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I.

La de nizione di diritto e le caratteristiche del fenomeno giuridico.

Il diritto, per de nizione, è quel complesso di regole di condotta che disciplinano i rapporti tra i membri di una certa collettività, in
un dato momento storico.
Nel corso del tempo, si è assistito ad un processo di progressiva estensione dell’area del diritto scritto. Tale processo è legato ad
esigenze di solennità, di certezza, di delimitazione del soggetto titolare del potere.

Data la de nizione, possiamo guardare più da vicino le caratteristiche speci che che contraddistinguono il diritto (nel ns. caso il
diritto statale/pubblico).
La prima di queste caratteristiche è quella dell’effettività.
Con questo termine, effettività, si vuole sottolineare il fatto che i membri della società vedano una regola di diritto come
obbligatoria e colleghino alla sua violazione determinate sanzioni.
La seconda caratteristica è quella della certezza del diritto.
Se è vero che l’effettività di una regola di diritto è assicurata soprattutto dalla convinzione sociale, è altrettanto vero che
tale obiettivo venga raggiunto attraverso strumenti che garantiscano la conoscibilità delle regole, anche mediante strutture
(l’ordinamento giudiziario) e istituti (le sanzioni), che vengono applicati nei casi di accertata effrazione della regola stessa.
Tali istituti e strutture sono dei tramiti attraverso i quali si cerca di dare “certezza” al diritto, certezza della effettiva
applicazione delle regole di comportamento che la società si è data.
La terza caratteristica è la relatività del diritto.
Il diritto è “mutevole”, le regole stabilite in una certa materia possono mutare, ma può mutare anche ciò che è considerato
giuridicamente rilevante, nel senso che quanto oggi è disciplinato dal diritto può, in un omento successivo, ritenersi non
più bisognoso di disciplina giuridica.

Il contenuto delle norme giuridiche.

Per imporre un determinato comportamento, regola e/o norma, è necessario aver preliminarmente determinato:
— quale ordine di fatti si intende regolare;
— quali effetti si intendono riconnettere a tali fatti, una volta assenti ad oggetto di una norma giuridica.
La prima operazione consiste nella selezione degli aspetti della vita umana che vengono assunti nella sfera del diritto.
La seconda operazione comporta la determinazione degli effetti obbligatori che a ale assunzione nella sfera del diritto si collegano,
effetti che si impongono al di là e anche contro la volontà dei destinatari della norma giuridica posta.

In termini tecnici, il primo momento è quello della scelta degli eventi a cui riconoscere determinati effetti giuridici viene de nita
fattispecie astratta, l’”ipotesi” che il diritto si da in contrapposizione alla fattispecie concreta, ovvero il singolo caso.
Il secondo momento consiste nella scelta degli effetti giuridici che conseguono obbligatoriamente al veri carsi, in concreto, della
fattispecie astrattamente prevista dalla norma.

I soggetti giuridici.

È da chiarire chi siano i destinatari delle norme giuridiche, chi siano i soggetti giuridici, coloro cioè cui le norme intendono rivolgersi
nell’attribuire diritti o nell’imporre obblighi.
Essi sono innanzitutto le persone siche: secondo l’art. 1 del codice civile, ciascuna persona sica è dotata della capacità giuridica,
cioè è idonea, almeno in astratto, ad essere titolare di diritti e destinataria di obblighi, n dal momento della nascita. Tuttavia,
idoneità ad essere titolari di posizioni giuridiche soggettive non signi ca sempre idoneità a svolgere in concreto, perché tale ipotesi si
realizzi, il soggetto deve possedere non solo la capacità giuridica, ma anche la capacità di agire. La capacità di agire è limitata dal
diritto, con rifermento alle ipotesi in cui non si ritiene che il soggetto sia in grado di esprimere consapevolmente la propria volontà in
vista del compimento di atti giuridici — ad es. i minori o gli infermi di mente che, nonostante piena capacità giuridica, godono di
una limitata capacità di agire.

La capacità giuridica è l'attitudine del soggetto ad essere titolare di diritti e doveri, si acquista alla nascita e si perde con
la morte. Ogni persona sica quindi possiede tale capacità per il solo fatto di esistere, a prescindere dalla durata della sua
esistenza.
La capacità di agire è, invece, l'attitudine del soggetto a compiere atti giuridici mediante i quali acquista diritti ed assume
doveri il tutto al compimento del diciottesimo anno di età.

Si af ancano alle persone siche le persone giuridiche: le persone giuridiche sono organizzazioni di persone e di beni che mirano a
raggiungere un determinato obiettivo e sono riconosciute dallo Stato come soggetti di diritti. In altre parole tali organizzazioni sono
distinte dalle persone siche che li formano e sono esse stesse titolari di diritti soggettivi.
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Il concetto di ordinamento giuridico.

Nel momento in cui le regole di diritto si presentano con i caratteri di complessità e di stabilità dettati della complessità e stabilità di
un certo gruppo sociale e dei ni che ne rappresentano il tessuto connettivo, esse possono essere considerate come un sistema o,
come viene de nito, come ordinamento giuridico. Tale termine sta ad indicare l'insieme degli elementi normativi che regolano la
vita di una comunità all'interno di un sistema giuridico, è l’insieme delle regole giuridiche che ha dietro un apparato organizzativo
che ne assicura la produzione (gli organi che pongono le regole), l’applicazione e l’osservazione (gli organi chiamati ad assicurare
l’esecuzione delle regole e il loro rispetto da parte di tutti i consociati).

Ordinamenti giuridici di “common law” e di “civil law”.

Limitando il campo d’osservazione all’esperienza europea, possiamo individuare due diversi modelli di ordinamento: quello di
common law e quello di civil law.
L’elemento differenziale di fondo tra i due modelli attiene ai modi di produzione delle norme giuridiche e ai soggetti che in questo
processo sono coinvolti, con conseguenze non indifferenti sul piano degli equilibri complessivi che, all’interno del sistema
costituzionale, si stabiliscono tra i poteri dello Stato.

Caratteristica degli ordinamenti di common law è quella di basarsi su un tessuto di regole contenute in decisioni giurisprudenziali,
nate sull’affermazione di principi tratti per lo più dall’esperienza, dalle consuetudini e dalle prassi.
In questo quadro, assume particolare valore la funzione esercitata dai giudici — questi ultimi non si limitano soltanto ad applicare la
legge, bensì acquista un valore normativo ed è dunque fonte di diritto.
Tale valore si esprime attraverso il principio dello stare decisis, in base al quale nessun giudice può discostarsi dai
principi di diritto affermati in una precedente pronuncia giudiziaria riguardante un caso analogo a quello che egli si
trova a giudicare.

Negli ordinamenti di civil law, la norma giuridica è tale solo se contenuti in atti cui lo stesso ordinamento riconosce la capacità di
produrre regole di questo tipo. In questo contesto, il ruolo del giudice sarà solo quello di interpretare la regola giuridica scritta e
applicarla al caso concreto, mentre non gli è riconosciuto alcun compito “creativo” di diritto.
In tale ordinamento, il potere giudiziario è escluso dal circuito decisionale che porta alla produzione di norme giuridiche, il quale
risulta centrato esclusivamente sugli organi rappresentativi della volontà popolare.

Le fonti del diritto e i principi che ne regolano i rapporti.

Le regole nascono attraverso due distinti meccanismi: mediante l’attribuzione a certi organi del potere di creare, integrare e
modi care il diritto o mediante il riconoscimento di valore giuridico a regole che nascono da certi fatti o comportamenti umani.
Nel primo caso, prendono il nome di fonti–atto, nel secondo caso prendono il nome di fonti–fatto. Entrambe sono capaci di incidere,
modi cando, il sistema giuridico, ma non si sottraggono a quelli che sono i principi che regolano i rapporti tra le diverse fonti
normative.
Abbiamo diverse tipologie di principi:
— quello gerarchico, tra due leggi prevale quella posta sul gradino delle fonti del diritto più alto;
— quello della competenza, dove la “legge speciale” deroga quella ordinaria (es. leggi statali e leggi di competenza
regionale);
— quello temporale, dove la norma successiva prevale sempre su quella precedente anche se di pari grado gerarchico.
— quello di territorialità, ovvero che hanno ef cacia in una determinata area geogra ca.

L’interpretazione del diritto come metodo e come fonte.

Oltre alle fonti–atto e alle fonti–fatto, esiste un altro meccanismo che permette la produzione di norme giuridiche, collegato
all’attività interpretativa del giudice. L’attività giurisdizionale dovrebbe consistere nell’applicazione della norma giuridica, tuttavia
non sempre è agevole identi care quale sia la norma da applicare al caso concreto, tant’è che il giudice è portato ad utilizzare una
serie di criteri interpretativi:
— il criterio interpretativo letterale, che analizza la norma dal punto di vista lessicale delle parole;
— il criterio interpretativo logico, diretto ad individuare la coerenza interna della legge;
— il criterio interpretativo analogico, diretto a ricercare la norma da applicare al caso concreto in disposizioni che
disciplinano materierò fattispecie analoghe;
— il criterio interpretativo sistemico, diretto a ricercare la norma da applicare al caso concreto desumendola da principi
vigenti nel sistema giuridico complessivo.

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L’interpretazione è, quindi, un’attività fondamentale che permette il corretto esercizio dell’attività giurisdizionale, ma in alcuni casi,
può tradursi in un’attività che assomiglia a quella creatrice di nuove forme giuridiche — c’è da speci care che tale circostanza è
possibile si realizzi solo in presenza di determinate circostanze e cioè là dove le decisione del giudice sono dotate della forza
necessaria per imporsi nei confronti di tutti, con un’ef cacia ergo omnes.

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II.

Le forme di Stato e le forme di Governo nella loro evoluzione storica.

L’espressione “forma di Stato” indica il rapporto che intercorre tra chi detiene il potere e coloro che ne sono assoggettati, e quindi il
rapporto che si realizza tra autorità e libertà. Tale rapporto è profondamente condizionato dal contesto storico, da fattori economici,
culturali, politici, variamente intrecciati tra loro, che incidono sulle strutture e sull’organizzazione dello Stato.
Per “forma di Governo” si intende il modello organizzativo che uno Stato assume per esercitare il proprio potere sovrano la
modalità di gestione del potere statale, la struttura degli organi, il loro numero e la distribuzione delle funzioni).

Dalle origini ad oggi, le forme dello Stato hanno conosciuto un graduale passaggio dallo “Stato assoluto” a quello “liberale” per
giungere in ne, dopo esperienze particolari (Stati totalitari e socialista) allo “Stato di diritto” e allo “Stato sociale”.

Lo Stato assoluto è il regime politico in cui il potere è esercitato dal sovrano senza restrizioni e limitazioni.
In tale tipologia di Stato, tutte le funzioni sono concentrate nella gura del re, che è tale per diritto divino. Non esiste un sistema di
tutela dei sudditi. la società è frazionata in ceti da cui è dif cile uscire per la scarsa mobilità sociale.
Nella seconda metà del Settecento, in seguito alle spinte di matrice illuminista, tale tipologia di Stato si trasforma in uno “Stato di
polizia”, dove il termine polizia non indica una forma restrittiva, bensì si rifà alla “polis”, ergo si pensa al benessere dei sudditi
attraverso il controllo e la regolamentazione delle attività politiche e sociali.

Dall’incontro tra le rivendicazioni borghesi e l’interesse dei sovrani nasce lo Stato liberale, i cui elementi caratterizzanti sono:
— la divisione delle funzioni tra il Monarca e i suoi ministri, titolari del potere esecutivo;
— l’emanazione di Statuti o Costituzioni, cioè documenti formali in cui vengono ssati i rapporti tra i poteri e
l’architettura istituzionale dello Stato, nonché i diritti dell’uomo e del cittadino;
— il riconoscimento di ampie zone di autonomia ai cittadini in campo economico, con il conseguente ridimensionamento
dei compiti dello Stato, disperso sullo a garantire l’ordine, la sicurezza ed il rispetto delle regole del mercato;
— la soggezione alla legge anche della Corona e dei pubblici poteri (Stato di diritto),

Lo Stato autoritario è lo quello che si ispira ai principi dell’autorità e della gerarchia, in dispregio dei valori ed ideali di libertà e
di uguaglianza. Tale tipologia di stato è una recente forma di stato che tutela e privilegia i poteri dei governanti, allo scopo di
consentire ai cittadini politicamente più fedeli all’ideologia dominante di ergersi a classe di governo.
I regimi autoritari si distinguono da quelli totalitari perché ideologicamente ed organizzativamente incapaci di mobilitare in
maniera permanente le masse.

Nello Stato sociale, l’azione politica è nalizzata alla rimozione delle diseguaglianze di fatto esistenti nella società, al ne di cercare
una eguaglianza sostanziale fra tutti i cittadini. C’è la tutela della libera, sicura e dignitosa esistenza dei cittadini; l’impegno statale
per raggiungere la piena occupazione; l’intervento statale nel sistema economico e svolgimento di attività di istruzione, assistenza,
previdente, a favore di tutti i cittadini.

L’avvento in Russia, nel 1917, del colpo di Stato che portò alla ne dell’epoca zarista porta anche alla nascita dello Stato socialista.
Una forma di Stato che si affermò in Europa orientale, in Cina e a Cuba, che entrò in crisi agli inizi degli anni novanta, soprattutto a
causa della rigidità del sistema economico che prevedeva, e che vide la ne con la caduta dell’URSS.
Lo Stato socialista è caratterizzato dall’abolizione della proprietà privata e dalla collettivizzazione forzata dei mezzi di produzione;
una piani cazione economica burocratica e centralizzata; il ruolo centrale del Partito comunista; la subordinazione del diritto al
ne dell’edi cazione del socialismo, per cui le norme del diritto potevano sempre essere derogata in nome della legalità socialista;
la funzionalità azione delle libertà fondamentali agi interessi del costituendo socialismo (tali libertà potevano essere compresse,
laddove ritenute un pericolo per gli interessi del regime).

Un altro criterio di classi cazione delle forme di Stato riguarda la dislocazione del potere sul territorio, alla luce del quale si
distingue:
— lo Stato unitario, in cui tutte le istituzioni politiche e le strutture amministrative si collocano ad un solo livello, quello
centrale;
— lo Stato federale, in cui si presenta una precisa distinzione delle funzioni tra organi federali e governi degli Stati membri
della federazione (es. Germania 🇩🇪 e Stati Uniti 🇺🇸 );
— lo Stato regionale, che, pur mantenendo ferma l’unità e indivisibilità dello Stato, riconosce una più o meno ampia
autonomia, riservando alcune materie alla competenza, anche legislativa, delle Regioni (es. Italia 🇮🇹 e Spagna 🇪🇸 ).

Per forma di governo si intende il diverso modo in cui si articolatesi ripartisce il potere politico tra i vari organi di verti dello Stato,
ed in particolare tra Parlamento, Governo e Capo dello Stato.

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Non si può capire veramente il concetto di forma di governo senza accennare al principio di separazione dei poteri, secondo il quale
ogni organo di governo deve esercitare autonomamente una sola funzione (legislativa, esecutiva o giudiziaria):
— alla funzione legislativa (esercitata dal Parlamento) spetta il compito di creare la norma giuridica;
— alla funzione esecutiva (esercitata dal Governo) spetta il compito di dare una concreta attuazione alla norma emanata;
— alla funzione giudiziaria (esercitata dalla magistratura) spetta il compito di interpretare e applicare la norma,
utilizzandola per risolvere eventuali controversie.

La prima forma di governo che si è affermata al momento del passaggio dallo Stato assoluto a quello liberale è stato quello della
Monarchia costituzionale.
In tale tipo di monarchia, il Re viene vincolato, mediante un patto che assume la denominazione di Statuto o Costituzione, al rispetto
di precise garanzie giuridiche a tutela dei singoli. Il potere assoluto del sovrano viene limitato attraverso una lenta dissociazione tra il
potere esecutivo (che viene esercitato dal Re attraverso i Ministri da lui nominati) e il potere legislativo, che viene progressivamente
trasferito al Parlamento.

Il parlamentarismo è la forma di governo adottata da numerosi Stati contemporanei ed è caratterizzato dal gatto che il Governo
formula un indirizzo politico che si impegna a seguire ed è responsabile solo dinanzi al Parlamento, il quale, a sua volta, può in ogni
momento revocarlo, togliendogli la ducia.
La carica di Capo dello Stato può essere assunta da un monarca o da un Presidente eletto, ma in genere non partecipa alla
determinazione dell’indirizzo politico.
La principale caratteristica della forma di governo parlamentare è, quindi, costituita dalla commistione (ovv. mescolanza) tra le
funzioni legislative e quelle esecutive attraverso un sistema di pesi e contrappesi.

Il presidenzialismo è quella forma di governo in cui il principio della separazione dei poteri è applicato in maniera rigida, ed è assai
accentuata. distinzione tra legislativo ed esecutivo.
Le caratteristiche principali sono tre:
— l’esistenza di un Capo dello Stato eletto direttamente dal popolo con poteri di Governo;
— l’assunzione, da parte del Presidente, del doppio ruolo di Capo dello Stato e Capo del Governo;
— l’impossibilità, da parte del Parlamento, di approvare una mozione di s ducia che imponga le dimissioni dell’esecutivo.

Il semipresidenzialismo è la soluzione intermedia tra la forma di governo presidenziale e quella parlamentare. La sua caratteristica
principale è data dal doppio rapporto di ducia che lega il Governo; da un lato quest’organo è nominato dal Presidente della
Repubblica, dall’altro deve godere della ducia del Parlamento. La carica di Capo dello Stato è assunta da un Presidente eletto
direttamente dal popolo e al quale sono attribuiti rilevanti poteri nella determinazione dell’indirizzo politico.

In Svizzera 🇨🇭 assistiamo alla forma di governo del direttorio, un numero di persone nominate dal Parlaento ad inizio
legislatura che non può essere s duciato e nel quale i membri nominano il Capo dello Stato.

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III.

La Costituzione come legge fondamentale.

Tra le fonti–atto un posto di primo piano è occupato dalla Costituzione.


La Costituzione si presenta in genere come un insieme di regole che aspirano a porsi, ne loro insieme, come legge fondamentale di
una certa comunità sociale, cui si riconoscere un carattere di stabilità e proprio per questo si colloca sul gradino più alto della scala
gerarchica sulla quale si collocano le varie fonti normative.
In essa si esprime la volontà di una determinata comunità di ssare una serie di principi e di regole condivisi, in grado di fungere da
cornice stabile allo sviluppo con ittuale dei rapporti sociali.

I vari tipi di Costituzione.

Nel corso del tempo, questo signi cato generale della Costituzione si è arricchito di una serie di speci cazioni, in pare legate alle
modalità con cui una Costituzione nasce, in parte ai meccanismi che essa prevede per garantire la stabilità dei principi e delle regole
che sancisce, in parte in relazione ai suoi contenuti e del suo grado di effettività.
Dal punto di vista delle modalità, si può parlare di:
— Costituzione votata e Costituzione concessa, la prima è frutto delle decisioni di appositi organi collegiali (assemblee
costituenti); la seconda frutto di una decisione unilaterale di un sovrano;
— Costituzione scritta e Costituzione consuetudinaria, la prima è fonte–atto, che riunisce in un unico testo scritto i
principi e le regole fondamentali del sistema che vuole regolare; la seconda composta prevalentemente da principi e regole
in gran parte nati e consolidatisi grazie a prassi e consuetudini che si sono mantenute nel tempo;
— Costituzione breve e Costituzione lunga, la prima si limita a porre una disciplina di carattere generale; la seconda
contenente una disciplina assai più articolata.

Dal punto di vista della forma, si può parlare di:


— Costituzione essibile e Costituzione rigida, la prima è suscettibile a modi che e non prevede alcun meccanismo
giuridico che ne assicuri la supremazia; la seconda prevede procedimenti speciali o aggravati per la sua modi ca e sistemi
di controllo della conformità delle leggi rispetto alla Costituzione.

Dal punto di vista dell’effettività, possiamo parlare di:


— Costituzione formale, vigente e materiale, DA RIVEDERE

La Costituzione come fonte normativa negli sviluppi del costituzionalismo moderno.

L’evoluzione che la nozione di Costituzione ha conosciuto nel corso della storia — che io non conosco perché ho beatamente
✨ saltato✨ — ci spiega perché le Costituzioni contemporanee presentino tratti comuni che rappresentano il frutto consolidato di
quella evoluzione — e anche qui, ✨ chissà di che parla✨ .
Tali caratteri comuni possono essere riassunti nel seguente modo: si tratta di Costituzioni votate da appositi organi costituenti, di
Costituzioni scritte che riuniscono in unico testo normativo tutte le disposizioni costituzionali, di Costituzioni lunghe, che
contengono non solo norme di principio ma anche di diretta applicazione, di Costituzioni rigide, la cui natura di leggi fondamentali
stabili è garantita appositi procedimenti aggravati e di Costituzioni programmatiche, che si pongono di fungere da cornice e guida
all’esercizio dei poteri costituiti in vista del perseguimento di determinate nalità di carattere generale.

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IV.

Le trasformazioni delle istituzioni pubbliche dallo Statuto Albertino alla Costituzione Repubblicana.

Lo Statuto Abertino, divenuto poi Costituzione del Regno d’Italia segna tutta la prima fase della nostra storia costituzionale,
rimanendo in vigore, sia pur fra crescendi disapplicazioni e modi che, no all’avvento della Repubblica e della Costituzione
repubblicana del 1948.
Fu una Costituzone “ottriata”, cioè concessa ai suoi sudditi dal Sovrano e lascia intende quale fosse l’impostazione di fondo dei suoi
estensori: accogliere parzialmente le istanze di democratizzazione dello Stato, ma nel quadro di un sistema costituzionale che
conservasse comunque al Sovrano un ruolo centrale.
Tale impostazione si ri ette a pieno nella forma di governo disegnata dallo Statuto: una monarchia costituzionale pura, di tipo
dualista, basata su cui centri del potere, il Sovrano e il Parlamento, ma che assume un ruolo di assoluta supremazia al Re, cui spetta
il potere esecutivo.
Accanto al Sovrano, si colloca il parlamento, formato da una Camera elettiva e da un Senato di nomina regia (ovvero nominato dal
Re) cui spetta, insieme al Sovrano, il potere legislativo, nonché la fondamentale funzione di approvazione dei bilanci e dei conti dello
Stato.
Tale Costituzione conosce i propri limiti sia nel modo in cui disciplina i diritti di libertà — appena nove articoli e assai sommari — e
la mancanza di un qualsiasi meccanismo giuridico di reazione nei confronti di possibili “abusi” del legislatore ordinario alla quale
af da la più completa libertà di decisione.

Tale inadeguatezza si tradusse nell’avvio di una progressiva erosione dei poteri regi a favore del binomio Governo–Parlamento. Ci
sarà una tendenza che porterà ad una sempre maggiore estensione dei poteri del Governo e si passerà da una forma di governo
giocata sull’equilibrio tra Re e Parlamento ad una centrata sull’equilibrio dei rapporti tra Governo e Parlamento.
L’evoluzione della forma di governo non è stata priva di resistenze da parte dei Sovrani, che tuttavia on furono in grado di arrestarne
lo sviluppo.
A questo cambiamento che si registra sul piano della forma di governo si accompagna la progressiva accentuazione della rilevanza
politica del Presidente del Consiglio dei Ministri.
La crescita del ruolo del Governo è testimoniata anche dall’espansione dei suoi poteri normativi, mediante il ricorso ai decreti–legge
(sottoposti a rati ca da parte delle Camere) e ai decreti legislativi (adottati sulla base di una previa legge di delegazione del
Parlamento).

La disciplina dei diritti di libertà, seppur espressa/i in maniera sommaria, costituisce una delle novità più importanti dello Statuto
albertino che si limita ad una mera enunciazione di tali diritti, lasciando al legislatore ordinario (le varie maggioranze politiche che si
alternarono in Parlamento) la disciplina dei limiti al loro concreto esercizio. Tale disciplina (dei diritti) fu fortemente restrittiva;
basta pensare alla legislazione di pubblica sicurezza di quel periodo che si caratterizzarono come estremamente severe nella
prevenzione e repressione non solo dei reati, ma anche di comportamenti ritenuti antisociali o pericolosi per il sistema politico
dominante.
Un capitolo a parte merita a tutela della libertà religiosa, sul punto lo Statuto sembrava con gurare uno Stato confessionale
(religione cattolica), in realtà dopo l’entrata in vigore dello Statuto, si sviluppò una legislazione ispirata al principio di laicità dello
Stato puntata a ridurre le differenze giuridiche nella tutela delle diverse confessioni religiose.

Le vicende che caratterizzano la vita politica del Paese alle soglie del primo con itto mondiale mostrano l’indebolimento del sistema
parlamentare con una conseguente marginalizzazione del ruolo del Parlamento.
Lo scontro politico che ne deriva corrisponde ad una situazione politica, economica e sociale sempre più lacerata — che porta alla
nascita del regime fascista.
L’inizio del regime fascista si fa risalire alla marcia su Roma e del successivo incarico af dato a Mussolini di formare un nuovo
Governo.
Mussolini rompe de nitivamente con lo spirito e gli istituti dello Stato liberale, esponendo un programma di edi cazione di uno
Stato totalitario, fondato su un’unica forza politica.
Tale programma troverà attuazione attraverso l’approvazione di una serie di leggi chiamate leggi fascistissime.
Le innovazioni sono egualmente radicali sul piano della forma di governo, viene meno l’istituto della ducia parlamentare al
Governo e resta il potere di nomina e revoca dei Ministri da parte del Re, ma il suo esercizio è subordinato ad una proposta del
Presidente del Consiglio.
Se si tien conto dell’impostazione autoritaria del nuovo regime, non può stupire che assai poco spazio potesse essere riconosciuto alla
tutela dei diritti di libertà (seppur questi, formalmente, rimanessero scritti nello Statuto). L’intervento più aberrante fu l’introduzione
delle leggi razziali, attraverso le quali tutti i cittadini di razza ebraica venivano privati non solo dei diritti politici, ma anche di molti
diritti civili.

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assai più aperta si manifesta invece il regime nei confronti della libertà religiosa, al ne di conquistarsi l’appoggio della confessione
religiosa assolutamente maggioritaria nel Paese (vedi Patti Lateranensi).

La ne del fascismo e il termine della guerra avvicinano il momento delle scelte sul problema istituzionale e sulla futura
Costituzione.
Il Governo decide di af dare ad un apposito referendum popolare, da tenersi contemporaneamente alle elezioni per la Assemblea
costituente (un legislativo elettivo preposto alla stesura di una Costituzione), la scelta Monarchia e Repubblica.
L’esito del referendum del 2 giugno 1946 a favore della Repubblica, seppure senza uno scarto particolarmente rilevante, determinò la
prima grande caratteristica del nuovo assetto costituzionale e l’Assemblea costituente procedette pertanto all’elezione del Presidente
provvisiono della Repubblica nella persona di Enrico De Nicola.
I lavori costituenti procedono piuttosto lentamente a causa della dif coltà di elaborare un progetto da sottoporre all’esame
dell’Assemblea e, al ne di smuovere la situazione, enne nominata una apposita Commissione per la costituzione (Commissione dei
75, il numero dei membri) che riuscirà, dopo intensi dibattiti a de nire un progetto che verrà approvato il 22 dicembre 1947.

Il testo scaturito dal dibattito svoltosi in sede di Assemblea costituente con gura un sistema costituzionale radicalmente difforme da
quello che aveva trovato espressione nello Statuto Albertino.
In primo luogo, muta il fondamento di legittimazione dello Stato: “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e
nei limiti della Costituzione”, dove il principio della sovranità popolare sta ad indicare che nessun organo di governo potrà mai
vantare una legittimazione autonoma all’esercizio delle massime funzioni statuali, ma dovrà poter contare s7uuna legittimazione
proveniente dall’unico soggetto titolare della sovranità: il popolo.
In questo ambito si parla in particolare della categoria degli organi costituzionali: corpo elettorale, Parlamento, Presidente
della Repubblica, Governo e Corte costituzionale.

I principi fondamentali della Costituzione.

I primi dodici articoli vengono de niti come principi fondamentali della Costituzione.
Vengono de niti fondamentali poiché:
— sono alla base dei rapporti tra Stato, persona umana e cittadini;
— rappresentano criteri informatori dell’organizzazione statale e dell’ordinamento giuridico, politico ed amministrativo;
— sono linee direttive e parametri interpretativi di singole norme di istituti o istituzioni previsti dalla Costituzione —
vengono infatti utilizzati per controllare la costituzionalità delle leggi e degli atti aventi forza di legge;
— sono norme direttamente applicabili ai rapporti intersoggettivi tra privati.
nota bene: tali articoli vengono esclusi dal processo di revisione costituzionale e non possono essere modi cati.

L’art. 1 sostiene che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro; in sostanza il sistema democratico ha attribuito al lavoro un valore
primario che va a sostituire il principio quale sosteneva che il nostro sistema sociale era basato sul censo e condizioni sociali
ereditate.
Nel comma 1, assistiamo quindi al principio repubblicano, quello che de nisce la struttura statale italiano, cioè quella repubblicana.
Accanto al principio repubblicano, troviamo il principio democratico (L’Italia è una Repubblica democratica).
In ne, troviamo il principio lavorista, dove l’attività lavorativa viene individuata come diritto e dovere del cittadino.
Nel comma 2 si afferma che “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, ciò sta
ad indicare che il popolo detiene, in modo ineliminabile, l’esercizio dei poteri più elevati, ossia quelli che condizionano tutti quelli
che ne discendono.

L’art. 2 riconosce le libertà civili, infatti, recita che:


La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità.
In questo caso si tratta di diritti primari, quali il diritto alla vita e alla salute e delle libertà civili affermatesi come la libertà di
religione, la libertà d’associazione e di espressione.
Tali diritti presentano attirò caratteristiche fondamentali:
— l’originarietà, in quanto appartenendo all’uomo in quanto tale sono preesistenti e lo Stato si limiti a riconoscerli.
— l’inalienabilità e intrasmissibilità, ovvero non possono essere trasferiti ad altri per volontà del titolare.
— l’irrinunciabilità, in quanto il titolare non può rinunciarvi.
— l’imprescrittibilità, ovvero il mancato esercizio di tali non ne implica la perdita

Nell’art. 3 si afferma il principio di eguaglianza dei cittadini fondamentale per il raggiungimento della democrazia. L’eguaglianza si
distingue tra eguaglianza formale e sostanziale.  
L’eguaglianza formale si rende concreto quando l’art. 3 afferma che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge, quindi eguaglianza
rispetto alla legge. Questo principio pone il divieto di operare discriminazioni irragionevoli ogni volta che situazioni uguali sono
trattate in modo diverso diventando principio di ragionevolezza della legge.

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L’eguaglianza sostanziale è affermata nel secondo comma dell’art. 3 in cui si recita che “è compito della Repubblica rimuovere
ostacoli di ordine economico e sociale”.

L’art. 4 racchiude in se il principio lavorista contenuto nell’art. 1, lo rafforza riconoscendo a tutti i cittadini tale diritto promuovendo
le condizioni che rendano effettivo secondo le proprie possibilità.

L’art. 5 sancisce che:


La Repubblica è una e indivisibile, riconosce le autonomie locali [. . . ].
Unità e indivisibilità che nel loro interno trovano forme di decentramento poiché si riconoscono le autonomie locali e le si promuove.

L’art. 6:
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

Gli artt. 7-8 affermano la libertà religiosa poiché tutti sono liberi di professare liberamente la propria fede religiosa.
L’art. 7 afferma:
Lo stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
Le regole delle chiese possono trovare contrasto con quelle dello stato pertanto si ha un atteggiamento aconfessionale, nel senso che
non si riconosce nessuna religione di stato per cui tutte le chiese sono poste allo stesso livello, confessionale nel senso che lo stato
eleva una religione di stato pertanto in situazione di privilegio rispetto le altre. Nonostante l’indipendenza tra stato e chiesa cattolica,
grazie al nuovo concordato, accordo di modi ca dei Patti Lateranensi, si sono mantenuti alcuni punti quali:
— i matrimoni tenuti con il rito cattolico continuano ad avere effetti civili;
— l’insegnamento della religione nelle scuole non è più obbligatorio;
— è stabilito un contributo nanziario a sostentamento del clero.

L’art. 8 c. 2 disciplina il rapporto tra stato e altre confessioni religiose affermando che hanno diritto di organizzarsi secondo loro
statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento dello stato.

L’art. 9 promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scienti ca e tecnica. In questo articolo si rileva l’importanza dello sviluppo
attraverso la cultura e la scoperta di nuove tecnologie purché questo sia eseguito nel rispetto e la tutela del paesaggio e del patrimonio
storico e artistico della Nazione.

L’art. 10 sancisce il principio secondo il quale s’istaurano i rapporti tra l’ordinamento giuridico italiano e le norme di diritto
internazionale. L’Italia si conforma alle regole internazionali rende l’effettiva libertà allo straniero che è privato dell’esercizio delle
libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana.

L’art. 11 afferma che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali
e s’impegna a promuovere iniziative volte ad assicurare la pace e la giustizia fra Nazioni.

L’art. 12 sancisce la norma costituzionale sul tricolore, l'origine storica e il valore simbolico della bandiera italiana

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V.

L’Italia e L’Unione Europea 🇪🇺

Il processo di integrazione europeo prende avvio agli inizi degli anni cinquanta con la nascita delle tre “comunità” europee originarie
(CECA, Cee, Ceea), le quali avevano sì nalità economiche, ma anche un obiettivo politico ben preciso: scongiurare il rischio del
riprodursi in Europa delle condizioni di con ittualità che avevano portato a ben due con itti mondiali.
Si pensò di arrivare a tale risultato partendo d’ala creazione di un mercato comune, al ne di garantire la libera circolazione delle
merci, la libera circolazione dei lavoratori dipendenti, il diritto di stabilimento dei lavoratori autonomi, la libera prestazione di
servizi e la libera circolazione dei capitali.
Da allora, l’integrazione è andata sempre più intensi candosi, grazie alla stipula di una serie di trattati modi cativi di quelli che
avevano dato via alle tre Comunità; trattati che hanno operato in un duplice senso: come forza che spingeva al progressivo
allargamento dei poteri delle istituzioni comunitarie e come come forza riformista dell’ originario pianto istituzionale delle Comunità
originarie.
Abbiamo diverse tappe:
— con il Trattato di Bruxelles del 1965 si realizza una prima forma di coordinamento tra le tre comunità, riuni candone
gli esecutivi e dando vita ad una sola Commissione europea e ad un unico Consiglio;
— con l’Atto Unico Europeo del 1986 si esprime la volontà di dar vita ad un’Unione Europea, quale forma istituzionale di
una intensa cooperazione tra gli Stati membri;
— con il Trattato di Maastricht del 1992 si procede ad un ampliamento dell’area degli interventi delle istituzioni europee e
al rafforzamento di alcune politiche comunitarie di particolare rilievo; in secondo luogo si pongono le basi per
l’introduzione di una moneta unica europea (l’euro) e per l’istituzione di una Banca centrale europea, quale unico
organo di decisione in materia di emissione della moneta e di controllo della liquidità; si assiste all’introduzione della
nozione di cittadinanza europea;
— con il Trattato di Amsterdam del 1997 si ha un’ulteriore valorizzazione della cittadinanza europea e un particolare
rafforzamento della politica sociale europea;
— con il Trattato di Nizza del 2001 si ha un rafforzamento degli interventi dell’Unione in settori quali quello della politica
estera, di sicurezza e di difesa, nonché in materia di cooperazione rafforzata;
— con il Trattato di Atene del 2003 venne comunicata (termine errato ma nun m ven nient) l’adesione tra i 15 Stati che
erano membri dell’Unione Europea e i 10 Stati che entrano a farvi parte concludendo il lungo iter che li ha portati
all’adesione;
— il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa del 2004 e il Trattato di riforma del 2007 si imprime un carattere
costituente alla nuova fase del processo di integrazione europeo — altre caratteristiche di questi trattati, come il
rafforzamento della forma di governo dell’Unione, non riscontrò particolari simpatie da parte degli Stati membri e quindi
non vennero messe in atto.

Quando si parla di forma di governo comunitaria si allude ad un particolare aspetto di questo ordinamento e più precisamente alla
composizione e alle funzioni degli organi tra i quali i trattati ripartiscono i poteri ceduti dagli Stati membri.
Gli organi presi in considerazione sono: il Consiglio europeo, il Parlamento europeo, la Commissione europea e il Consiglio dei
Ministri europeo.
— Il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato o di Governo e ad esso spetta l’atto di de nire gli orientamenti
generali e stimolare il processo di costruzione dell’Unione;
— Il Parlamento europeo è composto da membri designati dai Parlamenti degli Stati membri, il compito è quello di
incidere attraverso le procedure di codecisione sul lavoro della Commissione europea;
— La Commissione europea è l’organo esecutivo, composto da membri nominati dai Governi; il Presidente viene proposto
al Parlamento e viene eletto a maggioranza assoluta; la commissione ha poteri di iniziativa e di stimolo, di controllo e
sanzionatori.
— Il Consiglio dei Ministri europeo è l’organo che detiene la quota più consistente del potere decisionale, soprattutto in
materia di normazione — è il legislatore comunitario; è presieduto a rotazione da un rappresentante degli Stati membri ed è
composto dai Ministri competenti per la materia di volta in volta oggetto di discussione.
Abbiamo anche organi di controllo come la Corte dei conti che esercita il controllo sulla gestione nanziaria; la Corte di giustizia
che ha il compito di assicurare la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione ma anche di vigilare sul rispetto di questi.

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VI.

Il corpo elettorale.

L’assetto democratico dello Stato si conserva e realizza solo mediante l’effettiva e intangibile attività partecipativa del popolo alla
vita politica.
La Costituzione Repubblicana garantisce la piena libertà dell’individuo, assicurando la libera partecipazione dei cittadini ale
decisioni politiche, attraverso il ricorso ad istituti di democrazia:
— diretta, quando è lo stesso titolare del potere sovrano, ovvero il popolo, a svolgere le funzioni di governo (referendum,
iniziativa legislativa etc.);
— rappresentativa, quando i cittadini eleggono un certo numero di loro rappresentanti con il compito di esprimere la
volontà generale.
L’Italia si con gura come una Repubblica democratica (vedi art. 1) e rappresentativa, il cui corpo elettorale sceglie i propri
rappresentanti mediante l’inter mediazione dei partiti politici, organismi in grado di orientare e convogliare nel Parlamento le scelte
dei cittadini.

Il corpo elettorale costituisce l’insieme degli individui dotati della cittadinanza e del diritto di elettorato attivo; vi è qui una
distinzione tra popolo, cioè l’insieme dei cittadini italiani con o senza diritto di voto, e di popolazione, cioè l’insieme degli individui
di qualsiasi nazionalità presenti sul territorio italiano. Rientrano nel concetto di corpo elettorale anche i cittadini italiani residenti
all’estero cui la Costituzione ha riconosciuto il diritto di partecipazione politica.

La capacità di votare si de nisce elettorato attivo, e possono essere de niti elettori coloro che sono in possesso di determinati
requisiti; i requisiti positivi comprendono:
— la cittadinanza italiana;
— la maggiore età, vale a dire 18 anni per la Camera e 25 anni per il Senato (nota bene, ora è 18 per entrambe!)
E requisiti negativi:
— non essere incapaci civili, ossia interdetti e/o inabilitati se ricoverati presso un istituto psichiatrico;
— non essere soggetti a una sentenza penale irrevocabile, ossia quel provvedimento del giudice penale non più
modi cabile da giudici di grado superiore, cioè non più appellabile né ricorribile alla Cassazione;
— non essere soggetti di indegnità morale, ovvero essere sottoposti a misure di prevenzione o a misure di sicurezza
detentive.

L’art. 48 prevede che tutti i cittadini sono elettori e che il voto è personale, uguale, libero e segreto.
Da tali disposizioni si ricavano i caratteri del voto:
— universalità, tutti i cittadini, che sta ad indicare che l’ammissione al voto non può essere subordinata a condizione di
carattere economico, culturale o sessuale;
— personalità, l’unico modo per votare nel nostro ordinamento po’ è quello di recarsi personalmente alla sezione elettorale
e di segnare di proprio punto e segretamente la scheda;
— uguaglianza, sono esclusi i voti plurimi e multipli;
— segretezza, in quanto il voto è segreto a tutela della libertà del voto e per evitare pressioni esterne;
— libertà, per permettere a chiunque di votare chi ritenga più opportuno;
— non obbligatorietà, votare è un diritto e un dovere ma non un obbligo cui omissione/mancanza può essere punito.

Oltre all’elettorato attivo abbiamo l’elettorato passivo, ovvero la capacità di ricoprire cariche elettive — bisogna avere 25 anni per
essere eletti alla Camera e 50 per essere eletti al Senato.
Ci sono alcune situazioni in cui non si è capaci di ricoprire cariche elettive, è il caso dell’incandidabilità, ineleggibilità e
incompatibilità:
Le cause di ineleggibilità sono volte a garantire l'uguaglianza effettiva tra i candidati e la libera manifestazione della
volontà degli elettori attraverso l'esclusione di soggetti che, per ragioni d'uf cio, si trovano in una particolare condizione
che possa incidere, anche solo psicologicamente, sulla libera scelta degli elettori, evitando, pertanto, che si creino situazioni
di indebita pressione sul corpo elettorale. L'istituto dell’ineleggibilità alle cariche elettive si con gura pertanto come una
causa di invalidità dell'elezione in quanto costituisce un impedimento giuridico, preesistente all'elezione, a diventare
soggetto passivo del rapporto elettorale.

Le cause di incompatibilità, invece, pongono limitazioni al diritto elettorale passivo discendenti dall'articolo 97 Cost., cioe'
dal principio di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione, al ne di garantire l'imparzialità ed il disinteresse
nell'esercizio delle pubbliche funzioni vietando il cumulo fra più cariche in capo allo stesso soggetto ed il conseguente
crearsi di situazioni di con itto di interessi. L'incompatibilità si può, quindi, de nire come una particolare situazione
soggettiva per cui una stessa persona non può ricoprire, nello stesso tempo, più uf ci o cariche. Pertanto l'eletto dovrà

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optare tra il mandato elettivo e l'altra carica al ne di evitare di non svolgere correttamente i compiti connessi al suo uf cio,
trovandosi in una situazione di con itto di interessi.

Da ultimo, le cause di incandidabilità trovano applicazione nei riguardi di coloro che siano stati condannati, anche in via
non de nitiva, per alcuni gravi delitti connessi al fenomeno ma oso o al traf co d'armi e droga, ovvero per alcuni delitti
dei pubblici uf ciali, o reati commessi con abuso di potere o in violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione.

[parte dedicata alla legge elettorale ma bisogna capire quale, nel frattempo ✨ buttiamo✨ qui l’ultima]

Per effetto di una riforma costituzionale che è stata approvata in questa legislatura e ha ridotto il numero dei parlamentari, il 25
settembre si eleggeranno 400 deputati e 200 senatori. 
La legge elettorale per Camera e Senato è sostanzialmente uguale, quindi per comodità da qui in avanti parliamo solo della Camera,
dove i numeri sono più ampi. Allora come scegliamo i nostri 400 deputati?
L’Italia viene divisa in 147 zone (chiamati collegi), in tali collegi viene eletto il candidato che ottiene più voti. Basta anche un voto in
più degli avversari per essere eletto deputato, questa è il caso che rientra nei collegi uninominali, ma esistono anche quelli
proporzionali ed è lì che i restanti deputati, i 253 meno quelli eletti all’estero, vengono eletti in proporzione ai voti ricevuti dai
singoli partiti. 

[al massimo aggiungo un documento di approfondimento se necessario, teniamo un occhio qui]

Al corpo elettorale vengono presentati anche alcuni doveri chiamati doveri inderogabili che sono una categoria di obblighi, previsti
dalla Costituzione italiana, a cui nessun soggetto può sottrarsi dall'adempimento. Tali obblighi sono di natura politica, economica e
sociale. Esempi di tali doveri sono:
— la difesa della patria;
— il dovere di contribuire, in rapporto alla propria capacità contributiva, alle spese dello Stato;
— la fedeltà allo stato;
— concorrere al progresso materiale e spirituale della società;
Tale categoria di doveri è un elemento portante dello Stato sociale, il welfare state, in quanto spinge l'individuo ad avere la
responsabilità di una comunità uscendo da visioni individualistiche.

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VII.

Il Parlamento.

Il Parlamento è un organo costituzionale, poiché fa parte in veste autonoma e indipendente dall’organizzazione costituzionale dello
Stato. partecipa all’esercizio della sovranità, complesso, collegiale e rappresentativo, in quanto rappresenta la volontà politica del
corpo elettorale, da cui è eletto.
Quando si parla di Parlamento è doveroso accennare ai regolamenti parlamentari: i regolamenti possono essere considerati la
cartina di tornasole delle relazioni interinali allo Stato, in quanto condizionano le relazioni non solo tra maggioranza e
opposizione, ma anche tra Governo e Parlamento. L’art. 64 co. 1, che ne costituisce la norma cardine, dice che ciascuna Camera
adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti . Tale norma garantisce l’autonomia sia del Parlamento
sia di ciascuna delle due Camere rispetto all’altra, tutelando inoltre le minoranze, dato che con il regolamento parlamentare
ciascuna Camera determina autonomamente le modalità di svolgimento dei propri lavori e disciplina i rapporti tra maggioranza e
opposizione nell’esercizio delle sue funzioni.
I regolamenti contengono norme che garantiscono, oltre che l’autonomia e la continuità, anche la democraticità interna del
Parlamento: norme giuridiche sull’organizzazione interna delle due Camere; norme sul comportamento dei loro membri; norme sul
comportamento degli estranei che vengono in contatto con le Camere.

Tra i primi adempimenti cui le due Camere sono chiamate, al momento del loro insediamento, vi è quello di eleggere tra i propri
membri il Presidente e i componenti dell’Uf cio di presidenza.
Per l’elezione del Presidente, che avviene a scrutinio segreto, è richiesta una maggioranza quali cata — alla Camera corrisponde a
2/3 per il primo e secondo scrutinio e maggioranza assoluta dal terzo scrutinio in poi; al Senato corrisponde alla maggioranza
assoluta per le prime due votazioni e poi si procede al ballottaggio tra i due senatori più votati.
Tale procedura serve a garantire che il futuro Presidente non sia troppo legato ad una singola maggioranza parlamentare ma che goda
d un più ampio consenso, in quanto le funzioni da svolgere richiedono la massima imparzialità.
Al Presidente spetta il compito di svolgere le consultazioni per la nomina del Presidente del Consiglio, in vista della formazione del
Governo (conosciuto come “mandato esplorativo”), del Presidente della Repubblica, ma anche il compito di programmazione dei
lavori parlamentari e che le discussioni siano nel rispetto del regolamento e che l’ordine venga mantenuto, anche applicando
sanzioni.

All’interno del Parlamento troviamo i gruppi parlamentari, ovvero la rappresentazione dei partiti o dei movimenti politici in seno
alle Camere. Al ne di evitare una eccessiva parcellizzazione, i regolamenti parlamentari hanno ssato a 20 deputati e 10 senatori il
minimo per formare un gruppo parlamentare.
All’interno dei gruppi parlamentari vengono de nite le linee di condotta da tenere nel corso delle discussioni e, attraverso il suo
Presidente, si occupa della de nizione del programma.

Le Camere si articolano, al loro interno, in alcune strutture permanenti più ristrette, composte in proporzione alla consistenza dei
diversi gruppi parlamentari: le giunte e le commissioni.
Alle giunte sono deferite alcune attribuzioni relative al funzionamento dell’istituto parlamentare; proprio per questo si prevede che
essere risultino, per quanto possibile, rappresentative dell’intero arco delle forze politiche presenti in Paramento.
Esse, ALLA CAMERA, sono:
— la giunta per il regolamento, che ha il compito di proporre all’assemblea le modi che regolamentari che si dovessero
rivelare necessarie, nonché quello di esprimere pareri in ordine all’interpretazione del regolamento vigente;
— la giunta delle elezioni procede alla veri che dei poteri, accerta la regolarità delle operazioni elettorali e l’inesistenza di
cause di incompatibilità o di ineleggibilità a carico dei membri neoeletti del Parlamento;
— la giunta per le autorizzazioni, che ha il compito di decidere in merito a quanto esplicitato dall’art 68 della Costituzione
(immunità parlamentare);
— il comitato per la legislazione.
al SENATO abbiamo:
— la giunta per il regolamento;
— la giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari.

Le commissioni parlamentari, al pari delle giunte, sono articolazioni interne, stabili, delle due Camere.
Oltre alle commissioni permanenti, esistono commissioni temporanee; mentre quest’ultime (le commissioni temporanee) vengono
costituite per lo svolgimento di compiti speci ci e durano in carica solo per il tempo necessario a tale adempimento (es. le
commissioni d’inchiesta), le prime (le commissioni permanenti) hanno una competenza per materia che richiama alle competenze che
spettano ai vari Ministeri e hanno la stessa durata della Camera cui appartengono, intervengono necessariamente sia nell’esercizio
della funzione legislativa, sia nell’esercizio di indirizzo e controllo dell’attività del Governo.

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Lo “status” di parlamentare porta con sé delle guarentigie (serie di diritti di cui il parlamentare gode), tra queste gura quella
disposta dall’art. 68 Cost.1 che stabilisce il principio della insindacabilità dei voti dati e delle opzioni espresse dai parlamentari
nell’esercizio delle loro funzioni.

Si è detto che la durata in carica delle Camere, originariamente prevista come differenziata, è oggi, per entrambi i rami del
Parlamento, di 5 anni.
Nel periodo di tempo necessario all’insediamento delle nuove Camere, quelle scadute, per decorso del termine suddetto o per
scioglimento anticipato, vedono prorogati i propri poteri (le Camere sono in “prorogati o”), secondo quanto stabilito dall’art. 61.2.
Cost. I poteri delle Camere “in prorogatio” non possono eccedere la ordinaria amministrazione.
Così come avviene per l’attività dell’assemblea, anche quelle delle commissioni parlamentari subisce delle limitazioni in periodo di
“prorogatio”, quelle permanenti rimangono attive per l’esercizio delle funzioni referenti e consultive.
La ne della legislatura provoca, invece, la decadenza di tutti i disegni di legge all’esame del Parlamento, anche se già approvati da
una Camera.
Tale periodo di prorogatio non può durare più di 70 giorni, tempo che intercorre tra lo scioglimento e le nuove elezioni, più 20 giorni
che intercorrono tra le elezioni e la prima riunione delle nuove Camere.

La validità delle sedute delle Camere ha come indicatore il numero legale, che è metà più uno degli appartenenti all’organo, al di là
dei casi in cui la Costituzione non prescriva una maggioranza più elevata.

In merito alle modalità attraverso le quali il voto si esprime abbiamo il voto segreto o il voto palese; per alcune ipotesi c’è l’obbligo
del voto palese (legge nanziaria, legge di bilancio etc. etc.); per le votazioni su persone abbiamo il voto segreto; per altre tipologie
di votazioni (lista in nita che va dai diritti civili a quelli familiari e Diobò ✨ anche altro) si può ricorrere al voto segreto se
richiesto da almeno 20 parlamentari o da due (2) Presidenti di gruppo che congiuntamente arrivino allo stesso numero — ovvero i 20
parlamentari di cui prima.

Le fasi attraverso le quali si svolge il procedimento che porta all’approvazione di una legge ed alla sua entrata in vigore sono le
seguenti: iniziativa, discussione e votazione, promulgazione e votazione.

La fase dell’iniziativa consiste nell’esercizio, da parte di determinati soggetti del potere di sottoporre progetti al Parlamento.
La Costituzione riconosce tale potere, innanzitutto, al Governo: l’iniziativa attribuita a quest’ultimo è attribuita in quanto
organo collegiale e non potrebbe essere quindi esercitata da un singolo Ministro. I disegni di legge governativi vengono
deliberati dal Consiglio del Ministri e presentai ad una delle Camere, una volta ottenuta l’autorizzazione da parte del
Presidente della Repubblica.

In secondo luogo, l’iniziativa legislativa spetta ai membri del Parlamento, i quali possono esercitarla o individualmente o
cumulativamente, sottoscrivendo una proposta di legge; spesso sono i gruppi a farsi promotori di iniziative legislative, ma
non sono infrequenti i casi di proposte avanzate da parlamentari appartenenti a gruppi diversi.

In terzo luogo, l’iniziativa spetta al corpo elettorale, che può esercitarla attraverso la presentazione alle Camere di una
proposta sottoscritta dal almeno 50.000 elettori.

In quarto luogo, l’iniziativa spetta ai Consigli regionali; ciascun Consiglio può fare proposte di legge alle camere secondo
quanto stabilito dall’art. 121.2 Cost.

In quinto luogo, l’iniziativa legislativa spetta al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, un organo dotato
essenzialmente di poteri consultivi, ma cui l’art. 99.3 Cost. attribuisce anche il compito di “contribuire alla elaborazione
della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge”.

La seconda fase del procedimento legislativo si svolge all’interno del Parlamento ed attiene all’esame, alla discussione ed alla
votazione della proposta di legge.
Tale procedimento può assumere un andamento diverso a seconda che la Camera presso la quale la proposta inizia il proprio iter
decida di adottare una procedura normale o speciale.
La procedura normale inizia con l’esame della proposta di legge da parte della commissione permanente competente per
materia. Quando l’oggetto della proposta tocca la competenza anche di altre commissioni, queste ultime sono, in genere,

1I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione
della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti
privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere
un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in agranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in
qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
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chiamate ad esprimere u parere alla commissione cui la proposta è stata deferita (signi cato: rimettere, sottoporre ad altri
per un giudizio (anche + a): d. una causa al tribunale; d. qualcuno all'autorità giudiziaria, denunciarlo).
Concluso l’esame in commissione, con l’approvazione di un testo, eventualmente anche diverso da quello originario, la
proposta passa all’assemblea (che sarebbe il Parlamento, o Camera o Senato) la quale la discute sulla base del testo e della
relazione presentata dalla commissione che ha proceduto al previo esame della medesimo (di qui il nome di commissione
in sede referente, che sta a sottolineare il compito che la commissione svolge, nella procedura normale),
La discussione in assemblea si svolge prima sui caratteri generali della proposta e quindi sui singoli articoli, che possono
essere emendati, soppressi o sostituiti. Votati i singoli articoli, si procede alla votazione nale sull’intero testo della
proposta, così come de nito attraverso la discussione e la votazione dei singoli articoli.
I tempi che scandiscono la procedura normale, previsti dai regolamenti parlamentari, possono essere abbreviati quando, su
richiesta del proponente, venga dichiarata l’urgenza della proposta di legge in esame — in questo caso, i tempi a
disposizione delle commissioni per esaminare il testo della proposta si riducono della metà2.

La procedura speciale è diversa e af da un ruolo diverso alla commissione competente: non più solo quello di riferire
all’assemblea sui risultati del previo esame, bensì il vero e proprio potere di approvazione.
Tale procedura ha due svolgimenti distinti: si parla di procedura in commissione legislativa e di procedura in commissione
redigente. Nel primo caso, la proposta di legge inizia. conclude il suo iter in commissione, dove viene esaminata, discussa
e votata — salvo che il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto dei membri della commissione
stessa non chiedano il ritorno ad una procedura normale.
Nel secondo caso (nb. procedura in commissione redigente), la proposta di legge viene prima esaminata e discussa, nelle
sue linee generali, dall’assemblea; viene poi trasmessa alla commissione competente perché questa provveda e redigere i
singoli articoli; in ne essa torna in assemblea per il voto sui singoli articoli e per la votazione nale — tale tipologia di
procedura è un ibrido tra la referente e la legislativa.

Quando la proposta di legge ha superate tutte le fasi presso una Camera, viene trasmessa all’altra, la quale procede al suo esame,
discussione e approvazione secondo le procedure che essa stessa intenderà adottare.
Se la seconda Camera approva la legge nello stesso testo approvata dalla prima, la legge viene trasmessa al Presidente della
Repubblica per la promulgazione, accompagnata da un messaggio del Presidente della Camera che ha votato per ultima la proposta, il
quale a testa la regolarità del procedimento seguito in sede parlamentare.
Se, viceversa, la seconda Camera apporta delle modi che al testo, la proposta torna alla prima Camera (tale passaggio viene
chiamato navetta) n quando entrambe non approvano lo stesso identico testo o la proposta viene integralmente respinta da una delle
Camere.

La terza e ultima fase del procedimento legislativo, riguarda la promulgazione e la pubblicazione.


La promulgazione deve avvenire entro 30 giorni dall’approvazione parlamentare (o in un termine minore se entrambe le Camere, a
maggioranza assoluta, ne dichiarano l’urgenza); la promulgazione spetta al Presidente della Repubblica.
Subito dopo la promulgazione, e comunque entra trenta giorni dalla stessa, la legge deve essere pubblicata. Tale atto vede
l’intervento del Ministro della Giustizia, depositario del sigillo dello Stato; quest’ultimo, una volta apposto il sigillo alla legge,
provvede alla sua pubblicazione nella Gazzetta Uf ciale ed alla sua ripubblicazione nella Raccolta uf ciale degli atti normativi
della Repubblica italiana.
Ai ni del calcolo della “vacatio legislativa”, ovvia il periodo di tempo che intercorre tra pubblicazione ed entrata in vigore (di 15
giorni ma che può essere accorciato o prolungato dal Parlamento in fase di approvazione), la data che conta è quella della
pubblicazione sulla Gazzetta Uf ciale.

Lo strumento della legge non è sempre espressione della volontà di dettare la disciplina normativa di certi settori materiali, ma, in
certi casi, esso rappresenta l’atto di esercizio di una funzione diversa, quella di indirizzo—controllo del Parlamento nei confronti del
Governo.
dare una lettura (veloce ✨ perché abbiamo tempo sì ma voglia no✨ ) a: legge di approvazione del bilancio preventivo;
manovra di bilancio; bilancio pluriennale, legge nanziaria; sessione di bilancio; documento di economia e nanza
(DEF); nota di aggiornamento del DEF; legge di stabilità; legge di bilancio annuale; legge di assestamento delle
previsioni di bilancio; eventuali leggi collegate alla manovra di nanza pubblica; speci ci strumenti di programmazione;
legge di autorizzazione alla rati ca dei trattati internazionali.

Abbiamo già visto come la rigidità di una Costituzione sia garantita dalla rigidità con la quale questa possa essere modi cata (nb
tramite un procedimento de nito aggravato).
La Costituzione repubblicana attribuisce al Parlamento questa funzione, detta appunto di revisione costituzionale, e disciplina il
relativo procedimento speciale all’art. 38.

2 I tempi sono, normalmente, di 4 mesi per la Camera e di 2 mesi al Senato.


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Il procedimento si compone di due fasi, una necessaria che si svolge in sede parlamentare una eventuale, che vede il coinvolgimento
del corpo elettorale.
Nel corso della prima fase, l’art. 138 impone una doppia deliberazione da parte di ciascuna Camera a distanza non minore di tre
mesi l’una dall’altra. Nella seconda deliberazione è richiesta la maggioranza assoluta; over la maggioranza ottenuta sia ancora più
elevata e raggiunga i 2/3 dei componenti di ciascuna Camera, il procedimento si arresta a questa fase e la legge costituzionale o di
revisione viene trasmessa al Presidente della Repubblica poiché provveda ala sua promulgazione.
Nell’ipotesi, invece, in cui, anche in un solo ramo del Parlamento, non venga raggiunta la maggioranza dei 2/3, il testo può essere
sottoposto a referendum, qualora ne facciano richiesta 1/5 dei membri di una Camera, 500.000 elettori, ovvero 5 Consigli regionali
— tale richiesta deve essere presentata entro tre mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Uf ciale, a meri ni notizia li, del testo
legislativo votato dal Parlamento.
L’art. 138 Cost. non accenna ad alcun limite espresso all’esercizio del potere di revisione costituzionale; solo il successivo,
l’art. 139 stabilisce che non può essere modi cata in alcun modo la forma repubblicana dello Stato.

Abbiamo già descritto alcuni modi attraverso i quali il Parlamento esercita la sua funzione di indirizzo—controllo, ma ne esistono
altri:
La mozione di ducia, secondo quanto previsto dall'art. 94.3 della Costituzione della Repubblica Italiana, il governo deve
presentarsi alle camere entro dieci giorni dalla propria formazione per ottenerne la ducia, che viene concessa o meno con
mozione motivata e appello nominale.

Le interrogazioni ed interpellanze, la distinzione tra interrogazione e interpellanza sta nel fatto che, mentre con la prima si
chiedono chiarimenti o notizie sull’operato del Governo o dei pubblici poteri,  con la seconda si intende chiedere al
Governo l’atteggiamento tenuto da quest’organo su un determinato fatto o una determinata situazione.
In sostanza, mentre l’interrogazione tende a fare acquisire delle informazioni, l’interpellanza ha un contenuto
prevalentemente politico, tanto che l’interpellante, se insoddisfatto della risposta data dal Governo, può trasformarla in una
mozione, provocando un dibattito sulle spiegazioni del Governo.
In entrambi i casi, il Governo può non rispondere o rispondere tardivamente; pertanto, proprio per evitare che il Governo
procrastini sine die le risposte richieste, sono state introdotte le interrogazioni a risposta immediata, al cui svolgimento
viene dedicato un apposito spazio settimanale nel corso dei lavori parlamentari (c.d. question time), nonché le interpellanze
urgenti.

Le inchieste parlamentari; le commissioni di inchiesta costituiscono, insieme alle interrogazioni, alle interpellanze sono
uno dei mezzi attraverso cui si esplica la funzione ispettiva del Parlamento. Esse possono essere monocamerali (costituite,
cioè, nell’ambito di un solo ramo del Parlamento) o bicamerali, e possono essere istituite o con una legge o con una
deliberazione non legislativa. Tradizionalmente, si tende a distinguere due diversi tipi di inchieste: l’inchiesta legislativa,
avente ad oggetto la raccolta di informazioni utili ai ni della approvazione di future leggi, e l’ inchiesta politica, avente ad
oggetto l’operato del Governo o dei poteri pubblici in generale.

Le mozioni, che è un atto parlamentare non legato al processo legislativo. Il suo ne è quello di promuovere una
discussione e un voto dell’assemblea su un determinato argomento. Per questo motivo la mozione rientra tra gli atti
parlamentari cosiddetti “di indirizzo politico”. Con questo strumento infatti camera e senato possono esprimere la loro
indicazione al governo sull’atteggiamento da tenere o sulle iniziative da adottare in merito a una determinata questione.
Alla camera in base all’art. 110 del regolamento un atto di questo tipo può essere presentato da un capogruppo o da almeno
10 deputati. A palazzo Madama invece l’art. 157 prevede che sia proposto da un minimo di 8 senatori.
Le risoluzioni, atti con cui il Parlamento indirizza il Governo.
Gli ordini del giorno, che tendono a circoscrivere o precisare il signi cato della deliberazione principale, impegnando
politicamente il Governo sul modo in cui essa vada interpretata o si debba procedere alla sua applicazione.

La mozione di s ducia, secondo l'art. 94 della Costituzione, il Governo deve avere la ducia delle due Camere; ciascuna
Camera può revocare la ducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale; la mozione di s ducia deve
essere rmata da almeno un decimo dei componenti della Camera nella quale è presentata e non può essere messa in
discussione prima di tre giorni dalla presentazione — tale mozione obbliga il Governo alle dimissioni.

Per l’esercizio di determinate funzioni, la Costituzione prevede che le Camera si riuniscano in seduta congiunta, dando vita così ad
un organo distinti a competenza limitata, il Parlamento in seduta comune. Esso è presieduto dal Presidente della Camera dei
deputati, che si avvale del proprio uf cio di presidente. I regolamenti parlamentari stabiliscono che il regolamento che si applica alle
sedute del Parlamento a Camere riunite è quello della Camera dei deputati, ma il regolamento del Senato stabilisce anche che il
Parlamento in seduta comune possa darsi proprie autonome norme regolamentari.
Le funzioni che gli, a norma della Costituzione, il Parlamento in seduta comune esercita sono le seguenti:
L’elezione del Presidente della Repubblica, con modalità prescritte dalla Costituzione;

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L’elezione di cinque giudici della Corte costituzionale che si vanno ad aggiungere ai cinque nominati dal Presidente dalla
Repubblica e ai cinque nominati dalla supreme magistrature (che immagino sia il Consiglio superiore della magistratura,
ma sul libro era riportato così quindi boh);
L’elezione di otto membri del Consiglio superiore della magistratura;
La nomina dei giudici aggregati alla Corte costituzionale in sede penale;
La messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica.

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VIII.

Il Presidente della Repubblica.

Per comprendere la posizione, le funzioni e la stessa consistenza di molti dei poteri del Presidente della Repubblica occorre
considerare il ruolo che quest’organo è chiamato a svolgere nella nostra forma di governo di tipo parlamentare.
Senza entrare nei dettagli del dibattito, possiamo affermare che il Presidente della Repubblica svolge essenzialmente una funzione di
garanzia della stabilità e del sistema e di rispetto dei principi, purché il tutto avvenga in maniera imparziale e avendo come punto di
riferimento la Costituzione.

Per quanto riguarda i rapporti con Parlamento e Governo, alcuni fra i poteri del Presidente della Repubblica accentuano la possibilità
che esso svolga un ruolo rilevante: nomina del Governo prima della ducia parlamentare; il potere di scioglimento anticipato delle
Camere; il potere di messaggio alle Camere; la presidenza di due organi importanti (Consiglio Superiore della magistratura e
Consiglio supremo di difesa).

Ci si trova dinanzi ad un organo dotato di alcuni signi cativi poteri volti a consentire il funzionamento del sistema costituzionale, in
coerenza con i principi ed valori costituzionali, ma la sua posizione complessiva resta quella del Presidente di una Repubblica
parlamentare, massimo garante del corretto ed ef cace svolgimento dei processi istituzionali posti in essere dai diversi organi e
soggetti cui la Costituzione af da funzioni di indirizzo politico o di garanzia.

Il Presidente della Repubblica (da ora PdR perché è troppo lungo e m’agg scucciat) è eletto dal Parlamento in seduta comune, solo a
tal ne integrato da tre rappresentati di ciascuna regione (eccezion fatta per la Valle d’Aosta, che ne nomina uno) designati dai
rispettivi Consigli regionali in modo da garantire la rappresentanza delle minoranze.
Il PdR viene eletto a scrutinio segreto e da maggioranze quali cate (nelle prime tre votazioni è richiesto il voto favorevole dei due
terzi dei componenti dell’organo e successivamente la maggioranza assoluta), la durata della carica è di sette anni, due in più
rispetto al Parlamento.

Il PdR entra in carica dopo il “giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione, pronunciata dinanzi al
Parlamento in seduta comune.

Il mandato del PdR dura sette anni, ma la durata può essere prorogati nel caso in cui si veri chi un ritardo nell’elezione del suo
successore; il mandato può anche essere interrotto tramite dimissioni volontarie dalla carica, da decadenza (nel caso in cui
venissero meno i requisiti di eleggibilità e compatibilità), da destituzione (data da possibile sanzione penale) e dall’impedimento
permanente. In tutti questi casi, le funzioni presidenziali vengono esercitate dal Presidente del Senato, organo supplente del
Presidente della Repubblica mentre spetta al Presidente della Camera, nella sua qualità di Presidente del Parlamento in seduta
comune, convocare l’organo per l’elezione del nuovo PdR.

Il PdR non ha responsabilità relative agli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, ad eccezione degli atti presidenziali, che
sono validi solo se contro rmati dai Ministri proponenti ce ne assumono la responsabilità.
La funzione di contro rma ministeriale varia a seconda degli atti presidenziali, che sono:
— gli atti formalmente presidenziali ma sostanzialmente governativi, ovvero quegli atti cui contenuto è proposto dal
Governo, ma cui adozione viene sancita da un atto presidenziale (es. decreti relativi ai regolamenti governativi), in questo
caso il PdR svolge il ruolo di garante della nazione mette in atto un controllo preventivo sul rispetto governativo delle
disposizioni costituzionali; in questi casi, la contro rma ministeriale trasferisce la responsabilità degli atti dalla sfera
presidenziale a quella governativa;
— gli atti formalmente e sostanzialmente presidenziali, ovvero tutti quegli atti il cui contenuto e la cui iniziativa è ad
esclusiva discrezione del Presidente della Repubblica (es. nomina dei senatori a vita), in questo caso la contro rma
assume esclusivamente una funzione di controllo della legittimità dell’atto;
— gli atti sostanzialmente complessi, ovvero quando il contenuto degli atti è predisposto congiuntamente da Governo e
PdR (es. scioglimento delle Camere).
Esistono due atti presidenziali che non necessitano di contro rma: dimissioni e esternazioni (rendere noto il proprio pensiero
politico).

Il PdR mantiene rapporti ed esercita funzioni rispetto anche agli altri organi costituzionali.
Nei confronti del Governo, esso detiene alcuni poteri che ne concernono:
— la nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri;
— la nomina dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio;
— la nomina dei funzionari di Stato;
— accredita e riceve i rappresentanti diplomatici;
— ha il comando delle forze armate;

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— preside il Consiglio Supremo di Difesa.
A tali poteri si aggiunge quello di scioglimento delle Camere (se non si trova nel semestre bianco, quindi sei mesi prima l’elezione
del nuovo PdR).

I poteri del PdR in relazione al Parlamento sono:


— il potere di rinvio della legge alle Camere (alla seconda approvazione, il Presidente è costretto a promulgarla);
— il potere di messaggio, ossia di esternazione formale, autonoma ed a contenuto indeterminato e spontaneo;
— l’autorizzazione della presentazione, alle Camere, dei disegni di legge di iniziativa governativa;
— il potere di promulgazione delle leggi e di emanazione di decreti aventi valore di legge/regolamenti;
— l’indizione di referendum, nei casi previsti dalla Costituzione.

I poteri del PdR in relazione alla Corte Costituzionale è quello di: nomina di un terzo dei giudici, tramite un decreto contro rmato
dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il PdR è anche tenuto a presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura, e, anche in questo caso, il suo compito è quello di
garantire l’indipendenza e l’autonomia del potere giudiziario.

| il pdr ha anche “l’ultima parola” sulla guerra; è a lui che spetta, ai sensi dell’art. 87 comma 9, la dichiarazione dello stato
di guerra deliberato dalle camere; l’interpretazione sistematica degli articoli 11 (principio paci sta) e dell’articolo 2 (diritti
inviolabili dell’uomo) permettono la dichiarazione di guerra soltanto se rivolte ad aggressori che minacciassero
direttamente i beni, la popolazione e il territorio dello Stato.

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IX.

Il Governo della Repubblica.

Il  Governo della Repubblica Italiana è un organo di tipo complesso del sistema politico italiano, composto dal Presidente del
Consiglio dei Ministri (capo del governo), dai Ministri (che formano il Consiglio dei Ministri) e da viceministri e sottosegretari;
esso costituisce il vertice del potere esecutivo.

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