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Diritto amministrativo

02/10/2024

Manuale: Ramaioli, Marchetti ecc.

Preappello per frequentanti orale 8-9 gennaio

Amministrare = curare gli interessi pubblici, della comunità.

L’amministrazione, proprio per il fatto che amministra gli interessi pubblici, deve stare in una posizione
sovraordinata rispetto ai cittadini. Per soddisfare l’interesse pubblico potrebbe dover sacrificare gli interessi
di qualcuno, di un individuo.

L’interesse pubblico come si individua? Sono individuati dal legislatore, dal Parlamento.

Gli interessi pubblici possono variare nel tempo.

Problema della convivenza tra diversi interessi della comunità, l’amministrazione deve bilanciare gli interessi
sempre sulla base di una investitura legislativa.

Ad oggi molti dei compiti dell’amministrazione sono disciplinati da norme sovranazionale, ovvero europea.

C’è un ordinamento amministrativo che si distribuisce su livelli diversi, ci sono interessi pubblici, privati,
pluralità di interessi pubblici, norme che provengono da fonti diverse, anche sovranazionali.

Fenomeno di frantumazione dell’ordinamento amministrativo. Nel passato sistema strutturato e stabile, ad


oggi siamo in un mondo in cui le relazioni tra amministrazione e privati sono molto cambiate.

Categorie concettuale giuridiche presenti in passato ad oggi sono meno utili.

Norme su cui si regge il diritto amministrativo sono i principi, norme non scritte.

Attività di cura dell’interesse pubblico è una attività che presenta spazi di discrezionalità, ovvero potere di
scelta.

Potere di scelta è connaturato al compito di curare in concreto gli interessi pubblici, non sono tanti i casi in
cui l’amministrazione non ha potere di scelta.

Non c’è una norma che mi dice come mi devo determinare a priori, ho una norma che mi attribuisce il
potere di intervenire per curare un interesse che definisce i provvedimenti che posso prendere individuando
la finalità di interesse pubblico che devo soddisfare esercitando quel potere. La scelta sul contenuto e sul se
adottare il provvedimento è rimessa in concreto all’amministrazione, non ci sono norme che li
predefiniscono.

Però l’attività dell’amministrazione è una attività assoggettata al principio di legalità, alla legge. Ci sono dei
principi che comunque garantiscono nella sostanza la legalità della decisione.

Principio fondante del diritto amministrativo è quello di ragionevolezza della azione amministrativa, non si
trova scritto in nessuna norma, ma mai messo in dubbio.
Disposizioni senza testa (principi generali di diritto senza norma che li preveda) principi frutti di
elaborazione giurisprudenziale-dottrinale a cui oggi si affiancano anche principi dell’ordinamento europeo,
che non nascono a livello centrale senza che non siano il frutto di una sintesi che viene dai principi dei vari
ordinamenti dei vari stati membri dell’UE.

Disposizioni senza testa sono riempite di contenuto nel momento in cui il giudice deve pronunciarsi sulla
legittimità del provvedimento che è stato preso. Chiavi necessarie per interpretare le norme in presenza di
spazi vuoti. Diritto amministrativo è un diritto di forte impronta giurisprudenziale.

Ordinamento di diritto amministrativo è di bassa qualità.

Legge 241/1990 legge generale sul procedimento amministrativo. Quasi un codice del diritto
amministrativo.

Qualità della normazione scarsa porta ad un ruolo supplente del giudice che sconfina e fa il legislatore
nell’interpretare una norma. Questione delicata.

03/10/2024

Esercitazione banche dati:

giustizia-amministrativa.it: TAR e CdS (svolge funzioni giurisdizionali, ovvero giudice amministrativo di


appello, così come funzioni consultive attraverso le sue sezioni, solitamente la prima, le altre 3 sezioni
svolgono funzioni giurisdizionali). Diritto amministrativo è un diritto eminentemente giurisprudenziale.
Il legislatore solo in un secondo momento agisce a codificare principi e regole già solidificate in
giurisprudenza.

Cristallizzazione del diritto in legge potrebbe impedire l’evoluzione giurisprudenziale del diritto
amministrativo: L. 241/1990

Il diritto positivo c’è ma è fondamentale l’interpretazione del giudice così come gli studi della dottrina.

Proxy unipd: configura dispositivo per accedere a tutte le risorse telematiche di unipd

Dejure.it: login per ip: contiene normativa, dottrina e giurisprudenza (non c’è tutta giurisprudenza, meglio
giustizia amministrativa per giurisprudenza.)

Enciclopedia giuridica Treccani.

Digesto delle discipline giuridiche.

Normattiva: banca dati normativa dello stato italiano, cui è collegata la GU. Doppia parentesi indica
integrazione.

Galileodiscovery:  one legale: accesso attraverso le credenziali di ateneo della mail: struttura analoga a
banca dati dejure.

DOGI CNR:  ricerca dottrinale trovi riferimenti per andare a trovarlo in una ulteriore banca dati.
04/10/2023

Diritto amministrativo: cosa significa amministrare e chi amministra?

Amministrare significa curare gli interessi della comunità, della collettività. Interessi da curare in quanto
ritenuti meritevoli di essere curati possono fare capo a diverse comunità. (es. comuni, province, regioni ecc.)
ci sono diversi enti in cui sono presenti dei rappresentati votati dai membri della comunità che individuano
gli interessi meritevoli di tutela.

Interesse non si individua in base alla sostanza, ma secondo criteri giuridico-formali.

Individuare un bene, un interesse pubblico ci sono 2 momenti diversi:

 individuazione in astratto l’interesse da tutelare, anche in modo generico, attraverso l’affidamento


di determinati compiti all’amministrazione (interessi meritevoli di tutela individuati da organi di
indirizzo politico)
 momento di cura in concreto dell’interesse attraverso gli strumenti tipici del diritto amministrativo.
Applicazione delle norme che individuano l’interesse pubblico alla situazione concreta.

Cambio qualificazione interessi, sono in continua evoluzione.

Interesse pubblico perché qualificato dall’ordinamento come tale.

I nostri rappresentanti non sempre hanno la sensibilità per poter individuare determinati beni e interessi
meritevoli di tutela. Dipende dal momento storico in cui viviamo.

Gerarchia degli interessi non più presente al giorno d’oggi. Necessità di far confluire la molteplicità degli
interessi all’interno di un procedimento che ne assicuri la tutela.

Bilanciamento degli interessi meritevoli di tutela.

La corte costituzionale sent. sul decreto IVA.

Oggi non abbiamo una gerarchia tra i vari interessi tutelati. Caso per caso le gerarchie possono emergere,
ma non a livello di ordinamento amministrativo generale.

Interessi privati: anche loro entrano in gioco nella scena del bilanciamento dell’amministrazione, così come
gli interessi pubblici. Tutelare sempre gli interessi pubblici con il minor sacrificio di quelli privati.

Compongo in un sistema complessivo gli interessi, tutti, compresi quelli privati devono essere considerati e
sacrificati in modo proporzionato.

Chi l’amministra? Le pubbliche amministrazioni, una pluralità di organizzazioni pubbliche che hanno il
compito di tutelare questi interessi.

In queste pubbliche amministrazioni ci sono tante quanti soggetti a cui nel corso del tempo il nostro
legislatore ha ritenuto di affidare compiti di cura.

Legislatore attribuisce dei poteri a questi soggetti, che si distinguono e sono diversi tra di loro a seconda
delle loro necessità e a seconda dell’interesse che devono curare.

Si occupano di stabilire quali siano le istituzioni che hanno il compito di curare determinati interessi.

La cura di questo interesse può essere affidato in ragione dell’estensione in cui viene in gioco a soggetti
diversi, che hanno l’obbligo di comunicare e collaborare nella cura di questo interesse in comune, anche
sotto diversi aspetti.
Capacità di fare decidere le amministrazioni si è trasformata in una rinuncia ad amministrare, il legislatore di
fronte alla crescita economica.

09/10/2023

Concetto fondamentale: curare gli interessi dei cittadini.

È una definizione che copia un precipitato giuridico estremamente forte.

Amministrazione al servizio dei civili. Non amministra nei propri interessi, ma serve i cittadini, inteso in
senso molto ampio.

L’amministrazione non ha sole tutele di cura dell’interesse pubblico che le è stato affidato.
L’amministrazione ha il potere-dovere di curare gli interessi. Che ci sia un potere di agire noi lo vediamo
attraverso una serie di disposizioni che a un certo punto hanno codificato l’esistenza di una amministrazione
al servizio dei cittadini, amministrazione servile.

Qualcuno per sintetizzare questo concetto ha affermato una amministrazione che non serve. Una che non è
al servizio.

Esistenza di una amministrazione al servizio dei cittadini, tutele-dovere di esercitare l’azione amministrativa,
arrivati a sancire tutte una serie di regole che riconoscono l’aspettativa del cittadino alla pronuncia
dell’amministrazione e sanzionano la mancata presa di posizione della amministrazione, l’inadempimento al
dovere-potere di tutela.

Si concretizza nella pretesa del cittadino ad ottenere una pronuncia dell’amministrazione sull’istanza
presentata dal cittadino. Ad oggi è dato per scontato, nel passato la amministrazione non era tenuta a
rispondere alle domande dei cittadini.

Funzione supplettiva del giudice amministrativo, in risposta allo squilibrio tra cittadino e amministrazione.
Meccanismi attraverso i quali l’amministrazione era costretta a rispondere, ma che richiedevano l’intervento
del giudice.

Ancora oggi uno degli istituti del diritto amministrativo più importanti è quello del silenzio
dell’amministrazione.

Diritto amministrativo si caratterizza in una disciplina molto ampia del silenzio.

Il legislatore si è fatto carico su impulso della giurisprudenza e dottrina di affrontare il problema del silenzio
dell’amministrazione. Ha una rilevanza importante, giuridica. Si parla di silenzi della pubblica
amministrazione, non di silenzio.

Potere dell’amministrazione è quello di modificare la sfera giuridica del destinatario unilateralmente.

Il fatto che si sia arrivati alla consapevolezza dell’esistenza di un dovere di amministrare al servizio dei
cittadini ha portato ad una disciplina sempre più ampia e complessa dei silenzi.

Ci sono diversi tipi di silenzio:

 Silenzio inadempimento disciplina molto articolata.


 Silenzio provvedimento: così forte il potere dovere di amministrare che di fronte al silenzio
dell’amministrazione ci sono dei casi in cui il legislatore da a questo silenzio, questa patologia
dell’azione. Silenzio significativo: non si aspetta la risposta dell’amministrazione oltre un termine
ragionevole.

Potere dovere di amministrare non è un concetto che si riduce ad un principio, ma racchiude, rappresenta la
funzione della ragione d’essere dell’ordinamento amministrativo.

Nella carta costituzionale non ci sono molte norme che si occupano della pubblica amministrazione, ma
certamente il cardine dell’ordinamento amministrativo è costituito dall’art. 97 cost. (nascono tanti principi,
disposizioni senza testo che recano contenuto a contatto con la situazione concreta.)

 buon andamento p.a.


 imparzialità della p.a.
 garanzia stabilità e continuità della p.a. a prescindere dall’indirizzo politico che vige in parlamento e
in governo.

Buon andamento: pubblici uffici sono organizzati secondo norme di legge, in modo da assicurare buon
andamento e imparzialità. La corte cost. ha riconosciuto che questi sono principi generalissimi che
disciplinano organizzazione (come inteso precedentemente) così come anche l’azione della p.a.

Buon andamento: significa garanzia di una azione ed organizzazione efficiente, che presuppone un uso
ottimale delle risorse.

Ciò presuppone una disciplina di controlli sulla p.a.: controlli che per molto tempo erano sull’azione e sulla
legittimità (ovvero un provvedimento rispettoso delle norme giuridiche (ovvero anche i principi, o
disposizioni senza testo interpretate dalla giurisprudenza), conforme alle stesse) degli atti della p.a.

Oggi il concetto di efficienza non corrisponde sempre all’art 97. Cost., ma ha trovato le proprie conseguenze
giuridiche nel controllo sull’azione.

Controllo che si divide in controllo di legittimità e di merito.

Controllo di merito: il provvedimento deve rispettare i criteri di opportunità e convenienza, deve rispettare i
limiti che la norma cui attribuisce il potere pone.

Opportunità, convenienza del provvedimento: provvedimento che non risponde alla situazione di fatto cui si
applica, provvedimento che non produce risultati che sono necessari per la situazione che si sta
affrontando. Bontà della scelta, la convenienza o meno del provvedimento è rimesso alla discrezionalità
dell’amministrazione.

Ad oggi il controllo è diventato di tipo aziendalistico sulla gestione. Tale tipo di controllo toglie però molte
garanzie private.

Principio del raggiungimento del risultato.

Interpretazione adeguatrice della costituzione: mantenere i capisaldi però il legislatore ha premuto


l’acceleratore su questo concetto di efficienza. Anche a scapito di una inosservanza di altri principi.

Efficienza azione con uso ottimale delle risorse

Efficacia azione quando il risultato è stato raggiunto: concetto che non ha ad oggetto solo l’azione
dell’amministrazione ma ha applicazione anche per ciò che riguarda il provvedimento dell’amministrazione,
così come anche l’organizzazione dell’amministrazione.

Efficienza: non è rimasta ferma solo ad un controllo sulla gestione aziendalistica. Ma si applica anche segni
applicabili sulla disciplina dell’azione legislativa. Azione celere e meno dispendiosa possibile, azione in cui si
possa riscontrare la economicità e tempestività dell’azione amministrativa (principi che si trovano all’interno
dell’ordinamento amministrativo).

L. 241/1990 Art.2 disciplina il principio di tempestività: agire in tempi prefissati dalla legge.

Art. 1 divieto di aggravio immotivato del procedimento amministrativo (azione efficiente).

Passaggio intermedio autorevolezza istituzione pubblica si basa sulla fiducia che i cittadini hanno della
stessa.

Imparzialità: Si incastra tra una rappresentazione in cui il legislatore sceglie le finalità da affidare
all’amministrazione e l’amministrazione che deve assicurare il rispetto e la tutela dell’interesse affidato.
Come si esprime l’imparzialità? Esprimere le ragioni per cui si usa uno strumento piuttosto che un altro.
Controllo esterno sul percorso compiuto dall’amministrazione per arrivare ad una decisione. Controllo
esterno della collettività, non solo del giudice. Sono i cittadini che hanno affidato, si deve chiudere il
sistema. I cittadini eleggono i nostri rappresentati, che dirigono gli scopi di interesse pubblico,
l’amministrazione deve realizzarli.

Imparzialità presuppone la conoscenza adeguata della situazione cui si deve applicare il provvedimento. La
non adeguatezza della conoscenza vizia il provvedimento, diventa una situazione patologica.

Es. vizio di motivazione: Una motivazione insufficiente viola il principio di effettività. Motivazione non
adeguata vizia il provvedimento.

Molto importante come espressione del principio di imparzialità è obbligo di astensione delle decisioni
quando ci sono interessi confliggenti.

Ci sono nell’ordinamento tutti una serie di istituti che sono applicazione concreta del principio di
imparzialità (funziona come norma di legittimità anche autonomamente, indipendentemente dagli istituti
che avranno applicazione. Es. tipico di disposizioni senza testo. Elasticità del diritto amministrativo.)

10/10/2023

Imparzialità principio del concorso pubblico art. 97-98 cost.

Art. 97: Impieghi nelle p.a. si accede tramite concorso.

Art. 98: pubblici impiegati servizio esclusivo della Nazione.

Concorso metodo migliore per dare attuazione a questi principi (imparzialità e buon andamento), ma anche
questo metodo deve essere ispirato al rispetto rigoroso del principio di imparzialità.  attenzione alla
composizione della commissione di concorso  il giudizio deve avere carattere rigorosamente tecnico,
l’unico obiettivo è l’individuazione dei candidati migliori  nelle commissioni di concorso la presenza dei
tecnici deve essere almeno prevalente, se non esclusiva, tale da garantire scelte finali fondate
sull’applicazione di parametri neutrali.

Concorso come modo di accesso ai pubblici impieghi: concorso serve a selezionare i più capaci e meritevoli,
quelli più capaci ad assicurare il buon andamento dell’amministrazione. Sempre soggetto al principio di
imparzialità, particolare attenzione alla composizione della commissione di concorso, così come una

Per molto tempo la selezione non era così in grado di assicurare l’imparzialità nella scelta dei pubblici
funzionari. Ciò ha comportato la creazione di una burocrazia che non è sempre all’altezza del compito.
Riserva di procedimento amministrativo.

Art. 97 come fonte di riserva di procedimento amministrativo.

Ad oggi il dictat fondamentale è la celerità dell’azione della p.a. perché dall’attività dei privati dipende il
funzionamento del mercato.

Es. consenso preventivo (tramite provvedimento amministrativo) della p.a. per esercitare una determinata
attività.

Per esercitare una attività è possibile anche che sia necessaria una pluralità di atti di consenso, di
provvedimenti amministrativi.

Questo dictat, questa necessità ha portato il legislatore a ridurre sempre di più i tempi necessari, ad
aumentare i casi di silenzio assenso, non si ha una valutazione dell’interesse pubblico, c’è solamente una
parvenza di ciò.

Una amministrazione cresciuta in passato in modo qualitativamente scarso e con uno spreco di risorse
enorme. Entrati in crisi, le risorse si sono ridotte sempre più e man mano che il personale andava in
pensione non si assumeva, depauperando l’amministrazione. Corpi dell’amministrazione non più in grado di
assicurare tutti i compiti che legislatore e ordinamento europeo.

Recenti orientamenti della corte Costituzionale sta ridando spazio al principio del giusto procedimento. 
favor del giudice costituzionale per il procedimento pianificatorio come luogo elettivo di garanzia per gli
interessi sensibili coinvolti nell’uso del territorio, che merita una riflessione approfondita. Ciò proprio per la
sua natura di procedimento di area vasta, collettore di una pluralità di interessi pubblici e privati, da
comporre in quella tutela sistematica che si oppone ai cd. diritti tiranni (non c’è un valore che prevale su
tutto, bisogna bilanciare i vari valori), ormai da tempo disegnato dal giudice costituzionale come lo scenario
necessitato entro cui si muovono anche gli interessi costituzionali primari.

Legislatore invece di rafforzare l’amministrazione taglia i tempi per decidere, così rimane schiacciato
l’interesse pubblico. Problema delle politiche di semplificazione dell’azione amministrativa che dagli anni 90
sono diventate strutturali.

Procedimento amministrativo: percorso disegnato dalla legge e dai principi che regolano l’azione della p.a.
che l’amministrazione compie per esercitare il potere che le è attribuito dalla legge. La forma che la
funzione attribuita all’amministrazione assume per arrivare alla manifestazione della volontà.

Manifestazione di volontà, decisione della p.a. è la conclusione di questo percorso: ovvero il


provvedimento.

Questo processo di semplificazione è iniziato in materia edilizia. Il legislatore interviene sempre sul
procedimento, sul percorso per semplificare.

Effetto della semplificazione garantisce tempi brevi, ma non da certezze, soprattutto al privato, non da
stabilità all’assetto giuridico che si forma, e però l’effetto certo è che abbia ridotto il grado di tutela degli
interessi pubblici, soprattutto nei confronti degli interessi sensibili (es. salute, ambiente, patrimonio
culturale ecc.).

Per gli interessi sensibili il legislatore aveva avuto un occhio di riguardo: aveva inserito una serie di clausole
di salvaguardia di questi interessi: per cui si riducono i tempi, ma nel caso in cui sono coinvolti interessi
sensibili, questi strumenti di semplificazione non si possono usare, si sta alla regola consuetudinaria, non si
tagliano i tempi. Ad un certo punto il legislatore taglia anche gli adempimenti in cui sono coinvolti questi
interessi.
Il risultato di queste politiche di semplificazione è quello di impoverire la tutela di questi interessi.

In questi ultimi anni all’art 97 della cost., usato con molta parsimonia dalla corte cost., legato al principio di
legalità sostanziale, viene visto dal giudice costituzionale, soprattutto di fronte a leggi regionali che
intervengono in spazi di valutazione in concreto riservati all’amministrazione, invasi dal legislatore
nazionale, come strumento per affermare l’esistenza di una riserva di amministrazione (valutazione in
concreto degli interessi pubblici), il legislatore non può tagliare solo adempimenti, deve esserci uno spazio
in cui garantire una adeguata istruttoria e un giusto procedimento, aperto al coinvolgimento degli enti
territoriali e privati interessati e preordinato alla valutazione e alla sintesi delle plurime istanze coinvolte.

Il giudice costituzionale individua una sede riservata all’amministrazione, in cui l’amministrazione deve
essere lasciata in grado di svolgere il proprio compito, assistita da tutte una serie di garanzie.

Da qualche parte deve essere riservato uno spazio all’amministrazione per valutare gli interessi nel
concreto, che sta venendo individuato dalla corte costituzionale tramite i principi vigenti in costituzione.

Costituzionalizzazione del principio del giusto procedimento, ci si è avvicinati, ma mai si è definito principio
di rango costituzionale.

AMMINISTRARE GLI INTERESSI DEI CITTADINI:

 Chi sceglie gli interessi da curare? Gli apparati politici  potere di scelta dell’interesse da curare
(principio di rappresentanza democratica)  attribuzione del potere  principio di legalità.
 Scelta in astratto  da parte del legislatore  interesse da curare, amministrazione titolare del
compito, potere da esercitare, effetti dell’esercizio del potere  norma attributiva del potere
(segna i confini della relazione tra privato e amministrazione, individua un interesse collettivo,
attribuisco il potere analogo di tutela dell’interesse anche sacrificando la posizione giuridica del
singolo privato, amministrazione in posizione di superiorità nei confronti del singolo, che agisce
come autorità che modifica unilateralmente la sfera giuridica del destinatario, ma sempre entro i
confini stabili dalla norma attributiva di potere)  norma di relazione.
 Scelta in concreto  esercizio della discrezionalità amministrativa  potere discrezionale è
espressione di un potere di indirizzo politico amministrativo. Poche volte la norma attributiva del
potere dettaglia in modo preciso ed esaustivo tutti i presupposti e i requisiti per l’esercizio del
potere. Non opera la gerarchia degli interessi a monte, ma opera l’amministrazione a scegliere
l’interesse maggiormente meritevole di tutela e a curarlo in concreto. Ad oggi l’azione
dell’amministrazione è una azione tipicamente discrezionale, spazio di scelta non regolato
totalmente dalle norme, ecco perché sono necessari i principi.

ES. Comune  ente a fini generali  organi di indirizzo politico  scelta in concreto dell’interesse
maggiormente meritevole di tutela  attuazione della scelta  organi di gestione.

11/10/2023

D.LGS. 165/2001 ORDINAMENTO DEL LAVORO NELLE PUBBLICHE AMMINNISTRAZIONI

Art. 4 indirizzo politico amministrativo. Funzioni e responsabilità

Riferito agli organi statali.

Comma 1: Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico amministrativo definendo gli
obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni,
e verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti.
Ad essi spettano in particolare:

 Decisioni in materia di atti normativi e l’adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed
applicativo (circolare);
 Definizione degli obiettivi, priorità, piani, programmi, e direttive generali per l’azione
amministrativa e per la gestione;
 Ecc.

Comma 2: ai dirigenti spetta l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che
impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa
mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi
sono responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.

Dirigenti  organi di gestione, legati alla p.a. da un rapporto di lavoro subordinato instaurato per contratto
a cui si accompagna il conferimento dell’incarico dirigenziale, per un tempo determinato e scelti con atto
motivato attraverso una procedura pubblica e trasparente (non c’è una valutazione comparativa, non si basa
su un concorso, è una procedura per individuazione di soggetti che presentano determinate caratteristiche)
 nell’organizzazione statale ministeriale i dirigenti generali sono in posizione di sovra-ordinazione
gerarchica rispetto ai dirigenti semplici e agli altri funzionari della direzione generale (la relazione gerarchica
si colloca all’interno della struttura amministrativa di gestione.)

Quali responsabilità degli organi di governo e di quelli dirigenziali?

Come si atteggiano le relazioni tra questi organi? È una relazione di direzione, dirigenti hanno spazio
discrezionale di scelta di come effettuare e raggiungere gli obiettivi prefissati dagli organi di governo.
Controllo sul raggiungimento del risultato. Organo di gestione non si può più sostituire, nel momento in cui
mi viene affidato il compito di curare un determinato interesse (espressione di un indirizzo politico),
quell’interesse non può essere interferito da parte degli organi di governo. I poteri tipici della gerarchia non
sono attribuiti a organi di governo.

Art. 14 comma 3: il ministro non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare
provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti. In caso di inerzia o ritardo il ministro può fissare un
termine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare gli atti o i provvedimenti. Qualora l’inerzia
permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente competente, che
determinino grave pregiudizio per l’interesse pubblico, il Ministro può nominare, salvi i casi di urgenza
previa contestazione, un commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri
del relativo provvedimento.

non c’è relazione gerarchica tra organi di indirizzo politico e organi di gestione

rapporto tra direzione e valutazione sul raggiungimento del risultato  raggiungimento degli obiettivi
prefissati

Responsabilità dirigenziale per mancato raggiungimento degli obiettivi o inosservanza delle direttive
imputabile al dirigente.

D. LGS. N. 267/2000 TESTO UNICO ENTI LOCALI

Art. 42 ATTRIBUZIONI DEI CONSIGLI

1 co: il consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo politico e amministrativo;


2 co: il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali:

a) statuti dell’ente e aziende speciali, regolamenti,


b) programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali, ecc.
c) convenzioni tra comuni e comuni e provincia
d) istituzione
e) organizzazione dei pubblici servizi
f) istituzione e ordinamento dei tributi, disciplina generale delle tariffe per la fruizione di beni e servizi
ecc. ecc.

Art. 107 FUNZIONI E RESPONSABILITÀ DELLA DIRIGENZA

1 co: spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e servizi secondo i criteri e le norme dettate da statuti e
regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-
amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria, tecnica è
attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, organizzazione delle risorse umane, strumentali e
di controllo.

2 co: spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che
impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra
le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti
tra le funzioni del segretario o del direttore generale.

3 co: sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti
di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare:

a) presidenza delle commissioni di gara e di concorso


b) responsabilità procedure d’appalto e concorso
c) stipulazione dei contratti
d) provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi il cui rilascio presupponga accertamenti

Attenzione al peso delle scelte attinenti alla vita della comunità  discrezionalità amministrativa  scelte
che coinvolgono i valori di fondo della comunità, che richiedono un’interpretazione di ordine politico…
questo livello di decisione, in un sistema democratico è demandato agli organi politici, ossia a organi che
abbiano una legittimazione riconducibile al principio di sovranità popolare.

Anche le scelte di indirizzo politico incontrano però sempre il limite del principio di legalità (in senso
formale, ma più spesso in senso sostanziale)  discrezionalità come spazio di scelta rimesso
all’amministrazione  mai come libertà nei fini  vincolo di scopo.

RAPPORTO TRA POLITICA E AMMINISTRAZIONE ART. 95 COST.

Ministri  duplice posizione:

 componenti de governo (espressione della maggioranza parlamentare, titolare della funzione di


indirizzo politico);
 vertice dei rispettivi ministeri, responsabili degli atti dei loro dicasteri.

Presidente del Consiglio  mantiene unità di indirizzo politico.


PRINCIPIO DI DEMOCRATICITÀ art. 1 cost.  la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e
nei limiti della Costituzione  attraverso gli organi che li rappresentano.

 Il Governo è responsabile nei confronti del Parlamento, della cui maggioranza è espressione 
l’amministrazione è posta sotto la guida del Governo.  attivazione ed attuazione del circuito democratico.

Organo politico deve essere diverso da quello che invece cura l’interesse individuato come pubblico dagli
organi politici.

LIMITI ALLA POSIZIONE SERVENTE DELLA PA RISPETTO AL POTERE POLITICO:

1. RISERVA DI LEGGE (relativa):


a. art. 95 cost. la legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il
numero delle attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri.
b. Art. 97 cost. nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le
attribuzioni e le responsabilità propria del funzionario
2. PRINCIPIO DI IMPARZIALITÀ: ai pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo
che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione

a) Parlamento e Governo hanno un rapporto di natura politica


b) Governo ed amministrazione: rapporto di natura istituzionale (art. 97 agli impieghi nella p.a. si
accede mediante concorso, art. 98 cost. i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione)

PRINCIPIO DI LEGALITÀ: rapporto diretto tra amministrazione e interessi pubblici  nel momento in cui un
determinato interesse è individuato dalla legge come meritevole di tutela, quindi pubblico, esso si stacca
dall’indirizzo politico, si oggettivizza, pur essendo stato individuato in sede politica, e richiede di essere
soddisfatto secondo imparzialità.

Separazione tra funzione di indirizzo politico e funzione di gestione; o tra politica e amministrazione;
garantisce che l’amministrazione non possa trasformarsi in mera esecutrice delle scelte politiche, in mero
apparato servente rispetto agli organi politici.

È il principio di legalità, in senso formale e sostanziale, a reggere l’attività dell’amministrazione, che deve
dare attuazione agli indirizzi politico-amministrativi, ma nel rispetto della legge secondo imparzialità e buon
andamento.

Principio di legalità  elemento strutturale della relazione tra amministrazione e cittadino.

16/10/2023

CHI AMMINISTRA?

La creazione dell’organizzazione a cui attribuire le funzioni di cura degli interessi pubblici precede la
disciplina dell’azione dell’amministrazione.

 Ciò garantisce il cittadino che riconosce fin dall’inizio il soggetto al quale i poteri pubblici sono
attribuiti
 E permette al legislatore di organizzare l’ente pubblico nel modo migliore per curare un certo
interesse.

ENTI PUBBLICI  soggetti dotati di personalità giuridica (attenzione cd. Atipicità dei soggetti pubblici, a
volte privi di personalità giuridica…)  organizzazioni (apparati, sistemi composti di mezzi, uomini e risorse
predisposti dall’ordinamento per il perseguimento di determinati compiti) cui la legge attribuisce le funzioni
di cura degli interessi pubblici, capaci di agire oltre che come soggetti di diritto privato, come titolari di
poteri pubblicistici  CENTRI DI IMPUTAZIONE DI INTERESSI DELLA COLLETTIVITÀ  questo è il nucleo
fondamentale della pubblicità  criterio funzionale  DOVEROSITÀ DELLA CURA.

 Senza figura soggettiva pubblica non c’è potere  creare un soggetto pubblico significa creare un
CENTRO DI POTERE E DI RESPONSABILITÀ  un centro in cui vengano imputate le attività e gli effetti
delle attività posti in essere dalle persone fisiche che necessariamente devono agire per l’ente.
 Pluralità dei soggetti pubblici  pubbliche amministrazioni.

Come si individua il soggetto pubblico? (il più delle volte non è definito come tale dalle norme)

L’individuazione della natura pubblica porta con sé l’applicazione delle diverse discipline dettate
dall’ordinamento con riguardo agli enti pubblici sia a livello europeo che a livello nazionale. (es. norme sui
contratti pubblici, norme sulla qualifica di pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio, particolare
regime di responsabilità penale, civile e amministrativa ecc.)

FONTE NECESSARIA PER L’ISTITUZIONE DELL’ENTE PUBBLICO È LA LEGGE (art. 97 2 co. cost.:  pubblici uffici
sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e
l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le
attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Riserva di legge relativa  istituzione può avvenire anche con il regolamento ma sulla base di una norma
generale di rango primario  ratio della riserva all’ente è l’attribuzione di una funzione pubblica con i poteri
e limiti fissati dalla legge  l’ente pubblico può esercitare poteri pubblici in posizione sovraordinata rispetto
ai cittadini, solo se il potere gli sia attribuito dalla legge, allora l’ente deve essere costituito con legge o in
base alla legge (e dunque non può disporre di sé).

Tutela giurisdizionale è tutela che risponde al principio di legalità, se io godo di tutela contro gli atti della
pubblica amministrazione, deve esserci un apparato normativo rispetto al quale posso valutare la legittimità
dell’azione dell’amministrazione.

INDICI DI PUBBLICITÀ DELL’ENTE (rilevanti nel loro complesso)

1. Costituzione dell’ente da parte di un soggetto pubblico, con legge o atto espressamente autorizzato
dalla legge.
2. Nomina di organi direttivi in tutto o in parte di competenza dello Stato o di un altro ente pubblico.
3. Previsione di controlli o finanziamenti pubblici.
4. Attribuzione di poteri autoritativi (modificazione in via unilaterale della sfera giuridica del
destinatario).
5. Esistenza di un ente vigilante con poteri di scioglimento o commissariamento di un ente vigilato, o
sostituzione in caso di inerzia.

Ma attenzione al perseguimento di finalità di interesse pubblico che può portare a considerare alcuni figure
soggettive ibride, come soggetti di diritto privato per alcuni aspetti, e pubblico per altri (organismi di diritto
pubblico).
ENTI PUBBLICI  ORGANI

Come riferire alle persone giuridiche pubbliche situazioni e rapporti giuridici?

Persona giuridica  creazione del diritto, naturalisticamente incapace di agire  ha necessariamente


bisogno di persone fisiche per agire ed entrare in rapporti giuridici con altri soggetti  configurazione della
relazione  due alternative teoriche:

 Rappresentanza: imputazione in capo al rappresentato dei soli effetti dell’attività posta in essere dal
rappresentante (siamo in presenza di due volontà distinte e l’atto in quanto tale è riferibile al
rappresentante, non alla persona giuridica).
 Immedesimazione organica: la persona giuridica (soggetto di diritto separato dalle persone fisiche
che la compongono e dotata di una propria capacità giuridica) agisce per mezzo dell’organo e
l’azione posta in essere dall’organo è azione dell’ente.
La persona fisica titolare dell’organo ha potere di esprimere la volontà dell’ente, imputando
direttamente in capo a questi l’atto posto in essere e i suoi effetti  a differenza di quanto avviene
con la rappresentanza l’organo non è separato dall’ente, quando agisce per l’ente
(competenze/attribuzioni) è l’ente stesso (non è necessario che un ente presti la propria volontà) 
con questa teoria si supera il problema della duplice volontà, posto che nelle persone giuridiche è
assente per definizione una volontà autonoma e distinta da quella della persona fisica che agisce.
Es. ente (amministrazione statale) es. organo di ente (ministro)

ENTE PUBBLICO  centro di imputazione di effetti ed attività

ORGANO  strumento di imputazione dell’esercizio del potere  elemento dell’ente che consente di
riferire all’ente effetti ed attività

Il centro è unico, ma poi si ha una pluralità di strumenti di imputazione dell’esercizio del potere perché il
compito di esercitare quel potere viene diviso attraverso una pluralità di organi per ottenere un esercizio
conforme e più adeguato ai principi di diritto amministrativo.

ORGANO  centro di competenza  competenza  quota dei poteri attribuiti all’ente (attribuzione)
spettante a ciascun organo (art. 97 3 co. cost.  nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di
competenza, le attribuzioni e le responsabilità dei funzionari).

(vd. Ufficio-servizio  insieme di mezzi materiali e professionali, unità operative interne; si distingue
ufficio-organo che ha il potere di emanare atti che impegnano la p.a. all’esterno).

DISTINZIONE tra:

 Attribuzione  sfera di poteri che l’ordinamento conferisce all’ente pubblico.


 Competenza  parte dell’attribuzione conferita dalle norme a ciascun organo all’interno dell’ente.

Vizi di legittimità dell’azione amministrativa: incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge.


All’interno della incompetenza distinguiamo ipotesi diverse, tra attribuzione e competenza: ovvero
incompetenza relativa (causa di annullabilità dell’atto) e incompetenza assoluta (causa di nullità dell’atto,
che non produce effetti perché manca l’attribuzione, ovvero il potere pubblico stesso) e difetto assoluto di
attribuzione. Sono legate a queste diverse ipotesi conseguenze diverse.

RAPPORTO DI IMMEDESIMAZIONE ORGANICA  nel momento in cui la persona fisica preposta all’organo
agisce per l’ente, è l’ente stesso (rapporto interno di tipo organizzatorio) si instaura attraverso l’atto di
investitura o di assegnazione  incardinazione dell’organo  doppio grado di immedesimazione organica
 dell’organo nell’ente e della persona fisica preposta nell’organo, e quindi nell’ente
RAPPORTO DI SERVIZIO  rapporto esterno che lega all’ente le persone fisiche che prestano servizio per
l’ente  rapporto giuridico bilaterale  complesso di diritti ed obblighi assunti da chi presta servizio presso
l’ente, nei confronti dell’ente  presupposto per l’instaurarsi del rapporto di immedesimazione organica
(eccezione funzionario di fatto  soggetto che pure in assenza di una investitura formale o in caso di
annullamento o nullità dell’atto di investitura esercita di fatto funzioni pubbliche: si instaura un rapporto
organico di fatto che legittima gli atti adottati  ratio: tutela della buona fede e dell’affidamento dei privati
entrati a contatto con il soggetto).

17/10/2023

CLASSIFICAZIONE DEGLI ORGANI:

 Interni (competenza di esaurisce all’interno dell’ente, es. organo deputato ad emettere pareri
all’interno di determinati amministrazioni es. CSM);
 Esterni (organi che hanno la competenza di manifestare la volontà dell’ente verso l’esterno);
 Centrali (competenza all’intero spettro all’attività dell’ente) – periferici (competenza limitata ad un
particolare ambito di attività) (distinzione tipica delle amministrazioni statali);
 Ordinari (struttura dell’ente pubblico, previsti nel normale disegno organizzativo dell’ente);
 Straordinari (organi nominati per circostanze straordinarie, per il compimento di singoli atti
particolari);
 Permanenti (previsti in via continuativa nell’ente, in maniera stabile);
 Temporanei (previsti in casi particolari, hanno un periodo di funzionamento limitato nel tempo)
 Attivi (competenti a formare ed eseguire la volontà dell’amministrazione in vista del conseguimento
dei fini ad essa affidati) - Consultivi (rendono pareri, organo anche interno, agisce all’interno del
procedimento amministrativo finalizzato all’emanazione del parere amministrativo verso l’esterno) -
Di controllo (sindacano l’attività posta in essere dagli organi attivi). Questa distinzione rispecchia
quella tra amministrazione attiva, consultiva e di controllo;
 Rappresentativi (componenti dell’organo designati o eletti dalla collettività che costituisce il
sostrato dell’ente, );
 Non rappresentativi (componenti non sono designati o eletti dalla collettività che costituisce il
sostrato dell’ente);
 Monocratici (titolare è una sola persona, possibilità di prendere decisioni più brevi, richiesto dalle
circostanze);
 Collegiali (titolarità spetta a più persone), prodotto dell’incontro tra più soggetti (portatori di
conoscenze tecniche diverse, ma tutte necessarie per poter arrivare ad una conclusione più adatta
possibile) che si esprimono verso l’esterno come una unica volontà  preposta all’organo è una
pluralità di persone che si esprimono all’esterno attraverso un’unica deliberazione (collegi perfetti -
imperfetti)  ragioni della collegialità  distinzione di collegi di ponderazione/valutazione
(quando c’è esigenza di decidere con l’apporto di differenti competenze professionali o esperienze)
e collegi di composizione (si ha l’esigenza di comporre in sede di decisione interessi diversi, in
potenziale o attuale conflitto tra di loro, interessi o anche indirizzi politici diversi).

Collegi reali o perfetti (per la deliberazione sia necessaria la presenza di tutti componenti) – collegi virtuali
o imperfetti (per la deliberazione non è necessaria la presenza di tutti i componenti).

Funzionamento del collegio  convocazione da parte del presidente del collegio tramite O.d.g. (ordine del
giorno)  quorum strutturale (valida costituzione dell’organo): metà più uno dei componenti  quorum
funzionale (validità della deliberazione): metà più uno dei componenti presenti. Se non previsto altrimenti,
gli astenuti rimanendo in aula manifestano la loro volontà di esprimere la propria volontà, si conteggia la
maggioranza richiesta su tutti quelli che sono presenti, perché la presenza è la manifestazione della volontà
di esprimere la propria volontà, l’astensione va ad avvantaggiare il voto negativo.  regole della
deliberazione.

18/10/2023

RELAZIONI INTERORGANICHE TRA ORGANI DI UNO STESSO ENTE (differenti dalle relazioni intersoggettive,
che sono tra enti)

Gerarchia  sovra-sotto-ordinazione tra organi/sistema piramidale (tra cui non una vera e propria
separazione di competenze  l’organo sovraordinato assomma in sé le competenze del subordinato titolare
di compiti non esclusivi). Organo sovraordinato ha una serie di poteri:

 Poteri di ordine  comandi o divieti


 Potere di controllo  annullamento o riforma di atti inferiori, modifica, nuova valutazione del
contenuto dell’atto.
Poteri di controllo e poteri di ordine sono poteri che caratterizzano la relazione di gerarchia.
Potere di revoca e annullamento degli atti amministrativi è un potere che tipicamente rientra nei
poteri dell’amministrazione. (così come ho il potere di curare l’interesse pubblico per la stessa
ragione ho il potere di intervenire con un provvedimento, così ho il potere di intervenire
successivamente su quell’assetto di interessi se il provvedimento con cui l’assetto non fosse
legittimo o conveniente.) Questo potere è un potere che è nato formatosi e consolidatosi in assenza
di norme specifiche, ricondotto al potere di amm. Di farsi giustizia da sé. Questo potere è stato
molto ridotto e molto oggetto di contrasti molto forti a livello giurisprudenziale.
Al di fuori della relazione di gerarchia, il potere di annullamento spetta in via ordinaria alla stessa
autorità che ha emanato il primo provvedimento.
Questo potere di annullamento attiene alla relazione gerarchica ma non è l’unico potere di
annullamento, esiste anche in via ordinaria (art 21 nonies L.241/1990).
 Avocazione (assumo su di me un compito che sarebbe dell’inferiore, esercito il potere che in via
ordinaria spetta all’inferiore) e sostituzione (esercito un potere spettante all’inferiore sostituendomi
a lui). Distinzione delle due fattispecie: avocazione si fonda su un giudizio di opportunità del
superiore che ritiene che una questione particolarmente delicata venga presa in esame dal
superiore; sostituzione presuppone l’inerzia da parte del funzionario gerarchicamente subordinato,
formalizzazione dell’esistenza dell’inadempimento, deve essere decorso il termine per provvedere
stabilito dalle norme senza adempimento.
È più delicata e più forte la decisione del superiore che per una certa questione decide di avocare a
sé (es. potrebbero anche non esserci i presupposti).
Il potere di avocazione passa attraverso la regola di adempimento, il superiore quando avoca a sé il
potere dell’organo inferiore deve motivare qualsiasi decisione presa dall’amm.
Obbligo di motivazione molto forte nell’ordinamento amministrativo.
Discrezionalità più ampia nel potere di avocazione rispetto al potere di sostituzione,
conseguentemente, la mancanza o insufficienza della motivazione fanno sorgere il dubbio che si stia
perseguendo un fine diverso, ovvero sintomo di eccesso di potere (deviazione dalla finalità che
devo perseguire.)
 Decisione dei ricorsi gerarchici: rimedio amministrativo azionabile nei confronti di provvedimenti
dell’amm. viziati nella legittimità o nel merito. Rimedio che si esaurisce all’interno dell’amm.
 Vd. Progressivo ridimensionamento della figura che non può però definirsi residuale  gerarchia
temperata (vd. Anche rapporti tra uffici organi e uffici serventi).

Impostazione gerarchica abbandonata dall’amministrazione, ma tipico ancora delle relazioni tra uffici (tra
dirigenti e dipendenti) (strumenti attraverso il quale l’organo perviene alla decisione).
La relazione di gerarchia non è configurabile quando sia coinvolto un organo collegiale. Perché? Nel
collegio l’opinione si fonda sulla base di un riscontro di opinioni, decisione comune che potrebbe non
raggiungere l’unanimità. Anche se abbiamo organi collegiali incardinati su una amministrazione
caratterizzata da una relazione gerarchica, quegli organi escono dalla relazione gerarchica.

La relazione di gerarchia non è configurabile in un rapporto tra enti  coincidenza delle competenze tra
superiore e inferiore si pone in contraddizione con l’esistenza di persone giuridiche diverse. Tra enti pubblici
non si può dare una relazione di gerarchia.

RELAZIONE DI DIREZIONE  Tra organi dotati di autonomia. Relazione interoganica tipica (tra organi della
stessa amm.) , ma può anche essere una relazione intersoggettiva, tra diversi soggetti del diritto, tra enti
pubblici diversi. Questa relazione ha sostituito la relazione gerarchica all’interno delle singole
amministrazioni.

 Potere di direttiva  indicazione di scopi da perseguire lasciano al destinatario la facoltà di scelta


sui modi in cui perseguirli  selezione del migliore mezzo utile al raggiungimento dell’obiettivo
(Destinatario può decidere di non rispettare la direttiva perché nella situazione concreta la finalità
da raggiungere non può essere raggiunta. Scelta che può essere legittima.)  tipico del rapporto tra
strutture al vertice politico amministrativo e strutture dirigenziali.
 Onere di motivare l’inosservanza della direttiva (inosservanza non motivata è anche fonte di
responsabilità dirigenziale, oltre che di illegittimità del provvedimento, sintomo di eccesso di
potere, ovvero vizio di discrezionalità, logicità, ragionevolezza, congruità sono parametri necessari
per valutare l’esistenza o meno del vizio).
 Potere di controllo  verifica della rispondenza dei risultati conseguiti rispetto agli indirizzi
impartiti.

Può essere anche una relazione di direzione intersoggettiva  tra enti pubblici diversi. Perché? È possibile
quando ci collochiamo all’interno della stessa funzione di cura dell’interesse pubblico che viene distribuita
tra enti diversi (es. sanità, urbanistica, governo del territorio ecc.). Ci sono enti diversi a cui vengono affidati
poteri diversi tutti finalizzati alla cura di un determinato interesse, ciò legittima l’esistenza di un potere di
direttiva in capo all’ente che individua gli obiettivi in maniera generale, che poi dovranno essere raggiunti
dagli altri enti.

RELAZIONE DI COORDINAMENTO  potere attraverso cui si ordinano attività distinte di strutture e


organizzazioni diverse secondo un disegno ordinario, per il raggiungimento di interessi comuni  organi in
posizione di equi-ordinazione ma attività comprese in un disegno unitario.

Può essere anche potere interno a relazioni di sovra-sotto-ordinazione.

Può essere anche relazione intersoggettiva  tra amministrazioni diverse  forme procedurali o
organizzative di raccordo tra amministrazioni  intese, accordi, conferenze interistituzionali ecc. 
Relazione di coordinamento ad oggi è diventata tipica delle relazione intersoggettive.

L 241/1990 tavolo tutte le volte in cui una stessa attività od opera richieda il consenso di una pluralità di
amm. questo consenso debba essere rilasciato in conferenza di servizi, ovvero richieda la valutazione
contestuale da parte di tutte le amm. coinvolte chiamate a confrontarsi sulle caratteristiche del processo e a
valutare le caratteristiche di queste attività ai fini del rilascio del consenso. Originariamente questo tavolo
doveva votare all’unanimità. Disegno unitario di coordinamento dell’azione della p.a. Ma ciò porta difficoltà
di far decidere le amm. tutte insieme (concezione antiquata che amministra al potere per sé, non in
funzione dei cittadini.). Si passa quindi alla regola della maggioranza, quindi viene meno anche la necessità
del consenso di tutte le amm. sulla decisione da prendere. Conferenza da un modello organizzativo, diventa
un modello decisorio. Legislatore interviene anche riguardo al rilascio dei singoli atti di consenso in questo
tavolo.

Il legislatore stabilisce che questo coordinamento tra enti pubblici diversi si fondi sul modello delle posizioni
prevalenti e che quindi si decida non più secondo maggioranza, ma sulla base delle posizioni prevalenti
(definizioni assenti nella norma, ma dottrina e giurisprudenza dicono che sono le posizioni degli enti che
rappresentano gli interessi più delicati coinvolti). Posizioni prevalenti sono stabilite dall’amministrazione
procedente.

Il coordinamento si trasforma in una relazione tra enti pubblici che in realtà è strumentale ad un modello
decisorio che non pone più tutte le amministrazioni in una situazione di comparazione.

Gli interessi pubblici ad oggi non pesano più nello stesso modo. Ad oggi non c’è più la regola che l’ente
pubblico assicuri la cura di un determinato interesse. Nel momento in cui faccio entrare in un sistema
unitario gli interessi coinvolti non è sempre assicurata la cura di tutti gli interessi, ci sono dei meccanismi
che vogliono assicurare una determinata soluzione, anche se ciò comporta il sacrificio di uno o più interessi
pubblici.

Intesa stato regione ormai sono ad oggi deboli.

Intesa forte, devo avere il consenso di tutte le parti

Intesa debole, se non si raggiunge il consenso di entrambe le amm. ci sono dei meccanismi di superamento
del consenso, perché deve esserci una decisione.

Qual è il principio che dovrebbe assicurare che il raggiungimento del risultato anche col sacrificio di uno o
più interessi pubblici sia un risultato conveniente ed opportuno? Questa tutela sistemica degli interessi deve
avvenire secondo proporzionalità (Minor sacrificio possibile dell’interesse pubblico, per assicurare un
obiettivo di cura dell’interesse pubblico.). La decisione deve essere una decisione in cui non ci sono diritti
tiranni, ma deve esserci una tutela del sistema di interessi da tutelare in modo proporzionato al peso
dell’interesse ed obiettivo da raggiungere.

23/10/2023

CONSEGUENZE DELLA PUBBLICITÀ DELL’ENTE.

AUTONOMIA  Possibilità di fare da sé le proprie scelte, nei limiti delle finalità attribuite dalla legge:

 Possibilità di determinare da sé i propri scopi  enti territoriali  autonomia di indirizzo ( ma non


si tratta mai di autodeterminazione di fini  principio di legalità).
 Possibilità di porre norme generali e astratte  autonomia normativa  POTERE REGOLAMENTARE
 ma nei limiti del principio di legalità  fondamento nella norma di rango primario.

POTERE REGOLAMENTARE:

Art. 97 Cost.: I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il
buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le
sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Art. 117 Cost. 6 co.: La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva
delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, Province e
Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite.
L. n.241/1990 Art. 29

Ambito di applicazione della legge. Limiti all’autonomia regolamentare in tema di organizzazione delle
funzioni.

1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali.
Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale
pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative. Le disposizioni di cui agli articoli 2-bis, 11,
15 e 25, commi 5, 5-bis e 6, nonché quelle del capo IV-bis si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche.

2. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla
presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell'azione
amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla presente legge.

2-bis. Attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della
Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di
garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concluderlo
entro il termine prefissato, di misurare i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti e di assicurare
l’accesso alla documentazione amministrativa, nonché quelle relative alla durata massima dei procedimenti.

2-ter. Attengono altresì ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m),
della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti la presentazione di istanze, segnalazioni e
comunicazioni, la segnalazione certificata di inizio attività e il silenzio assenso e la conferenza di servizi,
salva la possibilità di individuare, con intese in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non si
applicano.

2-quater. Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non
possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali
delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela.

2-quinquies. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria
legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di
attuazione.

REGOLAMENTI GOVERNATIVI  espressione principale del potere normativo del Governo (art. 87 cost.) 
disciplina generale l.400/1988  ambito di materie  art. 117 6 co. cost.  regolamenti statali materie
potere regolamentare regionale  vd. Cedevolezza fonti statali (art. 117 cost. 2 co. lett. M) livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

REGOLAMENTI MINISTERIALI E INTERMINISTERIALI  gerarchicamente subordinati ai regolamenti


governativi (fonti cd. terziarie), emanati su espressa attribuzione di competenza normativa da parte della
legge.

REGOLAMENTI GOVERNATIVI  PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE  emanati con D.P.R. su deliberazione


del Consiglio dei Ministri previo parere del Consiglio di Stato, delle commissioni parlamentari competenti,
sottoposti al visto e registrazione Corte dei conti e pubblicati in G.U.

REGOLAMENTI DI ORGANIZZAZIONE  disciplinano l’organizzazione e il funzionamento delle pubbliche


amministrazioni (art. 97 cost.)

REGOLAMENTI DI DELEGIFICAZIONE O AUTORIZZATI  attuano la delegificazione in materie non coperte


da riserva di legge assoluta  attenzione al meccanismo abrogativo.
DECRETI MINISTERIALI NON AVENTI NATURA REGOLAMENTARE  fuga dal regolamento  si aggira il
divieto della competenza regolamentare statale nelle materie di competenza coperte da legislazione
esclusiva e i vincoli procedurali previsti per i regolamenti governativi.

REGOLAMENTI ESECUTIVI  norme di dettaglio necessarie per l’applicazione concrete di una legge. Molto
rari.

REGOLAMENTI INTEGRATIVI O ATTUATIVI  rispetto alle leggi che pongono norme di principio
(incompatibili con le materie affidate alla competenza concorrente delle Regioni e con quelle coperte da
riserva assoluta di legge).

REGOLAMENTI INDIPENDENTI  figura discussa perché trova fondamento solo nella legge ordinaria
(400/1988) per il rischio che emerga un centro di produzione normativa alternativo a quello parlamentare
(no rispetto del principio di legalità)  emanati per disciplinare materie in cui manchi una disciplina di
rango primario e non coperte da riserva di legge.

Oggi potestà normativa secondaria delle autorità amministrative indipendenti  AGCM, ANAC ecc 
disciplinano non solo i criteri e i modi di svolgimento delle funzioni loro spettanti ma anche le attività
private soggette a regolazione o controllo  problemi:

 rispetto alla riserva di legge nei casi in cui intervengano in materie in cui vige
 ammissibilità dal punto di vista della legittimità costituzionale della spettanza del potere ad autorità
che sono sottratte al circuito democratico rappresentativo – indipendenza dall’esecutivo  c’è una
emersione del principio della legalità procedurale.

24/10/2023

ALTRE FONTI SECONDARIE  STATUTI DEGLI ENTI LOCALI  D.Lgsl. 267/200  autonomia statuaria nel
rispetto della legge che detta le linee fondamentali dell’organizzazione dell’ente (organi, competenze,
rapporti inter-organici e altri profili organizzativi).

ART. 114 COST. “Comuni, Province, le Città metropolitane e le regioni sono enti autonomi con propri statuti”
 riserva di normazione protetta dalle ingerenze della legge statale e regionale  STATUTO  rapporto
con la legge  competenza come atto di espressione di autonomia costituzionalmente riconosciuta  in
armonia con la legge  stabilisce principi di organizzazione e funzionamento dell’ente, forme di controllo,
garanzie delle minoranze e forme di partecipazione popolare…  fonte cd. Subprimaria posta in posizione
di primazia rispetto alle fonti regolamentari e al sotto di leggi di principio che trova fondamento nel
principio di autonomia di cui art. 5 Cost: Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie
locali; attua nei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i
principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia del decentramento.

ORDINANZE DI NECESSITÀ ED URGENZA.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza in relazione al fine pubblico individuato dalla legge attributiva del
potere, le p.a. sono autorizzate ad emanare atti a contenuto precettivo non predeterminato dalla legge,
anche in deroga alla legge, per fare fronte a situazioni generiche di emergenza  adottate nell’esplicazione
di poteri soltanto genericamente prefigurati dalle norme che li attribuiscono e perciò suscettibili di
assumere vario contenuto, per adeguarsi duttilmente alle mutevoli situazioni  rinvio  limiti  principio
della ragionevolezza, imparzialità, logicità, buon andamento ecc. rispetto di questi principi garantisce che si
arrivi ad una scelta conveniente, anche se il giudice non può decidere sulla convenienza della scelta, ma
solamente sul rispetto di detti principi attraverso la motivazione, il giudice definisce il testo di queste
disposizioni senza testo volta per volta.  principio di legalità sostanziale (si tratta comunque di atti aventi
natura amministrativa soggetti al controlli giurisdizionali esperibili nei confronti di tutti gli atti
amministrativi)  es. ordinanze del Prefetto per la tutela dell’ordine pubblico e sicurezza pubblica;
ordinanze del Ministro della sanità in materia di sanità e igiene pubblica e di polizia veterinaria; nelle stesse
materie hanno competenza anche il Presidente Giunte regionale e Sindaco…

REGIME GIURIDICO DEI REGOLAMENTI

Atti formalmente amministrativi e sostanzialmente normativi  dettano norme generali astratte  non
possono dettare norme contrarie a legge e i regolamenti non governativi non possono dettare norme
contrarie ai regolamenti governativi (art. 4 Preleggi)
Illegittimità  impugnazione dinnanzi al giudice amministrativo e annullamento (vd. Momento in cui si
verifica la lesione della situazione giuridica soggettiva).

Disapplicazione del regolamento in contrasto con la legge:

 da parte del giudice ordinario (in una controversia sulla lesione di un diritto soggettivo)
 da parte del giudice amministrativo (in assenza di impugnazione di un regolamento):
o quando il provvedimento amministrativo viola un regolamento, il quale è in contrasto con la
legge  disapplicazione  il provvedimento è legittimo perché conforme alla legge 
rigetto del ricorso.
Giudice fa come se il regolamento non ci fosse, provvedimento usa come parametro di legittimità
direttamente la legge.
o Quando il provvedimento amministrativo è conforme a un regolamento, il quale però è in
contrasto con la legge  disapplicazione  illegittimità del provvedimento per contrasto
con la legge  accoglimento del ricorso  annullamento del provvedimento.

CONSEGUENZE DELLA PUBBLICITÀ DELL’ENTE

AUTARCHIA  capacità di agire per il raggiungimento dei propri fini mediante l’emanazione di
provvedimenti amministrativi  manifestazione unilaterale autoritativa del potere pubblici /
manifestazione di volontà del potere pubblico.

AUTOTUTELA  tutela dell’interesse pubblico attraverso il potere di sindacare la validità dei propri atti
attraverso l’esercizio di poteri che prescindono dal ricorso al giudice (potere di risolvere conflitti senza dover
ricorrere al giudice; ovviamente tra privati e amministrazione conseguente ad una azione
dell’amministrazione)  potere di revisione di un precedente assetto di interessi frutto di un precedente
provvedimento (anche in caso di silenzio assenso).

Annullamento d’ufficio, revoca, convalida poteri tipici del potere generale di autotutela.

Potere così forte che era tipicamente un potere senza limiti di tempo, che aveva trovato forma e contenuto
nella giurisprudenza del giudice amministrativo. Potere estremamente ampio che permette di intervenire.

Il giudice ha sempre detto che nell’ipotesi in cui l’amministrazione fosse stata indotta in errore dal privato
(malafede del privato), non c’era un limite di tempo per l’esercizio dell’annullamento d’ufficio, né era
necessario nessun fine di soddisfacimento dell’interesse pubblico ulteriore rispetto all’eliminazione di ciò
che il giudice chiamava il ripristino della legalità violata.
Ad oggi le cose sono molto cambiate. Limitazione molto più stringente all’esercizio dei poteri di autotutela,
mentre giudice amministrativo dà interpretazione in maniera tale da distaccarsi dalla lettera della norma
della legge 241 e si ancora alla finalità che si è dovuta perseguire con il provvedimento di autotutela, e il
provvedimento di annullamento d’ufficio.

Si è sempre ritenuto che l’autotutela spettasse all’amministrazione in quanto autorità sovraordinata; in


seguito poi si passa alla concezione dell’amministrazione al servizio dei cittadini, si deve giustificare questo
potere di autotutela. Emergono due aspetti: hai il potere di autotutela ma devi rispettare il principio di
certezza del diritto, e devi rispettare anche la stabilità della situazione che si è creata sulla base del primo
provvedimento (ovvero principio di tutela dell’affidamento del privato, affidamento sulla stabilità della
situazione che si è creata in base al primo provvedimento.)

Posso agire in autotutela se nel momento in cui decido di agire col secondo provvedimento c’è un interesse
pubblico ulteriore specifico ed attuale che giustifichi l’intervento della p.a.

Interesse pubblico ulteriore è emerso che l’amministrazione in sede di autotutela agisce sempre per
raggiungere quel fine, quell’interesse pubblico che doveva raggiungere anche col primo provvedimento.

Agisco perché quel provvedimento illegittimo non garantisce più il fine di interesse pubblico per cui era
stato emanato. È compatibile con l’interesse pubblico con l’interesse pubblico che doveva proteggere.

Provvedimento discrezionale non è sufficiente che vi sia un interesse pubblico ulteriore, ma deve essere
pesato con la situazione privata questo interesse pubblico ulteriore.

AUTOTUTELA  NATURA  FONDAMENTO

 Principio di legalità e principio di inesauribilità del potere amministrativo


 Fondamento nella legge che ha attribuito il potere esercitato con il provvedimento di primo grado
 Esercizio di una funzione di amministrazione attiva con lo scopo di curare lo stesso interesse iniziale
perseguito con il provvedimento di primo grado  ATTENZIONE: deve sempre esistere un interesse
pubblico attuale all’adozione del provvedimento di autotutela  discrezionalità.
 Nuovo esercizio di potere  per il provvedimento di secondo grado la p.a. si trova a dover tenere in
considerazione il rapporto giuridico sorto sulla base del provvedimento di primo grado 
attenzione ai principi di certezza del diritto e di tutela dell’affidamento del privato sulla stabilità
della situazione formatasi sulla base del primo provvedimento.
 Rinvio ai provvedimenti di secondo grado  annullamento d’ufficio, revoca, convalida…

Principio di inesauribilità è stato messo in crisi perché il legislatore ha enucleato sempre più la relazione tra
privato e amministrazione ingessandola, non è una relazione in divenire, ma si pone più il problema della
certezza delle situazioni giuridiche non legata alla cura dell’interesse pubblico, legata invece alla stabilità
delle relazioni sociali.

Potere sempre di più si stacca dalla funzione di cura dell’interesse della collettività, poteri ricondotti ad
episodi chiusi e definiti, una volta emanato il provvedimento, acquista nel tempo sempre più rilevanza
assetto degli interessi che si è stabilito e perde rilevanza finalità dell’interesse pubblico.

Decorso del tempo porta sempre più in rilievo l’affidamento del privato sulla stabilità su cui si sostiene il
mercato e perde rilievo invece la tutela dell’interesse pubblico.
Ciò ha portato ad una norma art. 21 nonies: principio può essere annullato d’ufficio sussistendone ragione
di interesse pubblico entro un termine ragionevole, comunque non superiore a 12 mesi dal momento di
attribuzione di vantaggi economici o provvedimenti autorizzatorio.

Il potere di cura di interesse pubblico si esaurisce in 12 mesi, decorso questo termine prevale la tutela del
privato, dell’assetto economico creato sulla base del provvedimento dell’amministrazione.

Autotutela trova questo limite generale, è diventato un potere a termine.

Se le norme non sono chiare, e non lo sono mai, in una situazione di questo genere possono crearsi delle
patologie molto importanti. Si cristallizza una situazione che può essere conforme o no a diritto, ma che se
non sia conforme ad interesse pubblico dopo 12 mesi perde rilevanza.

Amministrazione a termine, che perde rilevanza dopo 12 mesi.

25/10/2023

Amministrazione si pone sullo stesso piano del privato e si confronta in modo paritario in una reciprocità di
doveri e comportamenti tra le parti.

Molto più rari i casi di attività vincolata: casi in cui la norma in astratto predetermina nel dettaglio tutti i
requisiti, presupposti che caratterizzano il provvedimento che l’amministrazione deve emettere senza
lasciare alcuno spazio di valutazione autonoma: es. immatricolazione università: requisito titolo scuola
superiore; es. alcol test, gradazioni stabilite da legge, così come la pena.

Amministrazione non farà altro che accertare (e non valutare) che sussista il presupposto e dopo
l’accertamento è quindi tenuta ad emettere il provvedimento.

Laddove la legge disciplina in dettaglio i requisiti per il provvedimento, perché questi presupposti siano
suscettibili di un semplice accertamento in concreto, o esistono o no. Non c’è valutazione.

Il legislatore nel corso del tempo, per semplificare l’azione dell’a. e per alleggerire la posizione del privato e
semplificare l’esercizio dei diritti a lui riconosciuti, ha eliminato il provvedimento di consenso previsto per
l’esercizio dell’attività vincolata, lasciando al privato la responsabilità di provare che questi requisiti esistono.

Se ho una attività subordinata ad una serie di requisiti suscettibili di semplice accertamento, questo
accertamento può farlo anche il solo privato, ed accertarne l’esistenza attraverso un atto in cui si prende la
responsabilità di iniziare l’attività.

Elimina una ampia gamma di provvedimenti riservati, riservando però all’a. uno spazio di discrezionalità
riguardo le materie più delicate, non di valutazione autonoma, e sono lasciate e richieste
all’amministrazione valutazioni che non possono considerarsi dei semplici accertamenti. Non è un
accertamento semplice che porta a risultati incontrovertibili, ma accertamento complesso (che può portare
a conclusioni diverse, non è incontrovertibile, sulla base delle scienze tecniche che io utilizzo, la scienza non
è in grado di assicurare un risultato incontrovertibile, di dare certezze. Es. posizioni diverse degli scienziati
sul pericolo del covid.)

Materie in cui il legislatore chiama l’a. a curare l’interesse pubblico, materie caratterizzate dalla incertezza
della scienza. Il legislatore si rende conto che l’a. non ce la fa, la sottopone solo ai controlli di queste materie
più delicate, che sono caratterizzate da un accertamento complesso.

Comunque per le materie caratterizzare da un accertamento semplice permane un potere di controllo


successivo.
SCIA: comunico io all’amministrazione che voglio iniziare una certa attività e che ho i requisiti previsti dalla
legge, e quindi mi prendo la responsabilità nel caso in cui questi presupposti non sussistano.

Discrezionalità intesa come spazio di scelta

Discrezionalità tecnica si ha invece in quei casi caratterizzati dalla presenza di un accertamento complesso.

COME AMMINISTRA LA P.A.?

1. In via autoritativa  attraverso provvedimenti, espressione del potere unilaterale attribuito dalla
legge alla p.A. (Amministrazione come Autorità)  attenzione al vincolo di scopo.
Es. permesso di costruire, immatricolazione all’Università  manifestazioni di volontà da parte
della p.A., riconducibili ad una pluralità di poteri diversi, a partire da una distinzione fondamentale
tra poteri ampliativi o restrittivi, favorevoli o sfavorevoli, della sfera giuridica del destinatario.
2. Mediante prestazione di pubblici servizi  doverosa offerta pubblica di prestazioni  servizi
pubblici:
a. Aventi rilevanza economica  possono essere esercitati in forma imprenditoriale, anche da
soggetti privati in regime di concorrenza (trasporti, energia, comunicazione elettronica…) 
per i quali sussiste un economia di mercato aperta e in libera concorrenza  affidamento
mediante procedure concorsuali.
b. Privi di rilevanza economica  fuori dal mercato  gestiti dalla p.A. con oneri a carico della
fiscalità generale (servizi sociali, sanità, istruzione…  vd. Costituzionalizzazione di una
serie di diritti)
3. Come soggetti di diritto comune:
a. In assenza di poteri attribuiti dalla legge, la p.A. è soggetto di diritto comune, agisce in
posizione di equiparazione rispetto ai privati, ma dovendo agire per la cura degli interessi
pubblici dovrà sempre provare che utilizza gli strumenti del diritto comune in modo
imparziale  procedure di evidenza pubblica  finalizzate all’individuazione del
contraente che risponde meglio degli altri alle finalità pubblicistiche cui è vincolata la p.A,
regolate dal diritto amministrativo e soggette al controllo del giudice amministrativo.
b. Contratto di appalto per la realizzazione di opere o infrastrutture o per
l’approvvigionamento di forniture e servizi  negozio giuridico di diritto privato.

COS’È IL DIRITTO AMMINISTRATIVO

Complesso di norme (eteronome  norme esterne, sull’amministrazione; autonome  norme


dell’amministrazione), provenienti da soggetti diversi (interni, statali; esterni, UE) volte a disciplinare
l’essere, l’avere e l’agire della p.A.

 Organizzazione
 Beni pubblici
 Azione della p.A. e relativi rapporti con i destinatari

DIRITTO AMMINISTRATIVO COME DIRITTO PER PRINCIPI

PRINCIPI origine ed evoluzione  giustiziabilità dell’esercizio del potere  esercizio del potere conforme
allo scopo prefissato  capacità espansiva a contatto col caso concreto (es. sindacato sull’eccesso di potere)

PRINCIPI DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO  norme senza disposizione


Prendono corpo in sede di applicazione al caso concreto e sono dotate di una flessibilità più ampia rispetto
alle norme scritte, di cui governano l’interpretazione (art. 97 cost.; art. 1 L 241/1990; principi diritto UE)

ART. 1 L. 241/1990 PRINCIPI GENERALI DELL’ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA

1. L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di
efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e
dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento
comunitario.

1-bis. La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme
di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente.

1-ter. I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei princípi di cui
al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in
forza delle disposizioni di cui alla presente legge.

2. La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate
esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria.

2-bis. I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione
e della buona fede (dovere di solidarietà art. 2 Cost.)

 procedimento amministrativo non più contraddistinto dall’assoluta unilateralità del potere, e ormai
configurabile come luogo di relazioni « asimmetriche» caratterizzato dalla interlocuzione tra soggetti
pubblici e privati e dunque «luogo di composizione del conflitto tra l’interesse pubblico primario e gli altri
interessi pubblici e privati coinvolti nell’esercizio del potere».

 portata bilaterale del dovere di buona fede e correttezza → « si rivolge sia all’amministrazione sia ai
soggetti che a vario titolo intervengono nel procedimento, qualificando in termini giuridici una relazione che
è e resta pubblicistica, sia pure nell’ottica di un diritto pubblico in cui l’autoritatività dell’agire amministrativo
dà vita e si inserisce nel corso di un rapporto in cui doveri comportamentali e obblighi di protezione sono
posti a carico di tutte le parti» (CDS, AP, n. 20/2021) → dovere di comportarsi in modo conforme alle proprie
conoscenze e coerente con le proprie condotte, a salvaguardia delle situazioni giuridiche coinvolte

2-bis. I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione
e della buona fede

 conformità alle norme generali che impongono di agire con lealtà e correttezza, con la possibilità che
sussista una responsabilità da comportamento scorretto nonostante la legittimità del provvedimento
amministrativo conclusivo del procedimento(CDS, AP, n. 5/2018)

 doveri reciproci di correttezza e buona fede a tutela dell’altrui affidamento

 dovere di collaborazione come dovere di correttezza, lealtà, diligenza (vd. anche quantificazione del
danno ingiusto da illegittimo esercizio dell’attività amministrativa il giudice deve valutare il comportamento
complessivo delle parti, dovendo escludere il risarcimento di quei danni che si sarebbero potuti evitare
usando l’ordinaria diligenza (art. 30, CPA)

30/10/2023

Principio di legalità e tipicità del potere (altra prospettiva da cui vedere il principio di legalità).
Tipicità del potere: la legge attribuisce il potere e lo tipizza, definendo i contenuti e i limiti della relazione
che si insatura tra privato e amministrazione quanto all’esercizio di quel potere. Inoltre la norma attributiva
del potere definisce quantomeno in via generale
- soggetto,
- oggetto,
- contenuto,
- causa: distinzione che traiamo dal diritto civile, ma che nel diritto amministrativo trova
adattamento soltanto parziale.
Causa = finalità per cui il potere è attribuito.
- effetto, vicenda giuridica che l’esercizio del potere produce in capo al destinatario.

Potere è tipizzato dalla norma che lo attribuisce all’amministrazione e la tipizzazione disegna la relazione
che si instaura tra amministrazione e privato quanto alla titolarità del potere spettante
all’amministrazione.
Questa relazione la traduciamo in uno schema che si compone di: norma che disegna il fatto, individua il
potere e l’effetto.  È uno schema dinamico: c’è una norma che tipizza la fattispecie, attribuisce il potere di
disciplinare la fattispecie in concreto all’amministrazione e definisce l’effetto che l’esercizio di questo
potere produrrà in capo al destinatario.
La norma così delimita la relazione e definisce un conflitto intersoggettivo tra amministrazione come
autorità e privato.

NB. La norma attributiva del potere, che tipizza il potere e definisce la relazione tra amministrazione e
privato, segna anche i limiti entro i quali L’AMMINISTRAZIONE È AUTORITÀ e ha quindi il potere di
modificare la sfera giuridica del privato unilateralmente, senza bisogno del suo consenso. Al di fuori dei
limiti posti dalla norma l’amm. NON è più autorità e il conflitto è un conflitto intersoggettivo tra PARI
(amministrazione persona giuridica e privato leso in un suo diritto soggettivo).
- Se esco da quei confini NON sono più autorità.
- Se invece sto all’interno dei confini, l’interesse del privato, importante per individuare la
situazione giuridica soggettiva di cui il privato è titolare nei confronti dell’amministrazione
intesa come autorità (amministrazione titolare del potere unilaterale). Dentro questi limiti
l’interesse del privato e quindi la sua aspettativa di godere di un determinato bene della
vita, è subordinato all’esercizio del potere: la norma interpone necessariamente, tra fatto
che disegna e l’effetto modificazione della sfera giuridica, l’esercizio del potere. Il
godimento del bene della vita dipende necessariamente dall’esercizio del potere
attribuito all’amministrazione.

Come si produce la modificazione della sfera giuridica del destinatario in senso positivo o negativo?
Attraverso esercizio del potere, il quale porta ad emanazione di UN
PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO = provvedimento risultato dell’esercizio del potere tipizzato dalla
norma, che riconduciamo a provvedimenti ampliativi o restrittivi della sfera giuridica del destinatario,
anche se possiamo fare anche altre classificazioni (non essenziali). Manifestazione di volontà
dell’amministrazione espressa dall’ente pubblico attraverso i suoi organi (rapporto di immedesimazione
organica).
Quando parliamo di esercizio del potere facciamo riferimento alle funzioni dell’amministrazione (compiti)
che si estrinsecano nell’esercizio del potere.
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO = forma della funzione amministrativa, forma che il compito di
soddisfare l’interesse pubblico assume nel suo venire alla luce. Il farsi dei compiti dell’amministrazione, la
forma che la funzione amministrativa assume nel suo prodursi e nel suo venire in essere. Modo in cui il
potere si trasforma in un atto. Percorso che l’amministrazione deve seguire per emanare legittimamente un
provvedimento.
 Studio del procedimento amministrativo come punto centrale dello studio del diritto amministrativo.
Tutto ciò che avviene prima dell’emanazione del provvedimento, prima della produzione della
modificazione della sfera giuridica del destinatario, rileverà in sede di sindacato sulla legittimità del
provvedimento amministrativo.

Individuando pian piano la sfera giuridica di cui è titolare il privato di fronte allo schema relazionale norma
– fatto – potere – effetto, facendo un passo ulteriore, diciamo che potere e diritto sono termini
inconciliabili  La situazione giuridica soggettiva di cui il privato è titolare NON è una situazione di diritto. Il
privato NON è titolare di diritto soggettivo nei confronti dell’amministrazione a cui è stato attribuito un
potere autoritativo (di essere autorità).

- Nel diritto soggettivo il potere è riconosciuto dalla norma giuridica direttamente in capo al
singolo per soddisfare un proprio interesse e dunque tutelato davanti al giudice ordinario.
 Potere di agire riconosciuto e garantito dalla norma e a cui corrisponde al soggetto
passivo un dovere negativo di astensione o un obbligo a porre in essere un determinato
comportamento. Manca l’interposizione del potere. La norma giuridica risolve a monte il
conflitto intersoggettivo, attribuendo al soggetto il diritto di godere di un determinato
bene.
Potere di agire per realizzazione e godimento di un bene o per realizzazione di un interesse.

- Nel diritto amministrativo la situazione giuridica soggettiva del privato, di fronte


all’interposizione del potere, alla necessità che ci sia un intervento dell’amministrazione
che gli permetta di soddisfare la sua aspettativa e il godimento di un bene della vita, NON è
di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo  soddisfacimento dell’interesse non è
disciplinato direttamente dalla legge MA dipende e subordinato all’esercizio del potere da
parte della amministrazione.. Nel diritto amministrativo ha comunque trovato spazio anche
il riconoscimento di diritti soggettivi con il tempo.
Interesse legittimo = situazione giuridica soggettiva che sussiste in capo al privato quando è costretto a
dialogare con il potere pubblico (amministrazione) per conseguire un bene della vita o per conservarlo
quando ne sia già titolare. Il privato necessita dell’emanazione di un provvedimento amministrativo da
parte dell’amministrazione (dell’ente pubblico). Questa definizione contiene già la distinzione tra:
o Interesse legittimo pretensivo = situazione giuridica soggettiva caratterizzata da
pretesa a godere di un determinato bene della vita, pretesa all’esercizio di un
potere che amplia la sfera giuridica del destinatario.
o Interesse legittimo oppositivo = situazione giuridica soggettiva caratterizzata da
pretesa di conservare un bene della vita che è già nella sfera giuridica del
destinatario. Il dialogo necessario con l’amministrazione si instaura per conservare
un determinato bene della vita che fa già parte del patrimonio giuridico del
soggetto.
NB. Interesse legittimo è sempre correlato all’esercizio di un potere da parte della amministrazione. Lo
individuiamo nella norma attributiva del potere, individuando titolarità di queste situazioni e la
individuiamo perché le norme attributive del potere e che disciplinano l’esercizio del potere differenziano la
posizione del privato rispetto a quella degli altri cittadini  pongono il privato in un dialogo necessario con
l’amministrazione e qualificano questa posizione. La norma attributiva del potere differenzia e qualifica la
posizione del privato, in modo tale da poter affermare che siamo di fronte ad una pretesa nei confronti
dell’amministrazione, che si traduce nella azionabilità, dell’interesse legittimo leso, in quanto titolare di
questo, davanti al giudice amministrativo. Le norme che attribuiscono e che disciplinano l’esercizio del
potere qualificano, differenziano e individuano in quel soggetto il titolare di un bene della vita da
proteggere, oggetto di pretesa da parte del privato. Quella situazione in quanto tale diventa una situazione
rispetto alla quale posso chiedere tutela davanti al giudice amministrativo.

Es. Tizio chiede permesso di costruire e il progetto viola le norme sulle distanze previste dal regolamento
edilizio. Il vicino si trova in una posizione di differenziazione rispetto ad altri componenti della comunità,
quanto alla pretesa al rispetto delle norme che disciplinano l’esercizio di quel potere, i cui requisiti e i
presupposti sono il rispetto delle norme stabilite dal piano regolatore e dal regolamento edilizio.

Es. La legge assoggetta ad autorizzazione l’esercii odi una attività commerciale. Chi esercita una attività
simile in zona può essere considerato titolare di posizione differenziata e qualificata ad impugnare il
provvedimento che deve essere conforme ad interesse pubblico (che determinate attività non siano
dannose per la comunità). MA è un provvedimento che riconoscendo la pretesa e aspirazione ad un certto
bene della vita lede anche chi già esercita una simile attività.

Es. Provvedimenti in materia ambientale: il problema dell’azionabilità dell’interesse legittimo prende altre
sembianze e porta al riconoscimento in capo NON al singolo, MA ad una pluralità di soggetti, del
riconoscimento della titolarità di interessi collettivi che in quanto facciano capo ad una figura soggettiva,
sono forme particolari di interessi legittimi.

Tutto legato alla differenziazione, qualificazione e pretesa di godere di un determinato bene che ricaviamo
dalla norma che attribuisce il potere.

Cosa viene azionato dal titolare dell’interesse legittimo? Pretesa di carattere sostanziale a godere di un
bene della vita (che non rientra nella sfera giuridica o che già ne fa parte). La principale forma di tutela e la
prima, sulla quale è nata la teoria dell’interesse legittimo e la tutela riconosciuta dall’ordinamento
all’interesse legittimo è la PRETESA AL CORRETTO ESERCIZIO DEL POTERE. NON ho norma che risolve a
monte il conflitto tra privato e amministrazione, ma una norma che qualifica un soggetto come titolare
dell’interesse innanzitutto a pretendere il corretto esercizio del potere: da questo p.d.v l’interesse legittimo
nasce come situazione giuridica soggettiva tutelata in via mediata.  Es. interesse legittimo oppositivo:
NON posso opporre al potere espropriativo dell’amministrazione la mia pretesa a conservare nella mia
sfera giuridica il bene di cui sono proprietario perché c’è una norma che attribuisce all’amministrazione il
potere di espropriazione e che pone l’amm. in una situazione di superiorità. Però posso pretendere prima
di tutto che l’amministrazione nell’esercitare quel potere lo faccia in modo legittimo.
Aziono la pretesa al legittimo esercizio del potere = potere conforme alle norme che lo disciplinano.
MA queste norme non si esauriscono nelle norme di dettaglio che disciplinano un aspetto del potere. Ci
sono soprattutto principi che si modulano in concreto nel momento in cui vengono a contatto con quella
situazione e fattispecie concreta  principi che regolano l’attività dell’amministrazione che garantiscono il
buon andamento e l’imparzialità della p.a. + necessità di assicurare effettività della tutela al privato che
dialoga con l’amministrazione  Il lavoro di giurisprudenza e dottrina per individuare i limiti all’esercizio
del potere, che non sono scritti nelle singole norme e che dipendono dall’osservanza dei principi, è un
impegno legato alla necessità di rendere effettiva questa tutela che nasce come TUTELA MEDIATA E
INDIRETTA. L’ordinamento non riconosce direttamente la mia pretesa a godere di un determinato bene e
non mi protegge nei confronti degli altri soggetti dell’ordinamento, MA mi pone in una situazione che ad
oggi è una tutela piena, ma che conosce forme diverse perché abbiamo interposizione del potere.
Un tempo si diceva ci fosse una situazione di inferiorità del privato nei confronti della p.a.: il processo
amministrativo nel 2010 però ha completato un processo di elaborazione delle forme di tutela ai privati,
anche con pronunce del giudice amministrativo e studi della dottrina, per cui ad oggi si può dire che la
tutela è piena, ma con forme diverse.

La grande importanza che rincociamo ai principi che regolano l’esercizio del potere è legata a necessità che
emerge sempre di più nell’ordinamento di assicurare effettività alla tutela del privato titolare dell’interesse
legittimo, a fronte della discrezionalità di cui l’amministrazione tipicamente gode quando deve curare
interessi pubblici.
Ne gode sempre di più oggi perché, se lo schema NORMA-FATTO-POTERE-EFFETTO era lo schema tipico che
governava tutta la disciplina amministrativa dell’iniziativa economica privata, oggi nel diritto amministrativo
a questo schema si affianca un altro schema, quello del diritto soggettivo NORMA-FATTO–EFFETTO.  IL
LEGISLATORE ELIMINA L’INTERPOSIZIONE DEL POTERE. Questo porta ad una maggiore attenzione
sull’esercizio discrezionale del potere. Non è solo nell’interesse pubblico, ma anche privato, per assicurare
al privato effettività della tutela nel caso di non corretto esercizio del potere da parte dell’amministrazione
e di illegittimità del provvedimento.

NB. Il problema della qualificazione e differenziazione della situazione giuridica soggettiva sorgeva tempo fa
soprattutto nel momento dell’impugnazione del provvedimento davanti al giudice (es. il giudice si poneva il
problema dell’insussistenza dell’interesse a ricorrere e della legittimazione a ricorrere). A mano a mano che
ha preso corpo (contenuti) la disciplina del procedimento amministrativo, ha preso corpo anche la rilevanza
giuridica del dialogo tra amministrazione e privato anteriore all’emanazione del provvedimento.
Nel procedimento amministrativo c’è un peso riconosciuto dall’ordinamento in senso positivo e negativo
alla partecipazione del privato, titolare di questa posizione qualificata e differenziata, anche prima
dell’emanazione di un provvedimento al dialogo con l’ amministrazione.  RILEVANZA GIURIDICA DEL
DIALOGO AMM. E PRIVATO ANTERIORE ALL’EMANAZIONE DEL PROVVEDIMENTO.
Oggi se il giudice dei diritti soggettivi è quello ordinario, quello degli interessi legittimi è il giudice
amministrativo  Riconosciuto anche in Cost.

La protezione assicurata all’interesse legittimo oggi non è solo quella che viene dalla pretesa del soggetto
leso dal provvedimento al corretto esercizio del potere (non solo quella che viene dall’annullamento del
provvedimento illegittimo), ma è una tutela che ha preso corpo, nel corso del tempo, attraverso un lavoro
della giurisprudenza e dottrina (il corredo di azioni che spettano al privato titolare dell’interesse legittimo
leso davanti al giudice amministrativo, secondo il codice del processo amm., nasce fuori dal codice, in via
giurisprudenziale anche della Corte di Cass. e trova sistemazione e sistematizzazione nell’operato del
legislatore e con il codice del processo amm. del 2010). Oggi ricaviamo da questo corredo di azioni una
tutela che era nata come tutela indiretta, che poteva trovare soddisfazione in tanto in quanto il
provvedimento amministrativo fosse illegittimo, ma che è diventata tutela diretta in cui ciò che rileva è
anche l’ev. danno ingiusto subito dal privato per causa dell’operato dell’attività dell’amministrazione. 
SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE DIVERSE (diritto soggettivo e interesse legittimo), MA TUTELA che ha
trovato espressione oggi in modo PIENO.
Ci sono problemi quanto alla capacità delle norme di tutelare il privato, ma non c’è più tutela indiretta che
si limitava alla pretesa al coretto esercizio del potere. La mia tutela coincideva con la pretesa ad una azione
legittima della p.a.
Oggi, il titolare dell’interesse legittimo può chiedere:
- annullamento del provvedimento amministrativo per vizio di legittimità (archetipo con
cui nasce la tutela del privato verso la amministrazione)
- tutela risarcitoria per danni da lesione di interessi legittimi (sent. 1999 Cass. danno contra
ius è danno sia ad interesse soggettivo sia ad interesse legittimo che deriva da illegittimo
esercizio o mancato esercizio di attività obbligatoria della amministrazione
- tutela contro silenzio della p.a. se l’amministrazione rimane inerte e non risponde
all’istanza del privato)
- azione per la declaratoria di nullità del provvedimento amministrativo
(vd. Art. 21 – septies L. n. 241/1990 su fattispecie particolare di invalidità del diritto amm. che è la nullità
del provvedimento).
Nel diritto amministrativo il rapporto tra nullità e annullabilità è rovesciato rispetto al diritto civile: la regola
è l’annullabilità e la nullità è una eccezione.

Oggi il corredo di azioni esperibili ci dice che l’interesse legittimo è tutelato in maniera tendenzialmente
piena.
Ci sono sentenze del giudice amm. che in realtà limitano la tutela, ma in generale è una tutela piena.
Vedremo come si muove la giurisprudenza del giudice amministrativo, soprattutto attraverso le pronunce
dell’adunanza plenaria, particolare sede, composizione, in cui si pronuncia il Consiglio di Stato, quando il
giudice amm. si trova di fronte a situazioni controverse che sceglie di rimettere alla funzione nomofilattica
(creatrice del diritto) a livello più elevato del giudice amministrativo.

1. NORMA – FATTO – POTERE – EFFETTO. Schema relazione tra amm. e privato quando l’amm.
agisce come autorità ed esercita un potere autoritativo ed emana provvedimenti amministrativi,
manifesta la volontà in via unilaterale. norma fatto potere effetto. Norma assegna il fatto,
attribuisce il potere e disciplina l’effetto che discende necessariamente dall’esercizio in concreto
del potere.

2. NORMA – FATTO – EFFETTO tipico delle relazioni di diritto soggettivo. Al diritto sogg. corrisponde
un obbligo in capo agli altri soggetti. La norma disciplina il fatto e dalla corrispondenza tra
fattispecie astratta e concreta fa derivare direttamente l’effetto. La norma disciplina il fatto dalla
cui presenza in concreto deriva l’effetto.
Quando la fattispecie concreta corrisponde a quella astratta, l’effetto giuridico si produce direttamente in
forza della legge e in presenza di corrispondenza fattispecie concreta e astratta, il privato può esercitare il
diritto.

Ad un certo punto nel governo della cosa pubblica, il potere politico a cui è affidato il compito di curare in
astratto i nostri interessi, si rende conto che l’amm. non è più in grado di provvedere ai propri compiti, è
oberata di controllo di attività private e molti compiti sono inutili perché ci sono attività non rischiose per
interessi della collettività. Quindi decide di far partire un processo di semplificazione/liberalizzazione delle
attività private che, in parte, si fonda sulla eliminazione dell’interposizione del potere pubblico,
eliminazione del controllo preventivo del potere pubblico sull’attività privata. La pretesa al bene della vita è
disciplinata direttamente dalle norme. Se mi trovo in concreto nella situazione delineata in astratto dalle
norme sono titolare di un diritto soggettivo che posso esercitare senza bisogno del consenso preventivo
dell’amministrazione.

NB. Questo è avvenuto con un istituto, soggetto a deriva anche su spinta dell’ordinamento europeo,
comunque molto importante anche per la tutela di soggetti terzi toccati  SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI
INIZIO DI ATTIVITÀ.
Disciplinata da art. 19 L. n. 241/1990.
Il legislatore lo fa nella prima versione della 241 nel 1990, poi è assoggettato a molte modifiche. Il
legislatore si rende conto che i compiti della p.a. soverchiano qualsiasi capacità di far fronte al problema
perché per molto tempo l’ordinamento si era sviluppato sulla concezione politico-culturale per cui tutto ciò
che atteneva all’attività economica privata poteva esser rischioso per la comunità o che lo scopo dello Stato
fosse il controllo dell’economia. Risultato = tantissimi provvedimenti amm. di cui non si ricostruiva
l’esistenza. Compiti anche estremamente minuti che non avevano senso relativamente al compito di cura
dell’interesse pubblico.  Impossibilità per amministrazione di svolgere i propri compiti in maniera efficace
e tempestiva. Fino al 1990 non c’era disciplina generale sui termini per concludere il procedimento quindi si
perdeva traccia dei provvedimenti. Il privato aspettava senza avere la tutela contro il silenzio di cui invece
gode oggi il privato.

Il legislatore “taglia” il potere autorizzatorio della p.a.: elimina molti provvedimenti autorizzatori, di
consenso preventivo all’esercizio di attività economiche private.
NB. NON liberalizza SOSTANZIALMENTE, cioè non elimina la disciplina dell’esercizio di quell’attività:
mantiene l’indicazione dei requisiti e presupposti per l’esercizio dell’attività, ma ritiene che siano a basso o
nullo impatto per collettività e quindi rovescia sul privato il compito di accertare la corrispondenza tra
fattispecie astratta e concreta e di controllare se in concreto ci sono i requisiti e i presupposti richiesti dalla
legge. il privato li controlla direttamente (in una forma che si chiamava di autoresponsabilità). Rimaneva in
vita il potere della p.a. di controllare successivamente la sussistenza di presupposti e requisiti.

Presupposti che facevano funzionare quel sistema: che fosse semplice controllare la sussistenza in
concreto dei requisiti e dei presupposti richiesti dalla legge  semplice = la sussistenza dei requisiti fosse
suscettibile di un mero accertamento, senza possibilità che si arrivasse a conclusioni diverse. I requisiti o
esistono o non esistono, non c’è un’area grigia in cui si arriva a conclusioni diverse.
Es. iscrizione a un albo, misure dei locali per esercitare una determinata attività, uso di determinate
sostanze e non altre pericolose ecc.
Quindi ciò che viene eliminato (potere autorizzatorio) dal 1990 dal legislatore è il POTERE
AUTORIZZATORIO VINCOLATO = potere in cui la legge disciplina nel dettaglio presupposti e requisiti per
esercizio di una determinata attività, che sono suscettibili di accertamento incontrovertibile, rispetto ai
quali non c’è spazio di scelta neanche in campo all’amministrazione. Sollevo l’amministrazione e faccio
svolgere il compito al privato.
Allora significa che il privato è titolare di situazione di diritto soggettivo e, nel momento in cui esercita
l’attività perché c’è corrispondenza tra fattispecie concreta e astratta, avvisa l’amm. che eserciterà l’attività
 quando l’amm. è avvisata e riceve la segnalazione certificata di inizio attività (ex denuncia di inizio
attività), di fronte al potere di controllo successivo, Tizio però è titolare di interesse legittimo e NON diritto
soggettivo. L’amm. ha potere di controllo successivo che può sfociare in un provvedimento inibitorio, di
divieto dell’esercizio dell’attività.
ELIMINA potere prima, MANTENGO potere dopo. Se norma-fatto-effetto: diritto soggettivo e lo esercito, ma
di fronte al potere di controllo successivo la posizione qualificata e differenziata è una posizione di interesse
legittimo perché dialogo con l’intermediazione necessaria del potere.

Questo sistema era nato prudentemente nel 1990 e aveva rimesso a delle tabelle emanate con
regolamento il compito di individuare le attività “liberate”. Sistema che ha un vantaggio indiscutibile:
certezza del diritto. Da 30 anni l’attività di semplificazione e liberalizzazione attuata dal legislatore per
sollevare le amm. in difficoltà e per sostenere nel mercato l’attività economica, fa i conti con problema di
certezza del diritto.  Il privato dà inizio all’esercizio dell’attività se può con sufficiente tranquillità
interpretare le norme e se le norme gli danno un certo grado di certezza. Non so bene all’inizio quanto
spazio di controllo successivo abbia l’amministrazione e la stessa amministrazione non sa se det. attività
siano o meno oggetto di questa segnalazione, per cui dal ‘90 al ‘92 escono tabelle che individuano attività a
caso “liberate”. Ma se si liberalizza così non ha senso, inoltre c’è il problema della disciplina del potere di
controllo successivo.

Nel 1993 viene modificato l’art. 19 e si generalizza la liberalizzazione dal potere autorizzatorio vincolato: si
elimina il potere autorizzatorio vincolato con una norma di carattere generale che non rimette ai
regolamenti di individuare caso per caso le attività, ma dice che tutte le attività private assoggettate a
controllo preventivo fondato su un mero accertamento si esercitano sulla base della segnalazione di inizio
attività. Questo va bene dal p.d.v della scelta politica discrezionale, MA crea problemi grossi dal p.d.v della
vita dell’amm. perché amm. e privati non si sentono sicuri nell’andare ad individuare attività assoggettate a
controllo preventivo vincolato e quali no.

Quindi lo schema norma – fatto – effetto rimane lettera morta.


Come gli ridiamo vita? Prestando attenzione al problema che l’eliminazione dell’intermediazione del potere
crea: incertezza del diritto.

Il legislatore nel 1996 disciplina nel dettaglio, individuando i casi, non con tabelle, ma per materie, i casi in
cui si può procedere ad esercitare certe attività secondo questo schema norma-fatto-potere. Comincia con
l’edilizia, sistema cardine del nostro sistema economico. Dà disciplina completa delle fattispecie: non c’è più
bisogno dell’autorizzazione e dei poteri successivi dell’amministrazione. Si ragiona sui termini entro cui
l’amm. conserva potere di controllo successivo. Lavoro di riduzione degli spazi di controllo successivo.

Nel 1999 il legislatore prende il settore del commercio, altro settore cardine e fa la stessa cosa con le cd.
“Lenzuolate” (Bersani): provvedimenti di liberalizzazione con segnalazione di inizio attività con cui si
individuavano interi settori del commercio, entro certi limiti, che sono stati liberalizzati. Caso per caso viene
detto, così dò certezza all’imprenditore e all’amministrazione che sa cosa fare in questo ambito. Questo
sistema quindi non segue più schema norma – fatto – effetto perché il fatto non è più strettamente
vincolante. Il legislatore, sotto la pinta dell’ordinamento europeo e della crisi economica strutturale,
interviene successivamente.

Oggi l’art. 19 è complesso: il legislatore ha eliminato una fetta di poteri vincolati e lo spazio è riservato in
modo più ampio alle attività discrezionali. I principi quindi hanno sempre più spazio e problematicità.
Es. Codice dei contratti pubblici: modo diverso di pensare ai compiti dell’amministrazione  Si apre con 12
art. sui principi dell’attività contrattuale dell’amm. tra i quali il principio del risultato (non più della
legittimità ecc.) e della fiducia nell’amministrazione (del privato e del funzionario), collegata a spazio di
scelta della discrezionalità.
La burocrazia ormai non firma perché le norme non sono chiare e ha paura. Amministrare per principi e
non per norme diventa qualcosa di complesso. Il Consiglio di Stato nella redazione del codice dei contratti
pubblici dice che i principi devono esser alla luce di tutto. Stiamo andando ad una amm. che sempre meno
deve assicurare il rispetto della legalità (avevo costruito l’interesse legittimo come situazione in cui il
privato aveva certezza di pretendere il rispetto delle norme giuridiche). Oggi la legalità formale rileva
sempre meno.
Il legislatore spinge su questa cosa e il fatto che rientra nel potere del privato di esercitare la propria
attività, mediante segnalazione di inizio attività, è un fatto che spesso è soggetto a valutazioni che non sono
incontrovertibili, valutazioni tecniche che permettono che si arrivi a conclusioni diverse sulla sussistenza di
una certa questione.  OGGI tasso molto minore di provvedimenti vincolati dell’amm., uno spazio più
ampio di discrezionalità (potere di scelta) e molto di questo spazio è occupato dalla necessità di procedere
con valutazioni tecniche, che l’amm. è chiamata a fare sulla sussistenza del fatto prima di esercitare il
potere, sulla base di regole tecniche che possono portare a conclusioni diverse. Questo spazio di
valutazione tecnica spesso è in parte condiviso con lo spazio della discrezionalità amministrativa
(valutazione amministrativa, valutazione di interessi): discrezionalità mista (valutazione tecnica e
valutazione amministrativa. .
Però in realtà lo spazio delle attività vincolate per l’applicazione della segnalazione certificata in cui ho
eliminato il potere è uno spazio che non è occupato soltanto da semplici accertamenti, ma anche da
valutazioni opinabili e questo porta a problemi importanti (arrivati in Corte Costituzionale e all’adunanza
plenaria del Consiglio di stato per tutela di terzi lesi da esercizio di attività con segnalazione certificata).

Il problema della tutela del privato nei confronti dell’amministrazione assume tante sfaccettature diverse.

31/10/2023

LEGALITA’ SOSTANZIALE

FORNISCE I PARAMETRI PER:

- il sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo


- la valutazione di legittimità dell’amministrazione quando all’amministrazione spettino spazi di
discrezionalità

→ dove non c’è norma che disciplina nel dettaglio l’azione della pa, ma c’è uno spazio di scelta che implica
spazio di autonomia dell’amministrazione e spazio di valutazione di interessi, comunque l’amministrazione
DEVE agire entro i limiti fissati dalla legge (anche se non c’è legge che riempie quello spazio di scelta).
Gli spazi fissati dalla legge sono forniti in primis dai principi: la Corte Cost. dice che l'amministrazione
deve agire in conformità alla disciplina sostanziale posta dalla legge perché deve essere assicurata la
tutela giurisdizionale degli atti dell’amministrazione.

IL PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCEDIMENTO


La legalità sostanziale trova espressione in questo principio (discusso) → deve essere garantita la
MIGLIORE PONDERAZIONE (= pesare il confronto per capire quale deve essere soddisfatto con il minore
sacrificio per gli altri interessi) e ACQUISIZIONE (= conoscere gli interessi coinvolti in una certa questione)
degli interessi coinvolti.
I privati interessati devono essere messi in condizione di esporre le proprie ragioni nel procedimento: si
deve conoscere al meglio la situazione in ordine alla quale si provvede e lo si fa autonomamente anche
garantendo la cd. partecipazione dei privati al procedimento.

LEGALITA’ PROCEDURALE

= REGOLAMENTI delle attività amministrative INDIPENDENTI → laddove ci sia un deficit di legalità


formale e sostanziale perché si ha una materia che trova disciplina molto scarsa o addirittura non nella
legge (= materie tecniche affidate ad autorità tecniche) a questo si fa fronte RAFFORZANDO la
PARTECIPAZIONE PROCEDIMENTALE partecipazione dei destinatari degli atti di regolazione di queste
attività.
In questo modo si bilancia il deficit di legittimazione (anche se questo deficit rimane).

ART. 1 L. 241

Contiene un RINVIO MOBILE ai principi comunitari: la porta è stata aperta dalla L. 241 e viene tenuta
aperta e man mano che si formano principi a livello europeo diventano norme dell’ordinamento interno.

ALBERO DI PRINCIPI dell’ordinamento interno che radicano in:

- art. 97 Cost. (buon andamento e imparzialità);


- principi delle singole materie a partire dai principi costituzionali (tutela concorrenza, protezione
ambiente) = per ogni materia si hanno principi specifici di riferimento;
- principi generali pa che radicano ex art. 97 e principi di ragionevolezza;
- PRINCIPI DELL’ORDINAMENTO COMUNITARIO: principi ue + principi ordinamento interno trovano
sede naturale di espressione nella L. 241.
Nel disciplinare l’azione necessaria finalizzata all’esercizio del potere, in quella sede, in tutte le disposizioni
della L. 241 si trova attuazione ai principi dell’ordinamento interno e comunitario.

Ad esempio il PRINCIPIO DI PARTECIPAZIONE si ricava dalle norme della L.241 e lo si lega all’art. 97
(principio di imparzialità) = meccanismo di continua interpretazione e attuazione dei principi; inoltre le
norme della pa si interpretano alla luce dei principi che regolano tutta l’azione dell’amministrazione
(contrasto fra norme, lacune).

DIRITTO AD UNA BUONA AMMINISTRAZIONE - ART. 41 CEDU

E’ un diritto che viene riferito ai cd. diritti di cittadinanza amministrativa → contesto dell’amministrazione
al servizio dei cittadini che nel dialogo con essa si vedono riconosciuti una serie di aspettative.

Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed
entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell'Unione.
MA il riferimento all’equità manca nel nostro ordinamento e vi è un problema di traduzione che non
sempre è in grado di rendere la sostanza della regola europea.
EQUITA’ = RISPETTO/CORRETTEZZA dell’azione amministrativa → tema oggi trattato anche dal giudice
amministrativo.
Il diritto ad una buona amministrazione in realtà non è estraneo ai principi interni ma questo principio
dimostra anche come ci si pone da prospettive diverse a seconda di come è nato e come si è sviluppato
l’ordinamento.
In particolare, il diritto ad una buona amministrazione è codificato in tempi recenti a fronte di esperienze
legislative interne che si erano già sviluppate antecedentemente nel corso del tempo.
Il modo imparziale ed equo è dentro un termine ragionevole e questo diritto comprende il DIRITTO DI
ESSERE ASCOLTATO prima dell’adozione un provvedimento pregiudizievole → differenze:

- ordinamento europeo = DIRITTO DI DIFESA → solo chi può essere pregiudicato dal provvedimento
deve essere sentito

- ordinamento interno (più ampio) = PRINCIPIO DI PARTECIPAZIONE e GIUSTO PROCEDIMENTO


(principio di adeguatezza dell’istruttoria) → possono essere sentiti anche tutta una serie di altri
soggetti e devono essere messi in condizione di partecipare. E’ un principio elaborato dalla Corte
Cost. che vuole che ci sia un CONTRADDITTORIO non solo a fini difensivi ma volto ad assicurare la
formazione della volontà dell’amministrazione (disciplina della partecipazione ex artt. 7 ss L. 241)

PERO’ se NON fosse rispettato questo diritto di difesa e NON fosse data la possibilità di partecipare al
soggetto che può essere danneggiato ma risulta che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto
comunque essere diverso, prima il giudice e poi il lgs hanno individuato per il principio di economicità di
raggiungimento del risultato una categoria di cd. VIZI FORMALI → quel vizio non ha la capacità di portare
all’annullamento del provvedimento. (rinvio all’art. 21-octies L.241).
I diritti di cittadinanza amministrativa mirano non tanto alla disciplina dell’esercizio del potere delle
amministrazioni quanto alla SALVAGUARDIA della posizione delle persone fisiche e giuridiche che
vengono a contatto con l’amministrazione.

DISCIPLINA DEI VIZI FORMALI

Per tutta una serie di casi di mancato rispetto delle norme procedurali (soprattutto norme sulla
partecipazione) il lgs dice che in presenza di quei vizi NON si può ANNULLARE perché l’amministrazione
anche se annullasse rifarebbe il provvedimento con lo stesso identico contenuto → ex art. 41 CEDU
invece dovremmo ritenere illegittime quelle disposizioni.
L’art. 21-octies è del 2005 ed è il frutto del riconoscimento di una giurisprudenza del giudice
amministrativo che aveva cominciato a formarsi fin dal venire in essere della L. 241 proprio sugli istituti di
partecipazione. Però al nostro interno nessuno solleva la questione della violazione del contrasto con la
norma europea del diritto ad una buona amministrazione.
Il diritto ad una buona amministrazione si traduce nel DIRITTO DI ESSERE ASCOLTATO = DIRITTO DI
PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO la cui violazione:
- nell’ordinamento europeo: rilevabile anche d'ufficio dal giudice che annulla il provvedimento a
prescindere dalla verifica che il mancato ascolto abbia inciso effettivamente sul contenuto del
provvedimento;
- nell’ordinamento interno: il vizio può essere sollevato solo dalla persona che doveva essere messa
in grado di partecipare.

DIRITTO AD UNA DECISIONE MOTIVATA

E’ in linea con l’ordinamento interno → la MOTIVAZIONE deve fare apparire in FORMA CHIARA E
INEQUIVOCA:
- iter logico seguito dall’amministrazione
- motivazione ampia e tanto più analitica quanto più è ampio lo spazio di scelta; dell’amministrazione
- vincolatività.

= CORRISPONDENZA che troviamo anche nell’ordinamento interno.

PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’

ORIGINI: non sparare ai passeri con i cannoni → esigenza di NON LIMITARE la libertà dei privati, SE NON
nei casi di stretta necessità, nella misura strettamente necessaria al RAGGIUNGIMENTO DELLO SCOPO.
Si è di fronte ad un principio che ha preso piede in modo ampio e approfondito nel nostro ordinamento e
che l’ordinamento europeo ha sussunto dall’ordinamento tedesco ed è principio che in parte (sotto il nome
di ‘ragionevolezza’) trovava applicazione già anche nell’ordinamento interno → proporzionalità e
ragionevolezza hanno prospettive diverse.

Ambito di applicazione naturale → PROVVEDIMENTI DISCREZIONALI SFAVOREVOLI A CONTENUTO


NEGATIVO = confronto tra finalità perseguita, lo strumento utilizzato e il sacrificio imposto.

Presuppone che la VALUTAZIONE DI PROPORZIONALITA’ della scelta dell’amministrazione sia una


valutazione che viene effettuata attraverso 3 criteri successivi (ognuno con oggetto diverso):

a. IDONEITA’: provvedimento deve essere idoneo allo scopo perseguito + congruità tra finalità e
strumento realizzato per raggiungerlo; se manca questa congruità il provvedimento è illegittimo
per violazione di principio di proporzionalità. E’ la relazione tra finalità e strumento utilizzato per
raggiungerla = provvedimento idoneo (vincolo di scopo).

N.B.: il principio di proporzionalità non si trova nelle norme ma è esplicato nella giurisprudenza

b. NECESSARIETA’ (mezzo più mite): tra le misure ritenute idonee quale comporta il sacrificio minore
per il privato? Era necessario quel provvedimento? Lo scopo poteva essere raggiunto solo
attraverso quel provvedimento o c’era anche un provvedimento diverso? O in caso di
provvedimento favorevole, quale comporta il sacrificio minore per gli altri interessi pubblici e privati
coinvolti?
c. ADEGUATEZZA: la misura scelta incide in modo tollerabile sulla sfera giuridica del destinatario? =
PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ IN SENSO STRETTO. Se non fosse così, andrebbe riveduta la
scelta ma questo passaggio è il più delicato perché il RISCHIO è che il giudice si trasformi in
amministrazione nel sindacare la tollerabilità della misura → giudizio di adeguatezza deve essere
condotto in punta di piedi e il giudice lo compie in astratto o comunque acquisisce elementi
concreti con estrema attenzione.

COME SI EFFETTUA IL GIUDIZIO DI PROPORZIONALITA’?

Presuppone che l'amministrazione abbia rispettato una serie di criteri:

- istruttoria completa e adeguata: centrale la partecipazione dei privati (conoscenza adeguata e


completa della situazione in ordine a cui provvedere) → attenzione agli istituti di partecipazione

- acquisizione di tutti gli interessi coinvolti: capire quali sono le questione rilevanti (interessi pubblici
e privati in gioco in una determinata situazione)

- individuazione di tutte le alternative possibili

- scelta che arrechi il minor sacrificio e apporti il risultato più buono → sacrificio proporzionato
degli interessi (attenzione però allo sconfinamento nel giudizio sul merito, il giudice si sostituirebbe
alla p.a. nell'effettuare la scelta in concreto).

Cosa si richiede quindi all’amministrazione? L’amministrazione AGISCE IN MODO LOGICO.


Il diritto amministrativo era il diritto del buon senso (ragionevolezza, logicità) e il Consiglio di Stato alla fine
dell’800 quando aveva il potere di sacrificare la posizione del privato, si poneva il problema della giustizia
che ravvisa nella logicità delle scelte dell’amministrazione.

PROPORZIONALITA’ E RAGIONEVOLEZZA

RAGIONEVOLEZZA = PARAMETRO DI CONFORMITA’ dell’azione amministrativa che trova spazio


nell’attività discrezionale → spazio di scelta della pa: assenza di parametri predeterminati che vincolano la
pa ad agire. La scelta che regge l’amministrazione è il principio di ragionevolezza che però non è mai stato
tradotto in una disposizione scritta → grandissima elaborazione da parte della Corte Costituzionale ma non
c'era bisogno di tradurre in norma scritta.

GIUDIZIO DI RAGIONEVOLEZZA

E’ il TRAMITE tra le FONTI e la SITUAZIONE CONCRETA in cui l’amministrazione deve agire → applico le
norme, effettuo la scelta, esercito il potere secondo ragionevolezza.
E’ un GIUDIZIO PREGIURIDICO (si pone prima del diritto) ed è LEGATO alla SOGGETTIVITA’ → 3 poteri
indicatori:

- scopo del potere


- corrispondenza tra scopo e scelta della pa
- presenza di un’istruttoria congrua (consequenzialità logica)
La traduzione delle norme in realtà deve avvenire secondo logica, proporzionalità, adeguatezza → dovendo
il tutto risultare dalla MOTIVAZIONE del provvedimento.

Nelle sentenze del giudice amministrativo, la giurisprudenza sull’eccesso di potere è imperniata su


richiesta di logicità, congruità e ragionevolezza della decisione → il giudice lavora molto sulla
proporzionalità della decisione.
Lo spazio della tutela è legato alla presenza di vizi di eccesso di potere che attengono alla deviazione in cui
prospettiamo una deviazione dalla funzione/fine che dovevo perseguire con quel provvedimento. Se l’iter
non è logico, ho dubbio che in realtà non volessi perseguire quel fine → ragionamento tramite logica.
Tutto deve risultare dalla MOTIVAZIONE che è il luogo da cui deve risultare e ricavare LOGICITA’,
RAGIONEVOLEZZA, PROPORZIONALITA’ della scelta effettuata dall’amministrazione → una motivazione
insufficiente è sintomo di deviazione dal fine e porta all’annullamento del provvedimento.
Il giudice tende a respingere la possibilità di integrazione in giudizio da parte dell’amministrazione perché
altrimenti il privato non ha gli strumenti per difendersi.
Spetta all’amministrazione rifare il provvedimento dimostrando che aveva conosciuto bene la situazione.

(parentesi: rinvio all’istituto di preavviso del rigetto ex art. 10-bis L.241: comunicazione che precede il
provvedimento con cui l’amministrazione avvisa il privato che non ci sono elementi per accogliere la sua
istanza → istituto che postula la necessità per la pa di dimostrare di aver compiuto istruttoria congrua; se
decide di rifare il provvedimento non può più addurre i motivi che avrebbe dovuto aderire sulla base della
istruttoria congrua svolta in precedenza. Il lgs impone che la pa faccia istruttoria adeguata)

RAPPORTO TRA RAGIONEVOLEZZA E PROPORZIONALITA’

Distinzione non semplice: sia la proporzionalità che la ragionevolezza riguardano la FASE DI


COMPARAZIONE e di BILANCIAMENTO degli interessi coinvolti.

- RAGIONEVOLEZZA: non arbitrarietà e coerenza della scelta → congruità e logicità dell’uso del
potere discrezionale = guarda alla QUALITA’ della ponderazione nel suo complesso, comprensiva
degli interessi pubblici e privati coinvolti.
→ attività dell’amministrazione nel suo complesso

a. PROPORZIONALITA’: valutazione diversa e ulteriore circa la necessità delle misure adottate in


relazione al sacrificio imposto al destinatario dell’atto = guarda alla QUANTITA’ del potere utilizzato
nei confronti dell’interesse privato.
→ rapporto tra esercizio del potere e esercizio del privato

08/11/2023

PRINCIPI DELL’ORDINAMENTO EUROPEO: art. 1 L.241/1990

PRINCIPIO DI PRECAUZIONE  AMMINISTRAZIONE DEL RISCHIO  alla ricerca di un equilibrio tra attività
economica e garanzia degli interessi sensibili
AMBITO DI APPLICAZIONE  interessi tutelati  INTERESSI SENSIBILI  salute, ambiente, legislazione
alimentare, agricoltura, OGM, emissioni in atmosfera…

 Orgini  ordinamento internazionale ed europeo

 codice Ambiente art. 301 (D.lgs. 152/2006): “in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute
umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione”. “L’applicazione del principio
concerne il rischio che comunque possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione
scientifica obbiettiva.”

Nella lettera dell’art. 301 in rosso: concetti espressi da queste parole caratterizzati da un certo grado di
indeterminatezza da riempire. Si deve determinare questi concetti giuridici indeterminati. Lascia
all’amministrazione nel caso concreto il compito di andare a riempirli di significato, applicando anche criteri
tecnico-scientifici. Commistione tra discrezionalità tecnica ed amministrativa.

PRINCIPIO DI PRECAUZIONE: PRESUPPOSTI:

 RISCHIO POTENZIALE: probabilità di effetti dannosi per il bene della vita  situazione di rischio
ragionevole o probabile (non solo possibile)  differenza tra pericolo mera possibilità di rischio) e
probabilità di rischio  fondato su un PRELIMINARE VALUTAZIONE SCIENTIFICA OBIETTIVA 
riconosciuta dalla comunità scientifica indipendente  LE MISURE DI CAUTELA DEVONO ESSERE
FONDATE SU INDIZI SERI E NON SU RISCHI MERAMENTE IPOTETICI.
Il rischio probabile rende doverosa l’azione amministrativa.

PRINCIPIO DI PRECAUZIONE: NOZIONI  equilibrio da ricercare nel rapporto tra diritto, scienza e libertà di
iniziativa economica privata.

3 fasi di evoluzione del principio di precauzione:

1. NOZIONE VERDE: nel dubbio se un’attività sia o meno pericolosa o un prodotto dannoso  diniego
di autorizzazione all’esercizio o al commercio  obiezioni erano possibili: la misura si fonda su un
DUBBIO  si fonda su un’istruttoria carente  attenzione alla politicità della decisione 
tolleranza zero potrebbe nascondere una politica protezionistica: dubbio del rischio usato come
alibi per respingere importazioni o servizi.
2. NOZIONE MINIMALISTICA O PERMISSIVA  amministrazione non può vietare l’attività o negare la
commercializzazione del prodotto, fino a quando non vi sia la CERTEZZA DEL DANNO.
3. NOZIONE INTERMEDIA  rischio probabile, ragionevole e non solo possibile  probabilità
accertata attraverso una preliminare valutazione scientifica obiettiva  ragionevolezza entra nella
nozione del principio di precauzione  solo indizi seri, perché si fondano su un’istruttoria congrua,
giustificano la misura precauzionale  si rifiuta un approccio puramente ipotetico del rischio,
fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente.

PRINCIPIO DI PRECAUZIONE  strategia strutturata di gestione del rischio  diritto all’anticipazione

1. Identificazione degli effetti potenzialmente dannosi che derivano da una certa attività
2. Valutazione dei rischi probabili per la salute pubblica, la sicurezza e l’ambiente legati all’attività
3. Superamento della soglia di accettabilità del rischio  gestione del rischio  adozioni di adeguate
misure di protezione  valutazione dei provvedimenti che consentono di ridurre il rischio ad un
livello accettabile (questo è determinato dall’amministrazione e dalla politica, è il punto più
complesso da risolvere, rischio di una amministrazione che non sappia comparare correttamente gli
interessi in gioco).

 abbattimento del rischio di arbitrarietà della decisione attraverso un vincolo procedurale  principio di
legalità sostanziale  disciplina delle modalità di esercizio del potere  principio deve transitare attraverso
un VINCOLO PROCEDIMENTALE DELLA DECISIONE PRECAUZIONALE

 valutazione dei rischi il più completa possibile e gestione deve rispettare il principio di proporzionalità 
precauzione come canone guida dell’esercizio della discrezionalità  attenzione al sindacato giurisdizionale
(è il giudice prima di tutti che ha elaborato questo vincolo procedimentale).

 valutazione di provvedimenti che consentono di ridurre il rischio ad un livello accettabile  cosa è


accettabile?

ATTENZIONE  incertezza scientifica comporta l’espansione della discrezionalità amministrativa quanto alla
scelta del livello di rischio accettabile e alla conseguente gestione del rischio  importanza del vincolo
procedimentale  applicazione del principio di precauzione deve condurre ragionevolmente, sulla base
dell’analisi del rischio, suffragato dai risultati più recenti della ricerca internazionale, a concludere che la
misura provvedimentale è necessaria al fine di evitare pregiudizi alla salute o all’ambiente.

 valutazione del rischio  scientificità: “la valutazione scientifica del rischio deve essere preceduta –
logicamente e cronologicamente – dall’identificazione di effetti potenzialmente negativi derivanti da un
fenomeno e comprende, essenzialmente, quattro componenti: identificazione del pericolo, caratterizzazione
del pericolo, valutazione dell’esposizione e la caratterizzazione del rischio. Essa consiste dunque in un
processo scientifico che deve necessariamente spettare a esperti scientifici, cioè agli scienziati.”

 gestione del rischio  scelta politica  discrezionalità mista tecnico-amministrativa  attenzione alla
sede decisoria (e al sindacato giurisdizionale): in questi casi infatti queste decisioni possono coinvolgere più
amministrazioni che vengono chiamate a decidere collegialmente. In questi casi c’è una visuale che cerca di
arrivare a consentire l’esercizio dell’attività attraverso una serie di cautele, solo in casi eccezionali scatta la
tolleranza zero, con il diniego di poter esercitare l’attività. Ciò porta a cercare fino alla fine una possibilità di
permettere l’esercizio di quella attività. Conseguentemente se c’è il dissenso di una delle varie
amministrazioni ci sono tutti una serie di passaggi e poi c’è un momento in cui la decisione per superare il
dissenso viene devoluta al livello superiore (presidenza del consiglio dei ministri): con valutazioni che hanno
un tasso di politicità molto più elevato. Il giudice se impugna il provvedimento è molto rispettoso del peso
del potere discrezionale dell’amministrazione.

a) Decisione basata sui dati tecnico-scientifici disponibili  migliori dati disponibili e risultati più
recenti della ricerca scientifica internazionale  l’organo deve avere le conoscenze tecniche
necessarie, essere indipendente e riconosciuto dalla comunità scientifica (se la p.A. non volesse
adeguarsi alla valutazione degli organi tecnici dovrebbe apportare una motivazione di livello
scientifico equivalente  forza probatoria equivalente)
b) Adeguata alla situazione concreta dei luoghi in cui deve applicarsi (vd. Anche la necessità di
riconoscere canali istituzionali di coinvolgimento dei cittadini  comunicazione del rischio 
strumenti di partecipazione)
c) Proporzionalità delle finalità da raggiungere
d) Fondata su un’analisi costi-benefici  ragionevole composizione degli interessi coinvolti  nel
decidere la p.A. deve raffigurare lo scenario post misura  analisi di contesto  valutazione degli
effetti da operare in relazione alla situazione concreta.
CARATTERI DELLA MISURA PRECAUZIONALE

1. PROPORZIONALE  la meno restrittiva possibile (prima di adottarla valutare se vi sono misure


meno restrittive  vd. Ad es. regime di aiuti in compensazione alle imprese che subiscono un
sacrifico).
2. NON DISCRIMINATORIA  situazioni analoghe non possono essere trattate diversamente e diverse
non allo stesso modo.
3. ANALISI COSTI BENEFICI  decisione precauzionale non deve valutare solo il rischio ma anche il
beneficio atteso, a breve, medio e lungo termine  si potranno accettare rischi gravi e accentuati
solo quando i benefici attesi siano elevati  criterio di misurazione sulla legittimità della decisione
(es. divieto di prodotti dimagranti in presenza di minime possibilità di effetti mortali è giustificato,
non così sarebbe invece per dei farmaci anticancro che avessero queste minime possibilità).
4. PROVVISORIA  rischio probabile  situazione di incertezza scientifica  le misure non possono
avere durata indefinita, sono decisioni condizionate, accompagnate da un ampio corredi di
prescrizioni, e devono essere continuamente soggette a revisione in ragione dell’evoluzione dei dati
tecnico-scientifici.

13/11/2023

TRASPARENZA AMMINISTRATIVA

Art. 21 L.241/1990

Trasparenza: possibilità di guardare all’interno delle p.A.

Ord. giuridico italiano divaricazione del tema della trasparenza:

Da un lato amministrazione e dall’altro amministrati (non la generalità ma a coloro verso i quali


l’amministrazione incida nei loro interessi).

Acquistano rilievo i rapporti tra amministrazione pubblica da un lato e amministrati quali cives, quali
cittadini, senza una qualche qualificazione giuridica particolare.

Legge sul procedimento amministrativo: 241/1990

Anni 80 si arriva alla decisione di approvare una legge sul procedimento amministrativo: per niente
scontato.

A quel tempo a volere le leggi amministrative e che disciplinassero la dimensione dinamica al potere
amministrativo: ovvero il procedimento amministrativo; erano cittadini allo stato brado e studiosi del diritto
amministrativo.

Le leggi sul procedimento amministrativo non erano volute né dai politici, né dagli amministratori, né i
giudici, in particolare i giudici amministrativi.

Poco conosciuti i meccanismi della vita amministrativa da parte della politica, visti come riti bizantini che
ostacolano la soluzione dei problemi della collettività.

Giudici amministrativi erano contrari per la naturale nascita del diritto amministrativo, per cui la
componente giurisprudenziale del diritto era parte importante.

Giudice amministrativo aveva elaborato regole e principi generali dell’azione amministrativa.


Non era necessariamente ritenuto un progresso l’emanazione di una legge sul procedimento
amministrativo.

L’approccio di alcuni studiosi era quello di vedere dietro all’approvazione di una legge sul procedimento
amministrativo il rischio di una sorta di cristallizzazione legislativa inopportuna di regole che avrebbero per
certi versi neutralizzato l’evoluzione giurisprudenziale del diritto amministrativo. Prospettiva del principio
della certezza del diritto è difficile da far combaciare.

Segreto d’ufficio era la regola. Introducendo l’accessibilità dei documenti questa regola si ribalta.

Nasce come legge leggera la L.241/1990: come legge che va a rivedere solo alcune delle parti dell’azione
amministrativa.

Come si manifesta il potere amministrativo: anche attraverso l’incontro di due diverse volontà:
amministrazione e privato. Si da vita così ad un accordo amministrativo, manifestazione di potere
amministrativo al pari di un procedimento amministrativo.

I due strumenti dovrebbero quasi porsi in una situazione di fungibilità.

Realizzazione del rapporto Giannini: 1979 presentato alle camere il rapporto sui problemi della p.A. italiana.

Ripreso questo rapporto e quindi si articolano 3 sottocommissioni: giustizia amministrativa; rapporti tra p.A.
e amministrati e sul procedimento amministrativo; delegificazione.

Si ammette la possibilità di stipulare un accordo amministrativo, questione fino ad allora molto discussa.

Novità istituzione generalizzata della figura del responsabile del procedimento ecc.

Disposizioni innovative dei partecipanti al provvedimento.

Affrontare di petto il tema della trasparenza amministrativa.

Trasparenza amministrativa era ed è non tanto il prodotto di un meccanismo, ma dovrebbe essere un modo
di organizzarsi e di agire delle pubbliche amministrazioni.

Diritto di accesso ai documenti della pubblica amministrazione: trasparenza passa soprattutto per questo
diritto, capovolgimento della regola che era fino a quel momento il segreto di ufficio.

Sottocommissione Nigro lavora disgiuntamente a due diversi disegni di legge: procedimento amministrativo
e all’accessibilità ai documenti della pubblica amministrazione.

Nuove norme sul procedimento amministrativo e nuove norme sul diritto di accesso ai documenti
amministrativi.

Il disegno di legge si apriva con un riconoscimento generalizzato del diritto di accesso (capovolgimento della
regola generale del segreto d’ufficio).

Al fine di assicurare la libera circolazione di informazioni, la trasparenza e lo svolgimento imparziale


dell’azione amministrativa, è riconosciuto il diritto di accesso ai documenti amministrativi.

Di questa proposta, che restò tale, non ha avuto seguito, è importante ricordare 3 aspetti: finalità,
dimensione oggettiva e soggettiva del diritto di accesso. Si assicura la trasparenza della pubblica
amministrazione. Diritto di accesso riconosciuto a tutti di tutti i documenti amministrativi, in linea di
principio. Avrebbe dovuto fare da contraltare una area di esclusioni a questa regola generale.

Proposta che non trova seguito: a distanza di alcuni decenni questa proposta in qualche misura trova
accettazione all’interno del sistema giuridico italiano.
Proposta non passò né l’idea di dedicare al diritto di accesso un autonomo disegno di legge, e il tema venne
ricondotto entro i confini di una unitaria legge sul procedimento amministrativo.

Sarebbe venuto meno anche la generalizzazione sia sul fronte oggettivo che sul fronte soggettivo al diritto
di accesso ai documenti amministrativi.

Si arrivò ad una diversa declinazione di trasparenza amministrativa, ad una trasparenza amministrativa di


tipo difensivo. Diritto di accesso come diritto strumentale alla tutela di un’altra situazione giuridicamente
rilevante, riconosciuto solo a determinati soggetti che ne hanno l’interesse.

Si trasforma quindi il diritto all’accesso ai documenti in un diritto ancillare, riconosciuto solo per tutelare
ulteriori situazioni giuridicamente rilevanti.

Questa trasformazione si verifica quando gli schemi dei disegni di legge arrivano al governo, così come altre
modifiche.

Alcune vennero completamente neutralizzate, perché ritenute eccessivamente progressiste, troppo


innovative. Neutralizzate soprattutto dagli uffici legislativi, soprattutto da parte dei giudici amministrativi.

Accorpano tutto in un unico disegno di legge, per neutralizzare la visione troppo progressista che stava
dietro al diritto di accesso.

Diritto di accesso strumentale, non più inteso in senso civico.

L’unico disegno di legge così modificato arriva in parlamento: anche qui non mancavano proposte di
emendamento soprattutto provenienti dalla minoranza che volevano ripristinare il vecchio diritto di accesso
proposto dalla sottocommissione Nigro. Diritto di chiunque di accedere a tutto. Queste proposte di
ripristino però non vengono accolte, perché si disse che la proposta era esageratamente progressista,
condivisibili sul piano ideale ma non compatibili con il grado di organizzazione e di scarsa informatizzazione
delle p.A.

Un accoglimento di queste proposte avrebbe potuto innescare un effetto di obsolescenza per eccesso di
progresso.

15/11/2023

Legge sul procedimento amministrativo: L.241/1990

Concentra quasi tutte le norme sull’accessibilità documentale nel capo V della L.241.

Alcune norme le troviamo al di fuori del capo V. Nel capo III troviamo infatti l’art. 10, dedicato ai diritti dei
partecipanti al procedimento. In questo si prevede la possibilità per i soggetti interessati o controinteressati
o per altri soggetti pubblici o privati che possono intervenire nel procedimento, hanno tutti un diritto di
accesso agli atti del procedimento che è un diritto strumentale funzionale ad una partecipazione
consapevole al procedimento amministrativo.

Il diritto alla visione di documenti per poi esercitare il diritto alla voce nel procedimento.

Art. 10 pone in correlazione in un nesso di strumentalità il diritto all’accesso dei documenti al diritto di
partecipare al procedimento amministrativo.

La regola per l’esercizio al diritto di partecipazione è una partecipazione eminentemente scritta.

Accesso documentale: diritto di accesso qualificato come diritto di accesso endo-procedimentale, esercitato
dai soggetti interessati, all’interno di un procedimento amministrativo. Onde partecipare consapevolmente
al procedimento amministrativo. Regole cui il diritto di accesso sono assoggettate sono le stesse per cui si
vuole riconoscere un diritto di accesso documentale a prescindere dalla pendenza o meno di un
procedimento amministrativo e quindi anche al di fuori di questa ipotesi.

Art. 22 diritto di accesso documentale eso-procedimentale, al di fuori del procedimento amministrativo.

Si apre con una serie di definizioni: diritto di accesso, interessati, controinteressati, documento
amministrativo, pubblica amministrazione.

I soggetti interessati, diritto di accesso come un diritto strumentale, riconosciuto non a chiunque ma a
determinati soggetti definiti:

soggetti interessati: tutti i soggetti privati, portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse
diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al
documento cui è richiesto l’accesso.

L 15/2005 modifica della disciplina, inserimento del capo IV bis nella L.241, dedicato al tema della efficacia e
invalidità del procedimento amministrativo.

2005 si specifica anche il fatto che una presentazione di istanza di diritto di accesso documentale da vita a
un rapporto giuridico-amministrativo multipolare, tra più soggetti.

Es. soggetti controinteressati: tutela del diritto alla riservatezza, dati personali di altri soggetti sensibili, il
diritto di accesso quando vi siano soggetti controinteressati o siano facilmente individuabili, si deve tenere
conto della loro situazione giuridica soggettiva. Il diritto di accesso documentale è subordinato alla presenza
di altre situazioni giuridiche soggettive.

Oltre alle cause di esclusione che il legislatore pone all’art. 24, l’amministrazione può dover farsi carico di
procedere ad un valutazione comparativa tra l’interesse del soggetto interessato ad avere quel documento e
il rischio di una lesione al diritto alla riservatezza di soggetti terzi controinteressati, da effettuare con
determinati criteri contenuti nell’art. 24 7 co.

Il diritto di accesso è un diritto strumentale a tutelare una ulteriore situazione giuridica soggettiva, il diritto
alla riservatezza non neutralizza necessariamente il diritto all’accesso documentale, ma dipende dalla
situazione giuridica soggettiva che si vuole tutelare.

Il diritto all’accesso non è un diritto alla curiosità, né un diritto ad un controllo diffuso sull’operato delle
amministrazioni, altrimenti la presenza di un diritto di riservatezza altrui prevarrebbe sempre sul diritto di
accesso.

Criteri: regola della necessarietà è regola generale in presenza di soggetti controinteressati; regola della
indispensabilità se sono presenti particolari dati sensibili e giudiziari; vale infine il principio del pari rango
quando entrano in gioco dati relativi alla salute, genetici, relativi all’orientamento sessuale o vita sessuale
dei soggetti controinteressati. (situazione giuridicamente rilevante che si vuole tutelare deve essere almeno
di pari rango ai diritti del controinteressato a mantenere riservati quei dati, ovvero che consista in un diritto
alla personalità oppure in un diritto ad un libertà fondamentali.)

Quando il privato presenta istanza di accesso documentale, gli altri soggetti controinteressati individuati o
facilmente individuabili dovranno essere coinvolti nel procedimento amministrativo.

Accesso informale: sempre più raro, accesso verbale, l’amministrazione può invitare il richiedente a
formalizzare l’istanza.

Art. 25 disciplina modalità di esercizio del diritto di accesso e anche i rimedi.


Motivazione: istanza del privato deve essere motivata. Attraverso l’istanza il privato dovrà dimostrare di
essere titolare di interesse concreto, diretto ed attuale. Interesse diretto: della persona che richiede
l’accesso, ferma restando la possibilità di delega. Interesse concreto ed attuale: deve essere un interesse
non meramente astratto e potenziale.

Motivazione istanza è elemento strutturale essenziale. Si consente all’amministrazione di compiere la


valutazione comparativa tra interessi.

Diritto di accesso è gratuito salvo rimborso spesa per la riproduzione dei documenti.

Decorsi inutilmente 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, la si intende respinta. Ipotesi di silenzio
significativo, ovvero in questo caso ipotesi di silenzio-diniego.

Diniego di accesso tacito o espresso, così come il differimento dello stesso, il richiedente può richiedere un
ricorso al TAR.

Problema della giurisdizione per il diritto di accesso: legislatore nel dubbio ha istituito una apposita clausola
di giurisdizione esclusiva in materia di diritto di accesso (e anche di violazioni di obblighi di trasparenza
amministrativa) a favore del giudice amministrativo (art. 133 c.p.a.).

Riti speciali: rito per l’accesso documentale, disciplina processuale speciale (art. 116 c.p.a.)

Art. 23 c.p.a.: diritto di accesso e trasparenza amministrativo come eccezione alla regola della difesa tecnica
di fronte al giudice amministrativo. In questi giudizi le parti possono stare personalmente in giudizio senza
assistenza del difensore.

Regola generale è quella del silenzio-assenso di fronte all’inerzia dell’amministrazione.

Art. 1 trasparenza amministrativa

Legge Severino: anticorruzione. Tema trasparenza amministrativa.

20/11/2023

DISCREZIONALITÀ TECNICA  necessità di qualificare i fatti posti alla base dell’esercizio del potere  fatti
semplici (mero accertamento)  fatti complessi (valutazioni tecniche)

Concetti giuridici indeterminati  qualificazione del fatto alla luce di regole tecnico-scientifiche, non
giuridiche, che ammettono si posso giungere a conclusioni diverse  opinabilità delle conclusioni.

 soluzione tecnico scientifica individuata non in relazione all’interesse pubblico, ma a regole non
giuridiche, che però analogamente alla valutazione politico-amministrativa, non conducono sempre ad una
conclusione univoca  PROCESSO DI CONOSCENZA  VALUTAZIONI TECNICHE  valutazioni dei fatti posti
alla base dell’esercizio del potere  necessità ai fini della conoscenza della situazione in ordine alla quale
provvedere  VINCOLATEZZA (in concreto) O DISCREZIONALITÀ (mista) DELLA DECISIONE SUCCESSIVA.

Nella decisione è coinvolta una pluralità di interessi, dopo la fase di valutazione tecnica c’è una fase
successiva di discrezionalità assegnata all’amministrazione riguardo alla decisione più corretta da prendere.

DISCREZIONALITÀ AMMINISTRATIVA  Decisione assunta in base alla valutazione di interessi  PROCESSO


DI GIUDIZIO E VOLITIVO  opportunità della scelta  spazio di scelta spettante alla p.A., nel rispetto del
principio di legalità formale, sostanziale e vincolo di scopo  scelta politico-amministrativa.
 MERITO AMMINISTRATIVO  dimensione residuale e negativa della discrezionalità amministrativa
ambito di scelta spettante alla p.A. che si pone al di là dei limiti coperti dalle norme  bontà e convenienza
della scelta amministrativa.  insindacabilità in sede giurisdizionale

 valutazione del pubblico interesse non riconducibile a parametri giuridici  sindacabilità solo in rispetto
degli oneri istruttori e motivazionali  la parte che residua attiene al merito.

Il giudice non può sostituirsi all’amministrazione, sindacando la bontà della scelta amministrativa, ma si può
sindacare invece la legittimità dell’esercizio del potere amministrativo. Oggi esiste molto meno potere
vincolato e molti più poteri discrezionali, poteri non regolati totalmente dalla legge, ma sono i principi che
devono orientare amministrazione e giudice. Sindacato su esercizio del potere discrezionale è sindacato che
si regge su applicazione di principi che reggono l’azione amministrativa. Sindacato che poi avrà a oggetto
tutto ciò che avviene nell’istruttoria e poi la motivazione.

 possibilità di scelta della soluzione migliore nel caso concreto  differenza tra autonomia negoziale
(libertà nei fini privati in quanto non illeciti) e potere discrezionale (spazio di scelta nel rispetto delle norme
di azione e delle finalità del potere, a maggior ragione nella discrezionalità mista: valutazione tecnica +
amministrativa).

 la scelta avviene attraverso l’acquisizione, la valutazione e la comparazione degli interessi:

 interesse pubblico primario individuato dalla norma attributiva del potere.


 interessi pubblici secondari coinvolti, che verranno sacrificati per tutelare il primario.
 interessi privati (attenzione alla partecipazione al provvedimento amministrativo), utilizzo del
principio della proporzionalità in questi casi (tra più mezzi di tutela userò quello più mite).

 COMPARAZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA DEGLI INTERESSI PUBBLICI COINVOLTI

SINDACATO GIURISDIZIONALE:

SINDACATO ESTRINSECO  canoni classici del sindacato sull’eccesso del potere (deviazione dalla finalità in
essere dalla norma attributiva di potere)  controllo sulla ragionevolezza, congruità, completezza
dell’attività conoscitiva e dell’iter logico seguito dall’amministrazione, oltre che il travisamento palese dei
fatti posti alla base del provvedimento e sulla proporzionalità della decisione finale (rilevanza del sindacato
sulla motivazione e del rispetto dei principi)  attenzione a ciò che avviene nel procedimento, luogo nel
quale vengono ordinati in concreto gli interessi in gioco  attenzione al modo in cui si è formata la
decisione.

Ci si occupa del modo in cui viene esercitato il potere all’interno del procedimento, del modo in cui si forma
la decisione.

DISCREZIONALITÀ TECNICA E PROBLEMI COL SINDACATO

D. tecnica  valutazione dei fatti complessi  problema della conoscenza del fatto presupposto del
provvedimento

FATTO  ELEMENTO DELLA FATTISPECIE DISEGNATA DALLA NORMA ATTRIBUTIVA DEL POTERE 
parametro del giudizio di legittimità  problema della piena conoscibilità del fatto da parte del giudice
amministrativo, a fronte dell’OPINABILITÀ DELLE CONCLUSIONI, tipica delle valutazioni tecniche  la
fisiologica opinabilità delle conclusioni ha attratto l’esercizio del potere di valutazione nell’alveo del
sindacato sulla discrezionalità amministrativa  il giudice assimilava il giudizio di opportunità della scelta
finale a quello di opinabilità della conclusione sulla sussistenza del fatto  lesione del principio di effettività
della tutela delle situazioni giuridiche soggettive  si sottrae al giudice la conoscenza del fatto.

Il giudice non poteva entrare nella valutazione della sussistenza del fatto, ma la sussistenza del fatto è un
elemento della fattispecie normativa, viene limitata la tutela giurisdizionale del privato.

 fattori che accentuano la complessità della questione (oltre alla opinabilità): pretesa riserva della
cognizione tecnica all’Amministrazione (potere di valutazione tecnica riservato all’amministrazione, per cui il
giudice deve limitarsi a un sindacato estrinseco e non interessarsene) ; presenza in molti provvedimenti
della discrezionalità mista (discrezionalità tecnica si intreccia con quella amministrativa e non si riesce a
distinguere l’una dall’altra).

RISERVA DEL POTERE DI VALUTAZIONE TECNICA ALLA P.A.  disciplina del rilascio delle valutazioni
tecniche  art. 17 L. 241  in presenza id interessi sensibili il potere di valutazione è riservato
all’Amministrazione che deve effettuarla  però dequotazione degli interessi sensibili nella disciplina della
conferenza di servizi e silenzio-assenso delle amministrazioni.

 problema della riserva del potere di valutazione tecnica alle Autorità amministrative indipendenti
(regolazione, vigilanza, controllo indipendente su settori economici strategici, fuori dall’influenza del potere
politico ed economico, atte a garantire il buon funzionamento del mercato → elevato grado di expertise
tecnica)

b) DISCREZIONALITA’ MISTA → accertamento del fatto complesso + valutazione/comparazione di interessi


→ difficoltà di individuare il confine tra le due attività → attrazione nella sfera del sindacato sulla
discrezionalità amministrativa → sindacato estrinseco

Volontà di semplificazione degli adempimenti endo-procedimentali (pareri e valutazioni tecniche).

Consiglio di stato sent. 1999  conoscibilità piena delle valutazioni tecniche  SINDACATO INTRINSECO,
interno, in ordine all’apprezzamento dei presupposti di fatto del provvedimento amministrativo, elemento
attinente ai requisiti di legittimità del provvedimento amministrativo, volto a verificare l’attendibilità (non
significa condivisione della conclusione, ma plausibilità della decisione) delle operazioni tecniche sotto il
profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e procedimento applicativo, per stabilire se le
valutazioni della p.A. siano corrette, ragionevoli, proporzionate, attendibili.

 assenza di un orientamento uniforme  convivono tecniche di sindacato esterno ed interno.

Rilevanza dell’introduzione della CTU nel c.p.a.  art. 63 d.lgs. 104/2010  qualora reputi necessario
l’accertamento dei fatti o l’acquisizione di valutaizoni che richiedono partticolari competenze tecniche, il
giudice può ordinare l’esecuzione di una verificazione, ovvero, se indispensabile, può disporre una
consulenza tecnica.

 l’uso di questi mezzi non può comportare l’accesso pieno alla rivalutazione del fatto, col rischio di una
sostituzione del giudice alla p.A. →CTU →giudizio sulla ragionevolezza della scelta tecnica e del percorso
logico compiuto dalla p.A.
→il giudice si ferma di fronte alla fisiologica opinabilità della conclusione → attendibilità della conclusione
non significa condivisibilità

CTU  giudizio sulla ragionevolezza della scelta tecnica e del percorso logico compiuto dalla p.A.  giudice
si ferma di fronte alla fisiologica opinabilità della conclusione  attendibilità della conclusione non significa
condivisibilità (vd. Riserva del potere valutativo alla p. A.)

→ non attendibilità → laddove vi sia superamento logico di ogni plausibilità tecnica → uso esorbitante della
discrezionalità tecnica → va controllato in sede di sindacato lo sviluppo del ragionamento tecnico → logicità,
congruità, ragionevolezza, proporzionalità della valutazione

Art. 6 CEDU:

ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine
ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a
pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa
penale formulata nei suoi confronti…

Full jurisdiction  accesso pieno ai fatti primo significato di giurisdizione piena, anche oltre il processo
penale.

Ulteriore argomento per il sindacato intrinseco sulla discrezionalità tecnica nel processo amministrativo.

21/11/2023

TRASPARENZA AMMINISTRATIVA

1990 diritto di accesso di tipo strumentale.

Accessibilità nuovo intervento legislatore 2005, spinta da parte dell’ordinamento comunitario.

D.lgs. 195/2005 introduzione nell’ordinamento comunitario di un diritto di accesso alle informazioni


ambientali da parte del pubblico. Il soggetto interessato non deve dimostrare nulla all’amministrazione,
neanche di essere portatore di un interesse qualificato.

Diritto di accesso a legittimazione generalizzata, che può essere esercitato da chiunque.

Diritto di accesso all’informazione ambientale, sullo stato di salute dell’ambiente. Diritto di accesso civico,
generalizzato solo sul fronte soggettivo, non anche sul fronte oggettivo. Dal punto vista dell’oggetto questo
diritto di accesso limita la possibilità di richiedere informazioni ambientali e nulla di più.

Non incide tanto nel tema della trasparenza amministrativa, ma solo nel caso della tutela dell’ambiente.

Spinta innovativa maggiore è data sul fronte della trasparenza amministrativa dalla legge anticorruzione
(190/2012), o anche detta legge Severino.

Legislatore ritiene utile dettare norme volte a favorire la trasparenza della pubblica amministrazione.

Art. 1 co. 35: approvazione di un decreto legislativo volto a riordinare gli obblighi di pubblicità già presenti
nell’ordinamento; così come l’introduzione di nuovi obblighi di pubblicità nei confronti delle p.A.
D.lgs. 33/2013 o decreto trasparenza: riordino degli obblighi di pubblicità o posti ex novo riguardavano
profili organizzativi delle p.A. e profili legati all’attività amministrativa.

Si vuole puntare molto sul concetto di trasparenza amministrativa proattiva, è la p.A. a pubblicare
documenti, attraverso un obbligo di dotarsi di un sito web e andare a popolare le diverse sottosezioni di una
apposita sezione che ogni sito web istituzionale deve avere, chiamata amministrazione trasparente,
attraverso la quale vengono adempiuti tutti gli obblighi di pubblicità previsti dal decreto.

Non mancano anche regole tecniche minime da rispettare nell’adempimento di questi obblighi.

Introduzione di una nuova figura di un diritto di accesso sempre in questo decreto: art. 5 1 co. diritto di
accesso civico: Diritto di chiunque di chiedere alla p.A. di prendere visione, estrarre copia ecc. di quei
documenti che l’amministrazione avrebbe dovuto pubblicare in adempimento degli obblighi di pubblicità,
ma che l’amministrazione non ha pubblicato. Diritto di accesso come strumento per innalzare il grado di
effettività degli obblighi di pubblicità.

Art. 5 co. 5 richiamo per la tutela del diritto di accesso civico disposizioni c.p.a. es. consente in materia di
accesso di stare in giudizio personalmente, rito speciale in tema di accesso.

Diritto di accesso civico di primo conio introduce nuova figura di diritto di accesso generalizzato, ma solo sul
fronte soggettivo, non sul fronte oggettivo, oggetto è soltanto quel documento oggetto di uno specifico
obbligo di pubblicità.

Legislatore torna sul tema della trasparenza amministrativa: L. 124/2015 o legge Madia

Legge: oggetto è la riorganizzazione delle p.A.;

art. 7 delega al governo di adottare uno o più decreti legislativi integrativi e correttivi del decreto
trasparenza adottati due anni prima.

D.lgs. di rivisitazione del decreto trasparenza, finalizzata a una nuova idea di trasparenza amministrativa,
che passa per il riconoscimento di un diritto di accesso civico generalizzato, si preferisce quindi una
trasparenza amministrativa reattiva e non più proattiva come quella del decreto trasparenza originario.

Si opta per un modello misto, restano gli obblighi di pubblicità, ma si aggiungono a questi un nuovo diritto
di accesso misto.

Alcuni obblighi di pubblicità appena introdotto (due anni prima) vengono eliminati, ciò giustificato dal fatto
che le p.A. non avevano apprezzato molto l’idea di trasparenza proattiva. Pertanto la L. Madia voleva
semplificare e razionalizzare gli obblighi di pubblicità introdotti dal decreto di trasparenza: obiettivo
raggiunto tramite l’eliminazione di alcuni di questi obblighi; questa abrogazione si riteneva ammissibile
senza comportare un arretramento perché allo stesso tempo si introduceva un nuovo diritto di accesso
civico.

Diritto di libertà di informarsi attraverso l’accessibilità dei documenti delle p.A., salvo alcune esclusioni ed
indipendentemente dalla titolarità di interessi giuridici rilevanti.

Diritto di accesso riconosciuto in quanto tale in via autonoma.

D. delegato 97/2016: approvazione del freedom of information act (FOIA). Si semplificano gli obblighi di
pubblicità, alcuni vengono anche eliminati.

Ciò è giustificato dal fatto che il livello di trasparenza sarebbe stato garantito dal riconoscimento di un diritto
di accesso civico generalizzato: compensazione di eliminazione di obblighi di pubblicità.
Diritto di accesso civico misto introdotto con la modificazione dell’art 5 del decreto 33/2013.

Diritto di accesso civico originale resta nel nuovo testo nell’art. 5 co. 1

Diritto di accesso civico nuovo art. 5 co. 2: chiunque ha diritto di accedere a dati e documenti, ulteriori
rispetto a quelli oggetto di obbligo di pubblicazione, detenuti dalle p.A., in linea di principio tutti i dati e
documenti.

Finalità del nuovo diritto di accesso è strumentale al dibattito pubblico, di controllo sulle funzioni
istituzionali, per la partecipazione alla vita pubblica.

Diritto di accesso volto al controllo diffuso sull’operato delle p.A., sull’uso delle risorse pubbliche. Controllo
che la L.241/1990 esclude categoricamente.

Istanza di accesso non richiede motivazione, perché le ragioni stanno già nella legge.

Problema di distinguere i due diritti di accesso: diritto di accesso civico originario qualificato come diritto di
accesso civico semplice, mentre il diritto di accesso nuovo viene qualificato come diritto di accesso civico
generalizzato.

Art. 5 disciplina procedimentale di come si esercitano questi diritti (disciplina sul procedimento e le norme
sulla tutela dei diritti di accesso civico sono norme comuni a entrambi i diritti di accesso civico).

Ci sono anche dei limiti e delle esclusioni cui fa riferimento il diritto di accesso civico generalizzato: Limiti
che il legislatore pone a tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti:

Art. 5 bis: esclusioni e limiti all’accesso civico generalizzato:

novero di interessi pubblici e di interessi privati che limitano questo diritto di accesso.

1 co. interessi pubblici:

2 co. interessi privati:

Scelta legislativa che passa per l’idea stessa di pregiudizio. In presenza di quegli interessi l’accesso civico
generalizzato è rifiutato. A fronte del rischio di pregiudizio di uno di questi interessi pubblici o privati non c’è
discrezionalità da parte dell’amministrazione, ma c’è il rifiuto del diritto di accesso.

Interessi che sono individuati in modo troppo poco specifici, così come anche i confini di questi interessi
non sono ben delineati.

22/11/2023

ART. 5-BIS DLGS 97/2016 - LIMITI ACCESSO CIVICO

L’ostensione dei documenti e dati amministrativi può arrecare pregiudizio ad interessi pubblici o privati
(comma 1 e 2).

Se la perimetrazione degli interessi privati cui fa riferimento il comma 2 è giuridicamente non troppo
complessa, nel senso che non è difficile definire cosa si intenda con dati personali, segretezza della
corrispondenza, segreto commerciale e industriale; è invece più complesso perimetrare i limiti previsti dal
comma 1, quindi cosa si intenda con i richiami agli INTERESSI PUBBLICI indicati (difesa nazionale,
relazioni nazionali) = si tratta di insieme di interessi pubblici che presentano zone grigie, i quali pongono
problemi applicativi in concreto: ci possiamo trovare di fronte ad una amministrazione, a fronte di una
istanza civica generalizzata, opponga il rischio di un pregiudizio a uno di questi interessi.
CASO CONCRETO

uomo vitruviano di recente è stato oggetto di controversia tra Ministero della Cultura (galleria
dell’accademia di Venezia) e la Ravensburger, perché il Ministero della Cultura lamenta che la Ravensburger
ha utilizzato l’immagine di questo bene culturale per produrre un puzzle senza chiedere un provvedimento
concessorio e senza pagare il canone per l’uso dell’immagine. Qualche anno fa è stato oggetto di un altro
contenzioso perché vi era stato un accordo (= memorandum di intesa) tra Ministro della Cultura italiano e
quello francese 2019: il memorandum di intesa prevedeva che il Ministero della Cultura italiana si
impegnava a dare al Louvre in prestito l’uomo vitruviano e il Louvre si impegnava a prestare alcune opere di
Raffaello in Italia. Questa idea del viaggio dell’uomo vitruviano a Parigi non è stata ben accolta in modo
trasversale per varie ragioni per lo più tecniche (es. spostamento di quest’opera delicata). Alcuni cercano di
contrastare l’idea di prestare l’uomo vitruviano → contenzioso: per provare a capire gli estremi dell’accordo,
c’è chi ha presentato un’istanza di accesso civico generalizzato: la causa di esclusione è stato l’art.5-bis
comma 1 lettera “d” relazioni internazionali: l’accesso civico generalizzato avrebbe potuto arrecare un
pregiudizio alle relazioni internazionali → si iper-valorizzano le cause di esclusione che non sono dai confini
netti. Da questa scarsa precisione - però inevitabile - (il legislatore non avrebbe potuto fare di più), l’ultimo
comma 6 dell’art.5-bis prevede che le CAUSE DI ESCLUSIONE devono essere meglio DEFINITE e
PERIMETRATE: ai fini della definizione dell’esclusione dei limiti, è necessario che vengano adottate linee
guida recanti indicazioni operative che possano indirizzare le p.a. e che rechino delle DIRETTIVE
OPERATIVE e soprattutto fini della definizione dando per scontato che la definizione dei limiti dell’accesso
generalizzato, ancora non sia qualcosa di compiuto. Il governo DELEGA un’autorità amministrativa ad
esercitare questo potere che è per certi versi normativo posto in essere dalle linee guida → DELEGA
ALL’ANAC (autorità nazionale anticorruzione) chiamata in causa dal legislatore perché alcune delle cause di
esclusione hanno a che fare con il trattamento dei dati personali. Questa a fine dicembre 2016 provvede a
delle linee guida che sono state pubblicate nel gennaio 2017, in un documento abbastanza articolato (circa
30 pagine) in cui l’Autorità nazionale anti corruzione si impegna - raggiungendo un buon risultato - per
indirizzare/guidare le p.a. in sede di prima applicazione di questa nuova disciplina dell’accessibilità
generalizzata + definisce cause di esclusione e limiti all’accesso civico.

CARATTERI LINEE GUIDA ANAC

Attesta il carattere di PROVVISORIETA’ delle linee guida: anche l’anac è consapevole che non è semplice
delimitare i confini delle cause di esclusione all’accesso civico generalizzato (ha fatto del suo meglio) →
entro 1 anno torna sul documento e lo aggiorna; le ulteriori nuove linee guida provvederanno a una più
precisa individuazione delle esclusioni disposte dalla legge; indicazioni più coerenti rispetto alle indicazioni
fornite dalle presenti linee guide → procede per successive approssimazioni.

Inoltre, in queste linee guida viene VALORIZZATA l’altra COMPONENTE del diritto amministrativo, cioè
quella GIURISPRUDENZIALE: l’ANAC si farà guidare dalla giurisprudenza amministrativa → l’aggiornamento
consentirà di tener conto delle prassi amministrative che arrivano dove giunge un contenzioso e in
particolare si lascerà guidare dalle decisioni delle amministrazioni o dalle decisioni di eventuali ricorsi
amministrativi e giurisdizionali → riemerge funzione di completamento del diritto svolta dal giudice
amministrativo. Questa promessa dell’ANAC non viene mantenuta, nel senso che ancora oggi le linee guida
sulle cause di esclusione ai limiti dell’accesso civico generalizzato restano quelle del 2016/17 → parametro
di riferimento onde completare il quadro/regime giuridico dell’accesso civico.

Per definire i CONFINI si deve prendere in considerazione:

ART. 5 COMMA 2 DLGS 33/2013


ART. 5-BIS DLGS 97/2016: limiti ed esclusione all’accesso civico (in piena consonanza rispetto a quanto fatto
in altri ordinamenti)

completamento rappresentano dalle linee guida ANAC (che restano quelle del 2017)

per vedere in concreto se è configurabile una fattispecie precisa, non si può che andare a studiare tutta la
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA che si è formata nei primi 6 anni in applicazione di questo nuovo
istituto → cosa di volta in volta ha detto il giudice amministrativo rispetto alle cause di esclusione.
Nonostante il materiale giurisprudenziale ad oggi non sia molto, perché è un istituto neonato, dalla
giurisprudenza amministrativa si impara molto: soprattutto si arriva alla conclusione che il GIUDICE
AMMINISTRATIVO - rispetto al tema del diritto di accesso civico generalizzato - è andato ben OLTRE IL
DATO DI DIRITTO POSITIVO. Questo può essere criticabile, ma un approccio che tenga conto della realtà
non può non fare i conti con il fatto che il giudice amministrativo anche su questo tema è andato ben oltre il
dato del diritto positivo → ha fatto EMERGERE dalla sede applicativa giurisprudenziale ULTERIORI REGOLE
E PRINCIPI che vanno oltre rispetto alle norme di diritto positivo ex artt.5 e 5-bis → pronunce peculiari
rispetto ai limiti dell’accessibilità generalizzata nonostante un dato di diritto positivo chiaro contenuto
nell’art.5 comma 6: il potere di diniego a fronte di un’istanza di accesso civico generalizzato, o
eventualmente il potere di differimento dell’esercizio del diritto di accesso civico generalizzato, deve essere
motivato con riferimento nei casi e limiti di cui all’art. 5-bis. Non devono considerarsi ammissibili limiti
ulteriori all’accesso civico generalizzato rispetto a quelli indicati all’art. 5 bis. Ogni qualvolta
l’amministrazione pubblica rifiuta l’esercizio del diritto di accesso civico generalizzato, deve motivare
chiamando in causa il limite degli accessi pubblici e privati (comma 1 e 2 art. 5-bis), ma se si andasse a
studiare i primi 5 anni di giurisprudenza sul punto, ci troviamo di fronte a nuove cause di esclusione che
vanno oltre il dato testuale dell’art.5-bis e tra i diversi nuovi limiti dell’accessibilità generalizzati nati in sede
giurisprudenziale si segnala l’idea delle ISTANZE MASSIME o ISTANZA VESSATORIE o ISTANZE

EMULATIVE: si tratta di una causa di limitazione acquisita → ogni qual volta il cittadino voglia attivare
questo diritto di accesso civico strumentalmente, per nuocere il buon andamento della pa attraverso un atto
emulativo, oppure lo fa per destabilizzare la pa dal pdv organizzativo (istanze vessatorie) oppure lo fa in
modo massivo = istanze di accesso civico generalizzato posto che il diritto di accesso è posto per chiunque,
istanze che il cittadino chiede all’amministrazione chiedendo l’impossibile = chiedendo l’accesso a
centinaia e migliaia di documenti → viene leso un principio generale dell'organizzazione e del
funzionamento della pa = LESO il PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO: le amministrazioni si vedono costruite
in capo dei poteri amministrativi per curare l’interesse pubblico, non per curare la curiosità dei cittadini a
consultare documenti amministrativi. Nonostante il legislatore non abbia posto alcun riferimento a questo
eventuale abuso del diritto di accesso civico generalizzato, il giudice amministrativo - attraverso
l’applicazione di principi generali - ha individuato altre cause di limitazioni → nuove regole che vanno a
comporre il trattamento giuridico di questo istituto di recente introduzione.

ACCORDI AMMINISTRATIVI
La definizione individuata dal legislatore fa riflettere perché l’espressione ‘accordo amministrativo’ è una
ESPRESSIONE più NEUTRA rispetto a quella fatta propria da altri ordinamenti giuridici. Rispetto al tema
degli accordi, la sottocommissione Nigro guarda con estrema attenzione come è stato disciplinato il tema
nell’ordinamento giuridico federale tedesco: legge sul procedimento amministrativo 1976 - in tale legge si
trova nei paragrafi 54 ss. la disciplina dell’omologo dell’accordo amministrativo italiano in riferimento
all’ammissibilità del contratto di diritto pubblico = un rapporto giuridico sul piano del diritto pubblico può
essere fondato, modificato o estinto attraverso un contratto definito di diritto di pubblico. Il che fa andare
verso il contratto di stampo civilistico dove l’accordo è volto a costituire, modificare o estinguere un
rapporto giuridico tra le due o più parti dello stesso accordo.
Nella disposizione tedesca il legislatore pone anche le basi dell’accordo amministrativo sostitutivo = accordo
che sostituisce un provvedimento amministrativo rivolto a un determinato soggetto.

Sulla base anche dell’esperienza tedesca, la sottocommissione Nigro decide di affrontare il tema
dell’esercizio in via consensuale del procedimento amministrativo.

DOMANDA: può il potere amministrativo sfociare nella costituzione in via consensuale di un rapporto
giuridico amministrativo, con uno o più amministrati?

Negli anni ‘70 questa domanda non trovava una risposta positiva in modo unanime perché se
l’amministrazione può produrre lo stesso effetto giuridico in modo unilaterale, perché mai allora deve
mettersi d’accordo con il privato?!

L’amministrazione può fare da sola, può raggiungere lo stesso effetto giuridico unilateralmente (e non
bilateralmente in modo consensuale).

La sottocommissione Nigro si trova di fronte alla necessità di superare l’ostacolo, ossia l’ammissibilità di
questa figura su cui non si era tutti d’accordo, eppure già la prassi amministrativa e alcune norme in settori
speciali dell’ordinamento avevano fatto emergere l’idea di un esercizio consensuale del diritto
amministrativo → c’erano tracce legislative.

Forse la traccia legislativa più importante allora (soprattutto dal punto di vista quantitativo) veniva
dall’urbanistica (edilizia in particolare): già negli anni ‘80 si conosceva la figura delle cd. convenzioni di
lottizzazione = accordi tra amministrazione comunale e privato dove la prima si impegna a rilasciare i titoli
per la realizzazione della nuova lottizzazione urbanistica e il secondo si impegna a porre in essere certe
opere + pagamento di somme. La sottocommissione Nigro aveva però uno spirito particolarmente
progressista e riformista e voleva migliorare i rapporti tra amministrazione e amministrati semplificandoli e
democratizzandoli. Allo stesso tempo, la sottocommissione aveva in mente l’utilità di dare un rilievo ai
rapporti tra le diverse p.a. operanti in una prospettiva di maggiore efficacia ed efficienza della loro azione,
prospettiva aperta alla possibilità di dispiegare effetti più ampi rispetto a quelli producibili attraverso singole
amministrazioni, quindi affronta anche la questione della cd. collaborazione inter-amministrativa =
collaborazione tra due o più soggetti pubblici (e non solo tra amministrazione e privato). Questo duplice fine
di semplificare i rapporti tra amministrazione e amministrati e sia per aumentare la capacità di
collaborazione di amministrazioni, la sottocommissione Nigro ritenne di dare particolare risalto al tema
degli ACCORDI e optò per la denominazione di accordi in luogo del termine contratto perché l’accordo è un
termine meno impegnativo e più ampio e descrittivo del fenomeno.

DOMANDA: perché era stata scartata l’idea della denominazione come contratto di diritto pubblico?

Perché questa espressione è troppo impegnativa in duplice senso:

gli accordi amministrativi non sono contratti e non si applicano ad essi tutte le regole del cc in materia
contrattuale

gli accordi amministrativi non sono neanche contratti esclusivamente di diritto pubblico perché ex art.11
ad essi si applicano anche alcune norme del cc

QUINDI, il termine ‘accordo’ elaborato dalla sottocommissione Nigro è quello che troviamo ancora oggi
nella L.241.

Nell’ammettere in via generale gli accordi amministrativi, la sottocommissione Nigro voleva:


da un lato tracciare un segno di distacco rispetto all’opinione dottrinale maggioritaria (anni 80), cioè
l’opinione che riteneva dubbia l’ammissibilità dell’esercizio del potere consensuale amministrativo;

dall’altro lato sottolineare un aspetto cruciale: nell’ambito del procedimento amministrativo ciò che conta e
che caratterizza tale procedimento non è il modo attraverso il quale si coagula e si manifesta la volontà della
p.a., ma ciò che conta nel procedimento amministrativo è l’ISTRUTTORIA decisiva e caratterizzante della
fase istruttoria nella quale si raccolgono gli elementi di fatto e le considerazioni di diritto per arrivare alla
decisione.

Il fatto poi che la decisione amministrativa sia più tradizionale e unilaterale o sia decisione che ammetta
l’individuazione di un punto di incontro tra amministrazione e amministrato, non è tanto rilevante → idea di
una parità/fungibilità tra le possibili conclusioni del procedimento che sono il provvedimento (= atto
unilaterale dell’amministrazione capace di produrre effetti giuridici nel destinatario) e dopo la L.241
l’accordo amministrativo (= procedimento che si conclude con la stipulazione di un accordo in luogo
dell’adozione di un provvedimento). Altro possibile epilogo del procedimento amministrativo è l’effetto che
il legislatore ha ricondotto all’inerzia = silenzio significativo di accoglimento o diniego dell'istanza.

L’IDEA di accordi amministrativi era quella della FUNGIBILITA’/INTERSCAMBIALITA’ tra le modalità di


conclusione del procedimento perché ciò che conta è tutto ciò che sta prima e che si lega a come
l’amministrazione conduce l'istruttoria.

Questa è la ragione della L.241/1990: ossia l’idea che si trovano più disposizioni sugli accordi che
disposizioni sul provvedimento amministrativo: serviva per dare particolare risalto agli accordi → il tema
ha risalto maggiore del tema del provvedimento amministrativo. Dire oggi che la L.241/1990 non mette al
centro il provvedimento non è corretto e potrebbe esporre a obiezioni → il CAPO IV-bis sopravviene, non
c’è nell’impostazione originaria del 1990, ma è un prodotto della L.15/2005. Prima di questa sul
provvedimento amministrativo vi era poco, mentre vi erano più norme in tema di accordi rispetto al
provvedimento amministrativo perché attorno al provvedimento amministrativo non vi erano molti dubbi:
che il provvedimento fosse assoggettato a certe regole quanto alla sua efficacia, che fosse revocabile,
annullabile dal giudice o dalla stessa amministrazione, che fosse nullo lo si sapeva già perché lo aveva detto
il giudice amministrativo nei decenni di elaborazione giurisprudenziali. Nel 1990 si introducono disposizioni
che portano un’innovazione legislativa: la L.241 appariva molto scarna: nel testo originale le norme sul
provvedimento amministrativo sono rimaste l’obbligo trasversale per tutte le decisioni amministrative,
obbligo di motivazione del provvedimento (art.3); per il resto non c’erano altre norme sull’agire unilaterale
delle amministrazioni.

Mentre al TEMA degli ACCORDI - sulla base della proposta della Nigro - lasciò spazio più ampio e dedicò alla
fine al tema degli accordi almeno 2 articoli:

ART. 11 = semplificare gli accordi tra amministrazione e privato e rendere fungibili i provvedimenti →
accordi tra amministrazioni e privati

ART. 15 = agevolare la possibilità di una collaborazione inter-amministrativa → accordi tra soli soggetti
pubblici (accordi inter amministrativi)

→ diversa collocazione ma che si ricollegano a quei due diversi obiettivi.

Anche sulla disposizione volta ad ammettere in via generale la possibilità per la p.a. di stipulare accordi con i
privati, intervenne a Palazzo Chigi una modifica che taglia intere disposizioni proposte dalla
sottocommissione: anche la proposta sul tema degli accordi fu vista come troppo avanzata, quindi alcune
cose dovevano essere eliminate o comunque cambiate → si AGGIUNGE l’idea di ACCORDO di tipo
SOSTITUTIVO (= sostituisce il provvedimento amministrativo concludendo il procedimento) che nel 1990
nasce però depotenziata.
ART. 11

COMMA 1: In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'articolo 10,


l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel
perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto
discrezionale del provvedimento finale (ACCORDI INTEGRATIVI del provvedimento = non accordi che
integrano ex post il provvedimento, ma accordi che PRECEDONO l’adozione del provvedimento
amministrativo) ovvero in sostituzione di questo (ACCORDI SOSTITUTIVI = modalità ALTERNATIVA di
conclusione del procedimento amministrativo → accordo che sostituisce il provvedimento
dell’amministrazione).

L’art.11 comma 1 NASCE fortemente DEPOTENZIATO perché è vero che fa riferimento a casi di accordi
sostitutivi, ma rispetto alla proposta della Nigro reca un inciso in più che rendeva di fatto questa
disposizione inutile: se avesse dovuto esserci un’altra norma di legge volta ad ammettere in fattispecie
peculiari, a cosa sarebbe servito allora questa parte del comma 1 art.15? Non serviva a nulla perché non
risolve in radice l’ammissibilità generalizzata dell’accordo, come modalità alternativa di conclusione del
procedimento, perché richiedeva che ci fosse nell’ordinamento un’altra disposizione di legge, ma allora era
sufficiente quella disposizione di legge.

La L.241/1990 quindi accantona le aspirazioni della Nigro → quella proposta sarebbe stata neutralizzata
parzialmente.

Facendo un parallelismo con il diritto di accesso generalizzato si possono dire le stesse cose: a distanza di
decenni, la proposta troppo riformista in tema di accesso avrebbe trovato una concretizzazione
nell’ordinamento con il d.lgs. 97/2016; la stessa cosa sarebbe accaduta in tema di accordi → dopo diversi
anni, la proposta della commissione Nigro avrebbe trovato una concretizzazione nell’ordinamento giuridico
italiano rispetto agli accordi sostitutivi.

La L.15/2005 interviene sul comma 1 art. 15 e cancella nei soli casi previsti alla legge, giungendo alla
conclusione che gli accordi amministrativi devono essere ritenuti ammissibili indipendentemente dalla
presenza di un’altra disposizione ad hoc che ne ammetta la stipulazione → ammissibilità ampia e
generalizzata.

Gli accordi amministrativi hanno un regime giuridico che oggi è compendiato nell’art.11: nel 2005 con
l’introduzione del comma 1-bis il legislatore ha sottolineato che l’accordo sostitutivo o integrativo potrebbe
nascere come ESITO quasi naturale della partecipazione procedimentale → in accoglimento di osservazioni
e proposte presentate ai sensi dell’art.10, lo stesso privato può stimolare l’amministrazione ad imboccare la
via consensuale, cioè a trovare un punto di incontro.

All’art.11 comma 1-bis: Al fine di favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del
procedimento può predisporre un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il
destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati = ottica propositiva.

REGIME GIURIDICO SOSTANZIALE DEGLI ACCORDI


ART. 11 comma 2 e 4

Art. 11 comma 2 detta alcune disposizioni in modo diretto e altre disposizioni per rinvio esterno alla L.
241/1990 → FORMA degli ACCORDI AD SUBSTANTIAM: gli accordi di cui al presente articolo debbono
essere stipulati, a pena di nullità per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano,
ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto
compatibili. ((Gli accordi di cui al presente articolo devono essere motivati ai sensi dell'articolo 3).

Anche gli accordi amministrativi devono essere MOTIVATI:

- se gli accordi sono integrativi devono essere recepiti in provvedimento amministrativo il quale
deve essere motivato;
- se gli accordi sono sostitutivi il procedimento si chiude e l’accordo non viene doppiato; è
l’accordo che fonda il rapporto tra amministrazione e privato, quindi la motivazione deve essere un
elemento strutturale dell’accordo perché in quanto accordo sostitutivo si spostano sull’accordo
tutte le previsioni che hanno ad oggetto provvedimenti amministrativi. PRIMA della stipulazione
dell’accordo deve intervenire un altro atto amministrativo unilaterale, cioè una determinazione
dell’organo che sarebbe competente all'adozione del provvedimento → l’eventuale sostituzione del
provvedimento con un accordo sostitutivo venga preceduto da una determinazione unilaterale
adottata da parte di quell’organo della stessa amministrazione che sarebbe competente
all'adozione del provvedimento finale.

Il legislatore introduce l’obbligo di motivazione degli accordi, ma è significativo il contesto in cui il


legislatore interviene: quando l’amministrazione decide di sostituire al provvedimento l’accordo significa
che c’è qualcosa di oscuro quindi è necessario evidenziare le ragioni che hanno condotto a questo rapporto
giuridico amministrativo di tipo consensuale. Questo lo dice nel contesto legislativo all'interno della legge
190/2012 (Legge Severino): per prevenire fenomeni corruttivi nella p.a., il legislatore sente la necessità di
specificare che quando imbocca la via consensuale deve specificare le motivazioni perché possono esserci
elementi oscuri → a dimostrazione della diffidenza verso gli accordi amministrativi e del fatto che gli accordi
amministrativi non hanno trovato in sede applicativa un’applicazione rilevante.

RINVIO ESTERNO
Si applicano le norme del cc NON in materia di obbligazioni e contratti, MA si applicano i PRINCIPI in tema di
obbligazioni e contratti posti dal cc.

Il legislatore qui è più cauto: non ci dice che si applicano tout court i principi e le regole del cc ma ci dice che
ciò debba accadere attraverso una doppia clausola e un doppio filtro di incompatibilità → compatibilità dei
principi civilistici con quelli degli accordi amministrativi.

Il legislatore in questo modo ha dettato una norma “piratesca”: richiama i principi in materia contrattuale e
per il resto se ne lava le mani: ove compatibili questi principi troveranno applicazione, ma poi per il resto
non aggiunge altro; quindi si rimette la questione alla giurisprudenza amministrativa: se oggi si volessero
studiare gli accordi tra amministrazione e privato e si volesse avere un’idea precisa quali sono le regole degli
accordi dell’art. 11 L.241/1990, non ci si può fermare al testo dell’art. 11, ma si dovrebbe andare a vedere
ciò che la giurisprudenza amministrativa ha detto circa la compatibilità di alcuni principi civilistici con la
figura dell’accordo amministrativo → torna lo studio del diritto giurisprudenziale.

Tra i principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti che sicuramente è applicabile agli accordi
amministrativi c’è il PRINCIPIO DELLA BUONA FEDE, sempre che l’amministrazione non si trovi di fronte a
sopravvenienza → PER SOPRAVVENUTI MOTIVI DI PUBBLICO INTERESSE l’amministrazione deve potersi
SCIOGLIERE DALL’ACCORDO quando questo non è compatibile con la cura dell’interesse pubblico → comma
4: per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente dall'accordo,
salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi
verificatisi in danno del privato → REGOLA DI COMPENSAZIONE DEL PREGIUDIZIO ECONOMICO che il
privato subisce sul potere di recesso dell’amministrazione, la quale deve tenere indenne il privato con
meccanismo compensativo tramite forma di indennizzo.

28/11/2023

ACCORDI INTEGRATIVI O SOSTITUTIVI DEL PROVVEDIMENTO

Art. 11 L.241/1990

Accordi amministrativi: semplificazione rapporti amministrazione-amministrati.

Idea di una tendenziale parità tra es. potere amm. in via unilaterale e potere amm. in via consensuale,
attraverso accordi.

Art.11 alcune disposizioni in modo diretto e altre disposizioni per rinvio al c.c.

Duplice clausola di compatibilità, principi civilistici in materia contrattuale interprete deve individuare i
principi compatibili con la figura ibrida dell’accordo amministrativo.

Dubbio della dottrina sull’ammissibilità di tale art.

Punto di incontro tra due piani profondamente diversi tra di loro: il piano su cui si muove la p.A. intesa
come autorità pubblica e il piano su cui si muovono i soggetti privati.

La p.A.si muove sul piano della discrezionalità amministrativa, nel perseguimento dell’interesse pubblico,
amm. vincolata nel fine (che giustifica l’esistenza stessa della p.A.), mentre i privati si muovono sul piano
dell’autonomia negoziale, (il privato non è legato per certi fini, se non quelli per lui rilevanti, non è il fine
pubblico ciò che muove il privato).

Per l’amm. rilevano i motivi, mentre per il privato questi motivi non rilevano, tipico del diritto privato,
sempre che il privato si muova nell’ambito del lecito.

L.15/2005 viene prevista una generalizzazione della figura degli accordi amm.

La amm. può raggiungere attraverso l’accordo, generando benefici che diversamente non si genererebbero.

Effetto deflattivo della conflittualità tra amm. e amministrato, dato che l’effetto è dato dalla collaborazione
dei due soggetti.

Amm. si muove sul piano diverso da quello del privato: problema di garantire una funzionalizzazione della
scelta amm. rispetto alla cura dell’interesse pubblico.

Art. 11 L.241/1990 co. 4 amm. può sciogliersi unilateralmente, ovvero recedere unilateralmente
dall’accordo per fronteggiare delle sopravvenienze pubblicistiche, che potrebbe determinare un pregiudizio
per l’altra parte. Così infatti l’amm. che receda unilateralmente debba corrispondere al privato un
indennizzo per la fine del rapporto che deve coprire il danno emergente e non già il lucro cessante.

Amm. non può restare vincolata anche al sopravvenire di motivi di pubblico interesse all’accordo con il
privato.

Questo potere ricorda il potere di revoca del provvedimento amministrativo art. 21 quinques. Sono infatti
delle disposizioni sorelle, anche in questo caso infatti nel caso in cui la revoca creasse un danno i soggetti
direttamente interessati l’amm. dovrà predisporre un indennizzo a favore di questi ultimi.
Sostanziale rapporto di species a genus tra potere di recesso e potere di revoca, hanno la stessa ratio di
fondo.

Potere di recesso altro non è che quel potere di revoca che si fa potere di recesso quando l’amm. anziché
adottare un provvedimento amm., abbia stipulato con il privato un accordo amm.

Art. 11 co. 5 ABROGATO dal codice del processo amministrativo. Il co. 5 prevedeva una clausola di
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli
accordi amministrativi tra amm. e privati.

Dagli accordi amm. potrebbero emergere posizioni di interesse legittimo così come anche diritti ed
obbligazioni, che però trovano giurisdizione esclusiva nel giudice amm. (ambito in cui è difficile comunque
distinguere tra interessi legittimi e diritti soggettivi).

C.p.a.: ricognizione di tutte le clausole di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ratio
dell’abrogazione di questo comma. Disposizione vive ancora nel c.p.a. nell’art 133 co. 1 l.a 2)

ACCORDO AMMINISTRATIVO TRA DUE O PIÙ PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Scopo: raggiungere un obiettivo comune che da sole non avrebbero potuto raggiungere, o non avrebbero
potuto raggiungere allo stesso modo (stessa efficienza, stesso risultato ecc.).

Art. 15 L.241/1990:

1 co. Le p.A. possono sempre concludere tra loro accordi per svolgere assieme attività di interesse comune.

Quando intervenne l’art 15 già c’erano nell’ordinamento diverse ipotesi di collaborazione inter-
amministrativa.

Solitamente gli accordi sono stipulati tra più amministrazioni.

Anche nel TUEL (Testo Unico degli Enti Locali) ci sono delle ipotesi di collaborazione tra enti locali previsti
prima dell’entrata in vigore della L. 241/1990 (art. 30 ss).

Generalizzazione di questa ipotesi di collaborazione tra amministrazioni.

Regime giuridico sostanziale e processuale di questi accordi:

art. 15 2 co. rinvio interno all’art. 11 della stessa legge.

Rinvio che pone non pochi problemi: rinvio non integrale ma selettivo: art. 11 co. 2 e 3 si applica se
compatibili.

Si applicano le norme sulla forma scritta, l’obbligo ridondante di motivazione, il rinvio ai principi civilistici in
materia di regolazione dei contratti.

Così come si applica il co. 3: controlli che scivolano sull’accordo costitutivo del provvedimento.

Rinvio al co. 2 problemi:

 già co. 2 rinvia esternamente al c.c. ai principi civilistici se compatibili, doppia interpretazione,
doppia valutazione di compatibilità tra accordi e principi civilistici, co. 2 applicabile se compatibile.
 Rinvio selettivo: che richiama alcuni commi, ma praticamente li richiama tutti (o almeno quelli
principali più centrali). Legislatore non ha però volontariamente rinviato al co. 4.
Valorizzando questo mancato richiamo è origine di molte ipotesi da parte di dottrina e
giurisprudenza:
1. Il legislatore voleva escludere negli accordi tra pubbliche amministrazioni che una amministrazione,
una volta stipulato un accordo tra amministrazioni, possa recedere unilateralmente da questo
accordo.
2. Il legislatore voleva escludere era l’applicazione dei limiti e delle conseguenze del recesso
unilaterale. L’amministrazione che ha stipulato un accordo tra amministrazioni, può farlo
indipendentemente dal sopravvenire di motivi di pubblico interesse, e che può farlo senza dover
fare fronte alle conseguenze giuridico-economiche dell’utilizzo di questo potere (senza obbligo di
indennizzo).
Due interpretazioni che sono agli antipodi.
Entrambe le interpretazioni sono insoddisfacenti: la prima nega che l’amm. abbia un potere sempre
funzionalizzato alla tutela dell’interesse pubblico; la seconda: l’amm. che stipula un accordo con
altri soggetti pubblici ha sempre la possibilità di recedere unilateralmente dall’accordo,
arbitrariamente: è compatibile con il rinvio ai principi civilistici in materia di obbligazioni dei
contratti?

Art. 11 L.241//1990 co.2 bis rinforza le disposizioni sulla forma per gli accordi tra amministrazioni. Ulteriore
requisito di forma, devono essere oltre che essere stipulati per iscritto devono essere sottoscritti
digitalmente (es. firma digitale). Ulteriore previsione sulla forma è anch’essa dettata a pena di nullità della
sua inosservanza.

Quanto al regime processuale vale la clausola di giurisdizione esclusiva che il c.p.a prevede nelle
controversie in materie di accordi tra amm. e privati e accordi tra pubbliche amministrazioni.

27/11/2023

SCIA art. 19 c.1 legge 241/1990

Attività amministrativa vincolata, se sussistono i presupposti e requisiti definiti nel dettaglio dalla legge,
passibili di un semplice accertamento, l’amministrazione è vincolata ad emanare il provvedimento positivo.

Spazio del potere vincolato dell’amministrazione si è ridotto, sostituita in parte molto consistente dalla SCIA
nel corso del tempo a causa di politiche di semplificazione delle attività economiche del privato. (es. SCIA)

“Ogni atto di autorizzazione il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e


presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite
o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi è
sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli
ambientali, paesaggistici, o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa
nazionale, pubblica sicurezza, immigrazione, asilo, cittadinanza ecc.”

Eccezione alla semplificazione: materie che richiedono che ci sia una piena valutazione da parte della
amministrazione, ovvero il preventivo consenso da parte dell’amministrazione. Materie ricondotte ai
cosiddette materie sensibili.

Scopo della semplificazione è ridurre il lavoro della p.A., escludendo che si applichi in determinate materie
appunto sensibili, dove è necessaria una piena valutazione degli interessi in gioco da parte della p.A.

Chi mi dice se siamo al di fuori di queste materie? Lo stabilisce il mero cittadino, che si chiede se è ancora in
vita il potere preventivo di consenso, non è la legge che lo dice, ma è il cittadino che deve individuare nel
caso concreto se mi trovo in una di queste materie.
1. segnalazione corredata da dichiarazioni sostitutive di certificazioni e atti di notorietà, attestazioni e
asservazioni di tecnici abilitati relative alla sussistenza dei requisiti e presupposti di cui al primo
periodo.
2. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l’acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi,
sono sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni, asservazioni del privato, salve verifiche
successive degli organi e amministrazioni competenti.

Ciò che viene sostituito non è più una attività meramente vincolata, è il privato che si prende l’onere di
attestare la sussistenza di questo onere, salve verifiche successive effettuate.

Privato si assume la responsabilità di queste affermazioni, in luogo delle p.A. come si succedeva prima.

Si spinge la SCIA anche a provvedimenti per cui sia richiesto l’accertamento di fatti complessi. Ciò mette il
privato in una situazioni di incertezza, essendo davanti ad una situazione che potrebbe portare a conclusioni
differenti.

Porta un grado di incertezza tanto per il privato che sta iniziando la sua attività, tanto per chi può essere leso
dall’attività iniziata sulla base della SCIA.

Eliminiamo il potere vincolato che appesantisce le p.A. il privato può attestare la presenza di presupposti e
requisiti, ma le p.A. hanno un potere di controllo successivo, non più preventivo, che però non si esprime
più attraverso un atto di consenso, ma solo attraverso un potere di inibizione dell’attività iniziata successivo.

DISCIPLINA POTERI VINCOLATI AMMINISTRAZIONE: art 19 co. 3 -4. Difficile strutturazione di questi commi.

Potere amministrazione di controllo successivo entro i primi 60 giorni è vincolato, decorsi i 60 giorni dalla
presentazione della SCIA il potere diventa discrezionale, per i successivi 12 mesi (a partire dalla scadenza
dei primi 60 giorni).

Mentre fino a un certo punto negli anni questo meccanismo era abbastanza lineare, nel 2016 il legislatore
disegna una serie di percorsi che si diversificano in ragione dei diversi presupposti (o meglio diverse
situazioni di fatto) che l’amministrazione si può trovare ad accertare.

SCIA  poteri della p.A.  poteri successivi alla presentazione SCIA modulazione nel corso del tempo 

1. POTERE INIBITORIO VINCOLATO: accertata carenza dei requisiti e dei presupposti da esercitare
entro 60 giorni (30 per SCIA edilizia) dalla presentazione SCIA a pena di decadenza:
a. PROVVEDIMENTO MOTIVATO DI DIVIETO di prosecuzione dell’attività e RIMOZIONE degli
effetti dannosi. 
b. Salvo che sia possibile CONFORMARE L’ATTIVITÀ: la p.A. non vieta la prosecuzione
dell’attività ma invita il privato a conformarsi, dando le necessarie prescrizioni, entro un
termine non inferiore a 30 gg.  inadempimento del privato  decorso il termine l’attività
si intende vietata (contra ius legem).
c. Nel caso in cui si ritenga possibile la CONFORMAZIONE ma ci si trovi in caso di
ATTESTAZIONI NON VERITIERE O DI PERICOLO PER LA TUTELA DI INTERESSI SENSIBILI 
provvedimento motivato di SOSPENSIONE dell’attività, in attesa della conformazione 
sospensione provoca l’INTERRUZIONE DEL TERMINE di 60 giorni per l’esercizio del potere
inibitorio  termine inizia nuovamente a decorrere per intero con la comunicazione del
privato di avvenuta conformazione  decorso nuovamente il termine di 60 giorni  in
assenza di ulteriori provvedimenti  cessano ex lege, senza necessità di provvedimento da
parte dell’amministrazione, gli effetti del provvedimento di sospensione.
(ATTENZIONE AL RAPPORTO CON art. 21 co.1 l.241/1990: in caso di dichiarazioni mendaci o
di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell’attività e dei suoi effetti a legge o
la sanatoria prevista dagli artt. medesimi ed il dichiarante è punito con la sanzione prevista
dall’art. 483 c.p. salvo che il fatto non costituisca più grave reato.
L’art. 19 co.3 ha abrogato l’art. 21 co.1? Ci sono due scuole di pensiero: art 21 co.1 abrogato
da art. 19 co.3; oppure attestazioni non veritiere sono cose diverse rispetto alle dichiarazioni
mendaci o le false attestazioni.
Le attestazioni non veritiere sono quindi quelle attestazioni che sono colposamente non
veritiere, mentre le altre sono caratterizzate dalla presenza del dolo. LETTURA PIÙ
CONDIVISA.)
2. POTERE INIBITORIO DISCREZIONALE  decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti
(POTERE INIBITORIO VINCOLATO) l’amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti
previsti, ma in presenza delle condizioni previste dall’art. 21 nonies (condizioni previste per
l’annullamento del provvedimento amministrativo), i provvedimenti cambiano natura, diventano
provvedimenti discrezionali.  decorsi i 60 giorni dalla presentazione della segnalazione il
provvedimento di divieto viene adottato in presenza delle condizioni previste per l’annullamento
d’ufficio del provvedimento amministrativo  non c’è un provvedimento amministrativo da
annullare  viene vietata una attività di un privato.

Le condizioni (art. 21 nonies)per l’utilizzo di questo potere sono la sussistenza di un interesse


pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a 12 mesi, dal momento
dell’adozione del provvedimento di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici (SCIA ha
sostituito i provvedimenti autorizzatori, conseguentemente si considera il termine di 12 mesi dal
momento della scadenza del termine di 60 gg.), tenendo conto degli interessi dei destinatari e
controinteressati.

POTERE INIBITORIO DISCREZIONALE  decorsi i 60 gg. Dalla presentazione delle SCIA vengono
adottati in presenza delle condizioni previste dall’art. 21 nonies:
 Presupposti  mancata corrispondenza tra fattispecie astratta e concreta + lesione interesse
pubblico attuale
 Termine  12 mesi dalla scadenza del termine di 60 gg.
 Discrezionalità  valutazione e comparazione di interessi pubblici e privati dei destinatari
(segnalante) e dei controinteressati (terzi lesi dalla SCIA). (tutela affidamento di chi ha
presentato la SCIA dall’altro la tutela di chi è leso dall’attività iniziata).

Se l’amm. accerta la carenza di requisiti e presupposti entro 60 giorni dalla presentazione della SCIA devo
emettere un provvedimento motivato di divieto di prosecuzione dell’attività, MA se possibile conformare
l’attività non emetto il provvedimento di divieto, ma devo invitare il privato a conformare l’attività, dando un
termine non inferiore a 30 gg, dando le necessarie prescrizioni.

L’amm. quindi deve anche porsi il problema, oltre l’accertamento dei presupposti e requisiti, anche
dell’eventuale possibilità di conformazione dell’attività.

27/11/2023 seconda parte

SCIA E TUTELA DEL TERZO

SCIA  natura atto del privato  non è un provvedimento tacito  non è impugnabile davanti al giudice
amministrativo.
Regime attuale  art. 19 co. 6 ter: SCIA non costituisce un provvedimento tacito direttamente impugnabili.
Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e in caso di inerzia,
esperire esclusivamente l’azione di cui art.31 (azione contro il silenzio-inadempimento
dell’amministrazione)

Provvedimento tacito è per es. il silenzio-assenso, provvedimento tacito chiamato in tal modo perché sin
dall’emergere della figura del silenzio-assenso non ci sono mai stati dubbi sul fatto che il silenzio fosse
impugnabile davanti al giudice amministrativo al pari di un provvedimento espresso.

Il legislatore si premura quindi di stabilire espressamente che la SCIA non è un provvedimento tacito e
quindi non impugnabile di fronte al giudice amministrativo.

Sin dall’origine della disposizione c’è stato il PROBLEMA DELLA TUTELA DEL TERZO LESO DALL’ATTIVITÀ DEL
SEGNALANTE.

Quindi su questo problema si formano orientamenti diversi fin dall’emanazione della L.241/1990:

a) Silenzio della p.A. come atto tacito di consenso, impugnazione del silenzio assenso. (così non può
essere perché il potere di controllo sulla SCIA è un potere inibitorio, non di consenso)
b) Impugnazione silenzio-inadempimento sull’esercizio del potere inibitorio.
c) Silenzio-diniego sull’attivazione del potere di divieto.

Sub a) e sub b) erano le due ipotesi più divisorie e comuni nella giurisprudenza.

A un certo punto si prospetta anche la tesi sub c): si assicura la tutela al terzo tramite l’interpretazione del
silenzio dell’amm. sulla SCIA come silenzio-diniego.

Quest’ultima teoria prospettata l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Non si può abbracciare la tesi del
provvedimento tacito di consenso perché appunto non è compatibile con il potere effettivamente assegnato
alla p.A.

Ma non vuole nemmeno sostenere la tesi sub b) perché è una tesi poco satisfattiva per il terzo. Non c’è un
accertamento della sussistenza dei requisiti per utilizzare la SCIA.

Conseguentemente si costruisce la tesi del valore di provvedimento negativo del silenzio sul potere di
controllo.

Questa pronuncia ha fatto molto scalpore perché ci si trovava di fronte ad una creazione giurisprudenziale,
ad una forzatura della giurisprudenza per risolvere il problema della tutela del terzo. Questa funzione
creativa della giurisprudenza, normo-genetica, aveva lasciato molto perplessi.

Il legislatore quindi ha modificato il DL 138/2011: si ritorna quindi alla costruzione classica, tesi sub b).
succede quindi che la tutela del terzo spacca nuovamente la giurisprudenza amministrativa tra tesi sub a) e
sub b). Così si arriva alla corte costituzionale.

Art. 31 c.p.a. azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità

1 co. Decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo chi vi ha interesse può chiedere
l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere.

3 co. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di
attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non
sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione.
Fattispecie della SCIA così ampia che non sempre si tratta di attività vincolata. Tutela del terzo è quindi una
tutela poco efficace.

Attività vincolante in concreto, una volta effettuate le valutazioni tecniche tali da rendere percorribile una
sola strada, una sola scelta in concreto che è valida.

IMPUGNAZIONE DEL SILENZIO INADEMPIMENTO IN CASO DI INERZIA DELLA P.A. nell’esercizio del potere
inibitorio  problema  potere di controllo vincolato si estingue col decorso dei 60 gg.  perdita del
potere  potere che cambia natura.

Come fa il g. amm. a ordinare l’esercizio di un potere che si è consumato? Il terzo con la sua diffida può fare
rivivere il potere in ogni tempo? L’affidamento del segnalante sulla stabilità della situazione giuridica
soggettiva sorta a seguito della presentazione della SCIA, in ragione della decadenza del potere di controllo,
trova tutela? Esiste un termine per le sollecitazioni?

Il potere di controllo ex art. 21 nonies, se quello vincolato si è estinto, si può attivare su impulso di parte,
visto che l’esercizio di questo è rimesso alla discrezionalità della p.A.? (tipicamente il potere di
annullamento di ufficio non è attivabile su istanza di parte).

Potere di effettività della tutela del terzo leso verso il potere di tutela dell’affidamento del segnalante.

Corte Cost. N. 45/2019

Le verifiche cui è chiamata l’amministrazione ai sensi dei art.19 comma 6 ter sono già disciplinate da detto
art.

Decorsi questi termini la situazione soggettiva del segnalante si consolida definitivamente nei confronti
dell’amministrazione, ormai privi di poteri, e quindi anche del terzo. Questi, infatti, è titolare di un interesse
legittimo pretensivo all’esercizio di controllo amm. e quindi venuto meno la possibilità di dialogo con il
corrispondente potere anche l’interesse si estingue.

La conclusione è piana e necessitata.

Il problema esiste, ma trascende dalla norma impugnata. Si deve dare una lettura più ampia e sistemica.

Nella prospettiva della tutela dell’interesse legittimo, il terzo potrà attivare i poteri di verifica dell’amm. in
caso di dichiarazioni mendaci o false attestazioni (diverse dalle attestazioni colposamente non veritiere che
invece sono conformabili); potrà anche sollecitare i poteri di vigilanza e repressivi di settore (poteri propri
dell’amm. nelle varie materie interessate: es. vigilanza abusi edilizi, attività commerciali non autorizzate).

Esso avrà anche la possibilità di agire in sede risarcitoria nei confronti della p.A. in caso di mancato esercizio
del potere di verifica (DUBBIO per il problema della configurazione dell’inerzia dell’amm. non posso
richiederlo prima, ma se lo richiedo dopo il potere è ormai decaduto, posso richiederlo anche se decaduto?)

Rimane il fatto giuridico di una attività che si assuma illecita, nei confronti della quale valgono le ordinarie
regole di tutela civilistica del risarcimento del danno eventualmente in forma specifica (terzo non
danneggiato dalla SCIA, ma dalla attività svolta dal segnalate.) (Comunque la tutela in sede amm. è
maggiore rispetto alla tutela della giurisdizione ordinaria.)

Tutto ciò per altro non esclude l’opportunità di un intervento normativo: risolvere due problemi da una
parte rendere possibile al terzo interessato una più immediata conoscenza di una attività segnalata;
dall’altra di impedire il decorso dei relativi termini in presenza di una sua sollecitazione.
Si deve diffidare ad adempiere l’amministrazione anche prima che la stessa sia inadempiente, senza che la
corte lo dica espressamente. Si sollecita la verifica prima della scadenza del termine per evitare che il potere
si estingua una volta decorso il termine.

Ad oggi comunque il sollecito nei confronti dell’amm. non congela il decorso del termine.

La corte non prende posizione sulla discrezionalità del potere alle condizioni dell’art. 21 nonies: perché?
Perché possiamo ritenere che di fronte al comma 6 ter che la legge nel caso di SCIA abbia qualificato e
differenziato la posizione del privato, terzo danneggiato rispetto al potere di verifica. In questo caso il
potere di controllo della SCIA alle condizioni previste dall’art. 21 nonies sia tutela attivabile anche da istanza
di parte.

Potere discrezionale, ma non è riservata all’amm. la decisione se sia necessario o meno adottare questo
potere discrezionale.

REGIMI DELL’ATTIVITÀ ECONOMICA PRIVATA

1. COMUNICAZIONE INIZIO ATTIVITÀ  nei casi espressamente previsti. (regime ancora più leggero
rispetto alla SCIA, che si trova nell’edilizia, interventi di edilizia sull’esistente di basso impatto);
2. SCIA  art. 19  individuazione in via generale (attività vincolata…) (problemi di certezza di diritto:
fattispecie concreta che rientri in materie incluse per la SCIA);
3. SILENZIO ASSENSO  art 20  individuazione in via generale (attività a basso tasso di
discrezionalità) (mantenuto il provvedimento amministrativo di consenso, si stabilisce che il decorso
del termine nel silenzio dell’amm. provochi gli effetti del provv. favorevole);
4. PROVVEDIMENTO AUTORIZZATORIO ESPRESSO  nei casi espressamente previsti (o esclusi dagli
artt. 19-20) (dovrebbe ricorrere nei casi espressamente previsti, in quelle ipotesi di tasso di
discrezionalità elevato e necessità di valutazioni tecniche complesse, e quindi di un rischio evidente
per gli interessi pubblici);

ATTIVITÀ LIBERE  art. 1 d.lgs. 126/2016: “le attività private non espressamente individuate ai sensi del
d.lgs. 222/2016 o specificamente oggetto di disciplina da parte della normativa europea, statale o
regionale, sono libere”  individuazione in via residuale, ma mobile.

Sistema dell’attività economiche private che oggi si è consolidato sulla base della normativa europea.

d.lgs. 222/2016 individua in una serie di liste infinite, elencazione non esaustiva, si allegano al decreto una
serie di liste in cui si individuano a che regime sono assoggettati vari tipi di interventi.

In contraddizione netta con tutta la costruzione precedente. Per assicurare certezza al privato si deve
cercare di assicurare più certezza possibile.

29/11/2023

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
È il cuore del diritto amministrativo. Rilevanza di tutto ciò che succede prima dell’emanazione del
provvedimento ai fini della tutela del privato toccato dal provv. amm., ma anche ai fini dell’individuazione
del miglior risultato di cura dell’interesse pubblico. Nel corso del tempo l’asse dell’attenzione di dottrina e
giurisprudenza si è spostata dal provv. come espressione di autorità della p.a. e dalla questione degli effetti
nei confronti del privato del provv., a quello che succede prima e che rileva ai fini della legittimità del provv.
amm. Hanno acquisito infatti maggiore autonomia i principi che regolano l’attività della p.a., specialmente
nel caso di attività discrezionale, ed è emersa in tutta la sua importanza la necessità di andare a vedere il
MODO IN CUI SI È FORMATO IL PROVVEDIMENTO, in cui si è esercitata la funzione di cura dell’interesse
pubblico. L’esercizio di funzione di cura dell’interesse pubblico ha portato all’emanazione del provvedimento
amministrativo.

Quindi del proc. amm. possiamo dare varie definizioni:

- LUOGO, PERCORSO DELLA TRASFORMAZIONE DEL POTERE IN ATTO. Potere che la norma
attributiva del potere affida all’amm. e che deve poi essere esercitato in concreto. LUOGO
DELL’ESERCIZIO IN CONCRETO DEL POTERE.
- SEDE IN CUI EMERGONO GLI INTERESSI IN GIOCO , coinvolti, SEDE PRIMA DI GARANZIA DEL
PRIVATO NEI CONFRONTI DELL’AMMINISTRAZIONE, da 2 punti di vista:
1) il proc. è diventato il luogo del confronto, collaborazione, partecipazione del privato
al processi di trasformazione del potere in atto
2) è tutto ciò che avviene prima dell’emanazione del provv. amm., oggetto del
sindacato del giudice amm. a cui il privato chiede tutela.
- MODO DISCIPLINATO DALLA LEGGE IN CUI LA AMM. SCEGLIE L’INTERESSE DA CURARE E
TRASFORMA IL POTERE IN ATTO  Percorso oggetto di disciplina che ha cambiato il modo di
vedere il ruolo della p.a.
Con la 241 si è percepita questa idea del POTERE-DOVERE di curare l’interesse pubblico, AMM. AL
SERVIZIO DEI CITTADINI. Inoltre la codificazione di molte regole già emerse in sede giurisdizionale e
dottrinale e l’elaborazione di principi nuovi, anche se frutto di elaborazioni precedenti e di
esperienze da altri ordinamenti (es. codificazione del principio e degli istituiti di partecipazione al
proc. amm. della 241). La legge sposta l’attenzione di amministrazione, vincolata a una serie di
regole, e degli studiosi e sposta l’asse del rapporto tra privati e amministrazione. Cambia il modo di
vedere il ruolo e i compiti della p.a. perché pone al centro il rapporto tra privato e amministrazione
e fa emergere pian piano, ma in modo netto, l’idea dell’amministrazione al servizio dei cittadini,
nella cura dell’interesse pubblico. Amministrazione che non gestisce il potere proprio, per sé, ma un
potere affidatole dalla legge nell’interesse dei cittadini e della collettività, comunità.

Questo comporta il passaggio DA UNA VISIONE FORMALISTICA, in cui al centro era l’imperatività del
provvedimento (= atto espressione dell’autorità, manifestazione unilaterale del potere dell’amm.,
che aveva la capacità di modificare la sfera giuridica del destinatario), AD UNA VISIONE
SOSTANZIALISTICA di giustificazione razionale delle scelte dell’amministrazione. L’attenzione si
sposta sulla razionalità del processo logico seguito dall’amm. nell’esercizio del potere. Questo
diventa il fulcro del sindacato del giudice amministrativo, tanto più ci troviamo di fronte ad un
potere discrezionale.

Nella 241 ci sono 2 elementi che emergono, visti più volte agire come fulcro dell’azione amm. e del rapporto
tra privato e amm., dell’espressione del principio di buon andamento (art. 97 Cost.). Gli elemento centrali
della 214 sono:

1) L’ISTRUTTORIA PROCEDIMENTALE ha uno spazio molto ampio nella 241, che non copre tutte le
eventualità verificabili nel proc. amm. perché ci sono le disposizioni senza testo, di principio, che
si muovono come dei meccanismi che regolano tutto il processo di trasformazione del potere in
atto e prendono forma in concreto quando vengono a contatto con il caso concreto.
Emerge la necessità della completezza dell’istruttoria = CONOSCENZA PIENA della SITUAZIONE
DI FATTO in ordine alla quale l’amm. deve provvedere. Se non c’è la conoscenza piena il provv. è
viziato perché difetta dal punto di vista prima di tutto logico e razionale. Poi può difettare anche
dal punto di vista di una mancata conoscenza della situazione di fatto ecc., ma l’incompletezza
dell’istruttoria emerge come SINTOMO prima di tutto DELL’ECCESSO DI POTERE (deviazione
dell’esercizio del potere e del provv. quindi dal fine che la legge ha legato a quel potere: se non
conosco pienamente la situazione non posso per definizione perseguire il fine che mi è stato
affidato).

2) MOTIVAZIONE: non è stato creato nulla di nuovo, ma CODIFICATO il principio dell’obbligo


generale di motivazione. Le eccezioni sono poche. Si passa da una visione formalistica con al
centro gli effetti del provvedimento a un obbligo generale di motivazione che SPOSTA
L’ATTENZIONE SULLA RELAZIONE TRA ESERCIZIO DEL POTERE E PRIVATI IN LINEA GENERALE. Si
codifica la rilevanza della motivazione A PRESCINDERE DAGLI EFFETTI DEL PROVVEDIMENTO
anche perché un provv. favorevole nei confronti di un soggetto potrebbe essere sfavorevole nei
confronti di soggetti diversi (terzi, pregiudicati dal provv. che entrano all’interno del
procedimento amministrativo). Quindi dare rilievo alla figura del terzo leso da un provv.
favorevole nei confronti del destinatario fa sì che si sposti l’attenzione su quello che l’amm. è
chiamata a fare in un momento antecedente all’emanazione del provvedimento. L’obbligo di
motivazione è l’esplicazione di questo modo diverso di porsi dell’amministrazione.

* Prima non c’erano norme sulla motivazioni, c’erano disposizioni particolari per determinati
procedimenti che richiedevano un provvedimento motivato, ma la discussione non era
nemmeno estesa. Si dava per acquisito che l’elemento di legittimità fosse la motivazione, ma
poi si legava la necessità della motivazione alla lesione prodotta dal provv. amm. nei confronti
del privato e si riteneva che l’obbligo trovasse espressione nei provv. sfavorevoli. . La
motivazione era obbligatoria per il provvedimento sfavorevole, perché era necessario che
l’amm. spiegasse i motivi per cui era arrivata a quella determinazione. Inoltre la motivazione
non era estesa.

PROCEDIMENTO AMMINSITRATIVO

- insieme di atti e operazioni materiali (struttura), che trovano il loro posto all’interno del
procedimento;
- posti in essere da soggetti pubblici e privati (soggetti)  Il privato entra a confrontarsi con l’amm.
prima che questa decida;
- una sequenza necessaria per l’esercizio legittimo del potere da parte della p.a.
(paradigma normativo che costituisce il parametro di legittimità dell’azione amministrativa. 
Misuro la legittimità del provv. prima di tutto sul rispetto delle norme procedurali, ma non solo.

- Sequenza necessaria che ha lo scopo di conseguire in modo valido (conforme alle norme
giuridiche e opportuno) il fine di cura dell’interesse pubblico per il raggiungimento del quale il
potere è stato attribuito alla p.a. (per il raggiungimento del vincolo di scopo, che caratterizza tutta
l’attività della p.a.).
Validità = conformità a norme giuridiche e opportunità, convenienza del provvedimento finale (opportunità
sottratta al sindacato del giudice amm. in via ordinaria).
FUNZIONI DEL PROCEDIMENTO AMMINSITRATIVO
Stiamo vedendo sotto tanti profili diversi il percorso di trasformazione del potere in atto.

Prospettiva funzionale: a cosa serve il proc. amm? Studiare e disciplinare il proc. amm. serve:

a) A GARANTIRE IL CONTROLLO GIURISDIZIONALE SULL’ESERCIZIO DEL POTERE. Le norme procedurali


sono norme di azione, che disciplinano l’azione della p.a. Permette quindi IL SINDACATO SULLA
LEGITTIMITÀ SOSTANZIALE E PROCEDURALE: non entrano in gioco solo le norme sul procedimento, ma
anche le norme attributive del potere, che individuano i requisiti e presupposti per emanazione del
provv. e le norme di principio che disciplinano i contenuti essenziali dell’esercizio del potere, che
attengono a imparzialità, razionalità e congruità dell’iter logico seguito, che sono tipici soprattutto
dell’attività e poteri discrezionali dell’amm.

b) Il proc. amm. ha una propria rilevanza anche come LUOGO DI COORDINAMENTO TRA
AMMINISTRAZIONI. Ormai è quasi la normalità che gli interventi che il privato voglia effettuare e le
opere da realizzare, per cui è necessario il consenso preventivo dell’amm., sgombrato il campo con la
SCIA, siano attività che interessano la collettività da punti di vista diversi e quindi rilevano da punti di
vista di interessi pubblici diversi e coinvolgono più amm. Questo perché richiedono il consenso tra più
amm. o che vengano coinvolte nella decisione, anche se con pesi diversi, più amministrazioni.

Il procedimento acquista rilevanza particolare da questo punto di vista: è il luogo in cui le


amministrazioni si confrontano e molto spesso decidono assieme, ma secondo delle regole particolari
che sono estremamente complesse, che il legislatore ha cominciato a dettare in modo strutturale dalla
241/1990, per garantire che quando l’attività del privato richieda il consenso e coinvolga una pluralità di
amm., sia comunque assicurato il risultato di cura dell’interesse pubblico entro tempi certi. Questo ha
portato ad istituti di coordinamento tra amministrazioni che oggi costituiscono l’ordinarietà del
decidere della p.a.

Sgombrando il campo da attività vincolate e a basso tasso di discrezionalità con la SCIA, sono residuati
all’amm. alcuni compiti che richiedono discrezionalità e coinvolgono di più gli interessi più delicati, che
si intrecciano (es. ambiente e salute): coinvolgono per definizione più amm. e vanno pesati da più punti
di vista diversi. Il legislatore ha distribuito le competenze tra enti diversi e ha creato all’interno del
procedimento degli STRUMENTI DI COORDINAMENTO TRA AMMINISTRAZIONI, finalizzate alla cura di
interessi pubblici coinvolti, secondo il principio della tempestività dell’azione amministrativa. È un
principio che non sempre sta in equilibrio rispetto ai compiti di cura degli interessi pubblici. Il
coordinamento tra amministrazioni non significa semplicemente sentire le p.a. coinvolte, ma assicurare
il raggiungimento di una decisione in tempi certi: questo cambia la prospettiva del compito
dell’amministrazione come compito di cura dell’interesse pubblico. Se avevo pluralità di consensi, una
volta, era sufficiente che un autorità negasse il consenso (negasse il provvedimento) perché l’attività
non si potesse svolgere: oggi non è più così perché la decisione finale è determinata sulla base del peso
degli interessi coinvolti.

c) LUOGO DI EMERSIONE DEGLI INTERESSI: conosco la situazione quindi emergono gli interessi coinvolti. La
CONOSCENZA DELLA SITUAZIONE (vd. partecipazione e buon andamento) è regolata dall’equilibrio tra
questi due principi: principio inquisitorio e principio di economicità dell’azione amm.

PRINCIPIO INQUISITORIO = istruttoria deve ispirarsi alla massima libertà dell’amm. di acquisire tutti gli
elementi utili alla conoscenza sulla situazione in ordine alla quale deve provvedere. Questo principio
trova un contrappeso nel principio di economicità dell’azione amministrativa
PRINCIPIO DI ECONOMICITA’ DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA = art. 1 co. 2 241 è divieto di aggravio
del procedimento. posso acquisire tutti gli elementi utili a conoscere pienamente la situazione, ma con
il limite di non aggravare il procedimento, cioè di limitarmi all’acquisizione degli elementi utili alla
conoscenza. Quando ho raggiunto la conoscenza della situazione non devo aggravare il procedimento
con adempimenti istruttori che siano ultronei, non necessari, ai fini della conoscenza della situazione.
Se così facessi avrei il dubbio che in realtà io voglia perseguire un fine diverso da quello che la legge mi
ha affidato attribuendomi quel potere. Non è razionale che, conosciuta la situazione, vada in cerca di
ulteriori conferme.

La ricerca di ulteriori conferme danneggia il privato, nei cui confronti IL TEMPO DELLA DECISIONE è
diventato via via UN BENE DELLA VITA AUTONOMO, sulla base della 241, un bene a cui il privato aspira
attraverso il provvedimento dell’amministrazione. Nella 241 il tempo diventa un bene della vita distinto
dal soddisfacimento finale sostanziale del privato: è un bene che garantisce la certezza delle situazioni
giuridiche soggettive. Garantirla significa che il privato è garantito anche dal fatto di sapere che non
può aspirare a quel bene, che l’amm. entro i tempi prestabiliti emani anche il provv. di diniego. Il tempo
si separa e acquisita una autonomia rispetto al soddisfacimento di situazioni giuridiche sostanziali del
privato. Questo porta a scelte del legislatore, ma anche al formarsi di orientamenti giurisprudenziali che
sono restii da un certo punto di vista a dare pienezza a questo DIRITTO ALLA CERTEZZA delle situazioni
giuridiche soggettive del privato (vd. silenzio-inadempimento).

Se il proc. amm. è il luogo di conoscenza della situazione, ciò si deve anche all’operare del principio di
partecipazione, una delle novità importanti assieme al principio di semplificazione, delle origini della
241. Quindi il proc. amm. diventa anche il luogo del CONTRADDITTORIO PUBBLICO-PRIVATO. La
generalizzazione del principio di partecipazione è una delle novità della 241 perché prima era previsto
soltanto in alcuni casi con norme che disciplinavano i singoli proc. amm. (es. caso classico di
partecipazione al procedimento  procedimenti disciplinari, definiti tipicamente semi-contenziosi, in
cui era previsto espressamente che il privato destinatario della sanzione venisse sentito
preventivamente, anche eventualmente assistito da un avvocato.). Con la 241 viene generalizzata la
figura del procedimento, come luogo del contraddittorio pubblico e privato: il proc. amm., finalizzato a
garantire la conoscenza PIENA della situazione è dominato dal principio di conoscibilità e di
trasparenza. Ciò che avviene prima del provv. avviene non nelle stanze segrete dell’amm., che non
aveva neanche un termine entro il quale pronunciarsi, ma deve risultare conoscibile all’esterno perché il
modo in cui il potere è stato via via trasformato in una atto garantisce la imparzialità, ragionevolezza,
proporzionalità ecc. della decisione finale. Lo strumento che permette la conoscibilità è tipicamente la
MOTIVAZIONE del provvedimento amministrativo, che deve rendere visibile il processo decisionale
(sotto l’occhio del giudice non c’è prima di tutto la decisione finale, ma il processo decisionale e la sua
logicità e razionalità, che rileva anche al di là dell’interesse del privato destinatario del provv. o dei terzi
controinteressati lesi dal provv.). La MOTIVAZIONE è anche strumento generale attraverso il quale
l’amm. si legittima nei confronti della collettività, come soggetto a servizio dei cittadini. fiducia nei
confronti dell’amministrazione si acquisisce. È STRUMENTO DI LEGITTIMAZIONE DEMOCRATICA. Una
amm. reazionale, rispettosa di norme e principi che la regolano è una amministrazione di cui i cittadini
si possono fidare e in cui i cittadini credono. Quindi la motivazione rileva anche al di là degli interessi dei
privati toccati dal provvedimento.

Sezioniamo il procedimento: essendo UNA FATTISPECIE A FORMAZIONE PROGRESSIVA, un percorso,


dobbiamo capire come è strutturato per capire cosa succede nei vari momenti in cui il procedimento si
snoda. Cosa succede in questo percorso attraverso cui il potere si trasforma in atto.
FASI DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Le regole che disciplinano l’iniziativa e l’istruttoria (ciò che succede prima dell’emanazione del
provvedimento) sono regole di azione per decidere, ai fini della decisione. CI SONO 4 FASI:

1. INIZIATIVA
2. ISTRUTTORIA

 Regole di azione per la decisione (disciplinando l’azione dell’amm. ai fini della decisione prima
dell’emanazione del provvedimento).

3. COSTITUIVA/DELIBERATIVA/DECISORIA
4. INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA (fase eventuale)  può esserci o no perché ci sono le norme che
disciplinano il proc. di formazione dei vari provvedimenti, l’ esercizio del potere nell’emanazione di vari
provv., discipline specifiche all’interno delle quali troviamo norme che si collocano in questa fase. Fase
successiva a quella in cui il provv. è venuto in essere: il provv. esiste già ma NON È ANCORA EFFICACE.
Servono adempimenti ulteriori che integrano la capacità di produrre effetti giuridici. Possono essere
necessari o no: ce lo dice la legge.

 Regole di produzione dell’effetto finale. Le regole che disciplinano le ultime due fasi disciplinano la
azione dell’amm. ai fini della produzione dell’effetto finale.

PRIMA FASE: INIZIATIVA

Come ha inizio il procedimento, l’esercizio del potere, al processo di trasformazione del potere in un atto?

1) Su istanza di parte
2) D’ufficio
3) Su iniziativa di un’altra amministrazione (rivolta ad amm. diversa affinché si adotti
un det. provvedimento). Questo succede con la norma che disciplina l’esercizio del
potere che coordina le amministrazioni. L’amm. che interviene sul contenuto della
decisione perché la propone e ne individua quindi anche i contenuti, ma non può
emanare il provvedimento.
L’avvio del procedimento (iniziativa), in questi tre modi, rende DOVEROSO l’esercizio del potere, la
conclusione del procedimento con un provvedimento, con la manifestazione di volontà, ma la conclusione
potrebbe non avvenire con un provv. Espresso, con manifestazione di volontà, ma anche con la SEMPLICE
PRODUZIONE DELL’EFFETTO PROPRIO DEL PROVVEDIMENTO, MA IN ASSENZA DEL PROVVEDIMENTO.
L’iniziativa fa sorgere il dovere di concludere il procedimento entro un det. termine. La conclusione del
procedimento si può verificare con:
- un provvedimento espresso
- o in mancanza con produzione dell’effetto tipico del provvedimento ad opera della legge, che
attribuisce al decorso del termine per concludere il procedimento nell’inerzia, silenzio dell’amm., il
significato di provvedimento. Con un silenzio significativo.
L’altra grande novità della 241 è stata la consacrazione della doverosità dell’esercizio del potere, con la
disciplina e introduzione di TERMINI PER LA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO. Facendo questo
riconosco al privato un’aspettativa giuridicamente qualificata alla certezza della sua situazione giuridica
soggettiva.

Poi il legislatore ha esagerato con i termini e ne ha inseriti tantissimi: c’è un termine per la conclusione del
procedimento (espressione della aspettativa del privato alla conclusione del procedimento in tempi certi),
ma per arrivare alla decisione entro tempi certi, il legislatore interviene con una scansione procedimentale
interna degli atti richiesti per arrivare alla decisione finale tutta accompagnata da termini.  PROBLEMA:
legislatore inserisce termini che a volte non combaciano e quindi non si capisce nulla (la somma dei termini
non è uguale al termine finale richiesto).

Es. Commissione ministeriale in materia di ambiente  Si cerca di far funzionare il meccanismo insieme:
Comuni, Province, Soprintendenza, sentite le Commissioni parlamentari ecc.

Regola: tutti i proc. amministrativi, finalizzati al rilascio di un provvedimento, devono avere un termine per
la conclusione del procedimento. non può esserci un silenzio-assenso sul passaporto per es. Rilascio del
passaporto tocca interessi anche importanti e richiedono quindi un provvedimento espresso. Disciplina del
rilascio del passaporto è del 1963: i ritardi sono dovuti anche probabilmente al Covid e ad una questione di
organizzazione. Questione gestione dei dati e delicatezza degli interessi su cui incide (libertà di circolazione).

Se il termine non viene individuato dalla legge o dell’amm. interessata, c’è un termine suppletivo fissato
dall’art. 2 della 241, di 30 gg.  Se non reperiamo un termine nelle norme di legge o nei regolamenti della
amm. interessata (che non lo fa proc. per proc., ma in maniera generale individua i termini di competenza
per la competenza di quella amm.), nel 1990 il legislatore dice che l’amm. ha dovere di pronunciarsi e di
assicurare certezza sui tempi ai destinatari, quindi c’è un termine suppletivo di 30 gg.

Qual è la rilevanza di tutti questi termini?

RILEVANZA GENERALMENTE ORDINATORIA: IL TERMINE PER LA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO non è


un termine perentorio a pena di consumazione del potere, perché spetta all’amm. per curare l’interesse
pubblico. I termini procedimentali sono tipicamente ordinatori, con un rilievo sollecitatorio. In realtà poi gli
interventi di semplificazione, che hanno caratterizzato il sistema negli ultimi 30 anni, legano, al mancato
rispetto dei termini, il prodursi di alcune conseguenze semplificatorie, che mirano comunque ad assicurare
che si produca il risultato finale e si arrivi alla decisione finale. QUESTE CONSEGUENZE TIPICAMENTE NON
CONSISTONO NELLA CONSUMAZIONE DEL POTERE. Possono avere anche carattere sanzionatorio, rilevando
anche ai fini della responsabilità degli organi che non rispettano i termini e rilevano quanto alla necessità o
meno dell’adempimento che doveva essere compiuto. Sono conseguenze che importano l’insorgere in capo
ai funzionari di responsabilità e la disponibilità di strumenti da parte del privato per ottenere la decisione.

LA CONSEGUENZA DELLA CONSUMAZIONE DEL POTERE È UNA CONSEGUENZA ECCEZIONALE. Anche quando
è la legge che dice che in caso di mancato rispetto del termine per la conclusione del procedimento, il
decorso, nel silenzio dell’amm., comporta il prodursi del silenzio-assenso (equivale all’accoglimento
dell’istanza) e si producono gli effetti di accoglimento dell’istanza, neanche in questo caso il giudice riteneva
che di fronte all’adempimento tardivo si fosse consumato il potere e il provvedimento fosse nullo. Il
provvedimento dovrebbe essere nullo, ma invece si diceva che il provvedimento era illegittimo (oggi si dice
che è inefficace e non illegittimo). Ma neanche in questo caso si diceva che il potere si è consumato. Il
provvedimento illegittimo significa che il provvedimento esiste e produce effetti finché non è annullato. Se
fosse nullo non produrrebbe effetti.

Su questo si è innestata una disciplina problematica. Es. art. 2 pieno di modifiche per la spinta alla
produzione di una decisione stabile.

È forte l’idea della inesauribilità del potere e del fatto che i termini per la decadenza sono termini
eccezionali. Uno è quello dei 12 mesi per l’annullamento d’ufficio della SCIA art. 21 - nonies e quello dei 60
gg. dell’art. 19 co. 3. Quando la legge dice che il termine è perentorio, il giudice dice comunque che è una
forte sollecitazione, ma il termine perentorio nel diritto amministrativo significa che va fatto, ma non è a
pena di decadenza del potere. Diventa a pena di decadenza solo in caso di suffissi rafforzativi “entro e non
oltre”: soltanto in questi casi eccezionali perdo il potere.
04/12/2023
INIZIATIVA:
 Istanza di parte
 D’ufficio
 Su iniziativa di un’altra p.A.

INIZIATIVA DEL PROCEDIMENTO:


 Doverosità esercizio del potere  conclusione del procedimento con un provvedimento espresso o
comunque con la produzione di un effetto esterno (silenzio significativo)  TERMINE  TEMPO 
BENE DELLA VITA AUTONOMO rispetto al bene oggetto dell’aspettativa di acquisizione o
conservazione da parte del privato.
 Vd. Scansione del tempo dell’azione  termini ordinatori/perentori a pena di decadenza.
È vero che la doverosità della conclusione del procedimento con un provvedimento espresso comporta
conseguenze diverse a seconda che la legge abbia attribuito significato di provvedimento al silenzio della
p.A. o meno.
Almeno il dovere di procedere per controllare se sono presenti i requisiti presupposti per l’emanazione del
provvedimento c’è sempre.
Quando non c’è silenzio significativo ci si trova di fronte al silenzio inadempimento al dovere di provvedere.

INIZIATIVA  TERMINE PER LA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO  DECORRENZA:


 presentazione di istanza
 inizio ex officio
 presentazione proposta provvedimento da un’altra p.A.

1. ISTANZA DI PARTE: nozione (norma che qualifica la pretesa del privato come possibile inizio del
procedimento, dalla norma deriva una qualificazione della pretesa)  pretesa qualificata all’inizio
del procedimento  rilevanza  dovere di procedere  inerzia  silenzio inadempimento
2. DENUNCE OD ESPOSTI: nozione (apparentemente sembrano istanze, che però non rispondono ad
una qualificazione, non rientrano in una fattispecie individuata dalla norma come una fattispecie
rispetto alla quale l’amm. abbia il dovere di procedere e di provvedere, sono domande volte ad
ottenere dall’amm. l’esercizio di un potere che rientra nella discrezionalità dell’amm., indipendente
da qualsiasi pretesa privata)  rappresentazione alla p.A. dell’esistenza di una situazione in ordine
alla quale si chiede di provvedere, ma in assenza di una differenziazione giuridica della posizione del
privato  irrilevanza  non c’è dovere di procedere (vd. Riesame di atti sfavorevoli
precedentemente emanati)  non c’è inerzia qualificabile come inadempimento
3. INIZIATIVA D’UFFICIO: preistruttoria.

 Decorso il termine per la conclusione del provvedimento  inerzia della p.A.:


o Silenzio inadempimento
o Silenzio significativo

FASE COSTITUTIVA  INERZIA DELLA P.A.  SILENZIO INADEMPIMENTO  art. 2/ 2 bis L.241, artt. 30/31
c.p.a.
 FORMAZIONE  obbligo di provvedere  presupposti (oltre al decorso del termine)  ISTANZA
DEL PRIVATO  titolarità di una situazione qualificata e differenziata derivante da una specifica
previsione
 INIZIATIVA D’UFFICIO  comunicazione d’avvio (necessaria per far conoscere al privato
destinatario del provvedimento l’avvio dello stesso)  indicazione del termine di conclusione 
attenzione all’interesse del privato (attenzione anche ad alcuni procedimenti speciali in cui il
termine di conclusione è perentorio in base alla lettera della norma e quindi non si configura
l’inadempimento  es. procedimenti disciplinari per la violazione di doveri derivanti dalla
sussistenza di uno specifico rapporto con la p.A.  decorso del termine  decadenza dell’azione
disciplinare).

L’inadempimento dell’amm. di regola non provoca la perdita del potere, la legge mette in disposizione una
serie di strumenti per ottenere il provvedimento anche se emesso in ritardo. Sono termini sollecitatori,
ordinatori, non perentori. L’amm. provoca una serie di conseguenze negative in capo all’amm. soprattutto di
responsabilità, ma non c’è illegittimità del provvedimento tardivo o perdita del potere.
Violazione incapace di portare una qualificazione di illegittimità del provvedimento, qualificabile solamente
come irregolarità.
Ci sono dei casi eccezionali, però, in cui il potere dell’amm. deve essere esercitato a pena di decadenza, in
cui il legislatore a garanzia del privato dispone che l’amm. possa disporre di una determinata azione in un
determinato lasso di tempo. Es. AZIONI DISCIPLINARI.

SILENZIO INADEMPIMENTO  formazione  obbligo di provvedere  presupposti:


vanno distinte 3 categorie di atti amministrativi alla cui emanazione il cittadino può avere interesse, per poi
verificare, in relazione a ciascuna di esse, se esiste, a fronte dell’atto del privato, il correlativo obbligo di
provvedere in capo alla p.A.
1. ATTI DI CONTENUTO FAVOREVOLE IN QUANTO AMPLIANO LA SFERA GIURIDICA DEL RICHIEDENTE;
2. RIESAME DI ATTI SFAVOREVOLI PRECEDENTEMENTE EMANATATI;
3. RICHIESTA DI ATTI DIRETTI A PRODURRE EFFETTI SFAVOREVOLI NEI CONFRONTI DI TERZI,
DALL’ADOZIONE DEI QUALI IL RICHIEDENTE POSSA TRARNE INDIRETTAMENTE VANTAGGI (CD.
INTERESSI STRUMENTALI).

Quanto alla prima categoria, questa determina un obbligo di provvedere quando chi la presenta sia titolare
di un interesse legittimo pretensivo.
Non è seriamente dubitabile, infatti che colui che ha un interesse differenziato e qualificato ad un bene della
vita per il cui conseguimento è necessario l’esercizio del potere amministrativo sia titolare di una situazione
giuridica che lo legittima, pur in assenza di una norma specifica che gli attribuisca un autonomo diritto di
iniziativa, a presentare un’istanza dalla quale nasce in capo alla p.A. quantomeno un obbligo di pronunciarsi.
Anche in questi casi, tuttavia l’obbligo di provvedere, pur sussistendo in astratto, può risultare mancante in
concreto.
Ciò accade ad esempio, secondo alcune pronunce, quando la domanda inoltrata dal privato sia
manifestamente infondata o esorbitante dall’ambito delle pretese astrattamente riconducibili al rapporto
amministrativo.

ISTANZA DEL PRIVATO  art. 2 co. 1 (obbligo di motivazione soddisfatto anche solo con un sintetico
riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo) PROVVEDIMENTO IN FORMA SEMPLIFICATA:
a) Inammissibile  priva dei requisiti di forma o reiterata di precedenti istanze su cui la p.A. si è già
pronunciata (atto di conferma o meramente confermativo).
Si ha nuovo esercizio di potere se sulla nuova domanda uguale alla precedente l’amm. risponde con
un provvedimento dal cui contenuto posso ricavare che sia stata effettuata una nuova istruttoria, un
nuovo esercizio del potere. E quindi sarà ammissibile un ricorso.
L’atto meramente confermativo invece è quell’atto in cui si segnala che la stessa domanda è stata già
respinta, si ribadisce, si riconferma che c’è già stata una decisione, si è già provveduto sull’istanza e
quindi il privato non potrà impugnare l’atto, non è espressione di volontà.
b) Irricevibile  presentata oltre il termine eventualmente previsto per la sua proposizione.
c) Improcedibile  quando per fatti sopravvenuti il procedimento debba arrestarsi (es. in certi
procedimenti la mancata integrazione documentale). Dovere di leale collaborazione tra le parti che
ispira i rapporti tra cittadini e amm.
d) Palesemente infondata  istanza manifestamente inaccoglibile. Formula di chiusura.

Quanto alla seconda categoria di istanze (quelle di riesame di precedenti atti non impugnati):
indirizzo giurisprudenziale consolidato: istanza del privato mirante ad ottenere il riesame da parte della p.A.
di un atto autoritativo, non impugnato tempestivamente dal medesimo, non comporta, di regola, la
configurazione di un obbligo di riesame, in quanto tale obbligo inficerebbe, tra l’altro, le ragioni di certezza
della situazioni giuridiche e di efficienza gestionale che sono alla base dell’agire autoritativo della p.A. e
della inoppugnabilità dopo il termine di decadenza dei relativi atti.

Quanto alla terza categoria di istanze occorre che il comportamento omissivo dell’Amministrazione sia
stigmatizzato da un soggetto qualificato, in quanto, per l’apppunto, titolare di una situazione di specifico e
rilevante interesse che lo differenzia da quello generalizzato di per sé non immediatamente tutelabile 
l’eventuale inerzia serbata dall’Amministrazione sull’istanza, assume comunque una connotazione negativa
e censurabile, dovendo l’Ente dar comunque seguito (anche esplicitando l’erronea valutazione dei
presupposti da parte dell’interessato) all’istanza.
 indipendentemente dall’esistenza di specifiche norme che impongano ai pubblici uffici di pronunciarsi ci
sono esigenze di giustizia sostanziale che impongono all’Amministrazione di attivarsi adottando un
provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione, in rapporto al quale
il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad una esplicita pronuncia.

SILENZIO INADEMPIMENTO  DUE TIPI DI RIMEDI: RIMEDI AMMINISTRATIVI E RIMEDI GIURISDIZIONALI


RIMEDI AMMINISTRATIVI:
1. ATTIVAZIONE DEL POTERE SOSTITUTIVO  individuazione dell’organo titolare del potere
sostitutivo della p.A.  omissione  figura apicale individuata ex lege  conclusione del
procedimento, d’ufficio o su richiesta dell’interessato, entro un termine dimezzato rispetto a quello
originariamente previsto (attenzione all’onere di diligenza richiesto dal giudice all’interessato).
Legislatore per garanzia di una celere risoluzione ha creato il diritto al risarcimento del danno da
semplice ritardo. Il giudice amministrativo in questi casi di diritto al risarcimento per il ritardo
chiede al privato che provi di essere stato diligente, che non ha provocato il privato il ritardo, e
quindi di avere attivato il rimedio sostitutivo tempestivamente.
Il dovere di diligenza il capo al privato diventa sempre più corposo e significativo.
2. RESPONSABILITÀ  mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di
valutazione della performance individuale, di responsabilità disciplinare e amministrativo e
contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.

Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso contro il silenzio inadempimento sono trasmesse in
via telematica alla Corte dei conti.

RIMEDI GIURISDIZIONALI:
3. IMPUGNAZIONE DEL SILENZIO INADEMPIMENTO  sentenza di accertamento dell’obbligo di
provvedere e condanna a provvedere.
Art. 31 CPA:
1 co.: chi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere.
2 co.: l’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un
anno dalla scadenza del termine di conclusione del provvedimento. È fatta salva la possibilità di
riproponibilità dell’istanza dii avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.
3 co.: il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si
tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della
discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti
dall’amministrazione (pronuncia sulla cd. spettanza del bene della vita, sulla pretesa).

06/12/2023
Art. 117 CPA
2 co: il ricorso è deciso con sent. in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice
ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a 30 giorni.
3 co: il giudice nomina, ove occorre, un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o
successivamente su istanza della parte interessata.
4 co: il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi
comprese quelle inerenti agli atti del commissario.
5 co: se nel corso del giudizio sopravvive il provvedimento espresso, o un atto connesso con l’oggetto della
controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il
nuovo provvedimento, e l’intero giudizio prosegue con tale rito.

RISARCIMENTO DA DANNO DI MERO RITARDO


Art. 2 bis 1 co. L.241/1990: Le p.A. e i soggetti di cui all’art. 1, 1 co ter, sono tenuti al risarcimento del danno
ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del
procedimento.

Art. 30 4 co. c.p.a.: DOMANDA DI RISARCIMENTO DEL DANNO DA RITARDO


“per il risarcimento dell’eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza
dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di decadenza di
120 giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato non decorre fintanto che perdura
l’inadempimento. Il termine inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per
provvedere.

DANNO DA RITARDO  dopo l’entrata in vigore dell’art. 2 bis nel 2009 si formano due orientamenti
giurisprudenziali diversi:

1. Mancato rispetto da parte della p.A. del termine di conclusione del procedimento, in tutti i casi in
cui non sia previsto un silenzio significativo  danno per il mero ritardo  prescinde dall’esito
positivo o negativo del provvedimento. (Questa interpretazione corrisponde al contenuto letterale
della previsione del 1 co. dell’art. 2 bis).
2. Il danno sussiste nelle sole ipotesi di fondatezza dell’istanza  è necessario un accertamento
pregiudiziale della spettanza del bene della vita oggetto dell’aspettativa del privato che abbia esito
positivo. (Ci si discosta dall’art 2 bis perché questo diritto deve fare i conti con l’organizzazione della
p.A., con la considerazione di una situazione che sta prima dell’instaurarsi stesso della pretesa; il
giudice sa che ha a che fare con una amministrazione che ha problemi organizzativi enormi e che
non dispone delle risorse adeguate.)

PRIMA TESI: DANNO DA MERO RITARDO  prescinde dall’esito positivo o negativo del procedimento
amministrativo  TESI MINORITARIA (oggi superata anche dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato 7/2021).
 Tempo bene della vita distinto dal bene finale al cui conseguimento era rivolta l’istanza  diritto
al rispetto dei termini procedurali  lesione dell’interesse procedimentale ad una tempestiva
conclusione dell’iter  definizione del rapporto amministrativo in tempi certi, indipendentemente
dal suo esito  COSTO DEL FATTORE TEMPO  AUMENTO DEL RISCHIO DA CONTRATTO P.A.-
PRIVATO  responsabilità contrattuale  responsabilità da contratto sociale  pregiudizio
risarcibile  mero interesse cd. negativo (es. immobilizzazione dei capitali, perdita di altre
occasioni favorevoli).
 Fondamento della risarcibilità  affidamento del privato alla certezza dei tempi dell’azione
amministrativa  fattore tempo come valore ordinamentale fondamentale.

SECONDA TESI: RESPONSABILITÀ DELLA P.A. DA FATTO ILLECITO AQUILIANO EX ART. 2043 C.C. e non da
inadempimento contrattuale.

 Paradigma cui è improntato il sistema della responsabilità dell’amministrazione per l’illegittimo


esercizio dell’attività amministrativa o per il mancato esercizio di quella doverosa, devoluto alla
giurisdizione amministrativa, è quello della responsabilità da fatto illecito.
 Anche in un’organizzazione dei pubblici poteri improntata al buon andamento, in cui si afferma il
modello dell’amministrazione di prestazione, quest’ultima mantiene rispetto al privato la posizione
di supremazia necessaria a perseguire i fini determinati dalla legge, con atti di carattere autoritativo
in grado di incidere unilateralmente sulla sfera giuridica del privato.
 Nel rapporto amministrativo contraddistinto dalla ora descritta asimmetria delle posizioni si
manifesta ad un tempo l’essenza dell’ordinamento giuridico di diritto amministrativo e allo stesso
tempo si creano le condizioni perché la p.A. non possa essere assimilata al debitore obbligato per
contratto ad adempiere in modo esatto nei confronti del privato.
 Nel descritto quadro l’esercizio della funzione pubblica, manifestandosi tanto con l’emanazione di
atti illegittimi quanto con un’inerzia colpevole, può quindi essere fonte di responsabilità sulla
base del principio generale del neminem leadere:
 Con la normativa sopra richiamata il legislatore ha progressivamente esteso ai casi di legittimo
esercizio del potere pubblico la tutela risarcitoria disciplinata dall’art. 2043 c.c., in cui è affermato
un principio generale dell’ordinamento, secondo cui qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona
ad altri danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
 Declinata nel settore relativo al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, il requisito
dell’ingiustizia del danno implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio
illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo
avrebbe avuto titolo per mantenere o ottenere, secondo la dicotomia interessi legittimi oppositivi
o pretensivi. Infatti, diversamente da quanto avviene nel settore della responsabilità contrattuale, il
cui aspetto programmatico è costituito dal rapporto giuridico regolato bilateralmente dalle parti
mediante l’incontro delle loro volontà concretizzato con la stipula del contratto-fatto storico, il
rapporto amministrativo si caratterizza per l’esercizio unilaterale del potere nell’interesse
pubblico, idoneo, se difforme dal paradigma legale e in presenza degli altri elementi costitutivi
dell’illecito, a ingenerare la responsabilità aquiliana dell’amministrazione.
 L’ingiustizia del danno così declinata non è tuttavia il solo presupposto della responsabilità
aquiliana
 Quest’ultima disposizione va letta in via combinata con l’art. 2 della medesima legge, che
disciplina in termini generali la conclusione del procedimento.
 La disposizione ora richiamata, oltre ad enunciare il dovere di concludere il procedimento con
provvedimento espresso, la cui violazione sostanzia nei rapporti intersoggettivi l’antigiuridicità della
condotta dell’amministrazione; a modulare variamente i termini, le relative decorrenze e le ipotesi
di sospensione; e a regolare le conseguenze per alcune categorie di atti, prevede uno strumento di
cooperazione con il privato istante, finalizzato a superare l’inerzia dell’amministrazione,
incentrato sul potere di avocazione dell’affare.
 L’istituto ha un ruolo centrale nella fattispecie di responsabilità dell’amministrazione per danno
da ritardo. La sua attivazione da parte del privato è infatti indice di serietà ed effettività
dell’interesse legittimo di quest’ultimo al provvedimento espresso.
 All’opposto, in assenza di ulteriori iniziative del richiedente, potrebbero presumersi, salve diverse
considerazioni che spieghino tale inerzia, che l’ulteriore decorso del tempo sia sostanzialmente
indifferente per il privato, nell’ambito delle proprie autonome determinazioni.
 In tale prospettiva, il mancato utilizzo dello strumento può concorrere a costituire
comportamento valutabile al fine di escludere il risarcimento di danni che si sarebbero potuti
evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela
privata.
 Ciò secondo i principi affermati da questa Adunanza plenaria, propri di un ordinamento giuridico
che, nell’assoggettare la funzione amministrativa al diritto, e dunque assicurare il primato della
legge, riconosce al privato un novero di mezzi a tutela dei propri interessi più ampio di quelli
utilizzabili nei rapporti di diritto civile, ed in cui l’azione risarcitoria è solo uno dei rimedi a
disposizione.

RISARCIBILITÀ SOLO IN CASO DI FONDATEZZA DELL’ISTANZA  Pregiudiziale la spettanza del bene della
vita  certezza della spettanza  il pregiudizio risarcito è quello derivante dal ritardo nel conseguimento
del bene della vita cui l’interesse legittimo pretensivo si correla  va provata la lesione che incide sul bene
della vita sostanziale  onere della prova gravante sul danneggiato  rimproverabilità del danno a titolo di
dolo o colpa della p.A.

 Per la qualificazione delle conseguenze risarcibili  art. 2056 c.c. si applicano i criteri limitativi
della consequenzialità immediata e diretta e dell’evitabilità con l’ordinaria diligenza del danneggiato
 onere di diligenze nell’attivare i rimedi contro il silenzio inadempimento  non sono risarcibili i
danni evitabili da una diligente utilizzazione di strumenti di tutela procedimentali o processuali a
disposizione del danneggiato, utili a salvaguardare il bene della vita correlatoal suo interesse
legittimo, che avrebbero evitato o mitigato il danno  non deve essere risarcito il danno che il
creditore non avrebbe subito se avesse serbato il comportamento collaborativo cui è tenuto
secondo correttezza.
 Questi principi trovano applicazione anche nel caso di responsabilità della p.A. per lesione di
interessi legittimi da illegittimo esercizio del potere amministrativo.

ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA RESPONSABILITÀ DA FATTO ILLECITO AQUILIANO: sia presupposti di


carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia
presupposti di carattere soggettivo (dolo e colpa del danneggiante).

In effetti, l’esercizio illegittimo o in violazione dei termini della funzione amministrativa non integra di per sé
la colpa dell’Amministrazione, dovendo anche accertarsi se l’adozione o la mancata o ritardata adozione del
provvedimento amministrativo lesivo sia conseguenza della grave violazione delle regole di imparzialità,
correttezza e buona fede, alle quali deve essere costantemente ispirato l’esercizio dell’attività
amministrativa, e si sia verificata in un contesto di fatto ed in un quadro di riferimento normativo tale da
palesare la negligenza e l’imperizia degli uffici o degli organi dell’Amministrazione ovvero se per converso
la predetta violazione sia ascrivibile all’ipotesi dell’errore scusabile, per la ricorrenza di contrasti
giurisprudenziali, per l’incertezza del quadro normativo o per la complessità della situazione di fatto.

È altresì orientamento consolidato quello per cui la colpevolezza dell’Amm. può essere riconosciuta solo
nelle ipotesi di violazioni commesse in un contesto di circostanze di fatto ed in un quadro di riferimento
normativo, giuridico e fattuale tale da palesarne la negligenza e l’imperizia, cioè di avere agito
intenzionalmente o in spregio alle regole di correttezza, imparzialità e buona fede nell’assunzione del
provvedimento viziato, mentre deve essere negata la responsabilità quando l’indagine conduce al
riconoscimento di un errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per la incertezza del quadro
normativo di riferimento, per la complessità della situazione di fatto.

PROCEDIMENTO NORMATIVO: ISTRUTTORIA

È il cuore del provvedimento, luogo della acquisizione, valutazione e comparazione degli interessi
rilevanti  ruolo del RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO.

FORME DELL’ACQUISIZIONE, VALUTAZIONE E COMPARAZIONE:

 Accertamento d’ufficio
 Partecipazione  comunicazione d’avvio
 Intervento volontario
 Atti endoprocedimentali
o Pareri
o Valutazioni tecniche
 Conferenza di servizi in sede istruttoria

ISTRUTTORIA  ATTI ENDOPROCEDIMENTALI (pareri e valutazioni tecniche spesso dal legislatori sono
chiamati entrambi pareri in senso lato, complicando ancora di più l’argomento, e rendendo necessaria
una ulteriore interpretazione, essendo le discipline dei due atti molto differenti).

 PARERI  rilasciati dagli organi consultivi (non necessariamente ma ordinariamente aventi natura
collegiale)  apparati amministrativi stabilmente integrati all’interno dell’organizzazione pubblica.
Tipologia:
o Obbligatori (amministrazione è obbligata a richiedere il parere, ma può discostarsene con
debita motivazione.)
o Facoltativi (pareri che possono essere chiesti, ma nel momento in cui li chiede vengono
trattati come pareri obbligatori, si deve dimostrare di averne tenuto conto nella decisione,
se me ne discosto devo dare motivazione.)
o Vincolanti  ATTI SOSTANZIALMENTE DECISORI  codecisioni con efficacia
procedimentale. (contenuto della decisione individuato dall’organo consultivo e l’attività
della amministrazione deve conformarsi a ciò). Ad oggi si fa spesso venire meno la
vincolatezza del parere eliminando la differenza tra parere conforme e vincolante.

Non c’è più differenza tra parere vincolante e parere conforme

Parere e motivazione dell’atto finale  attenzione 

Art. 16 L.241  rilascio dei pareri  inerzia dell’organo consultivo  prescindibilità:


Eccezioni alla semplificazione  clausola di protezione degli interessi sensibili.

Criterio di distinzione tra pareri e valutazioni tecniche (essendo entrambi intesi dal legislatore come
pareri in senso lato):

 Le valutazioni tecniche stanno all’inizio del procedimento, perché servono per individuare i fatti,
mentre i pareri il legislatore li colloca alla fine dell’istruttoria perché si chiede consiglio ad una certa
autorità sul modo in cui fare la scelta, quindi siamo di fronte ad atti con cui si chiede all’organo
consultivo di valutare interessi;
 Parere prevede l’utilizzo di discrezionalità amministrativa
11/12/2023
Art. 16/17 L.241 rilascio e pronuncia di questi atti all’interno del procedimento:
Art. 16: stabilisce il principio della prescindibilità del parere, se il parere non è rilasciato entro un certo
termine (di 20 giorni ad oggi) dalla richiesta, il legislatore senza più distinguere tra pareri obbligatori e
facoltativi, si prescinde dal parere e si va alla decisione, si provvede.

Perché non si vuole più distinguere tra parere obbligatorio e parere facoltativo?
Perché prima si pone il parere come obbligatorio, per poi in caso di non rispetto del termine il parere non si
considera più necessario per la decisione?
I pareri sono valutazioni che attengono agli assetti degli interessi finali, ma questo è il compito comunque
dell’autorità decidente, quindi è vero che l’autorità decidente potrebbe essere meglio consigliata, ma ciò
non è indispensabile perché c’è un organo che ha come proprio compito quello di comparare gli interessi.
Parere come supporto della decisione finale.

Questo non succede per le valutazioni tecniche (art. 17)


Principio per le valutazioni tecniche è della non prescindibilità, perché si ha bisogno dell’organo tecnico che
accerti i fatti in ordine ai quali l’autorità deve decidere.

In entrambi i casi L.241: pone all’art 16 e 17 l’eccezione alla semplificazione si esclude la misura di
semplificazione nel caso in cui ci siano pareri che debbono essere rilasciati da amm. preposte alla tutela di
interessi sensibili.
Eccezione presente in tutto il capo IV della L.241 sulla semplificazione. (es. eccezione presente anche nella
SCIA, silenzio-assenso ecc.)

Legislatore che deve tutelare l’interesse pubblico quando c’è un rischio elevato per gli interessi della
collettività. In questi casi non si può correre, semplificare.
In realtà questo meccanismo è stato messo in crisi profondamente dalla disciplina della conferenza di
servizi.

CONFERENZA DI SERVIZI: un accenno


Conferenza di servizi è un modulo organizzativo-procedimentale introdotto dalla L.241 per assicurare la
contestualità della decisione.
Attività che richiede una pluralità di atti di consenso, si richiede che le amm. si pronuncino sulla
compatibilità della pretesa con le varie amm.

Ad oggi è quasi la normalità che per la realizzazione di una determinata attività si necessaria una pluralità di
provvedimenti, e conseguentemente si fa ricorso alla conferenza di servizi. A quel punto l’eccezione
dell’interesse sensibile recede.
Quello che rimane per il singolo procedimento viene messo pesantemente in discussione quando siano
coinvolte più amm.
ISTRUTTORIA  PARTECIPAZIONE
 FUNZIONE  RAPPRESENTAZIONE DEGLI INTERESSI  PARTECIPAZIONE DOCUMENTALE (in
quanto pertinenti l’amm. deve prendere in considerazione i documenti sottoposti alla sua
attenzione dal privato, lo possiamo verificare all’interno della motivazione, così come in sede di
preavviso di rigetto, ovvero la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, prima
di respingere l’istanza l’amm. deve comunicare che non ci sono le ragioni per accogliere la
domanda, anticipando le risultanze dell’istruttoria su cui poggia la decisione di non accogliere.) E
ACCESSO PROCEDIMENTALE (art. 10)
a) Tutela anticipata delle situazioni giuridiche soggettive  funzione difensiva (interessi legittimi
oppositivi);
b) Collaborazione in funzione della completezza dell’istruttoria  funzione collaborativa (interessi
legittimi pretensivi);
c) Esclusioni  art. 13  procedimenti di emanazione di atti normativi, amministrativi, generali, di
pianificazione, programmazione e tributari, procedimenti in cui non c’è una lesione di un interesse
del privato da parte dell’amm., o comunque non c’è una modificazione della sfera giuridica del
privato  vd. Partecipazione delle discipline di settore

 COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO (artt. 7/8)


 Chi sono i destinatari della comunicazione di avvio?  destinatari del provvedimento e
controinteressati (soggetti che potrebbero ricevere pregiudizio dal provvedimento) individuati o
facilmente individuabili (valutazione prognostica della lesione da provvedimento), (interventori
necessari), l’amm. necessariamente deve mettere nelle condizioni di decidere se partecipare o
meno, NON si ha l’obbligo di partecipare;
 Contenuto  art. 8  amm. competente, oggetto del procedimento, responsabile del
procedimento, data entro cui si deve concludere il procedimento ecc. tutte le informazioni che
mettano il privato nelle condizioni di intervenire pienamente nel procedimento sapendo tutto ciò
che è necessario per partecipare pienamente.
 Eccezioni  provvedimento d’urgenza, cautelari o procedimento che devono essere tenuti riservati

Atto con cui si comunica al privato l’avvio del procedimento, ma non è l’atto con cui si da avvio al
procedimento (importante distinzione per i termini)

INTERVENTORI EVENTUALI  art. 9 (norma di chiusura sulla partecipazione)  qualunque soggetto,


portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o
comitati cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento.

a) Soggetti portatori di interessi pubblici  amm. portatrici di interessi pubblici che possono ricevere
pregiudizio dal provvedimento
b) Soggetti portatori di interessi privati  soggetti che secondo un giudizio prognostico possono
subire un pregiudizio non individuati o facilmente individuabili.
c) Soggetti portatori di interessi diffusi, ma costituti in associazioni o comitati 
DISTINZIONE TRA INTERESSI DIFFUSI E COLLETTIVI:
a. INTERESSI DIFFUSI  bisogni oggettivamente riscontrabili come bisogni comuni e riferibili
ad una cerchia di soggetti ampia e difficilmente individuabile, che condividono l’aspirazione
al godimento del medesimo bene  attengono a beni non frazionabili, non suscettibili di
fruizione differenziata e hanno carattere adespota  privi di un autonomo centro di
riferimento
Interesse diffuso in quanto tale può trovare una tutela solo se si compie il passaggio da
interesse diffuso ad interesse collettivo, solo se faccia capo ad un gruppo organizzato e non
frazionato, non occasionale.
Gruppi organizzati devono avere determinate caratteristiche, è diversa l’ampiezza della
legittimazione a partecipare al procedimento rispetto alla legittimazione a ricorrere.
Soggetto dotato di una organizzazione stabile che preesiste alla partecipazione.
Intestazione dell’interesse occasionata alla volontà di partecipare a quel procedimento.
Il ricorso giurisdizionale è proponibile anche da Associazioni prive di riconoscimento,
purché le associazioni perseguano statutariamente e non in maniera occasionale obiettivi di
tutela ambientale, abbiano un elevato grado di stabilità e di rappresentatività ed abbiano
un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene che si assume leso.
Non basta il mero scopo associativo a rendere differenziato un interesse diffuso o adespota,
facente capo alla popolazione nel suo complesso, quale interesse alla salvaguarda
dell’ambiente, specie quando tale scopo si risolva senza mediazione alcune di altre finalità,
nell’utilizzazione di tutti i mezzi leciti per non consentire nella realizzazione di una
determinata attività.
Forme associative temporanee, volte alla protezione degli interessi dei soggetti che ne sono
parte, non hanno legittimazione a ricorrere avverso atti di localizzazione di impianti ritenuti
pregiudizievoli essendo prive del carattere di ente esponenziale in via stabile e continuativa
di interessi diffusi radicati nel territorio.

PROCEDIMENTI AD ISTANZA DI PARTE  SEQUENZA PROCEDIMENTALE


 Iniziativa
 Istruttoria
 Preavviso di rigetto (fase eventuale, prevista solo nel caso in cui l’amm. non abbia intenzione di
accettare l’istanza): fase pre-decisionale
 Fase costitutiva
 Fase decisoria (integrativa di efficacia)

Espressione del principio di partecipazione è il preavviso di rigetto:


Strumento tipico volto ad assicurare la partecipazione del privato, tipico dei procedimenti ad istanza di
parte.

Art. 10-bis PREAVVISO DI RIGETTO o COMUNICAZIONE DEI MOTIVI OSTATIVI ALL’ACCOGLIMENTO


DELL’ISTANZA:
I. Nel procedimento ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente,
prima della formale adozione di un provvedimento negativo comunica tempestivamente agli
istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. (ratio è il convincimento del privato
della bontà della scelta della amm., effetto deflattivo del contenzioso, induco il privato a non fare
ricorso perché viene convinto che ci siano delle ragioni fondate per il non accoglimento della
domanda, preavviso di rigetto permette all’amm. di completare la conoscenza della situazione in
ordine alla quale deve provvedere).
II. Entro il termine di 10 giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di
presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti.
III. Comunicazione di cui al primo periodo sospende i termini di conclusione dei procedimenti, che
ricominciano a decorrere 10 giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle
stesse, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo.
IV. Qualora gli istanti abbiano presentato delle osservazioni, del loro eventuale mancato
accoglimento il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenuti a dare ragione
nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicandogli, se ve ne sono, i soli motivi
ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni.

NO CAP. CONTRATTI E NO CAP. SERVIZI PUBBLICI

12/12/2023
Qualora gli istanti abbiano presentato delle osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il
responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del
provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ulteriori che sono conseguenza
delle osservazioni.
Si deve avere completato l’istruttoria, a fronte anche delle nuove osservazioni si deve motivare unicamente
sui motivi ulteriori che non permettono l’accoglimento dell’istanza.

Preavviso di rigetto acquisisce una natura di strumento volto ad assicurare una tutela giurisdizionale piena,
efficace ed effettiva in conseguenza della comunicazione dei motivi ostativi. Non è più uno strumento di
mera partecipazione.

Contenuto quasi-decisorio  stretto collegamento tra contenuto del diniego e comunicazione ex art. 10-
bis.

 divieto di fondare il rigetto su ragioni diverse da quelle comunicate o ricavabili dalle memorie presentate
dal privato  riscontro nella motivazione finale, indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori,
conseguenza delle osservazioni  leale collaborazione  la p.A. deve indicare tutti i motivi che ostano al
rilascio di un provvedimento favorevole

 CONTRADDITORIO sul progetto di decisione finale  principio del clare loqui, dovere di informazione e
di buona fede nell’esercizio del potere  esplicazione del dovere di soccorso  non sono più ammessi
comportamenti dilatori da parte della p.A.

ATTENZIONE  COSA SUCCEDE SE IL PROCEDIMENTO DI DINIEGO VIENE ANNULLATO IN SEDE


GIURISDIZIONALE?

L’amm. deve dare conto solo delle ragioni per cui non accogli le osservazioni, tutto il resto deve essere
riversato nel preavviso di rigetto

ART. 10-BIS: “in caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato nell’esercitare
nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già
emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato”

Leale collaborazione, economicità dell’azione amministrativa  dovere della p.A. di esternare nel
provvedimento tutti i fatti costitutivi del potere esercitato
Effetti preclusivi della sent. di annullamento sul riesercizio del potere  estensione del giudicato al
deducibile  divieto di qualsiasi nuovo diniego che, ove disposto, dovrebbe ritenersi nulla in quanto in
violazione del giudicato (art. 21 septies)  garanzia di un giusto processo, intenso come garanzia di una
tutela giursidizionale piena ed effettiva entro un tempo ragionevole  contemperamento tra inesauribilità
del potere amministrativo e diritto del cittadino ad una rapida ed effettiva definizione dell’affare una volta
ottenuto un giudicato di accoglimento

Principio del cd. one-shot assoluto  il diniego in sede di ri-esercizio del potere può avere ad oggetto solo
eventuali sopravvenienze  favor verso la tutela degli interessi pretensivi correlata all’adozione di
provvedimenti favorevoli alla stabilità delle posizioni acquisite dai privati

Attenzione all’art 21 octies c.2. ultimo periodo: disposizione che ha cambiato molto nella configurazione
del rapporto tra privato ed amministrazione, in cui è stato inserito un richiamo all’art. 10-bis che ci dice che:
si nega la qualifica di vizio formale dell’omissione del preavviso di rigetto.

ART. 21 OCTIES c.1  è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o


viziato da eccesso di potere da incompetenza  ANNULLABILITÀ  REGOLA GENERALE IN CASO DI VIZI DA
LEGITTIMITÀ DEL PROVVEDIMENTO  principio di legalità

ART. 21 OCTIES c.2  portata sostanziale della partecipazione  riduzione dei casi di annullamento per
violazione di norme procedimentali (individuazione di due fattispecie in cui la violazione di norme non
porta l’annullabilità del provvedimento; tanto che provvedimenti che violino determinate norme sono
classificati come vizi formali (fenomeno della dequotazione dei vizi formali, ovvero abbassamento della
forza del vizio, che non riesce più a portare l’annullabilità de provvedimento affetto da questo vizio). Ciò
avviene con riguardo a due fattispecie diverse: i provvedimenti vincolati e i provvedimenti discrezionali.)

 Nesso tra intervento nel procedimento ex art. 7 e possibilità di incidere sui contenuti del provvedimento
 effettiva utilità della partecipazione valutata in relazione all’arricchimento conoscitivo che il privato
può apportare al merito e alla legittimità dell’azione amministrativa  regola processualistica del
raggiungimento dello scopo  strumentalità delle forme al raggiungimento del risultato  efficienza ed
economicità della azione amministrativa  irrilevanza quando lo scopo della norma sia stato raggiunto.

Vd. Rinnovazione del potere una volta che il provvedimento sia stato annullato.

Viene dequotato il principio di legalità, la necessità che l’amm rispetti le norme che disciplinano l’azione
della p.A., che ne attribuiscono il potere. Queste norme perdono di rilevanza, perché al rispetto del
principio di legalità si sostituisce il principio di raggiungimento dello scopo. (il vizio rileva in tanto in quanto
il rispetto della norma avrebbe cambiato l’esito dell’azione amministrativa.).

PORTATA SOSTANZIALE DELLA PARTECIPAZIONE  ART. 21 OCTIES c.2  RIDUZIONE DEI CASI DI
ANNULLAMENTO PER VIOLAZIONE DI NORME PROCEDIMENTALI

Art. 21 octies c.2: “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o
sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese (al giudice) che il suo
contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato

Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione d’avvio del
procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato

La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’art. 10-
bis (ovvero il preavviso di rigetto)”.
Due fattispecie diverse:

Rosso = provvedimento vincolato, ha una sua ratio, essendo il provvedimento appunto vincolato,

Verde = riguarda la mancata comunicazione d’avvio, e riguarda sia i provvedimenti vincolati così come i
provvedimenti discrezionali, ad oggi il legislatore ha stabilito espressamente che questa disposizione non
si applica nel caso di preavviso di rigetto (che è un punto di snodo necessario).

L’amm. deve dimostrare in giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello
concretamente adottato. Il giudice dice che ciò che viene chiesto all’amm. è una probatio diabolica, e quindi
l’onere della prova si rovescia sul privato che deve dimostrare che con la partecipazione nel procedimento
avrebbe portato una serie di conoscenze che avrebbero portato ad un esito diverso il provvedimento.

C’è una spinta molto forte al riconoscimento del principio di raggiungimento dello scopo.

Legislatore dice che il rispetto della legge conta fino a un certo punto, a fronte del principio di economicità
dell’azione amministrativa.

Bilanciamento tra le norme che garantiscono l’osservanza del principio di legalità e il buon andamento
inteso come efficienza dell’azione dell’amm. una previsione di questo genere è stata oggetto di
interpretazione estensiva da parte del giudice.

ILLEGITTIMITÀ – ANNULLABILITÀ  due approfondimenti  sulle origini/ragion d’essere della dequotazione


dei vizi formali a partire dal sindacato sull’eccesso di potere

Eccesso di potere  incisività del sindacato  fondamento dell’attuale dibattito sull’invalidità del
procedimento, con il passaggio dal sindacato sul mancato rispetto del paradigma normativo a quello sulla
deviazione dal perseguimento del fine pubblico, attraverso la prospettazione di limiti intrinseci all’esercizio
del potere  sindacato sull’uso razionale dello spazio di scelta rimesso alla p.A. secondo logicità, congruità
e ragionevolezza.

Il sindacato sull’accettabilità della scelta alla luce di questi criteri (con il solo limiti del merito dell’azione
della p.A.) apre al sindacato sul prodotto della decisione finale  si rafforza il principio di conservazione
degli atti amministrativi  sindacato sul raggiungimento del risultato (art. 21 octies c.2)  dequotazione
dei vizi formali.

Ciò indebolisce la posizione del privato nei confronti dell’amm.

FASE COSTITUTIVA O DECISORIA  elaborazione e adozione del provvedimento sulla base dell’istruttoria
effettuata  manifestazione unilaterale di volontà:

 Decisione autonoma della p.A.: chiude il procedimento con:


o Provvedimento espresso
o Silenzio significativo
 Decisione non autonoma o pluri-strutturata (coinvolge più amministrazioni): manifestazione di
volontà unitaria da parte di una pluralità di amministrazioni:
o Intese o concerti (o anche art. 17-bis silenzio assenso tra amministrazioni)
o Conferenza di servizi decisoria
 Accordi sostitutivi del provvedimento (art. 11)
 Assenza della decisione  decorso termine di conclusione del procedimento  inerzia della p.A.
 silenzio non significativo  silenzio inadempimento al dovere di provvedere (art. 2)

FASE COSTITUTIVA  decorso del termine di conclusione  SILENZIO SIGNIFICATIVO  silenzio con
significato di provvedimento

a) Silenzio assenso (art. 20 L.241)


b) Silenzio diniego (casi tassativamente previsti)

SILENZIO ASSENSO  decorso del termine per la conclusione del silenzio della p.A. costituisce gli effetti
del provvedimento favorevole.

 provvedimento ad istanza di parte (art. 20)  norma di carattere generale  eccezioni  clausola
di protezione degli interessi sensibili c.4 (ovvero eccezione alla semplificazione)  problema di
individuazione delle materie

SILENZIO ASSENSO (art. 20)  dovere di procedere  esonero dal dovere di provvedere (e in caso di
preavviso di rigetto?).

13/12/2023
SPINTA forte del legislatore di stabilizzare le situazioni giuridiche e dall’altro una giurisprudenza degli
interessi tutela attraverso il potere che si chiude in modo silenzioso e su cui incide il provvedimento tacito,
da una lettura spesso diversa della fattispecie, anche con forti contrasti giurisprudenziali e con
interpretazioni che riguardano l’esistenza e la validità del silenzio assenso che variano molto a seconda degli
interessi che si toccano.

Art. 20 L.241/1990 1 co: Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il
rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a
provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima
amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il
provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. Tali termini decorrono dalla data di
ricevimento della domanda del privato.

Art. 20 c.2: L'amministrazione competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza di
cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche
soggettive dei controinteressati.

4 co: Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio
culturale e paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica
sicurezza e l'immigrazione, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità.

Questa è impostazione generale: sempre visto con diffidenza dal sistema economico perché manca la
certezza del provvedimento scritto.
Oltretutto, siccome il provvedimento che si forma per silenzio è trattato come provvedimento scritto a tutti
gli effetti può essere annullato tanto dall’amm. competente quanto dal giudice amministrativo.
Accanto a questa previsione si affiancano una serie di previsioni specifiche di provvedimenti che si
intendono rilasciati per silenzio assenso.
Il silenzio assenso non è esonero al dovere di procedere e provvedere che sta in capo all’amm.
In questa sua configurazione il silenzio assenso è quello che viene definito un rimedio alla patologia del
sistema dell’amm.
L’amm può decidere di non provvedere nel momento in cui accerta la presenza di requisiti e presupposti
sussistono, e quindi lasciare decorrere il termine sapendo che gli effetti favorevoli si producono egualmente,
fermo restando che il silenzio assenso è differente rispetto al provvedimento espresso: non c’è la
motivazione, e quindi si riduce la tutela per il terzo interessato.
Si è di fronte ad un rimedio per una patologia del sistema amm.

Art. 20 c.3: Nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda,
l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-
quinquies e 21-nonies.
Termine breve di 12 mesi per l’amm che si accorga che gli effetti prodotti dal silenzio assenso siano contrari
agli interessi pubblici tutelati dall’amm. stessa. E quindi l’amm. può annullare o modificare gli effetti prodotti
dal silenzio assenso.

Giurisprudenza e dottrina hanno elaborato una distinzione che non compare mai nelle norme:
 Formazione/esistenza del silenzio assenso  presupposti necessari per la formazione del s.a. 
domanda completa di tutta la documentazione richiesta dalle norme + decorso del termine 
produzione effetto di accoglimento dell’istanza.
 Illegittimità silenzio assenso  assenza dei requisiti previsti dalla norma per l’esercizio dell’attività
o per la realizzazione dell’intervento  annullabilità ex art. 21 nonies/ricorso al giudice
amministrativo.

Giurisprudenza formata già negli anni 80 che poi non è mai stata messa in discussione per molto tempo: il
legislatore non ha neanche sentito il bisogno di codificarla. Ha provveduto in ogni caso a sancire
l’annullabilità del silenzio assenso.

Prima si verifica se si sia formato il s.a., in seguito si verifica l’illegittimità o meno del s.a.

 Negli ultimi anni l’orientamento della giurisprudenza è mutato passando in talune fattispecie di
ampia applicazione ad una interpretazione restrittiva oltre che al formarsi di orientamenti
contrastanti.
 Il giudice va in ragione agli interessi tutelati dalla norma e decide sempre meno sulla base del
reticolo delle norme che il legislatore ha arricchito sempre di più per stabilizzare una situazione che
ha bisogno di stabilità. Giudice spinge per assicurare la tutela degli interessi coinvolti nell’esercizio
del s.a., mentre il legislatore spinge verso una volontà di assicurare stabilità alle situazioni giuridiche
che sorgono a causa del s.a.
 ES: s.a. in materia edilizia: rilascio del permesso di costruire  attività edilizia è attività che muove il
mercato, conseguentemente lo facilito. Dopo decenni di interpretazione pacifica di distinzione, il
g.a. comincia dare interpretazioni molto più restrittive alla formazione del s.a.
 Il giudice contrariamente a quello che diceva fino a poco tempo fa, la formazione del s.a.
presuppone logicamente la sussistenza di tutti i requisiti per la legittima esplicazione dell’’attività
edificatoria, rovesciando completamente la lettura precedente per una ragione logica, SLIDE 24 e 25

Modo in cui il g.a. si pone di fronte ai valori che sono posti alla base della norma attributiva del potere.

Interpretazione della norma alla luce della ratio alla base della norma. Nel corso del tempo si perdono
queste finalità, il permesso di costruire è strumento di controllo di un corretto sfruttamento del territorio e
quindi il giudice guarda a quel valore ignorando il sistema della semplificazione creato dal legislatore. Il
legislatore imposta tutto sulla rilevanza delle procedure perdendo di vista gli interessi tutelati, il giudice
ragiona con la chiave di lettura della cura dell’interesse pubblico, finendo per sostituirsi all’amm. in certi
casi.
È impossibile che si possa ottenere tramite s.a. ciò che non si può ottenere tramite un provvedimento
espresso.

La lettura diversa del legislatore arriva a riproporre l’esistenza e legittimità del s.a., si ampliano i casi di
illegittimità rispetto ai casi di inesistenza.

2022  orientamento opposto, trova fondamento nelle norme che risolve la questione senza prendere in
considerazione gli interessi pubblici tutelati, ma andando a legare tra di loro tutta una serie di norme legate
dal legislatore nel corso del tempo. legislatore si sofferma per una digressione (diversità di vedute all’intero
del CDS sull’interpretazione di questa fattispecie).

Ragioni giuridiche per tornare alla distinzione tra esistenza e legittimità del s.a.

CDS VI, 5746/2022 SLIDE 28-30

La legge dice che il s.a. è annullabile, conseguentemente è esistente e quindi si deve tornare alla distinzione
tra esistenza e legittimità del s.a.

Dire che tutti i requisiti richiesti per il rilascio del provvedimento attengono all’esistenza significa negare
l’annullabilità del provvedimento e che quello che io imprenditore vado a realizzare è un intervento abusivo
quindi non è mai coperto dal titolo di legittimazione tacito. Tutto questo a fronte di una norma che prevede
espressamente l’annullamento.

Art. 2 c.8 bis: prassi delle amm. che erano solite provvedere tardivamente dopo la formazione del s.a. per
negare il consenso. Di fronte a questi dinieghi tardivi, il giudice ne affermava l’illegittimità, ma non ne
affermava la consumazione del potere.

Provvedimento di diniego vale come annullamento d’ufficio.

Diniego tardivo produce effetti fino a che non viene annullato. Stabilità situazione soggettiva del privato:
legislatore interviene per cercare di sopperire a questo problema inefficacia del provvedimento tardivo.

Norma da cui noi ricaviamo una conferma della distinzione tra formazione e legittimità del s.a.

Art. 20 co.2-bis: tassello a favore di stabilità della situazione: amm. deve rilasciare in via telematica una
attestazione circa il decorso inutile dei termini del procedimento. Per ovviare le perduranti incertezze.

Lettura che disinnesca il sistema di semplificazione e garanzia per il privato che il legislatore ha costruito.

SLIDE 31

SLIDE 32

Nella giurisprudenza manca una lettura unitaria del s.a., gli orientamenti variano in maniera importante
in ragione della fattispecie su cui il giudice deve pronunciarsi e soprattutto in ragione degli interessi
coinvolti.

FASE COSTITUTIVA  DECISIONE PLURISTRUTTURATA  necessità del consenso di una pluralità di


amministrazioni.

 INTESE/CONCERTI  concorso di più amm. in un’unica manifestazione di volontà (es. decreti


interministeriali).
 INTESA  DEBOLE  dissenso di una delle parti superabile tramite apposita procedura che devolve
la decisione ad una sede superiore.

 FORTE  dissenso non superabile  necessità del consenso di entrambe le parti (estremamente
rara).

 SILENZIO ASSENSO TRA AMMINISTRAZIONI  art. 17-bis.


Art. 17-bis: quando è prevista l’acquisizione di assensi di una amm. per adozione di decreti
normativi o amm. di competenza di altra amm. si semplifica questa acquisizione.
 S.A. ORIZZONTALE  si realizza in una relazione orizzontale tra due amministrazioni, la prima delle
quali (a. procedente), all’interno di un unico procedimento, chiede ad un'altra il consenso su uno
schema di provvedimento da essa predisposto ed eventualmente modificabile d’accordo tra parti
 30 gg. Per la comunicazione del consenso (salvo eventuali motivi interruttivi)  inerzia della
p.A.  il consenso si intende come acquisito.

Art. 17-bis c.3: fa saltare l‘eccezione alla semplificazione pensando di scrivere una cosa diversa da quella
stata scritta (per ignoranza). Ovvero le disposizioni sul formarsi del s.a. orizzontale si applica anche ai casi
in cui sia necessario l’acquisizione di consensi di amm. preposte a tutela di interessi sensibili (che
contrasta e differisce dalla norma generale dell’art. 20, ma si pone in contrasto anche con l’eccezione alla
semplificazione).

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