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Australia
corriere.it/esteri/21_giugno_29/cosi-variante-delta-si-fatta-strada-superblindata-australia-88c7b76c-d8b1-11eb-8266-
a744dc7bc2d8.shtml
Da Sydney arrivano immagini di una città spettrale, strade deserte anche in pieno centro.
Sembra di fare un tuffo nel passato, nelle nostre metropoli svuotate di un anno fa. Ma quanto
sta accadendo nell’altro emisfero getta piuttosto uno squarcio sul futuro prossimo se
dovesse dilagare la variante Delta del virus. «Stiamo entrando in una nuova fase di questa
pandemia, una fase critica», ha avvertito il ministro delle Finanze australiano Josh
Frydenberg.
L’Australia è stato uno dei Paesi che è riuscito a domare meglio la pandemia nelle prime due
ondate ricorrendo prontamente a restrizioni e lockdown. Misure riproposte all’inizio di questa
terza fase, dopo i primi 80 nuovi casi. Le limitazioni, partite a Sydney venerdì scorso sono
state estese ieri a Darwin, Perth e Brisbane. Riguardano ormai 20 milioni di australiani, l’80%
della popolazione. Nello stato di Sydney in due settimane i casi sono arrivati a 130, ma la
premier locale, Gladys Berejiklian, ha avvertito: «Prepariamoci, i numeri cresceranno
sensibilmente».
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La variante Delta: contagi più veloci
Un’escalation annunciata, per due motivi. Innanzitutto Delta è più contagiosa. Le autorità
sanitarie locali hanno definito i contagi «spaventosamente rapidi»
, possibili addirittura dopo un’esposizione di 5-10 secondi. Inquietano i risultati di uno studio
condotto con i dati raccolti dalle telecamere a circuito chiuso in un centro commerciale di
Sydney, prima del lockdown, scattato lo scorso weekend per due settimane. «Il virus è
passato tra due persone che sono state nello stesso spazio per pochi secondi, senza
nemmeno sfiorarsi» ha reso noto Lara Herrero della Griffith University.
Vaccinazioni a rilento
La strategia dell’isolamento non basta più, il baluardo più efficace contro il rafforzarsi del
virus è il vaccino, ripetono i virologi. Ma in Australia non è immunizzato nemmeno il 5% degli
abitanti, una delle peggiori perfomance tra i Paesi sviluppati. A gennaio l’obiettivo era di
vaccinare la popolazione entro ottobre, ora si punta alla prima dose entro dicembre.
Principali cause del ritardo: la difficoltà di approvvigionamento (la campagna puntava
soprattutto su AstraZeneca) e la diffidenza dopo i casi di trombosi. Molti abitanti all’inizio non
sentivano nemmeno la necessità del vaccino, sentendosi sufficientemente protetti dalla
politica dei confini chiusi in un Paese che ha avuto solo poco più di 30 mila casi e 910 morti.
Il cambio di passo
Il suo ingresso ha messo in evidenza alcune debolezze del sistema. Il paziente uno nel
focolaio di Sydney per esempio è stato un autista 60enne che ha contratto il Covid da un
australiano rimpatriato dall’estero, prelevato in aeroporto.
Covid a Maiorca, dentro l’hotel degli studenti contagiati a Palma. Un ospite: «Corrono
nei corridoi, fanno festa e scherzi telefonici: è un inferno»
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L’autista non vaccinato e senza protezioni
Quando scendono dagli aerei, questi australiani di ritorno vengono accolti da uno
schieramento di soldati, poliziotti e infermieri dotati di mascherina e guanti. Protezioni che
fino a due settimane fa non erano però tenuti ad avere le persone che li scortavano a casa
per la quarantena. Nel caso del paziente uno di Sydney, l’autista non era vaccinato e
nemmeno era tenuto a fare tamponi con regolarità.
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