Premesse
I primi passi di Marinetti
Il decollo del Futurismo
Parole in libertà e sperimentazione grafica
“Lacerba”
La guerra come igiene del mondo
“L’Italia futurista”
Futurismo e rappel a l’ordre
Futurismo e pubblicità
Premesse
Il Futurismo si caratterizzò, fra le altre Avanguardie storiche contemporanee al movimento,
per aver saputo coinvolgere ogni forma di espressione artistica nei suoi assunti teorici.
Nonostante ciò, non si ha traccia, fra i numerosi manifesti e testi prodotti, di una specifica
riflessione sulla grafica, che tuttavia influenzò enormemente i processi di impaginazione
europei e transoceanici nei decenni successivi, divenendo un modello di comunicazione
visiva spesso presente.
Il Futurismo si fece portatore di un’ideologia sociale piuttosto che di una teoria prettamente
artistica e «la meccanizzazione dell’esistenza e l’adeguamento del suo ritmo vitale alla
velocità e al dinamismo che ne erano il risultato avrebbero dovuto essere i compiti della nuova
arte»1. Così come la pittura futurista tradusse tale visione in uno spazio pittorico in cui il fiume
delle sensazioni provate nell’immediato dall’artista e le linee-forza che conferiscono
dinamismo agli oggetti coesistevano simultaneamente, anche la grafica moderna vi trovò
soluzioni formali di rilievo. Non ci si deve però dimenticare che fu la letteratura futurista, e
non la pittura, a gettare le basi per la nascita di una nuova comunicazione visiva: infatti, le
prime riflessioni di Filippo Tommaso Marinetti presero avvio proprio dalla poesia e dalla
narrativa, facendo successivamente del racconto una trascrizione sensoriale di un certo
evento, differenziandolo quindi da una banale descrizione verbale. Tale rivoluzione
tipografica esercitò una vasta influenza sulla grafica, risentendo inoltre «dei criteri di libertà
espressiva e di deformazione lirica adottati dai poeti del gruppo»2. Ardengo Soffici, di cui si
parlerà nello specifico in seguito, in Primi principi di una estetica futurista (1920) scrisse
«Non più muto segno di convenzione, ma forma viva fra forme vive, la lettera può far corpo
con la materia della rappresentazione», frase che può essere considerata la colonna portante
della riflessione condotta dai futuristi intorno al rinnovamento non solo della tipografia, ma
anche della stessa lingua letteraria.
1
D. Baroni, M. Vitta, Storia del design grafico, Longanesi, Milano 2015, p. 74.
2
C. Salaris, Dizionario del futurismo, Editori Riuniti, Roma 1996, p. 145.
I primi passi di Marinetti: “Poesia”
Fondamentale per lo sviluppo delle teorie futuriste fu, per Marinetti, l’esperienza legata alla
direzione della lussuosa rivista milanese “Poesia”, da lui stesso fondata nel 1905 e divenuta
ben presto l’organo di comunicazione del Simbolismo italiano. L’incontro con Gian Pietro
Lucini3 conferì ulteriori spunti per la testata e lo stesso Marinetti venne persuaso del fatto che
il verso libero era «il mezzo più adatto per trasferire in poesia la realtà del mondo moderno»4.
Le teorie del poeta ebbero una grande influenza sul gruppo marinettiano, in particolar modo
per quanto riguarda i “luoghi” poetici come i sobborghi e le prigioni, che ebbero grande
importanza all’interno del movimento che si sarebbe formato poco tempo dopo. Questi nuovi
assunti teorici aprirono la strada a concorsi e dibattiti di stampo internazionale e la rivista
stessa, impaginata secondo i canoni del gusto Liberty e dopo aver contribuito a diffondere il
Simbolismo in Italia, esaurì le proprie iniziative per intraprendere nuove strade. Dopotutto
Marinetti aveva ormai un apprendistato di tale spessore alle spalle da potersi permettere di
candidarsi come leader di un nuovo movimento intellettuale: sul primo numero del 1909 di
“Poesia” venne pubblicato il manifesto del Futurismo, testo che ebbe una notevole diffusione
sia in Italia che all’estero grazie a volantini tradotti in diverse lingue. Da questo momento in
avanti, tale espediente di comunicazione venne adottato con costanza da Marinetti, che era
solito inviare a stampa, amici e colleghi una cospicua quantità di materiale informativo,
affinché i giornali potessero pubblicarlo più facilmente. «Ognuna di queste striscioline di
carta, o “soffietti” come in gergo si usava definirle, recava la dicitura “Se questa onorevole
redazione desidera avere…” seguita dal titolo del libro del quale si univa la nota “non avrà
che da mandarci una copia del suo giornale contenente il presente cenno pubblicato per
intero”» 5 . Ancora prima di concepire un movimento artistico, Marinetti dunque elaborò
tecniche pubblicitarie che, in seguito, divennero distintive del suo gruppo. Il manifesto del
Futurismo pubblicato su “Poesia” venne appunto riprodotto in un semplice volantino
costituito da quattro pagine e, sotto l’aspetto della composizione grafica, presentava una
struttura piuttosto semplice e priva di tutti quegli elementi visivi che enfatizzarono la
produzione successiva. Marinetti inaugurò una prassi d’avanguardia che esigeva la creazione
3
Gian Pietro Lucini (Milano, 1867 – Plesio, 1914). Controverso poeta italiano, etichettato come antiborghese e
anarchico per le sue prese di posizione contro la monarchia e la Chiesa.
4
C. Salaris, Storia del Futurismo, Editori Riuniti, Roma 1992, p. 21.
5
Ivi, p. 127.
di un gruppo affiancato da una pressante attività editoriale, portata avanti tramite i mezzi
propri dell’industria e della politica come la propaganda, la pubblicità, la cartellonistica e
manifestazioni di vario genere. In poche parole, intuì che era necessario adattare la
comunicazione alla sempre più preponderante società di massa. Questo nuovo orientamento
portò però all’abbandono del gruppo marinettiano da parte di alcuni suoi membri, fra i quali
lo stesso Lucini, che non condivideva il nichilismo del manifesto di fondazione del
movimento.
Alberto Martini, copertina della rivista “Poesia” Manifesto del Futurismo, “Poesia” (1909)
Un altro fondamentale manifesto legato al movimento, pubblicato a Milano l’11 marzo 1915
e firmato da Giacomo Balla e Fortunato Depero, fu Ricostruzione futurista dell’universo nel
quale, per la prima volta, alcune delle numerose teorie di Marinetti videro la loro
realizzazione. Rispetto a quelli precedenti, il testo assume caratteristiche di dinamismo più
marcate tramite espedienti quali titoli sottolineati, parole in grassetto e l’uso di segni
matematici in sostituzione alla più tradizionale punteggiatura ed ortografia.
Pagine del volantino Ricostruzione futurista dell’universo di G. Balla e F. Depero (1915)
Già durante questa prima fase, il Futurismo assunse dunque uno stampo di caratura
internazionale ed un evento fondamentale per lo sviluppo di tale tendenza fu la mostra che si
svolse a Parigi dal 5 al 24 febbraio 1912 presso la Galleria Bernheim Jeune, organizzata da
Boccioni e Carrà con l’intento di confrontarsi con la contemporanea pittura francese.
L’esposizione ebbe una notevole risonanza, tanto da trasferirsi alla Sackville Gallery di
Londra a marzo e ancora, nei mesi successivi, a Berlino su iniziativa della rivista “Der Sturm”
di Herwarth Walden. Dal 1910 Marinetti privilegiò la ribalta internazionale, distribuendo
volantini alla stampa e ai diversi organi d’informazione ogni qual volta si prestava a tenere
conferenze nei vari Paesi europei: il manifesto del Futurismo venne addirittura pubblicato
dalla rivista giapponese “The contemporary western painting” nell’aprile del 1911. Tutto ciò
mette chiaramente in luce il fatto che la strategia di comunicazione visiva e testuale dei
“soffietti”, che il leader del movimento aveva fin dagli esordi messo a punto, si dimostrò
assolutamente in grado di adeguarsi alle nuove tendenze d’informazione di massa che
iniziarono a svilupparsi nel corso del secolo XX.
Parole in libertà e sperimentazione grafica
Trascorse un periodo piuttosto lungo fra il lancio del manifesto di fondazione del movimento
futurista e la codificazione della letteratura ad esso legata: «infatti si legge la data dell’11
maggio 1912 sul Manifesto teorico della letteratura futurista, cui segue un Supplemento
dell’11 agosto 1912 (con incluso il primo brano esemplificativo: Battaglia peso + odore)»6.
Il passaggio da una sola modernità di contenuto ad un vero e proprio sovvertimento dello stile,
e conseguentemente della grafica, venne favorito dalle teorie legate alla pittura futurista e dal
criterio della simultaneità. Ed ecco quindi che Marinetti, per riscrivere la storia linguaggio
poetico, elaborò i nuovi precetti della letteratura futurista che prevedevano, fra le altre
caratteristiche, la disposizione sintattica casuale dei sostantivi, l’abolizione dell’aggettivo e
della punteggiatura e l’uso del verbo all’infinito. L’ossessione marinettiana di cogliere tutto
ciò che di sfuggevole vi è nella vita portò alla nascita del poeta “asintattico” che, sostituendo
l’intuizione alla mortale intelligenza, possa creare una fitta di rete di immagini e analogie che
accorci le distanze fra un dato elemento ed il suo nome, anche a costo della leggibilità del
testo. Il paroliberismo può essere chiaramente esemplificato tramite una riflessione di
Marinetti legata ai naufragi: un eventuale sopravvissuto, nel narrare la vicenda, non si
soffermerebbe sui dettagli superflui. In relazione a ciò, venne ripristinata la fisicità emotiva
della parola, arricchita da una rivoluzione tipografica formata da caratteri diversi fra loro, in
corsivo e in bold, che sottolineano gli stati d’animo, da parole allungate o deformate. Le “auto-
illustrazioni” dei libri futuristi permisero allo statuto visivo di unificarsi con quello fonetico:
tramite le analogie disegnate si poteva, per esempio, rendere l’idea del fumo di una sigaretta
che si espande nell’aria scrivendo le lettere della parola “fumare” con caratteri differenti e
allineati dal più piccolo al più grande. «Molto di tutto ciò non era nuovo, ed è possibile
rintracciarne agevolmente gli antecedenti nella tradizione poetica francese: in V. Hugo, in
Baudelaire, in Rimbaud e Mallarmé, ad esempio. [Ma] il merito di Marinetti consiste nell’aver
riunito questi elementi sparsi e nell’aver impresso loro un impulso innovativo»7
La prima opera parolibera di Marinetti fu Zang Tumb Tuuum (Edizioni futuriste di “Poesia”,
Milano 1914), ispirato alla guerra e, in particolar modo, all’assedio di Adrianopoli
dell’ottobre 1912, durante il conflitto bulgaro-turco. L’impresa dell’impaginazione venne
6
Ivi, p. 41.
7
P. Hulten (a cura di), Futurismo e futurismi, Bompiani, Milano 1986, p. 536.
affidata al tipografo milanese di idee anarchiche Cesare Cavenna, che spalleggiò spesso i
futuristi nella stesura di opere di questo genere. La narrazione, tesa a rendere la simultaneità
degli eventi, è costruita secondo una sequenza di capitoli senza un’apparente relazione fra
loro e non mancano neppure i collage, se si considera la presenza di un manifesto bulgaro.
«La perdita di centro, ottenuta nella frase con l’abolizione della punteggiatura e della sintassi,
è realizzata nella struttura dell’opera, che non ha un vero svolgimento. […] L’unità del
racconto è superata con l’impersonalità della scrittura e la simultaneità degli eventi riferiti»8.
Una suggestiva “auto-illustrazione” rende visivamente l’idea di un pallone frenato turco
tramite le lettere disposte a formare un cerchio. Ogni pagina è un campo dinamico e inoltre la
preponderanza di segni matematici, numeri, parentesi graffe, suoni onomatopeici, caratteri
allungati e in grassetto non fa che accrescere ulteriormente la carica emotiva del testo. «Nel
complesso il paroliberismo di questo grande libro sperimentale svela la natura
impressionistica dell’autore, nella sintesi telegrafica [e grafica] di una scrittura che orchestra
tutte le sensazioni […] in senso estrovertito. La scelta d’un materialismo nella scrittura è la
risposta polemica di Marinetti al simbolismo o al piatto naturalismo» 9 . Tali innovazioni
tipografiche e letterarie non lasciarono indifferenti, fra gli altri, i dadaisti; mentre alcuni
seguaci di Marinetti, come Aldo Palazzeschi10, ne presero le distanze. Le Edizioni futuriste di
“Poesia” si specializzarono invece proprio nella pubblicazione dei testi paroliberi in quanto,
a causa della complessa composizione, le altre case editrici si rifiutavano di mandare in
stampa scritti considerati da loro invendibili.
8
C. Salaris, Dizionario del futurismo, Editori Riuniti, Roma 1996, p. 147.
9
P. Hulten (a cura di), Futurismo e futurismi, Bompiani, Milano 1986 p. 44.
10
Aldo Palazzeschi (Firenze, 1885 – Roma, 1974). Pseudonimo di Aldo Pietro Vincenzo Giurlani, poeta e uno dei padri
delle Avanguardie storiche, collaborò con la rivista futurista “Poesia” dopo essere stato vicino alla corrente letteraria dei
crepuscolari.
F.T. Marinetti, copertina e pagine di Zang Tumb Tuuum (1914
Molto attivo all’interno delle sopracitate edizioni fu Paolo Buzzi11, che nel 1915 vi pubblicò
L’ellisse e la spirale, una sorta di romanzo “proto-fantascientifico” che, sul finire della
narrazione, vede lo sviluppo di parole in libertà secondo le nuove tendenze tipografiche
futuriste. Il testo è concluso da una serie di analogie disegnate che riproducono forme
geometriche astratte come cerchi, prismi e spirali lungo le quali si dispongono i caratteri,
creando così un flusso ininterrotto di emozioni.
11
Paolo Buzzi (Milano, 1874 – 1956). Poeta e scrittore di stampo futurista, collaborò intensamente alla rivista “Poesia”,
pubblicando versi fin dai primi anni dalla sua fondazione nel 1905.
P.Buzzi, L’ellisse e la spirale (1915)
12
P. Hulten (a cura di), Futurismo e futurismi, Bompiani, Milano 1986, p. 486.
C. Govoni, Autoritratto (1915)
Altri esempi di parole in libertà, esterni però a “Poesia”, si riscontrano anche nell’attività del
noto pittore Carlo Carrà, che nel 1914 realizzò i collage Rapporto di un nottambulo milanese
e 13 introspezioni, nei quali si nota nettamente quanto le sue meditazioni siano divenute
«sistemi di moti rotanti, capaci di attuare la sintesi di eventi fisici e psichici postulata dai
futuristi (cioè tra fatto reale e suoi riflessi di ordine psicologico)»13.
13
Ivi, p. 441.
C. Carrà, Rapporto di un nottambulo milanese (1914)
Un’altra rivista in cui la sperimentazione grafica raggiunse notevoli risultati fu “Noi”, testata
romana fondata fra la seconda metà degli anni Dieci e la seconda degli anni Venti e diretta da
Enrico Prampolini. Monumento tanto della progettazione grafica del suo direttore, quanto dei
costanti rapporti con le altre avanguardie europee, la prima serie (giugno 1917 – gennaio
1920) fu appunto legata alle prospettive di ricerca non solo del Futurismo, ma anche del tardo
Cubismo, del Dadaismo e della Metafisica. Nonostante un impianto graficamente ancora
artigianale, le pagine di questa rivista si caratterizzarono per una precisa chiarezza
compositiva, con il prevalere di xilografie e riproduzioni fotomeccaniche. La seconda serie
(aprile 1923 – aprile 1925) risultò invece un «vero modello di estetica della progettazione
tipografica d’avanguardia (anche nell’equilibrio fra testo e ampio apparato illustrativo) [e fu]
esponente del clima “purista” dell’estetica meccanica (da Prampolini enunciato già nel
ricorrente disegno della copertina), in un ampio scambio internazionale, e con una rilevante
attenzione nell’ambito dell’arredo, e soprattutto a quello della scenografia»14. Osservando lo
sviluppo delle copertine di “Noi”, si può notare come quelle più tradizionali del primo periodo
siano state successivamente rielaborate ponendo maggiormente in luce il fatto che si trattava
di un organo d’informazione legato al Futurismo e vennero inoltre inseriti riferimenti
cromatici e segni grafici legati alle tendenze costruttiviste.
14
Ivi, p. 531.
In ambito musicale, Luigi Russolo inventò nel 1913 un nuovo sistema di scrittura e l’unico
esempio di questa nuova grafia venne pubblicato sul numero di “Lacerba” del marzo 1914,
realizzato per la partitura di Risveglio di una città. Conservando il tradizionale pentagramma,
Russolo mise a punto una “linea-nota” che permetteva, graficamente, di rendere più dinamica
la divisione di toni e semitoni intermedi.
“Lacerba”
Per iniziativa del gruppo più inquieto dei vociani, capeggiato da Giovanni Papini e Ardengo
Soffici, nel gennaio del 1913 nacque a Firenze “Lacerba”, ovvero la rivista che per un certo
tempo collaborò ampiamente con Marinetti e i futuristi, contribuendo alla diffusione e
all’affermazione del movimento in Italia. «Il nome “Lacerba, ideato da Ardengo Soffici, è
tratto da un’opera di Cecco d’Ascoli, cui è stato tolto l’apostrofo per creare un neologismo
senza preciso significato, che tuttavia suggerisce l’idea di qualcosa di lacerante e acerbo al
tempo stesso» 15 . La testata ebbe vita fino all’entrata in guerra dell’Italia (maggio 1915),
15
C. Salaris, Dizionario del futurismo, Editori Riuniti, Roma 1996, p. 49.
momento in cui la redazione dichiarò di aver assolto il proprio compito legato alla battaglia
culturale. Fra queste pagine, arte e politica furono strettamente legate: «il contenuto degli
articoli [era] programmaticamente provocatorio e antiborghese, tanto da suscitare reazioni
ostili negli ambienti dei benpensanti. […] Ma proprio per il tono trasgressivo, “Lacerba”
[conquistò] la simpatia del pubblico popolare e degli operai»16.
I primi contatti con i futuristi avvennero grazie alla mediazione di Gino Severini, che aveva
conosciuto Soffici a Parigi, e per ventiquattro numeri (dal marzo 1913 fino allo stesso mese
dell’anno successivo) l’apertura nei confronti del movimento fu totale. La rottura fu invece
sancita da una lite corsa fra Papini e Boccioni, che dovette difendere l’ortodossia futurista da
alcuni attacchi del primo, espressi tramite un articolo intitolato Il cerchio si chiude.
Nonostante questa travagliata vicenda, la rivista ha saputo operare intelligentemente anche
oltre il raggio fiorentino, divenendo uno degli organi tramite il quale si dipanò la riflessione
sul e intorno al Futurismo. Fin dal primo momento “Lacerba”, sotto il profilo grafico, si
distinse per la chiarezza e la purezza nell’impaginazione, ma fu solo dopo l’incontro con i
16
Ibid.
futuristi che iniziò ad accogliere anche una numerosa presenza di disegni. Graficamente
acquisì una «particolare densità di presenza visiva nella cruciale annata 1914, caratterizzata
dall’altissima testata, autopubblicitaria, dalla evidenza provocatoria dei titoli, dalle più
frequenti presenze grafiche, e dalle molteplici proposte di “tavole parolibere” di immaginoso
grafismo»17. Nella scia di “Lacerba” vennero pubblicati il volumetto Stati d’animo (Gonnelli,
Firenze 1914) di Piero Barthelet e L’almanacco della guerra (Edizioni “Lacerba”, Firenze
1915). La prima opera è un testo di parole in libertà nel quale sono presenti tutte le innovazioni
tipografiche introdotte dal Futurismo, come il variare dei caratteri o le parole fuori scala;
mentre la seconda, illustrata da Ottone Rosai 18 con disegni dal tratto infantile, è una
canzonatura della cultura tedesca.
Un altro testo di parole in libertà, legato a “Lacerba” per l’autore, è il saggio di poesia futurista
di Ardengo Soffici intitolato Bïf§Zf + 18 Simultaneità e Chimismi lirici (“La Voce”, Firenze
1915), nel quale «tra versi liberi ispirati al simultaneismo e un paroliberismo dato come
17
P. Hulten (a cura di), Futurismo e futurismi, Bompiani, Milano 1986, p. 497.
18
Ottone Rosai (Firenze, 1895 – Ivrea, 1957). Pittore italiano che espose per la prima volta a Firenze nel 1913 accanto
al locale dove si teneva la mostra dei futuristi sponsorizzata da “Lacerba”. Vicino al movimento marinettiano, dal 1919
giunse ad un tipo di pittura di carattere popolare, caratterizzato da una pennellata spontanea.
alchimia lirica [si] giunge alla distruzione del senso logico, con interessantissimi interventi
tipografici [ben visibili già in copertina], quasi dadaisti, e calligrammi»19.
19
C. Salaris, Storia del Futurismo, Editori Riuniti, Roma 1992, p. 71.
20 settembre di quello stesso anno, lanciarono il volantino Sintesi futurista della guerra, nel
quale un cuneo, che inquadra i nomi delle nazioni alleate, sfonda simbolicamente le linee
nemiche tedesche e austriache. E’ importante sottolineare il fatto che questa composizione
anticipò il più noto Insinua nei bianchi il cuneo rosso (1919) del costruttivista El Lissitzkij,
manifesto in cui figure geometriche elementari, come il cerchio ed il triangolo, sono messe al
servizio della politica rivoluzionaria. Tale relazione fra le due opere dimostra inoltre quanto
i modelli di riferimento grafici, nonostante le differenti affiliazioni e avanguardie, fossero
conosciuti e condivisi dagli artisti e dagli intellettuali di tutta Europa. L’idea del cuneo è
riscontrabile anche nella copertina del testo Per la coscienza della nuova Italia di Francesco
Pennazzo, realizzata nel 1914 da Carlo Carrà: su uno sfondo totalmente occupato dai colori
della bandiera italiana si innesta la testa di un razzo che incornicia il titolo dell’opera, scritto
con caratteri fra loro differenti.
20
Ivi, p. 79.
Copertina di Guerrapittura (1915)
Con l’intervento in guerra di molti futuristi, si creò una situazione favorevole per una loro
attiva collaborazione con i giornali indirizzati alle truppe, testi illustrati e di immediata
comprensione, decorati con vignette satiriche e completi di racconti bellici. Molti giovani al
fronte si identificarono, infatti, nello stile sintetico e visivo del paroliberismo e non è
certamente un caso che Marinetti abbia legato la sua poetica ai momenti generalmente più
intensi della vita. Si diffuse inoltre ampiamente l’uso della cartolina propagandistica, di cui
La bandiera futurista (1915) ne è l’esempio più lampante: si tratta di un tricolore modificato
in cui il rosso, più esteso e completo del motto interventista “Marciare e non marcire”, prende
il sopravvento sul verde e sul bianco. La stessa composizione cromatica la si ritrova anche
nella cartolina ideata da Francesco Cangiullo nel 1915, una sorta di modulo che il mittente è
invitato a compilare e che diviene, a tutti gli effetti, un breve testo di parole in libertà.
I futuristi che, come già sottolineato, compresero fin dal primo istante quanto fosse importante
la diffusione di ogni tipo di informazione, focalizzarono la loro attenzione sugli sviluppi delle
relazioni postali, considerando primario, oltre al dato tecnico, anche quello estetico.
«Mallarmé aveva già notato che una quartina corrispondeva al formato di una lettera, ma i
futuristi si [spinsero] più lontano fino ad un sistematico ripensamento della comunicazione
postale»21. Una frenetica attività in tale direzione vide protagonista anche Giacomo Balla, che
si impegnò nella realizzazione di originali cartoline, rese dinamiche da motivi futuristi, linee-
forza, collage e parole in libertà.
Così attento ad ogni forma di espressione, il Futurismo non si lasciò sfuggire l’occasione di
svilupparsi anche in questo campo e produsse una rilevante quantità di materiale postale come
cartoline, carta da lettere e francobolli alla cui base vi era quell’ideale di ricostruzione
universale della società che doveva coinvolgere ogni singolo aspetto della quotidianità.
“L’Italia futurista”
Conseguentemente all’entrata in guerra dell’Italia si concluse l’esperienza editoriale
lacerbiana ma, l’anno seguente, nacque ancora a Firenze “L’Italia futurista”, una nuova testata
d’avanguardia il cui scopo era quello di mantenere viva la creatività anche durante il conflitto
mondiale. Animata da Emilio Settimelli, Bruno Corra, Arnaldo Ginna, Mario Carli e Remo
Chiti, l’obbiettivo della rivista era una visione globale di tutte le arti e il suo raggiungimento
tramite gli sforzi comuni della collettività.
21
P. Hulten (a cura di), Futurismo e futurismi, Bompiani, Milano 1986, p. 453.
“L’Italia futurista”, tavola di Marinetti (1916) Pagina de “L’Italia futurista” (1916)
I primi contatti con i futuristi ebbero però luogo già intorno al 1910, sulla base dei comuni
interessi teatrali: va infatti sottolineato che nel 1915 Settimelli e Corra, insieme a Marinetti,
aprirono la strada al teatro futurista sintetico, ovvero ad un tipo di rappresentazione
condensata in pochi minuti e che permette di ottenere il massimo coinvolgimento degli
spettatori. Proprio a tale settore venne dedicato ampio spazio sulle pagine de “L’Italia
futurista” e, complessivamente, il sodalizio fra i futuristi e questi letterati sorse su due distinte
colonne portanti, ovvero «quella tecnologico-modernista dei marinettiani e quella cerebrale-
simbolista del nucleo dirigente del giornale, portato a privilegiare una sorta di prosa poetica
d’avanguardia, di tipo astratto-onirico-riflessivo»22. Il gruppo elaborò quindi una poetica di
stampo liberista, contraria agli assunti teorici di Benedetto Croce e all’estetismo dannunziano,
riallacciandosi così al Simbolismo e al filone fantastico della letteratura (Edgar Allan Poe) e
focalizzando inoltre l’attenzione su tematiche quali l’occultismo e la metapsichica. Per queste
tendenze così particolari si può dunque parlare di una corrente italiana post-simbolista e pre-
surrealista, come dimostra anche la trama del romanzo Con mani di vetro (Studio Editoriale
22
C. Salaris, Storia del Futurismo, Editori Riuniti, Roma 1992, p. 92.
Lombardo, Milano 1916) di Bruno Corra, ricca di riferimenti misteriosi ed eventi
paranormali.
“L’Italia futurista” si distinse inoltre dalle comuni riviste dell’epoca per l’assetto grafico delle
sue pagine, sempre ricche di parole in libertà e illustrazioni di grande impatto visivo. Il
ventaglio degli interventi paroliberi si presentava molto ampio e coinvolgeva, oltre che i nomi
più conosciuti, anche firme meno note, come giovani scrittori e poeti che dopo la guerra si
avvicinarono al Futurismo (a loro veniva dedicata una specifica rubrica). La sperimentazione
raggiunse qui un elevato grado di complessità e di articolazioni differenti: le Balie (1917)
disegnate da Francesco Cangiullo sembrano riprendere il coevo modello dei “soldati-lettera”
creati dalla propaganda socialista per combattere l’analfabetismo della Russia 23; mentre con
il suo breve componimento Pioggia nel pineto antidannunziana, composto da sole virgole, il
poeta Paolo Buzzi è riuscito a rendere più concreti i prolissi versi (secondo la visione futurista)
di Gabriele D’Annunzio. Nell’arco della sua esistenza, il giornale divenne anche il trampolino
di lancio per alcuni manifesti del movimento come La danza futurista del 1917, con la
descrizione di tre diversi balli ispirati ad altrettante macchine belliche. “L’Italia futurista”
promosse inoltre una breve ma intensa attività editoriale: «i cosiddetti “Libri di valore”,
termine che rinvia alla concezione critica maturata dal gruppo, legata appunto ad un criterio
di misurazione oggettivo-scientifico della creatività»24. I titoli editi fra il 1917 e il 1918 furono
solamente sette e si trattava di pubblicazioni di lusso, con copertine in cartoncino
accompagnate dalle illustrazioni di stampo dadaista e surrealista di Arnaldo Ginna.
Generalmente tale iniziativa mantenne una certa distanza dai canoni paroliberi di Marinetti e
i testi presentati erano più legati poetica del nucleo fiorentino. Allo stesso tempo si attenuò
anche lo sperimentalismo grafico e le immagini, ora meno estroverse e dinamiche, si
affiancarono maggiormente ad una corrente più onirica e interiore.
23
Le silhouette di lettere tipografiche sono un’invenzione di Francesco Cangiullo e del fratello Pasqualino, esposte per
la prima volta a Roma nell’ambito della mostra “Alfabeto a sorpresa” (1918).
24
C. Salaris, Storia del Futurismo, Editori Riuniti, Roma 1992, p. 99.
F. Cangiullo, Balie (1917) “Soldati-lettera” sovietici
25
Ivi, p. 185.
Copertina e pagine di Scatole d’amore in conserva (1927) con disegni di Ivo Pannaggi
G. Terragni, Casa del Fascio (Como, 1932-1936) A. Libera, Palazzo delle Poste (Roma, 1933)
Anche le riviste e gli organi di stampa come “Il Futurismo”, stampata prima a Milano dal
1922 al 1924 e in seguito a Roma, adeguarono la loro composizione grafica alle nuove
tendenze, come si può notare osservandone le pagine: le parole in libertà lasciarono il posto
a testi ordinari, accompagnati da immagini simmetriche rispetto ai margini e completi di
precise didascalie di riferimento.
Pagina di “Il futurismo” (1924)
Nonostante l’iniziale ritorno all’ordine, con la nascita dell’aeropoesia, che vide la luce per
mezzo di un manifesto pubblicato su “La gazzetta del popolo” il 22 ottobre 1931, si assistette
al ritorno e alla teorizzazione di un nuovo paroliberismo, ora «moderato, condotto come un
monologo, ma più sul versante della declamazione che su quello dell’interiorità, in cui
l’automatismo delle immagini tende ad essere razionalizzato, guidato, illustrato. E’ questa la
risposta futurista al “monologo interiore” joyciano» 26 . Premesso che il recupero della
narrazione era alla base di questa nuova tendenza poetica, un paroliberismo di prima maniera
si può ancora riscontrare in una delle esperienze più originali dell’editoria dell’intero
movimento, Parole in libertà futuriste olfattive tattili termiche (1932), la cui ardua
realizzazione venne curata da Tullio d’Albisola utilizzando la latta come medium e mettendo
a punto una rilegatura tubolare in acciaio. L’impostazione grafica di questa “lito-latta” vede
un chiaro ritorno al testo dinamico, all’uso di parole poste asimmetricamente rispetto alle
pagine, a segni matematici nuovamente accostati a caratteri fuori scala e la scomparsa della
tradizionale ortografia e dei segni d’interpunzione.
26
Ivi, p. 227.
Copertina e pagine di Parole in libertà futuriste olfattive tattili termiche (1932)
Futurismo e pubblicità
Come già accennato, fra i manifesti futuristi non vi è alcuna traccia su una specifica riflessione
sulla grafica ma, a partire dagli anni Venti, i futuristi concentrarono molti dei loro sforzi anche
in campo pubblicitario. «Dalla pubblicità dell’arte all’arte della pubblicità: in questo duplice
aspetto si configurarono i rapporti tra il movimento marinettiano»27. Fin dagli esordi il leader
Futurismo ha fatto propri quei sistemi commerciali tipici del mondo industriale per diffondere
i suoi assunti teorici in tutta Europa (volantini, affiche, annunci sui giornali), ma ha avuto
anche l’intelligenza di vedere nella pubblicità stessa un settore dell’arte in cui impegnarsi fino
in fondo. «Vivendo a Milano, città in grande espansione economica, Marinetti ha intuito che
i sistemi di comunicazione sono la linfa vitale della società contemporanea: l’industria,
attraverso la pubblicità, e la politica, con la propaganda, riescono a comunicare a largo raggio,
arrivando a tutti i livelli della società»28. All’epoca tali metodi vennero duramente criticati
dalla maggioranza degli intellettuali, che presero di mira lo stile considerato eccessivamente
“americano” di Marinetti.
Nel libro pubblicitario Numero unico futurista Campari 1931, Depero scrisse «benché io
dipinga giornalmente quadri di libera ispirazione, con eguale armonia di stile, con lo stesso
amore, con non minore entusiasmo e cura, esalto con la mia fantasia prodotti industriali
27
C.Salaris, Dizionario del futurismo, Editori Riuniti, Roma 1996, p. 114.
28
Ibid.
nostri» ma ancora prima, in Depero Futurista, l’artista di Rovereto propose un Manifesto agli
industriali in cui li invitava a servirsi delle tendenze macchiniste per pubblicizzare al meglio
le loro produzioni. Questo testo inoltre, conosciuto anche come “libro imbullonato” e
pubblicato dalla milanese Azari-Dinamo nel 1927, è fondamentale nell’ambito delle parole in
libertà, in quanto costituisce un «capolavoro d’applicazione della “deformazione” tipografica
“paroliberista” ad un testo sostanzialmente discorsivo»29. Depero fu un assoluto protagonista
in questo settore e in seguito all’esperienza newyorkese, svoltasi fra il 1928 e il 1930, nel
Manifesto dell’arte pubblicitaria futurista (1932) elevò la réclame al rango di arte a tutti gli
effetti, codificandola come forma espressiva maggiormente legata alla civiltà di massa, non
vincolata quindi ai musei e alle istituzioni.
In merito a ciò, ancora prima di lui fu Sant’Elia a vedere nella pubblicità un elemento
funzionale di decoro urbano; così come Boccioni indicò nella cartellonistica un mezzo per
poter definire una nuova estetica. L’interesse dimostrato dai futuristi per la pubblicità diede
inoltre luogo ad una diversificata produzione che coinvolse non solo la grafica, ma anche vari
allestimenti per padiglioni e vetrine di ogni genere.
Complessivamente, la pubblicità futurista si ispirò ad un criterio di sintesi che mise in secondo
piano il gusto narrativo e descrittivo della produzione coeva, così come allo stesso tempo si
differenziò dalle esperienze costruttiviste per la centralità data alle immagini e alla scrittura.
Inoltre va messo in luce come il lettering usato in funzione espressiva, il superamento dei
29
P. Hulten (a cura di), Futurismo e futurismi, Bompiani, Milano 1986, p. 466.
criteri di armonia e simmetria, il coinvolgimento immediato del fruitore e l’estrema sintesi
siano elementi avvicinano il lessico pubblicitario alla poetica marinettiana delle parole in
libertà.
Bibliografia
D. Baroni, M. Vitta, Storia del design grafico, Longanesi, Milano 2015
U. Boccioni, Estetica e arte futuriste, Casa Editrice “Il balcone”, Milano 1946
E. Crispolti, Il mito della macchina e altri temi del futurismo, Celebes, Trapani 1969
E. Crispolti, Storia e critica del futurismo, Editori Laterza, Bari, 1986
G. Fanelli, E. Godoli, Il futurismo e la grafica, Comunità, Milano 1988
E. Godoli, Il futurismo, Editori Laterza, Bari 1999
P. Hulten (a cura di), Futurismo e futurismi, Bompiani, Milano 1986
G. Lista, Futurismo, KeyBook/Rusconi libri, Santarcangelo di Romagna 2002
C. Salaris, Il futurismo e la pubblicità, Lupetti, Milano 1986
C. Salaris, Storia del Futurismo, Editori Riuniti, Roma 1992
C. Salaris, Dizionario del futurismo, Editori Riuniti, Roma 1996