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Trittico del Carro di fieno

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Il Trittico del Carro di fienoè un dipinto a olio su tavola (135x200 cm
Trittico del Carro di fieno
aperto) di Hieronymus Bosch, databile al 1516 circa e conservato nel
Museo del Prado di Madrid. È firmato nel pannello centrale
"Jheronimus Bosch".

Indice
Storia
Descrizione e stile
Trittico chiuso
Trittico aperto
Autore Hieronymus Bosch
Anta sinistra
Pannello centrale Data 1516 circa
Anta di destra Tecnica olio su tavola
Note Dimensioni 135×200 cm
Bibliografia
Ubicazione Museo del Prado, Madrid
Altri progetti
Collegamenti esterni

Storia
Il trittico faceva parte di un gruppo di sei dipinti acquistati nel 1570 da
Filippo II di Spagna e inviati nel 1574 al monastero dell'Escorial. In
epoca imprecisata ne venne tratta una copia, che si trova ancora al
monastero, mentre gli originali venivano trasportati alla Casa del
Campo, dove vennero visti da A. Ponz (Viaje, 1772-1794) e da Ceán
Bermúdes (1800). Entrati nella collezione del marchese di Salamanca,
vennero poi smembrati: il pannello centrale venne acquistato nel 1848
da Isabella II e portato ad Aranjuez, quello di destra tornò all'Escorial e
quello sinistro finì al Prado. Nel 1914 il trittico venne infine
ricomposto nel museo madrileno[1].

Sebbene danneggiata da puliture grossolane, l'opera è considerata


autografa dalla maggior parte della critica. La datazione è, come al
solito nelle opere di Bosch, molto controversa. Per Baldass (1917) era
riferibile a una fase tarda, verso il 1510, mentre Tolnay (1937, 1965) e
Larsen (1998) la anticipavano leggermente. In seguito anche Baldass
Il Trittico chiuso
rivide la sua posizione, spostando la cronologia al 1500-1502, periodo
accolto anche dalla Cinotti. In realtà l'analisi dendrocronologica ha
smentito queste ipotesi, datando il supporto al 1516, per cui l'opera dovette essere eseguita nell'ultimo anno di vita del pittore se non
più tardi, da un seguace o un imitatore. Le analisi radiografiche hanno evidenziato diversi pentimenti, con differenze tra il disegno
[2].
sottostante e la superficie pittorica visibile, che farebbero pensare a una versione originale, non una copia di un prototipo perduto

Descrizione e stile

Trittico chiuso
Nei pannelli laterali chiusi è dipinta un'unica rappresentazione, analoga alla tavoletta del Venditore ambulante: si tratta di un
personaggio che si incammina solitario mentre intorno a lui succedono vari fattacci (come la rapina di un viandante o
un'impiccagione, sullo sfondo, tra simboli di peccato e di morte. L'uomo, che impugna un bastone col quale scaccia un cane rabbioso,
[1].
è stato interpretato in vari modi, come vagabondo, o figliol prodigo o ancora come un ambulante

Studi più recenti hanno appurate che si tratta di un viandante che si incammina sulla via dell'esistenza, resistendo alle lusinghe dei
peccati e guardandosi dalle malvagità e dalle tentazioni (come la coppia di pastori che balla alla musica di un corno suonato da un
compare, simboleggianti forse la lussuria). Si tratta quindi di un tema "stoico", avvicinabile alle teorie della devotio moderna di cui
Bosch era un praticante[1].

Altri studi dimostrano che può benissimo rappresentare la Via del Matto, che essenzialmente è la via dell'esperienza, con cui si entra
nel regno della materia, per contemplarlo nel profondo e scoprire i suoi segreti. Percorrere la Via del Matto è come compiere un
equilibrismo. La Via del Matto è la via del viaggiatore solitario in cammino verso l'iniziazione. L'immagine arcana più antica di
questo Matto errante è quella raffigurata nelle prime carte di tarocchi, apparse in Europa nel XV secolo. I maggiori esperti di
esoterismo sono arrivati alla conclusione che i tarocchi racchiudono un complesso sistema di idee ermetiche. La parte irredenta
dell'uomo - la sua ombra scura, come viene talora chiamata - è sicuramente nel fardello che il Matto porta dietro la schiena. Lì dentro
c'è il karma che il Matto ha accumulato, ci sono i suoi debiti e i suoi crediti spirituali. Lì dentro c'è qualcosa con cui chi è sulla Via
deve prima o poi misurarsi: La materia scura accumulata di vita in vita che contrasta con la purezza della prima materia, o materia
spirituale incorrotta, la quale appartiene all'anima per diritto di nascita. L'arte medievale ricorreva spesso agli animali come simboli
dell'astrale: il cane che insegue e vuole aggredire il Matto non fa eccezione, è il suo elemento astrale, non addomesticato. E poiché il
Matto non l'ha addomesticato, ovvero integrato nella sua anima, questo ha una sua esistenza indipendente, è una sorta di essere-
ombra, simile alla creatura astrale che il poeta Dante Alighieri incontra quando intraprende il suo cammino verso l'iniziazione.
L'astrale, essendo la sorgente delle emozioni, è anche la sorgente del movimento: una delle cose più difficili nella vita è controllare le
emozioni, che sono la manifestazione interiore dell'astrale, e i movimenti che ne sono la manifestazione esteriore. È questa e-
mozione, o moto verso l'esterno, che l'azione aggressiva dell'animale esprime. Il bastone che il Matto porta con sé è l'emblema del
corpo eterico un simbolismo ribadito dalla loro origine: i bastoni provengono dalle piante e nella tradizione arcana la vita vegetativa è
alimentata dalle energie eteriche. È questa la ragione per cui nel pensiero ermetico medievale l'eterico veniva anche chiamato "ens
vegetabilis", o essenza vivificante. La parola latina che indica il bastone è "virga", il cui suono ricorda troppo da vicino "virgo" , e
quindi Vergine, per non evocare un altro suo ruolo, quello di fecondatore delle idee. Il bastone può avere una connessione anche con
la divinità egizia Maat, a cui, a loro volta, sembrano legarsi il francese "mat", e l'italiano matto. Il corpo fisico, il corpo del Matto
stesso, viene chiamato talora anche asino o somaro, forse per suggerire il fatto che è controllato da un cavaliere: naturalmente l'ego.
Soltanto chi possiede un ego può dire io a quell'ego. L'ego è sempre solo davanti all'oggetto della sua esperienza. È l'unico spettatore
di quello spettacolo di marionette che si svolge davanti ai suoi occhi. Tutti ci illudiamo di sapere cosa sia il corpo fisico; tutti, tranne
l'iniziato, per il quale esso costituisce il grande mistero. La tradizione ermetica lo definisce a volte <<un concentrato di saggezza>>.
La Via del Matto si ispira infatti al principio che se abbiamo un corpo fisico (tanto se <<cavalchiamo l'asino>> quanto se <<siamo
asini>>) non è per liberarcene, ma perché esso serva ad arricchire la nostra esperienza e la nostra conoscenza. Il Matto attraverso
continue espansioni di coscienza diventa sempre più saggio, in realtà viene definito "matto" dalle persone che sono immerse nel
sonno e nell'illusione delle faccende puramente terrene e che quindi non sono risvegliate ai misteri che si celano dietro al ciclo della
vita, della morte e della rinascita, come le persone del dipinto hanno ben altro da fare molto più importante per loro che il percorrere
la Via: la ricerca della Verità.
Trittico aperto

Anta sinistra
Sull'anta sinistra vi sono quattro episodi distinti: in alto la caduta degli angeli ribelli,
che mentre precipitano cambiano forma ed assumono l'aspetto di rospi e insetti, tema
forse tratto dallo scritto Die Diersche Lucidarius, una ripresa del XIV secolo
dell'Elucidanum di Anselmo, dove vengono paragonati gli angeli caduti a rospi; più
in basso la creazione di Eva da una costola di Adamo; ancora più in basso e sulla
destra il Peccato originale con il serpente dalla testa di donna e mani con artigli;
infine la cacciata dei progenitori, dove la porta del Paradiso terrestre è coronata da
una pianta irta di spine e con vari frutti, uno di questi beccato da un uccello come
simbolo di lussuria, mentre il cardo è simbolo della tentazione dei sensi.

Le figure sono allungate, con profili sinuosi, che echeggiano il gotico internazionale.
Dettaglio dell'anta sinistra: caduta
degli angeli ribelli
Pannello centrale
Nel pannello centrale è il carro di
fieno e la confusione che scatena il suo passaggio. In esso, forse memore della
tradizione italiana dei Trionfi[3], l'artista rappresentò il proverbio, dedicato
all'avidità, che dice: «Il mondo è come un carro di fieno, ciascuno ne arraffa quel
che può».

Sulla cima del carro si svolge un concertino, a cui partecipano anche un angelo, che
si rivolge in preghiera a Gesù apparso in cielo, e un demonio azzurro col naso a
tromba e con la coda di pavone, simbolo di vanità. Dietro di loro si vede un
cespuglio, in cui una coppia di contadini si bacia. La civetta è simbolo dell'inganno,
mentre il demonio azzurro, con la sua dolce musica, rappresenta l'adescameno
suadente al peccato. La civetta era infatti usata nella caccia per attirare altri uccelli
col suo richiamo, mentre la tromba del demone rimanda al verbo olandese trompen
che significa ingannare[3]. Evidente è il richiamo a un'allegoria della vita, tra piaceri,
La sommità del carro di fieno
tentazioni e interventi angelici. La visione pessimistica di Bosch è evidenziata dal
fatto che il corteo del carro sia trascinato da diavoli verso destra, cioè verso il
pannello con l'Inferno. In basso, attorno al carro, si dimenano i personaggi di ogni
estrazione sociale per accaparrarsi il fieno, anche con forconi, scale e altri strumenti,
finendo per litigare tra di loro (le due donne), se non addirittura uccidersi (l'uomo col
cappello che sgozza un altro uomo), con lieve conforto dei religiosi, come il frate
[3].
che cerca di trattenere, con poco slancio, la donna infuriata.

Dietro il carro si dispone un corteo, guidato dal Re di Francia, dal Papa e


dall'Imperatore.

In primo piano si vede poi una serie di personaggi, singoli o in coppia, che
raffigurano un'articolata casistica di peccati umani[3].

La rissa
I demoni che trascinano L'omicidio I potenti nel corteo Il corteo
il carro

Cristo Un frate ingordo e Un ciarlatano Una donna superba che


accidioso trascura i figli

Anta di destra
Nell'anta di destra è raffigurato l'Inferno rappresentato come una città incandescente,
con diavoli intenti alla costruzione di una torre, forse ripresa dalla biblica torre di
Babele. Lo sfondo è acceso, come in altre opere dell'artista, dai bagliori delle
fiamme eterne, un motivo che forse ha una base biografica, quando da adolescente
l'artista assistette a un incendio notturno nella sua città,'s-Hertogenbosch.

Dettaglio

L'incendio

Note
1. Varallo, cit., pag. 160.
2. ^ Varallo, cit., pag. 164.
3. Varallo, cit., pag. 162.

Bibliografia
Franca Varallo, Bosch, Skira, Milano 2004.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
Scheda nel sito ufficiale del museo, su museodelprado.es.

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