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Il vulcano è una spaccatura della crosta terrestre da cui fuoriesce materiale roccioso fuso, misto a
gas e vapore acqueo. Ogni volta che il magma riesce a perforare la crosta ed arrivare in superficie,
si forma un vulcano. La parte esterna del vulcano, quella che vediamo, si chiama edificio vulcanico
che ha un diverso aspetto in relazione al tipo di lava emessa e agli altri prodotti eruttati; così come
una maggiore o minore altezza in dipendenza della frequenza delle eruzioni.
Come è fatto un vulcano Quelli presenti in Italia, ed ancora attivi come l’ETNA e il VESUVIO, hanno
un edificio vulcanico di forma conica (Stratovulcano), una camera magmatica a diversi Km di
profondità che comunica con l’esterno attraverso il camino magmatico, e un cratere (o bocca) che
permette la fuoriuscita del magma.
Oltre al condotto principale, possono essere presenti condotti secondari che si aprono lungo i
fianchi del vulcano stesso. Il magma origina dalla astenosfera, sottile strato fluido-viscoso, situato
al disotto della litosfera (formata dallo strato più esterno del mantello, rigido, ultrabasico, con la
sovrastante crosta terrestre), ad una profondità compresa tra 100 e 300-400 km.
La percentuale più alta del calore interno della Terra è fornita dal decadimento degli elementi
radiattivi: le particelle alfa e i raggi gamma che vengono emessi, attraversando le rocce di mantello
e crosta, urtano con le strutture cristalline dei minerali che le compongono trasformando la loro
energia in energia termica. In media, la temperatura interna della Terra cresce di 30°C al km di
profondità; la pressione litostatica si aggira attorno ai 4 kbar per km. Al livello della astenosfera, tra
i 100 e 250 km circa, le condizioni di pressione e temperatura fanno si che le rocce del mantello
siano parzialmente fuse, rendendolo una sostanza di una consistenza simile a quella del dentifricio.
Crosta continentale e Crosta oceanica differiscono per spessore, età e tipo di rocce:
● Spessore delle rocce – La crosta continentale ha uno spessore medio all’incirca di 35 km;
raggiunge al massimo i 70 km in corrispondenza delle montagne più elevate. La crosta
oceanica ha uno spessore medio di appena 6-7 km.
● Età delle rocce – La crosta continentale è formata da rocce di ogni età, da oggi (in
formazione) fino a circa 4 miliardi di anni fa. In nessun punto dei fondi oceanici, invece,
compaiono rocce più antiche di 200 milioni di anni.
● Tipo di rocce – La crosta continentale è composta essenzialmente da rocce granitiche
(rocce acide, cioè ricche di Silice) , via via più basiche procedendo dalla superficie verso la
Moho. La crosta oceanica in superficie è invece coperta da uno spesso strato di rocce
sedimentarie, soprattutto fanghi silicei e calcarei; al di sotto si ritrova ovunque un grosso
strato di rocce eruttive basaltiche, che in profondità passa a gabbro.
Visto che la roccia oceanica è più sottile di quella continentale, i vulcani che si trovano sugli
oceani sono alimentati con più probabilità da magma prodotto a livello della astenosfera, più
caldo e fluido; mentre i vulcani che crescono sui continenti sono alimentati da magma che dalla
astenosfera raggiungono le camere magmatiche che si formano dentro la crosta, il calore fonde
la crosta stessa, il magma si raffredda e diventa meno fluido e cambia la sua composizione
chimica.
Perché alcune lave sono più dense e scorrono più lentamente rispetto ad altre? La velocità di
scorrimento di una lava dipende principalmente dalla densità della roccia fusa, che è legata alla sua
composizione chimica e struttura, dalla presenza di vuoti o pori, dal contenuto in acqua. A seconda
della composizione chimica si distinguono:
- Lave acide per lo più chiare, sono ricche di gas, molto viscose ed hanno una temperatura inferiore a
1.000°C. Queste lave sono ricche di silice e povere di elementi femici quali magnesio, ferro e calcio.
Sono magmi che attraversano la crosta terrestre, si arricchiscono di silice, si raffreddano e diventano
più viscosi. Più il magma è viscoso e più difficilmente perderà i gas, diventando un magma esplosivo
che darà luogo ad eruzioni piroclastiche con produzione di lapilli, ceneri e bombe vulcaniche,
generando colonne che possono arrivare a raggiungere i 30-50 Km di altezza (vi ricordo che un aereo
di linea vola a circa 10 Km di altezza). I piroclasti hanno dimensioni molto variabili:
● Le ceneri vulcaniche sono le polveri più fini (diametro inferiore a 2 mm)
● I lapilli hanno le dimensioni di piccoli ciottoli (diametro compreso tra 2 e 6 mm)
● Le bombe vulcaniche sono blocchi che possono anche raggiungere il peso di decine di
tonnellate.
Il Vesuvio è un vulcano molto esplosivo perchè i suoi magmi sono molto viscosi, trattengono molti
gas e sono freddi (circa 800 °C). E’ il vulcano più pericoloso del mondo, non per le sue dimensioni,
ma perchè è l’unico sulla Terra che ha, ai suoi piedi, una metropoli (di circa 800 mila persone) che
verrebbe distrutta nei primi 5 minuti di eruzione.
- Lave basiche più scure, sono povere di gas, sono fluide ed hanno temperatura superiore a 1.000°C.
Queste lave sono povere di silice e ricche di elementi fenici.
Questi magmi che arrivano direttamente dal mantello sono caldi, trattengono pochi gas e non hanno
attività esplosiva. Ecco perchè in Islanda o alle Hawai portano alla formazione di colate lineari o ai
vulcani a scudo che sono il risultato di uno scorrimento tranquillo di lave molto calde.
Le eruzioni Stromboliane prendono il nome dall’isola di Stromboli (Eolie) dove il vulcano ha una
attività esplosiva moderata ma continua. Queste eruzioni sono associate a lave non molto viscose, che
ristagnano periodicamente nel cratere, dove inziano a solidificarsi. Si forma così una crosta solida, al di
sotto della quale si vanno accumulando i gas che continuano a liberarsi dal magma, fino a che la
pressione sarà tale da far saltare la crosta, con modeste esplosioni che lanciano in aria brandelli di lava
fusa. Esaurita la spinta dei gas, la lava torna a ristagnare sul fondo del cratere e il fenomeno si ripete.
Le eruzioni di tipo Vulcaniano sono caratterizzate da un meccanismo simile a quello stromboliano, ma
con lava più viscosa. Perciò i gas si liberano con più difficoltà, e la lava solidifica nelle parte alta del
condotto, formando un “tappo” di grosso spessore. I gas impiegano quindi tempi più lunghi per
raggiungere le pressioni sufficienti a vincere l’ostruzione; quando ciò avviene, l’esplosione è
violentissima.
Le eruzioni di tipo Pliniano prendono il nome da Plinio il Giovane che, essendo sopravvissuto,
raccontò ciò che era accaduto a Pompei, Ercolano, Stabia dopo l’eruzione del Vesuvio del 24 agosto
del 79 d.C. Il vulcano aveva trasformato il magma non in lava, ma in una sorta di schiuma ribollente
ricca di gas, una colonna infuocata di fumo (roccia polverizzata) e vapore che si era alzata in cielo per
decine di Km, prima di perdere energia ed espandersi in una grande nuvola, dalla forma che ricorda un
pino marittimo, per poi ricadde come nube piroclastica (frammenti di vetro e pomici). Le esplosioni
qui raggiungono il loro aspetto più violento.
Nelle eruzioni di tipo Peléeano (dalla Montagna Pelée, nell’isola Martinica) la lava ad altissima
viscosità e a temperatura relativamente bassa (600-800°C) viene spinta fuori dal condotto vulcanico
già quasi solida e forma cupole o torri alte qualche centinaio di metri. Dalla base sfuggono grandi
nuvole di gas, vapori e frammenti solidi, roventi e molto dense (nubi ardenti discendenti), che
scendono come valanghe lungo le pendici del vulcano e si espandono su vaste aree con velocità di
oltre 100Km/ora.
Le eruzioni di tipo Idromagmatico costituiscono un tipo particolare di vulcanismo, dovuto
all’interazione tra un magma o delle rocce fortemente riscaldate da un magma, e l’acqua che satura le
rocce nella falda idrica. Il brusco passaggio dell’acqua allo stato di vapore genera enormi pressioni, che
possono far “saltare” l’intera colonna di rocce sovrastanti, aprendo un condotto verso l’esterno. Dal
cratere esce con grande violenza una colonna di vapore, che trascina con sé frammenti di rocce e, se
c’è stato contatto con il magma, lava finemente polverizzata. Crateri di origine idromagmatica e relativi
prodotti si riconoscono nei vulcani laziali e campani, tra i quali, per esempio, il Vesuvio.
A causa della diversa viscosità, le lave acide formano colate brevi mentre le lave basiche formano
colate lunghe o notevolmente estese in superficie. Un vulcano basaltico come quelli Hawaiani o come
l’Etna, presenterà un tipo di eruzione prevalentemente effusiva con scorrimento tranquillo di lave
molto calde. Nei vulcani dell’arcipelago delle eolie, la lava acida è più viscosa e spesso consolida
formando vetro vulcanico (ossidiana), perde la sua componente gassosa con difficoltà producendo
rocce bollose e porose (pomici), dando luogo ad eruzioni piroclastiche, esplosive, con produzione di
lapilli, ceneri e bombe vulcaniche. Questo ci dice che i vulcani avranno una diversa Struttura:
● Stratovulcani (a cono): la lava fuoriesce lentamente dal cratere solidificandosi lungo i fianchi
con formazione di pendii ripidi (Etna e Vesuvio)
● Vulcani a scudo: la lava fuoriesce velocemente dal cratere scendendo in modo rapido lungo i
fianchi dando origine a vulcani a forma a scudo (Hawaii)
● Vulcani lineari: la lava fuoriesce da una spaccatura lineare ed è molto fluida (Islanda)
I vulcani si classificano anche in ATTIVI (vulcani che hanno dato eruzioni negli ultimi anni: il serbatoio
magmatico è ancora pieno); QUIESCENTI (vulcani che non hanno dato eruzione negli ultimi 10.000
anni e si trovano in una fase di riposo. Es. Vesuvio quiescente dal 1944. Secondo una classificazione
più rigorosa, gli scienziati considerano come quiescenti quei vulcani il cui tempo di riposo attuale è
inferiore al più lungo periodo di riposo registrato in precedenza. In Italia si trovano in questa
situazione: oltre al Vesuvio, Campi Flegrei, Colli Albani, Lipari, Ischia, Vulcano, Pantelleria, Panarea e
Isola Ferdinandea); SPENTI (vulcani che hanno esaurito il loro serbatoio magmatico e la cui ultima
eruzione risale ad oltre 10.000 anni fa come Salina e Amiata o vulcani il cui cratere è occupato da
acqua, quali i laghi di Bolsena e Bracciano).
I vulcani ad attività persistente in Italia
L’Etna (Patriminio dell’Unesco) si trova lungo la costa orientale della Sicilia e ricopre un’area di
circa 1250 km². I suoi 3.300 metri di altezza lo rendono il vulcano più grande d’Europa. Presenta
quattro bocche eruttive situate nella parte sommitale dell’edificio vulcanico, note come Bocca
Nuova, Voragine, Cratere di nord-est e Cratere di sud-est. Le sue eruzioni si verificano a intervalli
che possono durare dai pochi mesi ai vent’anni. Le eruzione dell’ultimo anno sono diverse rispetto
al passato, più lunghe come durata ma meno potenti, con esplosioni di tipo stromboliano.
Oltre all’Etna, l’unico altro vulcano ad attività persistente presente in Italia è Stromboli, un’isola
vulcanica, appartenente all’arcipelago delle isole Eolie, in Sicilia. Si distingue per le esplosioni di
moderata energia, con lancio di brandelli di lava incandescente, lapilli e cenere fino a qualche
centinaio di metri di altezza, che hanno origine dalle sue diverse bocche ogni 10-20 minuti. È
proprio questa caratteristica, nota come ‘attività stromboliana’, a renderlo uno dei vulcani più attivi
del mondo.
PANTELLERIA
Il territorio di Pantelleria è di origine vulcanica, l’ultima eruzione è avvenuta, nel 1891, nella parte
sommersa. Sono presenti altri fenomeni caratteristici del vulcanesimo secondario: acque calde e
soffioni di vapore.
VESUVIO
Il Vesuvio, il vulcano del Golfo di Napoli, si trova in stato di quiescenza dal 1944. E’ attualmente
l’unico vulcano di questo tipo, attivo in tutta l’Europa continentale. Questo vulcano è situato nel
versante sud-orientale della città metropolitana di Napoli, in Campania, nel territorio
dell'omonimo parco nazionale istituito nel 1995, simbolo della stessa città. Con un'altezza, al 2010,
di 1.281 m, il vulcano sorge all'interno di una parziale caldera di circa 4 km di diametro, caldera che
è la parte restante di un precedente edificio vulcanico, l'attuale Monte Somma, dopo che la grande
eruzione del 79 ne determinò il crollo del fianco sud in corrispondenza del quale si sarebbe
formato il cono attuale con il suo cratere. Per questo l'intero complesso vulcanico, detto
Somma-Vesuvio, è classificato come "vulcano a recinto", e con il nome Vesuvio ci si riferisce
comunemente al cono interno, o Gran Cono. Il complesso Somma-Vesuvio visto dal satellite, in
una fotografia della NASA. È ben distinguibile il cono del Vesuvio con il suo cratere, e in direzione
nord, l'unico versante del Monte Somma.
ISCHIA
L’Isola di Ischia è parte dell’arcipelago delle isole Flegree, nel Golfo di Napoli. Il rilievo più elevato è
il Monte Epomeo, alto 788 metri che costituisce la parte emersa di un vulcano sottomarino
sprofondato negli ultimi 100.000 anni.
ISOLA DI VULCANO
L’isola di Vulcano appartiene all’arcipelago delle Isole Eolie, in Sicilia. Deve in effetti la sua esistenza
alla fusione di alcuni vulcani di cui il più grande è il Vulcano della Fossa. Su questa isola c’è una
piccola eruzione ogni 20 minuti.
ISOLA FERDINANDEA
Si tratta di una vasta piattaforma rocciosa di origine vulcanica, situata tra Sciacca e l’isola di
Pantelleria, ora sommersa.
COLLI ALBANI
Sono un gruppo di rilievi che si innalzano a Sud-Est di Roma, costituiti dalla caldera e dai coni
interni di un vulcano addormentato.
CAMPI FLEGREI
Sono una vasta area di natura vulcanica situata a Nord-Ovest della città di Napoli. Nella zona sono
riconoscibili almeno ventiquattro tra crateri ed edifici vulcanici. Qui è rappresentata la struttura
geologica di Pozzuoli, sorta sulla caldera di un vulcano attivo, quindi una zona fortemente a rischio.
Sorgenti termali Sono sorgenti d'acqua che sgorgano dal suolo con una temperatura più elevata di
quella ambientale. In genere sono ricche di sali minerali provenienti dalla dissoluzione delle rocce
che attraversano. Si originano da falde freatiche che scendono in profondità dove incontrano le
rocce calde, oppure derivano dalla condensazione del vapore contenuto nel magma. Ad esempio,
le terme di Albano (presso Padova) sono alimentate dai residui di un’attività vulcaniaca estinta,
mentre quelle dell’isola di Ischia da un’attività quiescente.
Come si viveva… L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che sommerse e cancellò intere città dalla
faccia della Terra, è stata studiata attentamente con ricerche e scavi. Le città colpite furono come
sigillate dalla lava e sono arrivate a noi come dentro una capsula del tempo. Non fu solo Pompei a
subire la terribile eruzione del Vesuvio, ma anche Ercolano, Stabia e tutta la zona sud-est del
Vulcano. Ad Ercolano giacciono ancora i resti di coloro che si erano rifugiati presso il porto, in
attesa dei soccorsi via mare, che non poterono arrivare nonostante i tentativi della flotta romana
comandata da Plinio il Vecchio. Durante la terribile eruzione del Vesuvio, molti pregarono gli
antichi dei, non capendo minimamente il fenomeno naturale che si stava scatenando.
La ricostruzione dell’eruzione del Vesuvio 79 d.C. Come in una macchina del tempo, torniamo a
quel 24 agosto del 79 d.C. per rivivere, ora dopo ora, la cronaca della tragedia più famosa al
mondo. Pompei è, all’epoca, una fiorente cittadina a 18 chilometri dal Vesuvio, il quale era
quiescente da ormai da oltre 1.500 anni. La gente non sa nemmeno che si tratti di un vulcano. La
città conta tra i 10 e 15.000 abitanti, la vegetazione del Vesuvio è straordinaria, il clima ottimo e la
terra fertile: sorta su un altopiano, Pompei deve la sua fortuna proprio alla sua posizione
strategica. Con la dominazione di Roma nel Mediterraneo, la città crebbe e si arricchì, con la
costruzione di splendidi templi e dimore signorili. La città di Ercolano, a meno di 10 km di distanza
dal vulcano, è ancora più ricca. Qui hanno una dimora i patrizi romani: giardini arredati con grande
gusto e pareti affrescate arricchiscono una cittadina molto frequentata e ambita come luogo di
villeggiatura.
Le conoscenze sul Vesuvio Il Vesuvio aveva provocato in Campania una vera apocalisse secoli
prima, ma nel corso delle generazioni successive questo ricordo si era perso. Gli abitanti dunque
vivevano tranquilli. Una delle domande che maggiormente ci si pone è: “Come mai i pompeiani
non si accorsero di nulla? Come mai vivevano sotto un vulcano?”. I romani non erano sprovveduti
e conoscevano benissimo la potenza e la pericolosità dell’Etna…Ma a quell’epoca il Vesuvio aveva
una forma diversa: era un monte circondato da fertili campagne, con un cono più basso e
completamente rivestito da alberi, e la sua sommità si presentava come una distesa piana e priva
di vegetazione, contornata da una sorta di bordo dentellato, che era parte dell’antico edificio
vulcanico parzialmente distrutto a causa delle eruzioni precedenti. La sommità del vulcano era in
realtà costituita da rocce e materiale ardente ormai raffreddato e solidificato in una sorta di
immenso “tappo”. Il pericoloso Vulcano era quindi ben mimetizzato in un comune rilievo roccioso.
Fig.1-2. L’aspetto del Vesuvio prima dell’eruzione del 79 d.C (fig. a sinistra). Il cono visibile oggi è
nato dall’eruzione del 79 d.C ed ha continuato ad accrescersi nei successivi secoli di attività (fig. a
destra). Oggi il vulcano ha un cratere di oltre 1 km di circonferenza e al centro un precipizio di oltre
300 metri. Un romano certamente l’avrebbe scambiato per la porta dell’Inferno!
Si noti il “bordo” dell’antico edificio vulcanico tuttora presente chiamato Monte Somma. In rosso è
riportato l’aspetto che il vulcano doveva avere in tempi preistorici, prima dell’evento del 79 d.C.
Fig. 5. La più antica immagine del Vesuvio in un affresco ritrovato a Pompei.Si noti che il Vesuvio
non è rappresentato “di fronte”, come si potrebbe erroneamente ritenere, ma di lato, con la
“cresta” del Monte Somma raffigurata “di taglio”, (quindi, ciò che si vede non è la cima del cono,
dato che all’epoca non esisteva ancora!). Si noti anche la vegetazione attorno al rilievo. La divinità
raffigurata è Bacco, in quanto sul vulcano crescevano e prosperavano numerosi vigneti.
I primi segni dell’eruzione del Vesuvio: La città era investita da piccole scosse da alcuni giorni, ma
nessuno sa interpretare questi segni premonitori. Il magma e i gas ad altissima pressione stanno
risalendo e frantumano le rocce provocando piccole scosse. Le acque di sorgente diventano
calde… La camera magmatica si riempie e la pressione aumenta e le scosse diventano sempre più
frequenti. Il Vesuvio da anni stava caricando la sua potenza: già nel 62 d.C., 17 anni prima
dell’eruzione, un violento terremoto aveva danneggiato molti edifici. Tale evento può essere
considerato come un’eruzione “mancata”. Ancora oggi sulla sommità, è possibile visitare le
fumarole del Vesuvio: sotto non troppi chilometri, c’è la lava incandescente. Il vapore è di 70 gradi
creando un’atmosfera quasi dantesca. Il Vesuvio è un vulcano attivo, sebbene quiescente!
Il Vesuvio esplode! Un boato assordante ed improvviso, attorno alle 13.00, preannuncia che sta
iniziando l’eruzione del Vesuvio. Svegliatosi dal suo sonno profondo, in oltre 1.500 anni il vulcano
ha trasformato il magma non in lava, ma in una sorta di schiuma ribollente ricca di gas. Una
colonna infuocata di fumo e vapore si alza in cielo alla velocità del suono. Gli abitanti di Pompei
non hanno mai visto nulla di simile! Dopo pochi minuti la colonna di fumo si è alzata già a oltre 15
km nell’atmosfera.
Gli storici definiscono questa spedizione come la prima operazione di protezione civile della
storia. Plinio navigò dapprima verso Ercolano, che non fu sepolta dalle pomici grazie al vento
favorevole, che spirava verso Pompei. Gli abitanti erano tutti in spiaggia. Plinio non poté attraccare
perché l’eruzione aveva causato l’innalzamento del fondale marino e le navi correvano il rischio di
arenarsi. Proseguì quindi per Pompei, spostandosi sempre più verso l’oscurità delle ceneri in cui
era avvolta la città.
La prima giornata di fuoco
Intanto a Pompei, la curiosità iniziale ha lasciato il posto al panico. Sulla nota Via dell’Abbondanza,
ancora oggi visibile negli scavi di Pompei, un uomo si fa strada con una lampada: cerca di scappare.
Perse la lanterna e la vita. Le pomici raggiunsero i 3 metri di altezza. In città ormai non si vedeva
più il sole e qualcuno provava a fuggire attraverso i piani alti. I tetti iniziano a crollare, schiacciati
dal peso dei detriti vulcanici. A 7 ore dall’eruzione, le strade sono deserte. La pomice blocca in casa
gli abitanti. Sia rimanere che fuggire è pericoloso: che fare, dove andare? I soccorsi di Plinio sono
fermi a Stabia per colpa dei venti di mare.
La montagna si muove – la strage di Ercolano
Anche da Stabia ci si rende conto che stava accadendo qualcosa di nuovo e terribile. L’eruzione del
Vesuvio non era terminata, anzi dai suoi fianchi qualcosa si muoveva ad alta velocità. Era la nube
piroclastica! Si era attivato il più feroce dei fenomeni naturali. La colonna rovente che era salita in
cielo, per decine di chilometri, sta precipitando verso valle, non più sostenuta dalla spinta del
vulcano: è una valanga incandescente, il killer più pericoloso presente in natura.
Fig.8. L’avanzata della nube piroclastica. Il flusso piroclastico (chiamato anche nube piroclastica o
“surge”) ha nella sua parte alta una zona meno densa che può addirittura superare le montagne. La
parte più bassa è molto densa e formata da ceneri e gas ustionanti che vaporizzano all’istante
piante ed acqua. La velocità è anche di 150 km/h. E’ un torrente letale che uccide all’istante con i
suoi 400 o 500 gradi. Ad Ercolano intanto solo una decina di persone sono rimaste in città, ma oltre
300 persone si accalcano sulla spiaggia in attesa della fuga. Tutti rimasero vittime della nube
piroclastica. Dopo l’eruzione la città rimase sepolta sotto 25 metri di detriti vulcanici, in
particolare, dal fango vulcanico lahar.
Fig.9. I resti del porto e delle Terme di Ercolano. È ben visibile la quantità di lahar soldificato in
solida roccia, che ha sommerso la città. Le arcate costituiscono le rimesse per le imbarcazioni, i
“fornici”, in cui furono trovati i resti degli abitanti. Dove ora c’è il terreno, c’era il mare. L’eruzione
spostò la linea di costa di circa 200 metri.
L’alba del giorno dopo Dopo qualche ora di relativa tranquillità, continua la pioggia di pietre su
Pompei. Ma il peggio per la città deve ancora arrivare. Ora tutti gli abitanti del Golfo di Napoli sono
in pericolo. Una forte scossa dà l’inizio ad una nuova fase dell’eruzione del Vesuvio: la camera
magmatica ha ceduto e parte una nuova ondata piroclastica e questa volta punta direttamente
verso Pompei. Fortunatamente la sua energia non è elevata e la nube ardente non oltrepassa le
mura della città, ma porta con se’ tanti gas tossici, come l’acido solforico, e acido carbonico, che si
diffondono tra le case e le strade.
Eruzione Pompei: la tragica morte degli abitanti La morte degli abitanti di Pompei non è
istantanea. Inalati i primi gas, i polmoni si riempiono di fluido. Con i successivi respiri le ceneri si
cementano con questi fluidi e quindi avviene il soffocamento. I calchi in gesso ottenuti dai resti
degli abitanti, mostrano gli ultimi attimi di vita di tante persone, colte in posizioni diverse: chi tenta
di salire delle scale, chi tenta di coprirsi la bocca e il naso con un panno, chi stringe a sé i suoi averi,
o una persona cara. La tecnica che ha permesso di ottenere i calchi deriva da un’intuizione geniale
dell’archeologo Giuseppe Fiorelli (metà ‘800).
L’ultimo orrore dell’eruzione del Vesuvio
Dopo 18 ore di eruzione, la base cede in modo spettacolare. Per assistervi, coraggioso e più
probabilmente avventato, Plinio il Vecchio muore per i gas trasportati dal flusso piroclastico. In
questa terribile eruzione del 79 d.C., un’ultima gigantesca nube piroclastica travolge tutto il Golfo
di Napoli. Trovano così la morte migliaia di persone che si erano rifugiate nelle campagne
circostanti al vulcano.Quest’ultima ondata non uccide Plinio il Giovane, la cui descrizione delle
nubi appare quasi assurda ai suoi contemporanei, gli sarà restituito onore e credibilità solo nel XIX
secolo. Le sue cronache dettagliate sono giunte sino a noi grazie a due lettere inviate allo storico
Tacito. Roma cercò di lanciare una spedizione di soccorso ma l’entità del disastro era eccessiva. La
città cadde dimenticata per secoli. Fu solo nel XVI secolo che iniziarono i primi ritrovamenti, il
primo dei quali avvenne grazie allo scavo del tutto casuale di un pozzo.
La sequenza degli eventi
Riassumiamo brevemente le varie fasi dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. L’esplosione iniziale ha
inizio alle 12.00 del 24 agosto del 79 d.C. Il sole si oscura per una nube che supera i 30 km di
altezza. A causa dell’eruzione Pompei è parzialmente sepolta da pietre e pomici.
All’1 di notte esplode una grande massa di vapore acqueo, gas e rocce che ricadendo produce una
micidiale nube ardente che travolge Ercolano. Il mattino seguente una nuova nube incandescente
si ferma poco prima delle mura di Pompei. I gas tossici uccidono i pochi rimasti vivi.
Successivamente pietre, cenere e magma ricopriranno la città seppellendola per sempre.
Il numero delle vittime dell’eruzione del Vesuvio
Solo a Pompei, secondo gli archeologi, nella prima fase morirono 49 persone in strada. 345
morirono nelle case. Con le ondate piroclastiche 319 morirono in strada e 334 morirono al chiuso.
In complessivo oggi si contano quasi 1.200 morti, anche se il numero potrebbe essere molto
maggiore. Ad Ercolano si contano una trentina di cadaveri dentro le case e circa 300 sulla spiaggia.
Più difficile valutare il numero di morti nelle campagne.
Il ricordo delle città scomparse
Le città, dopo l’eruzione del 79 d.C. apparivano come un’enorme distesa deserta in un paesaggio
quasi lunare senza vegetazione. Lentamente sopra fu ricoperta dalla vegetazione e la vita riprese.
Di Pompei si era perso persino il ricordo e lo stesso vale per Ercolano. Solo nel 1709 iniziarono i
primi ritrovamenti.