Il parlamento è l’unico organo costituzionale ad essere rappresentativo della sovranità
nazionale, godendo di una diretta legittimazione popolare; infatti l’art.1 cost:” l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro; la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”, ne consegue così la centralità politico-costituzionale del parlamento. La centralità del parlamento consiste nella preminenza della legge (legge che prevale su ogni altra fonte del diritto, tranne che sulla costituzione; ma anche perché nel nostro ordinamento vige il principio di legalità, secondo cui ogni potere dello stato/enti pubblici deve fondarsi su una legge). Il principio di legalità è da intendersi come: 1) principio di legalità formale (prevede una norma primaria attributiva di potere); 2) principio di legalità sostanziale ( prevede una norma primaria attributiva di potere, dove però il potere deve essere sufficientemente delimitato, mediante l’indicazione dell’oggetto/fine/presupposti per l’esercizio). Questa concezione viene a coincidere con la riserva di legge relativa. In conclusione, il principio di legalità conferma la preminenza della legge e la centralità politico-costituzionale del parlamento. NB: Storicamente il parlamento si afferma nella lotta che vede opporsi al sovrano i ceti emergenti ( BORGHESIA), per poi passare ad uno Stato ottocentesco governato da un'unica classe sociale( borghesia), per poi giungere, verso la fine del 19°secolo, alla parabola discendente del parlamentarismo; si giunge infatti all’allargamento del suffragio elettorale, con l’avvento del cosiddetto stato pluriclasse: ciò fece sì che la centralità politico-sostanziale del parlamento si trasformasse in centralità politico-formale, infatti sempre meno il modo di formazione della volontà politica ebbe luogo nel parlamento, ma trasmigrò nei partiti politici. Però è pur vero che oggi il parlamento mantiene ancora una fondamentale centralità politico-formale; infatti, i partiti politici per realizzare i loro propositi devono ottenere/conservare la maggioranza parlamentare. La maggioranza dei seggi parlamentari dipende dai sistemi elettorali. Da precisare che i partiti politici tendono ad emarginare il parlamento. LA STRUTTURA DEL PARLAMENTO ITALIANO Il nostro parlamento presenta una struttura ripartita in due camere: la Camera dei deputati ed il senato della repubblica. Vi è parità funzionale tra le due camere (cd. Bicameralismo perfetto o paritario). Nb: negli stati ove il passaggio dalle monarchie assolute allo stato liberale è avvenuto mediante rivoluzioni, e le assemblee rappresentative si sostituirono al potere sovrano, la struttura parlamentare è monocamerale (Francia); negli stati, invece ove il passaggio fu graduale, ed il potere legislativo fu inizialmente diviso tra una camera bassa (rappresentativa del corpo elettorale) ed una camera alta (di scelta regia), la struttura parlamentare è bicamerale (Inghilterra e Italia). Circa le differenze tra camera e senato, secondo l’art.57cost.: “il senato è eletto a base regionale”; altre differenze riguardano l’età dell’elettorato attivo ( 25 anni per il senato e 18 per la camera), e passivo ( 40 anni per il senato e 25 per la camera), ma anche il numero dei membri, infatti il senato prevede 315 membri ( tra cui i senatori a vita/ ex presidenti della repubblica),mentre la camera 630 membri, inoltre vanno considerati i rappresentanti eletti nella circoscrizione estero - 12 alla camera e 6 al senato - secondo la legge costituzionale 1/2001, con modifica degli artt.56-57 cost.( volta a premiare l’originaria appartenenza alla stirpe italiana di quei soggetti che risiedono all’estero pur non contribuendo all’economia italiana). Nb: si è scelto il bicameralismo per evitare che una sola camera potesse essere sottoposta alle pressioni politiche del momento, facendo passare frettolosamente le proprie decisioni, rendendole quindi effettive, senza la possibilità di poterle rivedere. Tuttavia, questa maggiore riflessività/controllo del parlamento mediante il bicameralismo ha però dei costi molto alti (si pensi all’elevato numero dei parlamentari), e soprattutto tempi molto lunghi (si pensi al rimpallo da una camera all’altra).
I RAPPRESENTANTI DELLA NAZIONE
Il Parlamento è anche caratterizzato, oltre che dalla struttura bicamerale dall’alto numero dei parlamentari, che rende davvero lunghi i lavori in assemblea: un minor numero di parlamentari impedirebbe agli stessi di nascondersi dietro un folto gruppo parlamentare e porterebbe loro ad assumersi individualmente le responsabilità politiche che la funzione ricoperta impone. Si ridurrebbe altresì la “naturale” frammentazione politica: così senza che intervenga un sistema elettorale che “artificialmente” ad impedire alle forze politiche meno consistenti di ottenere una propria rappresentanza parlamentare" sarebbe la stessa scarsità dei seggi a selezionare l’offerta politica e i partiti o liste in competizione. effettivamente" il sistema elettorale in vigore, regolato dalla legge 270/2005 si fonda: soglie ( per accedere alla ripartizione di seggi; vi sono molteplici soglie); premi ( assegnati alle coalizioni ma anche a singole liste, per garantire alle minoranze vincenti una maggioranza parlamentare alla camera); premi regionali ( che assegnano seggi alle minoranze vincenti in ogni regione); liste bloccate ( liste di candidati predeterminate dai singoli partiti, ove l’elettore deve solo prenderne atto). Secondo l’art.67 cost. : “ ogni membro del parlamento rappresenta la nazione, ed è eletto senza vincolo di mandato”, per cui la rappresentanza politica è il meccanismo secondo cui nelle democrazie contemporanee si esprime la volontà popolare, al fine di realizzarne il carattere democratico rappresentativo; mentre riguardo al libero mandato, occorre precisare che il parlamentare, pur liberato dai vincoli con gli elettori, tuttavia sarà sempre condizionato dal partito politico di appartenenza, ecco infatti che si parla di mandato imperativo di partito. Per quanto riguarda le condizioni necessarie per essere eletti parlamentari, bisogna considerare gli artt. 56 e 58 Cost. che imputano l’elettorato passivo (il diritto ad essere candidati) a tutti gli elettori che abbiano compiuto il 25° anno di età per la Camera, e il 40° anno per il Senato. Per quanto riguarda l’elettorato attivo (il diritto di poter esprimere il proprio voto), bisogna far riferimento all’art. 48 Cost. che fissa al raggiungimento della maggiore età il diritto di voto per la Camera dei Deputati, e all’art. 58 Cost., che fissa il raggiungimento del venticinquesimo anno di età per il Senato. Si ha l’ineleggibilità per cause preesistenti all’elezione che impediscono la candidatura. Vengono ritenuti ineleggibili i Consiglieri Regionali, i Presidenti delle Giunte Regionali, i Sindaci dei Comuni con più di 20.000 abitanti, i Prefetti, il Capo e i vice Capo di Polizia, gli ufficiali superiori nelle loro circoscrizioni, e così via. Si evita che possa influenzare l’elettorato con la carica che ricopre. Sono altresì ineleggibili i magistrati nelle circoscrizioni di loro assegnazione, chi ricopre uffici presso Governi esteri, i dirigenti d’impresa che fanno affari con lo Stato. I titolari di cariche elettive e di uffici pubblici per i quali è prevista l’ineleggibilità per potersi candidare devono abbandonare la carica o l’ufficio almeno 180 giorni prima della fine della legislatura. Poi si ha l’incandidabilità, considerata una particolarissima causa di ineleggibilità, cui può essere soggetto chi ha riportato condanne definitive per alcuni specifici delitti (condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione). L’incompatibilità si ha quando l’elezione è possibile ma si deve rinunciare alla carica preposta l’elezione: Presidente della Repubblica (art. 84 Cost.), i membri del Consiglio Superiore della Magistratura (art. 104 Cost.) e Giudici della Corte costituzionale (art. 135 Cost.); vietato è l cumulo delle cariche di deputato e senatore (art. 65 Cost.). Incompatibilità e ineleggibilità sono valutate dalla Giunta delle Elezioni (art. 66 Cost.). La giunta è un organo interno allo stesso Parlamento in modo da garantire l’autonomia e l’indipendenza del potere legislativo e la separazione dei poteri. Una volta eletto il parlamentare assume uno status giuridico particolare quindi soggetto a specifici doveri e diritti. In particolare questo status è caratterizzato dalle immunità " ossia specifiche garanzie previste dalla Costituzione al fine di tutelare la libertà del parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni (nascono per la funzione e non per la persona di parlamentare" altrimenti sarebbe un privilegio, queste immunità nascono per un valido scopo e rappresentano una conquista dello stato liberale: un risultato della lotta per l’indipendenza e autonomia del Parlamento" in modo che così i parlamentari non venivano condizionati o addirittura ricattati da forze e soggetti interni. si necessitava la autorizzazione delle Camere per indagare su un rappresentante del popolo in modo che non lo si facesse per scopi persecutori. l’articolo 68 Cost che prevede le immunità nel nostro ordinamento: Immunità sostanziali: non si possono perseguire i parlamentari per le opinioni espresse e per i voti dati nell’esercizio della loro funzione parlamentare, nemmeno scaduto il mandato. Immunità processuali: si fa riferimento solo ai procedimenti penali. fino al 1993 prima di iniziare un’azione penale verso un parlamentare" il giudice, anche se in relazione a fatti non attinenti al mandato, doveva prima richiedere l’ autorizzazione alla Camera di appartenenza del parlamentar, che doveva accertare l’assenza di intento persecutorio. Con la riforma cost. nel 1993 si limita l’autorizzazione data dalla camera a procedere che ora è chiamata a decidere solo nel caso in cui si intendono adottare provvedimenti restrittivi della libertà personale o domiciliare. In particolare il giudice non deve chiedere l’autorizzazione della camera cui il parlamentare appartiene per sottoporlo a indagini , procedere al suo arresto, quando vi è una sentenza irrevocabile di condanna o nel caso in cui sia colto nell’atto di commettere un reato per cui è previsto l’arresto in flagranza. Invece il giudice deve ancora chiedere l'autorizzazione della camera a cui il parlamentare appartiene per: sottoporlo a perquisizione personale o domiciliare; arrestarlo o comunque privarlo della libertà personale; procedere ad intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni e a sequestro della corrispondenza. La previsione di un’indennità (art. 69 Cost.) segna il passaggio dal Parlamento liberale al Parlamento democratico. In precedenza lo Statuto albertino escludeva la corresponsione di alcuna retribuzione, in tal modo quindi solo i ceti più abbienti, con entrate personali, potevano dedicarsi all’attività politica. Garantisce la piena autonomia del parlamentare e dà la possibilità a tutti di entrare in Parlamento (e non solo ai più ricchi con entrate diverse.). Ogni 5 anni, se non vi è scioglimento anticipato delle camere da parte del capo dello stato, termina la legislatura. Le nuove camere sono elette secondo quanto disposto dall’art.61: “ le elezioni delle nuove camere hanno luogo entro 60 giorni dalla fine delle precedenti; finchè non siano riunite le nuove camere sono prorogati i poteri delle precedenti”, infatti il comma 2 art.61 prevede la prorogatio dei poteri delle camere; la prorogatio è un istituto del diritto che serve a garantire il principio di continuità degli organi pubblici. Invece l’art.60 comma 2, circa la proroga prevista per il parlamento: “ la durata di ciascuna camera non può essere prorogata se non per legge e solo in caso di guerra” ( sempre per assicurare la presenza dell’organo parlamentare, e poiché vi è impossibilità di svolgere le elezioni). L’ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLE CAMERE La Camera è formata da 630 deputati di cui 12 eletti nella circoscrizione estero e il Senato da 315 senatori di cui 6 eletti nella circoscrizione estero e 5 a vita. La questione della circoscrizione estera eleva il numero di parlamentari che vanno ad eleggere. È un istituto che premia l’originaria appartenenza al territorio della repubblica minando quelli che sono gli interessi della società che vi presiede (ius sanguinis o ius loci). Di norma l’elettore estero è legato alla madrepatria con nostalgia o affetto e non con critica nei confronti degli interessi reali. In tal caso sarebbe più opportuno estendere il diritto di voto ai residenti anche se privi di cittadinanza. L’elevato numero di parlamentari causa una struttura interna molto complessa fondata sul principio di autogoverno di tutti gli organi costituzionali. Per garantire indipendenza dei poteri si lascia agli stessi la possibilità di autodeterminare la propria organizzazione. Tale assunto è ricavato dall’art. 64 Cost.: “Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti,possiamo vedere che i regolamenti sono la principale fonte normativa che disciplina l’attività delle Camere, anche se in via subordinata rispetto alla Costituzione e sempre integrati da altre fonti; come i cd regolamenti minori o le consuetudini parlamentari, e questa riserva di regolamento parlamentare impedisce ad altre fonti primarie di interferire con l’attività interna delle Camere, sebbene leggi esterne possano intrecciarsi con essa come la legge in materia elettorale che interferirà con l’attività delle giunte quando convalidano i titoli di ammissione. L’ autonomia della Camera rispetto a qualsiasi altro organo anche all’altra Camera stessa (la differente organizzazione delle Camere comunque non porta ad una eccessiva divergenza, anzi le Camere risultano essere in sostanziale armonia. L’adozione del regolamento parlamentare richiede una maggioranza qualificata (la maggioranza dei componenti dell’intera assemblea e non dei partecipanti presenti alla votazione) garantisce maggiore stabilità al regolamento in quanto è necessaria la condivisione anche con l’opposizione. Le stesse violazioni dei regolamenti sono giudicate dalle stesse Camere rischiando di non garantire la giustizia non prevedendo un organo terzo. Il regime di autogoverno prevede che ciascuna Camera elegga il Presidente e l’ufficio di Presidenza. Il Presidente rappresenta la Camera e dirige i lavori, sovrintendendo l’intera organizzazione della Camera. Il Presidente della Camera poi, presiede il Parlamento in seduta comune, mentre quello del senato sostituisce il Presidente della repubblica quando necessario. Nella prassi il Presidente viene eletto a maggioranza qualificata graduata in maniera da coinvolgere anche l’opposizione e rendere più stabile e condivisa la decisione. Nelle ultime legislature i Presidenti si sono sempre meno richiamati a funzioni esclusivamente di garanzia e imparzialità. Mentre hanno accentuato il proprio ruolo “propulsivo” e di direzione politica dell’Assemblea. L’Ufficio di Presidenza ha il compito della conduzione amministrativa e di organizzazione complessiva della Camera e ha un ruolo connesso all’attività politica quando compone i Gruppi e le Commissioni. Esso è composto da 4 vicepresidenti (suppliscono il Presidente), 3 questori (sovrintendono l’ordine e l’organizzazione materiale dei lavori), 8 o più segretari che assistono il Presidente. Viene eletto dall’Assemblea in maniera tale che ogni Gruppo parlamentare abbia un esponente entro l’ufficio di presidenza. La Conferenza dei Presidenti dei gruppi è un organo collegiale composto da tutti i capi gruppo. Può partecipare un rappresentante del Governo ed è presieduta dal Presidente della Assemblea parlamentare. Ha un potere di indirizzo generale, deve programmare l’attività delle Camere, deve approvare l’ordine del giorno e programma i lavori parlamentari. Funzione determinante per l’attività parlamentare. Costituisce un potere di selezione su ciò che si andrà poi a decidere, molte proposte o iniziative, non passando mai all’ordine del giorno, si esauriscono prima di poter essere discusse. I capi gruppi approvano il calendario dei lavori con maggioranza qualificata tenendo conto delle priorità espresse dal Governo. Qualora non si giunga ad un accordo tra i capi gruppo è il Presidente dell’Assemblea a decidere in ultima istanza (risalta qui il carattere politico dell’organo Presidente assemblea oltre al ruolo di imparzialità). Le Giunte sono organi permanenti eletti dal Presidente dell’Assemblea su proposta dei capi gruppo. Quelle della Camera interpretano e eventualmente modificano i regolamenti parlamentari, si occupano delle immunità processuali ex art. 68 Cost. e delle autorizzazioni, formulano pareri sui quali si esprime l’assemblea sulle autorizzazioni di poter procedere in base a richieste dall’autorità giudiziaria, esprime pareri sulla qualità dei testi legislativi (Comitato per la legislazione) ed infine verificano i poteri e i titoli di ammissione dei singoli parlamentari. Tutti questi organi non si occupano di attività legislativa né di attività d indirizzo e controllo sul Governo, anche se la pretesa di configurarli in chiave esclusivamente tecnico- giuridica appaia impropria, essendo molte loro decisioni legate a questioni ad alto tassi di politicità e gli stessi membri delle Giunte non possono essere considerati terzi. Le Commissioni sono l’organo più importante nella Camera. Organo permanente i cui membri sono in carica per 2 anni, (la Commissione dura quanto la legislatura). La composizione rispecchia la proporzione dei vai gruppi parlamentari. I membri sono nominati dal Presidente ma sono scelti dai capo gruppo. Nelle Commissioni si svolge l’attività prevalente dei parlamentari, i quali, anche in conseguenza del loro alto numero, non potrebbero proficuamente discutere in Assemblea o svolgere i lavori istruttori alla presenza di tutti. Le Commissioni permanenti sono previste dalla Costituzione e dai regolamenti, non sono permanenti invece i singoli membri che scadono ogni biennio. Le Commissioni possono essere permanenti monocamerali, in sede legislativa, e hanno funzioni in sede referente, in sede deliberante e in sede redigente; in sede politica sviluppano dibattiti politici su argomenti di loro competenza o possono adottare risoluzioni o svolgere indagini conoscitive. Vi sono 14 Commissioni permanenti con competenze fissate dai regolamenti (temi generali che racchiudono tutte le discussioni). Le commissioni più importanti sono la Commissione affari costituzionali e la Commissione bilancio. Qualora la materia investa più commissioni il presidente della camera lo assegna alla commissione prevalente con l’obbligo di sentire i pareri delle altre commissioni (possono essere vincolanti). Poi vi sono le commissioni permanenti bicamerali, costituite da deputati e senatori. Una è prevista direttamente dalla Costituzione, art. 126, si occupa di affari regionali (Commissione per le questioni regionali), un’altra si occupa invece dello stato d’accusa del Presidente della Repubblica, ex legge costituzionale n.1 del 1989 (composta dalla Giunta per l’autorizzazione a procedere di entrambi i rami), un’altra ancora si occupa dell’indirizzo generale e della vigilanza televisiva, ex legge ordinaria n. 103 del 1975. Poi vi sono le commissioni temporanee, istituite di volta in volta dai due rami del Parlamento, le principali sono quelle d’inchiesta (art. 82 Cost.). Le commissioni d’inchiesta si sciolgono al termine dell’inchiesta o alla scadenza del termine previsto. Possono essere monocamerali o bicamerali. È uno strumento conoscitivo che indaga al pari della giurisdizione penale, pur avendo qualche potere in più. Nella relazione conclusiva suggeriscono provvedimenti che il Parlamento deciderà. Vengono normalmente istituite su materie di pubblico interesse, non su questioni private, al fine di acquisire notizie ed elementi di valutazione. Esse hanno gli stessi poteri e incontrano gli stessi limiti dell’autorità giudiziaria penale, ciò vale solo per quelle istituite non sulla base di una legge. Ciò in quanto si ritiene che una legge istitutiva possa attribuire alla Commissione d’inchiesta poteri che il giudice penale non ha, superando dunque i limiti posti all’autorità giudiziaria (es. Caso Moro ha permesso che i lavori si svolgessero senza i limiti del segreto di stato, di ufficio e professionale). Vi è una struttura interna articolata con divisione delle cariche (attribuite di solito alle forze della coalizione di governo); si ha un Presidente, dei vicepresidenti e dei segretari. Ha un controllo politico, utilizzata dalla maggioranza contro la minoranza. Poi vi sono inoltre, commissioni di garanzia ove le cariche sono affidate all’esponente di opposizione. I Gruppi Parlamentari sono organizzazioni volontarie a cui i parlamentari devono necessariamente appartenere per partecipare in condizioni di parità alla vita della Camera. Possono scegliere il loro gruppo di appartenenza oppure vengono iscritti al gruppo Misto. È possibile durante la legislatura abbandonare un gruppo ed entrare in altro purché questo acconsenta. La struttura interna è rimessa all’autonomia del gruppo tranne la presidenza (capo- gruppo) prevista dal regolamento parlamentare che deve essere nominato. Ciò permette una semplificazione dei lavori parlamentari (si mettono d’accordo i capi gruppo e non i singoli parlamentari). Considerando che i capi gruppo sono nella prassi dirigenti di partito che attuano la loro linea politica in sede parlamentare si riconferma la subordinazione del Parlamento ai partiti politici (espropriazione di ogni potere del singolo parlamentare). L’autonomia dei singoli parlamentari è ridotta anche perché spetta ai partiti la composizione delle liste elettorali e la definizione dei programmi. In Italia la disciplina dei singoli parlamentari alle direttive del partito di appartenenza e a quanto stabilito dal gruppo di appartenenza è considerata un valore (in contrasto con il libero mandato dell’art. 67 Cost.). Non a caso si sono ridotte le possibilità di voto segreto, al fine di evitare che i parlamentari possano esprimere opinioni difformi dalle decisioni del gruppo nel segreto del voto. Infine, ciascuna Camera ha un proprio apparato amministrativo e un proprio bilancio. Nessun soggetto esterno può intromettersi ed influire sull’attività e sull’organizzazione delle Camere. Il Parlamento in seduta comune è un organo composto da entrambi i rami del Parlamento che opera su questioni previste in Costituzione: l’elezione del Presidente della Repubblica (con integrazione di 3 delegati per Regione ed 1 per la Valle d’Aosta), dei 5 giudici Costituzionali, di un 1/3 dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura, per ricevere il giuramento del Capo di Stato, per la messa in stato d’accusa del Capo di Stato. Esso, tuttavia, non costituisce un terzo organo del Parlamento perché la sua composizione non è originaria, bensì costituita dai due rami del Parlamento, non è prevista alcuna articolazione propria al suo interno e infine è un organo convocato solo in via straordinaria e non ordinaria. Quindi lo si ritiene un organo composto e non un terzo organo parlamentare. LE FUNZIONI Le principali funzioni del Parlamento sono quella legislativa (art. 70 Cost.) e quella di indirizzo e controllo. la funzione è esercitata collettivamente dalle due Camere. La distinzione tra queste funzioni è solo tendenziale e il Parlamento in realtà opera sommando le proprie competenze, con funzioni che possono essere svolte in modo tra loro intrecciato. LA FORMAZIONI DELLE LEGGI la costituzione prevede eccezionalmente altri soggetti titolari di una potestà legislativa (in quanto di regola è il parlamento ha detenere la potestà legislativa), infatti l’art.76 prevede : “l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al governo, se non con determinazione di principi e criteri direttivi soltanto per un tempo limitato e per oggetti definiti”. Oggi purtroppo abbiamo un’inversione della regola con l’eccezione, e duna conseguente perdita di controllo del parlamento sull’attività normativa del governo, il parlamento infetti viene svuotato del suo potere legislativo; negli ultimi tempi, infatti si è registrata una reale crisi del parlamentarismo odierno che ha portato la centralità del Parlamento alla centralità del governo (e di altri soggetti, sia nazionali sia sovranazionali) Tuttavia ciò che contraddistingue l’atto legislativo è il procedimento tipico, ovvero l’iter di formazione delle leggi, che prevede tre fasi: 1) fase di iniziativa; 2) fasi di istruttoria e di decisione; 3) fase integrativa dell’efficacia ( dinanzi al capo dello stato).1)FASE DI INIZIATIVA: La potestà di iniziativa spetta ( per costituzione) a 5 categorie di soggetti, con uguale potere di attivazione: governo; ciascun membro delle camere; popolo ( mediante l’iniziativa di almeno 50 mila elettori); CNEL; ciascun consiglio regionale; tuttavia tale potestà può essere conferita ad altri organi mediante legge costituzionale. La potestà di iniziativa del governo, parlamento, popolo, ma anche CNEL) ha carattere generale ossia può riguardare ogni argomento, tuttavia può essere limitato alle sole materie di competenza del soggetto proponente ( si pensi alle regioni). Nb: Alcune iniziative dei membri del parlamento possono avere carattere meramente propagandistico, di denuncia di problemi particolari. I progetti di legge di origine parlamentare sono presentati da più membri delle rispettive camere; da precisare però che le possibilità di successo non sono uguali per tutti i soggetti titolari di potere di iniziativa; infatti, le iniziative dell’esecutivo (Governo) hanno più possibilità di tradursi in legge, in quanto il governo è espressione della maggioranza parlamentare. Dopo la stesura di una bozza da parte del ministro competente, il progetto deve essere approvato dal Consiglio dei ministri, per poi essere autorizzato dal presidente della repubblica. Giunta alla camera, l’iniziativa legislativa promossa dal governo si chiamerà “disegno di legge”, mentre l’iniziativa legislativa di origine parlamentare si chiamerà “progetto di legge”, ed infine tutto il resto ( iniziative governative/parlamentari/altri soggetti) si chiamerà “proposta di legge”. Tuttavia, il governo ha, in due casi, iniziativa riservata: 1) legge di bilancio, è riservata in quanto solo il governo è a conoscenza delle spese dei soggetti pubblici da imputare allo stato; tale legge non ha la sostanza della legge (non introduce disposizioni), ha solo la forma della legge, serve infatti a permettere che i conti pubblici siano soggetti al controllo parlamentare. Collegata alla legge di bilancio è la manovra finanziaria, approvata annualmente dal parlamento. 2) leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali ( al fine permettere al parlamento di controllare l’operato del governo ( la ratifica non comporta di per sé modifiche sostanziali dell’ordinamento giuridico interno; tuttavia tali modifiche, se necessarie saranno previste dalle norme di attuazione che accompagneranno la ratifica del trattato. Le iniziative legislative sono redatte in articoli ed accompagnate da una relazione esplicativa ( che ne illustra oggetto e finalità), dopodiché proposte ( a scelta) alla Presidenza della Camera o del Senato ( tranne parlamentari che possono presentare progetti di legge solo presso le rispettive camere); la Presidenza stampa i progetti e li comunica all’Aula; il presidente assegnerà poi i progetti ad una Commissione. 2)FASE ISTRUTTORIA E DI DECISIONE: art.72 cost: ogni disegno di legge deve essere esaminato anzitutto da una Commissione e poi dalla Camera (a cui e stato proposto il disegno). Il presidente, assegnando il disegno di legge ad una commissione, stabilisce anche la procedura di formazione da seguire, vi sono infatti un procedimento ordinario e due abbreviati: a)procedimento ordinario: prevede l’esame, del progetto di legge, da parte della Commissione; termina totale esame verranno presentate all’ Aula una relazione di maggioranza ( affiancata da una o più di minoranza) ma anche un progetto di legge che costituirà il testo base per la successiva discussione; sarà la Conferenza dei capigruppo a decidere se e come inserire il progetto di legge nell’ ordine del giorno. Se il progetto giunge in assemblea vi sarà una discussione generale e la votazione dei singoli articoli ( e dei diversi emendamenti), per poi giungere alla votazione finale dell’intero progetto. Con l’approvazione finale del disegno di legge da parte dell’assemblea, finisce il lavoro di una camera e comincia il lavoro dell’altra( con la stessa scansione). Affinché una legge possa essere approvata è necessario che le camere si esprimano favorevolmente su un testo identico, è dunque inevitabile il ritorno del disegno alla prima camera tutte le volte che l’altra camera l’abbia modificato ( cd. Navetta). b)procedimento abbreviato in sede deliberante: art.72 comma 3: “la Commissione può direttamente approvare il progetto di legge in sede deliberante ovvero in sede legislativa”, saltando così la fase in assemblea e semplificando i lavori parlamentari, evitando però il controllo concreto da parte dell’opinione pubblica. Nb: Tuttavia la commissione non può approvare disegni di legge in materia costituzionale, elettorale, di delegazione legislativa, autorizzazioni a ratificare trattati internazionali, approvazione di bilanci consultivi; infatti in questi casi la costituzione impone una riserva a favore del procedimento ordinario. c)procedimento abbreviato in sede redigente: ( previsto dai regolamenti parlamentari - secondo l’art.72comma 2 cost. ) ove la commissione approva i singoli articoli, mentre l’assemblea ha l’approvazione finale; è un tipo di procedimento poco utilizzato. Approvata dalle due camere la legge è perfetta ma non efficacie, in quanto necessita della fase di integrazione dell’efficacia. 3)FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA. Il presidente dell’ultima camera che ha approvato la legge trasmette al presidente della repubblica il testo; il presidente della repubblica può promulgare oppure rinviare. A 1) promulgazione: deve avvenire entro un mese dall’approvazione (salvo casi particolari in cui le camere stabiliscano a maggioranza assoluta un diverso termine). Attraverso la promulgazione il presidente della repubblica può controllare, prima dell’entrata in vigore, la legge, nella sua stesura finale. A 2) rinvio: poiché la costituzione non dice quali motivazioni possano consentire il rinvio, secondo la prassi, il potere del presidente della repubblica di rinvio delle leggi dovrebbe essere utilizzato solo in ipotesi non ordinarie, in cui i valori costituzionali siano messi in gioco. Comunque, una volta esercitato il potere di rinvio, la legge torna al parlamento, accompagnata da un messaggio del presidente della repubblica (una sorta di richiesta di riesame, non di un veto) in cui si indicano le ragioni/motivazioni che hanno determinato la scelta di non promulgare. Il parlamento può seguire i suggerimenti del presidente della repubblica( modificando la legge), oppure riapprovare la legge senza modificarla, e in quest’ultimo caso il presidente della repubblica ( salvo che si attenti alla costituzione o vi sia alto tradimento) è costretto a promulgare la legge. Nel caso in cui il parlamento abbia riapprovato la legge ma nel contempo abbia apportato modifiche diverse da quelle suggerite dal presidente della repubblica, la legge può considerarsi “nuova” e perciò soggetta alla scelta del presidente della repubblica di rinvio (a tal proposito la dottrina è divisa e la prassi controversa). La pubblicazione (art. 73 Cost.) è un atto materiale dovuto dal Guardasigilli (Ministro di Giustizia) a 30 giorni dalla promulgazione. Si ha la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e sulla Raccolta Ufficiale degli atti normativi (garantire la certezza del testo e la conoscibilità dello stesso). Entra in vigore dopo 15 giorni dalla pubblicazione (vacatio legis). Per concludere si può dire che la legge ordinaria è la principale fonte del diritto in quanto è voluta dai rappresentanti del popolo, ha competenza indeterminata, i limiti che incontra non hanno carattere puramente negativo, prevale su tutte le leggi fatta eccezione per la Costituzione. Infine, si deve riconoscere la perdita del monopolio legislativo da parte del Parlamento, sia per le leggi regionali, sia per le norme comunitarie. In alcuni casi invece è la Costituzione che impone al Parlamento di intervenire, prevedendo delle riserve di legge assolute e relative, nel primo caso si impone che solo la legge possa regolare quella determinata materia, nel secondo caso invece si impone di regolare almeno i caratteri fondamentali della materia, permettendo alle altre fonti di definire la normativa più specifica entro i principi dettati dalla legge. Poi vi sono anche la riserva rinforzata, dove la Costituzione fornisce anche delle indicazioni su come regolare la materia, e la riserva costituzionale, nella quale è necessaria una legge costituzionale per regolare la materia. Al di là di quest’ultima riserva, al Parlamento spetta il potere di modificare la Costituzione, mediante l’adozione di leggi costituzionali, in questo caso ci si trova dinanzi all’evocazione di un potere straordinario. LE FUNZIONI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO Le altre funzioni esercitate dal Parlamento sono quelle di controllo e di indirizzo, alcuni scindono il controllo dall’indirizzo, ma in realtà sono funzioni tra esse complementari. Il controllo del Parlamento si rivolge principalmente al Governo. A volte si fa rientrare nella funzione di controllo e indirizzo l’istituto della fiducia, che il Parlamento deve concedere al Governo, in realtà questo è prevalentemente un presupposto di legittimità: il Governo deve ottenere la fiducia per poter operare con pieni poteri e in assenza deve rassegnare le dimissioni (art. 94 Cost.). Dall’istituto della fiducia possono distinguersi le mozioni di fiducia che accompagnano e motivano il voto delle due Camere (art. 94, comma 2, Cost.) e le mozioni di sfiducia. La funzione di controllo in senso stretto viene esercitata con le interrogazioni, ossia una richiesta di informazioni su fatti avvenuti o su intenzioni che i singoli parlamentari muovono nei confronti del Presidente del Consiglio o del Ministro. Il parlamentare deve specificare se vuole una risposta in Aula o in Commissione, orale o scritta. Il Ministro ha l’obbligo di rispondere anche se, non essendo fissato un limite, il più delle volte rimangono incompiute. Servono sostanzialmente per portare alla luce del Governo rilevanza su questioni importanti. Si utilizza anche il question time, ossia lo spazio periodicamente riservato all’interno del dibattimento a interrogazioni a risposta immediata (settimanale in Aula e bimensile in Commissione alla Camera, almeno mensile in Aula al Senato). Permettono un confronto diretto Parlamento-Governo. Poi vi sono le interpellanze, rivolte per iscritto al Governo da ogni parlamentare. Non riguardano casi specifici ma aspetti generali della condotta adottata dal Governo in questioni che riguardano la sua politica. L’interpellanza viene discussa in Aula dietro relazione del presentatore prima della risposta del Governo e qualora non fosse contento della risposta può trasformarla in mozione chiedendo che si pronunci tutta l’Assemblea. Qualora l’interpellanza fosse presentata da interi gruppi i tempi di risposta sono più brevi (48 ore per la Camera, 2 settimane per il Senato), si chiamano interpellanze urgenti. La mozione è proponibile da un capo gruppo, da 10 deputati o da 8 senatori per promuovere una risoluzione dell’Assemblea. La mozione viene discussa, emendata e votata. Se approvata non produce vincoli né per il Governo né per il Parlamento. Serve per definire programmi finalizzati a indirizzare l’attività del Governo. Con la risoluzione, generalmente a fine dibattito si pone evidenza su fatti o prese di posizione del Parlamento. Oltre alle mozioni le Camere possono votare e approvare sia in Aula sia in Commissione risoluzioni, in genere a chiusura di un dibattito, al fine di sottolineare aspetti diversi o prese di posizione del Parlamento, oppure ordini del giorno di istruzione al Governo che possono essere approvati nel corso di una discussione e che hanno a oggetto sia un procedimento legislativo sia altri atti di indirizzo e controllo. Differenti sono la mozione di fiducia e la mozione di sfiducia. Si impone l’obbligo di dimissioni per il Governo ove sia non approvata la prima o sia approvata la seconda (art. 94 Cost.). La mozione di fiducia definisce la maggioranza politico-parlamentare necessaria affinché il Governo possa operare. Questo atto ha una valenza anomala in quanto non ha un suo contenuto originale perché la motivazione della mozione di fiducia fa esclusivo riferimento ai contenuti delle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio, per sostenere l’indirizzo politico da questo rappresentato; inoltre ha come espressa finalità quella di definire la maggioranza politica parlamentare necessaria affinché il Governo possa operare, piuttosto che quella di controllare e indirizzare il Governo. Per questo la Costituzione prevede una particolare modalità di voto, ossia per appello nominale (chiamata, passaggio di ciascun parlamentare dinanzi alla Presidenza dell’Assemblea e al Governo e dichiarazione di non/appoggio). Il Parlamento richiede la verifica del rapporto fiduciario con il Governo. La mozione di sfiducia è invece uno strumento quasi del tutto inutilizzato, previsto a completamento di un rigido sistema che indica la condizione necessaria affinché il Governo possa operare dopo la nomina presidenziale (mozione di fiducia), l’autonomia dei due organi costituzionali Parlamento e Governo, e le modalità attraverso cui il Parlamento può far venir meno il proprio sostegno al Governo. Esso rappresenta un atto sostanzialmente uguale e contrario rispetto a quello della fiducia, deve essere richiesto da almeno 1/10 dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. Nessuna crisi di Governo in Italia è mai stata originata dall’approvazione di una mozione di sfiducia, ai sensi dell’art. 94 Cost. Solo in due casi le dimissioni sono state provocate da pronunce contrarie del Parlamento, ma non per via di una mozione di sfiducia, ma in conseguenza di una non approvazione di una questione di fiducia (Governo Prodi I e Governo Prodi II). In ogni altro caso, le dimissioni dei Governi sono avvenute per vie “extraparlamentari”, in conseguenza di una rottura politica del patto di coalizione e tra le forze parlamentari di maggioranza. In questo caso il Capo dello Stato può rinviare il Governo dimissionario in Parlamento, al fine di verificare le ragioni politiche della crisi (c.d. “parlamentarizzazione” delle crisi di Governo) La questione di fiducia è prevista dai regolamenti parlamentari. Qui, a differenza della mozione, è il Governo a richiedere la fiducia del Parlamento dinanzi a una questione, la quale se non sarà approvata nei termini da esso proposti egli rassegnerà le dimissioni. Una forzatura nei confronti della libera dialettica parlamentare, ma in base alla sua autonomia il Governo può rassegnare le dimissioni in qualsiasi momento, anche nel caso di approvazione di una decisione da parte della Camere che possa essere intesa come un ostacolo grave o insormontabile alla realizzazione del programma che si pone alla base del rapporto fiduciario con il Parlamento. Il punto critico di questo istituto riguarda le sue conseguenze e l’uso. Per quanto riguarda le conseguenze, questo istituto si impone sui lavori del Parlamento modificandone i tempi e i ritmi. Infatti, la questione di fiducia è votata per appello nominale, precludendo la possibilità di votare gli emendamenti; quindi, il Parlamento è posto dinanzi una sola alternativa: “prendere o lasciare”. Per quanto riguarda l’uso vi è un abuso di questo istituto, utilizzato per fini tattici, ossia per ricompattare artificiosamente la maggioranza o per interrompere la discussione parlamentare e non per emergenza che coinvolge il rapporto fiduciario degli organi (maxiemendamenti). Un tipo di mozione particolare è quella di sfiducia al singolo Ministro, in Costituzione la responsabilità individuale del Ministro è legata agli atti del proprio dicastero (art. 95 Cost.), proprio per far valere la responsabilità politica individuale dei singoli membri dell’Esecutivo. I regolamenti delle Camere ammettono la possibilità di presentazione da parte di almeno 1/10 dei componenti dell’Assemblea di una mozione di sfiducia individuale ai Ministri, che può essere messa in votazione per appello nominale dopo un intervallo minimo di tre giorni. Nel regolamento parlamentare è stata ammessa la mozione di sfiducia per il singolo Ministro purché si trovi anche isolato all’interno del Governo (il Governo appoggia la mozione). Un’ altro strumento di controllo sono le inchieste parlamentari: strumento di controllo nei riguardi dell’attività dell’esecutivo. indagini conoscitive: indagini che ciascuna commissione parlamentare può disporre nelle materie di propria competenza, al fine di acquisire notizie utili all’attività della camera di rispettiva appartenenza. controllo in forma legislativa: legge di Bilancio: il parlamento esercita il controllo in forma legislativa sul governo, mediante l’approvazione della legge di bilancio; il bilancio ( documento contabile contenente entrate e spese previste o effettuate ) deve essere approvato dalle camere entro il 31 dicembre di ogni anno ( salvo il caso dell’esercizio provvisorio del bilancio per un periodo non superiore a 4 mesi, ex art.81 comma 2 cost.). E’ il governo che predispone il bilancio, ed il parlamento non può modificarlo stabilendo nuovi tributi o spese. Il parlamento deve approvare anche il rendiconto consuntivo (finale), ossia deve approvare il “già fatto dal governo”. Da ricordare è che le politiche di bilancio sono sempre condizionate dalla necessità di rispettare i parametri imposti dall’Europa, infatti un non rispetto del patto di stabilità (definito in sede europea) può spingere il consiglio europeo ad adottare una serie di misure ( raccomandazioni o sanzioni) nei confronti degli stati inadempienti. Il bilancio annuale quindi è solo un documento contabile, tuttavia sono le singole leggi di spesa che vanno a definire i diversi impegni finanziari dello stato. Il legislatore ha introdotto una serie di atti normativi che, collegati all’approvazione del bilancio, consentono la gestione della finanza pubblica: infatti con la legge468/1978, il parlamento, oltre al bilancio, approva la legge finanziaria e la complessiva manovra economica. Successivamente, la legge 196/2009, al fine di garantire una maggiore stabilità economico finanziaria, ha introdotto ulteriori strumenti di programmazione: è infatti la legge finanziaria che va ad indicare l’indebitamento massimo e le coperture di spesa. Il parlamento infatti, vista l’importanza, ha istituito una sessione di bilancio per consentire a commissioni ed assemblee parlamentari di discutere ed approvare il disegno di legge finanziaria, e documenti collegati. H2) legge di autorizzazione a ratificare trattati internazionali: con la legge, il parlamento autorizza la ratifica dei trattati internazionali, mentre l’atto formale di ratifica spetta solo al capo di stato ( Mattarella). Le camere non possono modificare il contenuto del trattato ( contenente l’accordo tra stati), tuttavia i singoli stati possono inserire delle riserve. Attraverso tale legge di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, il parlamento controlla la conduzione della politica estera affidata al governo. Il parlamento, inoltre, attraverso un ordine di esecuzione permette che il trattato venga applicato all’interno del nostro ordinamento. I trattati non sono direttamente esecutivi all’interno degli stati, per questo, per poter essere attuati, necessitano dell’effettiva esecuzione da parte del parlamento, la quale esecuzione può essere contestuale alla legge di autorizzazione. Secondo l’art.80 cost.:” le camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o riguardano variazioni del territorio o oneri alle finanze o modificazioni di leggi”, restando così esclusi accordi commerciali e culturali, che non riguardino oneri finanziari. Assai discussa è la questione relativa agli accordi segreti tra stati, che anche se incostituzionali vengono stipulati dai governi all’insaputa del parlamento. Generalmente si ricorre ad accordi segreti qualora la difesa della patria lo esiga ( ossia in situazioni assai gravi/di pericolo). Spesso il governo tende a sfuggire al controllo del parlamento, attraverso l’ esecuzione provvisoria dei trattati, in attesa dell’autorizzazione alla ratifica. Altro modo per bypassare il parlamento è la sottoscrizione ( da parte dei governi) dei trattati in forma semplificata , rendendoli efficaci senza bisogno di ratifica da parte del parlamento, ricorrendo ad un semplice scambio di note al momento della sottoscrizione dell’accordo ( grazie ad una disposizione contenuta nella convenzione di Vienna). Collegato all’istituto della ratifica dei trattati internazionali e all’attività di controllo e indirizzo del Parlamento sul Governo è la deliberazione dello stato di guerra, che spetta alle Camere (art. 78 Cost.) e che prevede che siano le Camere stesse a conferire al Governo i poteri necessari per far fronte alla situazione bellica. Possono infine richiamarsi i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali che gravano sulla potestà legislativa tanto dello Stato quanto delle Regioni previsti al comma 1 dell’art. 117 Cost. Ove si profili un contrasto tra una norma interna e una norma della CEDU, il giudice nazionale comune deve preventivamente verificare la praticabilità di un’interpretazione della prima conforme alla seconda; se questa verifica dà esito negativo e il contrasto non può essere risolto in via interpretativa, il giudice dovrà proporre una questione di legittimità costituzionale. IL PARLAMENTO E L’EUROPA A fronte dell’evoluzione del rapporto tra ordinamenti sia la giurisprudenza costituzionale sia il legislatore hanno definito principi diversi e ulteriori rispetto a quelli tradizionalmente affermati. Nel primo caso, la Corte Costituzionale è giunta a riconoscere l’avvenuta incorporazione dell’ordinamento giuridico italiano in un sistema più vasto, dai cui organi deliberativi possono promanare norme vincolanti. Nel secondo caso, ha aggiunto uno specifico vincolo derivante dall’ordinamento comunitario e dagli internazionali cui deve attenersi la potestà legislativa di Stato e Regioni (oltre all’art. 11 anche l’art. 117 Cost.). Lo strumento principale utilizzato dal nostro Parlamento per dare attuazione agli obblighi comunitari (fase discendente) è la legge comunitaria annuale, oggi sostituita dalla legge di delegazione europea e la legge europea. Scopo di queste leggi è quello di assicurare un adeguamento della normativa nazionale a tutti i tipi di obblighi comunitari. La legge di delegazione europea contiene esclusivamente le deleghe al Governo per permettere il recepimento nell’ordinamento nazionale delle direttive europee e delle decisioni quadro e i principi fondamentali a cui devono attenersi le leggi regionali nelle materie di loro competenza. La legge europea invece dà attuazione agli atti europei e ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione. Il modello è quello della legge di bilancio, in assenza però di obblighi di carattere costituzionale. Il Parlamento deve ogni anno dedicare una sessione dei propri lavori all’approvazione della legge comunitaria. In tal modo si vuole fornire alle Camere un quadro preciso dell’attività svolta in sede europea dal Governo e discutere degli orientamenti futuri. La partecipazione del Parlamento alla fase ascendente della formazione del diritto comunitario è ancora in fase di evoluzione. La definizione di un ruolo di partecipazione dei Parlamenti nazionali è stata sollecitata dall’Unione Europea. La normativa nazionale prevede obblighi per il Governo di trasmissione degli atti preparatori della normativa europea al fine di permettere al Parlamento di adottare atti di indirizzo al Governo, il quale dovrà tenerne conto in sede europea. Il Governo è poi inoltre tenuto ad informare entro 15 giorni, il Parlamento degli esiti delle riunioni del Consiglio europeo e del Consiglio dell’UE. Tuttavia, i diversi tipi di atti d’indirizzo parlamentare non sono idonei a vincolare il Governo. Al fine di rendere più incisivo il controllo parlamentare al Parlamento viene riconosciuta una riserva di esame parlamentare per atti europei che vengono posti dal Governo all’ordine del giorno; questo esame deve concludersi entro 30 giorni altrimenti il Governo può liberamente procedere senza dover attendere l’esito dell’esame. Con il Trattato di Lisbona si prevede la trasmissione diretta ai Parlamenti nazionali di tutti i progetti di atti legislativi dell’UE, al fine di permettere di verificare il rispetto del principio di sussidiarietà. I singoli Parlamenti possono formulare pareri entro le otto settimane successive all’invio degli atti; tuttavia tali rilievi hanno solo uno scopo di allerta, se invece i medesimi rilievi sono condivisi da un certo numero di Parlamenti nazionali gli organi europei saranno costretti al riesame con obbligo di motivare l’eventuale conferma dell’atto. La maggioranza dei pareri contrari dei Parlamenti accorda al Consiglio o Palamento europeo il potere di bloccare l’iniziativa della Commissione europea se ritenuta non conforme al principio di sussidiarietà. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Il Presidente della Repubblica, come sancisce l’art. 87 Cost., rappresenta l’unità nazionale ed è posto al vertice della nostra organizzazione statale. Ciò non vuol dire che è l’organo di vertice, gerarchicamente sovraordinato a tutti gli altri organi costituzionali. Tutti gli organi costituzionali sono sovrani, nessuno subordinato all’altro, tutti tra loro autonomi e indipendenti ma non necessariamente separati. Il Capo dello Stato non è inquadrabile in nessuno dei tre poteri classici, ma interviene su ciascuno dei poteri con funzioni di equilibrio, controllo e garanzia dei rapporti inter-istituzionali. Il Presidente della repubblica è l’organo erede diretto dell’istituto monarchico. La Corona aveva il ruolo di realizzare l’unità dello stato e, infatti, la monarchia è riuscita a realizzare il progetto di unificazione nazionale che si pone alla base dell’organizzazione statale moderna. una volta assolto il suo compito storico, il potere accentrato nelle mani del sovrano viene condiviso con il Parlamento, facendo rimanere il monarca almeno in una prima fase a capo dell’attività del governo. L’evoluzione storica ha poi man mano portato il Parlamento ad avere sempre più maggiori poteri, sottraendo al Re l’effettiva gestione e direzione del governo. Adesso, una volta conquistata l’unità nazionale, diventa essenziale individuare dei soggetti e delle istituzioni in grado di conservare e dare stabilità all’ordinamento dello Stato. È proprio negli “stati di crisi” che il Presidente della Repubblica si afferma come principale garante dell’unità e della stabilità dello Stato. Nel nostro ordinamento, chi garantisce l’unità e la continuità dello Stato sono il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale. Per ragioni storiche, egli sostituisce la corona (unificazione nazionale). Egli quindi è posto a garanzia e stabilità dell’ordinamento, non partecipando direttamente alle decisioni politiche garantisce la continuità dell’ordinamento costituzionale nei momenti di crisi parlamentare (legittimato ad intervenite proprio perché non ha coinvolgimento diretto negli organi governativi), detto anche organo di riserva (rimedio ultimo contro la crisi ordinamentale). Si parla di imparzialità della funzione presidenziale da non intendersi genericamente come lontananza dall’attività politica, ma come non coinvolgimento diretto nell’esercizio degli altri poteri governanti. Al Presidente ci si rivolge nei casi in cui è necessario assicurare l’osservanza dei principi costituzionali. La sua esclusione dalla politica rappresenta il presupposto costituzionale necessario per poter esercitare il delicatissimo e rilevantissimo ruolo assegnato al Capo dello Stato: solo un soggetto estraneo può essere garante. Nella Repubblica parlamentare il Presidente della Repubblica è il rappresentante dell’unità dell’ordinamento costituzionale. Nella Repubblica presidenziale è coincidente con il capo dell’esecutivo, qui è privato di ogni funzione di garanzia tra i poteri ed è configurato come potere di governo e non di mediazione. 2. MODALITA’ DI ELEZIONE, FUNZIONI E POTERI DEL PRESIDENTE DELLAREPUBBLICA L’elezione: il Capo dello stato viene eletto dal Parlamento in seduta comune con la partecipazione di tre delegati per ogni regione (la valle d’Aosta ne ha uno solo) i quali hanno fondamentalmente una funzione simbolica, in segno che il Presidente della repubblica non rappresenta solo lo stato centrale ma l’intera comunità. Questa elezione non si basa su un programma di governo, proprio perché il Presidente della repubblica non è portatore di una specifica linea politica, ma tutti possono essere eletti, purché rispettino i requisiti, che non hanno comunque particolari limiti: “Può essere eletto Presidente della repubblica ogni cittadino italiano che abbia compiuto cinquanta anni di età e goda dei diritti civili e politici” (art. 84" comma 1) non è nemmeno richiesta la presentazione di una candidatura ufficiale. tutto questo concorre a collocarlo al di fuori dell’immediata lotta politica e dei partiti. Per quanto riguarda le modalità d’elezione vediamo che: la maggioranza qualificata richiesta per l’elezione parlamentare è dei due terzi dell’assemblea nei primi tre scrutini e assoluta dopo il terzo (il Presidente della repubblica deve essere espressione del più ampio consenso possibile); non c’è la presenza di un ballottaggio o di altre tecniche per andare oltre eventuali crisi di stallo; c’è la segretezza nel voto (viene così evitata la personalizzazione del voto ad un rappresentante dell’unità nazionale) subito dopo l’elezione parlamentare" il neo- Presidente della repubblica presta giuramento di fedeltà alla repubblica e di osservanza alla Costituzione dinanzi alle Camere riunite. egli pronuncia un discorso di insediamento con cui chiarisce l’indirizzo politico e costituzionale a cui vuole attenersi, fornendo, per la prima volta un’interpretazione del proprio ruolo. ricordiamo che il discorso di insediamento è uno dei pochissimi atti formali (insieme alle dimissioni e agli atti cui concorre presiedendo il Csm o il csd) che non necessitano della controfirma ministeriale, slegando così il Presidente per un attimo da ogni condizionamento e proprio in questa occasione quindi viene messo alla prova per la prima volta. La durata del mandato è di 7 anni (art. 85 Cost.) e tale durata assicura autonomia maggiore all’organo rispetto alle altre istituzioni. La lunga durata della carica è connotata generale degli organi di garanzia, ciò in ragione della stabilità necessaria per assicurare di poter svolgere con serenità e continuità il loro ruolo istituzionale, che non si misura con i brevi tempi della politica. Una permanenza in carica maggiore rispetto agli altri organi costituzionali rafforza l’autonomia nei confronti di questi stessi organi. Alla scadenza del suo mandato l’eventualità di una sua conferma sarà valutata da un altro Parlamento, nel corso di una diversa legislatura. Vi è una possibilità di ri-elezione, mai accaduta, ma si conferma l’autonomia in quanto allo scadere del mandato l’eventualità viene analizzata da altro Parlamento rispetto a quello che lo ha eletto. Tuttavia, una nuova elezione porta a 14 anni la permanenza in carica di una stessa personalità, il che appare eccessivo per un sistema democratico che si fonda sulla temporaneità di tutte le cariche pubbliche. La rielezione di Giorgio Napolitano deve essere considerata un fatto eccezionale, causato dallo stato di paralisi e incapacità del Parlamento di svolgere una delle sue funzioni più delicate. Lo stesso Presidente rieletto ha richiamato, sin dal suo discorso d’insediamento, il Parlamento ai suoi compiti costituzionali In funzione di garanzia è prevista una forte limitazione nei poteri presidenziali in prossimità delle elezioni del Capo dello Stato. Negli ultimi 6 mesi di mandato (semestre bianco) il Capo dello Stato non può sciogliere anticipatamente le Camere salvo il caso in cui il semestre bianco coincida con gli ultimi 6 mesi della legislatura. Si pretende di escludere ogni possibile utilizzazione sospetta dei poteri presidenziali, eliminando l’eventualità di uno scioglimento che sia finalizzato al cambiamento dei componenti dell’organo che dovrà di lì a poco scegliere il nuovo rappresentante dell’unità nazionale. supplenza: è inoltre regolato in Costituzione il caso in cui il Presidente della repubblica non possa adempiere le proprie funzioni. L’articolo 86 comma 1 assegna al Presidente del senato la supplenza, in modo che si garantisca la continuità dell’attività e delle funzioni esercitate dal Capo dello stato. Essa può essere temporanea, in questo caso il Presidente del Senato supplisce e ciò dà garanzia di continuità e disponibilità immediata dei poteri presidenziali in caso di necessità, oppure permanente, qui il Presidente della Camera indice nuove elezioni entro 15 giorni (salvo nel caso di Camere sciolte o a 3 mesi dallo scioglimento).