potessi della vita neppure. Era inoltre il culto degli Dei la religione an cora della pi colta e gentile parte della societ, e Gi-

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liano forse non dur fatica a persuadersi che nella tu rb a degli oratori, de poeti e de filosofi, in ogni tempo ef ficaci strumenti del la fama, trovato avrebbe degli utili banditori delle sue virt. E veramente cosi secreto n on rim ase, o pi presto non si volle che rimanesse il suo rinunziamento alla fede, che tosto non se ne spandesse la fama nelle citt e nelle campagne. Nella sicurezza dei privati colloquj confessava Giuliano con ingenuo o si mulato candore, che allora solo lieto terrebbesi che po tuto avesse giovare alla sua patria ed alla sua religione; e gl'iniziati, gli amici, i filosofi con cau ta, ma assidua diligenza, ripeteano i det ti di lui, diffondevano le nuove della sua apostasia, la quale pot ben presto ravvisarsi come un segno innalzato ai desiderj ed alle speranze del mondo pagan o. Sino a tanto che nelle esterne pratiche ei si losse mostrato osservante della pubblica religione, Costanzo trarre non poteva da'secreti sentimenti di lu i, nessun sufficiente pretesto di sdegno. Questa osservanza per era di una inevitabile Decessila , e poich assumer ei non poteva la spoglia del leone, pens quella vestire della volpe. Pel corso intero di dieci anni, periodo che scorre dalla sua iniziazione in Efeso sino alla sua pub blica professione di fede, cio sino al tempo che di chiar la guerra a suo cugino, questo principe mentre ne' domestici' altari attendeva a sacrificare ai falsi snoi numi, un sacrilego incenso continuava eziandio ad of ferire al vero Dio nelle Chiese cristiane. Il celebre in glese istorico della decadenza e rovina del romano im pero (25) afferm che la moderata indole del politeismo

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n on escludesse l'esercizio di un cnlto che internamente n o n approva vasi. Se una falsa religione tollerare sapeva l 'i p ocrisia, proibivala per, noi crediamo, ben la mo r ale. D 'altra parte, la mit e natura del politeismo sopp o rta v a , a noi sembra, la divozione verso nnove o stra nier e Divinit, ma allora solo per altro che di natura fos sero a q uella de' proprj sooi Iddj somiglianti, e tali che ricevere potessero la cittadinanza del sno Olimpio, della quale quel culto fu sempre liberal dispensatore e presso i G reci e presso i Romani; ma la religione non meno che la politica vietare doveano Pesterne pratiche d'una fede qnale era la Cristiana totalmente allesistente contraria, e di cui appunto la dottrina severa e con altre ad inne starsi ritrosa, era stata principalissima causa a ritardar n e il progresso. Giuliano medesimo, pontefice e sapien tissim o maestro della pagana teologia, non proib ai Cristi ani dinterpre tare nelle loro scuole i libri de gen tili (26), fuorch allegando essere cosa indegna e sa crilega spiegare ad altri degli scrittori che una fede insegnavano che il proprio animo riprovava. Una s costant e simulazione somministr in ogni tem po materia alle pie invet tive de'Cristiani, e certamen te ognono vorr riputarla come indegna macchia dun animo generoso. Senonch i malvagi principi costringono i sudditi a iniquissimi vizj. Mutansi sotto il loro reggi mento le colpe in virt, e l ipocrisia si trasforma in prudenza. Pochi uomini vi hanno in ogni tempo che sappiano esitar nella scelta, t ra il nascondere i proprj sentimenti, e lannnnziare una sterile ed infeconda ve rit sul patibolo. Non p otevasi da Giuliano assumere la

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nuova senza palleggiare con la vecchia e pubblica fede, e se deonsi compiangere o detestare gli errori d i l ui f qualche grazia ei trovar debbe prsso l ' indulgente po sterit, se in quella s tagione ed appo quel principe e quella corte, us di un mezzo reo s , ma con cui solo provvedere poteva alla sua personale sicurezza (27). Ma intanto che di tal guisa iva egli traviando mise ramente nell'Asia minore, un nnovo ordine d i cose maturavangli i destini. Costanzo che in addietro sia co stretto dabisogni dello stato, sia per fornire a Gallo unoccasione di rovina, avealo imprevedntamente creato Cesare pel governo delle diocesi dell' Asia, ora non solo traevagli dal capo la corona, ma in quella terra medesima ancora lorda del sangue d'un principe e figlio innocente, puniva in Ini la colpa sotto la mannaja del carnefice dessersi abbandonato alla sna fede ed a' suoi giuramenti (28). Giuliano cadde in sospetto di conni venza nelle colpe apposte al fratello, e certo spento in Ibi avrebbe l ' ultimo germe di Costanzo Cloro ed il temuto vindice della sua casa, se la giovine e t , le sciagure patite, e la fama delle sue virt risvegliata non avessero la compassione in quel sesso che sembra ( il pi pronto a ricoverarla, ed il pi accorto in farla ad altri sentire anche in iftezzo allebbrezza del potere assoluto. L'imperatrice Eusbia,donna d'illustre pro sapia, di splendente bellezza, di castit singolare, di colto ingegno ed elegante, prese ad amarlo con tenera costante affezione, la quale se in appresso da quella sua pura sorgente traviasse, riesce malagevole alla storia di affermare egualmente che di negare. Ella

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il co n fo rt de1suoi consigli, procaccigli col marit o un c o llo q u i o , e Giuliano pot la merc sua con onesta li b e r t giustificarsi, ed ottenere di fermar, quasi in ono re v o le e siglio, la sua stanza in Atene (29). Contento degli eruditi snoi ozj, traeva egli lieti i g io r n i in questa che appellava seconda sua patria, e s lievi cagioni deviano spesso la corrente degli avvenimenti d e ll' umana vita, che n4n riesce impossibile a credere ch e la giovanile ambizione di lui sarebbesi saziata o confusa nella vanit filosofica, se l'operosa sollecitudine d Eusebia im presi non avesse ad estendere ancora pi avanti i suoi benefizj. Cresceva l'impero ogni d pi di pericolo. La morte di Gallo privato aveva l'oriente di un rappresentante imperiale, e il bellicoso Sapore di gi ne minacciava le frontiere. I selvaggi Isauri stavano alle porte ed all'assedio di Seleucia, i Sarmati varcato aveano il Danubio, ed i barbari dell'Alemagna invasa la Gallia. Costanzo, che uscire non poteva d'Italia, confess allora per la prima volta di conoscersi incapace a solo so&tener t anta mole (30), e la rea! Protettrice non ommwse di profittar tosto a favore del suo cliente d 'una confessione che la sola necessit spremeva dalla vanit del principe. Pot ella fargli considerare, n inopportu namente, che l'infecondo lor talamo facendo di gi ritenere Giuliano come l'erede presuntivo dell' impero, meglio era procacciarsi il suo affetto anticipando con un atto della propria volont, ci che la ragione delle cose rendea ormai inevitabile ; ch la dolce e pacifica indole sua promet tere in lui poteva un principe grato del beneficio, e la moderazione ed austerit sua filosofica

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allontanare i Sospetti d' nn principe ambizioso (54). .Costanzo non tard a veramente o simulatamente per s u a d e rs i; sia intento a macchinare nuove insidie a suo cugino, sia che accordar potesse tal fiata per debolezza ci che non mai consentito avria per nobile movimento dellanimo suo, e Giuliano nell'et di ventiquattro a n n i, tratto daboschetti delKaccademia, a mutar ven ne in Milano, in mezzo al fasto ed al lusso d nna corte orientale, il mantello del filosofo colla veste mi litare e con le insegne di Cesare. Condusse egli allora pure in isposa Elena sorella di Costanzo, per opera e consiglio di Eusebia, onde con nuovo fratellevole nodo vie pi stringerlo alla casa imperiale (o2). In appresso questa tenera amica e liberal principessa, senza che nin na palese cagione sorgesse di reciproca malevoglienza, fece spegnere nascendo lunico frutt o del loro matrimo nio, e con donneschi artifizj, quale che essere polessela loro efficacia, procacci che confortato non fosse pi da prole il lor talamo (55). Spiacevale per avventura chel'eredi t dell'impero passare dovesse nefigli di Elena? latta non l 'avrebbe condurre sposa a Giuliano. L et non giovane di lei sperar le lece sterili nozze? non a im maginarsi che la femminile ambizione pigliasse in colai fatto s incerte misure. Sper ella co'benefizi coltivare un impudico affetto-nel seno del casto-Giuliano, che, tranne quella delia donna sua, non mai conobbe altra venerea consuetudine, ed amante mal corrisposta ritorse il geloso suo sdegno contro chi il letto ed il cuore di lui divideva, e cont ro 1'odiato testimonio del felice al trui amore? oppongonsi a ci le concordi testimonianze

25 d i' lode che della virt e castit sua fanno gli scrittori ,
cristiani e pagani (34). Ma qneste non potrebbonsi per avventura riputar dalla parte de Pagani come espresse dal bisogno di conciliarsi appo Costanzo una possente m edi attrice di religiosa tolleranza, e dalla parte deCris t ia n i come l ordinario tributo di adulazione verso chi lanim o governa del principe? lasceremo ad altri darne sentenza. Checch ne sia di ci, allorch Giuliano venne istrui to p er la prima volta della sua elezione, mostr d'accoglierne la nuova con grande rammarico (35). I benefizj d i Costanzo, i domestici eaempj, ed il recente assassinio di Gallo poteaiio , senza dubbio , inspiragli un giusto timo re, ma riesce estremamente malagevole a credere verace 1 abb on im ento alla porpora in un principe che pervenne allidpero col mezzo d'una militare sedizione. Noi di ci dovendo altrove favellare, avremo allora 1' opportunit di bilanciar i suoi sentimenti. Debbonsi intanto le sue presenti ritrosie riputar in parie anche come il mezzo pi valido a calmare l'inquieta diffidenza di Costanzo. Poteva Giuliano riporre una giusta fiducia di sicurezza su quella reale necessit che costringeva il nemico suo a seco Ini dividere le cure del mondo , e fidare finalmente eragli lecito o nella propria sommessione, od anche in quegli avvenimenti che nella sua nuova qualit di Cesare pi da presso governati avreb be e diretti. Da gran tempo la Gallia appellava le cure ed i pronti ripari del suo signore. Costanzo, seguitando lesempio desuoi antecessori, invitato aveva a scendervi i barbari

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dell'Alemagna onde opporli all'usurpatore Magnenzio; ma essi, poich servito ebbero il principe, pensarono a stabilitisi. Fermata la principale lor sede nell'Alsazi a e nella Lorena , dopo aver posto a sacco e dist ru tto quarantacinque fortissime citt, occupavano con colonie lor proprie tu t to il vaste tratto di paese che a sinist ra del Reno, dalla sorgente alla foce, per quaranta e pi. miglia s'estende 0 , e nuocendo alla libera navigazione del fiume, poneano ad estremo pericolo le restanti Gallie e provincie olire l'A lpi, che a mezzo di quel transito ritraevano dalla Bretagna gran parte di Tettovaglia (36). Allo stesso tempo i Franchi situati pi vi* cini all Oceano, occuparono la propinqua isola de Batn ri, e l'antica Tocandria, ossia il moderno Brabante. A ricacciar tanti invasori, ed amministrare una s scon volta provincia, destinato venne il giovane Cesare (37). La narrazione delle guerre galliche s'appartiene allo storico di qne tempi, e l'osservanza della brevit pro messa fa che da noi si debba ogni cosa rapidamente tra scorrere. Giuliano scritto n aveva i comentarj, e nella perdita di si presioso documento della sua virt, il let tore abbandonata ogni altra imperfetta guida, possede in Ammiano un giudizioso istorio), sebbene turgido e disordinato scrittore, dove appagare la sua curiosit. Sia lecito a noi chiedere solamente per quale incredibile forza dingegno, Giuliano, un giovane che non ancora varcato avea il quinto lustro dellet sua, e che per la prima volta la militar veste indossava , istituito nelle
(*) Questo possederano di fatto: ma con le loro correrie ab* bracciarano uno ipazio tre volle maggiore-

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untili dottrine del sacerdozio , cresciuto fra i boschetti dell accademia ed all ombra dei pacifici s tu d j, potuto abbia nella bat t aglia di Argent oro (38), con nn esercito di soli tredici mila uomini posti a fronte d'innum ere voli b arbari comandati d all'istru tto valore di Cnodo* m ero (39), palesar di riu n ire i^ s l'arte, e i talenti di u n antico condottiero desefcitr, il personale valore d'un giovane eroe, ed emulare in un comune teatro le azion i e la fama del prim o e del pi illus t r e dei Cesari ? Co s tr e t t o a scemare a cos dire la sua stessa gloria onde soverchia non balenasse agli occhi dell' invidia, a pre* m unirsi dagli agnati de satelliti di Costanzo intesi a preparargli opportunit di pericolo e di rovina, tradito a vicenda dalla negligenza de suoi capitani e della per fi dia de suoi m in istri, che quelli erano del principe, liber non pertanto in tre successive campagne la Gal li* dagli Alemanni, varc qu attro volte il R eno, assi* cur le sussistenze delle provincie, debell i Franchi stim ati sino adora per numero e per valore invincibili, e tant 9 ' 4 *>*e ne' brbari terrore delle armi romane, che pi usfcdw non osatone, finch ei visse, dai loro b o schi (40). Possedessi sopra ogni credere la malagevole arte di trasfondere nel soldato, non labitudine di una servile obbedi enza verso il suo capitano, ma s di quella c he generata dal merito, animosa e spontanea va del p aro, a cosdire, con la volont. Semplice e popolare nei m odi, ed anche de pi minuti travagli della guerra partecipe', liberava il comando dalla superbia che gli p ro p ria , e rendealo quasi consiglio d eguale, fermo nella volont, liberava la domestichezza dal pericolo

28 de ila disobbedienza. Virilmente ambizioso, e per ambi zione d ogni principesca vanit nemico, accrescevagli pregio nello spirito vivace de Galli la stessa negligenza della sua persona, e la stia stessa singolarit. Sembra che pi che altro il rendesse in guerra eccellente, un raro accorgimento nello Scegliere quel partito che meno per avventura essere poteva avvisato dall inim ico, ed una incredibile rapidit nell'eseguirlo. Sebbene dalla r dore dell animo spinto sovente a tutto commettere al l'evento di nna giornata, tuttavia sarebbe assai difficile, noi crediamo, provare chegli in uopo alcuno pi com mettesse alla fortuna di quello che spesso i prudente commetterle. Ma dopo d aver domato gli esterni nem ici, l ozio delle stanze dinverno in Parigi appell le sne cure al* l interna amministrazione della provincia. U n tale ar r ingo comech pi proprio d 'u n filosofo, non era per dellaltro men grave e difficile a correre. La somma po test risiedendo tutta ne ministri di -Costanzo,' non era lecito a Giuliano n vietare il male che pur vedea farsi, n fare il bene che pur voluto avrebbe. Ristau r le citt d istrutte, rialz le fortificazioni, ritorn il vigore alle leggi, alle curie la dignit e lo splendore, all industria le ricompense; ma dove l ingorde tasse tutto ingojano il privato patrim onio, dove la rapacit de gabellieri e la guisa di riscuotere limposta, pi grave torna a sud diti dell' imposta stessa, vana ogni cura, e spento ogni fonte di nazionale prosperit. Doleano al buon prncipe le est orsioni di Florenzio prefetto del pretorio (44), che l'incarico riuniva di Conte delle sacre largizioni, o so-

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praintenden t e generale dell'entrata e della gabella pub blica. Oppressa veniva per costui opera da straordina rie tasse una prpvmeia a cui le scorrerie de' B arbari, il distrutto commercio, e l'abbandona t a agricoltura, ren devano ftnpossibiT icosa il pagamento anche delle con suete. La ferma sua opposizione a tali ladronecci esponevalo all'odio de' ministri*,, $d accrescea presso a 'p o poli la fama delle sue virt ; senonch questa gi s grande ovunque spandevasi che pi essere ella non po teva, n per lui senza pericolo, n per Cost anzo senza trepidazione (42)- La malevolenza intenta a spegnere u n a gloria nascente, adulta, per procacciarle invidia, la esagera. Non pi la vilt de' cortigiani rappresentare p oteva Giuliano come il frivolo ed ozioso sofista d'Aten e , o il ridicolo soldato che apparve allorch per la prima volta indos s la militare veste in Milano. Con maggior apparenza di verit ralfiguraronsi nel vincitore de'Franchi e de'Germani i pericoli d'un ambizioso ri vale, e nell' umano principe che alle rapine opponevasi de' m fafetri, le arti d' un astuto demagogo itento a g u adagnarsi una faziosa moltitudine. Caro a' su d d iti, teneramente amato da' soldati, cinto gi d 'u n a gloria im m ortale, esso non potevasi, nel loro linguaggio, la sciare al comando d'un esercito vittorioso $eoza violare i dettami della pi comune prudenza. Costanzo natural mente disposto ad odiare e paventare chi egli aveva offso, n mai esitante nella scelta de' mezzi onde libe rarsi de' suoi timori, di leggieri prest orecchio a' loro consigli, e poich un pretesto offerivagli la guerra di Persia, ordin che quattro intere legioni le pi belli

3 cose, e trecento soldati scelti, fra tutte le altre ((43) era questo il nerbo e la parte maggiore dell esercito) rag giungesse in diligenza gli altri eserciti imperiali sulle frontiere dellAsia. Non eransi i Galli posti agli stipendj dell impero che per I interna difesa del loro paese, e Giuliano data avea la sua fede eli essi in nessun tempo valicate avrebbono le Alpi (44). L'ordine di Costanzo esponeva il suo generale alla taccia d'una slealt vergognosa, ab bandonava unaltra volta la Gallia alla balia de barbari dell Alemagna a gran fatica fre n a ti, ed atto era final mente a nuocere in singoiar modo a pi gravi interessi della repubblica, la quale venendo per tal guisa a pa lesarsi negligente de p a tti, respingeva da suoi vessilli gli ausiliari e gli amici. Esso inchiudeva altres la certa sciagura del capitano ; perch a non leseguire sarebbe s t ato un apertamente ribellarsi, e ad eseguirlo, la per dita della Gallia essendo allora certa, e la sedizione dell esercito molto a tem ersi, non avrebbe ommesso Co stanzo di apporre l una e l altra a colpa di lui. Non pertanto dopo un lungo ondeggiare tra opposti consi gli, Giuliano rappell lesercito dalle guarnigioni, m a nif estigli i comandi del suo signore, e l'esort alla p ar tenza (45). L esercito stette ascoltando la nuova con quell'alta tristezza e quel profondo silenzio, che prece der suole le tempeste dellanimo, non meno che qnelle della natura. Non s tosto per sallontan dal suo ca pitano che proruppe in aperti e sediziosi lam enti, e que lamenti ripetuti vennero da cittadini da p r o vinciali che le afflitte guernigioni seguitavano, e u n

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compianto in breve s alz universale. Deplorava il sol dato labbandono della sua fam iglia , il sangue sparso indarno in tante gloriose battaglie, la sicura morte a cui destinavasi con una s lunga marcia attraverso gli ardenti deserti dellAsia, ma pi eh' altra cosa la per dita di un generale che sempre lo guid alla vittoria, e con osservanza l'am di affetto paterno. Doleansi gli altri della soprastante tirannide de' ministri a quali in preda i nuovi ordini lasciavanli di Costanzo, della p a tria gi un' altra volta abbandonata alla merc de ne* mici, e del non pi sperato ritorno di tanti preziosi og getti della loro tenerezza. Alcuni libelli an onimi (46) che vennero a spargersi tra le legioni acrebbero ezian* dio il disordine. Rappresentavasi in essi la sciagurata sorte de Galli, la feroce debolezza e la sleal t dell imperatore, Puma* nit e le virt del giovine Cesare, avanzo di tanti as* sassinj, e miseranda vittima dell odio degli eunuchi e de favoriti. Raccoltisi i soldati allo stravizzo di uso la sera prima della partenza, il vino riscalda le loro pas sioni, e il dolore abbandona la sua verecondia. Armati d r spade e di faci corrono di notte al palazzo, chieg gono con ogni istanza del loro generale, e con alti e ripetuti applausi gridano : Giuliano Augusto. Sbigot tito il p rincipe, sdegna que' sediziosi inviti, ricusa di p rese n tarsi, e paventando-la taccia d'usurpa t ore si ri tira nel pi intimo recesso della sua reggia, dove so s t iene tutta la notte l'assedio. Ma la calca cresce, il suo Giove con un favorevole augurio l esorta ad accettare l impero (47), e la mattina appresso con vera o sima*

Ad . 36o

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lata violenza tratto per le strade di Parigi, e gridalo impera lore. Tale si la succinta storia della sua elezione. Dove anche, come a noi sembra, andar non possano affatto esenti da sospetti di tacito assenso i diportamenti di Giuliano, tuttavia la fama e l onore d 'u n filosofo uno stringente obbligo a lui davano di distruggere le appa renze della colpa, e purgarsi della taccia d'usurpazione. Prima d'accingersi alla guerra contro Costanzo appell egli il mondo intero a giudice della sua causa, ed espose ai senato dellantica capitale, ed alle citt tutte della Grecia (48) le ragioni che persuadevanlo a soste nere la sua elezione con l'armi, i l Nazianzeno (49), che scrisse pochi anni dopo la morie di Giuliano, il chiama apertamente usurpatore, e per quanto giusta diffidenza possa inspirarci la testimonianza di un autore che in titola le sue scritture invettive, e fa di Giuliano un Ne rone ed un santo di Costanzo, osiamo affermare chella non pu qui rigettarsi del tutto senza qual che perples sit. Un principe di cos artifizioso carattere, sebbene costretto ad assumerlo dalle circostanze, che nascond e pel corso intero di dieci anni la sua religione , induce natur almente a sospettare della lealt dei suoi senti menti. L iniziazione ai misteri teurgici promesso aveagii l'im pero: se tale promessa fu un artifizio della sua politica, desideravalo ei dunque veramente, e se un ef fetto della sua superstizione, desideravalo ei del pari qual mezzo accennatogli dagli Iddii onde farsi del loro culto il ristoratore e lapostolo. Prevedere ei non pote v a, egli verQ, gli ordini del suo principe, e le cau s e

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che trassero a sedizione l'esercito erano fuori della p o te s t d i Giuliano. Coi pochi soldati di Gallia, senza che u n nazionale avvenimento sorgesse ad accrescerne il n u m e r o ed a riaccenderne il coraggio, pensar egli non p o tev a d'accingersi a tanta im presa, e contrastare con t u t t e le restanti forze dell'inipero. Ma dichiaratisi i sol d a ti, e gi avvenuta la sedizione, diremo noi che con arte e sagacit non ne regolasse a proprio profitto i movimen t i? Lupicino comandante della cavalleria, principale mi n is tr o di Costanzo, a cni spettato avrebbe il dissuadere o frenare i soldati, trovossi assente dalle Gallie per or d in e del generale (50). Aperto avendo una fiata l ' eser c ito la sua volont, non lasciavagli pi libert nella scelta la ribellione; eragli du opo o vincere col nuovo, o perire vittima dello sdegno del vecchio principe. Po teva dunque Giuliano simulare in sicurezza un'avver sione alla porpora, ed opporre una resistenza che, mentre mezzo era validissimo a meglio accendere e confermare i desideri, di una disordinata moltitudine, offeriva altresi verso Costanzo una giustificazione non solo onesta ed opportuna, ma atta in singoiar modo a salvare la fama del nuovo Augusto. Non mai si seppe l'autore de'libelli sparsi fra le legioni che sopra ogn' altra cosa volsero a commuoverle, n per cui mezzo fossero stati diffusi. Non fu, concedesi, per suo avviso che i soldati in partendo pigliassero la strada di Parigi (51), n chei gli arringasse, ci che valse a rinfrescare le piaghe e ad offrire nuova esca al tumulto; ma se pericoloso sem b ra r poteva un ultimo congresso, pericolosa novit del pari sarebbe stata la partenza d 'u n esercito uscito di
Prefazione di S. P. alle Op. se. di Giuliano.
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34 disciplina, senza che avesse a pigliar commiato dal g e nerale eh ei teneramente amava, e che solo p o te v a con autorit ed efficacia rappresentargli i doveri d e ll'o b bedienz a ; e la dubbia situazione di Giuliano na t u r a l mente il guidava a farsi autore di quel consiglio c h e senza essere privo di pericolo, meglio tuttavia serbasse le sembianze dell innocenza. Occorreva allora mett e r e ne'soldati obblio del lor capitano, e fidanza di sicurezza p e rla patria che abbandonavano; erano ques te le p r in cipali cagioni della sedizione. Ma il principe dissim ular non ne seppe i pericoli, e con affettata popolarit ri volgendosi anche a semplici soldati chiamolli ad uno a d uno per nome, ne distinse i pi insigni, ne ramment i gloriosi lor gesti, e ne rendette in ogni guisa pi acerba la partenza (52). La ricordanza de fatti no n p o teva non trarre seco le lodi del generale sotto il cui reg gimento erano stali eseguiti: dunque per abbandonare ancora alla rapacit de' barbari qaesla terra che chiude ogni nostra speranza tanti travagli sostenemmo? dunque senza l'ausilio di quel capitano che sempre ci con dusse alla vittoria, ci recheremo a sicuramente perire negli estremi confini dell Asia, e sotto le saette per siane? tale essere doyea il naturale progresso delle loro considerazioni. Ogni pi innocente, ed anche Ibdevole arte con cui rendersi grato allesercito, sembrare poteva allora sospetta. Consent non solo che i soldati recassero seco in Persia le loro famiglie, ma accord altres a que ste l'uso decarri militari onde alleviarne i disagi della marcia (53) , e la sera medesima del giorno avanti la partenza accolse alla reale sua mensa gl ufficiali supe

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r io r i. Ritornarono ivi i consueti ragionamenti, riandar o n s i le illustri imprese e gli onorati travagli, ed il p r in c i p e con vero o finto dolore ristar non sapeva dal d e p lo ra re la trista situazione in cui altri ponevalo, di n o n a v e r come degnamente ricompensare tanti insigni d ife n s o ri delia p a tr ia , e valorosi suoi commilitoni. Di l e g g i e r i la gratitudine espressa da un principe pei ser vigi che rendemmo allo stato, induce in noi il desiderio d i affrettare l istante delle ricompense. Congedaronsi essi con ogni segno d'obbedienza ed affetto, ma con in te r n o rammarico, e la sedizione divamp un tratto ap* presso. N ulla ommise di fare Giuliano dopo la sua elezione che atto fosse a conservare la pace. L' onore della sua f a m a , le poche sue forze, e quella specie di propizio destino che nelle guerre civili parea non sapersi scom p a g n a r da Coslanzo, persuadere il doveano ragione a d anteporre la via degli accordi a quella delle armi, e c ercar d'ottenere a mezzo del consentimento di lui una g u isa di legittimit al suo nuovo titolo. Ma n le fre qu en ti ambascerie a suo cugino, n i larghissimi patti a lui offerti, espressi nel suo m anifesto, e che confer mati veggonsi nella lettera conservataci da Ammiano (54), di sottomettersi cio in ogni cosa a suoi ordini, di somministrare agli eserciti imperiali de giovani bar bari , d'accettare un prefetto del pretorio di sua ele zione, ed altri somiglianti, valsero s ch'ei sempre non ponesse come ultimo termine della pace la ricognizione del titolo d'A ugus to , e l indipendente sovranit delle provincie oltre l'Alpi. L'eloquenza d e fatti vince quella

36 delie parole. Se vero , siccome egli ad ogni pi s o spinto ripete , che fu a lui giuoco forza cedere a ll'im peto de' soldati, se penetr ato dal suo dovere sdegnava quella non legale elezione, che cosa poteva vietargli d i deporre a' piedi del suo. principe la porpora assunta violentemente? ei non palesavasi reo tranne che allora, quando dichiarava di volerla ritenere con l'arm i, ed il magnanimo rinunziamento non avria po tuto non con vincere suo cugino, ch'egli godeva in lui d 'u n fedele e leal servitore. Dove anche sicuro non fosse stato un tale consiglio, non ispettava alla severa virt di u n filo sofo l ' esitare fra i pericoli ed i dov eri Non pertanto un dir, se la mancanza di figli in Costanzo, gi essere facea Giuliano l ' erede presuntivo dell' impero 1 in qual guisa immaginare che un savio principe voluto abbia cop pericolo della sna fama, com mettere all'arbitrio della guerra e della fortuna, ci che poco dopo con onorevole sicurezza il naturai corso de gli avvenimenti fatto gli avria conseguire? Ma dove an che sembri che il trono romano una s abbagliante luce sfavillar non dovesse agli occhi d 'u n giovane principe onde cercar di pervenirvi aicuhi anni prima, dove bello non fosse il rapirlo ad un acerrimo nemico, e non sia vero che alcuni magnanimi spiriti amano pi presto con quistare la fortuna, ch'essere de' suoi doni eredi infin gardi, Costanzo era ancora nella giovane e t di quaran tacinque a n n i, e gi il suo secondo matrimonio con Faustina dato aveagli u na principessa (55). Assai pi malagevole riuscir, dove un qual che peso avessero queste nostre conghietlure, l'accordare le lu

57 m in o s e vir t di Giuliano con la colpa dnsurptore. Tut tavia a chi essere non voglia persuaso che lambizione, q u e l comune e fatai morbo del cnore u m ano, spesso r o m p a i ritegni dogni vir t uosa abitudine, non manche r a n n o buone ragioni se non a toglierne, a scemarne al i e n o la contraddizione. Si potr affermare che morta g i Eusebia (56), il vincolo della promiscua concordia f ra i due principi, e lanimo di Costanzo fatto ornai non Contesa preda de favoriti e degli eunuchi, ommesso n o n avrebbe di porre a colpa di suo cugino la sedizione d ellesercito, e pronto a dissipare i timori colle uccisioni, rinnovato avria l esempio di Gallo in G iuliano, senza che questi pi confidar pot'esse n sullausilio della sua reai Protettrice, n su quello de suoi soldati di Gallia, a cui con ingratitudine corrispondeva, allo sdegno ab* bandonandoli dell' imperatore ; che cos essendo, pro p rio doversi*dire dellumana debolezza il rompere in quell'arduo scoglio che formasi dall'ultimo termine dei doveri che agli altri ci legano e dal primo che la na tu ra impone a noi stessi ; che la modesta pretensione del principato oltre' l'Alpi, ad altro poi non'estendevasi che a rinnovare unantica consuetudine; che segli pot credere veramente che i suoi Iddi l appellassero a ri storare il lor cnlto, gl artifizj onde pervenire all' impero confondons negli errori duna lagrimevole superstizio ne, e finalmente che se in un tal fatto cos vanno indi stinte le se m bianze della colpa da quelle dell'innocenza che l occhio della critica a gran fatica le scem e , posrsono anche le massime della pi servile obbedienza con cedere alla indignala virt d un grand uom o, d aver

38 q ualche cosa intrapreso onde rimuovere dal governo del mondo un debole e crudele tiranno. Questi principi entrambo fecero in appresso qua n to occorreva, l'uno a spianarsi la strada alla fortuna colla sua virt, l'allro ad agevolarla al suo nemico co' proprj errori. Costanzo accolse le nuove di Gallia con impru dente disprezzo. Anzich scendere in diligenza a spe gnere un-incendio nascente, fortificare il Danubio, sua prima e naturale frontiera, e presidiare l'Italia, intento a muover guerra a Sapore, continu la sua marcia at traverso l'Asia, lieto d'aver ordinato arrogantemente al suo rivale che rientrar dovesse nel primo suo p osto di dipendente ministro, al quale solo patto sarebbegli stato lecito sperare in dono dalla piet del suo signore la vita. Giuliano d'altra parte frappose ritardi, ricerc con ogni maggior istanza la pace, mise fiducia e negligenza nel suo nemico, ma con grande sollecitatine appar ec chias s i in pari tempo alla guerra. Maturala ogni cosa, e disperando ornai della reciproca concordia, convoc nella piazza di Bellona una militare assemblea a cui lesse le lettere dell' imperatore. Giunto l dove ei prmettevagli in dono la vit a se deposta avesse la dignit, 1' esercito esclam : Giuliano Augusto continua a re gnare per Tautorit del popolo e della repubblica phe hai salvata (57), e Giuliano non tard a soggiungere, che agli immortali Id d i , e non al carnefice della sua casa , commessa avrebbe la cura di s medesimo. Con queste parole egli pubblic la sua fed e , e la guerra contro Costanzo. Avvisando che la g u e rra , e spezialmente la civile,

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rifa re devesi ed alimentar con la g n e rra , e che ad at te n d e re il sno nemic o nella Gallia sarebbe stato un con finarsi alle proprie e poche sue forze da opporre a quelle di tutto l Impero, e nn perdere non solo i van tag g i che la distrazione offeriva della gnerra persiana, m a quelli altres che in novit siffatte dallo sbigotti m e n to derivano de popoli e dal tumulto delle loro pas sioni , deliber di mandare ad effetto una di quelle ar d ite e magnanime imprese, che gran parte ricavano del loro riuscimento dalla stessa temerit con cui le menti sbalordiscono, e che ne pigri ed infermi governi, ed in quelli spezialmente appo i quali il nemico n trova, n trovar pu, un nemico in ogni cittadino, rado che n on sortano un esito favorevole. L antico lllirio che con una parte della moderna Austria e della moderna U ngheria , tutto quel vasto tra tto di paese comprendeva che chiuso quinci dal Da nubio, e quindi dallAdriatico, sino alle frontiere s'esten de della Tracia e della Macedonia, intanto che con la s a a posizione mettea un freno alla Germania ed alla Gallia, e rimaneva, a cos dire, alla vedetta delle p r vincie orientali, colle sne miniere d 'o ro e d'argento, e colla grande e bellicosa sua popolazione, il nerbo esso era di quelle d'occidente,e l inessiccabile fonte da cui traevansi i supplementi degli eserciti. Di tal paese de liber Giuliano d impadronirsi penetrando nella sua capitale, e con nn esercito di soli ventitr mila uomini, c he t ntta formavano la somma delle sue forze, non tem d accingersi ad assegnare un nuovo padrone al mondo romano. D uopo era correre non solo un assai

>40 vas to e malagevole tratto di terreno, custodito dai b a r bari o da guarnigioni nemiche, ma attraversare ezian dio nel lungo corso di seicento miglia il Danubio, c h e una estesa catena opponeva di fortificazioni destinate in ogni tempo a formar linea d i difesa e frenare le in cursioni de Quadi e de' Sarmati, il principe congreg le sue genti ne contorni del paese de'R auracbi, la m o derna Basilea, ed affine di accrescere la fama delle sue forze e colla prudenza assicurarsi dell'evento, le divise in tre corpi (58), a quali tutti assegn come centro com ane di riunione le m ura di Sirmi o, capitale dell Illirio. I l primo sotto il comando di Giovio e di Giovino ebbe ordine di marciare colle chiuse sue file e con so speso passo e prudente per la strada delle Alpi, e lungo lestremit settentrionale d 'Ita lia , ad osservare per av ventura le forze ch'ella avesse potuto muovergli contro; laltro, guidato da Nevita, prete il cammino della Rezia e del Norico, ossia della Baviera e del Tirolo, a premu nirsi in qualche guisa dall' insidie degli Alemanni gi da Costanzo invitati a sollevarsi, e riserb a s stesso il terzo, composto di solo tre mila volontarj, e la parte pi ardua e pericolosa dell' impresa, quella cio di pe netrare nella capitale dell'Illirio seguitando il corso del Danubio, e navigando in mezzo alle fortificazioni ne m iche; azione di tale e tanta temerit che la testim o nianza dell istoria a fa t ica ci persuade ch'ella abbia po tuto eseguirsi con s poche forze. Il prospero suo n a scimento non poteva per non dipendere in ogni guisa dalla rapidi t de' movimenti di Giuliauo, e dalla estre ma cautela con cui nasc osa avesse la sua marcia. Il

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p erch , abbandonata Basilea, penetr in un baleno nell i n t e rn o della Selva nera od E rcinia, dov celatosi a d ise g n o onde a smarrir venisse la traccia del suo cam m in o , il mondo per molti giorni ignor la sua sorte. D a lla Selva n e ra , sbucando con incredibile sollecitu d i n e a R atisbona, impadronitosi col d'una flotta mi lita re che stava a guardia del fiume, imbarc in essa i suoi soldati, e dopo undici giorni di navigazione giunse s o tto le m ura della capitale dell' l llirio, innanzi che ivi s ' avessero le nuove della sua partenza da Basilea. Pre m ia ta in Sirmio la festosa accoglienza del popolo con u n a giostra di carri, poich il terzo giorno dopo il suo a rriv o le divisioni di Giovio e di Nevita ventate gi e ra n o a riunirsi seco l u i , marci ei senza posa sopra la ricca e popolosa Naisso nella Dazia m editerranea, onde occupare le scoscese gole dell' Emo, ossia il celeb re passo di Succi, da cui fronteggiansi le provincie o rien tali, e che nellestremit dell'lllirio separa quinci la Dacia e la Sardica o la moderna Sofia , quindi la Tracia e la Macedonia, e con la lunga catena d e 'd iru pati suoi monti sembra destina to a dividere per sempre i due Imperi. Ma intanto che l'acquisto di s ricca e bellicosa re gione somministrava a Giuliano nuovi mezzi alla guer* ra, e che la prospera fortuna faceagli correr pronta all'obbedienza l'Italia, la Macedonia e la Grecia, le nuove d'JEuropa e la ritirata di Sapere richiamavano suo cu gino a grandi giornate verso l'occidente. Non s di leg gieri per rivolgere poteansi contro il domestico nimico i preparamenti d 'u n a guerra lontana. Mentre deboli

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guarnigioni stavano alla difesa del Danubio, Costanzo, s iccome test accennammo, stimando im prudentem ente che il suo rivale confinato sarebbesi a difendere la G al lia, a quell'uopo solo formato avea i suoi magazzini m ilitari lungo il Reno, e sulle alpi Cozzie o il Genisio, e rivolto ogni altro ostile apparecchiamento, dalla dili genza del suo nemico ormai mutato in mezzo d offe sa (59). Giunto egli a J.erapoli, conobbe l im portanza del passo di Succi e mand ad occuparlo; indarno, esso gi tenevasi dal suo attivo e vegliante nemico. Dopo la perdita deUIllirio, le molli comech numerose legioni dellAsia, non pi aveano a far fronte alle sole e poche forze della G allia, ma a sostenere l impeto di nuovi ansiliarj , e di un esercito illirico e gallico. Una longa tuttavia ed aspra tenzone sarebbesi dalluna e dal la ltra parte apparecchiata, se l'opportuna morte di Costanzo venuta non fosse a liberar l u i , come tutto a credere ci persuade, dalla vergogna di una sconfitta (60), e il mondo dalle calamit della guerra civile. Inferm egli e mor in Mopsucrene, picciola citt della Cilicia ap piedi del monte T auro , dopo quarantacinque anni di vita e ventiquattro di regno. Principe debole e crudel e, si pot far mutare d oggetto la sua ferocia * m a non mai volgere a virt la sua debolezza: vano e ambizioso senza merito personale, n la vanit, n P ambizione pot mai trarlo a magnanimit, per coscienza di colpe ed imbecille ingegno, superstizioso, perseguit il paga nesimo e fii ad un tempo fatale difensore della Chiesa. La sua morte lasci Giuliano solo e tranquillo pos seditore dell impero. Poterono aUora i sudditi romani

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a b bandonarsi senza temerit alla speranza d un felice avvenire. Un giovane principe parea a ragione promet te re con la langa sua vita una lunga domestica pace: n n giovane eroe, una valida esterna difesa, e le prati che v irt del discepolo di Aris totele e di Platone, pot* v a n o persuadere che dopo il felice esempio di Marco i p re c e tti della filosofia presieduto avrebbono nn altra v olta all amministrazione del m ondo , alla quale egli confessava di non accostarsi che con mano tremante, e sb igottito pensiero (6 i). Splendida e passeggiera meteora che in tanto pi densa notte ravvolse l'o rb e rom ano, q u a n to pi viva era stata la luce con cui rischiarato l'a v e a ! L imparzialit per dell'istoria obbliga a con fessare, che se il trono fn mezzo a Giuliano onde me glio manifestare le sue v irt , fu mezzo esso altres a meglio palesare i suoi errori. Prima di seguitarlo sulle rive del Tigri e dell E ufrate, vogliasi a noi concedere alcuni cenni intorno al suo civile governo. La politica de regni antecedenti e quella massimamente di Costantino, separando gl interessi del popol o da quelli del soo prin cipe, intrapreso avea a chiudere quest ultimo entro il lusso e la pompa d nna esterna grandezza, che se atta essere non poteva a tenere le veci di quel reciproco amore che nasce da mutui ser vigi , valesse ahneno collallontanarlo dalla moltitudine a renderlo a lei pi rispettabile. Costanzo avvezzo sino dalla giovanezza a tenere una corte in Oriente, quante p i sentivasi a suoi antecessori inferiore nella reale pre minenza del merito, tanto pi immagin doversi di so miglianti ausilj fortificare. L opulenza della sua corte

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pareggiava quella del re de' r e , le spese della casa i m periale vincevano le occorrenti a mantenere gli eserciti, e Libanio non sa trovare pi adeguata immagine o n d e esprimere l'infinita turba de'serventi, de'favoriti e d e gli eunuchi, che raffigurandola agli sciami d 'in s e tti che salzano intorno alle greggi sot t o un estivo sole d i Siria. Un principe cresciuto nelle austere discipline della Cinica filosofia, che facea letto del nudo terren o , e la sua ordinaria mensa di vegetabili, che tanto pi s ti mava rendersi degno del personale commercio de' suoi I d d ii, quanto superando i pi stringenti bisogni della natura, meglio ad una specie accostavasi di spiritualit, non potea quella tirannesca e scellerata dispersione della pubblica pecunia non detestare, e non rivolgere le prime sue cure alla riforma della corte. Il suo prim o editt o fh rivolto a licenziare i serventi tutti e gli eunuchi, ed a rendere il palazzo una solitudine. Non manca chi il biasim i, come s'eg li f oSs e ito in ci pi avanti che il decoro del principe, e l ' utile dello stato noi richiede va (62). Ma Giuliano essendo impera t ore, non altro es sere stim che il primo magistrato di quella repubblica, che a Romani meno del dono immeritevoli restituita avrebbe, n egli ad accecare intendeva gli ochi dell'in telletto, onde riputar necessario quelli prima abbagliare del corpo, ed ammirare, a noi sembra, devonsi pi pre sto le doti d un principe che di s inspirar seppe nei soggetti riverenza ed amore, anche senza l'uso d'u n vol gare artifizio, e di un m ezzo, se non colpevole, pure assai diverso da quello del merito. Prova per qualche sua medaglia ch'egli usasse tal fiata del gemmato dia*

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d e m a , e raramente s , ma forse tollerava d assumere a llu o p o la imperiale magnificenza (65). N meno pressante invito far poteva alla sua solle c itu d in e il restauramento delle leggi e la cessazione de g li a b u s i, prevaluti in un regno che quello dovea dirsi d e g li eunuchi e de favoriti. Onde metter freno a questi a b u s i, istitu in Calcedonia un tribunale di giustizia (64) p e rc h con una sola ed assoluta sentenza, giudicar do vesse di coloro fra i clienti e ministri di Costanzo che p a r te c ipare non potevano della tolleranza, e che ricchi delle spoglie e ldrdi del sangue de sudditi, offendevano tu tto r a colla^loro impunit gli occhi della moltitudine: e d una assai pi salutare medicina apprestar volend o^ b an d ire fece in pari tempo quelle innumerevoli turbe d i delatori, debole e turpe sostegno della tirannia, c h e . so tto il modesto titolo di Curiosi (65), una rea e ra pace curiosit esercit avano sull onore e sulle sostanze d e cittadini. Provvide poi all' osservanza delle leggi, e de civili ordinam enti, col restituire al consolar po tere (6 6 ) , fallo nome vuoto di sostanza, la sua au t o rit , al senato della capitale la dignit s u a , alle carie provinciali i senatori che le immunit profuse dal re gno antecedente aveano ad esse con danno dell'erario sottratto (67); ma pi che in altra guisa l ' imperatore all e leggi sottoponendo, e glincarichi esso stesso adem piendo di magistrato con giustizia s luminosa che estorse le lodi de' suoi nemici, e con umanit s singo lare, che affermasi non mai la tutelare sua diva Minerva essergli stata tenace del proprio voto onde salvare nei casi dubbj un colpevole (6 8 ).

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Ma la pi instrutliva parte della vita d'un p rin c ip e quella si certamente che considera l'esercizio d e lle sue passioni abbandonate alla sicura licenza del p o te re assoluto, e le conseguenze ch'esse ebbero sulla p ro sp e rit e sulle sciagure de' popoli. La principale passione di Giuliano, quella che tutta mutava la vita sua in u n solo sentimento e pensiero era' la g lo ria, la seconda , la religione o il ristoramenlo del paganesimo, e forse p a r te non era p u r essa che della p rim a , intenta c o n mentite sembianze a ingannarlo. Se il cangiamen to di fede fosse stato in Giuliano la tranquilla risoluzione d'una mente speculativa che elegge la via biella sua sa lute, senza per abbandonarsi ai delirj d' un cieco fanatico zelo, sembra che quelle stesse umane ragioni che, per avventura, ad accoppiarsi vennero alle divine, onde determinarlo a procacciarsi nel favore dei vecchi credenti un ausilio contro le arti di suo cugino ed i pericoli della propria privata sua condizione, dovuto avrebbono altres nella sicurezza del trono persuaderlo a quella imparziale e liberal tolleranza d'am bidue i culti (poich, ambidue con pari o poco diversa fortuna si gnoreggiavano), che meglio accordar po t esse i doveri della sua coscienza con quelli della sua politica. Ma quali che siano state le remote cagioni che il trassero all'apostasia, la superstizione ben presto venne ad af fascinare il suo spirito, e questo a travia re tal volta miseramente il suo cuore. In una sola sentenza erasi espressa la volont degl'iddi nella sua iniziazione: esor tavamo essi a salire all' impero, ma in egual tempo ri solutamente ordinavangli di stabilire il lor culto; cosi

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u n m u tu o servigio prestavansi la causa della religione, e q u e ll a del prncipe. Se gradiva alla vanit una parte d e l d iv in o responso, lecito essere non poteva ad nn p i o c re d e n te rifiatar laltra, e se accettavansi i benefizj d e g l I d d i i , sacrilega cosa era ricusarne i servigi. Ora r is t a b i l ir e un culto, ed i culti esistenti imparzialmente p ro te g g e re , ella cosa seco stessa ripugnante. Non po te v a dunque, noi diremo, la filosofica massima della li b e r t religiosa, governare di sua natura i consigli d'un p rin cip e, che incaricato riputavasi d'una celeste missione, p e r essere di un culto speciale il propagatore. N li govern veramente, ma s pot Giuliano far della tol l eranza mezzo di persecuzione, se favellando del suo governo usar deesi tal voce, in quel cos odioso signifi cato almeno in che suolsi adoperare dagli scrittori ec clesiastici. Nuova, ingegnosa, ma umana eziandio e di c ari t piena fu la guerra ch ei mosse alla chiesa, e tuttavia non men grave e funesta di quella che mosso aveanle i suoi predecessori. Assalse le abitudini dello spirito colle armi dello spirito, e cogli umani interessi cerc di nuocere a divini. L'imprudente zelo di Costanzo popolato avea le estreme p rovincie dellimpero con gli esiglj de'nemici della fede di Ario, e degli altri numerosi seguaci di quella fatale moltitudine di partiti e di scismi, che la cerava in quel tempo la Chiesa (69). Cresceva intanto 1 Arianesimo protetto dal suo principe vigoroso e ro busto, e fecondavansi gli altri favoreggiati dall'oscurit e dal mistro. Giuliano osservato avendo che la perse cuzione mentre deturpava la memoria anche depi gl o -

48 riosi principi, anzich indebolire, accresciuto avea c o g li onori del martirio lo splendore del cristiaoesimo, p e n s accortamente che estendere i benefizj duna universal tolleranza, e richiamare dall esiglio i vescovi e chierici delle varie religioni, sarebbe stato un invitarli ad u n aperto e com o ne teatro, atto a meglio produrre in luce la vanit delle loro dispute, e dove nello scontro de'vi cendevoli odj sarebbonsi indeboliti tutti, o tutti alm eno disonorati i partiti. Quindi dall ateo Aezio sino ai se guaci della santa fede Nicena, esortati furono i vescovi a rientrare nelle vacanti lor sedi (70), ma ia pari t empo un ord ine severo commise a' Gentili di riaprire i lor tempj, e di esercitare pubblicamente il loro culto (li). Per l una parte litiganti che manifestano di non essere seco stessi bene d'accordo sulle verit che intendono agli altri persuadere, e che la causa divina sottomettono alle umane loro passioni, non potevano non iscreditare ia fede che da lor professavasi; per 1 altra il p u b blico esempio del principe ed il noto suo zelo per l 'antica re ligione, bastava solo a procacciarle proseliti. Indarno gli edi t ti imperiali predicare poteano quella tolleranza (72), che non ignoravasi disapprovare limperatore nel se greto del suo pensiero. Pi un principe comanda coi privati suoi sentimenti che colle pubbliche scritture espresse dalla politica, e la.prostrata moltitudine volontieri ricambia merc una meritoria disobbedienza, l'ap parente momentaneo sdegno del suo signore, con una tarda ma reale ricompensa. Non si proib aCris t iani in modo alcuno lesercizio 4el loro culto, ma non si ommise arte nessuna che

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valevole tosse a dissuaderneli. In ogni tempo la religione govern le umane p assion i, e ne, fu a vicenda da esse governa t a. Non depone la naturale fralezza un credente n la sua positura sociale, e sar sempre un forte pe ric olo per la sua beatitudine, la scelta fra le terrene e le celesti corone. Giuliano intraprese a proporre quelle come un anticipato pegno di queste. Le sciagure della persecuzione potevano considerarsi feconde d'e t erna glo ria non so lo , ma eziandio d 'u n utile celebrit nella vita presente. Pu l'umana debolezza compiacersi d'una tenzone che la solleva sino a militare per la causa del Cielo, ed a scendere sola nell'arringo o contro le forze d'un vittorioso partito , o contro quelle del principe; ma la fredda tolleranza di un culto che all' abbiez ione saccoppi a di chi l'esercita, di leggieri abbandona il credente al vitupero, o avviene almeno che l'im m erga in quel profondo obblio, che se eletto non viene dalla volont, il pi abborrito male del nostro spirito. Ora a questa meta appuuto rivolse gli sforzi Giuliano. Non ignorando che una ignominiosa appellazione ove pur giunga a prevalere, e prevale sempre se proferta dal principe, pu ella sola spargere il ridicolo ed anche l ' obbrobrio non meno sulle sette che sulle nazioni, co minci egli dal distinguere i Cristiani nelle scritture e nei ragionamenti col nome di Galilei (73), ed i Pagani non tardarono a seguitarne l'esempio. Si raccomand la tolleranza , ma si viet a'Galilei l'esercizio d'o g n i incarico militar e e civile, come non alto ad accordarsi colla sofferente natura della loro religione (74). Non ad essi un editto tolse l'ingresso alle scuole nelle quali coltiPrefazione di S- P. all* Op, ic. di Giuliano.
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vare il loro spirito, ma, ci che quasi importava Io s t e s so, proibito venne nelle scuole cristiane d'interpretare g l i scrittori del gentilesimo (75), perch disleal cosa e r a spiegare ad altri una teologica dottrina a cui la p r o p ria credenza ricusavasi. Non s' ordin gi di chiudere l e chiese, ma s le chiese spogliate furono de loro b e n i , il clero delle sue immunit (76), ed il culto del s u o splendore. L'ariana superstizione premiato avea nel r e gno antecedente la distruzione de' tempj, la pagana o r din in questo a'Cristiani di rifarli a loro spese ; l'u o a accrebbe oltre ogni onesto confine le ricchezze della chiesa e del clero; l'altra quelle de tempj e de p o n t efici, e pres so un princip e che nel palazzo e nella corte tras p ortato avea la sobrie t non solo, ma le sozze insegne della cinica filosofia, le spese del culto e dei sacriflzj poteronsi con maligna compiacenza confrontare a quelle occorrenti a suo cugino, onde mantenere gli eserciti degli eunuchi e de'favoriti, e le censure me ritarono de pi saggi pagani (77). Un imperatore filosofo che duolsi di non potere a bastanza signoreggiare con la virt la fortuna, onde ri volgerla a benefizio degl'uomini, obbliga a ricercare nella sua interna amministrazione lesempio di una giu stizia sempre invitta contro gli assalti delle proprie pas sioni. N gi nostra mente negare che tuHta la vita sua un s glorioso contrasto non ci presenti, ma che non mai nella nobile pugna vinta la prima non rima nesse, la nostra ammirazione per questuomo straordi nario non ci persuader ad affermarlo. L eloquente in glese istorico del romano impero, gi altre volte da noi

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n o m in a to (78), afferm essere stata costante massima del governo di Giuliano l accordare la giustizia a tutti i s u o i sudditi, ed asoli Pagani i suoi benefizj. Dove p e r vera avesse a tenersi una tale sentenza, potrebbe ella p e r avventura sembrar giusta altres. Non un ob b lig o il benefizio, e se voleasi far prevalere il pagane s im o , una modesta predilezione avrebbe potuto quella a p p e lla rs i, richiesta dalla politica verso il culto dello Stato. Ma non ricusa benefizj, viola bens altamente la giustizia un principe che per cause spirituali esclude u n a parte s grande de'suoi sudditi dai servigi e dalle ricom pense, che il comune patrimonio iormano della re pubblica, e l'illustre scrittore che fu poi membro del britannico parlamento, manifest col suo stesso e sempio di conoscere che pu un fatai pregiudizio dirigere tal volta anche i consigli di un savio e libero governo (*). Allorch la virt di Giuliano era anticipatamente av vertita a tem ersi in guardia contro le insidie della pas sione, e invocavasi la sua giustizia a decidere diret t amente sulle opposte accuse di un cris t iano e di un pagano, egli entrava in cos grande trepidazione d 'e s sere incolpato di parzialit, che p i presto sembrava inchinare alle parti del primo che del secondo. Ma i magistrati potevano senza spiacere al principe, permet tersi una pi indulgente considerazione a favore de Pa gani. Gli editti imperiali proibivano a questi vero severamente di trascendere a violenze e disordini contro i loro nemici, ma accaduti, l'im peratore contentavasi
(*) Il ig. Gibbon che fa prima cattolico r om aoo , poicia pro iettante , quindi membr o del parlamento.

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di rintuzzar li, e di tal m odo,com e chi nna pur nece s saria ingiustizia rintuzza, o come padre sgrida i figli non tanto della turpezza d 'una colpa, quanto del tro p p o diligente esercizio di una pericolosa virt. Non deesi per tacere che a difesa di G iuliano soglionsi addurre le antichc accuse contro la condotta dei Cristiani, che imprudentemente la moderazione p ro vocavano del loro signore, e noi per avventura fissando la nostra credenza nel giusto mezzo delle oppos t e s e n tenze d 'u n vinto e d 'u n vittorioso partito, sperar p o s siamo di non errare gran fatto ne' nostri giudizj. Senza dubbio1, rendesi malagevole ad immaginare come ne' seguaci d'im a religione tollerata potesse rinvenirsi una s ,incauta arroganza, e spesso una s sfrenata licenza (79); ma arduo riesce del pari conciliare con le massime della libert religiosa, l'im punit d e re lit ti de'Pagani >di Siria, e d'Alessandria (80), e si dir tropp o aversi alla ragione di stato conceduto nella perse cuzione e nell'esiglio del sublime santo e solitario intre pido della Tebaide. Qual posto dunque conchiuderemo che occu p ar debba Giuliano fra glinimici del Cristianesimo? l'appel leremo col Tillemont in commercio co' dem onj, o con Libanio in istretta consuetudine cogl'Iddii (8 1)? dovr egli coi Cirilli, co'Grisostomi, co'Nazianzeni annove rarsi fra i pi crudeli tiranni della Chiesa, o cogli scrit tori Gentili come il pi perfetto esempio di religiosa tol leranza? chi affermasse essere stato Giuliano il pi virtuoso nemico d el Cristianesimo, non d irebbe a nostro avviso cosa assai lontana dal vero. Nocque come nem -

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co, come uomo virtuoso, se la passione qualche rara fiata traviollo, ben presto ritorn egli al dovere. Deesi compiangere il suo errore, ina giudicare della sua virt dietro questo errore medesimo ; perciocch la perfetta tolleranza cancella la quali t di nemico. Ora chiederemo noi francamente, e chi agitato da un religioso fanatismo, men di quest'uomo allent il freno alla sua pas sione, o pi, nella sicura arroganza del potere assoluto, seppe alla virt sottoporla? esaminasi da noi in presente se nell'atto di svellersi un antichissima fede, e nella procellosa et delle teologiche controversie, un principe passionatamente religi oso,tutti serbasse inviolati i diritti di ques t a gloriosa figlia della ragione, la libert dei culti, intanto che indarno speriamo trovarla a noi in torno, noi pure n superstiziosi, n tampoco caldi cre denti, e beati posseditori dell'accumulato frutto di qnindici secoli di civilt e di cognizioni. Ma il lettore gi avverte come molte cose, pur de gne a sapersi, da noi per amore di brevit si trasandino, e dorr ssi a ragione di q uest a scrittura siccome scarsa alla ma t eria, soverchia all'uopo presente. Non ci arre steremo noi perci a lungo nel pur ampio teatro della gloria del nostro autore, quale dee dirsi la guerra per siana, ma dopo averne alcune poche cose accennate, il raggiungeremo al passaggio del T ig ri, e sotto le mura di Ctesifonte, per ammirarne l infelice valore, e com piangerne la morte immatura. Sembra ebe in nessun tempo n il calore del clima, n la molle e voluttuosa vita che ne il fat ai frutto, cos snervassero il militare coraggio de' Persiani, che

54 corrisponder posSa alla sp re g e vole opinione che di essi nella nostra mente al loro nome risvegliasi, trasmessa, per avventura, nella moderna educazione dalleloquenza de' primi lor vincitori. Quella guisa di guerra ad essi consueta, che alloggiar non lascia >1 nemico circondan dolo di solitudine, la t empra e la forma delle lor frecce a cogliere infallibili, ed a svellersi dolorose e mortifere, i rapidi assalti, e le rapide fughe della loro cavalleria, assai pi degli assalti micidiali per la desterit di saet tare fuggendo, larte di disperdersi in un baleno, e in . un baleno ravviarsi e tenere il campo, impressero in ogni occasione grave timore ai Romani, ed estorsero spesso la loro lode. 1 Parti, che ora un distinto regno formarono, ora sotto il loro nome, tutto il reame di . Persia, compresero, abitando la parte orientale dellAssiria pi presso al confine romano, fornito aveano facile e pronta materia a trentanni di guerre, solo da alcune tregue interrotte (82), e la prospera del pari che la contraria fortuna di quelle, le geste di Lucullo, la rotta di Crasso, la fuga d Antonio, i trionfi di T rajan o , di Vero, di Severo, a cos alta celebrit innalzato avean o il nome persiano, che il titolo di Portico e Persico , annoverare potevasi fra le pi gloriose ricompense del valor militare, ed essere avidamente vagheggiato da un guerriero imperatore (83). Qualsivoglia maniera d glo. ria parea bella agl'occhi di Giuliano; ma o vel deter minassero gli avvenimenti della sua vita, o propria ella sia della pi fervida ed animosa et delluomo, sembra che con maggiore alacrit corresse verso quella dellarm i, avvegnach, come suolsi, ne' ragionamenti e nelle

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s c ri t t u r e , vantasse d anteporre la mite e pacifica del P o rtic o e dell'Accademia. In taluno di queglistanti in cui la coscienza del merito estorce alla modestia qualche g r a ta compiacenza delle proprie forze, non esit d 'a f ferm are, e credealo forse veramente, essersi in lui tras fu sa per metempsicosi l'anim a del Macedone. Un s g r a n d ospite meglio onorare non poteasi quanto adope r a n d o di emularlo nelle imprese persiane, ed un re governava allora la Persia, degno assai pi ehe Dario d i venire alla prova dellarmi col rinascente Alessandro. Lastuto e bellicoso Sapore dopo i gloriosi assedj di Amida e di Singara, pertinacemente insisteva a mole sta re colle incursioni degli Arabi a suoi stipendj le restanti provincie transtigrane dell impero, perpetua materia di controversia fra i due popoli. La morte tut tavia di Costanzo lasciato avea le rivali nazioni in una specie di calma, comech non protetta n dalla debole guarentigia de tra tta ti, n dalla efficace e reale della reciproca tema. Persuaso per avventura dalle domestiche s u e sciagure (84), o pi veramente dalla militar fama del nuovo principe, sembrava il persiano assumere pi modesti consigli, e piegando l orgoglio d un re de* re innanzi alla porpora romana, tollerava di palesarsi de sideroso anche della pace (85). Ma n la conchinsione d un vantaggioso trattato, n lacquisto duna provin cia, poteva essere la mela depensieri di colui, che pro posta essendosi una guerra persiana come un teatro della sua ambizione, estendeva i desiderj all' acquisto dellintera monarchia. Ributtate vennero le. domande di pace, e quasi sdegnando di scendere a tenzone con uno

56 sprovveduto nemico, imprudentemente invit andolo a pugnare per l'intera salu t e o rovina, Giuliano dichiar che consentito non avrebbe in tempo veruno di fare altrove parola d'accordi, tranne che nella reale resi* denza di Ctesifonte, dove egli in breve recato sarebbesi. Ben presto i fatti vennero ad accopiarsi alle minac ce , e le opere ai proponimenti. Eguale a tanto consi glio, un esercito s'allest in diligenza, il pi num eroso per avventura, che, dopo quello d'Antonio, condotto in Persia v' avessero in nessun tempo i Romani. Forte di novantacinque mila uomini, componevasi esso dal nerbo delle legioni occidentali, comandate pressoch tu tte dall'in s tru t to valore de'capitani, che sotto gli ordini del1' attuale lor principe militato avevano nelle guerre te desche. Parecchj corpi d'arabi ausiliarj formavano la ca valler ia leggiera, cinquanta n av i armate la flotta militare onde pro t eggere il passaggio dell'esercito pe'fiumi, al trettante erano le opportune a costruire p o n ti, mille quelle a trasportare militari arnesi e vettovaglie (8 6 ). Apparecchiata ogni cosa, l'im peratore allo spuntare di primavera, abbandonata la sua capitale, visita to il se polcro d'Annibaie a Libissa, confortate dalla sua com passione e d a 's u oi soccorsi le sciagure di Nicomedia, e disprezzata la molle ed insolente capitale della Siria (87), che lo sdegno provocare os del suo principe, raccolse le sue schiere a Jerapol i, ultimo confine romano al di qua della Mesopotamia, e marci sopra C arr, celebre per la sconfitta de'Crassi. Staccato ivi un corpo di trenta mila combattenti, guidalo da Procopio e da Se bastiano, ebbe ordine di avanzare oltre Nisibi, farsi in

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c o n tr o alle ausiliarie forze dell Armenia, e riunitosi ad e s se to rn a re per l Assiria sotto le mura di Ctesifonte, c o m u n e centro dove tatti convenuti sarebbono : il re s ta n te esercito, abbandonata Gircesio o Cercusio, ul tim a f ortezza romana nella Mesopotamia, entr nel ter r i t o r i o nemico. Procedeva esso in tre colonne le orme ritessendo di C iro il giovine. La destra, sotto gli ordini di Nevita, iva ra d e n d o il fiume, ed osservando larmata che saliva l E ufrate; quella del centro, comandata da Vittore, componevasi 'della fanteria pesante; la sinistra colla caval leria, sotto gli ordini d'Ormisda e di Arinteo, copriva t u tt o lesercito. Mille cinquecento Arabi formavano lantiguardo, e precedeano ad esplorare e premunir dallinsidie (8 8 ). Dagalaifo, ufficiale Gallo, conduceva il retroguardo. Il bagaglio avanzava tra glintervalli delle c o lonne. Senza riserbarsi un comando o posto particolare, il principe era dappertutto (89). Due reali fium i, lEufrate ed il Tigri, che da monti derivano dell Armenia, scorrendo per uno stesso e con tin u o vasto paese, intanto che indarno fanno tributo delle loro acque alle arenose pianure della Mesopota mia, con ricca fecondit corrisponde aloro doni la fe lice provincia dell Assiria. L esercito per marciando per un tale continente, incontr e nello sterile e nel ricco paese difficolt bench di natura diverse, pure aspre tutte e travagliose del pari. La Mesopotamia op poneva un lungo ardente deserto a trascorrere, difeso da un pertinace nemico, disperso sempre, vinto non mai, e delle fortezze a superare inalzate nelle isole che for

58 ma lunghesso 1' Eufr ate. L'Assiria offeriva s nn ricco te rre D O dove vet tovagliare, ma intersecato da innum e revoli eanali sgorganti dal Tigri e dall'E u frate, che l ' arte avea procacciati, e che liberarti ora da' loro rite gni, tagliavano coll'inondazione del paese ja marcia al l'esercito, de'disagi a patire intollerandi da soldati av vezzi al clima d occidente, e prodotti dall' ardore del suolo, dalla putrefazione delle acque, e dalla quantit degli insetti che ne derivano, e finalmente due fortezze ad espugnare, Perisabora e Magomalca, stimate estre mamente malagevoli a vincersi, e tenuta imprudente cosa a lasciarsi non vinte. Ammirando noi pertanto con lo storico militare di questa guerra, l'audacia, la perseve ranza, l'industria di que'soldati pochi mesi prima tu multuanti in Parigi al solo nome di Persia, ed ora in tenti, al cospetto d'un instancabile nemico e nel bollente estate dell'Asia, a ravviare le acque ne'loro canali, a rifare le strade, a tragittare in mal sicure zatte le pro fonde gore dell' Assiria, a scavar m ine, ed a superare fortezze, ammirando la virt del condottiero che come gli talenta la volont loro governa; e nel campo divide col soldato i travagli, corre il primo al pericolo, e tras fonde nell'esercito la sua attivit ed il suo ardore, mentre nel consiglio ne regola con saviezza i movimen ti, ne descrive il piano degli assedj, la forma degli at tacchi, l'opportunit degli assalti ; l'abbandoneremo incapaci a seguitarlo in cos lungo e laborioso cammi no, e dopo averlo salutato vincitore nella stupenda op pugnazione di Magomalca, posta presso a'parchi reali, ed a undici miglia da Ctesifonte, il raggiungeremo i n

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q uest ultim a citt, eletta dai destini se non ad oscu rare la sua gloria,a sospendere il corsodelle sne imprese. Qnesta vasta e popolosa citt (90), capitale dell'As siria, e residenza estiva dei re di Persia, giaceva sulla sponda occidentale del Tigri da cui quasi tutta era cir condata, rimpetto alla picciola citt di Cocche, che a guisa di castello fronteggiavala, situata sulla sponda orienta le del fiume stesso. Lesercito venne a prendere posizione in faccia a Cocche. Noi abbiamo veduto se guitarlo la sua flo tta, e salire lEufrate. Questo fiume entrando nellAssiria, scaricava a Maceprata le sue acque sul Tigri a mezzo di un artificial canale, detto Ca nale del re, che giungeva sino a Ctesifonte, e scorreva appunto tra Cocche, e la capitale. Larmata, entrata in s fatto canale, se per esso continuato avesse il suo corso sul T ig ri, le sarebbe slata forza disgiungersi dal suo esercit o a cagione dell* intermedia posizione di Cocche, e sforzare il passo fra la citt e la fortezza nemica. Ra gioni di una a noi ignota efficacia, debbono avere di stolto Giuliano dallintraprender* lassedio di questa ultima, onde alla sua flotta riunirsi, se anche Trajano anzich oppugnarla, fatto navea costruire un nuovo ca nale che, lasciandola a sinistra, riceveva Tacque del vec chio per versarle direttamente sul Tigri. Un tal latto per celato rimanere non poteva a Giuliano, a cui tutta era presente la milizia desuoi antecessori nella Persia. Avvegnach con infiniti travagli, si rinvennero e si purgarono le antiche tracce di quell'alveo, e scarica tevi le acque dell'Eufrate, la flotta dopo trenta stadj di cammino sort trionfante sul Tigri.

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Era questa per la parte pi agevole dellim presa. Occorreva mandare ad effetto lo sbarco, ed eseguirlo vincendo lopposta corrente del fium e, e la difficolt di alte ripidissime rive, delle quali stava a guardia u n doppio ordine di cavalli e di elefanti. Il principe simu lando di volere far stima delle provvigioni, commise po chi giorni innanzi, che vuotar si facessero alcune navi da carico, e siccome quegli che ben conosceva non solo me glio e pi risolutamente operare-la moltitudine, q uant o pi impensatamente a farlo invitata, ma la gioja altres ed il tripudio essere in lei spesso tramite al disperato coraggio, copr il suo proposto d un impenetrabil mi stero, e il giorno precedente allo sb arco , ordin nna comune festa e gozzoviglia per tutto l esercito. Alla notte di quel d stesso, appella t i alla sua tenda g li u f ficiali superiori, manifest loro il pensiero di voler isforzare il passo del Tigri in que l l'ist ante medesimo. A chi gli rappresenta il pericolo : non iscemer per tar danza , ei risponde , n il numero de nefnici n la ripidezza delle rive. Nel punto stesso, dato a soldati lordine dell imbarco, e gi alcuni pi arditi legionari salgono su cinque vascelli pronti a partire (91). In un tratto spariscono all'occhio, in un tratto ricompariscono in fiamme sull' opposta sponda del fiume. Il principe mutando l'avversa in prospera fortuna: Soldati, escla ma , i nostri com pagni, ecco , afferrano la riva j quel

fu o c o il segno tra me ed essi convenuto ; affrettia moci ad aiutarli. A queste voci l armata tutta spingesi a pieno corso sul fiume, il suo unito e rapido sforzo rom pe l impeto della corrente, e in mezzo al piover

64 d e 'd a r d i nemici, al grandinare de'sassi, ed all'infero cire degli elefanti, ella eseguisce lo sbarco. L'imperatore conduceva la battaglia in persona. Non appena calpe stato h a egli l ' ostile terre n o , che ricompone le sue schiere, e colle chiuse sue file piomba a distruggere le nuove forze che l ' inimico accampa sul lido. La perdita di soli settantacinque legionari dall'una, e di presso a sei mila barbari dall'altra, attest una quasi incredibile vit t oria, ed il glorioso riuscimento duna delle pi ma lagevoli imprese dellarte militare; l'eseguire uno sbar co in faccia all'inim ico, e contro un'inim ica corrente, che dalla riva, a cui aggiungere aneli, t'allontana (92). Ma un cos costante favore della fortuna, accennava appunto con la sua costanza il suo termine, e Giuliano so tto le mura della capitale dell'Assiria pervenuto era a quel pieno e splendente meriggio di gloria, che an nunziandone quasi sempre il tramonto, a manifestar vie ne non meno i limiti della nostra sufficienza, che l'in dole della nostra invidiosa natura. La gloria, ella pure, come ogni altra terrena cosa, a voler ch'essa non receda, uopo che proceda, ma sciaguratamente il merito che basta ad acquistarla, a conservarla non basta. Nuovi nemici contro a'gloriosi s'accampano; l'insolenza cio della prospera fortuna, la giunta al colmo invidia de gli em uli, e il peso a sostenersi gravissimo della pro p ria celebrit. Occorre in quelli che lo splendore delle azioni presenti eguagli non g i , ma vinca eziandio quello delle passate, per questo solo che passate esse sono, e che la nostra ammirazione, scemando in noi ogni d pi per la famigliarit, a cos d ire , ed abitu

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dine eh ella acquista di quella grandezza, ha d u o p o del pari di ognor pi for t e Ince e vigorosa onde de> starsi. Quindi in essi la necessit, affine di sostener la lto p o s to , d abbandonarsi allo stupendo ed all incredibi le , il quale se, come avvenir debbe di sua condizion e , fia che anche un tratto solo fortunato non riesca, ecco nella temerit di un solo passo, tatto anostri occhi oscu rarsi il pregio di una illustre e splendida vita. Ogni cosa allora confondesi, e ciascuno nellesagerazione de gli errori di un grand uomo, cerca un conforto alla propria mediocrit. Colpe divengono ne gloriosi i ca pricci del caso, gli imprevisibili eventi, le imperfezioni che disgiun t e non vanno n anche da una eccellente n a tu ra , e sino le cose stesse che celansi alla nostra ignoranza; n altro che un opportuna e desiderabile morte pu preservarli a quella seconda vita a cui aspi rano, allorch avvenga che la cieca fortuna imprenda ruotar la falce su i loro allor i. E lopportuna e desiderabile morte manc a Giulia no (*). Nel considerare questo principe da qui appresso, egli du opo o accagionarlo de pi grossolani errori, od ogni cosa attribuire, e n in n o , noi crediam o, vorr esitar nella scelta, non meno alla nostra ignoranza de' f a t l i , che agli arditi proponimenti di quella virt che nascondesi alla nostra debolezza. Ei fin qui rivolge gli sforzi tutti dellesercito verso la capitale dell'Assiria, e pervenutovi si ritira, e non ne imprende l'assedio: con inauditi travagli e dispendi gravissimi, giunge a traspor
(*) Nei vedremo eh ei la pensava altrim enti, ma la posterit sembra dUcordare dal tuo pensamento.

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tare ambo le flott e sul T ig ri , e poich gi vittoriose navigano il fium e, riserva solo dodici navi e pochi vi veri, e commette tutto il resto alle fiamme. La strava ganza del fatto porgere poteva materia alla favola, e la favola venne ben tosto ad ornarlo. Il codardo Giuliano di Cirillo (95), l'inverecondo baccante del Grisostomo che olfresi per le pubbliche vie con codazzo di donzelli e femmine immonde (94), il tiranno della Chiesa che al suo ritorno di Persia insan guiner le are de' suoi numi con vittime cristiane, non meraviglia che dopo avere assunto ogni pi strana e colpevole sembianza, sotto l'eloquente penna del santo Vescovo di Nazianzo, venga eziandio a mutarsi in un inatto e stolido spirito, che incautamente smarrisce en tro le reti di nn nuovo Zopiro, e meno dell'antico scal trito. Secondo Gregorio, un persiano d'alto affare, si m ulando d'essersi inimicato col suo re, implor un asilo nel campo romano. Ammesso appena alla conoscenza del principe, gli fece considerare quanto inopportuno dovesse dirsi il consiglio di trarsi dietro s grande ar m ata e vettovaglia, che maestra era di vilt, e rendeva il soldato pi sollecito del ventre che della gloria, e pro mettendo, come pratico deluoghi, di condurre egli stes so l'esercito in paese d'ogni cosa al vivere necessaria provveduto; pot persuaderlo ad abbandonare alle fiam me ambo le flot t e ed i viveri (95). Un animo generoso, chi ne dubita? aperto sempre alla frode, ma colui che vinto da volgari artifizj, non da serie ragioni proceduto fosse a cotanta deterrainazio* n e, men che lode di generoso, taccia di stolidamente ere*

64 dulo procaccia ta sarebbesi, e la fama d'un grande uo mo, allorch esistono de' molivi onorevoli a rendere ra gione delle azioni di lui, esige da noi a buon diritto che ammettere non debbansi i vituperosi. Fu con sagacit osservato (96), che dove venisse a sentenziarsi come lodevole il proposto d'aver abbando nato l'assedio di Ctesifonte, l 'i ncendio della flotta con verrebbe quindi giudicarsi necessario. Allorch Ammiano (97) ci fa sapere che-l'abbandono di quell'assedio fu risoluto da un consiglio di guerra convocat o a t al uopo dal principe , noi non abbiamo mestieri d i tan ghi ragionamenti per riconoscerne la convenienza. Du bitarne o giudicare altrim enti, sarebbe riputarsi me glio istrutti in tanta distanza di te m p i, ed imperfe zione di notizie, di celebri uomini dell'arte, spettatori insieme in quella guerra ed attori. per avventura, una bench debole traccia delle cagioni che tale pensa mento guidarono, lasciasi, se male non ci apponiamo, anche da noi ravvisare. I l sapersi che nelle guerre an tecedenti pi volte Ctesifonte sia slata presa e ripresa, lungi dall' indurre perplessit (98), pu anzi servire a persuaderci che per questo stesso un principe guerrie ro e prudente, qual era Sapore, con particolari difese e fortificazioni pensato avesse a munire, la sua capi tale. Noi abbiamo gi innanzi avvertito, che il piano mi litare di Giuliano fondavasi eziandio sullalleanza del lArmenia, e ch'egli sotto glordini di Procopio e di Se bastiano mandato avea un corpo di trenta mila combat tenti, tratti dal suo stesso esercito, a congiunge r si alle forze di quel regno, e insieme unito ritornare sotto Cte-

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sifonte. Ma il re Arsace manc alla fede ed all'alleanza, ed i generali romani ritardati da gelosia di comando, in d arn o furono attesi dal loro principe sotto le mura della nemica capitale (99). Una forte guardia esigeva l'a rm a ta per la sna custodia, a sup porsi anche staz iona ria s u l Tigri, e se posta in movimento, ventimila no m ini occorrevano, secondo Ammiano (*), onde rimor c h iarla contro la corren te del fiume. A forze di tal m odo stremate un altro importante scemamento da fa rs i, cagionato dalle perdite inseparabili da ogni eser ci t o , ma pi ancora dai. disagj d 'u n a s lunga marcia, d u n clima s ardente, e di una guerra travagliosa e m unita. Il perch, se all'esercito di sessanta mila uomi ni, che tanti erano rimasi a Jerapoli, vogliansi tali sce* m anze computare, egli chiaro che una vasta e popo losa citt, circondata dal fiume, e da profonde paludi, difesa da numerosa guarnigione, e riputata insupera bile non meno pel sito che per le sue fortificazioni, dovuto avrebbe, e nel suo assedio occupare la pi gran p a rte di quelle forze, ed una assai ragguardevole nella sua custodia, ove pure fosse stata espugnata. Ma Giu liano, comech fin qui vincitore in tutti i diversi combat tim enti, non ancora per altro scontrato erasi coi gran di eserciti reali, n pugnato avea per anche in una solenne battaglia campale, li Persiano, sebbene imploras se la pace; tuttavia con grande sollecitudine preparava a s intorno i mezzi a pi valida difesa, ed a maggior incendio di guerra. Dalle pi distanti provincie gi a (*) Lib. a4 e.
13.

Prefazioni di S. P. ulte Op. se. di Giuliano.

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vanzavano grandi giornate i principi dipendenti, in ausilio del loro signore, e della sua capitale (100), e i Romani potevano ragionevolmente temere di trovarsi chiusi ira la citt nemica, ed i nemici eserciti. Abban donando dunque una laboriosa e difficile oppugnazione, sembrava offerirsi come pi salutare consiglio il penetra re nelle fertili provincie dellAss iria mediterranea, farsi incontro agli eserciti reali, e, poich negli eserciti appun t risiedono le fortezze, i regni, ed i re, sconfiggerle con essi conquistare o frangere almeno la monarchia. In tale partito, riesce es t remamente malagevole im maginare, come un esercito penetrando nel centro d'oo vasto regno, dovuto avesse far dipendere la sua sa lute e trarre le sue sussistenze dalla sua fiotta, la quale conservare esso non po t eva senza regolar la sua marcia su i movimenti di quella, eh' quanto a dire, abban donar la conquista, e limit arsi a camminare lungo i fiumi; e dalla q uale eziandio potuto non avrebbe dis costarsi per correre il paese, senza perderne la comu nicazione, e cos abbandonarla allutile ed alla potest del nemico (101). Dove ia pusillanime marcia lungo i fiumi, non fos se stata per essere non solo infruttuosa, ma contraria eziandio alla natura d uninvasione, che ne'colpi risolati ed arditi avviene sempre che riponga la speranza del suo r iuscimento, il metodo di guerra fin qui d a Per siani osserva t o, dabbandonare il terreno, e ritirarsi ne'luoghi chiusi e muniti, da cui irrompere opp o rtuna m ente, convertita l'avrebbe in una scenica, a cosi dire, mili t are rappresentazione, e poich a termine

67 g i u n g e r e pnr doveano le vettovaglie della flotta, sareb b e s ta t o lecito a'Persiani ridersi del timido conquista* t o r e c h e , per nulla osare, contentavasi, senza evitar gi il s u o fato, di lentamente a cosi dire assaporarlo son ne c c h ia n d o presso a suoi magazzini. Che se, come ac* c e n n a to abbiam o, occorrevano al dire di Ammiano v e n tim ila uomini onde reggere e trarre quell'arm ata p e l fium e, chi non vede, e sia p a r largo ed abbondante il com puto che far si voglia, che pi rimanere non po teva a Giuliano d un ven t icinque, o trenta mila com b a tte n ti, co quali tenere il campo, tentar le conquiste, assegnare alle conquiste gnarnigioni, e far fronte infine a q u e molti e valorosi nemici che lo stesso istoricosol* d a to appella acerrimi bellatores , e che ammaestrati nelle lunghe guerre romane, imitavano gl'invasori nella d i s ciplina e nell' arte ? Poich dunque conservar non poteasi la flotta senza abbandonare la conquista, n t e n ta r la conquista senza abbandonare all inimico la f lo tta sembrar pu superfluo osservare che pi sano avviso fosse far s , eh essa non in altrui mano ca dendo, a m utar si venisse in mezzo di proprio danno ed o f fesa. Ma non occorre dissimulare che il nostro autore ado perato avendo, bench indarno, di spegnere un tratto dopo quellincendio, a biasimar venne egli stesso per tal modo lopera sua ( 102), e niuno vorr negar e che nell'eseguire un necessario, ma pericoloso divisamento, pro ceduto egli non abbia con soverchia fidanza e temerit. Lodevole stimasi l audacia di un capitano che a libe rare da un mal passo il suo esercito, o ad, assicurargli

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una quasi certa vittoria, non teme, dov d a ci lesi to della pugna dipenda, di commettere all arb itrio della fortuna, o di distruggere eziandio que mezzi, che la prudenza teneva in discosto apparecchiali, p e r u na sicura,bench infelice fuga, cos l'esercito stesso sotto ponendo alla necessit di vincere o di perire. Ma quanto pi estremo tal passo, ed ardi t o un tate consiglio, tanto pi difgente, a ragione; vuoisi l'opera e lo studio che guidi al prospero nascim ento dell' impresa. I Ro mani dopo lincendio della flotta, ornai pi non potevano che di due cose l 'u n a ; o conquistare l ostile terreno, o in esso miseramente perire ; perciocch nel loro in gresso nella Persia, avendo distrutto e posto a sacco con le messi ogni altra cosa, vano divisamento sarebbe stato in presente il voler ritornare nelle proprie orme. LAssiria mediterranea offerto avrebbe loro un ricco terreno dove vettovagliare, ma l'ignoranza de'luoghi, malage vole a intendersi dopo che i loro avi visitato aveano da si remoti tempi quella contrada, e la imprudente fiducia riposta da Giuliano su alcuni disertori del cam po ne mico, a' quali affid la propria marcia, fatti avendoli inoltrare in un deserto e montuoso terreno, ben presto li costrinse a ritornar lungo i fiumi, dovessere ancora spettatori di quellincendio che in breve tra rr e doveali ad ogni pi estrema calamit. Lebbrezza della prospera fortuna, che condotto avea sin qui Giuliano a rifiutare ostinatamente ogni onore vole condizione di p ace, sembra altres che il traesse a far poco conveniente stima de funesti effetti, di che doveva essere feconda quella guisa di guerra che dal

69 s uo nemico facevasi, la quale avendo potuto egli rico noscere sino dall'aprirsi della campagna, tanto pi ad accusar viene la sua imprudenza. Fino dalle prime i Persiani ricoverando ne' monti e ne' luoghi muniti, op poser o a'progressi de'Romani la inondazione de'fiumi e le incessanti scorrerie: sino dalle prime a misura che quelli appressavansi, abbandonavano essi gli aperti vil laggi, abbruciavano le messi, distruggevano i bestiami, e circondavano il campo romano di uno spaventoso de serto. Dopo la mancta alleanza dell'Armenia, la invano attesa riunione del corpo di Procopio e di Sebastiano, e l'incendio in ispezielt della flotta, una tal sorta di guerra inspirare doveva assai gravi tim ori, e disporre a prudenti consigli. Ben presto in fatto trovossi cinto l'esercito da ogni pi lagrimevole difficolt. Esso avea distrutto i suoi vi veri e la sua flotta, tentata indarno la strada dell'Assi ria mediterranea, e perseguitato da un attivo ed instan cabile nemico, temeva, a ragione, nella certezza dell'avvicinamento di grandi eserciti, l ' ultimo e totale suo ec cidio. In cos ardua situazione, e nulla ornai pi potendo intraprendersi offensivam ente, fu risoluto di declinar verso i m onti, e marciando sop ra l 'Armenia meridio nale, recarsi, se fosse stato possibile, a grandi gior nate nella Corduena (103), provincia che riconosceva la dipendenza dell' Im pero, e sede di quegl' instanca bili Carduchi che tanto potuto aveano riuscire funesti ai diecimila. La prospera battaglia di Maranga (104), seguita in di a settanta stadj di cammino, la prima propriamente

70 campale che accettata avessero i Persiani, rinfranc lo spirito abbattuto de'soldati, senza apprestare per niun efficace alleggi am e l o ai presenti o futuri bisogni della fame, che ogni d pi infieriva. A somiglianza del Ma cedone, che neg dissetarsi alla presenza desuoi soldati d i tema che quella vista non fosse per accre scere la sete loro, Giuliano ricus ei pure i viveri dell'imperiale sua mensa, e li distribu allesercito (105). Ma tali soccor si che la bont e la politica provavano del principe, nino efficace sollievo recar potevano alle angustie d u n a mi litare moltitudine. Quanto pi vasti erano stati i proponimenti, quant o meglio avvisate le speranze, tanto pi infelice offerivasi al pensiero la presente situazione. Quelleser cito a cui nel suo ingresso nella P ersia, poco parea l'acquisto di s vas ta contrada se sino alle Indie non estendeva gli ambiziosi desiderj, ora stremato d'ogni m aniera, con la fame che il preme, e l'inimico che lincalza, va cercando nna fnga , avventuroso assai se con essa salver i proprj avanzi. Il forte sebbene e vi rile spirito di Giuliano non poteva non rimanerne percosso. La sua cos t anza pot un istante vacillare, e per avventura,il rimordimento della tro p p a temerit con cui erasi a tanta impresa abbandonato, risvegli le larve della sua fantasia. Una notte, dest atosi dal breve suo consue t o riposo a medi t are e comporre, com e, ad im magine del Magno Giulio, far sempre ei voleva, m entre pi intento ha lo spirito intorno ad alcune filosofiche sentenze, ecco alla sua tenda apparire, e lento appres sarsi, lento p a rtirs i, quel Genio dell Imper o che a

71 c o n fo rta rlo a regnare comparso gli era in Parigi,ma squal lid o o r a tu tto , velato il capo ed il cornucopia d' un a ltr o velo e funereo. Un momentaneo stupore il sor p r e n d e , ma ben tosto esso fa luogo alla calma con cu i u n animo forte riceve i decreti del fato, e gi o rnai adulta la n o tte , abbandona il suo letto per sacri* ficare agli I d d i, giusta il suo ordinario costume. Una b rilla n te m eteora, un fuoco fatuo che parte attraverso d e ll' orizzonte, arresta di nuovo ancora il suo sguardo, e tu r b a il suo spirito: ei veder crede in quello il mi n accevole aspetto del Dio della guerra , che offeso egli avea al passaggio del Tigri (106). Perplesso, interroga della scienza loro gli aruspici etruschi, che awertonlo essere canone d e 'lib ri Tarquiziani (107) l'astenersi dal guerreggiare il d che in cielo apparisca un tale feno meno. Poteva questa fiata l ' errore essere u tile , ma la divina sapienza che nel secreto del suo pensiero stabi lito avea la fine di Giulian o, non permise ch'ei credulo essere allora potesse e super stizioso, con vantaggio uso proprio e della repubblica, e sorto gi il d , levato il campo, il principe marci alla testa del suo esercito. La battaglia di Maranga istruito avea i Persiani ad evitare con ogni loro potere lo scontro della fanteria romana in un'azione campale. Alloggiavano essi perci ora ne'm onti, intenti, giusta il loro costume, a mole stare con rapide ma lontane incursi oni la ritirata del1 ' esercito, che a cagione dell angusto terreno ritrocedeva diviso in sei eguali quadrati, allorch di repente i loro asili abbandonando, mossero con generale assalto ad attaccare ad un tempo il suoretroguardo, lantiguardo

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ed il centro. Il principe che obbliata avea la coraz za (108), e, quanto a s , marciava con una fa ta i sicurezza, allimprovviso annunzio imbraccia lo scud o , e corre con un drappello a rinforzare prima la fronte, po i il retroguardo, intanto che pesuoi ordini i soldati di leggiera armatura, caricando le spalle del corpo che assalito avea il centro, ed i colpi assettando ai dorsi de cavalli, ed a garettoli degli elefanti (*), il volgono in fuga e disperdono. In questo mezzo le g u a rd ie , gli amici, i circostanti tutti, avvertono il loro signore chegli senza arm atura, e il pregano con ogni pi suppli chevole modo ad allon t anarsi, ed evitare il pericolo della irrompente moltitudine, che mis t a d'amici ed inim ici, da ogni parte in cerca di scampo rovina va. Indarno ! dove anzi pi la folla s'a d d en sa , dove pi il rischio sicuro, ivi sta limperatore. Accennando, gridand o , e so rta i perseguitare il nemico, e immemore d'una vita da cui quella pendeva dell esercito e dell' im pero, of fre il primo l'inerme suo petto acolpi de' fuggitivi, che pur fuggendo difendonsi, e la freccia di un cava liere vola a traforargli le coste, e piantarglisi nella p arte inferiore del fegato. Senza n scavalcare, n uscir dalla mischia, Giuliano considera la sua piaga e tenta liberarla dallarme fa t ale, ma non altrimenti che un tale sforzo riuscito fosse funesto in quella terra medesima ai soldati d'Antonio (109), il bitagliente ferro si gli mor de i nervi delle d ita , che pel dolore cade dai cavallo
(*) Suffragtnu. Forse Annoiano usa questa parola per tnotare la partieolar sensazione di quella parte tutta nenrosa.

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avenuto. Tratto nella sua tenda, riceve ivi le cure del suo m edico ed amic o Orib asio, e non appena ne ha per e s se un qualche conforto, che come il vincitore di L e u tra e di Manlinea gridato avea moriente : dov* il m io scudo ? dove sono l'armi e il cavallo , ricerca pure G iuliano, e corre allinimico. Senonch un tratto dopo le forze gi labbandonano, e , pel sangue che dalla p i a ga versa in gran copia, costretto a ritirarsi. Compiu t o era ornai il corso di s splendida vita. Steso s u d'una pelle di lione, ordinario e solo suo letto, l'im peratore stette aspettando la m pr t e con la calma eh ^propria di una vita virtuosa, di una ferma credenza di ricongiungersi alleteree sostanze, e di una giusta fidu cia di lasciare dopo s una larga eredit di gloria im mortale. I sapienti che accompagnalo aveanlo, gli amici, i generali, i semplici soldati circondavano la sua ten da , con dimessi sguardi e doloroso silenzio lacerbo fato accusando che nel fiore degli a n n i, nel bel mezzo della sua gloria rapiva in questo maggiore uopo alla patria un cotanto sostegno, nn imperatore soldato, un soldato filosofo, un filosofo magistrato, e ad essi il col lega deprivati loro studj, lamico pronto e caldissimo, lautore della lor gloria, il sostegno della loro religione. Giuliano solo mantener sembra un imperturbabilecalma. Ei parla della morte (110) come di un premio che gli Iddii tal fiata accordano a' giusti, come di una deside rabile separazione, della miglior parte di noi dalla cor porea prigione che la racchiude, come di un debito infine che un leal debitore pagar deve esultando quando a pagarlo la natura linvita; ma comech per s stesso.

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indifferente, il sno cuore fa inganno alla sua ragine, e l'amicizia viene a strapparg li una lagrima all'improvvis a nuova della morte del suo diletto Anatolio , maestro degli uffizj. Poco appresso, ai circostanti rivol to , * O miei amici, die' egli, o commilitoni, conoscendo che ogni dolor vince i deboli, ma tutti cedono a'generosi, ricevo io la morte come un singoiar benefizio dagli Dei concedutomi, onde non, col vivere pi a lungo, l'animo soccombere dovesse sotto il peso di gravi difficolt, o sotto quello de'miei proprj errori che la passata mia vi ta disonorassero. Tal vissi, che n pentimento mi turb a, n ricordanza mi rimorde di colpa commessa, sia nel l'oscurit dell'esiglio, sia nello splendore del trono. Riputato questo io avendo un'emanazione celeste, libero lo ho serbato, siccome spero, da ogni macchia e vita perio, la giustizia nella guerra, e la moderazione nei * civili ordini della pace osservando. Che se ai consigli non sempre l'esito e l'utile corrisposero, ci avvenne perch limpresa dell'uomo, l'evento degli Dei. Considerando la sicurezza e la felicit desoggetti come Punico scopodi ungiustoe legittimo imperio, di s tru tto ho colle azioni del mio regno la licenza e labuso del potere assoluto, funesto corruttore degli Stati e de'co stumi decittadini. I miei consigli furono sempre di pace, voi lo sapete, ma quando la patria m'invit, quan d'ella m'accenn le sue offese, io di t imore ignaro, e colla obbedienza di figlio all'assoluta autorit d'una madre, lieto corsi al pericolo, e ne sos t enni con fortez za il cimento. Non avr difficolt a confessarvi che, gran tempo gi, m'insegn la Divinazione che morto mi sa

75 n r e i di ferro. II perch, venero in adesso e ringrazio ld d i o immortale, che non per le secrete pratiche del tra* d im e n to , non per gli ordini dun tira n n o , non per lunga e dolorosa accerbit di malattie permet t e ch'io m uoia, ma si che nel mzzo della verde mia gloria, io a bbia potuto meritarmi questa s splendida partenza dal mondo; perciocch ignavia certo del pari, e l'inop* portuna morte desiderare, e l'opp ortuna abbonire. Le forze ornai mi abbandonano. . . . baster il detto sin > * qui. Quanto al nominare nn successore, osserver un prudente silenzio. Potrei per ignoranza lasciarne ad* dietro il pi degno, e il da me nominato esporre a pericoli, ove l esercito noi confermasse. Cme buon cittadino, piaccia agli Iddii, dir solo, concederv i dopo m e un ottimo principe! Terminate queste parole di stribu i suoi averi agli amici, e cofilosofi Massimo e Prisco simmerse in un lungo ed astruso discorso in torno allimmortalit dellanima, nel quale, per la com mozione che sofferse il suo spirito, essendoglisi riaperta la piaga ed enfiate le vene, mor di soffocamen to. Tal fine ebbe, e tali cose oper questo principe in sei anni di dipendente principa t o, dicitto mesi di asso luto im perio, e nel breve corso mortale di non com piuti trentadue anni. Nell avversa fortuna fu superiore alla disgrazia, e nella favorevole alla prosperit. Privato, fu sobrio, casto, p io , liberale, caldo amico ( i l i ) , virtuoso filosofo. Principe, dedusse al governo del mondo le lezioni della filosofia, e senza deporre le oscure virt del savio, esercit le pubbliche del trono, e fu intrepido ma nmano guerriero, nel consiglio

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capitano dantica virt, nella mischia faticante e valoroso soldato, delle offese della repubblica punitore acerrimo, e delle proprie dimentico, di tenace e ferma volont ne pubblici, e di arrendevole ne privati propositi, te muto e riverito principe, modesto e popolar cittadino, magistra to integerrim o, sapiente legislatore, filosofo e letterato insigne, singolarmente proprio in somma a porgere la pi alta e sublime idea dell'umana n a tu ra , e ad estendere e nobilitare il nostro spirito con la con templazione delle sue virt. Non pertanto, questa s egregia virt pot qualche fiata traviare. Vorremo noi perci con invida ed avara sentenza (112) ricusare a Giuliano il titolo di granduomo, per abbandonarlo alla men nobile schiera di quelli esseri straordinarj che or nati di alcune splendide d o ti, pure la fralezza loro a celare non giungono a chi li considera attentamente? E qual uomo dunque, e di quale et presenta egli una virt sempre uniforme a s stessa? dicasi aperto; se lappellazione di grande fatta non per Giuliano; fatta non ella per l'uomo.

Questo credemmo si dirsi necessario per la cognizione delle opere del nostro autore, s trettamente collegate alla storia della sua vita e del siio regno. Comech un as sai illustre esempio ei palesasse dellinfluenza degli studj sul carattere di nn principe, tuttavia nella pittura della vita attiva di chi resse i destini del m ondo, non possono essi principalmente occupare la nostra curiosit,

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e noi distolti dai moltiplici aspetti ne'quali ci fu forza ravvisare Giuliano, potemmo appena un istante consi d erarlo nella meno splendida, ma pi durevole gloria d i letterato e filosofo. Chi dall'infanzia sviluppa le proprie passioni, pro f itta r suole per esse di una stagione, che rimane infrut tu o sa per la maggior parte degli uom ini, e quindi che Giuliano pu in noi scemare la maraviglia d 'aver ta n te cose operato in una vita s breve. Quantunque senza scopo n regola, un' inestinguibile sete di lode palesato avea sino dalla prima sua giovinezza, e poich l ' erudizione e le lettere erano il solo aringo a quella e t confacente, tutto ad esso s'abbandon ; e con vi vissimo desiderio s'accinse a trascorrerlo. Destava lo s tupore de' condiscepoli e de' precettori. Ammiravano gli uni che studiosi travagli tenessero a lui veci di p uerili passatempi, sorprendevansi gli altri di nn tanto precoce sapere che rendeva ornai quasi inutile il lor ministerio. Apprese greche lettere da Mardonio, gram matica da Nicocle di Lacedemone, rettorica da Ecebolo solis t a, filosofia da Massimo, Jatnblico e Libanio; ma nato per emulare gli an tichi, cerc fra di essi i suoi m aestri, e manifestano i suoi scritti eh' ei gli elesse specialmente in Platone ed in Aristotele. Ogni ramo dell'antico sapere, le utili e le amene discipline, la musica, la poesia, l'o ra to ria , la filosofia, la teologia pagana e cristiana, lo studio delle leggi, a nulla dire di quello della politica e dell'arte della g u erra, tutto era famigliare al pieghevole e fecondo suo spirito, e di tutta questa scienza s varia e s ricca, rimangono a

78 noi onorevoli documenti nelle molte e pr egevoli ope r e sue. Le cure della guerra, e le vicende della fortuna non ebbero mai forza di scompagnarlo dagli amati suoi stndj. Sia che gli sorridesse la vittoria sotto le m ura di Sirmio e di Argentoro, o chegli andasse pe ricolando sotto quelle di Ctesifonte, poich consumato avea il giorno in una marcia penosa, od in una dif ficile battaglia, ritiratosi nella sua tenda, e trascorsa ivi qualche ora in un interrotto riposo, destavasi o per m editar con Platone intorno allimmortalit dellanima e la natura della Divinit, o per distendere elaborate scritture con t ro le dottrine della nuova fede, o per as segnare nei Cesari il poeto di gloria che occupare deb bono nel tempo i suoi antecessori nell impero. Rapido nel concepire, nel ritenere tenace, nella contenzio ne instancabile, il suo spirito era atto a varie ed opposte occupazioni ad n n tem po, e la facilit stessa che pa lesava nellapprendere, manifestavala altres nel comu nicar col discorso, o nel dettare i concetti. Alcune tra le sue opere, sono il frutto di poche veglie frapposte alle lunghe notti de' due inverni che pass l uno a Costantinopoli , l altro in Antiochia. Una sola 'n otte bast a produrle lorazion in Deorum matrem , due quella contro Im peritos eanet tre giorni per laltra in Solem regem , poche notti involate alla viva sollecita* dine della guerra persiana bastarono allopera contro i due Testamenti, e poche ore forse a dettare il Misopogono. Scorgesi, a noi se m b ra , nelle opere del nostro au tore un vasto ingegno che feconda ogni bench sterile

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s oggetto, rinviene il peregrino nel com une, e distende con pari felicit una grande ed una picciola tela ; un an im o sollevato, virtuoso; nodrito di magnanimi senti m e n ti, che nobilita il discorso, e Io sparge di quel na tiv o decoro che mal procaccia d'assum ere la virt si m u lata , una scelta erudizione, uneloquenza universale c o n d ita di certa sua particolar venust; piena di veneri n ell epistole, di luciauesco garbo e pi di aristofanico sale nelle satire, di dignit isocratica nelle orazioni. Non p e r tanto, ed a malgrado di potali doti, noi consentiamo all' altrui avviso, $ siamo ben lontani dall' immaginare che tu tte le opere di Giuliano potessero trovare egual iavore in una lingua moderna trasportate. S'aggirano alcune, tali sono le teologico-pagane, intorno a dot trine affatto straniere alle nostre opinioni, e cosi offronsi ordite della filosofia platonica di que' tempi, da riuscir oscure anche a chi con attento studio immergere s i volesse in quelle sofistiche investigazioni; altre circa soggetti che l ' autore fu costretto dalle circostanze a tra tta re, come le orazioni in lode di Eusebia e di Co stanzo, o sterili per s stessi, o capaci pi presto di filippica che di elogio, ed forza confessare che dove la materia non orna anch'essa il discorso, stanca pure u n grande ingegno che mostrasi costretto a rimanere sempre sull' ali; onde trarre profitto da baje e da fra sche. L'epistole per tutte, le due satire, 1' orazione agli Ateniesi, quella per la partenza di Sallustio, l'altra diretta ad Eraclio, e diremo ancora il primo dei due panegirici di Costanzo per le bellezze dello stile e le pellegrine notizie che racchiude, queste opere com ech

80 anchesse non possano non ricevere grandissimo scapito dalle ragioni sovraccennate, e pi ancora dallignoranza in cui siamo di molte allusioni, dalla squisitezza dei nostri sociali costumi, ed in ispecialit dal nostro pre sente gusto in letteratura, tuttavia di s egregie doti sovrabbondano, che non possono non renderle ai lettori d ogni stagione gradite. Queste sono appunto quelle che scelte abbiamo a tradurre; e se le forze dell in gegno non fossero stte al desiderio disuguali, crede remmo non avere speso a ci intorno nn opera del tutto mal gradita e infelice. Pure se ella non intesa a soddisfare lobbligo che allistituto collegasi della vita, ma a riempiere il meno vanamente che per noi si po tesse i privali nostri ozj, sar rig u a rd a ta con gentile condiscendenza. Riserbandoci pertanto di favellare degli altri opusc oli nel secondo volume che compir la nostra traduzione, occorre far qui qualche cenno di quelli in questo primo contenuti. Commendevoli per s stesse, unassai singoiar pre gio ricevono inoltre dalla qualit del loro autore, le tre opericciuole, l'orazione agli Ateniesi per la guerra con tro Costanzo, il Misopogono ossia lAntiochense, i Ce sari o il convito degli Dei. Con la prima di queste, Giuliano che avea gi sot tomessa, o ricevuta in obbedienza gran parte del mondo romano, sospende il corso delle sue vittorie, e dai suoi quartieri di Sirmio, addirizzandosi al popolo che pi era in celebrit di giustizia, invita le presenti e le fu ture generazioni a sentenziare delle cause che persua devamo a sostenere la sua imperiale elezione con Tarmi

81 Sia la vittoria, sembra egli dire, P unico scopo di un c o m u n e soldato. Se giuste le armi non son o, se il trono n o n la spontanea offerta del popolo, ma il frutto di c olpevoli prati che, nna maligna luce riflettesi da quelle e d a questo agli occhi di un soldato filosofo. Quale d u n q u e essere poteva la morale bellezza, a cos dire, di u n componimento a tal fine rivolto ? persuaderci, du r a n t e almeno la sua lettura, che sa nta quella guerra, e che giuste sono quell' armi. N mai scrittura attinse s compiu tamente il suo fine. Un retore fatto avrebbe obbliare il s oggetto per non occupare il lett ore che dei luoghi comuni dell'arte sua, e di una sterile pompa di p arole ; ma un modesto uomo e pru d en te, un grato discepolo (e questo si il carattere ivi assunto da Giu liano ) che si rivolge a coloro chegli am sempre e ri ver quai m aestri, onde invitarli a riposatamente seco lui deliberare intorno alla giustizia di un comune pro posito , adorn a della sola materia il discorso, lo scalda di puro e semplice affetto, e con uno stile n ambizioso troppo, n troppo dimesso, rammenta s di essere udito da una numerosa adunanza, ma n tampoco dimentica eh ei non favella n dai rostri di Rom a, n dalla bi* goncia d'Atene. Tutta ornata di una originai bizzaria offresi 1' altra operetta , il Misopogono. Giuliano movendo per la per siana spedizione, fermatosi in Antiochia a riordinare le cose d'oriente, e dare tempo ai guerreschi apparecchia menti , ben presto ebbe a conoscere che il soggiorno della pia e cristiana capitale della Siria, mal convenuto avrebbe al cliente delle divinit gentilesche. Indarno
Prefazione di S. P. alle Op. se. di Giuliano.
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versa t o egli avea su di lei i benefizj, e con am pliare allora appunto il suo senato, e con soccorrerla di biade del privato suo patrimonio, onde rimediare al caro della vettovaglia di che ella pativa. L 'in g ra t a citt , pi cor rotta che Sibari, pi ciarliera e beffarda che Atene, iva di ogni suo male il principe incolpando, e nauseata della severa virt e de' semplici costomi di l u i , nelle pubbliche vie e ne' mercati faceva meta di sediziosi cla mori il suo governo e la sua religione, e segno a plebee risa e sarcasmi la rozza ed incol ta persona s u a , 1' irto crine e negletto, il non lisciato suo volto, ma pi che altra cosa quel s caro a Giuliano filosofico onore del mento. Che cosa far egli? brandir la spada della giu stizia per trarre vendetta di privata sua offesa? non la impugna il generoso alla vista dell' inerme debolezza. Filosofo in vece, di spreger il cicalio della moltitudine, e qualche cosa pur concedendo al privato suo risenti mento, opporr scherni a scherni, moteggi a moteggi, e con ironica pittura che in lui la virt rappresenti qual colpa, e quali virt i vizj e le brutture de' suoi schernitori, li coprir di vitupero, e piglier d'essi ven detta non gi propria di volgar principe, ma di lepid o e festivo scrittore. Questo ci che imprende a fare Giuliano nel Misopogono scrittura , noi sapremmo ab bastanza ripetere, d'inestim abile pregio se la si consi deri in un principe che nella stessa sua ira getta da s lungi la spada, per non armarsi che della penna, ma lodevole eziandio per s medesima. E veramente qual soggetto pi arido pu egli proporsi ad un autore, quanto I odio che un popolo nutre verso la barba ?

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e p p u r e di quanti opportuni episodii non nelle sue m a n i fecondo? quanti diversi caratteri non vi scorgi, e com e acconciamente non ivi l allegoria da un capo a ll a ltro sostenuta? Osservansi, vero, in ques t o com p onim ento le tracce della rapidit con cui fu dettato, e p i l'aspreggia l'aristofanica bile che non lo rallegri P urb an o lepore, ma a malgrado de suoi d ifetti, esso per sempre un' ingegnosa, comech a nostro credere alquanto esagerata p ittu ra , de costumi di Giuliano e degli Antiochesi. Prima nel merito l operetta dei Cesari, anzich in questo volume precedere le sue compagne , contentasi d i seguitarle. Il che occorre dire che da noi si fece pen satam ente; perciocch dipingendosi in quelle la vita privata ed i costumi dell autore, creduto abbiamo che esse potessero in qualche guisa servire di supplemento al nostro Discorso preliminare. La greca mitol ogia pre st mezzo a Giuliano di t essere in quest'ultima una fa vola satirico-drammatica, che sebbene in qualche guisa porga unimmagine degli antichi componimenti satiricodrammatici de Greci, pure per molti rispet t i pu dirsi senza m odelli, come sin qui rimase senza imitazioni. N pi nobile, n pi pericoloso argomento poteva es sere scelto da nn principe. Chi s'alza a giudice degli antecessori, viene a dare sentenza di s m edesimo. Ri correndo la festa dei Saturnali, tempo non solo di ter rena ma altres di divina letizia, Romolo assunto in cielo col nome di Quirino, convita gl' Iddii sull'Olimpo, e per natia gentilezza verso i suoi successori, v'appella anche i C esari, gi fat t i Iddii a mezzo dell' apoteosi.

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Non vi mancano tra' primi con Saturno e con Giove , n il salso Sileno, n il giovinetto Dionisio delle g r a zie p a d re , e del riso e degli scherzi am atore, e co n Cesare, e Augusto, e Marco, e Trajano vaccorrono t r a i secondi i Tiberj, i Neroni, i Claudj, i Vitellj e laltra imperiai moltitudine. Le strane forme in che questa ap p a re , ed i diversi costumi di cui composta , de stano 1' umore allegro di Bacco , e quello satirico del capripede vecchio, mordacissimo Iddio che addenta e rode i convitati, e rivelando le interne lor colpe, se condo il proprio istituto scherz ando ammaestra, sino a che per comando di Giove , e di lui degno , ordinato viene che colle norme degli olimpici agoni, un certame donore istituir debbasi tra i reali convitati, onde a co noscer s'abb ia, ed a premiar degnamente chi fosse p er essere giudicato per virt sopra gli altri commendevole. Udita la voce del celeste araldo Mercurio, che dichiara aperto l'a rrin g o , vi giungono essi l un dopo l altro da Cesare sino a Costantino, perorano la loro causa, e la divina Nemesi assegna ad essi le ricompense o i ca stighi che meritaronsi in vita ; ma come a celesti giu dicanti convenivasi, pi solleciti dell'interno e morale valore, che dellambizioso e guerriero, il bellissimo dei premj, la suprema corona della virt, sembra essere ri serbata alla benefica ed operosa sapienza di Marco. difficile cosa affermare se pi in questo componimento abbia parte una gentile fantasia, ed un sano gusto nellimmaginare ii quadro, variarlo, scolpire con rapidi colpi tanti diversi caratteri, e disporne in guisa lordi nanza che vi dominino i pi cospicui, c non usurpino

85 t uttavia il pos to agl'inferiori; o veramente l'acume e l'ingegno nel far della storia una scena drammatica, e c hiudere i principali avvenimenti che corsero nel gir di quattrocent'anni, entro quasi i cancelli di una con sueta teatrale rappresentazione, nella quale tu hai per attori i padroni del m ondo, non le interne b ru ttu re , coperti col manto della terrena grandezza , ma nelle semplici e naturali lor form e, per giudici e spettatori gli Dei, e per iscopo morale il premio e le pene che essi accordano a' buoni od a tristi principi. N tam poco s di leggieri pu d ir s i, se meglio nel suo autore occorresse la prudenza militare e politica, onde giudi car sanamente di tante azioni e regni diversi, 1' elo quenza per arringare con Cesare e con Alessandro, o pi presto il lepore e la festiva tempra di spirito per ischerzare piacevolmente con Sileno e con Dionisio, nascon dere le tracce dell'artifizio, e spargere da capo a fondo il garbo, la grazia, la giocondit. Fu giustamente osser vato che dove non altro a noi rimanesse di Giuliano che i Cesari, basterebbono essi soli a far fede della va stit del suo ingegno e della sua dottrina. Ma quanto pi pellegrine sono le bellezze di un te sto, tanto pi avvisano della difficolt di bene ritrarle. Al quale proposito osserveremo, che le altre maniere di s tile , come lo splendido, il magnifico, l'affettuoso, quasi dicemmo anche il sublim e, meno ritrose si pa lesano ad essere trasportate da una in un'altra lingua, del lepido e del faceto. Le passioni a cui servono quelle prime forme di stile, non mutano esse col volgere dei secoli, come non muta la natura umana che le produce,

e le lingue fedeli rappresentalrici del pensiero, ricevono da un tal fondo comune una pressoch eguale origi naria attitudine. Ma il faceto che ha per iscopo d 'istru ire rallegrando lo sp irito , non d innalzare il cuore o la m en te , fa sua materia gli usi ed i costum i, attinge i colori nella civil societ e seguita di questa i cangia m enti, ed ora esulta con Aristofane tra la licenza dei mercati e delle assemblee popolari, ora con Molire tra la gentilezza delle corti e delle conversevoli adu nanze, per negare indi a breve tempo capricciosamente al suo autore, que' pieni e plaudenti teatri che procac ciato aveagli so t to il quattordicesimo Luigi. N le lingue p u r esse da tali vicende si scompagnano. Le sozzur e del comico ateniese espresse anche col meccanismo delle parole, non ecciterebbono il riso oggi tra noi, come del pari gl Iddii trascinati qua e l sulla scena per occuparli ad ogni pi indegno- servigio, non troverebbono lin guaggio at t o ad esprimersi, il lepido ed il f aceto nei Greci manifestasi assor t ito all' indole de' loro governi, poich quindi pur sempre deriva ogni pubblico costu me, e da qui prende colore ogni letteratura; l ibero cio ed ardito ne m o d i, triviale spesso e popolaresco nelle immagini, di certa naturale sprezzatura nell'andamento, negletto ed insieme ra p id o , conciso, saltellante nella locuzione. Come sperare di rendere grato un tale lepore all' indole circospetta di popoli s u d d iti. ed a gen t ili e contegnose brigale, nelle quali l ' artifizioso costume smarrir fece ogni traccia del naturale carattere? e in qual guisa si potr ci ottenere, se esso perdette l op portunit delle circostanze che lo fecero nascere? c come

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infine disgiungerlo da quella veste che gli p ro p ria , snella e succin ta , per opprimerlo col largo viluppo massimamente della veste italiana (*), pregevolissima s, m a a d un lepore appropriata di affatto diversa natura, raffin ato , signorile, tu tto in contegni, lieto delle anti tesi e degli equivoci, abbondante nelle parole, e posto in gran parte nell'onor della frase e del periodo ? sen nonch qui per avventura , tacciandoci d 'a rro g a n z a , e la pellegr inil rinfacciandoci, non mancher chi-ci chia m i disacconci estimatori di ci che pure cagione di il lustri contese, onde con pi opportuno, sebbene forse c on non pi modesto consiglio, passeremo a far qual che cenno di chi in questo cammino ci ha preceduti. Noti sono gli espositori latini delle opere di Gi* lia n o , il Canteclair ed il Cuneo dei Cesari, il Martini del Misopogono e delle lettere, il P. Petavio cpn fortuna migliore delle Orazioni. A chi ha qualche pratica di questi studj, non men noto il metodo di tradurre che suolsi osservare da' critici. Fedeli in ogni cosa, ma sopra tutto all'obbligo che sembrano assumere di rendere in sopportabile la lettura del loro autore, un'ombra vana, uno scheletro ti presentano, che quantunque serbi finan che i nessi e le giunture grammaticali, nessuna idea pu risvegliare del corpo che ha informato. N con ci nostra mente nuocere alla riverenza e gratitudine che debbesi a quei dottissimi uomini, se unico scopo dei loro travagli fu il servire alla critica ed alla erudizione.
(*) Noi favelliamo delle difficolt in g e n erale , b e n lontani dal Voler far qui una applicazione al nostro caso.

Non vuoisi per tacere che gl' int erpreti latini di Giu liano, e sopra tutto il Canteclair ed il M artini, spesso assai mal corrispondono alle loro promesse anche quan t o allesattezza ed all'inerenza, e che molti e gravissimi abbagli seppe rilevarne lo Spanemio nella sua edizione greco-latina delle opere del nostro autore. Il nome del celebre critico ed antiquario tedesco ci conduce a favellare della sua traduzione francese dei Cesari, che sessantanni appresso fu seguitata da unal tra del La-Bletterie, plasm atore, quasi dicemmo, pi presto che traduttore, anche di certo suo Misopogono e di alcune lettere. Niuno quanto il primo avrebbe po tuto rendere un reale servigio a G iuliano, se alla dili genza ed alla scelta erudizione , accoppiato avesse il gusto ed il criterio di traduttore. Ma il valente critico non intraprese di voltare i Cesari, anche in una lingua non sua, sennonch come una scrittura, la quale in po che pagine scorrendo le vicende di qualtrocentanni del romano impero, un' insigne e preziosa opportunit offe r vagli di sciorinare in commenti e ragioni decommenti, una per altro non comune erudita suppellettile. Quindi non compil ei gi le note per servire al testo, ma cosi tradusse il testo che meglio prestare si potesse alle note, onde venne ad essere, ci che parr strano, per sover chia diligenza infedele, e per soverchia dot t rina noioso ed insipido. Ogni parola dellautore a' suoi occhi un arcano, ogni frase, una allusione. Se ella vera e reale, ma nel testo appena accennata, gli occorre distenderla c conformarla alluopo delle note; se ella solamente pos sibile, gli conviene tal fiala, per la stessa cagione, ac-

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cettarla per vera ; ma se il rapido allunghi ed il conciso, ed ammetti per reale il possibile, sarai lodato antore nelle note, ma biasimato traduttore del testo. In fatto, com e chi non l'animo ricrea alla vista di un giardino, m a con impor tuna dottr ina rompe e notomizza ogni fio re, cos egli quivi ad ogni istante sarresta, non per ri levare la luce dun pensiero o la grazia dun immagine, m a una recondita notizia, ed un remoto significato. Pieno di grandi promesse viene appresso l'eloquente b i ografo di Giuliano, e non pu non meritarsi la gra titu d in e del lettore s'egli, per quanto ci assicura, dur veglie e fatiche grandissime in confrontar codici, sotto p o rli al vaglio della critica, ristorare o indovinare le zioni , e tanto tempo spese intorno a poche pagine di traduzione, quanto dur il regno del nostro autore (*). A chi prestar lde gli vorr, il testo di Giuliano risve glia alla memoria il fruito del colpevole ardimento che p a rtor il tristo mestiere di traduttore. Questa confu s io n e trova egli sopra tutto nel Misopogono; ma contento di riserbare per s solo le spine onde r.on offrirci che le fronde ed i fiori, s diligentemente svanir fa ogni trac cia de' suoi sludj nella sua versione, che possiamo essere assicurati ch'egli appunto in quella operetta o non gett mai l'occhio sul greco originale, o il fece assai sbadatamnte. Tranne ben pochi passaggi, il testo di Giuli ana, cos come leggesi nella edizione dello Spanemio, che serv al nostro lavoro, ci sembra anzi a sufficienza
(*) T emp o senza dubbio soverchio quando trattasi di tradurre senza diligenza veruna.

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corretto. Ma se anche tale esso non fosse , siccome veramente, e qual nopo di critiche discussioni aver p o teva una p arafrasi, nella quale i pensieri stessi che sembrano volersi conservare, vestono forma e sembianza diversa da quella che aveano sortito dalla penna de l loro au to re , e dove continue sono le sostituzioni, le riform e, i troncamenti d'interi periodi, sia perch i l Greco mal pot prevedere quale sarebbe stato il gusto in letteratura della moderna Francia, sja perch in Giu liano favella-tal volta l'apostata, sia infine perch alla novella come all'antica- Antiochia, pute d 'irc o la b arba di un allievo di Diogene? Pi rispettivo nei Cesari, per ch a levare una pietra da quell' edilizio tutto a crol lare verrebbe, e pi fortunato, perch altri gli lastric il sentiero, sebbene assai sovente sfreni ivi pure il ca vallo, tuttavia, fattosi guida lo Spanemio, contentasi di trad u rr e in prosa migliore la milenza e diffusa del cr tico alemanno. Non ignoriamo che alzarsi a censori di chi nello sta dio ti ha preceduto, soddisfare quantunque a consueto, pure a scortese non solo, ma ad imprudente costume. Sennonch quale altra lodevole meta possono i n colali studj i nostri sforzi pro p o rsi, tranne quella di avan zare d 'u n passo chi teco ed a tuoi fianchi corre lo stesso arringo ? e cos essendo, poich t' mestieri far di ci altri avvertili, in qual guisa canserai la necessit d'accennare dove quegli s'arrest, e dove tu aggiungere con l ' animo intendi ? Non per chi conosce, o cono scer pensa le sirti dove uno naufrag, ha per questo la sufficienza e la fortuna di evitarl e egli stesso. Qual

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cosa p i agevole del ravvisare l'inferiorit di una copia, e q u a le pi aspra e di difficolt piena del raggiungere le b e ll e zze di un grande originale? diremo solo per nor m a d e i lettori di Giuliano, che se creduto abbiamo di p o t e r , merc qualche picciola industria di stile, temperare c o n p rudente libert certa natia negligenza, e talvolta c e r t a ruvida trivialit di motti, nel Misopogono spe cial m e n te , che troppo offeso avrebbono un orecchio mo d e r n o , fu altres nostro principalissimo studio conservare u n a fedelt scrupolosa nei pensieri, nelle immagini, ed in tu tte quelle parti in somma che l ' essenza costitui s cono dello stile, onde, per quanto era in noi, fare in guisa che il nostro autore, a malgrado delle moderne e straniere sue spoglie, pure lorigine e l'antichi t a pa lesare ei venisse; cos appunto com e ospite il quale, se per l u nga dimora fatta nella citt nostra, assunse i no stri costumi, tanto per non depose la pa t ria , ch'egli ai uostri occhj in alcun che non la manifesti. E dove p u r e questa patria in s m anifesti Giuliano, tanto or n a to , crediamo, avverr ch'ei si m ostr i , che i pregi de llospite antico procacceranno forse indulgenza all imperizia del moderno.

NOTE

( i) ili nelle mani di tutti la vita di Giuliano dell'abate De La-Bleterie (a), scritta con quella piana e mite eloquenza, che procacciano gli studj del suo istituto , e con quella libert cb esso pu concedere. Non va per altro negalo all1illustre autore il merito d'essere stato il primo a rivendicare in qualche guisa la fama d G inliano, conosciuto sino allora nella volgare opinione col solo titolo di apostata , e vivente nella sola testimonianza degli scrittori ecclesiastici. L a verit pu naufragare del pari nelle pie declamazioni d un auto re pagano, ed in quelle dun cristiano, nelle Orazioni di Liba* nio, e nelle Invettive (b) del Nazianzeno, e perci u n giudice imparziale che vede posto a s innanzi un eguale pericolo, antepo rr la fede dell' istorico , sia esso cristiano o pagano, che non pu esagerare senza biasimo, a quella dell' oratore che pu con lode esagerare. Ora quanto agli storici, la bi(o) V ie de lempereur Julien, edit. de Pari* an. 17^6. (A) questo il nome c he d S. Gregorio alle sue Orazioni con* tro Giuliauo.

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lin c ia tracolla grandemente a favor dei pagani. Oltre il com pendio di Eutropio che milit con Giuliano nella guerra ]>ersiana , e che conduce la narrazione sino a tempi di Va lente, o ltre le istorie di Zosimo nemico, vero, de' cristiani, m a p u r degnissimo di studio per essere stalo ancliesso com m ilito ne di Giuliano, essi additano in Ammiano Marcellino u no scrittore probo e leale, un critico sagace , uno storico soldat o , testimonio oculare delle azioni che descrive, e ci che p i im porla, un, direi quasi, cristianizzante pagano, e tale che prestand o egli stesso non di rado le armi al contra rio partilo onde combattere il gentilesimo , fu c redulo cristiano veramente, onde non pu la fede non meritarsi de* cristiani. 1 diciolto libri che di lui ci rimangono, e che terminano con la morte di Graziano e di V alente, non cominciano vero che col diciottesimo anno del regno di Costanzo (a), ventitr anni dopo il nascimento di G iuliano, ma tuttavia tale la forma della sua narrazione, che tutta o la pi pregevole parte essi comprendono della vita del nostro autore. E se fu in noi pensiero accennare che presso il La-Bleterie la piet nocque spesso alla critica nelle materie religiose, occorre anche dire che non in esse nocque ella soltanto. Poco contento di aver rappresentato Giuliano in uno sfavorevole aspetto morale, vojle far di lui anche un ridicolo personag gio , traendo senza distinzione le notizie della sua vita p ri vata e civile, o da' profetici invasamenti di S. Gregorio, o da una scrittura burlesca e satirica quale si il Misopogono. Che Giuliauo troppo in s ritraesse il discepolo della setta Cinica a cui apparteneva, niuno al cerio si avviser negarlo; ma volendo egli appunto in quellopera dipingere il perfetto Savio della sua scuola, e le austere virt di lui, onde con trapporlo a ' vizj ed a costumi degli Autiochesi, sembra che

(a) Anno 354-

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non sia da dubitare che gli ultimi tratti che servono a for mare la satira ed a esagerare i caratteri, debbano dirsi proprj della natura del componimento, non di quella dei perso naggi in esso introdotti. Aminiano (a) gi avvertito avea che ivi i costumi de* suoi Antiochesi rappresentansi deformi ol tre il vero, e noi con giusta illazione dobbiamo conchiodere lo stesso di quelli del nostro autore, senta il quale contrasto di pitture non avrebbe potuto romper fuori la satira. Del re sto l umana debolezza, nella considerazione de costami e delle opinioni, sembra consigliarci ad una pi prudente in dulgenza. Le sette filosofiche non altrimenti che le religiose, inspirarono in ogni tempo un fanatico celo a ' loro clienti, e le et successive che s'arrogano il diritto di spargere il ridi colo o il vitupero sulle opinioni e sulle dottrine delle ante cedenti , obbliaqo che le loro dottrine e le loro opinioni, saranno esse stesse materia di ridicolo e di vitupero all'et posteriori. (2) In Occidente Massimiano, Costantino e Massenzio, io Oriente Gallerio, Massimino e Licinio. An. 3o 8 . (3) Costantino avea avuto Crispo da Minervina, e da Fau sta Costantino , Costanzo e Costante. I nepoti erano Dalma zio ed Annibaliano figli di Dalmazio fratello di Costantino. Al secondo di questi fu prima dato il titolo d IVobilssinms, e pi tardi quello di R e x , nomi nuovi entrambo nel rango de* principi romani. 11 suo imperio estendevasi sul Ponto, sulla Cnppadocia e sulla picciola Armenia. Ammiano fa men zione di questo re favellando di Costantina moglie di lai e figlia dell' imperatore Costantino : aveala , die egli (), prima data in isposa al re Annibaliano , figlio di Dalmazio suofra * (a) Lib. ai, rap. i 3. Lib. 14, cap. 1. Costantina pass poscia in seconde none 3 Callo

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fello, ed il sig. di V alois (a) rip or ta una medaglia con l ' iscri zi one Cl. Hannibaliano R tgi. G iuliano ne' Cesari , rassomigl ia le azioni del regno di sn o zio agli ortcihi di A done , proverbio greco, che signifi
cava cose frivole ed immature, trailo dalle pianticelle che sn vasi d i varia materia reca'vano nelle processioni le cortigiane, ce leb r a ndo la morie di Adone. Con la breve vita di quelle p ia n te voleasi alludere a quella pur breve del donzello di V enere. Intorno a Costantino ed alla sna politica. V. Volt. Q u est, sur 1 ' Encvclop., tom. li. Montesq. Considr. sur les Cause de la grand, des Rom., cap. 27. Gibbon, della Deca denza ecc. dell'Im p. Rom., cap. 19 e ao. (4) Gli stessi scrittori ecclesiastici non poterono dissimu lare tutti i difetti di Costanzo. Chi non seppe in lui trovarne nessu n o si S. Gregorio , che gli largheggia non solo i titoli di g rande , di magnanimo , di vincitore de' barbari ; ma di umano eziandio , di misericordioso e di santo, e non teme ). Tra i pagani va pure appellarlo divinissimus Imperatorum (& eccettuato Aurelio V ittore, idolatra che vivulo sotto il suo r egno, Cadala bassamente per paura. Yeggansi intorno a que sto principe i varj tratti di Amm. Lib. 14, cap. 4, 6 e 10. L ib . i 5 , eap. 6. Lib. a i , cap. 10. (5 ) Giuliano rimosso ogni ritegno appella apertamente suo cugino l 'assassino della sua fam iglia (c). I due zii erano, Dal mazio e Giulio Costanzo fratelli di Costantino : ed i cugini nascevano da varie parentele che la politica di questo ultimo fatto avea nascere tra i diversi rami della casa Im periale, onde perpetuare in essa la monarchia. Il ministro degli al tari , di cui parlasi appresso, si Eusebio vescovo di Nko-

(a) Comm. in Amm. lib. i 4 > cap. 5. (b) O rai. 3, pag. 56.
(c) Jul. ad Athen.

06
media, famoso capo dellarianesimo, e bea diverso da E use bio di Cesarea. Simul egli per servire a Costanco, un te stamento di Costantino nel quale il principe rivelava d'essere stato avvelenato da suoi fratelli, e raccomandava a figli la vendetta. Una tal nuova diffusa ad arte nell'esercito, provoc la sedizione che offerse origine a quella tragedia. Accenno questo fatto sulla fede di Filostorgio (a). Esso non trovasi in Annoiano, ma la parte dell'opera che in ordine cronologico avrebbe dovuto contenerlo , non pervenne siuo a noi. Consecrando per altro due interi capitoli a narrare i vicj ed i de litti di Costanco, il chiama sterminatore di tutto il suo pa rentado , ed uomo che per assicurare il suo dominio im it la crudelt dei D om iiiani, dei Comodi e dei Caligola (b). Car nefice della propria casa lappella anche sant'Atanasio (c), ed Eutropio (</) autore il dice della sedizione. Se egli avea d'uopo di un pretesto per eccitarla, il carattere di Eusebio era singolarmeute proprio a somministrarglielo , ed a rappresentare la parte del dramma attribuitagli da Filostorgio. Del giura mento preso da Costanzo per la sicurezza de'suoi congionti, parla lo stesso Atanasio nelIEpistola test citala, ed a quello sembra alludere il nostro autore allorch afferma che i giu ramenti di suo cugino tanto sono leali che meritano di es sere scritti nella cenere (e). Il La-Bleterie si limita a soli so spetti a carico di Costanco ( f ), ed il pio Tirabocchi (g) af fermando il consenso degli scrittori intorno al reo caratte re di questo principe , stima di dover col silenzio rispettare il nome del S. Vescovo di Nazianco suo panegirista.
(a) Lib. 3, cap. 18. (b) Lib. a i , cap. i 5. i

(e)

E p is t ad Solit.

(d) Brev. n. X. (e) E li Y(Q *. Jul. ad Atlien.


( / ) V ie de Jul., pag. i 8. (g) Storia, ec., lib. 4. pag

3 ; 5.

97
(6) Secondo Greg orio il celebre Marco vescovo d Aretusa {a) che sofferse la persecuzione sotto G iuliano, fu uBO <ti coloro che contribuirono al suo scampo. Necdum illud a tijec, hunc ex iis. unum fr is s e , qui seeleratum illuni et

execm ndum , tum cum genus ipsitts totum periclitarelur, ser va rant, fu r t inique subduxeranl (b). Noi avremo occasione di
vedere altrove sino a qual termine debba dirsi giusto il rim provero d'ingratitudine qui fatto a Giuliano. (7) Giuliano nacque li 6 novembre 33 1 da Basilina se conda moglie di Giali o Coslanzo. E ben grosso il granchio che piglia Snida alla voce Giuliano. Ei lo fa nascere da Dal tnazi o altro fratello di Costantino, e da Galla che fu matri gna a lu i , e madre a Gallo (c). (8) Pu desumersi la vita privata di Giuliano da Libanio O ra t . Parent., da Amin., lib. 5 , cap. 1, 4 , 6, e con canta riserva dallorazione agli Ateniesi e dal Misopogono. ( 9) Mediocris eral ataf urte, capillis tamquam pexissel mollibus eie. H um erit vaslis et lalis ab ipso capile usque ad ungnium summitates lineamentorum recto compage, unde viribus valebal et cursu (d). Ma con occhi assai diversi vedevalo san G regorio, e ben altro presagiva a lui quell infnzia : neque enirn m iki banani quicquam significare videbanlur cervix m i nim e firm a , hum eri quos subinde agilabat et attollebat, oculus vagus et oberrans, ac fariosum quiddam intuens, pedes insta bile! et titubantes , nasus contumeliam spirans , vullus linea m ento ridicula idem significanti^ , risus protervi et extestuante s , nutus et renutus om ni ratbne carentes , sermo hterens

(a)

Citt della Siria.

( 4) Orat.

3, pag. 83.
O t i A x k fttr tv i Ji Afi i mi

(c) I

( Kf>rv) < M n lf t t rAA*s H n f t . (</) Atnm. lib. a5, cap. 10.

Prefazione di S. P. alle Op, se. d Giuliano.

08
spiriluttfue intercisili, interrogationes procipites et im perita , responsione* hit nihilo m eliores, a lia alias insultantes , non autem grava et constante!, nec eruditionis ordine progredien te* (a). Pittura questa senza dubbio di grande ar tefice, ma
il Santo ritrasse nell'apostata il gi posseduto dal demonio. (10) J uL in Misopog. (11) Gli antic h i anzi riputavano M paganesimo come la prima religione di cui gli nomini goduto avessero il benefi cio. Nella sua calla, nell1Egitto cio, l'origine del politeismo perdevasi nella notte del tempo. I sacerdoti, che ranlarattsi di remoti ed esatti registri cronologici, affermarono al loro ospite Erodoto (b) che la egiziana teologia distinguer nell'or dine del tempo tre maniere di diviniti ; vecchie in numero di otto, tra le quali annoveravasi Pane; nuore che giungevano a dodici, e tra queste una era Ercole; e finalmente altre an cora di pi novella creazione da quesle ultime generale, Ira le qnali riverivasi Dionisio. Dalla deificazioue di Ercole modern o iddio, e da quella di Dionisio, che dello abbiamo essere an cora de' pi moderni, sino al regno di Amasi, che f u con temporaneo di Solone e di Policrate, contavano essi per la prima nn periodo di diciassette mila anni, ed uno di quin dici mila per la seconda. Se tale era dunque l'antichit dei moderni iddi di quel popolo, quale diremo che quella fesse di Pane e de' suoi venerandi colleghi ? Rimpetto a s remota origie nuova affatto pn dirsi la greca mitologia. Ella non che la primogenita figlia dell'egi zia, e forse pu anche un tale primato contrastarsele, da coi co' nomi degli iddii trasfer ai proprj e nuovi suoi Ercoli e Dionisj, I' uso delle processioni, delle sacre radunanze, e di quasi lutti i riti religiosi che il corredo materno forma

ta ) O rat. 4> p*g- n o . (A) Lib. 3 , n. 44 e i 45.

99
vas o (n). Sembra per che alla genitrice rimanesse come pro p rio e speciale carattere il culto degli animali. Vellejo presso C icerone (by, ricercando perch da noi sogliasi rappreseutare la divinit sotto umana forma, rinviene sagacemente la causa nell' opinione in cni siamo dell' eccellenza della nostra sopra le a ltre specie di virenti, ma rappresentarla sotto le ferme d e ' p i vili anim ali, parrebbe al certo 1* ultimo termine delI nolano delirio, se un popolo, allorch egli stesso l instiIn te re della propria religione, non fosse a credersi che segui t asse l impulso delle sue par t icolar i necessit, che quanto d ire venisse a formare una religione per lui a sufficienza ra gionevole. E poich di sentiero gi uscimmo, ci si conceda u n cenno su d un passo, gi da altri considerato, di Strabone che molti secoli dopo Erodoto viaggi fra gli Egizj. F a vellando egli dei popoli che posti sono al settentrione del D e lta , descrive de' tempj d BubastO, d'Eliopoll ecc. in cui o non iscorgevasi simulacro alcuno, o essendovene, era esso di forma puramente animale: simuUtcrum vero ant nullum , tuli non ad hominis formam , sed bestiie alicujus effictum (1). W abnrlon credette pcter quindi conchiudere che la forma a n im ale, fosse la pi antica maniera di rappresen tare la di vinit tra gli Egisj. Che che ne sia intorno a ci , l'a ste r sione di Strabone Aon sembra appieno corrispondere a quanto viene riferito da E ro do to , ed ai monumenti del culto egizio a noi pervenuti. Ricorda lAlicarnasseo delle divinit a testa di animale, od anche a semplice simbolo, come di Giove col capo di Ariete, l'iside colle corna, di Pane Capripede ec. (</),

(b)

(a) Erod. lib. s, n. 4a, 47> 49. D e Nat. D eor., lib. 3.

58, i 45, i 46.

(c) Ei> JSJt,


gmmt Titt, pag. 8o 5, cdit. Casaub. (J) Erod., lib. a, o. 4? e 46-

100
ma d i f orma intera non credo, avvegnach sia n oto che pa recchi animali riveriti f ossero appo quel popolo non solo come sacri, ma eziandio come iddii (a). Questo stesso osservasi n d lOsiride, nell'Anubi, e nelle altre tre figure che a testa od a simbolo di animale ci rimangono (A), e cosi Api rappresen tava colla testa di vitello innestata sul corpo am ano, non altrimenti che il vitello d or degli Ebrei. F orse Strabone prende ivi la parte pel tatto. N la diffusione del politeismo provasi gi meno della sua antichit. Gli Egiij non solo ma i Pelasgi , antichi greci di Arcadia che popolarono Atene, e poscia migrarono in E trar ia , prima di qaella che appelleremo moderna G recia, rive rivano gl iddii del paganesimo, e da essi gli Ateniesi r icevet tero il culto di G iunone, di V esta, e di altre Divinit (c); prima i Libj adoravano Nettano, ed i Fenici an tempio ad ditavano in Tiro, esistente da due mila trecento anni sino ad Erodoto (d), mille novecento circa sino ad Omero ed Esiodo, che pur furono i primi ordinatori del greco gentilesimo. Ce lebri sono gli Dei alati di questi aitim i, e lApollo cartagi nese e le loro statue di smeraldo (e). Non meno antico, n diverso il culto degli E truschi, sia che ricevalo 1' abbiano dagli Egiaj, dai F enici o da Pelasgi loro progenitori, e seb bene in qualche barlume della loro cosmogonia conservatoci da Suida ( f ) siasi preteso riconoscere de* vestigi della lege

() E ovverchio avvertire ch e intendiamo forma intera d el si m ulacro del nom e a cui il tempi o sacrato ; perch le sfingi ed altri animali colpiti a titolo di divozione e di orn a m e n to , comuni erano a tutti i tempj egizj. ( ) W in ch elm a n , Storia dell arte ec., lib. i , cap. a. (c) E r od ., lib. a, n. 5o. (d) L ib. a , n . 45() App. Libych-, pag. 57. ( / ) In voce Tlgrrreni.

101
Mosaica o della stoica filosofia , i loro aruspici, i loro sacri fie j, ed i tan ti monumenti delle arti loro a noi pervenu ti , tro p p o attestano che nn politeismo quasi affatto al greco so m ig lia n te , formava la pratica loro religione (a), onde siavi m estieri rammentarlo. II resto dell Occidente, prima dellanm en to di Roma, offre oscure e deboli tracce alla storia, ma titi l la meglio prova la diffusione di qnel callo, quanto l'aver e ll a stessa -in ogni tempo adottato i numi de' popoli conqui s ta ti; dal che deesi inferire che di natara fossero a quella de i proprj somigliante. I P ersiani sembrano formare una eccezione nel mondo antico. Non chiudevano essi la Divinit ne tempj , e non rappreseotavanla con simulacri. Pare che cosa altro diremo la loro religione che un politeismo rivolto al cnlto degli Astri e degli Elementi? e senza dire della moderna sentenza che tutti i colli vuole da tale origine derivati (A), che cosa altro di remo il greco paganesimo spogliato delle favole popolari, che il colto del Sole, della Luna e degli Astri, considerati come materiali rappresentanti di esseri immateriali (c)? riverivasi per Giove anche da' Persiani, avvegnach per questa Divinit essi intendessero la volta de Cieli, e con due nomi di nn suono medesimo di Mitras cio, e di Milhras adoravano col primo Venere, e col second Apollo o S I sole (</), sotto la quale ap pellazione ricevette questo Dio anche la cittadinanza del1 Olimpo romano (e), e 1 aso pur essi aveano dei sacrificj,
(a) W in c h e lm a n , Storia delT arte tc., lib.

3, cap. i , deduce una

forte prova dell* origine greca d ell Etruria dai monumenti etrotchi c h e tutti rappresentano o storia greca, o greca mitologia. ( i) nolo eaiere questo l o scopo d ell autore dell* opera sulla Origine dei culti. (c) Julian. in C yrill.

(et) E r o d , lib. i, n. i 3a. (e) Plutarco, nella vita di Pompeo, afferma che i Romani appre
sero questo culto dai pirati sconfitti da Pompeo. Note tono le in scrizioni. Dto soli invclo Mithrat, e ruimini inficio Mithrae.

d02

bench di Tersi da quelli de' Greci e degli Egizj (a), e la di vinazione inerente all' eredi tario sacerdozio de' M agi, teneva appo di essi le veci di oracoli. Maggiori non solo, ma grossolane tracce di politeismo of frono gli Assiri, sebbene abitanti lo stesso cielo de' Persiani. Celebre il tempio di Giove B elo , ed - il culto che da esci prestava! a Venere adorata sotto il.nome d Milita, per coi ogni donna babilonese tenuta era a mescolarsi uqa volta du rante il viver suo con nomo forestiere (b). Nel lempi o di Giove che sorgeva suU'estrema d quelle. torri l'n n a aH 'altn sovrapposte, che 1' idea risvegliano di un osservatorio ast ro nomico, non vedeasi, vero, simulacro di nume alcqn o, ma i Caldei affermavano che in qnella vece il Dio stesse, a so miglianza di Apollo 1/icio, visitava ogni notte la sua casa per giacervi con femmina mortale (c), onde stavagli apparecchiata mensa e letto d ' oro. U o simulacro per d ' oro di Giove se dente, con {sgabello d' or o, vide Erodoto in altr o tempio posto inferiortnente nello stesso sacrario di Belo, ed i sacerdoti as sicurarono che un altra statua di Giove anch essa e (olla doro, alta dodici cubiti, cravi stata non gnari prima in qnel sacrario medesimo. Vuobi dunque da ci conchiudere che tempj e simulacri non vietava agli Assiri il lor cult o, e fone u n cenno essi meritavano da Winchelmann.che pur traila dellArte presso i Parti ed i P e rs i, ed attribuisce alla l o ro re ligione , lo scarso progresso che fecero nelle arti del dise gno (d). La legge di Mos intesa principalmente a preservare il soo popolo dalla mescolanza di straniere religioni, gli proibisce il

(a) E r o d , lib. i , n. i 4o. ({) Erod-, lib . i , n. 199. (c) E r o d , lib. 1, n. 178 e i 83. (d) W inchcl-, Storia ec., lib. a, cap.

5.

105
c u l t o degl'idoli dei paesi confinant i (a): regnava dunque appo qu esti sino da quel tempo I1idolatria. E abborrendo dalle so fistiche ed empie- investigazioni degl' increduli, esiteremo dire c h e vestgi di paganesimo rinvenir si sogn pauam enle anche n e lla legge medesima di Mos? la misteriosa natura degli An geli da essa accennati, non si pot paragonare a quella dei G e n j e de' Semidei della favola ? nel celebre passaggio della S c r i t tura : videntes J ilii Dei, ftlias homnum tjuod essent pul-

chree, acceperunl sibi uxores, e x omnibus t/uas'elegerunt (b%


p rim a che il concorde sentimento della chiesa promosso da S . Cirillo (c) e da S. Agostino, veduto avesse in esso adom brati i figli di Selh e la prole d Cain, non si lessero accop piamenti che poterono rassomigliarsi a quelli di Apollo, d D iana e di ta n t'a ltri? N i misteri della religione rivelala, prestarono minor materia a ree comparazioni. La trasmutaaione insegnata dal mistero Eucaristico, non fu ella detta u n ' immagine della trasformazione di Giove in pioggia, in aquila ecc.? L'incarnazione del Verbo snl fianco della Ver gine, non nna somiglianza della prole del cervello di Giove? la sconosciuta vita che trasse in Giudea il Salvatore, non fa ella paragonata a quella pure sconosciuta che p e t l ' istruzione degli oom iui, trassero nella Troade Mercurio ed Apollo? Valgano tali cose solo a couchiudere che l'Universalit del politeismo, pot prestare maleria ad ogni pi strano e sacri lego ragionamento. Prima di abbandonare questa no ta .venula ornai a termi ai d nna dissertazione, facciasi anche un cenno intorno allo stalo d 'id e e religiose che nel suo scoprimento offerse l'A m erica; l infanzia di una moderna societ, nataraloienle ammaestra

(a) D a y ., p iai. 1 13, v . ( 4) Secondo la Vulgata, (c) C yrill. in Jul.

4-

104
intorno all infanzia delle antiche. Il sig. Robertson () di stingue in queste idee Ire punti, o stazioni diverse, a cosi dire. L e trib in istato di natura sembravano non avere nessuna nozione di sovraumane potest che al governo presiedessero dell'universo, quelle in qualche societ riunite e che d 'u n passo allontanate eransi dalla nativa barbarie, riconoscevano un politeismo puramente a difesa, a cos esprim erm i, o pi presto ona pluralit di Genj e di semidei a cui attribuivano ie calamit della spezie, ed i disordini della natura, e cui im ploravano non tanto pel conseguimento de' b e n i, che p er la cessazione de mali ; e le trib finalmente pi incivilite, o, a parlare pi adeguatamente, meno selvagge delle altre, profes savano nn politeismo astronomico, assai somigliante a quello de' Persiani. In una sola parte di credenza videsi un m ira bile consentimento da nn capo all'altro d America: la dot trina della vita futura regnava del pari e Ira le pi barbare, e Ira le pi incivilite trib. Questa successiva mutazione d 'id e e religiose nel selvaggi pu per avventura sembrare propria del suo progressivo dirozzamento. L universo annunzia una potest sovrannaturale, ma all uomo contemplativo. Occorre che lo spirito consideri gli e (Tetti onde conosca la necessit di ammettere la causa (b\, e l uomo in islalo di natura poco diverso dal brolo , trova ancora la sua mente a tale sforzo inferiore. Non cosi avviene della credenza di una vita futura. Ella un sentimento dell'a n im o , non u n 'id e a che proceda dalle'operazioni dell intellelto, una cara speranza infine della sofferente debolezza Unto pi propria della vita selvaggia, qnantoch questa ac cresce i mali della spezie, e cosi strettamente collegata al

fa) Storia dAmeri c a, lib.

4> pag- 353.

Ripeto qui un idea del aignor R obertson , ch e somm inist ri orgine alla mia pr o fezia.

(b)

105
l'a n a a n a natura che, con sorprendente uniformit, (rotasi spana in ta t ti i tempi e fra gli uomini tulli del vecchio e del nuovo c o n tin e n te . Seguitando il selvaggio con le nostre conghietture, non appena le sue facolt usciranno dalla loro pi inerte e p ig r a indolenza, che il vedremo nalaralmenle rivolgersi a ri c e rc a r e le cause di quelle tra le cose che lo circondano, che p i la sua specie interessano, e colpiscono la sna fantasia. L 'a b i t n dine il rendette incurioso dei giornalieri benefizj della n a ta r a ; e siccome questi non procedono che dal regolare adem pim ent o delle sue leggi, cos egli non avr d uopo di spiegare a s stesso che di queste leggi l'eccezioni, cio i di so rdin i della natura stessa; i quali mentre arrecangli una reale interruzione di beni, sbalordiscono anche il suo spirilo colla m eno frequente loro apparizione. Non il senso quindi coesi stente della salute, ma le malattie della specie, non l'ordinar i corso del sole od il ritorno delle stagioni, ma la strage del fi)Idi ne, la bufera che svelle i nidi della sua cacciagione, lo straripamento de fiumi e ie innondan o la sua tana, questo ci ch'egli ha bisogno d'intendere, e per cui cerca un ri poso all1inquietudine del suo spirilo. Creer dunque egli al lora dei numi a quali attribuir possa le ignote cagioni di tali fenomeni, e non potr essere eh'essi non sieno di una.natura malefica, se autori gli si palesano di tanto sua danno. Con cepire un essere puramente inlelleltoale, sarebbe uno sforzo superiore alla capacit del suo spirito : la sua- composizione non potr essere che il risultamento delle sue idee antece denti. Poich il mondo visibile gli si offre tntto corporeo, trasporter questa idea all'invisibile, poich l'amore di s gli rappresenta la propria forma come pi prestante di quella degli altri anim ali, non potr non accordarla ad un essere eh' egli stima a s superiore, poich infine egli scorge che dato anche all'uomo operar qualche cosa, assocer s stesso nella sua creazione, e comporr i suoi numi di quella mista

406
natura che partecipa della tua scienza e della sna ignoranza, di ci eh egli intende che in potest d nomo sia fare, e di ci eh egli reputa a questa po test superiore. Popoler dun que il mondo di genj e di semi-dei. Ma alcuni passi ch egli ancora avanzi nel suo diroszamen to la gratitudine, affezione che passando al cuore per mezzo dellintelletto, suppone sempre un qualche maggiore sviluppo nelle mentali facolt, sar per Ini artefice di numi come lo fu prima il terrore. Migliorando la sna esistenza col suo in civilimento , la sua ragione frener lo sbigottimento del sno spirito per gli apparenti disordini della natura, dolcemente arrestandolo sulla infinita sapienza delle sne leggi. Alzer egli allora lo sguardo alla volta de Cieli come alla prima fonte da cni ella disserra i suoi beneficj, e sbalordito atter randolo, riempier I olimpo d numi. Nel perenne corso de gli astri vedr limmagine di una natura immutabile, nella fecondit eh essi spargono il portento della creazione, nel riso che la loro presenza diffon< sull'universo, e nell'oceano di luce che li riveste, i-degni beneficj e le degne sembiaeze di presenti e visibili Divinit. (12) Come il paganesimo nou avea avuto un primo iastitutore, cos aver non poteva un regolare sistema di d ottrina. Nato in diversi tempi dal bisogno e dalla riconoscenza, nggevasi per incerte memorie e pratiche tradizionali. Il litro di Evemero intitolato Ufm-Aimyfmfn Storia sacra compir sotto i primi successori di Alessandro, da un passo di Dio doro Siculo conservatoci da Ensebio (a), sembra che lira non fosse che una collezione delle iscrizioni fatte sulle tombe degli eroi deificati, e conservate ne' tempj che snlle lo o k stesse inalzavansi alla loro memoria, come poscia so quelle de'M artiri edificaronsi le chiese cristiane^
(a) P rarpar. Evaiig. , lib. a.

107
( 1 3 ) Questo appena il periodo, o s determini lo stabi l im e n to della nostra fede colla conversione di Costantino , q u a le che sia l'epoca in cui si voglia collocarla, o col cele b r e editto di Milano dellanno 3 i 3 , il primo ohe concedette il pubblico esercizio del cristianesimo. Non ancora per era e sso , a propriamente favellare, la religione dello stato, e non in u tile osservare che per una contraddizione, che manifesta il bisogno che area In politica di rispettare le consuetndini d e llantica fede, glimperatori cristiani sino a Graziano, che fu il primo a rifiatarlo, assunsero e ritennero gelosamente il massimo pontificato. (14) Leggesi nel codice Teodosiano (a) nn editto di Co. stanzo che commette la chiusura de tempj e la sospensione .de'sacriflcj, sotto pena di morte e perdita di b e n i, ma sentimento degli eruditi che sia esso pi presto una minata <li legge intrusa nel codice posteriormente (i). Checche ne sia intorno a ci, se questo editto fu pubblicalo, non appare cert o che sia stato eseguito. Quattro anni circa dopo la data (li questa legge, lanno 357, Costanzo visit I antica capi tale, e {la quanto intorno al soggiorno che vi fece traman darono a noi due scrittori pregevoli entram bi, e posti in p oca distanza di tempo 1 uno dallaltro, cio il celebre Q . A. Simmac o pretore urbano sotto Teodosio, e lo storico Amm iano, dobbiamo conchiadere che, nella capitale almeno, professavasi pabblicamente il paganesimo sino quasi alla fine del quarto secolo. Vero che quest' altimo descrivendo ben ch distesamente1 le cose allora operale da Costanzo, non en tra neparticolari toccati da Simmaco in favore della religione pagana, de quali tra poco favelleremo, ma tuttavia accompa gna il suo viaggiatore ne lempj della dea Roma e di Giove

(a) Lih. 16, n. X, leg.

4-

(b) Gibb. della decad. e c. dclJJm. R . , c ip . 17.

108
Capitolino, e il rappresenta compreso di riverenza pei monameati della patria religione. N il suo silenzio intorno a qnei particolari , sembra che indebolir possa la testimonianza di Simmaco; perciocch non fu gi che da Cosiamo si giovasse al culto pagano con nuove inslituzioni onde avessero a tr ovar luogo nella narrazione storica di Ainmiaoo, ma s col non aver recato nocumento alle antiche, ci che naturalmente inneslavasi nell' orazione di Simmaco , diretta ad implorar la tolleranza del culto stesso. O r dunque questi nellaccennala orazione (a) a Teodosio, in cui implora che ristabilito venga laltare della Fittora nel primiero suo posto della curia ro mana, e che ad amb i culti cristiano e pagano sia conceduta una libera ed egual tolleranza, volendo spronare il su o prin cipe con l'esempio della moderazione palesata da Coslanzo in quel suo soggiorno, cos s esprime: accipiat eeternitas vestrn alia ejusdem Principi} Jacta , qua in usum dignius trahaL

N il ille decerpsit sacrarum virginum privilegiis, decrevil nojbilibus sacerdotia, Jtiomanis caeremoniis non negavit impensas, et per omnes vias alernae urbis laelum secutus Senafunt, vidil placido ore delubro, legit inscriptn fastigiis deartun no mina, percunclatus est templorum origines, rniratus est con ditore*. Cumque alias religiones ipse sequeretur, has serva gli imperio. Da qui dunque veniamo a conoscese che ancora
oltre la met del quarto secolo, sotto il regno di un principe Ariano quale era Costanzo , celebrato come ano de p ia ar denti difensori della fede, l'ordine delle Vestali riteneva i suoi privilegi, percepiva i suoi emolumenti, ed esercitava senza riserve il suo culto, le dignit sacerdotali erano un* onorevole distinzione della nobilt, le feste religiose celebravansi col olilo dispendioso splendore, e le inscrizioni che i nomi . esprimevano degl' iddj leggevansi ne frontespizj de tempj. Noi

(a)

Epitt., lib

X, n. 54.

409
vediamo, eziandio pe r questa oraiione che alla fine del secolo stesso, e dopo la breve, ma non interrotta successione di *arj p rin cip i cristiani, poter un pretore perorare sotto un impe rato re ortodosso la causa del gentilesimo, chiedere, come ne cessario a contenere la fede degiudici e dei contendenti, il ristabilim ento di un altare nella curia rom ana, e pretendere pel cadente suo culto quelle ampie concessioni che pongono il tollerato in perfetta eguaglianza del pubblico. S . Ambrogio, che alcuni anni prima sotto Graziano erasi opposto alle stesse domande di Simmaco, ed a cui non manca chi attribuisca la persecuzione che poscia gli mosse Teodo sio, rispose all'orazione di lui con altra diretta-ai giovane Va lentiniano, ed il silenzio di questo santo intorno alle cose at tribuite da Simmaco a Costanzo , una novella prova della loro veracit; come nnaltra ne del pari quello di Aurelio Prudenzio, poeta cristiano dell et stessa, che adorazione di' Simmaco rispose con due interi libri di versi. Senzach riesce soverchio il dire che un pretore di Roma , un uomo della fama e probit di Simmaco , non avrebbe voluto asserir dei falli cbe, dove falsi fossero, contraddetti li avrebbe la testi monianza del principe a cui rivolgeva il discorsa, non meno che quella dei conlemporanei. Noi non saremo al certo i lodatori n dei sentimenti, n delleloquenza di Simmaco, trppo vilipesa dal Tiraboschi (a), m a non sappiamo esimerci dal considerare queste due ora zioni , di S. Ambrogio e di Simmaco, sotto un aspetto assai p i importante. Delira miseramente il pagano allorch appella la sterilit dei raccolti e la fame che seguitavali, una puni zione degli irati suoi numi pel negletto loro culto, q per la miseria in che languire lasciavansi i suoi sacerdoti ; ma parr p er avventura chei favelli da discreto credente, e da non ispregevole filosofo , allorch implora dal principe la lolle
(a) Sto ria ec., voi.
3,

lib. 4> pag- 4*3.

110
ranca dietro questa giusta osservazione: eadem tper.lamus m ira,

comune ccelum est, idem nos mundut involvit. Quid interest, qua quisque prudenti^ verum inquinai? uno itinere non potett perveniri ad tam grande secretum. A coi il divino Ambr ogio eoo quella gloriosa fermezza che annuncia l'arcivescOvo il
qnale sar per trarre a pubblica penileuca il sno imperatore, risponde : quoti voi ignoratit, id nos Dei voce cognovinuts. E t quod vos suspicionibus qiueritis, nos ex ipsa sapientia D ei et ventate compertum habemus. Non congruunt igitur resini no~

biscum. Vos pacem D iis vestris ab imperatoribus obsecratis : nos ipsis imperatoribus a d iritto pacem rogamus. Cos duoqne Dio squarci per Ainbrogio la densa notte con cui rico pre i suoi misteri! (15)- I falsi, coloro che abbracciavano la nuova religione per piacere al principe o per paura d lu i, i martiri quelli che preferivano di piacere al cielo. (16) Sembra in fatto che si voglia maliziosamente far in tendere oltre il vero, allorch si ripete che Giuliano abbia abbandonata la religione de suoi avi. (17) Secondo Zosiino (a) la conversione di Costantiao non avrebbe avuto effetto che dopo la morte di Crispo e di Fau sta. Il-passo notevole per la sua ingegnosa malignit. Dopo avere narrata I uccisione di C rispo, ed il soffocamento di Fansta , l'autore aggiunge : Horum ipse sibi conscius, e t prce-

terea contemplo sacramentorum religionis: ad flamine* acce derti admissorum lustrationes poscebat. His respondentibus, non esse tradilum lustrationis modum , qui tam foeda eluere piacula posset. /Egyptius quidam , ex Hispania Romam delalat paLitinisque mulierculis Jam iliaris fa c lu s , et ad Constantini colloquium admissus, sententiam doclrinte chnstianornm ba lere vim abolendi quodcumque peccatum confirm avil, et id
(a) H itt nova, lib.
3,

pag.

180.

m
ipsum adito polliceli; nimirum acceptanles eam homines imp io t , m ox ontni M icio liberar!. Eam orationem tjuum non gravate Constantinus accepsief, ac pattila mista faceret, per cepii* iis q iia h ic sEgyptius offerebat, principium hoc dedit, ut divinationem tuspeclam haberel. Nam quod ei inulta res prospera per hanc pradicla /u iite n t , eventumque re ipsa sor tita : verebatur, ne itidem aliis adversus ipsum hanc const*lentibus, id ynod futurum esset, prwdiceretur: aft/ue hoc consilio im pulsus, ad huiusmodi abolendo se convertii. Con la
prima parte di questo racconto Zosimo ripete unaccusa fatta al Cristianesimo da tutti i Gentili dell era sua, e moderna* meote non obliala. Con la seconda egli assegna alla conver sione di Costantino delle ragioni che deonsi ritenere false da ogni Cristiano, ma da ogni sensato uomo, non incompatibili con la natura umana. D ote anche per non si volesse ammet tere la sospetta testimonianza di Zosimo, certo che Costan tino non ricevette il battesimo che nell ultima malattia della quale mor. (18) Intorno al carattere di Gallo pu consultarsi Ammiano (a), e quanto alla sua religione S. Gregorio nell'orazione terza di quelle contro Giuliano (6), dove raccontatisi i pr odigj avvenuti nella fabbrica del tempio di S. Marna martire di Cesare a , intraprsa dai due fratelli. La terra rigettava crol lando la parte dellopera che facevasi edificare dal futuro apo stata, paragonala ivi al sacrifizio di Cain ; mentre con mera vigliosa celerit sorgeva in alto quella che costruir facevasi da Gallo, accetta al Signore come giusta ed intera, non altrimenti che il sacrifizio di Abele: alter quidetn vere et serio pietatem profitens ( quamvis enim natura Jerocior ac /invidiar esset, vere tamen aq sincere pietatem colebat). Cos Gallo non era per S. Gregorio che nn cerve! balzano, orgoglioso, vivace. Fra (a) Lib. i 4, cip. i e 6.
(b)

P.g. 54-

112
le' le ttere di Giuliano re n'ha una di sno fratello scrit ta dalla sua residenza di Antiochia mentre era Cesare, a lai che trofirasi nella Ionia. Esprime in essa la penosa sollecitudine ia cui posto aveanlo le nuore corse dell apostasia di l a i , e lesorta a perseverare nel suo amore per la fede cristian a. A p pare anche da cotal lettera che Gallo era debole e feroce T ma pio. (19) Gallo, di cui opra, creato da Costanzo Cesare del1 Oriente. Egli era sno cugino, perch nato da Giuli o C o stanzo fratello di Costantino. Il fece morire a Pola nellIstria, dove alcuni anni prima Costantino fatto avea trucidare I in felice e valoroso Crispo. Anche suo fratello confessa che G allo era indegno di regnare, ma sostiene che degno egli era di vivere (a). F orse sarebbesi espresso pi adeguatamente dicen do, che la insufficienza e debolezza sua, permettevano a Co slanzo di lasciarlo in vita senza proprio pericolo. Ain oliano deplora a questo modo la turpe morte a cui fu fallo soggia cere da suo cugino : et ita colligatis manibus in modum noxii cujusdam latronis, cervice abscissa, ereptaqne vullus et capi/is dignitate, cadaver est reliclum informe, paulum ante urbtbus et provineiis form idatutn (b). Il Nazianzeno non poteudo in questa occasione evitare la difficolti di biasimare la condotta di uno dei due principi cristiani, salta il malpasso con br*> vura di sdo pari : ac Casari quidem et imperium e t ritei

finem accipit: (juce enim interea acciderunt, silentio premam, tam ejus grafia qui fe c it, tftiam ejus qui passus est: quorum utriusque pietatem venerans, temeritalem haudquaquam laudo (c). N ota, industre parola temeritalem ! quanto alla religione di
Costanzo V. Amm.,lib. a i ; Fleory, Hist. EcdsiasL tom. 11; ed il P. Maimbourg, Hist. de larianismei
(a) Jul. Ad Alhen.

(b) L ib . i 4, cap. 5.
(c) Oraz.

3 , pag. 57.

m
(ao) questo pare il sentimento di La-Blet. V. De Ja l. p . a i , e di G ibbon De la dcad. e tc ., cap. ao. (a i) Udimmo anche modernamente, ed noto essere stata a ltres in addietro ana questa delle accuse fatte al segretario F io re n tin o , rinovellarsi la dottrina che lo spirito della reli g ion e cristiana, possa essere poco propizio a nutrire la fie rezza dell'animo ed a sollevarlo all'orgoglio delle armi. Che c h e ne sia di ci, la fede potrebbe, noi crediamo, assai di b a o n grado consentire ad ana accasa che sarebbe appun to laminosissima prora, dove di prore ella avesse d'nopo, della sn a santit, se lesperienza non rendesse manifesto che o falsa l ' accasa, o pi veramente che ben pochi leali seguaci ab b ia la religione. P er altro fa questo in ogni tempo il sent i mento dei pagani, ma esso prevalse specialmente nel regno del pio successore di Giuliano, che col trattato di Persia venne a segnare il primo smembramen to dell impero. Una tale sentenza vaole esprimere altres Simmaco allorch nella aopraccitata orazione a Teodosio fa dire a Roma : Vivtun

more meo quia libera sum. Hie cullus in leges meas orbem redegit, iute sacra Annibalem a manibus, a Capilolio Senonas repulerunt etc. Sotto Arcadio ed Onorio, figli e successori
di Teodosio, limpero venne a farsi preda dei b arb ari, e pochi anni appresso a miseramente perire. Se qualche osti nato Gentile ancor rimaneavi, qual funesta e luminosa prova non poteva egli allegare della profezia di Simmaco? Ben ch Giuliano avesse con larmi assicurato lesterno splendore dellim pero, tuttavia a cagione dellinterne piaghe che straggevanlo egli il riputava nella sua attuale decadenza. Tenea per fermo che lo spirito d intolleranza, e le goerre religiose de cristiani, tratto avrebbonlo al suo totale disfa cimento. Cos egli scrive ad Artabio: che tutto nello stato per a cagione de'G alilei, e domanda agli Alessandrini: qual
Prtfaziont di S. P. alU Op, te. di Giuliano. 8

114
vantaggio ricavato mai aveste la repubblica dalle dottrine di quelli (a) ?
(aa) La dottrina di Platone Data 36oaun i avanti G . C ., dopo la varia fortuna cbe corso area cella cuoia Alessandri na, e nelle posteriori dispute delle sette dei Docili e d e i Gnostici, dopo che sotto il regno di Nerva, Dio stesso rive lando all' apostolo S. Giovanni che il Logos erasi incarnato nella persona del Salvatore, degnato avea d* imporre nn 6 ae allo dispute, riaorta era con infausto corteggio di grossolane imposture nei platonici del te n o secolo, tra quali rive r ivansi corifei e capi-scuola Plotino, e Porfirio suo discepolo, anteces sore pur egli e maestro di Jamblico, che fu anlessignano vicenda della scuola del secolo vegnente. 11 sistema religioso di Giuliano' nella' sua parte speculativa seguitava rispettosa mente lidee del primo maestro. Riconosce egli in questo si stema .l'esistenza di -una prima causa autrice dell1 universo, ab eterno immortale, ed. invisibile agli occhi demortali. Ogni immediata creazione della sua volont, partecipa necessaria mente degli attributi della sua natura. L anima ragionevole opera immediata della sua volont: dunque ella immortale. L a perfezione del mondo fisico esigeva per degli esseri orga nizzati e caduchi. Se questi fossero stati 1 opera immediata di' Dio, trasfondendo egli, come detto abbiamo, le propriet della sua natura, gli enti creati sarebbero stati eguali a l loro creatore, e la pi vile delle cose create eguale a D ia. Fa dunque forra che per lui saffidasse nn tal ministerio a infe riori potest. A tale effetto gener egli varj ordini di minori Iddi, immortali si anch'essi, ma non per intrinseca co ndiaoae della loro oatnra; perciocch tutto ci o h ' costrutto pu essere distrutto, ma pel volere di Dio, il quale pi possente della natura stessa, non pu nell ordine della sua giusti zia,
(a) J u l., e p iit n.
7,

47-

115
p e rm e ttere la distruzione di ci' che stato creato nell'ordine d ella sua ragione. A queste subalterne Divinit egli commise la fabbrica del corpo umano, l'anima gi ssendo stata creata da D io, e dei tre re g n i, anim ale, vegetabile e minerale, ed queste egli add la cura di go vernarli e riprodurli. Coti si divsero gli ufficj Marte, Venere, Minerva ec. Questi Nuoti possono talvolta visitare la terra, ma il loro abituale d omici lio il cielo. Essi sono invisibili agli occhi de m ortali, ma sim ulacri visibili di essi sono gli A stri, eterna fattura puf questi della prima causa. Il Logos detto dai Platonici e da G iuliano Demiurgo} (), una spirituale intelligenxa, un im magine delluniversal Padre, nna immediata emanazione della sn a natura. Egli ha il governo delle subalterne D iviait, le qu ali sotto il suo reggimento esercitano il loro minislerio; egli classific il mondo materiale, ed in lui anderanno a riunirsi le anime virtuose. 11 Sole occupando nel mondo fisico il po sto chegli occupa nell'inlelleUnale, ei lelesse per suo domi cilio e per suo rappresentante. Su questa serie dIddii gli uni dagli altri dipendenti, fon davano i Platonici la loro scienza Tbeurgica. Pretendevasi da essi che col renderseli soccessvameute propizj, potesse lani m a dell iniziato salire di grado in grado sino a godere della vista immediata del divino suo Antore, ed ivi assorta nell'abisso del Vero e del Bene divenire Dio ella medesima. Deduco questa sommaria idea deMa dottrina religiosa di Giuliano dalla sua opera contro la religione cristiana conser vataci quasi per intero da S. Cirillo, e dalla sua orazione ad regem Solem diretta al suo amico Salustio,' ma confesso che n queste o p ere, n le moderne esposizioni del sistema pia* tonico hanno potuto cos al mio spirito r appresentarlo , che t utto il venisse ad abbracciare chiaramente. Gli attributi del

(a)

Condilor.

416
Logos confandomi visibilmente eoo quelli della prima causa , e gli attributi del Sole con quelli del Logos. Ora questo astr o chiamato n y y ttn t del Logos simul natus, ora considerando le propriet dell immutabile sua natura, trova egli che a ra gione tenu to dagli nomini per an Dio, o per la sede di un D io lt*t m i h i t f i t t t urt\Ctr (a). Oltre le'sovraccennate, l'orazione in Deorum Matrem, dove
Giuliano imprende a spiegare la nota e scandalosa favola di Ali) e Cibele, gi prima in terpre tata da Porfirio, ed il lungo frammento del discorso intorno ai doveri di un pontefice, pos sono anche queste opere spargere qualche lume sul sistema p la tonico d i'q u es t'et, e sulle particolari idee di Giuliano. T a li cmponimenti sodo una grande, vero, ma infelice prova delr ingegno e della 1dottrina del loro autore. Qual vigore di niente non occorr egli onde in que' metafisici laberinti man tenere un metodo nel ragionamento? e di quante triste rifles sioni non ella feconda la vista dei penosi sforti di un grande spirito intento a persuadere alla sua ragione i delirj della sua coscienza, e quella s stretta colleganza in un sol nomo di grandezza e vanit umana ? cos intorno a queste malerie fa scritta per tutti i tempi la sentenza : Perdoni sapientiam sapientoni, et prudentiam prudentum abolebo (A). (a 3) Di questa sua inclinazione allastrologia cos egli stesso ue parla. Jtaque quoties in mthereum illum splendorem conji~ ciebam oculos puer , rapi extra se perculsa mens et attornia

sotebat ; alque adeo non illum tantum defixis intueri oculis optabam, sed etiam noeta, si quando sereno puroque calo fo rai progrederer, caeteris omissis omnibus, solus in ctelesles pulchritudines intentus hcerebam etc. Igitur et in illis contemplandis nimium studii ponere , et curiosus quidam esse videbar: ut me dif inondi ex astris peritum , quamvis adkuc im() Jul. in Corrili.
() P a u l , epist. i ad C orinth.

U7
berhem, non nemo suspicaretur. In reg. Sol. pag. i 3 i. Possono
Intorno alla magia di Giuliano consaltarsi Faucher Mm. de lAccad. des Ioscript., tom. 3 4 , la Mothe la V oyier. Art. JdI. Un insigne esempio che non sempre facesse slima degli au g n rj, P offerse nella guerra persiana , allorch disprezz i consigli degli araspici etruschi, i qaali assicoraranlo sulla scienza loro, ch'era d'uopo astenersi dal combattere il giorno dopo che fosse apparsa nel cielo una meteora. (a4) Che Massimo gli avesse predetto l'im pero, lassicura anche Socrate, Hist. Eccles. lib. 3, cap, i. Il dotto e Pio T illemon t (a) condotto a sospettare per nn istante die l am bizione abbia anchessa potato concorrere all'apostasia di Giu liano, ma cangia darviso sulla osservazione, che gi i dmonj vedevanlo con particolare affetto sino dall infanzia. (a5 ) Il sig. Gibbon de la Dcad. eie., cap. a 5 . ( s i) Jnl. Op. epist, n. 4 Z < (zj) E veramente se le pratiche de' favoriti e la debolezza del principe metleano a pericolo la vita di G ialiano, allora pure che ignoravasi il suo paganesimo, che cosa egli atten dersi poteva se deposta avesse la simulazione? sarebbe anche a dire che qaesta scabbia dell'animo sino a tanto che non rivolta a danno altrui, pi schifosa che rea, e che beo di versa labituale simulazione che forma lessenza di un ca rattere, da quella che uno costretto ad assumere per pror* vedere alla sua sicurezza. (s8) Costanzo simul di voler conferire con suo cugino in torno alle cose dell impero, e giur la sua fede per la sicu rezza di Ini. Amm., lib. 14, cap. 4. V. anche nota n. 18. (29) Intorno alle insidie tese a Giuliano , ed into rno al l opera di Eusebia redi Amm., lib. i 5 , cap. a: indetjue ad Julianum reoens perduclum calumniarum vertitur nutehina,
() Hitt de l Erop. I.

3, Jul.

448
memorabikm poste principer, gemino crimine , ut in ftrito t oestimbat, implicitum: quod Marcelli fundo in Cappadocs posilo ad Asiam demigrarat liberalium desiderio doclrinartm , et per Constantinopolim transeunlem viderot fratretn. (30) Id uhi, urgente malorum impendentium mole, eonfessus est proximis succumbere tot necessitatibus tanupte crebrit, mutui se (quod num/uam feceral) aperte deruonstrans. A min., lib. ) 5 , cap. i. It Nazianzeno torca di giustificare a p p o i Cristiani l'imprudenza di Coslanzo nella*er tolto dalla oscu
l ili privata suo cugino, senza prevedere che egli dava u a n e m ic o alla Chiesa, rappresentando quell imperatore come u omo di una evangelica semplicit: sed, ut dicebam, parum cauta

est simplicitas, ac benignitati adjuncla est imbecUlitas: minimeque is improb/atem suspicalur, cujus animus ab improbitate liber ac pmrus.est. OraL 3, pag. 59. (3 1) Queis adnitentibiis obstinate, opponebat se sola regina. Am ia., lib. i 5, cap. 1. Gli adnitentes sodo i nemici di G iu
liano , tra' quali principalissimo 1' eunuco Eusebio prefello del saoro .cubicnlo. Vedi allo stesso luogo lelaborato discorso di Coslanzo all'esercito, creando Cesare suo cugiuo. (3 1) Amm., lib. i 5 , cap. 1 e 17. (33) Inter hoc Beloni sorori Constantii, Julani conjugi

Caesaris, Romam adfectionis specie ductae, Regina tim c itisidiabatur Eusebio, ipsa tfuoad virerai sterilii: quaesitumque ve nenum bibere per fraudem illexit, ut quolieteumque concepiiset, mmaturum abjicerel partum. Nam et pridem , in Galliis quum inarem genuisset infantem, hoc perdidit dolo: quod obstetrix corrupla mercede, m ox natum praesedo plusqm m con volerai umbiUco necavit : tanta talisque diligtns opera navabotarne fortissim i viri soboles apparerei. Amm., lib. 16, cap. 4 .
Non pu intendersi, quali ragioni movessero il signor Gibbon de la Dcad. e ie ., cap. 19 a dubitare del fallo.

119
( 34) Il Tillemont ne ha raccolto diligentemente queste tei stimonianze. Fra le orazioni di Giuliano ' aivi una in laudem Eusebias Augustae. Essa abbonda di luoghi cotnnni, ma non manca di qnella modesta eloquenza ch propria del soggetto. Fosse per altro esso sterile, o Giuliano vi si prestasse a mal talento, la maggior parte delle lodi rivolgonsi all' ilhistre p ro sapia , ed alla castit di Eusebia. (35) I suoi timori non erano senza ragione. Era colpirne a rriso che la sua elezione fosse una rete che Costanzo ten deva alla sua inesperienza : illud tamen rumore tenui ublque jactabatur, quod Julimnas nan letaturus incotnmoda Galliarum electus est, sed ut posset per bella deieri saerissimn , rudi etiam tum , ut aestimabatur ac ne sonitum qnidem duraturus armorum, Amm., lib. 16, Cap. 8. (36) L imboccatura del Reno oggi pi'non esiste. Esso si divide internamente In varj ram i, e va a perdersi in parte nelle sabbie. (37) Le guerre Galliche si a ccennano brevemente da Giu liano ad A then., e distesamente da Zosimo lib. a e 13 , da Liban., orai. 3; e da Amm., lib. 1 6 , dal cap. 7 al i 3 , e lib. 17 , cap. 1 , a e 9. Il signor Gibbon ha trattato qneito periodo di -storia coll* eloquenza maestria sua ordinaria. (38) -Noi dorremo favellare anche 'altrove delle gest gal-1 liche di Giuliano. Zosimo rassomiglia la battaglia di Stras burgo a quella di Arbella. Descrivesi essa da Annoiano' con gonfio stile ma con militare intelligenza nel lib. 1 6 ,-cap. 11 e la . Lesercito romano erasi schierato in una cllina vicin al fiume. La cavalleria disposta per {squadroni era tostenula bei fianchi dalla sua fanteria; ma rottane l'ordinanza dall4in** peto de' b a rb a ri, ella gi abbandonata sarebbesi alla 'fga1 , se Giuliano con virile fermezza ritenendo i fuggititi non avesM reintegrala la zuffa. I nemici assalita aveano anche la riserva^ e penetralo sino alla -legione detta dei hrimani, solita ad oc-

420
capare il centro del corpo di battaglia, appellalo nel linguag gio militare di quel tem po, la fo rtezza . Ammiaoo cos coochiade intorno a questa giornata : ceeciderunt in kae pugna Romani quidem c c x l et i t i , rectores vero quatuor: ex A le

mannis vero sex millia corporum sunt inventa in campo constrata , et inaestimabiles mortnorum acervi perm utai fhim init jerebantur. Tum Julianus, ut eroi fortuna sui spectatior, m erifisque> magis quam imperio polenti Augustus acclamatione concordi totius exercitus appellalus, al agenles petnlanlifis m ilites increpabat, id se nec sperare, nec adpisci velie furando confirmans. Lib. 16, cap. i 3. Non so se sia stalo notato q ue
sto passo da cui raccogliesi che fimo da quel tempo lesercito voler proclamare Augnato Giuliauo. Probabilmente il P rin cipe conosceva che la cosa era per anche immatura. (39) Egli area'appresa la guerra sotto i vessilli rom ani, ed area sconfitto a Sens il Cesare Decensio, fratello di Magnenzio, militando per la causa di Costanzo. (40) Amm., lib. 7, cap. 1 e a. (41) Amm., lib. 17, cap. a. . (42) Properantem Constantium Orienti ferre suppetias , turbato propediem excursibus persicis, ut perfugae concinentes exploratoribus indicabant, urebant Juliani virlutes, qua* per ora gentium diversarum fa m a celebrior effundebat........stimo lante praefcto Florentio. A m m ., lib. 20, cap. 3. (43) Costantino aveva scemato il numero de'soldati della legione, che sotto la repubblica era giunto, sino a sei mila nomini, ma per quanto piccola essa fosse al tempo di Giu l iano, le legioni richiamate formare dovevano la pi gran parte dell' esercito di G allia, almeno di quello che poteva entrare in campagna, se tulle le forze di G iuliano, allorch mosse per la guerra contro Costanzo, giungevano appena a veotilre m ila combattenti. 11 Pancirolo osserva che la legione glassa anche a soli mille cinquecento uom ini, ma questo deve in* tendersi soltanto sotto gli ultimi imperatori.

121
(44) lol> ad Athen. ( 45 ) Il convoc presso a Parigi in una (erra della Petulantia , da cui sembra che traesse il nome una delle legioni ri chiam ate detta de' Petulanti. (46) Hacque comperto apud Petulanfiam tigna, famosum quiddam libellnm humi projecit occulte. Qneslo libello alquaoto diverso da quello di cui parla Giuliano nell'orazione agli Ate n ie s i, in Ammiano del seguente tenore : Not quidem ad or-

bis terrarum ex trema ut noxii pellimur et damnati: charitates vero nostrae Alamanni* denuo servient, quas captivitate prim a post intemecinas liberavimus pugnas. Amm., lib. 2 0 ,
cap. 4. V. anche L iban., O rat. Parent. (47) Jol. ad Athen. Forse queste visioni erano meno l'ef fetto della sua superstizione, che quello della sua politica e de' suoi desiderj. Giuliano a quanto sembra sognava l'impero. Zosim o, lib. 3, omette qaesti particolari : perruptisque nullo ordine fo rib u s , Caesarem in publicum deducunt et sublimem

in tculum quoddam elatum, imperatorem Augustum appellimi, et vi diadema capiti ejus imponunt.
(48) Delle lettere od orazioni dirette alle cit li greche non ci rimane che quella agli Ateniesi che forma parte del no stro volume. (49) A c primum quidem illius arrogantiae atque audaciae facinus fu it , quod tibi ipse diadema imposuit, magnoque nomine

seiptum omavit (quod nonfortunae praedam, sed virtutis praemium , vel tempus, vel imperatoris calculut largitur etc.) Orat. 3,
pag. 61. Non pu in fatto affermarsi cosa con maggior si curezza che qui non sia questa, ma come i divini invasamenti dello spirito di S. Gregorio non soffrono mai il giogo delle prove, cosi forza dire che lanciando egli la sua accusa senza nnlla toccare n della sedizione di Parigi, n dell'antefatto, a cos dire del dramma, viene a scemarle la sua storica conclu denza, enoi dobbiamo nelle nostre conghiettare pi lasciarci gui dare dalla natura delle cose, che da quella della sua autorit.

122
(50) (5 1) (5 ) (53 ) A m m ., lib. 200, cap. 1 e 3 . Amm ., lib. ao, cap. 3 . Ju l. ad Alhen. Amm., lib. 20, cap. 3 .

Cunt fnm iliis eos ad Orentem proficisci praecepil caviculatis currus facullale permissa. Amm., ubi supra. (54) Giuliano narra ili quella lettera gli a vvenimenti di
P a rig i, ed esorta Coslanzo a diffidare dei consigli de male voli ed a voler mantenere la promiscua concordia. Sebbene il modo con cui riportata in A miniano possa cagionare q u a l che dubbio; tuttavia la molta diversit di stile che vi s scorge pu essere bastevole argomento a ritenerla come originale. Dove ci sia, ella il pi lungo saggio della latinit del no stro autore che a noi rimanga, e si distingue in singoiar modo pei pregi di politico artifizio, proprio di tali scritture. Lo stesso isterico soggiunge: H it literii junctas secretioret alias Cotutantio offerendat cLmculo misil objurgatorias. Il signor Gibbon, cap. aa, dubita dellesistenza di quest'ultime lettere, e parmi a ragione. Esse sarebbero contrarie a quel moderato e decente conlegno che Giuliano ostent di mantener sempre verso suo cugino, anche in mezzo alla guerra. (55) Dopo Eusebia morta lanno 36 o , spos Faustina da cui ebbe Costanza, sposa in appresso dell imperatore Grazia no. In una irruzione che i Qaadi fecero nellIllirio sotto Valeotiniano, poco stette che questa principer non fosse ra pita da barbari. Recandosi appunto per unirsi ia cisposa a Graziano trovavasi ella in un albergo a poca distanza da Sir mio, dal quale pot a gran fatica involarsi. (56) E poco dopo mor anche Elena, sorella di Coslanzo e moglie di Giuliano, legame pur questo che avrebbe potuto rannodare lamist tra i due principi. Fra le orazioni di Li* banio pubblicate (a) dal fiuougiovanni, la settima destinata
() Venezia, 1764, per iAIbritti,

123
a difendere Giuliano dalle accuse di certi Elpidio e Polic l e , che di aver procacciala accagionavamo la morte della m oglie col veleno. E soverchio avvertire il silenzio intorno a Ci degli scrittori, ed il letto re istrutto nella storia di questi tem p i non si maraviglier di veder lanciala contro un prin c ip e com e Giuliano, una calunnia che i suoi pi ardenti ne m ici col non fare neppur menzione di le i, mostrano di dispreczare. Ci basti sapere che gli accusatori erano entratabo clienti di Costanzo, prefetti sotto il suo regno, ariani zelanti a q u a n to sembra, ed il p rim o, cio E lpidio, vile di lingua come d i aspetto, spechi vils et lngua. Amm., lib. a i , oap. 5; ed il secondo, Polkle, autore di ammaliamenli e sortilegi. L iban., orat. 7, pag. 1*7. In mezzo ai soliti difetti del Sofista non manca questo discorso di alcn ni tratti assai vivi. T a le a noi sembra il seguente: pot dumpte, die' egli, Giuliano or

dinare il veleno? Oh! se fa tto Tavesse non sarebbesi ei po scia svelti gli occhi dal capo onde pi veder non dovesse co lui a l quale dato avea colai ordirne (a)? Non pu esprimersi con p i forza i l rim orso della colpa in on nomo virtuoso. (57) Ut provincialij, et miles, et reipub. decrevit auctorifiTj, recreatae quidem, sed adhtic metnentis redivivos barbarom m excursus. Amm., lib. ao, cap. i 3. Lo stesso antore os
serva a questo luogo, che Giuliano poco prima di fare la sna dichiarazione di fede, avea celebrato nella chiesa cristiana la festa deU' Epifania. Ei pensa che una si lunga simnlafzione movesse dal desiderio di rendersi affezionato anche il partito d e ' cristiani, e crediamo che il lettore non esiter a seco Ini convenire. Otque omnes, nullo impediente, ad sui fhvorem itHcefet, adhaerere cullili cristiano Jlngebat. E noto che pa

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gani pare festeggiavano l Epifania de' loro nom i, ossia la loro apparizione io terra, che tanto suona quella greca parola, e che celebri erano specialmente quelle di Mercurio e di Apollo. Forse cadendo circa il lempo dell' Epifania cristiana quella di qualche nume del gentilesimo, po t in tal cas o aver avaio luogo la restrizione mentale di Giuliano pretesa dal si-, gnor Gibbon, e di cui pi innanzi abbiamo favellato. V . in torno all' Epifania dei pagani Spaneim de usu et praestantia numismatum. Discrt. n. (58 ) Descrivesi la sua marcia da Zosimo, lib. 3 , e da Amm., lib. a i . Giuliano, come il pales altres nella guerra persiana , fatte avea i suoi studj militari sopra Senofonte. Ad imitazione di Ciro, soleva sempre occupare un grande spazio di terreno onde accrescere la fama delle sue forze. (59) Erasi egli impadronito de' magazzini militari stabiliti lnngo il Reno, e appiedi del Cinisio. Jul. ad Athen. (60) Cos sembra conchiadere Ammiano, ottimo giudice, sebbene la ritenesse per guerra travagliosissima (a). S. Grego rio chiama la morte dell'imperatore opera del veleno procu ratogli dall'apostata (b). S e , come dobbiamo credere, lo spi rito dei trapassati capace di sentimento, ed il peccalo d'apo stata fosse remissibile, il martirio che sofferse quello di Giu liano per opera del Nazianzeno, non potrebbe in qualche guisa non avere alleviato il peso della sua dannazione. In qoal modo un S anto, un cos gran lume della Chiesa, pot lan ciare con sicura coscienza unaccusa di parricidio contraddetta dalla testimonianza di tutti gli scrittori contemporanei che di naturai morte fanno morire Coatanzo ? era d ' uopo distrug gere lopinione invalsa presso i pagani che gl'iddi stessi pro messo avessero a Giuliano l'im p e ro , e che la Divinazione (a) Lib. ai, cap. i 3 e 14. (t) Orat. 4* pag- 61.

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aprendogli il fu tn ro , accertato lo avesse del prospero evento della guerra. Poich essa terminava na t urai mente conia morte di Costanzo, il parricidio convertiva in iscenza la vanta ta da G iolian o prenozione dell'avvenire: Of aulem ajurti, qui vera

loquuntur, ad tempus arcano atque occultofacinori praestitum adveniens, atque ad niortem, citjus ipse architeclus erat, prop ertu u , conalum interim suurn per domesticorum quemdam celans. Ita Jacinus iliud , non praescientia sed scientia erat, scelerisque opus, non daemonum beneficun : qui quidem quam in his rebus sciti ac solertes sint Persia luculenter ostendit. Quest'ultim o nn rimprovero fatto ai demonj, ossia agl'Id
dii di Giuliano , che lasciamogli ignorare la propria morte avvenuta in Persia. H a egli avrebbe potuto rispondere che n 'e ra stato anzi da gran tempo prima avvertito, e che col can dore di nn pio visionario il dichiar egli medesimo nel lungo discorso che tenne con gli amici prima di morire, e del quale tra poco favelleremo. (6*) Questa esitaaza si salutare ai popoli, e s onorevole ai principi, quando essa procede non da un debole carattere, ma dall alla idea che formatisi dei loro doveri, traspare in tutte le opere di Giuliano, ma pi chiaramente nella lettera, o pi presto dissertazione che voglia dirsi, diretta a Temistio il filosofo, creduto da alcuoi 1' oratore di questo nome, in torno ai doveri del trono, e la difficolt di bene adempierli. Essa ornata di singolari pregi di stile, d ingegno e di pru denza politica, e noi la daremo ai nostri lettori nel secondo volarne. (62) Amm., 1. aa. A malgrado di ci Libanio nell'orazione settima sovra citata delle pubblicate dal fioongiovanni, co stretto a difendere il suo Principe dall' accusa di aver rega lato de beni a degli Eunuchi. Combattendo l accusa appo stagli di soverchia li|)eralil, prosegue: haec ego tuli: gravate

quidem, sed taaien tuli. Quippe neque vera esse certe sciebam,

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netftte omnium maxima t/uaevis largititi est (a). Q uelle espre-

tioni sembrano avere un senso indeterminato. Ammiano 9 commenda per una lodevole liberalit (b). (63) Jtdianus ambi!ioso diademate utebatur lapidarti f u l gore distincto. Amm., lib. a i . Lo Spanemio ne' Cesari p r. pag. 7 1 , riporla la medaglia di Giuliano col diadem a gem malo. Costantino fu il primo fra gl' imperatori a distinguerai per le corone, le armille e l'asiatico lusso. (64) Amm., lib. u , cap. 7; Jul. Episl. n. 3 . Herruogeni ex praefecto sEgypti: poich salzano, die egli, contro i sa

tlliti di Costanzo molti accusatori, noi abbiamo dato loro un Tribunale. E questa una prora che Giuliano consentiva ad un esam e, che la sua umanit e la sua politica avrebber o
voluto risparmiare, pi per liberarsi d all'altrui importunit, che pe r farsi strada alla sua privata vendetta. (65 ) Cos appellansi le spie imperiali, onorevole nome che porge un1 immagine della volpina ipocrisia della corte. Questi curiosi fanno tornare alla mente l ' idea dei raccontanti degli Inqaisitori di Stato e del Seuato veneziano. Un delatore im periale , significa quel titolo , non andava gi a caccia della colpa, non inqutriva turbando la pace de cittadini; era uu innocente indagatore, nn semplice curiso. Il raccordante ve neziano altro non faceva che destar il sopito pensiero del sno Signore, nel quale, come in quello del Giove Omerico = Ci eh', chefu , che fio , tutto presente = n d'altro pu duopo che d'essere opportunamente svegliato. Forse pe r ('sa lica relazioue Ira i due popoli, i curiosi di Costantin opoli veunero a aiutarsi nei raccordanti di Venezia. (66) Alle calende di Gennaio Giuliano recossi a piedi in sieme cogli allri della , corte a fare omaggio ai coasoli Neito
() Pag. tao. ( ) Lib. a 5, cap.

5.

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Mamertno ch'entravano nella loro magistratura : humitior Princeps visus st, in officio pedibus gradiendo cimi Honoratis. Amm., lib. az, cap. 5. (67) Oltre i Senati delle due capitali, le provincie, come noto, avevano anchesse i loro senati che con inferiore di gnit a p p e llataci Curie. Il carico di Senatore era soggetto ad nn particolare tributo detto dai Giureconsulti aurum glebale, come il fondo senatorio chiamasi gleba senatoria (a). Quindi G ioliano rammenta agli Antiochesi (b) come un singoiar bene aver fizio laver accresciuto il loro Senato, ed ai Bizantini 1 a d essi restituito tulli quemembri che sotto varj pretesti, eransi sottraiti al loro carico; il che manifesta quanto gravoso'esso fosse, sebbene trattandosi del Senato della capitale sembrar dovesse vagheggialo dallambizione. Una legge pure di Giuliano esenta gli Archiatri dai carichi senatoriali a titolo di benefi zio (c). N pi desiderato era il posto di Curiale', perciocch dal corpo delle Curie traevansi i Duumviri incaricali a divi dere e a riscuotere l imposta della provincia. (68) Era qoesto il safTragio che la prndeaza politica del* lAreopago invocava a favore del reo, allorch da un solo volo, pendeva la sua sorte. (69) I D onatisti, i Novaziani, i Macedoniani, i Valenliulani ec. (70) Caeleris omnibus quia, Constantio vita defuncto, ejecti

patria fueranl propter amentiam Galileorum, exilium condo navi 1 te autem etc. (d), volendo onorare Aezio sopra gli altri
a cagione della aulica consnetudine con lai avuta, gli concede inso della pubblica posta pel suo ritorno. Aezio che dal
(a) C od. T heod ., lib. 6, t i t 2, leg. X. (b) EpisL, n. 16. (c) Epist., n. a o

(d) Jul. cpist-, n. 3 i. V . anclic Amm., lib. 20, cap. 5.

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testiere di calderaio ali fiso al vescovato, merito* ! i l n o a di Ateo non solo dagli Ortodossi, ma eziandio dai Semia ria n i, specie di pradenti, che come palesa il loro nom e, sap e aa o accomodare la loro coscienza a nn che di mezzo tra lo sci sma di Ario c la dottrina Nicena. (71) A m m ., lib. s a , cap. 3. (71) Jul., EpisL b. 7 e 10. Qaest'altim a alloccasione dei disordini commessi contro Giorgio di Cappadocia. (73) Il Salvatore nato in Betlemme, predic e fe'm iracoli in Nazaret di Galilea, ma i recalcitranti Giudei fatto aveano prevalere il proverbio: non vengono profeti da Galilea. Cosi appo i Gentili si us pei discepoli quella appellazione, parte dal luogo dove il divino Maestro insegn, parte dalla maligna allusione che fatta ne aveano i farisei, e G i oliano non iovent propriamente, ma rimise in moda quel nome allora antiqnato. Il Samosatense, che por vivea sotto il regno di Adriano, chiama anch'esso S. Paolo il Galileo del gran nato e dellafro n te calva. S. Gregorio afferma (a) che con una legge espressa ordinato labbia G iuliano; novandum cognomentiun centuit, Galileos pr Christianit nominant, atque ut ita vocaremur, publica lege decernent, ma sembra pi proprio del suo sistema di perse cozione sapporre che confermata venisse quella consuetudine pi dall'esempio del principe, e da quello della corte, che per l'effetto di una legge. (74) E per alti notevole lepistola ai B iunzj, ove dice di aver loro restituito ed i duumviri Patrizj sive in Galileorum religionem te dederint, live aliud quidvit gesserial (b). Cosi non pu dubitarsi che nell'esercito che condusse in Persia non vi fossero anche de'cristiani. Anteporre ad essi negli in carichi pubblici i gentili era una massima che a p e r ta m e n t e
() Orat. 3, pg. 73. (A) Epist. n. an

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predicava la sna politica, ma a quanto sembra essa area al cune eccezioni, o certamente non era confermata da una legge. (75) Se bene avviso, leraditissimo Tiraboscbi verte in er ro re allorch distingne dall'editto nna lettera d Giuliano in trno a tale proposito, riportando come di questultima le sen te n te che appartengono al primo (a). L'abbaglio mosso in la i p e r avventura dal vederlo inserito nell edizioni col t itolo di Epistola, sotto il qnal nome impropriamente lo sono eziandio alcune altre ordinanze di Giuliano. Osserveremo pare d i paasaggio ch egli accorda all antore due anni di regno, m en tre qnesto non oltrepass i diciotto mesi. Noi pure tratti dallaltrui esempio abbiamo qni asserito che lanto valesse questa legge, che nn aperta proibizione fatta acristiani di frequentare le scuole; il che se pn es sere stato vero nell effetto , non lo certamente nel senso letterale della'legge. Perch in fatto non si avrebbe potuto concepire una maniera d insegnamento totalmente scevro di m aterie religiose ? perch la chiesa che tant' insigni uomini e prim a, ed a quel tempo possedevasi, non avrebbe composto pei fedeli 1 1nistruzione nel senso della religione medesima che professavano, e che ad essi di professare era leeito? l e loquenza dei Basii), dei Grisostomi, dei Nazianzeni non po teva essere proposta per modello al pari che quella di De m ostene e di Cicerone? e che cosa vietar poteva ai cristiani, conservando la loro credenza, di frequentare le scnole dei pagani? si d iri che in queste non avrebbesi omesso di se d u rre le menti de giovanetti onde trarli al culto degli Iddi, e noi non vorremo negarlo. Ma per la stessa cagione crede r emo che professori cristiani i qnali spiegassero i libri dei G entili, sarebbonsi astenuti dallo spargere- di ridicolo quelle gi per s stesse ridicole Divinit? e la riverenza che devesi
(a) Storia della letteratura ec. lib.

4 - pg- ^77.
9

Prtfaiiont diS.P. alle p. te. di Giuliano.

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al collo pubblico, arria questo potalo tollerare anche sotto nn principe piti moderalo di lai? chi non crede agli Id d i , non ispieghi i libri che predicano la loro fe d e . E questo il solo divieto portalo dalla legge. Ogni altra osa non rac chiusa tra i due termini di quella proposizione, concedu t a. N pu negarsi che a non considerare l'insidioso scopo che ad essa viene attribuito, onesta e morale non sia 'la cagione che in apparenza almeno sembra determinarla. Perch, in fat to , un uomo che pubblicamente professa di non credere una dottrina, la spiegher ad altri pubblicamente? se fa questo onde renderla spregiatole, egli sleale Terso il suo principe, egli un perturbatore dello stato che quella dottrina rife risce. Che cosa direbbesr se in un paese del cristianesimo, un seguace dellAlcorano predicar volesse pubblicamente la sua legge? se ei limitasi ad essere semplice espositore (e chi questo vorr immaginare io un fervido credente?) egli reo verso s stesso, egli patteggia con la sua coscienza che ri prova i detti del suo labro. L editto si rivolge ai soli retori e grammatici, e dote ci non fosse, come dalleditto stesso manifesto, verrebbe ad esserlo eziandio per lautorit di Ammiano (a), il quale poi ch biasimandolo lo ricorda, non avrebbe n omesso di notare quella maggiore estensione che si pretende ora ad ette conferire, n taciute altre ordinanze proibitive, se vi foner stale, per linsegnamento di altre facolt. Con lautorit U Grisostomo (b) si pretese negato anche amedici lesercii della loro arte. Tuttavia esiste un editto dellautore (c), gi altrove da noi ricordato, col quale gli archiatri dellimpero, siausi essi pagani o cristiani, ricevono in gratia della din*
(a) Lib. a a , cap. io , e lib. a 5 , c ap.

4-

(b) Hom. 4o.


(c) EpitL n. 18.

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tor arie il benefizio dessere dispensat i dai carichi senatoriali.
Poich nel nostro secondo volume dorranno trovar luogo am bedue ques ti editti, ci permetteremo allora d'aggiungere in to r n o ad essi alcune riflessioni. (76) Jul. Bostriensis E pis., n. 5a. Le immnnit clericali erano state stabilite da Costantino. (77) Superstitiosus magis quam sacrorum legitmus ohtervator , innumercs sine parsimonia pecudes nuetans, ut testimaretur si revertisset de Parthis boves jam defuturos. mmiano, lib . a 5. (78) Il signor Gibbon della Decad. ec., cap. a 3. (79) Insigni esempi! sono l'incendio del tempio dApollo nel sobborgo di Dafoe in Antiochia, da Gioliano attribuito ai cristiani, la distruzione del tempio della Fortuna in Cappad o cia, e di quello di Cibele nella citt di Possene, la sedi ciosa insolenza con cui trasp orlaronsi le reliquie di S. Ba* bila, la condotta degli Ariani in Edessa contro i Valentiniani, ossia proseliti dell'eresiarca Valentino, i disordini commessi in Calcedonia ec. Jul. pist. n. 4 0, ed in Misop. Intorno ai costumi ed al carattere dei vescovi del quarto secolo reggasi la pittura che di uno di essi ne fa Eusebio. Hist. Eccles., pag. a 8 i. Nello stesso secolo S. Damaso non giunse all' epi scopato romano che per una strada di sangue. (80) Amm., lib. a a , cap. ia . Jul. epist. n. 10. Il celebre G iorgio di Cappadocia primate d ell'E g itto , e serbato a pi gloriosi destini, poteva del pari che i suoi ministri meritarsi la morte dagli Alessandrini, ma nn principe imparziale non ai sarebbe limitato a frenare con semplici ammonizioni dei delitti che la reiti del personaggio contro cui erano stati commessi, non ne scemava ponto l'atrocit. I talenti, il virile carattere e la popolarit di Atanasio, non meno che l'assoluto imperio ch'egli esercitava verso i nu merosi seguaci della fede nicena, avrebbero potato meritar

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l'attenzione d i ogni principe prudente, anche non a n im a to dall'odio di religiosi partiti. Egli erasi mostrato pericoloso a Costantino, area forzato Costanzo a ritornarlo alla sede arcivescovile di Egitto, sotto l'alternativa di unaspra guerra c on sno fratello in Occidente, ed insegnalo avea col pr op ri o esem pio nei deserti della Tebaide, che pu talvolta la fo rza del l'opinione contrastare non seuza frutto con quella d e ll' armi. uccisione di Giorgio profittando dell editto d i G iu Dopo 1 liano che restituiva i vescovi alle vacanti loro sedi, A tanasio rientr in quella di Alessandria. Giuliano pretese che l'edilto liberasse dall' esigilo senza porgere diritto alla Sede. Questa la cagione che allegasi nell' ordine che gli commette di sgombrar dallEgitto, ma dalla lettera al prefetto Ecdizio, dote duolsi che non ancora sieno stati eseguiti i suoi ordini con tro il vescovo, e da quella con cui risponde agli ortodossi dAlessandria che ricercavangli, a quanto sembra, il ritorno del loro prim ate, chiaro che l ingiusta eccezione che dal prinpipe per lui facevasi, era unonorevole testimonianza delloperosa sollecitudine e delle nmane arti di Atanasio per la diffusione della fede. Jul., epist, n. 6, 26, 5 i. Che poi Giu liano tramasse altres contro la sua vita, lo afferma il Criso stomo e vi consente il La-Bleterie (a), e se il primo lanciando un accusa che, come onda dal margine , rimbalza dal carat tere di questo principe^ vedesse in un apostata un assassino, ed il secondo alla sua sentenza aderendo, soddisfatto abbia ai doveri di critico, lasceremo ad altri il giudicarlo. Non a torto viene biasimata l'ingratitudine di Giuliano ;verso Marco vescovo dArelusa, uno di coloro che a detta di S . Gregorio (b) ebbero parte nel sottrarre la sua infnzia lai pericoli del tumulto militare del palazzo, e che ora soffriva
(o) V ie de Jul., pag. io 3. (6) Orat.

3, pag. 5i ,

m
la persecuzione, perch con eroica fermezza sdegnalo area di contribuire alle pese pel rifacimento di nn celebre tempio che egli stesso , prevalendo lArianesimo, distrutto area con o n o zelo che merit anche la censura de1 Cristiani. La giuatizia per altro ci obbliga ad osservare, che Giuliano ordi n a n d o il ristoramento del tempio, non ne segue che ordinata a b b ia la persecuzione di Marco , la quale eseguivasi lontana d a lla soa presenza, dai Pagani di Siria con quell1 indiscreto fervore che suole essere proprio de' clienti del principe e dei aettarj religiosi ; m a che poteva a lui dispiacere, o che pia cendogli, avrebb'ei forse voluto non pertanto moderare. Non cercava! da Marco che uo obolo, nn menomo che, un segno infine di obbedienza; ma egli gioiva delle sue pene, e insul tando i suoi persecutori gustava anticipatamente gli onori del m artirio. Sia lode a lui come vescovo , ma se noo pu ne garsi che Giuliano costringendo a rifare i tempii mal corri spondeva alle massime della tolleranza religiosa da lui van tata, se forzando la cristiana piet del Mo antico benefattore a d un atto a cui ripugnava la sua coscienza, male egli adem piva ai doveri della gratitudine, forza convenire altres che la condotta di Marco propria era a conciliar fede alle calun nie de nemici della Chiesa, che come desiderosa accosavanla del sangne de'sooi martiri, e ch'egli mostrava d'ignorare non meno i dettami della prudenza, che i doveri d'oomo in poli tica societ costituito ; i quali esigono da lui una rispettosa osservanza pel culto pubblico, in tulle quelle cose alle quali non rip agna, vero, la coscienza, ma la coscienza assistita dalla ragione. U n obolo contribuito poter fraudare il ve scovo della celebrit della persecuzione, ma non ponto mu tare una fo rte, illuminata e bene sicura credenza. (81) G l' Iddii di. Libanio non erano diversi dai demonj del Tillemont. Era opinione della Chiesa che quegli Angeli i quali come ribelli alla volont del Signore erano stati pre

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cipitali nell' inferno, venissero tuttavia nella terra per procac ciarsi alleanza di scelleraggini, e trarre al loro par t ito le menti inesperte. Erano questi che sotto il nome e gli attriboti di Giove, di Mercurio, dApollo ec., aveano esercitalo le varie funzioni del politeismo, e sedotto gli spiriti sino alla vernila del Salvatore. S. Giuslino (a) ba potato credere che dal loro commercio con femmine mortali fossero nati i gi ganti. Cosi A G e n i o s , Deus ec. de'Gentili, che riceveva da on epiteto la benefica o malefica natura, col prevalere del cristianesimo conserv solo la seconda, e gli Dei ed i Genii rimasero diavoli.. (8a) Questa la dorala che assegna alle guerre parlicbe Giuliano nei Cesari, dove Alessandro rintanando Giulio che impiccioliva le gesle persiane di l a i , risponde, che non do vevano poi dirsi s spregevoli i Persiani , se dopo tre secoli di guerre non avevano potuto i suoi Romani sottomettere neppure il picciolo paese de' Parti. Lo Spanemio (b) prova che il computo esalto, comech quel periodo rimanga in terrotto da alcune tregue. (83) Sebbene Ammiano (Termi che la guerra persiana fosse stala necessaria a vendicare le passate offese, pure non dissimula che l'ambizione pi ch'altro pot determinare il soo eroe : ornamentis illuttrium gloriarm i inserere P artici ceffimentum ardebaf. Lib. aa, cap. ia . Lo stesso autore aggiunge:

sciant obtrectantes non Julianum sed Constantum ardores Per ticos succendisse, quurn Metrodori mendaciis avidius aajuievt, u t dudum retulimus piane. Lib. z 5, cap. 6. Ne' libri che ei
rimangono non seppi rinvenire la pi estesa narrazione qai promessa. Cedreno nella sua Synopsis Historica narra sott*

(a) Ces. de Jul. pag. i 84, Renar, n. 6j6.

(b) Apoi., i, pag. 34.

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1 a n n o a i del regno di Costantino il la tto , o pi presto la s to r ie lla segnente. Metrodoro, che era un filosofo, essendo an d a t o , secondo quest'anfore, nelle Indie per istruirsi, a ccolto iv i ospitalmente dagli abitanti, invece di acquistare 1 altrui, p e n s di rendere la propria sapienza contro nn' infinita quan t i t di gemme e di perle. Fatto ricco, volendo, come accade, rito rn a re in Europa, il re indiano commise alla sna fede nn g r a n tesoro di pietre preziose con coi presen tare a suo nome Costantino, ma il filosofo, giunto che fu in Bizanzio, afferm c h e quelle erangli state infoiate dai Persiani nel suo cam m ino, e regal l'im peratore come di altre sue proprie. Quea t i , che al dire di Giuliano era di sua natura trapelila o ban chiere, udita la nuora, ricerc con ansiet ed alterezza la re stituzione del rubamento a S apore, ma non arendo potuto ottenere da lui neppure risposta, risolse di portar la guerra nella Persia. Di tal modo ella sarebbe stata ereditata da Co stantino a Costanzo, e da questo a Giuliano. Le parole sopra riferite di Ammiano palesano al c e rto , che qualche cosa se non tra Metrodoro e -Costantino , tra qoegli e Costanzo vi corse di assai a questa somigliante. Se cosi , ecco,ore duopo vi fosse, una nuora prora che la selvaggia fiera, la quale, se condo Aristotele, sta a guardia del tro n o , non sana mai le partite coi debitori. (84) T Romani sotto Costanzo areangli poco prima truci dato I' unico figlio da essi fatto prigione nella battaglia di Singara. Se egli vero che il diritto delle genti si stabili in Europa per opera del cristianesimo, Costanzo area ancora pochi cristiani ne' suoi eserciti, o quella fu un' eccezione. (85) Amm., lib. a 3, cap. 4. (86) Mille erant onerariae naves ex diversa trabe contexlae commeatus abunde ferentes, et tela, et obsidionales machinas: quinquaginta aliae bellalrices, totidemque ad compaginandos necessaria pontes ec. Amm., lib. a 3, cap. 2. Zosimo dice set tecento quelle da carico.

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(87) Nicomedia era stata distraila dai trem arti, e G ioliano si mostr commosso alle sciagnre di qoel paese che aveva ac colto ed allevato la stia infanzia. Quanto all insolenz degli Antiochesi che prest origine al Misopogono, dorremo farne menzione pi in nanzi nel nstro discorso. (88) Excursatores quingentos et mille prteire dispostiti qui

cautius gradientes ex utroque latere, ilidemque a fronte ne fuis repentmus irrueret prospectabant. Ipse vero medio pedites re gens, quod erat lotius roboris firmamentum: dextra legione* aliquas curii Neviht supercilia fluminis prcestringere ju t sii E uphratis; comu vero laevum ete. FI centro era sotto lo speciale
comando di V ittore, ma quando uopo alcuno non chiamava altrove Gioliano, egli solea. trovarsi alla testa dell^ colonna d mezzo. Poco pi rimane a fare in questo l oogo all' espo sitore che seguitare Annoiano con diligenza, ma non debbo tacere che la lucida pittura che di qnesta gnerra far seppe il signor Gibhon , ha potuto singolarmente istruirmi. (89) Descrivesi la marcia deU'esercitot, e la conquista delle fortezze di A nato, di T illntta, di Acajalca, di Perisabora e di Magomalca in Ammiano, lib. 34, dal cap. 1 al 10. (90) 11 Nazianzeno che destina la quarta delle orasioni contro Ginliano alla narrazione dell* infelice esito della guerra persiana, volendo far conoscere che gli errori di lui erano opera del divino consiglio, che ad essere fabbro traevalo della propria rovina, trovasi costretto a deporre un istante lo stile profetico per assumere il descrittivo, nel quale riesce egual mente ammirabile. Ctesiphon enim arx firm a e st , captuque haud facili*, muris cotto liittre eondilis, et alta fo ssa , palu-

strique ac limoso amne communita. Hanc porro arx quoque altera firmiorm reddit ( Chochen appellant) pari tam naturae quam artis praesidio conrtriicla, alteri arci ita confimela, ut unius tantum civitatis speciem ambae proebeant, qnippe quae fluminis tantum divorilo inter se dividantur. Pag. 104. V edi
anche Amm., lib. 24, cap. 7.

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(91) Sublato vexillo , ut justuni est, evolant e conspectu

quque subito naves: et quum ripas jam adentarent,facibus et omni materia qua alitur ignis, pelitee assduis jactibus, curn militibus jam conflagrassent, ni veloci vigore pectoris excitus Imperator signum sibi datum nostros, quod margines jam tenerent, ut mandatum est, erexisse proclamarti, classem omnem properare citis rentigiii adegisset. A m m ., lib. 24, cap. 10.
(92) Il passaggio del T ig ri, e lo scoramento del canale descritesi d a Zosimo, lib. 3, e pi difesamen te da Ammiano, lib. 24 e da Greg. O ri., 4, pag. 106. (93) Cyril. in Jul., lib. 10. (94) G ialia oo poter seguitare le processioni di Veoere e celebrare le Ceste di lei, come pio pagano e sommo pontefice, ma il Grisostomo sembra fargli di ci ana colpa > di mal co starne. Il La-Bleterie (a) cita in prora l'autorit di Ammiano, na tralascia di osservare con lo stesso antre (b), ohe .questa era ana calunnia inventata dai cristiani dAntiochia. Ecco come S. Gregorio si esprime intorn o ai costami di un principe che tenne la castit per sovrana v irt , e che giusta il concorde sentimento degli storici praticlla con monastica severit. Propinationes porro, et pocula, quibus meretrice! palaia publice-

que poscebat, vicissimque pascebatur, misterii obtentu petulantem libidinem obvelans, quis non laude et admiratione prosequatur (c)? (95) Io traduco (d) quasi ad literam le parole che S. Gre gorio mette in bocca al Persiano. Q uid, inquil, im peratori quid tam ignavum atque imbecillum de tanti momenti negotio

(a) V ie de Jul. pag. 347.


( 4) A m m .,lib .

39, cap. 12.

(c) Orat. i , pag. 1 10 .

(d) O rat. 4, pag. io 5. Prefazione diS. P. alle Op. se. di Giuliano.

9*

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consilium intis? Q uorsum hoc navale frum entoni, ac saperflm an onus, ignavia magstrum? NihUenim ad expugnandum difficUius, nihil pervicacus est, quarti vetiter, sitamque m ma nibui habere spera salafu . Quocirca, si quid me audiet, attticum lume apparatimi valere jubebs, languoremque e x o ad forlissinm m hunc exercitum redeuntem eie. N Giuliano si mostr paolo esitante a s) booue ragioni, onde S. Gregori o ripig l iando il tuono profetico: Naves ignis conflagrdbat: fru * mentum mdlum erat: ac risus insuper accedebat ete. Perch
danqoe il La-Bleterie (o), ed il sig. Gibboo mettono in bocca al Persiano ona lunga ed artifiziosa aringa, dove Iroransi riu nite le reali ragioni che indosser Giuliano ad abbandonare la flotta alle fiamme, da lai espresse gi in Ammiaao ed in L ibante, le quali rendendo meglio ordita la rete tesa dal bar* baro, rendono altres pi verosimile la credulit di G ioliano, ed il racconto del Nasianseno? di questo ra cconto, non solo non fa cenno alcuno L ibanio , ma n Zosimo, n Entropi o , che militarono con G iuliano nella guerra persiana. Quan t o all* autori t di A. Vitt ore addotta dal La-Bleterie, a noi ba sta sapere ch'egli il panegirista di Cosiamo. (96) G ibbon, de la Dcad. elfi, cap. 24. (97) Digesto itaque oonsilio a m primatilrns super Ctesi

phontis ohsido, itum est in voluntatem quonm dam ,facuu amdax et importunum esse noscentium id aggred, quod e t rivas sita inexpugnabilis dfenebalur, et eum metuenda muJtituJne prolintts Reat affare credebatur. Amm., lib. a a , cap. n . (98) Il sig. G ibbon, cap. a 4 , sembra restate sospeso da ques ta difficolt.
(99) Amm., lib. * 2, cap. n . (100) Amm., lib. 24, cap. 12. (101) Giuliano stesso ne adduce sommariamente le r agioni
(a) Vie de Jul., pag. { 7 1 . Storia della Decad. ec., cap. a{.

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in Annoiano: idque utiliter putitimi ordinaste ne relietaclassis usui hoslibus fo ret, aut certe, ut ab expeditonis primordio

factum est, armalorum fe re viginti rnillia in trakendis occuparentur iisdem navibus, et regendU. Lib. cap. 11. (io) Dein cum metueiu sibi quisque mussarci, monstraretque perspicua veritas quod reptilsus forsitan ariditate vel attitudine montium , ad aquas redire non poter miles; torti que perfugos faterentur se fefellisse, concursu maximo estin gui jussas suntflammee. Amin., lib. 24, cap . la . Le parole tor zone, perfugte aperte etc. parvero una Dorella prora del rac conto di S. G regorio intorno agli arti Sij del Persiano, poi
ch in fallo esse non son che una generica espressione, si stim di veder in questo passo una lacuna. Noi non sappia mo ravvisarla, p ci sembra cbe altro si possa da esso con chiudere, tranne che GinliaDo fidasse con soverchia temerit sulla guida di alcuni disertori del campo nemico; il che an cor a ben diverso dalla goda mellonaggine at tribuitagli dal
Nazianxeno.

(103) Amm., lib. a4 , cap. la . (104) Amm., lib. i 5 , cap. 1. (105) Liban., orat. 10. A n m ^ lib. 5 , cap. a. (106) G iuliano dopo il passaggio di questo finme voile render grazie a Marte con nn sacrificio di dieci tori, ma nove di questi, male immolati, spirarono priaoa di giungere allara, e le viscere del decimo offersero tristi aogorj : (juibits visis exclamavit indignatili acritcr Julianus, Jovemqite testatus est , nulla M arti jam sacra facturum . Amm., lib. 34, cap. 11, e lib. * 5 , cap. 1. La superstizione tormentavaio ra colla ri cordanza del sacrilego giuramento. (107) Tarquitianos forse da Tarquitius savio etrusco, o scritti al tempo di T arquinio, ma in tal caso Tarytdnianos. (108) Qua concitus clade , oblitus lorica , sento in ter tu -

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multimi adrepto propertms ultmis Jerre suppefias. Ammiano, lib. 25, cap. 3 . (109) Plo t h. in Ani. ( n o ) Vedi il Jango e-filosofico suo discorso in Ammiano, lib. -i 5 , cap. 4 , di coi noi abbiamo solo riportato le princi pali sentenze. Si detto che la morte di Ginliano ia una stodiata imitazione di qaella di Socrate. Una cosi splendida imitazione de lla virt -tanto vicina alla virt stessa, quanto la disposizione di sempre mordere le azioni di on granduomo vicina alla malignit, e diremmo ancora alla grettezza del lanimo. Che gli nomini muoiano virtuosamente e fortemente, e il facciano poi per senso proprio, o per im itazione, c i i poco rileva. Delle tante cose riferite da S. Gregorio intorno alla morte di lui, una sola ne trasceglieremo. A lti hujusmodi quemdam de co sermonem commemorarti: cum in sublimem quemdam tumulum atcendisset, ut velut e specula exercitum ocuiis usurperei, quantusque bello superfuisset, cognoscerei, magnasque copias, speque sua ampliores vidisset: quota grave et indignum fu e rit , dixisse, si hos omnes ad Romanorum ter roni reduxerimus, quasi videlicel ipsis salutem invdentem. Qubus verbis commotum militem quemdam , iraque proecipilem aclum, nulla salutis sua habila rottone, in t'psius viscera gladium adegisse. Dio di misericordia! ed in qual guisa permet
tere hai potato che tanto l ira trascendesse in uno de pi nobili sostegni della chiesa, sino a lare eh egli ponesse in bocca dun tal principe ana sentenza che non osarono p ro f ferire n i N eroni, n i Comodi, n i Domiziani, n quantakri mai faronTi pi scellerati principi che a noi ricordi la storia? Per altro i Persiani rimproveravano ai loro nemici di aver ucciso essi stessi il proprio im peratore, e che dal lorocampo fosse partito il mortifero dardo. Ammiano (lib . 2 5 , cap. 8) nel riportare questa opinione de Persiani osserva un circospetto silenzio, e Libanio dice apertamente che fu ucciso

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da on dardo romano. Un apostata airebbe fan potato essere osa vitt ima gradita al vero Dio? in medio relufuemus, (i 11) Per servire a llamicitia fa veduto intraprendere lun ghissimi viaggi, e pot in lui aotani come una onorevole de bolezza la soverchia fiducia che negli amici solea riporre. Ani nnano s propone di consecrare un capitolo ai difetti del suo e fo e , ma dopo aver fatto qualche cenno della sua supersti zione, come'amante che vinto dalla forza del suo affetto, cangia il biasimo in lode, n pi sa trovare in Giuliano che splendide ed eroiche virt. ( iia ) Questa l'opinione di La-Bleterie, a cui (piauso il signor Gibbon, singolarmente intento a piacere ai Francesi auoi contemporanei.

FINE.

INDICE DELLE TAVOLB

1. Gordiano imperator e , R i t r a t t o ........................ Pag.


3. Claudio

13
so 54 113 13 165 336 3

idem

i d e m .................................... id e m .....................

S. Costanzo, Magneniio, Vetranio, Medaglie . . . . 4. Gioviano, Valentiniano, Valent e 5. Carta g e o g r a fic a .............................. .............................. 6. Teodosio, Arcadio, Onorio, M edaglie .......................... 7. Procopio, Teodosio minore, Graziano, idem . . .

8. Gioliano imperatore, Ritratto. - A p p e n d ic e .......................

Nota: La tavola 5 (Carta Geografica) era mancante nello scan originale.

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