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Nel capitolo proemiale degli Annales Tacito riassume le tappe più

significative dell'evoluzione storica che ha portato Roma dal dominio


dei reges alla libertas repubblicana e quindi al principatus con
Augusto.
Infine giustifica la propria scelta di narrare gli eventi storici relativi
all'età giulio-claudia.

Temi e motivi

Modulo ricorrente nella storiografia greca e latina è l'assicurazione di


imparzialità da parte dello storico, affidata di solito alle pagine proemiali.
Tacito in questo caso se ne serve anche per definire e giustificare la scelta
dell'argomento.
La storiografia dovrebbe essere sempre imparziale e disinteressato
l'atteggiamento dello storiografo. Se ciò è avvenuto per quanti hanno
narrato gli eventi dell'eta repubblicana e, almeno, sino a un certo segno, anche
per gli scrittori dell'età augustea, altrettanto non si può dire per gli storici
dell'età degli imperatori giulio-claudi, i quali si distinguono, a giudizio di
Tacito, in due principali categorie: quanti, scrivendo sotto il loro regime, li
hanno adulati per timore e quanti, immediatamente dopo la loro scomparsa,
hanno dato sfogo al rancore e al desiderio di vendetta.
Ma ora, nell'ottica di Tacito, l'età dei Giulio-Claudi appartiene interamente
al passato e la distanza cronologica, insieme all'assenza di ogni
coinvolgimento personale dello storico nelle vicende narrate, può
essere garanzia sufficiente di imparzialità.

Lingua e stile

Dal punto di vista lessicale, il brano appare interessante per il modo in cui
Tacito sintetizza l'evoluzione delle istituzioni romane. Al regime
monarchico, si sostituisce la libertas repubblicana che nel consulatus ha
assieme il suo vertice e la sua fondamentale garanzia istituzionale; seguono la
potestas dei decemviri rei publicae constituendae e lo ius dei tribuni militari.
Duro è invece il giudizio su personaggi come Cinna e Silla che governano
lo stato con l'autorità che il padrone esercita sullo schiavo e quindi riducendo di
fatto la res publica a una res privata.
Segue il ricordo dei protagonisti del primo triumvirato, accordo tra
privati cittadini per la spartizione del potere unicamente sulla personale
auctoritas, ovvero l'influenza politica che a Crasso veniva dal controllo del
mondo finanziario, a Pompeo dal prestigio militare, a Cesare dal consenso
popolare: in ogni caso una forma di potere estranea alle istituzioni consuete e
quindi fonte di instabilità.
Infine dal quadro dell'arbitrio e della violenza della stagione delle guerre civili
emerge la figura di Augusto, che sotto il titolo di princeps celava il
proprio effettivo potere, di fatto un imperium (cioè l'unione del supremo
potere civile, ossia quello di interpretare la lex, e militare ossia quello di
comandare i cittadini in armi).
Testo

[1] Urbem Romam a principio reges habuere; libertatem et consulatum L.


Brutus instituit. dictaturae ad tempus sumebantur; neque decemviralis
potestas ultra biennium, neque tribunorum militum consulare ius diu valuit.
non Cinnae, non Sullae longa dominatio; et Pompei Crassique potentia cito
in Caesarem, Lepidi atque Antonii arma in Augustum cessere, qui cuncta
discordiis civilibus fessa nomine principis sub imperium accepit. sed veteris
populi Romani prospera vel adversa claris scriptoribus memorata sunt;
temporibusque Augusti dicendis non defuere decora ingenia, donec
gliscente adulatione deterrerentur. Tiberii Gaique et Claudii ac Neronis res
florentibus ipsis ob metum falsae, postquam occiderant, recentibus odiis
compositae sunt. inde consilium mihi pauca de Augusto et extrema tradere,
mox Tiberii principatum et cetera, sine ira et studio, quorum causas procul
habeo.

Traduzione

1. Roma in origine fu una città governata dai re. L'istituzione della libertà e del
consolato spetta a Lucio Bruto. L'esercizio della dittatura era temporaneo e il
potere dei decemviri non durò più di un biennio, né a lungo resse la potestà
consolare dei tribuni militari. Non lunga fu la tirannia di Cinna né quella di
Silla; e la potenza di Pompeo e Crasso finì ben presto nelle mani di Cesare, e
gli eserciti di Lepido e di Antonio passarono ad Augusto, il quale, col titolo di
principe, concentrò in suo potere tutto lo stato, stremato dalle lotte civili. Ora,
scrittori di fama hanno ricordato la storia, nel bene e nel male, del popolo
romano dei tempi lontani e non sono mancati chiari ingegni a narrare i tempi di
Augusto, sino a che, crescendo l'adulazione, non ne furono distolti. Quanto a
Tiberio, a Gaio, a Claudio e a Nerone, il racconto risulta falsato: dalla paura,
quand'erano al potere, e, dopo la loro morte, dall'odio, ancora vivo. Di qui il
mio proposito di riferire pochi dati su Augusto, quelli degli ultimi anni, per poi
passare al principato di Tiberio e alle vicende successive, senza rancori e senza
favore, non avendone motivo alcuno.

Note

Habuere: habuerunt.
Non Cinnae...dominatio: sottinteso fuit.
Pompei...Cesarem: sottinteso cessit (passò).
Cessere: cesserunt.
Scriptoribus: è un ablativo strumentale e ha sottinteso rerum.
Dicendis: gerundivo congiunto con temporibus.
Temporibus: è dativo retto da defuere.
Defuere: defuerunt.
Gliscente adulatione: ablativo assoluto.
Florentis ipsis: ablativo assoluto.
Falsae: probabilmente un predicativo del soggetto re con il verbo sottinteso
compositae sunt.
Occiderant: soggetto sottinteso sono i quattro principes prima elencati.
Principatum et cetera: oggetti di tradere.

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