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IL PARLAMENTO LA CAMERA E IL SENATO

Il Parlamento italiano si compone di due Camere:


- la Camera dei deputati, formata da 400 deputati
- il Senato della Repubblica , formata da 200 senatori e da un piccolo numero di senatori a
vita.
Il Parlamento italiano è un Parlamento bicamerale. Le due camere si riuniscono sempre
separatamente (tranne in alcuni casi stabiliti dalla Costituzione). Ogni decisione del
Parlamento (l’approvazione delle leggi, la fiducia del governo) deve ottenere,
separatamente, l’approvazione di ciascuna Camera.
Le due camere hanno gli stessi poteri e svolgono le stesse funzioni: questo tipo di
bicameralismo viene detto paritario (o perfetto).
Il fatto che siano due camere e non una è per ragioni storiche: il bicameralismo si affermò
nell’800 per garantire un equilibrio tra due classi sociali diverse: accanto ad una camera
bassa, eletta direttamente dal popolo, che rappresentava gli interessi più innovatori della
borghesia, esisteva una camera alta, di nomina regia o ereditaria, che rappresentava gli
interessi più conservatori della nobiltà.
Poiché questa contrapposizione non esiste più, alcuni paesi europei hanno scelto di adottare
un Parlamento monocamerale, mentre altri hanno mantenuto le due camere affidando loro
funzioni diverse (bicameralismo differenziato).

Negli stati federali:


● La prima Camera rappresenta l’insieme degli elettori (negli Stati Uniti: la camera dei
rappresentanti)
● La seconda Camera rappresenta i singoli Stati federati (negli Stati Uniti: il Senato).

Anche negli Stati non federali il bicameralismo ha quasi sempre carattere differenziato (per
esempio in Francia, Regno Unito, Irlanda):
● La prima Camera eletta suffragio universale ed è dotata di maggiori poteri
● La seconda Camera svolge funzioni ausiliarie rispetto alla prima e non è quasi mai
eletta direttamente dal corpo elettorale. I suoi membri sono designati perlopiù dagli
enti territoriali o da altri organi statali.

Il sistema bicamerale italiano non corrisponde nessuno di questi modelli, poiché le


differenze tra camera e Senato sono minime: entrambe le camere rappresentano gli
stessi elettori e hanno la stessa composizione politica.
Il fatto di mantenere due camere quasi uguali con gli stessi poteri è quello di assicurare un
maggiore approfondimento nell’elaborazione delle leggi, ma la doppia approvazione
delle leggi comporta spesso un notevole rallentamento dell’attività legislativa e per
questo negli ultimi decenni sono stati intrapresi vari tentativi di passare ad un sistema
bicamerale differenziato, che modificasse la composizione e le funzioni del Senato.

I PARLAMENTARI
Tutti i cittadini che hanno il diritto di voto (cittadinanza) possono presentarsi candidati e
quindi essere eletti al parlamento: devono aver compiuto 25 anni per essere eletti deputati
e 40 anni per essere eletti senatori.

DIVIETO DI MANDATO IMPERATIVO


I parlamentari (deputati e senatori) sono i rappresentanti del popolo. In una democrazia
rappresentativa il popolo non esercita la sua sovranità direttamente, ma indirettamente
attraverso i propri rappresentanti.
I parlamentari hanno la forte tendenza a fare gli interessi dei gruppi particolari che li hanno
votati piuttosto che gli interessi generali del paese nel suo complesso. Ogni parlamentare
deve la sua elezione al partito che ha deciso di presentarlo alle elezioni, ai gruppi di
interesse che lo hanno appoggiato e ai cittadini del proprio collegio che lo hanno eletto e
sarà fortemente tentato di ricompensare l’uno e gli altri per garantirsi la rielezione. Per
contrastare tale tendenza, che trasformerebbe il parlamento in una sede dove si
rappresentano interessi locali e settoriali, la costituzione ha stabilito il principio del
divieto di mandato imperativo . Questo divieto è il principio in base al quale i membri
delle camere esercitano il loro mandato senza vincoli giuridici sia rispetto agli elettori
che li hanno eletti, sia rispetto ai partiti per i quali si sono candidati.
I parlamentari non sono vincolati al mandato ricevuto dagli elettori ma benché essi siano
stati eletti in base a particolari programmi politici o per rappresentare gli interessi di gruppi
sociali o di correnti di opinione, una volta entrati in parlamento non sono giuridicamente
tenuti a rispettarli.I parlamentari non sono i rappresentanti di interessi particolari ma
rappresentano gli interessi della nazione nel suo complesso.
Da questo principio, per i parlamentari discendono alcune conseguenze:
- non sono revocabili dagli elettori
- sono liberi di assumere in parlamento posizioni diverse da quelle sostenute nella
campagna elettorale
- se un parlamentare abbandona il partito nel quale è stato eletto rimane egualmente
membro del parlamento fino al termine del suo mandato.

LE IMMUNITÀ PARLAMENTARI
Per poter svolgere il loro compito con la massima indipendenza, i parlamentari sono dotati
di una speciale protezione giuridica che non spetta a nessun altro cittadino: l’immunità
parlamentare . Lo scopo di questa protezione è quello di permettere loro (soprattutto i
parlamentari dell’opposizione, cioè le forze politiche che non sono al governo e che
svolgono un’azione di contrasto nei confronti della politica della maggioranza che invece è al
governo) di agire in piena libertà al riparo dalle pressioni del potere esecutivo, dei
giudici e della polizia. In particolare, i parlamentari:
➔ non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse nell’esercizio delle
loro funzioni (irresponsabilità per le opinioni). Essi hanno una piena e totale libertà
di parola e non possono essere in nessun caso imputati di diffamazione o qualsiasi
altro reato di opinione. Un parlamentare deve essere libero di esprimersi senza
offendere nessuno.
➔ non possono essere arrestati o soggetti a forme di limitazione della libertà
personale senza l’autorizzazione della camera alla quale appartengono
(immunità processuale). La camera, prima di dare l'autorizzazione, accerta che
l’arresto non sia stato chiesto per ragioni di persecuzione politica.
NB! I giudici non devono richiedere l’autorizzazione della camera si intendono procedere
contro un membro del parlamento a piede libero (flagranza di reato): possono indagare
liberamente su di lui, interrogarlo e svolgere il relativo processo.
Un parlamentare può essere indagato ma come parlamentare possiede l’immunità
processuale.

INDENNITA’
I membri del parlamento ricevono un’indennità stabilita per legge (cioè dal parlamento
stesso). Il fatto che i parlamentari possono fissare essi stessi il proprio stipendio può
suscitare di facile ironia; tuttavia si tratta di un ulteriore garanzia di autonomia e
d'indipendenza delle assemblee legislative.
In passato l’ufficio di parlamentare era completamente gratuito dal momento che il suffragio
era ristretto e potevano arrivare al parlamento soltanto i possidenti che erano in grado di
mantenersi con le proprie rendite. La presenza dell’indennità consente di accedere al
parlamento anche a persone che non possono permettersi di non lavorare per tutta la
durata del loro mandato. Sono frequenti le critiche sull’entità dell’indennità che in Italia è alta
(oltre i 10.000 € mensili, unicamente di indennità).

L’ORGANIZZAZIONE E IL FUNZIONAMENTO DEL PARLAMENTO


La principale divisione che si forma in parlamento è quella tra la maggioranza e
l’opposizione (o minoranza). I parlamentari della maggioranza appoggiano il governo
mentre i parlamentari dell’opposizione lo contrastano.
L’opposizione cerca di criticare le decisioni e quindi svolge una funzione di controllo.
Le due posizioni non sono fissate una volta per tutte, può capitare che alcuni parlamentari
passino dall’opposizione alla maggioranza e in questo caso il governo si rafforza, ma può
anche capitare il contrario e quindi il governo si indebolisce e può anche cadere (se perde la
maggioranza): crisi di governo.
Le regole per lo svolgimento dei lavori parlamentari sono stabilite in piena autonomia da
ciascuna camera con un proprio regolamento approvato a maggioranza assoluta. Il
regolamento ha il compito di conciliare due esigenze opposte: assicurare l’efficienza della
camera (ossia la capacità di prendere decisioni in tempi ragionevoli) e garantire, nello
stesso tempo, i diritti delle opposizioni (per esempio di parola, di critica, di proposta).
Ciascuna camera elegge un presidente che dirige la discussione, mette in votazione le
deliberazioni, ne proclama i risultati. Egli è espressione della maggioranza, ma ha il
compito di assicurare che i diritti delle opposizioni siano rispettati.
Le camere lavorano in linea di massima assieme: i dibattiti che si svolgono nelle grandi
aule sono assemblee plenarie che si svolgono con la presenza di tutti i parlamentari quando
si devono affrontare le grandi discussioni politiche, ovvero approvare leggi più importanti e
dare la fiducia al governo.
(camera dei deputati= MONTECITORIO, senato=PALAZZO MADAMA)
Gran parte del lavoro dei parlamentari si svolge all’interno di organismi più ristretti: le
commissioni permanenti che costituiscono le sedi specializzate per affrontare le
questioni con maggiore approfondimento.
Ogni commissione si occupa di una specifica materia (che corrisponde alle materie che
hanno i ministri): per esempio esteri, sanità, cultura, trasporti; esamina tutte le proposte di
legge che riguardano quella materia e quando si tratta di leggi di minor importanza le
approva in via definitiva. Esistono altre commissioni che si occupano di questioni
particolari. Alcune di esse sono le commissioni bicamerali, formate da deputati e senatori
(ad esempio la commissione bicamerale per i servizi radiotelevisivi che vigila sull’impurità e
l’obiettività delle trasmissioni televisive), ma sono spesso organizzati in forma bicamerale
anche le commissioni di inchiesta che svolgono indagini su problemi di rilevanza sociale o
politica (commissione antimafia).
Tutti i deputati e i senatori di ciascun partito formano, nell’ambito della camera di
appartenenza, un gruppo parlamentare. I Loro presidenti (o capigruppo) hanno un ruolo
molto importante: sono i portavoce ufficiali del proprio partito all’interno di ciascuna camera;
riuniti insieme formano la conferenza dei capigruppo a cui spetta il compito di programmare i
lavori di ciascuna camera e di stabilire le priorità politiche nella discussione parlamentare.
Tutte le sedute parlamentari sono pubbliche: è assicurata la presenza dei giornalisti; il
resoconto viene pubblicato negli atti parlamentari.
Sui siti della camera e del Senato è disponibile il video delle sedute.
È necessario che i cittadini possano conoscere le posizioni politiche assunte dei loro
rappresentanti. In parlamento si discute e poi si vota.
Le votazioni si tengono di regola a scrutinio palese: ogni parlamentare dichiara
pubblicamente il proprio voto.Solo in casi eccezionali è previsto lo scrutinio segreto che
viene effettuato mediante il voto elettronico e i risultati, anonimi, sono presentati su un
tabellone.
Perché la deliberazione di ciascuna camera sia valida basta la maggioranza semplice,
ossia la maggioranza dei parlamentari presenti in aula in quel momento. La maggioranza
semplice è sufficiente per approvare le leggi (50% +1). In altri casi è prevista una
maggioranza qualificata: per esempio la maggioranza assoluta (ossia la maggioranza dei
membri del parlamento indipendentemente dal numero dei presenti) o la maggioranza dei
due terzi.
Si vuole assicurare che la decisione sia presa con il consenso di almeno una parte
dell’opposizione.

IL GOVERNO
LA COMPOSIZIONE DEL GOVERNO
Il governo è composto dal presidente del consiglio e dai ministri che insieme formano il
Consiglio dei Ministri.
I membri del governo non devono essere necessariamente membri del parlamento sebbene
la scelta ricade tra questi ultimi. E’ accaduto più di una volta che fossero chiamate a far
parte del governo persone estranee alla politica: professionisti, esperti, professori
universitari (si parla quindi di ministri tecnici, non di ministri politici).
Il presidente del Consiglio è il capo del governo:
● ne dirige la politica
● promuove e coordina l’attività dei ministri
● presiede il consiglio dei ministri
● le sue dimissioni provocano la caduta dell'intero governo
● deve essere un diplomatico molto aperto al dialogo.
I governi vengono di solito designati con il nome del loro presidente (ad esempio il governo
Renzi). La Presidenza del Consiglio ha sede a Roma a Palazzo Chigi e nella stessa sede si
svolgono le riunioni del Consiglio dei Ministri.

Ciascun ministro è a capo di un particolare ramo della pubblica amministrazione che viene
chiamato Ministero. Attualmente i ministeri sono 15: - affari esteri e cooperazione
internazionale - interno - Giustizia - Difesa - economia e finanze - Imprese e made in Italy -
agricoltura, sovranità alimentare e foreste - ambiente e sicurezza energetica - infrastrutture e
trasporti - Lavoro e politiche sociali - istruzione e merito - Università e ricerca - cultura -
Salute - Turismo.
I ministri hanno quindi una doppia funzione:
● Come capi dei rispettivi ministeri dirigono uno specifico settore dello Stato (per esempio la
giustizia o l’istruzione)
● Come membri del consiglio dei ministri contribuiscono a definire l’indirizzo politico del
governo nel suo complesso.

MINISTRI SENZA PORTAFOGLIO


Accanto ai ministri responsabili di un ministero possono essercene altri, chiamati ministri
senza portafoglio, che non hanno alle loro dipendenze un ministero ma svolgono
incarichi particolari.
Essi fanno comunque parte a pieno titolo del Consiglio dei Ministri e il loro numero e la loro
natura dei loro incarichi variano da un governo all’altro in base alle necessità del presidente
del consiglio.
Il Consiglio dei Ministri è composto dal presidente del consiglio e dai ministri.
E’ quindi un organo snello formato da una ventina di persone che può prendere decisioni in
modo rapido. Si riunisce molto frequentemente (circa una volta alla settimana) e le sue
riunioni non sono pubbliche; non sono ammessi i giornalisti né tantomeno la televisione e
non vengono pubblicati i resoconti.
Il consiglio dei ministri è la sede in cui viene definita la politica generale del governo.
Tutte le decisioni più importanti del governo devono essere discusse e approvate nel
Consiglio dei Ministri. In particolare esso discute il programma di governo e approva i
disegni di legge che il Governo intende presentare al Parlamento.
Del governo fanno anche parte i sottosegretari. Essi vengono designati dal Consiglio dei
Ministri e decadono con le dimissioni del governo. A differenza dei ministri non partecipano
alle riunioni del consiglio, bensì il loro compito è quello di coadiuvare il ministro a cui
fanno capo nelle funzioni che egli delega loro e di rappresentarlo nelle sedute del
parlamento. Alcuni sottosegretari cui viene assegnata la responsabilità di un dipartimento
all’interno di un ministero assumono la carica di vice ministri.

LA FORMAZIONE DEL GOVERNO


Si procede alla formazione di un nuovo governo quando il precedente ha rassegnato le
dimissioni, cioè quando si è aperta una crisi di governo. Si fa comunque la formazione di
un nuovo governo all’inizio di ogni legislatura quando si insidiano le nuove camere subito
dopo le elezioni. L’iniziativa per la formazione del nuovo governo spetta al presidente
della Repubblica (ed è uno dei suoi poteri più importanti).
La formazione del nuovo governo avviene in quattro fasi:
- L’incarico del presidente della Repubblica al presidente del consiglio
- La scelta dei ministri da parte del presidente del consiglio
- Le nomine ufficiali del presidente del consiglio e dei ministri
- La fiducia al governo da parte del parlamento

● Prima fase ( l’incarico al presidente del Consiglio): il presidente della Repubblica,


dopo aver svolto le consultazioni con i leader dei partiti, sceglie l’esponente
politico al quale affidare l’incarico di formare il governo.Se dalle elezioni è
emerso con chiarezza un partito o una coalizione vincente, il presidente della
Repubblica non ha scelta: deve designare il leader del partito o della coalizione come
presidente del consiglio. In caso contrario il presidente della Repubblica ha una
maggiore libertà ma deve comunque individuare una persona che possa raccogliere
attorno al suo nome una maggioranza parlamentare.
● Seconda fase ( la scelta dei ministri): una volta ricevuto l’incarico di formare il
governo, il presidente del consiglio incaricato apre le trattative con i partiti con
cui ritiene di poter formare la coalizione per stabilire il programma di governo.
Se l’accordo si conclude, sceglie i ministri.
Benché la scelta dei ministri sia un potere autonomo del presidente del consiglio
incaricato, egli deve tenere spesso conto dei nomi proposti dai partiti della
coalizione. Il presidente del consiglio dopo aver scelto i ministri scioglie la riserva e
giura davanti al presidente della repubblica di rispettare la Costituzione, di essere
fedele alla repubblica e di svolgere il loro compito solo nell’interesse del paese.
● Terza fase (le nomine): A questo punto il presidente della Repubblica procede
ufficialmente alle nomine del presidente del consiglio e dei ministri, che
prestano giuramento nelle sue mani.

Da questo momento il nuovo governo entra in carica e sostituisce il governo precedente.


Può anche accadere che il presidente incaricato non riesca a raggiungere l’accordo
per formare il governo e rinuncia all’incarico. In questo caso il presidente della
Repubblica può assegnare un nuovo incarico (ad un’altra persona). Se anche questo
tentativo fallisce, il presidente della Repubblica può compierne altri e se la formazione del
nuovo governo dovesse risultare impossibile il presidente della Repubblica dispone di un
estremo rimedio: scioglie le camere e indice elezioni anticipate.

● Quarta fase (il voto di fiducia): Per operare con la pienezza dei suoi poteri il governo
deve compiere un passo ulteriore e cioè ottenere la fiducia del parlamento.Entro
10 giorni dalla sua formazione (cioè dal giuramento) il governo deve presentarsi
davanti a ognuno delle due camere, dove il presidente del consiglio espone il
programma del suo governo; sulle sue dichiarazioni si svolge una discussione che si
conclude con la votazione della mozione di fiducia (separatamente nelle due
camere), che avviene con voto palese 50%+1. Con il voto di fiducia di entrambe le
camere il governo è ufficialmente in carica e diventa operativo.

LE CRISI DI GOVERNO
Il governo rimane in carica al massimo fino alla fine della legislatura (5 anni), ossia fino
alle nuove elezioni, ma spesso il governo cade prima. Il governo è obbligato a dimettersi
quando il parlamento (basta una sola camera) gli toglie la fiducia.
La costituzione stabilisce che il parlamento può approvare in qualsiasi momento una
mozione di sfiducia che deve essere firmata da almeno 1/10 dei componenti della
camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
Ma il governo di solito non aspetta che venga votata la sfiducia: quando si accorge di non
avere più l’appoggio della maggioranza del parlamento preferisce dare di sua
iniziativa le dimissioni.
Con le dimissioni si apre la crisi di governo e la parola passa al capo dello Stato.
Il governo dimissionario rimane in carica fino alla nomina del governo successivo per
evitare un vuoto di potere. Tuttavia le funzioni del governo dimissionario sono limitate
all’ordinaria amministrazione. Si esclude che esso possa prendere delle decisioni molto
rilevanti sul piano politico.

LA DURATA DEI GOVERNI IN ITALIA


I Governi italiani hanno spesso avuto vita breve. Nei quasi 70 anni compresi tra il 1948 e
il 2017 l'Italia ha avuto 61 Governi. Ogni Governo è durato in media poco più di un anno.
I presidenti del Consiglio sono stati 28 (alcuni di essi hanno presieduto più di un Governo).
Da che cosa dipende l'instabilità dei Governi italiani?
Dal fatto che nel Parlamento non c'è mai stato un partito in grado di avere da solo la
maggioranza e che pertanto i Governi sono stati sempre formati da coalizioni di partiti, per
loro natura instabili.
Nel periodo 1948-1993 (cosiddetta "prima Repubblica") l'instabilità dei Governi è stata
compensata dal fatto che esisteva un partito dominante, la Democrazia cristiana, che è stato
ininterrottamente al Governo.
Dopo il 1994 (cosiddetta "seconda Repubblica") la situazione è cambiata: sono entrati in
scena nuovi partiti e nuovi esponenti politici; il sistema elettorale maggioritario ha favorito la
formazione di un sistema bipolare basato su due grandi coalizioni: una di centro-sinistra e
una di centro-destra.
Tra le due coalizioni si è verificata l'alternanza al Governo.

LE FUNZIONI DEL GOVERNO


Nella tradizionale tripartizione dei poteri, il Governo è considerato il titolare del potere
esecutivo.
Tuttavia tale definizione non rispecchia i veri poteri del Governo. II Governo è il più
"forte" degli organi costituzionali:
• dispone direttamente del comando sulla Pubblica amministrazione e quindi dell'uso della
forza pubblica (Esercito, Polizia);
• dispone delle risorse finanziarie dello Stato (riscuote le imposte ed effettua le spese);
• tiene i rapporti con gli altri Stati;
• è in grado di prendere decisioni rapide perché è un organo ristretto e politicamente
omogeneo (a differenza del Parlamento che è formato da due Camere numerose e
politicamente disomogenee), ed è in grado di metterle in pratica;
• ha un proprio programma che cerca di realizzare.

Infatti il Governo: definisce gli indirizzi della politica nazionale, dirige la Pubblica
amministrazione, interviene nella formazione delle leggi, definisce gli indirizzi della politica
nazionale.
L'orientamento politico del Governo riguarda:
- la politica interna: per esempio, la politica economica, industriale, scolastica, fiscale ecc.;
- la politica estera: le relazioni con altri Paesi o con l'Unione europea.

La politica perseguita dal Governo è posta sotto il controllo del Parlamento che, come
sappiamo, può obbligarlo a dimettersi se esso segue un indirizzo non condiviso dalla
maggioranza parlamentare.
Dirige la Pubblica amministrazione: il Governo, sia nel suo insieme, sia nelle persone dei
singoli ministri per i Ministeri di loro competenza, è a capo della Pubblica amministrazione
e ne dirige i vari settori: Polizia, Esercito, riscossione delle imposte, scuola, università,
sanità, lavori pubblici ecc.
Nomina i più alti funzionari dello Stato e i dirigenti degli enti pubblici.
Il limite generale che il Governo incontra nell'esercizio di questa funzione è costituito dalla
necessità di rispettare la legge (principio di legalità). Esso, in altre parole, può agire solo
nel quadro delle leggi esistenti e le sue decisioni possono essere annullate dall'autorità
giudiziaria se risultano illegittime (ossia in contrasto con la legge).
Interviene nella formazione delle leggi: il Governo non può fare le leggi, ma ha spesso
bisogno di nuove leggi per realizzare il proprio programma politico. Ha quindi una
posizione privilegiata nell'iniziativa delle leggi: invia al Parlamento i propri disegni di legge e
può chiedere che quelli più urgenti siano discussi con maggiore rapidità. Può inoltre porre la
questione di fiducia su una propria proposta, ossia dichiarare che considera una prova di
sfiducia la mancata approvazione di quella legge. In questo modo il Parlamento, per evitare
la crisi, sarà indotto a far passare il provvedimento voluto dal Governo.
In alcuni casi il Parlamento lascia al Governo il potere di emanare atti con forza di
legge (decreto legge 60 gg in casi eccezionali di necessità ed urgenza (alluvione), decreto
legislativo).

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