L’Unione europea dispone di un quadro istituzionale unico, sebbene gli organi che la compongono
abbiano funzioni, competenze e poteri diversi.
Alcuni di tali organi sono definiti ISTITUZIONI. La qualifica di istituzioni determina delle conseguenze
giuridiche; ad es. l’art. 340 co. 2 TFUE stabilisce l’obbligo dell’Unione Europea a risarcire i danni
cagionati dalle istituzioni.
Parlamento europeo, Commissione e Consiglio sono organi rappresentativi e per questo si tratta di
istituzioni politiche. I loro rapporti devono rispondere al principio di leale collaborazione sancito
dall’Art. 13 par.2 TUE e devono conformarsi al riparto di competenze stabilito dai Trattati.
Le altre istituzioni, quali la Corte di giustizia e la Corte dei conti si caratterizzano per la loro piena
indipendenza, trattandosi di istituzioni giudiziarie.
L’ apparato organizzativo poi comprende le autorità monetarie, cioè il Sistema europeo di banche
centrali (SEBC) e la Banca centrale europea (BCE) nonché altri organi bancari, come la Banca per gli
investimenti.
Sono previsti altri organi con funzioni consultive come il Comitato in materia di trasporti, il
Comitato per l’occupazione, il Comitato economico e finanziario e il Comitato politico e di
sicurezza. Altro organo caratterizzato da indipendenza è il Mediatore europeo
IL PARLAMENTO EUROPEO
Il parlamento europeo è l’istituzione rappresentativa dei cittadini degli Stati membri, l’organo
democratico per eccellenza (istituzione sopranazionale).
È disciplinato dall’Art. 14 par.2 TUE. L’attuale PE è composto da circa 700 membri, suddivisi sul piano
nazionale secondo un criterio grosso modo demografico.
Tale istituzione esisteva già al momento della nascita della CECA ma con il nome di Assemblea
parlamentare europea; nel marzo del 1962, con una nuova risoluzione si definì Parlamento europeo.
Lo stesso Parlamento ha inserito nel proprio regolamento interno una nuova norma che contempla
la categoria dei membri “osservatori”. La loro partecipazione non ha alcun effetto giuridico sulle
decisioni del parlamento, infatti sono denominato “parlamentari fantasma”.
Il numero dei parlamentari europei è variato molte volte, in corrispondenza dei successivi
ampliamenti degli Stati membri. L’art. 14 non stabilisce un numero fisso per ciascun Paese, ma solo
un numero massimo dell’intero Parlamento, consistente in 750 piu il presidente.
La rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale, con una soglia
minima di 6 seggi per Stato membro e a nessuno Stato sono assegnati più di 96 seggi.
Il “criterio degressivamente proporzionale” comporta che il numero dei seggi non è in rapporto
diretto con il numero dei cittadini degli Stati, anzi, man mano che il numero dei cittadini di uno
Stato si riduce il criterio opera in maniera meno decisiva; così che gli Stati demograficamente
maggiori hanno un numero di parlamentari minore a quello che gli Spetterebbe se fosse seguito il
rigido criterio proporzionale.
Il numero dei parlamentari e la loro assegnazione agli Stati membri sono stabiliti dal Consiglio
europeo all’unanimità, con approvazione del Parlamento stesso.
In origine il Parlamento europeo era composto da delegati che i parlamenti nazionali designavano
tra i propri membri secondo una procedura fissata da ogni Stato membro. Questo sistema però
faceva si che il Parlamento avesse scarsa rappresentatività, in quanto non era l’espressione diretta
dei popoli europei, che ne restavano del tutto estranei. Inoltre, gli stessi componenti del PE essendo
anche membri del proprio parlamento nazionale erano indotti a impegnarsi più in quest’ultimo che
in quello europeo, anche perché all’ epoca, i poteri del PE erano ben scarsi. Le prime elezioni dirette
del Parlamento europeo si sono tenute nel 1979, nel momento in cui Il Consiglio, sulla base di un
progetto presentato da un parlamentare, decise di consentire l’elezione a suffragio universale
diretto.
In base all’Art. 14 par. 3 TUE i parlamentari sono eletti a suffragio universale diretto, libero e
segreto per un mandato di 5 anni.
Secondo l’Art.223 par.1 TFUE il Parlamento elabora una procedura uniforme in tutti gli Stati membri
o secondo principi comuni.
Il procedimento elettorale è una procedura la cui elaborazione richiede una deliberazione unanime
del Consiglio, e quindi degli Stati membri che vi sono rappresentati, e una successiva adozione da
parte degli stessi Stati, in base alle rispettive disposizioni costituzionali.
Fin ora data la complessità del procedimento non si è riusciti ad adottare una procedura uniforme
quindi gli Stati membri sono liberi di disciplinare come credono l’elezione al Parlamento europeo.
Il consiglio ha stabilito che le elezioni debbano svolgersi con il metodo proporzionale e afferma che,
ferme restando le disposizioni dello stesso atto, la procedura elettorale è disciplinata in ciascuno
Stato membro dalle proprie disposizioni che possono anche tenere conto delle particolarità degli
Stati membri, ma non devono nel complesso pregiudicare il carattere proporzionale del voto.
Questa disciplina solo parzialmente uniforme ha per conseguenza che un Parlamentare europeo
possa decadere in applicazione della legislazione nazionale, senza che il Parlamento europeo debba
neppure pronunciarsi in proposito.
Perciò quando una legislazione di uno Stato membro stabilisce la decadenza del mandato di un suo
parlamentare, il suo mandato scade in applicazione delle norme di tale legislazione e le autorità
nazionali ne informano il Parlamento europeo. Un caso celebre riguardo l’on. Jean-Marie Le Pen
dichiarato decaduto con un decreto del Primo ministro francese.
Per quanto riguarda i privilegi e le immunità i membri del Parlamento europeo non possono essere
ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell'esercizio delle loro
funzioni.
La Corte di giustizia ha dichiarato che, sebbene tale norma sia essenzialmente destinato ad applicarsi
alle dichiarazioni effettuate dai membri del Parlamento europeo nelle aule dello stesso Parlamento,
non si può escludere che una dichiarazione effettuata da un deputato europeo fuori da tali aule
possa costituire un'opinione espressa nell'esercizio delle sue funzioni.
La Corte, peraltro, ha precisato che per poter beneficiare delle immunità per le opinioni espresse è
necessario che sussista un nesso, diretto e che si imponga con evidenza, tra l'opinione espressa e le
funzioni parlamentari. Competente a revocare l'immunità dei parlamentari e lo stesso Parlamento
europeo ai sensi dell'articolo 6 del suo regolamento.
I deputati possono organizzarsi in gruppi politici secondo le affinità politiche e tale gruppo deve
essere composto da deputati eletti in almeno 4 Stati membri e occorre un numero minimo di 25
deputati; un deputato può appartenere ad un solo gruppo politico. Non è ammessa la costituzione di
gruppi misti per cui deputati che non appartengono a nessun gruppo restano non iscritti a nessun
gruppo, perdendo alcune prerogative che sono riservate solo ai gruppi. L’Art.10 par.4 TUE riconosce
inoltre i partiti politici europei come importante fattore di integrazione dell’Unione poiché
contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini
dell’Unione.
Per quanto riguarda l’organizzazione e il funzionamento del Parlamento, in conformità con l’art. 14
par. 4 TFUE, esso designa tra i suoi membri il Presidente e l’ufficio di presidenza, 14 Vicepresidenti, 5
questori. Essi durano in carica due anni e mezzo, cioè la metà della durata quinquennale del
Parlamento stesso. Presidente, vicepresidenti e questori compongono l’Ufficio di presidenza.
Ulteriori organi del parlamento sono: - Conferenza dei presidenti (Presidente del Parlamento e
presidenti dei gruppi politici). - Conferenza dei presidenti di commissione (presidenti di tutte le
commissioni permanenti e temporanee).
Le commissioni permanenti hanno una durata di due anni e mezzo e il loro compito è quello di
preparare, istruire e consultare le tematiche sulle quali dovrà deliberare il Parlamento esprimendosi
con risoluzioni, pareri e raccomandazioni. Fra tali commissioni vi è quella per le petizioni.
Le commissioni temporanee invece, hanno durata di 12 mesi e sono costituite dal Parlamento per
una specifica questione. Un esempio è la costituzione di commissioni temporanee d’ inchiesta,
incaricate di esaminare denunce di infrazione o di cattiva amministrazione nell’applicazione del
diritto dell’Unione, imputabili sia alle istituzioni, sia agli organi dell’Unione, che agli Stati membri. La
commissione temporanea d’ inchiesta cessa di esistere una volta consegnata una relazione del caso
al Parlamento europeo il quale può assumere le iniziative che ritiene più opportune.
Il Parlamento europeo tiene una sessione ordinaria annuale e di riunisce di diritto il secondo martedì
del mese di marzo (art.229, 1°comme TFUE); tale sessione ha durata annuale e ogni tornata ha
luogo, di regola, ogni mese (solitamente per una settimana).
Esso si riunisce inoltre su richiesta della maggioranza dei suoi membri, del consiglio o della
commissione.
Per quanto riguarda la sede del parlamento, questa è fissata d’ intesa comune dai governi degli Stati
membri, a Strasburgo, dove si tengono le dodici tornate plenarie mensili, mentre quelle aggiuntive e
le riunioni delle commissioni si svolgono a Bruxelles. Il Segretario generale del Parlamento europeo e
i suoi servizi restano invece a Lussemburgo.
Possono essere richieste dai Trattati specifiche maggioranze per determinate materie.
Il PE esercita anche importanti funzioni in materia di bilancio nonché di controllo sulle altre
istituzioni.
Il Trattato di Maastricht del 1992 ha riconosciuto al Parlamento un potere di impulso, detto anche di
preiniziativa, nei confronti della Commissione.
Secondo l’Art. 225 TFUE il Parlamento può chiedere alla Commissione di presentare alcune proposte
sulle questioni per le quali reputa necessaria l’elaborazione di un atto dell’Unione . Non si ritiene che
la Commissione sia tenuta giuridicamente a dare seguito alla richiesta del Parlamento, ma se ciò non
dovesse accadere, questo può esercitare forme di pressione politica in virtù del rapporto fiduciario
che i Trattati designano tra le due istituzioni.
SIGNIFICATIVI sono invece i POTERI DI CONTROLLO del Parlamento sulle altre istituzioni.
Nei rapporti con la Commissione, il Parlamento esamina, in seduta pubblica, almeno un mese prima
dell’apertura della sessione del Parlamento, l’attività dell’Unione e la relazione generale annuale che
la Commissione è tenuta a pubblicare ogni anno. Inoltre, essa è tenuta anche a presentare, assieme
alla relazione generale, un programma d’azione relativo all’anno successivo, e varie relazioni su
determinate materie, sul quale il Parlamento può esprimere proprie valutazioni, orientamenti ed
indirizzi.
Due degli strumenti più incisivi di controllo politico sulla Commissione sono rappresentati dalle
cosiddette interrogazioni che possono essere scritte o orali e dalla mozione di censura.
Le interrogazioni possono essere presentate dal Parlamento europeo o da singoli deputati e alle
quali la Commissione è tenuta a rispondere oralmente o per iscritto.
Per quanto riguarda la mozione di censura, si riferisce al potere di provocare le dimissioni della
Commissione. Essa può considerarsi come una mozione di sfiducia nei suoi confronti, in quanto dalla
sussistenza o meno di fiducia tra le due istituzioni discende la permanenza in carica della
Commissione. Questa mozione è regolata dall’art 234 TFUE,e la sua adozione è comunque
circondata da molteplici garanzie. In anzitutto la decisone di mozione deve essere sostenuta da un
ampia maggioranza, e cioè dai 2/3 dei voti espressi e che rappresentano la maggioranza dei
componenti; in secondo luogo la mozione deve essere discussa solo dopo averla ben esaminata
quindi non prima di tre giorni dal suo deposito e infine che la discussione e la votazione
avvengano con la massima trasparenza. La mozione deve essere inoltre presentata da almeno
1/10 dei componenti del Parlamento.
L’effetto dell’approvazione della mozione di censura comporta le dimissioni collettive dei membri
della Commissione. Non è ammessa la censura contro Singoli commissari, per cui essa, anche se
motivata dalla condotta di alcuni commissari, si percuote su tutta la commissione. Le ragioni della
censura che il Parlamento è competente a valutare riguardano l'operato della commissione, quindi
la sua azione politica, anche se rilevanti sono eventuali illeciti o irregolarità presenti nella sua azione.
La caduta della commissione implica la nomina di una nuova commissione, il cui mandato è limitato
alla restante durata del mandato di quella censurata. Quest'ultima resta in carica sino alla nomina
della nuova commissione, ma solo per la cura degli affari di ordinaria amministrazione, cioè per
compiti di carattere meramente amministrativo.
La mozione di censura, sebbene talvolta presentata, non è mai stata provata forse perché ai
deputati sono consapevoli del suo carattere traumatico.
PER QUANTO RIGUARDA IL POTERE DI CONTROLLO SUL CONSIGLIO, anche in questo caso il
Parlamento può porre delle interrogazioni, orali o scritte. Originariamente non esisteva alcun
rapporto con il Consiglio, ma l’art 230,3° comma del TFUE prevede che anche in questo caso il
Consiglio provveda a presentare al parlamento una relazione dopo ogni sua riunione e anche una
annuale.
Scarsi poi i rapporti del Parlamento con la Banca centrale europea, anche se tuttavia è previsto che
il Presidente della BCE presenti al Parlamento una relazione annuale sull’attività del Sistema
europeo di banche centrali (SEBC) e sulla politica monetaria dell’anno precedente e di quello in
corso.
Il Parlamento poi partecipa alla formazione di altre istituzioni o organi come la Corte dei Conti, il
Comitato esecutivo della BCE mentre il Mediatore europeo è nominato in via esclusiva dal
Parlamento.
Malgrado i progressi apportati dal Trattato di Lisbona la posizione del Parlamento europeo resta del
tutto marginale in materia di PESC (politica estera e sicurezza comune).
IL CONSIGLIO EUROPEO
Il Consiglio europeo è nato nella prassi della diplomazia intergovernativa dei c.d. Vertici, a partire dal
1961, al fine di affrontare problemi e di assumere importanti decisioni politiche sul cammino
dell’integrazione europea.
Il Consiglio europeo è rappresentativo dei governi degli Stati membri, quindi è un classico organo
intergovernativo. Con il Vertice di Parigi del 1974, tale prassi è stata formalizzata, nel senso che i Capi
di Stato o di governo, in un comunicato finale, espressero la loro volontà di riunirsi 3 volte l’anno per
assumere importanti decisioni politiche sul cammino dell’integrazione europea. L’inserimento
nell’Unione europea del Consiglio europeo è avvenuto col Trattato di Maastricht e con il Trattato di
Lisbona è divenuta istituzione dell’Unione. Sotto il profilo politico esso si colloca al vertice della
struttura dell’Unione poiché è esso che prende le grandi decisioni relative agli sviluppi
dell’integrazione, le quali poi vengono attuate dalle altre istituzioni secondo le regole dei Trattati.
La sua composizione è definita dall’Art. 15 par.2 TUE: esso riunisce i Capi di Stato o di governo degli
Stati membri, il suo presidente e il Presidente della Commissione e ai lavori partecipa anche l’Alto
rappresentate dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Ciascun membro (statale)
del Consiglio europeo può farsi assistere da un suo ministro e il Presidente della Commissione da un
membro della stessa.
Circa la composizione del Consiglio europeo, la partecipazione degli Stati membri a livello di Capo di
Stato o di Capo di governo dipende dalle costituzioni interne, in base alle quali dovrà individuarsi chi,
fra tali cariche, è posto al vertice dell’esecutivo. Così, per esempio, mentre per l’Italia è presente il
Presidente del Consiglio dei ministri, per una repubblica presidenziale, come la Francia, partecipa il
Presidente della Repubblica.
Il Presidente del Consiglio europeo è un organo individuale che non può esercitare alcun mandato
nazionale ed è eletto dal Consiglio stesso a maggioranza qualificata per un mandato di 2 anni e
mezzo, rinnovabile una sola volta.
Con la stessa procedura il Consiglio pone fine al mandato del Presidente in caso di impedimento o
colpa grave.
Alla votazione partecipano solo i rappresentanti degli Stati membri, mentre il Presidente del
Consiglio e della Commissione non partecipano.
Ciascun membro del Consiglio europeo può ricevere delega di voto da un solo altro membro del
Consiglio stesso mentre nelle votazioni in cui è richiesta l’unanimità l’astensione di un membro non
osta all’adesione della deliberazione. Quando invece la regola è quella della maggioranza qualificata
si applicano le regole previste per la votazione del Consiglio. Rari sono i casi in cui sono previste
maggioranze semplici e qualificate. Più spesso è prevista l’unanimità.
Gli atti ricavati, in generale non hanno efficacia giuridica ma ce ne sono alcuni, formali, che, al
contrario, sono provvisti di effetti giuridici obbligatori; specialmente nell’ambito della PESC, dove il
Consiglio europeo gioca un ruolo determinante nell’azione esterna dell’Unione.
Il Consiglio europeo ha infatti il compito di individuare gli indirizzi specifici dell’Unione, di fissare gli
obbiettivi e definire gli orientamenti generali di tale politica. Sarà poi il Consiglio che dovrà
conformarsi a questi.
L’Art.42 TUE assegna al Consiglio europeo il potere di “decidere” in merito alla definizione di una
difesa comune dell’Unione. L’atto del Consiglio europeo è quindi una raccomandazione di per sé non
vincolante.
Sempre nell’ambito della PESC è inoltre previsto una sorta di appello al Consiglio europeo da parte
del Consiglio qualora, nei casi in cui quest’ultimo delibera a maggioranza qualificata, un membro del
Consiglio dichiara che intende opporsi all’adozione della decisione maggioranza.
In questo caso, dopo che l’Alto rappresentante abbia inutilmente cercato di raggiungere una
soluzione accettabile per la Stato in questione, il Consiglio può decidere a maggioranza qualificata di
investire della questione il Consiglio europeo in vista di una decisione all’unanimità (si dubita
dell’utilità di tale meccanismo).
Il Consiglio europeo interviene anche in materie estranee all’azione esterna dell’Unione come, per
esempio, in materia di politica economica.
Il Trattato di Lisbona ha previsto la possibilità di impugnare atti del Consiglio europeo ritenuti
illegittimi, purché destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi ma l’impugnabilità è
esclusa in materia di PESC.
IL CONSIGLIO
Il Consiglio è un organo intergovernativo composto dagli Stati membri rappresentati dai rispettivi
esecutivi. L’art 16 par. 2 TUE dichiara che il Consiglio è composto da un rappresentante di ciascuno
Stato membro a livello ministeriale, abilitato a impegnare il governo dello Stato membro che
rappresenta e ad esercitare il diritto di voto.
Mentre il Parlamento europeo esprime gli interessi dei cittadini europei, rappresentati in
corrispondenza alle differenti articolazioni politiche, il Consiglio esprime gli interessi particolari dei
singoli Stati membri, e i suoi atti sono definiti come atti organici, cioè imputabili giuridicamente allo
stesso Consiglio, e non ai singoli Stati membri. Ciò è dimostrato dalla possibilità per uno Stato
membro di impugnare un atto del Consiglio adottato col suo voto favorevole, possibilità che non
sarebbe ammissibile ove l’atto fosse imputato giuridicamente ai singoli Stati membri. Ogni Stato
membro viene rappresentato a livello ministeriale da una persona abilitata ad impegnare il governo
di detto Stato, compresi i componenti di organi di governo di enti locali purché ad essi il diritto
nazionale attribuisca lo Status ministeriale.
La composizione del Consiglio è variabile, poiché esso è formato dai ministri competenti ratione
materiae, in quanto muta al variare degli argomenti di volta in volta posti al suo ordine del giorno.
L’Art.16 par.6 prevede 2 formazioni del Consiglio, precisandone le funzioni: si tratta del Consiglio
“Affari generali” che assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del Consiglio e del
Consiglio “ Affari esteri” che elabora l’azione esterna dell’Unione secondo le linee Strategiche
definite dal Consiglio europeo.
La presidenza del Consiglio, fatta eccezione per la formazione “Affari esteri”, è determinata dal
Consiglio europeo con votazione a maggioranza qualificata ed è esercitata dagli Stati membri a
rotazione paritaria semestrale, assicurando a tutti gli Stati membri tale presidenza.
Viene predeterminato quindi un gruppo di 3 Stati membri (c.d. trio), tenendo conto della loro
diversità e degli equilibri geografici nell’Unione, per un periodo di 18 mesi.
I 2 Stati membri che non sono in carica assistono in tutto e per tutto il membro che ricopre la
presidenza.
Per quanto riguarda la presidenza del Consiglio “affari esteri”, questa spetta ad un organo
individuale, non ad uno Stato membro. Si tratta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari
esteri e la politica di sicurezza, che è nominato dal consiglio europeo a maggioranza qualificata, con
l’accordo del Presidente della Commissione, ma che fa parte anche della Commissione ed è uno dei
suoi vicepresidenti.
Il Consiglio ha sede a Bruxelles, dove di norma (in aprile, giugno e ottobre si riunisce a Lussemburgo),
tiene le sue riunioni che non sono pubbliche e si riunisce su convocazione del suo Presidente, per
iniziativa dello Stesso presidente, di uno Stato membro o della Commissione. Le sue riunioni sono in
seduta pubblica quando esso delibera e vota un progetto di atto legislativo mentre per le attività non
legislative non vige l’obbligo di pubblicità. Nel funzionamento del Consiglio un ruolo significativo è
svolto dal cosiddetto COREPER, cioè comitato dei rappresentanti permanenti, istituito dal
regolamento interno nel 1958. Formato dai delegati dei governi degli Stati membri, il COREPER un
organo intergovernativo che si articola in due parti:
L’Art.16 par.3 stabilisce che il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui i
Trattati dispongano diversamente. La maggioranza qualificata rappresenta quindi la regola
generale applicata nella procedura di legislazione ordinaria consistente nella “codecisione”.
Per la votazioni a maggioranza semplice le deliberazioni del Consiglio sono valide se approvate a
maggioranza dei membri che lo compongono.
Le deliberazioni del Consiglio che richiedono l’unanimità sono approvate anche se ci sono delle
astensioni da parte dei membri presenti o rappresentati.
A decorrere dal 2014 per maggioranza qualificata si intende almeno il 55 % dei membri del Consiglio
che totalizzino almeno il 65 % della popolazione dell’Unione.
Quando il Consiglio non delibera su proposta della Commissione o dell’Alto rappresentante la
maggioranza è aggravata al 72% dei membri del Consiglio, rappresentanti almeno il 65% della
popolazione.
La nuova regolamentazione della maggioranza qualificata elimina la ponderazione del voto, in
quanto la maggioranza del 55% dei membri del Consiglio presuppone che ognuno disponga di un
solo voto. A questa prima maggioranza deve corrispondere, peraltro, una seconda maggioranza, il
65% della popolazione complessiva dell'Unione, che consente un recupero di poteri agli stati più
importanti almeno sotto l'aspetto demografico. Occorre cioè che le popolazioni degli Stati che hanno
votato a favore sommate tra di loro costituiscono, appunto, tale 65% della popolazione totale
dell'unione.
Peraltro, al fine di evitare che un gruppo esiguo di stati ma dotati di vasta popolazione sia in grado di
impedire la prescritta maggioranza del 65% della popolazione, la norma in esame aggiunge
un'ulteriore condizione relativa alla minoranza contraria all'adozione della delibera.
La minoranza di blocco, infatti, questa deve comprendere almeno 4 Stati membri altrimenti, pure se
il voto negativo di questi Stati impedisca il raggiungimento della maggioranza di popolazione del
65%, la delibera è ugualmente approvata.
Oltre alla maggioranza qualificata vigono in taluni settori la maggioranza semplice e l’unanimità:
C’è la possibilità che il Consiglio riceva anche un potere di esecuzione di qualsiasi atto obbligatorio
dell’Unione. Tale attribuzione è però subordinata alla necessità di condizioni che inducano a
preferire l’intervento del Consiglio in luogo della generale competenza della Commissione.
LA COMMISSIONE
La Commissione è la terza e ultima istituzione politica dell’Unione, un organo tipicamente
sopranazionale. Essa rappresenta l’interesse generale dell’Unione e si caratterizza insieme ai suoi
membri per l’indipendenza e la competenza (talvolta, si parla infatti della Commissione come di
governo di “tecnocrati”).
Originariamente il numero dei commissari era fissato in nove, tale da consentire ai Paesi membri piu
importanti (Francia, Italia, Germania) di avere due commissari di propria cittadinanza. Oggi questo, a
causa dei continui allargamenti della Commissione stessa, non è più stabilito. Fino al 2014 i Trattati
stabiliscono che <<La Commissione comprenda un cittadino di ciascuno Stato membro>>. Il Trattato
di Lisbona però ha stabilito una sostanziale riduzione della composizione della Commissione, infatti,
ai sensi dell’Art.17 par.5 “a decorrere dal 1° novembre 2014 la Commissione sarà composta da un
numero di membri, compresi il Presidente e l’Alto rappresentante, corrispondente ai 2/3 del
numero degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo non decida, deliberando
all’unanimità, di modificare tale numero. I membri sono scelti trai cittadini in base ad un sistema
di rotazione assolutamente paritaria tra gli Stati membri che rifletta la molteplicità demografica e
geografica”.
Il numero totale di cittadini di uno Stato membro può superare al massimo di una unità il numero
totale dei mandati di cittadini di un altro Stato.
Il numero dei componenti della Commissione, qualora il numero degli Stati restasse invariato,
scenderebbe a 18 ossia 2/3 degli attuali27 Stati membri.
In realtà però la riduzione del numero dei commissari desta delle preoccupazioni per gli Stati
membri emarginati dalla Commissione, per questo il Consiglio europeo ha convenuto affinché la
commissione continuasse a comprendere un commissario per Stato membro quindi la novità
introdotta dal Trattato di Lisbona sembra destinata a scomparire con l’entrata in vigore dello stesso
Trattato.
L’Art.17 par.3 stabilisce che i membri della Commissione sono scelti in base alla loro competenza
generale e al loro impegno europeo, tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza.
La Commissione esercita la propria responsabilità in piena indipendenza e non accetta istruzioni da
alcun organo, istituzione o organismo dell’Unione. L’Art. 245 TFUE stabilisce che i membri della
Commissione si astengono da ogni atto incompatibile con il carattere delle loro funzioni (divieto di
attività professionale) e gli Stati membri non cercano di influenzarli nell’adempimento dei loro
compiti. In caso di violazione di questi obblighi la Corte di Giustizia, su istanza del Consiglio o della
Commissione, può pronunciare le dimissioni d’ufficio, la decadenza dal diritto alla pensione
dell’interessato o da altri vantaggi sostitutivi.
Essi non possono ricevere né tantomeno richiedere istruzioni da alcun governo (in
particolare dallo stato del quale sono cittadini) né da alcun organo o ente pubblico o
privato.
A tale obbligo dei commissari fa riscontro il corrispondente dovere degli Stati membri di
rispettare il loro carattere indipendente e di astenersi da qualsiasi tentativo di influenzarli
nell'esercizio delle loro funzioni.
Va notato che gli obblighi dei membri della commissione possono sopravvivere anche alla cessazione
delle proprie funzioni. Ciò va detto in particolare per i doveri di onestà e delicatezza nell'assunzione
di determinate “funzioni” o “vantaggi”. si pensi a una professione o un incarico presso imprese
strettamente collegati al tipo di attività svolta nella commissione. Evidente che si fate funzioni o
vantaggi getterebbero come minimo un'ombra di sospetto sulle modalità di esercizio delle pregresse
funzioni all'interno della commissione.
La stessa commissione dopo taluni episodi allarmanti avverti la necessità di precisare ancora più
dettagliatamente gli obblighi dei commissari al fine di garantire il massimo livello di correttezza e di
moralità nello svolgimento dei propri compiti all'interno di codici di condotta per i commissari, primo
dei quali fu redatto dalla commissione presieduta dal Romano Prodi poco dopo il suo insediamento
nella primavera del 1999.
Sentenza commissione contro Cresson: i commissari devono far prevalere sempre l’interesse
generale dell’Unione, sia sugli interessi nazionali che su quelli personali. È vero che i membri della
commissione devono fare in modo di comportarsi in maniera irreprensibile, tuttavia ciò non significa
che un minimo scostamento da tali norme possa essere condannato. È necessario cmq che sia stata
commessa una violazione di una certa gravità.
La disciplina della nomina della Commissione ha conosciuto una lunga evoluzione fino al Trattato di
Lisbona del 2007. In origine i membri della Commissione erano nominati all’unanimità dai governi
degli Stati membri. In seguito, si è assegnata tale nomina al Parlamento europeo e un ruolo di
partecipazione è stato attribuito al Presidente della Commissione.
L’art.17 par.3 TUE dichiara che i commissari sono nominati per 5 anni e che la loro nomina può
essere rinnovabile.
Procedimento di nomina:
il Consiglio di comune accordo con il Presidente eletto adotta l’elenco delle personalità che
propone nominare come membri della Commissione in base alle proposte presentate da
ciascuno Stato membro.
il Presidente, l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli altri
membri della Commissione sono soggetti complessivamente al voto di approvazione del
Parlamento europeo.
Per quanto riguarda la cessazione della carica di commissario, può avvenire sia per decesso ma
anche per dimissioni volontarie o d’ ufficio (art.246 TUE).
Coloro che si dimettono volontariamente restano in carica sino alla loro eventuale sostituzione
curando solo gli affari di ordinaria amministrazione; al contrario le dimissioni d’ufficio sono
presentate dalla Corte di Giustizia qualora il commissario abbia commesso una colpa grave o non
risponda più alle condizioni necessarie per lo svolgimento delle sue funzioni (Perché per esempio
non abbia più la cittadinanza di uno Stato membro o sia diventato incapace).
qualora le dimissioni o il decesso riguardino il presidente ho l'alto rappresentante per gli affari esteri
e la politica di sicurezza essi sono sostituiti per la restante durata del mandato secondo la normale
procedura di nomina. al contrario se l'interessato e un'altro membro della commissione egli è
sostituito per la restante durata del mandato e con un membro della stessa nazionalità da parte del
consiglio di comune accordo col presidente della commissione.
L’art. 245 TFUE, introdotto dal Trattato di Lisbona, Regola l'ipotesi delle dimissioni volontarie
dell'intera commissione. In questo caso i membri della commissione restano in carica, curando gli
affari di ordinaria amministrazione, Fino alla loro sostituzione che deve essere limitata al
completamento della restante durata del mandato.
Nel caso di cessazione del mandato della commissione per scadenza del termine può accadere che
l'investitura della nuova commissione avvenga con ritardo rispetto a tale scadenza. In questa ipotesi
si pone il problema se, in attesa dell'insediamento della nuova commissione, quella il cui mandato
sia scaduto possa esercitare pienamente i suoi poteri o se questi siano limitati alla gestione
dell’ordinaria amministrazione. Questa seconda ipotesi sembra preferibile.
Quanto al sistema di votazione, l’Art.250 TFUE prescrive la maggioranza dei membri della
Commissione, ma di fatto essa delibera per consensus. La maggioranza rappresenta anche il
quorum richiesto per le sue deliberazioni
Di norma la Commissione si riunisce una volta a settimana. Si riunisce inoltre ogni volta che se ne
presenti la necessità.
Bisogna ricordare che in virtù del principio di collegialità che li unisce, la responsabilità degli atti dei
singoli commissari ricade su tutta la Commissione.
Una posizione di primato assume il Presidente: prima di tutto ha un ruolo attivo nella
individuazione di candidati alla carica di commissario; in secondo luogo, stabilisce gli orientamenti
politici e l’organizzazione interna della Commissione; spetta a lui la strutturazione e la ripartizione
delle competenze ai membri della Commissioni, così come la loro modifica.
Il Presidente della Commissione può nominare dei vicepresidenti e può chiedere ad un membro (ad
eccezione dell’Alto rappresentante) di rassegnare le proprie dimissioni ( dimissioni forzate) se viene
meno il rapporto di fiducia tra il Presidente e il commissario preso in questione, oppure se è proprio
il Parlamento europeo a non avere più fiducia nel singolo commissario.
- vigila sul rispetto dei Trattati e del diritto dell’Unione anche attraverso il ricorso alla
Corte di Giustizia affinché constati l’infrazione dello Stato
Uno dei compiti più importanti è quello di vigilare sul rispetto del diritto dell’Unione. La
Commissione appare in tal caso la custode dei Trattati stessi e vigila sulle istituzioni e sugli stati
membri.
Va osservato che, in specifiche materie, un potere di vigilanza è attribuito anche al Consiglio, per
esempio sulla politica economica degli Stati membri o sui disavanzi pubblici eccessivi.
Altro compito attribuito alla Commissione è quello di formulare raccomandazioni o pareri nei
settori definiti dai Trattati. Raccomandazioni e pareri non sono atti obbligatori, ma alcune volte
possono produrre effetti giuridici. La Commissione dispone di un potere decisionale, seppur
generale ma i suoi atti non sono legislativi perché sono appunto adottati attraverso una
procedura non legislativa; l’atto delegato può integrare o modificare elementi non essenziali
dell’atto legislativo, mentre quelli essenziali restano nella competenza esclusiva dell’atto
legislativo.
Per quanto riguarda la potestà esecutiva la Commissione la condivide con gli Stati membri anche
se rimane una prerogativa di quest’ultimi.
Dunque, secondo l’art. 290 TFUE Un atto legislativo può delegare alla commissione il potere di
adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi
non essenziali dell'atto legislativo. Gli atti legislativi delimitano esplicitamente gli obiettivi, il
contenuto, la portata e la durata della delega di potere. Gli elementi essenziali di un settore sono
riservati al lato legislativo e non possono pertanto essere oggetto di delega di potere.
L'attività che un atto legislativo può delegare alla commissione, dunque, è di natura “normativa”,
comportando l'emanazione di atti di portata generale, sebbene non legislativi, in quanto,
adottati dalla commissione. L’atto delegato non ha un'efficacia meramente esecutiva dell'atto
legislativo: esso infatti può integrare o modificare determinati elementi non essenziali dell'atto
legislativo, mentre quelle essenziali restano nella competenza esclusiva dell'atto legislativo e non
possono essere oggetto di delega alla commissione.
Per quanto riguarda invece la vera e propria esecuzione degli atti dell'unione è applicabile
l'articolo 291 TFUE. Gli Stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per
l'attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell'unione. La funzione di esecuzione non
riguarda quindi solo gli atti legislativi ma tutti gli atti giuridicamente vincolanti dell'unione e la
competenza ad adottare le misure di attuazione d'Italia ti spetta innanzitutto agli Stati membri
che vi provvedono nell'ambito del loro diritto interno. Solo quando siano necessarie condizioni
uniformi di esecuzione gli atti in questione conferiscono competenze di esecuzione alla
commissione.
I Trattati attribuiscono alla Commissione anche la rappresentanza esterna dell’Unione anche se non
esclusiva, infatti questa è esclusa nella materia della PESC.
La Commissione partecipa alla formazione degli atti del Consiglio e del Parlamento europeo. Essa
detiene infatti quasi il monopolio delle “proposte di atti dell’Unione”, senza le quali non è possibile
avviare i procedimenti di adozione di tali atti, anche se le proposte possono essere sollecitate dal
Parlamento europeo. La forza della proposta è tale che essa, può si essere respinta ma ove il
Consiglio intenda modificarla può farlo solo deliberando all’unanimità.
La Commissione poi pubblica ogni anno, almeno un mese prima dell’apertura della sessione del
Parlamento, una relazione generale sull’attività dell’Unione.
Questa duplice condizione dell'alto rappresentante si riflette, tra l'altro, nella duplicità di rapporti
che si determinano, da un lato, con le istituzioni governative dell'unione (consiglio europeo e
consiglio), dall'altro con l'istituzione sopranazionale (la commissione) formata da individui
indipendenti da qualsiasi stato.
Per quanto concerne il primo tipo di rapporti, il Consiglio europeo di comune accordo con il
Presidente della Commissione ne determina sia la nomina che la fine del mandato. La sua nomina è
inoltre subordinata all’approvazione del Parlamento europeo. Egli è qualificato inoltre come
“mandatario” del Consiglio, soggetto quindi alle sue determinazioni.
A differenza degli altri membri della commissione, l'alto rappresentante è sottratto al divieto
generale secondo il quale tali membri non sollecitano ne accettano istruzioni da alcun governo,
istituzione, organo o organismo nella misura in cui opera quale mandatario del consiglio e attua la
politica estera e di sicurezza comune.
Per quanto riguarda le sue funzioni l’Alto rappresentante vigila sulla coerenza dell’azione esterna
dell’Unione.
Riguardo alla materia della PESC compreso il settore della sicurezza e difesa comune, l’Alto
rappresentante svolge una funzione di proposta nei confronti del Consiglio, di attuazione delle
decisioni dello stesso Consiglio, così come del Consiglio europeo, di rappresentanza dell’Unione
nei confronti dei paesi terzi e di consultazione. Di particolare importanza sono le funzioni dell’Alto
rappresentante nell’attuazione delle missioni, implicanti l’impiego di mezzi civili e militari.
Nell’esecuzione delle sue funzioni, l’Alto rappresentante si avvale di un servizio europeo per l’azione
esterna che potrebbe configurarsi come un servizio europeo di diplomazia. Tale servizio lavora in
collaborazione con i servizi diplomatici degli Stati membri.
Il doppio grado di giurisdizione non è tuttavia di generale applicazione perché vi sono importanti
competenze riservate alla sola Corte.
Riguardo alla prima esigenza, la creazione del Tribunale si è rilevato cmq insufficiente, soprattutto
perché i ricorsi sono aumentati notevolmente e anche per la fiducia sempre più accresciuta, riposta
nella Corte da parte degli Stati membri, istituzioni europee, giudici e avvocati.
Al fine di alleggerire così il peso del contenzioso della Corte, il Trattato di Nizza ha previsto una
“clausola abilitante”, che dà la possibilità di affiancare al Tribunale di primo grado dei tribunali
specializzati.
Sulla base dell’art. 257 TFUE è stata creato un tribunale specializzato e cioè il Tribunale della
funzione pubblica dell’UE, competente a pronunciarsi in primo grado sulle controversie tra le
Comunità e i loro agenti. Contro le sue decisioni può essere proposta impugnazione per soli motivi di
diritto al Tribunale di primo grado che diventa giudice di secondo grado, qualora ci siano gravi rischi
che l’unità o la coerenza del diritto dell’Unione siano compromesse e si può far riesaminare alla
Corte di giustizia le sue decisioni.
La disciplina delle istituzioni giudiziarie è contenuta nello Statuto della Corte di Giustizia che ha lo
stesso valore giuridico dei Trattati. I regolamenti di procedura sono soggetti all’approvazione del
Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata.
I giudici sono nominati dagli Stati di comune accordo per sei anni e il loro mandato è rinnovabile.
Essi, tuttavia, non rappresentano tale Stato. Infatti, l’art. 253TFUE che regola la loro nomina recita
che i giudici devono essere scelti
<< tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza e……. che siano giureconsulti di
notoria competenza>>
La nomina dei giudici è preceduta da un parere sulla loro adeguatezza fornito da un comitato
composto da membri dei massimi organi giurisdizionali nazionali e giuristi di notoria competenza
uno dei quali proposto dal Parlamento europeo.
I giudici poi, designano tra di loro, il Presidente per tre anni (rinnovabili); nella relazione generale
annuale la Corte nomina il cancelliere, fissandone lo Statuto.
La Corte di giustizia è assistita poi da 8 avvocati generali, il cui numero può essere aumentato dal
Consiglio, all’unanimità, su richiesta della Corte.
L’art 252 TFUE descrive il ruolo dell’avvocato generale che è quello di presentare pubblicamente, in
piena indipendenza e in assoluta imparzialità, conclusioni sulle cause sottoposte alla Corte, per
assistere quest’ultima nell’adempimento della sua missione, cioè quella di garantire il rispetto del
diritto. La Corte, ove ritenga che la causa non sollevi nuove questioni, può omettere le conclusioni
dell’avvocato generale.
I giudici godono dell’immunità della giurisdizione, la quale si estende oltre la cessazione delle
funzioni per quanto riguarda gli atti compiuti in veste di ufficiale. L’immunità può essere tolta solo
dalla Corte riunita in seduta plenaria.
Il Tribunale anche esso avente sede a Lussemburgo è composto da almeno un giudice per Stato
membro. Il loro numero è attualmente di 27.
I tribunali specializzati sono nominati dal Consiglio all’unanimità cmq dietro consultazione dei un
comitato composto da 7 personalità.
LA BANCA CENTRALE EUROPEA E GLI ORGANI MONETARI
Nell’ambito dell’unione economica e monetaria un ruolo estremamente importante spetta alla
Banca centrale europea, qualificata istituzione dall’art. 13 TUE.
A tali istituzioni sono attribuiti poteri estremamente incisivi in materia monetaria. Il Sistema
europeo di banche centrali (SEBC), ha quale obiettivo principale il mantenimento della stabilità dei
prezzi; i suoi compiti fondamentali sono: definire e attuare la politica monetaria dell’Unione;
svolgere operazioni sui cambi; promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento . Il
SEBC non è un autonomo organo, in quanto è composto dalla BCE, con sede a Francoforte, e dalle
banche centrali nazionali ed è retto dagli organi decisionali della BCE. E’ dunque la BCE, fornita di
personalità giuridica che con il suo apparato esercita in concreto le competenze in materia
monetaria, a cominciare dalla emissione e dal governo dell’euro.
Gli organi della BCE sono il Consiglio direttivo e il Comitato esecutivo. Il primo è composto dai
membri del Comitato esecutivo della BCE e dai governatori delle banche centrali nazionali degli Stati
partecipanti all’euro. Il Comitato esecutivo comprende il Presidente, il vicepresidente e altri 4 altri
membri il cui mandato, di 8 anni, non è rinnovabile; esso svolge funzioni preparatorie ed esecutive
ed in generale attua la politica monetaria sulla base delle determinazioni del Consiglio direttivo, il
quale stabilisce le linee generali della politica monetaria.
La BCE è caratterizzata dalla sua posizione di indipendenza sia nei confronti degli Stati membri che
nei confronti delle istituzioni politiche europee.
Tale scelta risponde essenzialmente all’intento politico di salvaguardare la stabilità dei prezzi e,
quindi, di evitare spinte inflazionistiche, nella convinzione che l’assenza di inflazione sia un fattore
determinante per una effettiva crescita economica. A questo fine le decisioni di politica monetaria
vengono sottratte a ogni forma di condizionamento o di pressione politica proveniente da organi o
istituzioni politiche.
Tale indipendenza non implica l’incomunicabilità fra le autorità monetarie europee e le istituzioni.
Il Presidente del Consiglio e un membro della Commissione possono partecipare, senza diritto di
voto, alle riunioni del consiglio direttivo della BCE, al quale il presidente del Consiglio può anche
sottoporre una mozione per l’approvazione.
La BCE trasmette una relazione annuale sull’attività del SEBC e sulla politica monetaria al
Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e al Consiglio europeo.
Di particolare importanza è anche il potere normativo: infatti la BCE può emanare regolamenti,
decisioni, raccomandazioni e pareri.
Il terzo organo decisionale della BCE è il Consiglio generale comprendente il Presidente e il
vicepresidente della BCE e governatori delle banche centrali nazionali. La BCE svolge anche
funzioni consultive così come anche il Comitato economico e finanziario.
La Corte dei conti è composta da un cittadino per ogni Stato membro, nominati per sei anni dal
Consiglio a maggioranza qualificata, su proposta di ciascun Stato membro e previa consultazione del
Parlamento europeo. Per ricoprire questo incarico, sono scelti personalità che fanno parte delle
istituzioni di controllo esterno o che posseggono una qualifica specifica per tale funzione, e che
offrono tutte le garanzie di indipendenza.
Il suo controllo c.d. esterno riguarda la legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese e si
estende all’accertamento della sana gestione finanziaria.
Nell’esercizio della sua funzione, la Corte dispone di strumenti di indagine incisivi: la possibilità di
controllare i documenti mediante sopralluoghi presso le altre istituzione dell’Unione, nei locali di
qualsiasi organismo che gestisce le entrate e le spese per conto dell’Unione, e negli Stati membri.
La Corte dei Conti assiste il Parlamento europeo e il Consiglio nella loro attività di controllo
sull’esecuzione del bilancio.
Uno dei principali risultati della funzione di controllo finanziario consiste nella “dichiarazione di
affidabilità dei conti”, nonché nella “relazione generale annuale”, redatta dopo la chiusura di ogni
esercizio finanziario e trasmessa alle altre istituzioni europee. Entrambe sono oggetto di esame da
parte del Parlamento europeo ai fini della sua delibera di discarico, con la quale dà atto alla
Commissione dell’esecuzione del bilancio.
La Corte dei conti ha anche una funzione consultiva, nel senso che può dare pareri su richiesta di
una delle altre istituzioni dell’Unione. Si tratta di pareri facoltativi cioè che non si è obbligati a
richiederli. In qualche raro caso però il parere è obbligatorio.
La potestà consultiva può essere esercitata dalla Corte anche di propria iniziativa, presentando
osservazioni su problemi particolari.
Il Comitato delle regioni ha l’intento di dare una qualche rappresentanza, a livello europeo, alle
autonomie locali, tenuto conto che spesso le politiche e il diritto dell’Unione incidono sensibilmente
sugli interessi e sulle competenze delle regioni e di analoghi enti locali.
Il numero e la nomina dei componenti e la stessa del Comitato economico e sociale così come la loro
indipendenza. I componenti del Comitato delle regioni sono titolari di un mandato elettorale o
politicamente responsabili dinanzi ad un’assemblea eletta. Anche tale comitato emette pareri
obbligatori o facoltativi ed è legittimato ad impugnare davanti alla Corte di Giustizia atti dell’Unione.