autore, si delineata recentemente e rimane in parte indefinita. Anche la sua attivit di architetto poco documentata. Tre soli suoi edifici sono ac- certati come autentici 1 . Altri tre si conservano, del gruppo di sette che lo stesso Francesco di Giorgio si attribu nel secondo Trattato 2 . La trattatistica dellartista senese la principale fonte sulla sua opera di architetto e ingegnere, anche per il pio- nieristico uso che egli fece dei moltissimi disegni che commentano i testi. Tuttavia, i numerosissimi disegni di architettura dei Trattati sono solamen- te indiziari della poetica e dei metodi progettuali martiniani, perch essi vennero sottoposti a una semplificazione geometrica in funzione didattica. Anche i pochi disegni di architettura autografi di Francesco di Giorgio sono scarsamente significa- tivi, sotto laspetto progettuale 3 . I pi importanti sono tre piante di conventi, che sono raccolte nel codice Ashburnham 1828 Appendice della Biblio- teca Medicea Laurenziana di Firenze 4 . Due ff. 63v-64r; f. 159r sono state riferite a unarchitet- tura martiniana in Urbino (ill. 6) 5 . La terza ff. 66v-67r stata valutata in modi diversi (ill. 1). Gustina Scaglia lha identificata come un proget- to di Francesco di Giorgio per il convento dei ge- suati di San Girolamo in Siena 6 . Howard Burns lha identificata come un rilievo martiniano di un originario monastero di Santa Chiara in Urbino, costruito su un possibile progetto di Luciano Laurana e poi abbattuto e sostituito da Francesco di Giorgio con lodierno edificio 7 . Il disegno va certamente riferito a un edificio che era costruito, o doveva essere costruito, sul si- to dellodierno ex monastero di Santa Chiara in Urbino (ill. 2). Lassetto e lubicazione delle mura urbiche (ill. 8), della strada rettilinea in basso (ill. 3) e della chiesa di San Girolamo (ill. 4) si ap- prossimano fin quasi a coincidere con lassetto e lubicazione dei corrispondenti elementi urbani di Urbino alla fine del secolo XV 8 . Lipotesi del progetto per il convento senese va scartata. Ma laltra ipotesi non appare pienamente convin- cente, perch limpianto planimetrico del disegno molto affine a quello dellodierno ex monastero urbinate, tanto da legittimare il sospetto che la pianta sia un progetto per quelledificio, che at- tribuito a Francesco di Giorgio. I modi e i tempi che Burns ipotizza per la fabbrica martiniana del monastero di Santa Chiara in Urbino rafforzano il sospetto. Alla distruzione di un monastero re- centissimo e di magnifico impianto sarebbe se- guita la costruzione, sul medesimo sito, di un edi- ficio molto affine allipotetico monastero origina- rio. In modo diverso e pi economico, Federico di Montefeltro fece ampliare i suoi edifici inglo- bandovi tutti i corpi di fabbrica riutilizzabili. Lattribuzione I dati certi nella vicenda edilizia del monastero di Santa Chiara in Urbino sono due: Federico di Montefeltro fece costruire sul nostro sito un mo- nastero femminile osservante 9 ; Elisabetta di Montefeltro, figlia di Federico, spese la sua do- te nella fabbrica dellodierno ex monastero 10 . Si ritiene inoltre fondata unattribuzione ottocente- sca di questultimo edificio a Francesco di Gior- gio e Baccio Pontelli 11 . A questo punto si pone un dilemma. O Federico di Montefeltro fece co- struire un monastero prima dellarrivo in Urbino di Francesco di Giorgio e poi, dopo la morte del duca di Urbino, larchitetto senese lo demol e sostitu con lodierno edificio, su incarico di Eli- sabetta Feltria. Oppure Federico di Montefeltro fece iniziare su progetto di Francesco di Giorgio la costruzione dellodierno edificio, e poi Elisa- betta Feltria prosegu quella fabbrica. Se il nostro disegno risale al primo corno del dilemma esso va preferibilmente datato dopo il 1482 anno della morte di Federico di Montefeltro e pu essere, in alternativa, o un rilievo martiniano di un originario monastero fatto costruire dal duca di Urbino, o un progetto martiniano ordinato da Elisabetta Feltria per lodierno edificio. Se il no- stro disegno risale al secondo corno del dilemma esso va datato tra larrivo di Francesco di Giorgio in Urbino che avvenne al pi tardi nel 1477 e la morte di Federico di Montefeltro, ed esso un progetto martiniano ordinato dal duca di Urbino per lodierno edificio. Sul nostro sito (ill. 2) il beato gerolimino Pie- tro da Pisa fond nel 1420 un Conservatorio di Donne Nobili Vedove 12 . Due anni dopo lo stes- so eremita gerolimino fond, l vicino, il conven- to di San Girolamo 13 . Un nuovo documento del 1431 attesta una vendita al beato Pietro da Pisa di una casa con un orto, confinanti con il conserva- torio 14 . Un altro documento inedito del 1445 at- testa che Federico di Montefeltro pens in quel- lanno di costruire, sul sito del conservatorio, un Enrico Ferdinando Londei Progetti di Francesco di Giorgio per il monastero di Santa Chiara in Urbino
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 23 nuovo monastero da edificarsi subito. A questo scopo egli don un terreno ortivo adiacente al conservatorio e confinante (ill. 2): a ovest, con la via del cortile; a sud, con un terreno ortivo; a nord, con loratorio della fraternita di SantAnto- nio; e a est, con le mura urbiche medievali 15 . Nel 1456 il conservatorio venne istituito in monastero delle clarisse osservanti di Urbino, e lanno dopo Gentile Brancaleoni prima moglie di Federico di Montefeltro vi si ritir e vi mor, poco dopo, e verosimilmente l fu sepolta. Anche Battista Sfor- za seconda moglie di Federico di Montefeltro fu sepolta nel 1472 nel monastero di Santa Chia- ra 16 . Alcuni ritengono che a quella data gi esistes- se il nuovo monastero ordinato da Federico di Montefeltro. Ma lunica testimonianza attesta so- lo che quelledificio venne costruito, patrocinato e frequentato dal signore di Urbino 17 . invece insi- gnificante il rapido cenno che la beata Battista da Varano dette del suo soggiorno nel monastero ur- binate, negli anni 1481-83 18 . Un nuovo importan- te documento del 1481 conferma la testimonianza di Vespasiano da Bisticci. Esso attesta la costruzio- ne del monastero prima di quella data e accenna a una dislocazione della chiesa annessa al mona- stero che concordante con quella della chiesa odierna. Latto del 1481 registr una precedente vendita di alcune propriet del monastero, la cui somma ricavata era stata gi impiegata, converti- ta nella fabbrica del detto monastero 19 . Il docu- mento lascia il dubbio se il reimpiego della somma avvenne prima o dopo larrivo di Francesco di Giorgio in Urbino. Ma altri documenti inediti sciolgono il dubbio. Il primo attesta che Elisabet- ta Feltria entr nel monastero di Santa Chiara il 26 gennaio 1494 con alcuni anni di ritardo, ri- spetto a ci che si supposto finora e che dispo- se allora di spendere integralmente la sua dote per la fabbrica di quel monastero 20 . Gli altri docu- menti testimoniano le reiterate richieste indirizza- te negli anni 1495-96 da Elisabetta Feltria al duca di Ferrara Ercole dEste per ritirare quanto doveva avere da lui 21 . Poich si ritiene che lo- dierno ex monastero delle clarisse urbinati venne disegnato e diretto da Francesco di Giorgio e Baccio Pontelli, ci accadde prima degli anni 1494-96, perch a quella data: Baccio Pontelli era probabilmente gi morto 22 , e nei rapporti tra la corte di Urbino e Francesco di Giorgio che ri- siedeva nuovamente in Siena da alcuni anni si era gi registrata una grave crisi 23 . Ci dimostra che lodierno edificio venne progettato e iniziato a costruire da Francesco di Giorgio con il proba- bile aiuto di Baccio Pontelli su incarico di Fede- rico di Montefeltro. Probabilmente i lavori si in- terruppero alla morte del duca di Urbino, quando le fabbriche federiciane vennero interrotte o co- munque ridimensionate. Ma se la fabbrica prose- gu, alla continuazione di quei lavori non parte- cip Baccio Pontelli, che lasci Urbino subito do- po la morte di Federico di Montefeltro. Poi Elisa- betta Feltria ordin la seconda campagna di lavo- ri, sullo scorcio del secolo XV. La soluzione del dilemma ci consente di va- lutare la testimonianza e le attribuzioni sulla committenza della fabbrica. Vespasiano da Bi- sticci complet la sua Vita di Federico da Urbino prima del 1493, e pot attestare solamente la campagna di lavori federiciana 24 . Poco dopo la met del secolo XVI Gian Carlo Galli attribu invece la committenza della fabbrica a Elisabet- ta di Montefeltro 25 . Alla fine del secolo XVI Ber- nardino Baldi dette due indicazioni contraddito- rie sulla fabbrica 26 , ma negli stessi anni Fuschinio Brancaleoni rifer che tanto la Chiesa che lan- nesso Monastero [...] devesi alla munificenza del Duca Federico e dellIll.ma Signora Elisabetta sua Figlia 27 . Un giudizio significativo su queste attribuzioni venne espresso allinizio dellOtto- cento dallabate Andrea Lazzari. Egli conobbe e pubblic la lettera di Gian Carlo Galli, e tuttavia scrisse che il monastero di Santa Chiara Fede- rico incominci ad edificarlo ed Elisabetta sua Figlia[...] vimpieg la sua dote 28 . Il progetto e i primi lavori del monastero di Santa Chiara vanno collocati agli esordi dellat- tivit architettonica di Francesco di Giorgio, al- linizio del suo soggiorno urbinate. Una sua pre- cedente esperienza come architetto in Siena, se mai avvenne, fu modesta e di essa ci rimangono comunque debolissime tracce. Una prima ri- guarda la chiesa della Santissima Annunziata nello spedale di Santa Maria della Scala dove, se- condo uninterpretazione di vecchie trascrizioni di un documento oggi perduto, Francesco di Giorgio costru il soffitto e la tribuna 29 . Una se- conda si riferisce alla basilica di San Bernardino allOsservanza la cui fabbrica, iniziata nel 1475, fu affidata lanno dopo a un maestro 30 . Alcuni lo identificano con Francesco di Giorgio che avrebbe poi seguito la fabbrica durante la sua permanenza in Urbino mediante linvio di col- laboratori e direttamente in occasione dei suoi numerosi ritorni a Siena. Manfredo Tafuri ha ipotizzato un legame tra le committenze dei due conventi osservanti e ha proposto che larrivo di Francesco di Giorgio in Urbino, per la costru- zione del convento e della chiesa di San Bernar- dino, avvenisse nel 1476, prima di divenire ar- chitetto di Federico di Montefeltro e di Ottavia- no Ubaldini 31 . Francesco Paolo Fiore ha antici- pato quellarrivo al 1475 e ha ipotizzato che la committenza urbinate avesse preceduto e occa- sionato quella senese 32 . Lipotesi di un precoce coinvolgimento di Francesco di Giorgio nel cir- cuito delle committenze edilizie francescane in Siena si allarga a unaltra attribuzione. Il Della Valle assegn a Francesco di Giorgio i due chio- stri del convento di San Francesco in Siena 33 . Poi il Romagnoli indic il 1475 come anno dinizio
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 24 della loro costruzione 34 . Lattribuzione stata ac- quisita alla letteratura artistica senese ed rafforzata dalla documentata costruzione ad opera di Francesco di Giorgio nel 1482 del tetto della chiesa annessa a quel convento 35 . La ristrutturazione del convento di San Fran- cesco in Siena fu commissionata dal ministro ge- nerale dellordine conventuale Francesco Nani, detto Sanson. Originario di Brescia, egli risiedet- te a lungo in Siena dove percorse una brillante carriera di religioso e docente universitario con il consenso delle istituzioni cittadine 36 . Egli fu eletto ministro generale in Urbino, il 15 maggio 1475 37 , in un capitolo che si tenne nel convento osservante di San Donato. Federico di Montefel- tro patrocin quel capitolo per consolidare la sua alleanza politica con Sisto IV papa conventuale che era stata suggellata lanno prima col fidan- zamento tra Giovanna di Montefeltro figlia di Federico e Giovanni della Rovere nipote del papa 38 . Il capitolo di Urbino elesse un candida- to certamente gradito a Francesco della Rovere, perch Francesco Nani aveva appena assunto il suo nuovo cognome da Raffaele Sansoni, proni- pote di Sisto IV. Con lacquisizione di quella pa- rentela Francesco Sanson contrasse una spiritualis cognatio con lo stesso papa. E il comune rapporto di familiarit, seppure di grado diverso, che Fede- rico di Montefeltro e Francesco Sanson ebbero con Sisto IV, dovette favorire il legame tra il ge- nerale francescano e il duca di Urbino. Il consi- derevole prestito di denaro che Francesco Sanson effettu poi a favore di Guidubaldo di Montefel- tro figlio di Federico costituisce un indizio concordante circa il legame precedentemente stretto dal Sanson con Federico di Montefelto 39 . Il rapporto stabilito con la corte urbinate nel 1475 dal Sanson, la lunga residenza conventuale senese del generale francescano e la sua commit- tenza per il convento di San Francesco in Siena lo indicano come il possibile intermediario tra Fede- rico di Montefeltro e Francesco di Giorgio. Cer- chiamo i possibili legami tra lartista senese e il fra- te conventuale. Francesco Sanson fu un vero me- cenate artistico: committente di opere darte e di architetture, in contatto con numerosi artisti, tra cui Leonardo. Proprio la sua presenza in Urbino, nel 1475, stata posta in rapporto col trasferi- mento del Bramante in Lombardia. Ma il suo pos- sibile mecenatismo artistico prima del 1475 non mai stato indagato e non risulta documentato 40 . Tuttavia, si individuano facilmente gli ambiti in 1. Francesco di Giorgio. Progetto per il monastero di Santa Chiara in Urbino, pianta. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, codice Ashburnham 1828 App. ff.66v-67r. Penna e inchiostro con uso di riga su carta, 26,8x27,2 cm 1475-76. Scritte: via; mura di comuno; via; via; San gj/rolamo; via; giardino; tolesi da questa linea (in)la / p(iedi) 60; via; logia; via; giardino dove stano e fratj; Confes(s)io/ne; sachrestia delle / done; chapitolo; Rifetorjo; cano/veto; lava/manj; chucina; chiesa delle / done; guarda chu/cina; cami/no dove / si schalda; chortile; chiesa degli omi/nj; par/latorj; parlato/rio delle / done; dove tenga/no e panj; cacato/ri (Foto Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze).
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 25 2. Ricostruzione del sito dellex monastero di Santa Chiara in Urbino, nel secolo XV, e contestuale sovrapposizione della pianta ai ff. 66v-67r del cod. Ashburnham 1828. App. sullodierna planimetria urbana. 1. area delloratorio di SantAntonio, oggi demolito; 2. area del Conservatorio delle Donne Nobili Vedove, dal 1420 al 1459, poi delloriginario monastero fino al 1475 e infine delledificio odierno; 3. oratorio della Santa Croce; 4. area di terreni ortivi, di propriet della famiglia Catani alla met del secolo XV; 5. area a valle delle mura urbiche medievali demolite verso la met del secolo XV, poi terreno di confine tra il monastero di Santa Chiara e il convento di San Girolamo e infine, dopo il 1475, luogo del giardino pensile del monastero di Santa Chiara; 6. area del convento di San Girolamo; 7. area dellappartamento del guardiano. A puntinato: le aree delloratorio di SantAntonio e dellappartamento del guardiano, oggi distrutti. A tratto continuo: le mura urbiche medievali parzialmente residue. A tratteggio: le mura urbiche medievali demolite verso la met del secolo XV (ricostruzione e disegno dellautore). cui pot avvenire in Siena la conoscenza tra il San- son e Francesco di Giorgio. Per primo lordine francescano senese, dove il frate visse dal 1459 al 1475, percorrendo tutti in gradi della gerarchia conventuale fino a ricoprire la carica di provincia- le della Toscana, dal 1470 al 1475. Lordine fran- cescano commission in seguito degli incarichi ar- tistici e di architetture a Francesco di Giorgio, in Siena e in Urbino. Per secondo, ma non minore, lUniversit di Siena dove Francesco Sanson inse- gn dal 1470 al 1475. La vita culturale senese del Quattrocento si identific con lo Studio, nel cui ambito si mosse anche Francesco di Giorgio. Fin dai primi anni sessanta egli studi le opere del Taccola che erano probabilmente conservate pres- so lUniversit 41 . Inoltre, in quel decennio France- sco di Giorgio lavor per Alessandro Sermoneta 42 , e forse per la famiglia di Mariano Sozzini 43 , en- trambi autorevoli cittadini e docenti universitari senesi. La verosimile conoscenza tra lartista sene- se e il frate conventuale legittima il sospetto del- lesistenza di un nesso, tra la presenza del Sanson in Urbino, nel 1475, e il successivo trasferimento di Francesco di Giorgio presso la corte urbinate. La presenza dellartista senese nel ducato di Urbino, alle dipendenze di Federico di Montefel- tro, documentata per la prima volta il 17 mag- gio 1477 44 . Tuttavia alcuni lavori martiniani urbi- nati vengono datati a partire dal 1475 45 . La seria ipotesi di una precoce attivit di Francesco di Giorgio per Urbino concorda con la scarsa docu- mentazione sulla sua presenza in Siena, tra lesta- te del 1475 e la primavera del 1477. Il 6 luglio 1475 Francesco di Giorgio e Neroccio di Barto- lomeo scelsero i rispettivi arbitri per dirimere lo scioglimento della loro societ fra pittori 46 . Il 26 maggio 1476 Francesco di Giorgio era in Siena, dove comparve come perito di parte avversa in una stima di lavori di Neroccio 47 . Infine, un docu- mento del 25 luglio 1476, dal quale emerge che la Signoria di Siena incaric due maestri di andare a verificare i lavori della diga sulla Bruna, risulta- to di recente dubbio circa lassegnazione di quel- lincarico a Francesco di Giorgio 48 . La presenza documentata in patria dellartista senese tra lestate 1475 e la primavera 1477 talmente saltuaria, e la successione temporale tra la presenza del Sanson in Urbino e la risoluzione della controversia tra Neroccio e Francesco di Giorgio nel maggio e nel luglio 1475, rispetti- vamente tanto ravvicinata, che i due fatti co- stituiscono indizi concordanti nellindividuare un nesso di causalit: tra lo svolgimento del capitolo conventuale in Urbino e lo scioglimento della so- ciet fra Neroccio e Francesco di Giorgio. Proba- bilmente Francesco Sanson segnal lartista sene- se al duca di Urbino, nel maggio 1475. Certa- mente Francesco di Giorgio chiuse la sua bottega senese nellestate di quellanno e, quasi certamen- te, si trasfer subito dopo in Urbino 49 .
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 26 Qui lartista senese svolse subito unattivit multiforme, nel cui contesto larchitettura pre- valse ben presto. Nel maggio 1477 alcuni docu- menti attestano per la prima volta la costru- zione di un edificio di Francesco di Giorgio e la sua qualifica di architetto 50 . Sappiamo che nel 1445 Federico di Montefeltro don, per la co- struzione di un monastero delle clarisse urbinati, un terreno ubicato nel sito dellodierno ex mona- stero di Santa Chiara e che, nel 1472, Battista Sforza venne sepolta nel monastero delle clarisse osservanti di Urbino. In quellanno Federico for- se pensava ancora di costruire nel contesto del suo nuovo palazzo il mausoleo dei Montefeltro secondo il progetto di tempio rotondo redatto dal Laurana 51 . Pochi anni dopo quellidea pare gi accantonata, a vantaggio di un mausoleo perso- nale da edificare nel contesto del nuovo conven- to dei francescani osservanti. La nuova determi- nazione adottata forse in occasione del capitolo generale conventuale del 1475 52 prevedeva la abbinata costruzione di una chiesa-mausoleo di Battista Sforza, da edificare prioritariamente nel contesto di un nuovo monastero delle clarisse os- servanti. Il monastero e la chiesa di Santa Chiara vennero costruiti dopo il 1475. Il convento e la chiesa di San Bernardino vennero costruiti dopo il 1482, in esecuzione di una volont testamenta- ria del duca di Urbino 53 . La prima campagna di lavori nel monastero di Santa Chiara fu contem- poranea alle altre iniziali fabbriche di Francesco di Giorgio nei palazzi Ducali di Urbino e Gub- bio, principalmente e di poco precedente la co- struzione del nuovo duomo urbinate, che gli at- tribuita 54 . Nel 1475 gli osservanti urbinati ebbero modo di conoscere larchitetto senese, quale pro- gettista del loro monastero-sorella, e forse lo se- gnalarono ai loro confratelli senesi 55 . I progetti La pianta ai ff. 66v-67r del codice Ashburnham 1828 App. va datata allinizio del soggiorno urbi- nate di Francesco di Giorgio, negli anni 1475- 76 56 . Sovrapponiamola alla planimetria dellex monastero di Santa Chiara (ill. 2), facendo coin- cidere il bordo in basso del progetto sul lato ove- st del rilievo. La corrispondenza tra i due allinea- menti garantita dalla permanenza della medie- vale via del cortile nellodierna via Santa Chia- ra (ill. 3). Poi collimiamo il bordo sinistro della pianta sullantico confine tra il monastero di San- ta Chiara e loratorio di SantAntonio. Francesco di Giorgio rilev il sito abbastanza esattamente verso sud, nella parte destra della pianta, dove occorreva spartire larea di confine tra gerolimi- ni e clarisse, e pi sommariamente verso nord, nella parte sinistra della pianta, dove larchitetto senese progett degli spazi aperti e facilmente adattabili al sito 57 . Sulla pianta sono vergate nu- merose scritte, che sono riferite a elementi del si- to e del progetto. La pi significativa apposta lungo lallineamento della chiesa di san Girola- mo: tolesi da questa linea (in) la p(iedi) 60. Es- sa stata diversamente interpretata. Burns lha ritenuta una documentazione dellampliamento progettato da Francesco di Giorgio per la costru- zione del nuovo monastero, rispetto a questo di- segno che lo studioso britannico considera il ri- lievo di un monastero esistente. In sostanza, con quelle parole si sarebbe indicata la larghezza del rettangolo di terreno da togliere ai gerolimini e da assegnare alle clarisse per il loro nuovo mona- stero, che Francesco di Giorgio avrebbe costrui- to subito dopo labbattimento delledificio appe- na rilevato. Larea individuata da due linee de- bolmente tracciate ed composta dalla via a for- ma di L e dalladiacente rettangolo, di 10060 3. Via Santa Chiara in Urbino, anticamente via del cortile. A sinistra lex monastero di Santa Chiara, a destra loratorio della Santa Croce (foto Guido Cecere). 4. Langolo sud-est dellex monastero di Santa Chiara in Urbino. Al centro la rientranza delledificio, a destra lex convento di San Girolamo (foto Guido Cecere).
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 27 piedi 58 . Ma il settore delledificio corrispondente a quella parte del sito presenta una rientranza analoga a quella che disegnata, solo un po pi grande, nella pianta ai ff. 66v-67r (ill. 2, 4 e 9). Linterpretazione autentica della frase di signi- ficato opposto, secondo la lettura che ne ha dato la Scaglia: si toglie da questa linea in l unarea della larghezza di 60 piedi 59 . Le due linee debol- mente tracciate individuarono larea che nella pianta veniva allora sottratta alle clarisse, ma che a loro era stata assegnata in un precedente pro- getto. Il compromesso finale su quel controverso terreno di confine fu ancora leggermente diver- so. Esso registrato nellimpianto delledificio. Liniziale forma rettangolare dellarea prece- dente il progetto ai ff. 66v-67r porta a identifi- care un elaborato di quella fase progettuale inizia- le nella pianta al f. 65r del Codice Ashburnham 1828 App. (ill. 5). In quel foglio si ridisegn, da un probabile disegno autografo di Francesco di Giorgio, la pianta di un progetto per il monaste- ro di Santa Chiara in Urbino. Alcune scritte iden- tificative degli ambienti dormitorio c(hi)ostro coro ecc. individuano il disegno come un progetto per un convento. Le notevoli affinit di forma e disposizione tra le sequenze corrispondenti di ingresso, chiesa circolare e coro rettangolare, che sono luna disegnata nel f. 65r e laltra costruita nelledificio costituiscono un se- rio indizio a favore della nostra ipotesi (ill. 9). Le misure indicate in piedi da fabbrica di Urbino e le affinit tra le due piante sono ulteriori indizi precisi e concordanti che valgono come mezzo di prova per la nostra identificazione 60 . Lulteriore ricerca porta a individuare un possibile altro pro- getto per il monastero di Santa Chiara in Urbino nella pianta autografa ai ff. 63v-64r del codice Ashburnham 1828 App. (ill. 6) 61 . In questo codice essa precede la pianta al f. 65r e con questultima e con la pianta ai ff. 66v-67r costituisce una serie, che intervallata da un altro disegno il n. 96 al f. 66r che contiene disegni di palazzi desunti dal repertorio di Francesco di Giorgio. una pianta di convento, che stata prevalentemente identifi- cata come un progetto per il convento di San Ber- nardino in Urbino. Essa stata riferita al conven- to rinascimentale degli osservanti urbinati sulla base della pianta della annessa chiesa, che affine alla planimetria del San Bernardino di Urbino 62 . Una conferma per questa identificazione stata indicata in un progetto per linterno di questulti- ma chiesa, che anchesso nel codice Ash- burnham 1828 App. e viene attribuito alla botte- ga di Francesco di Giorgio 63 . Ma la pianta ai ff. 63v-64r un progetto per un monastero femmi- nile. Lappartamento dei frati nettamente sepa- rato dalledificio, e il parlatorio e il confessorio delle suore denominate donne secondo una con- suetudine lessicale del secolo XV, che ritroviamo usata anche nella pianta ai ff. 66v-67r sono di- rettamente comunicanti col primo chiostro. Gli elementi e le scritte del progetto non contraddi- cono questa identificazione. Neppure la scritta stanzia p(er) lo exercitio che viene riferita al- lindicazione martiniana di ambienti per attivit manuali nei conventi osservanti 64 perch essa applicabile anche ai monasteri femminili. Poich le misure sono indicate in piedi da fabbrica di Ur- bino la pianta va verosimilmente riferita al mona- stero urbinate di Santa Chiara. Inoltre, le dimen- sioni delledificio sono congruenti col sito e con le altre due piante. Le tre piante sono riferite ai pia- ni terra e le due autografe sono disegnate a filo di ferro, secondo una convenzione grafica abi- tualmente adottata da Francesco di Giorgio nella progettazione esecuzione e illustrazione di edifici. Il filo di ferro denota la prevalente attenzione posta da Francesco di Giorgio verso la geometria dei muri, rispetto al loro volume, e questa con- venzione grafica conforme allappiattimento e alla stiratura dei muri in piani astratti, che carat- terizzano le sezioni prospettiche martiniane 65 . La pianta al f. 65r priva di riferimenti al si- to (ill. 5). Essa presenta una simmetria speculare a cui fanno capo le due parti affiancate alla chie- sa. Il monastero ha dimensioni modeste ed evi- denzia unanalisi e una disposizione delle funzio- ni imperfette e una scarsa variet nei tagli dei va- ni. Ledificio risulta inadeguato a ospitare in mo- do confortevole una comunit numerosa. Lele- mento centrale, che separa le due parti laterali del monastero, il pi significativo. Esso costi- tuito da un breve portico dingresso, una chiesa circolare e un coro rettangolare. La successione ripetuta nella costruzione (ill. 9), ma con due va- rianti. Il portico venne semplificato in una rien- tranza del fronte edilizio (ill. 3) e il coro venne al- lungato. La stessa successione presente, con va- rianti distributive, in alcune piante di palazzi dei Trattati. Il disegno pare desunto da modelli anti- chi e ricorda il rilievo martiniano del tempio di Romolo sulla via Sacra a Roma 66 . Nella parte si- nistra, intorno al primo chiostro, erano dislo- cate le attivit comunitarie. Sul fronte stradale in basso individuato dalle scritte stal(l)a e ca- mera era probabilmente sistemato lapparta- mento del confessore. Sui lati a sinistra e in alto erano probabilmente dislocate le officine: la cucina, lanticucina, la dispensa, la cantina, il re- fettorio ecc. L accanto, il coro fungeva forse an- che da capitolo. Mentre i quattro vani ricavati esternamente allo spazio cilindrico della chiesa dovevano avere funzioni diverse. Probabilmente i due vani in alto erano adibiti a sacrestia e a par- latorio-confessorio, come i due corrispondenti vani delledificio (ill. 9). La parte destra del mo- nastero dislocata intorno al secondo chiostro. Il dormitorio era previsto nel primo piano, per- ch al piano terra sono disposti dieci apparta- menti costituiti di camera, saletta e cappellina
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 28 che erano forse destinati alle discrete. Lappar- tamento a sinistra il pi ampio e lunico con un accesso diretto al chiostro era probabilmente riservato alla badessa 67 . Il monastero ha una lar- ghezza modesta, ma raggiunge lantico allinea- mento delle mura urbiche medievali, da poco de- molite. possibile che Francesco di Giorgio avesse previsto un piano seminterrato nel corpo di fabbrica in alto, perch la scala allineata sul bordo in alto delledificio lungo il ciglio tattico del poggio di Urbino, dove fino a pochi anni pri- ma erano innalzate le mura urbiche medievali di modo che attraverso essa si sarebbe potuto su- perare il forte dislivello attestato lungo quel trac- ciato. Anche il giardino presenta una simmetria speculare e ricorda quello del palazzo del re, che illustrato nel primo Trattato. Alti muri rac- chiudono prati e viali alberati, che fanno capo a una loggia e forse a una cappella, addossata al muro di fondo 68 . Il giardino invade larea che era a valle delle demolite mura medievali ed era de- limitata dalle nuove mura urbiche e dal convento dei gerolimini. Il possesso di quel terreno, che era reclamato dalle due comunit religiose confi- nanti, in buona parte assegnato alle clarisse. La pianta del monastero pare disegnata sul riferi- mento di una trama geometrica. Il reticolo indi- vidua il corpo di fabbrica di ampiezza costante che perimetra ledificio. Allinterno sono traccia- ti i corridoi che racchiudono, a loro volta, i due chiostri coi vani adiacenti. Anche lelemento cen- trale allineato al reticolo. Il disegno abbastan- za impreciso, sia per lapposizione di alcune arbi- trarie misure sia per lincerto tracciamento a ma- no libera delle linee. Risulta impossibile rintrac- ciare tutti i rapporti numerici che vennero utiliz- zati. Ma appare evidente luso di rapporti tra nu- meri razionali 69 . Inoltre, il dimensionamento dei vani della parte destra avvenne secondo labitua- le raddoppio di un modulo quadrato di base. La pianta autografa ai ff. 63v-64r parzial- mente mancante della parte sinistra (ill. 6). Ma facile completarla in base alle due misure che vi sono apposte 70 . Limpianto planimetrico presenta una simmetria speculare, cui fanno capo le due parti affiancate alla chiesa. Il dispositivo analo- go a quello del precedente progetto, ma esso pre- senta due importanti migliorie. Ledificio pi vasto, e lanalisi e la disposizione delle funzioni sono pi sapienti. Il monastero pu ospitare co- modamente una comunit numerosa. Anche que- sto disegno privo di riferimenti al sito, ma pos- sibile verificarne la compatibilit con il nostro. Ledificio lungo 230 piedi solamente dieci pie- di pi delledificio ai ff. 66v-67r ed largo 105 piedi solamente dieci piedi meno del settore in basso delledificio ai ff. 66v-67r . La pianta ai ff. 63v-64r si adatterebbe facilmente al settore in basso della pianta ai ff. 66v-67r, se il monastero sconfinasse brevemente nei terreni ortivi sulla de- stra (ill. 2). Inoltre, le due scale delledificio si al- lineerebbero al ciglio tattico della collina del pog- gio. Lunico inconveniente funzionale derivereb- be dalla mancanza di un giardino, a cui ovviereb- be in parte il chortile e horto. Ma anche pos- sibile che si dovesse contestualizzare la pianta del- ledificio in una planimetria pi ampia comples- siva dellintera area del monastero e forse com- 5. Anonimo. Progetto per il monastero di Santa Chiara in Urbino, pianta. (Co- pia da Francesco di Giorgio?). Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, codice Ashburnham 1828 App. f. 65r. Penna e inchiostro su carta, 20,2x24,3 cm. Secolo XVI? (Da un originale del 1475- 76). Scritte: coro; c(hi)ostro; c(h)iesa; dormitorio; stal(l)a; camera (foto Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze).
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 29 6. Francesco di Giorgio. Progetto per il monastero di Santa Chiara in Urbino, pianta. Firenze, Biblioteca Medicea Lau- renziana, codice Ashburnham 1828 App. ff. 63v-64r. Penna e inchiostro su carta, su traccia preparatoria a gessetto, con uso di riga e compasso, 17,8x26,3 cm. 1475-76. Scritte: qui di sopra p(er) tuto el dormetor(i)o longo p(iedi) 230 largo p(iedi) 25; stanzia p(er) lo / exercitio; lavatio/ne p(er) lo co/rpo; infermarja; cano/veto e dj/spensa soto; piaza; pia- za; chortile e horto; lavam/anj; ca- me/ra; chucin/na; sachrestja; rife- torjo; camera; piaza; salotto; loco p(er) lo / confesa/ria; loco p(er) / le done / dove si con/fesano; lavama(n)j; po/zo; orato/rj; vestibolo / p(er) lj fratj; vestibolo; p(er) lo parla/torjo; grata; guarda /chucina; chucina (foto Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze). prendente un giardino . Ledificio conserverebbe comunque unampia visione sul paesaggio dallu- nico fronte finestrato, che posto in alto. Ci ri- sulterebbe coerente con lassetto del nostro sito (ill. 10), che scosceso e ancor oggi inedificato solamente verso quel lato, di modo che il mona- stero avrebbe conservato la sua separatezza istitu- zionale acustica e visiva dalla citt. Rispetto al- la precedente, questa pianta presenta una miglio- re disposizione delle funzioni. Ledificio pi va- sto e presenta un impianto planimetrico pi arti- colato, bench conservi una simmetria speculare. Francesco di Giorgio us due larghezze diverse per i corpi di fabbrica e vi ricav allinterno una pi ampia gamma di tagli dei vani. possibile che Francesco di Giorgio avesse seguito questo pro- cedimento progettuale. Egli accost dapprima i due moduli di 3030 piedi della chiesa, poi fis- s in 20 piedi la larghezza del vestibolo e in 25 piedi la larghezza del corpo di fabbrica in alto. Ottenuta cos la larghezza del monastero, egli ne determin la lunghezza: accost ai fianchi della chiesa due corpi di fabbrica di 20 piedi poi fis- s la profondit dei portici e cos ottenne i due chiostri quadrati. Infine egli fiss la larghezza di 20 piedi dei due corpi di fabbrica di testata. Poi larchitetto senese tagli i vani allinterno dei cor- pi di fabbrica, ad iniziare dalla chiesa che lele- mento pi significativo del progetto. Essa ha chiare connotazioni funerarie e presenta delle af- finit cos evidenti con la chiesa di San Bernardi- no in Urbino, da far ipotizzare la rielaborazione di quella pianta per la costruzione della chiesa- mausoleo di Federico di Montefeltro 71 . A sinistra della navata il vestibolo p(er) lj fratj, che introduce allappartamento dei fran- cescani osservanti di Urbino, tra i quali si sce- glieva il confessore delle clarisse. Lappartamen- to composto di un salotto, due camere, una cu- cina e un gabinetto. Tutti i vani accedono a un piccolo chiostro o a un cavedio. Lappartamento nettamente separato dal monastero, al quale i frati avrebbero avuto accesso solo per ammini- strare i sacramenti. A destra del vestibolo della chiesa il parlatorio, con la ruota e la grata per i colloqui. A destra della navata sono i due con- fessor: quello pubblico e quello delle suore, che avrebbero raggiunto il loro direttamente dal chiostro. Accanto ai due confessor si trova la sa- crestia, che d su un piccolo chiostro e ha un la- vamani di servizio. Lambito della clausura inizia col parlatorio a cui seguono due ambienti non identificati e prosegue con la serie delle offi- cine: lanticucina; la cucina che in angolo e perci lunico vano illuminato da finestre che danno verso lesterno, ma verosimilmente rica- vate in alto; il lavamani, lungo dieci piedi e col pozzo retrostante; il refettorio e, infine, un am- biente soppalcato e adibito a cantina e dispensa, a cui si accede anche dallinfermeria. Questulti- ma posta in alto ed costituita di undici came- re, un obitorio indicato dalla scritta lavatione p(er) lo corpo e una latrina. Il chiostro rit- mato da colonne, ma ha negli angoli dei pilastri piegati a libro. la soluzione dangolo del corti- le del palazzo Ducale di Urbino, che impres- sion Francesco di Giorgio perch ricorre spes- so nei Trattati e in disegni desunti dal repertorio
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 30 martiniano 72 . Dietro la chiesa si trova un labora- torio per attivit manuali indicato dalla scritta stanzia (per) lo exercitio ed probabile che anche altri vani vicini avessero la stessa destina- zione duso. A sinistra della chiesa il secondo chiostro, intorno al quale sono disposte tre di- verse serie di abitazioni. In basso una camera composta di camera, saletta e oratorio che ha una disposizione analoga a quella gi vista nella pianta al f. 65r (ill. 5). Essa individua una fore- steria o pi probabilmente il dormitorio delle discrete. Allaltro lato del cortile sono le celle, separate con un corridoio dal dormitorio comu- ne. Le tre diverse serie di abitazioni dovevano raggiungere la testata del monastero, dove era forse ubicato il capitolo in una posizione simme- trica al refettorio. Le funzioni che non sono menzionate nel disegno erano previste nel pri- mo piano. Nella nostra ipotesi sarebbe inoltre previsto un piano seminterrato per i servizi, li- mitato al corpo di fabbrica in alto. La pianta autografa ai ff. 66v-67r inserita nel contesto del sito (ill. 1, 2) 73 . Vi sono disegnati: il tratto delle mura urbiche, con un torrione semi- circolare e un bastione quadrato, la chiesa di San Girolamo, la rettificata via del cortile e il circui- to delle vie pubbliche, esistenti e progettate 74 . Gli elementi delle mura urbiche allora esistenti sono tutti puntualmente presenti, ma le loro dimensio- ni e dislocazioni sono imprecisi. La distanza tra la chiesa di San Girolamo e la via del cortile ven- ne invece misurata con buona approssimazione 75 . Dopo aver delimitato larea del monastero in ba- se ai vincoli del sito e al compromesso raggiunto sullarea da spartire fra gerolimini e clarisse Francesco di Giorgio vi articol allinterno una pianta di notevole libert formale. Egli sostitu al- la simmetria speculare dei precedenti progetti il li- bero accostamento di tre rettangoli destinati a funzioni diverse: il giardino dei frati, il monastero e il giardino del monastero. Larea vasta ma de- stinata in gran parte a spazi aperti, e il monastero risulta ancora insufficiente a ospitare una comu- nit numerosa. Tuttavia, la sapiente dislocazione degli spazi aperti garantisce una maggiore variet formale e una migliore disposizione funzionale del monastero, che pure dislocato intorno ad un so- lo chiostro. Lelemento risolutivo della pianta la figura a T, che la loggia compone con un portico del chiostro. La loggia-asta trasversale si affaccia sul giardino, mentre il portico-asta longitudinale si incastra nel monastero e indica un potenziale as- se di simmetria del complesso edilizio. Intorno al chiostro sono disposti quattro corpi di fabbrica di ampiezze diverse, che permettono di raggruppare i vani secondo le funzioni e le dimensioni simili. Le funzioni sono inoltre distinte verticalmente nei tre piani delledificio. Nel piano terra sono rag- gruppati gli ambienti del primo chiostro: il par- latorio, la chiesa coi vani di servizio, il capitolo, le officine e forse dei laboratori. Al primo piano dovevano essere previsti gli ambienti del secondo chiostro: i dormitori, la foresteria, linfermeria, ecc. Nel piano seminterrato del corpo di fabbrica in alto, in comunicazione col giardino, dovevano essere previsti i locali di servizio: la lavanderia, lo stenditoio, i depositi ecc. Bench il progetto sia ancora nella sua fase di elaborazione iniziale, la pianta presenta una disposizione articolata. A sini- stra il giardino dei frati osservanti. Accanto nel corpo di fabbrica di sinistra che ha unampiezza di 30 piedi sono disposti in successione: la chiesa, il coro e, accoppiati, il confessorio e la sacrestia del- le suore. La chiesa-mausoleo era prevista ad uso pubblico e venne separata dal monastero. Il tratto a penna che indica il muro comune al coro e alla chiesa presenta due brevi interruzioni e un picco- lo cerchio. Questo simbolo segnala probabilmen- te la ruota. Esso anche indicato: nel muro co- mune al giardino dei frati e al confessorio delle suore, e nel muro comune ai due parlator. Proba- bilmente lapertura nella mezzeria del muro co- mune al coro e alla chiesa indica la grata attraver- so cui le suore avrebbero seguito, in incognito, la messa officiata nella chiesa. La seconda apertura in quel muro indica forse una grata per i colloqui. E una grata certamente indicata nella mezzeria del muro comune ai due parlator. Questi ultimi sono i primi due vani del corpo di fabbrica in bas- so, che ha una larghezza di 20 piedi. Segue il de- posito dei panni, da scambiare con lesterno attra- verso la ruota del parlatorio. La collocazione di questo vano fa ritenere che la prevalente attivit manuale svolta dalle clarisse urbinati fosse la con- fezione di tessuti e/o indumenti. Seguono due am- bienti non identificati, forse dei laboratori per quelle attivit manuali. In angolo una batteria di tre latrine, ognuna fornita di due condotti retro- stanti. Uno il discendente, certamente prove- niente dalla latrina superiore del primo piano, lal- tro il camino di aerazione, innalzato fino al col- mo del tetto 76 . Dietro i sei condotti ricavato un ripostiglio, a cui si accede dal pianerottolo dellat- tigua scala. Probabilmente Francesco di Giorgio disegn questo stretto spazio dopo aver constata- to leccessiva lunghezza delle latrine: accorci i tramezzi di queste ultime sono ancora visibili delle raschiature di tratti di inchiostro spost la batteria dei condotti e segn con due brevi tratti la piccola porta di accesso al ripostiglio, cos ricava- to. Il cortile presenta la nota sequenza di colonne e pilastri aperti a libro e posti in angolo. Il portico a sinistra fiancheggia la chiesa, il coro e la sacrestia delle suore fino a incastrarsi nella loggia a colon- ne. Questultima domina il giardino e ricorda la loggia sul giardino del palazzo Piccolomini in Pienza. Nella testata sinistra della loggia posta laltra scala delledificio. Tra la loggia, il portico in alto e la prosecuzione del portico di sinistra in- cernierato il capitolo che ha una larghezza di 25
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 31 piedi ed affiancato al refettorio a cui seguono le officine. Qui Francesco di Giorgio disegn una sequenza quasi identica a quella corrispon- dente, che disegnata nella pianta ai ff. 63v-64r (ill. 6). Essa composta dal refettorio, il lavamani con la retrostante cantina al posto del pozzo, la cucina disposta in angolo e lanticucina che di- slocata nel corpo di fabbrica a destra, della lar- ghezza di 22 piedi. Il successivo vano un quadrato con due cer- chi inscritti e concentrici, allinterno del minore dei quali apposta la scritta camino dove si schalda. La figura geometrica e la scritta iden- tificano il vano come un laconico desunto da Vi- truvio (ill. 7). Il cerchio esterno individua il va- no cilindrico e cupolato nella cui sommit ricavato un oculo. Uno schermo di bronzo in- nalzabile fino a ostruire loculo funge da val- vola per regolare nellambiente la temperatura ed eventualmente lumidit alle gradazioni volu- 7. Anonimo (copista della prima stesura del primo Trattato di Francesco di Giorgio). Illustrazioni di bagni e stufe. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana di Firen- ze, codice Ashburnham 361 f.23r. Penna e inchiostro su pergamena, 38,5x26,5 cm. 1480 circa. Scritte: stufa sichondo / li an- tichi; chamino del fuocho p(er) / lo quale la stufa ri/schalda; cappello di bronzo ( per la) temperanza; profurnio della stu- fa; profurnio delle chaldaie; profurnio delle chaldaie; frigidario; stufa; pro- furnio della stufa; Bangnio; frigida- rio; profurnio; fondo de la stufa; va- chuit fra lluno e llaltro muro / dovel chalore chorendo rischalda; profurnio (foto Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze). te. Il cerchio interno indica unarbitraria buca- tura del pavimento, attraverso cui Francesco di Giorgio credeva, erroneamente, che laria calda e le fiamme propagatesi nellipocausto penetras- sero nellambiente del camino 77 . Il disegno illu- strativo del laconico vitruviano in entrambi i codici in cui si copi le due stesure del primo Trattato. Ma solo in uno di essi il codice Ash- burnham 361 della Biblioteca Medicea Lauren- ziana di Firenze, convenzionalmente definito L appare lannotazione da cui si abbrevi la scrit- ta camino dove si schalda (ill. 7) 78 . In quel co- dice si ritiene che venne versata la prima stesura a cui segu la seconda, riveduta e ampliata, che venne trascritta in un secondo codice il Saluz- ziano 148 della Biblioteca Reale di Torino, con- venzionalmente definito T . La nostra scritta abbreviata dimostra che il capitolo sugli am- bienti termali di Vitruvio era gi stato tradotto e il corrispondente disegno annotato di L era gi stato approntato, negli anni 1475-76. Inoltre, la collocazione del camino nel contesto di un mo- nastero conferma la precedenza di L su T, per- ch in quel secondo codice venne aggiunto il ca- pitolo sui conventi, proprio in seguito alla so- praggiunta esperienza progettuale martiniana di quel tipo edilizio, che quasi certamente inizi col progetto e la fabbrica del monastero di San- ta Chiara in Urbino 79 . Lartista senese compil il primo Trattato facendo costante riferimento alla autorit di Vitruvio 80 . Anche in questo caso, in cui egli utilizz la descrizione vitruviana di un antico ambiente termale per adattarla alle esi- genze igieniche e mediche del suo tempo mo- derno 81 . Anche per quel brano Francesco di Giorgio perfezion la concordanza del signifi- cato col segno, mediante la ripetuta elaborazio- ne della illustrazione del testo di base. Le copie dei probabili primi disegni martiniani di bagni e stufe sono nel codice Zichy, che si ritiene con- tenga tra laltro una trascrizione delliniziale tentativo di elaborazione del primo Trattato. A quei disegni seguirono quelli di L, e poi quelli di T 82 . Nella pianta ai ff. 66v-67r lanticucina sepa- ra il camino dalla cucina. Lubicazione dellanti- cucina non fu casuale, perch certamente Fran- cesco di Giorgio previde di collocarvi il forno delle caldaie e il prefurnio dellipocausto, che sono indispensabili per il funzionamento dellat- tiguo camino. Nei disegni corrispondenti del primo Trattato, il camino-stufa e il forno-pro- furnio delle chaldaie sono accostati al bagno. Ma questultima destinazione duso appare diffi- cilmente associabile allambiente che, nella pianta ai ff. 66v-67r, segue il camino. Appare in- vece evidente laffinit del camino ai ff. 66v-67r coi bagni del palazzo Ducale di Urbino 83 e della rocca di Ostia 84 . Queste affinit fanno ipotizzare che lesercitazione condotta da Francesco di Giorgio sugli ambienti termali vitruviani ebbe
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 32 poi un concreto esito nel bagno del palazzo di Urbino e, per opera di Baccio Pontelli, nel ba- gno della rocca di Ostia. Il capitolo sugli ambienti termali del De ar- chitectura ancora oggi di difficile comprensio- ne, ma Francesco di Giorgio la raggiunse quasi pienamente quando la lingua vitruviana era pressoch sconosciuta e la sua lettura era parti- colarmente ostica 85 . Ci conforta la tesi che la complessiva opera di traduzione da Vitruvio venne svolta da qualche dotto umanista, perch alcuni segni alcuni grossolani errori nella scrittura di parole latine 86 , le incerte traduzioni del latino elementare del Taccola ecc. sono ri- velatori di una, almeno inizialmente, rudimen- tale conoscenza della lingua latina da parte di Francesco di Giorgio. Ci concorda con lap- partenenza di Francesco di Giorgio allo strato culturale intermedio. Del modo di esprimersi di quello strato culturale Francesco di Giorgio presenta sia gli elementi peculiari luso del vol- gare e della scrittura mercantesca, la preminen- za del disegno e luso di procedimenti analogici sia il possesso di tecniche specifiche la pro- spettiva, la cartografia, lingegneria idraulica, la fusione dei metalli ecc. La pianta ai ff. 66v-67r un progetto inizia- le, gi impostato brillantemente nel suo disegno generale ma il cui perfezionamento ancora in- compiuto. Tuttavia essa dettagliata con le mi- sure delle parti e degli ambienti delledificio. Ci permette di individuare e analizzare i rap- porti numerici e i sistemi proporzionali even- tualmente impiegati da Francesco di Giorgio. Il disegno a filo di ferro annulla lo spessore di muri e di strutture portanti, dai quali nel Rina- scimento si traevano talora le unit di misura de- gli edifici. Ma non pare che Francesco di Gior- gio ne avesse fissate. Appare invece evidente la ricerca di rapporti numerici musicali, o co- munque di numeri razionali, nella ordenazio- ne delledificio. Ci emerge gi nelle tre aree su cui Francesco di Giorgio impost il dispositi- vo funzionale del monastero 87 . possibile che Francesco di Giorgio avesse seguito questo pro- cedimento progettuale. Sulla distanza tra la via del cortile e la chiesa di San Girolamo di 124,5 piedi egli stacc la larghezza del mona- stero di 115 piedi e la residua larghezza di 9,5 piedi della via di separazione tra il mona- stero e il convento dei gerolimini. Poi sulla lar- ghezza del monastero egli stacc nel corpo di fabbrica di sinistra le lunghezze della chiesa, del coro, e della sacrestia e del confessorio acco- stati, che mise in rapporto con la larghezza di 30 piedi di quel corpo di fabbrica. Egli riusc a ottenere dei rapporti numerici musicali tra le due dimensioni di ogni singolo vano e a por- re in rapporto fra loro le dimensioni degli am- bienti vicini. La chiesa rettangolare di 4030 piedi divisa dalla sua diagonale di 50 piedi in due triangoli pitagorici 88 . La lunghezza del- la diagonale pari alla lunghezza del coro di 50x30 piedi . Inoltre, le dimensioni della sacre- stia e del confessorio di 2515 piedi sono di- mezzate da quelle del coro, in modo che si sta- bilisce una unit organica fra questi tre rettan- goli simili. Sulla lunghezza della sacrestia e del confessorio accostati di 25 piedi Francesco di Giorgio fiss la larghezza del corpo di fabbrica in alto, la cui lunghezza egli lasci inizialmente indeterminata. Poi larchitetto senese fiss la profondit dei portici di sette piedi e dimen- sion il cortile di 8050 piedi . Cos egli ot- tenne la lunghezza del corpo di fabbrica in alto e, contemporaneamente, la lunghezza e la lar- ghezza del corpo di fabbrica in basso. Infine egli collim la larghezza del corpo di fabbrica di de- stra sulla larghezza di 60 piedi dellarea da assegnare ai gerolimini. Una conferma di questo procedimento progettuale viene dalla verifica dei rapporti numerici usati nei vani dei corpi di fabbrica in alto e in basso. Essi sono poco signi- ficativi, perch gli ambienti vennero tagliati al- linterno di corpi di fabbrica gi dimensionati. Ma i due vani identici dei parlator fanno ecce- zione, perch il rapporto fra i lati 14:20 piedi esprime il rapporto 1:2. Esso era certamente noto a Francesco di Giorgio, sia dalla pratica di bottega sia dal Vitruvio, dal quale ultimo egli trasse lunica indicazione di quel rapporto nu- merico irrazionale che nel primo Trattato 89 . Il testo di Vitruvio anche una fonte per i rappor- ti di numeri razionali che sono indicati nei Trat- tati. Ma quei rapporti numerici, che larchitetto senese traeva anche dalla sua esperienza di co- 8. Il sito a nord dellex monastero di Santa Chiara in Urbino ripreso dalla rampa eli- coidale di quelledificio. Lungo lasse centra- le della illustrazione si notano le mura ur- biche medievali parzialmente residue, indi- viduate dalle puntellature di sostegno e dal filare degli alberi (foto Guido Cecere). 9. Ricostruzione delle planimetrie e delle destinazioni duso del monastero di Santa Chiara in Urbino allinizio del secolo XVI (da L. Fraternale, Il monastero di Santa Chiara a Urbino, in Larchitettura, cro- nache e storia, X, 1964, pp.268-75). Pianta a quota 9,75 m: 1. rampa elicoida- le; 2. deposito; 3. stenditoio; 4. camino; 5. cantina; 6. scala di servizio; 7. corridoio; 8. lavanderia; 9. pozzo; 10. ingresso carraio; 11. fondo; 12. cavedio dello spulciatoio; 13. giardino pensile; 14. cappella ducale; 15. cappelle se- polcrali. Pianta a quota 3,15 m: 1. rampa elicoi- dale; 2. loggia; 3. cantina; 4. refettorio; 5. ripostiglio; 6. corridoio; 7. cucina; 8. pozzo; 9. camino; 10. laboratorio; 11. camera dei telai; 12. cavedio dello spul- ciatoio; 13. magazzino; 14. dispensa; 15. portico; 16. legnaia; 17. foresteria. Pianta alle quote 0,00/+3,15 m: 1. rampa elioidale; 2. noviziato; 3. celle; 4. corridoio; 5. dormitorio; 6. camera di passaggio; 7. coretto delle converse; 8. coro delle coriste; 9. refettorio dellinfermeria; 10. infermeria; 11. corridoio; 12. balcone dello spulciatoio; 13. laboratorio; 14. magazzino; 15. abitazione del guar- diano; 16. abitazione del confessore; 17. sa- crestia; 18. confessorio delle monache; 19. sacrestia delle monache; 20. paneria; 21. chiesa; 22. foresteria (rielaborazione grafica dellautore).
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 33 struttore, gli erano soprattutto noti dai testi da- baco e in particolare dalle volgarizzazioni dei trattati di geometria. Ci confermato anche dalla Praticha di gieometria martiniana, in cui conflu un corpo di conoscenze molto noto, scritto in volgare e di facile accesso 90 . In sostan- za, il sistema proporzionale usato nelle tre pian- te elementare. Francesco di Giorgio us dei rapporti di numeri razionali e musicali, ma non elabor un uso ragionato di rapporti pro- porzionali. La sua esecuzione, ad esempio, appa- re molto lontana da quella di un virtuoso della matematica quale fu Leon Battista Alberti 91 . La fabbrica Ledificazione conclude il processo progettuale. In essa si rende ledificio conforme alle aspirazio- ni del committente e se ne perfeziona ladatta- mento al contesto del sito. Proprio nel capitolo sui conventi, che in T, Francesco di Giorgio sottoline pi volte la necessit di adattare ledi- ficio al sito. In un passaggio di quel capitolo egli afferm che gli adattamenti del tipo ideale non andavano progettati sulla carta, bens operati di- rettamente sulledificio, quando esso era calato nello spazio reale 92 . probabile che Francesco di Giorgio avesse determinato quella sua raccoman- dazione anche in base allesperienza della fabbri- ca del monastero di Santa Chiara, la cui esecuzio- ne avvenne anche in base a decisioni prese diret- tamente sul cantiere. La fabbrica dovette iniziare al pi tardi nel 1477. La fiducia che Federico di Montefeltro e Ottaviano Ubaldini dimostrarono di accordare a Francesco di Giorgio nei tre con- tratti del maggio 1477 che riguardarono anche la direzione dei lavori di opere di architettura progettate dallo stesso architetto senese 93 legit- tima lipotesi di una sua precedente attivit per la corte urbinate, esplicata anche nellambito della progettazione e costruzione di edifici, tra i quali vi fu certamente il monastero di Santa Chiara in Urbino. Ma ben presto la presenza di Francesco di Giorgio in Urbino divenne saltuaria tra le- state del 1478 e la primavera del 1480 durante la guerra tra Sisto IV e Firenze, che egli segu co- me architetto militare del duca di Urbino 94 . Allo- ra Baccio Pontelli collabor con Francesco di Giorgio nella costruzione del monastero di Santa Chiara in Urbino. La collaborazione continu fi- no a poco dopo la morte di Federico di Monte- feltro del 10 settembre 1482 a causa della qua- le molto probabilmente si interruppe la fabbrica e certamente il Pontelli lasci Urbino 95 . impos- sibile individuare cosa venne costruito in quella prima campagna di lavori, a parte forse la chiesa che pare identificabile in base alla sua descrizione nel documento del 1481 96 . I lavori intrapresi per volont di Elisabetta Feltria a cavallo tra i seco- li XV e XVI proseguirono sulla base del pro- getto martiniano. Alla fine di quella seconda cam-
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 34 pagna di lavori restavano da costruire, o forse so- lo da completare, i corpi di fabbrica a sud e a ove- st del chiostro. Ma nulla si sa di questi ultimi la- vori. invece noto che la chiesa venne rimaneg- giata in almeno tre occasioni 97 . Allinizio del seco- lo XX il monastero venne ristrutturato, con dan- neggiamenti anche gravi, e solamente da ventan- ni ne iniziata una lenta opera di manutenzione 98 . Larchitettura autentica martiniana costitui- sce la maggior parte delledificio. In essa il sito, i vincoli preesistenti, le necessit funzionali, le emergenze di cantiere e le interpretazioni di col- laboratori ed esecutori intervennero come acci- denti della fortuna sul modello ideale. Lo stes- so uso martiniano della composizione a filo di ferro facilitava il prodursi di deformazioni mu- rarie nelle sue architetture, che si verificarono anche nel monastero di Santa Chiara. Francesco di Giorgio sottopose le tre piante a una sempli- ficazione geometrica meno rigida, ma analoga, a quella adottata nei disegni dei suoi Trattati. Inol- tre egli contestualizz in modo approssimativo nel sito quelle piante geometrizzate. Solamente sul cantiere egli deform il regolare impianto planimetrico del progetto finale. In quel fran- gente, alcune linee parallele e perpendicolari su- birono deviazioni e deformazioni e certi elemen- ti e parti del progetto si adattarono esattamente a dei vincoli preesistenti. Si sono gi indicati gli inconvenienti pi gravi del progetto ai ff. 66v- 67r: nella ridotta dimensione delledificio e nel- la indicazione di un circuito di vie pubbliche, che avrebbero intaccato la clausura del monaste- ro. Questi due inconvenienti non pregiudicano ledificio. Il monastero fu ampliato e separato dalla citt. Larea si estese a nord, fino alle mura urbiche ed al torrione semicircolare, a quelle contestuale, sul quale si innalz la rampa elicoi- dale (ill. 2 e 8). Inoltre, si ridusse a un impasse la strada a L tra il monastero e il convento di San Girolamo 99 . La sovrapposizione della pianta ai ff. 66v-67r sul rilievo dellex monastero rende evi- denti le trasformazioni intervenute con la co- struzione delledificio (ill. 2). Il fronte edilizio assecond la curva dolce della via del cortile e registr tre cesure murarie (ill. 3), che individua- rono delle separazioni funzionali nelledificio. A partire da quella linea spezzata la pianta del cor- po di fabbrica ovest assume una forma a venta- glio, che si interrompe contro il regolare corpo di fabbrica est (ill. 9). Una attendibile ricostruzione delledificio e dei suoi usi alla data del primo Cinquecento stata pubblicata pi di trentanni fa (ill. 9) 100 . Le abitazioni del confessore e del guardiano separa- rono verso ovest il giardino dei frati dalla via del cortile. Labitazione del guardiano era accostata alloratorio di SantAntonio ed entrambi i corpi di fabbrica vennero abbattuti. Per primo lorato- rio 101 , e successivamente allinizio del secolo XX labitazione del guardiano. Dopo la prima ca- mera dellabitazione del confessore, che fungeva anche da primo ingresso al monastero cerano: la sacrestia, il parlatorio, il confessorio, la sacrestia delle suore, e il deposito dei panni. Lubicazione della paneria, che analoga a quella della pian- ta ai ff. 66v-67r (ill. 1), conferma che la confezio- ne dei panni fosse la prevalente attivit manuale delle clarisse urbinati. A sud cerano la chiesa e il coro, dal quale le suore seguivano attraverso una grata, in incognito, la messa celebrata nella chie- sa. Anche la finestra di ferro del parlatorio era af- facciata sulla chiesa, che fungeva inoltre da parla- torio pubblico 102 . Dal loro parlatorio le suore ac- cedevano al confessorio. Lingresso alla chiesa posto su una breve rientranza del fronte edilizio, che ritaglia un esiguo slargo sulla via del corti- le. Nei brevi fronti laterali dellesiguo slargo erano collocati i due ingressi del monastero. La sequenza di ingresso, chiesa e coro venne desun- ta dal progetto al f. 65r. E da esso venne forse ri- presa anche la disposizione dellappartamento 10. Il fronte orientale dellex monastero di Santa Chiara in Urbino (foto Guido Cecere)
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 35 11. Loriginario dormitorio nellex monastero di Santa Chiara in Urbino (foto Guido Cecere). del confessore. Il corpo di fabbrica a valle venne edificato su tre piani. Nel primo piano cerano il dormitorio e le celle, affiancati e separati da un corridoio, secondo una soluzione distributiva che disegnata nella pianta ai ff. 63v-64r (ill. 6). La lunga serie delle celle, oggi in gran parte de- molite, risvoltata a 90 in due ali di testata. Quella nord incernierata al dormitorio me- diante la rampa elicoidale. La disposizione plani- metrica di quel corpo di fabbrica affine a quel- la del corpo di fabbrica sud del palazzo Ducale di Gubbio, che venne costruito, quasi certamente con il concorso di Francesco di Giorgio, con- temporaneamente al monastero di Santa Chiara in Urbino 103 . A sud della testata sud delle celle e del dormitorio cerano linfermeria e lo spulcia- toio. Francesco di Giorgio afferm lutilit di questultimo ambiente nel contesto dei con- venti proprio nello specifico capitolo sui con- venti di T 104 . Lo spulciatoio assolveva sia a una funzione igienica sia al precetto religioso di pre- servare anche la pi piccola creatura di Dio. Dal balcone quadrilatero dello spulciatoio del loro monastero le clarisse urbinati si scrollavano di dosso i parassiti, che cadevano nel fondo del ca- vedio, da dove venivano convogliati nella fogna e di qui espulsi. Le logge vicine al dormitorio era- no usate come laboratorio, e il tratto incompiu- to delle logge nord era forse adibito a magazzi- no. La foresteria era nel corpo di fabbrica ovest, lungo la via del cortile. Essa venne costruita a partire dal secolo XVI, nella terza campagna di lavori. Ancora nel corpo di fabbrica est, al piano terra cerano: il refettorio, la cucina con la di- spensa e, intorno al cavedio dello spulciatoio, al- cuni magazzini e laboratori che immettevano nella lunga loggia a U; e nel seminterrato cera- no: il lavatoio, lo stenditoio e i vari depositi. Questi ambienti fanno capo al portico, che im- mette nel giardino dove originariamente erano collocate, addossate al muro orientale, le cappel- le sepolcrali. Una collocazione affine di una cap- pella nel giardino del palazzo del re, nel pri- mo Trattato 105 . E poich il giardino del palazzo del re affine a quello della pianta al f. 65r (ill. 5), possibile che fin da quelliniziale progetto Francesco di Giorgio prevedesse la collocazione di cappelle nel giardino. Il recupero delle solu- zioni approntate nei progetti iniziali avvenne se- condo un procedimento non lineare, mediante il loro reimpianto nel progetto definitivo, che documentato in una sua fase di elaborazione ini- ziale nella pianta ai ff. 66v-67r. Le tre aree fun- zionali che in essa sono chiaramente distinte il giardino dei frati, il monastero e il giardino del monastero vennero eseguite con gli adatta- menti gi detti. Il giardino dei frati venne sepa- rato dalla strada con un corpo di fabbrica ad uso degli stessi osservanti. La chiesa e il coro venne- ro trasformati secondo il precedente progetto al f. 65r. La rampa elicoidale sostitu la scala nella testata sinistra della loggia. Labile incastro a T fra la loggia e il portico venne fratturato con lin- serimento del refettorio. La via di separazione dal convento di San Girolamo venne ridotta a un impasse 106 . Infine si spost il confine tra le due co- munit religiose confinanti, ampliando larea de- stinata alle clarisse. Dal rilievo metrico si ricavano altre informa- zioni sulla geometria delledificio e sui procedi- menti adottati nella fabbrica 107 . Pare che France- sco di Giorgio avesse fissato le misure massime dellarea e le dimensioni delledificio e del giar- dino approssimando dei rapporti di numeri ra- zionali 108 . Su quella sommaria geometria di rife- rimento egli sovrappose e accost dei fasci di volte a botte e a padiglione le cui ampiezze vennero adattate dai precedenti progetti 109 fino a ottenere larticolata disposizione del Mona- stero. Ma larchitetto senese ottenne anche la giusta ordenazione degli ambienti, mediante un ampio uso di rapporti di numeri razionali 110 . Si registra inoltre, nel regolare corpo di fabbrica est, la presenza di alcune misure esatte di dieci e venti piedi che derivarono forse dalluso del- la canna di misurazione 111 . Il raccordo tra i due impianti planimetrici quello regolare del corpo di fabbrica est e quello irregolare del corpo di fabbrica ovest avvenne mediante la modellazio- ne a pianta trapezoidale di alcuni vani. Limmagine delledificio stabilita dallimpo- nente apparato murario del suo fronte orientale (ill. 10). Esso caratterizzato dalla doppia loggia su pilastri, che protesa verso il paesaggio con le testate svoltate a U e che, originariamente, era completata con lattico delle celle. Quel fronte connota il paesaggio urbano orientale di Urbino e fronteggia il paesaggio agrario che fa capo alla chiesa di San Bernardino. I tre originari piani so- vrapposti con le doppie arcate dal ritmo serra- to rimandano a esempi di teatri e acquedotti
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 36 romani antichi 112 . In quellimpaginato inserito il tipico motivo medievale senese dellarco ribas- sato. Linnovazione tipologica delle testate svol- tate a U rimanda al castellare e alla torre quadra- ta, nel palazzo Ducale di Urbino. Le costruzioni ad archi su pilastri, che sorreggono il giardino pensile dellex monastero, rimandano ai grandi contrafforti della spianata pensile del mercatale di Urbino. Infine, Francesco di Giorgio ottenne un forte effetto di contrasto applicando sul po- deroso apparato murario la sua sintetica abbre- viazione dellordine classico. Lintero dispositivo formale presenta una marcata affinit col fronte nord del palazzo del Belvedere di Innocenzo VIII, in Vaticano, e la somiglianza costituisce un solido indizio per lattribuzione delledificio vati- cano a Baccio Pontelli 113 . Limpianto regolare del corpo di fabbrica orientale appena deformato dalla modesta de- viazione del muro di testata nord, che prosegue rettilineo nel muro del giardino pensile. Il lungo allineamento murario complessivo tangente al cilindro della rampa elicoidale. Questa una si- gla martiniana che congiuntamente rimanda: al- la coclea e alle competenze meccaniche di Fran- cesco di Giorgio ingegnere 114 e alla predilezione figurativa verso le forme circolari e rotanti di Francesco di Giorgio artista 115 . La lunga devia- zione muraria si accorda alla poetica martiniana di deformazione del modello ideale, attraverso ladozione del principio di flessibilit nellorga- nismo reale 116 . Il modo col quale Francesco di Giorgio risolveva il tema delle scelte compositi- ve nei siti irregolari o comunque gravati da vincoli che potessero compromettere la regola- rit degli edifici era consono alla sua poetica di deformazione espressionistica delle masse mura- rie. Essa dichiarata apertamente anche nel trat- tamento degli spazi interni voltati, che si esten- dono dalla vastit di navate basilicali alla contra- zione di cunicoli ipogei. Qui Francesco di Gior- gio dette fondo alla sua vena fantastica (ill. 11). La deformazione materica dei blocchi murari plasmati, scavati e incisi e la illuminazione mi- steriosa e intensa raggiungono esiti in genere espressionistici, talvolta ermetici e astratti. Que- ste scelte linguistiche accomunano le poetiche dellarchitettura e della scultura martiniane. Ad esempio, la modellazione delle masse murarie sulle funzioni nei suoi edifici affine alla mo- dellazione delle forme plastiche sui gesti delle fi- gure nei suoi bassorilievi . Questo saldo lega- me ha una replica indebolita nel suo simmetrico speculare allacciato tra larchitettura e la pittu- ra martiniane soprattutto perch gli esiti della sua pittura vennero molto attenuati dalla medio- cre interpretazione degli esecutori. Ma questa via delle ipotesi critiche allargate ai settori disci- plinari contigui va comunque percorsa, nella prospettiva di estendere lunitariet della mul- tiforme opera martiniana, dalla prassi quotidiana alle poetiche artistiche. 1. La fortificazione di Costacciaro, il cui contratto di allogagione dei lavori venne stipulato il 17 maggio 1477 (pubblicato in P.L. Menichetti, Castelli, palazzi fortificati, fortilizi, torri di Gubbio dal sec. XI al XIV, Citt di Castello 1979, p. 141). La chiesa di Santa Maria delle Grazie al Calcinaio presso Cortona, la cui cerimonia di fon- dazione avvenne il 6 giugno 1485 (pub- blicato in G. Pinucci, Memorie istoriche della sacra immagine [] del Calcinajo, Fi- renze 1792, pp. 44, 53-54, 57-61). Il pa- lazzo Comunale di Jesi, il cui contratto di allogagione dei lavori venne stipulato il 27 maggio 1486. Pubblicato in A. Gia- nandrea, Il Palazzo del Comune di Jesi, Je- si 1887, p. 16. 2. I sette edifici sono: le rocche di Sasso- feltrio, Serra SantAbbondio, Tavoleto e Cagli, e la scuderia ducale con lannessa rampa elicoidale di Urbino, edifici co- struiti per Federico di Montefeltro; e le rocche di Mondolfo e Mondavio, costrui- te per Giovanni della Rovere signore di Senigallia. (Francesco di Giorgio Marti- ni, Trattati darchitettura militare e civile, a cura di C. Maltese, Milano 1967, 2 voll., II, pp. 339-40, 459-65, tavv. 274-79). La rocca di Mondavio integra. La rocca di Cagli e la rampa-scuderia di Urbino sono parzialmente conservate. Gli altri quattro edifici sono andati completamente di- strutti. 3. La definizione del corpus dei disegni di architettura autografi di Francesco di Giorgio un problema controverso (cfr. M. Mussini, La trattatistica di Francesco di Giorgio: un problema critico aperto, in F.P. Fiore, M. Tafuri (a cura di), Francesco di Giorgio architetto, Milano 1993, pp. 358- 79). Tralasciando i moltissimi disegni del Codicetto, codice Urb. Lat. 1757 della Bi- blioteca Apostolica Vaticana, e i numero- si dellOpusculum de architectura, codice 197.B.21 del British Museum di Londra, che hanno uno scarso riferimento alla progettazione architettonica. Alcuni di- segni rapidamente schizzati e annotati, che riguardano soprattutto macchine e meccanismi, sono postillati nel De inge- neeis I-II del Taccola, ms. Lat. 197.II del- la Bayerische Staatsbibliothek di Mona- co di Baviera, ff. 57r, 65r, 66r, 68r, 87r, 88v, 95v, 103r, 106r, 115v, 120r, 121r, 128r, 129r, 130v (cfr. L. Michelini Tocci, Disegni e appunti autografi di Francesco di Giorgio in un codice del Taccola, in Scritti di storia dellarte in onore di Mario Salmi, Ro- ma 1962, II, pp. 203-12). Vedi nota 41. Otto disegni sono apposti a margine del- la Traduzione da Vitruvio, allegata al codi- ce Magliabechiano II.I.141 della Biblio- teca Nazionale di Firenze, convenzional- mente definito M, ai ff. 103r-187r, ma anchessi sono annotazioni grafiche di scarso rilievo (cfr. F.P. Fiore, La traduzio- ne da Vitruvio di Francesco di Giorgio. No- te ad una parziale trascrizione, in Archi- tettura, storia e documenti, 1, 1985, pp. 5-30). Un progetto per la casa della Sa- pienza di Siena e alcune rapide idee pro- gettuali sono nel Quaderno di schizzi ar- cheologici di Francesco di Giorgio, Museo degli Uffizi di Firenze, ff. U 318 Ar/U 337 Av. Cfr. H. Burns, I disegni di France- sco di Giorgio agli Uffizi di Firenze, in Fio- re, Tafuri (a cura di), Francesco di Gior- gio..., cit. [cfr. nota 3], pp. 330-57. 4. Il codice Ashburnham 1828 App. della Biblioteca Medicea Laurenziana di Fi- renze risulta prezioso per lo studio del- larchitettura del Quattrocento. Esso contiene quello che ritenuto lunico di- segno autografo di Leon Battista Alberti (cfr. H. Burns, A drawing by Leon Battista Alberti, in Architectural Design, 49, 5- 6 1979, pp. 45-56; id., Un disegno architet- tonico di Alberti e la questione del rapporto tra Brunelleschi e Alberti, in Filippo Brunel- leschi. La sua opera e il suo tempo, Firenze 1980, 2 voll., I, pp. 105-23) e i tre disegni autografi di Francesco di Giorgio ff. 63v-64r, 66v-67r, 159r . Il codice racco- glie 333 disegni di architettura, databili tra la seconda met del secolo XV e lini- zio del secolo XVII. La collezione fu pro- babilmente composta nel secolo XVII dallarchitetto urbinate Muzio Oddi (1569-1639), del quale sono ravvisabili nel codice numerosi disegni e brani di scrittura. Dal suo testamento risulta che egli possedette una considerevole raccol- ta di Istrumenti Matematici, Libri, Scritture, statuette, disegni (cfr. Biblio- teca Universitaria di Urbino, Fondo del Comune, b. 22, f. 327v,). inoltre noto che i Vincenzi, suoi eredi, a poco a poco si disfecero di molti libri, di tutti gli stru- menti matematici e di alcuni manoscritti appartenuti al loro antenato (cfr. L. Ser- volini, Muzio Oddi, architetto urbinate del Seicento, in Urbinum, VI, 6, 1932, pp. 7-27; p. 22). significativo che nella Bi- blioteca Medicea Laurenziana sia anche conservata una raccolta autografa di Mu- zio Oddi, con disegni di orologeria idrau- lica e di tecnica varia (codice Ash- burnham 1357), di provenienza identica a quella del codice qui preso in esame. Ol- tre ai disegni di Leon Battista Alberti, Francesco di Giorgio e Muzio Oddi, si individuano nel codice diversi gruppi di disegni che denunciano singole paternit (cfr. P. Ruschi, Scheda n.155..., in F. Gur- rieri (a cura di), Disegni dei manoscritti lau- renziani, secoli X-XVI, Firenze 1979, pp. 214-18; p. 218). Questi raggruppamenti sono pi caratterizzati fra i disegni pi antichi, e in particolare tra quelli di alcu- ni collaboratori di Francesco di Giorgio. Gustina Scaglia ha riferito questi rag- gruppamenti a due precise personalit e ha proposto di identificarne una, ma con scarse adesioni (G. Scaglia, Architectural drawings by Giovanbattista Alberto in the circle of Francesco di Giorgio, in Architec- tura, VIII, 2, 1978, pp. 104-24). I tre di- segni martiniani vennero identificati e pubblicati da Howard Burns (H. Burns, Progetti di Francesco di Giorgio per i conven- ti di San Bernardino e Santa Chiara di Ur-
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 37 bino, in Studi bramanteschi, Roma 1974, pp. 293-311, tavv. CXXXIII-CXXXVI), e subito dopo commentati dalla Scaglia (G. Scaglia, Newly discovered drawings of Mo- nasteires of Francesco di Giorgio Martini, in Architectura, IV, 2, 1974, pp. 112-24). Va infine segnalata la presenza nel codice di un disegno, n. 110 al f. 77r, che rap- presenta un edificio sacro allantica, che rimanda in modo quasi testuale al tempio della Veduta di citt ideale, oggi alla Galleria Nazionale di Urbino. Cfr. Ru- schi, Scheda..., cit. [cfr. nota 4], p. 218). 5. La pianta ai ff. 63v-64r e la pianta al f. 159r, di cui Burns ha proposto lidentifi- cazione quali progetti per il convento di San Bernardino in Urbino. Burns, Proget- ti..., cit.[cfr.nota 4], pp.298-99. 6. Scaglia, Newly..., cit. [cfr. nota 4], pp. 114-18. 7. Burns, Progetti..., cit. [cfr. nota 4], pp. 296-98. 8. La strada rettilinea in basso lantica via del cortile. Il suo tracciato permane inalterato nellodierna via Santa Chiara, sulla quale prospetta ancora oggi il tre- centesco oratorio della Santa Croce (ill. 3). La rinascimentale chiesa di San Giro- lamo consacrata nel 1474 venne ab- battuta per riedificare quasi sullo stesso luogo lodierna chiesa tardo settecentesca (ill. 4) (cfr. B. Ligi, Memorie ecclesiastiche di Urbino, Urbino 1938, p. 399). Inoltre, lassetto delle mura coincide quasi esatta- mente con quello registrato da Leonardo nel suo rilievo delle mura urbiche di Ur- bino del 1502. Il rilievo leonardesco do- cumenta che a quella data il fronte nord del monastero era gi stato costruito, per- ch in esso non compaiono n il torrione semicircolare (ill.1 e 2), sul quale era gi stata innalzata la rampa elicoidale, n il primo tratto rettilineo delle mura urbiche che era a est del torrione semicircolare e che, a sua volta, era gi stato inglobato nel nuovo lunghissimo muro nord del giardino del monastero. Vedi nota 116 e cfr. N. De Toni, I rilievi cartografici per Cesena e Urbino nel Ms.L dellIstituto di Francia, in Letture vinciane I-XII, Firenze 1974, pp. 133-48 e ill. 30-39. 9. Fece (Federico di Montefeltro) edifi- care in Urbino uno monistero di Santa Chiara, [] e ci spese molti danari. Ve- spasiano da Bisticci, Vita di Federico da Urbino, in id., Vite di uomini illustri del se- colo XV, a cura di P. DAncona, E. Aesch- limann, Milano 1951, p. 225. 10. Elisabetta (di Montefeltro) riducen- dosi a fare vita religiosa e Santa in quel bel Monistero di S. Chiara di Urbino, chella fabbric a sue spese. G.C. Galli, Lettera a Guidubaldo II della Rovere. 1566 gen. 23, in G. Colucci (a cura di), Anti- chit Picene, Fermo 1795, t. XXI, p. 81. 11. Lattribuzione contenuta in uni- stanza che il conte Giacomo Ubaldini ed alcuni altri cittadini urbinati indirizzaro- no al governo del Regno dItalia, il 29 giugno 1862, al fine di tutelare lappena disciolto monastero di Santa Chiara da possibili manomissioni. In essa il conte Ubaldini, basandosi quasi certamente su documenti in suo possesso, abbandon le tradizionali attribuzioni delledificio agli architetti urbinati Bramante e Girolamo Genga (cfr. A. Lazzari, Delle chiese di Ur- bino e delle pitture in esse esistenti, Urbino 1801, p. 81), e cit due nomi allora quasi completamente dimenticati, dichiarando che lex monastero di Santa Chiara era stato disegnato e diretto da Francesco Martini senese e Baccio Pintelli fiorenti- no. Archivio Comunale di Urbino, Car- tella VIII, 11, convento di Santa Chiara, 1862-65; cit. in P. Rotondi, Contributi ur- binati a Francesco di Giorgio, in Studi arti- stici urbinati, Urbino 1949, pp. 87-135; pp. 117-18 e nota 49 a p. 128. 12. Il conservatorio venne eretto dal Beato Pietro da Pisa [] e da Cattarina Vedova di Ser Pietro Foschi da Rimino, e sua figlia, Vedova ancora essa del quon- dam Antonio di S.Arcangelo (cfr. Lazza- ri, Delle chiese..., cit. [cfr. nota 11], p. 78). Un rogito per un successivo acquisto di terreni, effettuato dai tre fondatori per lampliamento del conservatorio, in Ar- chivio di Stato di Urbino, Quadra di Po- sterula, 1430, c. 138, 1421 ago. 16, notaio Nicola di Giovanni da Urbino. Cit. in ibid., pp. 78-79. 13. Cfr. Ligi, Memorie..., cit. [cfr. nota 8], p. 396. Un successivo rogito del 15 otto- bre 1422, per la vendita al beato Pietro da Pisa di una casa con un orto in loco Sportelli sive Spineti, in Archivio Ca- pitolare di Urbino, Pergamena del conven- to di san Girolamo, 1422 ott. 15, notaio Tarquinio da Urbino. Cit. in ibid., p. 396. 14. Ringrazio vivamente lemerito stu- dioso urbinate monsignor Franco Negro- ni per avermi cortesemente segnalato i sette documenti inediti qui pubblicati, che egli ha rinvenuto e trascritto. Su que- sti indispensabili documenti si basato il mio lavoro. (ill. 2) Vendita da parte del- legregio ser Tommaso Catani di Urbino di una casa con suolo, tetto, pareti e lor- to contiguo alla stessa casa, posta nella citt di Urbino nella quadra di Santa Croce presso le vie da ogni parte al vene- rabile uomo Fra Pietro da Pisa e a donna Caterina moglie del fu Pietro di Fosco da Rimini e sua figlia donna Simona [] al prezzo di cinquecento ducati. (Archivio di Stato di Urbino, Quadra di Posterula, n. 23, 1430-31, c. 138v, 1431 ago. 31, notaio Nicola di Giovanni da Urbino). Lubica- zione del terreno nella quadra di Santa Croce e la sua vendita a Fra Pietro da Pisa e a donna Caterina [] e a sua figlia Simona garantiscono che quel terreno fosse confinante con il Conservatorio e servisse per lampliamento della sua area. Vedi nota 12. 15. (Ill. 2) Il 30 marzo 1445 in Urbino nel portico delle case dellillustrissimo si- gnore Federico. Lillustre e magnifico conte Federico [] successore della sem- pre ricordevole memoria dellillustre fu Guidantonio conte di Montefeltro [] o [] liberamente e per certa scienza mos- so da carit e zelo divino e amor di Dio nonch a titolo e causa di donazione tra vivi per aiuto del divino favore e per la costruzione dellinfrascritto monastero di monache che, povere serve di Dio, pura- mente, liberamente, semplicemente e ir- revocabilmente [] don allegregio uo- mo Bartolomeo di Simone di Pietro [] mercante in Urbino e a maestro Benedet- to da Coldazzo, muratore ovvero inge- gnere, domiciliato in Urbino, sindaci, procuratori, negoziatori, gestori delle de- vote donne (cors. agg.; vedi nota 17, ill. 1 e ill. 6) povere, ossia monache del nuovo monastero da edificarsi subito e costruir- si in detta citt di Urbino [] un pezzo di terreno ortivo, ossia tutto il tenimento e terreno ortivo dello stesso illustre signo- re, posto nella citt di Urbino, nella qua- dra di Santa Croce, nella localit del cor- tile, ossia del poggio, ossia in quanto e per quanto vasto incominciando e com- prendendo dallorto, ossia il terreno orti- vo dellegregio dottore in legge signor Matteo de Catani, escluso, fino al muro della chiesa della Fraternita di SantAnto- nio, esclusa, il quale terreno donato, dal primo lato, superiore, confina con la stra- da ossia via pubblica detta la via del corti- le, dal secondo lato, la detta chiesa e i be- ni della detta Fraternita di SantAntonio, dal terzo il terreno ortivo predetto del detto signor Matteo e dal quarto, di sot- to, la via ossia la via e la cerchia del co- mune. (Archivio di Stato di Urbino, Quadra di Santa Croce, n. 41, 1449, cc. 6r- 6v, 1445 mar. 30, notaio Bartolomeo di Brugaldino di Martino Antaldi da Urbi- no). Fino al 1445 il conservatorio rimase allinterno delle mura urbiche medievali la cerchia del comune . Liniziale in- sediamento del conservatorio dovette es- sere posto verso sud, perch il terreno ac- quisito nel 1431 venne ceduto dalla fami- glia Catani. A valle delle mura medievali era posto in loco Sportelli sive Spineti (vedi nota 13) il convento di San Girola- mo. Fu dopo labbattimento delle mura medievali, particolarmente col progetto del nuovo monastero nel 1475, che le cla- risse accamparono delle pretese su quel- larea contigua al convento di San Girola- mo e posta a valle del loro monastero. 16. Battista Sforza mor il 6 luglio 1472 in Gubbio. Il suo funerale venne celebrato in Urbino, nella chiesa di San Francesco, il 17 agosto 1472 (cfr. G. Santi, La vita e le gesta di Federico di Montefeltro Duca dUrbino, a cura di L. Michelini Tocci, Citt del Vaticano 1985, 2 voll.; I, p. 412; Gaugello Gaugelli, De vita et Morte illu- strissimae Baptistae Sfortiae, a cura di A. Cinquini, Roma 1905, p. 55). Secondo lunica testimonianza, la salma di Battista Sforza fu sepolta nel monastero de sanc- ta Clara de Urbino in li propri sepulchri de le sancte monache, come havea lei (Battista Sforza) devotamente ordinato ne la sua infermitade (cfr. Joanne Sabati- no de li Arienti, Gynevera de le clare donne, a cura di C. Ricci, A. Bucchi Della Lega, Bologna 1888, p. 304). Tuttavia, la storio- grafia urbinate accredit per lunghissimo tempo laffermazione del Baldi che Batti- sta Sforza fosse stata sepolta nella Chie- sa de Zoccolanti, cio nella chiesa di San Donato (B. Baldi, Vita e fatti di Fede- rico da Montefeltro duca di Urbino, Roma 1824, 3 voll.; III, p. 230). Sulla sepoltura di Battista Sforza cfr. F. Madiai, Battista Montefeltro sepolta in Santa Chiara, in Urbinum, IX, 1-6, 1935, pp. 12-16. 17. Oltre a inserire il monastero tra gli edifici fatti costruire da Federico di Montefeltro (vedi nota 9), Vespasiano da Bisticci parl altre volte delledificio e dellistituzione regolare: Era in Urbino uno luogo di sanctissime donne (cors. agg.) rinchiuse, doverano circa donne (cors. agg.) sessanta, murate; e il moniste- ro fece fare la sua Signoria, per confor- tarle nel buono proposito loro. Ogni set- timana, una volta, andava a questo moni- stero, e lui solo entrava nella chiesa, e non voleva che ventrasse altri, e andava a se- dere a una grata che vera. Qui vi veniva solo la maggior donna (cors. agg.) (Ve- spasiano da Bisticci, Vita..., cit. [cfr. nota 9], p. 215). Va rilevato che sia in questo sia negli altri brani dedicati ai monasteri femminili, Vespasiano da Bisticci deno- mina le suore come donne, secondo una consuetudine lessicale del secolo XV. Ci concorda sia con le corrispondenti anno- tazioni nelle due piante autografe marti- niane in cui anche Francesco di Giorgio denomina le suore come donne sia col documento del 1445. Vedi nota 15. 18. In quelli due anni, che stetti (Battista da Varano) in quel sacro e benedetto Mo- nastero di Urbino. Battista Varano, Vita della Veneranda Madre suora Battista Varani, a cura di D. Passini, Macerata 1624, p. 55. 19. Nella detta chiesa e presso la grata di ferro di clausura delle dette monache, al- la cui chiesa, da un lato la strada pubbli- ca, da tutti gli altri le propriet e il detto convento. Le monache di Santa Chiara che avevano venduto al nobile Guido Brancaleoni dei mulini e provvidenze in Piobbico in ragione di 200 fiorini compu- tati a 40 bolognini luno. Somma gi im- piegata e convertita nella fabbrica del detto monastero, poich non era stato steso listrumento papa Sisto IV concede ai frati dellOsservanza di San Donato di Urbino, curatori del detto monastero, di poter legalizzare latto. Latto steso. Archivio di Stato di Urbino, Notaio Anto- nio Vanni, n. 44, divisione I, casella 2, 1469-83, cc. 403r-404r, 1481 lug. 31. 20. Suor Chiara (Elisabetta di Monte- feltro) allatto di prendere i voti nel con- vento di Santa Chiara dispone dei suoi beni, presenti e futuri, lasciando erede universale il fratello Guidubaldo, duca di Urbino, con lobbligo di spendere inte- gralmente detti beni per la fabbrica del detto monastero di Santa Chiara rego- landosi sulle informazioni che daranno il padre Domenico da Leonessa, frate mi- nore dellOsservanza, e la veneranda ma- dre suor Elisabetta Varano (Battista da Varano) professa nel detto monastero di Santa Chiara [] presso la finestra di ferro e che d nella chiesa del detto mo- nastero, presente me notaio e i testimoni presenti anchessi nella detta chiesa, presso la detta finestra. Archivio di Sta- to di Urbino, Notaio Antonio Vanni, n. 55, divisione I, casella IV, 1464-1528, c.s.n., 1494 gen. 26. 21. La suora Elisabetta da Varano (Bat- tista da Varano) e suor Chiara Feltria (Elisabetta di Montefeltro) monache del- la strettissima regola di Santa Chiara. La detta suor Chiara col consiglio e consen- so della predetta suor Elisabetta costitui- sce il signor Agapito di Pietrantonio di Urbino suo procuratore per ritirare dal duca Ercole di Ferrara quanto di sua spettanza. Nel convento. (Archivio di Stato di Urbino, Notaio Antonio Vanni, n. 47, divisione I, casella III, 1493-95, c.s.n., 1495 gen. 12). Suor Elisabetta da Vara- no (Battista da Varano) e suor Chiara Fel- tria (Elisabetta di Montefeltro) [] suor Chiara Feltria d mandato alla illustre si- gnora Emilia (Emilia Pio) consorte del magnifico e potente Antonio di Monte- feltro di ritirare dal duca di Ferrara quan- to deve avere. Fatto nel convento. (Ar-
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 38 chivio di Stato di Urbino, Notaio Antonio Vanni, n. 47, divisione I, casella III, 1493- 95, c.s.n., 1495 dic. 10). Nel monastero di Santa Chiara. Suor Elisabetta da Vara- no (Battista da Varano) e suor Chiara Fel- tria (Elisabetta di Montefeltro) [] costi- tuiscono il signor Agapito di Pietrantonio di Urbino [] suo procuratore per ritira- re dal duca Ercole di Ferrara quanto di sua spettanza. Fatto alla grata di ferro. Archivio di Stato di Urbino, Notaio Anto- nio Vanni, n. 47, divisione I, casella III, 1493-95, c.s.n., 1496 gen. 24. 22. Pochissime sono le notizie documen- tate su Baccio Pontelli. Anche la data della sua morte ignota, ma il decesso avvenne certamente in Urbino, perch la tomba dellarchitetto fiorentino nella chiesa di San Domenico di Urbino (cfr. G. De Fiore, Baccio Pontelli architetto fio- rentino, Roma 1963, p. 31). Le ultime notizie che lo riguardano sono del 1492, e in quello o negli anni immediatamente seguenti viene datata la sua morte. Ma va segnalato che un breve di Alessandro VI, del 24 marzo 1494, ordin il seque- stro di un terreno gi donato dalla Ca- mera Apostolica a Baccio Pontelli. Tut- tavia, dal documento non si desume lesi- stenza in vita dellarchitetto fiorentino (cfr. ibid., e p. 107). La critica colloca il primo soggiorno urbinate di Baccio Pon- telli tra il 1479 e il 1482. La presenza dellarchitetto fiorentino in Urbino in quel periodo attestata nel 1481 dal- la sua lettera di accompagnamento al ri- lievo del palazzo Ducale di Urbino, che egli effettu per Lorenzo de Medici (cfr. J.W. Gaye, Carteggio inedito dartisti dei secoli XIV, XV e XVI, Firenze 1839-40, 3 voll.; I, pp. 274-75). Il ritorno in Urbino di Baccio Pontelli avvenne poco prima del 1492 o in quello stesso anno, perch esso viene posto in rapporto con la mor- te di Innocenzo VIII. Tuttavia, Baccio Pontelli pot visitare Urbino, tra il 1482 e il 1492, perch in quegli anni egli la- vor a lungo nelle Marche, soprattutto come commissario alle rocche pontificie nella Marca di Ancona. Vedi anche note 84, 95 e 113. 23. Francesco di Giorgio si distacc gra- dualmente da Urbino nel 1486-89. Gia- como Cozzarelli il principale collabora- tore dellarchitetto senese risultava an- cora residente in Urbino nel 1488 e la Bala di Siena intimava a Francesco di Giorgio di tornare a risiedere in Siena con la famiglia ancora nel gennaio 1489. Tuttavia, gi dal 1486 Francesco di Gior- gio aveva diviso la sua presenza tra Urbi- no e Siena, e progressivamente aveva in- tensificato i periodi di soggiorno nella sua citt natale (cfr. L. Cavazzini, A. Galli (a cura di), Biografia di Francesco di Giorgio ricavata dai documenti, in L. Bellosi (a cu- ra di), Francesco di Giorgio e il Rinascimen- to a Siena. 1450-1500, Milano 1993, pp. 512-17; pp. 514-15). In occasione del de- finitivo distacco di Francesco di Giorgio da Urbino, o poco dopo, intervenne una grave crisi nei rapporti tra larchitetto se- nese e la corte dei Montefeltro, perch solo un evento traumatico pot indurre Giovanni Santi a cancellare dalla sua Cro- nica il nome di Francesco di Giorgio. Nella prima stesura del poema - versata prima del 1488 la personalit e lattivit di Francesco di Giorgio, col quale Gio- vanni Santi era entrato in familiarit, vennero trattate ampiamente e in modo preciso e affettuoso. Ma con la revisione della Cronica avvenuta tra il 1488 e il 1494 il lungo brano dedicato allarchi- tetto senese venne coperto con otto versi insignificanti. Inoltre, gi nel testo origi- nario il nome di Francesco di Giorgio era stato storpiato in Francesco Nori. Cfr. Giovanni Santi, La vita..., cit. [cfr. nota 16], pp. XLVIII-XLIX, 418-19. 24. Vespasiano da Bisticci (1421-98) scrisse le sue biografie nel 1480-95 circa. Il proemio della Vita di Federico da Urbino, con la dedica a Guidubaldo di Montefel- tro, porta la data del 1493 (cfr. P. Rajna, Vespasiano da Bisticci Libraio fiorentino del secolo decimoquinto, in Rivista bolognese, vol. I, pp. 604-15, vol. II, pp. 52-64; I, p. 614). Vespasiano da Bisticci pot vedere personalmente il monastero di Santa Chiara perch testimoni che fu in Urbi- no nel 1482 (Vespasiano da Bisticci, Vi- ta..., cit. [cfr. nota 9], pp. 213, 224). 25. Vedi nota 10. 26. Lo storiografo urbinate attribu dap- prima la committenza delledificio a Eli- sabetta di Montefeltro Il Monastero di S.Chiara dentro la citt, edificato da Eli- sabetta figliuola di Federico, la quale [] rimasta vedova vi spese la sua dote (B. Baldi, Encomio della patria, Urbino 1706; ripubblicato in id., Memorie concernenti la citt di Urbino, a cura di F. Bianchini, Ro- ma 1724, p. 26). Ma successivamente il Baldi parl della fabbrica con unespres- sione che soggetta a uninterpretazione controversa fecesi monaca (Elisabetta di Montefeltro) e co danari della sua dote fabbric in Urbino, imitando la magnifi- cenza paterna, il Monastero sontuosissi- mo di santa Chiara (Baldi, Vita..., cit. [cfr. nota 16], III, nota M a p. 277). Dal brano non emerge chiaramente se imi- tando la magnificenza paterna Elisabet- ta Feltria avesse genericamente prosegui- to il mecenatismo paterno o, specificata- mente, la fabbrica del monastero di San- ta Chiara in Urbino. 27. Archivio Capitolare di Urbino, Rela- zione della citt e diocesi di Urbino di Fuschi- nio Brancaleone, 1597. Cit. in Ligi, Memo- rie..., cit. [cfr. nota 8], pp. 402-03. 28. In verit labate urbinate afferm ini- zialmente che Il Convento di S. Chiara dUrbino fu fabbricato da Elisabetta Fel- tria (Lazzari, Delle chiese..., cit. [cfr. nota 11], p. 78). Ma il Lazzari distinse poi la fabbrica delledificio in due campagne di lavori e spieg perch Elisabetta Feltria fosse ritenuta fondatrice del monastero: il magnifico Convento di S. Chiara [] che Federico incominci ad edificarlo, ed Elisabetta sua Figlia circa lanno 1483 e 1484, dopo essere rimasta Vedova di Ro- berto Malatesta, vimpieg la sua dote, vestendo ancor essa lAbito, ed ivi mona- candosi, per cui il detto Monistero, con- servandone il Ritratto, chiamolla sempre sua Fondatrice. A. Lazzari, De Vescovi dUrbino, Urbino 1806, p. 82. 29. Nel 1471 Francesco di Giorgio fu pa- gato perch dipense la choronazione della Madonna [] e fece la nobil tribu- na, e soffitta. Cfr. C. Zarrilli (a cura di), Francesco di Giorgio pittore e scultore nelle fonti archivistiche senesi, in Bellosi (a cura di), Francesco..., cit. [cfr. nota 23], pp. 530- 38; p. 530. 30. La ricostruzione della chiesa dellOs- servanza di Siena che fu realizzata se- condo alcuni da Francesco di Giorgio e Giacomo Cozzarelli venne decisa il 20 luglio 1474. Nel luglio 1475 dovevano gi essere iniziate le opere di fondazione. In proposito si richiese il parere di alcuni tecnici, che suggerirono delle rettifiche. Nellagosto 1476 vennero approvate le rettifiche come parr di fare al maestro el quale decto edifitio condurr (cfr. M. Bertagna, La basilica di San Bernardino dellOsservanza di Siena. Note storico-arti- stiche, in Archivum Franciscanum Histo- ricum, LVI, 1963, pp. 284-331, 390- 438; pp. 285-89). 31. M. Tafuri, Le chiese di Francesco di Giorgio Martini, in Fiore,Tafuri (a cura di), Francesco di Giorgio..., cit. [cfr. nota 3], pp. 21-73; p. 26. 32. F.P. Fiore, Larchitettura civile di Fran- cesco di Giorgio, in Fiore,Tafuri (a cura di), Francesco di Giorgio...,cit. [cfr. nota 3], pp. 74-125; p. 75. 33. G. Della Valle, Lettere sanesi di un so- cio dellAccademia di Fossano, sopra le Belle Arti, Venezia-Roma 1782-86, 3 voll., II, p.105. Cit. in Scaglia, Newly..., cit. [cfr. nota 4], nota 3 a p. 112. 34. E. Romagnoli. Biografia Cronologica de Bellartisti Senesi dal secolo XII a tutto il XVIII, Firenze 1976, 13 voll.; II, c. 766. Ripr. anast. dei mss. L.II.1/13 della Bi- blioteca Comunale di Siena [ante 1835]. Cit. in Scaglia, Newly..., cit. [cfr. nota 4], p. 112. 35. A. Allegretti, Diarii [] delle cose sene- si del suo tempo [ante 1497], in Rerum Itali- carum Scriptores, Milano 1783, t. XXIII, pp. 767-866; p. 776. Cit. in S. Borghesi, L. Banchi, Nuovi documenti per la storia dellarte senese, Siena 1898, p. 258. 36. Su Francesco Sanson cfr. A. Zanelli, Maestro Francesco Sanson, in Bullettino Senese di Storia Patria, IV, 1897, pp. 83-100; G. Abate, Francisci Sansonis mini- stri generalis ordinis fratrum minorum Re- gestum, in Miscellanea francescana, XXII, 1921, pp. 147-74, XXII, 1922, pp. 42-60, XXXVII, 1938, pp. 525-56; G. Parisciani (a cura di), Regesta Ordinis Fra- trum Minorum, Padova 1989, pp. XIV- XXII, XLII-XLVI. Per un rapido cenno sullattivit di insegnante del Sanson cfr. G. Fioravanti, Le arti liberali nei secoli XIII-XV, in LUniversit di Siena. 750 an- ni di Storia, Milano 1991, pp. 255-71. Per alcune notizie sul mecenatismo arti- stico del Sanson cfr. G. Agosti, Su Siena nellItalia artistica del secondo Quattrocento (desiderata scherzi cartoline), in Bellosi (a cura di), Francesco..., cit. [cfr. nota 23], pp. 488-509; pp. 493-94, note 38-46 alle pp. 505-06. 37. L. Wadding, Annales Minorum, Roma 1731-98, 20 voll.; XIV 1472-91, p. 124. 38. Francesco della Rovere, poi papa Si- sto IV negli anni 1471-84, e Federico di Montefeltro ebbero rapporti di amicizia fino alla rottura tra loro intervenuta nel 1481. Francesco della Rovere frequent dagli anni cinquanta la corte di Urbino, al seguito del cardinal Bessarione, stringen- do una solida amicizia con Federico di Montefeltro e Ottaviano Ubaldini (cfr. L. Michelini Tocci, Federico di Montefeltro e Ottaviano Ubaldini della Carda, in Federico di Montefeltro. Lo Stato. Le Arti. La Cultu- ra, Roma 1986, 3 voll., vol. Lo Stato, pp. 297-344; pp. 320, 332). Lamicizia si tra- mut in alleanza politica dopo la nomina a pontefice del della Rovere. 39. Nel lungo elenco testamentario dei beni mobili posseduti dal Sanson si regi- str una cassa, conservata nel convento di San Francesco di Brescia, et in eadem capsa sunt centum parulae orientales il- lustrissimi d.ni Ducis Urbini super qui- bus praestiti ducatos aureos quingentos. Una settimana dopo la morte del Sanson il 4 novembre 1499 si stil linventa- rio dei beni del defunto conservati in quel convento e vi si annot la registra- zione di quel prestito: Uno scritto de mano de dinari imprestati allo Ill.mo Du: DUrbino de Ducatti cinquecento (cfr. R. Prestini, Devozioni in San Francesco, in Musica e devozione nella chiesa di S.France- sco dAssisi a Brescia, Brescia 1983, pp. 224, 227). 40. Cfr. Agosti, Su Siena..., cit. [cfr. nota 36], p. 494 e nota 38 a p. 505; Parisciani (a cura di), Regesta..., cit. [cfr. nota 36], pp. XX-XXI. 41. La postillatura martiniana al De inge- neis I-II del Taccola testimonia lo studio e forse il temporaneo possesso di quel codice da parte di Francesco di Giorgio (vedi anche nota 3). Ma lartista senese conobbe e studi precocemente anche il De ingeneis III-IV ms. Palatino 766 del- la Biblioteca Nazionale di Firenze . In- fatti liconografia della Santa Dorotea e il Bambin Ges di Francesco di Giorgio, oggi alla National Gallery di Londra, venne molto probabilmente desunta da un disegno, di identico soggetto, che al f. 42r del De ingeneis III-IV del Taccola. La datazione ai primissimi anni sessanta della tavoletta martiniana fa ipotizzare che Francesco di Giorgio si fosse dedica- to precocemente allo studio di opere di architettura e ingegneria, prevalente- mente consultate presso lUniversit di Siena, dove si ritiene che fosse conserva- to il De ingeneis del Taccola. Cfr. L. Bel- losi, Scheda n. 5..., in Bellosi (a cura di), Francesco..., cit. [cfr. nota 23], pp. 120-21. 42. Per Alessandro Sermoneta, medico senese e docente presso lUniversit di Siena, nato nel 1424, Francesco di Gior- gio mini il frontespizio del De Animali- bus di Alberto Magno, che viene datato al 1463 circa. Va segnalato che il Sermone- ta ospit Federico di Montefeltro nella propria residenza di Siena, nel 1478, du- rante la guerra tra Sisto IV e Firenze, (cfr. Allegretti, Diarii..., cit. [cfr. nota 35], p. 780). Ci ha fatto ipotizzare che il Ser- moneta potesse essere stato il tramite tra Federico di Montefeltro e Francesco di Giorgio. Cfr. A. Angelini, Scheda n. 10..., in Bellosi (a cura di), Francesco..., cit. [cfr. nota 23], pp. 142-45. 43. Luciano Bellosi ha di recente attri- buito a Francesco di Giorgio il Gisant di Mariano Sozzini il Vecchio, del 1467 cir- ca, oggi al Museo del Bargello di Firenze (cfr. L. Bellosi, Scheda n. 26..., in Bellosi (a cura di), Francesco..., cit. [cfr. nota 23], pp. 198-99). 44. Vedi nota 1.
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 39 45. Pasquale Rotondi si addirittura spinto a una datazione pi alta, perch ha ipotizzato che Francesco di Giorgio dette dei disegni per delle decorazioni del pa- lazzo Ducale di Urbino ancor prima del 1474 (cfr. P. Rotondi, Il Palazzo Ducale di Urbino, Urbino 1950-51, 2 voll., I, pp. 267, 287, nota 147 a p. 439, nota 218 a pp. 463-65). La prima opera autografa urbinate di Francesco di Giorgio rite- nuta il bassorilievo bronzeo della Deposi- zione oggi nella chiesa del Carmine di Venezia ma proveniente dalloratorio del- la Santa Croce di Urbino che viene da- tato al 1475 circa. Cfr. A.S. Weller, Fran- cesco di Giorgio, 1439-1501, Chicago 1943, p. 135; F. Fumi Cambi Gado, Scheda n. 68..., in Bellosi (a cura di), Francesco..., cit. [cfr. nota 23], pp. 350-353. 46. La vertenza sorta tra Francesco di Giorgio e Neroccio, in occasione dello scioglimento della societ quam simul habuerunt in arte pictorum, venne risol- ta con un compromesso. Furono eletti laudatori il Vecchietta e Sano di Pietro, rispettivamente per Francesco di Giorgio e Neroccio. Cit. in Zarrilli (a cura di), Francesco..., cit. [cfr. nota 29], p. 531. 47. Cit. in ibid., pp. 531-32. 48. Si tratta di una lettera, inviata dalla Signoria di Siena al commissario per il la- go sulla Bruna, in cui lo si informava che sarebbero stati inviati i maestri Francius et Sanus per verificare lesecuzione dei lavori della diga sulla Bruna. Una vecchia trascrizione ottocentesca del documento aveva alterato Francius in Franciscus. Cfr. G. Chironi, Repertorio dei documenti riguardanti Mariano di Iacopo detto il Tacco- la e Francesco di Giorgio Martini, in P. Gal- luzzi (a cura di), Prima di Leonardo. Cultu- ra delle macchine a Siena nel Rinascimento, Milano 1991, pp. 471-82; p. 474 e nota 17 a p. 482. 49. Alcuni studiosi hanno gi ipotizzato che Francesco di Giorgio avesse sciolto la societ con Neroccio, in vista del suo tra- sferimento in Urbino. Ad esempio cfr. Weller, Francesco..., cit. [cfr. nota 45], p. 134; Fiore, Larchitettura..., cit. [cfr. nota 32], p. 75. 50. Il 25 maggio 1477 lo Spectabilis vir et ingegnosus architector Franciscus Georgii de Senis don, per conto di Ot- taviano Ubaldini, un terreno sito in Gub- bio (cit. in P.L. Menichetti, Le corporazio- ni delle Arti e Mestieri Medievali a Gubbio, Citt di Castello 1980, pp. 239-40). Quella funzione di fiduciario Francesco di Giorgio la svolse anche per Federico di Montefeltro, in due altre contemporanee occasioni. Nellallogagione di una pittura nella camera ducale del palazzo di Gubbio (cit. in ibid.) e nellallogagione dei lavori per la fortificazione di Costac- ciaro (vedi nota 1). I tre documenti sono riportati in Chironi, Repertorio..., cit .[cfr. nota 48], pp. 402-03. 51. Giovanni Santi testimoni che Fede- rico di Montefeltro anco havea ordina- to/ nel suo pallazzo, a lultimo riposo/ un tempio (cfr. Giovanni Santi, La vita..., cit. [cfr. nota 16], p. 420, vv. 139-47). Un secolo dopo il Baldi scrisse che si sarebbe dovuto costruire il tempio nel cortile del Pasquino e aggiunse che nella guar- darobba de Duchi se ne conserva ancora il modello (B. Baldi, Descrittione del Pa- lazzo Ducale di Urbino, in id., Versi e prose, Venezia 1590; ripubblicato in id., Memo- rie..., cit. [cfr. nota 26], p. 63). 52. Durante il capitolo generale conven- tuale del 1475 Federico di Montefeltro si pose certamente il problema di ricostrui- re la chiesa e il convento degli osservanti urbinati. Il duca di Urbino verific in quelloccasione la modestia del convento di San Donato, per cui si scus con un frate che aveva partecipato a quel capito- lo (Federico di Montefeltro, Lettere di Stato e dArte (1470-80), a cura di P. Ala- tri, Roma 1949, pp. 77-78). Inoltre, an- che in quelloccasione egli ebbe modo di riflettere sugli aspetti pagani di una se- poltura in un mausoleo e sulla soluzione molto migliore, sotto laspetto religioso, di una sepoltura in una chiesa necessaria- mente francescana, perch i Montefeltro erano legati da secoli a quellordine rego- lare e i signori di Urbino venivano tradi- zionalmente sepolti nelle chiese france- scane di Urbino. Cfr. G. Franceschini, I Montefeltro, Milano 1970, nota 3 a p. 362, nota 24 a p. 409, nota 31 a p. 430. 53. Vespasiano da Bisticci lo testimoni pi volte. In una di quelle occasioni scris- se: Lasci in ultimo suo testamento (Fe- derico di Montefeltro) che fusse rifatta la chiesa e il convento di Santo Donato, luogo di frati minori fuori dUrbino, do- ve, in vita sua, aveva disegnato dessere poi sepulto (Vespasiano da Bisticci, Vi- ta..., cit. [cfr. nota 9], p. 225; cfr. inoltre pp. 224, 225). Giovanni Santi conferma la testimonianza di Vespasiano da Bistic- ci: Distante da Urbin ben mille passi/ fu sepelito (Federico di Montefeltro) l, nel tempio sancto/ di San Donato [] e l suo fratello, (Ottaviano Ubaldini)/ pien de alto amore e caritade e zelo,/ aedificar fa uno tempio richo e bello/ ai poveri Observanti di Francesco,/ cum un sepul- cro qual conviense a quello/ (Giovanni Santi, La vita..., cit. [cfr. nota 16], II, p. 743). La chiesa e il convento di San Ber- nardino, nel cui contesto venne ingloba- ta la vecchia chiesa osservante di San Do- nato, vennero costruiti tra la met degli anni ottanta e linizio degli anni novanta del sec. XV. 54. La fabbrica del duomo di Urbino co- minci tra la fine del 1480 e linizio del 1481. Il 30 giugno 1481 un maestro co- struttore stipul una convenzione con al- cuni maestri luganesi perch edificassero al suo posto e alle stesse condizioni da lui precedentemente pattuite coi fabbri- ceri del duomo le opere edilizie di cui era stato incaricato. Cfr. F. Negroni, Il Duomo di Urbino, Urbino 1993, p. 57 sgg. 55. Vedi nota 32. 56. (Ill. 1). Il disegno a penna e inchio- stro bruno con uso di riga su carta. Le misure sono indicate in piedi da fabbrica di Urbino. Quella unit di misura era pa- ri a 35,372 cm ed era divisa in 12 once (cfr. A. Martini, Manuale di metrologia, Torino 1883, p. 807, rist. anast., Roma 1976). La misura di unoncia nel disegno corrisponde a 30 piedi nella costruzione, secondo il rapporto di 1:360. Lattribu- zione a Francesco di Giorgio stata avan- zata da Burns (Progetti..., cit. [cfr. nota 4], pp. 296-98), basandola sulla scrittura e sullaspetto a filo di ferro del disegno. Alcune misure apposte sulla pianta sono errate. La lunghezza del giardino ve- rosimilmente di 100 piedi, invece che 110. La lunghezza del Rifetorio di 41 piedi, invece che 43. Inoltre, per ottenere la larghezza di sei piedi per ciascuno dei tre cacatori occorre sottrarre dallam- piezza di 20 piedi del vano lo spessore di un piede per ciascuno dei due tramezzi. Infine, anche le misure del chortile, 8050 piedi, risultano sbagliate e vanno corrette in 7956. Larea totale del mona- stero misura 4526 mq. Il giardino dei fra- ti 1079 mq, il giardino 1226 mq, il cortile 457 mq, ledificio 1764 mq. 57. Lipotesi che Francesco di Giorgio avesse previsto di accostare il monastero alloratorio di SantAntonio si basa sulla documentata propriet delle clarisse, che a nord giungeva fino al muro della chie- sa della Fraternita di SantAntonio, esclu- sa (vedi nota 15) (ill. 2). Il confine tra le due propriet venne individuato dal mu- ro nord dellabitazione del guardiano e la posizione di quel muro, oggi demolito, rintracciata nella ricostruzione di Frater- nale (ill. 9) e nelle piante topografiche di Urbino di inizio Ottocento (cfr. G. Cuc- co, Urbino percorso iconografico dal XV al XIX secolo, Urbino 1994, pp. 252-53, 275- 81). Il posizionamento del bordo in basso della pianta ai ff. 66v-67r sul rilievo pla- nimetrico dellex monastero avvenuto adattando la linea retta che nel proget- to martiniano sulla linea leggermente curva di via Santa Chiara (ill. 3). La lar- ghezza delledificio costruito in media di 123 piedi, a cui vanno aggiunti i 5,5 piedi di larghezza dellimpasse che separa il monastero dal convento di San Girola- mo, per un totale di 128,5 piedi. Quella misura di quattro piedi maggiore della corrispondente, di 124,5 piedi, che Fran- cesco di Giorgio segn sulla pianta. Las- setto dei luoghi disegnati nel lato sinistro della pianta rilevato in modo impreciso e geometrizzato (ill. 2). In particolare rilevante la distanza che separa il torrione semicircolare, disegnato nella pianta martiniana, dalla rampa elicoidale del monastero che venne innalzata, con tutta evidenza, su quel torrione semicircolare delle mura urbiche (ill. 8). 58. Burns, Progetti..., cit. [cfr. nota 4], p. 298. 59. Scaglia, Newly..., cit. [cfr. nota 4], p. 114. 60. (Ill. 5). Il disegno a penna e inchio- stro nero su carta senza uso di riga. Le misure sono indicate in piedi da fabbrica di Urbino. La misura di unoncia nel di- segno corrisponde a 20 piedi nella costru- zione, secondo il rapporto di 1:240. La pianta appare copiata da un probabile progetto di Francesco di Giorgio e come tale venne segnalata e posta in rapporto col monastero di Santa Chiara in Urbino da Burns, insieme ad unaltra analoga pianta al f. 54r dello stesso codice Ash- burnham 1828 app. (Progetti..., cit. [cfr. nota 4], nota 52 a pp. 305-06). Questul- timo disegno presenta delle varianti mar- ginali, rispetto al disegno al f. 65r, e va ri- composto col disegno al f. 60r dov di- segnato il giardino che venne tagliato e separato dal disegno al f. 54r. Alcune mi- sure sono palesemente errate, forse per- ch le corrispondenti non erano indicate nelloriginale. Gli elementi di affinit col progetto ai ff. 66v-67r appaiono evidenti. Le scritte sono riferite certamente ad un progetto di convento e lelemento centra- le della pianta, composto di portico din- gresso, chiesa e coro, ha una larghezza di 30 piedi come il corrispondente corpo di fabbrica della pianta ai ff. 66v-67r. Anche la disposizione del monastero e del giar- dino affine nei due progetti. Un ulterio- re indizio concordante per il riferimen- to dei due progetti allo stesso edificio dato dalla lunghezza della pianta al f. 65r. Essa risulta verosimilmete pari a 168 pie- di e pari alla lunghezza della pianta del- ledificio ai ff. 66v-67r, se ai 145 piedi del fronte edilizio sulla via si aggiunge i 23 piedi della scala nella testata sinistra della loggia. Francesco di Giorgio dovette ini- zialmente individuare sulla via del corti- le un fronte edilizio di 168 piedi. Questo fronte costituiva il lato di un rettangolo che si inseriva, a est e in alto nella pianta, tra le nuove mura urbiche del secolo XV e il convento di San Girolamo (ill. 2). Il monastero e il giardino accostati misura- no 134 piedi circa, ma il foglio pare ta- gliato sul bordo in alto e, se cos fosse, la- rea del monastero avrebbe invaso per una maggior profondit il terreno a nord del convento di San Girolamo. Larea totale del monastero misura 2690 mq. Il giardi- no 1345 mq, i chiostri sono 475 mq cir- ca, ledificio 1170 mq circa. 61. (Ill. 6). Il disegno a penna e inchio- stro bruno su carta, su di una traccia pre- paratoria a gessetto, con uso di riga e compasso. Le misure sono indicate in piedi da fabbrica di Urbino. La misura di unoncia nel disegno corrisponde a 20 piedi nella costruzione, secondo il rap- porto di 1:240. Lattribuzione a France- sco di Giorgio stata avanzata da Burns (Progetti..., cit. [cfr. nota 4], pp. 296, 298- 99) ed basata sulla scrittura e sullaspet- to a filo di ferro del disegno. Il foglio stato ritagliato attorno al disegno e il di- segno stesso stato tagliato nella parte sinistra. tuttavia evidente che lattuale disegno residuo facesse parte di una pianta a simmetria speculare. Ci trova conferma in due misure apposte sul fo- glio qui di sopra p(er) tuto el dormen- tor(i)o longo p(iedi) 230 largo p(iedi) 25 che permettono di verificare lasse di simmetria delledificio nella mezzeria della chiesa. Larea del monastero misura 3026 mq. I chiostri sono 442 mq e ledi- ficio 2584 mq. 62. Burns ha proposto di identificare il disegno ai ff. 63v-64r come un progetto per la chiesa e il convento di San Bernar- dino in Urbino (ibid.). Subito dopo la Scaglia ha invece suggerito che lidentifi- cazione del progetto andasse condotta su other monasteries of the Osservanti, perhaps in the Marche. Cfr. Scaglia, Newly..., cit. [cfr. nota 4], p. 122. 63. il disegno n. 124 al f. 87r, che da- tabile alla seconda met del secolo XV. Si tratta di una sezione prospettica per il progetto dellinterno della chiesa di San Bernardino, che presenta alcune margi- nali differenze con la chiesa urbinate. Proprio queste differenze autorizzano a ritenere che si tratti di uno studio prepa- ratorio, disegnato da un ignoto collabora- tore di Francesco di Giorgio. Questa ipo- tesi trova conferma nelle due misure ap- poste al disegno, forse autografe dellar- chitetto senese, che non trovano riscon-
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 40 tro nella chiesa degli osservanti di Urbi- no. Cfr. Burns, Progetti..., cit. [cfr. nota 4], p. 299; id., San Bernardino a Urbino..., in Fiore, Tafuri (a cura di), Francesco di Gior- gio..., cit. [cfr. nota 3], pp. 230-43; p. 238. 64. Francesco di Giorgio Martini, Tratta- ti..., cit. [cfr. nota 2], I, p. 238. 65. Francesco di Giorgio usava delle se- zioni prospettiche, oltre a dei modelli, per la progettazione e la rappresentazio- ne degli interni degli edifici. Egli adott in modo pionieristico le vedute prospetti- che ed assonometriche anche nella pro- gettazione e rappresentazione degli esterni degli edifici. Larchitetto senese fu tra i primi a mettere a punto quegli stru- menti grafici, ma certamente egli usava anche delle proiezioni ortogonali (cfr. op.cit., I, pp. 87-91, tavv. 36 e 37). Sulla rappresentazione degli interni di archi- tettura nel Rinascimento cfr. W. Lotz, Das Raumbild in der Architekturzeichnung der italienischen Renaissance, in Mitteilun- gen des Kunsthistorischen Instituts in Florenz, 7, 1956, pp. 193-226, trad. it. in id., Larchitettura del Rinascimento, Milano 1997, pp. 89-119. 66. Cfr. Burns, I disegni ..., cit. [cfr. nota 3], p. 345. 67. Nel capitolo sui conventi in T, Fran- cesco di Giorgio accenn due volte alle camere de frati sistemate ad apparta- mento con saletta, oratorio, camera. Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, pp. 237-38. Inoltre cfr. Parisciani (a cura di), Regesta..., cit. [cfr. nota 36], pp. LXXXV-LXXXVI. 68. Nel primo Trattato Francesco di Giorgio descrisse alcuni giardini inseriti nel contesto di edifici diversi, tra cui dei conventi. Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, pp. 71-72, 238-39, 245-46, tavv. 29, 121 e 122. 69. La ricostruzione delle misure dei va- ni della parte destra della pianta abba- stanza sicura. Fissati i probabili spessori murari: tre piedi per la chiesa, il coro e il muro esterno; due piedi per gli altri mu- ri; un piede per i tramezzi delle came- re, la misura della parte destra della pianta risulta pari a 84 piedi, per un tota- le di 168 piedi delledificio. Da questul- tima misura si ricava le larghezze delle- dificio e del giardino, che sono entrambe pari a 67 piedi, per un totale di 134 (vedi anche nota 60). Nella parte destra della pianta i vani delle camere hanno di- mensioni di 55, 105, 1010 piedi. Nella parte sinistra della pianta i vani si- curamente identificabili hanno dimen- sioni di 105, 1010, 1710, 2510, 3010 piedi. I due chiostri quadrati han- no il lato di 25 piedi e la chiesa ha il dia- metro di 30 piedi. 70. Le due misure apposte sulla pianta (ill. 6) sono relative alla lunghezza totale delledificio e alla larghezza del dormito- rio (vedi nota 61). Esse consentono di in- dividuare nellinfermeria una serie di cel- le accostate di 1010 piedi e divise da un corridoio di 5 piedi. Di qui parte la misu- razione degli altri ambienti. In particola- re dei vani quadrati di 2020 piedi del parlatorjo e del vestibolo p(er) lj fratj e dei due moduli quadrati di 3030 piedi che formano la chiesa. 71. La marcata affinit tra le due piante fa riferimento alloriginaria presenza di unabside a pianta semicircolare nella chiesa degli osservanti urbinati (cfr. Burns, San Bernardino..., cit. [cfr. nota 63], pp. 232, 240-42; A. Terzaghi, Nuovi elementi per il problema di Urbino, in Il mondo antico nel Rinascimento, atti del V Convegno internazionale di studi sul Ri- nascimento, (Firenze, Palazzo Strozzi, 2- 6 sett. 1956, Firenze 1958, pp. 279-83). Tuttavia, tra le due piante esistono due differenze. La prima relativa al vano triabsidato della chiesa urbinate, dove so- no presenti quattro colonne angolari, as- senti nel disegno, che sorreggono gli ar- chi delle crociere su cui sono impostati i pennacchi della cupola. La seconda re- lativa ai due setti murari in aggetto, dise- gnati nella pianta ai ff. 63v-64r e assenti nel San Bernardino, che dividono la na- vata dal presbiterio della chiesa. Va infine segnalato che nel codice Ashburnham 1828 App. si trovano alcune copie e va- rianti del disegno ai ff. 63v-64r e diversi altri disegni comunque riferibili a proget- ti martiniani di conventi. Tra essi spicca il terzo disegno autografo di Francesco di Giorgio, al f. 159r. 72. Francesco di Giorgio Martini, Tratta- ti..., cit. [cfr. nota 2], I, tavv. 35, 43-44, II, tavv. 197-202, 206, 208. La soluzione compare numerose volte anche nei dise- gni del codice Ashburnham 1828 App. Sul retro del disegno n. 291 di quel codi- ce, al f. 201v, lunico disegno quattro- centesco rimasto del palazzo Ducale di Urbino. una veduta dello scalone do- nore, attribuita a un ignoto collaboratore di Francesco di Giorgio. Cfr. Burns, Un disegno..., cit. [cfr. nota 4], p. 105. 73. Lesistenza di due diversi tipi di pian- te nella progettazione del monastero di Santa Chiara in Urbino luna inserita nel contesto del sito e disegnata secondo un rapporto con denominatore pi gran- de (1:360), laltra priva di ogni riferimen- to al sito e disegnata secondo un rappor- to con denominatore pi piccolo (1:240) forse da mettere in rapporto con un ovvio procedimento progettuale. Larchi- tetto senese probabilmente dettagliava i progetti a scala pi grande, dopo aver controllato linserimento delledificio nel sito a scala pi piccola. 74. Vedi note 8 e 15. 75. Vedi nota 57. 76. Nel secondo Trattato Francesco di Giorgio descrisse brevemente le latrine. Egli sottoline la necessit di dotarle di condotti di aerazione (Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], II, pp. 335-37, tav. 191). Analoghe in- dicazioni si ritrovano nel Trattato del Fi- larete (Filarete, Trattato di architettura, a cura di A.M. Finoli, L. Grassi, Milano 1972, 2 voll.; I, pp. 303-04). Opere conformi a quelle indicazioni si rintrac- ciano sia nellOspedale Maggiore di Mi- lano del Filarete (cfr. op.cit., ill. 27 e 28) sia nel palazzo Ducale di Urbino. Cfr. V. Guidi, Gli impianti tecnologici, in M.L. Polichetti (a cura di), Il Palazzo di Federi- co da Montefeltro. Restauri e ricerche, Urbi- no 1985, pp. 627-40; p. 640 e tav. n. 18 dei rilievi f.t. 77. Vedi nota 85. 78. Il testo del paragrafo sui bagni e le stufe identico in L e T (Francesco di Giorgio, Il Codice Ashburnham 361 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, a cura di P.C. Marani, Firenze 1979, 2 voll.; I, p. 47 sgg. e note, II, f. 23r; Fran- cesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, pp. 99-101 e note, tav. 42). Anche i quattro disegni sono quasi identici ma le didascalie sono diverse (ill. 7) (Francesco di Giorgio, Il Codice..., cit. [cfr. nota 78], I, p. 131; Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, p. 261). La diversit si accentua molto nelle scritte apposte ai due spacca- ti assonometrici che illustrano il laconi- co. Le due scritte in T: Stufa, cappel- lo di bronzo; sono pi esplicative in L: stufa sichondo li antichi, cappello di bronzo( per la) temperanza. Inoltre, in L sono descritti il profurnio della stufa, e lo spazio cilindrico che con- giunge il foro praticato nel pavimento col clipeo di bronzo ed il foro nella som- mit della stufa. In questo spazio appo- sta la scritta chamino del fuocho p(er) lo quale la stufa rischalda che, nella pianta ai ff. 66v-67r, venne abbreviata in cami- no dove si schalda. 79. La trattatistica di Francesco di Gior- gio un problema critico aperto. Al suo arrivo in Urbino nel 1475 lartista senese aveva gi compilato gran parte del Codi- cetto e completato lOpusculum de architec- tura, questultimo preparato forse espres- samente per farne dono a Federico di Montefeltro. Entrambi i codici sono au- tografi e presentano un materiale omoge- neo, prevalentemente riferito agli argo- menti di una enciclopedia tecnologica. Col soggiorno urbinate inizi la vera atti- vit di autore di Francesco di Giorgio. La trascrizione di un primo abbozzo del pri- mo Trattato e di una iniziale traduzione da Vitruvio viene identificata nel codice Zichy (ms. 09.2690 della Biblioteca Mu- nicipale Szb Ervin di Budapest). Subi- to dopo, la critica colloca il primo Tratta- to, il cui testo sarebbe stato compilato fra il 1478 e il 1481. Le due stesure del pri- mo Trattato sarebbero state copiate sepa- ratamente: L tra il 1480 e il 1482, T fra il 1482 e il 1486. Il nesso che viene ora al- lacciato tra il disegno ai ff. 66v-67r degli anni 1475-76 e il materiale copiato al f. 23r di L consente di anticipare di qualche anno la compilazione di almeno alcuni passi del primo Trattato e la preparazione, se non la copiatura nel codice, di almeno alcuni disegni annotati di L. Cfr. C. Mal- tese (introduzione), in Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], pp. XI-LXIV; G. Scaglia. Francesco di Giorgio autore, in Galluzzi (a cura di), Pri- ma di..., cit. [cfr. nota 48], pp. 57-80; id., Francesco di Giorgio Checklist and History of Manuscripts and Drawings..., London 1992; Mussini, La trattatistica..., cit. [cfr. nota 3], pp. 358-379. 80. Francesco di Giorgio testimoni che i maggiori sforzi da lui coordinati nella comprensione del De architectura avven- nero in Urbino, tra il 1475 e il 1482, da parte di dotti umanisti sollecitati in que- sto compito da lui stesso e da Federico di Montefeltro (Francesco di Giorgio Mar- tini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], II, p. 295). I risultati di quegli sforzi appaiono evidenti nella Traduzione da Vitruvio, che autografa e viene prevalentemente da- tata nel nono decennio del secolo XV. Da essa risulta la migliore comprensione rag- giunta da Francesco di Giorgio del testo di Vitruvio, rispetto al primo Trattato e ai suoi abbozzi intermedi, dove Francesco di Giorgio fece un uso molto ampio del De architectura. Il preciso riferimento ad un passo del testo vitruviano, che si evi- denzia nella pianta ai ff. 66v-67r, testimo- nia che la Traduzione da Vitruvio era in at- to subito dopo larrivo di Francesco di Giorgio in Urbino (cfr. Fiore, La tradu- zione..., cit. [cfr. nota 3], pp. 7-30). Con qualche ragione, la Scaglia anticipa linte- resse martiniano per Vitruvio a prima del suo soggiorno in Urbino, e lo pone in re- lazione con lambiente umanistico sene- se. Cfr. Marco Vitruvio Pollione, Il Vitru- vio Magliabechiano di Francesco di Giorgio Martini, a cura di G. Scaglia, Firenze 1985, pp. 13-71. 81. Luso di una stufa in un monastero pu apparire un comfort fuori luogo, ma esso concorda con le rinnovate esigenze igieniche e mediche del tardo Medioevo e con la tradizione di innovazioni tecno- logiche e costruttive e messa in opera da- gli ordini regolari. Il calefactorium e il chauffoir delle abbazie cistercensi transal- pine prefigurano la nostra stufa. Alcuni indizi sulla esistentenza di tali attrezzatu- re anche nei conventi italiani si ricavano da regesti conventuali contemporanei, dove si citano ambienti con camino e stufette per il bagno caldo (cfr. Pariscia- ni (a cura di), Regesta..., cit. [cfr. nota 36], pp. LXXXV-LXXXVI). Allatto della co- struzione del monastero, Francesco di Giorgio sostitu la stufa con uno spulcia- toio, che rivestiva anchesso unimpor- tante funzione igienica. Cfr. G. Scaglia, Stanze-stufe e stanze-camini nei tratta- ti di Francesco di Giorgio da Siena, in Bollettino dArte, 39-40, 1986, pp. 161-84. 82. Lanalisi comparata delle tre serie di illustrazioni sui bagni e le stufe porta ad alcune considerazioni. Il f. 164r del codi- ce Zichy (riprodotto in ibid., p. 166) pre- senta tre disegni: lo spaccato assonome- trico di un bagno, lo spaccato assonome- trico di un bagno e una stufa accostati, la pianta dellipocausto di una stufa. Essi corrispondono puntualmente al testo di base (Francesco di Giorgio Martini, Trat- tati..., cit. [cfr. nota 2], I, p. 100, righe 12- 30, p. 101, righe 1-34). Tutti gli elemen- ti, anche le caldaie e gli sfiatatoi della stu- fa, vi sono indicati. Tuttavia in quel foglio del codice Zichy manca il disegno del la- conico, che invece si aggiunge in L e in T. In sostanza, nei due codici del primo Trattato venne illustrata anche la prima parte del paragrafo martiniano (ibid., p. 99, righe 23-26), tranne lesordio che dedicato al bagno degli antichi (ibid., p. 99, righe 14-22). Le due terne di disegni corrispondenti di Zichy e di L sono simili, ma in L mancano le indicazioni della caldaia e degli sfiatatoi della stufa. Si rileva inoltre una svista nel disegno in al- to a destra di L, dove la stufa definita frigidario. I disegni di T sono quasi identici ma meno dettagliati di quelli di L. Anche le didascalie sono abbreviate ri- spetto a L, in modo conforme alla note- vole semplificazione dellannotazione del laconico, di cui si gi detto (vedi nota 78). Va rilevato infine che lerrata annota- zione di una stufa come frigidario in L venne cancellata nel corrispondente dise- gno di T.
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 41 83. Il bagno del palazzo Ducale di Urbi- no, datato al 1477-82, il primo esempio rimasto di bagno rinascimentale allanti- ca. Le soluzioni strutturali, limpianto distributivo e gli stilemi decorativi ne fanno assegnare la costruzione a France- sco di Giorgio. Particolarmente signifi- cativa la corrispondenza tra la chiusura del paragrafo sui bagni e le stufe del pri- mo Trattato martiniano (ibid., p. 101, ri- ghe 31-34) e limpianto distributivo dei quattro piccoli ambienti del bagno urbi- nate. Lambiente del grande camino, cor- rispondente al forno delle caldaie e al prefurnio dellipocausto vitruviani, re- trostante i vani accostati della vasca e della stufa. Dallambiente del camino si versava lacqua nella vasca e si ponevano le braci, invece di alimentare il fuoco, nellipocausto della stufa. La vasca del bagno di forma quadrilatera e ha un co- modo accesso a gradini, che servivano anche da sedili. La stufa era riscaldata so- lamente dal pavimento, bench in alcune illustrazioni di stufe del primo Trattato e del codice Zichy Francesco di Giorgio disegni anche le intercapedini per la cir- colazione dellaria calda lungo i muri (ill. 7). Accanto alla stufa ci sono due piccoli ambienti di servizio sovrapposti e colle- gati da una doppia rampa. Cfr. Rotondi, Il Palazzo..., cit. [cfr. nota 45], I, p. 330; M.L. Polichetti, Nuovi elementi per la sto- ria del Palazzo: restauri e ricerche, in Poli- chetti (a cura di), Il Palazzo..., cit. [cfr. nota 76], pp. 137-79; pp. 159-61; P. Del Poggetto, Nuova lettura di ambienti fede- riciani: il bagno cosiddetto della duchessa e la biblioteca del duca Federico, in Federico..., Le Arti., cit. [cfr. nota 38], pp. 105-17; pp. 105-108; F.P. Fiore, Il palazzo Ducale di Urbino..., in Fiore,Tafuri (a cura di), Francesco di Giorgio..., cit. [cfr. nota 3], pp. 164-73; pp. 169-72. 84. La rocca di Ostia, datata al 1483-86, viene generalmente attribuita a Baccio Pontelli (cfr. M.G. Aurigemma. La rocca non un labirinto, in S. Danesi-Squarzina, G. Borghini, Il Borgo di Ostia da Sisto IV a Giulio II, Roma 1980, pp. 69-87). Il ba- gno cupolato e a pianta circolare, e con la vasca a tre anelli di gradini-sedili. Lim- pianto per il riscaldamento, ladduzione e il deflusso dellacqua oggi scomparso. Ma loriginario ambiente per la produ- zione dellacqua calda viene tradizional- mente indicato in un piccolo vano, vicino la vasca (cfr. Scaglia, Stanze-stufe..., cit. [cfr. nota 81], pp. 172-73). Anche in que- sto caso appare evidente laffinit col te- sto e i disegni del primo Trattato. France- sco di Giorgio parl di bagni tondi o quadri con le vasche a gradini (France- sco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, p. 100) e disegn il laconi- co, cupolato e a pianta circolare (ill. 7). 85. Il confronto del capitolo di Vitruvio sugli ambienti termali (Vitruvio, De archi- tectura, a cura di P. Gros, traduzione e commento di A. Corso e E. Romano, To- rino 1997, 2 voll.; I, pp. 580-85, [V, X, 1- 5], e note alle pp. 755-75) col passo mar- tiniano sui bagni e le stufe (Francesco di Giorgio, Il Codice..., cit. [cfr. nota 78], I, pp. 47-48, 113, II, ff. 23r-23v; Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, pp. 99-101, 261, tav. 42) dimo- stra che il testo del Trattato venne in buo- na parte parafrasato da Vitruvio, e sola- mente intarsiato con le moderne cono- scenze tecnologiche dellautore. In so- stanza, Francesco di Giorgio dimostr anche in questo caso di voler fare del te- sto vitruviano un uso concreto. Va inoltre rilevata la piena comprensione raggiunta dallarchitetto senese del passo di Vitru- vio. Lunico errore, in quella lettura, Francesco di Giorgio lo commise proprio nella ricostruzione del laconico. Vitruvio identific il laconicum come lambiente adibito al bagno secco. Egli pensava ad un laconico con un fuoco posto al centro della stanza, in unapposita fossa, perch solo in et postvitruviana si impose anche per quellambiente termale il riscalda- mento a ipocausto. Nel laconico era inol- tre possibile ottenere il bagno a vapore versando acqua su delle pietre calde, di- sposte nella fossa centrale. Invece, Fran- cesco di Giorgio applic al laconico il ri- scaldamento a ipocausto, che Vitruvio de- scrisse solamente nel caso del calidarium. E poich - a proposito del laconico - Vi- truvio parla di una diffusione a medio flammae vaporisque vis, larchitetto senese ipotizz nel centro del pavimento un fo- ro dal quale entravano nellambiente la- ria calda e le fiamme propagatesi nellipo- causto (ill. 7). In questa ricostruzione Francesco di Giorgio non pot render conto della vaporisque vis, che era riferita alluso del laconico come bagno a vapore. Nei Disegni di monumenti antichi, nel se- condo Trattato e nel Quaderno di schizzi archeologici Francesco di Giorgio illustr alcuni camini antichi, che la critica ritie- ne ricostruiti da resti di antichi ambienti termali (Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, tav. 149, II, pp. 331-33, tav. 188; Burns, I disegni..., cit. [cfr. nota 3], U 322 Av, pp. 336-37). A questo proposito, va segnalato che in uno dei camini antichi del secondo Trattato il fuoco acceso al centro del pavimento. Cfr. Francesco di Giorgio Martini, Trat- tati..., cit. [cfr. nota 2], II, tav. 188. 86. Un grossolano errore di scrittura in latino nella didascalia apposta alla pian- ta della basilica di Massenzio nel Quader- no di schizzi archeologici . Lantico edificio era allora ritenuto il Templum Pacis ma nellannotazione martiniana esso divenne tenpium pacis (cfr. Burns, I disegni..., cit. [cfr. nota 3], pp. 343-45). La scrittura del nome venne corretta quasi esattamente nei Disegni di monumenti antichi. Cfr. Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], II, tav. 139. 87. noto che i rapporti numerici mu- sicali del Medioevo corrispondevano al- le consonanze dellantica scala musicale greca. probabile che Francesco di Giorgio basasse la sua conoscenza dellar- gomento sul Vitruvio (Vitruvio, De..., cit. [cfr. nota 85], I, pp. 560-65, [V, IV, 1-9], e note a pp. 673-86). Nel Medioevo si sol- lev inoltre il dibattito sul riconoscimen- to delle terze e delle seste naturali, come consonanze, e dei relativi rapporti nume- rici non pitagorici, come musicali. Considerando anche questi ultimi, nel nostro progetto Francesco di Giorgio us in sette casi quattro rapporti musicali 1:1, 4:3, 5:3, 8:5 e in altri dieci casi si av- vicin a sei rapporti musicali 1:1, 2:1, 3:1, 3:2, 5:4, 9:8 . Tre di questi ultimi ca- si sono riferiti al giardino dei frati (115:75 piedi, circa 3:2), al monastero (145:115 piedi, circa 5:4) e al giardino del mona- stero (100:98 piedi, circa 1:1). Il rilevante uso che Francesco di Giorgio fece di rap- porti numerici musicali non deriv, quasi certamente, dalla conoscenza delle teorie musicali classiche e medievali, ma dalla consuetudine che egli ebbe di quei rapporti attraverso la pratica di bottega e la prassi costruttiva. Essi erano citati nei trattati dabaco e venivano insegnati nelle scuole dabaco. Inoltre, Francesco di Giorgio ritrov ampiamente il loro uso in Vitruvio. Cfr. Francesco di Giorgio Mar- tini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, pp. 46- 50, 75-79, 82, 86-89. 88. La costruzione del triangolo pitagori- co riportata nel Vitruvio (Vitruvio, De..., cit. [cfr. nota 85], II, pp. 1200-03, [IX, pref., 6-8], e note a pp. 1249-51). 89. La citazione martiniana (Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, p. 82) tratta dal paragrafo su- gli atri delle case del Vitruvio (Vitruvio, De..., cit. [cfr. nota 85], II, pp. 838-39 [VI,III,3] e nota 103 a pp.914-15). La co- noscenza e luso martiniani del rapporto 1:2 fanno ipotizzare anche la sua cono- scenza e il suo uso del procedimento ad quadratum, che dal rapporto 1:2 deriva. Luso di questo procedimento, nellambi- to della costruzione, risale al basso Me- dioevo. Esso documentato, ad esempio, da alcune postille del magister 2 al ce- leberrimo Taccuino di Villard de Honne- court (R. Pernoud [a cura di], Carnet de Villard de Honnecourt, Paris 1986; trad it. Villard de Honnecourt. Disegni, Milano 1988, tav. 39 k.o.p, p. 132). Il procedi- mento fu adottato fino al tardo Gotico nelle botteghe artistiche e soprattutto dai maestri costruttori del centro Europa, per i quali costituiva un segreto del me- stiere. Lutilizzazione del procedimento in questo ambito testimoniata in alcuni manuali di maestri costruttori tedeschi dei secoli XV e XVI. I pi noti sono quelli di Roriczer [1486], Schmutter- mayer [fine secolo XV] e Lechler [1516] (cfr. P. Frankl, The secret of the medieval masons, in The Art Bulletin, 27, 1945, pp.46-60; R. Schelby, The geometrical knowledge of medieval master masons, in Speculum, 1972, pp. 395-421. Luso del procedimento geometrico ad quadra- tum era in Italia meno generalizzato, ri- spetto al centro Europa. Nel caso di Francesco di Giorgio, alcuni studiosi hanno accennato rapidamente alluso del rapporto 1:2 e ad una sua possibile evo- luzione nel procedimento ad quadratum (cfr. H. Millon, The architectural theory and practice in Antonio Filaretes Trattato di architettura, in The Art Bulletin, XLI, 1959, pp. 89-106; nota 9 a p. 92, nota 28 a p. 99). Poi Hellmann ha pro- posto lindividuazione in Francesco di Giorgio di un ampio uso del procedi- mento geometrico ad quadratum, che ha accostato a quello dei contemporanei maestri costruttori tedeschi (G. Hell- mann, Proportionsverfahren des Francesco di Giorgio Martini, in Miscellanea Bi- bliothecae Hertzianae zu Ehren von Leo Bruhns, Mnich 1961, pp. 157-66). Li- potesi di Hellmann ha trovato consensi (cfr. ad esempio J. Eisler, Remarks on some aspects of Francesco di Giorgios trattato, in Acta historiae artium academiae scientiarum hungaricae, 18, 1972, pp. 193-231; pp. 202, 207 e note 24, 25 e 26 a p. 226), ma anche posizioni contrarie (cfr. ad esempio L. Lowic, Francesco di Giorgio on the Design of Churches: the Use and Significance of Mathematics in the Trattato, in Architectura, XII, 2, 1982, pp. 151-63; p. 159 e nota 49 a p. 159). Nei Trattati, Francesco di Giorgio pare avere adottato il procedimento geo- metrico ad quadratum una sola volta, nel tracciamento di una trama geometrica per una pianta di chiesa. Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], II, p. 402, tav. 235. 90. La Praticha di giometria il nono capi- tolo del primo Trattato (cfr. G. Arrighi, Francesco di Giorgio. La praticha di giome- tria del codice Ashburnham 361 della Biblio- teca Medicea Laurenziana di Firenze, Fi- renze 1970; Francesco di Giorgio Marti- ni, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, pp. 117- 40, tavv. 50-61). Le pratiche di geometria del secolo XV erano volgarizzazioni del testo originario di Leonardo Fibonacci. Una delle pi importanti rimaste venne compilata da un misuratore fiorentino ed conservata in Siena codice L.IV.18 della Biblioteca Comunale . Il confron- to della Praticha martiniana con una coe- va fiorentina del 1442 evidenzia le affinit tra i due testi e lidentica formulazione di una serie di esercizi di misurazione. Cfr. Leonardo Fibonacci, La pratica di geome- tria. Volgarizzata da Cristofano di Gherardo di Dino cittadino pisano. Dal Codice 2186 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, a cu- ra di G. Arrighi, Pisa 1966. 91. Ad esempio, il sistema proporzionale elaborato da Leon Battista Alberti nel progetto ai ff. 56v-57r del codice Ash- burnham 1828 App. estremamente complesso. LAlberti lo bas sul lato di cinque braccia di un vano quadrato, da cui deriv una serie ad quadratum che estese ad alcuni vani. A quella egli af- fianc una seconda serie, costituita di rapporti di numeri razionali e musicali. Inoltre egli intrecci le due serie median- te luso di medi geometrici e aritmetici (cfr. Burns, A drawing..., cit. [cfr. nota 4]; id., Un disegno..., cit. [cfr. nota 4]). Poich il disegno albertiano di provenienza ur- binate, possibile che originariamente fosse conservato in Urbino e che l lo avesse potuto consultare Francesco di Giorgio. 92. Francesco di Giorgio Martini, Tratta- ti..., cit. [cfr. nota 2], I, p. 239. 93. Vedi note 1 e 50. 94. La presenza di Francesco di Giorgio sul teatro delle operazioni di guerra do- cumentata da due lettere di Federico di Montefeltro alla Signoria di Siena. Le lettere vennero inviate nel luglio 1478 da due accampamenti nel Chianti da Ren- cine il giorno 25 e da Castellina il giorno 28 e vennero affidate a Francesco di Giorgio vostro citadino e mio architec- to (cfr. Romagnoli, Biografia..., cit. [cfr. nota 34], IV, ff. 771-72). Inoltre, Sigi- smondo Tizio document che il 6 set- tembre 1478 Francesco di Giorgio parte- cip allassedio di Brolio, fornendo opere di artiglieria (cfr. S. Tizio, Historiarum Senensium ab initio urbis Senorum usque ad annum MDXXVIII [1506-1528], mss. B III.5-12 della Biblioteca Comunale di Siena). Tuttavia, va segnalato che nellas- sedio condotto da Federico di Montefel- tro contro Colle Val dElsa, conclusosi vittoriosamente il 13 novembre 1479, gli architetti militari del duca di Urbino ven- nero guidati da Scirro Scirri (cfr. W. Tommasoli, La vita di Federico da Monte-
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org 42 feltro, 1422/1482, Urbino 1978, p. 306). 95. La collaborazione di Baccio Pontelli alla fabbrica del monastero di Santa Chiara in Urbino solleva il controverso aspetto della sua precedente attivit di ar- chitetto. Il Vasari attribu al Pontelli nu- merosi edifici fatti costruire in Roma da Sisto IV, fin dallinizio del suo pontificato (1471-84) (cfr. Giorgio Vasari, Le vite de pi eccellenti pittori scultori ed architettori, [ed. del 1568], a cura di G. Milanesi, Fi- renze 1878-85, 9 voll.; II, pp. 652-54; ri- st. anast., Firenze 1973). La vasta attribu- zione vasariana venne poi sfrondata, ad iniziare dal Milanesi (ibid. e pp. 659-64), ma negli ultimi decenni essa ha trovato nuove adesioni (cfr. De Fiore, Baccio..., cit. [cfr. nota 22]), in particolare per la fabbrica della cappella Sistina (cfr. R. Sal- vini, The Sistine Chapel. Ideology and archi- tecture, in Art History, III, 2, 1980, pp. 144-57; id., La Cappella Sistina in Vaticano, Milano 1965, 2 voll.; I, pp. 15-18). Vedi anche note 22, 84 e 113. 96. Vedi nota 19. 97. Dopo il 1538, per collocarvi la tom- ba di Francesco Maria I della Rovere, che venne disegnata da Girolamo Genga ed eseguita da Bartolomeo Ammannati (cfr. Vasari, Le vite..., cit. [cfr. nota 95], VI, p. 321). Nel 1627-29, quando il duca Francesco Maria II della Rovere ne fece trasformare la decorazione per riadattar- la a mausoleo roveresco (cfr. L. Pungi- leoni, Elogio storico di Giovanni Santi, Ur- bino 1822, pp. 102-03; L. Serra, Chiesa di S. Chiara in Urbino, in O.T. Locchi (a cu- ra di), La provincia di Pesaro-Urbino, Ro- ma 1934, p. 385). Nel 1716, quando il cardinale Annibale Albani fece sistemare nella cupola dei bozzetti dipinti di Pietro da Cortona. 98. Dopo la soppressione delle corpora- zioni religiose del 1861 lex monastero venne ceduto il 19 settembre 1864 al Co- mune di Urbino, che lo adib a sede di un istituto di educazione femminile retto dalle clarisse. Nel 1904 il Comune di Ur- bino adib ledificio a sede dellOspedale Civile e lo cedette alla Congregazione di Carit di Urbino (cfr. Archivio Comuna- le di Urbino, Cartella Nuovo Ospedale Ci- vile, busta n.15, fasc.1, archiviazione 1903-14; cit. in Rotondi, Contributi..., cit. [cfr. nota 11], nota 47 a pp. 127-28). La pesante ristrutturazione delledificio ini- zi nel 1907. Circa 25 anni fa lOspedale Civile di Urbino venne trasferito in un nuovo edificio, e lex monastero di Santa Chiara divenne la sede dellI.S.I.A. di Ur- bino. Da allora iniziata una lenta opera di manutenzione delledificio. 99. Vedi nota 57. 100. Cfr. L. Fraternale, Il monastero di Santa Chiara a Urbino, in Larchitettura, cronache e storia, X, 1964, pp. 268-75. La ricostruzione di Fraternale altamen- te attendibile, perch venne basata sulle testimonianze di alcune clarisse urbinati, che avevano abitato nellex monastero di Santa Chiara fino al 1907 e solo allora si erano trasferite nel loro nuovo monaste- ro urbinate, costruito appena fuori le mu- ra urbiche, a sud. 101. Ci avvenne prima del 1810, perch nella planimetria catastale di Urbino di quellanno il terreno, gi appartenuto al- la fraternita di SantAntonio, accorpato al monastero di Santa Chiara e loratorio di SantAntonio, che insisteva su quel ter- reno, risulta abbattuto. Vedi nota 57. 102. Vedi note 17, 19, 20 e 21. 103. La costruzione del palazzo Ducale di Gubbio viene datata fra la met degli an- ni settanta e i primi anni ottanta del sec. XV. Nel primo piano, due corpi di fab- brica sono disposti ad angolo retto e sono incernierati nella rampa elicoidale. Cfr. F.P. Fiore, Il palazzo Ducale di Gubbio..., in Fiore, Tafuri (a cura di), Francesco di Gior- gio..., cit. [cfr. nota 3], pp. 180-85. 104. Francesco di Giorgio Martini, Trat- tati..., cit. [cfr. nota 2], I, p. 237. 105. Vedi nota 68. Secondo le testimo- nianze rese dalle clarisse a Fraternale, le cappelle erano del tipo a tomba e recava- no incisi i misteri del rosario, che veni- vano l recitati (ill. 9). 106. Vedi nota 57. 107. La Soprintendenza per i Beni Am- bientali e Architettonici delle Marche ha di recente fatto redigere il rilievo metri- co delledificio. Ringrazio il soprinten- dente dottor architetto Renzo Mancini per avermi permesso di consultare il ma- teriale grafico del rilievo, che conserva- to in Ancona presso lArchivio della So- printendenza. 108. Larea del monastero era di forma irregolare. La sua lunghezza massima lungo la via del cortile era di 222 piedi e la sua larghezza dal bordo di quella via fino al lato orientale del giardino in media di 215 piedi. Ledificio, dalla ram- pa al fronte sud, lungo 179 piedi ed largo in media 123 piedi. Il giardino lungo 140 piedi e largo 90. I rapporti nu- merici tra i lati dei rispettivi rettangoli si avvicinano a: 1:1, 3:2 e 3:2. 109. Il rilievo metrico delledificio con- ferma che la pianta ai ff. 66v-67r (ill. 1) un elaborato iniziale della fase proget- tuale finale del monastero. In questo progetto la lunghezza di 220 piedi della- rea e la larghezza di 126 piedi delledifi- cio, fino alla loggia compresa, sono pros- sime alle corrispondenti misure, di 222 e 123 piedi, delledificio costruito (ill. 2, 9). Anche le larghezze dei vani nel corpo di fabbrica est delledificio corrispondo- no alle larghezze dei corrispondenti vani del progetto. Nelledificio, la profondit della loggia e la larghezza del refettorio sono di 10,5 e 23,7 piedi, misure quasi pari alle larghezze di 11 e 25 piedi dei corrispondenti ambienti del progetto. Invece, nel corpo di fabbrica nord le mi- sure a filo di ferro del progetto venne- ro tradotte in misure comprendenti an- che lo spessore di uno o di entrambi i muri. Ad esempio, il coro e la sottostan- te legnaia delledificio misurano 24,7 piedi di larghezza, per i 30 piedi di lar- ghezza del coro nel progetto. Analoga- mente, la chiesa misura 30,8 piedi al filo esterno dei muri, per i 30 piedi di lar- ghezza della chiesa nei tre diversi proget- ti. Nei corpi di fabbrica sud e ovest, che vennero costruiti durante la terza campa- gna di lavori, non si verificano delle affi- nit col progetto. Va infine segnalato che le celle del monastero (ill. 9) avevano le stesse dimensioni 85 piedi di quelle disegnate nella pianta ai ff. 63v-64r. 110. Anche nelledificio Francesco di Giorgio ricerc un ampio uso di rappor- ti stabiliti tra i primi cinque numeri inte- ri (ill. 9). Si rilevano le seguenti misure in piedi: 32,324,5 (4:3) per la legnaia; 24,4 16,1 (5:3) per la cantina; 34,913,8 (5:2) per il noviziato; 121,524,3 (5:1) per il dormitorio; 4124.6 (5:3) per il co- ro, questultimo misurato secondo la ri- costruzione di Fraternale (ill. 9). Inoltre, la larghezza e le lunghezze parziale e to- tale delle due testate della loggia di 11, 22 e 33 piedi rispettivamente formano una progressione aritmetica. Analoghi rapporti si verificano anche tra le lar- ghezze e le altezze massime di alcuni am- bienti. Ad esempio, si rilevano le seguen- ti misure in piedi: 23,3517,5 (4:3) per lo stenditoio; 23,616,2 (3:2) per il refetto- rio; 24,7418,2 (4:3) per il dormitorio. Ulteriori elementi e indicazioni potran- no venire da uno studio approfondito del rilievo, che non rientrava nelle finalit di questo studio. 111. Nel primo piano delledificio (ill. 9) la larghezza dellinfermeria di circa die- ci piedi. La successiva lunghezza dei due corridoi laterali allo spulciatoio, che sono vicini allinfermeria, di 20 piedi. 112. Nel primo Trattato Francesco di Giorgio dedic un brevissimo passo ai teatri con alcuni disegni di scarso inte- resse (Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, pp. 54-55, tavv. 23, 37). Pi interessanti sono i dise- gni di circhi, anfiteatri e teatri, che sono inseriti nei Disegni di monumenti antichi (op.cit., I, tavv. 129-31). Tra essi assume un particolare valore il disegno del teatro di Gubbio, perch Francesco di Giorgio certamente vide quel monumento nel 1477. Ci d certezza che egli conosces- se almeno un modello per il fronte orientale del monastero di Santa Chiara in Urbino. inoltre significativo che quel disegno presenti la tipica rielabora- zione martiniana dellordine, che venne adottata anche nel fronte orientale del monastero di Santa Chiara in Urbino. Essa esemplificata due volte nel Qua- derno di schizzi archeologici, U 327 Ar, U 337 Ar. Cfr. Burns., I disegni..., cit. [cfr. nota 3], pp. 340-41, 354-55. 113. Non esistono documenti per lattri- buzione del palazzo del Belvedere di In- nocenzo VIII (1485-90 circa). Il Vasari scrisse che ai suoi tempi il disegno delle- dificio veniva attribuito ad Antonio del Pollaiolo (cfr. Vasari, Le vite..., cit. [cfr. nota 95], III, p. 296). Loriginario assetto formale delledificio raffigurato in una serie di disegni e di dipinti dei secoli XVI e XVII. Verso nord, ledificio era costi- tuito da un loggiato a nove campate in- nalzato su sostruzioni a scarpa e ad archi chiuso da due logge di testata protese verso il paesaggio. Probabilmente il pia- no superiore era anchesso ad archi e ter- minava con una fila di beccatelli e di merli. Il prospetto era ritmato da paraste continue, che erano interrotte da una trabeazione. Nelle intersezioni fra la tra- beazione e le paraste si disegnavano dei capitelli a forma di trabeazione, analoghi a quelli martiniani. Il dispositivo formale di questo prospetto puntualmente affi- ne a quello del prospetto orientale del monastero di Santa Chiara in Urbino, e la marcata affinit costituisce un indizio per lattribuzione delledificio vaticano a Baccio Pontelli (cfr. M.Tafuri, Veduta del Belvedere di Innocenzo VIII..., in Fiore,Ta- furi (a cura di), Francesco di Giorgio..., cit. [cfr. nota 3], p. 272). Larchitetto fioren- tino si trasfer a Roma dopo la morte di Federico di Montefeltro, forse gi alla fi- ne del 1482. A Roma e nel Lazio egli la- vor inizialmente per Sisto IV e per Giu- liano della Rovere, ma il Pontelli si mos- se nellambito della curia pontificia an- che durante il pontificato di Innocenzo VIII (1484-92). Lattribuzione del Belve- dere innocenziano a Baccio Pontelli ac- quista ora maggiore forza, con la docu- mentata precedenza della fabbrica del monastero urbinate di Santa Chiara ri- spetto alla fabbrica vaticana del Belvede- re innocenziano. 114. Lelevatore dacqua a vite compare pi volte tra i disegni di Francesco di Giorgio. Nel Codicetto f. 146r, in L f. 42r e in T f. 47r (cfr. Francesco di Giorgio Martini, Trattati..., cit. [cfr. nota 2], I, tav. 85). La coclea inoltre raffigurata in una formella del fregio dellarte della guer- ra del palazzo Ducale di Urbino, che viene classificata nel gruppo di sicura ispirazione martiniana (cfr. G. Bernini- Pezzini, Il fregio dellarte della guerra del Palazzo Ducale di Urbino, Roma 1985, pp. 53-55). 115. Alcune invenzioni figurative nella Incoronazione della Vergine di Monteolive- to Maggiore (1472-74) esemplificano la predilezione figurativa martiniana per le forme circolari e rotanti (cfr. A. De Mar- chi, Scheda n. 56..., in Bellosi (a cura di), Francesco..., cit. [cfr. nota 23], pp. 300-05). Altrettanto significativa, a questo propo- sito, lidea figurativa della vorticosa tor- sione dei corpi, che appare ripetutamente nellopera artistica martiniana. 116. Il lungo muro che dallo spigolo nord-est del giardino pensile raggiunge la rampa elicoidale (ill. 9) leggermente deviato rispetto ai muri ortogonali del- ledificio. Questa deviazione venne de- terminata dallinnalzamento della rampa elicoidale sul torrione semicircolare, che era situato allincrocio tra le vecchie mu- ra urbiche medievali e il nuovo tratto delle mura urbiche rinascimentali (ill. 2). Ci si evidenzia dal confronto tra lo schematico rilievo martiniano delle mura urbiche, che precedente la costruzione del monastero, e il rilievo leonardesco di quel tratto di mura, che successivo alla costruzione delledificio (cfr. De Toni, I rilievi..., cit. [cfr. nota 8], ill. 33). France- sco di Giorgio registr fra il torrione se- micircolare e il bastione quadrato due deviazioni murarie. Nel rilievo leonarde- sco non appaiono pi n il torrione se- micircolare n la prima deviazione mura- ria, perch il muro nord del monastero era gi stato innalzato lungo la tangente, alla rampa elicoidale costruita sul torrio- ne, che si allineava al tratto di muro compreso tra le due deviazioni murarie registrate da Francesco di Giorgio.
10-11|1998-99 Annali di architettura Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org
SERMONI FAMILIARI di S. CARLO BORROMEO Cardinale di S.ta Prassede e Arcivescovo di Milano fatti alle Monache dette ANGELICHE dell’insigne Monastero di S.Paolo in Milano. 1577 - 1584