Sei sulla pagina 1di 19

IL PARLAMENTO

Il parlamento è l’unico organo costituzionale ad essere rappresentativo della sovranità


nazionale, godendo di una diretta legittimazione popolare; infatti l’art.1 cost:” l’Italia
è una repubblica democratica fondata sul lavoro; la sovranità appartiene al popolo
che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”, ne consegue così la
centralità politico-costituzionale del parlamento. La centralità del parlamento consiste
nella preminenza della legge (legge che prevale su ogni altra fonte del diritto, tranne
che sulla costituzione; ma anche perché nel nostro ordinamento vige il principio di
legalità, secondo cui ogni potere dello stato/enti pubblici deve fondarsi su una legge).
Il principio di legalità è da intendersi come:
1) principio di legalità formale (prevede una norma primaria attributiva di potere);
2) principio di legalità sostanziale ( prevede una norma primaria attributiva di potere,
dove però il potere deve essere sufficientemente delimitato, mediante
l’indicazione dell’oggetto/fine/presupposti per l’esercizio). Questa concezione viene
a coincidere con la riserva di legge relativa. In conclusione, il principio di legalità
conferma la preminenza della legge e la centralità politico-costituzionale del
parlamento. NB: Storicamente il parlamento si afferma nella lotta che vede opporsi al
sovrano i ceti emergenti ( BORGHESIA), per poi passare ad uno Stato ottocentesco
governato da un'unica classe sociale( borghesia), per poi giungere, verso la fine del
19°secolo, alla parabola discendente del parlamentarismo; si giunge infatti
all’allargamento del suffragio elettorale, con l’avvento del cosiddetto stato
pluriclasse: ciò fece sì che la centralità politico-sostanziale del parlamento si
trasformasse in centralità politico-formale, infatti sempre meno il modo di
formazione della volontà politica ebbe luogo nel parlamento, ma trasmigrò nei partiti
politici. Però è pur vero che oggi il parlamento mantiene ancora una fondamentale
centralità politico-formale; infatti, i partiti politici per realizzare i loro propositi
devono ottenere/conservare la maggioranza parlamentare. La maggioranza dei seggi
parlamentari dipende dai sistemi elettorali. Da precisare che i partiti politici tendono
ad emarginare il parlamento.
LA STRUTTURA DEL PARLAMENTO ITALIANO
Il nostro parlamento presenta una struttura ripartita in due camere: la Camera dei
deputati ed il senato della repubblica. Vi è parità funzionale tra le due camere (cd.
Bicameralismo perfetto o paritario). Nb: negli stati ove il passaggio dalle monarchie
assolute allo stato liberale è avvenuto mediante rivoluzioni, e le assemblee
rappresentative si sostituirono al potere sovrano, la struttura parlamentare è
monocamerale (Francia); negli stati, invece ove il passaggio fu graduale, ed il potere
legislativo fu inizialmente diviso tra una camera bassa (rappresentativa del corpo
elettorale) ed una camera alta (di scelta regia), la struttura parlamentare è bicamerale
(Inghilterra e Italia). Circa le differenze tra camera e senato, secondo l’art.57cost.: “il
senato è eletto a base regionale”; altre differenze riguardano l’età dell’elettorato
attivo ( 25 anni per il senato e 18 per la camera), e passivo ( 40 anni per il senato e 25
per la camera), ma anche il numero dei membri, infatti il senato prevede 315 membri
( tra cui i senatori a vita/ ex presidenti della repubblica),mentre la camera 630
membri, inoltre vanno considerati i rappresentanti eletti nella circoscrizione estero -
12 alla camera e 6 al senato - secondo la legge costituzionale 1/2001, con modifica
degli artt.56-57 cost.( volta a premiare l’originaria appartenenza alla stirpe italiana di
quei soggetti che risiedono all’estero pur non contribuendo all’economia italiana).
Nb: si è scelto il bicameralismo per evitare che una sola camera potesse essere
sottoposta alle pressioni politiche del momento, facendo passare frettolosamente le
proprie decisioni, rendendole quindi effettive, senza la possibilità di poterle rivedere.
Tuttavia, questa maggiore riflessività/controllo del parlamento mediante il
bicameralismo ha però dei costi molto alti (si pensi all’elevato numero dei
parlamentari), e soprattutto tempi molto lunghi (si pensi al rimpallo da una camera
all’altra).

I RAPPRESENTANTI DELLA NAZIONE


Il Parlamento è anche caratterizzato, oltre che dalla struttura bicamerale dall’alto
numero dei parlamentari, che rende davvero lunghi i lavori in assemblea: un minor
numero di parlamentari impedirebbe agli stessi di nascondersi dietro un folto gruppo
parlamentare e porterebbe loro ad assumersi individualmente le responsabilità
politiche che la funzione ricoperta impone. Si ridurrebbe altresì la “naturale”
frammentazione politica: così senza che intervenga un sistema elettorale che
“artificialmente” ad impedire alle forze politiche meno consistenti di ottenere una
propria rappresentanza parlamentare" sarebbe la stessa scarsità dei seggi a selezionare
l’offerta politica e i partiti o liste in competizione. effettivamente" il sistema
elettorale in vigore, regolato dalla legge 270/2005 si fonda: soglie ( per accedere alla
ripartizione di seggi; vi sono molteplici soglie); premi ( assegnati alle coalizioni ma
anche a singole liste, per garantire alle minoranze vincenti una maggioranza
parlamentare alla camera); premi regionali ( che assegnano seggi alle minoranze
vincenti in ogni regione); liste bloccate ( liste di candidati predeterminate dai singoli
partiti, ove l’elettore deve solo prenderne atto).
Secondo l’art.67 cost. : “ ogni membro del parlamento rappresenta la nazione, ed è
eletto senza vincolo di mandato”, per cui la rappresentanza politica è il meccanismo
secondo cui nelle democrazie contemporanee si esprime la volontà popolare, al
fine di realizzarne il carattere democratico rappresentativo; mentre riguardo al
libero mandato, occorre precisare che il parlamentare, pur liberato dai vincoli con gli
elettori, tuttavia sarà sempre condizionato dal partito politico di appartenenza, ecco
infatti che si parla di mandato imperativo di partito.
Per quanto riguarda le condizioni necessarie per essere eletti parlamentari, bisogna
considerare gli artt. 56 e 58 Cost. che imputano l’elettorato passivo (il diritto ad
essere candidati) a tutti gli elettori che abbiano compiuto il 25° anno di età per la
Camera, e il 40° anno per il Senato. Per quanto riguarda l’elettorato attivo (il diritto
di poter esprimere il proprio voto), bisogna far riferimento all’art. 48 Cost. che
fissa al raggiungimento della maggiore età il diritto di voto per la Camera dei
Deputati, e all’art. 58 Cost., che fissa il raggiungimento del venticinquesimo anno di
età per il Senato. Si ha l’ineleggibilità per cause preesistenti all’elezione che
impediscono la candidatura. Vengono ritenuti ineleggibili i Consiglieri
Regionali, i Presidenti delle Giunte Regionali, i Sindaci dei Comuni con più di
20.000 abitanti, i Prefetti, il Capo e i vice Capo di Polizia, gli ufficiali superiori nelle
loro circoscrizioni, e così via. Si evita che possa influenzare l’elettorato con la carica
che ricopre. Sono altresì ineleggibili i magistrati nelle circoscrizioni di loro
assegnazione, chi ricopre uffici presso Governi esteri, i dirigenti d’impresa che fanno
affari con lo Stato. I titolari di cariche elettive e di uffici pubblici per i quali è prevista
l’ineleggibilità per potersi candidare devono abbandonare la carica o l’ufficio almeno
180 giorni prima della fine della legislatura. Poi si ha l’incandidabilità, considerata
una particolarissima causa di ineleggibilità, cui può essere soggetto chi ha riportato
condanne definitive per alcuni specifici delitti (condanne definitive a pene superiori a
due anni di reclusione). L’incompatibilità si ha quando l’elezione è possibile ma si
deve rinunciare alla carica preposta l’elezione: Presidente della Repubblica (art. 84
Cost.), i membri del Consiglio Superiore della Magistratura (art. 104 Cost.) e Giudici
della Corte costituzionale (art. 135 Cost.); vietato è l cumulo delle cariche di deputato
e senatore (art. 65 Cost.). Incompatibilità e ineleggibilità sono valutate dalla Giunta
delle Elezioni (art. 66 Cost.). La giunta è un organo interno allo stesso Parlamento in
modo da garantire l’autonomia e l’indipendenza del potere legislativo e la
separazione dei poteri.
Una volta eletto il parlamentare assume uno status giuridico particolare quindi
soggetto a specifici doveri e diritti. In particolare questo status è caratterizzato dalle
immunità " ossia specifiche garanzie previste dalla Costituzione al fine di tutelare la
libertà del parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni (nascono per la funzione e
non per la persona di parlamentare" altrimenti sarebbe un privilegio, queste immunità
nascono per un valido scopo e rappresentano una conquista dello stato liberale: un
risultato della lotta per l’indipendenza e autonomia del Parlamento" in modo che così
i parlamentari non venivano condizionati o addirittura ricattati da forze e soggetti
interni. si necessitava la autorizzazione delle Camere per indagare su un
rappresentante del popolo in modo che non lo si facesse per scopi persecutori.
l’articolo 68 Cost che prevede le immunità nel nostro ordinamento:
Immunità sostanziali: non si possono perseguire i parlamentari per le opinioni
espresse e per i voti dati nell’esercizio della loro funzione parlamentare, nemmeno
scaduto il mandato.
Immunità processuali: si fa riferimento solo ai procedimenti penali. fino al 1993
prima di iniziare un’azione penale verso un parlamentare" il giudice, anche se in
relazione a fatti non attinenti al mandato, doveva prima richiedere l’ autorizzazione
alla Camera di appartenenza del parlamentar, che doveva accertare l’assenza di
intento persecutorio. Con la riforma cost. nel 1993 si limita l’autorizzazione data
dalla camera a procedere che ora è chiamata a decidere solo nel caso in cui si
intendono adottare provvedimenti restrittivi della libertà personale o domiciliare. In
particolare il giudice non deve chiedere l’autorizzazione della camera cui il
parlamentare appartiene per sottoporlo a indagini , procedere al suo arresto, quando
vi è una sentenza irrevocabile di condanna o nel caso in cui sia colto nell’atto di
commettere un reato per cui è previsto l’arresto in flagranza. Invece il giudice deve
ancora chiedere l'autorizzazione della camera a cui il parlamentare appartiene per:
sottoporlo a perquisizione personale o domiciliare; arrestarlo o comunque privarlo
della libertà personale; procedere ad intercettazioni delle conversazioni o
comunicazioni e a sequestro della corrispondenza. La previsione di un’indennità (art.
69 Cost.) segna il passaggio dal Parlamento liberale al Parlamento democratico. In
precedenza lo Statuto albertino escludeva la corresponsione di alcuna retribuzione, in
tal modo quindi solo i ceti più abbienti, con entrate personali, potevano dedicarsi
all’attività politica. Garantisce la piena autonomia del parlamentare e dà la possibilità
a tutti di entrare in Parlamento (e non solo ai più ricchi con entrate diverse.).
Ogni 5 anni, se non vi è scioglimento anticipato delle camere da parte del capo dello
stato, termina la legislatura. Le nuove camere sono elette secondo quanto disposto
dall’art.61: “ le elezioni delle nuove camere hanno luogo entro 60 giorni dalla fine
delle precedenti; finchè non siano riunite le nuove camere sono prorogati i poteri
delle precedenti”, infatti il comma 2 art.61 prevede la prorogatio dei poteri delle
camere; la prorogatio è un istituto del diritto che serve a garantire il principio di
continuità degli organi pubblici. Invece l’art.60 comma 2, circa la proroga prevista
per il parlamento: “ la durata di ciascuna camera non può essere prorogata se non per
legge e solo in caso di guerra” ( sempre per assicurare la presenza dell’organo
parlamentare, e poiché vi è impossibilità di svolgere le elezioni).
L’ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLE CAMERE
La Camera è formata da 630 deputati di cui 12 eletti nella circoscrizione estero e il
Senato da 315 senatori di cui 6 eletti nella circoscrizione estero e 5 a vita. La
questione della circoscrizione estera eleva il numero di parlamentari che vanno ad
eleggere. È un istituto che premia l’originaria appartenenza al territorio della
repubblica minando quelli che sono gli interessi della società che vi presiede (ius
sanguinis o ius loci). Di norma l’elettore estero è legato alla madrepatria con
nostalgia o affetto e non con critica nei confronti degli interessi reali. In tal caso
sarebbe più opportuno estendere il diritto di voto ai residenti anche se privi di
cittadinanza. L’elevato numero di parlamentari causa una struttura interna molto
complessa fondata sul principio di autogoverno di tutti gli organi costituzionali. Per
garantire indipendenza dei poteri si lascia agli stessi la possibilità di autodeterminare
la propria organizzazione. Tale assunto è ricavato dall’art. 64 Cost.: “Ciascuna
Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi
componenti,possiamo vedere che i regolamenti sono la principale fonte normativa
che disciplina l’attività delle Camere, anche se in via subordinata rispetto alla
Costituzione e sempre integrati da altre fonti; come i cd regolamenti minori o le
consuetudini parlamentari, e questa riserva di regolamento parlamentare impedisce ad
altre fonti primarie di interferire con l’attività interna delle Camere, sebbene leggi
esterne possano intrecciarsi con essa come la legge in materia elettorale che
interferirà con l’attività delle giunte quando convalidano i titoli di ammissione. L’
autonomia della Camera rispetto a qualsiasi altro organo anche all’altra Camera
stessa (la differente organizzazione delle Camere comunque non porta ad una
eccessiva divergenza, anzi le Camere risultano essere in sostanziale armonia.
L’adozione del regolamento parlamentare richiede una maggioranza qualificata (la
maggioranza dei componenti dell’intera assemblea e non dei partecipanti presenti alla
votazione) garantisce maggiore stabilità al regolamento in quanto è necessaria la
condivisione anche con l’opposizione. Le stesse violazioni dei regolamenti sono
giudicate dalle stesse Camere rischiando di non garantire la giustizia non prevedendo
un organo terzo.
Il regime di autogoverno prevede che ciascuna Camera elegga il Presidente e l’ufficio
di Presidenza. Il Presidente rappresenta la Camera e dirige i lavori, sovrintendendo
l’intera organizzazione della Camera. Il Presidente della Camera poi, presiede il
Parlamento in seduta comune, mentre quello del senato sostituisce il Presidente della
repubblica quando necessario. Nella prassi il Presidente viene eletto a maggioranza
qualificata graduata in maniera da coinvolgere anche l’opposizione e rendere più
stabile e condivisa la decisione. Nelle ultime legislature i Presidenti si sono sempre
meno richiamati a funzioni esclusivamente di garanzia e imparzialità. Mentre
hanno accentuato il proprio ruolo “propulsivo” e di direzione politica
dell’Assemblea. L’Ufficio di Presidenza ha il compito della conduzione
amministrativa e di organizzazione complessiva della Camera e ha un ruolo
connesso all’attività politica quando compone i Gruppi e le Commissioni. Esso
è composto da 4 vicepresidenti (suppliscono il Presidente), 3 questori
(sovrintendono l’ordine e l’organizzazione materiale dei lavori), 8 o più
segretari che assistono il Presidente. Viene eletto dall’Assemblea in maniera tale
che ogni Gruppo parlamentare abbia un esponente entro l’ufficio di presidenza. La
Conferenza dei Presidenti dei gruppi è un organo collegiale composto da tutti i capi
gruppo. Può partecipare un rappresentante del Governo ed è presieduta dal Presidente
della Assemblea parlamentare. Ha un potere di indirizzo generale, deve programmare
l’attività delle Camere, deve approvare l’ordine del giorno e programma i lavori
parlamentari. Funzione determinante per l’attività parlamentare. Costituisce un potere
di selezione su ciò che si andrà poi a decidere, molte proposte o iniziative, non
passando mai all’ordine del giorno, si esauriscono prima di poter essere discusse. I
capi gruppi approvano il calendario dei lavori con maggioranza qualificata tenendo
conto delle priorità espresse dal Governo. Qualora non si giunga ad un accordo tra i
capi gruppo è il Presidente dell’Assemblea a decidere in ultima istanza (risalta qui il
carattere politico dell’organo Presidente assemblea oltre al ruolo di imparzialità). Le
Giunte sono organi permanenti eletti dal Presidente dell’Assemblea su proposta dei
capi gruppo. Quelle della Camera interpretano e eventualmente modificano i
regolamenti parlamentari, si occupano delle immunità processuali ex art. 68
Cost. e delle autorizzazioni, formulano pareri sui quali si esprime l’assemblea sulle
autorizzazioni di poter procedere in base a richieste dall’autorità giudiziaria, esprime
pareri sulla qualità dei testi legislativi (Comitato per la legislazione) ed infine
verificano i poteri e i titoli di ammissione dei singoli parlamentari. Tutti questi organi
non si occupano di attività legislativa né di attività d indirizzo e controllo sul
Governo, anche se la pretesa di configurarli in chiave esclusivamente tecnico-
giuridica appaia impropria, essendo molte loro decisioni legate a questioni ad alto
tassi di politicità e gli stessi membri delle Giunte non possono essere considerati
terzi. Le Commissioni sono l’organo più importante nella Camera. Organo
permanente i cui membri sono in carica per 2 anni, (la Commissione dura quanto la
legislatura). La composizione rispecchia la proporzione dei vai gruppi parlamentari. I
membri sono nominati dal Presidente ma sono scelti dai capo gruppo. Nelle
Commissioni si svolge l’attività prevalente dei parlamentari, i quali, anche in
conseguenza del loro alto numero, non potrebbero proficuamente discutere in
Assemblea o svolgere i lavori istruttori alla presenza di tutti. Le Commissioni
permanenti sono previste dalla Costituzione e dai regolamenti, non sono permanenti
invece i singoli membri che scadono ogni biennio. Le Commissioni possono essere
permanenti monocamerali, in sede legislativa, e hanno funzioni in sede referente, in
sede deliberante e in sede redigente; in sede politica sviluppano dibattiti
politici su argomenti di loro competenza o possono adottare risoluzioni o svolgere
indagini conoscitive. Vi sono 14 Commissioni permanenti con competenze fissate dai
regolamenti (temi generali che racchiudono tutte le discussioni). Le commissioni più
importanti sono la Commissione affari costituzionali e la Commissione bilancio.
Qualora la materia investa più commissioni il presidente della camera lo assegna alla
commissione prevalente con l’obbligo di sentire i pareri delle altre commissioni
(possono essere vincolanti). Poi vi sono le commissioni permanenti bicamerali,
costituite da deputati e senatori. Una è prevista direttamente dalla Costituzione, art.
126, si occupa di affari regionali (Commissione per le questioni regionali), un’altra si
occupa invece dello stato d’accusa del Presidente della Repubblica, ex legge
costituzionale n.1 del 1989 (composta dalla Giunta per l’autorizzazione a procedere
di entrambi i rami), un’altra ancora si occupa dell’indirizzo generale e della vigilanza
televisiva, ex legge ordinaria n. 103 del 1975. Poi vi sono le commissioni
temporanee, istituite di volta in volta dai due rami del Parlamento, le principali sono
quelle d’inchiesta (art. 82 Cost.). Le commissioni d’inchiesta si sciolgono al
termine dell’inchiesta o alla scadenza del termine previsto. Possono essere
monocamerali o bicamerali. È uno strumento conoscitivo che indaga al pari della
giurisdizione penale, pur avendo qualche potere in più. Nella relazione conclusiva
suggeriscono provvedimenti che il Parlamento deciderà. Vengono normalmente
istituite su materie di pubblico interesse, non su questioni private, al fine di acquisire
notizie ed elementi di valutazione. Esse hanno gli stessi poteri e incontrano gli stessi
limiti dell’autorità giudiziaria penale, ciò vale solo per quelle istituite non sulla base
di una legge. Ciò in quanto si ritiene che una legge istitutiva possa attribuire
alla Commissione d’inchiesta poteri che il giudice penale non ha, superando dunque
i limiti posti all’autorità giudiziaria (es. Caso Moro ha permesso che i lavori si
svolgessero senza i limiti del segreto di stato, di ufficio e professionale). Vi è una
struttura interna articolata con divisione delle cariche (attribuite di solito alle
forze della coalizione di governo); si ha un Presidente, dei vicepresidenti e dei
segretari. Ha un controllo politico, utilizzata dalla maggioranza contro la
minoranza. Poi vi sono inoltre, commissioni di garanzia ove le cariche sono
affidate all’esponente di opposizione. I Gruppi Parlamentari sono organizzazioni
volontarie a cui i parlamentari devono necessariamente appartenere per partecipare in
condizioni di parità alla vita della Camera. Possono scegliere il loro gruppo di
appartenenza oppure vengono iscritti al gruppo Misto. È possibile durante la
legislatura abbandonare un gruppo ed entrare in altro purché questo acconsenta. La
struttura interna è rimessa all’autonomia del gruppo tranne la presidenza (capo-
gruppo) prevista dal regolamento parlamentare che deve essere nominato. Ciò
permette una semplificazione dei lavori parlamentari (si mettono d’accordo i
capi gruppo e non i singoli parlamentari). Considerando che i capi gruppo sono
nella prassi dirigenti di partito che attuano la loro linea politica in sede parlamentare
si riconferma la subordinazione del Parlamento ai partiti politici (espropriazione di
ogni potere del singolo parlamentare). L’autonomia dei singoli parlamentari è
ridotta anche perché spetta ai partiti la composizione delle liste elettorali e la
definizione dei programmi. In Italia la disciplina dei singoli parlamentari alle
direttive del partito di appartenenza e a quanto stabilito dal gruppo di appartenenza è
considerata un valore (in contrasto con il libero mandato dell’art. 67 Cost.). Non a
caso si sono ridotte le possibilità di voto segreto, al fine di evitare che i parlamentari
possano esprimere opinioni difformi dalle decisioni del gruppo nel segreto del voto.
Infine, ciascuna Camera ha un proprio apparato amministrativo e un proprio bilancio.
Nessun soggetto esterno può intromettersi ed influire sull’attività e
sull’organizzazione delle Camere. Il Parlamento in seduta comune è un organo
composto da entrambi i rami del Parlamento che opera su questioni previste in
Costituzione: l’elezione del Presidente della Repubblica (con integrazione di 3
delegati per Regione ed 1 per la Valle d’Aosta), dei 5 giudici Costituzionali, di un 1/3
dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura, per ricevere il giuramento del
Capo di Stato, per la messa in stato d’accusa del Capo di Stato. Esso, tuttavia, non
costituisce un terzo organo del Parlamento perché la sua composizione non è
originaria, bensì costituita dai due rami del Parlamento, non è prevista alcuna
articolazione propria al suo interno e infine è un organo convocato solo in via
straordinaria e non ordinaria. Quindi lo si ritiene un organo composto e non un terzo
organo parlamentare.
LE FUNZIONI
Le principali funzioni del Parlamento sono quella legislativa (art. 70 Cost.) e quella di
indirizzo e controllo. la funzione è esercitata collettivamente dalle due Camere. La
distinzione tra queste funzioni è solo tendenziale e il Parlamento in realtà
opera sommando le proprie competenze, con funzioni che possono essere svolte in
modo tra loro intrecciato.
LA FORMAZIONI DELLE LEGGI
la costituzione prevede eccezionalmente altri soggetti titolari di una potestà
legislativa (in quanto di regola è il parlamento ha detenere la potestà legislativa),
infatti l’art.76 prevede : “l’esercizio della funzione legislativa non può essere
delegato al governo, se non con determinazione di principi e criteri direttivi soltanto
per un tempo limitato e per oggetti definiti”. Oggi purtroppo abbiamo un’inversione
della regola con l’eccezione, e duna conseguente perdita di controllo del parlamento
sull’attività normativa del governo, il parlamento infetti viene svuotato del suo potere
legislativo; negli ultimi tempi, infatti si è registrata una reale crisi del
parlamentarismo odierno che ha portato la centralità del Parlamento alla centralità del
governo (e di altri soggetti, sia nazionali sia sovranazionali)
Tuttavia ciò che contraddistingue l’atto legislativo è il procedimento tipico, ovvero
l’iter di formazione delle leggi, che prevede tre fasi: 1) fase di iniziativa; 2) fasi di
istruttoria e di decisione; 3) fase integrativa dell’efficacia ( dinanzi al capo dello
stato).1)FASE DI INIZIATIVA:
La potestà di iniziativa spetta ( per costituzione) a 5 categorie di soggetti, con uguale
potere di attivazione: governo; ciascun membro delle camere; popolo ( mediante
l’iniziativa di almeno 50 mila elettori); CNEL; ciascun consiglio regionale;
tuttavia tale potestà può essere conferita ad altri organi mediante legge
costituzionale. La potestà di iniziativa del governo, parlamento, popolo, ma anche
CNEL) ha carattere generale ossia può riguardare ogni argomento, tuttavia può
essere limitato alle sole materie di competenza del soggetto proponente ( si pensi alle
regioni). Nb: Alcune iniziative dei membri del parlamento possono avere carattere
meramente propagandistico, di denuncia di problemi particolari. I progetti di legge di
origine parlamentare sono presentati da più membri delle rispettive camere; da
precisare però che le possibilità di successo non sono uguali per tutti i soggetti titolari
di potere di iniziativa; infatti, le iniziative dell’esecutivo (Governo) hanno più
possibilità di tradursi in legge, in quanto il governo è espressione della maggioranza
parlamentare. Dopo la stesura di una bozza da parte del ministro competente, il
progetto deve essere approvato dal Consiglio dei ministri, per poi essere autorizzato
dal presidente della repubblica. Giunta alla camera, l’iniziativa legislativa promossa
dal governo si chiamerà “disegno di legge”, mentre l’iniziativa legislativa di
origine parlamentare si chiamerà “progetto di legge”, ed infine tutto il resto
( iniziative governative/parlamentari/altri soggetti) si chiamerà “proposta di legge”.
Tuttavia, il governo ha, in due casi, iniziativa riservata: 1) legge di bilancio, è
riservata in quanto solo il governo è a conoscenza delle spese dei soggetti pubblici da
imputare allo stato; tale legge non ha la sostanza della legge (non introduce
disposizioni), ha solo la forma della legge, serve infatti a permettere che i conti
pubblici siano soggetti al controllo parlamentare. Collegata alla legge di bilancio è la
manovra finanziaria, approvata annualmente dal parlamento. 2) leggi di
autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali ( al fine permettere al
parlamento di controllare l’operato del governo ( la ratifica non comporta di per sé
modifiche sostanziali dell’ordinamento giuridico interno; tuttavia tali modifiche, se
necessarie saranno previste dalle norme di attuazione che accompagneranno la
ratifica del trattato. Le iniziative legislative sono redatte in articoli ed accompagnate
da una relazione esplicativa ( che ne illustra oggetto e finalità), dopodiché proposte
( a scelta) alla Presidenza della Camera o del Senato ( tranne parlamentari che
possono presentare progetti di legge solo presso le rispettive camere); la Presidenza
stampa i progetti e li comunica all’Aula; il presidente assegnerà poi i progetti ad una
Commissione.
2)FASE ISTRUTTORIA E DI DECISIONE:
art.72 cost: ogni disegno di legge deve essere esaminato anzitutto da una
Commissione e poi dalla Camera (a cui e stato proposto il disegno). Il presidente,
assegnando il disegno di legge ad una commissione, stabilisce anche la procedura
di formazione da seguire, vi sono infatti un procedimento ordinario e due abbreviati:
a)procedimento ordinario: prevede l’esame, del progetto di legge, da parte della
Commissione; termina totale esame verranno presentate all’ Aula una
relazione di maggioranza ( affiancata da una o più di minoranza) ma anche
un progetto di legge che costituirà il testo base per la successiva discussione; sarà la
Conferenza dei capigruppo a decidere se e come inserire il progetto di legge nell’
ordine del giorno. Se il progetto giunge in assemblea vi sarà una discussione generale
e la votazione dei singoli articoli ( e dei diversi emendamenti), per poi giungere alla
votazione finale dell’intero progetto. Con l’approvazione finale del disegno di legge
da parte dell’assemblea, finisce il lavoro di una camera e comincia il lavoro
dell’altra( con la stessa scansione). Affinché una legge possa essere approvata
è necessario che le camere si esprimano favorevolmente su un testo identico, è
dunque inevitabile il ritorno del disegno alla prima camera tutte le volte che l’altra
camera l’abbia modificato ( cd. Navetta).
b)procedimento abbreviato in sede deliberante: art.72 comma 3: “la
Commissione può direttamente approvare il progetto di legge in sede deliberante
ovvero in sede legislativa”, saltando così la fase in assemblea e semplificando i
lavori parlamentari, evitando però il controllo concreto da parte dell’opinione
pubblica. Nb: Tuttavia la commissione non può approvare disegni di legge in
materia costituzionale, elettorale, di delegazione legislativa, autorizzazioni a ratificare
trattati internazionali, approvazione di bilanci consultivi; infatti in questi casi la
costituzione impone una riserva a favore del procedimento ordinario. c)procedimento
abbreviato in sede redigente: ( previsto dai regolamenti parlamentari - secondo
l’art.72comma 2 cost. ) ove la commissione approva i singoli articoli, mentre
l’assemblea ha l’approvazione finale; è un tipo di procedimento poco utilizzato.
Approvata dalle due camere la legge è perfetta ma non efficacie, in quanto
necessita della fase di integrazione dell’efficacia.
3)FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA. Il presidente dell’ultima camera che
ha approvato la legge trasmette al presidente della repubblica il testo; il presidente
della repubblica può promulgare oppure rinviare. A 1) promulgazione: deve avvenire
entro un mese dall’approvazione (salvo casi particolari in cui le camere stabiliscano a
maggioranza assoluta un diverso termine). Attraverso la promulgazione il presidente
della repubblica può controllare, prima dell’entrata in vigore, la legge, nella sua
stesura finale. A 2) rinvio: poiché la costituzione non dice quali motivazioni possano
consentire il rinvio, secondo la prassi, il potere del presidente della repubblica di
rinvio delle leggi dovrebbe essere utilizzato solo in ipotesi non ordinarie, in cui i
valori costituzionali siano messi in gioco. Comunque, una volta esercitato il potere di
rinvio, la legge torna al parlamento, accompagnata da un messaggio del presidente
della repubblica (una sorta di richiesta di riesame, non di un veto) in cui si indicano le
ragioni/motivazioni che hanno determinato la scelta di non promulgare. Il parlamento
può seguire i suggerimenti del presidente della repubblica( modificando la legge),
oppure riapprovare la legge senza modificarla, e in quest’ultimo caso il presidente
della repubblica ( salvo che si attenti alla costituzione o vi sia alto tradimento) è
costretto a promulgare la legge. Nel caso in cui il parlamento abbia riapprovato la
legge ma nel contempo abbia apportato modifiche diverse da quelle suggerite dal
presidente della repubblica, la legge può considerarsi “nuova” e perciò soggetta alla
scelta del presidente della repubblica di rinvio (a tal proposito la dottrina è divisa e la
prassi controversa).
La pubblicazione (art. 73 Cost.) è un atto materiale dovuto dal Guardasigilli (Ministro
di Giustizia) a 30 giorni dalla promulgazione. Si ha la pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale e sulla Raccolta Ufficiale degli atti normativi (garantire la certezza del testo
e la conoscibilità dello stesso). Entra in vigore dopo 15 giorni dalla pubblicazione
(vacatio legis). Per concludere si può dire che la legge ordinaria è la principale
fonte del diritto in quanto è voluta dai rappresentanti del popolo, ha competenza
indeterminata, i limiti che incontra non hanno carattere puramente negativo, prevale
su tutte le leggi fatta eccezione per la Costituzione. Infine, si deve riconoscere la
perdita del monopolio legislativo da parte del Parlamento, sia per le leggi regionali,
sia per le norme comunitarie. In alcuni casi invece è la Costituzione che impone al
Parlamento di intervenire, prevedendo delle riserve di legge assolute e relative, nel
primo caso si impone che solo la legge possa regolare quella determinata materia, nel
secondo caso invece si impone di regolare almeno i caratteri fondamentali della
materia, permettendo alle altre fonti di definire la normativa più specifica entro i
principi dettati dalla legge. Poi vi sono anche la riserva rinforzata, dove la
Costituzione fornisce anche delle indicazioni su come regolare la materia, e la riserva
costituzionale, nella quale è necessaria una legge costituzionale per regolare la
materia. Al di là di quest’ultima riserva, al Parlamento spetta il potere di modificare
la Costituzione, mediante l’adozione di leggi costituzionali, in questo caso ci si trova
dinanzi all’evocazione di un potere straordinario.
LE FUNZIONI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO
Le altre funzioni esercitate dal Parlamento sono quelle di controllo e di indirizzo,
alcuni scindono il controllo dall’indirizzo, ma in realtà sono funzioni tra esse
complementari. Il controllo del Parlamento si rivolge principalmente al
Governo. A volte si fa rientrare nella funzione di controllo e indirizzo l’istituto
della fiducia, che il Parlamento deve concedere al Governo, in realtà questo è
prevalentemente un presupposto di legittimità: il Governo deve ottenere la fiducia per
poter operare con pieni poteri e in assenza deve rassegnare le dimissioni (art. 94
Cost.). Dall’istituto della fiducia possono distinguersi le mozioni di fiducia che
accompagnano e motivano il voto delle due Camere (art. 94, comma 2, Cost.) e le
mozioni di sfiducia. La funzione di controllo in senso stretto viene esercitata con le
interrogazioni, ossia una richiesta di informazioni su fatti avvenuti o su intenzioni che
i singoli parlamentari muovono nei confronti del Presidente del Consiglio o del
Ministro. Il parlamentare deve specificare se vuole una risposta in Aula o in
Commissione, orale o scritta. Il Ministro ha l’obbligo di rispondere anche se, non
essendo fissato un limite, il più delle volte rimangono incompiute. Servono
sostanzialmente per portare alla luce del Governo rilevanza su questioni
importanti. Si utilizza anche il question time, ossia lo spazio periodicamente riservato
all’interno del dibattimento a interrogazioni a risposta immediata (settimanale in Aula
e bimensile in Commissione alla Camera, almeno mensile in Aula al Senato).
Permettono un confronto diretto Parlamento-Governo. Poi vi sono le interpellanze,
rivolte per iscritto al Governo da ogni parlamentare. Non riguardano casi specifici ma
aspetti generali della condotta adottata dal Governo in questioni che riguardano la sua
politica. L’interpellanza viene discussa in Aula dietro relazione del presentatore
prima della risposta del Governo e qualora non fosse contento della risposta può
trasformarla in mozione chiedendo che si pronunci tutta l’Assemblea. Qualora
l’interpellanza fosse presentata da interi gruppi i tempi di risposta sono più brevi (48
ore per la Camera, 2 settimane per il Senato), si chiamano interpellanze urgenti. La
mozione è proponibile da un capo gruppo, da 10 deputati o da 8 senatori per
promuovere una risoluzione dell’Assemblea. La mozione viene discussa, emendata e
votata. Se approvata non produce vincoli né per il Governo né per il
Parlamento. Serve per definire programmi finalizzati a indirizzare l’attività del
Governo. Con la risoluzione, generalmente a fine dibattito si pone evidenza su fatti o
prese di posizione del Parlamento. Oltre alle mozioni le Camere possono votare e
approvare sia in Aula sia in Commissione risoluzioni, in genere a chiusura di un
dibattito, al fine di sottolineare aspetti diversi o prese di posizione del Parlamento,
oppure ordini del giorno di istruzione al Governo che possono essere approvati nel
corso di una discussione e che hanno a oggetto sia un procedimento legislativo
sia altri atti di indirizzo e controllo. Differenti sono la mozione di fiducia e la
mozione di sfiducia. Si impone l’obbligo di dimissioni per il Governo ove sia non
approvata la prima o sia approvata la seconda (art. 94 Cost.). La mozione di
fiducia definisce la maggioranza politico-parlamentare necessaria affinché il
Governo possa operare. Questo atto ha una valenza anomala in quanto non ha un suo
contenuto originale perché la motivazione della mozione di fiducia fa esclusivo
riferimento ai contenuti delle dichiarazioni programmatiche del Presidente del
Consiglio, per sostenere l’indirizzo politico da questo rappresentato; inoltre ha come
espressa finalità quella di definire la maggioranza politica parlamentare necessaria
affinché il Governo possa operare, piuttosto che quella di controllare e indirizzare il
Governo. Per questo la Costituzione prevede una particolare modalità di voto, ossia
per appello nominale (chiamata, passaggio di ciascun parlamentare dinanzi alla
Presidenza dell’Assemblea e al Governo e dichiarazione di non/appoggio). Il
Parlamento richiede la verifica del rapporto fiduciario con il Governo. La mozione
di sfiducia è invece uno strumento quasi del tutto inutilizzato, previsto a
completamento di un rigido sistema che indica la condizione necessaria affinché il
Governo possa operare dopo la nomina presidenziale (mozione di fiducia),
l’autonomia dei due organi costituzionali Parlamento e Governo, e le modalità
attraverso cui il Parlamento può far venir meno il proprio sostegno al Governo. Esso
rappresenta un atto sostanzialmente uguale e contrario rispetto a quello della fiducia,
deve essere richiesto da almeno 1/10 dei componenti della Camera e non può essere
messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. Nessuna crisi di
Governo in Italia è mai stata originata dall’approvazione di una mozione di sfiducia,
ai sensi dell’art. 94 Cost. Solo in due casi le dimissioni sono state provocate da
pronunce contrarie del Parlamento, ma non per via di una mozione di sfiducia, ma in
conseguenza di una non approvazione di una questione di fiducia (Governo Prodi I e
Governo Prodi II). In ogni altro caso, le dimissioni dei Governi sono avvenute
per vie “extraparlamentari”, in conseguenza di una rottura politica del patto di
coalizione e tra le forze parlamentari di maggioranza. In questo caso il Capo dello
Stato può rinviare il Governo dimissionario in Parlamento, al fine di verificare le
ragioni politiche della crisi (c.d. “parlamentarizzazione” delle crisi di Governo)
La questione di fiducia è prevista dai regolamenti parlamentari. Qui, a differenza
della mozione, è il Governo a richiedere la fiducia del Parlamento dinanzi a una
questione, la quale se non sarà approvata nei termini da esso proposti egli rassegnerà
le dimissioni. Una forzatura nei confronti della libera dialettica parlamentare, ma in
base alla sua autonomia il Governo può rassegnare le dimissioni in qualsiasi
momento, anche nel caso di approvazione di una decisione da parte della
Camere che possa essere intesa come un ostacolo grave o insormontabile alla
realizzazione del programma che si pone alla base del rapporto fiduciario con il
Parlamento. Il punto critico di questo istituto riguarda le sue conseguenze e l’uso.
Per quanto riguarda le conseguenze, questo istituto si impone sui lavori del
Parlamento modificandone i tempi e i ritmi. Infatti, la questione di fiducia è votata
per appello nominale, precludendo la possibilità di votare gli emendamenti; quindi, il
Parlamento è posto dinanzi una sola alternativa: “prendere o lasciare”. Per quanto
riguarda l’uso vi è un abuso di questo istituto, utilizzato per fini tattici, ossia per
ricompattare artificiosamente la maggioranza o per interrompere la discussione
parlamentare e non per emergenza che coinvolge il rapporto fiduciario degli organi
(maxiemendamenti). Un tipo di mozione particolare è quella di sfiducia al
singolo Ministro, in Costituzione la responsabilità individuale del Ministro è
legata agli atti del proprio dicastero (art. 95 Cost.), proprio per far valere la
responsabilità politica individuale dei singoli membri dell’Esecutivo. I regolamenti
delle Camere ammettono la possibilità di presentazione da parte di almeno 1/10 dei
componenti dell’Assemblea di una mozione di sfiducia individuale ai Ministri, che
può essere messa in votazione per appello nominale dopo un intervallo minimo di tre
giorni. Nel regolamento parlamentare è stata ammessa la mozione di sfiducia per il
singolo Ministro purché si trovi anche isolato all’interno del Governo (il Governo
appoggia la mozione).
Un’ altro strumento di controllo sono le inchieste parlamentari: strumento di controllo
nei riguardi dell’attività dell’esecutivo.
indagini conoscitive: indagini che ciascuna commissione parlamentare può disporre
nelle materie di propria competenza, al fine di acquisire notizie utili all’attività della
camera di rispettiva appartenenza.
controllo in forma legislativa:
legge di Bilancio: il parlamento esercita il controllo in forma legislativa
sul governo, mediante l’approvazione della legge di bilancio; il bilancio
( documento contabile contenente entrate e spese previste o effettuate ) deve essere
approvato dalle camere entro il 31 dicembre di ogni anno ( salvo il caso
dell’esercizio provvisorio del bilancio per un periodo non superiore a 4 mesi, ex
art.81 comma 2 cost.). E’ il governo che predispone il bilancio, ed il parlamento non
può modificarlo stabilendo nuovi tributi o spese. Il parlamento deve approvare anche
il rendiconto consuntivo (finale), ossia deve approvare il “già fatto dal governo”. Da
ricordare è che le politiche di bilancio sono sempre condizionate dalla necessità di
rispettare i parametri imposti dall’Europa, infatti un non rispetto del patto di stabilità
(definito in sede europea) può spingere il consiglio europeo ad adottare una serie di
misure ( raccomandazioni o sanzioni) nei confronti degli stati inadempienti. Il
bilancio annuale quindi è solo un documento contabile, tuttavia sono le singole leggi
di spesa che vanno a definire i diversi impegni finanziari dello stato. Il legislatore ha
introdotto una serie di atti normativi che, collegati all’approvazione del bilancio,
consentono la gestione della finanza pubblica: infatti con la legge468/1978, il
parlamento, oltre al bilancio, approva la legge finanziaria e la complessiva
manovra economica. Successivamente, la legge 196/2009, al fine di garantire una
maggiore stabilità economico finanziaria, ha introdotto ulteriori strumenti di
programmazione: è infatti la legge finanziaria che va ad indicare l’indebitamento
massimo e le coperture di spesa. Il parlamento infatti, vista l’importanza, ha
istituito una sessione di bilancio per consentire a commissioni ed assemblee
parlamentari di discutere ed approvare il disegno di legge finanziaria, e documenti
collegati. H2) legge di autorizzazione a ratificare trattati internazionali: con la
legge, il parlamento autorizza la ratifica dei trattati internazionali, mentre l’atto
formale di ratifica spetta solo al capo di stato ( Mattarella). Le camere non possono
modificare il contenuto del trattato ( contenente l’accordo tra stati), tuttavia i singoli
stati possono inserire delle riserve. Attraverso tale legge di autorizzazione a ratificare
trattati internazionali, il parlamento controlla la conduzione della politica
estera affidata al governo. Il parlamento, inoltre, attraverso un ordine di
esecuzione permette che il trattato venga applicato all’interno del nostro
ordinamento. I trattati non sono direttamente esecutivi all’interno degli stati, per
questo, per poter essere attuati, necessitano dell’effettiva esecuzione da parte del
parlamento, la quale esecuzione può essere contestuale alla legge di
autorizzazione. Secondo l’art.80 cost.:” le camere autorizzano con legge la ratifica
dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o
regolamenti giudiziari, o riguardano variazioni del territorio o oneri alle finanze o
modificazioni di leggi”, restando così esclusi accordi commerciali e culturali, che
non riguardino oneri finanziari. Assai discussa è la questione relativa agli accordi
segreti tra stati, che anche se incostituzionali vengono stipulati dai governi
all’insaputa del parlamento. Generalmente si ricorre ad accordi segreti qualora la
difesa della patria lo esiga ( ossia in situazioni assai gravi/di pericolo). Spesso il
governo tende a sfuggire al controllo del parlamento, attraverso l’ esecuzione
provvisoria dei trattati, in attesa dell’autorizzazione alla ratifica. Altro modo per
bypassare il parlamento è la sottoscrizione ( da parte dei governi) dei trattati in forma
semplificata , rendendoli efficaci senza bisogno di ratifica da parte del
parlamento, ricorrendo ad un semplice scambio di note al momento della
sottoscrizione dell’accordo ( grazie ad una disposizione contenuta nella convenzione
di Vienna). Collegato all’istituto della ratifica dei trattati internazionali e all’attività di
controllo e indirizzo del Parlamento sul Governo è la deliberazione dello stato di
guerra, che spetta alle Camere (art. 78 Cost.) e che prevede che siano le Camere
stesse a conferire al Governo i poteri necessari per far fronte alla situazione bellica.
Possono infine richiamarsi i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali che gravano sulla potestà legislativa tanto dello Stato quanto
delle Regioni previsti al comma 1 dell’art. 117 Cost. Ove si profili un contrasto tra
una norma interna e una norma della CEDU, il giudice nazionale comune deve
preventivamente verificare la praticabilità di un’interpretazione della prima conforme
alla seconda; se questa verifica dà esito negativo e il contrasto non può essere risolto
in via interpretativa, il giudice dovrà proporre una questione di legittimità
costituzionale.
IL PARLAMENTO E L’EUROPA
A fronte dell’evoluzione del rapporto tra ordinamenti sia la giurisprudenza
costituzionale sia il legislatore hanno definito principi diversi e ulteriori
rispetto a quelli tradizionalmente affermati. Nel primo caso, la Corte
Costituzionale è giunta a riconoscere l’avvenuta incorporazione dell’ordinamento
giuridico italiano in un sistema più vasto, dai cui organi deliberativi possono
promanare norme vincolanti. Nel secondo caso, ha aggiunto uno specifico vincolo
derivante dall’ordinamento comunitario e dagli internazionali cui deve attenersi la
potestà legislativa di Stato e Regioni (oltre all’art. 11 anche l’art. 117 Cost.). Lo
strumento principale utilizzato dal nostro Parlamento per dare attuazione agli
obblighi comunitari (fase discendente) è la legge comunitaria annuale, oggi sostituita
dalla legge di delegazione europea e la legge europea. Scopo di queste leggi è quello
di assicurare un adeguamento della normativa nazionale a tutti i tipi di obblighi
comunitari. La legge di delegazione europea contiene esclusivamente le deleghe al
Governo per permettere il recepimento nell’ordinamento nazionale delle direttive
europee e delle decisioni quadro e i principi fondamentali a cui devono attenersi
le leggi regionali nelle materie di loro competenza. La legge europea invece dà
attuazione agli atti europei e ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle
relazioni esterne dell’Unione. Il modello è quello della legge di bilancio, in assenza
però di obblighi di carattere costituzionale. Il Parlamento deve ogni anno dedicare
una sessione dei propri lavori all’approvazione della legge comunitaria. In tal modo si
vuole fornire alle Camere un quadro preciso dell’attività svolta in sede europea dal
Governo e discutere degli orientamenti futuri. La partecipazione del Parlamento alla
fase ascendente della formazione del diritto comunitario è ancora in fase di
evoluzione. La definizione di un ruolo di partecipazione dei Parlamenti nazionali
è stata sollecitata dall’Unione Europea. La normativa nazionale prevede obblighi
per il Governo di trasmissione degli atti preparatori della normativa europea al
fine di permettere al Parlamento di adottare atti di indirizzo al Governo, il quale
dovrà tenerne conto in sede europea. Il Governo è poi inoltre tenuto ad informare
entro 15 giorni, il Parlamento degli esiti delle riunioni del Consiglio europeo e del
Consiglio dell’UE. Tuttavia, i diversi tipi di atti d’indirizzo parlamentare non sono
idonei a vincolare il Governo. Al fine di rendere più incisivo il controllo parlamentare
al Parlamento viene riconosciuta una riserva di esame parlamentare per atti europei
che vengono posti dal Governo all’ordine del giorno; questo esame deve concludersi
entro 30 giorni altrimenti il Governo può liberamente procedere senza dover
attendere l’esito dell’esame. Con il Trattato di Lisbona si prevede la trasmissione
diretta ai Parlamenti nazionali di tutti i progetti di atti legislativi dell’UE, al fine di
permettere di verificare il rispetto del principio di sussidiarietà. I singoli Parlamenti
possono formulare pareri entro le otto settimane successive all’invio degli atti;
tuttavia tali rilievi hanno solo uno scopo di allerta, se invece i medesimi rilievi sono
condivisi da un certo numero di Parlamenti nazionali gli organi europei saranno
costretti al riesame con obbligo di motivare l’eventuale conferma dell’atto. La
maggioranza dei pareri contrari dei Parlamenti accorda al Consiglio o
Palamento europeo il potere di bloccare l’iniziativa della Commissione europea
se ritenuta non conforme al principio di sussidiarietà.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Il Presidente della Repubblica, come sancisce l’art. 87 Cost., rappresenta l’unità
nazionale ed è posto al vertice della nostra organizzazione statale. Ciò non vuol
dire che è l’organo di vertice, gerarchicamente sovraordinato a tutti gli altri organi
costituzionali. Tutti gli organi costituzionali sono sovrani, nessuno subordinato
all’altro, tutti tra loro autonomi e indipendenti ma non necessariamente separati. Il
Capo dello Stato non è inquadrabile in nessuno dei tre poteri classici, ma interviene
su ciascuno dei poteri con funzioni di equilibrio, controllo e garanzia dei rapporti
inter-istituzionali.
Il Presidente della repubblica è l’organo erede diretto dell’istituto monarchico. La
Corona aveva il ruolo di realizzare l’unità dello stato e, infatti, la monarchia è riuscita
a realizzare il progetto di unificazione nazionale che si pone alla base
dell’organizzazione statale moderna. una volta assolto il suo compito storico, il potere
accentrato nelle mani del sovrano viene condiviso con il Parlamento, facendo
rimanere il monarca almeno in una prima fase a capo dell’attività del governo.
L’evoluzione storica ha poi man mano portato il Parlamento ad avere sempre più
maggiori poteri, sottraendo al Re l’effettiva gestione e direzione del governo. Adesso,
una volta conquistata l’unità nazionale, diventa essenziale individuare dei soggetti e
delle istituzioni in grado di conservare e dare stabilità all’ordinamento dello Stato. È
proprio negli “stati di crisi” che il Presidente della Repubblica si afferma come
principale garante dell’unità e della stabilità dello Stato. Nel nostro ordinamento, chi
garantisce l’unità e la continuità dello Stato sono il Presidente della Repubblica e la
Corte costituzionale. Per ragioni storiche, egli sostituisce la corona (unificazione
nazionale). Egli quindi è posto a garanzia e stabilità dell’ordinamento, non
partecipando direttamente alle decisioni politiche garantisce la continuità
dell’ordinamento costituzionale nei momenti di crisi parlamentare (legittimato ad
intervenite proprio perché non ha coinvolgimento diretto negli organi governativi),
detto anche organo di riserva (rimedio ultimo contro la crisi ordinamentale). Si
parla di imparzialità della funzione presidenziale da non intendersi
genericamente come lontananza dall’attività politica, ma come non coinvolgimento
diretto nell’esercizio degli altri poteri governanti. Al Presidente ci si rivolge nei casi
in cui è necessario assicurare l’osservanza dei principi costituzionali. La sua
esclusione dalla politica rappresenta il presupposto costituzionale necessario per poter
esercitare il delicatissimo e rilevantissimo ruolo assegnato al Capo dello Stato: solo
un soggetto estraneo può essere garante. Nella Repubblica parlamentare il
Presidente della Repubblica è il rappresentante dell’unità dell’ordinamento
costituzionale. Nella Repubblica presidenziale è coincidente con il capo
dell’esecutivo, qui è privato di ogni funzione di garanzia tra i poteri ed è configurato
come potere di governo e non di mediazione.
2. MODALITA’ DI ELEZIONE, FUNZIONI E POTERI DEL PRESIDENTE
DELLAREPUBBLICA
L’elezione: il Capo dello stato viene eletto dal Parlamento in seduta comune con la
partecipazione di tre delegati per ogni regione (la valle d’Aosta ne ha uno solo) i
quali hanno fondamentalmente una funzione simbolica, in segno che il Presidente
della repubblica non rappresenta solo lo stato centrale ma l’intera comunità. Questa
elezione non si basa su un programma di governo, proprio perché il Presidente della
repubblica non è portatore di una specifica linea politica, ma tutti possono essere
eletti, purché rispettino i requisiti, che non hanno comunque particolari limiti: “Può
essere eletto Presidente della repubblica ogni cittadino italiano che abbia compiuto
cinquanta anni di età e goda dei diritti civili e politici” (art. 84" comma 1) non è
nemmeno richiesta la presentazione di una candidatura ufficiale. tutto questo
concorre a collocarlo al di fuori dell’immediata lotta politica e dei partiti. Per quanto
riguarda le modalità d’elezione vediamo che:
la maggioranza qualificata richiesta per l’elezione parlamentare è dei due terzi
dell’assemblea nei primi tre scrutini e assoluta dopo il terzo (il Presidente della
repubblica deve essere espressione del più ampio consenso possibile); non c’è la
presenza di un ballottaggio o di altre tecniche per andare oltre eventuali crisi di stallo;
c’è la segretezza nel voto (viene così evitata la personalizzazione del voto ad un
rappresentante dell’unità nazionale) subito dopo l’elezione parlamentare" il neo-
Presidente della repubblica presta giuramento di fedeltà alla repubblica e di
osservanza alla Costituzione dinanzi alle Camere riunite. egli pronuncia un discorso
di insediamento con cui chiarisce l’indirizzo politico e costituzionale a cui vuole
attenersi, fornendo, per la prima volta un’interpretazione del proprio ruolo.
ricordiamo che il discorso di insediamento è uno dei pochissimi atti formali (insieme
alle dimissioni e agli atti cui concorre presiedendo il Csm o il csd) che non
necessitano della controfirma ministeriale, slegando così il Presidente per un attimo
da ogni condizionamento e proprio in questa occasione quindi viene messo alla prova
per la prima volta. La durata del mandato è di 7 anni (art. 85 Cost.) e tale durata
assicura autonomia maggiore all’organo rispetto alle altre istituzioni. La lunga durata
della carica è connotata generale degli organi di garanzia, ciò in ragione della stabilità
necessaria per assicurare di poter svolgere con serenità e continuità il loro ruolo
istituzionale, che non si misura con i brevi tempi della politica. Una permanenza in
carica maggiore rispetto agli altri organi costituzionali rafforza l’autonomia nei
confronti di questi stessi organi. Alla scadenza del suo mandato l’eventualità di
una sua conferma sarà valutata da un altro Parlamento, nel corso di una diversa
legislatura. Vi è una possibilità di ri-elezione, mai accaduta, ma si conferma
l’autonomia in quanto allo scadere del mandato l’eventualità viene analizzata da altro
Parlamento rispetto a quello che lo ha eletto. Tuttavia, una nuova elezione porta a 14
anni la permanenza in carica di una stessa personalità, il che appare eccessivo
per un sistema democratico che si fonda sulla temporaneità di tutte le cariche
pubbliche. La rielezione di Giorgio Napolitano deve essere considerata un fatto
eccezionale, causato dallo stato di paralisi e incapacità del Parlamento di svolgere una
delle sue funzioni più delicate. Lo stesso Presidente rieletto ha richiamato, sin
dal suo discorso d’insediamento, il Parlamento ai suoi compiti costituzionali In
funzione di garanzia è prevista una forte limitazione nei poteri presidenziali in
prossimità delle elezioni del Capo dello Stato. Negli ultimi 6 mesi di mandato
(semestre bianco) il Capo dello Stato non può sciogliere anticipatamente le Camere
salvo il caso in cui il semestre bianco coincida con gli ultimi 6 mesi della legislatura.
Si pretende di escludere ogni possibile utilizzazione sospetta dei poteri presidenziali,
eliminando l’eventualità di uno scioglimento che sia finalizzato al cambiamento dei
componenti dell’organo che dovrà di lì a poco scegliere il nuovo rappresentante
dell’unità nazionale.
supplenza: è inoltre regolato in Costituzione il caso in cui il Presidente della
repubblica non possa adempiere le proprie funzioni. L’articolo 86 comma 1 assegna
al Presidente del senato la supplenza, in modo che si garantisca la continuità
dell’attività e delle funzioni esercitate dal Capo dello stato. Essa può essere
temporanea, in questo caso il Presidente del Senato supplisce e ciò dà garanzia di
continuità e disponibilità immediata dei poteri presidenziali in caso di necessità,
oppure permanente, qui il Presidente della Camera indice nuove elezioni entro 15
giorni (salvo nel caso di Camere sciolte o a 3 mesi dallo scioglimento).

Potrebbero piacerti anche