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Palazzo Del Drago – un po’ fortilizio e, grazie alle terrazze e ai giardini da cui è
circondato, un po’ buen retiro – fu realizzato fra il 1533 e il 1561 su progetto degli
architetti Simone Mosca e Raffaello da Montelupo, e decorato da pittori manieristi
di scuola romana, i cui affreschi monocromi nella bellissima Sala dei Giudizi sono
ispirati a Pellegrino Tibaldi e Perin del Vaga. Negli anni successivi alla morte del
Crispo, il Palazzo divenne proprietà di varie famiglie: Spada, Cozza, Caposavi e
Del Drago.
Palazzo Del Drago a Bolsena
(nota preliminare)
Paolo Galiano©
Prendiamo in esame in particolare tre esempi di simbolismo ermetico che si trovano negli edifici
voluti dai Farnese, meno conosciuti ma non per questo meno ricchi di simbolismo rispetto alle
“dimore filosofali” di Caprarola e di Bagnaia: il Palazzo Farnese di Carbognano e il Palazzo Crispo
di Bolsena, costruiti nella prima metà del XVI secolo, e, alla fine dello stesso secolo, le chiese del
paese di Farnese, ove i dipinti di Antonio Maria
Panico ci trasmettono una lezione non facilmente traducibile nei suoi complessi meccanismi
simbolici.
Costruito su di una preesistente rocca medievale risalente almeno alla prima metà del 1200 a pochi
chilometri di distanza dalla più celebre residenza di Caprarola del cardinale Alessandro il giovane, il
Palazzo Farnese di Carbognano[1] fu eretto per Orsino Orsini e Giulia Farnese “la bella”[2], amante
del papa Alessandro VI Borgia, il quale lo aveva infeudato all’Orsini nel 1494. Alla morte del marito
nel 1500 Giulia fece proseguire i lavori di ricostruzione e almeno dal 1506 si insediò stabilmente a
Carbognano dove rimase fino a due anni prima della sua morte, avvenuta a Roma nel 1524; in
questo periodo di tempo Giulia prese come secondo marito nel 1509 il nobile napoletano Giovanni
della casata dei Capece, deceduto nel 1517, ma anche se i due vissero nel Palazzo di Carbognano
stranamente nessuna traccia rimane di lui.
Il Palazzo di per sé non presenta caratteri di particolare rilievo ed il giardino che si trovava intorno
ad esso è andato perduto[3]. Sono invece di particolare interesse gli affreschi in forma di
grottesche, dipinti tra il 1506 ed il 1524 da pittori di cui non è conosciuto il nome ma probabilmente
appartenenti alla bottega di Raffaello, che ornano il grande salone e la camera privata di Giulia.
Nel salone l’elemento di maggior rilievo sono gli stemmi delle famiglie nobili che in Giulia hanno
avuto il loro punto d’incontro: i Farnese per parte di padre, i Caetani per parte di madre, gli Orsini in
quanto sposa di Orsino, i Della Rovere, imparentati attraverso il matrimonio della figlia Laura con
Niccolò Della Rovere, al quale appartenne il Palazzo Della Rovere di Gallese. Tra le grottesche che
ornano le pareti emerge un vero e proprio bestiario simbolico: il gallo, il falco, la cicogna, la civetta,
l’airone, la gru, l’ibis, il drago e il cavallo, ma soprattutto, nascosto nella strombatura di una finestra,
l’Unicorno oAlicorno, stemma della famiglia Farnese FIG. 1 (insieme ai gigli azzurri in campo
d’oro), rampante e recante sopra il capo un enigmatico cartiglio “IN. VE. CHITO.”.
Dove il simbolismo esoterico è più evidente è nella camera da letto di Giulia, nella quale una serie
di affreschi aventi per argomento l’Unicorno e la Dama o l’Unicorno da solo ornano le lunette della
stanza.
In ogni lunetta si trovano due elementi eguali posti ai lati e un disegno simbolico al centro; la Dama,
sempre a piedi scalzi, è seduta su di un animale, a volte un pesce, forse un delfino, a volte un
animale mitico, testa e zampe di cane e corpo pisciforme con quelle che in alcune lunette sembrano
ali, che potrebbe identificarsi con il Simurg[4] dell’iconografia medievale. Altri animali sono presenti
nelle scene, tra cui una tartaruga ed un trampoliere non ben identificabile (una cicogna? un ibis?).
- La Dama allatta alla sua mammella l’Unicorno seduta su di un Simurg, al centro una pressa
che schiaccia le fiamme, da cui escono rami di palma (?); FIG. 2
- La Dama gioca col Liocorno che nasce da un fiore (e sembra che nella metà di sinistra lo stia
baciando, ma il dipinto appare molto danneggiato), seduta su di un Delfino e con una Tartaruga
sotto il piede, al centro la Fenice che rinasce dalle fiamme; FIG. 3
- La Dama vestita con abito decorato dai gigli dei Farnese abbevera il Liocorno con una coppa,
seduta su di un Simurg, al centro la pressa con le fiamme, in alto un cartiglio con la scritta IN
IGNEM REQUIEVI; FIG. 4
- La Dama gioca con la barba dell’Unicorno seduta su di un Simurg, sotto di lei un Trampoliere
(?), al centro un vaso (?); FIG. 5
- Due Liocorni affrontati con gualdrappe ai tre gigli dei Farnese e al centro un mascherone da
cui si dipartono foglie e fiori (o pigne?). FIG. 6
Il significato dei simboli animali può essere così sintetizzato: il Simurg è un animale mitico, come il
Liocorno, nel quale la coesistenza della testa del cane, della coda del pesce e delle ali dell’uccello
indica chiaramente la sua natura di simbolo dei tre mondi, la Terra (cane), l’Acqua (pesce) e l’Aria
(uccello); il Delfino è simbolo dell’acqua mentre la Tartaruga è un simbolo della terra;
il Trampoliere è volatile che uccide i serpenti simbolo del male ma significa anche il passaggio dal
fisso (serpente) al volatile (trampoliere); per quanto concerne la Fenice, il suo essere simbolo della
rigenerazione e della rinascita è ben noto.
Il senso in due lunette di una pressa che schiaccia le fiamme al centro del dipinto è oscura: si può
solo ricordare che a Farnese, tra i resti ceramici trovati nei “butti”, una sorta di immondezzai
medievali, è stato ritrovato un piatto FIG. 7, ora esposto nel locale Museo Rittatore, raffigurante una
mano guantata che stringe una fiamma con un cartiglio recante la scritta “PER CELARE”, per cui si
può ipotizzare un significato simbolico del disegno, la mano dell’alchimista stringe nel pugno il fuoco
a significare il suo dominio sull’arte di fondere la materia necessaria all’Opera e nel caso di
Carbognano si potrebbe ipotizzare un senso analogo.
La parte più importante dei dipinti sono, ovviamente, le scene della Dama e dell’Unicorno, il cui
senso allegorico-morale è conosciuto: l’Unicorno è l’animale mitico con corpo e testa di cavallo,
barba di capra e zoccoli fessi come nei cervidi, con un corno unico sulla fronte dal potere
antivenefico, spesso raffigurato a spirale (come a Carbognano), animale temibile per la sua furia
che si placa solo in presenza di una vergine, sul cui grembo posa il capo lasciandosi così catturare
dal cacciatore.
Nelle fonti originali[6] da cui nasce il mito occidentale, cioè la Cina, l’India e la Persia, l’Unicorno è
in rapporto con la vergine, con l’acqua, con l’albero e con la salute fisica: in Cina è il K'i-lin, nome
che riassume il principio maschile e quello femminile, è uno dei quattro “animali benevoli”, che non
calpesta erba viva né uccide animali; in India è messo in relazione con la salute e la guarigione
(Atharvaveda) e con la salvezza dalle acque (nel Satapatha Brahmana l’Unicorno salva Manu dalle
acque del diluvio), nel Mahabarata si parla dell’eremita Rishyashringa (“Corno di Gazzella”), figlio di
Ekashringa (“Unicorno”), che viene indotto da una vergine a lasciare il suo romitaggio;
nelBundahishn persiano si parla di un grande onagro bianco unicorno a tre zampe che purifica
l'oceano orinandovi, essere favoloso che è anche in rapporto con l'albero Gokard, sorgente
nell'oceano, ed è considerato il rimedio contro tutti i mali. Tutti questi elementi vengono riuniti in
Occidente a formare la figura dell’Unicorno quale noi la conosciamo.
In Alchimia l’Unicorno è messo in rapporto con lo Zolfo e in alcuni testi, come il Musaeum
hermeticum del 1749, compare insieme con le rose a simboleggiare il
passaggio dall’Opera al Bianco all’Opera al Rosso; la Dama è la Luna o il Mercurio dei Filosofi, e
l’unione dei due genera il Sale.
Nelle raffigurazioni di Carbognano il rapporto tra Dama e Liocorno sembra possa essere letto in vari
modi: la Dama è seduta su di un animale acquatico (il pesce) o rappresentante i tre elementi (il
Simurg), con il piede sul simbolo della Terra (la tartaruga), sottolineando così il suo rapporto con
acqua e terra, e nutre il Liocorno con il suo latte o lo abbevera dalla coppa, gli dà quindi la materia
liquida mercuriale necessaria alla preparazione dell’Opera; l’immagine della Dama che sembra
“giocare” con il Liocorno che nasce dal “fiore” può essere ricondotta al ludus puerorum che si trova
raffigurato, ad esempio, nello Splendor Solis del Trismosin; nello stesso dipinto sul lato di sinistra
(per altro danneggiato) sembra che la Dama stia baciando l’Unicorno, il che potrebbe essere
simbolo dell’unione dei due elementi Zolfo-fuoco e Mercurio-acqua.
Il motto[7]IN IGNEM REQUIEVI(“nel fuoco ho trovato riposo”), che compare nella lunetta della
Dama che abbevera il Liocorno, mi sembra significativo se posto in relazione all’Opera alchemica, e
confermato dal simbolo della pressa che comprime il fuoco da cui sembrano uscire rami di palma,
simbolo di vittoria, che potrebbe significare la capacità di padroneggiare il “fuoco” da parte della
“Dama”, a sua volta simbolo della casata dei Farnese, in quanto porta sulla veste i gigli dello
stemma.
Tiberio Crispo (1498-1566), figliastro di Alessandro Farnese il vecchio poi papa Paolo III, fu prefetto
di Castel Sant’Angelo, cardinale e governatore di Bolsena, e in questa sua veste costruì il palazzo
Crispo di Bolsena (ora proprietà Del Drago[8]), di cui furono architetti prima Raffaello da Morlupo e
Simone Mosca (amico e collaboratore di Antonio da Sangallo il vecchio) e in un secondo tempo
Tommaso Bevilacqua e Giulio Merisi (autore del Palazzo Capodiferro a Roma, ora proprietà Spada,
celebre per la sua galleria prospettica costruita dal Borromini).
Gli affreschi, opera di Prospero Fontana e di altri pittori della metà del secolo, presentano la
singolarità di essere tutti centrati, salvo lo studio del cardinale, su temi pagani, in particolare alcuni
episodi della storia di Roma, i miti di Perseo e delle Muse (sala dei Giudizi) e quelli di Ercole (sala
del Baccanale - tema insolito per un uomo di Chiesa!), raffigurazioni di divinità dei Gentili.
Particolare interesse presenta la cosiddetta “Sala di Amore e Psiche”, affrescata con scene del mito
così importante nell’Ermetismo come nell’Alchimia: tra i riquadri del soffittoFIG. 8, al cui centro è
dipinto il banchetto nuziale di Amore e Psiche tra gli Dèi con un putto alato ed un piccolo fauno che
danzano davanti al tavolo, è riprodotto un Unicorno che immerge il suo corno in un ruscello tra
fiordalisi azzurri FIG. 9, duplice riferimento, il giglio e l’Unicorno,agli stemmi della famiglia Farnese
di cui sia pure indirettamente il Crispo faceva parte. Nell’iconografia dell’epoca[9] il significato
dell’atto è la purificazione delle acque per mezzo del corno dell’Unicorno, con il quale veniva
neutralizzato ogni veleno; per tale motivo l’Unicorno era considerato figura del Cristo che con
l’acqua del Battesimo o immergendosi nel Giordano purifica le anime.
Unica stanza di soggetto religioso (anche questo particolare inconsueto per un cardinale) è la
piccola Stanza di Mosè, probabilmente lo studio privato del Crispo, con storie veterotestamentarie,
le quattro Virtù cardinali e le tre Virtù teologali a cui è però aggiunta come quarta la Fortuna,
singolare accostamento tra religione e mito.
Non è solo nella sala di Amore e Psiche che si trova l’Unicorno, il quale è invece presente in modo
diciamo “massiccio” sianella sala di Alessandro Magno al primo piano sia nella cosiddetta “loggetta
del Torrazzo” che fa da ingresso al secondo piano: in questa il tema consueto della fanciulla che
abbevera i due Unicorni con una coppa FIG. 10 costituisce una fascia di decorazione continua sulle
pareti al punto d’incontro con il tetto del loggiato, mentre nella sala di Alessandro Magno FIG. 11 la
rappresentazione, che si trova ai quattro angoli del soffitto (su cui è anche presente la Fenice
risorgente), è più complessa e ripetuta con modalità differenti. La figura femminile non è una Dama
ma una figura alata, un Angelo o un Genio vestito con una lunga tunica chiusa in vita da una sottile
cintura, il quale poggia i piedi nudi su di un mascherone maschile barbuto, mentre gli Unicorni ai
suoi lati sono rampanti sui rami che nascono dal mascherone e sotto di essi si trovano due figure
ignude, che in alcuni dipinti sono due maschiFIG. 12, in altri un fanciullo ed una donna FIG. 13.
Ulteriore motivo di riflessione sono le figure che decorano il giro della sala subito al di sotto del
soffitto: le scene, separate tra di loro da una stella ad otto punte, da un lato rappresentano due
tritoni (in corrispondenza del Genio con le due figure maschili) e dall’altro un tritone con un cigno
(sotto il Genio con fanciullo e donna).
In definitiva, il Palazzo Crispo sembra offrire elementi che farebbero pensare ad una conoscenza
ermetica del suo committente: la presenza ovunque delle divinità dei Gentili non sembra essere un
semplice motivo ornamentale, ancor più se si pensa all’inserimento accanto alle tre Virtù Teologali
della Dèa Fortuna nella Stanza di Mosè, e le scene della sala di Alessandro Magno con Genio ed
Unicorni non sono banali ripetizioni di motivi standardizzati come la “consueta” Dama con Unicorno.
Numerose sono le dimore che con le loro decorazioni ed i loro giardini rappresentano la
“materializzazione” dell’interesse ermetico delle grandi famiglie nobiliari del viterbese, ma una delle
più importanti (e meno note) manifestazioni si trova proprio nel paese di Farnese: il nome del paese
come quello della famiglia deriva dalla farnia, una varietà di quercia presente nella regione ma ora
quasi scomparsa[10]; per altro è difficile dire quale dei due derivi dall’altro, in quanto il paese ha già
questo nome almeno dal 1210, come risulta da un diploma di infeudazione di Ottone IV di questa
ed altre località agli Ildebrandeschi, e un Giovanni Farnese è ricordato in documenti del 1222[11].
Farnese fu sede del Ducato di Làtera, iniziato con Bartolomeo, figlio di Pierluigi Farnese e di
Giovannella Caetani di Sermoneta, ed ebbe la fioritura con Mario, figlio del Duca Bertoldo e di
Giulia Acquaviva.
Il nome di Ascanio Sforza è riportato nella storia del Campana ma non risulta nella genealogia
della casa Sforza[15], mentre Palinkáscita Paolo Sforza (1535-1597), figlio di Bosio II del ramo
degli Sforza di Santa Fiora e di Costanza Farnese (figlia naturale del papa Paolo III e sorella per
parte di madre di Tiberio Crispo, di cui si è detto a proposito del Palazzo Crispo di Bolsena), sposò
Lucrezia Pio, parente di Marco Pio, partecipò come colonnello alla battaglia di Lepanto e come
Luogotenente Generale nel 1595 alla guerra di Ungheria[16], e fu amico e committente
dell’architetto Pompeo Floriani[17], che con lui aveva combattuto prima in Francia e poi a Lepanto e
in Ungheria;Francesco Del Monte a Santa Maria(1559-1622), del ramo dei Marchesi di
Piancastagnaio, aveva combattuto in Fiandra nel 1581 agli ordini di Alessandro Farnese, poi con
Diomede Della Cornia in Francia nel 1592, era parente dell’omonimo cardinale e alchimista
Francesco (1549-1627), amico della famiglia Medici e protettore del Caravaggio, che per lui dipinse
nella villa di Porta Pinciana (oggi proprietà Ludovisi) il soffitto del “Tesoretto”, stanza privata del
cardinale attigua alla "Distilleria" nella quale teneva i suoi esperimenti alchemici; Marco Pio (1567-
1599) signore di Sassuolo, il quale era imparentato con i Farnese avendo sposato Clelia
Farnese[18], altra figlia del cardinale Alessandro il giovane, condusse una vita molto agitata tra
guerre e complotti, fu uomo di guerra e di cultura (a Sassuolo aveva fondato l’Accademia degli
Unanimi[19]), partecipò alla guerra dei Paesi Bassi agli ordini dei Farnese[20] e fu benefattore e
amico di Torquato Tasso. Flaminio Delfino o Delfini (1552-1605) era l’unico non appartenente a
famiglia nobile (il padre, romano, era un mercante) ma aveva trascorso la vita a combattere sotto
diversi signori, tra cui Alessandro Farnese nella guerra di Fiandra. Problematico identificare gli
ultimi due condottieri: si ha notizia di un Federico Sangiorgio[21]che fu Cavaliere di Malta e
coppiere del Gran Maestro e che partecipò con onore per i suoi atti di coraggio alla guerra contro i
Turchi a Malta nel 1565, mentre Ascanio della Cornia Marchese di Castiglion del Lago, del quale
si è già detto a proposito del suo Palazzo, anch’egli Cavaliere di Malta e difensore dell’isola insieme
al Sangiorgio, morì nel 1571 e quindi non poteva aver partecipato alla guerra d’Ungheria nel 1595,
per cui si dovrebbe pensare ad un suo parente omonimo.
Mario sposò nel 1587 Camilla figlia del Marchese Giampaolo Meli Lupi di Soragna e di Isabella
Pallavicino di Cortemaggiore. Figura particolare la Pallavicino: donna molto colta epersonaggio
spregiudicato per i suoi tempi (la poetessa Maddalena Campiglia, di cui fu mecenate, le dedicò
sonetti appassionati e l’opera Flori, in cui sembra si accenni ad un amore esistente tra le due
donne), fu protettrice di Torquato Tasso, di cui fece stampare a proprie spese la Gerusalemme
liberata nella editio princeps corretta dallo stesso Autore, e fu associata all’Accademia degli
Innominatidi Parma[22], della quale facevano parte almeno dal 1577 Ranuccio e Ottavio
Farnese[23] (rispettivamente “l’Immutabile” e “l’Elevato”), e Pomponio Torelli conte di
Montechiarugolo, poeta ma anche filosofo neoplatonico, discendente per parte di madre da Pico
della Mirandola ed ispiratore delle pitture dei fratelli Annibale e Agostino Carracci nella Galleria
Farnese di Roma, voluta dal cardinale Odoardo Farnese (fratello di Ranuccio “collega” di Torelli
nell’Accademia), nella quale si trova raffigurata la teoria dell’Amore nelle sue diverse forme[24],
concentrate nelle due enigmatiche figure di Eros e Anteros poste ai quattro angoli del soffitto FIG.
14.
A Soragna Isabella aveva costituito un’Accademia degli Illuminati[25], della quale faceva parteil
letterato Antonio Òngaro (1560?-1593?) con il nome di ”Affidato”, poi segretario di Mario Farnese
che seguì nella guerra delle Fiandre, nel quale per alcuni[26] si deve individuare l'anima del
cenacolo accademico attivo a Farnese alla fine del XVI secolo, forse continuità di quello soragnese
di Isabella. Ritengo però che Mario Farnese abbia accresciuto i suoi interessi ermetici
(probabilmente già esistenti, vista la storia della sua famiglia) direttamente nell’ambiente di
Soragna, forse poi rafforzandoli nell’incontro con i personaggi conosciuti durante la campagna di
Ungheria, poiché dell’Accademia soragnese ebbe certamente frequentazione, in quanto il contratto
di matrimonio aveva stabilito che per due anni egli dovesse risiedere alla corte dei suoceri[27].
In queste chiese parte degli affreschi murali e dei quadri furono opera di Antonio Maria Panico[29]
(1575?-1621?), il quale, o per sue conoscenze o su committenza di Mario Farnese, si espresse con
scene di significato ermetico, che a tutt’oggi è difficile indagare a fondo.
Nella chiesa del Monastero delle Clarisse (S. Maria delle Grazie) il Panico, ma molto più
probabilmente un suo allievo, dipinse una Immacolata Concezione FIG. 15 nota anche
come Ritorno di Mario Farnese dalla guerra di Ferrara[30] del 1598, anche se molti suoi elementi
lasciano perplessi per una tale denominazione. Il quadro risulta tripartito: in alto Dio benedicente tra
angeli, al centro la Vergine su di una falce lunare, al di sotto, in mezzo ad una schiera di personaggi
maschili a sinistra di chi guarda e femminili a destra, due figure che dovrebbero rappresentare
Mario Farnese, vestito con abiti dimessi[31] e con una sacca sulle spalle per bagaglio, e sua madre,
nel dipinto una donna anziana che lo accoglie con il capo velato, in primo piano a destra una donna
giovane ed una bambina interpretate come Camilla e la figlia Isabella. A parte la stranezza del
modo in cui il soggetto del “ritorno” è stato dipinto, alcuni elementi presenti nel quadro fanno
pensare ad una precisa collocazione del dipinto nell’àmbito ermetico: le ali degli angeli accanto alla
Vergine sono dipinte con il motivo alchemico della cauda pavonis, tra i simboli presenti si rilevano
un drago a sette teste (tra i due personaggi principali), un vaso con gigli bianchi e rose rosse (in
primo piano), un tempietto rotondo (sulle colline in alto a sinistra) ed una fontana con base forse
esagonale (tra il personaggio malvestito e la figura maschile di sinistra), tempietto e fontana che
compaiono in altre due opere del Panico sempre a Farnese: nella chiesa del SS. Salvatore FIG.
16 e FIG. 17 nell’arco della nicchia dell’altare del Rosario[32] e in quella di Sant’Anna nella vela
decorata con la Dormitio della Vergine.
La chiesa di Sant’Anna, un vero e proprio testo di Ermetismo, data la complessità della sua
descrizione richiede un’esposizione a parte, che sarà data nella Parte III di questo articolo.
[1]Il Palazzo Farnese di Carbognano è residenza privata e non è visitabile: per la descrizione e le
fotografie degli affreschi ci siamo avvalsi del prezioso lavoro di MOSCATELLI Visita alla Rocca
Farnese di Carbognano e delle foto in esso contenute opera di MAZZUOLI, dal
sito http://www.canino.info. La serie di articoli di MOSCATELLI sulle residenze dei Farnese e sulla
storia del territorio sarà raccolta prossimamente in una pubblicazione a stampa per le edizioni
Annulli.
[2]Giulia fece erigere nel 1522, ultimo anno della sua permanenza nel paese, la chiesa di Santa
Maria della Concezione a Carbognano, che fu successivamente nel 1581 affrescata con dipinti
della scuola degli Zuccari (www.carbognanonline.it).
[5]La documentazione è disponibile solo per alcune lunette grazie al lavoro fotografico di
MAZZUOLI pubblicato nell’articolo di MOSCATELLI cit.
[7]Altri cartigli si trovato iscritti sulle pareti, la cui interpretazione è ardua. MOSCATELLI nell’articolo
citato così li riporta: “CI TO PFI CIET (sta per "cito perficiet": presto si compirà); HOMO (uomo);
DATUR (è concesso); EST AURUM (è oro); AD SUUM (al proprio); OPERIBUS (con le opere);
M.C.S. (sigla incomprensibile); REQUIEVI (ho trovato pace); IN IGNIM REQUIEVI (nel fuoco ho
trovato pace, sollievo)”. Non viene però segnalata la loro precisa disposizione sulle pareti e la
corrispondenza con i dipinti.
[8]Il Palazzo può essere visitato solo su accordo con il proprietario Principe Del Drago (tel. 0761-
799393). La descrizione e le foto del Palazzo Crispo sono per questo motivo tratte dal sito
www.futouring.it.
[12]Le notizie su Mario Farnese, oltre alla biografia reperibile nell’Enciclopedia Treccani, sono tratte
da BARAGLIU Mario Farnese signore del Ducato di Làtera e Farnese in www.farneseonline.it;
quelle sulle chiese di Farnese da RICCI La chiesa di S. Anna, in RINALDI Conoscere per
conservare - Percorsi didattici e culturali nella Tuscia, Roma 2008 pagg. 49-61; BARAGLIUChiesa
parrocchiale del SS Salvatore in Farnese, in http://discoverytuscia.blogspot.it; RICCI Effemeridi
artistiche a Farnese, in Conoscere Farnesecit.; FRAZZONI, Farnese nel tempo, in Conoscere
Farnese cit.
[15]Sia Ascanio che Paolo sono nomi frequenti nella casata e si potrebbe avanzare l’ipotesi che il
primo appartenesse ad un ramo cadetto.
[17]Pompeo Floriani fu tra i primi architetti a disegnare il piano di una città, chiamata la “Città
Felice”, in forma esagonale e con assi viari ortogonali
[18]Curiosità: il suo nome è legato alla preparazione del Nocino, offerto in abbondanza nel giorno
delle nozze con marco Pio, liquore famoso che dalla regione di Sassuolo pian piano si diffuse in
tutta Italia: il Nocino ha una preparazione “magica”, in quanto le noci da cui sarà fatto vengono
raccolte la notte del San Giovanni d’Estate e dovrebbero essere tagliate solo con un coltello di
cristallo (www.sassuolonline.it/cleliafarnese.htm).
[19]CAMPORI Memorie storiche di Mario Pio di Savoja signore di Sassuolo, Modena 1871 pag. 76.
[20]CAMPORI cit. pagg. 52-53. Per la partecipazione alla guerra in Ungheria: pagg. 59-67.
[21]Sulla presenza a Malta di Sangiorgio e di Ascanio Della Cornia si veda BOSIO Della sacra
Religione et ill.ma Militia di San Giovanni Gerosolimitano, parte III pagg. 605 C, 619 B e 826 E per il
Sangiorgio e pag. 616 E per il Della Cornia.
[25]QUADRIO Della storia e della ragione di ogni poesia, Bologna 1739 vol. I pag. 98; Dizionario
delle opere Bompiani, Milano 1947-1952 vol. III pag. 18.
[29]Le notizie biografiche sul Panico sono scarse: per POSNER Antonio Maria Panico e Annibale
Carracci, in “The Art Bulletin” LII, 1970 pagg. 181-183 sarebbe nato poco dopo il 1575 a Bologna e
deceduto nel territorio di Farnese intorno al 1620; i luoghi di nascita e morte, ma non le date, sono
riportati dal BELLORI Vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, Roma 1672 (rist. anastatica ed.
Forni, Bologna) a pag. 93.
[30]La descrizione del quadro è tratta dai testi di FRAZZONI e di RICCI in Conoscere Farnese cit.
[32]L’altare del SS. Rosario venne affrescato dal Panico intorno al 1596 (SCHLEIER Panico,
Gentileschi, and Lanfranco at San Salvatore in Farnese, in «The Art Bulletin», pag.172); sempre del
Panico nella stessa chiesa sono anche il Sacrificio della Messa, in cui forse il sacerdote raffigurato
è il cardinale Alessandro Farnese, e i due dipinti di S. Giovanni Battista e di S. Sebastiano ai lati
dell’altare della Trinità (BARAGLIUChiesa parrocchiale del SS Salvatore cit.).
Anche questo edificio ottagonale – troneggiante sul paese affacciato sul lago di
Bolsena – fu commissionato da Paolo III, che definiva “mia penisola” la terra di
Capodimonte, una delle più piacenti infra tutte quelle che componevano il ducato di
Castro per la sua peninsulare conformazione e per l’amenità de’ suoi dintorni, si
legge in una cronaca del XIX secolo.
E fu ancora Antonio da Sangallo il Giovane l’architetto incaricato da papa Farnese
di rinnovare il vecchio castello, che originariamente era a pianta quadrata. Vi
aggiunse i contrafforti, il cortile interno, i loggiati e il giardino pensile.
(nota preliminar)
Paolo Galiano ©
Construida sobre una antigua fortaleza medieval que data de al menos la primera
mitad de 1200 a pocos kilómetros de distancia de la famosa residencia del
cardenal Alejandro Caprarola los jóvenes, el Palacio Farnese de Carbognano [1]
fue erigida a Orsino Orsini y Julia Farnesio "hermosa " [2], Señora del Papa
Alejandro VI Borgia, que tenía enemistad Orsini en 1494. Cuando su marido murió
en 1500 Julia hizo continuar el trabajo de reconstrucción y al menos desde 1506
se instaló definitivamente en Carbognano donde permaneció hasta dos años antes
de su muerte, que ocurrió en Roma en 1524; en este período de tiempo Julia tomó
como su segundo marido en 1509, el noble napolitano John Capece de la familia,
murió en 1517, pero a pesar de los dos vivieron en el Palacio de Carbognano
extrañamente ningún rastro quedaba de él.
En el salón el elemento más importante son las armas de las familias nobles que
Julia tuvo su punto de encuentro: el lado del padre Farnese, parte de la madre
Caetani, los Orsini como la esposa de Orsino, Della Oak, relacionado a través del
matrimonio de su hija Laura con Niccolò Della Rovere, a quien pertenecía el
Palazzo della Rovere di Gallese. Entre los grutescos que adornan las paredes
emerge un verdadero bestiario simbólico: el gallo, halcones, cigüeñas, búhos,
garzas, grullas, el ibis, el dragón y el caballo, pero, sobre todo, escondido en el
chaflán de una ventana, el Unicornio o Alicorno , escudo de armas de la familia
Farnese FIG. 1(junto con los lirios azules en el campo de oro), desenfrenado y con
un pergamino enigmático "EN. VE. CHITO.".
- La Señora juega con unicornio nace de una flor (y parece que la mitad izquierda
de la misma son los besos, pero la pintura se ve muy dañada), sentado en un
delfín y una tortuga debajo del pie, en medio del renacer Phoenix de las llamas; La
fig. 3
- La dama vestida con traje decorado por los lirios del Farnese potable del
unicornio con una taza sentado en un Simurg, el centro de prensa de fuego, y en
lo alto de un pergamino con la inscripción en Ignem REQUIEVI; La fig. 4
- La dama juega con la barba del Unicornio sentada en un Simurg, debajo de ella
un Trampoliere (?), En el centro un jarrón (?); La fig. 5
El sentido en dos lunetas de una prensa que aplasta las llamas en el centro de la
pintura es oscura: usted puede recordar solamente que en Farnese, incluyendo
restos de cerámica encontrados en el "tiro", una especie de vertederos
medievales, se encontró una placa de la figura. 7 , ahora en exhibición en el
museo Rittatore locales, que representa una mano enguantada sosteniendo una
llama con un pergamino con la inscripción "PARA CELARE", por lo que podemos
asumir un significado simbólico del diseño, la mano del alquimista que tiene en su
mano el fuego significa su dominio sobre el arte de fusionar el material requerido
para el Trabajo y en el caso de Carbognano uno podría hipotetizar un sentido
similar.
La parte más importante de las pinturas son, por supuesto, las escenas de la
dama y el unicornio, cuya moral alegórica que se conoce: el " unicornio es un
animal mítico con el cuerpo y la cabeza del caballo, barba de cabra y pezuñas
como en cérvidos, con un solo cuerno en su frente de antivenefico potencia,
espiral a menudo representado (como en Carbognano), animal temible por su furia
disminuye sólo en la presencia de una virgen, en cuyo seno se apoya la cabeza
dejando tan cautivado por el cazador .
En las fuentes originales [6] de la que el mito occidental, a saber, China, India y
Persia, el unicornio se relaciona con la virgen, con agua, con el eje y con la salud
física: China es el K'i-lin, un nombre que resume los principios masculino y
femenino, es uno de los cuatro animales "benévolos", que no pisotear la hierba
vivo o matan a los animales; La India está relacionado con la salud y la curación
( Atharvaveda ) y la salvación de las aguas (en Satapatha Brahmana del unicornio
ahorra Manu de las aguas de inundación), en el Mahabharata se trata ermitaño
Rishyashringa ( "cuerno de gacela" ), hijo de Ekashringa ("Unicornio"), que es
llevado por una virgen a abandonar su ermita; en el BundahishnPersa es hablado
por un gran unicornio blanco onagro tres patas que purifica océano orinandovi,
criatura mítica que también se relaciona con el árbol Gokard, la fuente en el
océano, y es considerada la cura para todos los males. Todos estos elementos se
unen en Occidente para formar la figura del Unicornio tal como la conocemos.
El lema [7] EN Ignem REQUIEVI ( " el fuego que encontré resto "), que aparece en
la luneta de la señora que beber del unicornio, parece significativo cuando se
considera en conjunción Opera alquímico, y confirmado por la prensa que
comprime el símbolo fuego que parece salido de ramas de palma, un símbolo de
la victoria, lo que podría significar la capacidad de dominar el "fuego" por la
"Dama", en sí mismo un símbolo de la dinastía Farnese, ya que lleva en el vestido,
el escudo de lirios de armas.
CRISPO PALACIO DE BOLSENA
Mario Farnese [12] (1548 -1619?) Fue un hombre de armas, el general de las
tropas pontificias Estado y embajador de la Iglesia en una serie de posiciones;
luchado en Flandes y luego en 1595 en Hungría contra los turcos en la "larga
guerra" entre el Imperio Otomano y las potencias cristianas, teniendo que
compañeros de armas como los comandantes del ejército enviado por los líderes
de Clemente VIII, algunos de los cuales estaban emparentados con Farnese o ya
habían combatido sus órdenes, pero sobre todo eran conocidos de las ciencias
herméticas.
Mario Camilla se casó en 1587 con la hija del Marqués de Giampaolo Meli Lupi di
Soragna y Cortemaggiore Isabella Pallavicino. Figura particular, Pallavicino: Mujer
alto nivel de educación epersonaggio sin escrúpulos para su época (el poeta
Magdalena Campiglia, de la que fue patrono, los sonetos dedicados entusiastas y
trabajar Flori , donde parece que alude a un amor que existe entre las dos
mujeres), era patrono de Torquato Tasso, de la que había impreso a sus propias
expensas el Jerusalén entregado en la edición impresa corregida por el mismo
autor, y se asoció con la Academia de Innominatidi Parma [22] , que eran parte de
al menos 1.577 Ranucio y Ottavio Farnese [23 ](Cada uno un "inmutable" y "alta"),
y Pomponio Torelli poeta filósofo Montechiarugolo contar, sino también
neoplatónica, descendiente por parte de su madre desde el Pico de la Mirándola y
pinturas de inspiración de los hermanos Annibale y Agostino Carracci en la Galería
Farnese de Roma, ordenado por el cardenal Odoardo Farnese (hermano Ranuccio
"colega" Torelli Academy), en la que se representa la teoría de Amor en sus
diversas formas [24] , concentrados en las dos figuras enigmáticas de Eros y
Anteros Poste en las cuatro esquinas del techo FIG. 14 .
Un Soragna Isabella había establecido una Academia de los Illuminati [25] , que
era escritor parteil Antonio Ongaro (1560? -1593?) Por el nombre de
"encomendado", entonces secretario Mario Farnese en Flandes que siguió a la
guerra, en la cual para algunos [26]debemos identificar el alma del cenáculo
académico activo en Farnese a fines del siglo XVI, quizás la continuidad de la de
Isabella de Soragna. Pero yo creo que Mario Farnese ha aumentado sus intereses
herméticos (probablemente ya existente, dada la historia de su familia)
directamente en la Soragna, tal vez entonces su fortalecimiento en el encuentro
con los personajes se reunieron durante la campaña de Hungría, como la
Academia Soragnese ciertamente tenía frecuentación, ya que el contrato
matrimonial había establecido que durante dos años debería residir en la corte de
los suegros [27] .
En estas iglesias parte de los frescos murales y pinturas fueron obra de Antonio
María Panico [29] (1575? -1621?), ¿Quién, o su conocimiento o cliente Mario
Farnese, hablaron con escenas significado herméticos, hasta la fecha es difícil
investigar a fondo.
[5] La documentación está disponible solo para algunas lunettes gracias al trabajo
fotográfico de MAZZUOLI publicado en el artículo cit de MOSCATELLI.
[6] Fundamental por su exhaustividad y por la bibliografía sobre el tema el artículo
de CARDINI El Unicorno apareció en la revista "Abstracta" n ° 4, abril de 1986.
[8] Solo se puede visitar el palacio de común acuerdo con el propietario, Principe
Del Drago (teléfono 0761-799393). La descripción y las fotos del Palazzo Crispo
son por este motivo tomadas del sitio www.futouring.it.
[9] PICINELLI Mundo simbólico formado por empresas ... expandido , Milán 1669
pp. 219-221.
[13] CAMPANA De las historias del mundo , Venecia 1597 vol. II pag. 723.
[14] Ejércitos palestinos PALINKÁS en Hungría. La toma de Strigonia , en
"Corvina - Revisión Italo-Húngara", año III, 1940 n. 5 pág. 355.
[15] Tanto Ascanio como Paolo son nombres frecuentes en la casa y uno podría
adelantar la hipótesis de que el primero pertenecía a una rama cadete.
[17] Pompeo Floriani fue uno de los primeros arquitectos en diseñar el plan de una
ciudad, llamado "Città Felice", en forma hexagonal y con ejes ortogonales en la
carretera
[20] CAMPORI cit. pp. 52-53. Por su participación en la guerra en Hungría: pagg.
59-67.
[24] Sobre este tema véase el estudio de la columna Pomponio Torelli, Annibale
Carracci y Agostino y la teoría de los afectos en la Galería Farnese ,
Departamento de Estudios Italianos de la Universidad de Parma en 2012.
[31] Según BARAGLIU Mario Farnese cit. la pobreza de las ropas del personaje
estaría relacionada con la " empresa desafortunada " de Hungría, que terminó mal
para las tropas italianas. Pero esto no explica la simplicidad similar de la ropa
usada por la figura femenina.
[32] El altar de las SS. Rosario fue pintado por el pánico hacia 1596 (Schleier
pánico, Gentileschi, y Lanfranco, en San Salvatore in Farnese , en "The Art
Bulletin", página 172); El pánico siempre en la misma iglesia son también el
sacrificio de la misa , en la que tal vez el cura se representa el cardenal
Alessandro Farnese, y las dos pinturas de San Juan Bautista y San Sebastián en
los lados de la Trinidad (Baragliu Parroquia de SS Salvatore cit.)