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Historiae

L’ultima grande opera di Sallustio avrebbe dovuto essere un libro ben più ampio dei precedenti, in cui
l’autore si sarebbe proposto di analizzare con più vasto respiro le cause della sua contemporaneità.
Secondo alcuni studiosi è proprio nelle Historiae che Sallustio come storiografo giunge a completa
maturazione. Ciò che è pervenuto ci offre una visione piuttosto pessimistica, cupa, dell’uomo, le cui pulsioni
hanno sempre il predominio sulla ragione. Sono le pulsioni degli uomini, nel bene o nel male, a farne la
storia.

L'opera tratta il lasso di tempo compreso tra il 78, anno della morte di Silla (a questo punto terminano le
Historiae scritte dallo storiografo Lucio Cornelio Sisenna, giunte incompiute, di cui Sallustio intendeva porsi
come continuatore) ed il 67 a.C. (anno della vittoriosa campagna di Pompeo contro i Pirati). Si tratta
dunque del periodo che già nella prima monografia (De Catilinae coniuratione, cap. 11) era stato definito
cruciale nel processo di progressiva corruzione e degenerazione dello stato repubblicano. Non è però certo
se lo storico intendesse proseguire la narrazione fino al 63, per ricollegarsi alla prima monografia.

Perché Sallustio sceglie Historiae e non Annales? Sallustio sceglie Historiae e non Annales perché, pur
narrando gli eventi storici all’interno dell’anno in cui si erano verificati, secondo una ripartizione annalistica
della materia, la sua opera non era una storia universale a partire dalle origini. In questo modo egli poteva
facilmente concentrarsi su vicende contemporanee; così attribuiva al suo impegno storiografico una
valenza politica, spiegando al suo pubblico gli eventi della cronaca recente con una valenza pedagogica.

Possediamo solo frammenti di questa portentosa opera: quattro discorsi, due lettere e parecchi frammenti
di carattere geografico ed etnografico. Abbiamo solo circa 500 frammenti, comprensivi dell’ampio
segmento del Prologo ma in prevalenza costituiti da passi incerti e incompleti trasmessi da autori successivi,
grammatici e storici che attinsero all’opera sallustiana, e da brevi passaggi pervenuti attraverso la tradizione
papiracea e manoscritta.

Struttura dell’opera
È certo che l'opera fosse strutturata in cinque libri, preceduti da un proemio e da un'ampia retrospezione
sul mezzo secolo di storia precedente. Nel proemio, di cui sopravvivono numerosi frammenti, lo storico
promette di non impegnarsi più, come aveva fatto nelle monografie, in una difesa moraleggiante del ruolo
della storia e dello storico, rivalutando invece la tradizione storiografica latina precedente. Dopo un
articolato prologo sulla storiografia romana e le origini della crisi della repubblica, le Historiae riepilogano
assai sinteticamente gli eventi verificatisi nel cinquantennio compreso tra l’azione riformatrice dei Gracchi,
con cui si era aperta a Roma una fase di crisi che si sarebbe risolta solo con il principato augusteo, e la
dittatura di Silla, quando Roma era stata per la prima volta teatro di sanguinosi scontri. Il I libro si propone
di analizzare la reazione antisillana maturata all’indomani della morte del dittatore e intesa al progressivo
smantellamento della sua restaurazione istituzionale, in particolare in riferimento al tribunato della plebe. Il
II libro tratta del contemporaneo impegno delle legioni romane in diverse aree dell’impero: in Spagna, in
Macedonia e in Cilicia. Il III libro narrava i fatti del 74-72 a.C. e si muoveva a sua volta su più fronti: il
Mediterraneo con la spedizione di Marco Antonio; l’Oriente, con gli scontri contro Mitridate re del Ponto; la
Spagna, con la morte di Sertorio; l’Italia, con la rivolta di Spartaco. Il IV libro ripercorreva le vittorie di
Lucullo contro Mitridate e Tigrane d’Armenia. Il V racconta l'esito della guerra di Lucullo e la guerra di
Pompeo contro i pirati. Tuttavia, nel V libro appare anche chiaro quale sia l’obiettivo polemico di Sallustio: il
libro si spinge almeno fino alla discussione della Lex Gabinia de bello piratico del 67 che, conferendo a
Pompeo il comando delle operazioni contro pirati del Mediterraneo e lungo le coste, rappresentava una
delle più eclatanti violazioni della normativa perpetrate nella tarda repubblica romana. L’obiettivo della
polemica di Sallustio è Pompeo, animato da ambizione e disposto a combattere per Silla per poi avvicinarsi
alla parte dei populares e infine ancora a quella oligarchica, contribuendo al disfacimento della repubblica.

La concezione politica sottesa all’opera


Il quadro generale è improntato ad un marcato pessimismo; sulla scena si avvicendano solo avventurieri e
corrotti, in un clima di grave decadenza. Infatti, dopo la morte di Cesare, non erano più pensabili per
Sallustio attese o progetti di riscatto. La sua ammirazione va a quei ribelli come Sertorio che, postosi a capo
di un regno indipendente nella penisola Iberica, contesta apertamente le istituzioni repubblicane,
mettendosi però in luce grazie al proprio valore, non a manovre demagogiche. Pompeo, invece, viene
caratterizzato in modo polemico: Sallustio, fedele alla sua politica pro-Cesare, non manca di atteggiarlo
come un arrivista che scatena le più basse passioni del popolo per meri fini politici. Per evidenziare la
concezione politica di Sallustio è interessante un discorso che elabora il concetto di libertas e quindi di
democrazia, che a Roma non ha corrispettivo diretto, ma che può trovare ospitalità nei concetti di iura o res
publica. L'orazione pronunciata dal tribunus plebis Macro nel 73 a.C. si inserisce in un momento in cui il
ruolo della magistratura a lui attribuita era stata esautorata, con le riforme di Silla, con la sua dittatura,
negli anni 81-80 a.C. Nel discorso Macro, si rivolge al popolo romano e parla di ius e mos; rinviando alla
tradizione delle lotte patrizio-plebee, rammenta che i costumi degli antenati devono essere mantenuti,
ovvero è necessario tutelare i diritti conquistati. L'oratore esprime il valore per un uomo di carattere di
combattere per la libertà, anche a costo di soccombere, piuttosto che rinunciare alla lotta, per recuperare il
ruolo di garante del tribunus plebis e tutelare i diritti dei plebei. È necessario recuperare il ruolo di tutti i
magistrati di tutela e garanzia e non si può abbandonare la res publica nelle mani corruttrici di pochi senza
reagire: a tal proposito, Macro dichiara che ormai i romani si sono privati «di tutto ciò che avete ereditato
dagli antenati», mentre in una democrazia deve governare la maggioranza, che deve potere esprimere
liberamente i propri suffragi. Bisogna contrastare, dunque, coloro che assoggettano il potere e che vogliono
sottrarre al popolo «la potestà tribunizia, arma forgiata dagli avi a difesa della libertà».

La lettera che Sallustio immagina scritta da Mitridate è degna di nota in quanto, dalle parole del re del
Ponto, affiorano esplicitamente i motivi del malcontento dei popoli assoggettati da Roma. “Cupido
profunda imperi et divitiarum” diceva Mitridate, indicando nella sete di ricchezza e di potere i veri motivi
delle guerre che scatenavano i Romani.

Caratteristiche generali
Anche le Historiae ospitavano digressioni di interesse etnografico che provano l’interesse dell’autore per i
popoli stranieri. Come nelle monografie, anche in quest’opera acquisivano risalto i ritratti di personaggi,
delineati attraverso le loro azioni e i loro discorsi secondo il modello catoniano e prima tucidideo. Le lettere
erano invece portavoce di concetti importanti. Per esempio, la missiva di Mitridate intesa a sollecitare
l’intervento dei Parti era strumentale a introdurre il tema dell’imperialismo romano.

Tutte le opere sallustiane mostrano una tendenza democratica, tuttavia notevolmente ammorbidita da una
sostanziale adesione agli ideali politici della classe dirigente, come quello della concordia ordinum e
dell’avversione alla demagogia e al radicalismo.
Leggiamo un Sallustio dai principi etico-politici evoluti dalle due monografie – di cui notevoli sono i proemi
per il tono moralistico e la sincera ammirazione per i vecchi mores – fino alle Historiae. In quest’opera
domina un pessimismo più acuto e si viene maturando un pensiero più razionale dell’analisi dei fatti storici
come frutto della volontà degli uomini. Vi è anche maggiore personalità nelle orazioni attribuite ai
personaggi, maggiore armonia e drammaticità. Sallustio dà il via ad un tipo di storiografia romana dominata
dall’introspezione psicologica dei personaggi che lui sceglie di mettere in rilievo.

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