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L'Accademia dei 

Carracci
L'esperienza seicentesca della
famiglia bolognese dei Carracci assume un rilievo
nuovo e particolarissimo nella storia dell'arte
europea. Ludovico Carracci, il cugino Agostino e
il fratello Annibale si riunirono per fondare
quella che potremmo definire la prima scuola di
pittura dell'età moderna. Essa inizialmente fu
chiamata Accademia del Naturale in quanto la
sua finalità principale era quella di promuovere
lo studio e la riproduzione dal vero. In seguito
venne anche detta Accademia dei Desiderosi e
infine Accademia degli Incamminati, allo scopo
di sottolineare l'impegnativo percorso di
maturazione artistica al quale ogni allievo era
chiamato. 
Annibale Carracci
La formazione dei tre Carracci è abbastanza
variegata in quanto si riallaccia alla tradizione
classicistica di Raffaello e Michelangelo sia a 
quella veneziana del colore. Secondo i Carracci, la
formazione di un artista  deve svilupparsi non solo
a livello pratico ma  anche a livello teorico. I tre
artisti riescono  comunque a dare all'Accademia
un indirizzo  omogeneo. Si parla di classicismo
carraccesco: si vuole alludere alla volontà dei tre
artisti bolognesi di superare certe bizzarre 
estremizzazioni del Manierismo. Il più importante
dei Carracci è Annibale. E' l'esempio è quello di un
disegno di perfezione raffaellesca e di una tecnica
pittorica estremamente colta e raffinata, maturata
sui grandi modelli del Rinascimento. 
Il mangiatore di fagioli
Tra le esperienze pittoriche giovanili si colloca Il
mangiafagioli. L'opera costituisce uno dei primi
esempi di scerna di genere dell'arte italiana. L'artista
bolognese raffigura un popolano nell'atto di divorare
con avidità una scodella di fagioli. Sul tavolo sono
disposti i poveri oggetti della mensa contadina: una
brocca, un bicchieredi vino, una scodella di fagioli.
Annibale concentra la propria attenzione pittorica
sul personaggio del mangiafagioli, accentuato da
uno sfondo cupo. L'uomo è colto nell'attimo in cui
porta alla bocca una cucchiaiata di fagioli. Lo studio
del ''naturale'' è qui evidenziato da un disegno
incisivo quanto disadorno, in netta opposizione con
quello della tradizione tardo-manierista. 
Caravaggio: la vita
Michelangelo Merisi da Caravaggio nasce a Milano
nel 1571. Egli è venuto in contatto con il colorismo
veneto, al quale è in parte debitore di quella sua
particolare sensibilità per le luci e le ombre. Uomo
violento e irrequieto. Mostra subito una
predilezione nel dipingere le nature morte e le
scene di genere. Nel 1595 la vita dell'artista sembra
assestarsi. Entra nelle grazie del cardinale
Francesco Maria del Monte. A causa del suo
carattere ribelle, è coinvolto in risse, tanto che nel
1606, arriva a uccidere un uomo. Da allora inizia la
sua tragica fuga che inizialmente lo porta a Napoli e
poi a Malta. Muore nel 1610, stroncato dalla
malaria e dalla pazzia.
La vocazione di San Matteo
Nella Vocazione di San Matteo, l'artista raggiunge una
precisione artistica mai vista in qualsiasi altro autore. Il
dipinto raffigura il momento in cui Gesù sceglie l'apostolo
Matteo. La scena è ambientata in un locale oscuro. I
personaggi della tela caravaggesca sono: Cristo, San
Pietro e Matteo e due giovinetti. Solo Matteo e i due
giovani si accorgono della presenza di Cristo. La
simbologia caravaggesca è chiarissima: la chiamata di Dio
è rivolta a tutti, ma ognuno può liberamente accettarla o
respingerla. L'elemento dell'opera che ci colpisce è la
forte luce giallastra che squarcia la penombra del locale,
mettendone in evidenza la povertà e lo squallore. La luce
assume anche una funzione simbolica, dal momento che
rappresenta la luce ideale e della grazia divina. Il realismo
di Caravaggio è evidente nelle posture e negli abiti dei
personaggi. In ultimo il quadro raffigura una scena di
genere piuttosto che un evento religioso.
La canestra di Frutta
Fra i dipinti che furono commissionati a
Caravaggio, particolare importanza assume la
Canestra di Frutta, un olio su tela di piccole
dimensioni realizzate intorno al 1595. Il soggetto,
una natura morta con una semplice Canestra di
frutta in vimini, non rappresenta che un pretesto
attraverso il quale si può osservare con attenzione
la realtà, indagandone dal naturale ogni aspetto.
Nonostante la semplicità dell'insieme, la
composizione è studiata in ogni sua parte. Il
cesto, viene rappresentato secondo una visione
frontale ed egli allontana la percezione del fondo
inondandolo di una luce calda e diffusa.
Particolare attenzione è rivolta agli elementi che
costituiscono la natura morta.
La canestra di frutta
Alcune foglie di vite sembrano accartocciate, simbolo della non freschezza. Le foglie della
pesca sono forate e mangiucchiate, segno che la grandine o un parassita sono intervenuti su di
esse. Anche la mela al centro della composizione appare intaccata così come i grappoli d'uva
che sembrano schiacciati. Questo desiderio di una realtà oggettiva diventa la metafora del suo
modo di osservare la realtà umana, sempre dominata dalla bruttura e dall'incombere della
morte. Inoltre rispetto ai grandi maestri fiorentini del Quattrocento, Caravaggio si accosta alla
natura più per contemplarla che per indagarla, essendo più attratto dalle emozione che dalla
razionalità.
La morte della Vergine
L'ultimo dipinto romano di Caravaggio è la Morte della
Vergine commissionata da Laerzio Cherubini in un primo
momento, ma poi rifiutata perché ritenuta irrispettosa
della figura della Vergine. Le incomprensioni con la
committenza non sono una novità per Caravaggio i cui
personaggi sono sempre così fuori dagli schemi tanto da
essere ritenuti indegni di una rappresentazione sacra. La
scena, una delle più drammatiche dell'intera produzione
Caravaggesca, raffigura la Madonna subito dopo la morte,
mentre la Maddalena e gli apostoli le si stringono intorno
piangendone la scomparsa. Il particolare che scandalizzò i
contemporanei fu la figura della Vergine, ispirata alla
figura femminile di Anna Bianchini, una nota cortigiana
romana. Il corpo di Maria adagiato su una panca di legno,
appara pallido e irrigidito, il ventre è gonfio che sta a
raffigurare il perenne scrigno di grazia divina.
La morte della Vergine
Caravaggio eleva l'uomo a Dio e non viceversa.
L'ambientazione del dipinto appare spoglia, sul
cadavere di Maria pende un tessuto scarlatto che
insieme alla bacinella ai suoi piedi rappresenta l'unico
riferimento di arredo. Con una visione prospettica
centrale e la linea d'orizzonte posta al centro del
dipinto, l'opera risulta comunque asimmetrica. La
luce proviene dal retro e sottrae in parte i personaggi
alle tenebre, sta a raffigurare la grazia divina. È per
questo che insiste sulle teste rendendo
drammaticamente evidenti le espressioni dei volti. Il
risultato che ne consegue è di assoluta spettacolarità,
Caravaggio attraverso quest'opera rappresenta il
palcoscenico della vita, sul quale si consuma in
silenzio il dramma della morte quotidiano e della
differenza umana.

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