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ESPOSITO LUIGI

PRIMARIA GRUPPO 2

Quando si inizia un nuovo percorso universitario lo si deve fare con serietà ed impegno,
portando sempre con sé il proprio bagaglio culturale, fatto di conoscenze, abilità e
competenze. Ma soprattutto si devono possedere due caratteristiche fondamentali, amio
parere, per un apprendimento significativo: l’interesse e la curiosità.
Il corso di “Pedagogia della relazione di aiuto”, in base alle conoscenze pregresse di chi
scrive, ha spesso suscitato spunti di riflessione. Un primo confronto è stato quello con le
definizioni di pedagogia, educazione, formazione ed istruzione, e cioè tra quelle esplicate nel
corso e quelle descritte da chi scrive nel test “preliminare”. Esse erano pressoché simili ma si
differenziavano per particolari e significative parole, le quali arricchivano ed accrescevano la
stessa definizione ed il concetto che essa racchiudeva. In particolar modo, ha colpito molto la
discussione guidata sul significato e sul concetto di educare, come pratica contestuale, sociale
e politica, giacché essa risulta avere una doppia epistemologia e dunque una duplice
interpretazione di significato, tenendo conto, anche e soprattutto, del contesto storico-
culturale: educere (trasferire da un luogo all’altro) ed educare (nutrire far crescere). In
particolar modo, “educare” ha ampliato e modificato la propria conoscenza del concetto di
educazione poiché considerato essere un processo durante il quale si struttura la personalità ed
è solo grazie a questa, attraverso un’azione intenzionale, che vi è apprendimento,
socializzazione ed “inculturazione” ( Slide Corso Pedagogia della Relazione d’aiuto, Prof. P.
Perillo, Unisob). Altro spunto di riflessione è stato dato dalla “storia” della pedagogia e dal
suo “statuto epistemologico”, anche e soprattutto in relazione alla definizione e al significato
del suo oggetto, ossia, la formazione, un processo globale di crescita che riguarda il soggetto
<< nel suo “prendere forma” […] >> (ibidem).
Argomento poco trattato, non in questo corso bensì in altre sedi, è quello dell’istruzione,
definita come processo strategico intenzionale formale e graduale, attraverso il quale si
costruisce il sapere (trasmissione di contenuti disciplinari, insegnamento).
Molto interessante è stata soprattutto la seconda parte del corso, la quale ha confrontato, tra
l’altro, la relazione di aiuto e la relazione educativa. E’ stato interessante apprezzare le
differenze tra le due tipologie ma allo stesso tempo è stato sorprendente scoprire quanti aspetti
condividono e quanti confluiscano sia nell’una che nell’altra e come le due relazioni possano
risultare complementari tra loro. Un aspetto importante è stato quello della transazione, ossia
come momento di cambiamento e scambio dialogico, ovvero di compromesso. Chi insegna
deve riconoscere le specializzazioni funzionali delle abilità cognitive dell’educando, in modo
da costruire stimolazioni adeguate.
L’ultima parte del corso ha riguardato l’insegnamento come pratica educativa professionale.
Essa ha definito con molta precisione ed oggettività quelli che sono i paradigmi, i doveri e le
caratteristiche di un insegnante. In particolare, date le conoscenze pregresse e il completo
accordo e supporto da parte di chi scrive per l’argomento che segue, è stato di rilevante
importanza la caratteristica della riflessività. Essa è la dimensione in cui si indaga e si
costruisce nuova conoscenza, regolando e governando l’uso del pensiero. Ovviamente
l’oggetto in questione è l’insegnante riflessivo. Ogni Docente non può improvvisare il suo
lavoro e, dunque, il suo agire, ma deve attivare ogni giorno un processo di ricerca-azione e
riflettere sul proprio operato. Fare ricerca-azione vuol dire ricercare su quello che è il contesto
in cui agire, trasmettere conoscenze, individuare il miglior modo per farlo e capire in che
modo, con quali strumenti e con quali metodologie far trasformare le suddette conoscenze in
competenze. L’insegnate, inoltre, dopo ogni step, è chiamato a riflettere su quanto fatto e su
quanto fare, per individuare punti di criticità e punti di forza. I primi serviranno da spunti per
riflettere su come migliorare il proprio operato, rendendolo più efficiente e più efficace
mentre i secondi potranno essere “punti di ancoraggio” sui quali fare leva per migliorare
qualitativamente quanto si dovrà fare.
Il docente è un professionista e come tale deve svolgere attività di ricerca per migliorare le
sue conoscenze, le sue competenze e le proprie azioni e deve, inoltre, riflettere sul proprio
agire considerando, come già scritto, punti di forza e punti di debolezza, cercando di
rafforzare e fissare i primi e migliorare ed eliminare i secondi, trovando valide alternative,
studiando le proprie “mosse” e tenendo in considerazione quelli che sono i destinatari del suo
prodotto.
In conclusione si può affermare che il corso di “Pedagogia della relazione di aiuto”,
nonostante sia stato breve in termini di ore di lezione svolte, si sia rivelato intenso e ricco di
concetti, attraverso i quali sarà possibile creare nuove competenze.

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