tempio del monastero buddhista di Amaravati il 26 Luglio 2014 alla vigilia dellottantesimo compleanno di Luang Por Sumedho.
Mi stato chiesto di offrire alcune riflessioni sul
periodo di tempo che ho trascorso con Luang Por Sumedho. Di solito non racconto molto gli aneddoti, in gran parte perch sono consapevole che la memoria riesce a fornire solo alcuni frammenti della verit. Ma riflettere sul mio maestro pu dare a tutti unidea di ci che ho maggiormente apprezzato in lui. Queste memorie e percezioni rimangono come frammenti che ho messo sul mio altare, laltare nella mia mente. E cos che nasce lispirazione, perch le cose che si imparano e si tengono strette al cuore non derivano dai libri, ma dagli altri esseri umani.
Penso sia molto importante ricordare i propri
maestri, sia gli insegnanti ordinari sia quelli di Dhamma, come anche i propri genitori, perch tutti vengono assimilati e diventano parte del nostro citta. Questa mente come un flusso che assorbe le influenze dalle altre persone. Ma importante che questo processo avvenga in modo corretto. Come direbbe Luang Por stesso: "Luang Por Sumedho una percezione nella mente", e: " Non esiste nessuna reale persona". Le percezioni delle altre persone sono formazioni transitorie che nascono nella nostra mente. E allo stesso tempo possono essere delle influenze che ci guidano. In questo modo possiamo assimilare intimamente le qualit del nostro maestro e dei compagni di pratica ed inoltre, mentre viviamo le nostre vite, dare agli altri utili riferimenti. Quest'area di manifestazioni umane di Dhamma una valida risorsa da condividere.
Luang Por Sumedho stato una costante importante
nella mia vita per circa trentotto anni. La sua una presenza molto significativa. C la forte sensazione che egli sia qualcuno che incarna lintegrit in termini di Dhamma-Vinaya. Prima di tutto un aspetto che viene subito in mente a proposito di Luang Por che grande. Non solo fisicamente: se entra in una stanza, la sua energia e la sua presenza riempiono la stanza c un sacco di niente, o unenorme quantit di qualcosa, che non solo una persona. Questa solo un supporto. Se vado nella sua kut a trovarlo e siamo soli, lui mi dir cose del tipo: "Non ho fatto un granch", oppure: "Non ho molto da insegnare. Niente di cos straordinario". E in un certo senso anche questo vero. Ma quella personalit anche il canale attraverso il quale una grande pram pu manifestarsi. E noi abbiamo assolutamente bisogno di questa forma umana. Provate a vivere solamente con un libro e vedrete come vi sentirete bene dopo alcuni anni! Provate a sentirvi veramente male, a essere disillusi verso la pratica e ad andare da un libro a chiedergli aiuto. Vedrete cosa far. Provate a chiedere a un libro di costruire un monastero. Non lo far.
Un'altra cosa a proposito di Luang Por che possiede
un'enorme valenza. La valenza si riferisce agli atomi e indica con quanti altri atomi si possono legare. Lidrogeno pu legarsi solo a un altro atomo di idrogeno. Lossigeno con due, e Luang Por come luranio il quale si lega a centoventotto! Molte persone possono avere accesso a lui e trovano qualcosa con cui connettersi. Ha la capacit di rappresentare qualcosa di buono e verace ed accessibile ad una vasta gamma di persone. Ha la capacit di comunicare alle altre persone qualcosa che universale ed allo stesso tempo non perdere il contatto con la sua ispirazione primaria, Luang Por Chah, la Tradizione della Foresta e il Buddhismo del Theravda in Thailandia. Ha la capacit di radicarsi e far crescere molti rami senza perdere la connessione con la terra.
Per quanto riguarda la sua capacit di connettersi:
riesce a rapportarsi con molte forme di pratica. Stabil ad esempio una forte connessione con il Maestro Hua, maestro cinese di Chn e quella fu una delle fondamentali condizioni per la fondazione del monastero di Abhayagiri in California. Poi ci furono il Dalai Lama, e anche monaci zen e tibetani con i quali tenne dei corsi estivi nel Leicester per diciotto anni, e anche i cristiani e i contemplativi di nessuna fede, in particolare come Douglas Harding. E quanti della comunit radunata qui ora, erano studenti squattrinati quando Luang Por Sumedho and a fare un discorso presso la loro associazione buddhista locale o gruppo di meditazione, e ne furono ispirati? E ora, quindici o ventanni pi tardi, sono Ajahn anche loro!
Quando parliamo di Luang Por Sumedho, dobbiamo
menzionare anche le origini dellOrdine delle Monache. Certamente ci avvenuto grazie a donne come Ajahn Sundar e Ajahn Candasir, importante ricordare le loro pram ma dobbiamo aggiungere che non esisterebbe un Ordine delle Monache senza Luang Por Sumedho. Chi altro stabil la connessione con la Thailandia? Chi altro forn le basi necessarie? Per lOrdine delle Monache, personalmente mi occupai molto di ci che riguardava i dettagli, ma lo schema generale di questo come di molti altri sviluppi concernenti il sangha, dovuto a Luang Por. Era lui che poi attirava quegli altri che si sarebbero occupati dei dettagli, altri come Ajahn Munindo, Ajahn Vajiro, Ajahn Amaro, Ajahn Jutindharo, Ajahn Attapemo. Noi abbiamo fatto molto, ma senza di lui non ci sarebbe stata nessuna base e sostegno continuativo per i nostri dettagli.
Si potrebbe dire lo stesso di George Sharp e
dellEnglish Sangha Trust. Hanno fatto molto. Ma cosa era successo prima di Ajahn Sumedho? Niente. Il vihra era vuoto. Lidea era che fosse impossibile per dei bhikkhu vivere in Gran Bretagna. Lultimo bhikkhu, intorno al 1972, disse: "Non si pu fare in questo paese. impossibile". Poi un bhikkhu americano arriv ad Hempstead e riusc a concretizzare il tutto. Facendo che cosa? Come disse lui: "Non sono venuto ad insegnare il Buddhismo o a portarlo in Occidente. Sono stato invitato a ricevere i quattro beni indispensabili (I beni di prima necessit indispensabili per poter condurre materialmente la vita monastica: vesti, cibo, alloggio e medicine) e a continuare a praticare il Dhamma-Vinaya. Solo questo".
E lasci che il resto si concretizzasse intorno a questo.
Nonostante tutte le situazione diverse che Luang Por si trov di fronte e speriment durante questo periodo, alla fine ritornava sempre al punto fondamentale della pratica relativa al Dhamma- Vinaya , approfondendolo sempre di pi. E la bellezza di tutto ci che non escludeva nulla. Poteva approfondire gli aspetti mistici della cristianit o di Ngrjuna e poi li interiorizzava, li assorbiva e li ricollegava alla radice della sua concreta forma di pratica. Non si sarebbe smarrito, non sarebbe uscito dallorbita. Rimaneva fermamente radicato nella pratica del monaco buddhista, affidandosi al Dhamma-Vinaya.
Mi prendo la libert di dire alcune parole su di me per
darvi unidea da dove provengo e perch egli ha significato cos tanto per me.
Ho iniziato la mia formazione da bhikkhu non con
Luang Por Sumedho, e pi o meno, per caso. Viaggiavo e andando in giro e facendo questo e questaltro, il mondo mi era venuto a noia. Mi resi conto che avevo bisogno di fermarmi e provare a dedicarmi a qualcosa che avesse un significato. Cos finii in Thailandia, di cui non sapevo praticamente nulla. Avevo letto a riguardo circa un paragrafo da un qualche libro e non mi sembrava male, per quello che mi riguardava il Buddha mi poteva andar bene. Mentre ero in India avevo infatti cercato qualcosa di spirituale, ma semplicemente non riuscivo a connettermi. Cera sempre qualcosa di cui bisognava farsi carico: credere in un guru o aver fede in qualche cosmologia. La mia mente era troppo razionale e cinica per tutto questo. Ma quando fui in Thailandia e vidi i manifesti per alcune lezioni di meditazione, pensai: "Andr a fare quello. Almeno mi aiuter a chiarirmi le idee". Cos andai e quasi subito mi resi conto che, visto che potevo osservare la mia mente, allora io non ero la mente. E che avevo bisogno di continuare ad esercitarmi in questo.
In tutto rimasi l tre anni, gli insegnamenti facevano
capo al sistema birmano del satipatthna. Vivevo in una piccola capanna. In quegli anni non ebbi nessuna conversazione, non prendevamo il t insieme, non mangiavamo insieme, nessuna pj. Avevamo il permesso di andare a pindapta, ma in silenzio. Quello era lavvenimento, e poi si ritornava ognuno alla propria capanna. Seguivamo una pratica intensiva di meditazione nella quale si deve prendere nota mentalmente di tutto. Perci quando si sente un suono, si prende nota "ascolto", o mentre si alza la mano si annota "alzare". Si fa tutto molto lentamente, prendendo nota: "intenzione di alzare, sto per alzare, alzando, muovendo, toccando, sentendo loggetto, mettendo gi". C una voce nel cervello che registra tutto ci che accade. Ho fatto questo per tutto il giorno per tre anni. Divenne molto intenso! Non sto dicendo che fosse cos per tutti o che sia il modo giusto di farlo, ma quello era il modo in cui praticavo. Una cosa che feci con l'intento di focalizzarmi veramente ed essere davvero consapevole, fu di prendere la ciotola per la questua, riempirla sino allorlo dacqua, e poi cercare di sollevarla e camminare senza rovesciarne neanche una goccia. Provateci. Il menisco dellacqua arriva sopra lorlo della ciotola, cos anche il minimo tremolio la fa rovesciare. Per me quello era meditazione, quellestrema concentrazione su un punto.
Nel mezzo di tutto ci fui mandato in un monastero a
Chang Mai per fare un periodo ancora pi intensivo di sei settimane di pratica. Ad un certo punto, durante questo periodo, i monaci che stavano l vennero a bussare alla mia porta e dissero: "Oh devi venire, devi venire" . "Ma come? Sto meditando". "No, devi venire a vedere Sumedho". " Cos Sumedho?", "Ajahn Sumedho viene in paese. Devi andare assolutamente a incontrarlo". "Oh. Sumedho? Chi ?". Risposero che era un monaco americano che viveva con Ajahn Chah. Avevo visto una pagina ciclostilata che girava a proposito di Ajahn Chah e che parlava di quanto fosse austero il suo monastero, perci pensai: "Per lamore del cielo, sono gi abbastanza "intenso" e miserabile, e ora devo andare ad incontrare qualcuno che sta facendo questo da dieci anni, e in pi anche "austero". Non sar certo molto divertente". Mi immaginai qualcuno simile ad un sergente della Marina, e allo stesso tempo rigido ed emotivamente rattrappito. Ci nonostante, pensai di dover andare poich ero ospite di questi monaci e loro erano stati molto gentili nelloffrirmi un posto dove poter restare.
Mi condussero in una casa dove Ajahn Sumedho
stava seduto su una grande sedia con Ajahn Pabhkaro seduto di fianco a lui, per terra. Cos entrammo, porgemmo i nostri rispetti, i monaci thailandesi si misero a chiacchierare e poi scomparvero. Ajahn Sumedho disse: "Mi hanno chiesto di venire qua e fare un discorso, ma non si presentato nessuno". Cos rimasi con Ajahn Sumedho e trascorsi con lui tre ore ininterrottamente.
Limpressione che mi fece fu che fosse accogliente,
aperto, solido e gentile. Ora non ricordo di che cosa parlammo, ma quello non era comunque fondamentale. Era la sua presenza: non avevo mai provato nulla di simile prima. Saldo, ben radicato a terra e allo stesso tempo modesto e gentile. Ci portarono del t ed egli insistette per versarlo e offrirlo prima a me, invece di prenderlo subito per s. Percepivo unenorme presenza di qualcosa di molto accogliente, semplice e solido. Ci avvenne intorno al dicembre del 1976, infatti mi disse anche: "Mi stato chiesto di fondare un monastero in Gran Bretagna". "Ah s?", "S, da qualche parte nel Somerset". "Beh buona fortuna!". Non potevo immaginare un monastero buddhista nel Somerset mi sembrava troppo remoto e tradizionalista ... Comunque a quel punto ci salutammo e riprendemmo per le nostre strade.
Io me ne ritornai ad essere "intenso", ma lincontro
aveva fatto sorgere nella mia mente una domanda: "Cosa c in quella persona? Hmmm, ci devessere qualcosa in pi oltre alla tecnica di meditazione". Circa un anno e mezzo dopo mor mio padre e sentii che dovevo ritornare in Gran Bretagna per sistemare le mie cose e stare un po con mia madre. Il mio maestro di allora era in contatto con Ajahn Pavaddho, e cera un circuito di monaci farang [l'espressione thailandese con cui chiamano gli occidentali] attraverso il quale circolavano notizie. Ci che si diceva era: "Sumedho a Londra". Mi diedero lindirizzo e il consiglio di andare a trovarlo.
Cos venni in Gran Bretagna. Fu straordinariamente
difficile perch ero reduce da tre anni di solitudine senza parlare, a parte brevi resoconti al mio maestro. Passai dallisolamento sensoriale a un paese non- buddhista, cercando inoltre di gestire dettagli legali e familiari, mentre mi confrontavo con la morte di un genitore. Dopo circa sei settimane mi sentii completamente perso. Il mio prendere nota "intensivamente" non fu molto utile a quel livello. Mi ricordo di essere uscito fuori da qualche parte, in piedi sotto la pioggia, cercando di ritrovare un punto fermo perch mi sentivo letteralmente spazzato via. Penso che avrei anche potuto lasciare lordine. Ero attaccato ad un filo. Semplicemente non riuscivo a vedere come questa tradizione orientale potesse rapportarsi alla societ inglese del ventesimo secolo. Allora bussai alla porta dello Hampstead Vihra su Haverstock Hill, e si apr la porta. Era un vihra abbastanza piccolo e questa imponente figura riempiva in pratica l'intera porta dentrata. "Oh, salve". Mi riconobbe e mi invit ad entrare. E la percezione fu che Ajahn Sumedho fosse la porta. La porta si aperta e si entra.
La comunit dei bhikkhu comprendeva Ajahn
Vradhammo e Ajahn nando, Ajahn Vajiro che al tempo era un angrika. Penso ci fossero altri due o tre angrika e tre smanera. Ajahn Vimalo frequentava come laico, con il suo senso dellumorismo e spontaneit. Il vihra era un posto molto vivo umanamente. Si svolgevano cose come mangiare insieme, parlare tra di noi e si andava anche fuori, in giro per la citt. Io pensai che fosse meraviglioso, uscendo dagli stretti confini della mia pratica intensiva, e avevo la sensazione che essere un bhikkhu fosse vivibile. Facevamo pindapta a Hampstead Heath. Prima di allora ero solo una persona che meditava e indossava le vesti. Non ero stato un bhikkhu. Poi pensai: "Questo qualcosa di nuovo, di fresco, interessante, ed vivo. Non solo qualcosa che fai con la tua attenzione, questo qualcosa che ti avvolge e ti trasporta. vissuto e lo puoi condividere. Parteciper a tutto questo per un po".
Avevo deciso di stare in Gran Bretagna forse per sei
settimane. Ma poi chiesi di rimanere per il vassa. Lo Hampstead Vihra, nonostante fosse un rifugio, era affollato. Ajahn Vradhammo e nando che allora erano molto giovani, soffrivano dallessere bloccati a Londra. Per fortuna andammo nellOxfordshire per il Ritiro delle Piogge, poich una devota famiglia Birmana, i Saw, ci offrirono ospitalit nella loro casa di campagna che attorno aveva molto terreno. Occupammo diverse stanze e capanne che avevano costruito in modo da poter fare dei ritiri.
Durante quel vassa il nostro gruppo era formato da
Ajahn Vradhammo, me stesso, il Venerabile Araabho, tre smanera e alcuni angrika. E le persone avevano alti e bassi, perch quando la gente decide di abbracciare la vita santa un capovolgimento radicale, e tutte le cose che di solito danno stabilit, come le relazioni o la possibilit di andare da qualche parte, o altre abitudini che ci fanno sentire a nostro agio, vengono portate via. Le persone iniziano ad avere degli sbalzi dumore. Alzarsi presto la mattina, stare seduti fermi per lungo tempo, seguire la stessa routine ed essere insieme alle stesse persone giorno dopo giorno, fa accadere che le difficolt possano iniziare ad emergere. Le persone diventano di cattivo umore, crollano e litigano tra di loro.
Nessuno di noi aveva ancora sviluppato la corretta
etichetta monastica che hanno i monaci thailandesi. Eravamo diretti e poco delicati. Cera angrika Jordan, che pi tardi divenne monaco, che era molto esuberante, e angrika Shaun, che sarebbe divenuto Ajahn Jayasro. Tutti avevamo ricevuto ancora poca formazione. Io penso che Ajahn Vradhammo (il monaco pi anziano dopo Ajahn Sumedho) avesse solo tre o quattro vassa, per cui non cera la sensazione di avere un sostrato di persone esperte, pi anziane, che tenessero insieme il tutto. Luang Por stesso allepoca aveva dodici vassa. Ed eccolo l ad iniziare questa avventura in un paese nel quale non aveva mai vissuto prima e dove nessuno aveva veramente idea di che cosa facessero dei monaci buddhisti, per di pi con un gruppo di praticanti nuovi arrivati. E tutto si poggiava su di lui in una situazione molto incerta. Non avevamo neanche un monastero; eravamo solamente degli ospiti a casa di qualcun altro. Tutti i giorni avevamo le pj del mattino e della sera e dei compiti quotidiani. Penso che Luang Por tenne due discorsi al giorno durante tutta la durata del vassa. Ogni mattina un discorso, ogni sera un discorso, ed erano sempre con lo stesso tono calmante. Una cosa che ho notato a proposito di Luang Por che sceglie un tema particolare e lo ripresenta ancora e ancora e ancora. Quando dico che parla di ununica cosa, non un modo per screditarlo. Quella fermezza e continuit: ripetere lo stesso messaggio, perch si sa che non si riesce ad afferrarlo in ununica volta. Si comprendono le parole, ma la sua proposta era di riportarti allo stesso punto di nuovo e di nuovo, ancora e ancora, in modo da comprendere veramente il messaggio. Durante quel vassa il tema era: tutti i fenomeni composti sono impermanenti, nascono e cessano. Il lasciare andare, quello era il tema. Perci mentre cera tutta questa roba che ribolliva dentro le persone: "Anche questo un fenomeno impermanente, che sorge e cessa". Durante tutti gli alti e bassi: " un altro fenomeno impermanente, che sorge e cessa". Lui non vacillava. Un giorno gli dissi: "Ma non ti viene mai a noia tutto questo Buddhismo, non ti stufa?". Mi guard e mi rispose: "No, anche questo un altro fenomeno impermanente!".
La bellezza di quel periodo era che eravamo solo una
mezza dozzina. Potevamo stringerci tutti nella sua kut e bere il t insieme, andavamo a pindapta insieme, sempre gomito a gomito lun con laltro. Lui era quello con cui tutti potevamo confrontarci e da cui poter ricevere qualcosa. Lui assorbiva e continuava ad assorbire, restava saldo e rideva, rimaneva stabile. Io sortivo con cose del genere: "Perch non possiamo bere il latte la sera mentre invece possiamo mangiare il formaggio? Questo ridicolo!". La sua risposta fu: " un mondo strano!". Non difendeva, non giustificava, stava semplicemente ridendo del fatto che il "mondo strano". Tu ti stavi aggrovigliando e infuriando, e lui diceva qualcosa e allimprovviso vedevi cosa ti stava succedendo. Va bene: un altro fenomeno impermanente lascialo andare. Io raccolsi linsegnamento e feci del mio meglio per seguirlo.
Tutti i giorni facevamo la questua del cibo, e a volte
era dura perch avevo i sandali e dinverno cera la neve alta. Mi ricordo di aver camminato per circa cinque chilometri per fare il giro dell'elemosina (anche se ovviamente non cera nessuno ad offrirci qualcosa) in mezzo metro di neve con i piedi congelati. Ma in qualche modo ero sostenuto dalla disciplina e dalla sua continuit e fermezza. "Fallo e basta. Non deve esserci una ragione, fallo e basta". Era molto deciso nellandare oltre la mente che vuole trovare giustificazioni e che vuole sempre modificare le cose. Linsegnamento era semplice, ma avere la presenza e labilit di assorbire la quantit di conflitto e di scempiaggine che vivevamo, senza vacillare quello era unaltra storia.
Durante il 1978 ci venne offerta la foresta a Hammer
Woods, per vi erano alcuni cavilli legali da sistemare. Io andai con Luang Por Chah e Ajahn Sumedho a vedere questa foresta. Ma non cera nessun posto dove vivere. La propriet nel Somerset venne acquistata da altri mentre la comunit buddhista tergiversava domandasi se ne valesse o meno la pena, cos quando Chithurst House divenne disponibile, George Sharp pens: "Questa vado e la prendo. Non ne parliamo neanche. Prendiamola e basta". Venne criticato per questo, ma fu lui che ci trov un posto dove vivere. Cos lanno seguente impacchettammo le nostre cose e andammo a Chithurst House e definimmo gli aspetti legali relativi a Hammer Woods. Allimprovviso avevamo questo posto che era magnifico, spazioso e un disastro, un rudere totale. Per tutto il tempo che rimasi li, a parte durante le pj del mattino e della sera e durante le veglie per i Wan Phra, lavoravamo. E Ajahn Sumedho teneva discorsi tutti i giorni. Mentre sgobbavamo e ripulivamo dalla sporcizia, manteneva alto lo stendardo del Dhamma.
Il tema per il vassa per il primo anno che
trascorremmo li fu: "Cos che sanno i Bhudda che gli esseri non illuminati non sanno? Tutto ci che sorge, cessa e non s". Ripeteva questo tutti i giorni e tu pensavi: "Ma non ha detto questo anche ieri? E allora?". Ma poi scoprivi che non avevi veramente interiorizzato il fatto che tutto ci che sorge, cessa e non s, perch durante la giornata avevi preso un accadimento in modo cos personale che ti eri bloccato su di esso e non lavevi lasciato andare. Perci con questo modo di insegnare, vivere quell'insegnamento divenne la pratica. Questa la differenza tra un maestro e un libro. Con un libro volti semplicemente le pagine verso una nuova idea. Ma un maestro ti d delle indicazioni che agiscono da ancoraggi al Dhamma, mentre la tempesta della vita imperversa su di te. Tu continui a mettere a confronto lo stesso insegnamento di fronte al fluire della vita man mano che essa scorre, e contempli ci a cui sei aggrappato, come per esempio la sensazione che hai di ci che dovresti o non dovresti essere. Capite vero?
Le prime quattro monache vivevano in una stanza
della casa; quattro individui che cercavano di realizzare che tutto ci che sorge non s! Tutti noi altri eravamo ammassati in piccole stanze con la pioggia che cadeva attraverso il tetto. Poi arriv Ajahn Amaro, il quale cadde dal piano di sopra al pavimento della cantina e si ruppe un braccio. Anche tutto quello era non s. In principio non andavamo a fare pindapta. Luang Por non voleva che lo facessimo perch era preoccupato che una nostra presenza troppo pubblica avrebbe creato scompiglio nella mentalit conservatrice della gente del West Sussex. Alcuni vicini avevano gi fatto commenti negativi. Perci tenemmo un incontro nella sala comunale del paese dove egli cerc di presentare il sangha, portandosi dietro i membri inglesi del sangha in modo da essere sicuro di non offendere la sensibilit delle persone del West Sussex.
Lavoravamo dalle otto del mattino fino alle cinque di
sera, e poi facevamo la pj serale. Durante i Wan Phra meditavamo sino alle quattro, ci svegliavamo alle sei e ritornavamo a lavorare! Ed io allo steso tempo stavo anche imparando il ptimokkha. Cera un sacco di energia tutt'intorno. Sembrava che Luang Por generasse fiducia ed entusiasmo. A quel tempo accettava qualsiasi invito ad insegnare che gli venisse rivolto: le associazioni femminili, quelle buddhiste, il Circolo dellAquila Bianca, la Societ Teosofica qualsiasi cosa. Stabiliva contatti e presentava limmagine del bhikkhu come qualcuno che corrispondesse esattamente a lui. Non cercava di inculcare a nessuno il Buddhismo, ma era solo se stesso e parlava in modo diretto e con umorismo. Partecip ad un programma televisivo chiamato Gli dei della guerra dove svariate guide religiose venivano intervistate in merito al loro punto di vista sulla guerra. Perci Ajahn Sumedho disse: "Noi non facciamo quel tipo di cosa". Qualcuno chiese: "E a proposito di quel monaco vietnamita che si dato fuoco versandosi addosso della benzina?". E Ajahn Sumedho rispose: "Quella una cosa personale, una sua scelta. Per fortuna non ci si aspetta che io faccia lo stesso". Riportava sempre gli aspetti dottrinali e ideologici a una qualit umana. E io penso che quello fu ci che la gente colse veramente: una persona che non ripeteva solamente la linea ufficiale ma che parlava come un essere umano, sempre con un sorriso e una battuta alla fine.
Ajahn Sumedho accettava praticamente chiunque per
la formazione monastica. E vi furono alcune personalit molto forti. Ci spingeva anche ad andare fuori. Penso che fossero passati solo due anni e mezzo da quando ero ritornato in Gran Bretagna, appena dopo il mio quinto vassa, quando mi disse: "Vai a tenere un ritiro di dieci giorni nel Northumberland". Cos andai, ed in seguito la gente locale volle dar inizio a un vihra. Mi disse : "Bene, vai tu ad iniziarlo". Io avevo solo cinque vassa! Andai con Ajahn Chandaplo, che allepoca era un angrika, e con il Venerabile Thanavro: solo noi tre a lavorare in questo postaccio gelido su, nel Northumberland, che ora diventato un bellissimo monastero, Aruna Ratanagiri. Non cera nessun manuale da seguire, non c'era neppure un: "Questo quello che devi fare", non cerano linee guida. Cera solo la pratica: fare le pj del mattino e della sera, restare semplici, fare il lavoro, restare una comunit. Era tutto.
Poi iniziammo con Amaravati, e anche quello fu un
gigantesco salto nel buio. Lui condusse un gruppo di noi l e le monache vi camminarono da Chithurst. Era stato stabilito che fosse il loro centro. Voleva avere un centro per i ritiri, eventi per famiglie e un luogo dove la gente laica potesse venire e praticare, perch a Chithurst non vi erano i permessi ed era troppo piccolo. Cos andammo l e trovammo un posto che era come tutti gli altri posti che avevamo trovato un rudere gelido e iniziammo a lavorarci sopra. Qui dove sembr che acquisisse ulteriore fiducia nella sua visione della pratica. Il suo tema era: "Le porte di "Ci che non muore" sono aperte". Tuttora recita questa frase quando inizia un discorso di Dhamma: aprite, portate tutto dentro, noi ce ne faremo carico. Noi semplicemente seguivamo e facevamo tutto ci che potevamo per sostenere lenergia e la perseveranza che aveva, sia nellinsegnamento sia nella sua stessa pratica.
Una giornata normale per Ajahn Sumedho era la
seguente: sveglia alle due del mattino, fare esercizio fisico per circa unora sul vogatore, fare la doccia, prendere una tazza di caff, meditare. Per cui per l'ora della pj del mattino, era incandescente. Ci diceva: "Ci si prepara veramente per la pj del mattino". Questo il suo momento preferito della giornata. Organizzava la sua giornata intorno alla pj del mattino come se stesse andando a incontrare il Buddha. Era presente, sovente offriva riflessioni che sgorgavano dalla coscienza, rifletteva a voce alta sul Dhamma man mano che le cose gli venivano in mente. Noi lasciavamo che questo ci inondasse, e qualsiasi pezzetto riuscissimo ad afferrare ci apriva. Era un canale aperto, e lui lo lasciava fluire. Quello era probabilmente levento pi importante della giornata. E lesempio che noi ne ricavavamo era: preparati per la pj del mattino: incontrerai il Buddha, incontrerai il Dhamma. Non era quindi un: "Eccoci di nuovo, un altro giorno", ma una crescita nel Dhamma, impostare le cose per una giornata di pratica.
Luang Por offriva poi altre riflessioni durante la
colazione, e noi stavamo l seduti con i nostri vari stati mentali. A volte devo confessarlo, guardavo il mio t e pensavo: "Vorrei che stesse zitto cos potrei bere il mio t". Ma lui continuava. E alla fine pensavo: "Lascia andare, non ha importanza", e restavo con quella sensazione. Lui avrebbe continuato per tutta la giornata, infatti incontrava gente dopo il pasto e proseguiva fino alla pj della sera. Poi sarebbe ritornato alla sua kut verso le nove o le dieci e si sarebbe ritirato.
Aveva unattitudine a rendersi disponibile,
preparando il suo corpo e la sua mente ad affrontare le cose per la comunit residente e per chiunque si facesse vivo. Ci richiedeva un'enorme generosit e pazienza, perch ogni tanto arrivava della gente fuori di testa, che gli faceva delle domande pazzesche. Lui restava seduto ed ascoltava. Marito e moglie stavano litigando, lui stava l e ascoltava la versione di lei e quella di lui. Dava consigli. Io pensavo: "Perch avere a che fare con questa gente? Digli di sbrigarsela da soli". Ma poi ci diceva: "Sto solo gettando alcuni semi. In una vita futura magari avranno il ricordo di aver incontrato un monaco buddhista che li ha accolti. Per me abbastanza". Era pronto a "gettare semi" a chiunque, in modo che potessero avere la sensazione di aver incontrato un monaco buddhista che era pronto ad ascoltarli senza essere moralista ma offrendo loro aiuto. Era disposto a fare quello per chiunque si presentasse.
Nonostante tutto ci, cercava comunque di tornare in
Thailandia una volta lanno a porgere i suoi rispetti a Somdet Buddhajahn e al Sagharj, ed ovviamente andare a Wat Pah Pong quando Luang Por Chah era ancora vivo. Anche dopo la morte di Luang Por Chah andava lo stesso tutti gli anni per rimanere in contatto, portando alla luce qualsiasi argomento che necessitasse di essere discusso e prestando ascolto alle varie possibili domande che potessero sorgere nella comunit. Lo faceva per la propria pratica, ma anche per mantenere quella connessione fra il sangha orientale e quello occidentale: per dimostrare che non ci eravamo separati e che volevamo mantenere il nostro senso di appartenenza in modo che le cose si potessero sviluppare in modo corretto. Tutt'oggi continua a fare questo ed importante. Come con un albero: quello che si vede il tronco e i rami e le foglie che crescono verso lalto. Lalbero diventa sempre pi grande, ma ogni volta che cresce verso lalto devono crescere anche le radici sempre pi profonde, altrimenti non durer a lungo. Questo tipo di pratica non mistica: un lavoro. Ci vogliono pazienza, generosit ed energia. Ci vuole anche equanimit e non esiste una strada spianata verso lequanimit. Sviluppare lequanimit non vuol dire che tutto sar meraviglioso. Equanimit vuol dire avere a che fare con le difficolt, le delusioni, gli elogi e i rimproveri, il successo e il fallimento, e accettarli tutti.
Mi ricordo lanno in cui gli Ajahn nando, Kittisro e
Pabhkaro lasciarono lordine. Erano tutte persone che Luang Por aveva nutrito e con le quali aveva forti legami di amicizia. Per cui cera una sensazione di voler mantenere un qualcosa unito mentre invece la gente al suo interno si stava sgretolando. Ci sempre parte della vita del sangha non solo la morte fisica, ma anche la disillusione e i conflitti; anche i monaci pi anziani possono divenire disillusi, non solo i giovani, e finire per litigare con la comunit. Se siete il capo della comunit non avete scelta: gestire le defezioni e le critiche vostra responsabilit. Se mai diverrete una guida soffrirete, perch non potrete controllare le cose. Sentirete un senso di responsabilit verso tutti, ma vi renderete conto che non saranno come voi li vorreste, o in grado di fare ci che voi vorreste che facessero. Alcuni se ne andranno, altri resteranno. Sicuramente ce ne saranno di buoni che saranno dispirazione agli altri. Ma ne vedrete anche altri che diventeranno disillusi e avranno da ridire su di voi.
La vita nel sangha turbolenta, ma noi riusciamo a
contenerla grazie a esempi molto importanti come quello di Luang Por. Potremmo diventare ideologici a proposito del bene e del male nella meditazione, ma lui offriva semplicit e limpegno verso lapertura e la presenza. Amava la vita santa, ma era anche molto soffice di cuore. Veniva profondamente colpito dalla gente che restava disillusa da ci che riteneva essere cos bello e di valore, e che per lui funzionava. Ma lo super ed alla fine disse: "Mi rendo conto che le persone stanno semplicemente vivendo il proprio kamma. Alcuni vivranno la vita monastica per la durata di una vita, altri solo per un anno. Faranno ci che potranno. E bisogna lasciare che sia cos. Bisogna che a volte si fallisca e si cada a pezzi". Questa l'equanimit. Prendete Amaravati, per esempio. Quando iniziammo ad Amaravati la gente naturalmente si lamentava e criticava perch non era quello che doveva essere, ed egli diceva: "Beh, noi ci proviamo. E se tutto fallisce, che importa? stato un buon esperimento. stato un tentativo interessante. Se non ci proviamo neanche, come possiamo lamentarci? Noi ci proviamo, e per certe persone funziona, per altre non funziona. Noi lo facciamo lo stesso. E se tutto crolla, d'accordo, non importa. Il Dhamma continua ad esistere". Aveva sempre questo atteggiamento.
Mi ricordo quando Ajahn nando stava organizzando
un tudong nei South Downs e invitava noi altri ad andare. Io dissi: " Non so se debba venire o meno, perch dobbiamo essere responsabili e prenderci cura di Amaravati e assicurarci che tutto funzioni". Rispose Ajahn Sumedho: "Ascolta, se vuoi andare al tudong, vai pure. Metteremo semplicemente un cartello sulla porta che dice "Assente per tudong - Entrate e accomodatevi se vi fa piacere"". Poi aggiunse: "Voglio essere in grado di gestire il monastero in questo modo. Possiamo dire: le cose stanno cos. quello che . Non un granch tranquillo, non ben organizzato. Non avete la garanzia di ricevere insegnamenti straordinari tutti i giorni. cos. una porta aperta. Se volete aprirla e volete praticare, qui c la possibilit. Ma non portatevi dietro le vostre aspettative". Perci praticava con equanimit indipendentemente dal fatto che la gente fosse contenta o delusa da ci che trovava. Non che non provasse nulla, ma era in grado di mantenere la consapevolezza di quelle sensazioni: "Ci che sorge, cessa" e "Essere Ci che conosce", che un altro dei suoi grandi mantra: "Essere la conoscenza, risiedere nella consapevolezza, il mondo cos com'".
Mentre Amaravati si stava ancora sviluppando,
succedeva che in diverse sere dei teppisti arrivarono in macchina, sgommavano nel cortile e facevano rumore. A volte distruggevano le cassette delle donazioni o delle lettere, o urlavano e ululavano, suonavano la campana e via discorrendo. Noi dicevamo: "Come possono fare questo?" e Luang Por Sumedho rispondeva: "Il mondo cos. Questo il modo in cui va il mondo". Provammo di tutto. Istituimmo una ronda notturna e a turno perlustravamo larea del monastero per eventualmente intercettare i vandali. Un monaco ebbe la brillante idea di creare "la brigata della patata". Ci veniva data una patata e se vedevamo una macchina posteggiata infilavamo la patata nel tubo di scappamento, in modo che quando il guidatore cercava di andare via in macchina il motore si riempiva dei gas di scarico e il mezzo si sarebbe fermato. Tutti eravamo "armati" di patate durante queste ronde.
Una volta i teppisti buttarono a terra la statua di
bronzo del Buddha eretta nel cortile. Avvenne il giorno prima del Vesak. Uscimmo la mattina seguente e trovammo il Buddharpa disteso con la faccia rivolta in terra e una grande scalfittura nella spalla. Guardai la statua e ne fui molto turbato: "Come fa la gente a fare cose del genere?" e lui rispose: "Il mondo cos. Volere che le cose siano diverse significa soffrire". Aveva la capacit di cogliere quei punti che sarebbero stati in grado di farti inalberare contro qualcosa. Faceva scoppiare la bolla.
Stavo recentemente chiedendo ad alcune persone
cosa ricordassero di lui, e un monaco mi ha detto di come una volta fosse coinvolto in un progetto di costruzione e ad un certo punto arriv Ajahn Sumedho che lo prese per un braccio e lo strinse, e gli fece un gran sorriso: "Salve". Tutto l. Tu stai per entrare nella tua piccola bolla, e ad un tratto, "Salve, eccoci qua", e senti allimprovviso che il panorama mentale cambia.
In quei primi giorni era facile stargli vicino
regolarmente, e io ebbi il privilegio di servirlo. Mi piace servire. Perci andavo e gli massaggiavo i piedi tutti i giorni: prendevo dellacqua calda, gli lavavo i piedi, glieli massaggiavo e facevo pressioni nel suo piede gonfio. Non parlavamo molto, ma era bello sentire che stavo facendo quello che potevo per il mio maestro in questo semplice modo umano. Questo un altro ricordo che tengo sul mio altare.
Quando si vive con Luang Por Sumedho o in
monasteri che hanno conosciuto la sua presenza, si d per scontato che ci sia il Buddhismo e che le strutture siano qui a nostra disposizione. Pu darsi che non si rifletta su come sia stato possibile arrivare fino a qui. Come pensate che sia arrivato qua questo tempio? Lui tirava le fila dellenergia, dellintelligenza e del sostegno per far s che accadesse. Come pensate che sia stato possibile arrivare da tutti questi diversi paesi del mondo e ottenere il permesso di restare qua? Come pensate che sia possibile che voi andiate in Thailandia, o in un altro dei venti monasteri occidentali sparsi per il mondo, ed essere accettati immediatamente? Andate in America e dicono: "I monaci di Ajahn Sumedho, loro sono quelli di cui ci si pu fidare. Sono molto solidi"; come pensate che sia avvenuto questo? Cosa indica tutto questo?
Siamo qui tutti riuniti per questo essere, per questa
presenza del non-s, ricorrendo al suo compleanno come occasione per ricordare. Chi che sa chi questa persona? una formazione impermanente. Ma io penso che sia anche un'enorme pram che ha creato questa occasione. Dove saremmo senza questa? Io non so dove sarei. Ma sono abbastanza sicuro che non sarebbe un posto altrettanto bello. E considerate la vostra vita, tutti voi che siete venuti qua, direi che siete stati parte di qualcosa di incomparabile nel Buddhismo occidentale. Quante altre istituzioni monastiche buddhiste ci sono in Occidente? Da dove pensate sia venuto tutto questo?
Ecco questo quanto ricordo questa incredibile
crescita che accaduta a tutti noi; qualcosa di cui siamo parte e che possiamo portare nelle nostre menti e nei nostri cuori. Io spero che tutti voi abbiate un vostro aneddoto, unoccasione nella quale abbiate ascoltato qualcosa che ci ha detto o abbiate notato qualcosa che ha fatto, e abbiate pensato: "Ah! ...", magari c stata ununica cosa, ma una cosa importante. Prendete semplicemente quella cosa, o quelle due, tre o quattro cose e domandatevi: "Dove sarei senza di esse?".