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Capitolo 1
L'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E IL DIRITTO AMMINISTRATIVO
La pubblica amministrazione ed il problema del diritto amministrativo
L'amministrazione cura concreta di determinati interessi.
Nell'ambito di ogni organizzazione sociale, la funzione di amministrazione fondamentale e
ineliminabile.
Senza di essa, l'organizzazione sociale non sussiste, non ha ragione di essere: essa sussiste invero,
proprio al fine di curare gli interessi del gruppo, della comunit, delle persone che in essa, appunto,
si organizzano. Si badi, la cura dei comuni interessi, nell'ambito dell'organizzazione avviene
mediante la fissazione delle regole della vita dell' organizzazione, dei rapporti sociali che in essa si
snodano, al suo interno, nonch con l'esterno (funzione della normazione); e nelle organizzazioni
pi complesse, come quelle degli Stati, avviene mediante l'attivit di risoluzione dei conflitti, delle
controversie insorte all'interno dell'organizzazione in ordine all'applicazione delle regole.
L'esercizio della funzione di amministrazione nell'ambito di ogni organizzazione, ma segnatamente
nelle organizzazioni politiche non sempre trova, nell'ambito dei consociati, il consenso
indispensabile perch esse possano avere luogo. Questo ha sempre rappresentato il problema
dellautorit dellamministrazione o problema del diritto amministrativo. Per problema del
diritto amministrativo, intendiamo evidentemente il problema della individuazione di una
disciplina giuridica, ovvero di determinati strumenti giuridici, che consentano laddove necessario
l'esercizio in termini di autorit dellamministrazione.
Diritto amministrativo e diritto pubblico
Disciplina giuridica, vigente in questo ordinamento, caratterizzata da una parte, per il suo oggetto,
le attivit di amministrazione e lorganizzazione dei soggetti che vi sono preposti, e i rapporti che
nellambito di esse si svolgono; e dallaltra parte, per la natura delle sue norme, di diritto pubblico e
non di diritto comune.
Il diritto amministrativo una branca del diritto pubblico. Mentre vi sono, e in principio vi possono
sempre essere, attivit di amministrazione senz'altro disciplinate dal diritto comune, per le quali si
applica la normazione del diritto privato. Tuttavia molto spesso le attivit di amministrazione
mediante strumenti giuridici di diritto privato (la compravendita, laffitto, lappalto, ecc.) sono rette
in parte da disciplina pubblicistica.
Il diritto amministrativo non perci il diritto dell'amministrazione pubblica, senz' altro; ma una
parte di esso.
Le attivit di amministrazione pubblica sono svolte da alcuni soggetti a ci espressamente deputati,
per la cura di interessi della collettivit generale o di collettivit particolari che la prima
compongono; interessi che sono individuati come oggetto di cura (di amministrazione) dalle stesse
fonti dell'ordinamento positivo (e in primo luogo, dalla legge) ovvero dagli stessi soggetti deputati
all'amministrazione, nell'ambito della discrezionalit loro conferita.
Tali soggetti deputati all'esercizio dell'amministrazione sono anzitutto le pubbliche
Amministrazioni, organizzazioni in genere dotate di personalit giuridica (ma non
necessariamente), disciplinate dal diritto pubblico, e sottoposte a un regime giuridico loro proprio
del tutto differenziato dalle organizzazioni giuridiche delle categorie fissate nel codice civile.
Ma vi sono altri soggetti, anche di carattere del tutto privatistico (ad esempio, societ per azioni), e
finanche persone fisiche, che in virt di specifiche disposizioni normative, oppure per particolari
circostanze, sono chiamati a svolgere attivit di amministrazione pubblica.
Il diritto amministrativo parte del diritto pubblico. Esso si compone di norme di diritto pubblico,
poste cio nell'interesse della collettivit, per questo le norme di diritto pubblico sono in principio
cogenti e inderogabili dai soggetti tenuti ad applicarle; e la loro violazione (norme) d luogo ad

invalidit (in vario modo sanzionata) dei relativi atti giuridici; gli scopi che esse stabiliscono
debbono essere perseguiti dai soggetti che vi sono deputati (sono scopi non nella disponibilit del
soggetto agente, ma posti nellinteresse altrui, della collettivit, di cui esso servente); gli effetti
dell'attivit giuridica posta in essere, hanno la forza di prodursi nella sfera giuridica dei terzi, anche
a prescindere dal consenso di questi (c.d. imperativit).
Approfondimento
[Lamministrazione regolata secondo il diritto comune ed il diritto amministrativo una branca
del diritto pubblico.
Diritto Amministrativo: quel ramo del diritto pubblico che si occupa della P.A. nella sua
organizzazione, nei beni e nellattivit ad essa peculiari e nei rapporti che, esercitando tale attivit,
si instaurano con altri soggetti dellordinamento.
Pubbliche Amministrazioni: sono i soggetti deputati allesercizio dellamministrazione. Sono
organizzazioni in genere dotate di personalit giuridica disciplinate dal diritto pubblico.
Attivit di Amm.ne Pubblica: sono le attivit svolte doverosamente da alcuni soggetti a ci
espressamente deputati per la cura di interessi della collettivit.]
Le fonti del diritto amministrativo
Lattivit di amministrazione nonch lorganizzazione dei soggetti ad essa preposti, oggetto di
formazione oltre che dalle fonti di diritto nazionale, anche da quelle di diritto europeo; emanate cio
dagli organi dellUnione Europea sulla base delle regole di produzione normativa proprie di
quellordinamento secondo il Trattato istitutivo della Comunit Europea nel testo oggi vigente
(Trattato UE).
Nella disciplina giuridica dellamministrazione pubblica convivono norme giuridiche prodotte da
fonti di due separati ordinamenti:
Quello Nazionale;
Quello Europeo.
In caso di conflitto assicurata la prevalenza della normazione europea.
Diritto amministrativo e principi generali
Il diritto amministrativo consiste di un sistema assai articolato e complesso di norme, delle quali
quelle concernenti la disciplina generale della materia si esprime attraverso principi, a loro volta in
parte formulati in Costituzione (come ad esempio, quello dell'imparzialit amministrativa di cui
all'art. 97) o in leggi ordinarie (principi che adesso emergono segnatamente nella L. proc. amm.); in
parte inespressi, e ricavabili dall'interprete, segnatamente in sede giurisprudenziale ricorrendo (nei
casi in cui una controversia non possa essere decisa in base ad una precisa disposizione normativa)
alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe o ai principi generali
dell'ordinamento giuridico dello Stato.
Anche i principi, espressi o non, sono norme giuridiche, tuttavia differenziate da quelle particolari,
per una maggiore generalit delle relative fattispecie, nonch per la funzione che essi svolgono,
connettiva di tutto l'ordinamento giuridico.
I principi, la cui evidenziazione sempre opera dellinterprete e in ultima analisi della
giurisprudenza delle magistrature supreme, sono fondati sulle fonti pi diverse.
A volte sono desunti attraverso progressive astrazioni da norme particolari. In tal caso, i principi
trovano la loro fonte non tanto in quelle norme quanto piuttosto nel <<fatto della compresenza di
pi norme espressive di un medesimo indirizzo>>. A volte essi sono ricavati da una singola norma
positiva, la quale viene intesa come tale per la sua eccedenza di contenuto normativo, deontologico
o assiologico, cio valutativo. A volte ancora essi non trovano la loro fonte in alcuna norma
positiva ma nellessenza dellordinamento, nei suoi valori supremi, negli indirizzi politico-

ideologici che ne hanno ispirato la formazione o una sua decisiva svolta, i c.d. principi istituzionali.
E cos ad es., nel tipo di Stato fondato sulla sovranit popolare (art. 1 Cost.) la pubblica
amministrazione chiamata a svolgere un ruolo del tutto servente gli interessi della collettivit, e
perci la sua azione non pu essere giammai libera, come manifestazione di autonomia, ma
sempre in qualche modo vincolata nei fini, funzionalit, manifestazione non di autonomia ma di
discrezionalit, nellaccezione moderna di questa nozione.
Nel vigente ordinamento, una parte significativa dei principi della nostra disciplina trova esplicita
enunciazione direttamente in Costituzione. E allora il principio acquista un valore elevatissimo e
permea di s l'intero ordinamento amministrativo. Ed per definizione, principio generale
dell'ordinamento giuridico dello Stato ai sensi dell'art.12 preleggi.
Ma anche gli altri principi che non trovano in Costituzione diretta o implicita determinazione, sono
sempre riconducibili, per via di successive astrazioni, a qualche norma costituzionale. Non possono
infatti esistere principi che regolano l'azione o l'organizzazione della pubblica Amministrazione in
un ordinamento a costituzione rigida, come il nostro, che non siano riconducibili alla Costituzione,
che risultino cio privi di "copertura" costituzionale.
In diritto amministrativo, mancando una disciplina legislativa di parte generale l'importanza dei
principi generali nell'applicazione del diritto decisamente prevalente.
In tale sistema normativo il ruolo della giurisprudenza assai pi importante ed incisivo, che quello
svolto in un sistema codificato (nella sua parte generale) o comunque fortemente normato. Sino a
configurare la giurisprudenza stessa come fonte dell'ordinamento amministrativo: ci che
sicuramente non , almeno nel nostro sistema positivo.
Le fonti legislative
Il concetto di atto-fonte fa riferimento allatto giuridico capace di produrre norme giuridiche in un
determinato ordinamento; quello di disposizione normativa alla proposizione contenuta nell'atto
fonte che esprime una norma giuridica, mentre la norma giuridica quella ricavata dalla
disposizione attraverso l'opera dell'interprete.
Gli istituti che presiedono allinterpretazione delle fonti; quelli intesi a regolare i rapporti tra le fonti
intermini di gerarchia e di competenza, e le antinomie che si verificano tra di esse (tra le formazioni
rispettivamente prodotte); labrogazione, la disapplicazione (della norma contenuta in una fonte, in
contrasto con la normativa contenuta in unaltra fonte sulla prima prevalente, per la successione nel
tempo; ovvero per la sua forza nellordinamento); linvalidit della fonte, o di singole sue
disposizioni per contrasto con la fonte superiore secondo il principio della gerarchia delle fonti,
ovvero perch eccedente la propria competenza quale determinata dalla fonte superiore (cos
linvalidit della legge per contrasto con la Costituzione, linvalidit del regolamento per contrasto
con la legge); i mezzi e i procedimenti (come il giudizio davanti alla Corte costituzionale) previsti
per laccertamento di tale invalidit.
I rapporti tra le fonti sono strutturati secondo il duplice principio della gerarchia e della competenza.
Secondo la gerarchia le fonti sovraordinate prevalgono su quelle subordinate, avendo le prime la
capacit, o la forza, di stabilire una disciplina che non pu essere abrogata o modificata dalle
seconde, a pena di invalidit di queste ultime.
Il criterio della competenza invece stabilisce quali fonti siano capaci di disciplinare una determinata
materia (a prescindere dalla gerarchia). La competenza delle diverse categorie di fonti circa la
materia oggetto di normazione, stabilita a sua volta dalla fonte superiore (cos ad esempio, la
competenza reciproca delle leggi statali e delle leggi regionali stabilita dalla Costituzione); e cos
ancora la fonte sovraordinata stabilisce il procedimento di formazione della fonte subordinata.

Principio di gerarchia e principio di competenza si intersecano tra loro e il primo finisce con
l'assorbire il secondo.
Le fonti vigenti possono essere dislocate su tre ordini gerarchici:
- le fonti costituzionali,
- le fonti primarie e le
- fonti secondarie.
La Costituzione anzitutto, che contiene molteplici principi e norme direttamente precettive in
materia di amministrazione; norme che in virt del principio di rigidit costituzionale si impongono
senz'altro a tutte le altre fonti.
La Costituzione, nelle singole sue disposizioni pu essere modificata da leggi adottate attraverso lo
speciale procedimento di cui all'art.138 (c.d. leggi di revisione costituzionale).
Le leggi adottate attraverso lo stesso procedimento anche al di fuori dalle materie contemplate nella
Costituzione (leggi costituzionali) assumono la medesima collocazione gerarchica delle prime. Per
alcune materie la Costituzione prevede poi che la disciplina sia disposta con legge costituzionale
(riserve di legge costituzionale).
Leggi di revisione e altre leggi costituzionali (art. 138), pure equiparate alla Costituzione, trovano a
loro volta dei limiti nella Costituzione (ci per cui sono passibili del giudizio di costituzionalit), in
termini di oggetto (vi sono materie sottratte alla revisione: forma repubblicana, art. 139; diritti
inviolabili, artt. 2 ss.) e in termini di principi: quelli supremi dell'ordinamento costituzionale
vincolano anche le leggi di rango costituzionale.
Il secondo ordine "gerarchico" delle fonti dato dalle leggi (o leggi ordinarie) e dagli atti aventi
forza di legge. Le leggi sono rispettivamente dello Stato e delle regioni, con reciproci rapporti in
termini di competenza.
Nel disegno originario della Costituzione le leggi statali potevano avere ad oggetto ogni materia,
salva la disciplina di dettaglio nelle materie di competenza regionale di cui all' art. 117. In queste
materie lo Stato poteva con legge stabilire i principi fondamentali di ciascuna materia limitando in
tal modo la potest legislativa regionale.
Nelle regioni a statuto speciale (art. 116 Cost.) era prevista, ed stata confermata nel nuovo
ordinamento una potest legislativa esclusiva delle regioni stesse in alcune materie.
Secondo il nuovo testo dell'art.117 (L. cost. n.3/2001) questa impostazione stata ribaltata, nel
senso che solo per alcune fondamentali materie riservata alle leggi dello Stato la competenza
legislativa esclusiva (art. 117.2), mentre su altre materie riservata alle leggi dello Stato potest
legislativa limitatamente alla determinazione dei principi fondamentali (potest legislativa
concorrente: art. 117.3) e sulle restanti materie, quelle cio non espressamente elencate nei due
commi precedenti, riservata alle regioni la potest legislativa (c.d. residuale, secondo alcuni,
esclusiva: art. 117.4).
Le leggi ordinarie sono atti formali approvati dalle Camere, secondo il procedimento di cui agli artt.
70 ss. Cost., e promulgati dal Presidente della Repubblica. Attraverso leggi ordinarie atti cio del
Parlamento quale organo rappresentativo della sovranit popolare, si esercita la funzione legislativa.
In casi eccezionali la funzione legislativa pu essere esercitata dal Governo: attraverso i decreti
legge (art. 77 Cost.), atti legislativi del Governo che possono essere adottati in caso di necessit ed
urgenza, e sottoposti alla conversione delle Camere, che deve avvenire a pena di decadenza ex tunc
del decreto, entro 60 gg. dalla pubblicazione dello stesso; attraverso i decreti legislativi (art. 76
Cost.), adottati dal Governo, sulla base di delegazione conferita con legge, che stabilisce oggetto,
principi e criteri direttivi, e il termine entro il quale la delegazione stessa pu essere esercitata.

Decreti legge e decreti legislativi, pur essendo limitati nella loro capacit di produzione normativa,
dalla legge (i decreti legislativi operano nei limiti posti dalla delega, i decreti legge sono
condizionati nella loro efficacia dalla legge di conversione) sono equiparati alla legge quanto al loro
valore formale.
Le leggi regionali operano nella sfera di competenza fissata dalla Costituzione, e, per le regioni
speciali, dalle leggi costituzionali di approvazione dei relativi Statuti. Esse non sono subordinate
alle leggi dello Stato ma a queste equiparate e dotate del medesimo valore formale; salvi i casi di
potest legislativa "esclusiva" delle regioni (art. 117.4), le leggi regionali sono limitate nella loro
capacit di produzione normativa dai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato nelle
diverse materie (legislazione regionale concorrente).
Il nuovo testo costituzionale ha enormemente aumentato lo spazio normativo della legge regionale
estendendo l'ambito delle materie di competenza legislativa concorrente a settori fondamentali per
l'assetto economico e sociale del Paese (dall'energia alle telecomunicazioni, alle grandi
infrastrutture, etc.). E ha soppresso il sistema di controlli statali sulle leggi regionali, ormai
soggette, come le leggi statali, al solo sindacato della Corte costituzionale (art. 127).
In diritto amministrativo sono molteplici le materie riservate alla legge, secondo la normativa
costituzionale. Secondo il principio di legalit, ogni potere amministrativo deve essere previsto e
disciplinato, salvo che nella parte di dettaglio, da norme di legge.
Le fonti secondarie: i regolamenti
Le fonti secondarie (i regolamenti) sono espressione del potere del Governo, delle Amministrazioni,
di disciplinare se stesse, nella loro organizzazione, nella loro azione.
La L. cost. n.3/2001 ha di molto aumentato la spazio normativo affidato ai regolamenti degli enti
del governo territoriale (regioni, province, comuni): art.117.6, art. 118. Anche in funzione di
garanzia dell'autonomia di questi enti. Si pu anche dire che le fonti secondarie attengono
essenzialmente all'amministrazione.
I regolamenti e gli altri atti di normazione secondaria, sono formalmente atti amministrativi; e
perci assoggettati alla disciplina propria di questi ultimi (per quanto concerne il procedimento, la
validit, i controlli, il regime delle impugnazioni, etc.).
In particolare il potere regolamentare, il potere cio di disciplinare con norme generali e astratte dotate a tutti gli effetti dei caratteri della norma giuridica - determinate materie, uno dei poteri
amministrativi tipici.
Vastissima la categoria delle fonti secondarie potendosi, sia sotto il profilo soggettivo (essendo
dotata ogni amministrazione di un, sia pur limitato, potere regolamentare) sia sotto il profilo dei
contenuti, dellambito normativo di pertinenza, degli effetti, individuare diverse specie di
regolamenti e altri atti di normazione secondaria.
Nell'ambito dello Stato, la L. Governo del 1988 ha distinto in termini soggettivi, tre specie di
regolamenti:
- i regolamenti del Governo (emanati con D.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei ministri,
sentito il Consiglio di Stato, e previo parere delle Commissioni parlamentari);
- i regolamenti ministeriali (adottati con D.M., sentito il Consiglio di Stato), nelle materie di
attribuzione del relativo ministero;
- i regolamenti interministeriali (adottati con decreto interministeriale, sentito il Consiglio di
Stato), nelle materie di attribuzione di pi ministeri.

I regolamenti ministeriali e interministeriali necessitano di un' espressa attribuzione legislativa del


potere regolamentare (al ministro o a pi ministri). Non si tratta cio di un potere a carattere
generale spettante al Ministro in quanto tale nelle materie di attribuzione del relativo Ministero. Ed
essi sono espressamente subordinati ai regolamenti del Governo.
I regolamenti del Governo sono di due specie: la prima specie esprime il potere regolamentare che
al Governo spetta in via generale, senza bisogno di specifiche autorizzazioni legislative, e ha per
oggetto l'esecuzione, l'attuazione e l'integrazione degli atti legislativi, l'organizzazione e il
funzionamento delle amministrazioni pubbliche; l'organizzazione e i rapporti di lavoro dei pubblici
dipendenti in base agli accordi sindacali, nonch la disciplina di materie in cui manchi la disciplina
di atti legislativi sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge (in
questultima ipotesi si parla di regolamenti indipendenti), in cui il Governo ha il potere normativo
libero in tutte le materie dove manchi disciplina legislativa (ovviamente si tratta di materie non
coperte da riserva di legge).
La seconda specie dei regolamenti del Governo costituita dai c.d. regolamenti delegati (perch
necessitano di apposita autorizzazione legislativa) che hanno la capacit di disciplinare ex novo
materie gi disciplinate con legge sostituendo la disciplina regolamentare a quella legislativa
preesistente che viene abrogata, secondo il fenomeno della delegificazione.
Ritroviamo poi i regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie in materie, anche se
disciplinate con legge, non oggetto di riserva di legge. Tutti i regolamenti statali sono sottoposti al
controllo preventivo della Corte dei conti, e devono essere pubblicati in G.U. (non producono effetti
se non a seguito della pubblicazione dei relativi testi in Gazzetta).
Fonti secondarie non statali. In linea di principio ogni ente pubblico dotato di una pur minima
potest regolamentare, del tutto subordinata alla legge e ai regolamenti governativi, con oggetto la
propria organizzazione e l'esercizio delle proprie funzioni. Tali atti sono sottoposti all'approvazione
degli organi statali di vigilanza, e pubblicati nelle forme prescritte. Molti enti pubblici hanno anche
il potere di adottare un proprio statuto con oggetto principalmente l'organizzazione dell' ente.
Lo statuto fonte secondaria, il cui contenuto normativo vincola tuttavia i regolamenti interni
dell'ente.
La potest regolamentare particolarmente rilevante, e trova direttamente in Costituzione la sua
disciplina fondamentale, negli enti del governo territoriale (regioni, province e comuni).
Gli enti del governo territoriale in quanto dotati di autonomia costituzionale hanno propri statuti,
poteri e funzioni (art. 114). I poteri e le funzioni sono quelli, rispettivamente di carattere
legislativo e amministrativo di cui agli artt.117 e 118.
Lart. 123 dispone che ciascuna regione ha uno statuto che determina tra l'altro la forma di governo
e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. da ritenere che anche per gli enti
locali la materia statutaria (forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e di
funzionamento degli enti) corrisponda a quella delineata dall'art.123.
In sostanza, la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento
degli enti, nei limiti stabiliti dalla legislazione dello Stato, da ritenere costituisca la materia
pertinente statuaria anche per gli enti locali (L131/2003).
Per il resto, organizzazione e funzionamento degli enti sono disciplinati dai regolamenti,
espressamente tenuti al rispetto degli statuti.
Nelle materie affidate alla regolamentazione degli enti locali, la Costituzione, la legislazione statale
e regionale deve essere una legislazione formulata per principi e giammai per dettaglio, al fine di
consentire l'autonoma determinazione degli enti locali stessi nei settori di loro competenza,
attraverso l'esercizio del potere statutario e pi in generale della potest normativa. Soltanto una
legislazione formulata per principi consente agli enti del governo territoriale di esercitare

effettivamente la loro posizione costituzionalmente riconosciuta di autonomia, anche e soprattutto


normativa.
La potest regolamentare delle regioni pu essere distribuita tra gli organi di governo della regione,
Consiglio e Giunta, secondo la disciplina statuaria propria di ciascuna regione.
L'esercizio della potest regolamentare viene attribuito in via esclusiva alle regioni nelle materie di
legislazione concorrente, oltre ovviamente che in quelle di legislazione residuale; restando allo
Stato solo nelle materie di legislazione statale esclusiva, salva delega alle regioni (art. 117, 6 co.).
La materia dellorganizzazione locale, come oggetto di autonomia regolamentare da parte di ciascun
ente locale, deve rispettare i principi generali in materia di organizzazione pubblica.
Ciascun organo di governo dellente locale, Sindaco, Giunta, Consiglio dotato di una propria
organizzazione la cui disciplina stabilita dalla legge dello Stato che limita la potest regolamentare
dellente locale. Al di l di queste norme, i principi che legano la regolamentazione locale in materia
di organizzazione sono soltanto quelli generali desumibili dalla Costituzione. E cos per
esemplificare, il principio della predeterminazione normativa del disegno organizzativo delklente e
delle sfere di competenza e responsabilit dei diversi organi e uffici; il principio dellaccesso agli
impieghi mediante pubblico concorso, salve deroghe previste dalla legge; i principi che riguardano
la disciplina del rapporto di lavoro pubblico, nonch quelli che riguardano la disciplina finanziaria,
dei bilanci pubblici, dellordinamento dellentrate e delle spese.
Le fonti comunitarie (U.E.)
La Repubblica italiana in virt di una serie di Trattati (es. il Trattato istitutivo dellUE, Maastrich
1992, quello di Amsterdam 1997), stato membro dellU>E, comunit di Stati nellambito della
quale sono costituiti organi centrali di governo, dotati di molteplici poteri nei confronti degli Stati
membri e anche direttamente nei confronti dei cittadini. Elementi questi, accentuati con i nuovi
Trattati (Lisbona 2007) sullUE e sul funzionamento dellUE.
Tra questi poteri spiccano i poteri normativi degli organi comunitari, che si esercitano nell'ambito
delle materie contemplate dai Trattati; e in virt del principio di sussidiariet. Inoltre
assolutamente pacifico ormai in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia della Comunit
europea e della nostra Corte costituzionale, che le fonti comunitarie prevalgono sulle fonti primarie
interne; mentre sono sottratte al giudizio di costituzionalit (essendo riservata alla Corte di giustizia
la cognizione di esse - c.d. primato del diritto comunitario).
In particolare la legge nazionale anteriore o successiva in contrasto con la normativa comunitaria,
deve essere disapplicata dai giudici interni che devono applicare la normativa di fonte comunitaria.
La norma interna non viene dichiarata incostituzionale n abrogata, ma semplicemente disapplicata
(essa resta astrattamente in vigore, e potr essere applicata a seguito del "ritrarsi" della normativa
comunitaria da quella materia).
Le fonti comunitarie non fanno parte dellordinamento interno, ma restano fonti del loro proprio
ordinamento (quello comunitario) e perci soggette alle regole proprie di questo.
Inoltre la normazione comunitaria (sempre che presenti completezza di contenuto dispositivo)
non necessita di una normativa interna di trasposizione o di applicazione o attuazione; anzi, questa
sarebbe illegittima dal punto di vista comunitario perch negherebbe il carattere di immediata
entrata in vigore della normazione stessa.
Tra le fonti comunitarie ritroviamo anzitutto i Trattati istitutivi delle Comunit, successivamente pi
volte modificati e ampliati, tutti ratificati con leggi ordinarie come gli altri trattati internazionali.
Essi hanno tuttavia un valore non paragonabile a questi, proprio perch attraverso di essi e sulla
base dell'art.11 Cost., l'Italia ha inteso cedere parte della propria sovranit agli organi comunitari.
Nella parte in cui consistono di norme direttamente dispositive sono senz'altro applicabili in ambito
interno, prevalendo sul diritto interno.

Il diritto comunitario che si produce dagli organi comunitari sulla base dei Trattati si articola in due
principali categorie di fonti.
I regolamenti (del Consiglio e della Commissione) pongono norme direttamente cogenti e
applicabili nell'ambito degli Stati membri. Essi non necessitano di alcuna recezione poich sono
senz'altro completi di contenuto dispositivo.
Le direttive (tanto del Consiglio che della Commissione) sono rivolte agli Stati e ne vincolano
lazione per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi
nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Esse non sono direttamente applicabili ma necessitano di
un atto di recepimento da parte dello Stato membro. A tal fine, prevista l'adozione una "legge
comunitaria" annuale, che a sua volta pu prevedere deleghe legislative al Governo, nonch
l'autorizzazione ad attuare determinate direttive mediante regolamenti (L. n. 86/1989). Tuttavia, la
prassi delle direttive precise e dettagliate ha portato la giurisprudenza ad affermarne la diretta
applicazione (equiparabile a quella dei regolamenti).
Altri atti comunitari (decisioni, raccomandazioni, pareri) non hanno carattere normativo
La formazione storica del diritto amministrativo
Origine del diritto amministrativo
Si deve tenere presente che il nostro ordinamento, come gli altri dell'Europa continentale, trae
origine, quanto al sistema di concetti e all'insieme degli istituti positivi che lo caratterizzano, dall'
esperienza rivoluzionaria francese e dal successivo Impero napoleonico.
Cinque sono i caratteri fondamentali delle istituzioni amministrative quali uscite da quella
esperienza.
Anzitutto, la formazione di un apparato organizzativo a base burocratico-professionale, formato
cio da persone con preparazione professionale specifica nel settore giuridico-amministrativo,
incardinate nell'organizzazione dello Stato, nella quale si sviluppano le loro carriere 8personale
burocratico professionale, di carriera); dipendenti dallEsecutivo e preposti allesercizio dei compiti
stabiliti dalla legge, secondo disposizioni delle autorit di governo, mediante lesercizio in concreto
di poteri discrezionali. Questo apparato del tutto separato nei suoi organi, dallapparato
organizzativo deputato allesercizio della giurisdizione, dal sistema dei giudici, in virt del principio
della separazione tra amministrazione e giurisdizione.
L'apparato si articola in strutture organizzative centrali (secondo il modello consolidatosi in quello
dei Ministeri) e strutture organizzative periferiche (secondo il modello successivamente
consolidatosi in quello delle prefetture), questultime gerarchicamente dipendenti dalle prime. Il
personale dell'apparato protetto dalla c.d. garanzia amministrativa che subordina la citazione in
giudizio dei funzionari all'autorizzazione del Governo; istituto rimasto in vigore fino al 1965.
In secondo luogo, l'amministrazione locale viene organizzata secondo modelli unitari, e si articola
in enti di minori dimensioni, direttamente deputati all'amministrazione degli interessi delle citt, dei
paesi, delle comunit rurali (il Comune) e in enti di dimensioni maggiori che comprendono territori
pi vasti comprensivi di molteplici comuni e coincidenti con l'ambito territoriale delle articolazioni
periferiche dell' amministrazione statale (la Provincia, il Dipartimento). Queste organizzazioni
locali sono preposte in base alla legge dello Stato, a compiti di rappresentanza e di cura degli
interessi locali, nonch di esecuzione dei compiti amministrativi stabiliti dalla legge, sotto la
vigilanza e la tutela degli organi dello Stato.
In queste due prime serie di istituti, si afferma il principio dell'accentramento amministrativo, nel
senso di dipendenza dal centro e quindi dal potere esecutivo dell'amministrazione territoriale locale.

Il meccanismo rappresentato dallorgano di governo sedente in Provincia, lIntendente o il


Prefetto, il quale da una parte organo di trasmissione degli ordini e delle disposizioni del Governo
per lamministrazione della Provincia, e dallaltra parte organo di controllo sugli enti locali.
In terzo luogo, si afferma il principio del primato della legge come atto dell' autorit sovrana che
vincola l'attivit di tutti i soggetti dell'ordinamento e quindi anche degli organi e degli agenti
dell'amministrazione. Si afferma cos il principio di legalit, cio il principio della sottoposizione
dellamministrazione alla legge.
L'ultimo carattere del sistema la separazione dellamministrazione dalla giurisdizione, che si
afferma nel principio della sottrazione delle attivit di amministrazione dalla cognizione
dell'autorit giudiziaria.
Contestualmente, si comincia a formare il sistema del contenzioso amministrativo, cio di un settore
dell'amministrazione competente a risolvere le controversie insorte in ordine alle attivit di
amministrazione.
Sviluppo del diritto amministrativo nello Stato italiano unitario
Lo Stato italiano unitario, com' noto, si forma nel 1861 per effetto dell'aggregazione al Regno di
Sardegna di una serie di Stati che per secoli avevano governato la Penisola, caduti a seguito di moti
rivoluzionari interni o di eventi bellici succedutisi in quegli anni (1859-1860).
Il nuovo Stato si configura all'inizio come una continuazione del Regno di Sardegna; tant' che gli
organi di governo restano quelli anteriori con laggiunta di nuovi membri provenienti dalle nuove
provincie.
Sul piano delle istituzioni amministrative, in attesa di future leggi di unificazione (che avrebbero
dovuto omogeneizzare sistemi giuridici tra loro assai differenti e derivanti da tradizioni secolari
differenziate) vengono estese a tutto il territorio nazionale le istituzioni sardo-piemontesi.
Quindi, il diritto amministrativo del Regno d'Italia, dal quale deriva il diritto amministrativo
vigente, trae a sua volta origine dal diritto vigente nel Regno di Sardegna al momento
dell'unificazione.
Per quanto riguarda la disciplina degli apparati organizzativi centrali e periferici era stato introdotto
il modello unitario del ministero, come modello organizzativo tipico dell'amministrazione centrale.
Formato da una serie di uffici gerarchicamente relazionati tra loro e tutti dipendenti dall'autorit
politica, il ministro, responsabile del loro andamento davanti al Parlamento.
Per quanto riguarda l'amministrazione periferica, furono disciplinati in maniera compiuta gli uffici
periferici dello Stato dipendenti dal Governo in capo ai governatori e agli intendenti.
Per quanto riguarda il sistema del contenzioso amministrativo, fu disciplinato attribuendo ai
Consigli di governo (come giudici ordinari del contenzioso amministrativo) in sede periferica e al
Consiglio di Stato in sede centrale, le attribuzioni contenziose degli affari amministrativi.
Si trattava quindi di un sistema amministrativo fortemente accentrato (ministeri-prefetture-enti
locali sottoposti a tutela) nel quale gli affari di amministrazione sono sottratti alla giurisdizione
comune e affidati alla cognizione degli organi speciali del contenzioso amministrativo, inseriti, pur
in posizione differenziata e parzialmente indipendente, nell' apparato amministrativo.

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Prima linea di evoluzione: dall'accentramento al decentramento


I tre caratteri fondanti, rispettivamente sul versante dell'organizzazione, dell'azione e della
giurisdizione hanno subito una continua evoluzione per la progressiva democratizzazione del
sistema politico, la successiva regressione nell'autoritarismo fascista, la Costituzione della
Repubblica italiana e ancora di recente con il diritto comunitario.
La prima linea di evoluzione attiene all'organizzazione amministrativa, in particolare si passa
dall'accentramento al decentramento. Questa linea di evoluzione inizia a delinearsi dopo
1'istaurarsi dell'ordinamento costituzionale; ricevendo poi una decisiva impennata con la L.
cost.3/2001.
Il principio di accentramento era stato caratterizzato da un forte accentramento caratterizzato dal
fatto che l'amministrazione dipende dal Governo (il quale dellandamento dellamministrazione
responsabile davanti al Parlamento); essa si articola in una serie di uffici burocratico-professionali
ordinati in ministeri, al vertice di ognuno dei quali collocata un'autorit politica (il ministro); in
ogni provincia a sua volta collocato un ufficio del Governo (la prefettura) con competenza di
amministrazione generale, che esercita la vigilanza (controllo di legittimit sugli atti) e anche la
tutela sugli enti locali (comuni e province). Questi ultimi, i cui organi sono parzialmente elettivi,
svolgono compiti di carattere amministrativo in favore delle rispettive comunit, fissati dalla legge e
perci obbligatori; e altre attivit, in limitati settori, anch'esse predeterminati dalla legge, a carattere
facoltativo nei limiti delle disponibilit di bilancio.
Solo con la Costituzione si afferma il principio del decentramento e quello di autonomia locale,
come principi portanti dell'organizzazione del nuovo Stato (art. 5) e il sistema di governo si articola
in una struttura pluralistica che vede accanto allo Stato un insieme di enti del governo territoriale
(regioni, province e comuni) cui la Costituzione stessa nel testo originario, riserva un ambito di
governo loro proprio, come espressione politica delle comunit di riferimento.
Tale disegno autonomistico viene completato con la L. cost.3/2001, che modifica la Costituzione
identificando la Repubblica in un insieme di enti di governo (pubblici poteri) tra loro equiparati (e
tra essi lo Stato) e differenziati solo con riferimento alla comunit rispettivamente amministrata e
per la differente dimensione degli interessi coinvolti (sul piano dell'amministrazione perch la
legislazione riservata allo Stato e alle regioni).
E contestualmente vengono soppressi gli istituti, risalenti alle antiche leggi, intesi alla vigilanza e
alla tutela del Governo sugli enti locali; che ormai diventano, si potrebbe dire, padroni del loro
destino, cio direttamente responsabili verso la propria comunit della loro azione di governo,
anche se operano entro una cornice normativa e finanziaria stabilita dalle leggi.
Questa prima linea di evoluzione del sistema amministrativo, produce un vero e proprio
ribaltamento di uno dei principi fondanti del sistema disegnato dalle leggi rivoluzionarie, che
avevano portato a termine un itinerario accentratore sviluppatosi gi nel corso dellAntico regime.
Seconda linea di evoluzione: dall'atto amministrativo alla funzione amministrativa
La seconda linea di evoluzione attiene all'esercizio dell'amministrazione mediante atti giuridici
produttivi di effetti: dallatto amministrativo alla funzione amministrativa.
La nozione originaria di atto amministrativo nasce in giurisprudenza come atto unilaterale
d'autorit, imperativo, esecutorio, adottato da un organo amministrativo e perci sottratto alla
cognizione dei giudici ordinari.
La nozione compare la prima volta nel sistema legislativo, con l'art. 2 della legge del 1865. Ma,
dalle leggi sul contenzioso amministrativo si individuano una serie di materie concernenti gli affari
dell'amministrazione, sottratte alla giurisdizione comune e affidate alla cognizione dei tribunali del
contenzioso.

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L'atto amministrativo nel quale l'amministrazione si esprime, nasce quindi come atto giuridico
dotato di una particolare forza (efficacia giuridica); e perci derogatorio rispetto ai negozi di diritto
comune.
Laddove non serve l'esercizio dell'autorit (dare in gestione una miniera, consentire il taglio di un
bosco, appaltare la costruzione di una strada o la riparazione degli argini di un fiume, assumere
impiegati e operai per lesigenze dellamministrazione, ecc.), lamministrazione pu svolgersi
utilizzando i consueti strumenti giuridici del diritto comune.
Ci tuttavia non significa che le controversie relative restino nella competenza dell'autorit
giudiziaria perch in molti casi anch'esse, in quanto comunque concernenti affari di
amministrazione, sono comprese nell'ambito del contenzioso amministrativo, a prescindere dal tipo
di atti giuridici che ne siano oggetto.
L'evoluzione successiva, dovuta pi alla giurisprudenza del Consiglio di Stato e all'elaborazione
dottrinale, che alla legislazione, ha completamente trasformato la nozione originaria dell'atto
amministrativo, come atto d'esercizio della funzione amministrativa dotato di autorit.
Anzitutto, in diversi settori di amministrazione (pubblico impiego, opere pubbliche, acque, miniere,
servizi di pubblica utilit, etc.) si introduce l'atto amministrativo unilaterale come strumento
giuridico dell' amministrazione, in luogo del contratto; anche per quegli aspetti
dell'amministrazione, che in principio, possono svolgersi mediante strumenti di diritto comune.
In secondo luogo, si fa strada in giurisprudenza l'idea che l'atto amministrativo (come esercizio
d'autorit) sia rigidamente disciplinato dalle norme (di legge), norme perci inderogabili e cogenti,
a pena di invalidit (a differenza delle norme di diritto comune per regola a carattere dispositivo) e
che la violazione di queste norme possa essere fatta valere da parte degli interessati, davanti agli
organi deputati alla tutela contenziosa nei confronti dell'amministrazione (che poi divengono veri e
propri organi giurisdizionali).
Si fa poi strada lidea che l'atto amministrativo sia uno strumento finalizzato alla cura di interessi
generali e perci deputato a perseguire certi fini (a loro volta stabiliti dalle leggi). In particolare la
conformit al perseguimento di questi interessi con l'azione concreta dell' amministrazione, pu
essere controllata, a pena di invalidit degli atti, nell' ambito delle forme di tutela stabilite
dall'ordinamento. Attraverso questa idea assume rilevanza l'attivit preparatoria dell'atto
amministrativo nell'ambito della quale si formano i motivi dell' azione, in particolare l'azione
amministrativa non si estrinseca mai in singoli atti puntuali, ma in una serie di atti e di fatti tra loro
connessi e deputati al raggiungimento di un risultato, che giuridicamente si estrinseca nell'atto
finale.
Attraverso queste idee si forma uno statuto giuridico dell'atto o provvedimento amministrativo
come atto giuridico soggetto a regime del tutto differenziato (rispetto al diritto comune), quanto a
disciplina, invalidit, efficacia e tutela.
Quello che nasce come statuto giuridico degli atti di autorit diviene pian piano lo statuto giuridico
degli atti di amministrazione, retti dal diritto pubblico, sottoposti a determinate regole circa la
formazione, linvalidit, il regime della tutela, ecc.
Si ribalta quindi limpostazione originaria, quello che era il regime derogatorio proprio degli atti
d'autorit, diventa nell'evoluzione, il regime comune dell'amministrazione, non pi in funzione di
garanzia dell'autorit, appunto, ma in funzione della garanzia di terzi.
Infatti qualora un soggetto aspiri ad una determinata utilit, la tutela di altri soggetti in ipotesi
aspiranti alla medesima utilit, non pu in alcun modo venire assicurata nell'ambito di un contratto
di diritto comune. La sostituzione di questo col modulo amministrativo (la concessione, ad esempio,
in luogo del contratto) d luogo all'applicazione dello statuto giuridico dell'atto amministrativo.

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Riassunto
[II Linea di evoluzione: dallatto amministrativo alla funzione amministrativa LAtto Amministrativo un
atto giuridico dotato di efficacia, adottato da un organo amministrativo e perci sottratto alla cognizione dei
giudici ordinari. Col passare del tempo questa nozione stata trasformata, facendo divenire latto
amministrativo un atto di esercizio della funzione amministrativa dotato di autorit. Pi avanti si trasforma la
nozione di procedimento, per cui lazione amministrativa non si estrinseca mai in singoli atti puntuali, ma in
una serie di atti e fatti tra loro connessi e deputati al raggiungimento di un risultato che si estrinseca nellatto
finale. In questo tipo di sistema i terzi sono pi tutelati.]

Terza linea di evoluzione: dal contenzioso alla giurisdizione amministrativa


Il principio della separazione tra amministrazione e giurisdizione si afferma con le leggi
rivoluzionarie e poi decisamente nel corso del regime napoleonico. In esito a queste riforme, i
tribunali ordinari divengono esclusivamente giudici delle controversie tra privati (tra le quali, una
parte di quelle con le pubbliche amministrazioni nella gestione patrimoniale e perci operanti iure
privatorum).
Per quanto riguarda le altre controversie con le pubbliche Amministrazioni, quelle che insorgono in
esito all'esercizio di funzioni pubbliche di ogni tipo, nellAntico regime gli stessi organi facevano
da amministratori e da giudici.
La data di nascita del sistema del contenzioso amministrativo, pu essere collocata nella
legislazione napoleonica del 1806, in cui si istitu la Commissione del contenzioso all'interno del
Consiglio di Stato, mentre il contenzioso locale viene attribuito ai consigli di prefettura. Con gli
anni le istituzioni del contenzioso amministrativo continuano a consolidarsi e perfezionarsi sino alla
riforma attuata con la fondamentale legge del 20 marzo 1865 tuttora vigente.
Secondo le leggi del 1859, i Consigli di governo istituiti in ciascuna provincia, sono i giudici
ordinari del contenzioso amministrativo; mentre il Consiglio di Stato, attraverso la sezione del
contenzioso amministrativo, competente sugli appelli contro le decisioni proferite dai consigli di
governo nonch per alcune materie in prima ed ultima istanza.
Le controversie di competenza dei giudici del contenzioso sono molteplici e investono tutti i rami
dell'amministrazione, mentre vengono dichiarate estranee alla giurisdizione del contenzioso
amministrativo le controversie per diritti di propriet od alla persona inerenti, e le controversie sulla
qualit ereditaria delle persone (che restano di competenza dell'autorit giudiziaria).
I giudici del contenzioso vengono disciplinati come veri e propri organi giurisdizionali e le loro
sentenze, espressamente produrranno gli stessi effetti di quelle dei tribunali civili e saranno
esecutorie negli stessi modi.
L'attribuzione al Consiglio di Stato dei compiti di giudice del contenzioso, poneva dei problemi per
il fatto che era anche un organo consultivo del Governo, e i suoi membri erano nominati dal
Sovrano.
La maggior parte delle controversie di competenza dei giudici del contenzioso erano controversie su
diritti, che poi, a seguito della legge del 1865, sarebbero state sottoposte alla giurisdizione ordinaria.
La tutela dei semplici interessi dei cittadini a fronte dell' esercizio del potere era nella gran parte dei
casi esclusa e affidata senz' altro all' amministrazione attiva. D'altra parte, era opinione prevalente
(ma non assoluta) in dottrina ed in giurisprudenza che i tribunali del contenzioso non avessero il
potere di annullare o revocare atti amministrativi: in sostanza essi emanavano sentenze dichiarative
e di condanna (come successivamente sar per i giudici ordinari nei confronti della pubblica
Amministrazione).
Una tutela pienamente satisfattiva nell'ambito degli affari di amministrazione che potesse utilizzare
lo strumento maggiormente satisfattivo dell'annullamento e della revoca degli atti ritenuti lesivi
dell'interesse dei cittadini, poteva essere assicurata in quel sistema, in via puramente teorica,
esclusivamente dalla stessa pubblica Amministrazione interpellata attraverso lo strumento dei
ricorsi gerarchici, ovvero dal Sovrano.

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Dalla legge del 1865 al consolidamento della giurisdizione amministrativa


Il processo evolutivo degli organi del contenzioso amministrativo verso una vera e propria
giurisdizione, processo che in Francia si consolida nei primi anni della III Repubblica (dopo il
1870) da noi fu spezzato dalla riforma attuata con la Legge del 20.3.1865 con la quale i tribunali del
contenzioso furono soppressi e le controversie con le pubbliche amministrazioni riguardanti diritti
civili e politici, furono devolute ai tribunali ordinari.
Quindi si ha labolizione dei Tribunali del contenzioso, attribuendo ai giudici ordinari la cognizione
di tutte le controversie con le pubbliche amministrazioni rispetto a qualsiasi provvedimento del
potere esecutivo o dell'autorit amministrativa, laddove si facesse questione di un diritto civile o
politico. Possibili controversie con le pubbliche Amministrazioni non coinvolgenti diritti (la
concessione, l'autorizzazione, la licenza, il nulla osta, che sono mal fatti, ingiusti), attengono a
questioni di mero interesse, tutelabili, quindi, solo davanti alle stesse p.a. attraverso gli strumenti
dei ricorsi alla stessa autorit amministrativa.
Alla base della riforma vi era la convinzione che i tribunali del contenzioso, proprio per il fatto di
essere organi interni alla p.a., non offrissero quelle garanzie di imparzialit che l'esercizio della
funzione giurisdizionale richiede, garanzie che possono essere assicurate solo dalla magistratura
ordinaria (principio della giurisdizione unica).
Il nuovo sistema di tutela dei cittadini nei confronti delle p.a. attribuisce, quindi, la tutela
giurisdizionale dei diritti alla cognizione dei tribunali ordinari, per i quali vige cmq il divieto di
annullamento, revoca o riforma, degli atti amministrativi. In particolare il giudice ordinario pu solo
verificare lavvenuta lesione del diritto dedotto in giudizio e il risarcimento dello stesso a carico
dell'Amministrazione, e perci disapplicarlo, una volta accertatane l'illegittimit; restando in capo
all'Amministrazione lobbligo di conformarsi al giudicato.
L'aver ristretto l'ambito delle controversie con le p.a. soggette a controllo giurisdizionale fu via via
percepito come una vera e propria limitazione di tutela dei cittadini, nei confronti delle pubbliche
Amministrazioni.
Rivedere (pag.44)
[Verso la giurisdizione amministrativa: in particolare si svilupp il movimento per la giustizia
nell'amministrazione, movimento politico-culturale che pose l'accento sulla necessit, per uno
stato democratico di avere organi di giustizia amministrativa (indipendenti e imparziali) che
conoscessero degli affari di amministrazione nella loro pienezza, non solo laddove si facesse
questione di diritti.
Con le leggi del 1889 (istitutiva di una IV Sezione dei Consiglio di Stato per le attribuzioni
contenziose) e del 1890 (detta ordinamento della giustizia amministrativa) il legislatore italiano
provvide a questa esigenza.
Ai nuovi organi non fu affidato tutto il contenzioso con le pubbliche Amministrazioni negli affari di
natura amministrativa, perch il sistema di tutela dei diritti soggettivi nei confronti delle p.a.
stabilito dalla legge del 1865 fu espressamente fatto salvo mediante la norma secondo la quale la
competenza del Consiglio di Stato non si estende alle controversie di competenza dell' autorit
giudiziaria oppure spettanti a collegi speciali.
Rispetto a tali leggi la giurisprudenza inizi ad elaborare un sistema di tutela nei rapporti con le p.a.,
nel quale il soggetto leso nella sfera dei suoi diritti o interessi protetti ha due forme di tutela,
completamente diverse l'una dall'altra (quanto al giudice competente e alle azioni esperibili) e
alternative (o l'una o l'altra) a seconda che il soggetto sia titolare di un diritto o di un interesse
protetto.
Secondo questo sistema, ad es., nella sua originaria impostazione, il proprietario leso da
unespropriazione illegittima, ovvero dalla realizzazione di unopera idraulica tecnicamente errata,
poteva chiedere il risarcimento del danno da parte dellamm. pub. responsabile, ma non

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lannullamneto degli atti amministrativi; mente tale annullamento poteva chiedere chi fosse stato
leso dal diniego di unautorizzazione, o dalla concessione demaniale disposta in favore del suo
concorrente; ma non il risarcimento del danno eventualmente prodotto per effetto di tale attivit
presunta illegittima.
Questa costruzione giurisprudenziale dava cmq luogo alla conseguenza che i portatori di diritti veri
e propri nei rapporti con l'Amministrazione, si trovavano penalizzati per non poter utilizzare il
nuovo strumento del ricorso per annullamento davanti al Consiglio di Stato (e agli altri organi della
giustizia amministrativa).
Il cammino successivo ha condotto la giurisprudenza ad una costruzione quasi opposta a quella di
partenza, fondata sull'affermazione secondo la quale, a fronte dell'esercizio del potere
amministrativo, il diritto soggettivo si configura giuridicamente come interesse, viene cio
"degradato" ad interesse legittimo proprio in virt dell'imperativit dell'atto amministrativo; rispetto
al quale risulta competente il giudice amministrativo.
Essendo configurati i diritti, in questo tipo di rapporti, come interessi protetti, ad essi si apre
esclusivamente la via della tutela davanti al giudice amministrativo, attraverso il ricorso per
l'annullamento dell'atto lesivo. Invece alla tutela risarcitoria, il titolare del diritto, leso dall'atto
amministrativo (e "degradato" ad interesse) pu accedere solo una volta ottenuto dal giudice
amministrativo l'annullamento dell'atto lesivo (c.d. "riespansione" del diritto).
Una importante novit fu l'istituzione, nel 1923, della giurisdizione amministrativa "esclusiva", in
alcune materie, segnatamente in quella fondamentale del pubblico impiego, nelle quali il giudice
amministrativo conosce sia delle controversie concernenti diritti sia di quelle concernenti interessi.
Ma anche in queste materie per la tutela risarcitoria e per le questioni concernenti lo status e la
capacit dei soggetti, viene riservata la cognizione allautorit giudiziaria.
La stessa Costituzione ha previsto la distinzione della tutela dei diritti e di quella degli interessi,
affidate rispettivamente ai due diversi ordini di giurisdizioni, salve le materie di giurisdizione
esclusiva previste (artt.103, 113). Ma si afferma il fondamentale principio della pienezza della tutela
giurisdizionale sia dei diritti che degli interessi legittimi (art. 24).
Solo di recente per effetto della riforma attuata con legge n. 205/2000 il nostro sistema di giustizia
amministrativa ha subito una svolta radicale mediante l'estensione della giurisdizione del giudice
amministrativo alla cognizione delle azioni risarcitorie a tutela degli interessi legittimi (oltre che dei
diritti nelle materie di giurisdizione esclusiva), lesi da azioni e provvedimenti amministrativi
illegittimi (la risarcibilit in via di principio degli interessi legittimi era stata riconosciuta dalla
sentenza fondamentale della Corte di Cassazione S.u. n.500/1999).
Con questa importante riforma legislativa la tutela delle situazioni soggettive nei confronti delle p.a.
davanti al giudice amministrativo acquista definitivamente il carattere di una tutela giurisdizionale
piena secondo il principio, alla cui attuazione la riforma dichiaratamente intesa, dell'art.24 Cost.]
Verificare questo riassunto e confrontare con il paragrafo precedente
[Verso la giurisdizione amministrativa
Il movimento per la giustizia nellamministrazione pose laccento sulla necessit in uno stato democratico
di avere organi di giustizia amministrativa che conoscano degli affari di amministrazione nella loro pienezza.
Con le leggi del 1889 e 1890, il legislatore italiano, ripristin organi assimilabili a quelli dellantico
contenzioso. Il titolare di un diritto leso pu accedere alla tutela risarcitoria solo una volta, ottenuto dal
giudice amministrativo, lannullamento dellatto lesivo (riespansione). Venne anche istituita una
giurisdizione amministrativa esclusiva in alcune materie, nelle quali il giudice amministrativo conosce sia
delle controversie concernenti diritti sia quelle concernenti interessi. Con questa importante riforma
legislativa la tutela delle situazioni soggettive nei confronti delle P.A. davanti al giudice amministrativo
acquista definitivamente il carattere di una tutela giurisdizionale piena, secondo il principio dellart. 24 Cost.
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. La difesa diritto
inviolabile in ogni Stato e grado di procedimento.]

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Caratteri fondamentali del Sistema Amministrativo


I caratteri fondamentali del nostro sistema amministrativo, quali risultanti da questa vicenda
evolutiva, sono i seguenti:
- La funzione di amministrazione (come attivit intesa alla cura concreta di interessi collettivi)
distribuita tra i pubblici poteri secondo il principio del pluralismo autonomistico (che ha spezzato
lantico accentramento statale).
- lesercizio in concreto dellamministrazione affidato ad un corpo di funzionari professionali,
collegati al potere politico ma distinti da esso;
- lattivit giuridica dellamministrazione si estrinseca nelladozione di atti produttivi di effetti nei
confronti di terzi, atti sottoposti a regime giuridico differenziato rispetto a quello degli atti
giuridici di diritto privato (nonch degli atti giurisdizionali)
Le controversie che insorgono a fronte dellesercizio del potere (controversie di diritto pubblico)
sono attribuite ad una giurisdizione speciale (la giurisdizione amministrativa), che investe anche
larea dei contratti.
la presenza di questa giurisdizione, distinta dalla giurisprudenza ordinaria, come quella deputata
alla risoluzione di queste controversie (alla tutela degli interessi legittimi), formatasi a partire
dallantico contenzioso amministrativo, che caratterizza un ordinamento (quale il nostro) a
diritto amministrativo, dagli ordinamenti c.d. a diritto comune, nei quali la giurisdizione unica.

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L'AMMINISTRAZIONE
PUBBLICI POTERI

PUBBLICA

Capitolo 2
NELL'ASSETTO

COSTITUZIONALE

DEI

LAmministrazione pubblica nella Costituzione


Lam. Pub., come una delle funzioni di governo, intesa alla cura degli interessi della collettivit,
oggetto di norme costituzionali, intorno alle quali si formato un insieme di principi.
Tutti i principi che regolano lamministrazione pubblica trovano la loro base nella Costituzione.
Lart. 97 afferma il principio dellimparzialit dellamministrazione nonch quello del buon
andamento, principi che costituiscono la base delle regole generali circa lesercizio della funzione
amministrativa nelle sue varie manifestazioni.
La disciplina dellorganizzazione finalizzata al miglior esercizio dellazione (della funzione) e
detta disciplina deve determinare, a tal fine appunto, le sfere di competenza, le attribuzioni e le
responsabilit proprie dei funzionari.
Funzionari (pubblici agenti) che possono essere soggetti legati allamministrazione da un rapporto
di lavoro subordinato e professionale, cui si accede di regola per concorso.
Questi soggetti (i pubblici impiegati) come lavoratori, sono al servizio esclusivo della Nazione,
principio che conferisce loro un particolare status del tutto diverso rispetto a quello dei lavoratori
privati, i quali sono al servizio dellimpresa, del datore di lavoro, non del pubblico (se non sulla
base del loro contratto di lavoro). I pubblici impiegati hanno un dovere in pi come ufficiali della
Nazione, verso i cittadini i cui interessi sono chiamati a curare (e a servire). Da qui la particolare
etica (c.d. etica pubblica) che contraddistingue la loro posizione.
Lam. Pub., nello Stato democratico, funzione di governo affidata ad organi politici (i cui titolari
cio, sono designati, direttamente o indirettamente, dalla collettivit attraverso procedimenti
elettorali, o attraverso le altre forme della rappresentanza politica) ovvero ad organi da questi
comunque dipendenti, ed una delle pi rilevanti manifestazioni del principio autonomistico
(autonomia locale e sussidiariet) fondamentale nellassetto del nostro sistema di governo.
La Repubblica Italiana si articola in una serie di enti di governo che vengono identificati nei
comuni, nelle province, nelle citt metropolitane, nelle regioni e nello Stato in cui questultimo ha
una posizione preminente rispetto agli enti di governo.
Questi ultimi tuttavia (gli enti del governo territoriale) hanno in Costituzione una posizione
istituzionale rapportabile a quella dello Stato, come enti esponenziali di comunit politiche,
territorialmente identificate, nelle quali la comunit nazionale si articola, capaci di darsi un proprio
indirizzo politico, titolari con diversa gradazione di potest normative, operanti in un ambito
funzionale in larga misura stabilito dalla stessa Costituzione, e perci non disponibile dalle leggi.
Enti politici, tutti, pubblici poteri, tra i quali la Costituzione distribuisce le funzioni di governo della
comunit nazionale.
Questa impostazione del testo costituzionale trova il suo fondamento nei principi dellautonomia
locale e del decentramento amministrativo.
La funzione di amministrazione dislocata in capo a tutti gli enti di governo nei quali la Repubblica
si articola. La Costituzione pone il principio del decentramento che comporta la dislocazione,
preferibilmente a livello locale, delle funzioni di amministrazione.
Funzioni amministrative e livelli di governo territoriale
Funzioni proprie e funzioni fondamentali
L'art. 118, detta le regole per l'attribuzione delle "funzioni amministrative" alle diverse
organizzazioni politiche operanti ai diversi livelli territoriali di governo.

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Per funzioni amministrative ai sensi della norma, si devono intendere le attivit di amministrazione
come quelle intese alla cura concreta degli interessi della collettivit. Esse consistono, sia di attivit
giuridiche (contratti, negozi unilaterali, atti e provvedimenti amministrativi, ecc.) sia di attivit
materiali (operazioni e prestazioni). Le attivit giuridiche si svolgono secondo moduli di diritto
pubblico o di diritto privato.
Tra le funzioni amministrative sono comprese le attivit di erogazione dei servizi pubblici nonch le
altre attivit di diritto comune proprie dell' amministrazione.
L'art. 118 enuncia espressamente tre principi in base ai quali le funzioni amministrative devono
essere attribuite ai diversi enti di governo.
Si tratta dei principi di sussidiariet, differenziazione e adeguatezza. Nella norma altres,
implicitamente, enunciato il principio della titolarit necessaria delle funzioni proprie, da parte di
ciascun ente del governo territoriale. Ci significa che la legislazione, statale e regionale, laddove
attribuisce funzioni amministrative a detti enti, oltre al rispetto dei principi sopra indicati, tenuta
anche a determinare lambito funzionale, tenendo conto di quelle funzioni che loro debbono
necessariamente essere confermate (che non possono essere intaccate) in quanto costituiscono il
nucleo identificativo degli enti stesi, come ente di governo della propria collettivit. Quindi si deve
tenere conto di funzioni che debbono essere confermate in capo a determinati enti.
Del tutto diversa la nozione di funzioni fondamentali, di cui all' art. 117, 2 co., letto p), come
quelle che devono essere determinate dalla legge dello Stato. Cio funzioni che la legge dello Stato
determina come di attribuzione necessaria di ciascuna categoria di enti locali.
Le funzioni fondamentale delle Province, sono: quelle di pianificazione territoriale provinciale di
coordinamento, di tutela e valorizzazione dellambiente; di pianificazione dei servizi di trasporto, di
autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato; di gestione delle strade provinciali e di
regolazione della circolazione stradale; di programmazione provinciale della rete scolastica e
gestione delledilizia scolastica.
Le funzioni fondamentale delle Citt metropolitane, sono: la pianificazione territoriale generale, la
strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, la mobilit e viabilit, la
promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale.
Le funzioni fondamentale dei Comuni, sono: lorganizzazione generale dellamministrazione, la sua
gestione finanziaria, contabile e di controllo; lorganizzazione dei servizi pubblici di interesse
generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale; il catasto; la
pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale; le attivit, in ambito comunale, di
pianificazione ei protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi; lorganizzazione e
gestione dei rifiuti; la progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali; la polizia
municipale e polizia amministrativa locale; ecc.
Occorre chiarire che, in base alla norma costituzionale rimesso alla legislazione dello Stato di
stabilire che una funzione fondamentale con riferimento a un determinato livello di governo
territoriale (es. il Comune o Provincia); ma la disciplina sostanziale della relativa attivit
amministrativa pu essere dettata dalla legge regionale, ove ne abbia competenza.
Ad es., la legge dello Stato stabilisce che la pianificazione urbanistica spetta ai Comuni, ma la legge
regionale pu e deve individuare i contenuti che il piano urbanistico deve avere in concreto; e
ancora, la legge dello Stato prevede che i Comuni debbano assicurare il servizio di trasporto
urbanistico, ma spetta alla legge regionale individuare le regole per lerogazione del servizio.

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Sussidiariet, differenziazione ed adeguatezza


Ulteriori funzioni vengono poi attribuite agli enti locali dalle leggi di settore, statali o regionali,
secondo la competenza per materia sulla base dei principi della sussidiariet, della differenziazione
e dell'adeguatezza.
L'amministrazione separata dalla legislazione. E mentre quest'ultima attribuita rispettivamente
allo Stato o alle regioni secondo la distinzione delle materie, l'amministrazione attribuita in ogni
materia, in via di principio, alla competenza degli enti locali e segnatamente dei Comuni, salvo che
la legge non ne conferisca la titolarit ad altro e superiore livello di governo quando ci sia reso
necessario da esigenze di esercizio unitario della funzione.
Il legislatore, statale o regionale, attribuisce la titolarit di una determinata funzione amministrativa
secondo la dimensione, locale, regionale o nazionale, dellinteresse rispettivamente curato
(lindividuazione del livello di governo che meglio consente di svolgere la funzione). Quindi
bisogna quindi individuare il livello di governo che meglio consente di svolgere la funzione
privilegiando il riferimento locale.
Quindi, mentre il riparto della legislazione fondato sulla distinzione delle materie, il riparto
dell'amministrazione fondato sulla dimensione degli interessi nell' ambito delle diverse materie.
Il principio sussidiariet sta a significare che la dislocazione delle funzioni amministrative tra i
diversi livelli di governo deve essere disposta imputando le funzioni stesse al livello di governo pi
prossimo ai portatori degli interessi amministrati; al bacino di utenza, si potrebbe dire con
riferimento specificamente ai cittadini.
In questo senso il principio di sussidiariet si identifica con il principio della dimensione degli
interessi: la dislocazione delle funzioni amministrative va fatta a livello locale. Solo laddove la
dimensione degli interessi curati assume necessariamente un ambito territoriale pi ampio, solo in
questo caso la dislocazione delle relative funzioni amministrative pu avvenire in capo ad un ente di
dimensioni pi ampie, in capo alla Regione ad esempio, o ad Amministrazioni dello Stato.
Il principio di sussidiariet inoltre impone ad ogni livello di governo di dimensione superiore di
intervenire con la propria azione e con il proprio sostegno, nell'ambito di funzioni e compiti di
competenza del livello inferiore laddove questo non dispone di forza e capacit, anche finanziaria,
sufficiente (valevole anche nei rapporti tra Stati e UE).
In questi termini, il principio inteso nellambito dellordinamento europeo, come quello che regge
i rapporti tra UE e Stati membri, nellesercizio di tutte le funzioni pubbliche (nei settori che non
sono di sua competenza esclusiva, lUE interviene soltanto se nella misura in cui gli obiettivi
dellazione prevista non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri).
Il principio di differenziazione impone al legislatore di tenere conto nellimputazione delle funzioni
amministrative ai diversi enti anche la medesima categoria, della rispettiva capacit di governo, che
dipende dalle dimensioni organizzative, dallentit dei mezzi finanziari e del personale, dal numero
degli abitanti e cos via.
(Principio di differenziazione lallocazione delle funzioni deve necessariamente prendere in considerazione
le diverse caratteristiche associative e demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi.)

Il principio di adeguatezza, impone al legislatore di attribuire le funzioni ai diversi enti del governo
territoriale tenendo conto del fatto che essi posseggano una dimensione e perci una capacit di
governo adeguata (e perci differenziandone l'attribuzione) alle funzioni e ai compiti amministrativi
che ad essi vengono attribuiti. Ma questo indirizzo, oltre che al legislatore si rivolge agli stessi enti
locali perch nellambito della loro autonomia organizzativa provvedano a darsi dimensioni
adeguate.
(Principio di adeguatezza lAmministrazione ricevente le funzioni amministrative, deve possedere una
struttura organizzativa idonea a garantire, anche in forma associata, lesercizio delle funzioni.)

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Principio di leale collaborazione, organi di raccordo e poteri sostitutivi


Il principio di leale collaborazione
I rapporti tra pubblici poteri, lo Stato e gli enti del governo territoriale, nel loro complesso, sono
retti dal principio di leale collaborazione. Il principio si manifesta, innanzitutto, in obblighi di
collaborazione reciproca nell'esercizio delle funzioni amministrative di competenza dei diversi enti
di governo (scambio di informazioni, prestazioni da parte di uffici e di singoli funzionari di un ente
in favore di un altro ove il primo sia dotato di particolari capacit ed esperienze necessarie
allattivit dellaltro, ecc.).
Si tratta di un dovere di lealt nei reciproci rapporti tra enti di governo, indispensabile per il
funzionamento di un sistema organizzativo e garanzia del buon andamento dellamministrazione,
fondato sul pluralismo. E secondo la Corte, questo dovere di lealt al quale devono essere
improntati i rapporti tra Stato e regioni, trova la sua naturale sfera di incidenza proprio l dove
l'assetto delle competenze dei due enti comporti un reciproco condizionamento delle funzioni, nel
senso che il potere spettante all'un soggetto non possa essere esercitato quando l'altro non adempia
ai propri compiti.
Questo principio si estrinseca nella necessaria istituzione, tanto a livello statale quanto a livello
regionale, di organi di coordinamento e di raccordo tra i diversi livelli di governo, deputati
allesercizio di attivit di interesse comune o al raggiungimento di intese o accordi tra i diversi enti
nellambito dellesercizio di attivit di interesse comune.
Organi di coordinamento e di raccordo
A livello statale gli organi di coordinamento e di raccordo tra livelli di governo sono istituiti nel
sistema delle conferenze permanenti: la Conferenza Stato-Regioni; la Conferenza Stato-citt ed
autonomie locali e la Conferenza unificata.
La Conferenza Stato-Regioni presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un ministro
delegato, e composta da membri del governo e dai presidenti delle regioni e province autonome.
Essa intesa a garantire la partecipazione delle regioni e delle province autonome a tutti i processi
decisionali di interesse regionale, interregionale, ed infraregionale. Essa promuove e sancisce
intese tra Stato e regioni nei vari casi previsti dalla legge, nonch accordi, allo specifico fine di
coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attivit di interesse comune.
Promuove inoltre il coordinamento della programmazione tra i diversi livelli di governo, determina
i criteri di ripartizione delle risorse tra regioni anche ai fini di perequazione, assicura lo scambio di
dati ed informazione, tra di essi, nomina i responsabili di enti ed organismi che svolgono attivit
connesse allesercizio di funzioni concorrenti tra i diversi livelli di governo. Essa in ogni caso,
sentita dal governo su tutte le iniziative, anche di carattere legislativo, connesse alle attivit e alle
competenze regionali.
La Conferenza Stato-citt ed autonomie locali, a sua volta, composta da membri del Governo e da
rappresentanti delle associazioni rappresentative degli enti locali, ANCI, UPI ed UNCEM. La
Conferenza unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle
province, dei comuni, con la Conferenza Stato-regioni; in ogni caso in cui regioni, provincie,
comuni e comunit montane, e quindi le rispettive conferenze debbano esprimersi su un medesimo
oggetto.
Le Conferenze si esprimono per corpi. In ogni caso necessario lassenso del governo, e lassenso
rispettivamente delle Regioni e degli enti locali assunto mediante il consenso distinto dei
rappresentanti delle regioni da una parte, dei rappresentanti degli enti locali dallaltra.
Nellambito di ciascuno di questi due corpi lassenso espresso per regola allunanimit, ma ove
questa non sia raggiunta pu essere espresso a maggioranza.

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Le Conferenze operano come organi di cooperazione e di mediazione sul piano politico e tendono
perci sempre al compimento dei diversi interessi e delle diverse posizioni e al raggiungimento di
accordi su tutte le materie al loro esame. La votazione perci unevenienze del tutto eccezionale.
Nell'ambito di ciascuna regione costituito il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di
consultazione fra la regione e gli enti locali.
L'istituzione del Consiglio e la relativa disciplina demandata agli statuti regionali. Il Consiglio
composto dai rappresentanti degli enti locali presenti nell'ambito del territorio regionale, province,
comuni e comunit montane (o altri enti associativi) ed chiamato ad esprimersi su ogni iniziativa
regionale, anche di carattere legislativo che possa incidere sulle competenze e sull'azione, anche in
termini finanziari, degli enti locali. Si tratta cmq di un organo meramente consultivo e come tale
non vincolante sui processi decisionali.
Esso chiamato ad esprimersi su ogni iniziativa regionale ma principalmente sulle attivit di
programmazione regionale che possano incidere sullazione amministrativa degli enti locali. Si
esprime mediante atti che possono avere anche un importante peso sul piano politico, ma che nei
processi decisionali della regione, non hanno efficacia vincolante.
Poteri sostitutivi del Governo
Nell'esercizio delle funzioni amministrative da parte degli enti del governo territoriale, ivi comprese
le regioni, previsto dall'art. 120 Cost. un potere sostitutivo a carattere generale in capo al Governo,
che pu essere a fronte di inadempimenti, mancato rispetto di norme e trattati, pericolo grave per
l'incolumit e la sicurezza pubblica, quando lo richiedono la tutela dell'unit, la tutela dei livelli
essenziali, per esigenze pubbliche di particolare gravit concernenti l'incolumit e la sicurezza, a
fronte di esigenze di tutela dell'unit giuridica ed economica del Paese, nonch i livelli essenziali
delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali.
Il procedimento costruito sul modello della diffida ad adempiere.
Laddove si verifichi cio uno dei casi di inadempimento previsto dalla norma costituzionale, all'ente
inadempiente viene assegnato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o
necessari. Scaduto il quale, il Governo con la partecipazione del Presidente della Regione
interessata, adotta i procedimenti che l'ente avrebbe dovuto adottare e che non ha adottato.
In luogo dell'adozione diretta dei provvedimenti da parte del Governo, pu essere seguito il
tradizionale modello della nomina di un commissario ad acta, cio di un organo straordinario
dell'ente inadempiente che agisca in luogo di questo.
Il potere sostitutivo del Governo pu avere luogo tanto a fronte di comportamenti omissivi delle
regioni e degli enti locali rispetto ai fini della norma quanto di comportamenti commissivi.
Infatti il mancato rispetto di norme internazionali o europee pu avvenire sicuramente a seguito
dellinattuazione di adempimenti previsti da dette norme ovvero di erronea o carente attuazione, e
pu avvenire senzaltro anche a fronte delladozione di norme o provvedimenti che con quelle siano
in contrasto. E cos anche una situazione di pericolo grave per lincolumit e la sicurezza pubblica
nonch una situazione tale da minare la tutela dellunit giuridica o dellunit economica del paese,
ovvero la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali, pu essere
prodotta tanto da mancata adozione di atti o provvedimenti necessari a questi fini quanto da
adozione di atti o provvedimenti che con questi fini siano in contrasto e che ne mettano in pericolo
o in difficolt il rispetto.
In questo secondo ordine di casi, il meccanismo previsto dalla norma, dovrebbe funzionare nel
senso che il congruo termine assegnato allente per provvedere, abbia ad oggetto ladozione di
provvedimenti, della cui tipologia si dir, quali lannullamento, revoca, riforma di atti e
provvedimenti precedentemente adottati in contrasto con le finalit della norma. E in tal caso il

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procedimento seguirebbe lo schema previsto, nel senso che una volta scaduto il termine inutilmente,
il governo, ovvero il commissario ad acta, provvedono ad adottare gli atti di autotela richiesti
allente e per ci a eliminare i provvedimenti adottati e a ripristinare la situazione qua ante messa in
pericolo da essi.
Lart. 8, qualifica i provvedimenti necessari per lesercizio del potere sostitutivo, anche normativi. Il
governo pu adottare nellesercizio del potere sostitutivo atti regolamentati, laddove questi possano
essere necessari ai fini del potere sostitutivo. Ad es. un regolamento comunale del commercio, un
regolamento edilizio, in ipotesi contrastanti con norme della concorrenza (materie di esclusiva
competenza dello Stato), possono essere riformati o annullati da atti del governo, assunti
nellesercizio del potere sostitutivo, che hanno natura regolamentare.
In casi di particolare urgenza, tali da porre in pericolo l'unit giuridica ed economica del Paese e i
livelli essenziali delle prestazioni, da ritenere che il Governo, pur non potendo utilizzare lo
strumento legislativo, possa utilizzare poteri atipici quali lordinanza.
Inoltre al di l del potere di cui allart.120, normative di settore possono prevedere singoli interventi
sostitutivi nei confronti di tutti gli enti del governo territoriale, laddove ci sia reso necessario per
far fronte ad esigenze proprie dell'amministrazione di settore. Si deve tener presente che questi
interventi sostitutivi costituiscono comunque, sottolinea la Corte, una vistosa eccezione rispetto al
normale svolgimento delle funzioni da parte dei singoli enti. E occorre perci che l'esercizio di essi
sia sottoposto a condizioni e limiti, che gi la Corte aveva fissato a proposito dei poteri sostitutivi
dello Stato nei confronti delle regioni (che adesso si estendono agli enti locali).
E cos, occorre l'esplicita previsione legislativa del singolo potere sostitutivo; il potere sostitutivo
pu essere previsto esclusivamente per il compimento di attivit prive di discrezionalit nell'an; il
potere sostitutivo deve essere esercitato dall'organo di governo della regione, e non da un ufficio di
carattere burocratico. E infine occorrono congrue garanzie procedimentali per l'esercizio del potere
sostitutivo, in conformit al principio di leale collaborazione.
I poteri sostitutivi del governo devono essere esercitati nel rispetto del principio di sussidiariet e
del principio di leale collaborazione. E la legge dello Stato, deve definire le procedure atte a
garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto di tali principi.
Ci comporta che il potere sostitutivo non possa essere esercitato unilateralmente dal Governo, ma
debba essere sempre il frutto di una qualche forma di concertazione con gli enti interessati.
Connesso all'esigenza del rispetto del principio di leale collaborazione, la previsione della norma
attuativa, che i provvedimenti sostitutivi debbano essere proporzionati alle finalit perseguite. Il
principio di proporzionalit opera con riferimento a tutta l'attivit amministrativa; e a maggior
ragione esso da ritenere operante a proposito di atti di governo che vanno ad incidere sulla sfera
giuridica di enti la cui autonomia costituzionalmente garantita.
La previsione di poteri sostitutivi da parte del Governo nei confronti degli enti territoriali
ricondotta dalle norme costituzionali al principio di sussidiariet. Il potere sostitutivo pu essere
dunque concepito come il potere di intervenire nella sfera amministrativa riservata ad un ente
diverso da parte dell' ente superiore, nella carenza dell'attivit del primo.
Soggetti privati nelle attivit di amministrazione: il principio di sussidiariet orizzontale
Attivit di interesse generale e soggetti privati
Il principio di sussidiariet opera anche a livello orizzontale, cio nei rapporti tra pubblico e privato.
In base all'art. 118 ult. co il privato (con la sua autonoma iniziativa che il pubblico deve favorire)
pu sussidiare i pubblici poteri nell'esercizio di attivit di interesse generale. Ma il pubblico che
deve sempre intervenire e coprire con la sua azione ogni esigenza di carattere generale laddove

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l'iniziativa autonoma dei privati non si concretizzi. Viceversa se l'iniziativa autonoma dei privati si
concretizza e se risponde a criteri di efficienza e di efficacia non pu essere soppressa o sostituita da
una iniziativa pubblica con il medesimo oggetto; ma deve essere favorita nel suo estrinsecarsi, e
assistita, laddove possibile, anche con interventi finanziari. E delle presenza di questa attivit di
interesse generale svolte dai privati, i pubblici poteri, secondo le rispettive competenze, devono
tenere conto nellorganizzazione e nel dimensionamento stesso della propria attivit nei settori
coincidenti.
La norma stabilisce il principio che le attivit di interesse generale non sono monopolio dei pubblici
poteri ma possono essere svolte anche da privati.
Le attivit di interesse generale sono diverse rispetto alle funzioni amministrative. Sicuramente le
funzioni amministrative sono attivit di interesse generale. Ma le attivit di cui all'ultimo comma
della norma non comprendono funzioni amministrative in senso tecnico, esercizio di poteri
amministrativi. Queste infatti sono riservate alla p.a. salvi i casi di munera espressamente previsti
dalle leggi in capo a privati.
Le attivit di interesse generale, ai sensi della norma, consistono fondamentalmente di operazioni e
prestazioni materiali caratterizzate in principio dalla non essenzialit del fine di lucro. Esse si
esplicano in alcuni tipici settori, da quello dell'assistenza e cura dei disabili, degli anziani e degli
infermi, a quello della manutenzione e cura di beni culturali, di beni pubblici in genere,
dell'ambiente.
Il principio della sussidiariet orizzontale impedisce al legislatore, di pubblicizzare settori nei quali
l'iniziativa autonoma dei soggetti privati sia presente nella gestione di attivit di interesse generale.
Si pensi, ad esempio, all'iniziativa privata in materia di assistenza o in materia di attivit culturali o
di protezione dell' ambiente, ad esempio attraverso associazioni o fondazioni senza scopo di lucro:
presenza questa che in nessun caso pu essere rimossa o sostituita dall'intervento pubblico, in virt
della nuova norma costituzionale. Questa limitazione all'intervento pubblico condizionata dal fatto
che l'iniziativa privata nei settori stessi si svolga secondo criteri di efficienza ed efficacia, ci che
deve essere oggetto di valutazione da parte dei pubblici poteri.
In definitiva, laddove siano operanti in modo adeguato soggetti privati in settori di pubblica utilit,
non possibile per la pubblica Amministrazione operante in cadesti settori intervenire
successivamente ed in via di sostituzione, riducendo lo spazio operativo dei primi, o addirittura
estromettendoli e dall'operativit del principio deriva la sussistenza di uno specifico obbligo di
motivazione a carico delle p.a. nel caso di assunzione diretta di attivit d'interesse generale, qualora
questa sia gi esercitata da un soggetto privato, oppure dichiari di volerla svolgere.
Autonoma iniziativa dei cittadini
L'oggetto del favorire quello dell'autonoma iniziativa dei cittadini nell'esercizio di attivit di
interesse generale, attivit che possono avere ad oggetto attivit diverse ed ulteriori rispetto a quelle
che sono esercitate dalle pubbliche Amministrazioni, nell' ambito delle loro attribuzioni di legge.
Lo Stato e ogni altra Autorit pubblica proteggono e realizzano lo sviluppo della societ civile
partendo dal basso, dal rispetto e dalla valorizzazione delle energie individuali, dal modo in cui
coloro che ne fanno parte liberatamente interpretano i bisogni collettivi emergenti dal sociale.
Affinch unattivit possa essere qualificata dinteresse generale, necessario che risponda ad un
interesse generale come emergente dalla realt economico-sociale, anche al di fuori di ogni
previsione normativa.
Le attivit in questione si svolgono essenzialmente mediante operazioni e prestazioni; esse sono
assimilabili allamministrazione di prestazione: assistenza sociale, tutela ambientale, ecc.. Sul

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piano giuridico, gli operatori possono utilizzare moduli negoziali: contratti, negozi unilaterali,
transazioni, ed altre operazioni di carattere privatistico; e non strumenti di diritto pubblico.
Oltre al soddisfacimento dellinteresse pubblico, necessario poi che i cittadini operino rispettando
alcuni criteri di carattere generale, perch la loro azione possa distinguersi da altre attivit private,
che pur possono presentare aspetti di interesse generale, ma che tali restano, senza incidere nell'
ambito operativo della norma in esame (si pensi ad esempio, alla tradizionale beneficenza privata).
Possono essere individuati alcuni criteri quali l'accessibilit e l'universalit delle prestazioni: il
soggetto privato deve infatti garantire il rispetto del principio di eguaglianza fra i cittadini e dunque
non effettuare discriminazioni tra i possibili fruitori.
ancora necessario che la gestione del servizio sia improntata ai caratteri della trasparenza in
materia di bilanci, organizzazione del personale, etc.
In terzo luogo, necessario che il prezzo finale del prodotto fornito alla collettivit sia non
superiore a quello che soggetti pubblici avrebbero imposto in caso di gestione diretta.
La responsabilit a carico dei soggetti privati operanti da ritenere che resti quello civilistico. E
perci gli operatori privati, rispondono secondo i principi di diritto comune verso i terzi per
eventuali omissioni, errori o mancanze nellesercizio dellattivit dinteresse generale.
Non possibile fare un elenco delle forme di associazioni a cui si riferisce lart. 118. La
disposizione rivolta principalmente alle organizzazioni di volontariato, alle Onlus, etc., prive di
scopo di lucro. Ma non da escludere che nella norma possano farsi rientrare, in certi limiti, anche
le attivit di impresa.
Il principio di sussidiariet implica tuttavia per sempre la possibilit di sostituirsi al privato qualora
esso risulti non esercitare adeguatamente lattivit dinteresse generale; a questultimo ci saranno i
meccanismi di controllo e vigilanza che dovranno operare al fine di valutare se lautonomia
iniziativa dei cittadini sia in grado di soddisfare le particolari esigenze della collettivit emergenti
dal contesto storico-sociale.
Attraverso il principio di sussidiariet orizzontale, lindividuo soddisfatto perch partecipa
personalmente in tutte quelle manifestazioni della sovranit che direttamente o indirettamente
possano interessarlo e coinvolgerlo: dunque non soltanto le forme della rappresentanza politica
(assemblee, partiti, ecc.) ma anche mediante istituzioni spontanee di cittadini che intendono
provvedere alla risoluzione dei problemi di interesse generale della collettivit.
Il cittadino non pi quindi, suddito, cliente, o utente passivo di servizi resi
dallamministrazione, ma egli diventa soggetto capace di concorrere in prima persona, senza
intermediazioni politiche, alla tutela degli interessi collettivi.
Quindi i soggetti pubblici e privati non si pongono in antitesi ma si pongono in una posizione di
collaborazione reciproca nella realizzazione dellinteresse generale.
Politica e amministrazione
L'esercizio dell'amministrazione sempre connesso all'attivit politica, o perch sono direttamente
gli organi politici ad esercitare poteri amministrativi, o perch gli organi e gli uffici amministrativi
che esercitano attivit di amministrazione, sono dipendenti dei primi o sottoposti a poteri di
direzione, controllo, etc.
Si pone dunque, nell'ambito di tutte le organizzazioni pubbliche, di ogni manifestazione della
pubblica Amministrazione, il problema di definire il rapporto tra amministrazione e politica.
Politica l'attivit degli organi di governo di una determinata comunit, mediante la quale vengono

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definiti gli interessi della comunit stessa come oggetto dell'azione di governo, i fini da perseguire
nell'ambito di detta azione, i mezzi e le risorse da destinare ai diversi oggetti di azione, etc. Questa
attivit si svolge secondo programmi sottoposti al vaglio dell'elettorato e da questo approvati con il
voto sui candidati eletti alla titolarit degli organi di governo.
L'attivit politica si esprime fondamentalmente mediante leggi ed altri atti normativi, nonch
mediante atti di programmazione ed indirizzo come tali non produttivi di effetti singolari nei
confronti dei terzi; sono attivit libere (salvo il vincolo costituzionale e vincolo europeo).
Le attivit di amministrazione viceversa attivit di cura concreta di interessi che si esprime in atti,
generali o puntuali sempre aventi ad oggetto una situazione concreta, che si vuole regolare,
trasformare, consolidare; sono vincolate nella soggezione alla legge, ma anche nei fini che devono
essere perseguiti nellazione concreta, posti a loro volta dalle leggi o dagli atti generali di indirizzo;
e sono tenuti a svolgerli secondo il principio di imparzialit che vieta il favorire gli interessi di
parte.
Ci significa che essa deve svolgersi in base a criteri di ragionevolezza, non arbitrariamente, senza
commettere parzialit a favore di qualcuno e a danno di altri. Per definizione, essa non attivit
libera, ma sempre in qualche modo vincolata nei fini da perseguire, nei mezzi da utilizzare, nelle
risorse da impiegare e come tale dipendente dal potere politico.
E ancora gli atti, nei quali le scelte si esprimono, gli atti di amministrazione , sono sempre
sindacabili, controllabili dallesterno.
Si devono individuare modi di distinzione tra le due sfere di azione; questi modi si ascrivono a tre
differenti tipologie.
1) Il primo modo quello della distinzione funzionale che regge l'attivit degli organi politici (a
titolarit politica, es. Ministro, Sindaco, ecc.) laddove questi organi operano nell' esercizio di
attivit amministrativa (sono titolari di poteri amministrativi e li esercitano in concreto). In tale
veste essi sono astretti alle regole della funzione amministrativa e non possono operare con la
libert propria del potere politico.
Cos ad es., il Ministro che presenta un disegno di legge al Consiglio dei ministri e
successivamente in Parlamento, che espone davanti al Parlamento il programma di governo
relativo al suo settore di competenza o che provvede alla delega verso i sottosegretari di Stato,
agisce esclusivamente nella sua veste di organo politico (qui la sua attivit libera ed
insindacabile se non sul piano politico); ma laddove esercita, nellambito della sua competenza,
un determinato potere amministrativo (approva un progetto, trasferisce un dirigente, autorizza
lesecuzione di unopera) egli opera attraverso atti soggetti a tutte le regole della funzione
amministrativa. Nel primo caso egli parte nella dialettica politica, nel secondo caso egli per
definizione imparziale (a pena dellinvalidit dellattivit posta in essere).
2)

Il secondo modo quello della separazione organica tra uffici, distinguendo, nellambito di
ciascuna organizzazione, gli uffici di direzione politica dagli uffici burocraticoprofessionali e
distribuendo tra di essi le funzioni amministrative in due fasce: la fascia dellalta
amministrazione (programmazione, indirizzo e controllo) e la fascia della gestione
amministrativa (amministrazione puntuale: singole operazioni, singoli atti).
Nel primo modo il collegamento dato dallimputazione delle funzioni al medesimo organo, nel
secondo, dallimputazione agli organi politici di poteri di direzione (politica)
dellamministrazione, che si esprimono nelle direttive, nelle nomine agli incarichi dirigenziali e
in altri poteri di gestione dei rapporti di ufficio dei funzionari, ecc.. ci che in ogni caso assicura
agli organi politici una rilevante influenza sullamministrazione.

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3) Il terzo modo quello dellindipendenza (da ogni ingerenza del potere politico) che viene
garantita da alcune organizzazioni, chiamate ad operare nella soggezione esclusiva della legge
(in una posizione similare a quella della giurisdizione).
il caso delle c.d. Amministrazioni (o Autorit amministrative) indipendenti operanti in
determinati settori nei quali sono chiamate a vigilare sul rispetto da parte di determinati attori
sociali (le banche, gli operatori del mercato finanziario, le societ quotate in borsa) di regole di
trasparenza e corretta gestione , ovvero a garantire attraverso luso di poteri regolativi e
repressivi che determinati diritti della persona (come il diritto alla privacy) vengano rispettati nel
contesto della vita sociale, ovvero che nella vita economica, nel funzionamento del sistema del
mercato vengano seguite corrette relazioni di concorrenza tra le imprese a tutela dei consumatori
e degli utenti.
In questi settori, lamministrazione si svolge al di fuori dellinfluenza del potere politico (del
Governo, dei Ministri competenti per settore) che non ha la capacit di influenzarne lazione
mediante la determinazione di programmi, indirizzi e lesercizio di controlli.
Il principio della distinzione funzionale aveva un particolare rilievo nell'ordinamento da noi vigente
anteriormente alle riforme del 1993/1998, che hanno introdotto il principio della separazione tra
politica e amministrazione. Nel precedente ordinamento gli organi politici avevano la titolarit della
gran parte dei poteri amministrativi, anche di carattere puntuale.
Successivamente al principio della distinzione funzionale tra politica e amministrazione si
sostituisce il principio della separazione delle competenze tra organi politici e organi burocraticoprofessionali. Il principio della distinzione funzionale tuttora operante ovviamente, laddove gli
organi politici detengono una parte della titolarit delle funzioni amministrative. Il principio della
separazione opera sottraendo agli organi politici una parte significativa del loro operare come organi
amministrativi.
In base al D.pubbl.imp., l'attivit amministrativa stata scissa in due fasce: una fascia che resta
nella titolarit degli organi politici che si esprime in atti normativi, in atti di carattere generale, di
programmazione e di indirizzo, mentre nellaltra fascia bassa, viceversa, sono commassate tutte le
attivit amministrative di carattere provvedimentale o contrattuale, di erogazione della spesa, etc.,
che abbiano carattere puntuale in quanto produttive di effetti diretti nei confronti dell'esterno.
Tra queste due sfere di azione, si rilevano due punti di connessione regolati dall'ordinamento
positivo. Innanzitutto si tratta dei poteri di programmazione, indirizzo, controllo attribuiti dalla
legge all'autorit politica nei confronti dei dirigenti (degli uffici burocratico-professionali).
L'attivit amministrativa posta in essere da questi ultimi soggetta ovviamente alla legge ma deve
anche tenere conto di quegli indirizzi, di quelle regole concrete di azione, di quegli obiettivi da
raggiungere stabiliti dall'autorit politica. E a questo collegata una complessa attivit di verifica
circa l'attivit compiuta dai dirigenti, circa i risultati raggiunti o non raggiunti.
Il secondo punto di connessione dato dalla disciplina delle nomine dei titolari degli uffici
burocratico-professionali di spettanza dell'autorit politica. Tuttavia contestualmente alla
introduzione del principio di separazione tra politica e amministrazione le recenti riforme (D. pubbl.
imp.) hanno profondamente modificato il sistema delle nomine alla titolarit degli uffici
burocratico-professionali introducendo due diversi istituti. Il primo istituto quello del rapporto di
ufficio a termine. La titolarit di ogni ufficio dirigenziale stabilita a termine in base ad un atto
convenzionale individuale nell' ambito di un minimo ed un massimo stabilito dalla legge. Il secondo
istituto quello che nell'uso gergale va sotto il nome di spoil system. Esso consiste nel fatto che la
titolarit degli uffici di vertice di una singola Amministrazione che presentano una pi spiccata
connessione rispetto agli organi politici (segretari generali, capi dipartimento, segretari comunali)
segue la sorte dei rispettivi organi di governo. Cio il titolare dell'ufficio viene nominato dall'organo
politico al momento della sua instaurazione e decade dall'ufficio alla cessazione della carica dello
stesso.

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In conclusione, l'amministrazione che per definizione e per principio costituzionale imparziale,


resta come si vede, fortemente legata alla politica che per definizione parziale.

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Capitolo 3
LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI COME ORGANIZZAZIONI
Organizzazioni pubbliche e persone giuridiche
Concetto di organizzazione
I soggetti di pubblica amministrazione sono anzitutto i pubblici poteri, lo Stato e gli enti del
governo territoriale ma anche altre organizzazioni pubbliche esercitano compiti di pubblica
amministrazione e soggetti privati, laddove previsto.
Le organizzazioni pubbliche deputate allesercizio dellamministrazione sono accomunate nella
nozione di pubbliche Amministrazioni (in senso soggettivo). Ciascuna di esse una pubblica
Amministrazione e tutte esse, appunto sono pubbliche Amministrazioni, mentre, pubblica
amministrazione in senso oggettivo (lamministratore) indica linsieme delle attivit di pubblica
amministrazione: le funzioni amministrative di cui allart. 118.
Secondo il D. pubbl. imp. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni
dello Stato ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le
aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni,
le comunit montane, e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti
autonomi case popolari, le camere di commercio industria, artigianato e agricoltura e loro
associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle
pubbliche amministrazioni (ARAN) e le agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300.
Le pubbliche Amministrazioni sono organizzazioni; ed alcune di esse sono persone giuridiche.
Le organizzazioni di governo della comunit (e quindi lo Stato stesso, le regioni e cos via)
rappresentano organizzazioni formali costituite deliberatamente per uno scopo preciso, e
disciplinate dalla legge. Le organizzazioni intese in tal senso possono essere definite come sistemi
coordinati di uomini e di mezzi appositamente predisposti dall'ordinamento per il perseguimento di
determinati fini e per lo svolgimento di determinati compiti: organizzazioni compatte oppure
disaggregate.
Tra queste organizzazioni si evidenziano le organizzazioni pubbliche che sono necessarie per la cura
degli interessi generali della comunit, e sono poste direttamente dalla legge e non costituite dunque
su iniziativa di gruppi o di categorie di persone o di singoli individui; esse sono organizzazioni
necessarie, che devono esistere e funzionare per la cura degli interessi generali della comunit.
Organizzazioni ed uffici
Il criterio fondamentale per far fronte alle esigenze che deve perseguire unorganizzazione quello
della specializzazione del lavoro; infatti i compiti propri di unorganizzazione vengono distribuiti
tra le differenti unit organizzative che la compongono: gli uffici. Questi sono diversi
strutturalmente ma individuati sempre dal punto di vista funzionale poich sono ordinati per
assolvere ad una funzione predeterminata. Questi sono consistenti di uomini e mezzi tra loro
collegati e ordinati per assolvere ad un compito o ad una pluralit di compiti, ad una funzione
predeterminata.
Gli uffici sono tra loro diversi anche sul piano dimensionale potendo indicare sia unit elementari
dell'organizzazione sia aggregati di unit elementari.
Ancora differente la posizione organizzativa del singolo ufficio nell'ambito dell'organizzazione di
cui parte. Tale posizione diversificata sia sul piano del potere o dell' autorit esercitata dall'ufficio
nell'ambito dell'organizzazione (uffici dotati di competenze propriamente decisorie e altri di
competenze meramente preparatorie o esecutive); sia sul piano dei rapporti dell'organizzazione

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stessa con le altre organizzazioni e col mondo esterno: e cos si avranno sia uffici puramente interni,
destinati ad esercitare la loro attivit allinterno della struttura, in funzione istruttoria o servente;
altri viceversa, destinati a formare la volont dell'organizzazione nei casi concreti producendo effetti
nel mondo esterno, altri ancora destinati ad esternare la volont medesima.
Oltre alle relazioni organizzative e ai rapporti tra uffici (nellambito delle singole organizzazioni
pubbliche), si pongono relazioni organizzative e rapporti tra organizzazioni pubbliche.
Ogni organizzazione ha una missione e, nellambito dellorganizzazione ciascun ufficio ha specifici
compiti che gli sono assegnati nellambito del disegno organizzativo complessivo
dellorganizzazione.
Rivedere e fare ricerca approfondita
Persone giuridiche pubbliche
Nel nostro sistema positivo le organizzazioni pubbliche sono, in genere, configurate come persone
giuridiche pubbliche dotate della piena soggettivit giuridica.
Tale soggettivit giuridica si identifica con la capacit giuridica generale, che significa appunto
attitudine alla imputazione di tutte le situazioni soggettive positivamente ammissibili (diritti,
obblighi, interessi legittimi, e cos via), e salve eccezioni (incapacit speciali) espressamente
previste dalla legge oppure derivanti dalla particolare natura del soggetto.
Per la persona fisica la capacit cos intesa un attributo ineliminabile mentre per le organizzazioni,
la capacit viceversa una concessione dell'ordinamento che avviene attraverso il riconoscimento
dell'organizzazione stessa come soggetto (persona giuridica).
Nel sistema del diritto comune la soggettivit riconosciuta soltanto ad alcune delle organizzazioni
costituite dai soggetti privati per il perseguimento dei propri interessi (le associazioni e le
fondazioni; le societ commerciali).
Le organizzazioni pubbliche sono riconosciute come persone giuridiche nellattuale sistema
positivo.
I fatti e le operazioni poste in essere da agenti dello Stato nell'ambito delle loro attribuzioni,
diventano atti e fatti dello Stato, ad esso imputati in quanto soggetto giuridico; ed proprio lo Stato
che ne risponde nei confronti dei terzi.
Il soggetto che presta la sua attivit lavorativa nellambito di una struttura organizzata dello Stato,
diventa dipendente dello Stato stesso, titolare di un rapporto di lavoro che ha nel soggetto Stato
laltro soggetto del rapporto.
La soggettivit giuridica, identificata nella capacit (giuridica) come attitudine allimputazione
degli effetti prodotti dallapplicazione delle norme, designa unentit eminentemente statica. Il
soggetto destinatario delle norme dellordinamento prescindendo dalla sua azione, o dalla sua
capacit di reazione agli impulsi dellordinamento.
Rivedere e fare ricerca approfondita
Persone giuridiche e capacit di agire: il rapporto organico
Il soggetto persona fisica non un mero centro di imputazione di effetti giuridici, ma soggetto
agente, capace, mediante il compimento di atti giuridici, di produrre a sua volta effetti giuridici
(imputabili alla determinazione della sua volont) nella sfera giuridica propria o altrui; mentre per
quanto riguarda il soggetto persona giuridica sempre l'ordinamento a stabilire i modi e le forme
con i quali reagisce agli impulsi dell'ordinamento. La persona giuridica cmq agisce mediante i suoi
organi, infatti tutta l'attivit dell'organizzazione attivit dei suoi uffici ed effettivamente svolta

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dalle persone fisiche titolari di questi ultimi: lattivit dellorganizzazione attivit umana compiuta
dalle persone fisiche titolari degli uffici.
Questa attivit pu essere meramente materiale, consistere di operazioni e prestazioni (la
scritturazione degli atti, leffettuazione di ricerche e di analisi, ecc.) e non di atti giuridici.
Laddove da codesta attivit materiale derivino danni nei confronti dei soggetti terzi, la
responsabilit per i danni medesimi si imputa allorganizzazione in quanto tale, o rimane propria dei
soggetti persone fisiche che materialmente hanno agito?
Bisogna poi stabilire attraverso quali strumenti lamministrazione agisce giuridicamente, compie
atti giuridici produttivi di effetti.
Qui le soluzioni possibili sono due.
La prima che la persona giuridica non possa come tale agire giuridicamente (in tal caso gli uffici
della stessa si limiteranno al compimento di attivit materiali, preparatorie o esecutive) e quindi la
sua azione giuridica deve avvenire per il tramite di persone fisiche ad essa esterne cui l'ordinamento
demanda questo compito: rappresentanza legale o necessaria, assimilabile a quella predisposta per
le persone fisiche incapaci di agire. La seconda soluzione che la persona giuridica possa agire
giuridicamente attraverso i suoi uffici (in tal caso questi ultimi non si limiteranno al compimento di
attivit materiali ma anche di attivit giuridica in senso proprio, direttamente produttiva di effetti).
In questa seconda soluzione, si parla di rapporto organico con riferimento al fatto che gli uffici
agiscono come organi della persona giuridica stessa e lattivit ad essa direttamente imputata;
mentre, ove si segua il modello del rapporto di rappresentanza, l'attivit giuridica compiuta dal
rappresentante resta a lui imputata mentre gli effetti prodotti dall' attivit stessa si imputano alla
persona giuridica rappresentata, secondo lo schema di cui agli artt. 1388 e ss. cod. civ.
Nel rapporto organico si verifica una forma di imputazione diversa da quella che opera nella
rappresentanza, dove assume rilievo limputazione dell'effetto in capo ad un soggetto diverso da
quello a cui si riferisce l'imputazione dell'atto. Infatti quando ricorre il fenomeno dell'organo oltre
che l'effetto anche latto imputato all'ente collettivo nell'ambito del quale l'organo ha agito. La
soluzione adottata nel nostro sistema positivo proprio quella del rapporto organico, le
organizzazioni pubbliche, sono dunque soggetti non solo dotati di piena capacit giuridica ma anche
dotati di piena capacit di imputazione giuridica di fattispecie.
Ed anche laddove da questa attivit materiale derivino danni nei confronti dei soggetti terzi (art.
2043 cod. civ.), la responsabilit per i danni medesimi si imputa all'organizzazione in quanto tale (e
solo in determinati casi, in solido con le persone fisiche agenti).
Ci rende necessaria l'individuazione, nell'ambito degli uffici delle organizzazioni dotate di
personalit giuridica di quelli che hanno la qualit di organi (che denominiamo uffici organi a fronte
dei meri uffici). E la complessiva fattispecie posta in essere dall'organo viene imputata direttamente
alla persona giuridica. In particolare organo l'ufficio cui la legge, o altra fonte competente
attribuisce il compito di svolgere attivit giuridica direttamente produttiva di effetti.
Attribuzione e competenza
Le organizzazioni pubbliche come le persone giuridiche private, essendo organizzazioni create per
il perseguimento di determinati fini stabiliti dalla legge o dallo statuto o dagli atti di autonomia,
hanno ciascuna una propria attribuzione, che indica l'insieme delle funzioni e dei compiti che alla
organizzazione sono conferiti; appartengono ad essa nei limiti stabiliti dalla legge.
Per le organizzazioni pubbliche, l'attribuzione sempre stabilita dalla legge mentre la fonte
regolamentare pu solo specificare aspetti ed applicazioni concernenti funzioni e compiti attribuiti
dalla legge all'organizzazione.

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In particolare la violazione delle norme concernenti le attribuzioni dell'ente da parte di organi di


questo, d luogo alla nullit degli atti stessi che pu essere fatta valere dagli interessati davanti
all'autorit giurisdizionale competente.
Nell'ambito dell'attribuzione di ciascuna p.a., ogni organo titolare di funzioni e compiti
specificamente individuati dalla legge o dagli atti normativi secondari cui la legge rinvia.
L'insieme delle funzioni e dei compiti propri di ciascun organo si identifica come competenza
dell'organo stesso. La competenza indica dunque l'insieme delle funzioni o dei compiti propri di
ciascun organo, mentre attribuzione indica l'insieme delle funzioni o dei compiti propri dell'ente o
dell'organizzazione nella sua interezza.
Anche la violazione delle norme sulla competenza da parte di un organo agente mediante l'adozione
di atti amministrativi produttivi di effetti verso l'esterno d luogo alla annullabilit degli atti stessi
che pu essere fatta valere da ciascun interessato davanti all'autorit giurisdizionale competente.
Delegazione, avvalimento, sostituzione
Lordine legale delle attribuzioni delle organizzazioni pubbliche nonch della competenza dei
relativi organi, pu essere modificato in virt di atti assunti dallo stesso ente od organo competente
ovvero in virt di una determinazione esterna rispetto ad essi, in presenza di determinati
presupposti.
Anzitutto ci pu avvenire per delegazione di una persona giuridica titolare di una determinata
funzione nei confronti di altra. In virt di tale atto di delegazione, l'esercizio della funzione stessa
per un determinato tempo e sulla base di criteri e direttive circa l'esercizio della stessa da parte del
delegante, viene trasferito all'ente delegato.
A quest'ultimo vengono imputate le fattispecie degli atti assunti nell'esercizio della funzione
delegata e la relativa responsabilit verso i terzi. L'ente delegante, oltre ai poteri di direzione e di
controllo sull'attivit del delegato, ha il potere di revocare la delega in qualsiasi momento
(ovviamente sulla base di motivi controllabili, trattandosi di atto amministrativo).
La delegazione intersoggettiva (a volte denominata affidamento) d luogo ad un vero e proprio
rapporto giuridico in base al quale l'ente delegato legittimato ad esercitare veri e propri poteri
amministrativi in luogo del delegante, adottando atti amministrativi produttivi di effetti nei
confronti dell'esterno.
Avvalimento: con questo termine si intende un rapporto tra enti caratterizzato dal fatto che l'ente
titolare della funzione o di determinati servizi o compiti amministrativi, utilizza, per il compimento
di operazioni di carattere tecnico, esecutive, istruttorie, preparatorie, uffici di altro ente conservando
tuttavia la titolarit della funzione cui il compimento delle operazioni stesse finalizzato. Questi
uffici operano, per il compimento delle attivit oggetto di avvalimento, alle dipendenze funzionali
dell'ente titolare della funzione per quanto concerne l'esercizio in concreto delle attivit ad essi
affidate pur restando, ovviamente, incardinati nella struttura organizzativa dell'ente cui
appartengono.
In molti casi la normazione positiva prevede in capo ad un ente nei confronti di altro ente il potere
di sostituirsi ad esso nel compimento di determinate operazioni o nell'adozione di determinati atti
che siano obbligatori per legge (sostituzione intersoggettiva).

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Capitolo 4
DISCIPLINA GENERALE DELL'ORGANIZZAZIONE PUBBLICA
Quadro della disciplina generale
Le pubbliche Amministrazioni sono sottoposte a disciplina differenziata, sia sotto il profilo
dell'organizzazione in quanto tale, sia sotto il profilo dell'attivit, rispetto alle organizzazioni
(persone giuridiche) di diritto comune.
Si tratta di disciplina determinata dalla legge o da atti normativi secondari adottati in base alla legge
(riserva di legge relativa: art. 97 cost.), a differenza di quanto accade per le persone giuridiche
private.
Le organizzazioni pubbliche sono costituite o riconosciute dalla legge o da altri atti pubblici,
laddove, alcune volte implicitamente, consentito dalla legge; e allo stesso modo stabilito il
disegno organizzativo fondamentale delle singole organizzazioni.
Esse non nascono per iniziativa derivante da esercizio di autonomia privata. Lente pubblico nasce
in virt del riconoscimento come pubblico di un ente allorigine privato, nato con atto di autonomia
privata.
La disciplina generale delle pubbliche Amministrazioni come disciplina derogatoria rispetto al
diritto comune delle organizzazioni giuridiche, consta di una serie di istituti rapportabili
direttamente o indirettamente al principio costituzionale del buon andamento (art. 97 Cost.).
La norma costituzionale inoltre aggiunge che nellordinamento degli uffici "sono determinate le
sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilit proprie dei funzionari" e che agli "impieghi
nelle pubbliche amministrazioni" si accede "mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge",
salvo i casi stabiliti dalla legge.
Buon andamento
In generale il buon andamento coincide con l'esigenza dell'ottimale funzionamento della pubblica
amministrazione, tanto sul piano dell'organizzazione quanto su quello della sua attivit. Anche sul
versante dell'organizzazione la p.a. non opera in una situazione di autonomia e di libert ma
sempre tenuta al rispetto di regole e vincoli posti in vario modo dalla legge sulla base dei principi
costituzionali, intesi a far s che tutto il suo operare sia rapportato agli scopi di pubblico interesse (al
servizio della collettivit).
Mentre per le persone giuridiche private, per le organizzazioni private, il principio di buona
amministrazione o di efficienza, un principio di tecnica aziendale, per la pubblica amministrazione
questo principio si traduce sempre, anche sul versante dellorganizzazione, in vincoli giuridici.
Buona amministrazione significa efficienza dell'amministrazione sotto diversi profili. Innanzitutto
lamministrazione efficiente quella che razionalmente distribuisce le competenze tra i diversi
uffici pubblici e utilizza in maniera adeguata il personale in relazione agli obiettivi attribuiti ai
medesimi uffici al fine di sottrarre la propria organizzazione ed attivit a qualsiasi elemento di
incertezza, casualit o precariet.
In secondo luogo amministrazione efficiente quella in grado di individuare la propria "giusta
dimensione", in grado cio di calibrare il proprio organico sull'effettiva entit dei propri servizi
indispensabili, evitando una artificiosa distribuzione di compiti, una sovrapposizione o duplicazione
di competenze".
Ed ancora, rispondono al canone di buon andamento gli strumenti volti ad impedire "paralisi" dell'
azione amministrativa; in particolare, quelli che garantiscono la continuit nella titolarit degli
organi amministrativi anche in caso di assenza del titolare.
Performance e controlli di gestione

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Il principio di trasparenza viene definito <<come accessibilit totale delle informazioni riguardanti
lorganizzazione e lattivit delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di
controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sullutilizzo delle risorse pubbliche che
concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di
imparzialit, buon andamento, responsabilit, efficacia ed efficienza nellutilizzo di risorse
pubbliche, integrit e lealt nel servizio alla nazione. Essa condizione di garanzia delle libert
individuali e collettive, nonch dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona
amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del
cittadino>>.
Fondamentale, in ordine al corretto funzionamento degli uffici (in armonia con il principio
costituzionale del buon andamento) assicurare le migliori prestazioni da parte del personale
(performance) che devono essere oggetto di attenta programmazione, di monitoraggio e di
valutazione. Ci anche al fine di stabilire una corretta progressione di carriera del personale,
vagliare la distribuzione di incentivi premiali, e anche governare la gestione dei rapporti dufficio.
Principio fondamentale di organizzazione, che ogni amministrazione sia tenuta a misurare e
valutare la performance, sia con riguarda allorganizzazione nel suo complesso. Nonch alle singole
unit o aree di responsabilit nelle quali si articola, sia con riguardo ai singoli dipendenti. La
misurazione e la valutazione della performance sono volte, al miglioramento della qualit dei
servizi, alla crescita delle competenze professionali, attraverso la valorizzazione del merito e
lerogazione dei premi per i risultati conseguiti in un quadro di trasparenza dei risultati e delle
risorse impiegate per il loro perseguimento.
A tal fine, le amministrazioni sono tenute ad una serie di adempimenti (denominati nel loro
complesso, Ciclo di gestione della performance), nellambito dei quali definire gli obiettivi che si
intendono raggiungere, posti dagli organi di direzione politica di ciascuna amministrazione sentiti i
responsabili professionali delle diverse strutture; i valori attesi di risultato e i rispettivi indicatori,
che devono essere specifici, misurabili in termini concreti, con riferimento ad un arco temporale
determinato, commisurati a valori di riferimento derivanti da standard riconosciuti, e cos via;
verificare landamento della performance nel periodi di riferimento, anche introducendo necessari
correttivi (ancora da parte degli organi di direzione politica con il supporto degli uffici dirigenziali);
valutare periodicamente la performance degli uffici e dei singoli operatori.
Nellambito di ciascuna organizzazione istituito lOrganismo indipendente di valutazione della
performance che, sostituisce i servizi di controllo interno. Mentre a livello centrale, lart. 13 della
normativa prevedeva che la Commissione centrale per la valutazione, la trasparenza e lintegrit
delle amministrazioni pubbliche, fosse costituita come una sorta di Autorit indipendente, operante
a sua volta come organo di indirizzo e di raccordo tra tutte le amministrazioni pubbliche statali.
Tuttavia tale organo, che a seguito dellemanazione della L. anticorruzione opera anche come
Autorit Nazionale Anticorruzione, stato modificato da parte della D.P.A., il quale, da un lato, gli
ha conferito i compiti relativi alla vigilanza sui contratti pubblici; dallaltro, gli ha per sottratto le
funzioni relative alla misurazione e alla valutazione della performance, in merito alle quali ora
competente direttamente il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei
Ministri.
Tutte le amministrazioni pubbliche sono soggette al controllo di gestione attribuito in via generale
alla Corte dei conti; controllo che consiste nel verificare la legittimit e la regolarit delle gestioni,
nonch il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione e nellaccertare anche in
base allesito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dellattivit amministrativa agli obiettivi
stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dellazione

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amministrativa. Si tratta di un controllo a carattere collaborativo: ci significa che gli esiti delle
diverse operazioni di controllo, puntuali o periodiche sulla gestione, sugli aspetti finanziari, sono
riversati in relazioni (referti) della Corte che vengono indirizzati alle assemblee elettive preposte
alla direzione politica dei diversi enti; ci, affinch le assemblee stesse possano assumere atti di
indirizzo nei confronti degli esecutivi con oggetto i correttivi da apportare nella gestione degli enti
conformemente ai rilievi della Corte.
Istituti di deminutio e di privilegio
E dalla legge o cmq da atti normativi, stabilito il disegno organizzativo fondamentale
dell'organizzazione. Tale fondamentale carattere delle organizzazioni pubbliche (la
predeterminazione normativa della loro stessa esistenza) produce una diminuzione di capacit negli
enti, che non possono disporre di s stessi e della loro organizzazione, se non negli spazi di libert
(discrezionalit) lasciati dalla legge ai loro organi di governo. L'ente non pu estinguersi n
trasformarsi se non per disposizione di legge.
Ci rileva anche in relazione ad altri istituti positivi (istituti di deminutio della capacit) tra i quali
l'incapacit di disporre della propria liquidit monetaria se non nell'ambito della c.d. tesoreria unica
(L. n. 720/1984), relativamente agli enti elencati, con deroga anche al regime comune dei sequestri
e dei pignoramenti da parte di terzi creditori degli enti; l'inalienabilit di atti, documenti e beni
culturali salvo autorizzazione ministeriale; la soggezione ai controlli ispettivi della ragioneria
generale dello Stato; la soggezione al controllo successivo sulla gestione sul bilancio e del
patrimonio da parte della Corte dei conti, che si estende a tutte le pubbliche Amministrazioni.
Tutte le pubbliche Amministrazioni sono soggette alle regole della contabilit pubblica per quanto
concerne la disciplina dei documenti contabili e dei procedimenti della spesa. Vige poi una serie di
norme intese a disciplinare il contenimento della spesa pubblica, determinando in via generale i
"tetti" degli incrementi di spesa consentiti e i "tagli" da disporre sulle spese correnti.
Le organizzazioni pubbliche, usufruiscono nei loro rapporti con i terzi, sia sul piano sostanziale che
in sede giurisdizionale, di una serie di istituti di privilegio, derogatori rispetto al diritto comune: Si
tratta di istituti intesi a sottrarre l'ente dall'applicazione di determinate norme di diritto comune in
genere poste a tutela dei terzi quali la sottrazione al regime fallimentare, stabilita per gli enti
pubblici che esercitano attivit di impresa; la sottrazione dei beni dellente di pubblico servizio
dall'esecuzione forzata dei creditori; le procedure privilegiate a carattere coattivo per la riscossione
delle entrate anche patrimoniali.
Non tutte le organizzazioni pubbliche sono titolari di poteri amministrativi poich la titolarit di
detti poteri stabilita caso per caso dalla legge (tipicit dei poteri amministrativi). Tuttavia, sul
versante della propria organizzazione, ogni ente dispone di una potest organizzativa che si esprime
attraverso atti organizzativi di natura amministrativa.
Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle p.a., disciplinato sino alle recenti riforme da norme di
diritto pubblico (c.d. pubblico impiego), era regolato dall'esercizio di poteri amministrativi da parte
dei soggetti datori di lavoro (le pubbliche Amministrazioni, appunto); salvi gli enti pubblici
economici (rapporto di lavoro privato). Le recenti riforme (1993-1998 sul pubbl. imp.) lo hanno
trasformato in rapporto di lavoro di diritto privato, soggetto tuttavia ad una serie di norme
derogatorie rispetto alla disciplina comune.
Gli atti amministrativi illegittimi (e non anche gli atti di diritto comune) adottati da qualsiasi p.a.
possono essere annullati dal Governo, in via straordinaria, a tutela dell'unit dell'ordinamento,
previo parere del Consiglio di Stato. Sono esclusi dalla soggezione a tale potere straordinario del

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Governo gli atti delle regioni mentre dubbi di costituzionalit sorgono in relazione agli atti di enti
locali a seguito della riforma costituzionale n. 3/2001.
Le pubbliche Amministrazioni agiscono normalmente secondo moduli di diritto privato. In
particolare operano mediante contratti per ottenere beni, servizi, necessari per il loro funzionamento
o al fine delle prestazioni che essi debbono rendere alla collettivit, ai cittadini utenti. Anche in tali
attivit le pubbliche Amministrazioni sono cmq tenute all'applicazione di determinate norme di
diritto pubblico che disciplinano l'individuazione del progetto di contratto, il procedimento per la
ricerca del contraente, la fase dell'aggiudicazione del contratto stesso che si perfeziona con un
provvedimento amministrativo, impugnabile davanti al giudice amministrativo (cd. procedimenti di
evidenza pubblica).
Personale e mezzi
Ogni organizzazione composta di unit organizzative denominate uffici, formate di uomini e di
mezzi.
Circa i mezzi, si possono distinguere: i beni immobili nei quali l'ufficio dislocato e vi svolge la
sua attivit (sede dellufficio; edifici destinati a sede di pubblici uffici); i beni mobili e i macchinari,
necessari per lo svolgimento dell'attivit dell'ufficio, che vanno dagli strumenti di cancelleria, carta
penne, matite, ecc., e dai computers e sistemi di scrittura, gli arredi, propri di un ufficio
amministrativo; agli strumenti chimici, farmaceutici, alle macchine per le rilevazioni geologiche,
geognostiche, ecc. (propri degli uffici tecnici), tutti accomunati, come beni nella nozione di arredi
e di beni destinati a un pubblico servizio; il danaro necessario per il funzionamento dell'ufficio
nonch per l'attuazione, all'esterno, dei compiti affidati all'ufficio stesso, limitatamente agli uffici
che sulla base della disciplina" contabile" e di bilancio, hanno la capacit di gestire mezzi finanziari.
La gestione dei mezzi necessaria al funzionamento degli uffici unattivit affidata ad appositi
uffici delle diverse organizzazioni pubbliche (gli uffici di gestione e del patrimoni, per gli immobili,
gli uffici di provveditorato o di economato per i mobili, e cos via del demanio).
Il singolo ufficio tenuto a trasmettere le sue richieste e a prospettare le sue necessit a questi uffici
generali. All'assegnazione dei beni immobili ai singoli uffici in genere provvede l'organo
deliberante dell'ente (per lo Stato, il Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il
ministero interessato).
L'art. 26, L. n. 488/1998 dispone che le Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato sono
tenute ad approvvigionarsi, salvo tal une eccezioni, attraverso ordinativi inviati a fornitori
selezionati e convenzionati con il Ministero dell'economia e delle finanze, che all'uopo si avvale di
una societ specializzata (la Consip s.p.a.).
Per quanto concerne il danaro vale lo stesso principio: alla gestione e alla spendita del danaro sono
adibiti determinati uffici dell'organizzazione (gli uffici di spesa) che provvedono alle necessit degli
altri. Tutta la gestione del danaro dell'organizzazione pubblica rigidamente governata dallo
strumento del bilancio preventivo che stabilisce la destinazione delle somme per ciascun oggetto di
spesa nell'ambito di ciascun esercizio finanziario.
La principale dotazione degli uffici rappresentata dal personale ed attraverso la sua opera
l'organizzazione esercita i suoi compiti.
Nell'ambito del diritto amministrativo, esiste una articolata disciplina che concerne tutti gli aspetti
del rapporto intercorrente tra le organizzazioni pubbliche e le persone fisiche che prestano servizio
presso di esse a titolo professionale (c.d. rapporto di pubblico impiego; ma ora, pi precisamente,
rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche). Non tutti essi sono legati

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all'organizzazione da un rapporto di lavoro di tipo professionale, si distinguono infatti tra personale


c.d. onorario e personale professionale (o burocratico).
Gli uffici organi nel sistema tradizionale erano in genere a titolarit politica o comunque onoraria
(per lo Stato organi erano i ministri). A seguito delle recenti riforme che hanno sancito il principio
di separazione tra politica e amministrazione, questa impostazione risulta superata perch in ogni
organizzazione, accanto agli organi politici od onorari sono istituiti uffici dirigenziali a titolarit
professionale (personale dirigenziale), riconosciuti come organi, e ai quali sono imputati tutti gli
atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno.
La differenza tra le due categorie, di funzionari professionali e di funzionari onorari, che i
funzionari professionali sono legati all'organizzazione da un rapporto di lavoro subordinato in senso
proprio (rapporto di servizio), e funzionari onorari sono tutti gli altri. Il termine tradizionale
"onorario" stava ad indicare il fatto lopera era prestata honoris causa mentre nel vigente
ordinamento tuttavia anche i funzionari onorari possono essere in vario modo retribuiti.
Essi cmq non assumono un rapporto di lavoro in senso proprio. Oggi assume grande importanza il
c.d. personale politico legato da un rapporto di rappresentanza con la stessa collettivit popolare, da
essa stessa designato alla titolarit degli uffici attraverso procedimenti elettorali.
Ad ogni ufficio di ciascuna pubblica Amministrazione, vengono preposte persone fisiche secondo le
regole proprie delle singole Amministrazioni. L'ufficio organo ha necessariamente un titolare,
monocratico o collegiale, prescelto secondo procedimenti di legge, tali da formalizzarne la
posizione. Gli uffici organi sono chiamati ad esprimere all'esterno la volont dell'Amministrazione
(si parla di investitura nellufficio).
Mentre ai meri uffici, il personale (sempre professionale) semplicemente preposto secondo i
diversi ordinamenti degli enti sulla base delle regole sul rapporto di lavoro alle dipendenze delle
pubbliche Amministrazioni. Per essi non vigono i principi e le norme relative all'investitura
nell'ufficio, alla titolarit di esso e alle sue vicende (rapporto dufficio).
Il rapporto di ufficio: l'investitura (nomina ed elezione)
Denominiamo rapporto di ufficio, la disciplina riguardante la preposizione del personale agli uffici
nei quali lamministrazione si articola; le diverse modalit attraverso le quali la titolarit degli uffici
si acquista e le successive vicende fino alla cessazione della titolarit dellufficio. Disciplina che
riguarda sia gli uffici di direzione politica che quelli professionale (dirigenziali)
Questa disciplina si distingue da quella del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni (rapporto di servizio) che investe il personale professionale (e non quello
onorario). E cos ad es., per acquistare la titolarit di certi uffici occorre possedere determinate
qualifiche nellambito del rapporto di lavoro; vicende del rapporto di ufficio (come casi gravi di
inosservanze nella gestione, che portano alla revoca del rapporto di ufficio) possono incidere sul
rapporto di lavoro fino a determinare la cessazione. Ma le due discipline restano distinte.
Il rapporto d'ufficio si instaura con l'atto di investitura del titolare.
Nella diversa tipologia dell'ordinamento, emergono tre principali modelli di investitura del rapporto
d'ufficio.
Il rapporto si pu instaurare mediante un procedimento di nomina o mediante un procedimento di
elezione. Tuttavia i procedimenti di nomina hanno subito a loro volta una importante
differenziazione per effetto della recente normativa in materia di pubblico impiego intesa alla c.d.
privatizzazione dello stesso che ha comportato la trasformazione degli atti delle pubbliche
Amministrazioni concernenti il rapporto di lavoro dei loro dipendenti, da atti amministrativi in atti
di diritto privato (c.d. datoriali) salve alcune eccezioni; e l'attribuzione delle relative controversie al
giudice comune del lavoro, sottraendole al giudice amministrativo.

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Conferimento di incarichi dirigenziali


L'investitura negli uffici dirigenziali avviene, sulla base di un procedimento costituito da un atto di
nomina di competenza delle autorit espressamente indicate dalla legge (per gli uffici dirigenziali di
vertice la competenza sempre dellautorit politica: Ministro, Sindaco, ecc.) atto denominato
Provvedimento di conferimento dell'incarico dirigenziale.
Nel provvedimento di conferimento vengono individuati "l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da
conseguire, la durata dell'incarico (minimo 3 anni) che deve essere correlata agli obiettivi
prefissati".
Il provvedimento sembrerebbe un atto amministrativo ma secondo parte della giurisprudenza della
Corte di Cassazione gli atti in questione non sarebbero provvedimenti amministrativi, ma atti di
diritto privato emanati dalle p.a. nella loro funzione datoriale e questo sulla base dell'attribuzione
della giurisdizione in ordine alle relative controversie al giudice ordinario anzich al giudice
amministrativo.
Si tratterebbe invero di atti di natura privatistica ascritti al gensus degli atti di esercizio di poteri
privati: atti che hanno un carattere paritetico, in quanto capaci di produrre effetti in capo a soggetti
terzi unilateralmente e senza necessit del loro consenso.
La particolare natura di questi atti (pur di carattere privatistico) comporta in capo al loro autore
particolari obblighi di correttezza e buona fede e in conseguenza, particolari poteri di sindacato in
capo al giudice e con la conseguente configurazione, in capo a ciascun candidato, di una posizione
soggettiva di interesse legittimo di diritto privato, e non di soggezione.
Questo modello di investitura nellufficio, che denominiamo il modello di conferimento dellufficio
dirigenziale mediante esercizio di poteri datoriali.
Procedimenti di nomina
La nomina come atto di investitura nell'ufficio atto di esercizio di potere discrezionale.
Il suo contenuto consiste sempre nella scelta tra pi persone fisiche dotate dei requisiti richiesti
dalla legge, da investire nell'ufficio.
Con l'atto di nomina, che non atto politico e perci sempre vincolato nei fini, occorre perseguire
l'interesse pubblico individuando la persona, come titolare dell'ufficio, che presenti i requisiti pi
idonei con riferimento all'ufficio stesso; e prevalenti, in caso si tratti di valutazione comparativa,
rispetto a quelli che presentino altri possibili aspiranti.
Il procedimento di nomina si conclude con un atto monocratico ovvero con una deliberazione
collegiale che devono essere adottati secondo le rispettive regole.
Procedimenti di elezione
Diverso e pi complesso il modello procedimentale di investitura nell'ufficio del tipo elezione.
Il procedimento di elezione riguarda gli organi collegiali elettivi dei comuni, delle province, delle
regioni, i rispettivi presidenti, e cos via. Cmq esso non riguarda tutti gli organi a titolarit politica
essendo molti organi investiti dei loro titolari mediante procedimenti di nomina.
Il procedimento elettorale, laddove ascrivibile ai procedimenti amministrativi (e perci soggetti
alla giurisdizione amministrativa) presenta alcuni caratteri comuni.
Anzitutto esso si esprime attraverso la manifestazione di volont di una pluralit di persone. Se la
pluralit di persone chiamate ad esprimersi nel procedimento elettorale consiste nellintera
collettivit di cittadini dotati dei requisiti (es. maggiore et, residenza nel luogo, ecc.) richiesti dalla
legge si parler di corpo elettorale. Oppure pu essere costituito da un numero determinato di
persone che formano un organo collegiale.
L'espressione del voto consiste nellindicazione da parte di ogni singolo avente diritto, di una o pi
persone fisiche da investire nell'ufficio.

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Sono eletti all'ufficio coloro che hanno ottenuto il numero dei voti richiesti e solo una volta accertati
dagli organi competenti i risultati del procedimento elettorale gli eletti vengono proclamati nelle
forme di legge.
Il procedimento elettorale che si svolge nell'ambito di organi collegiali, un procedimento
amministrativo distinto, rispetto al procedimento deliberativo ordinario dell'organo collegiale. Resta
fermo tuttavia che il collegio per poter procedere alla elezione, deve essere ritualmente convocato e
costituito: una volta raggiunto il quorum strutturale. La votazione avviene secondo modalit diverse
da quelle della deliberazione collegiale, cio mediante espressione di volont del singolo membro
del collegio manifestata in segreto o cmq isolata e individuale. La determinazione degli eletti
avviene attraverso il conteggio dei voti mancando del tutto il carattere pi tipico della collegialit,
cio il confronto dialettico delle proposte o delle opinioni come strumento al fine di dare luogo al
risultato deliberativo.
Per essere nominati o eletti alla titolarit di uffici pubblici occorrono requisiti soggettivi stabiliti
dalla legge. Un primo ordine di requisiti concerne qualit proprie della persona la cui mancanza
rende l'ufficio inaccessibile quali la cittadinanza italiana, la residenza in un determinato territorio; il
requisito dell'et, il non aver subito determinate condanne penali. Altri requisiti attengono poi a
qualit proprie della persona la cui presenza ritenuta incompatibile con l'ufficio di cui si tratta; tali
tuttavia da potere essere rimosse una volta avvenuta la nomina o l'elezione a pena di decadenza
dalla nomina o dall'elezione stessa. In tali casi, si parla di incompatibilit, che si distingue
dall'ineleggibilit (le cui cause, se rimuovibili, devono essere rimosse anteriormente).
Approfondimento
[Procedimenti di elezione
Lelezione costituisce la forma assolutamente pi diffusa per linvestitura dei titolari degli organi politici. Nel
procedimento elettorale sono chiamate ad esprimersi una pluralit di persone che pu consistere nellintera
collettivit dei cittadini dotati dei requisiti richiesti dalla legge (corpo elettorale) o si pu costituire un
collegio in senso proprio. Nel caso di corpo elettorale il voto espresso da parte di ogni singolo avente
diritto, e i nominativi da indicare sono scelti tra persone fisiche che hanno titolo per essere elette. In alcuni
casi possono essere scelti solo tra i candidati; sono eletti allufficio coloro che hanno ottenuto il numero di
voti richiesti. Nellambito dei collegi il procedimento elettorale ha le caratteristiche strutturali appena
indicate; il collegio per poter procedere alla elezione, deve essere ritualmente convocato e costituito, quindi
una volta raggiunto il quorum strutturale. La votazione avviene, di regola, mediante espressione di volont
del singolo membro del collegio manifestata in segreto; la determinazione degli eletti avviene attraverso il
meccanico conteggio dei voti. Per essere nominati o eletti alla titolarit di uffici pubblici occorrono requisiti
soggettivi stabiliti dalla legge; un primo ordine di requisiti concerne qualit proprie della persona, in tal caso
si parla di requisiti di accessibilit dufficio (es. cittadinanza italiana, requisito dellet, etc.). Un altro ordine
di requisiti concerne situazioni nelle quali si trova la persona, la cui
presenza ritenuta incompatibile con lufficio di cui si tratta; in tali casi si parla di incompatibilit.]

Illegittimit dellatto di investitura (il c.d. funzionario di fatto)


L'atto di investitura nell'ufficio pu risultare illegittimo o giuridicamente nullo sulla base delle
norme che regolano l'invalidit degli atti amministrativi o l'invalidit dei contratti (nel caso si tratti
di investitura nell'ufficio sulla base di atto contrattuale).
Una volta annullato l'atto di nomina (a maggior ragione se dichiarato nullo) data la retroattivit
dell'annullamento, si pone il problema della sorte giuridica degli atti adottati.
Nel caso di organi collegiali pu verificarsi l'evenienza della invalidit dell'atto di nomina di alcuni
dei membri del collegio. In tal caso tuttavia pu considerarsi legittimamente avvenuta l'investitura
nel collegio ove il numero dei membri la cui nomina risulti legittima superi il quorum strutturale.
Mentre nel caso di collegi perfetti, la nomina illegittima anche di un solo membro di un collegio
vizia l'investitura dell'intero collegio.
Nel caso di investitura illegittima del titolare nell'ufficio si ha il c.d. funzionario di fatto, cio senza
titolo giuridico di investitura (casi di eventi bellici, gravi calamit naturali, successione

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rivoluzionaria di ordinamenti, laddove lesercizio di funzioni pubbliche, in assenza di un contesto


giuridico esistente viene esercitata su iniziativa di singole persone, di comitati rivoluzionari, di
comitati di insorti, e cos via). In tali casi, l'esercizio di fatto di funzioni pubbliche viene
successivamente regolamentato una volta che un ordinamento legittimo si instauri e in quella sede
viene disciplina la sorte degli atti giuridici assunti in via di fatto nella situazione precedente.
Il problema che si pone in tali casi quello di stabilire il trattamento giuridico degli atti posti in
essere dal cd. funzionario di fatto.
La giurisprudenza prevalente considera gli atti assunti dal titolare dell'ufficio la cui nomina venga
successivamente annullata o dichiarata nulla, come atti senz'altro imputati all'Amministrazione,
attraverso il rapporto organico, e in quanto tali si presumono legittimamente assunti. (Quindi quanto
la nomina di un soggetto ad organo della pub. amminist. Si appalesi illegittima e venga pertanto
annullata, gli atti adottati da tale soggetto restano efficaci).
Tuttavia gli atti assunti dal funzionario di fatto possono essere a loro volta annullati su ricorso dei
soggetti controinteressati o anche in via di autotutela ove ne sussistano i presupposti, per illegittima
derivata dellatto di nomina del titolare dellorgano che li ha emanati.
Ma possono subire tale sorte solo se espressamente impugnati o se siano oggetto di una specifica
misura di autotutela. Mentre l'annullamento o la dichiarazione di nullit dell'atto di nomina del
titolare dell'ufficio, in quanto tale, non ne comporta la caducazione.
Sostituzione nella titolarit dell'ufficio e cessazione del rapporto (la prorogatio)
Il titolare dell'ufficio per varie ragioni si pu trovare nel corso del rapporto, in situazioni di
temporanea incapacit alla tenuta dell'ufficio. Ci pu avvenire per cause diverse, per assenza
dovuta a incarichi fuori sede, a missioni dellufficio, oppure esigenze di carattere personale
consentite dallamministrazione; per impedimenti dovuti a fattori personali (es. una malattia) o a
situazioni di temporanea incompatibilit ad esercitare lattivit dellufficio (es. aver ricevuto per un
determinato periodo un incarico incompatibile con esso).
Alla temporanea vacanza dell'ufficio si fa fronte mediante alcuni istituti raggruppabili in due specie
(la supplenza e la reggenza) intesi ad assicurare la necessaria continuit dell'ufficio pubblico, che in
nessun caso pu rimanere "scoperto" per mancanza del titolare.
La supplenza l'istituto mediante il quale un soggetto, titolare di altro ufficio nell'ambito
dell'Amministrazione o preventivamente designato con questo specifico compito subentra al titolare
nella titolarit dell'ufficio durante la temporanea assenza di questo.
La reggenza l'istituto mediante il quale altro soggetto, titolare di altro ufficio viene nominato,
secondo procedimenti stabiliti dalla legge, a ricoprire l'ufficio per il tempo necessario. In tal caso, si
parla di incarico ad interim o "a scavalco".
La differenza tra i due istituti la supplenza normativamente predeterminata, per cui il supplente
subentra nell'ufficio in via automatica, senza necessit di assumere apposito atto di nomina (Es. il
vicesindaco subentra nellufficio del Sindaco, sino alle elezioni del nuovo Consiglio comunale e del
nuovo Sindaco, o decesso del sindaco.), mentre alla reggenza si provvede laddove non sia previsto,
con riferimento alla titolarit di determinati uffici, l'istituto della supplenza.
Il titolare temporaneo dell'ufficio, supplente o reggente, subentra nella pienezza delle funzioni
dell'ufficio stesso, con la stessa ampiezza del titolare salvi alcuni correttivi, intesi a far s che la sua
azione non pregiudichi l'azione del titolare una volta questi abbia ripreso possesso dell'ufficio.

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Cessazione del rapporto di ufficio e sistema delle spoglie


La cessazione del rapporto di ufficio pu avvenire per molteplici cause, che riguardano la persona
del titolare (morte, impedimento permanente), le sue dimissioni oppure il rapporto di ufficio che a
lui fa capo (scadenza del termine nei rapporti a termine, rimozione, sopravvenire di una causa di
incompatibilit).
Il rapporto di ufficio dirigenziale sempre a termine e cessa, quindi, per regola allo scadere del
termine stabilito o per risoluzione consensuale delle parti.
Lincarico, per regola, viene rinnovato salvo che risulti il mancato raggiungimento degli obiettivi
prefissati.
La titolarit di alcuni uffici collocati in posizione apicale (statale o regionale), viene a cessare allo
scadere del mandato dellorgano politico che ha conferito lincarico oppure entro un termine
stabilito dalla legge. Ci comporta che alla titolarit dellufficio, al nuovo conferimento
dellincarico dirigenziale, dovr provvedere il nuovo organo politico, il quale presceglie soggetti
individuati intuitus personae.
Vacanza dellufficio e prorogatio
In conseguenza della cessazione del rapporto di ufficio, per una delle predette cause, si verifica la
vacanza dellufficio (definitiva o permanente). Ci rende necessario provvedere alla nomina o
all'elezione del nuovo titolare.
Nell'ambito degli organi collegiali la vacanza pu riguardare solo uno o alcuni membri del collegio;
la decadenza dell'intero collegio si ha solo se il numero dei posti vacanti supera quello previsto
dalla legge.
In caso di vacanza dellufficio, pu verificarsi, o perch espressamente previsto che linvestitura
del nuovo titolare possa avvenire successivamente alla cessazione del precedente, o perch non si
provveduto per tempo al rinnovo, ovvero a causa della cessazione improvvisa e imprevedibile del
rapporto di ufficio (es. morte del titolare), levenienza che alla cessazione del rapporto non vi sia un
nuovo titolare investito dellufficio; mentre occorre ovviamente assicurarne la continuit.
Per quanto riguarda gli uffici a titolarit professionale (gli uffici dirigenziali), se sono temporanei
(come ormai tutti quelli del settore contrattualizzato) scadono con la scadenza del termine di durata;
mentre se sono permanenti, cio a tempo indeterminato, cessano irrimediabilmente con il
raggiungimento dei limiti di et da parte del titolare.
In tali casi dunque, una volta scaduto il rapporto di ufficio, ovvero per altra causa tra quelle
menzionate risultato vacante, deve procedersi da parte dell'Amm. alla nomina del nuovo titolare.
Nelle more, la continuit dellufficio assicurata mediante gli istituiti della supplenza o della
reggenza.
Negli uffici a titolarit politica (es. sindaci e consigli comunali, presidenti e consigli provinciali,
consigli regionali, presidente del consiglio dei ministri e ministri, ecc.) la vacanza dellufficio
disciplinata da norme speciali diversificate secondo le diverse categorie di organi. Non prevista
una disciplina generale intesa a far fronte alla vacanza degli uffici n una disciplina generale della
prorogatio. Ma leggi di settore prevedono in molti casi la permanenza in carica degli organi scaduti
per determinati periodi ma con competenze limitate. Per esempio, per quanto riguarda i consgili
comunali e provinciali la norma prevede che essi una volta scaduti restino in carica sino allelezione
dei nuovi, limitandosi dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad
adottare gli atti urgenti e improrogabili.
Per gli uffici a titolarit onoraria, diversi da quelli politici, opera il principio della prorogatio,
secondo il quale, il titolare scaduto resta in carica in attesa del nuovo titolare investito dell'ufficio

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laddove possibile e nei limiti di legge (L. prorogatio del 1994): laddove possibile (il titolare
precedente non sia fisicamente impossibilitato, o deceduto, ovvero non sussistano impedimenti che
lo riguardino espressamente stabiliti, come ad es. quelli derivanti da condanna penale) e nei limiti di
legge.
La prorogatio si applica agli organi di amministrazione attiva, consultiva e di controllo dello Stato e
degli enti pubblici, nonch delle persone giuridiche a prevalente partecipazione pubblica, quando
alla nomina dei componenti di tali organi concorrono lo Stato o gli enti pubblici; mentre vi sono
esclusi, gli organi rappresentativi delle regioni, delle provincie, dei comuni e delle comunit
montane e gli organi che hanno comunque rilevanza costituzionale: nonch gli organi per i quali la
nomina dei componenti di competenza parlamentare.
Perci lambito della L. prorogatio riguarda soltanto organi a titolarit onoraria (organi di
amministrazione attiva, consultiva e di controllo dello Stato) restando esclusi non solo tutti gli
organi a titolarit strettamente politica (consigli regionali, provinciali, comunali, sindaci, etc.) ma
anche gli organi la cui nomina di competenza parlamentare.
La legge afferma all'art. 2 il principio secondo il quale gli organi amministrativi svolgono "le
funzioni loro attribuite secondo il termine di durata per ciascuno di essi previsto ed entro tale
termine debbono essere ricostituiti". Perci l'istituto della prorogatio concepito come
assolutamente eccezionale. Ove nel termine di scadenza i nuovi titolari degli organi scaduti non
siano nominati i titolari scaduti, sono prorogati per non pi di 45 giorni decorrenti dal giorno della
scadenza.
Nel periodo di prorogatio gli organi possono adottare esclusivamente atti di ordinaria
amministrazione, atti urgenti ed indifferibili con indicazione specifica dei motivi; mentre l'adozione
in costanza di proroga, di atti non compresi nelle categorie di legge d luogo alla sanzione della
nullit degli stessi.
Decorso il termine di proroga, ove i nuovi titolari non siano stati nominati, i precedenti decadono
dalla titolarit dell'ufficio. Eventuali atti che essi dovessero assumere scaduto questo termine sono
sanzionati con la nullit.
L'organo prorogato in nessun modo ascrivibile alla categoria del funzionario di fatto. Finch non
viene investito nell'ufficio il nuovo titolare, il precedente, il legittimo titolare dell'ufficio ma ha
l'obbligo, di permanere nell'ufficio, conservandone tutti i poteri fino al subingresso del successore.
Uffici monopersonali e uffici collegiali
Gli uffici si distinguono in monopersonali (monocratici) e pluripersonali, a seconda che siano
composti da una persona fisica ovvero da una pluralit di persone fisiche. Per quanto concerne gli
organi, la titolarit pluripersonale significa necessariamente collegialit.
Lorgano agisce per la persona giuridica, invero, attraverso persone fisiche (i suoi titolari) che
possono essere singole persone fisiche ovvero di collegi di persone fisiche.
L'organo monocratico e quello collegiale sono differenti per quanto riguarda l'organizzazione stessa
del loro agire giuridico, della formazione e dell'espressione della loro volont giuridica.
L'organo monocratico agisce attraverso una persona fisica che forma la sua volont esprimendola,
con la parola o in forma scritta o in altra forma, nell'ambito del complesso procedimento inteso alla
formazione in concreto della fattispecie amministrativa produttiva di effetti.
Viceversa, la formazione e l'espressione della volont collegiale necessita di un'apposita disciplina
giuridica che consente al collegio di agire. Il collegio quale titolare di organo, una pluralit di
persone fisiche individuata nel numero e nella qualificazione dei suoi membri, chiamate ad agire in
maniera unitaria in contestualit di tempo e di luogo.

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Disciplina della collegialit


La collegialit come formula organizzativa molto diffusa nellamministrazione pubblica sia
nellambito degli organo c.d. procedimentali, sia nellambito degli organi provvedi mentali, che
operano nella fase decisoria del procedimento.
Le ragioni della collegialit sono molteplici. Alla base, c sempre lesigenza di aggregare in una
contestualit spazio-temporale una pluralit di diverse competenze (tecniche) ovvero di diversi
centri di interessi.
La collegialit presenta il vantaggio di consentire il confronto diretto e immediato dei diversi punti
di vista; e d luogo a un risultato deliberativo che senzaltro frutto di detto confronto senza
necessit di ulteriori mediazioni o valutazioni comparative.
Per la costituzione in concreto i membri del collegio devono essere espressamente convocati in un
luogo e ad un tempo prestabiliti, mediante comunicazione scritta nella quale deve essere fissato il
c.d. ordine del giorno, cio l'elenco specifico degli argomenti sui quali il collegio chiamato a
deliberare. La convocazione del collegio in alcuni casi un atto dovuto del presidente: quando
imposta dalla legge oppure richiesta da un numero qualificato di membri.
Perch il collegio sia formalmente costituito, occorre che siano fisicamente presenti un certo
numero di membri (c.d. quorum strutturale) stabilito dalla legge. In alcuni casi la legge prevede che
per la formale costituzione del collegio occorra la presenza di tutti i suoi membri: c.d. collegi
perfetti. Si ritiene in giurisprudenza che sia necessario un collegio perfetto quando le attribuzioni
del collegio consistano in particolari giudizi ed operazioni valutative per le quali l'apporto di
ciascun componente appare indispensabile. Le deliberazioni concernenti persone di regola sono
adottate a voto segreto.
La proposta si trasforma in deliberazione del collegio una volta che su di essa si siano espressi
favorevolmente i membri del collegio presenti, nel numero richiesto dalla norma, variabile a
seconda del tipo di collegio o del tipo di deliberazione da adottare (c.d. quorum funzionale). In
assenza di normativa sul punto, il principio che il quorum funzionale corrisponda alla met dei
membri votanti pi uno: c.d. maggioranza semplice.
Il membro astenuto di regola considerato come assente in quel determinato momento dalla seduta
collegiale e perci non viene computato tra i votanti (pur contribuendo al quorum strutturale). In
alcuni tipi di collegi e in ordine a determinate deliberazioni, l'astensione non ammessa come nei
collegi perfetti. In altri casi, l'astenuto viceversa considerato tra i votanti, risultando dunque
l'astensione stessa ininfluente ai fini del quorum funzionale e perci il voto di astensione viene ad
equivalere in sostanza a un voto negativo.
Nel corso della discussione e della votazione, la proposta pu venire modificata sulla base di
proposte parziali di modifica (c.d. emendamenti) che possono essere presentate da ciascun membro
del collegio.
Tutto il lavoro dellorgano collegiale si svolge oralmente alla presenza fisica dei membri del
collegio in numero sufficiente per la formazione del quorum strutturale: numero che non pu mai
venire a mancanza nel corso della seduta; se viene a mancare la seduta deve essere interrotta (il
collegio non in numero legale).
Occorre sottolineare che il lavoro dell'organo collegiale pu svolgersi alla presenza esclusivamente
dei membri del collegio mentre la presenza di estranei alla discussione di regola considerata
viziante la legittimit della deliberazione. Ma ammessa la presenza alla seduta di persone
svolgenti attivit servente, burocratica e tecnica.

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Deliberazione collegiale
Ai fini della esternazione e della produzione degli effetti, la volont collegiale assunta con la
deliberazione, deve essere tuttavia tradotta per iscritto mediante una attivit affidata, in genere, ad
un membro del collegio (il segretario), attivit che si denomina verbalizzazione, poich tutta la
discussione trascritta in un verbale.
Nello Stato organi provvedimentali di importantissimo rilievo (come i ministri, i dirigenti generali)
conservano struttura monocratica; ma negli enti locali e negli altri enti pubblici, la gran parte delle
funzioni decisorie provvedimentali affidata a organi collegiali (consigli comunali, provinciali).
Alla base della collegialit c' sempre l'esigenza di aggregare una pluralit di diverse competenze
(tecniche) o di diversi centri di interessi.
Vi sono altri moduli procedimentali finalizzati allo stesso obiettivo (l'intesa, il concerto, il
procedimento consultivo, ete.) ma rispetto ad essi, il modulo della collegialit presenta il vantaggio
di consentire il confronto diretto e immediato dei diversi punti di vista; e d luogo a un risultato
deliberativo che senz'altro frutto di tale confronto senza necessit di ulteriori mediazioni o
valutazioni comparative.
Le relazioni tra uffici (interorganiche)
Equiordinazione e gerarchia
Tra uffici e organi di una stessa organizzazione pubblica intercorrono rapporti giuridici articolati e
complessi che si concretizzano nellesercizio di poteri, di facolt ed altre situazioni giuridiche:
rapporti giuridici regolamentati dal diritto positivo.
Il diritto regola non soltanto rapporti tra soggetti ma pure tra soggetti e soggetti, nonch rapporti
interni ad un unico soggetto: se si tratta di un ente che dotato di personalit, supponiamo lo Stato,
i rapporti tra due o pi suoi organi sono rapporti in cui lo Stato, in quanto si concreta in un organo,
si contrappone a se stesso in quanto si concreta in un altro organo, rapporti interni o riflessivi che
dir si voglia, in cui pu trovarsi un ente che ha diverse funzioni, diverse attivit, ciascuna esercitata
da una particolare sfera della sua struttura.
Questi rapporti trovano il loro fondamento nella posizione organizzativa reciproca degli organi e
degli uffici nell'ambito dell'organizzazione: secondo tale posizione, agli organi e agli uffici spettano
reciprocamente poteri, facolt ed altre situazioni soggettive differenziate. Si tratta di relazioni
organizzative stabili, fondate sulla posizione delle singole strutture nell'ambito dell'organizzazione.
Si danno due tipi principali di tali relazioni: relazioni di equiordinazione e relazioni di
sovraordinazione-subordinazione ("gerarchia").
Nelle relazioni di equiordinazione, gli organi tra loro, sono in posizione paritaria, cio nessuno di
essi ha poteri di supremazia nei confronti degli altri e nessuno, per contro, si trova in posizione di
soggezione nei confronti degli altri. In tal caso si pone un problema di coordinamento, affinch le
strutture possano seguire gli stessi obiettivi e gli indirizzi dell'organizzazione della quale tutte fanno
parte, nell'esercizio in concreto delle funzioni ad essa attribuite.
Nelle relazioni di sovraordinazione-subordinazione l'organo sovraordinato (il "superiore
gerarchico") dotato nei confronti dell'organo subordinato ("linferiore gerarchico") di una serie si
poteri a fronte dei quali quest'ultimo si trova in una posizione di soggezione.
A proposito della gerarchia, la normativa generale sui ricorsi amministrativi dispone che contro gli
atti amministrativi non definitivi ammesso ricorso all'organo sovraordinato da parte di chi vi abbia
interesse.

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Anche nei casi di strutture in cui presente un coordinatore sovraordinato rispetto al restante
personale dirigenziale (come le regioni), il dirigente preposto all'ufficio di pi elevato livello
sovraordinato al dirigente preposto all'ufficio di livello inferiore.
Quanto all'organizzazione statale, il D. pubb. imp. ha abrogato le norme che creavano una
sovrapposizione funzionale del Ministro rispetto ai dirigenti introducendo il principio della
separazione qualitativa tra le competenze del vertice politico rispetto all' apparato dirigenziale.
Quindi il ministro ancora considerato capo dell'Amm. cui preposto anche se ormai il suo potere
di direttiva non si risolve pi nella competenza ad emanare ordini specifici di gestione bens ad
emanare ordini di carattere generale cmq vincolanti per tutti i singoli concreti atti
dell'Amministrazione.
Gerarchia in senso stretto e Gerarchia in senso lato
Il modello originario della gerarchia (gerarchia in senso stretto) caratterizzato dal fatto che tra gli
organi di una stessa organizzazione, non sussiste una vera e propria separazione di competenza, e
agiscono secondo criteri di distribuzione dei compiti fissati dal vertice dell'organizzazione.
Tale modello rimasto proprio delle Amministrazioni militari e di altre amministrazioni che alle
prime si ispirano nei principi organizzativi (es. polizia di sicurezza, corpi militari come i vigili del
fuoco, il corpo forestale dello Stato).
Ad es. la c.d. autorit di pubblica sicurezza addetta alla tutela dellordine e della sicurezza pubblica,
organizzata, nellambito del Ministero dellinterno, secondo una struttura che prevede identit di
attribuzione a tutti gli organi della medesima, ordinati secondo gerarchia, salva una distinzione di
competenza territoriale: Ministro dellinterno (autorit nazionale); capo della polizia (direttore
generale della p.s.); prefetto; questore (autorit provinciali di p.s.); autorit locali di p.s..
In questi casi l'organo sovraordinato determina il contenuto (mediante atti della specie degli ordini)
della singola azione che l'organo subordinato deve porre in essere (atto giuridico, operazione), e
questultimo tenuto ad ottemperare latto o loperazione con lo stesso contenuto determinato dal
superiore gerarchico, a pena della sua illegittimit, oltre che a conseguenze di natura disciplinare, e
laddove previsto, di natura penale; e pu sempre sostituirsi al subordinato nell'esercizio di attivit
proprie di quest'ultimo (sostituzione).
All'ufficio sovraordinato spettano poi poteri di controllo sia sul funzionamento sia sugli atti
dell'ufficio subordinato (ispezioni, annullamento d'ufficio, etc.).
Le relazioni di sovra ordinazione-subordinazione rappresentano il modello pi diffuso delle
relazioni interorganiche nellorganizzazione dello Stato. Ma non si tratta pi di una gerarchia in
senso stretto, secondo il modello delineato; si tratta di un modello diverso da questo, che
denominiamo gerarchia in senso lato, e che adatta il principio della sovraordinazionesubordinazione degli uffici a quello della competenza.
Nella gerarchia in senso lato i poteri spettanti agli organi sovraordinati nei confronti dei subordinati
sono diversi rispetto a quelli del primo. Come poteri, troviamo: il potere di direzione, in cui il
superiore gerarchico stabilisce criteri e obiettivi dellazione amministrativa che l'inferiore
gerarchico deve tenere presenti nello svolgimento della sua azione, ma non ottemperarvi senz'altro.
Ci significa specificamente che l'inferiore gerarchico deve motivare le ragioni di interesse
pubblico che l'hanno indotto in determinate circostanze ad agire in maniera difforme rispetto a
quanto indicato dal superiore gerarchico. Gli atti tipici nei quali si esprime il potere di direzione si
denominano direttive mentre le circolari sono documenti contenenti le direttive, in quanto destinati
alla" circolazione" tra gli uffici dell' organizzazione.
Il potere di sostituzione non sussiste se non laddove espressamente previsto dalla legge mentre i
poteri di controllo sono gli stessi del primo modello.

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Riassunto
[Gerarchia: lorgano sovraordinato dotato, nei confronti del subordinato, di una serie di poteri a fronte dei
quali questultimo si trova in una posizione di soggezione.
Gerarchia in senso stretto
Tra gli organi non sussiste una vera e propria separazione di competenza, ma la competenza si viene a
confondere con lattribuzione nellambito della quale tutti gli organi possono agire secondo criteri di
distribuzione dei compiti fissati dal vertice dellorganizzazione. Lorgano sovraordinato determina il
contenuto della singola azione che lorgano subordinato deve porre in essere.
Gerarchia in senso lato
I poteri spettanti agli organi sovraordinati nei confronti dei subordinati sono notevolmente diversi rispetto a
quelli del primo modello (potere di direzione, poteri di controllo, potere di sostituzione, sussiste se
espressamente previsto dalla legge).]

Coordinamento
Nelle relazioni gerarchiche tra organi e uffici il superiore gerarchico in entrambi i modelli di
gerarchia, assicura anche il coordinamento tra i diversi uffici a lui sottoposti.
La figura del coordinamento assume viceversa un rilievo proprio nell'ambito delle relazioni di
equiordinazione nellambito delle quali, non essendovi alcun ufficio sovraordinato rispetto agli altri,
occorre prevedere appositamente una struttura di coordinamento. E a tal proposito sono due i
modelli. Nel primo caso si tratta di un organo collegiale nel quale tutti gli uffici sono rappresentati e
che provvede ad assumere atti, nei confronti degli uffici stessi, che hanno una efficacia simile a
quella delle direttive nelle relazioni gerarchiche. Il modello diffusissimo sia nella legislazione
statale che regionale (es sono lo stesso consiglio dei ministri, i comitati interministeriali, le
conferenze di servizi).
In altri casi, ad uno degli uffici equiordinati viene espressamente conferito dalla legge il compito del
coordinamento. A codesto ufficio non vengono conferiti in principio poteri di direttiva ma
principalmente compiti di armonizzazione dell'azione di diversi uffici, mediante contatti, mediante
raccolta di informazioni, mediante confronto di risultati.
Nell'ambito delle relazioni di equiordinazione si possono porre dei conflitti di attribuzione tra i
diversi organi per il fatto che pi organi pretendano la titolarit o l'esercizio di una stessa funzione.
La risoluzione dei conflitti disciplinata dalla legge (ad esempio, per i conflitti tra ministeri sono
risolti dal consiglio dei ministri) mentre nel caso di silenzio della legge, la risoluzione del conflitto
sempre di attribuzione del massimo organo deliberativo dell'ente (consigli regionali, comunali,
provinciali, ecc.; consigli di amministrazione degli enti pubblici, etc.).
Inderogabilit dellordine legale delle competenze (eventualmente studiare)
Fondamentale nelle relazioni interorganiche il principio di competenza.
Ciascun organo ha lambito delle proprie funzioni che, in quanto tale, non pu essere derogato per
volont dellAmministrazione.
Fondamentale nelle relazioni interorganiche il principio di competenza in base al quale la legge
individua l'ambito delle funzioni di ciascun organo (art. 97 Cost.), senza possibilit di deroga (a
pena di illegittimit) per volont dell'Amministrazione. Tale fondamentale affermazione resta
esclusa solo per le relazioni di gerarchia in senso stretto, dove propriamente non opera il principio
di competenza.
Nella gerarchia in senso lato i poteri del superiore gerarchico di regola non possono modificare
l'ordine legale delle competenze, infatti la titolarit dei poteri attribuiti dalla legge all'inferiore
gerarchico (competenza) resta in ogni caso ferma, mentre il superiore gerarchico pu, attraverso
l'esercizio dei poteri di direttiva, di controllo, in vario modo condizionare l'esercizio da parte
dell'inferiore gerarchico dei poteri di competenza di quest'ultimo. Quindi in questo caso non deriva

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ex se l'applicabilit di alcuno degli istituti positivi che consentono uno spostamento dell'ordine
legale delle competenze che devono essere espressamente previsti dalla legge. Tali istituti sono
ascrivibili a tre (principali) modelli: avocazione, delegazione, sostituzione.
Avocazione
Avocazione un atto attraverso il quale un organo decide di esercitare, sulla base di motivi di
interesse pubblico o comunque di giustificare ragioni (di ordine organizzativo e funzionale), un
potere attribuito alla competenza di un altro organo: una tantum, ovvero tutte le volte occorrenti per
la cura di un determinato interesse pubblico concreto.
Latto di avocazione esercizio di potere discrezionale e pu essere contestato nelle competenti
sede da parte di chi abbia interesse.
Delegazione
La delegazione molto diffuso sia nellambito delle relazioni interorganiche che delle relazioni
intersoggettive; un rapporto giuridico caratterizzato dal fatto che una figura soggettiva (ente o
organo: delegante) titolare di un determinato potere o di un complesso di poteri finalizzati alla cura
di determinati interessi pubblici (funzione), attribuisce ad altra figura soggettiva (delegato) con
proprio atto (atto di delegazione o pi semplicemente delega) l'esercizio del potere stesso,
definendone eventualmente la durata, le modalit, gli obiettivi.
La delega costituisce il fatto di legittimare circa lesercizio del potere da parte del delegato,
modificando lordine legale delle competenze.
Si afferma in via di principio che la delegazione non ammessa se non nei casi previsti dalla legge.
La delegazione prevista in via generale da parte dei dirigenti degli uffici dirigenziali generali in
favore dei dirigenti.
prevista poi la delegazione di "funzioni" dal presidente del consiglio ai ministri senza portafoglio,
o in mancanza di questi, ad altri ministri e la delegazione di "compiti" da parte dei ministri ai
sottosegretari di Stato.
La tradizionale delegazione di funzioni dal Sindaco ad assessori regolata dagli statuti; ed
confermata la delegazione da parte del Sindaco a consiglieri comunali o ai consigli circoscrizionali,
di funzioni spettanti al sindaco come ufficiale di governo da esercitarsi nellambito di quartieri o
frazioni.
Con lesercizio della delega si instaura tra delegante e delegato un rapporto giuridico che ha ad
oggetto lesercizio della funzione da parte del delegato.
L'atto di delegazione a forma scritta necessaria e pu indicare la durata della delega e fissare
istruzioni, criteri e obiettivi per l'esercizio del potere da parte del delegato. Resta cmq fermo che le
fattispecie di esercizio del potere si imputano esclusivamente al delegato che ne risponde verso i
terzi. Al delegante spetta sempre un potere di direzione e un potere di controllo.
La delega pu sempre essere revocata dal delegante nelle stesse forme previste per la sua adozione
ma la giurisprudenza ritiene che la delega pu essere revocata dal delegante "anche implicitamente"
(cio mediante l'esercizio diretto del potere).
Dalla delegazione interorganica nel senso proprio si distingue la c.d. delega di firma che consiste
nel fatto che un organo, pur mantenendo la piena titolarit circa l'esercizio di un determinato potere
delega ad altro organo o anche a funzionario non titolare di organo, il compito della firma degli atti

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nei quali il potere stesso si esercita. La delega di firma generalmente ammessa da parte del
ministro in favore dei sottosegretari di Stato e dei dirigenti generali.
L'atto firmato dal delegato resta formalmente imputato all'organo delegante che ne risponde nei
confronti dei terzi il delegante.
Il fatto che lattivit posta in essere dal delegato alla firma resti imputata allorgano delegante
costituisce la principale distinzione tra la delega di firma e delega interorganica; e la conseguente
differenza di disciplina rende necessario individuare, se si tratti delluno o dellaltro istituto.
Sostituzione
Con la sostituzione un organo (di regola il superiore gerarchico) adotta atti di competenza di altro
organo in caso di sua inadempienza, inerzia o ritardo nelladozione degli atti dovuti (o per i quali sia
scaduto il termine per la conclusione del procedimento da parte dei dirigenti).
Nell'ambito delle relazioni interorganiche, da ritenere, anche in base a quanto s' detto circa
l'inderogabilit dell' ordine legale delle competenze, che poteri sostitutivi, nella gerarchia in senso
lato, siano ammessi in capo al superiore gerarchico soltanto se previsto dalla legge. Tuttavia,
nell'ambito ministeriale, tra dirigenti ed organi subordinati, il potere sostitutivo previsto in via
generale.
previsto un analogo generale potere in capo ai ministri nei confronti dei dirigenti; in particolare, il
ministro, laddove riscontri "inerzia o ritardo" nell'adozione degli "atti dovuti" pu fissare un termine
perentorio entro il quale gli atti medesimi devono essere adottati, salva la possibilit di nomina di
un comissario ad acta, in caso del protrarsi dell'inerzia.
Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche Amministrazioni
La gran parte dei pubblici agenti a qualunque livello essi operino nellambito dellorganizzazione
amministrativa, formata da personale professionale legato da un rapporto di lavoro subordinato:
nel quale, il prestatore di lavoro si obbliga mediante retribuzione a collaborare nellimpresa
(amminist. Pubblica), prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la
direzione dellimprenditore.
Detto rapporto di lavoro dei pubblici agenti, tradizionalmente denominato pubblico impiego, ed
adesso pi precisamente rapporto di lavoro dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, era
disciplinato sino alle recenti riforme da principi e norme di diritto pubblico e non dalla disciplina
comune del lavoro subordinato; e sul versante della tutela, le relative controversie erano di
competenza del giudice amministrativo nell'esercizio di giurisdizione esclusiva.
Oggi invece restano disciplinate da norme di diritto pubblico solo alcune categorie di personale
pubblico espressamente indicate dalla legge quali magistrati, avvocati e procuratori dello Stato,
personale militare e di polizia, personale diplomatico e prefettizio, della Banca d'Italia e delle altre
Autorit amministrative indipendenti.
Le altre categorie di personale sono state infatti assoggettate alla nuova disciplina la cui fonte
principale contenuta nel D.pubbl.imp. del 2001. Tale norma fa espressamente riferimento ai
contratti collettivi che contengono la gran parte della disciplina sul rapporto di lavoro delle singole
categorie di personale, come del resto accade per ogni categoria di lavoratori subordinati. Con
riferimento a queste categorie di personale si parla di personale "contrattualizzato", per distinguerle
dalle categorie di personale non contrattualizzate soggette al regime pubblicistico.
In base alla nuova disciplina i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche Amministrazioni,
sono disciplinati dalle norme del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato
nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel D. pubbl. imp.

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Eventuali disposizioni legislative, regolamentari o di statuto che introducano discipline dei rapporti
di lavoro la cui applicabilit sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie
di essi, possono essere derogate da successivi contratto o accordi collettivi e, per la parte derogata,
non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ci sia espressamente previsto dalla legge. Quindi
la legge che prevale sempre sul contratto.
Sul versante della tutela, "sono devolute al giudice ordinario in funzione del giudice del lavoro tutte
le controversie riguardanti il rapporto di lavoro dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche";
salve espresse eccezioni.
Quindi, il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche Amministrazioni ormai risulta attratto,
sia sul versante sostanziale che su quello della tutela giurisdizionale, nel diritto comune del lavoro.
Tuttavia, la disciplina pubblicistica resta ferma in ordine ad alcuni istituti. Si tratta dei
"procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro"; dei ruoli e circa le
dotazioni organiche; della "disciplina della responsabilit e delle incompatibilit tra l'impiego
pubblico ed altre attivit e i casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici". Resta
ovviamente soggetta alla disciplina pubblicistica l'organizzazione amministrativa concernente
l'individuazione degli organi, degli uffici, i modi di conferimento della titolarit degli stessi.
Cmq la disciplina negoziale copre solo alcuni aspetti del rapporto di lavoro. Il meccanismo stesso
della contrattazione collettiva infatti disciplinato dalla legge, in ordine al procedimento di
contrattazione, alla rappresentanza della parte pubblica (imputata all'ARAN che un ente
pubblico), alla formazione delle rappresentanze delle parti sindacali, alla formazione dei comparti di
contrattazione.
Il contratto collettivo, una volta formato, sottoposto ad un articolato procedimento di controllo che
fa capo alla Corte dei conti, inteso alla valutazione della compatibilit dei costi con gli strumenti di
programmazione e di bilancio. Esso ha tuttavia natura negoziale con eventuale competenza del
giudice ordinario.
Istituti pubblicistici nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle p.a.
Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle p.a. resta cmq soggetto ad alcuni istituti pubblicistici
raggruppati sulla base di tre principi che vanno a caratterizzare tutta l'organizzazione pubblica.
Anzitutto le p.a. non hanno autonoma disponibilit di risorsa personale, infatti il personale di cui
possono disporre predeterminato dalla legge e cmq prestabilito da atti amministrativi a contenuto
generale.
La normativa pi recente ha spesso stabilito rigidi limiti allassunzione del personale, anche in
ragione del contenimento della spesa pubblica ai fini del rispetto del patto di stabilit.
Sul punto la L.finanziaria per il 2004 fa divieto alle Amministrazioni assumere personale a tempo
indeterminato salve specifiche eccezioni stabilite dalla stessa norma, e deroghe espressamente
autorizzate per esigenze di servizio e previo esperimento delle procedure di mobilit.
Nei confronti degli enti del governo territoriali, secondo la Corte cost., le limitazioni e i divieti
previsti dalla legislazione statale, possono essere stabiliti solo mediante normative di principi, da
attuarsi successivamente, mediante accordi tra enti e Governo secondo il principio di leale
collaborazione; e non attraverso norme puntuali ed immediatamente operative che si porrebbero in
contrasto con l'autonomia normativa riconosciuta in materia di organizzazione anche agli enti locali
oltre che, ovviamente, alle regioni.
In secondo luogo, e prescindere da questa legislazione di divieto che viene ad incidere direttamente
sulla provvista del personale da parte delle pubbliche Amministrazioni, sussiste per esse il principio
della predeterminazione organica del personale. Ci significa che ciascuna Amministrazione
usufruisce della risorsa personale non liberamente, caso per caso a seconda delle proprie esigenze

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organizzative e di funzionamento, ma sulla base di un atto amministrativo a contenuto generale, che


ciascuna Amministrazione tenuta ad adottare, che si denomina dotazione organica nel quale sono
stabiliti i contingenti numerici di personale, distinti per qualifica e posizione retributiva e distribuiti
nei diversi servizi nei quali l'organizzazione si articola.
Le dotazioni organiche delle diverse pubbliche Amministrazioni sono soggette a rimodulazioni
periodiche, a seconda delle esigenze delle stesse, ma anche per obblighi imposti dalla legge in
genere a scopo di contenimento della spesa.
Nell'ambito della dotazione organica di ciascuna pubblica Amministrazione, stabilito il ruolo del
personale, che un elenco nominativo delle persone in servizio presso quell'Amministrazione che
segue in genere un ordine di anzianit di servizio (cd. anzianit di ruolo).
Il posto di ruolo indica appunto la posizione del dipendente che pu essere ricoperta da altra
persona solo al momento in cui il titolare cessa dal servizio o viene collocato fuori ruolo. Egli
conserva il diritto ad essere riammesso in ruolo una volta cessata la causa del collocamento fuori
ruolo (es. il professore universitario che viene nominato giudice costituzionale). Egli conserva il
diritto ad essere reimmesso in ruolo una volta cessata la causa del collocamento fuori ruolo.
Il principio del concorso pubblico
Il secondo principio di diritto pubblico che investe la disciplina del rapporto di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni, stabilito dalla stessa Costituzione, come diretta
applicazione del principio del buon andamento, il principio secondo il quale al rapporto di lavoro
con le pubbliche Amministrazioni si accede per concorso.
Sono fatte salve deroghe espressamente stabilite dalla legge per determinate categorie di assunzioni
(es. avviamento sulla base delle liste di collocamento, per le qualifiche pi basse; posti riservati ai
disabili). Ma al di fuori di queste deroghe, il concorso costituisce modalit di assunzione
assolutamente obbligatoria per le p.a.; e in caso di violazione l'assunzione nulla, e l'organo che vi
ha provveduto chiamato a rispondere personalmente per i danni prodotti all'Amministrazione.
Secondo la Corte Costituzionale il pubblico concorso "quale metodo per l'accesso alla pubblica
amministrazione, offre le migliori garanzie di selezione dei pi capaci in funzione dell'efficienza
della stessa amministrazione" ed inoltre non caratterizzato "da arbitrarie forme di restrizione dei
soggetti legittimati a parteciparvi".
Il concorso un procedimento amministrativo tipico strutturato su tre fasi.
La prima fase quella del bando di concorso che viene reso pubblico nelle forme previste dai
diversi ordinamenti, attraverso il quale la p.a. rende noto che intende procedere all' assunzione di
personale appartenenti a determinate qualifiche e dotate di determinate professionalit. Coloro che
sono dotati delle qualit indicate dal bando di concorso (essere in una determinata fascia di et,
essere in possesso di una determinata laurea, ecc.) sono legittimati a prendere parte al concorso
stesso presentando domanda allamminis. Che lo ha bandito entro il termine stabilito dal bando.
La selezione degli aspiranti, che costituisce la seconda fase del procedimento, avviene mediante
valutazione tecnica dei loro titoli e in genere mediante apposite prove di esame, da parte di un
commissione.
La formazione della graduatoria da parte della commissione con l'indicazione degli idonei ai posti
messi a concorso perfeziona la terza fase del procedimento e lo conclude.
La graduatoria deve essere approvata da parte degli organi competenti dell'Amm. che ha bandito il
concorso.
L'approvazione, che costituisce l'atto finale del procedimento non atto della commissione tecnica,
ma dell'organo di amministrazione attiva competente per materia. Sulla base della graduatoria

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formata della commissione e approvata dall'Amministrazione si procede alle assunzioni di


personale mediante contratti individuali secondo la disciplina del rapporto di lavoro.
Il procedimento di concorso procedimento amministrativo a tutti gli effetti; sia sul piano
sostanziale, che come oggetto di tutela giurisdizionale, quindi il procedimento di concorso, in tutte
le sue fasi resta soggetto alla giurisdizione amministrativa anche laddove si tratta di concorsi
interni, cio riservati a soggetti gi in servizio presso l'Amministrazione.
Gli atti del procedimento di concorso che risultino direttamente lesivi degli aspiranti possono essere
senz'altro impugnati davanti al giudice amministrativi.
Posizione organica e stabilit del rapporto
Lultimo principio quello della stabilit del rapporto di lavoro nell'ambito della posizione organica
(o principio della posizione organica).
Una volta assunto mediante il contratto individuale che segue all'espletamento del concorso,
l'impiegato viene inserito in una determinata posizione (posizione organica o qualifica funzionale)
nell'ambito dell'organico dell'amministrazione (c.d. inquadramento). A questa posizione corrisponde
una determinata qualifica ed un corrispondente trattamento retributivo. La posizione organica indica
la posizione del dipendente in carriera (livello, o il grado).
Non possibile un inquadramento generico dell'impiegato nell'organico dell'Amm. senza
l'individuazione di una determinata posizione organica.
Nellambito di ciascuna categoria sono individuate diverse posizioni organizzative cui
corrispondono diversi livelli retributivi.
Un'area separata dalle altre, anche contrattualmente, cui pu accedersi mediante procedure
specificamente previste dalla legge quella della dirigenza preposti alla titolarit degli uffici
dirigenziali (organi a titolarit professionale).
Resta fermo che l'inquadramento dell'impiegato nella posizione organica ha valore formale e
vincolante nel duplice senso, che egli acquista il diritto a svolgere le mansioni proprie di quella
qualifica e non altre ma che, d'altra parte, non pu accedere ad altra e superiore posizione
funzionale, se non attraverso procedimenti concorsuali.
La progressione in carriera dell'impiegato non perci libera, ma avviene appunto, secondo tali
procedimenti. Mentre lo svolgimento in via di fatto di mansioni superiori irrilevante ai fini della
progressione di carriera mentre l'attribuzione formale di mansioni superiori pu avere luogo
soltanto nei casi previsti dalla legge e produce esclusivamente il diritto alla retribuzione superiore
per il periodo di svolgimento.
Il rapporto di lavoro pu essere a tempo indeterminato o a tempo determinato.
Per regola a tempo indeterminato, a differenza degli incarichi di funzione (rapporto di ufficio) che
sono per regola a tempo determinato.
Il rapporto di lavoro a tempo determinato pu essere prorogato limitatamente ad un determinato
periodo di tempo (non pi di 3 anni, riforma Fornero), trascorso il quale esso viene trasformato in
rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Si posto il problema se codesta disciplina sia applicabile al rapporto di lavoro alle dipendenze
delle pubbliche amministrazioni;lart. 36 D. pubblico impiego, afferma che le pubbliche
amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo
indeterminato e non possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal
codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nellimpresa se non per rispondere ad
esigenze di carattere temporale o eccezionale, prevedendo, peraltro, che la violazione di
disposizioni imperative riguardanti lassunzione o limpiego di lavoratori, da parte delle pubbliche
amminist., non pu comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo determinato.

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Il trasferimento del personale, dall'una all'altra pubblica Amministrazione a sua volta regolato da
disposizioni di legge (cd. mobilit).
L'art. 30 D. pubbl. imp., disciplina la mobilit ordinaria del personale tra p.a, su domanda
dell'interessato e in presenza di un posto vacante nellorganico dell'Amministrazione di
destinazione, di posizione corrispondente, e con il consenso di entrambe le Amministrazioni.
Altra forma di mobilit prevista per il caso di eccedenze di personale. In tale caso si prevede un
complesso procedimento (a partire dalla informativa delle organizzazioni sindacali circa il fatto che
si sono verificate codeste eccedenze) che tende alla ricollocazione del personale nell'ambito delle
stesse o di altre p.a. In esito a questo procedimento, laddove non sia possibile impiegare il personale
in eccedenza in alcun modo, il personale stesso collocato in disponibilit ed ha diritto per un certo
periodo di tempo ad una indennit determinata dalla legge, trascorso il quale il relativo rapporto di
lavoro si intende definitivamente risolto (art.34 D. pubbl. imp).
Forme di mobilit straordinaria sono poi previste con riguardo ad esigenze di trasferimento del
personale da una Amm. allaltra a causa del trasferimento di funzioni e servizi.
La disciplina della cessazione del rapporto resta differenziata rispetto a quella del rapporto di lavoro
comune. Infatti, il rapporto di lavoro pubblico cessa soltanto per cause previste dalla legge. Nel
rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche Amministrazioni opera ancora l'antico principio
secondo il quale l'impiegato "non pu essere privato nel suo ufficio, tranne che nei casi previsti
dalla legge". In particolare oltre alle cause imputabili al lavoratore stesso (dimissioni, assenza
prolungata dal servizio), la cessazione del rapporto pu avvenire in virt di sanzione disciplinare
nelle ipotesi previste dalla disciplina contrattuale secondo procedimenti previsti dalla legge. La
risoluzione del rapporto di lavoro in via autoritativa, avviene poi nell'ipotesi del personale posto in
disponibilit a causa di eccedenze.
Solo per i dirigenti, prevista unipotesi di recesso dal rapporto di lavoro come ipotesi grave di
sanzione per mancato raggiungimento degli obiettivi o per inosservanza delle direttive ministeriali
impartite.
Doveri di ufficio
I dipendenti pubblici sono tenuti ad una serie di doveri ed obblighi e sono oggetto di una disciplina
in vario modo limitativa della propria libert di comportamento e di azione, intesa ad assicurare che
il rapporto di servizio si svolga in maniera tale da garantire il buon andamento e l'imparzialit
dell'azione amministrativa.
Come le organizzazioni pubbliche, sono organizzazioni serventi gli interessi della collettivit, cos i
pubblici agenti, e segnatamente il personale dipendente dalle organizzazioni stesse, nellazione di
ufficio, al servizio del pubblico, dei cittadini. E tutta la sua azione deve essere intesa ad assicurare
il migliore andamento, lefficienza e lefficacia del servizio cui adibito.
Questi principi sono stati introdotti in un Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni. I principi del Codice sono espressamente dichiarati esemplificativi degli obblighi
di diligenza, lealt, imparzialit che qualificano il corretto adempimento della prestazione
lavorativa (art. 1).
Circa i doveri di ufficio in senso stretto (rapporti con l'Amministrazione), ritroviamo tra i principali
doveri del dipendente quello di dedicare la giusta quantit di tempo e di energie allo svolgimento
delle proprie competenze nel modo pi efficiente nell'interesse dei cittadini; dovere di usare e
custodire con cura i beni di cui dispone per ragioni d'ufficio, e di non utilizzare a fini privati le
informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio e le stesse attrezzature; limitare le assenze a quelle
strettamente necessarie.

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Inoltre, il dipendente si deve astenersi dal prendere decisioni o svolgere attivit inerenti alle sue
mansioni in situazioni di conflitto, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo
grado.
Circa i rapporti con i cittadini utenti, il principio generale che il comportamento del dipendente
deve essere tale da stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione tra i cittadini e
l'Amministrazione.
In particolare bisogna avere la massima disponibilit e non ostacolare l'esercizio dei diritti. Deve
essere poi favorito l'accesso dei cittadini alle informazioni a cui essi abbiano titolo e soprattutto
garantire parit di trattamento tra i cittadini.
fatto divieto di chiedere per se o per altri e di accettare regali o altre utilit, salvo quelli d'uso di
modico valore, da soggetti che abbiano tratto o cmq possano trarre benefici da decisioni o attivit
inerenti all'ufficio. N devono essere offerti regali o altre utilit ad altri dipendenti sopraordinati o
subordinati.
Inoltre il dipendente si deve astenere da dichiarazioni pubbliche che possano ledere l'immagine
dell'Amministrazione e dei rapporti con la stampa deve essere sempre informato il dirigente
dell'ufficio. Ed anche al di fuori del servizio si afferma l'impegno del dipendente nella vita sociale
a evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi o all'immagine della
pubblica Amministrazione.
Nelladempimento delle prestazioni dufficio il dipendente tenuto ad assicurare la parit di
trattamento tra i cittadini astenendosi, da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari
dellazione amministrativa o che comportino discriminazioni.
Circa l'esercizio delle funzioni il dipendente deve assicurare il rispetto della legge e perseguire
esclusivamente l'interesse pubblico. Vengono stabiliti in maniera analitica inoltre una serie di
obblighi di astensione dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attivit coinvolgenti in vario
modo interessi personali del dipendente o di individui ed organizzazioni a lui collegate. E
particolari obblighi e divieti sono stabiliti nella delicata attivit di stipulazione e conclusione di
contratti per conto dell'Amm.

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Capitolo 5
TIPOLOGIA DELLE ATTIVIT DI AMMINISTRAZIONE E PRINCIPI GENERALI
L'attivit amministrativa tra diritto amministrativo e diritto comune
L'amministrazione mediante atti giuridici: amministrazione finale e strumentale
L'amministrazione come attivit intesa alla cura di interessi collettivi si estrinseca attraverso
operazioni e atti giuridici (produttivi di effetti).
Lazione amministrativa nel suo complesso concretizza la funzione di amministrazione come una
funzione di governo della collettivit. Essa, nella variet delle sue articolazioni e della tipologia dei
moduli strutturali nei quali si esprime,si identifica nelle "funzioni amministrative" che l'art. 118
Cost. affida, per regola, alla responsabilit dei comuni, salvo che esigenze di esercizio unitario ne
impongano la dislocazione a pi elevati livelli di governo.
I moduli giuridici dell' azione amministrativa sono di diritto pubblico e di diritto privato, secondo
scelte dell'ordinamento positivo.
L'amministrazione attivit servente gli interessi della collettivit, e perci non libera, ma sempre
in qualche modo vincolata, finalizzata, al raggiungimento di scopi predeterminati posti dalla legge,
cio dal potere politico in quanto espressione della collettivit generale.
In conseguenza, lutilizzo di strumenti privatistici nellazione amministrativa, risulta sempre
limitato e condizionato da questi principi ispiratori dellamministrazione.
L'amministrazione sulla base dei principi costituzionali e di quelli dell' ordinamento europeo, segue
un modulo tipico di azione giuridica che quello dell'esercizio del potere e l'instaurazione di
rapporti giuridici di diritto pubblico con i soggetti terzi (nella cui sfera l'esercizio del potere inteso
a produrre effetti); rapporti a loro volta soggetti alla tutela giurisdizionale speciale assicurata dal
giudice amministrativo.
Questo modulo di azione trova spazio anche nell'ambito dell'attivit amministrativa di diritto
privato; esso investe per regola il modo della formazione in concreto della volont negoziale delle
p.a.
Tra le attivit giuridiche di amministrazione, occorre distinguere quelle intese alla cura degli
interessi affidati alla produzione del risultato amministrativo voluto attraverso gli effetti sulle
situazioni soggettive dei terzi. E cos l'espropriazione dell'area per la costruzione dell'opera
pubblica, l'autorizzazione rilasciata al soggetto richiedente per l'apertura di una farmacia, o di un
locale commerciale, sono atti giuridici direttamente produttivi di effetti verso l'esterno, attraverso i
quali si concretizza un fatto di amministrazione in senso sostanziale.
Da queste attivit di si distinguono le attivit giuridiche di amministrazione che si esprimono in atti
a contenuto generale, non direttamente destinati a singoli soggetti (come i piani urbanistici,
commerciali, dei trasporti, il piano delle frequenze nelle radiodiffusioni); atti che prescrivono
programmi e regole di azione vincolanti i soggetti cui si rivolgono ovvero la successiva azione delle
pubbliche amministrazioni nel settore di pertinenza (amministrazione di regolazione).
Tutte queste attivit sono accomunate nella nozione di amministrazione finale: come quella che si
esprime in atti produttivi direttamente di effetti nei confronti di soggetti terzi, anche se non
necessariamente nei confronti di singoli soggetti destinatari; atti sempre impugnabili.
Alle attivit di amministrazione finale si affiancano attivit giuridiche ad esse strumentali (c.d.
amministrazione strumentale) intese ad assicurare la legalit e la correttezza tecnica delle prime, e a

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costituire il necessario supporto conoscitivo (attivit consultive, attivit di accertamento e


valutazione tecnica) ed intese a controllare la conformit (alle regole giuridiche e tecniche) di quelle
di amministrazione finale una volta espletate.
In genere queste attivit sono imputate ad organi dei quali assicurata la competenza tecnico
professionale tale da garantirne limparzialit (e la neutralit) rispetto agli interessi alla cui cura
lamministrazione finale, cui quella strumentale correlata, finalizzata.
E a volte queste attivit sono affidate ad organi (come il Consiglio di Stato e la Corte dei conti) la
cui imparzialit e (terziet) rispetto agli interessi coinvolti garantita dalla struttura dell'organo
formato da magistrati e dalle modalit di esercizio della funzione in forme paragiurisdizionali.
Servizi pubblici
La gran parte delle attivit di amministrazione consistono in prestazioni materiali (servizi) rese ai
cittadini.
Nella nostra societ i pubblici poteri sono chiamati ad assicurare ai cittadini una serie di servizi,
consistenti di operazioni e prestazioni di vario tipo, dai trasporti alla costruzione di alloggi, dalle
prestazioni sanitarie a quelle dellistruzione, dai servizi postali a quelli delle telecomunicazioni.
ritenuti necessari in un determinato contesto storico-sociale.
In molti casi si tratta di prestazioni garantite dalla Costituzione, o da leggi di attuazione
costituzionale (es. le leggi generali sullistruzione, le leggi sul servizio sanitario nazionale, la legge
quadro sullassistenza sociale, ecc.) a fronte delle quali in capo ai cittadini si configurano veri e
propri diritti soggettivi tutelabili in sede giurisdizionale: "i diritti civili e sociali" circa i quali i
livelli essenziali delle prestazioni devono essere garantiti dalla legge dello Stato su tutto il territorio
nazionale (art. 117,2 Cost.).
Si tratta di attivit necessarie il cui svolgimento costituisce amministrazione in senso sostanziale,
come attivit di cura concreta di interessi collettivi.
A volte si tratta di attivit che constano di prestazioni a fronte delle quali previsto il pagamento di
un prezzo a carico degli utenti, che pu essere a sua volta parziale ovvero comportare la totale
copertura dei costi stessi, o ancora essere disciplinato in modo da assicurare un utile all'
organizzazione che presta il servizio. Il servizio pu essere viceversa del tutto gratuito, per tutti gli
utenti o per alcune fasce di utenti.
Queste attivit si denominano servizi pubblici (o di interesse generale).
Il carattere necessario di queste attivit comporta che esse debbano essere svolte in concreto,
costantemente nel tempo, su tutto il territorio e siano accessibili in principio ad ogni consociato
(universalit, accessibilit, delle attivit di servizio pubblico).
compito dei pubblici poteri assicurare il corretto svolgimento di queste attivit in termini spaziali
e temporali. A ci essi provvedono direttamente (attraverso proprie organizzazioni amministrative)
o affidando l'espletamento del servizio ad organizzazioni esterne, soggetti privati, in genere imprese
private. In questultimo caso, lattivit dei pubblici poteri resta limitata alla regolazione delle
modalit di svolgimento dellattivit di servizio da parte di codeste organizzazioni, e al controllo del
corretto svolgimento e dei risultati del servizio in termini di utilit per i cittadini.
Nel primo ordine di casi, l'attivit di servizio pubblico interamente ascritta all'amministrazione in
senso stretto (anche in termini soggettivi), come attivit che esercitano pubbliche Amministrazioni,
sia che si tratti di attivit giuridiche (contratti, atti amministrativi, ma in genere atti negoziali) sia
che si tratti di operazioni (l'attivit di cura dei malati nei pubblici ospedali, etc.).
Nel secondo ordine di casi, l'attivit di servizio (come insieme di prestazione agli utenti) espletata
dall'impresa privata (come attivit a carattere privatistico).

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Attualmente l'ambito delle attivit di servizio pubblico espletate da soggetti terzi in forma di
impresa, di molto cresciuto, ed diminuito l'esercizio diretto da parte delle pubbliche
Amministrazioni che quindi da soggetti gestori, sono diventate principalmente soggetti regolatori e
di controllo di attivit altrui rese in forma di attivit di impresa a favore della collettivit.
Attraverso l'attivit di regolazione, alle imprese esercenti il servizio vengono imposti obblighi di
servizio pubblico come il c.d. obbligo di servizio universale ,inteso come quello di prestare un
determinato servizio su tutto il territorio nazionale, a prezzi accessibili, e a condizioni qualitative
simili indipendentemente dalla redditivit delle singole operazioni.
Ci sono una serie di vincoli posti dallordinamento europeo, per esempio in materia di servizio
postale, in materia di energia elettrica, in materia di servizi ferroviari, ecc., in cui la Corte ha
riconosciuto che determinate attivit in quanto costituiscano "una prerogativa intrinseca dello Stato"
(ad esempio la sicurezza, la giustizia, etc.) siano al di fuori dall' ambito delle attivit imprenditoriali
soggette alle regole della concorrenza e del mercato. E sono state riconosciute come attivit che
possono continuare ad essere gestite in forma amministrativa, quelle dell'istruzione, della
previdenza e l'assistenza sanitaria.
Beni pubblici
Lo Stato e gli enti dellorganizzazione pubblica sono proprietari di beni e titolari di diritti su beni;
essi vengono gestiti e tutelati secondo disciplina di diritto pubblico.
Come beni patrimoniali restano soggetti alla disciplina del diritto comune, quei beni appartenenti
allo Stato e agli atti dellorganizzazione pubblica, che non sono destinati ad uso pubblico o richiesti
dal pubblico.
Nellambito del patrimonio, distingue ancora il patrimonio indisponibile, formato dai beni destinati
ad una funzione o servizio pubblico e perci sottratti alla disciplina comune, dal patrimonio
disponibile, formato dai beni non destinati, e perci senzaltro soggetti a detta disciplina.
Emerge una differenziazione netta tra beni pubblici (demaniali o patrimoniali indisponibili che
siano, secondo il codice) e beni patrimoniali come quelli soggetti al diritto comune.
Ci sono alcune categorie di beni, identificate per loro caratteristiche naturali, che la legge senzaltro
riserva allappartenenza pubblica: lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti (demani marittimo); i
fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (demanio idrico); le
foreste che a norma di legge in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato; le miniere, le
cave e torbiere quando la disponibilit ne sottratta al proprietario del fondo; le cose di interesse
storico, archeologico.
In questi casi, i beni appartenenti a queste categorie, individuati per loro caratteristiche naturali
stabilite dalle leggi di settore e in qualche caso oggetto di specifico accertamento da parte
dellautorit amministrativa (es. i giacimenti minerari, riconosciuti esistenti e coltivabili
dallautorit competente), per il fatto stesso di esistere (o al momento in cui vengono scoperti o
rinvenuti: cos i beni culturali nel sottosuolo, gli stessi giacimenti minerari) sono riservati alla
propriet pubblica, cio appartengono necessariamente allo Stato o ad altro ente indicato dalla
legge; sono assolutamente inappropiabili da parte di terzi. E queste loro caratteristiche che vengono
assoggettati alla disciplina di diritto pubblico.
la legge che direttamente ascrive questi beni al genus de beni pubblici: i beni per il fatto di essere
quelli che sono (e ascrivibili perci alle categorie di legge), e a prescindere dalla loro concreta

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destinazione alla funzione o al servizio, sono senzaltro riservati alla propriet pubblica e
assoggettati alla relativa disciplina.
Altri beni di appartenenza pubblica possono essere destinati ad una funzione o servizio pubblico per
decisione dellautorit competente. Una volta che la destinazione in concreto realizzata, il bene
acquista la qualit di bene pubblico, e viene assoggettato alla relativa disciplina.
I beni non posso essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li
riguardano. Ad esempio, una volta che il Comune destina un edificio di sua propriet a sede della
scuola, questo edificio non potr essere sottratto alla destinazione medesima, in virt di
espropriazione attivata dai creditori dellente. Esso finch scuola rimane, non potr essere sottratto
alla destinazione pubblica se non nei modi stabiliti dalle leggi che lo riguardano.
La destinazione pu avere diversi oggetti, attinenti ad ogni funzione o servizio di pertinenza
dellente. Quindi sono beni a destinazione pubblica <<gli edifici destinai a sede di uffici pubblici,
con i loro arredi>>; sono beni a destinazione pubblica quelli costituenti la dotazione della
Presidenza della repubblica, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra;
ma sono altres beni a destinazione pubblica, le oper destinate alla difesa militare nonch le strade,
le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti.
La destinazione risulta in genere come effetto di un procedimento decisionale dellautorit
amministrativa. Ad es. un edificio di propriet del Comune, sar destinato a scuola per effetto di una
deliberazione del Consiglio comunale. Per la destinazione, perch possa dar luogo agli effetti
civilistici menzionati (e cio sottrarre il bene dallapplicazione delle norme a tutela dei creditori) nei
confronti di terzi, deve risultare in fatto; cio tradursi nella effettiva utilizzazione del bene allo
scopo fissato con latto di destinazione. Ad es., non basta la deliberazione del Consiglio comunale
che intende destinare un certo edificio a scuola perch questo si trasformi in bene pubblico e venga
perci sottratto alla disciplina del diritto comune. Occorre che ledificio sia effettivamente
attrezzato per la sua nuova destinazione; non necessariamente che la scuola sia aperta come tale ma
che almeno siano di fatto iniziati i lavori intesi ad adibire ledificio alla destinazione stessa.
Lo stesso si pu affermare in ordine alla cessazione della destinazione; la quale a sua volta, devve
avvenire in fatto, per essere produttiva di effetti; non essendo sufficiente la mera manifestazione
della volont da parte dellente.
Una striscia di terreno diventa strada pubblica; cessa di essere strada pubblica al momento in cui
viene esclusa, in fatto, dalla circolazione (la sdemanializzazione di una strada pu anche verificarsi
senza ladempimento delle formalit previste dalla legge, ma occorre che essa risulti da atti
univoci, concludenti e positivi della P.A., incompatibili con la volont di conservare la destinazione
del bene alluso pubblico).
Disciplina generale dei beni pubblici
Nel loro insieme, queste categorie di beni costituiscono i beni pubblici, come quelli appartenenti a
titolo individuale allo Stato come ente, o ad altri enti pubblici, secondo la disciplina generale.
I beni pubblici essendo strumenti diretti di amministrazione nel senso che la loro stessa presenza
fisica, ovvero la loro utilizzazione in un certo modo, serve alla cura di interessi della collettivit (le
strade servono per circolare nel territorio, la spiaggia e gli arenili servono ai pubblici usi del mare,
ecc), essi devono essere tutelati sia nellintegrit fisica, sia nellappartenenza giuridica.
Ci comporta linapplicabilit ad essi delle norme comuni sulla circolazione giuridica, se non nei
modi stabiliti dalle leggi.
Si tratta dellincommerciabilit.

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Sono incommerciabili a prescindere dalla loro concreta e in costanza destinazione.


Larenile incommerciabile anche se coperto di sterpi e del tutto inservibile ad ogni uso. La strada
incommerciabile in costanza della destinazione stradale; una volta questa cessata in maniera
inequivocabile, diventa commerciabile.
La regola dellincommerciabilit si estrinseca in tre principale applicazioni.
Anzitutto essa comporta linalienabilit del bene o di singole sue porzioni. Esso non pu essere
oggetto di atti di alienazione o costitutivi di altri diritti a carattere reale o personale di godimento,
salvo che non si tratti di atti espressamente consentiti dalla legge ovvero senzaltro compatibili con
la destinazione.
Gli atti eventualmente posti in essere in violazione del divieto, sono nulli: nullo latto di
trasferimento di un bene immobile, derivante dallincommerciabilit del bene medesimo perch
demaniale.
In secondo luogo, lincommerciabilit comporta la sottrazione del bene alla garanzia patrimoniale
dei creditori dellente di appartenenza. Il bene o singole sue porzioni, non pu essere assoggettato
ad espropriazioni forzata n ad esecuzione in forma specifica, e comunque non pu essere oggetto
di pignoramento. Insomma esso inservibile come strumento di garanzia patrimoniale.
In terzo luogo, lincommerciabilit configurata come imprescrittibilit, che significa che il bene o
singole porzioni, non pu essere oggetto di fatti acquisitivi posti in essere da soggetti terzi. Il
possesso del bene, anche se protratto nel tempo previsto per lusucapione, nei confronti di beni
pubblici non d luogo ad alcun effetto. La propriet pubblica permane.
Questa regola tuttavia, propria dei beni riservati (e cos ad es. la porzione di arenile coltivata dal
vicino per i suoi usi non pu in virt di questo fatto, essere acquisita dal vicino per usucapione);
perch questi beni sono e restano pubblici a prescindere dalla loro concreta destinazione. Ma per i
beni a destinazione pubblica la regola inapplicabile: il possesso del bene detenuto da un terzo, non
infatti compatibile con la destinazione pubblica; quindi se di fatto si instaura e si protrae, questo
significa che la destinazione pubblica del bene o della sua porzione cessata e perci che il bene ha
perso la sua natura di bene pubblico. Tuttavia, <<la sdemanializzazione di un bene, con la
consequenziale configurabilit di un possesso da parte del privato ad usucapionem, pu verificarsi
tacitamente, in carenza di un formale atto di declassificazione, solo in presenza di di
comportamenti positivi della P.A>>.
La seconda regola quella che <<spetta allautorit amministrativa la tutela dei beni che fanno
parte del demanio pubblico>>.
Diritto pubblico e diritto privato
Le attivit giuridiche nelle quali si esprime l'amministrazione si distinguono in attivit di diritto
pubblico e in attivit di diritto privato.
Per quanto riguarda le attivit di diritto privato l'uso dello strumento negoziale nell'azione
amministrativa ancora l'eccezione, agibile soltanto laddove espressamente previsto dalla legge.
Il diritto pubblico via via diviene il diritto comune nei rapporti tra individuo e Stato; rapporti che
debbono presumersi regolati dal diritto pubblico, se non v' espressa ragione in contrario.
Quindi anche quello spazio di attivit amministrativa nel quale le pubbliche Amministrazioni
operano mediante negozi di diritto comune (e non mediante atti amministrativi) viene ricondotto per
una parte consistente della disciplina relativa, al diritto pubblico, restando in esso la disciplina
negoziale confinata al momento ultimo della stipulazione negoziale e al regime dell'esecuzione.
Di recente cmq sta emergendo lopinione secondo la quale le pubbliche Amministrazioni agiscono
secondo il diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente. Sempre che, ovviamente,
questa modalit dell'agire sia tecnicamente possibile con riferimento agli effetti che si intendono

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produrre. E perci, restano comunque al di fuori dello spazio dell'attivit amministrativa regolata
dal diritto comune quelle manifestazioni di essa attraverso le quali necessario produrre effetti
imperativi nella sfera giuridica di soggetti terzi laddove l'amministrazione necessita dell' esercizio
dell' autorit. La stessa L. n. 15/2005 afferma che la pubblica amministrazione nell'adozione di atti
di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga
diversamente.
Questi spazi di autonomia sono da intendere sia in ordine alla possibilit di sostituzione dell'atto
amministrativo con il negozio, come strumento di azione giuridica dell' amministrazione (la res
sulla quale deve essere realizzata una opera pubblica viene comprata piuttosto che espropriata); sia
in ordine alla disciplina interna dell' attivit negoziale sulla base di trattative tra le parti secondo gli
schemi del codice, piuttosto che sulla base di un procedimento di aggiudicazione.
Sul punto, si deve tuttavia tener presente che le pubbliche Amministrazioni in ogni manifestazione
del loro agire, sono sempre soggette al principio di economicit nonch al principio della parit di
accesso (da parte di tutti gli interessati alle utilitates che esse possono fornire); e questo ultimo
principio viene realizzato nel nostro ordinamento attraverso il procedimento amministrativo di
aggiudicazione che precede la stipulazione dei contratti (c.d. evidenza pubblica).
Un settore assai importante, che in virt della legislazione recente ha visto la sostituzione di moduli
di azione negoziali a quelli di diritto amministrativo il settore del pubblico impiego, nel quale
ormai le pubbliche Amministrazioni, salve le eccezioni previste dalla legge, operano come privati
datori di lavoro.
Riassunto 1
[Diritto Pubblico e Diritto Privato
Le attivit giuridiche nelle quali si esprime lamministrazione si distinguono in attivit di diritto pubblico e
in attivit di diritto privato. La P.A. nelladozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme
di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente. Le P.A. in ogni manifestazione del loro agire,
sono sempre soggette al principio di economicit, che applicazione del principio del buon andamento
nonch al principio della parit di accesso che applicazione del principio di imparzialit; e questultimo
principio viene realizzato nel nostro ordinamento attraverso il procedimento amministrativo di
aggiudicazione che precede la stipulazione dei contratti. Un settore assai importante che ha visto la
sostituzione di moduli di azione negoziali a quelli di diritto amministrativo il settore del pubblico impiego,
nel quale, ormai, le P.A. operano come privati datori di lavoro. Ma anche in questa disciplina restano spazi
significativi di diritto pubblico.]
Riassunto 2
[La nozione di diritto amministrativo
E la disciplina giuridica della pubblica amministrazione, nella sua organizzazione, nei beni nellattivit, e
nei rapporti che si istaurano con gli altri soggetti dellordinamento.
Negli Stati a regime amministrativo, lattivit della pubblica amministrazione non si esaurisce nella sola
attivit di diritto pubblico ma si assiste allespansione dellattivit di diritto privato della p.a. Cos lattivit
amministrativa pu essere esercitata dai soggetti pubblici tanto nelle forme del diritto pubblico, quanto nelle
forme del diritto privato.
Lart. 1, comma 1 bis l. 241/90( introdotto dalla l. 15/2005) prevede che la p.a. nellemanazione di atti di
natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge non disponga
diversamente. Il diritto privato diventa la regola per lattivit che si esplica mediante atti non autoritativi,
affermando cos un principio di parit dialettica tra privati e p.a.
Tuttavia la legittimit dellazione amministrativa svolta attraverso limpiego di strumenti privatistici dovr
comunque essere sempre verificata alla luce dei criteri che informano tutta lattivit amministrativa di cui al
1 comma l. 241/90 e cio economicit, efficacia, pubblicit, e trasparenza.]

Responsabilit civile delle pubbliche Amministrazioni


Le pubbliche Amministrazione sono soggetti giuridici dotati come le altre persone giuridiche della
capacit giuridica generale. Come tali esse sono destinatarie delle norme dell' ordinamento al pari
delle altre; perci, in quanto proprietarie di beni sono soggette alle regole del codice ed alle leggi

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civili relative ai rapporti dominicali e reali, salva la disciplina posta dalla legge a tutela dei beni c.d.
demaniali, o comunque riservati alla titolarit dello Stato e degli enti pubblici e dei beni a
destinazione pubblica (art. 822 e ss. cod. civ.).
In quanto soggetti giuridici possono ricevere eredit e legati nonch donazioni e altre liberalit. In
quanto soggetti attivi o passivi di obbligazioni, esse sono soggette alla relativa disciplina stabilita
dal codice (artt. 1218 e ss.; 1277 e ss.) salve le norme speciali relative al pagamento delle
obbligazioni pecuniarie, stabilite dalla disciplina "contabile" dei procedimenti di spesa.
E come soggetti giuridici le pubbliche Amministrazioni rispondono per i danni prodotti a terzi sia
nell' ambito dei rapporti contrattuali che extracontrattuali secondo la disciplina generale del codice
(artt. 1218 e ss.; 2049 e ss.).
Lart. 28 della Costituzione fa <<responsabili secondo le leggi penali, civili, e amministrative, i
pubblici agenti, degli atti compiuti in violazione di diritti<<; estendendo la responsabilit civile allo
Stato e agli enti pubblici.
Il fatto illecito proprio della persona fisica, cui risulta imputabile per avere con la sua azione
(consistente di atti giuridici o di operazioni), od omissione per colpa o per dolo, prodotto un danno
"ingiusto a terzi".Si pensi alloperatore sanitario che per negligenza o imperizia produca un danno
ad un paziente nel corso di una operazione chirurgica.
Il fatto o l'atto dell'agente imputabile all'Amministrazione della quale egli titolare o di un organo
ad essa legato attraverso un rapporto di ufficio, o da essa dipendente nell' ambito di un rapporto di
servizio.
Sono tuttavia esclusi secondo una giurisprudenza prevalente dalla imputabilit all'
Amministrazione, i fatti e gli atti dell' agente che abbia agito con dolo, ovvero perseguendo un fine
personale ed egoistico, s che la sua attivit debba ritenersi estranea alla persona giuridica.
Tuttavia anche il carattere doloso dellillecito, posto in essere dal pubblico agente, non esclude di
per s la sua imputabilit allamministrazione <<qualora tra il comportamento del dipendnete e le
incombenze affidategli intercorra un nesso di occasionalit necessaria, la sussistenza del quale va
valutata con riferimento alla finalit cui tende lattivit nel suo complesso>>.
Questo nesso deve essere accertato guardando al complesso della attivit nel quale il singolo
comportamento si inscrive. La c.d. occasionalit necessaria ricorre laddove la condotta dellagente
strumentalmente connessa con lattivit dellufficio. E perci va esclusa con riferimento alle attivit
di carattere strettamente personale che lagente pone in essere.
L'Amministrazione risponde del fatto illecito dell' agente direttamente nei confronti dei terzi
danneggiati, che possono agire direttamene nei confronti dell'Amministrazione per chiedere il
risarcimento dei danni. Tale responsabilit dell'Amministrazione convive con la responsabilit
diretta dell'agente.
La disciplina sul pubblico impiego prevede tuttavia, la limitazione della responsabilit dell'agente ai
casi di dolo o colpa grave. Lamministrazione risponde perci per l'illecito del proprio dipendente
anche se imputabile a colpa non grave, mentre quest'ultimo risponde solo se il fatto imputabile a
sua colpa grave.
Una problematica del tutto propria presenta la responsabilit delle pubbliche Amministrazioni per
danni prodotti da atti amministrativi o da fatti (silenzio inadempimento, ritardo nell'adozione dovuta
di atti) compiuti nell'esercizio di poteri amministrativi, lesivi, perci di situazioni di interesse
legittimo.

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La responsabilit dei pubblici agenti nei confronti degli enti di appartenenza, o pi in genere nei
confronti dellerario per danni recati con la loro azione od omissione dolosa o colposa (colpa
grave), disciplinata da normativa speciale ed affidata alla giurisdizione della Corte dei conti.
Riassunto
[La responsabilit civile dellamministrazione e dei suoi agenti: lart. 28 Cost. e la responsabilit
extracontrattuale
Il problema della responsabilit della pubblica amministrazione , da quando stata ammessa nei confronti
del cittadino anche per lattivit di diritto pubblico da essa posta in essere, si sempre e ovunque rivelato di
difficile soluzione. Si tratta infatti di conciliare la necessit di tutelare i cittadini di fronte agli illeciti dannosi
perpretati dai pubblici poteri, secondo i principi dello stato di diritto , con quella di salvaguardare le
pubbliche finanze da risarcimenti insostenibili, causati da interventi capaci di recare pregiudizio a collettivit
talvolta assai vaste. Se poi si considera che quegli illeciti sono di fatto opera delle persone fisiche inserite a
vario titolo nella organizzazione degli enti pubblici , ci si trova di fronte ad unulteriore difficolt : quella di
evitare preoccupazioni paralizzanti dovute a rischi eccessivi .
La Cost. del 48 pone per la prima volta disposizioni concernenti la responsabilit dellamministrazione e dei
suoi agenti.
Lart. 28 cost. recita I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente
responsabili , secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti e
aggiunge In tali casi la responsabilit civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
Affinch lobbligo di risarcimento sorga in capo alla pubblica amministrazione , occorre , oltre alla presenza
degli elementi di cui allart. 2043 c.c e cio, condotta dolosa o colposa- danno ingiusto- nesso di causalit tra
condotta e danno, anche che tra la p.a. e lagente intercorra un rapporto di servizio.
In tema di natura giuridica di tale tipo di responsabilit due teorie si contendono il campo, principalmente ,
essendo secondo alcuni quella della p.a. una responsabilit diretta,in considerazione dellimmedesimazione
organica tra organo e ente, secondo altri una responsabilit indiretta o per fatto altrui( del funzionario) ex art.
2049 c.c.]

Principi generali dell'attivit amministrativa


In ogni sua manifestazione, l'attivit amministrativa intesa alla cura di interessi della collettivit,
individuati con riferimento a una determinata situazione sociale, nelle forme previste
dall'ordinamento, dalla politica. L'attivit amministrativa sempre funzione servente di interessi
della collettivit,quindi un attivit di servizio.
Da ci deriva che 1'attivit amministrativa non mai libera ma predeterminata nei modi di azione,
nella tipologia degli atti, negli effetti che essi sono capaci di produrre, dalle norme diritto pubblico,
e vincolata nei fini da perseguire, stabiliti dalle norme stesse.
I principi dell' attivit amministrativa oggi trovano esplicita affermazione in alcuni fondamentali
testi positivi, 1'art. 97 della Costituzione, l'art. 1 della L. proc. amm. Intesi ad assicurare una buona
amministrazione".
I principi dellattivit amministrativa sono intesi ad assicurare la migliore amministrazione in s,
come quella servente gli interessi collettivi. Questi principi sono desumibili e affermati dallart 97
Cost., dallart. 41 Carta dei Diritti UE e lart. 1 L. Proc. Amm.vo.
Principio di legalit
Il primo principio che regge l'attivit amministrativa, quello di legalit (rule of law),che si articola
a sua volta in due principi:
- il principio della predeterminazione normativa del potere e delle modalit del suo esercizio
(legalit in senso stretto),
- e il principio del vincolo del fine.
Secondo la nostra Costituzione le disposizioni di legge secondo le quali i pubblici uffici sono
organizzati, devono assicurare il buon andamento e l'imparzialit dell'amministrazione (art. 97).

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E la legge fondamentale sul procedimento amministrativo dispone innanzitutto che l'attivit


amministrativa persegue i fini determinati dalla legge (art. 1 L. proc. amm.).
Il potere una capacit giuridica speciale, che la norma attribuisce a un determinato soggetto
(organo della pubblica amministrazione, autorit amministrativa), come capacit di adottare
determinati atti, e perci di produrre determinati effetti nell' ambito dell' ordinamento.
Ogni potere previsto da una norma che lo imputa ad una determinata autorit amministrativa
determinandone modalit di esercizio, contenuto ed effetti. Questa normativa, di diritto pubblico,
composta di norme tutte cogenti (salve limitate eccezioni) non derogabili dall'agente, a pena di
invalidit dei relativi atti.
Non necessariamente deve trattarsi di disciplina di legge, infatti anche altre fonti (regolamenti,
statuti) hanno la capacit di disciplinare i poteri amministrativi e il loro esercizio.
Solo per quei poteri amministrativi che hanno la capacit di imporre coattivamente, in capo a
soggetti terzi, prestazioni personali o patrimoniali (art. 23 Cost) ,o modificare giuridicamente la loro
sfera soggettiva (es. l'estinzione della propriet di una cosa) sussiste una vera e propria riserva di
legge.
Il vincolo della sottoposizione alla legge (alla normazione positiva) che investe ogni potere
amministrativo, strettamente connesso col principio di azionabilit, posto a tutela dei terzi che
dall'esercizio del potere possono subire conseguenze pregiudizievoli. Essi, rivolgendosi al giudice
competente, possono chiedere la caducazione degli atti pregiudizievoli (o altre misure riparatorie)
che siano stati adottati in violazione delle norme che ne sono oggetto.
Vincolo nel fine
In secondo luogo, il principio di legalit si traduce nell'affermazione che l'attivit amministrativa
persegue i fini determinati dalla legge. Il fine lo scopo di interesse pubblico che
l'Amministrazione tenuta a perseguire nell' esercizio in concreto del potere.
Lo scopo perseguito in concreto risulta dai motivi dell'azione che deve essere controllabile
dall'esterno.
Il principio del vincolo nel fine comporta che ogni scelta che lamministrazione adotti nellambito
della sua discrezionalit deve essere sempre correlata al fine che ad essa imposto; perci di ogni
scelta devono essere evidenziate le regioni circa la necessit e opportunit di essa in relazione a quel
fine (principio dellobbligo di motivazione).
Emerge qui il principio dellobbligo di motivazione.
Ragionevolezza e imparzialit
Il principio del vincolo del fine strettamente connesso a quello di ragionevolezza, a sua volta
rapportabile al principio di imparzialit stabilito dalla Costituzione (art. 97), nonch dalla
Costituzione europea (ogni persona ha diritto a che le prestazioni che la riguardano siano trattate in
modo imparziale).
Ragionevolezza ed imparzialit rappresentano due declinazioni dello stesso principio.
Ragionevolezza significa non arbitrariet delle scelte. Ogni scelta che l'amministrazione va ad
assumere negli spazi lasciati aperti dalla legge, nella sua discrezionalit deve essere logicamente
consequenziale rispetto alle premesse che risultano sulla base dei fatti e degli interessi acquisiti con
riferimento a una situazione concreta che deve essere conosciuta nella sua completezza mediante
l'acquisizione attendibile di tutti gli elementi di cui si compone.

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Si ricordi che il privato nellambito della sua autonomia, non solo libero di perseguire con la
propria azione i fini che vuole, a anche di agire secondo modalit e assumendo le scelte pi diverse,
e anche del tutto arbitrarie.
Lamministrazione, viceversa, chiamata a curare interessi altrui, interessi della collettivit, e
perci il suo agire sempre finalizzato e perci controllabile in termini di ragionevolezza.
Limparzialit indica il carattere di un' azione che non pu favorire l'una o 1'altra situazione nella
quale va ad operare le sue scelte: divieto di discriminazione.
Es. Tizio pu ottenere una misura favorevole cui anche Caio aspiri, solo se presenta maggiori titoli
rispetto a Caio, ai fini della misura di cui si tratta, e non perch lamministrazione intende favorirlo.
Questo insieme di principi, raggruppabili nell'imparzialit nell'amministrazione, sono intesi ad
assicurare la migliore amministrazione ma allo stesso tempo ad assicurare che il rapporto dell'
Amministrazione agente con i soggetti terzi portatori degli interessi, avvenga in modo leale (fair); in
modo che i loro interessi non vengano ingiustamente sacrificati.
Proporzionalit
Il principio di proporzionalit, proprio in questa prospettiva, costituisce ulteriore declinazione dei
principi di ragionevolezza e imparzialit. Esso particolarmente presente nel diritto europeo che
tende a far si che singole situazioni facenti capo a determinati soggetti in genere a contenuto
patrimoniale, non vengano sacrificate al di l di ci che strettamente necessario.
Esso comporta che ogni misura incidente su singole situazioni private, non solo debba essere idonea
all'obiettivo da perseguire (suitability) ma anche necessaria nel senso che nessun altro strumento
ugualmente efficace ma meno negativamente incidente sia disponibile (necessity); in sostanza il
dovere delle autorit di realizzare gli obiettivi dell'azione amministrativa alle migliori condizioni
possibili e imponendo ai cittadini il minor onere possibile.
Tale principio si applica segnatamente a proposito dell' esercizio di poteri ablatori o comunque
restrittivi dei diritti e delle libert dei privati.
Pubblicit
Vige poi il principio di pubblicit che comporta la conoscibilit all'esterno dei motivi che
sorreggono le scelte assunte che spezza l'antico principio della segretezza dell'azione
amministrativa. Esso si articola nei principi e nelle regole del giusto procedimento, al quale i
soggetti terzi portatori degli interessi possano partecipare al fine di rappresentare le loro ragioni.
Essi perci devono essere informati che un procedimento che li coinvolga sia stato avviato con il
diritto di accedere ai fascicoli e ai documenti d'ufficio; nonch, ovviamente, nell' evidenziazione dei
motivi delle singole scelte assunte al fine della loro conoscibilit e controllabilit (principio
dell'evidenza pubblica).
Legittimo affidamento
La tutela delle situazioni private nei confronti dell'esercizio del potere amministrativo, si esprime in
modo pi accentuato nel principio del legittimo affidamento, strettamente correlato a quello di
certezza.
In base a ci una situazione di vantaggio assicurata in capo a una persona, o a un'impresa, da un atto
dell'autorit amministrativa, non pu essere successivamente rimossa se non a fronte di esigenze di
interesse pubblico,e in ogni caso salvo indennizzo.
Il legittimo affidamento prodotto nel destinatario da un atto amministrativo favorevole pu portare,
in determinati casi, alla illegittimit di una successiva misura di rimozione dell'atto stesso, salvo che

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essa non sia tale da non pregiudicare l'interesse del destinatario: nessun interesse d'ordine pubblico
prevale (in determinati casi) sull'interesse del destinatario a conservare una situazione che egli
poteva considerare stabile. Si tratta della tutela dei c.d. diritti quesiti; che, una volta costituiti
dall'autorit amministrativa mediante un atto che si presume legittimo non possono essere
successivamente sacrificati.
Atti dell' autorit anche se illegittimi possono aver prodotto nei destinatari un affidamento circa i
vantaggi loro assicurati, affidamento che non pu essere sacrificato in ragione dell'interesse
pubblico.
Azionalibilit
La tutela dei soggetti terzi (portatori di interessi protetti) di fronte all'esercizio del potere, si
completa nel fondamentale principio di azionabilit, alla base della giustizia amministrativa (artt.
24, 103, 113 Cost.).
Ogni interesse giuridicamente protetto che venga sacrificato ingiustamente nell'esercizio in concreto
del potere, deve trovare tutela davanti a un giudice terzo e imparziale che esercita la sua
giurisdizione nei modi stabiliti dalla legge.
Buon Andamento e Buona Amministrazione
Buon andamento significa buona amministrazione, cio un'amministrazione capace di produrre
risultati utili per la collettivit, i migliori servizi con i mezzi disponibili.
Il principio del buon andamento investe tutta l'amministrazione.
Unamministrazione imparziale, rispettosa della legalit, ecc., pu anche produrre cattivi risultati,
costare troppo, spendere tempi molto lunghi, ecc. perci i due precetti debbono convivere e non si
sovrappongono.
Economicit, efficienza, precauzione
Nel nostro ordinamento il precetto costituzionale del buon andamento si articola segnatamente nei
due principi della economicit e della efficacia, espressamente sanciti dalla L. proc. amm., art. 1.
Economicit significa la produzione dei migliori risultati con il minor dispendio di risorse, ovvero
la produzione dei migliori risultati compatibilmente alle risorse disponibili. La produzione di
risultati ottimi, ma in tempi ingiustificatamente lunghi pu essere fattore sia di cattiva
amministrazione, sia di ingiusto sacrificio delle posizioni di coloro che sono portatori di specifici
interessi all'ottenimento di misure amministrative " entro un termine ragionevole".
Al principio di economicit collegato il principio del non aggravamento, cio l'obbligo di non
aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento
dell'istruttoria evitando elevati costi a carico dell' amministrazione e allungamento dei tempi del
procedimento.
Questo infatti significa che gli adempimenti procedimentali cui ogni Amministrazione tenuta
nellesercizio dei diversi poteri di sua competenza, devono essere quelli strettamente necessari alla
decisione che si va ad assumere, alle esigenze di cura dellinteresse specifico di cui si tratta; non
adempimenti ulteriori, che non essendo necessari comportano costi a carico dellamministrazione a
allungamento dei tempi del procedimento.
Il principio di efficacia (da non confondersi con l'efficacia giuridica degli atti) designa l'attitudine
delle azioni amministrative alla produzione dei risultati pratici programmati dalla stessa
Amministrazione o imposti dalla legge, ovvero resi necessari dalla situazione nella quale si va ad
incidere.

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Vige poi il principio di origine comunitaria di precauzione (entrato nell' ordinamento italiano, per
effetto dell'art. 1 L. proc. amm.). Il principio emerso con riferimento alla materia della protezione
dell'ambiente, e pi di recente nella materia della tutela della salute, della sicurezza dei lavoratori, e
dell'incolumit pubblica. A fronte di situazioni di rischio in questi settori, l'Amministrazione pu
adottare provvedimenti di cautela che producono effetti al fine di evitare ogni rischio. Quindi questo
principio pone in primo piano la tutela di interessi pubblici preminenti rispetto a situazioni private
che, sul piano cautelare, debbono essere sacrificate per far fronte a situazioni di rischio.
Il modulo tipico di esercizio del potere e i rapporti giuridici di diritto pubblico
Potere amministrativo
Il potere amministrativo indica una posizione soggettiva di una determinata autorit amministrativa,
che consente o nello stesso tempo impone, di porre in essere determinati atti giuridici, produttivi di
determinati effetti, al fine di curare determinati interessi collettivi.
Gli atti giuridici e i relativi effetti, nei quali il potere si esprime, sono, salve eccezioni, tipici,
espressamente previsti dalla norma. Per questo, ogni potere amministrativo pu essere configurato
come una capacit speciale conferita dalla norma alla singola autorit amministrativa che legittima
questa ad adottare atti giuridici; che altrimenti essa non potrebbe adottare (sarebbero atti
giuridicamente nulli, o inesistenti).
Come capacit speciale, il potere il presupposto, o la fonte, di una serie infinita di rapporti
giuridici, che si instaurano ad ogni episodio di suo esercizio.
Come capacit, i poteri sono costituiti, modificati nel loro contenuto, ed estinti, esclusivamente
dalla norma; non sono oggetto di disposizione da parte del loro titolare, n possono essere trasferiti,
ma solo temporaneamente esercitati da altre autorit amministrative (delegazione, avocazione, etc.).
Gli atti giuridici di esercizio del potere, produttivi degli effetti tipici, sono il risultato di un
complesso procedimento, cui partecipano sia autorit amministrative che soggetti "privati" portatori
di interessi propri (protetti dall' ordinamento).
Il contenuto dispositivo degli atti giuridici di esercizio del potere il risultato, anche, dell'apporto
dell'attivit giuridica svolta dai soggetti "privati" nell'ambito del procedimento e del relativo
rapporto giuridico; ma la determinazione "finale" della volont, che produce in concreto l'effetto,
imputabile esclusivamente alla autorit amministrativa titolare del potere, secondo lo schema degli
atti unilaterali (c.d. imperativit del potere amministrativo)
Il potere non pu essere esercitato per il soddisfacimento di interessi diversi da quello per la cui
cura stato attribuito a quella determinata autorit.
In ci consiste la c.d. imperativit del potere amministrativo: il contenuto dispositivo dei relativi atti
desercizio non il risultato della convergente volont di tutti i soggetti interessati o almeno di tutti
quelli nella cui sfera soggettiva gli effetti sono destinati a prodursi, ma il risultato della unilaterale
volont dellautorit amministrativa titolare del potere, che a sua volta tenuta a determinarsi in
funzione esclusiva del soddisfacimento dellinteresse pubblico.
tuttavia ammessa, in determinati casi, la negoziazione di una parte almeno del contenuto
dispositivo degli atti di esercizio del potere.
Per quanto concerne alcune specie di poteri (c.d. ablatori), l'imperativit si manifesta in una forma
particolarmente pregnante, poich in tali casi gli effetti degli atti di esercizio del potere hanno la
forza di imporsi senz'altro nella sfera soggettiva altrui, producendovi le modificazioni giuridiche

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determinate unilateralmente, prescindendo dall' apporto dalla volont dei soggetti stessi. In tali casi,
questi si trovano in situazione giuridica di soggezione.
Sul piano funzionale, cio riguardo alla cura degli interessi, il potere deve essere visto in relazione
allinteresse che pertiene alla collettivit, al pubblico, a fronte del quale la posizione dell' autorit
titolare del potere del tutto servente. E l'esercizio del potere acquista il carattere delle doverosit
laddove esigenze di cura dell'interesse si manifestano in concreto.
I rapporti giuridici di diritto pubblico e l'interesse legittimo
L'esercizio del potere instaura concreti rapporti giuridici con soggetti terzi, attraverso appositi atti
giuridici previsti dalla legge, nella produzione di effetti giuridici in capo a terzi, a volte di natura
costitutiva a volte di natura dichiarativa o preclusiva.
Quelli costituivi, a volte consistono nella mera modificazione giuridica della sfera soggettiva di
terzi, a volte nellimposizione a loro carico di obblighi di dare o di facere, a volte nellacquisto da
parte loro di diritti, status e altre situazioni di vantaggio.
A fronte dell' autorit amministrativa i soggetti terzi possono trovarsi rispettivamente in posizione di
soggezione o di onere.
ascrivibile alla soggezione la situazione di colui che deve subire gli effetti dell'atto di esercizio del
potere che si producono nella sua sfera giuridica prescindendo dall'apporto della sua volont.
ascrivibile all'onere la situazione del soggetto che dell'atto di esercizio del potere ha bisogno per il
soddisfacimento di un suo interesse, che in genere si realizza mediante l'acquisto di un diritto o di
altra situazione di vantaggio.
Quindi se intende soddisfare un diritto, deve promuovere l'esercizio del potere, chiedendo
all'autorit amministrativa competente l'emanazione del relativo atto.
In qualunque situazione si trovi il terzo interessato nell' ambito di un procedimento, egli si trova ad
essere sempre anche titolare di una situazione soggettiva attiva nei confronti della autorit
amministrativa che nel nostro sistema viene denominata interesse legittimo.
Specie di interessi come situazioni protette
Linteresse lo stato di aspirazione o di tensione della volont di un soggetto verso un bene
(ritenuto) idoneo a soddisfare uno stato di bisogno del soggetto stesso (Nicol).
L'esercizio del potere, con riferimento agli effetti tipici che i relativi atti sono chiamati a produrre,
suscita interessi anzitutto in capo ai soggetti nella cui sfera giuridica gli effetti stessi sono destinati a
prodursi.
Questi interessi possono essere di vario segno, possono tendere a conservare un bene e perci ad
opporsi all'esercizio del potere destinato a produrre, ad esempio, l'estinzione della propriet del bene
stesso; possono tendere all'acquisto di un bene o di un'utilit, per cui si rende necessario latto di
esercizio del potere, come nel caso di colui che per realizzare la propria casa ha bisogno di un atto
autorizzativo da parte del Comune.
E si distinguono cos gli interessi oppositivi (nel primo ordine di casi) e gli interessi pretensivi, nel
secondo.
Lesercizio del potere, pu coinvolgere una serie di interessi anche al di l dellambito di coloro
nella cui sfera giuridica esso destinato a produrre direttamente gli effetti. Come il fatto che il mio
vicino venda la casa alluno anzicch allaltro possibile acquirente, pu essere oggetto di un mio
specifico interesse (in quanto desidero avere vicini di un certo tipo, appartenenti a certi strati
professionali e sociali, ad esempio) pur non producendo alcun effetto giuridico direttamente nella
mia sfera; cos il fatto che l?amministrazione espropri il fondo del mio vicino per collocare ad
esempio una discarica di rifiuti industriali, o allinverso un parco pubblico, pu essere oggetti di un
mio specifico interesse (in quanto non desidero avere la discarica nelle vicinanze della mia
abitazione, e preferisco avere il parco, ad esempio).

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Gli interessi che emergono nelle vicende della vita sociale, possono essere oggetto, da parte
dellordinamento, di trattamenti diversificati.
Possono essere oggetto di un atteggiamento di indifferenza dellordinamento (interessi che non
hanno quel peso e quella rilevanza sociale che pu giustificare lintervento dellordinamento);
ovvero di un atteggiamento positivo (valutazione favorevole dellinteresse stesso).
L'interesse assunto dall' ordinamento come situazione soggettiva si configura come vero e proprio
diritto soggettivo nei casi in cui attribuito dalla norma al soggetto portatore, il potere di realizzare
senz'altro l'interesse, utilizzando a tal fine gli strumenti posti dall'ordinamento.
Nell'ambito dell'esercizio del potere amministrativo vengono ad essere coinvolti come interessi,
posizioni sicuramente di diritto soggettivo (come ad es. la situazione dei proprietari nell'ambito di
un procedimento di espropriazione) oppure possono essere coinvolti interessi che diritti soggettivi
non sono (ad esempio, l'interesse di colui che si oppone alla realizzazione di una discarica pubblica
nel fondo adiacente).
Secondo la legge fondamentale del 1865, soltanto i diritti soggettivi avevano tutela nei confronti
dell'Amministrazione, gli altri interessi invece venivano considerati giuridicamente irrilevanti. Con
la L. fondamentale 31.3.1889 gli interessi entrano ufficialmente nell'ordinamento, non pi oggetto
di mera indifferenza ma oggetto di considerazione positiva e perci di protezione giuridica.
La carta costituzionale allart. 24 assicura a tutti la facolt di agire in giudizio per la tutela dei
propri diritti e interessi legittimi e allart 113 proclama sempre ammessa contro gli atti della
pubblica amministrazione, la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi.
Parti necessarie ed eventuali dei rapporti giuridici di Diritto Pubblico
Circa l'individuazione dei portatori di interessi la L. proc. amm. identifica parti necessarie e parti
eventuali del rapporto giuridico di diritto pubblico.
I primi sono i soggetti nella cui sfera giuridica l'esercizio del potere incide direttamente,
positivamente o negativamente, nella sfera giuridica del soggetto, accrescendola o depauperandola
di una situazione soggettiva, rafforzandone o meno le capacit di esercizio, e cos via.
E cos ad esempio, se si tratta di un caso di espropriazione per pubblica utilit di un' area privata,
parti necessarie del rapporto saranno il proprietario espropriato e rispettivamente il soggetto
espropriante che ha richiesto all' autorit competente 1'espropriazione in suo favore dell'area stessa
(ad esempio, il Comune che intende realizzare un'opera pubblica).
Nel caso di rilascio da parte del Comune di una licenza per un esercizio commerciale, per una
farmacia, per la realizzazione di una costruzione, parte necessaria del rapporto il soggetto
richiedente la licenza nella cui sfera giuridica si va a produrre la modificazione.
Le parti necessarie sono formalizzate dalla L. proc. amm., nei soggetti nei confronti dei quali il
provvedimento finale destinato a produrre effetti diretti, nonch in "quelli che per legge debbono
intervenirvi" (nel procedimento).
Le parti eventuali sono invece i soggetti che in relazione ad un singolo episodio di esercizio del
potere, sono portatori di interessi qualificati circa l'oggetto stesso del procedimento e, a differenza
delle parti necessarie, questi soggetti non subiscono nella loro sfera giuridica un effetto giuridico in
senso tecnico, in esito all'episodio di esercizio del potere.
E cos ad esempio, a fronte del procedimento di espropriazione per pubblico interesse di un'area
privata da destinare alla realizzazione di un'opera pubblica, i proprietari dei fondi vicini possono
avere interesse a che l'opera non venga realizzata, e quindi l'espropriazione dell'area non venga
pronunciata, perch in ipotesi si tratta di opera (ad esempio, una discarica di rifiuti industriali) che

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danneggia la loro propriet.


Secondo la L. proc. amm. le parti eventuali sono quelle cui possa derivare un pregiudizio dal
provvedimento e diversi dai suoi diretti destinatari.
Identificazione dellinteresse legittimo (RIVEDERE)
Linteresse deve essere concreto e reale, oggettivamente ed esternamente identificabile, riferibile
alla sfera propria del soggetto (individualit e personalit dell'interesse) ed altres necessario il
requisito della qualificazione normativa dell'interesse, perch questo possa assurgere al rango di
interesse legittimo.
Laddove il rapporto dell'Amministrazione con soggetti terzi si instaura sulla base dell'esercizio del
potere, la posizione soggettiva di costoro si ascrive in ogni caso alla specie dell'interesse legittimo
perch la finalit perseguita dalla norma quella della "cura diretta ed immediata di un interesse
della collettivit" a fronte del quale le posizioni sostanziali dei privati godono di una protezione
indiretta.
Mentre la posizione dei terzi nei confronti dell' Amministrazione si ascrive alla specie dei diritti
soggettivi, se trova fondamento in norme che pongono a carico dell' amministrazione obblighi a
garanzia diretta e immediata di un interesse individuale.
In questo secondo ordine di casi, l'interesse tutelato dalla norma quello che coincide con la
soddisfazione dell'interesse proprio del soggetto mentre nel primo ordine di casi, l'interesse tutelato
dalla norma l'interesse della collettivit cui l'esercizio del potere finalizzato.
Contenuto dell'interesse legittimo (RIVEDERE)
L'interesse legittimo si configura come situazione attiva, che conferisce ad un soggetto una serie di
poteri di agire determinati dall'ordinamento, per la soddisfazione di un proprio interesse sostanziale.
A differenza del diritto soggettivo, al soggetto portatore di interesse legittimo non dato il potere di
realizzazione dell'interesse stesso: perch il bene cui il soggetto tende, nella cui realizzazione
consiste il suo interesse pu essere realizzato esclusivamente dall'autorit amministrativa con
l'esercizio del potere.
Il contenuto dell'interesse legittimo come situazione soggettiva attiva non consiste in poteri finali
che consentono la realizzazione dellinteresse, ma in poteri strumentali in riferimento all'esercizio
del potere amministrativo; poteri che si dividono in: poteri di partecipazione al procedimento di
esercizio del potere amministrativo, e poteri di reazione avverso il potere esercitato.
Il potere si esercita attraverso un procedimento, nel quale il soggetto rappresenta il proprio interesse
sostanziale, in ordine al concreto episodio di esercizio del potere, del quale lamministrazione deve
tenere conto.
I poteri di reazione invece hanno ad oggetto viceversa il potere gi esercitato; si tratta quindi di
poteri di tutela che si esercitano davanti alla stessa Amministrazione, ma soprattutto davanti ad
organi giurisdizionali (tutela amministrativa giurisdizionale) ottenendo eventualmente la rimozione
dell'atto nel quale il potere si esercitato.
Diritto soggettivo e interesse legittimo (RIVEDERE)
Occorre sottolineare che la posizione di interesse legittimo nell'ambito del rapporto amministrativo
assolutamente identica, sia che l'interesse sostanziale del suo titolare consista di un diritto
soggettivo sia che consista di un mero interesse.
Il fatto che un medesimo interesse sostanziale operi come presupposto sostanziale di diverse
situazioni soggettive (protette in maniera diversa da parte dell'ordinamento) a seconda dei rapporti

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nei quali si trovano inscritte, evenienza ricorrente nell' esperienza positiva.


Viceversa, sicuramente infondata la spiegazione della vicenda in termini di "degradazione" del
diritto ad interesse legittimo: l'esercizio del potere avrebbe l'effetto di "degradare" il diritto
trasformandolo in interesse legittimo. Anche sul piano della tutela, la "teoria della degradazione" (o
dell'affievolimento) dei diritti ad opera del potere amministrativo, infondata; ma sul piano
sostanziale, essa inaccettabile del tutto, ch il diritto a fronte dell'esercizio del potere
amministrativo non degrada in alcunch: semplicemente non si pone come situazione soggettiva (a
fronte" dell' esercizio del potere l'interesse sostanziale del soggetto presupposto del suo diritto, si
pone come interesse legittimo).
Il riconoscimento pieno dell'interesse legittimo come situazione sostanziale fa ascrivere questa
situazione soggettiva a quelle risarcibili (ove danneggiate iniure) sulla base del principio generale
del neminem ledere, che trova espressione nel codice all'art. 2043.
Perch l'interesse legittimo possa configurarsi in concreto come situazione risarcibile occorre che in
esso sia riscontrabile un interesse sostanziale correlato ad un ingiustamente sacrificato.
RIASSUNTO
[Diritto soggettivo e interesse legittimo
Perch linteresse legittimo possa configurarsi in concreto come situazione risarcibile occorre che in esso sia
riscontrabile un interesse sostanziale correlato ad un bene, ingiustamente sacrificato. Cio mediante
lesercizio illegittimo del potere che dia luogo al sacrificio del bene assicurato al soggetto dalla legge e
perci non rimuovibile per effetto dellesercizio medesimo del potere, non sacrificabile in concreto per
ragioni di interesse pubblico nellambito della discrezionalit dellAmministrazione.]

La discrezionalit nellesercizio del potere


La discrezionalit amministrativa
Il potere amministrativo come capacit giuridica speciale consente al soggetto o all'organo
amministrativo che ne titolare, di adottare gli atti previsti dalla norma al fine della migliore cura
degli interessi dando ad essi il contenuto dispositivo e perci determinandone gli effetti, secondo la
relativa disciplina normativa.
La disciplina normativa pu conferire all'Amministrazione un ambito di scelta pi o meno ampio a
seconda dei casi; questo ambito di scelta denominato discrezionalit amministrativa, nella quale
l'Amministrazione si muove, prescegliendo tra pi soluzioni possibili a fronte delle esigenze di cura
di un determinato interesse; non si tratta per di una capacit di libera determinazione dei propri
fini, poich l'esercizio del potere vincolato nel fine evitando l'arbitrio nelle scelte dell' autorit.
Oggi la L. proc. amm. dispone che "L'attivit amministrativa persegue i fini determinati dalla
legge". Tenuto conto, che l'Amministrazione nel suo agire comunque tenuta al rispetto (rigido)
della normativa di legge, dobbiamo considerare che al di l delle prescrizioni di tale normativa,
esiste un ambito lasciato alla determinazione dell'autorit che parzialmente libero e nello stesso
tempo parzialmente vincolato.
Il primo problema che si presenta nell' esercizio del potere dunque quello dell'individuazione del
fine, cio dell'interesse pubblico che attraverso l'esercizio del potere deve essere specificamente
perseguito attraverso un confronto e uno scontro di molteplici interessi che emergono nella
situazione reale (assetto degli interessi in gioco).
Interessi primari e secondari
In via primaria, pu (e deve) essere identificato l'interesse pubblico, per la cui cura stabilito il
relativo potere (c.d. interesse primario), che spesso si ricava da tutto il contesto normativo nel quale
la norma inserita. Es. il fine primario dei poteri autorizzatori in materia edilizia nell'interesse a

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che le costruzioni e le altre trasformazioni territoriali avvengano secondo razionali criteri di


pianificazione, e comunque in conformit alle prescrizioni di legge.
Ma tali interessi nei procedimenti complessi, si articolano a loro volta, in una pluralit di interessi, a
carattere pubblico, che debbono coesistere. E cos ad esempio, con il piano regolatore e gli altri atti
di pianificazione territoriale, si deve governare lo sviluppo edilizio e produttivo delle citt, ma
anche le condizioni di vita salubre dei cittadini e la tutela dellambiente e delle risorse naturali,
interessi questi che con il primo possono essere anche in contrasto.
Insomma, il perseguimento dellinteresse primario, non pu essere isolato dal contesto reale, dalla
concreta situazione di fatto nella quale va ad incidere; e coinvolge una serie di interessi dei quali
lautorit, nel suo agire, deve tenere conto; interessi che possono configurarsi come secondari.
Bisogna cmq notare che alcuni poteri sono attribuiti per il perseguimento di fini diversi e in questi
casi la pubblica autorit deve concretamente individuare il fine per il quale in quel determinato caso
concreto esercita il potere. L'autorit deve soddisfare l'interesse primario alla cui cura essa
immediatamente preposta, nel modo migliore possibile tenendo conto tuttavia di tutti gli altri
interessi presenti e coinvolti dall'esercizio in concreto del potere.
Vi sono poi interessi di natura privata che vanno considerati come quelli che compongono la
complessa situazione reale nella quale l'esercizio del potere va ad incidere; l'interesse privato pu
essere legittimamente sacrificato, negli stretti limiti in cui ci sia necessario per il soddisfacimento
dell'interesse pubblico.
Possiamo dunque affermare che ogni esercizio di potere viene ad incidere su una pluralit,
differenziata e spesso contraddittoria di interessi pubblici, collettivi e privati insieme.
Individuazione dellinteresse pubblico concreto
Lindividuazione dellinteresse pubblico concreto nel quale si esprime la scelta nellambito lasciato
aperto dalla norma deve avvenire secondo criteri di ragionevolezza.
L'esigenza di controllo sull'esercizio in concreto del potere da cui mossa la dottrina della
discrezionalit, si esprime dunque essenzialmente in un controllo di ragionevolezza sull'agire
amministrativo; il criterio di ragionevolezza si articola in un'analisi in concreto delle scelte
effettuate in sede di esercizio del potere.
Esempio: il Ministro dellindustria deve determinare in concreto, tra pi ditte richiedenti la
concessionaria mineraria, quella dotata delle idoneit tecnica ed economica necessaria per
lintrapresa; a fronte dellinteresse pubblico (primario) dato dallo sviluppo dellindustria estrattiva
del paese, e in presenza dei differenti interessi secondari (es. esigenze di rispetto ambientale,
salvaguardia di coltivazioni agricole pregiate che si trovano sullo stesso luogo, ecc.) qual pu
essere un itinerario di scelta ragionevole? Circa lindividuazione dellinteresse pubblico concreto,
lamministrazione dopo aver acquisito tutti gli interessi secondari (pubblici, collettivi, privati)
presenti nella situazione concreta (la situazione ambientale, il carattere pregiato o meno delle
coltivazioni in essere, ecc.), attraverso vari strumenti procedimentali stabilir il grado di
massimizzazione dellinteresse primario a fronte di questi: la miniera potr essere sfruttata in questi
limiti, tali da non danneggiare queste colture, il futuro concessionario necessariamente dovr essere
obbligato a porre in essere una serie di cautele (es. opere di immediato ripristino) al fine di
salvaguardare un equilibrio ambientale delicato quale emerso dalle risultanza istruttorie, ecc.
Lindividuazione in concreto del grado di massimizzazione dellinteresse primario a fronte degli
interessi secondari emersi deve essere consequenziale rispetto ai dati.

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Discrezionalit e Ragionevolezza
Una volta individuato linteresse pubblico concreto, va analizzata a fronte di esso (delle esigenze
poste per il suo soddisfacimento) la posizione dei diversi richiedenti. E quindi sar legittimamente
preferito Tizio in luogo di Caio, o di Mevio, perch Tizio presenta una struttura aziendale e
produttiva pi adatta rispetto a quelle di Caio e di Mevio (che possono anche essere migliori, sotto
altri profili) per le particolari esigenze della coltivazione mineraria di che trattasi quale deve
svolgersi con riferimento allinteresse pubblico concreto che stato determinato. E cos ad es., dato
che le particolari esigenze di tutela ambientale della zona impongono determinate opere di ripristino
(rifacimento di un determinato manto pedologico) la ditta prescelta potr risultare economicamente
pi esigua delle altre e magari dotata di attrezzature tecnologiche meno avanzate, ma tuttavia
lunica ad avere una documentata esperienza in quella determinata lavorazione di ripristino. In tal
caso, la scelta risulta ragionevole, cio consequenziale rispetto alle premesse. E tale ad esempio,
non sarebbe la scelta di tizio effettuata sulla sola base della potenza economica relativa senza tene
alcun conto del fatto, documentato, che Tizio nessuna esperienza abbia maturato (a differenza ad
esempio, di Caio) in detta lavorazione.
Il criterio di ragionevolezza si articola in unanalisi in concreto delle scelte effettuate in sede di
esercizio del potere.
Lamministrazione tenuta ad acquisire nella loro completezza e a valutare con il massimo
approfondimento tutti gli interessi (pubblici, collettivi, privati) presenti nella situazione concreta
nella quale lesercizio del potere va ad incidere, in quanto tali (principio della necessaria
acquisizione degli interessi); lamministrazione tenuta a valutare comparativamente tra loro gli
interessi stessi, e a soddisfare linteresse primario la cui cura ad essa attribuita, nonch a
determinare i contenuti e le modalit della soddisfazione di detto interesse, se detta soddisfazione
non sacrifichi, ovvero non sacrifichi al di l di certi limiti, gli altri interessi in gioco, che siano da
ritenere, secondo, ancora, criteri di ragionevolezza, eventualmente prevalenti (principio della
valutazione comparativa degli interessi).
All'esigenza di ragionevolezza dell'agire amministrativo si collega l'esigenza della imparzialit, che
significa trattamento omogeneo di situazioni omogenee (salve particolari e motivate ragioni che
impongono un trattamento differenziato); divieto di favoritismi.
Il principio di imparzialit a volte si traduce in giustizia sostanziale che attiene propriamente al
risultato concreto dell' azione amministrativa come quello che comunque non deve produrre
situazioni di palese ingiustizia in capo a singoli soggetti.
Discrezionalit e merito amministrativo
In diritto amministrativo troviamo usata la parola "merito", in tre differenti punti: merito come
contrapposto a discrezionalit; merito come contrapposto a legittimit; giurisdizione di merito
distinta dalla giurisdizione di legittimit: come quelle attribuite entrambe al giudice amministrativo.
A ben vedere tuttavia, i tre luoghi nei quali emerge la nozione di merito suppongono sempre una
nozione di merito amministrativo, che pu essere fissata, appunto, come quella che indica l'ambito
della libert di scelta insito in ogni esercizio di potere amministrativo.
La legge che attribuisce un potere ad una autorit amministrativa, con ci ad essa affida la cura ci
un determinato interesse pubblico. Nella cura dellinteresse, lamministrazione si muove sempre in
pi o meno ampio ambito di scelta, al di l delle prescrizioni dalla legge stessa poste, che sono
comunque cogenti. In tale ambito di scelta nel quale si esprime lesercizio del potere,
lamministrazione non tuttavia libera senzaltro, perch la discrezionalit che caratterizza il suo

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agire viene a porre dei vincoli a siffatta libert che, in termini generali abbiamo indicato nel vincolo
del fine e nella esigenza di ragionevolezza dellagire.
Pur nell'ambito del fine perseguito, all'Amministrazione si presenteranno sempre pi scelte concrete
nell'ambito delle quali essa potr muoversi con libert: preferire l'una o l'altra diventa questione di
merito.
(Il giudice amministrativo non pu sindacare nel merito la scelta discrezionale dellamministrazione
nel momento in cui questa decide ci che pi conforme allinteresse pubblico; nelladozione di un
provvedimento organizzativo lamministrazione gode di unampia discrezionalit in quanto
espressivo di valutazioni e di apprezzamenti di merito rimessi esclusivamente agli organi
competenti).
La collocazione di un impianto pubblico in questo o in quel sito del territorio comunale, tutti
equidistanti dal centro, tutti egualmente idonei per non presentare controindicazioni di carattere
ambientale, ecc., questione di merito.
La concessione di un bene o servizio pubblico all'una o all' altra ditta richiedente, tra alcune dotate
della stessa idoneit tecnica ed economica, della stessa esperienza nel settore, etc., questione di
merito.
La scelta finale tra pi possibili e tutte ragionevoli, una scelta che deve essere motivata, che non
pu essere senz'altro arbitraria: ma tale motivo attiene al merito, cio non pu essere oggetto di
sindacato.
L'individuazione del merito, di questo ambito di libert in cui alla fine si estrinseca l'esercizio del
potere serve proprio ad escludere tale ambito dal sindacato esterno (segnatamente del giudice) cui
tutta l'attivit amministrativa sottoposta.
Il sindacato consiste in principio nella valutazione della conformit alla legge di una determinata
manifestazione dell'azione amministrativa, appunto un sindacato di legittimit. La distinzione tra
discrezionalit e merito, dunque, indica quella tra ambito conoscibile (sindacabile) e ambito non
sindacabile (e perci in principio libero) dell'agire amministrativo. Le "scelte discrezionali" sono
insindacabili "nel merito".
Poteri amministrativi non discrezionali
La discrezionalit nellesercizio del potere varia a seconda della normativa di volta in volta
applicabile.
L'esercizio del singolo potere amministrativo condizionato e limitato nellambito di scelta nel
quale si esprime, da atti amministrativi precedenti, a carattere generale, atti di formazione
secondaria, atti di programmazione e di indirizzo, e cos via. Tali atti a volte sono obbligatori in
quanto espressamente previsti dalla normativa, a volte si tratta di atti (c.d. di autolimitazione) che
l'Amministrazione adotta anche a prescindere da specifiche previsioni di legge al fine di regolare
l'uso dei poteri discrezionali di competenza dei suoi organi.
Ci sono poteri amministrativi che presentano diversi tassi di discrezionalit, diverse gradazioni
dellambito di scelte riservato in concreto allAmministrazione nellesercizio di un determinato
potere.
Si passa perci da manifestazioni nellazione amministrativa nelle quali la discrezionalit assai
ampia, a manifestazioni nelle quali essa strettamente esigua sin quasi a scomparire.
Di poteri non discrezionali o vincolati si pu parlare laddove l'Amministrazione non chiamata a
valutare la migliore soluzione tra una pluralit di scelte possibili, ma semplicemente ad acclarare la
sussistenza di fatti al fine di adottare determinati atti e perci produrre determinati effetti stabiliti
dalla legge.

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Discrezionalit tecnica
Tuttavia a volte si tratta dell'acclaramento di fatti tecnicamente complessi che spesso lasciano ampi
margini di opinabilit in capo al decisore. In tali casi si parla di discrezionalit tecnica.
Si tratta della scelta tra pi soluzioni possibili sul piano tecnico.
Es. la commissione di laurea compie in ordine al candidato un giudizio di natura tecnico valutativa
circa la sua preparazione nelle discipline desame; compie dunque unattivit conoscitiva e di
acclaramento, su una determinata situazione reale (la preparazione del candidato) e il risultato di
questa attivit versa in un atto (il verbale dellesame di laurea).
Da questo atto, la legge fa derivare la produzione degli effetti: il candidato assume la qualifica di
dottore in quella certa disciplina, con la quale acquista la facolt di accedere a determinate
professioni.
La commissione costituita presso il Ministro della sanit per la determinazione dellelenco delle
sostanze stupefacenti acclara la qualit di determinati prodotti chimici, e se in essi riscontra la
presenza di queste sostanze li iscrive in un elenco. Da questo atto la legge fa derivare la produzione
di determinati effetti: la circolazione delle sostanze iscritte nellelenco limitata, lutilizzo delle
sostanze stesse sottoposto a divieti e a controlli, ecc.
Il pubblico ufficiale sanitario che attesta la sana e robusta costituzione fisica di un soggetto, il
medico compie un acclaramento tecnico circa la salute del soggetto stesso e tale acclaramento versa
in un atto (certificato di sana e robusta costituzione fisica) che produce in capo al soggetto
determinati effetti stabiliti dalla legge (es. egli pu accedere a concorsi di pubblico impiego).
In questi casi l'Amministrazione non esercita alcun potere discrezionale, non valuta alcun assetto di
interessi pubblici, ma si limita a conoscere (utilizzando proprie competenze tecniche) una realt e a
versarne il risultato in un atto, cui la legge collega la produzione di determinati effetti. In questi casi
ci che viene attribuito all'autorit amministrativa un potere (un compito) di acclaramento di
elementi della realt prefissati dalla legge.
Discrezionalit tecnica e accertamento giurisdizionale
Lamministrazione nel suo agire innanzitutto tenuta ad applicare la legge, in base al principio di
legalit. La legge intesa come insieme delle norme che disciplinano nel loro complesso lesercizio
di un determinato potere, gli atti che ne sono espressione e i loro effetti.
Tra le prescrizioni contenute in questa normativa ci sono quelle che impongono lacclaramento di
determinati atti come presupposto dellagire.
La complessit degli acclaramenti di carattere tecnico che in questi casi spettano
all'Amministrazione e che presentano spesso alti tassi di opinabilit, ha condotto la nostra
giurisprudenza tradizionale a restringere il sindacato sull'azione amministrativa alla completezza e
ragionevolezza degli acclaramenti compiuti dall'Amministrazione senza penetrare nella diretta
conoscibilit dei fatti complessi.
Insomma secondo questa dottrina il giudice non potrebbe valutare ex novo gli acclaramenti tecnici
compiuti dall'Amministrazione e perci la veridicit degli stessi, limitandosi a valutarne la
ragionevolezza, a sindacarli cio dall'esterno nella loro formulazione (che siano ben motivati, che
non vi siano contraddizioni interne, etc.). In tal modo queste attivit amministrative volte
all'acclaramento dei fatti tecnicamente complessi, vengono "trattati" in sede di sindacato
giurisdizionale come se fossero valutazioni discrezionali (le quali sono bens conoscibili, come si
detto, ma solo nei limiti della loro ragionevolezza).

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Di recente, un diverso orientamento ritiene che, quando la norma tecnica contiene "concetti
indeterminati", i quali inducono ad "apprezzamenti opinabili", la loro valutazione rientra
nell'accertamento dei presupposti di fatto del provvedimento amministrativo, e quindi attiene ad un
tipico sindacato sulla legittimit, che resta ben distinto dal giudizio di opportunit che distingue le
valutazioni tecniche da quelle di merito, si ammette la sindacabilit giurisdizionale delle prime, in
base alla verifica diretta dell'attendibilit delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro
correttezza quanto al criterio tecnico e al procedimento applicativo .
Il Consiglio di Stato afferma ormai in maniera esplicita che la c.d. discrezionalit tecnica esprime
un concetto diverso dal merito amministrativo e pertanto non pu essere a priori sottratta al
sindacato da parte del giudice amministrativo.
Tipologia dei poteri amministrativi
Classificazioni
I poteri amministrativi si possono classificare sotto diversi punti di vista.
Il potere amministrativo indica una speciale capacit appartenente ad un determinato soggetto
(autorit, organo amministrativo), che si esprime nelladozione di atti giuridici, in esito a
procedimenti produttivi di effetti.
Sotto il profilo del soggetto (cui sono imputati) e dell'oggetto (interesse curato) cui si riferiscono, i
poteri amministrativi possono essere classificati al fine di stabilire l'ambito di competenza delle
diverse Amministrazioni.
Una classificazione assai rilevante quella tra poteri discrezionali e non discrezionali. E, cos, la
distinzione tra poteri discrezionali e vincolati.
Una distinzione si pu fare, tra poteri che hanno a fronte interessi pretesivi e poteri che hanno a
fronte interessi oppositivi.
I poteri che hanno a fronte gli interessi oppositivi, laddove hanno la forza di sacrificare questi ultimi
in ottemperanza ad esigenze di interessi pubblici prevalenti, sono caratterizzati dalla imperativit
con riguardo alla loro efficacia giuridica (c.d. poteri ablatori).
Laddove il potere si esercita a fronte di interessi pretensivi (determinati soggetti, o una pluralit di
soggetti chiedono allamministrazione lesercizio di un potere attraverso il quale venga loro dato un
bene cui aspirano), esso si articola secondo due diversi modelli: il modello della concessioneaggiudicazione, e il modello della autorizzazione-ammissione.
Nel primo caso, l'Amministrazione chiamata a scegliere tra pi aspiranti ad un bene (gara per
l'aggiudicazione di un appalto tra pi partecipanti, tra i quali deve essere prescelto il pi idoneo
secondo i requisiti del bando).
Nel secondo caso l'Amministrazione chiamata a valutare l'aspirazione di un soggetto ad un bene a
fronte di un interesse pubblico preminente (istanza per un permesso di costruire che pu essere
rilasciato solo se conforme allinteresse pubblico ad una buona urbanizzazione quale stabilita dal
piano).
Poteri atipici
Si detto che i poteri amministrativi per regola sono tipici, e quindi ciascuno di essi
espressamente previsto da una norma per la cura di un determinato interesse pubblico; ma ci non
sempre vero.
Abbiamo i poteri atipici sono identificati nei poteri impliciti e di ordinanza.
I poteri impliciti sono quelli che pur non essendo espressamente attribuiti ad un determinato
soggetto, sono previsti in via generale, in capo ad ogni soggetto o autorit amministrativa, come

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necessario corredo o presupposto della titolarit di poteri amministrativi espressamente attribuiti al


soggetto medesimo.
In generale si pu affermare che la titolarit di ogni potere amministrativo in capo ad un
determinato soggetto, comporta per regola, in capo allo stesso, il potere di regolarne lesercizio
attraverso atti a contenuto generale, normativi, di pianificazione o di programmazione.
E inoltre, opinione consolidata che la titolarit di poteri amministrativi comporta, in capo ai
relativi organi, la titolarit di poteri di annullamento, di revoca etc. (c.d. poteri di autotutela) degli
atti adottati nell'esercizio degli stessi,a prescindere da previsioni di legge.
[La titolarit di poteri a carattere puntuale comporta in capo alle stesse amministrazioni, la titolarit
di poteri a carattere generale, con oggetto, lautolimitazione delle modalit di esercizio dei poteri a
carattere puntuale espressamente attribuiti. Ad esempio, i criteri che singole amministrazioni si
danno, con formale delibera adottata dagli organi competenti, circa lesercizio di determinati poteri
amministrativi, costituisce esplicazione del potere generale di autolimitazione, a sua volta implicito
nella titolarit dei singoli poteri del cui esercizio si tratta. pacifico che anche lesercizio dei poteri
di autolimitazione d luogo alladozione di provvedimenti che, in quanto possono essere lesivi di
situazione di soggetti terzi, sono impugnabili nei modi ordinari. Il potere di autolimitazione si
esprime particolarmente laddove si tratta di disciplinare lesercizio di poteri discrezionali.]
Alla titolarit di funzioni amministrative a carattere puntuale sono connesse implicitamente le
funzioni c.d. di polizia amministrativa che comportano poteri di controllo, ispettivi, sanzionatori, in
ordine alle medesime attivit oggetto delle funzioni di competenze dellente.
E ancora, considerato potere implicito il c.d. potere statistico (o di informazione statistica) con
oggetto l'acquisizione dei dati conoscitivi necessari per l'esercizio delle competenze dell'ente e
l'elaborazione dei dati stessi, secondo le metodologie della statistica.
Poteri di ordinanza e amministrazione dellemergenza
La categoria dei poteri c.d. di ordinanza, tradizionalmente riconosciuti per la loro atipicit. Un caso
si ha quando il prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessit pubblica, ha facolt di adottare i
provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica. E inoltre
si conferisce al ministro dell'interno, in caso di dichiarazione di pericolo pubblico esteso all'intero
territorio nazionale, il potere di emanare ordinanze, anche in deroga alle leggi vigenti, sulle materie
che abbiano comunque attinenza all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica.
Altri poteri di ordinanza sono attribuiti al Sindaco in materia di emergenze igienico-sanitarie al fine
di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano lincolumit cittadini pubblica e la sicurezza
urbana.
I casi in cui per greve necessit pubblica, lautorit amministrativa deve senza indugio disporre
della propriet privata: in tali casi essa provveder con decreto motivato, sempre per senza
pregiudizio dei diritti (e quindi indennizzando il relativo sacrificio). In questi casi, la legge si limita
ad indicare unautorit amministrativa come quella alla quale viene attribuito il potere di porre in
essere qualunque tipo di effetto in ordine a situazioni soggettive indeterminate, al fine di provvedere
secondo ci che richiede una determinata situazione di necessit.
La legge non dispone nulla circa contenuto, oggetto, effetti dei provvedimenti da adottare
nell'esercizio dei poteri di ordinanza, mentre il profilo funzionale indicato in modo del tutto
generico al fine di prevenire ed eliminate gravi pericoli che minacciano l'incolumit dei cittadini.

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Caratteri e limiti del potere di ordinanza


Bisogna tenere presente che i poteri di ordinanza sono necessari perch attraverso di essi, lautorit
amministrativa pu far fronte alle situazioni di necessit che si producono nella realt concreta, in
conseguenza di fatti naturali (terremoti, alluvioni, epidemie) ovvero umani e sociali (diffuse
astensioni dal lavoro in servizi essenziali, interruzioni sediziose di vie di comunicazione, ecc.) che
per la loro imprevedibilit non consentono la previa determinazione legislativa di poteri e atti tipici
produttivi di determinati effetti; o meglio non consentono che le specie dei poteri tipici possano
coprire tutte le necessit dellesperienza.
Il carattere improvviso e nello stesso tempo transeunte (contingibilit) delle stesse situazioni stesse,
collegate allurgenza di adottare le misure per farvi fronte, non possono essere sempre gestite nel
rispetto dellordine delle competenze e dei procedimenti.
Le ordinanze di necessit rispondono ad un compito insostituibile: di fungere da valvola nei casi
imprevisti, in cui la norma non appronta alcun provvedimento tipico per intervenire.
Presupposto per lesercizio dei poteri di ordinanza dunque la situazione di necessit verificatasi in
concreto.
Occorre che si sia verificata una situazione eccezionale, di pericolo e di urgenza, che minacci
lordine pubblico o comunque gli interessi pubblici tutelati dalle rispettive norme (sanit, edilit,
ambiente, ecc.) <<Prima di adottare ordinanze con tingibili ed urgenti, il Sindaco deve accertare la
sussistenza di una situazione di effettivo pericolo di danno grave ed imminente per la incolumit
pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva>>.
I provvedimenti adottati devono a loro volta manifestarsi in effetti di carattere temporaneo, senza
dare luogo a modificazioni stabili della realt e purch non dia luogo ad effetti che si pongano in
contrasto con norme o principi costituzionali, n con norme di legge in materie coperte da riserva di
legge assoluta.
La situazione eccezionale tale da non poter essere affrontata con i mezzi ordinari; altrimenti il
ricorso al potere di ordinanza sarebbe privo di giustificazione.
Lordinanza deve essere adottata con atto motivato nel rispetto dei principi generali
dellordinamento; in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali
dellordinamento giuridico.
L'applicazione di questi limiti comporta, ad esempio, che il potere di ordinanza non possa giammai
essere usato per adottare provvedimenti lesivi della libert personale (materia coperta da riserva di
legge assoluta ( art 13 Cost.); mentre le prestazioni patrimoniali disposte, con ordinanza (ad
esempio, requisizione di cose mobili o di cose immobili) debbono essere indennizzate secondo i
principi della legislazione vigente.

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Capitolo 6
IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
Il principio del procedimento
Il potere amministrativo si esercita attraverso un procedimento, cio attraverso una serie coordinata
di atti e di fatti imputati ad organi e soggetti diversi tendenti nel loro insieme alla produzione di un
effetto giuridico e che costituisce una fattispecie giuridica in senso tecnico in quanto produttiva di
effetti giuridici.
Quindi l'attivit amministrativa di diritto pubblico si esprime in una fattispecie complessa che
consta appunto di una serie collegata di atti e di fatti, cio di un procedimento ed all'intera
fattispecie e non soltanto al suo momento conclusivo e finale che la produzione degli effetti deve
essere imputata.
In ogni caso, l'azione amministrativa risulta sempre azione procedimentalizzata (principio del
procedimento).
Il principio del procedimento ha trovato pieno accoglimento nel nostro ordinamento positivo con la
L. proc. amm. Tale principio pu essere inteso in pi sensi.
Anzitutto esso descrive, una caratteristica della legislazione amministrativa pi recente che
disciplina l'esercizio del potere attraverso procedimenti cui partecipano una pluralit di organi e
soggetti pubblici, e spesso con la partecipazione di soggetti privati interessati, quali portatori delle
istanze connesse alla tutela dei loro interessi, ma anche quali collaboratori alla formazione in
concreto delle decisioni amministrative.
Giusto procedimento
In un secondo senso, il principio del procedimento viene inteso come principio del "giusto
procedimento" consentendo ai soggetti sui quali il procedimento va ad incidere, di partecipare
avanzando istanze, osservazioni e proposte a tutela dei loro interessi, ed in tal senso stato inteso
dalla stessa Corte cost..
Ancora, in un terzo senso, il principio del procedimento inteso come quello rilevante per il
legislatore, la cui violazione pu dare luogo alla illegittimit delle leggi, per violazione della riserva
di legge.
Dei tre profili indicati, il secondo quello che ci interessa: lesigenza del procedimento in quanto
tale come canone fondamentale dellagire amministrativo, come forma della funzione
amministrativa.
Questa esigenza si estrinseca in una duplica direzione: che l'azione amministrativa si articoli in una
serie di adempimenti affinch meglio e appiena