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Il Novecento è stato un movimento artistico italiano[1] nato a Milano alla fine del 1922.

Il movimento venne iniziato da un gruppo di sette pittori: Mario Sironi, Achille Funi, Leonardo
Dudreville, Anselmo Bucci, Emilio Malerba, Pietro Marussig e Ubaldo Oppi. Questi artisti, sostenuti
dalla Galleria Pesaro di Milano, si unirono nel nuovo movimento battezzato Artisti del Novecento dal
Bucci[2] impegnandosi reciprocamente ad esporre le loro opere solo nell'ambito del gruppo.
Questi artisti[3], che si sentivano traduttori dello spirito del Novecento, provenivano da esperienze e
correnti artistiche differenti, ma legate da un senso comune di "ritorno all'ordine" nell'arte dopo le
sperimentazioni avanguardistiche del primo novecento (futurismo, cubismo): il Novecento torna quindi
ad avere come supremo riferimento l'antichità classica, la purezza delle forme e l'armonia nella
composizione.
Oltre alle arti figurative, il movimento Novecento ebbe negli stessi anni degli sviluppi anche in
letteratura con Massimo Bontempelli e soprattutto in architettura con gli architetti Giovanni Muzio, Gio
Ponti (per una parte della sua opera), Paolo Mezzanotte.
Più in generale il termine viene utilizzato anche per tutta quella che caratterizza il ventennio in Italia,
improntata soprattutto a un neoclassicismo semplificato ovvero a una rilettura dell'architettura moderna
in chiave monumentalista.
Dopo la prima guerra mondiale sorse una corrente artistica europea che ripropose la centralità della
tradizione e della storia, del classicismo e della fedeltà figurativa, del racconto e della celebrazione
aulica,[4] rifiutando gli estremismi dell'avanguardia che aveva dominato fino al 1918 e ritornando quindi
ad un tipo di ispirazione tradizionale.[5]
Questo movimento fu una reazione alla guerra e subito abbandonò il cubismo, facendolo rigettare
persino dai suoi primari inventori, Braque e Picasso. La stessa sorte toccò al futurismo, che aveva
lodato macchinari, violenza e guerra, e fu abbandonato da quasi tutti i suoi fautori.
Il ritorno all'ordine venne associato ad un neo-classicismo e alla pittura realista, dilagando in tutta
Europa e fornendo una pausa di riflessione dopo tutte quelle avanguardie artistiche che avevano
marcato la prima parte del XX secolo.[6]
In Italia questo cambio di direzione venne riflesso ed incoraggiato da Valori plastici, rivista di critica
d'arte fondata nel 1918 a Roma sotto la direzione del pittore e collezionista Mario Broglio, edita
dal 1918 al 1922, e nata per la diffusione delle idee estetiche della pittura metafisica e delle correnti
d'avanguardia europea.[7] Il termine "ritorno all'ordine" atto a descrivere il rinnovato interesse per la
tradizione, si afferma derivasse da Le rappel à l'ordre, un libro di saggi del poeta e artista Jean
Cocteau pubblicato nel 1926.
Margherita Sarfatti, critica d'arte e intellettuale italiana di origine ebraica, riuniva gli artisti del gruppo
originario nella sua casa-studio di corso Venezia a Milano[8]; Sarfatti intuì l'importanza e la novità del
movimento e ne organizzò una serie di mostre che presero il nome di Novecento italiano.[9]
Dopo un primo esordio nel 1923 nella galleria Pesaro di Milano, nel 1924 gli artisti si presentarono
assieme alla Biennale di Venezia con la denominazione di "Sei artisti del Novecento" (dei sette
fondatori mancava Oppi che, avendo ottenuto una propria sala, non volle aderire alla collettiva), ed
esposero opere come L'allieva, Paesaggio urbano (Sironi), Amore: discorso primo (Dudreville), I
pittori (Bucci).
Dopo il successo veneziano la Sarfatti volle aumentare l'importanza del movimento e
nel 1926 organizzò una prima esposizione alla Permanente di Milano con centodieci artisti. Alla mostra
aderirono tutte le figure artistiche più importanti del panorama italiano (come Carrà, De
Chirico, Morandi, Martini, Balla, Depero, Severini).
Seguirono altre esposizioni: a Parigi nello stesso 1926, a Ginevra l'anno seguente e ancora nel 1929 al
Museo Rath. Nel 1929 a Berlino e a Milano ancora alla Permanente, l'anno successivo a Buenos Aires.
Nel 1931, poco prima della fine dell'avventura novecentista, il gruppo partecipa alla prima Quadriennale
di Roma come Scuola di Milano.
Già nel 1931 cominciano a manifestarsi i primi attacchi del regime fascista al movimento che
sfoceranno nell'accusa di aver dato l'ostracismo all'arte classica[10] e di copiare gli artisti stranieri[11].
Il movimento andò definitivamente dissolto quando la Sarfatti dovette fuggire dall'Italia per le
persecuzioni razziali nel 1938.

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